controllo di gestione, finanza e strategia

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B2CORPORATE MAGAZINE E-CONTROLLING La prima rivista di controlling scritta e creata dagli utenti B2 Aprile 2012 Il Busines Plan: un vademecum step by step pag.7 Il Busines Plan: un vademecum step by step pag.7 L’efficenza energetica un viaggio, non una destinazione pag.22 Un’azienda su 10 ha alta percentuale di generare insoluti pag.32 Project Management e implementazione di un nuovo sistema e.r.p. pag.41 IN PRIMO PIANO Innovazione, startupper e controllo di gestione pag.4

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In questo numero si parla di business plan, efficienza energetica, project management, crediti e insoluti Econtrolling aprile2012

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Page 1: Controllo di gestione, finanza e strategia

B2CORPORATE MAGAZINE

E-CONTROLLINGLa prima rivista di controlling scritta e creata dagli utenti

B2Aprile 2012

Il Busines Plan: un vademecumstep by steppag.7

Il Busines Plan: un vademecumstep by steppag.7

L’efficenza energeticaun viaggio, non una destinazionepag.22

Un’azienda su 10 ha altapercentuale di generare insolutipag.32

Project Management eimplementazione di un nuovosistema e.r.p.pag.41

IN PRIMO PIANO

Innovazione,startuppere controllo di gestione

pag.4

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E-CONTROLLING - N° 2 - Aprile 2012 | 2

Note di pubblicazione

Pubblicato ad Aprile, 2012

B2corporate.com, Italy

Nato nel Dicembre 2001, B2corporate distribuisce informazioni utili ed

innovative rivolte a tutti i professionisti, consulenti e componenti del mondo

delle PMI.

Il nostro obiettivo è supportare il lavoro della nostra community di

professionisti con articoli, e-book, modelli, software ed altre risorse

scritte e realizzate da professionisti di lunga e provata esperienza nei loro

settori.

ISBN: NON DISPONIBILE

Versione: N°2 Aprile, 2012

Questo E-Magazine non è coperto da DRM. Ogni copia è distribuita

gratuitamente previa registrazione sul sito http://www.b2corporate.com

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Sommario Innovazione, startupper e controllo di gestione a cura di Luca Vanzulli – Controller ………………………………………………………..... pag. 4 Il Business Plan: un vedemecum step by step a cura del team di Freesbee (http://www.freesbee.net/) ………………………………….. pag.7 L’efficienza energetica: un viaggio, non una destinazione a cura di Estor – Esperto settore energia …………………………………………………. pag.22 Un’azienda su 10 ha alta probabilità di generare insoluti nel nostro paese a cura dell’Osservatorio CRIBIS D&B - www.cribisdnb.com …………………………….. pag.32 Project Management e implementazione di un nuovo sistema e.r.p. a cura di Alessandro Musso – Financial Project Manager ……………………………….. pag.41

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Innovazione, startupper e controllo di gestione a cura di Luca Vanzulli - Controller Ormai uno ci fa il callo, la cantilena è sempre la stessa: crisi, crisi crisi. Lo scenario è incerto e complesso: stretta delle banche, sempre più severe e in difficoltà nell’erogare finanziamenti, una manovra fiscale doverosa ma molto rigida e poco proiettata alla crescita, sono tutti fattori che rendono difficile fare impresa, investire in tecnologia e sui giovani. I dati dell’Istat dell’ultimo trimestre 2011 hanno evidenziato un quadro di recessione tecnica. Nonostante queste premesse poco incoraggianti e indeterminate, tuttavia qualcosa si muove e sembra dare una sprizzata di brio e ottimismo: c’è un alveare di enterpreneur, orientati soprattutto al mondo web, che con entusiasmo cercano di dare concretezza alle proprie idee, presentando i progetti al mondo delle Venture capital, Business Angel o affidandosi a iniziative di crowdfunding. La raccolta di finanziamenti per partire con una startup è un passo obbligato; per arrivare a convincere potenziali investitori occorre la preparazione di un pitch altamente qualitativo e convincente: la business idea deve essere costruita su un efficace modello di analisi e di pianificazione strategica; a proposito di queste tematiche, recentemente ho avuto l’occasione di partecipare a 2 webinar a cura del social learning Insegnalo.it e grazie a Monica Crapanzano, l'esperta (area Amministrazione, Finanza e Business Planning, con particolare focus sul mondo startup e PMI) dell'evento, ho tratto spunti interessanti e un confronto proattivo su questioni hot:

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Come devo strutturare il Business Plan? Quali sono i punti chiave del Business Plan? Come devo svolgere l'analisi del mercato e della concorrenza? E il mio cashflow? Quali previsioni? Emerge che il nocciolo della questione è fondamentalmente uno: L’idea vincente deve basarsi su un business model. Cosa s’intende per Business model? Sicuramente molto rilevante è la seguente definizione: Il Business model descrive la logica di come un’organizzazione crea, distribuisce e riceve valore. A tal proposito si rileva molto utile il libro dal titolo "Business model generation, A Handbook for Visionaries, Game Changers, and Challengers”. Autori Alexander Osterwalder e Yves Pigneur. Un libro costruito su molte immagini, schemi e mappe mentali. Un libro curioso, che sa di innovazione; un libro capace di attirare l’attenzione e consentire l’apertura mentale a nuovi scenari di business. Se volete un assaggio del contenuto di questo libro, vi rimando a un articolo scritto dalla Dott.ssa Luisa Pastega, dottore commercialista e revisore contabile: (http://www.b2corporate.com/business-model-che-cosa-sintende) Innovare non significa solo avere idee e adottare la migliore tecnologia, ma esprime anche qualcosa di più estesa, come un’attenta fase di strategia, pianificazione e controllo; l’innovatore deve conoscere il proprio mercato di riferimento e sapere rispondere a domande del tipo:

-­‐ chi sono i principali competitor? -­‐ Qual è il market size del mio business? -­‐ Quali sono i bisogni dei miei potenziali clienti? -­‐ ecc

Ormai il mercato è un'arena competitiva incerta e ricca di eventi imprevedibili. Basta un'innovazione, un'intuizione per sbancare il banco,

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basta un errore o una strategia poco curata per far crollare modelli di business fino a ieri indissolubili. Lo slogan è chiaro: “come l’improbabile governa la nostra vita”; se questa frase vi incuriosisce, leggete il libro di NassimTaleb – Il Cigno Nero: ci ripetono che il futuro è prevedibile e i rischi controllabili, ma il mondo in cui viviamo non fa che dimostrare il contrario. Basta un solo evento inaspettato per demolire certezze e schemi consolidati da secoli. Si poteva prevedere il successo di Google? Il Cigno Nero è sicuramente un libro provocatorio e forse su certi binari troppo anticonformista, tuttavia per certi versi offre un fondo di verità crudo e realistico. Comunque in certi frangenti la pianificazione e l’attuazione di processi di controllo dei risultati ottenuti in un orizzonte temporale di breve e lungo periodo rappresentano fattori critici di successo determinanti e indispensabili; è vitale comprendere se la rotta è quella che era stata immaginata a inizio viaggio; oppure se imprevisti, nuovi scenari, nuove fattori ambientali abbiano cambiato qualcosa. Non è detto che la rotta iniziale sia sempre la migliore e quella perfetta; in termini economici e previsionali, la metafora della rotta, si traduce nella capacità e proattività di sapere leggere gli scostamenti del budget dell’anno fiscale in corso e saper apportare gli interventi correttivi (Budget flessibile). Il Budget non è per forza di cose giusto per definizione: il budget è uno strumento di pianificazione e previsione degli obiettivi che il management ha in testa di raggiungere secondo determinati studi e conoscenze del mercato; l’analisi degli scostamenti negativi o positivi rispetto al budget devono portare a una riflessione delle cause o dei fattori che hanno portato a un simile risultato. Spesso ci si dimentica che quando si fa meglio del Budget si è sbagliato allo stesso modo in cui si è fatto un risultato peggiore. Quali le cause, quali gli effetti? Quali gli strumenti? In sintesi, Business plan, sensitivity analysis, valutazione dei rischi, management degli scenari possibili (Best, expected, worst case), analisi dei costi e introduzione di processi di efficientamento (esempio risparmio energetico) devono rappresentare gli strumenti basilari per poter rendere concreti i progetti e le idee. Il vento del cambiamento sta soffiando?

