copia di importante apprendimento
TRANSCRIPT
Universita degli Studi di Trieste
Facolta di PsicologiaCorso di Laurea in
Discipline dello sviluppo psicologico e dell’istruzioneClasse 34 – Scienze e tecniche psicologiche
Tesi di Laurea in
Discipline dello sviluppo psicologico e
dell’istruzione
valutazionedell’apprendimento in unambiente di geometria
dinamica
Laureanda: Relatore:Nadia Sollazzo Chiar.mo Prof. Sergio Invernizzi
Correlatore:Chiar.ma Prof.ssa Giovanna Maria Pelamatti
anno accademico 2004-2005
A tutti i bambini
ed ai miei genitori
viii
Indice
Prefazione xv
1 Introduzione 1
2 L’apprendimento 5
2.1 Definizione dell’apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 I modi di apprendere a scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.3 Il pensiero scientifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.4 La teoria dell’attribuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.5 L’attenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.6 Il problem solving . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
3 Il progetto pilota 17
3.1 Fase preliminare di preparazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2 Test 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.2.1 Metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.3 Test 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.3.1 Metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.4 La valutazione dei test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.4.1 La tassonomia di Bloom . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.4.2 Il dataframe dei risultati del Test 1 . . . . . . . . . . . . 26
3.5 Conclusioni e discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.5.1 Il dataframe dei risultati del Test 2 . . . . . . . . . . . . 31
3.5.2 Analisi per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.5.3 Prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
ix
x INDICE
A Descrizione di CABRI GEOMETRE 35
A.1 Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
A.2 Alcune caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
B Test di Zazzo dei deux barrages 41
C Test di Amoretti et al. 45
D Descrizione dell’algoritmo 47
Elenco delle figure
3.1 Elaborati di un partecipante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.2 Boxplot dei tempi di esecuzione e degli indici di performance . . 30
3.3 Indice sintetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
3.4 Indice sintetico per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
A.1 Una tipica finestra di cabri geometre . . . . . . . . . . . . . 36
D.1 Esempio di applicazione dell’algoritmo . . . . . . . . . . . . . . 49
D.2 Istogrammi. Numero di prove: 1000 . . . . . . . . . . . . . . . . 50
xi
xii ELENCO DELLE FIGURE
Elenco delle tabelle
3.1 Algoritmo per la suddivisione della popolazione . . . . . . . . . 22
3.2 Sommario numerico dell’indice PI . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.3 Tabella di contingenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
3.4 Suddivisione dei gruppi per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
A.1 Cursori di cabri geometre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
xiii
Prefazione
Questo mio lavoro rappresenta l’epilogo di un progetto pilota avviato circa due
anni fa e presentato nella tesi di laurea della classe 34 della Dott.ssa Raffaella
Marin.
La peculiarita del presente lavoro e stata, fin dall’inizio, grazie al contributo
offerto dalla Marin, la ricerca di un’analisi approfondita delle variabili psico-
biologiche relative all’argomento. Nel mio personale contributo mi prefiggo di
raggiungere un obiettivo applicativo e metodologico, seppur minato dai limiti
insiti nella complessita della materia in oggetto e dalla scarsita di contributi
in letteratura.
L’argomento riguarda l’uso delle nuove metodologie didattiche, in questo
caso l’apprendimento della geometria in un ambiente dinamico offerto da ca-
bri geometre. Molti insegnanti sono convinti che sia uno strumento utile ed
efficace per promuovere l’aquisizione della materia, ma ci sono poche evidenze
empiriche che lo dimostrino.
Nadia Sollazzo Settembre 2005
xv
xvi PREFAZIONE
Ringraziamenti
Ringraziamenti sentiti per:
Il Prof. Sergio Invernizzi, per il pregevole supporto che ha saputo offrire nel
faticoso percorso evolutivo che ha condotto alla realizzazione di questo lavoro
e per il sostegno infaticabile ricco di preziosi consigli e di meticoloso impegno.
Il Prof. Pier Paolo Battaglini, per l’appoggio ed i materiali forniti per la
stesura delle due tesi.
La Prof.ssa Lucia Lumbelli per alcuni utili colloqui e per la disponibilita
dimostrata.
La Prof.ssa Maria Giovanna Pelamatti per il suo sostegno . . . la sua pazien-
za, e per avermi indirizzato nel percorso del tirocinio.
La Prof.ssa Luciana Zuccheri, per avermi introdotto nel mondo di Cabri.
La Prof.ssa Gisella Paoletti, per avermi fornito di materiale prezioso.
La Prof.ssa Paola Gallopin, il Preside e tre allievi del Liceo Scientifico
“Galileo Galilei” di Trieste, per una prova preliminare ai fini della realizzazione
del progetto.
La Preside Prof.ssa Marina Rocco, le Proff.sse Patrizia Chiaratto, Laura
Relli, Claudia Passagnoli Cavicchi, il Prof. Livio Famiani, il personale ATA e
gli allievi delle sezioni A, C e D dell’Istituto comprensivo “Tiziana Weiss” di
Trieste.
La prof.ssa Gabriella Caristi ed il prof. Massimo Borelli, per la valutazione
degli elaborati.
Le Proff.sse Aurelia Orlandoni e Franca Noe dell’IRRE Emilia–Romagna
per utili colloqui e l’aver posto a disposizione del materiale didattico.
I Proff. Ferdinando Arzarello e Ornella Robutti dell’Universita di Torino
per aver suggerito questo lavoro.
La Dott.ssa Raffaella Marin per avermi consentito di capire come nella
vita si possono ottenere “grandi risultati con minimi sforzi”, prerogativa di
una mente sagace.
La mia famiglia per tutto il sostegno di cui mi ha fornito, ed in parico-
lare mia sorella Cinzia per avermi introdotto nell’affascinante mondo della
psicologia.
Mio cognato Pierto Scialpi, per avermi spronato e incoraggiato nei momenti
di difficolta.
xvii
I miei amici per sopportato le mie paturnie diurne e notturne, Alain, Ales-
sandra, Anna, David, Davide, Elisabetta, Elda, Giulia, Franck, Frosina, Marco,
Maria Grazia, Maria Luisa, Mario, Patrizia, Simone, Zoran.
La ditta Media Direct srl di Bassano del Grappa, per le licenze concesse a
me ed a Raffaella.
Il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Universita di Trieste
per l’uso delle strutture didattiche di editing, di stampa e di riproduzione
normalmente riservate agli studenti di matematica ed informatica.
xviii PREFAZIONE
Capitolo 1
Introduzione
La matematica e uno degli sforzi piu profondi e piu belli del-
l’immaginazione in cui si siano impegnati gli esseri umani.
Tuttavia, molte delle sue bellezze e profondita sono state
inaccessibili ai non matematici, in quanto la maggior parte
della struttura cognitiva della matematica e rimasta ignota
per molto tempo.
(Lakoff & Nunez, 2000)
La Scuola italiana considera ormai “naturale” l’uso delle tecnologie infor-
matiche nell’insegnamento/apprendimento della matematica. Il volume Ma-
tematica 2003 [5], nato da una collaborazione fra il Ministero dell’Istruzione
dell’Universita e della Ricerca (Direzione Generale per la Formazione), l’Unio-
ne Matematica Italiana, la Societa Italiana di Statistica, e la societa Mathesis,
riporta in piu punti1 espliciti riferimenti all’uso di un software di geometria
dinamica. Altri riferimenti alla tecnologia riguardano l’uso dei software di
calcolo simbolico e delle calcolatrici grafiche programmabili.
Un’altra importante considerazione e che la proposta di Matematica
1Per esempio nelle tre attivita:Esplorazione di figure piane: dalle congetture alla dimostrazione;Origami, riga e compasso, software geometrico;Attivita con software geometrico.
1
2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
2003 tiene esplicitamente conto (ed in un certo senso si fonda su) specifici
risultati delle scienze cognitive: scrive F. Arzarello nella Premessa:
Il bambino, e tanto piu il giovane, non e una tabula rasa che acqui-sisce i concetti matematici per pura astrazione. Le ricerche piu recentihanno provato che sono le esperienze ad attivare gli opportuni circuiticerebrali di cui l’essere umano gia dispone. Non si tratta di imporre unamatematica dall’esterno, ma di fare evolvere dall’interno la matematicache vive nel nostro corpo. Quindi le intuizioni, le metafore concettualiecc. non sono un primo vago approccio ai concetti matematici, qualcosadi ‘sporco’ e scorretto da fare sparire al piu presto, ma ne costituisco-no un ingrediente fondamentale, che rimane anche a livelli estremi dirigore. Conseguentemente, la matematica deve essere insegnata comeun’impresa umana (nel senso ampio di questo termine), non come qual-cosa che va contro il nostro essere. Cio ha conseguenze importanti siarispetto a molte teorie didattiche sia rispetto al ruolo che i misconcettie gli errori possono giocare nell’apprendimento.
Il riferimento alla matematica “che vive nel nostro corpo” si connette con le
teorie dell’embodiment di Lakoff G. & Nunez [28].2
2Secondo questi autori, il contenuto intellettuale delle idee matematiche non risiede nellinguaggio che viene utilizzato, o nei simboli, ma nelle idee umane. Compete alle scienzecognitive e alle neuroscienze fare cio che la matematica da sola non puo fare: applicare lescienze della mente alle idee matematiche. Come questo puo avvenire? Una delle scoper-te piu importanti per quel che riguarda la scienza cognitiva e che le nostre idee ricevonoforma dalle nostre esperienze corporee, attraverso il radicamento del nostro intero sistemaconcettuale nella vita di tutti i giorni. Secondo queste teorie e importante ri–orientare l’in-segnamento delle matematica verso la comprensione delle idee matematiche e del perche iteoremi sono veri.
La matematica e un linguaggio adoperato dagli esseri umani, l’unico che conosciamo elimitata alla struttura del cervello umano e dalle capacita mentali umane (in questo caso simette da parte la metematica come era intesa da Platone). Il cervello e il corpo umano sonoevoluti insieme, in modo tale che il primo possa far funzionare il secondo in modo migliore.Scoperte recenti, sulla natura della matematica (ed in particolare della comprensione dellamatematica) evidenziano ci sia un embodiment della mente; la natura dettagliata dei nostricorpi, dei cervelli e del nostro funzionamento quotidiano nel mondo, struttura i concetti e iragionamenti umani tra cui i concetti e i ragionamenti matematici. Una seconda scopertariguarda il pensiero metaforico; gli esseri umani concettualizzano i concetti astratti in ter-mini concreti, utilizzando idee e modelli fondati sul sistema senso–motorio, il meccanismo
3
Peraltro l’introduzione della tecnologia nella didattica della matematica
offre ovvi vantaggi, ma puo dar luogo a nuovi tipi di errori nel pensiero
umano ([17], pp. 9–10); conseguentemente puo aprire nuovi campi di ricerca
interdisciplinari in psicologia, matematica ed informatica.
Questo lavoro nasce in questo ambito: seguendo un suggerimento di F. Ar-
zarello ed O. Robutti, si e inteso proporre un’analisi dell’impatto che l’uso di un
software di geometria dinamica, in particolare il piu diffuso, cabri geometre,
puo avere sull’apprendimento della geometria.
Piu precisamente, il lavoro ha avuto origine da un incontro avvenuto a
Udine nell’aprile 2004 tra i proff. F. Arzarello ed O. Robutti dell’Universita di
Torino, P.P. Battaglini e S. Invernizzi dell’Universita di Trieste, e due laurean-
de in Psicologia,3 su un progetto di ricerca riguardante quel che “accade” nel
cervello di studenti impegnati in una sessione di geometria dinamica. I soft-
ware di geometria dinamica, per esempio cabri geometre, sono utilizzati
fin dal primo ciclo scolastico (6–14 anni). Essi introducono nello studio della
geometria euclidea, tipicamente “statica”, importanti fattori dinamici, quali il
movimento, sia di immagini che corporeo (per la manipolazione col il mouse),
e possono essere un interessante campo di indagine per le scienze cognitive [4].4
attraverso il quale l’astratto viene compreso in termini concreti E la metafora concettuale.E un meccanismo cognitivo che permette di ragionare su un tipo di cose come se fosseroaltre, non e una mera figura retorica ma un sistema che appartiene al modo di ragionare;tecnicamente metafora concettuale significa “mappa fondata che conserva l’inferenza tra idomini”. Per esempio ci permette di usare la struttura inferenziale di un dominio concet-tuale, come per esempio la geometria, per ragionare su un’altro dominio come l’aritmetica.La metafora stratifica metafore su metafore, ed il compito dello scienziato cognitivo e disepararle in modo tale da rivelarne la struttura.
