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La finanza comportamentale e le scelte assicurative dei soggetti 1 di 18
CORSO ON LINE
La finanza comportamentale e le scelte assicurative dei soggetti
Contenuti a cura di NICOLETTA MARINELLI
Ricercatrice e Docente di Economia degli Intermediari Finanziari - Facoltà di Economia
dell'Università degli Studi di Macerata
Dispensa
Co-partnership
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LEZIONE 1: IL CONTESTO E I MODELLI TEORICI DI RIFERIMENTO
La finanza comportamentale
People in standard finance are rational.
People in behavioral finance are normal.
Meir Statman, Santa Clara University
La finanza comportamentale, o behavioral finance, è una disciplina nata negli anni ’60 che si afferma
successivamente, a seguito dalle clamorose evidenze empiriche sul comportamento dei mercati finanziari e degli
investitori degli anni 1999 – 2002, in evidente contrasto rispetto ai modelli economici classici di riferimento.
Storicamente le teorie economiche hanno sempre dato per scontato che gli agenti economici fossero perfettamente
razionali: ciò significa che, nel prendere una decisione, i soggetti dovrebbero essere egoisti, pienamente informati e
capaci di comprendere gli esiti associati a ciascuna alternativa disponibile.
In realtà l’essere umano è un operatore contraddistinto da quella che, da un punto di vista economico, può essere
definita come “razionalità limitata” oppure addirittura da una sorta di “prevedibile irrazionalità” che, soprattutto in
determinate situazioni di stress emotivo, può determinare errori sistematici di valutazione.
Le implicazioni della finanza comportamentale possono essere utili per interpretare al meglio le scelte dei soggetti nel
settore assicurativo, per definire in modo efficiente le caratteristiche di un prodotto, per fissare in modo congruo il
prezzo e per attivare in modo efficace politiche di promozione e di distribuzione delle polizze.
Quali sono i protagonisti di questa nuova teoria?
Sicuramente vanno citati fra gli altri Daniel Kahneman (Princeton University, USA) e Robert Shiller (Yale University,
USA). Il primo ha ricevuto il Premio Nobel 2002 per l’economia “per aver integrato argomenti della ricerca psicologica
con le scienze dell'economia, con particolare riguardo ai processi decisionali e di giudizio nell’incertezza”. Il secondo
per la pubblicazione del libro “Irrational exuberance”, il cui titolo riprende la famosa locuzione usata da Alan
Greenpan, ex Presidente della FED, nel 1996.
Il concetto di rischio nel settore assicurativo
Iniziamo ad approfondire il concetto di rischio nel settore assicurativo analizzando la differenza tra il rischio
finanziario, legato al comportamento degli individui di fronte a scelte di investimento, e il rischio puro, legato invece al
comportamento degli individui di fronte a scelte di tipo assicurativo.
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Dal punto di vista dell’identificazione del rischio, un rischio finanziario fa riferimento a risultati futuri non noti e non
determinabili a priori a cui è associata sia la possibilità di subire una perdita sia l’opportunità di ottenere un guadagno.
Offre poi l’opportunità di compensare eventuali perdite con altrettante eventuali opportunità di guadagno, con benefici
in termini di stabilizzazione dei risultati complessivi.
Anche il rischio puro fa riferimento a risultati futuri non noti e non determinabili a priori che però, in questo caso,
possono condurre esclusivamente a una perdita o al mantenimento dello status quo, senza la corrispondente
probabilità di conseguire un guadagno.
Inoltre è impossibile la compensazione delle perdite, il che determina la possibilità di cumulare più perdite tra loro.
Vediamo ora le differenze fra i due tipi di rischio dal punto di vista della misurazione.
Il rischio finanziario corrisponde alla variabilità, in positivo o in negativo, attorno ad un valore atteso.
Per la sua misurazione è quindi sufficiente conoscere la distribuzione dei rendimenti, da cui si ricavano le classiche
misure di rischio.
Il rischio puro è invece una variabile binomiale del tipo “perdita versus mantenimento dello status quo”.
Per la relativa misurazione occorre quindi conoscere non solo la distribuzione di frequenza delle perdite ma anche la
distribuzione di severity delle perdite, cioè la gravità della perdita in caso di manifestazione dell’evento.
Passiamo quindi alla differenza nella gestione del rischio.
In relazione al rischio finanziario il soggetto può decidere di:
a) mantenere inalterata la propria esposizione al rischio (Ritention);
b) ridurre la propria esposizione al rischio attraverso una opportuna diversificazione delle posizioni assunte
(Diversification);
c) eliminare la propria esposizione al rischio trasferendolo al mercato con operazioni di segno opposto rispetto alla
posizione in essere o il ricorso a strumenti derivati (Risk transfer).
In relazione al rischio puro invece il soggetto può decidere di:
a) mantenere inalterata la propria esposizione fronteggiando da solo le eventuali conseguenze economiche negative
dell’evento (Self-insurance);
b) ridurla adottando comportamenti che diminuiscono la probabilità di eventi dannosi o la loro significatività (Loss
control);
c) eliminarla trasferendola integralmente a un operatore specializzato (Risk tranfer).
In relazione alle differenze emerse fra rischio finanziario e rischio puro, seguendo un ragionamento puramente logico
e razionale viene spontaneo formulare una serie di considerazioni.
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Poiché il rischio finanziario e il rischio puro si differenziano per la diversa natura, la diversa misurazione e il diverso
coinvolgimento del singolo nell’evento a rischio, con riferimento allo stesso soggetto l’attitudine nei confronti del
rischio puro potrebbe essere diversa dall’attitudine nei confronti del rischio finanziario.