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Il Business Plan: un vedemecum step by step a cura del team di Freesbee (http://www.freesbee.net/)

Business plan è espressione ricorrente nel vocabolario tecnico degli imprenditori e degli operatori economici in generale. Ciò perché tutte le imprese, piccole o grandi che siano devono essere passate da questa importante tappa all’avvio della propria attività, quando non successivamente per necessità relative al rilancio di una strategia, di un progetto, di una attività innovativa o semplicemente in ragione della necessità di trovare altre fonti di finanziamento. Il business plan è uno strumento:

- Strumento attraverso cui pianifichiamo le attività di un business; - Strumento di pubblicità, dal punto di vista giuridico, allorché è

richiesto dalle disposizioni di legge (casi limite, per esempio, perché l’Azienda partecipa ad un concorso per l’erogazione di un finanziamento agevolato da parte di un ente pubblico);

- Strumento di divulgazione e di comunicazione interna all’azienda per condividere obiettivi e strategie con i partner aziendali (dirigenti, dipendenti, soci, ecc.);

- strumento per innovare, limitato ad un progetto specifico o ad un’area dell’azienda che necessiti di essere riconsiderata sotto il profilo della competizione sul mercato;

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Infine, non perché si siano esaurite le ipotesi, pur avendo elencate quelle più importanti,è strumento per poter avviare un nuovo progetto imprenditoriale; mezzo di cui ci si serve per presentare agli stakeholder (soggetti che vantano interessi verso la nuova impresa),la strategia del nuovo business, i Soci, il piano di marketing, l’organizzazione, gli strumenti operativi, il piano economico-finanziario, al fine di reperire le risorse finanziarie a supporto dell’avviamento e dell’investimento.

Di seguito le tappe più importanti, l’ordine è esattamente questo, mentre i contenuti possono essere arricchiti o ridotti in funzione della complessità del progetto.

Presentazione sintet ica del progetto

La sintesi prima di tutto! Di tutte le parti del documento, questa è certamente la più importante, perché in grado di focalizzare l’attenzione del lettore sul core business, sull’attività caratteristica e sul potenziale dell’iniziativa. E’ questo il quadro che ha l’obiettivo di catturare l’interesse di chi è chiamato a valutare il business, da questo punto in poi l’attenzione deve crescere, se si fallisce questo obiettivo abbiamo sostanzialmente fallito quello generale.

In questa sezione riportiamo la descrizione del prodotto / servizio che intendiamo proporre, il suo valore esclusivo, le ragioni, pur sintetiche, di questa esclusività; non deve mancare il riferimento allo scenario esterno, al settore ed al mercato di appartenenza, al ciclo di vita del prodotto e importantissimo, dobbiamo riportare qualche dato numerico importante: volume d’affare previsto e ROI, il famoso return on investement, indicatore economico fondamentale capace di segnalare immediatamente la prospettiva; questi due numeri consentono agli stakeholder di inquadrare in poche righe i valori in giuoco, livello di esposizione e percentuale di remunerazione del capitale che stiamo chiedendo loro. Prestereste soldi a qualcuno senza aver chiari almeno questi due punti? E se chiari, ciò sarebbe sufficiente a farvi proseguire la lettura? Questa sezione ha l’obiettivo di invogliare chi legge ad inquadrare l’obiettivo del progetto e

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l’interesse ad investirvi; in questa fase occorre sfoderare le nostre abilità di venditori, dobbiamo focalizzarci sulla sintesi descrivendo chiaramente lo scopo dell’attività, il volume di affari previsto a regime, la quota di capitale propria e quella che state chiedendo a terzi; infine il livello percentuale di remunerazione del capitale di terzi. Attenzione, non si tratta di esplicitare ogni termine del conto economico, ma solo le poste che abbiamo citato. Di seguito una tabella riassuntiva degli elementi di cui abbiamo detto:

Argomento o posta contabile Descrizione del prodotto o servizio

Sintetica e chiara, basta riferirsi all’oggetto sociale in chiave marketing, quindi esplicitando gli argomenti centrali del business, attività caratteristica, trascurare elementi non pertinenti e/o attività collegate ma non riconducibili alla attività principale.

Settore - Mercato di riferimento in che contesto di mercato state proponendo il vostro prodotto servizio? Siamo in una fase di sviluppo? Siamo in una,contraria, di contrazione? Vi sono barriere all’ingresso che non consentono l’entrata di concorrenti: livello degli investimenti, processi particolarmente complessi, maestranze e/o onerosi costi di formazione, mercato – settore regolamentato?

Opportunità – Punti forti solo opportunità e punti forti – minacce e punti deboli saranno esposte dopo, in un'altra sezione del documento

Caratteristiche esclusive del prodotto

Rispetto alla concorrenza evidenziare elementi di esclusività: prezzo

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particolarmente competitivo, gamma dei servizi collegati, licenze e/o brevetti, processi non replicabili dai concorrenti; location particolarmente attrattiva ecc.,

Ciclo di vita del prodotto Che proiezione per il vostro prodotto, in che fase si trova al momento del lancio rispetto al mercato ed a se stesso? Quale longevità attribuite al business, quale evoluzione? Prodotto nuovo, in sviluppo, maturo, in declino? Ovviamente nessuno investirebbe su un mercato già maturo o peggio in declino!

Giro d’affari Basta il valore assoluto solo del primo anno completo e a regime

Margine operativo netto Si tratta dell’ultimo margine prima dei prodotti finanziari e delle imposte

Capitale per l’avviamento Si tratta del valore del capitale necessario per avviare il progetto

Di cui proprio – di cui di terzi Occorre specificare le fonti, quindi il mix del capitale, quale quota di proprietà e quale quella richiesta a terzi

ROI Return On Investement (serve distinguere l’interesse che prevedete di pagare al capitale di terzi, per un mutuo si tratterà dell’interesse previsto dalla Banca, per capitali di rischio da parte di privati si tratterà della remunerazione che pensate di offrire annualmente in ragione dell’evoluzione prevedibile del conto economico a regime).

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Non sarà esplicito, ma l’elaborazione di questo primo quadro di fatto ha la forza di anticipare la strategia, che meglio si espliciterà nel prosieguo del documento con il piano marketing, l’organizzazione e il quadro economico. La strategia dovrà emergere dalla struttura organica del documento. Definire e spiegare una strategia in poche parole è piuttosto arduo, perché essa deriva dall’architettura completa del business: dalla missione aziendale al piano marketing, dalle risorse impiegate alle attività di supporto, dalle attività core e non del business che stiamo creando.

Concludiamo ricordando che occorre che i numeri siano credibili, quindi, attenzione a non generare troppe aspettative, credibilità e prudenza: occorre minimizzare il giro d’affari (il quadro più pessimistico) e massimizzare i costi, in questa configurazione gli investitori avranno la consapevolezza che state presentando loro il quadro peggiore! Questa accortezza occorre che specifichiate e ciò conferisce maggiore credibilità al vostro progetto.

I Soci – I l Titolare - Costituzione – l ’Oggetto sociale

In questa sezione vanno presentate le persone. Chi partecipa e con quale personale rischio e/o know-how all’impresa? Occorre inserire il curriculum sintetico dei Soci e dei partner, come allegati, ma in questo quadro andranno inserite le informazioni principali:

Nome e Cognome, data e luogo di nascita, titolo di studio, ruolo in azienda, ultima attività svolta in quale azienda e ruolo; una sintesi delle competenze. Se possibile si inserirà un organigramma, capace di distinguere il ruolo di ogni persona e la gerarchia, ciò ha il beneficio di schematizzare l’organizzazione e le dipendenze tra i partner.

L'oggetto Sociale e il regime giuridico concludono questa sezione, perché chiariscono al lettore gli aspetti NON marginali della veste formale con cui l’azienda intende operare sul mercato, sia sotto il profilo della soggettività giuridica che sotto il profilo fiscale.

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Invest imenti

Location - immobili / locali - arredamento - impianti - tecnologie . Brevetti - Licenze - Autorizzazioni .

Vanno inseriti gli asset che faranno parte del patrimonio, distinguendo quelli già conferiti all’azienda, sia mobili, sia immobili, da quelli che devono ancora essere reperiti e per i quali state chiedendo il finanziamento. Il quadro deve essere redatto sotto il profilo patrimoniale, vanno elencati i cespiti di proprietà e quelli non ancora conferiti, ma che reperirete. Tale quadro deriva dall’analisi patrimoniale preventiva, del quadro economico di riferimento, parliamo sempre del dato consolidato a regime. E’ necessario, quindi, elaborare un’analisi patrimoniale legata al budget che l’azienda ha definito per itre anni futuri.

Si tratta, in buona sostanza, di una tabella che elenca le risorse proprie e quelle di terzi, l’obiettivo è quello di chiarire e calcolare il capitale proprio e quello altrui, evidenziando quanto del valore totale degli investimenti sarà coperto dalla richiesta di finanziamento.

I l target Cl iente

un'analisi del cliente a cui sono rivolti i prodotti e/o i servizi . Bacino di utenza, età media, scolarità, reddito, professione. Selezione del target per costruire un'offerta coerente, attrattiva e soprattutto redditiva.