3La gia laureata dott.ssa Raffaella Marin e la presente candidata.4Nel lavoro citato, gli autori enfatizzano in modo particolare il ruolo del trascinamento, o
dragging, particolare tecnica che consente di collegare il movimento biologico (della mano chemuove il mouse) a quello virtuale degli enti geometrici presenti sullo schermo (le animazionidelle costruzioni geometriche). Tale tecnica sembra creare e promuovere dei processi dicontrollo sull’azione e sugli effetti che si ottengono nella scoperta di regolarita e proprietadegli oggetti di studio. Queste pratiche possono essere spiegate attraverso un’evoluzionecognitiva che parte dalla percezione per poi giungere alla formazione dei concetti astratti.I meccanismi cognitivi individuati in questa evoluzione sono il processo ascendente, in cuilo studente fa riferimento alla figura per poter risalire alla teoria, ed il processo discendente
4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
In problematiche simili sono state usate tecniche di brain imaging, tramite
PET e fMRI [20]. La fMRI e tuttavia estrememente delicata nel caso di ses-
sioni di geometria dinamica, sia per l’utilizzo di materiale metallico, sia per la
difficile reperibilita di partecipanti nella fascia di eta interessata.
Quindi l’obiettivo principale si e spostato verso un altro tipo di indagi-
ne: investigare i fondamenti psicobiologici coinvolti nell’uso dei software di
gemetria dinamica [30], e successivamente, con il presente lavoro, verificare se
l’ausilio del software di gemetria dinamica consenta agli allievi di formare delle
congetture, favorite dalla costruzione e dalla manipolazione sulla figura costrui-
ta, e di conseguenza, se corrette, dimostrarle e argomentarle “piu facilmente”
che con il metodo tradizionale carta e matita.
Quindi a questo lavoro e stato affidato il compito di produrre un progetto
sperimentale pilota che potesse essere da base per sviluppi successivi, trovando
una scuola (e gli insegnanti) che ne consentissero l’applicazione.
Il Capitolo 2 richiama preliminarmente le principali componenti dell’ap-
prendimento relative al progetto: attenzione, problem solving, ecc. Il Capitolo
3 descrive la realizzazione del progetto pilota, incluse alcune valutazioni stati-
stiche dei risultati conseguiti. La tesi e completata da quattro appendici, che
illustrano in dettaglio alcune particolarita tecniche del progetto.
Note tecniche
cabri geometre e cabri sono marchi registrati della Cabrilog SAS, Grenoble
(Francia). Per i metodi matematici e statistici usati nella tesi, vedi Agresti [1]. I
calcoli numerici ed i grafici sono stati realizzati nell’ambito del pacchetto statistico R
[37]. Parte della tesi e stata scritta in MSWord e tradotta in LATEX dal convertitore
automatico rtf2latex2e disponibile gratuitamente sul sito www.ctan.org.
in cui lo studente parte da una congettura del tipo “se . . . allora”, e usa le conoscenze pervalidare eventualmente la congettura.
Capitolo 2
L’apprendimento
Quando ci si trova davanti ad un ostacolo, la linea piu breve
tra due punti puo essere una linea curva.
Angesichts von Hindernissen mag die kurzeste Linie zwischen
zwei Punkten die krumme sein.
(B. Brecht, Vita di Galileo, XIV)
2.1 Definizione dell’apprendimento
L’apprendimento viene definito come il processo mentale che consente una
modificazione durevole del comportamento per effetto dell’esperienza. Con-
venzionalmente si distinguono due forme di apprendimento: apprendimento
associativo e cognitivo. L’apprendimento associativo si riferisce ad una for-
ma di apprendimento fondato sulla relazione stimolo–risposta, che consente la
formazione delle abitudini; comprende l’apprendimento classico, il condizio-
namento operante e l’apprendimento di risposte combinate. L’apprendimento
cognitivo, definito anche apprendimento complesso, coinvolge invece funzioni
psichiche superiori, come la percezione.
Quando il ruolo della percezione, ed in generale della conoscenza, e preva-
lente, la comprensione non avviene per una somma di attivita frammentarie,
ma esige che si colgano le relazioni essenziali e il significato delle situazione,
5
6 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
dove non si arriva alla soluzione di problemi tramite prove ed errori perche si
coglie la struttura portante di una complessita.
Una delle forme con cui si realizza questa forma di apprendimento e l’insight.
Con questo termine si fa riferimento ad un costrutto teorico elaborato dalla
psicologia della Gestalt, e si riferisce ad una ristrutturazione del problema che
conduce ad una soluzione immediata e improvvisa
2.2 I modi di apprendere a scuola
Seguendo Antinucci [3], nella scuola abbiamo due modi diversi per apprendere,
l’apprendimento simbolico–ricostruttivo e l’apprendimento percettivo–motorio.
L’apprendimento simbolico–ricostruttivo e nato grazie all’avvento della stam-
pa che ha permesso di istruire le grandi masse, a scapito dell’apprendimento
percettivo–motorio che promuove un modo di conoscere che scaturisce dal-
l’esperienza, che permette di interiorizzare il materiale, facendolo “proprio”.
A questi due modi di apprendere sembra corrispondere non solo il modo ma
anche il risultato che si ottiene, e il tipo di sforzo che il discente compie.
Si parla di apprendimento simbolico–ricostruttivo quando bisogna decifrare
simboli, ri–costruire nella mente il significato a cui si riferiscono. Questo e il
metodo classico di studiare i testi. Il processo di apprendimento avviene nella
nostra mente, senza scambi con l’esterno, ed e un lavoro esplicito e coscien-
te, si e consapevoli di tutti i passaggi che la mente compie, di conseguenza,
e necessaria un’attenzione costante, e a lungo andare “ci si stanca”. Il ritmo
dell’apprendimento e lento, bisogna fermarsi spesso per riflettere, ed elaborare;
la conoscenza che ne deriva, essendo esplicita, e sempre manifestabile verbal-
mente, quindi puo essere dimenticata facilmente e c’e una certa difficolta a
utilizzarla nei contesti concreti che la richiedono.
Viceversa, l’apprendimento percettivo–motorio avviene attraverso la per-
cezione e l’azione motoria sulla realta. Si percepisce un oggetto, o un evento,
con la vista, il tatto o con l’udito ed si interviene su di esso modificandolo con
un’azione; questa, a sua volta, produce anche un effetto ed un cambiamento
nella percezione. L’azione e nota, perche l’abbiamo prodotta noi, quindi si
percepisce la differenza tra il prima e il dopo. Viene prodotta in questo modo
2.3. IL PENSIERO SCIENTIFICO 7
una conoscenza sulla natura dell’oggetto. Questa conoscenza portera ad agire
ancora sull’oggetto, il che produrra un ulteriore effetto e si agira nuovamente,
costituendo in questo modo cicli ripetuti di percezione/azione.
C’e da dire che questo tipo di apprendimento non e confinato solo a sa-
peri pratici ma va ben oltre, “esperiamo” e conosciamo per prove. Come si
e intuito, il processo di apprendimento avviene in un continuo scambio tra
input percettivi e output motori verso l’esterno, ed e in parte inconscio perche
si e coscienti solo delle azioni che si fanno, non dei passaggi che legano l’uno
all’altro e neanche delle motivazioni; la conoscenza emerge gradualmente tra-
mite la ripetizione sempre piu focalizzata. L’attenzione posta in questo caso
e considerata come un partecipare interessato, quindi sembra che serva piu a
monitorare che a selezionare informazioni importanti. Inoltre questo processo
presenta una sorta di piacevolezza simile a quella ludica.
La conoscenza che ne deriva e “interiorizzata”, legata ad un contesto e la
sua manifestazione e di tipo fattuale e poco verbale, la conoscenza e impiegata
e poco dichiarata ed e facilmente reperibile nella memoria.
Il computer e considerato una risorsa importante sul quale e importante
costruire dei ragionamenti, sia per la funzioni tecnologiche che semiotiche che
offre [29].
2.3 Il pensiero scientifico
e l’elaborazione dell’informazione
La metafora del bambino come scienziato intuitivo e la piu diffusa nel campo
dello sviluppo cognitivo, questo vale a dire che lo sviluppo cognitivo e visto
come un’evoluzione che si dirige sempre verso una forma di elaborazione piu
elevata, piu scientifica.
Secondo le teorie dell’Human Information Processing (HIP), il bambino
cerca di dare un significato all’ambiente fisico che lo circonda, costruendosi dei
modelli mentali definiti come “teorie causali intepretative”. Come scienziati
in erba, essi rivisitano di volta in volta le loro teorie in base ai nuovi dati
sostituendo le vecchie con le nuove. Carey [16], studiosa di questi processi,
asserisce che il cambiamento nello sviluppo delle teorie scientifiche va visto
8 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
lungo un continuum fra una ristrutturazione morbida ed una forte. Per ri-
strutturazione morbida si intende che i fanciulli possono creare nuove relazioni
e differenziazioni all’interno della loro teoria, ma gli assunti fondamentali per-
mangono. D’altro canto, l’altra estremita del continuum, la ristrutturazione
forte, i fanciulli cambiano gli assunti della loro teoria, cosicche le vecchie e le
nuove risultano incompatibili ([16] p. 231, verbatim):
E importante che gli educatori capiscano che gli studenti ar-
rivano in classe con dei fraintendimenti sulla scienza, invece che
con nessuna concezione. Questi fraintendimenti possono resiste-
re notevolmente all’istruzione, che, spesso, non e solo questione di
insegnamento di nuove informazioni, ma comporta anche la corre-
zione di vecchie convinzioni – spesso mostrando che le convinzioni
dei bambini funzionano in certe situazioni ma non in altre – o
rimuovendo le vecchie credenze e sostituendole con delle nuove [9].
L’essenza del pensiero scientifico consiste nella coordinazione tra la teoria e
l’evidenza empirica, l’evidenza conferma o confuta una teoria che, a sua volta,
organizza ed interpreta l’evidenza empirica. I bambini e gli adulti inesperti
non pensano come gli scienziati riguardo al processo di verifica delle ipotesi.
Il cuore dello sviluppo cognitivo consiste nel processo di revisione delle teorie
in base alle nuove evidenze empiriche.
Secondo i lavori della Karmiloff–Smith [22] e della Kunh [26, 27] sia gli
adulti inesperti che i bambini sembrano essere dei buoni pensatori scientifici
ma con tre difetti importanti.
Sono legati alla teoria Contrariamente agli scienziati, sia i bambini che gli
adulti inesperti, spesso ignorano o considerano in modo limitato una evi-
dente discrepanza, modificando l’evidenza empirica purche si adatti alla
loro teoria o le sostengono con certezza [26, 27]. La Kuhn sostiene che i
bambini, ma spesso anche gli adulti, non riescono a diffrenziare in modo
adeguato fra l’evidenza e la teoria, incontrano delle difficolta ad abban-
donare la propria teoria e e guardare all’evidenza al di fuori di un assetto
teorico. Di conseguenza quando si chiede loro di presentare le evidenze
che confermino o disconfermino la loro teoria, loro si limitano a illustrar-
la senza far riferimento alla evidenza empirica. Inoltre, interpretano in
2.3. IL PENSIERO SCIENTIFICO 9
modo errato il compito di verifica delle ipotesi, come generare un effetto
previsto dalla teoria. Le persone dovrebbero imparare prima di tutto
a separare i dati dalla teoria, prima di poterli integrare. Questa inade-
guata distinzione tra teoria e evidenza empirica, si evidenzia quando si
possiedono gia delle teorie preferite o quando ci sono molte cause poten-
ziali. Di conseguenza sembra chiaro che la conoscenza preesistenze dirige
il nostro pensiero. Se non possiedono delle nozioni precostituite, anche i
bambini di sei anni sanno distinguere teoria da evidenza empirica.
Hanno la tendenza a dipendere dai dati I bambini piu piccoli dimostra-
no buone capacita di costruire una spiegazione per i risultati piu recenti,
ma tendono a ignorare o eliminare i dati incongruenti. I bambini piu
grandi o gli adulti, cercano di costruire una teoria piu estensiva, legan-
dosi ad essa, incapaci di abbandonarla se si presentano dati nuovi, e sono
capaci di inventare delle false osservazioni pur di confermarla.
Hanno bisogno di teorie di riferimento Quando l’evidenza a sfavore di
una teoria si accumula, e non si puo piu ignorarla, arriveranno a ri-
conoscerlo solo dopo che avranno generato una teoria alternativa per
spiegarla.
Com’e stato detto prima, non sembrano in grado di considerare l’evidenza
empirica al di fuori di una teoria, hanno bisogno di un possibile legame causale
tra un fattore ed i suoi effetti, prima di poter accettare i suoi dati. Dal punto
di vista della Kuhn, tutti devono possedere una coscienza metacognitiva dei
propri processi mentali prima di poter raggiungere il controllo dell’interazio-
ne tra teoria ed evidenza empirica nel proprio pensiero. Le persone devono
pensare alle loro teorie piuttosto che con esse, perche se non sono consapevoli
del fatto che le loro sono solo teorie, e improbabile che riescano a controllare
quanto sostegno empirico vi sia a loro favore. Per un ragionamento scientifi-
co, e necessario sviluppare una comprensione metacognitiva della natura della
logica, dei suoi limiti e del perche alcune strategie mentali siano piu efficaci di
altre e quale sia il loro campo di applicazione.
10 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
2.4 La teoria dell’attribuzione
Sono molti i potenziali motivi che rientrano nel processo di apprendimento,
tra questi intervengono fattori emotivi relativi al soggetto che apprende, le sue
motivazioni, le sue aspettative, il senso di autoefficacia e il sistema attributivo
che in misura diversa incidono nell’apprendimento. Per quel che riguarda le at-
tribuzioni, esse traggono origine dal bisogno di ogni individuo di comprendere
il mondo e possono essere considerate i processi attraverso i quali gli individui
interpretano le cause e gli eventi [23]. Si e osservato che la causa piu funzio-
nale per l’apprendimento strategico e l’impegno. Assumersi la responsabilita
delle proprie azioni permette di trovare soluzioni nel caso di un fallimento,
individuando delle strategie per mantenere un buon livello di fiducia di se [6].
Attraverso l’analisi delle reazioni cognitive al successo o al fallimento, sono
state individuate le dimensioni critiche entro le quali le attribuzioni possono
variare [41, 42]. Tali reazioni variano per tre dimensioni: internalita, stabilita
e controllabilita. La dimensione dell’internalita e simile al costrutto del locus
of control, che prevede una contrapposizione tra un’assunzione di controllo
esterno ed una di controllo interno [38]. Le cause possono essere considerate
come esterne o interne; quelle esterne sono la fortuna e la difficolta del compito,
mentre, quelle interne sono l’abilita e l’impegno. La seconda dimensione e il
carattere stabile o instabile delle cause. Per esempio, se si ritiene che il risultato
positivo di un compito sia dovuto alla propria abilita, la causa e da considerarsi
interna e stabile, mentre, se si ritiene che il risultato sia dovuto al caso, questo
e un’attribuzione esterna e instabile. La terza dimensione e la controllabilita:
e controllabile l’impegno ma non lo sono la fortuna e l’abilita. Ritenere di aver
superato un esame perche ci si e impegnati, implica un locus of control interno
– dipende dal soggetto stesso –, instabile – perche l’impegno puo esserci oppure
no –, e controllabile — perche si puo agire sul proprio impegno.
Nello stile di attribuzione e determinante la propria storia personale, di
successi o insuccessi. E importante possedere un sistema positivo delle attri-
buzioni delle cause dei propri successi o insuccessi, in particolar modo per quei
ragazzi che incontrano difficolta nell’apprendimento che di conseguenza sono
soggetti ad un numero elevato di fallimenti, e cio li porta a diminuire le loro
aspettative di successo scolastico. Questi ragazzi uniscono ad una bassa auto-
2.5. L’ATTENZIONE 11
stima credenze attributive immature, tutte percezioni che vanno a costituire
quello che viene definita l’“impotenza appresa” o “esperienza della pedina”
[39]. Questo porta i ragazzi a sentirsi come pedine; credono che le loro vite
siano regolate da forze esterne e non hanno un senso di controllo personale;
questo li conduce ad una minore persistenza di fronte a compiti difficili, a mi-
nori aspettative riguardo al futuro, ed ad un concetto negativo di se e ad una
minore strategicita nell’apprendimento. In particolare, le credenze attributive
inappropriate, bloccano l’acquisizione delle conoscenze strategiche e metaco-
gnitive, portando ad una scarsa propensione a crescere e ad utilizzare strategie
ininfluenti a determinare un successo scolastico.
La situazione ottimale e quella rappresentata da coloro che possiedono uno
stile attributivo che riconosce l’importanza del proprio impegno, poiche, con-
seguentemente sono piu motivati al successo e perseverano di fronte ai compiti
difficili per portarli a termine. Questo tipo di studenti sono definiti da Borko-
wisky [8] come good strategy users, perche riescono a selezionare, applicare e
modificare le strategie piu adeguate al compito richiesto. L’attribuzione non
e un tratto irreversibile della personalita, ma puo essere modificata dall’espe-
rienza e dall’insegnamento. In Italia recenti programmi metacognitivi, che
hanno come scopo l’insegnamento di strategie specifiche, per esempio la lettu-
ra, la comprensione e la matematica, prevedono un’attenzione particolare per
lo sviluppo di un corretto sistema attributivo.
2.5 L’attenzione
L’attenzione e una funzione cognitiva di base, necessaria per qualsiasi forma
di attivita. E un processo attivo che analizza le caratteristiche degli stimoli
presenti nell’ambiente circostante attraverso meccanismi economici ed efficaci
per il raggiungimento degli obiettivi.
La sua efficienza si sviluppa in lunghi tempi, a causa della maturazione dei
lobi frontali, pertanto puo essere educata ed e influenzata dall’esperienza di ap-
prendimento del bambino. Nel suo sviluppo, non aumenta in capacita, vale a
dire nella quantita di informazioni che puo gestire o elaborare, ma nell’efficien-
za di esecuzione dei processi. Tale efficienza dipende dalle conoscenze acquisite
12 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
e dalle abilita di controllo e di selezione delle informazioni. Un aspetto intrin-
seco nel suo sviluppo riguarda la capacita di autoregolazione, che permette
di decidere volontariamente un’azione e di poterla eseguire volontariamente,
pianificando le proprie attivita e usando strategie sia a livello cognitivo che
comportamentale.
Si suddivide in forme diverse. Si parla di attenzione sostenuta o mantenuta
quando si e in grado di resistere agli elementi distrattori presenti nell’ambiente
e di mantenere la concentrazione sulle caratteristiche importanti per portare a
termine un’azione. Tale forma si sviluppa fino agli 11 anni e la sua funzionalita
nel periodo scolastico non e autonoma e neanche completa.
La selettivita e la capacita di selezionare tra diversi stimoli quelli pertinen-
ti rispetto al compito o alla situazione, mentre, quando bisogna suddividere
l’attenzione su due categorie di stimoli senza una che di queste divenga quella
prevalente si parla di attenzione selettiva. Se bisogna alternare il focus dell’at-
tenzione da un compito all’altro, ossia quando un compito alternativamente
diventa quello principale, si parla di shifting di attenzione.
Nei processi di apprendimento, l’attenzione entra in relazione con la mo-
tivazione, la comprensione e la memoria. In particolare, la motivazione e la
comprensione sono dei potenti modulatori per l’attenzione mantenuta, non esi-
stono span di attenzione fissi e costanti che variano con l’eta ma, tale forma di
attenzione dipende dalla comprensione di cio che l’insegnante dice e da come
sia riuscito ad innalzare livello di motivazione.
La motivazione, a sua volta, prevede un’interazione tra chi apprende e
l’ambiente circostante. Per poter sostenere un compito bisogna:
• Essere in grado di svolgerlo;
• Dare valore all’attivita da svolgere;
• Possedere convinzioni positive di se stessi e dell’apprendimento.
A sua volta, la motivazione necessita di adeguati processi cognitivi; l’allievo
che non possiede una motivazione adeguata per il compito non riesce nelle
seguenti operazioni [14]:
• Individuazione di mete da raggiungere;
2.6. IL PROBLEM SOLVING 13
• Adeguata valutazione della della probabilita di successo o insuccesso;
• Flessibilita nell’importanza assegnata ad ogni scopo;
• Corretta attribuzione delle cause che determinano i risultati;
• Corretta valutazione delle conseguenze dei propri comportamenti;
• Sufficiente capacita di perseverazione per il raggiungimento dello scopo.
2.6 Il problem solving
La soluzione dei problemi e una delle principali competenze del nostro sistema
cognitivo. Puo assumere due significati diversi: da un lato rappresenta un’at-
tivita connessa ad apprendimenti di discipline a carattere scientifico, come per
esempio la matematica, dall’altro, puo considerarsi un’abilita caratteristica di
uno stile cognitivo che procede in modo strategico nella ricerca della soluzione.
L’analisi dei processi cognitivi implicati nel problem solving si e sviluppata
nello studio:
• Delle componenti di comprensione del problema;
• Delle abilita strategiche e metacognitive di soluzione.
Una dei filoni di ricerca piu importanti che hanno avviato lo studio in questo
ambito deriva dai padri della Gestalt. Si deve a Wertheimer e a Katona la
convinzione che una mente strategica ricavi la propria abilita da forme di
pensiero produttivo, che permette all’individuo, motivato a raggiungere una
meta, di farlo in modo flessibile e costruttivo, superando ostacoli e pianificando
un percorso di soluzione.
Questa convinzione e talmente forte da permeare anche approcci piu re-
centi, di matrice cognitivista. Secondo le teorie dell’HIP, la soluzione di un
problema implica un atteggiamento strategico capace di modificare la situa-
zione in vista dell’obiettivo finale. A differenza dei gestaltisti, questo approccio
pone l’enfasi sui processi che la mente compie in questa fase di ricerca della
soluzione.
14 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
Secondo Newell e Simon [33] affinche ci possa essere una strategia, e necessa-
rio che la mente sappia come modificare la situazione (conoscenza procedurale),
e del cosa modificare, il che implica la conoscenza delle informazioni rilevanti
contenute nel problema (conoscenza dichiarativa). Simon sostiene che un in-
dividuo, per risolvere un problema, deve ricavare una vera rappresentazione
cognitiva delle informazioni, ossia individuare le informazioni chiave selezio-
nandole tra le altre e integrarle tra loro. Vista in questo modo, la competenza
nella soluzione di un problema sembra implicare due meccanismi cognitivi:
la comprensione del problema e la ricerca di strategie che per raggiungere
l’obiettivo.
Greeno [18] riprendendo i risultati di alcune ricerche cognitive, propone un
modello secondo cui la comprensione del problema richede due abilita:
• Rappresentazione cognitiva delle informazioni (conoscenza schematica);
• Comprensione delle operazioni per la soluzione di piani e strategie da
compiere (conoscenza strategica).
Le capacita per la comprensione dei dati e della situazione, e di usare strategie,
possono essere insegnate, affinate e sviluppate. Studi della Chi dimostrano
che i soggetti esperti nelle soluzioni di problemi usano strategie differenti e
diversamente recuperate a livello mnemonico, poiche tendono ad effettuare
fin dall’inizio un’analisi qualitativa del problema, e ad essere piu rapidi nella
soluzione, utilizzando sia la conoscenza dichiarativa che procedurale.
Pressley sostiene che la riuscita in compiti di problem solving matemati-
co dipendono da quando il soggetto riesce a far corrispondere alla conoscen-
za procedurale dei fatti e degli algoritmi, riflessioni strategiche di controllo
metacognitivo (per esempio “Ho compreso il problema?”, “ L’ho impostato
correttamente?”). L’uso competente delle strategie sembra dipendere dai pro-
cessi di pensiero sovraordinati che permettono tale autodialogo metacogntivo,
che consente una piena comprensione procedurale. In ulteriori studi sono sta-
ti analizzati quattro processi cognitivi coinvolti nella soluzione di problemi
matematici:
1. Traduzione, conversione di ogni frase del testo in una rappresentazione
mentale;
2.6. IL PROBLEM SOLVING 15
2. Integrazione, corretta relazione e integrazione delle informazioni in una
rappresentazione coerente di tutto il problema;
3. Pianificazione, cioe il piano d’azione per la soluzione del problema;
4. Esecuzione con cui il problema e portato a termine e risolto mediante
l’uso di operazioni matematiche.
Anche secondo la Montague [32], autoistruzione, automonitoraggio e autoin-
terrogazione sono i canali metacognitivi attraverso i quali i bambini possono
apprendere ad usare in modo adeguato i tre livelli di conoscenze per la soluzio-
ne dei problemi, cioe, sia il livello dichiarativo relativo ai concetti quantitativi,
delle operazioni matematiche e degli algoritmi di soluzione, sia il livello pro-
cedurale, attraverso il quale le conoscenze dichiarative vengono applicate in
modo corretto a seconda del contesto e infine il livello condizionale attraverso
il quale il soggetto usa criticamente e consapevolmente le strategie piu adatte,
modificando l’atteggiamento cognitivo al variare del compito.
La matematica, date le caratteristiche specifiche della sua natura, per esse-
re compresa, richiede a livello cognitivo che i soggetti sappiano utilizzare bene
una forma di pensiero abile e addestrato nella soluzione dei problemi. Il “lin-
guaggio matematico” procede cioe richiedendo ai soggetti di trovare soluzioni
e di superare ostacoli attraverso vere e proprie operazioni sulle informazioni
disponibili.
Capitolo 3
Il progetto pilota
Come in ogni cambiamento, occorre stabilire quale valore
formativo hanno questi nuovi strumenti e quali problemi
incontreranno
(Gisella Paoletti, 2001)
3.1 Fase preliminare di preparazione
La scuola prescelta per la realizzazione del progetto pilota e una scuola di
Trieste, e precisamente l’Istituto Comprensivo “Tiziana Weiss”, Strada di
Rozzol, 61 Trieste (http://xoomer.virgilio.it/groscil/Stuparich.htm,
luglio 2005). La scuola e situata in un rione con la fisionomia tipica della
prima periferia urbana, ad edilizia principalmente di tipo popolare agevolata
e privata. Il progetto ha viste coinvolte tre classi del penultimo anno del ciclo
primario.1.