La Segmentazione – I l Mercato

un'analisi dei bisogni cliente e dei trend di mercato, finalizzata a costruire la migliore offerta. Segmentazione dei bisogni, scontrino medio, mercato potenziale, curva vendite, trend, margine atteso. Si tratta di reperire dati di mercato sui quali costruire il budget. Quale segmento vogliamo servire, quale cliente, quale potenziale giro d’affari, quali volumi, quanti clienti

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giorno, settimana, mese, anno pensiamo di poter servire? Quale scontrino medio pensiamo di produrre? Lo scontrino medio è dato dal valore degli incassi presunti sul numero di clienti. Questo è un indicatore economico di fondamentale importanza. Se, per esempio, pensassimo di aprire un Bar e dicessimo di voler sviluppare 1.000.000 €, tale cifra potrebbe essere verosimile o assolutamente fuori. Immaginiamo che la spesa media per cliente giornaliera sia di 2,5€, se dividiamo l’incasso di 1.000.000€ per 2,5€ otteniamo 400.000 clienti, se dividiamo questi per 52 otteniamo i clienti settimanali 7.692 e se dividiamo questi ultimi per 6 giorni otteniamo 1.282 clienti giorno, e se infine li dividiamo per 13 ore (nastro orario di apertura) otteniamo 98 clienti ora. Tale numero è credibile? Molti business non vengono approvati e vengono scartati perché, banalmente, non si sono previsti gli indicatori principali.

Per segmentazione di mercato ci riferiamo ad una classificazione dei bisogni, ad una individuazione degli aggregati merceologici e/o di servizio con cui osserviamo e/o scomponiamo i valori di mercato. Sempre in riferimento al Bar, tali potrebbero essere: il caffè, le bevande, tra queste gli alcolici e gli analcolici, o ancora un’altra vista: le prime colazioni, i pranzi, gli snack ecc. Intendiamo dire che un business lo si può leggere sotto diversi punti di vista, l’operazione di “segmentazione” consente di verificare se conviene o meno operare in un certo dominio, piuttosto che no.

Ciò ce lo dice, il giro d’affari di quel segmento, il margine, il livello dei prezzi, la concorrenza ecc. Quindi, il piano marketing dovrà agire le leve marketing in ragione di tale analisi. Tale argomento è meglio sviluppato nella prossima sezione SWOT.

La concorrenza

Non può mancare un riferimento ai concorrenti, numerosità e classificazione, dobbiamo certamente identificare i leader tra questi e chiarire quale sarà la nostra azione rispetto ai loro prodotti; come

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intendiamo rispondere ai concorrenti? Con i prezzi? Diversificando i nostri prodotti? Per poter competere esistono diverse strategie, o si attivano strategie di diversificazione, quindi, si segmenta ulteriormente l’offerta per non sovrapporsi al concorrente, così cercando di essere esclusivi, o si attivano strategie di costo, nel senso che si possono contrarre i costi di produzione per rendere il nostro prodotto più attrattivo presso i nostri clienti, perché siamo in grado di produrlo e distribuirlo con costi decisamente inferiori a quelli che invece sopporta il concorrente? Siamo in queste condizioni? Nel marketing vince chi arriva primo, dobbiamo fare di tutto per vincere la competizione o potenziando le vendite o riducendo i costi.

I l Piano di Marketing

Prima di procedere nell’analisi delle voci che compongono il piano marketing, occorre chiarire cosa si intende per piano marketing. Si tratta del piano con cui intendiamo agire le principali leve del marketing, quindi, quelle operative : Prodotto – Prezzo – Promozione (comunicazione) – Distribuzione.

Per produrre un buon piano marketing occorre patire da una buona analisi, questa segue lo schema della SwotAnalisys che descriviamo brevemente di seguito.

Swot analysis

SWOT sta per S trengths(punti di forza) Weaknesses (debolezza) – Opportunit ies (Opportunità) - Threats(minacce) . Tale analisi consente di inquadrare in forma sintetica gli aspetti esterni all'azienda che rappresentano una minaccia allo sviluppo del business, quando non un'opportunità; diversamente di censire gli aspetti interni al business

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perché rappresentanti punti di forza o di debolezza rispetto la concorrenza e sui quali possiamo intervenire .

La struttura di offerta – i l Prodotto

La struttura di offerta consiste nella determinazione di una reale offerta di prodotti e/o servizi, coerente alla scelta del target e finalizzata a determinare i livelli di fatturato, di margine e dei correlati costi di gestione. In questa sezione dobbiamo esplicitare molto bene la gamma dei prodotti / servizi che intendiamo proporre.

Dobbiamo soffermarci sul prodotto, caratteristiche tecniche, proprietà, packaging, servizi collegati, servizio post vendita, garanzie,processi di produzione, certificazioni di qualità e quanto altro chiarisca l’esclusività del prodotto e la sua distinzione rispetto a prodotti simili già presenti sul mercato.

Dobbiamo fare emergere, chiaramente, i benefici per il Cliente, cosa rende esclusivo il nostro prodotto servizio rispetto ai competitors. Sia che si tratti di manifattura, sia che si tratti di servizi, dobbiamo rendere espliciti i vantaggi della nostra offerta, il valore aggiunto della nostra proposta descrivendo se possibile anche i processi produttivi piuttosto se questi concorrono a rendere unici i nostri prodotti.

I l prezzo – La promozione

Se tale rappresenta un distinguo forte nello scenario di mercato dobbiamo evidenziarlo attraverso la nostra politica prezzi. Qual è il nostro posizionamento? In quale fascia ci posizioniamo, alta, media o bassa. Ovviamente dobbiamo, anche per questo aspetto riferirci al mercato ed al nostro Cliente. Quale fascia di clienti abbiamo in mente di servire? Il prezzo è coerente ai nostri obiettivi di vendita e di redditività? Quando parliamo di

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prezzi non possiamo prescindere dal primo margine (tale è il margine derivante dall’applicazione dell’iva e del nostro ricarico). Tale margine come pensiamo potrà evolvere, in ragione del conto economico e delle prospettive di mercato? Molte sono le tecniche per definire i prezzi di vendita, questi dipendono dalla struttura dei costi e dalle dinamiche promozionali, queste ultime tendono a promuovere le vendite ma sacrificando una quota di margine. Per poter pianificare i costi del margine, occorre definire bene il mix degli assortimenti, la politica contrattuale, il parco fornitori, il quadro analitico dei costi di gestione, e, in ultimo, elaborare il budget delle vendite e dei costi, in definitiva il conto economico nella sua evoluzione mensile, anno.

La comunicazione – La pubbl ic ità

Tali sono strumenti per promuovere le vendite e far conoscere i nostri prodotti. Una azienda Non può vivere senza pubblicità, ma tale è un costo che dovrà essere pianificato nel quadro economico. Spesso la difficoltà nel pianificare i costi e che non si è in grado di determinare i benefici diretti collegati alla pubblicità. In gergo tecnico ciò si definisce calcolo della redemption cioè il ritorno in numero di clienti aggiuntivi / incremento di fatturato dovuto all’attivazione di certe meccaniche promozionali. Ad ogni modo dovranno essere pianificate delle quote di budget per finanziare tale attività, un piano marketing privo di questa leva, non può ritenersi completo.

I fornitor i e la strategia contrattuale

Non può quindi mancare una riflessione sulla struttura negoziale legata al settore ed al business. In questa scheda proponiamo la probabile configurazione della tipologia di fornitori, riferita al mercato di appartenenza. La strategia consiste poi nel valutare le priorità negoziali : quali mercati di approvvigionamento conseguenti alla offerta disegnata, quali strategie,

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condizioni negoziali, scontistiche, contributi. Tutto dipenderà ovviamente dalla struttura di offerta che abbiamo disegnato, dalla politica prezzi, in ultima istanza dal mercato di riferimento.

La distr ibuzione – i canal i di vendita

Come intendiamo commercializzare i nostri prodotti. Tale è una leva del marketing che non possiamo evitare di definire. IL canale distributivo è fase altrettanto importante che consente di far giungere il nostro prodotto al Cliente consumer, vale a dire al Cliente finale. In che situazione ci troviamo? Siamo produttori e il nostro prodotto, prima deve passare dai grossisti, o da altri distributori intermedi prima di giungere al Cliente finale? O siamo invece in condizione di servire noi direttamente il cliente finale. Se siamo un’attività di rivendita al dettaglio, per esempio, probabilmente dovremo concentrarci sulla fase precedente, mentre se siamo produttori dovremo concentrarci maggiormente verso il canale di distribuzione, scegliere le modalità opportune di distribuzione ci fa essere più o meno competitivi. Ogni volta che interviene un intermediario tra noi e il Cliente finale, stiamo investendo una quota del nostro margine, da qui la necessità di prevedere anche questo aspetto cercando di ridurre il numero di passaggi per garantirci il miglior margine. Ad ogni modo il canale di distribuzione va esplicitato aiutandoci con un diagramma di flusso, che chiarirà il percorso del nostro prodotto dalle materie prime al prodotto finito, fino al circuito logistico che fa giungere il prodotto al cliente finale.

I cost i di gest ione

Prima di passare alla elencazione dei costi di gestione, loro peso sul fatturato e valore assoluto: costo del margine (fornitori primari) , costo del personale, costo delle utenze, assicurazioni, energia, consulenze, ecc. dobbiamo definire la strategia make or buy, si tratta di definire le modalità di approvvigionamento dei fattori produttivi se produrli internamente o

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acquistarli già pronti da fonti esterne. Ciò è fondamentale perché non è sempre vero che gestire ogni fase del processo produttivo, della catena del valore, è sempre un beneficio. Spesse volte è più facile reperire prodotti e/o semilavorati esterni(anche nel caso dei servizi si possono acquistare servizi esterni, si pensi all’esternalizzazione dell’amministrazione paghe, o ai contratti di consulenza con i professionisti quali contratti di manutenzione ecc. ). Ad ogni modo tali scelte sono in grado di rendere più o meno competitiva la nostra azienda.

I l conto economico e la proiezione del cash f low

Oltre a queste 4/5 pagine di analisi qualitativa, ogni dossier si compone infine di altri tre importanti allegati:,

IL CONTO ECONOMICO MENSILE – ANNO distinguendo in esso, i RICAVI, I CONSUMI (materie prime e/o semilavorati), i costi di esercizio, i costi di investimento da cui ricaveremo il valore degli ammortamenti e i costi di avviamento.

Lo stato patr imoniale f inanziar io

Si tratta di un’analisi economico – finanziaria – patrimoniale degli tre anni a venire. Occorre descrivere il valore delle principali partite economico-finanziarie dei tre anni successivi all’avviamento dell’attività

Un’analisi dello stato patrimoniale deve, poi , essere accompagnata da un’analisi del rating di rischio, spesso collegata all’analisi di bilancio dell’attività a preventivo.

Di seguito un esempio dei report che dovremmo allegare.

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L’efficienza energetica: un viaggio, non una destinazione a cura di Estor – Esperto settore energia

I l imit i del la tecnologia Le opportunità messe a disposizione dalla tecnologia per conseguire risparmi energetici sono numerose; sfruttarne il potenziale secondo un’applicazione ottimale richiede: • corretto dimensionamento delle macchine sui carichi; • riduzione delle perdite; • misurazione continua e, attraverso analisi delle variazioni, analoga

messa a punto continua verso l’ottimo. Tuttavia l’efficienza energetica è un processo evolutivo, che non raggiunge mai una vetta. Per questo la sua gestione è in genere ancor più importante della disponibilità di soluzioni tecniche. Quasi per definizione, fanno parte di una gestione: • organizzazione delle attività • monitoraggio e registrazione continua dei risultati • motivazione di chi vi è coinvolto, a tutti i livelli Senza sforzo di gestione, le possibilità di riuscita tecnica di un processo di ottimizzazione energetica sono piuttosto scarse.

Energy vis ion: paradigmi da modif icare Resto stupito da quanto spesso un’organizzazione faccia fatica a considerare l’energia alla stessa stregua degli altri ingredienti con cui si confeziona un prodotto: come è ormai assodato che personale, materie

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prime, macchinari e immobili siano da sottoporre a controllo di gestione con monitoraggio, verifica, analisi e ridefinizione periodica di obiettivi su parametri chiave di prestazione (i famosi KPI, key performance indicators), l’energia invece è spesso vista come una specie di “male necessario” nell’insieme, piuttosto che uno degli ingredienti di cui si compongono i prodotti, di volta in volta in determinate quote e incidenze;da questo derivano tanti atteggiamenti quantomeno da rivedere criticamente. Ad esempio, si fatica ad assegnare a ciascun consumo un responsabile;le priorità di allocazione dei capitali rispetto ad altri tipi di investimento sono regolate da criteri quantomeno bizzarri e, tanto per fare un altro esempio lampante, per gli investimenti in tema di energia si utilizzano regole di rendimento del capitale che meriterebbero realmente una revisione critica. Per esplicare questa mia introduzione potrei servirmi di due vignette, la prima subito di seguito:

Figura 1: approccio “ingegneristico puro” all’ottimizzazione energetica. In ordinata la riduzione dei costi energetici, in ascissa i tempi (anni).

I due malcapitati nel carrellino potrebbero essere due tecnici di stabilimento: il loro capo (che potrebbe essere il direttore di stabilimento e

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che a sua volta ha ricevuto un messaggio altrettanto “monolitico” dalla Corporate) ha detto loro che le bollette energetiche sono alte. Ora, che senso ha in assoluto? Chi mai avrete sentito affermare di pagare troppo poco l’energia elettrica o il gas? Così, senza troppo entrare nel merito di strategia, e presumibilmente di malavoglia, i due strappano degli scampoli di tempo al controllo e alla gestione della produzione, fanno qualche analisi sulle bollette, riguardano un po’ macchinari, processi e servizi, magari riescono a farsi pagare un esperto esterno per fare un audit, attuano qualche misura qua e là, stabiliscono nelle procedure una qualche maggiore attenzione. Si accorgono che le cose vanno meglio, presentano i risultati e tirano un sospiro di sollievo: finalmente possono tornare ad occuparsi del loro core business, siano calzature, pasta, ceramica o detersivi, che sono la cosa per cui si sentono veramente pagati. Inutile dire che nel giro di un po’ di tempo si ritorna quasi al punto di partenza (o, anche solo, i concorrenti continuano a scendere di più): inevitabile una nuova strigliata ed inevitabile un’altra ciclica montagna russa, secondo un incontestabile principio che “ciò che non viene compreso non verrà appoggiato”.

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I l v iaggio eff ic ienza energetica Un po’ diverso quello che succede nella figurina successiva (Figura 2):

Figura 2: l’approccio strategico all’efficienza energetica

Qui il management ha probabilmente bene in mente quanto un risparmio energetico vada a trasferirsi direttamente sulla bottom l ine; in altre parole, quante volte è capitato sentire i responsabili del management aziendale snobbare l’impegno dedicato a ridurre i costi energetici perché “l’energia incide sul fatturato solo il 3%”? Quanti hanno in mente che, in un settore dove si lavora con 2€ di margine su 100€ (e oggi ce n’è parecchi), se riduco i 3€ di costi energetici del 15% (cioè li faccio passare a 2.55€) ho ottenuto un incremento sul margine (che è passato a 2.45€) del 22.5%? E quante volte si sente pronunciare la regola secondo la quale gli investimenti energetici “devono tornare in due anni”, senza rendersi conto che si sta chiedendo al capitale un rendimento minimo1 del 70%? Bene, tornando ai due omini sulle montagne russe, probabilmente il management ha loro spiegato il perché li vogliono aiutare ad intraprendere 1Avremo occasione di riprendere meglio questo concetto in articoli successivi, ma è certo che, a fronte di un investimento 100, cioè 70 dopo tasse, sto pretendendo un risparmio annuo di 50 (due anni di payback), cioè un ROI superiore al 50%. E magari poi sostengo altri investimenti con rischi maggiori e rendimenti del 10%.

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una campagna di monitoraggio e miglioramento continuo dell’efficienza energetica. Ha loro spiegato che l’energia è uno degli ingredienti base delle scarpe, dei maccheroni, delle piastrelle o degli sgrassastoviglie la cui produzione tutti i giorni sorvegliano con orgoglio. E la mentalità passa: dopo i primi risultati, che probabilmente avranno solo sgrossato le inefficienze più evidenti, nessuno si rilassa: ci sono continuamente progetti di miglioramento, si sta aggiornati su quanto c’è sul mercato e nei quadri incentivanti eventuali, ogni tanto arriva qualche idea che consente qualche scalino d’emblée.Si cerca di misurare e confrontare tutto quanto, e di migliorare la propria capacità di analisi. Si comunica con gli altri stabilimenti della corporate, e l’attuazione delle idee che hanno avuto successo in un caso pilota vengono distribuite. Si prova e si è anche disposti a fare piccoli errori, che sono compresi e sostenuti come passi avanti per organizzare prove successive. In fin dei conti, questi esempi possono essere numerosi; organizzarne l’ implementazione vuole dire fondare una strategia (o un sistema) di gestione delle proprie risorse energetiche. La figurina appena commentata potrebbe quasi essere una trasposizione della Figura 3, che è tratta dalla norma UNI EN 16001 sui sistemi di gestione dell’energia in una organizzazione[2], e che altro non è che l’implementazione in chiave energy del noto schema PDCA (Plan Do CheckAct) tipico di tutti i sistemi di gestione certificati (e delle norme che li regolamentano).