1In termini meno formali, si tratta di tre classi di II media (tipicamente 12/13 anni d’eta).Il disegno sperimentale adottato e between i soggetti, perche ognuno ha partecipato ad unasola condizione. L’ambiente d’indagine astrattamente piu desiderabile potrebbe essere ilprimo biennio del ciclo secondario, ossia la I o la II superiore. In questo progetto pilota estata pero preferita la media inferiore per evitare le disomogenieta derivanti dalla diversepreparazioni degli allievi delle superiori, ed e stata scelta la II per avere la possibilita di ripe-tere facilmente un test con gli stessi partecipanti al termine dell’anno scolastico successivo,
17
18 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
In due classi, nell’aula computer della scuola, sono state impartite 25 ore
di lezione con cabri geometre, distribuite in 4 mesi, dal gennaio al maggio
2005, mentre la classe restante ha ricevuto l’insegnamento tradizionale “con
carta e matita”. Le prime due classi hanno ricevuto un’ora di lezione introdut-
tiva agli strumenti di cabri geometre, piu 24 ore di laboratorio, suddivise
in 4 gruppi di 6 ore/settimana (dedicando a cabri geometre tutte le 6 ore
disponibili per matematica e scienze nella prima settimana dei 4 mesi suddetti).
Nell’aula computer della scuola gli allievi sono stati invitati a lavorare sem-
pre in coppia (sia per la limitatezza del numero di computer, ma anche perche
in alcuni casi lavorare in coppia puo rinforzare l’apprendimento). Le coppie
di lavoro sono state decise a priori dall’insegnante, ed ognuna era associata ad
un computer, e ad una propria cartella dove poteva salvare i propri lavori. Gli
allievi della coppia doveveno lavorare alternandosi, in modo tale che ciascuno,
per ogni ora di laboratorio, prendeva appunti per mezz’ora e nell’altra mez-
z’ora lavorava con il software. Va precisato che le insegnanti delle due classi
erano alla loro prima esperienza didattica con cabri geometre in aula. Con
le insegnanti e stato ben precisato che l’oggetto della valutazione sarebbe sta-
to esclusivamnte l’eleborato finale degli allievi, e non il lavoro dell’insegnante
stessa, nonostante le due variabili siano in stretta connessione.
Dopo la prima ora introduttiva, le insegnanti hanno costruito dei percorsi
(identici per le due classi), preparando delle schede con dei quesiti con difficolta
crescenti; nelle attivita di laboratorio ogni allievo riceveva la propria scheda
e doveva completarla scrivendo passo a passo tutte le operazioni che aveva
compiuto per risolvere il problema. Svolti tutti i problemi la scheda andava
riconsegnata alle insegnanti, ma, prima di completare la scheda, ogni allievo
doveva mostrare il propro lavoro all’insegnante, discutere e dimostrare le propie
ipotesi con la funzione Ri–costruzione passo a passo. Se l’allievo aveva rag-
giunto l’obiettivo in modo corretto, senza utilizzo di scorciatoie, ossia funzioni
gia pronte, e se l’oggetto rispettava le regole matematiche prefissate, il lavoro
poteva essere salvato, e trascritto interamente sulla scheda da consegnare.
La terza classe considerata ha ricevuto nello stesso periodo e per lo stesso
il 2005–2006.
3.2. TEST 1 19
numero di ore l’insegnamento tradizionale senza ausilio di software di geometria
dinamica.
3.2 Test 1
3.2.1 Metodo
Partecipanti
Hanno partecipato al Test 1 gli n = 42 allievi delle due classi che hanno
ricevuto l’insegnamento con cabri geometre.
Materiali e procedure
L’obiettivo e quello di valutare l’apprendimento della geometria euclidea nel
primo ciclo in un ambiente di geometria dinamica in confronto all’ambiente
tradizionale carta e matita. A ogni partecipante e stato assegnata la stessa
consegna (task), consistente in due esercizi di geometria da svolgersi separa-
tamente ed individualmente, in presenza dello sperimentatore e della propria
insegnante. I testi degli esercizi sono stati preliminarmente elaborati con la
consulenza e l’accordo dei docenti degli allievi partecipanti, seguendo alcuni
suggerimenti dei professori F. Arzarello e O. Robutti. Per i due quesiti nel
loro complesso e stato proposto un tempo massimo “indicativo” di soluzione
di un’ora. Il compito assegnato e il seguente:
Esercizio 1
Disegna un triangolo ABC qualunque; costruisci i punti medi L, M
ed N dei lati in modo da ottenere un triangolo LMN . Aiutandoti
con disegni, completa le seguenti frasi:
se il triangolo ABC e isoscele, allora il triangolo LMN e . . . . . . ,
se il triangolo ABC e scaleno, allora il triangolo LMN e . . . . . . ,
se il triangolo ABC e equilatero, allora il triangolo LMN e . . . . . . ,
e dimostra le tue affermazioni.
Esercizio 2
20 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
Disegna un quadrilatero ABCD qualunque; costruisci i punti me-
di L, M , N e Q dei lati in modo da ottenere un quadrilatero
LMNQ. Aiutandoti con disegni, scrivi alcune congetture del tipo:
se il quadrilatero ABCD e . . . . . . , allora il quadrilatero LMNQ e
. . . . . .
Il Test 1 comprende due condizioni:
Condizione g1 Gli allievi, che hanno seguito il corso di cabri geometre,
risolvono il compito assegnato con cabri geometre, su un terminale in-
dividuale dell’aula computer della scuola, senza porre limitazioni al menu
degli strumenti;2 ogni allievo viene isolato dagli altri con opportuni schermi
pieghevoli di cartone.3.
Condizione g2 Gli allievi, che hanno seguito il corso di cabri geometre,
risolvono il compito assegnato, sempre in modo individuale, ma tradizionale,
senza cabri geometre, ossia con carta, matita o penna ed eventualmente
righello millimetrato, in un’aula della scuola.
La suddivisione dei partecipanti in due gruppi (un gruppo per ciascuna
delle due predette condizioni) e stata realizzata non con la ripartizione casua-
le, ma con una procedura maggiormente complessa che dovrebbe pero risul-
tare piu efficace sia (a) per evitare disomogeneita fra i due gruppi, che (b)
per “rimuovere” la variabile non controllabile costituita dalla personalita del
docente.
A tale scopo il totale di n = 42 allievi delle due classi ha sostenuto due
test preparatori: il classico test di attenzione sostenuta di Zazzo,4 o dei “Deux
2Ad esempio, in cabri geometre, si puo usare il menu Opzioni/Configurazione deglistrumenti per togliere (o aggiungere) “strumenti” al software. Per esempio, nell’attivita pro-posta, si potrebbe togliere lo strumento Distanza o lunghezza dalla casella degli strumen-ti Costruzioni: questo equivale nell’impostazione tradizionale a proibire l’uso del righellomillimetrato.
3Di norma utilizzati negli esami per il conseguimento della ECDL e cortesemente fornitidallo CSIA dell’Univerita di Trieste
4Questa prova consiste nel discriminare piu rapidamente possibile e contrassegnare (bar-rer) alcuni simboli o segni mescolati ad altri, in mezzo ai quali possono essere facilmente
3.2. TEST 1 21
barrages” [43], [44], e un piu recente test di conoscenze e competenze matema-
tiche per la scuola dell’obbligo [2] sviluppato dal Nucleo di ricerca in didattica
della matematica e dall’Istituto di psicologia dell’Universita degli studi di Pa-
via5 (vedi anche [34]). I test di Amoretti e stato somministrato con la stessa
procedura che sarebbe stata utilizzata per il test sperimentale, al fine di fami-
liarizzare gli allievi per tale procedura. I due test sono descritti brevemente
nelle Appendici B e rispettivamente C. Sulla base dei due test e stato redatto
per ciascuno degli n = 42 allievi un profilo psicologico. Tale profilo consiste in
un vettore numerico 7−dimensionale π(k), k = 1, . . . , n.
Le componenti del profilo π(k) sono:
π(k)1 = sesso std. in scala nominale (maschio = 0, femmina = 1),
π(k)2 = tempo std. in minuti per la prima parte del test di Zazzo,
π(k)3 = numero std. di errori nella prima parte del test di Zazzo,
π(k)4 = tempo std. in minuti per la seconda parte del test di Zazzo,
π(k)5 = numero std. di errori nella seconda parte del test di Zazzo,
π(k)6 = tempo std. in minuti per concludere il test di Amoretti,
π(k)7 = numero std. di risposte esatte nel test di Amoretti.
Le 7 variabili sono state standardizzate (sottraendo la media e dividendo
per la deviazione standard) in modo da dare lo steso peso a ciascuna variabile.
E stato poi implementato in R un algoritmo (vedi Tabella 3.1) per creare
n/2 = 21 coppie di partecipanti tali che, in ciascuna coppia, i due partecipanti
componenti la coppia abbiamo profili psicologici vicini. Per una descrizione
e discussione tecnica di tale algoritmo si veda l’Appendice D. La “distanza”
d(h, k) fra due partecipanti (il numero h ed il numero k) e calcolata con la
distanza detta l1 fra i loro rispettivi profili:
d(h, k) = ‖π(h)− π(k)‖1 =∑i=1,7
|π(h)i − π(k)i|
Successivamente e stato scelto a caso da ogni coppia un partecipante compo-
confusi. In eta evolutiva, il test permette di decifrare la causa di risultati scolastici carenti sedovuti a ritardo intellettuale o motorio, ad un deficit speciale di discriminazione percettivao ad instabilita o inibizione.
5Questo test e stato introdotto in sostituzione delle valutazioni di classe sempre perrendere il progetto indipendente dalle personalita dei singoli docenti.
22 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
inizializza l’indice: j ← 1
inizializza la popolazione: Pj ← tutti i partecipanti
ripeti:
scegli un partecipante pj1 a caso in Pj
scegli pj2 ∈ argmin{‖π(p)− π(pj1)‖1 | p ∈ Pj}crea la coppia cj ← {pj1, pj2}aumenta l’indice: j ← j + 1
riduci la popolazione: Pj ← Pj−1 \ {pj1, pj2}stop se Pj = ∅.
Tabella 3.1: Algoritmo per la suddivisione della popolazione iniziale in due
gruppi simili; l’algoritmo e di tipo avido, ossia ottimizza solo localmente.
nente, formando con queste scelte il primo gruppo g1 di n/2 = 21 partecipanti,
e formando con i rimanenti (quelli non scelti) il secondo gruppo g2 sempre di
n/2 = 21 partecipanti. Questa procedura ha la funzione di comporre due grup-
pi simili dal punto di vista dei profili psicologici, in quanto, dato un qualunque
partecipante p′ ∈ g1, esiste un partecipante p′′ ∈ g2 con profilo psicologico
vicino a quello di p′; si tratta ovviamente di quel partecipante p′′ che formava
la coppia {p′, p′′} creata dall’algoritmo.6
Commento
La scelta del compito e evidentemente un punto critico del progetto. In questa
fase pilota, e stato scelto un tema non presente nei programmi standard di
geometria del ciclo primario, il Teorema di Varignon,7 ma giudicato del tutto
affrontabile anche a questo livello. La congettura ultima dell’Esercizio 2 do-
vrebbe essere appunto tale teorema. L’Esercizio 1, basato sulle similitudini
di triangoli, ha evidentemente funzione propedeutica all’Esercizio 2. Per una
visualizzazione in cabri geometre del Teorema di Varignon, vedi [31].
6E interessante notare che, ad algoritmo eseguito, le due classi iniziali risultano quasiequiripartite nei due gruppi, il che e piuttosto rassicurante per il risultato finale.
7Il quadrilatero LMNQ che si ottiene congiungendo i punti medi L, M , N e Q dei latidi un quadrilatero qualunque ABCD e un parallelogramma.
3.3. TEST 2 23
Esecuzione del test
Durante lo svolgimento del compito, per ogni partecipante, individuato con
una sigla di 3 o 4 lettere, e stato segnato il sesso,8 e sono stati rilevati il tempo
T1 di “consegna” per l’Esercizio 1 ed il tempo T2 di “consegna” per l’Esercizio
2. Per tutti gli elaborati dei partecipanti di g1 sono stati anche memorizzati i
singoli file .fig di cabri geometre e successivamente sono state stampate
su carta le relative costruzioni geometriche utilizzate nello svolgimento del
compito, ai fini della successiva valutazione.
Esempio
A titolo di esempio, riportiamo nella Figura 3.1 le figure iniziali degli elaborati
di uno dei partecipanti.
(a) (b)
Figura 3.1: Figure iniziali degli elaborati di un partecipante: (a) Esercizio 1,
(b) Esercizio 2.
3.3 Test 2
3.3.1 Metodo
Partecipanti
Hanno partecipato al Test 2 gli n = 22 allievi della classe che non ha ricevuto
l’insegnamento con cabri geometre, ma col metodo tradizionale.
8Per eventuali ulteriori indagini legate al genere che non sono qui state considerate.