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Figura 3: lo schema di gestione dell’energia per una organizzazione secondo la UNI EN 16001.

l’Italia, storicamente obbligata a sostenere costi elevati per le risorse energetiche primarie, essendone particolarmente povera (l’85% proviene da importazione, contro un già non contenuto 50% medio della Comunità Europea) è sempre stata molto attenta all’efficienza energetica: la sua intensità energetica (prodotto tra utilizzo di energia primaria e prodotto interno lordo) ha sempre fatto registrare livelli di eccellenza nel mondo. Purtroppo negli ultimi anni gli investimenti nei continui miglioramenti di cui si diceva sono abbastanza venuti a mancare, e la conseguenza lampante di quanto costi dormire sugli allori sta in Figura 4: pur essendo ancora in buona posizione e su valori migliori della media, la nostra intensità energetica è rimasta circa tale e quale, in confronto ai passi da gigante Comunitari[3]. Riporto anche due altri grafici elaborati da dati Energy Information Administration[5], dove lo stesso trend è confrontato per realtà mondiali. Interessante la rincorsa avvenuta dai paesi ex sovietici, la cui intensità energetica proviene storicamente da una bassa priorità data all’efficienza energetica, sia nella progettazione che nel modo di strutturare i

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servizi o ancora in altri processi decisionali con impatto sull’attenzione alle risorse primarie. Interessante anche il cammino della Cina, che dopo alcuni anni di miglioramenti mirabolanti si è concessa un periodo di pausa, probabilmente non tanto nei processi produttivi quanto nell’utilizzo di energia nella vita di tutti i giorni.

Figura 4: la rincorsa delle intensità energetiche nella Comunità Europea, a confronto con l’Italia: in ordinata il rapporto tra tep e migliaia di euro di prodotto lordo.

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Figura 5: stesso tipo di messa in evidenza, ma per Paesi e Continenti nel mondo, elaborato da dati EIA[5] e [4] (originalmente in BTU per US $ del 2000 di PIL, ricondotto a tep/k€ mediante coefficiente di conversione stimato 1/40 circa).

Figura 6: stessa fonte ed elaborazioni della precedente, ma con in evidenza ad esempio la rincorsa dei paesi ex sovietici (Paesi nelle cui scelte l’efficienza energetica aveva tipicamente ruolo secondario) rispetto a realtà storicamente a minore intensità energetica.

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Canada   United  States  North  America   Central  &  South  America  Europe   Middle  East  China   India  

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1994   1996   1998   2000   2002   2004   2006  

United  States   Europe   Kazakhstan   Russia  

Ukraine   Middle  East   Japan   China  

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Figura 7: stesso concetto da differente punto di vista, l’ ”efficienza energetica economica”, da Peter Corless“Analysis of top 40 largestnationaleconomies”, 2005 [6].

Ci sono del le regole per una strategia del l ’energia? A questo punto spero di aver chiarito il titolo dell’articolo, secondo il quale l’efficienza energetica è un viaggio, non una destinazione. E penso sia intuitivo che questo viaggio può essere condotto solo definendo una strategia. Si tratta di una costruzione abbastanza articolata, ed inevitabilmente con dipendenza dalla realtà in esame. Per partire e dare uno spunto di validità piuttosto generale sul quale cominciare a lavorare, si potrebbero fondare i seguenti quattro titoli: 1. Un programma corporate di gestione dell’energia 2. Trasformazioni culturali 3. Regole corporate di allocazione del capitale

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4. Misurare per gestire

Sono quattro capisaldi, tutti e quattro ugualmente importanti. Spero di avere occasione di trattarli ad uno ad uno.

Rifer imenti [1]. Eros Tassi, “Come si esegue un audit in uno stabilimento industriale”

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com, tecnologie e soluzioni n3, luglio 2011

[2]. Norma UNI CEI 16001: sistemi di gestione dell’energia

[3]. Dati Eurostat su energy dependance e su energyintensity of the economy:http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home/

[4]. http://www.measuringworth.com/uscompare/relativevalue.phpEnergy

[5]. www.eia.gov e world energy outlook 2009

[6]. Peter Corless, “Analysis of top 40 largest national economies”, 2005.

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Un’azienda su 10 ha alta probabilità di generare insoluti nel nostro paese A cura dell’Osservatorio CRIBIS D&B sulla rischiosità delle imprese italiane: (rif. Dicembre 2011) - www.cribisdnb.com Secondo i dati dell’Osservatorio della rischiosità delle imprese italiane di CRIBIS D&B, società del Gruppo CRIF specializzata nelle business information, il 10,93% delle aziende italiane presenta un’alta rischiosità di generare insoluti commerciali nei confronti dei propri fornitori nei prossimi 12 mesi. Per il 45,56% delle imprese, invece, il livello di r ischiosità è medio, mentre per appena il 5,83% il rischio è basso. Tra 2008 e 2011 è cresciuta di 10,61 punti la percentuale di imprese italiane con una rischiosità media di generare insoluti commerciali raggiungendo il 45,56% del totale. Al contrario, si è progressivamente ridotta la quota di aziende con una rischiosità bassa (-3,7 punti percentuali in 4 anni) e con una rischiosità medio-bassa (-8,85 punti percentuali in 4 anni). La percentuale di imprese ad alto rischio, invece, si è mantenuta sostanzialmente stabile (10,93% nel 2011 contro il 9,96% dell’anno precedente).

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Trend del l ivel lo di r ischiosità, Marzo 2008 – Dicembre 2011

Fonte: CRIBIS D&B

A l ivel lo geograf ico, le imprese a bassa rischiosità si concentrano al Nord Italia (più dell’8% del totale, 2 punti in più rispetto alla media nazionale). Sono anche meno le imprese del Nord che hanno rischio alto (rispettivamente 6,83% per il Nord Est, 8,72% per il Nord Ovest). Al contrario, il Sud Italia e le Isole si caratterizzano per la quota più elevata di imprese ad alta rischiosità (14,8% del totale contro il 10,93% registrato a livello nazionale) a discapito di quelle a bassa rischiosità, che rappresentano appena il 2,6%. Posizione intermedia per l’Italia centrale, in cui la rischiosità elevata raggiunge il 12,25% del totale, mentre la bassa rischiosità si assesta al 5,3%. A livello regionale, la migliore performance spetta a Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta con meno del 6% di aziende ad alta rischiosità, al contrario di

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Calabria, Campania e Lazio in cui la percentuale in oggetto supera il 16% con un delta dal dato aggregato Italia di oltre 6 punti percentuali. Livel lo di r ischiosità per area geograf ica, Dicembre 2011

Fonte: CRIBIS D&B

A l ivel lo settor ia le, è nel comparto dei serviz i f inanziar i che si registra un numero maggiore di imprese a rischiosità bassa (oltre il 20% del totale), seguito dall’industr ia estratt iva con il 15,62%. Al contrario, l’edilizia registra solo l’1,22% delle sue imprese nella classe di rischiosità considerata, mostrando ancora le difficoltà registrate nel corso del 2010 in termini di affidabilità. La maggior quota di imprese ad alta rischiosità, invece, si osserva per il commercio all’ingrosso con una percentuale del 18,72%, mentre solo nel caso dell’agricoltura e dei servizi vari non supera l’8,20%.

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Livel lo di r ischiosità per macrosettore merceologico, Dicembre 2011

Fonte: CRIBIS D&B

Analizzando nel dettaglio le imprese che presentano un livello di rischiosità elevata nel 2011 (10,93% del totale), possiamo osservare che già il 78,84% presentava lo stesso livello di rischiosità l’anno precedente, così come il 63,64% nel 2009 e il 39,10% nel 2008. Il 32,54% delle aziende, invece, tre anni fa apparteneva alle due classi con rischiosità inferiore (bassa e medio-bassa), a dimostrazione di una situazione di deterioramento dell’affidabilità delle imprese italiane. Questa percentuale, però, diminuisce notevolmente se si considerano 2009 e 2010 (meno dell’8,3%).

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Livel lo di r ischiosità elevata nel 2011 – Confronto con gl i anni precedenti

Fonte: CRIBIS D&B

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Anal is i settor iale: settore HORECA

Le aziende appartenenti al settore Horeca (categorie: Ristoranti, Bar, Alberghi) mostrano un alto livello di rischiosità nel 17,08% dei casi ( + 6,15% rispetto alla media delle imprese italiane).

Fonte: CRIBIS D&B

Comparando i settori che compongono il comparto si osservano tuttavia andamenti differenti. Il settore dei Ristoranti e Bar mostra un livello di rischiosità particolarmente elevato con una percentuale di imprese ad alto rischio pari al 18,09%. Nel settore alberghiero, invece, le imprese ad alto rischio sono il 10,92%, in linea con la media nazionale.

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A.Rischiosità Bassa B.Rischiosità Medio-Bassa

C.Rischiosità Media D.Rischiosità Alta

DICEMBRE 2011

Italia

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Fonte: CRIBIS D&B

Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle aziende rischiose, le aree meno virtuose sono il Centro ed il Sud e Isole, dove si concentrano rispettivamente il 19,20% ed il 19,88% di imprese con un alto livello di rischio.

In sintesi Lo scenario che emerge dall’analisi di CRIBIS D&B evidenzia come, a 3 anni dall’inizio della crisi, le difficoltà delle imprese italiane non siano ancora superate. Al contrario, molte imprese che a fatica erano riuscite a resistere durante la prima fase della crisi, anche grazie all’impiego diretto di capitali propri, sono entrate in crisi nel corso del 2011 per l’impossibilità di apportare nuove risorse in grado di sostenere ulteriormente l’attività. Questo peggioramento conferma l’impressione più generale di un contesto economico che esce dalla crisi come più rischioso e, soprattutto, più

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A.Rischiosità Bassa B.Rischiosità Medio-Bassa

C.Rischiosità Media D.Rischiosità Alta

DICEMBRE 2011

Italia Ristoranti, bar Alberghi

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“fluido”, cioè maggiormente caratterizzato da cambiamenti repentini, sia a livello di controparti (clienti e fornitori), sia a livello di andamento di mercato. Diventa, quindi, fondamentale conoscere meglio le imprese con le quali si fanno affari e adottare un’efficace politica di risk management che, attraverso strumenti adeguati, consenta di individuare i segnali che vengono dal mercato e dalla propria clientela. Per questo è sempre più importante integrare i propri dati interni con informazioni esterne che consentano di cogliere i cambiamenti e le criticità prima che si traducano in bilanci non positivi o, peggio, in procedure in corso. CRIBIS D&B è impegnata in prima linea su questo tema e investe costantemente nella qualità delle informazioni e in soluzioni – come CRIBIS.com - che consentono alle imprese di semplificare le loro operazioni quotidiane e di sfruttare al meglio l’enorme patrimonio informativo che mette a disposizione. La fonte dei dat i I dati riportati nell’Osservatorio CRIBIS D&B sulla rischiosità delle imprese italiane derivano da score di valutazione dell’affidabilità, indicatori statistico-predittivi pensati specificatamente per le transazioni commerciali B2B e che rappresentano il risultato finale del processo di information & credit intelligence del sistema CRIBIS D&B. In particolare, per rischiosità commerciale di un’azienda si intende il grado di affidabilità e la capacità di fronteggiare gli impegni presi con i propri fornitori e la conseguente probabilità di generare insoluti commerciali nei 12 mesi successivi. Per il calcolo vengono utilizzate numerose variabili, fra cui le informazioni anagrafiche, l’area geografica, gli indici di bilancio, le esperienze di pagamento, l’anzianità aziendale, la forma giuridica e le informazioni negative. Il modello ordina le singole aziende su una scala da 1 a 100 (100 rappresenta la minore probabilità, 1 la maggiore probabilità) e per semplificare la fruizione dell’analisi i punteggi sono stati raggruppati in 4 macrocategorie: rischiosità bassa, rischiosità medio-bassa, rischiosità media e rischiosità alta.

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Per consultare e scaricare gratuitamente l’analisi completa sul livello di rischiosità delle aziende italiane e per maggiori informazioni sui modelli di Score CRIBIS D&B, accedi alla Sezione Community sul sito www.cribisdnb.com. ------------------------------------------------------------------------------------- PARTECIPA ALLO Studio Pagamenti 2012 10 maggio 2012, Milano, Sede Sole24Ore Vieni a conoscere le performance di pagamento delle aziende italiane e dei principali paesi europei in un confronto con le altre realtà a livello internazionale, nell’evento CRIBIS D&B. L’edizione 2011 ha visto la partecipazione di oltre 500 credit manager e direttori finanziari di primarie realtà aziendali italiane e internazionali. Per iscriversi all’evento e prenotare il volume Studio Pagamenti 2012: www.studiopagamenti.com

La partecipazione all’evento e il volume sono gratuiti.

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Project Management e implementazione di un nuovo sistema e.r.p. A cura di Alessandro Musso

L’introduzione di un nuovo sistema informativo gestionale in azienda comporta la necessità di affrontare cambiamenti tecnologici ed organizzativi. L’approccio utilizzato nella gestione dei progetti prevede la scomposizione in fasi ed attività, pertanto, secondo una terminologia convenzionalmente adottata, l’implementazione si scompone in installazione ed attivazione, quest’ultima in configurazione ed avviamento; il progetto prende forma e si sviluppa nelle sue fasi di Preparazione, Modellazione, Progettazione, Realizzazione e Roll-out. Dalla programmazione cronologica delle fasi, dal punto di vista della allocazione delle risorse e dell’ambiente di lavoro, all’analisi dei principali processi aziendali, realizzandone un prototipo, alle modifiche organizzative ed allo svolgimento della formazione specifica, le tecniche di project management, abitualmente utilizzate dalle società operanti su commessa, apportano una cultura organizzativa ed un orientamento alla programmazione che risulta indispensabile anche nella disegnazione dei sistemi sistemi informativiLa società oggetto della presente trattazione è una media azienda operante nel settore dell’impiantistica industriale che nasce e si consolida come piccola media impresa; nel corso degli anni la dinamicità imprenditoriale ha permesso di siglare partnership ed acquisizioni che hanno rapidamente portato al raddoppio del fatturato ed alla successiva costituzione di un piccolo gruppo costituito da realtà sinergiche, integrate verticalmente nell’offerta di impianti chiavi in mano. Il management ha dimostrato interesse per le tematiche di controllo di gestione al punto che l’azienda ha sviluppato un sistema di controllo della produttività della manodopera ed un sistema di contabilità analitica per

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centri di costo tuttavia la necessità della corretta determinazione del costo di prodotto e le aumentate dimensioni hanno spinto il management ad introdurre un moderno sistema informativo gestionale per omogeneizzare criteri e reportistica aziendale al fine di coordinare le aziende del gruppo. Stato del l ’arte L’azienda è dotata di un software gestionale piuttosto datato che tuttavia risponde alle basilari esigenze informative di controllo. Viene interamente gestita “extrasistema” tutta l’area riguardante la pianificazione della commessa e la determinazione dei costi. La digitazione, con tutti i rischi che ne derivano, è dunque ingrediente chiave di tutti i processi, ancora di più se si pensa che ogni commessa a cui si aggancia l’emissione degli ordini a fornitori è inserita manualmente partendo da un foglio di lavoro “Programma Esecuzione Commessa”, determinando in tal modo la completa segregazione, dal punto di vista informativo, dell’area tecnica dall’area approvvigionamenti e costi. Approccio metodologico L’introduzione di un nuovo sistema informativo gestionale comporta la necessità di affrontare cambiamenti non solo tecnologici ma anche organizzativi; a tal fine è stato lanciato un progetto al fine di implementare il software come strumento di miglioramento dei processi aziendali e definizione delle procedure. Secondo una terminologia convenzionalmente adottata l’implementazione si scompone in installazione ed attivazione, quest’ultima in configurazione ed avviamento. Tale filosofia presuppone la formazione di un gruppo di lavoro congiunto tra azienda e software-house che riunisca conoscenze relative alle aree aziendali coinvolte ed alle problematiche interne, con competenze organizzative ed applicative. Di seguito viene descritta la scomposizione del progetto nelle sue fasi e la loro successiva suddivisione in attività.

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A) Fase di Preparazione Ha lo scopo di effettuare una (prima) programmazione cronologica delle fasi, delle attività che le compongono e degli obiettivi che si intendono perseguire, sia dal punto di vista della allocazione delle risorse che dell’ambiente di lavoro (moduli gestionali, processi, procedure e consuetudini aziendali), al fine di ottenere una conoscenza generale della tempistiche e delle criticità che devono essere monitorate e gestite. La fase si compone delle seguenti attività: A.1) Programmazione: condivisione delle tappe previste, delle date di raggiungimento e delle persone coinvolte, definizione della informazione alla direzione circa l’impatto del progetto A.2) Installazione Hw/Sw: predisposizione della rete, installazione dell’hardware e del sistema operativo necessario per rispondere alle esigenze progettuali, configurazione delle apparecchiature e del database (architettura client/server) B) Fase di Model lazione Ha lo scopo di definire, mediante un’analisi dei principali processi aziendali, un modello d’impresa e, quindi, una prima configurazione della soluzione, determinando la sequenza dei moduli software da avviare. In tale fase viene esplicitato quello che si prevede possa essere il percorso critico e le relative milestones, arrivando a proporre alla direzione un (primo) modello organizzativo che, se accettato, da il via alla fase successiva, in caso contrario deve essere ristudiato e riprogettato fino alla condivisione ed approvazione. La fase si compone delle seguenti attività: B.3) Analisi funzionale: il gruppo di lavoro viene istruito sulla logica dell’applicativo e sulla integrazione dei processi in modo da poter contribuire in modo determinante all’analisi del flusso informativo, documentale e materiale, di tutte le aree funzionali aziendali e dei moduli del gestionale da configurare, tracciando la rotta per le attività successive B.4) Installazione applicativo: effettuata installazione e configurazione hw/sw del sistema operativo, si può procedere all’installazione