24 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
Materiali e procedure
A ogni partecipante e stato assegnata la stessa consegna del Test 1, da risol-
versi individualmente con la presenza dell’insegnante e dello sperimentatore,
in un’aula della scuola. Il Test 2 ha una sola condizione che, per coerenza con
il Test 1, puo essere numerata come
Condizione g3 Gli allievi, che non hanno ricevuto l’insegnamento con ca-
bri geometre, risolvono il compito assegnato in modo individuale e tradizio-
nale, senza cabri geometre, ossia con carta, matita o penna ed eventual-
mente righello millimetrato.
Il ruolo della condizione g3 del Test 2 e quello di valutare se o quanto
il compito sia eventualmente distorto a favore dell’insegnamento con cabri
geometre.
In un futuro sviluppo di questo progetto, il Test 2 potrebbe comprendere
anche una
Condizione g4 Gli allievi, che non hanno ricevuto l’insegnamento con ca-
bri geometre, risolvono il compito assegnato in modo individuale con cabri
geometre, subito dopo un brevissimo addestramento all’uso del software (per
esempio di un’ora). Il ruolo della condizione g4 e quello di valutare se o quanto
il ruolo del software sia puramente strumentale, o se produca invece, nell’uso
prolungato, un miglioramento “profondo” dell’apprendimento. Nella realizza-
zione del progetto pilota presentata in questa tesi la condizone g4 non e stata
considerata.
3.4 La valutazione dei test
La valutazione dei compiti sia del Test 1 che del Test 2 e stata affidata a due
referee indipendenti,9 che hanno concordato di valutare gli elaborati nell’am-
bito dello schema tassonomico di Bloom. Non sono stati sottoposti ai referee
9La prof. G. Caristi, del Dipartimento di Matematica ed Informatica dell’Universita diTrieste e docente di Matematica per psicologi, ed il prof. M. Borelli, docente di matematicapresso l’Istituto Professionale Statale “Leonardo da Vinci – Scipione De’ Sandrinelli”.
3.4. LA VALUTAZIONE DEI TEST 25
gli elaborati di 4 allievi con insegnante di sostegno,10 ma che si e deciso di far
partecipare comunque al test in ogni caso per ragioni evidenti.
3.4.1 La tassonomia di Bloom
La tassonomia degli obiettivi educativi e stata elaborata da Benjamin S. Bloom
sulla base di precise esigenze didattiche [7]; gli obiettivi si presentano ordinati
secondo un criterio irreversibile, nel senso che il raggiungimento dei piu semplici
e considerato essenziale per il raggiungimento dei piu complessi. La tassonomia
di Bloom, per quanto considerata superata da successivi studi pedagogici [24],
[25], e comunemente ritenuta quella che sembra rispondere meglio alle esigenze
della scuola italiana; viene insegnata nelle SIS, ed e in generale molto ben co-
nosciuta ed “amata” dagli insegnanti, tanto che spesso questi l’utilizzano nella
descrizione della propria offerta didattica. Nella parte piu propriamente cogni-
tiva, la tassonomia di Bloom distingue sei categorie fondamentali di obiettivi,
che vengono qui riportati nella versione proposta da A.M. Notti [15]:
1. Conoscenza La conoscenza comprende il richiamo dei fatti specifici e dei
concetti universali, il richiamo di metodi e processi o il richiamo di uno
schema, struttura o disposizione; gli obiettivi di conoscenza sottolinea-
no soprattutto i processi psicologici della memoria (la mente come un
archivio).
2. Comprensione Si riferisce a un grado del capire e dell’apprendere tale che
il soggetto intenda cio che gli viene comunicato e possa far uso del mate-
riale e delle idee comunicate senza necessariamente mettere in relazione
con altro materiale ed individuarne tutte le implicazioni.
3. Applicazione Uso di astrazioni in particolari situazioni concrete. Le astra-
zioni possono essere in forma di idee personali, regole di procedure o
metodi generalizzati.
4. Analisi La scomposizione di una comunicazione nei suoi elementi costitu-
tivi o parti, tali che la relativa gerarchia delle idee sia resa chiara e/o le
relazioni tra le idee espresse siano rese esplicite.
10Ai sensi della Legge 104/1992.
26 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
5. Sintesi Capacita di mettere insieme gli elementi e le parti cosı da formare
un tutto; cio richiede il processo di elaborare pezzi, parti, ecc. e di disporli
e combinarli in modo da costituire uno schema e una struttura che prima
non esisteva in modo evidente.
6. Valutazione Giudizi sul valore dei materiale e dei modi per determina-
ti propositi. Giudizi quantitativi e qualitativi sull’estensione in cui i
materiali e i metodi soddisfano determinati criteri; uso di standard di
apprezzamento (giudizi in termini di criteri interni: giudizi in termini di
criteri esterni).
I referee hanno concordato che l’Esercizio 1 attiene ai livelli di conoscen-
za, comprensione ed applicazione, mentre l’Esercizio 2 richiede anche capacita
di analisi e di sintesi. Conseguentemente hanno valutato i compiti numerica-
mente con un indice che, secondo il loro parere, indica il livello raggiunto dal
partecipante nella scala di Bloom,11 e precisamente con un indice B1 (da 0 a
3) per l’Esercizio 1 e con un indice B2 (da 0 a 5) per l’Esercizio 2. Si noti che
questo e cosa diversa dal valutare la mera correttezza formale dell’elaborato.12
3.4.2 Il dataframe dei risultati del Test 1
Per ogni partecipante e stato infine calcolato un indice di performance P1
per l’Esercizio 1, un indice di performance P2 per l’Esercizio 2, ed un indice
sintetico PI secondo le formule:
P1 = 100 (B1/B1)/
√T1/T1 (3.1)
P2 = 100 (B2/B2)/
√T2/T2 (3.2)
PI = (P1 + P2)/2 (3.3)
dove il cappuccio indica il valor medio della variabile calcolato su tutti i
partecipanti. I rapporti fra gli indici della scala di Bloom e le loro medie sono
11Occasionalmente e stato usato anche il mezzo punto.12In effetti la valutazione del livello raggiunto nella scala di Bloom e certo piu soggettiva
di quanto puo esserlo la valutazione della correttezza formale, che peraltro e molto menoinformativa.
3.4. LA VALUTAZIONE DEI TEST 27
poi divisi per la radice quadrata dei rapporti fra i tempi impegati e le loro
medie. La introduzione della radice quadrata e ispirata dalla Legge Potenza
di Stevens.13 La costante di normalizzazione 100 serve per fare sı che un
partecipante che sia salito in al livello medio della scala in un tempo medio
riceva il valore 100 come indice di performance. Come indice complessivo si
assume semplicemente la media aritmetica degli indici dei due esercizi.14
Per il Test 1, questo ha condotto al seguente dataframe, dove P e il codice
del partecipante, G il gruppo di assegnazione, S il sesso, e le altre variabili
quelle dette:
P G S T1 T2 B1 B2 P1 P2 PI
1 *AT 1 M 3.7 28.3 3.0 4.0 246 133 190
2 *CF 1 M 17.6 33.8 2.0 3.0 75 92 83
3 *GG 1 F 11.5 29.9 2.5 0.0 116 0 58
4 *PC 1 F 13.8 33.4 3.0 4.0 127 123 125
5 *PL 1 F 10.5 28.0 2.0 3.0 97 101 99
6 *RM 1 M 22.0 32.8 2.0 4.5 67 139 103
7 *RG 1 F 9.7 26.1 2.0 3.0 101 104 103
8 *RA 1 M 5.7 30.0 3.0 0.0 198 0 99
9 *TF 1 M 7.6 30.0 3.0 4.0 172 130 151
10 *VS 1 M 9.8 28.9 3.0 4.0 151 132 142
11 *CA 1 M 19.4 30.0 2.0 0.0 72 0 36
12 *CM 1 M 11.5 22.0 2.0 3.0 93 113 103
13 *DG 1 M 10.8 27.2 2.0 4.0 96 136 116
14 *SM 1 M 5.1 19.1 3.0 4.0 210 162 186
15 *FN 1 M 11.2 25.3 2.0 3.0 94 106 100
16 *LM 1 F 19.1 20.1 2.0 3.5 72 138 105
13Ovviamente l’esponente 1/2 della potenza y = x1/2 =√
x e scelto arbitrariamente. Contale scelta, se due partecipanti A e B hanno ottenuto lo stesso risultato b nella scala di Bloom,ma A ha impiegato un tempo doppio di quello t di B, la performance di A risulta uguale ab/√
2t = (1/√
2)(b/√
t) ≈ 0.7071(b/√
t), ossia e pari a circa il 70% della performance b/√
t
di B, e non alla sua meta, come si avrebbe se si dividesse il risultato nella scala di Bloomper il tempo impiegato. In sostanza la radice quadrata controlla la variabile tempo in mododa non sfavorire troppo gli allievi meno svelti o piu riflessivi.
14Ad esempio il partecipante di cui alla Figura 3.1 e stato valutato esattamente con ilvalore medio di PI = 100.
28 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
17 *MR 1 M 21.5 30.0 2.0 0.0 68 0 34
18 *SD 1 M 11.3 26.1 2.5 4.5 117 156 137
19 *SI 1 F 6.7 30.2 2.5 3.5 152 113 133
20 *TC 1 F 10.8 21.2 3.0 4.5 144 173 159
21 *BS 2 M 13.8 20.7 3.0 4.0 127 156 142
22 *DL 2 M 18.1 28.0 3.0 4.0 111 134 123
23 *MS 2 M 21.0 29.5 2.0 3.0 69 98 83
24 *GN 2 M 11.4 20.9 3.0 3.5 140 136 138
25 *MC 2 F 13.1 30.0 2.5 3.0 109 97 103
26 *MM 2 M 21.0 23.8 2.0 3.0 69 109 89
27 *ML 2 F 15.4 23.5 2.0 2.0 80 73 77
28 *NM 2 M 12.5 23.0 2.0 3.0 89 111 100
29 *PE 2 M 22.0 30.0 1.0 2.0 34 65 49
30 *SD 2 M 11.3 18.1 2.0 2.0 94 83 89
31 *ZP 2 M 15.0 28.0 2.5 2.0 102 67 84
32 *CM 2 M 8.5 25.7 2.0 4.0 108 140 124
33 *CF 2 M 9.2 22.3 2.5 3.0 130 113 121
34 *CP 2 M 22.6 33.0 2.0 2.0 66 62 64
35 *GG 2 F 18.6 29.0 2.0 3.0 73 99 86
36 *PC 2 F 11.5 22.4 2.0 2.0 93 75 84
37 *US 2 F 12.0 26.0 2.5 4.0 114 139 126
38 *VF 2 F 16.5 34.0 2.0 2.0 78 61 69
3.5 Conclusioni e discussione
La Figura 3.2 mostra il boxplot dei tempi di esecuzione T1, T2 in minuti ed il
boxplot degli indici di performance B1, B2 nella scala tassonomica di Bloom
per i due gruppi g1 (svolgimento con cabri geometre) e g2 (svolgimento
tradizionale con carta e matita). Le differenze sono poco evidenti ma vanno
ossservate alcune tendenze: nell’Esercizio 1 il Gruppo 1 ha lavorato un po’ piu
rapidamente e con risultati lievemente migliori, mentre nell’Esercizio 2 i tempi
del Gruppo 1 sono un po’ piu lunghi (hanno lavorato di piu) ma permangono
risultati lievemente migliori.
La Figura 3.3(a) mostra il boxplot dell’indice sintetico PI per i due gruppi
3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 29
g1 (svolgimento con cabri geometre) e g2 (svolgimento tradizionale con
carta e matita). Si osservi che le distribuzioni sono simili fra loro, entrambe
fortemente asimmetriche con il secondo quartile [Q1, Q2] quasi completamente
schiacciato sulla mediana; il sommario numerico e riportato nella Tabella 3.2.
Min. Q1 Mediana Q2 Media Q3 Max.
g1 34.00 99.00 104.00 113.10 138.30 190.00
g2 49.00 83.25 89.00 97.28 122.50 142.00
Tabella 3.2: Sommario numerico dell’indice PI relativo ai due gruppi g1 e g2.
Ribadiamo che lo scopo di questo progetto pilota non e la valutazione “defini-
tiva” dell’efficacia didattica dell’insegnamento della geometria con l’utilizzo di
un software di geometria dinamica rispetto all’insegnamento tradizionale con
carta e matita: e invece quello di proporre una strategia di indagine adatta a
svolgere tale valutazione qualora si possa usufruire di un campione molto piu
ampio di quello qui considerato. Tuttavia va osservato nella Tabella 3.2 che
l’indice PI relativo al gruppo g1 (risp. al gruppo g2) ha sia media che mediana
maggiori (risp. minori) del valore medio di riferimento uguale a 100. Per una
analisi statistica piu approfondita, va notato che la natura qualitativa di PI
rende inapproprato l’uso del test di Student o dell’indice η2 di dipendenza in
media.15 E tuttavia sempre possibile eseguire un test χ2 di indipendenza sulla
tabella di contingenza che relaziona l’appartenenza al gruppo g1 oppure a g2
con valori PI ≤ 100 oppure PI > 100. La significativita dei dati e 89.25%, per
cui limiti di fiducia inferiori a circa 90% condurrebbero a respingere l’ipotesi
di indipendenza fra l’uso o meno di cabri geometre e la performance nella
soluzione del compito.
15Il test di Student e ovviamente controindicato anche dalla evidente non–normalita delladistribuzione di PI. L’ideale sarebbe un test su due campioni a una coda del tipo H0 : µ1 =µ2 contro H1 : µ1 > µ2.
30 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
PI ≤ 100 PI > 100
g1 7 13 20
g2 11 7 18
18 20 38
Tabella 3.3: Tabella di contingenza
●
T1[g1] T1[g2] T2[g1] T2[g2]
510
1520
2530
35
Tempi di esecuzione
●
●●●●
B1[g1] B1[g2] B2[g1] B2[g2]
01
23
4
Indici di Bloom
(a) (b)
Figura 3.2: Boxplot (a) dei tempi di esecuzione in minuti e (b) degli indici di
performance nella scala tassonomica di Bloom per i due gruppi g1 (svolgimento
con cabri geometre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita)
3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 31
●●
g1 g2
5010
015
020
0Indici di performance
●●
g1 g2 g3
5010
015
020
0
Indici di performance
(a) (b)
Figura 3.3: Indice sintetico PI per (a) i due gruppi g1 (svolgimento con cabri
geometre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita); confronto (b)
con l’indice PI relativo al terzo gruppo g3 a didattica tradizionale.
3.5.1 Il dataframe dei risultati del Test 2
Il Test 2 e stato somministrato ai partecipanti che costituiscono il gruppo g3;
per esso e stato valutato l’indice PI come in precedenza:
P G S T1 T2 B1 B2 P1 P2 PI
39 *BA 3 M 6.1 12.5 2.0 1.0 128 50 89
40 *BR 3 M 12.1 20.8 2.0 3.0 91 117 104
41 *CC 3 M 6.3 19.2 3.0 3.5 189 142 165
42 *DM 3 M 11.0 35.6 3.0 4.5 143 134 138
43 *FI 3 F 6.7 11.4 3.0 4.5 183 236 210
44 *GC 3 F 5.4 20.3 2.0 2.0 136 79 107
45 *GM 3 M 8.9 18.6 3.0 4.0 159 165 162
46 *ME 3 F 4.8 18.6 3.0 3.0 216 123 170
47 *NM 3 F 17.9 33.9 2.0 2.0 75 61 68
48 *OG 3 M 8.3 19.2 2.0 4.0 109 162 136
49 *OA 3 F 9.2 32.8 2.0 2.0 104 62 83
50 *PM 3 M 7.3 24.2 3.0 4.5 175 162 169
32 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
51 *PA 3 M 10.9 20.5 3.0 3.0 143 118 130
52 *PG 3 M 5.1 20.1 2.0 2.0 140 79 109
53 *RA 3 M 6.3 19.2 4.0 4.5 251 182 217
54 *RG 3 F 9.4 19.2 2.0 2.0 103 81 92
55 *RC 3 F 9.8 33.7 2.0 3.0 101 92 96
56 *ST 3 M 7.4 20.3 2.0 2.5 116 98 107
57 *SF 3 M 6.7 19.2 2.0 2.5 122 101 112
58 *TC 3 F 15.0 20.8 3.0 3.5 122 136 129
59 *TG 3 F 8.3 17.1 2.0 3.0 109 129 119
60 *ZE 3 F 6.7 18.6 3.0 1.0 183 41 112
La Figura 3.3(b) mostra il boxplot dell’indice sintetico PI per i tre gruppi
g1, g2 e g3: le performance di g3 sono superiori sia a quelle di g1 che di
g2. Questo potrebbe apparire come un argomento a sfavore dell’utilizzo di un
DGS, ma non e cosı: questo mostra semplicemente che il compito scelto non
e pregiuzionalmente orientato verso l’ipotesi favorevole all’utilizzo di un DGS,
tanto che una classe diversa che non e stata istruita con un DGS e stata in
grado di svolgere il compito in modo altrettanto buono (se non meglio) delle
classi istruite con un DGS.
3.5.2 Analisi per genere
E ben noto che ricerche degli ultimi decenni hanno documentato diversi ren-
dimenti scolastici in matematica fra maschi e femmine. Tipicamente, nella
fascia 5–10 anni il rendimento in matematica delle femmine e pari a quello dei
maschi, ma successivamente diminuisce [19]. Questo fenomeno e conosciuto in
letteratura come “gender gap in mathematics” e le sue origini sono tema di
ricerca e discussione.
Nei partecipanti al progetto pilota, i due generi non sono egualmente rap-
presentati nei gruppi g1, g2 e g3, essendo le femmine circa meta dei maschi:
vedi Tabella 3.4. Per analizzare se i test abbiano evidenziato un rendimento
diverso per genere, abbiamo disaggregato per ciascuno dei gruppi g1, g2 e g3
i dati del corrispondente indice sintetico PI di performance: vedi Figura 3.4.
Nella figura i tre grafici hanno la stessa scala delle ordinate (35 ≤ PI ≤ 215).
Si puo affermare che non si riscontrano in questo campione differenze statisti-
3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 33
camente significative nell’indice sintetico PI di performance dovute al genere
del partecipante. Tuttavia i tre grafici della Figura 3.4 indicano tendenzial-
mente una maggior abilita nei maschi nelle condizioni “carta e matita” g2 e
g3, mentre nella condizione g1 corrispondente all’uso di cabri geometre si
osserva una sostanziale pari abilita fra maschi e femmine. Questa osservazione,
se confermata ulteriormente, potrebbe essere oggetto di uno studio successi-
vo, avente lo scopo di verificare se, per quanto attiene l’apprendimento della
geometria, l’uso di un DGS consente di chiudere o ridurre il gender gap.16
g1 g2 g3
Femmine 7 6 10 23
Maschi 13 12 12 37
20 18 22 60
Tabella 3.4: Suddivisione dei gruppi g1, g2 e g3 per genere.
●
● ●●
Femmine Maschi Tutti
5010
015
020
0
Indici di performance (G=1)
Femmine Maschi Tutti
5010
015
020
0
Indici di performance (G=2)
●
Femmine Maschi Tutti
5010
015
020
0
Indici di performance (G=3)
Figura 3.4: Indice sintetico PI relativo ai partecipanti de gruppi g1, g2 e g3, di-
saggregato per genere (scala: 35 ≤ PI ≤ 215): non si riscontrano nel campione
differenze statisticamente significative dovute al sesso del partecipante.
16L’uso di un DGS potrebbe avere effetto sia indirettamente sulla socializzazione, sullavoro collaborativo ecc., che direttamente sulle abilita visuo–spaziali, due delle principalicause che sono spesso indicate all’origine del gender gap in mathematics.
34 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
3.5.3 Prospettive
Il progetto pilota ha mostrato la fattibilita di un test che valuti l’apprendimen-
to della geometria al termine del primo ciclo o all’inizio del secondo, in due
condizioni principali, con o senza l’uso di un DGS. Infatti, nel progetto pilota
sono emerse, fra le due condizioni, differenze di performance nella risoluzione
di esercizi–guida che sono risultate statisticamente significative all’80% circa
(test χ2). Conseguentemente, si ritiene che il progetto pilota possa essere sug-
gerito per la ripetizione dei test (inclusa la fase preliminare di preparazione) in
un numero adeguatamente elevato di scuole (almeno una decina), presentan-
dolo e proponendolo a strutture di ricerca didattica gia qualificate nell’impiego
in classe di cabri geometre, come l’IRRE–Emilia Romagna. Su questa sca-
la, sarebbe utile testare anche la condizione g4 precedentemente illustrata e
valutare la ipotesi discussa nella sezione 3.5.2.
Qualora il test a larga scala fornisse risultati statisticamente significativi,
questi potrebbero costituire una base per la proposta di un esperimento di brain
imaging relativo al ruolo dei software dinamici nei processi di apprendimento
della geometria, come gia detto nel Capitolo 1.
Appendice A
Una breve descrizione di CABRI GEOMETRE
A.1 Presentazione
cabri geometre e un software progettato per l’insegnamento della geome-
tria, creato nel 1988 da un gruppo di ricercatori dell’Universita Joseph Fourier
di Grenoble guidato da Jean–Marie Laborde. Nella prima versione, Cabri I,
erano impiegate tecnologie informatiche allora molto avanzate, in particolare
l’interazione diretta tramite il mouse ed un’interfaccia grafica, due caratteristi-
che che sarebbero diventate in seguito degli standard per i sistemi operativi e
per i principali software applicativi. Essa e apparsa subito molto interessante
agli insegnanti ed ha avuto una notevole diffusione nella scuola media e nelle
scuole superiori in ambiente operativo MS-DOS, sistema allora prevalente nei
computer presenti nei laboratori di informatica delle scuole, introdotti a se-
guito del Piano Nazionale per l’Informatica (1989). Nel 1996 viene diffusa la
seconda versione, Cabri II, per i sistemi MS-DOS e per Mac, due anni dopo
la versione per Windows; agli inizi del 2003 esce la terza versione del software,
con il nome di cabri geometre ii plus.
cabri geometre conta, dopo quindici anni, piu di una decina di milioni
di utenti in tutto il mondo, che lo utilizzano su computer dotati di sistemi
Windows e Mac OS, oltre che su alcune calcolatrici grafiche (TI-92 Plus, TI-89,
Voyage 200 e - dal luglio 2003 – sulla TI-83 Plus con Cabri Junior) prodotte
dalla Texas Instruments. cabri geometre e ora sviluppato da Cabrilog,
Grenoble (Francia), una societa fondata nel 2000 da Jean–Marie Laborde.
La terza versione del software contiene molti miglioramenti, in larga parte
35
36 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI GEOMETRE
suggeriti dagli utenti stessi, che la rendono ancora piu ricca di prestazioni,
piacevole da usare, oltre che di notevole valenza didattica per l’insegnamento
e l’apprendimento della geometria. E la versione utilizzata in questo lavoro.
La Figura A.1, adattata da [40], da dove e tratta anche questa presentazione,
mostra una tipica finestra di cabri geometre.
Figura A.1: Una tipica finestra di cabri geometre, adattata da [40].
Quali sono le caratteristiche di cabri geometre e quali possono essere le
ragioni che hanno convinto cosı tanti insegnanti, non solo in Italia, a utilizzarlo
in classe?
L’ambiente cabri geometre permette di costruire per mezzo di operato-
ri (primitive di costruzione) degli oggetti geometrici facendo intervenire delle
relazioni tra gli oggetti stessi. Essi hanno un modo di utilizzazione che rende il
loro comportamento simile a quello che questi oggetti hanno nella geometria eu-
clidea. L’utente costruisce sullo schermo del computer un disegno e gli da delle
specifiche geometriche tramite la manipolazione diretta e con l’aiuto di stru-
menti contenuti in menu “a tendina”. Le proprieta che rimangono invarianti
A.2. ALCUNE CARATTERISTICHE 37
nella figura sono individuate tramite il trascinamento (dragging) degli elementi
grafici della figura con il mouse. Le figure create con cabri geometre non
rappresentano quindi una sola configurazione, ma potenzialmente si riferiscono
a un’intera classe di disegni equivalenti.
Alcune ragioni a favore del suo utilizzo sono le seguenti, ben note a chiunque
abbia usato cabri geometre anche poche volte:
• la manipolazione diretta delle figure come base per l’apprendimento di
fatti geometrici.
• la dinamicita delle figure e la facile interazione con esse.
• l’uso semplice e intuitivo (il mouse e fondamentale nell’uso di questo
software): non ci sono complicazioni informatiche per il suo uso; in un
certo senso e nato per fare matematica;
• cabri geometre “si comporta” nel funzionamento come ci si aspetta
si comporti da un punto di vista matematico; in esso e incorporata in
qualche modo una “logica di funzionamento” simile a quella che si usa
in geometria.
A.2 Alcune caratteristiche
Il cursore di cabri geometre puo assumere diverse forme: la Tabella A.1
mostra alcune delle varie forme che puo assumere il cursore nelle varie situazio-
ni. Delle forme del cursore presentate, le principali sono quattro: la croce, la
mano con indice, la mano semi chiusa, la matita. Il cursore “a croce” e quello
di default, ed appare all’avvio del programma. Indica che il cursore si trova
in una zona libera della zona di lavoro; sotto Windows, se si tiene premuto il
tasto sinistro del mouse, o il tasto unico sotto Mac OS, si puo selezionare una
parte rettangolare dello schermo, e se in questa zona sono compresi degli og-
getti questi lampeggiano (tranne le rette e le semirette) e si possono cancellare
tramite il tasto canc.