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dell’applicativo ed alla creazione dei primi utenti chiave (che appartengono al gruppo di lavoro congiunto) ed utenti finali (data entry) B.5) Preparazione base dati: appartiene a questa attività la definizione della sequenza di migrazione o inserimento delle anagrafiche, delle tabelle e degli archivi che devono essere trasferiti dal precedente sistema, in quale misura la conversione è automatica e la suddivisione di responsabilità, requisiti e sotto-attività propedeutiche B.6) Aggiornamento progetto: una volta riconosciuti i processi e la sequenza più efficiente di avviamento, identificate le informazioni da controllare (compresa la loro forma e fonte) e stabilito il popolamento del data base mediante migrazioni o inserimenti manuali, è necessario controllare il ciclo di progetto evidenziando le peculiarità ed apportando le variazioni necessarie fino alla completa condivisione ed approvazione che può portare ad una ri-programmazione

C) Fase di Progettazione Ha lo scopo di realizzare un (primo) prototipo quale simulazione dei processi aziendali sin ad ora analizzati, in modo da controllarne l’effettiva comprensione e mostrare alla direzione le soluzioni operative poste in essere per l’implementazione del modello teorico di cui alla fase precedente. Queste le attività della fase: C.7) Mappatura dei cicli: naturale approfondimento dell’analisi funzionale svolta a monte, porta gli utenti chiave a mettere in discussione le procedure sino a quel momento adottate e a conoscere le funzionalità dell’applicativo e la loro integrazione, in modo da esaminare, mappare analiticamente e disegnare adeguatamente sul sistema i cicli operativi, definendo le informazioni utilizzate nello svolgimento delle operazioni ordinarie e la loro forma opportuna anche attraverso idonea modulistica aziendale C.8) Simulazione: le attività precedenti hanno portato alla progettazione di un prototipo del sistema in cui la direzione ed il gruppo di lavoro devono potersi riconoscere, ciò conduce al primo test, generalmente condotto da un analista della software-house, allo scopo ottenere la valutazione dell’impatto organizzativo e l’approvazione al proseguimento

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D) Fase di Real izzazione La fase comprende le modifiche all’organizzazione ove vantaggioso e lo svolgimento della formazione di dettaglio che consente la preparazione dell’applicativo alla prossima partenza e la capacità di verificare la bontà dei dati migrati. La fase si compone delle seguenti attività: D.9) Ufficializzazione cambiamenti organizzativi: in seguito all’analisi d’impatto del sistema viene (generalmente) redatto un documento che riassume le proposte suggerite alla direzione e quelle accettate (ad es.: creazione di nuovi ruoli, distribuzione nuove mansioni, adozione nuova modulistica, …) D.10) Formazione utenti chiave: gli utenti chiave sono istruiti con un maggior gradi di dettaglio, ciascuno sulle funzionalità che dovranno saper usare, ciò permette loro di contribuire direttamente alla formazione degli utenti finali ed impadronirsi degli adeguati strumenti/funzioni di verifica D.11) Popolamento base dati: questa attività ha come fine la preparazione di una base dati pulita, da utilizzare per il sistema definitivo, ottenuta per copia dai database di progetto su cui sono stati testati con successo il caricamento dei dati principali dalle tabelle di base, dalle anagrafiche e dagli archivi dinamici trasferiti dai sistemisti, su cui gli utenti hanno inserito manualmente e successivamente controllato ulteriori dati, su cui sono state verificate le procedure di amministrazione del sistema E) Fase di Rol l-out Con l’ultima attività della fase precedente, il (primo) prototipo è stato definito ormai completamente, l’azienda è preparata per la partenza, tutti i dati sono caricati o convertiti ed il sistema è messo in esercizio. E.12) Formazione utenti finali: gli utenti finali sono istruiti dagli utenti chiave con l’ausilio di un assistente sulle funzionalità che ciascuno deve usare, contemporaneamente sono rese operative le modifiche organizzative E.13) Definizione Gerarchie/Accessi: vengono creati opportuni profili con diversi gradi di accesso, sono rifiniti i menu per profilo utente, definite password e backup

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E.14) Controllo finale base dati: viene effettuato un test finale, eseguito dal gruppo di progetto insieme con gli utenti finali, su tutti gli archivi previsti che vengono per l’ultima volta controllati E.15) Gestionale operativo e progetto concluso: l’ultima attività è quella in cui il precedente sistema è fermato e tutti gli utenti sono operativi sul nuovo e comprende il supporto operativo nel primo periodo post partenza Svi luppo fasi programmate

Preparazione Con la prima fase è prevista l’attività di Programmazione Generale che comprende definizione delle responsabilità, creazione di un team di lavoro congiunto ed ipotesi di copertura temporale delle principali macro-attività. Il Team di lavoro è costituito da figure professionali della software house-partner e dell’azienda. Figure Software House Capo progetto: gestisce il rapporto con il cliente, anche sotto il profilo economico-finanziario, programmando le attività e controllandone l’avanzamento, assicurando la qualità delle soluzioni associate alle milestones di progetto anche a fronte di criticità. Analista funzionale: analizza le esigenze chiave con i Key Users, analizza i processi del cliente configurando una prima soluzione (modello organizzativo e prototipo di sistema) ed individuando le aree non coperte dal prodotto standard per successive personalizzazioni/interfacce, analizza le migrazioni. Assistente operativo: configura sotto il profilo applicativo tabelle, documenti e menù, realizza l’inserimento/migrazione dei dati, realizza la formazione degli utenti chiave, addestra il Responsabile IT sulla gestione delle anomalie (documentazione del caso, test e installazione patch). Sistemista: installa e configura sw di base, rete, data base e sistema operativo, applicativo, addestra il Responsabile IT sulla amministrazione del sistema, prepara gli ambienti in caso di test.

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Programmatore: scrive il codice di personalizzazioni/interfacce, collabora alla realizzazione delle procedure di migrazione e dei test. Figure Azienda Capo progetto: responsabile del progetto nei confronti della propria direzione con cui definisce obiettivi e budget, controlla l’avanzamento delle attività informando adeguatamente le altre figure, gestisce il rapporto con il fornitore, coordina gli utenti chiave assicurandone la disponibilità, controlla la qualità delle soluzioni associate alle milestones di progetto anche a fronte di criticità. Responsabile IT: concorda con il Sistemista del partner le scelte tecnologiche delle infrastruttura e ne assicura il buon funzionamento, a sistema operante gestisce le anomalie di funzionamento. Utenti chiave: esperti di tutti i processi della loro funzione, generalmente responsabili di servizio o ufficio/reparto, insieme con l’Analista del partner sono il riferimento per la predisposizione del modello organizzativo e la configurazione del prototipo di sistema, a sistema avviato sono il riferimento per gli utenti finali della propria area. Utenti finali: utilizzano il sistema avviato su cui vengono formati dall’Assistente operativo del partner e dagli utenti chiave. Comitato di progetto: formato dalla direzione del cliente, dal capo progetto del cliente e del partner, definisce gli obiettivi e la struttura organizzativa del progetto, approvando l’avanzamento delle attività e decidendo le variazioni rispetto al programma. In questa fase è stimata la necessità di 2 analisti funzionali, uno per i moduli amministrativi/contabili ed uno per i moduli logistico/produttivi, il totale approssimato è di .ca 90 gg/uomo, a cui si devono aggiungere Licenze per postazioni, Server dedicato con sistemi di back up e Sistema Operativo. La programmazione generale è sintetizzata dal diagramma Gantt 1 (allegato). La macro-attività operativa di avviamento (cerchiata) è per sua natura ibrida, in parte appartiene alla fase di progettazione ed in parte alla fase di realizzazione in quanto demo e test che concludono le singole sub-attività operative di progettazione vengono definitivamente approvate solo dopo la realizzazione e l’utilizzo. Ciò è particolarmente vero per i moduli Contabilità, Acquisti, Produzione.

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La fase di Modellazione dura circa 5 settimane, la fase di Progettazione circa 15-16 settimane, la fase di Realizzazione circa 10-11 settimane, la fase di Attivazione circa 10 settimane, per un totale di circa 25-27 settimane, dal momento che la fase di Attivazione si sovrappone parzialmente a quella di Realizzazione sostanzialmente a partire dal mese di marzo e a quella di Progettazione dal mese di febbraio.