Se il cursore invece passa su un oggetto la forma cambia diventando “mano
con indice”: questa e la modalita manipolazione, ed insieme compare anche
38 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI GEOMETRE
Un oggetto esistente puo essere selezionato
Un oggetto esistente puo essere selezionato, spostato o usato
all’interno di una costruzione
Compare quando si clicca sopra un oggetto esistente per
selezionarlo o per usarlo in una costruzione
Viene offerto un menu a tendina con un certo numero di
differenti opzioni che possono essere scelte
Compare quando si sposta un oggetto (dragging)
Il cursore e in una regione libera del foglio di lavoro. Si puo
usare il ‘Click & Drag’ per selezionare una regione rettangolare
Segnala la modalita di spostamento del foglio di lavoro
Compare quando si sposta il foglio di lavoro
Indica che un singolo click generera un nuovo ‘punto libero’ sul
foglio di lavoro
Indica che un singolo click generera un nuovo punto su un
oggetto esistente o all’intersezione di due oggetti esistenti
Indica che un singolo click riempira l’oggetto sotto il cursore
con il colore attualmente selezionato
Indica che un singolo click cambierq gli attributi (per esempio:
colore, stile, spessore, ecc.) dell’oggetto sotto il cursore
Tabella A.1: Alcuni dei cursori di cabri geometre ed il loro significato.
A.2. ALCUNE CARATTERISTICHE 39
una scritta che indica il nome dell’oggetto. Con questa modalita e possibile
selezionare l’oggetto con un clic e l’indice si pieghera assumendo la forma
“mano con indice piegato”.
Il cursore a forma di “mano quasi chiusa” indica che l’oggetto selezionato e
in una fase di spostamento, lo spostamento di un oggetto e possibile dopo che e
stato selezionato tenendo premuto il tasto sinistro del mouse sotto Windows, o
il tasto unico sotto Mac OS. Il cursore prende la forma “matita in su” quando
si possono creare oggetti con un clic.
Tra i diversi sottomenu e funzioni, vale la pena descriverne alcuni molto
utili dal punto di vista didattico.
Cursore a mano aperta Il cursore a forma di mano aperta consente di spo-
stare gli oggetti rappresentati di cui compare il nome, ed una rapida
verifica, sia da parte dell’ allievo che dell’insegnante, se il lavoro svolto e
corretto, potendo in questo modo apportare delle modifiche.
Preferenze Preferenze e utile per correggere i difetti causati dalle proporzioni
in pixel, affinche si possa vedere sempre la stesso aspetto in tutte le
sessioni di lavoro.
Aspetto oggetto L’aspetto oggetto si utilizza alla fine del lavoro permetten-
do di abbellire l’aspetto del lavoro colorando alcuni oggetti, evidenziarne
o nascondere altri; questo strumento e gratificante per i ragazzi perche
consente loro di presentare un lavoro formalmente curato e gradevole di
aspetto.
Ri–costruzione passo a passo Ri–costruzione passo a passo offre la possi-
bilita di ripercorrere tutti i passaggi effettuati nella costruzione presente
sullo schermo; e molto utile all’insegnante che puo controllare se la co-
struzione e stata svolta in modo corretto e se l’allievo ha rispettato le
consegne; e molto utile anche all’allievo perche in questo modo svolge
il doppio compito di applicare le stesse istruzioni sia per un esecutore
di azioni reali con carta e matita che per un utente cabri geometre;
inoltre e un ottimo metodo per ripassare e mantenere l’informazione piu
a lungo in memoria o rielaborarla.
40 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI GEOMETRE
Appendice B
Strumenti per la valutazione dell’attenzione:
il test di Zazzo dei deux barrages
L’attenzione selettiva e di mantenimento viene comunemente valutata median-
te prove di risposta differenziale a stimoli uditivi o visivi, che l’individuo deve
distinguere da altri. Si puo per esempio procedere alla misura dei tempi di
reazione (per esempio la quantita di tempo che intercorre tra la presentazione
degli stimoli e la risposta dell’individuo) di una serie di prove in cui si deve
riconoscere un determinato stimolo presentato assieme ad altri. Piu il compito
e prolungato e piu gli stimoli sono simili tra loro, piu la vigilanza deve essere
sostenuta; per questo motivo compiti di questo tipo vengono definiti compiti di
“vigilanza”. Tralasciamo i test uditivi (come il Continuous Performance Test,
o CPT), e descriviamo in dettaglio, seguendo [34], una prova originariamente
sviluppata da Zazzo [43, 44], detta comunemente test dei deux barrages.
Questa prova consiste nel discriminare piu rapidamente possibile e segnare
(barrer) alcuni simboli mescolati ad altri, con i quali possono essere facilmente
confusi. Questo test si riferisce a quello di Toulose-Pieron, ma nella versione di
Zazzo i quadrati sono leggermente piu grandi per poter diminuire l’influenza
del fattore di acuita visiva sull’abilita di discriminazione visiva. La prova si
svolge in due fasi, una prima in cui si deve individuare e segnare un solo tipo
di segni, una seconda in cui si devono individuarne e segnarne due diversi. Nel
caso dell’individuazione di un segno non vi e limite di tempo, e ogni soggetto
viene classificato in base al tempo d’esecuzione (metodo cronometrico). Ogni
quattro righe si prende nota del tempo: i tempi parziali, tradotti in velocita
d’esecuzione (ossia numero dei segni contrassegnati ogni minuto) forniscono la
41
42 APPENDICE B. TEST DI ZAZZO DEI DEUX BARRAGES
base per stabilire l’andamento nella velocita di svolgimento della prova. Nel
caso della prova con due segni e invece stabilito un tempo massimo di ese-
cuzione di 10 minuti. La variabile e dunque la quantita di esecuzione della
prova (numero dei segni esaminati) fornita ogni minuto (metodo ergonometri-
co). Alla fine di ogni minuto si prende nota del numero di righe terminate dal
soggetto e del numero di segni esaminati. Anche questo metodo permette di
individuare la curva di velocita.
Vi sono vari indici per valutare la prova. Uno di questi e quello relativo
alle “inesattezze” nel barrage, ossia il rapporto fra il numero totale degli errori
(falsi positivi + omissioni) e il numero totale dei segni da barrare nella prova,
che nel caso della prova con un segno e 125, mentre nel caso della prova con
due segni tale numero complessivo non e fisso, essendo la qualita di esecuzione
della prova variabile da soggetto a soggetto. Un altro indice riguarda il “ren-
dimento”, che e dato dal numero medio dei segni barrati in un minuto. Cio
che e importante e confrontare comparativamente (qualitativamente e quanti-
tativamente) il risultato della prima e della seconda fase. E particolarmente
significativo il confronto nel rendimento e nelle strategie utilizzate per indivi-
duare e contrassegnare un solo segno e due segni. Zazzo sottolinea che queste
variazioni sperimentali nel numero di segni da individuare potrebbero essere
aumentate, in modo da costruire prove di barrage con tre o quattro livelli di
difficolta. Per una trattazione completa della prova si rinvia a [44].
Il caso in esame Nel caso in esame, il test e stato somministrato singo-
larmrnte ad ogni allievo, in un’aula concessa appositamente dalla scuola. In
questa aula c’erano buone condizioni di luce, quattro tavolini e quattro sedie,
situate in una sezione della scuola abbastanza silenziosa. Gli allievi sono stati
inviati singolarmente, dalla propria insegnante nell’ora di scienze. La dispo-
sizione tra lo sperimentatore e il partecipante era quella classica proposta da
Zazzo, ossia lo sperimentatore si sedeva alla destra di lato del partecipante. Il
materiale a disposizione era per lo sperimentatore un foglio di notazione, un
cronometro, una matita; per il partecipante una matita lunga e ben appuntita,
un foglio per il contrassegno di un segno, e un secondo foglio per il contrassegno
di due segni. L’ordine dei preparativi per l’esame e stato il seguente:
1. Si e sistemato il partecipante e si e stabilita la scheda per l’esame; il
43
partecipante ha poi scritto sul foglio di notazione le iniziali del nome e
cognome, la lateralita, il sesso, la data e l’ora dell’esame.
2. E stata presentata la prova e si e messo a proprio agio il partecipante;
dopo esserci assicurati che non conoscesse gia la prova, gli si e mostrato il
foglio della prima notazione ed e stato rassicurato su cosa ci si aspettava
da lui: “Ti domandero di eseguire un lavoro facile, esige solola massima
attenzione. Si tratta di vedere solo se lavori presto e bene. . . ”.
3. Sono state date le consegne.
Per la prima prova non sono stati fissati limiti di tempo, mentre per la seconda
e stato previsto un tempo massimo di dieci minuti. Agli allievi e stato spiegato
che che non si trattava di un test di intelligenza e che insegnanti, famiglie o
altri non avrebbero potuto prendere visione dei risultati personali.
44 APPENDICE B. TEST DI ZAZZO DEI DEUX BARRAGES
Appendice C
Strumenti per la valutazione delle abilita scolastiche:
il test di Amoretti et al.
Il test di Matematica per la scuola dell’obbligo, a cura del nucleo di ricerca in
didattica della matematica dell’istituto di Psicologia dell’Universita di Pavia
e un test di profitto, relativo in particolar modo alla valutazione sommativa
delle abilita al termine dell’anno scolastico. Puo essere somministrato all’inizio
dell’anno come test d’ingresso, utilizzando dil test relativo all’anno precedente.
Comprende i temi proposti dai programmi ministeriali per le scuole elementari
e da quelli della scuola media ad eccezione dell’informatica, ritenuta troppo
difficile perche dipendente dalle scelte del singolo insegnante.
La prova e composta da tre subtest, riguardanti rispettivamente la geo-
metria, la logica e infine la probabilita e la statistica. L’elaborazione delle
domande d’ogni prova, e stata fatta in modo tale da focalizzare la valutazione
degli obiettivi proposti dai programmi. Sono state utilizzate in prevalenza do-
mande a scelta multipla o aperta con risposta univoca. Le prove per la scuola
elementare sono mediamente facili e mediamente discriminative, mentre quel-
le della scuola media sono piu difficili e piu discriminative. Le prove inoltre
consentono una valutazione rispetto ai gruppi di riferimento, consentendo di
paragonare i risultati degli alunni con quelli dei compagni di pari eta e livello
scolare.
Il test ha dimostrato buone capacita psicometriche, si e dimostrato atten-
dibile per evidenziare gli allievi con delle difficolta nell’area della matematica
[35, 36].
45
46 APPENDICE C. TEST DI AMORETTI ET AL.
Il caso in esame La somministrazione del test e avvenuta in classe, duran-
te un’ora di scienze; le insegnanti non avevano preavvisato gli allievi che ci
sarebbe stata la prova, che e avvenuta con la presenza dell’insegnante e del-
l’esaminatrice. Gli allievi sono stati invitati a spostarsi, allontanando i banchi
alla distanza di circa un metro l’uno dall’altro, e a togliere dal proprio banco
ogni cosa, lasciando solo una matita, una riga e una calcolatrice. Sono stati
invitati ad ascoltare l’esaminatrice, che li ha invitati a stare in silenzio e fare
attenzione a cio che avrebbe detto. E stato spiegato che i risultati dei test
non avrebbero influito in nessun modo sui voti in scienze, ma che ugualmente
dovevano svolgere il test nel modo migliore possibile. Assegnati gli esercizi,
dovevano inserire le iniziali del nome, cognome, sesso e data dell’esame. Al via
dell’esaminatrice avrebbero potuto girare il foglio e iniziare lo svolgimento del
test, in un tempo massimo di 35 minuti. In caso qualcosa non risultasse chiaro,
erano invitati al silenzio: dovevano in tal caso alzare la mano e l’esaminatrice
sarebbe andata al loro banco per i chiarimenti necessari (gli esercizi del test
sono stati selezionati dall’insegnante).
Appendice D
Descrizione dell’algoritmo per la formazione dei gruppi
Descriviamo piu in dettaglio l’algoritmo della Tabella 3.1 e la sua implementa-
zione in R, tratta da [21]. Consideriamo il caso di n partecipanti numerati da
1 ad n, e supponiamo per semplicita che il profilo psicologico per partecipante
k sia un vettore 2−dimensionale π(k) = (π(k)1, π(k)2). Supponiamo che π1 e
π1 siano variabili indipendenti distribuite normalmente con µ = 0 e σ = 1, e
simuliamo i due campioni aleatori delle osservazioni con i comandi1
n <- 43 # ad esempio
p <- 2 # ad esempio
nomi <- c(1:n)
π1 = pi1 <- rnorm(n)
π2 = pi2 <- rnorm(n)
Costruiamo allora una matrice numerica tab di tipo n × p (nel caso in
esame 43× 2) ponendo tab <- matrix(c(pi1,pi2),43,2), ed utilizziamo il
seguente codice di R:
> dm <- 0
> for(k in 1:floor(n/2)) {
+ s <- length(tab[,1])
1I dati cosı simulati sono π1 = (−0.15, −0.37, 2.61, −0.39, −0.23, −0.76, 1.67, 0.25, 0.18,1.60, 1.38, −2.34, −0.48, −0.51, −1.81, −0.24, 0.34, −0.03, 0.27, −0.30, −1.26, 0.43, 1.79,1.52, −0.22, 0.82, 0.92, 0.23, −0.23, 0.00, −0.38, −1.52, 0.86, 0.81, 1.58, 1.34, −0.01, −0.57,−0.23, 0.55, 0.10, −0.54, −1.21); π2 = (−1.06, −1.69, 0.98, −1.27, −0.31, −0.97, −0.94,−0.18, 0.77, 0.14, −1.46, −0.67, −0.15, −0.33, 0.05, −0.07, 1.94, −0.31, 0.42, 1.17, 0.26,0.00, −1.24, 0.61, −0.54, −0.54, 0.43, 0.55, 1.90, 0.19, −0.16, −0.96, −0.31, 1.91, −1.12,−0.36, −0.81, −1.19, −0.65, 0.75, −0.20, 0.22, 0.66).