Model lazione L’attività di Analisi Funzionale, che precede l’attività di Mappatura Cicli, può essere paragonata alla Progettazione Preliminare che precede la Progettazione Esecutiva in ambito ingegneristico, può essere schematizzata da una check-list che descriva la gestione operativa dei processi, ne sintetizzi le particolarità ed avanzi delle proposte: Processo: Commercio Processo: Tecnico Processo: Approvvigionamento Processo: Produzione/Logistica Processo: Controllo di Gestione Processo: Amministrazione L’attività di Preparazione Base Dati prevede accurate analisi ed approfonditi test circa la migrazione dei dati da altri data base. E’ un passaggio delicato e costoso perché richiede di aver stabilito un linguaggio comune tra cliente e fornitore, perché l’analisi dei dati è lunga ed inevitabile, perché è un processo che viene affinato con diversi cicli pilota prima di ottenere i risultati desiderati. E’ necessario definire in dettaglio quali archivi saranno migrati da precedenti sistemi, in quale misura la conversione sarà automatica, quali regole di decodifica regolano il caricamento delle tabelle di base e delle anagrafiche, inoltre occorre realizzare le tabelle di decodifica ed i programmi di generazione files dal sistema di origine al formato di importazione previsto dalle utilities del sistema attuale. I passaggi e le sequenze previste dal programma di migrazione devono essere effettuate

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in ambiente di test, così come i dati caricati manualmente per cui non conviene realizzare/usare procedure automatiche, per verificare i risultati e realizzare le modiche senza inficiare la base dati; solo alla fine viene preparata la base dati pulita, da utilizzare per il sistema definitivo. Bisogna sottolineare che in ogni passaggio dati automatico è bene non fissarsi sull’obiettivo di migrare tutte le informazioni in quanto mentre la massima parte può ragionevolmente essere migrata a costi ragionevoli per certi dettagli è economicamente opportuno completare manualmente il lavoro. Nel caso in esame, gli archivi che possono essere interessati piuttosto agevolmente alla migrazione automatica riguardano: anagrafiche clienti e fornitori anagrafiche articoli e distinte basi giacenze articoli Per altre migrazioni più complesse quali:

ordini fornitori bolle ingressate movimenti magazzino partite contabili devono essere effettuati dei test e valutati i momenti più idonei nel corso dello svolgimento del progetto. L’aggiornamento di progetto ha una dimensione più operativa, legata all’implementazione dei singoli moduli, sintetizzata dal diagramma Gantt 2 (allegato) che mostra l’identificazione di precise milestones di raggiungimento obiettivi (indicate dalle stelle gialle). Cerchiate in rosso (perché difficilmente apprezzabili date le dimensioni) si trova la prima delle sotto-attività operative (caricamento saldi) il cui inizio dipende dalla conclusione di altre (anagrafica clienti/fornitori). La sottoattività di caricamento saldi clienti/fornitori, per configurare il modulo Contabilità è preceduta dalla sottoattività di anagrafica clienti/fornitori che fanno parte delle sottoattività di configurazione del modulo Acquisti e Commercio. Analogamente l’articolazione del piano dei conti e la configurazione delle tipologie di listini per il modulo Acquisti è

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propedeutica all’inserimento degli stessi (al fine di attribuire il corretto conto contabile già in fase di emissione ordini). La parziale sovrapposizione di alcune sotto-attività (cerchiate in verde) è voluta per obbligare diversi enti a coordinarsi/integrarsi nelle definizione di terminologia e regole comuni fin dall’inizio del progetto. In particolare le sottoattività di definizione delle tipologie degli articoli e dei cicli di lavorazione e le relative regole di creazione in ambito tecnico, sono poste in parallelo con la definizione della tipologia degli ordini e degli ingressamenti e le regole di creazione degli stessi in ambito acquisti e ancora con la definizione della tipologia delle offerte e delle spedizioni e relative codifiche in ambito commerciale.

Progettazione L’attività di Mappatura Cicli (che comprende appositi flow-chart esplicativi e la precisa identificazione dei movimenti contabili e gestionali per ogni ciclo) può essere schematizzata da un “template” che include situazione “as is” e considerazioni “to be” dei vari cicli aziendali, identificando precisamente i flussi di informazioni, i flussi operativi dei documenti che recepiscono le informazioni ed il flusso informativo guidato dal nuovo gestionale (si tralascia l’analisi della documentazione perché non oggetto della presente trattazione). Ha una funzione più operativa e meno descrittiva dell’Analisi Funzionale svolta a monte, dovendo entrare nel dettaglio della gestione operativa dei processi e sub-processi precedentemente identificati. L’attività di Simulazione conclude la fase di progettazione; la demo condotta fa emergere una serie di problematiche inerenti differenze interpretative che hanno generato fraintendimenti. Ciò porta alla ri-programmazione di attività e fasi determinando lo stand-by dell’intero progetto. Cosa abbastanza naturale in quanto gli ambiti organizzativi a cui i sistemi informativi fanno riferimento, sono legati a fattori umani e come tali non definibili in modo specifico. I software, peraltro, non possono che essere previsti per una vastità di aziende.

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La soluzione nella demo condotta implica la codifica delle commesse con struttura “parlante” per identificare il livello che interessa cioè la creazione di una codifica commessa parallela alla distinta base ed il suo continuo monitoraggio sia al momento dell’emissione degli ordini che al momento della determinazione dei costi. Emergono altresì anche esigenze contrastanti tra diversi enti che impongono decisioni inerenti cambiamenti organizzativi. In questo momento devono essere esplorate tutte le alternative per evitare lo sviluppo di una pesante personalizzazione che determinerebbe oltre, all’incremento dei costi, il rischio concreto di sforare il roll-out che cadrebbe nel periodo estivo (comportando un ulteriore spostamento al periodo autunnale). Il secondo aggiornamento di progetto, Gantt3 (allegato), mostra la dilatazione temporale successiva all’inserimento delle nuove sottoattività di personalizzazione e demo (frecce rosse). Cerchiate in rosso sono evidenziate le sotto-attività critiche, il cui inizio dipende dalla conclusione di altre o che devono iniziare contemporaneamente perchè fortemente integrate, che determinano il percorso critico del progetto. Il Gantt 1 ipotizzava circa 25-27 settimane per l’intero progetto, il cui cuore rappresentato dal Gantt 2 avrebbe richiesto circa 18-20 settimane; il Gantt 3 ipotizza un nucleo centrale di circa 24 settimane, allungando il progetto di circa 1 mese, cosa di per se non particolarmente grave ma estremamente aleatoria perché legata al tempo di sviluppo della personalizzazione e alla realizzazione della sua demo, scommettendo di fatto sulla riuscita al primo tentativo.

Real izzazione Lo sviluppo della personalizzazione ha certamente attutito la necessità di profondi cambiamenti organizzativi per adattarsi alle logiche del gestionale. L’attività Ufficializzazione Cambiamenti Organizzativi non si è accorciata ma si è sostanzialmente trasformata nello sviluppo della personalizzazione e nella redazione delle relative procedure operative.

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Tuttavia l’azienda ha preso coscienza che mentre per le esigenze dei processi logistici è sufficiente la creazione di un’unica commessa/sottogruppo per impianto (perchè analisi di magazzino e pianificazione approvvigionamenti avviene a tale livello), le esigenze della contabilità industriale ai fini della valorizzazione di macchine e gruppi richiedono dettagli per specifico sottogruppo in base al ramo di distinta dove viene utilizzato. E’ stata utilizzata una configurazione per commessa/sottogruppo che riesce a soddisfare le esigenze relative ai processi logistici e pianificazione approvvigionamenti. E’ stato sviluppato un programma che consente di creare una commessa per ogni sottogruppo inserito in una certa distinta.

La fase di realizzazione si è parzialmente trasformata nel corso del progetto, nello sviluppo delle seguenti attività: D.1) Analisi D.2) Personalizzazione (suddivisibile in Test e Demo) D.3) Configurazione (tabelle e reports) D.4) Formazione D.5) Avviamento (suddivisibile in Migrazione e Inserimento) D.6) Assistenza operativa (help-desk post avviamento) Nella fase transitoria dunque vengono emessi ordini da due sw diversi e quindi le bolle e le fatture devono essere registrate su due sw diversi. Le fatture sono dunque contabilizzate due volte, la prima volta per il controllo sul vecchio gestionale e la seconda volta per la contabilità civilistica sul nuovo erp. A far data da un giorno stabilito tutti gli ordini vengono effettuati dal vecchio sw dello stabilimento 2 per cui è stato deciso di sviluppare i programmi di esportazione mentre gli ordini dei primi mesi dell’anno per lo stabilimento 1 non vengono esportati e possono essere interrogati solo sul vecchio sw dipartimentale. Conclusioni Le tecniche di project management ampliamente utilizzate da aziende e società di ingegneria operanti su commessa, in particolare per grandi commesse di durata ultrannuale, sono indispensabili anche per progetti “intangibile” per la metodologia e la cultura organizzativa che apportano, per l’orientamento alla pianificazione/programmazione che obbliga a

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scomporre l’intero progetto e quindi i problemi in entità minori e quindi in problemi più piccoli per cui è più facile trovare adeguate soluzioni. Nel caso specifico individuare tappe intermedie ha permesso di non dilatare per inefficienze difficilmente identificabili la durata del progetto e di mantenere il monitoraggio anche durante le criticità che, di fatto, vengono affrontate come mini progetti. Nella disegnazione dei sistemi diventa fondamentale tracciare i flussi e le relazioni tra le informazioni, capire quando e dove nascono, come e perché si modificano, per definire le opportune procedure di aggiornamento e di esportazione dati. Tutto ciò ha un impatto strategico sull’organizzazione della reportistica, sulla sua attendibilità e quindi sull’affidabilità del Controllo di Gestione.

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Bibl iograf ia

www.pmi.org

www.office.microsoft.com/project

www.pmi.it/project-management

Project Cycle Management Guidlines (European Commission External Cooperation Programmes)