47
48 APPENDICE D. DESCRIZIONE DELL’ALGORITMO
+ i <- 1 + floor(s*runif(1))
+ f <- margin.table(abs(t(tab) - tab[i,]), 2)
+ m <- min(f[which(f!=0)])
+ j <- which(f==m)
+ if(length(j)>1) {j <- j[1 + floor(length(j)*runif(1))]}
+ d <- sum(abs(tab[j,]-tab[i,]))
+ dm <- dm + d
+ cat("Coppia",k,": ", nomi[[i]], nomi[[j]],"(d = ",d,")\n")
+ r <- which((1:s!=j) & (1:s!=i))
+ tab <- tab[r,]
+ nomi <- nomi[r]
+ }
> if(length(nomi)>0) {cat("Viene escluso:",nomi)}
> cat("Distanza media:",dm/floor(n/2))
Eseguendo questo codice, otteniamo per i dati simulati i due gruppi seguenti:
g1 = ( 8, 23, 31, 11, 17, 21, 18, 33, 29, 30, 1, 2, 28, 32, 14, 38, 22, 36, 24, 12, 42)
g2 = (41, 35, 13, 7, 34, 43, 5, 26, 20, 16, 37, 4, 19, 6, 25, 39, 40, 10, 27, 15, 9 )
dai quali e rimasto escluso il partecipante numero 3. Il grafico scatterato della
Figura D.1 mostra con simboli diversi la collocazione dei due gruppi nel piano
delle variabili π1 e π2.
La distanza media fra le coppie e risultata 0.5819048.
Si noti quindi che l’algoritmo e piu efficiente della semplice selezione casuale
nei punti seguenti.
• Nel trattamento degli outliers vicini, che di norma vengono ripartiti
“equamente” fra i due gruppi. Ad esempio, consideriamo nella simu-
lazione di Figura D.1 il gruppo dei quattro partecipanti (i numeri 7, 11,
23 e 35) nell’angolo basso–destro, con valori massimi di π1 e minimi di
π2, che hanno profili molto simili:
π(23) = (1.79,−1.24), π(35) = (1.58,−1.52)
π(11) = (1.38,−1.46), π(7) = (1.67,−0.94)
L’algoritmo ha accoppiato il partecipante 23 con il 35 ed l’11 con il
7, ponendo il 23 e l’11 in g1 ed il 35 ed il 7 in g2. In principio un
procedimento casuale non avrebbe assicurato a priori questo risultato.
49
−3 −2 −1 0 1 2 3
−3
−2
−1
01
23
pi1
pi2
Figura D.1: Esempio di applicazione dell’algoritmo: gruppo g1: triangle point–
up rosso; gruppo g2: triangle point–down blu.
• Nella minimizzazione della distanza media fra i membri delle coppie.
Per chiarire questo punto abbiamo eseguito 1000 volte l’algoritmo sui
dati reali dei test preparatori (con n = 43 e p = 7), ottenendo per
la distanza media l’istogramma della Figura D.2(a). Per confronto, la
Figura D.2(b) mostra l’istogramma che si ottiene se si procede sempre
per 1000 volte all’accoppiamento in modo puramente casuale (senza tener
conto dei profili psicologici): si noti che in tale caso il valore atteso e quasi
raddoppiato (ed anche la deziazione standard e quasi doppia). Questo
dimostra l’utilita che anche il semplice algoritmo “avido” che abbiamo
implementato puo avere nella composizione dei due campioni.2
2Gli algoritmi avidi (greedy) lavorano per passi successivi. Ad ogni passo viene presauna decisione che sembra in quel momento la migliore, senza tener conto delle conseguenzefuture di tale scelta. Questa strategia del tipo “meglio un uovo oggi. . . ” e all’origine delnome di questa classe di algoritmi. In generale gli algoritmi avidi non producono soluzioniottime, ma, se queste non sono richieste, essi sono da preferire agli algoritmi piu complessigeneralmente necessari per l’ottimo.
50 APPENDICE D. DESCRIZIONE DELL’ALGORITMO
Distanza media
V1
Fre
quen
cy
3.2 3.4 3.6 3.8 4.0 4.2 4.4
050
100
150
200
Distanza media
V1
Fre
quen
cy
5.5 6.0 6.5 7.0 7.5 8.0
050
100
150
200
(a) (b)
Figura D.2: Istogrammi: (a) µ = 3.70, σ = 0.178; (b) µ = 6.81, σ = 0.384.
Numero di prove: 1000.
Bibliografia
[1] Agresti, A., Finlay, B. (1999). Statistical Methods for the social
sciences, 3th edition. Prentice Hall.
[2] Amoretti, G. (1993). Test di matematica per la scuola dell’ob-
bligo: manuale, a cura di Guido Amoretti et al., Organizzazioni
speciali, Firenze.
[3] Antinucci, F. (2003). La scuola si e rotta. Nuovi modi di
apprendere tra libri e computer, Laterza.
[4] Arzarello, F. et al. (2002). A cognitive analysis of dragging
practises in Cabri environments, Zentralblatt fur Didaktik der
Mathematik, 34, 3, 66–72.
[5] Matematica 2003. Attivita didattiche e prove di verifica per un
nuovo curricolo di Matematica, a cura di Giuseppe Anichini,
Ferdinando Arzarello, Lucia Ciarrapico, Ornella Robutti.
[6] Ashman, A.F., Conway R.N.F. (1991). Guida alla didatti-
ca metacognitiva per le difficolta di apprendimento, Trento,
Erikson.
[7] Bloom, B.S. (1986). Tassonomia degli obiettivi educativi, La
classificazione delle mete dell’educazione, Volume I, Area
cognitiva, Giunti & Lisciani Editori (trad. Mauro Laeng).
[8] Borkowski, J. G., Muthukrishna, N. (1994). Lo sviluppo del-
la metacognizione del bambino: un modello utile per intro-
51
52 BIBLIOGRAFIA
durre l’insegnamento metacognitivo in classe, in: Insegnare
all’Handicappato, 8, 3, pp. 229–251.
[9] Chi, M.T.H. (1992). Conceptual Change within and across onto-
logical categories:Examples from learning and discovery in scien-
ce. In: Cognitive Models of science: Minnesota studies in the
philosophy of science, a cura di R. Giere, Minneapolis, MN,
University of Minnesota Press.
[10] Cornoldi, C., De Beni, R., Gruppo MT (1989) Guida alla
comprensione del testo, Bergamo, Walk–Over Juvenilia.
[11] Cornoldi, C., De Beni, R., Gruppo MT (1993). Imparare a
studiare, Trento, Erikson.
[12] De Beni, R., Pazzaglia, F. (1991). Lettura e metacognizio-
ne. Attivita didattiche per la comprensione del testo, Trento,
Erikson.
[13] De Beni, R. e Zamperlin, C. (1993). Guida allo studio del testo
di storia, Trento, Erikson.
[14] Caprara G.V., Gennaro A. (1994). Psicologia della Personalita.
Bologna.
[15] Coggi C., Notti A.M. (2002). Docimologia, Pensa Multimedia,
Lecce.
[16] Flavell, J.H., Miller P.H., Miller S.A. (1996). Psicologia dello
sviluppo cognitivo. Strumenti., Il Mulino, Bologna.
[17] AA.VV. (1999). Psicologia del pensiero, a cura di V. Girotto e
P. Legrenzi, Il Mulino, Bologna.
[18] Greeno, J.G. (1978). A study of problem solving. In: R. Glaser,
Advances in instructional psychology, vol. 1, Hillsdale, Erlbaum.
[19] Hanna, G., Kundiger, E., & Larouche, C. (1990). Mathematical
achievement of grade 12 girls in fifteen countries. In L. Burton
BIBLIOGRAFIA 53
(Ed.), Gender and mathematics: An international perspective.
London: Cassell Educational Ltd.
[20] Houde O. et al. (2000). Shifting from the Perceptual Brain to
the Logical Brain: The Neural Impact of Cognitive Inhibition
Training, Journal of Cognitive Neuroscience, 12, 721–728.
[21] Invernizzi, S. (2005). Basic Statistics for Life Sciences Using R
(in preparazione).
[22] Karmiloff–Smith, A. (1988). The child is a theoretician, not an
inductivist. In: Mind and Language, 3, 1–13.
[23] Kelley, H.H. (1967). Attribution theory in social psycology.
In: D. Levine (a cura di) Nebraska symposium on motivation,
Lincoln, University of Nebraska Press, Vol. 15 pp. 192–238.
[24] Krathwohl, D.R., Bloom, B.S, e Masia B.B. (1964). Taxonomy of
Educational Objectives: The Classification of Educational Goals.
Handbook II: Affective Domain. New York: David McKay Co.,
Inc.
[25] Krumme, G. (2001). Major Categories in the Taxonomy of
Educational Objectives (Bloom 1956). Disponibile online:
http://faculty.washington.edu/krumme/guides/bloom.html
[26] Kuhn, D., Amsel, E., O’Loughlin, M. (1988). The development
of scientific thinking skills, San Diego, CA, Academic Press.
[27] Kuhn, D. (1989). Children and adults as intuitive scientists,
Pscycological Review, 96, 674–689.
[28] Lakoff G. & Nunez R. (2000). Where Mathematics Comes From:
How the Embodied Mind Brings Mathematics into Being, Basic
Books, New York. Trad. it.: Da dove viene la matematica. Come
la mente embodied da origine alla matematica (2005). Trad. di
Robutti O., Ferrara F., Sabena C., Bollati Boringhieri.
54 BIBLIOGRAFIA
[29] Maragliano, R. (2004). La nuova teconologia ri–media la
didattica. In Pedagogika.it, pp. 23-25, ottobre 2004.
[30] Marin, R. (2005). Apprendimento dinamico della geometria:
basi cognitive e neurofisiologiche (tesi di laurea), Facolta di
Psicologia, Universita di Trieste, Maggio 2005.
[31] url http://www.labmat.it/studenti/RM/esempi.html
[32] Montague, M. (1992). The effects of cognitive and metacogni-
tive strategy instruction on the mathematical problem solving
of middle school students with learning disabilities, Journal of
Learning Disabilities, 25(4), 230–248.
[33] Newell, A., Simon, H.A. (1972). Human Problem Solving,
Prentice–Hall, Englewood Cliffs, NJ.
[34] Passolunghi, M.C., De Beni R. (2001). I test per la scuola. La va-
lutazione psicologica ed educativa degli apprendimenti scolastici.
Il Mulino.
[35] Passolunghi,M.C., Cornoldi, C. (2000). Working memory and
cognitive abilities in children with specific difficulties in ari-
thmetic word problem solving. In Advances in Learning and
Behavioral Disabilities, 14, 155–178.
[36] Passolunghi,M.C., Cornoldi, C., De Liberto S. (1999). Working
memory and inhibition of irrelevant information in poor problem
solvers, Memory and Cognition, 27, 779–790.
[37] R Development Core Team (2004). R: A language and envi-
ronment for statistical computing. R Foundation for Statistical
Computing, Vienna, Austria. ISBN 3-900051-07-0,
url http://www.R-project.org.
[38] Rotter, J.B. (1966). Generalized expectancies for internal versus
external control of reinforcement, Psychological Monograph, 80,
38–55.
BIBLIOGRAFIA 55
[39] Seligman, M.E.P. (1975). Helplessness, San Francisco, CA,
Freeman.
[40] Tomasi, L., Da Cabri II a Cabri II Plus: innovazioni nel soft-
ware e potenzialita per l’insegnamento della geometria, Conve-
gno su “Esperienze Didattiche in Rete con cabri geometre”,
organizzato da G.RI.MAT., Padova, 23 aprile 2004.
[41] Weiner, B. (1985). An attributional theory of achievement
motivation and emotion, Psychological Review, 75, 530–543.
[42] Weiner, B. (1986).An attributional theory of achievement
motivation and emotion, New York, Springer–Verlag.
[43] Zazzo, R. (1964). Test des deux barrages, DeDelachaux et Nestle,
Neufchatel.
[44] Zazzo, R. (1980). Test dei deux barrages: manuale, Organizza-
zioni speciali, Firenze.