Il rischio puro, a differenza del rischio finanziario, ha valenza esclusivamente negativa: se si verifica l’evento a rischio,
infatti, il soggetto subisce solo ed esclusivamente una perdita.
Questo fa presupporre che la maggior parte degli individui dovrebbe essere maggiormente avversa nei confronti del
rischio puro, anziché finanziario.
L’ultima considerazione riguarda il rischio finanziario. Poiché la ritention potrebbe avere i suoi vantaggi se le
prospettive di guadagno, che non ci sono nei rischi puri, sono sufficientemente elevate, un soggetto dovrebbe
intraprendere strategie di gestione per evitare il più possibile l’esposizione ai rischi puri, mentre potrebbe essere
ragionevole mantenere almeno in parte aperta l’esposizione al rischio finanziario.
La Teoria dell’Utilità Attesa
Ma gli individui, nella realtà, manifestano davvero queste caratteristiche di comportamento?
Sono due gli approcci teorici che hanno dato una risposta a questo interrogativo. Secondo una teoria economica
classica, la Teoria dell’Utilità Attesa, si ha una sostanziale conferma delle considerazioni appena elaborate seguendo
un ragionamento. La Teoria del Prospetto invece, di approccio comportamentale, le smentisce.
Cerchiamo di scoprire il perché…
La Teoria dell’Utilità Attesa descrive il comportamento di scelta di un soggetto di fronte a più alternative rischiose
ipotizzando che la decisione finale sia guidata solo ed esclusivamente dalla sua razionalità.
In particolare, si assume che:
• quando le alternative prevedono guadagni o perdite non certi ma solo potenziali, l’individuo tiene conto
correttamente della relativa probabilità di accadimento nel suo processo di assunzione della decisione;
• tra le varie alternative, il soggetto sceglierà quella in grado di restituire un’utilità finale, cioè una ricchezza
finale, maggiore;
• l’utilità del soggetto ovviamente cresce al crescere della ricchezza, ma in maniera via via più ridotta.
Proviamo a considerare un esempio. Un soggetto deve scegliere tra tre alternative:
ALTERNATIVA A - 1.000 euro con probabilità 0.9 (90%) o nulla (10%)
ALTERNATIVA B - 2.000 euro con probabilità 0.75 (75%) o nulla (25%)
ALTERNATIVA C - 3.000 euro con probabilità 0.1 (10%) o nulla (90%)
Come avviene la decisione?
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Abbiamo detto che, secondo il primo assunto, in caso di guadagni/perdite solo potenziali l’individuo tiene conto
correttamente della relativa probabilità di accadimento. Per scegliere, quindi, occorre anzitutto moltiplicare il valore
monetario per la relativa probabilità di realizzazione ottenendo così un valore di ricchezza finale “atteso” per ogni
alternativa.
ALTERNATIVA A (1.000 euro x 0,9 + 0 euro x 0,1 = 900 euro)
ALTERNATIVA B (2.000 euro x 0,75 + 0 euro x 0,25 = 1.500 euro)
ALTERNATIVA C (3.000 euro x 0,1 + 0 euro x 0,9 = 300 euro)
Portiamo ancora avanti il nostro esempio di applicazione della Teoria dell’Utilità Attesa.
Il secondo assunto definisce che, tra le varie alternative, il soggetto sceglierà quella in grado di restituire una
ricchezza finale maggiore.
Concretamente significa che il soggetto sceglierà quindi l’alternativa B.
Secondo il terzo assunto l’utilità del soggetto cresce al crescere della ricchezza in maniera via via più ridotta.
Caliamo anche questo concetto nel nostro esempio.
Passando dall’alternativa C alla A alla B c’è sempre una differenza di 600 euro. Ma il benessere che si prova cresce di
più quando passo dall’alternativa C alla A, quando cioè la ricchezza iniziale è più bassa, rispetto a quando passo
dall’alternativa A alla B e cioè quando si parte da un livello di ricchezza iniziale più alto.
Gli stessi concetti generali possono essere espressi anche facendo ricorso ad una formalizzazione matematica, che
permette di esprimere in maniera sintetica gli assunti e i risultati descritti con il nostro esempio.
Questa è la formula per il calcolo dell’utilità totale di una scelta in condizioni di rischio.
Come si può vedere, l’utilità totale è la media delle utilità associate ai possibili scenari futuri ponderate per la loro
probabilità. Considerando tutti gli agenti come razionali, cioè volti a massimizzare l’utilità attesa, e assumendo
l’avversione al rischio degli operatori, la funzione di utilità totale risulta essere concava.
Come si può notare aggiungendo al nostro grafico un paniere esemplificativo di beni, l’utilità marginale è decrescente,
in quanto la soddisfazione di un operatore nel detenerli non può aumentare infinitamente.
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Se si considera nello specifico la decisione di sottoscrizione di una polizza assicurativa, la Teoria dell’Utilità Attesa ci
dice due cose.
Poiché i soggetti sono generalmente avversi al rischio, di fronte all’alternativa “mi copro/non mi copro” scelgono in
genere la copertura. Di conseguenza, la vera alternativa è tra una copertura integrale oppure parziale e la decisione
viene fuori dal confronto tra le diverse ricchezze finali “attese” conseguibili.
Per ogni alternativa, ossia per ogni livello di copertura, bisogna quindi calcolare cosa accadrebbe alla ricchezza sia nel
caso si verifichi l’evento assicurato che nel caso non si verifichi, e farne poi la somma. Si deduce che il livello di
copertura che massimizza la ricchezza finale “attesa” dipende dall’ammontare del premio da pagare.
Questa è l’equazione dell’Utilità Attesa se si considera nello specifico la decisione di sottoscrizione di una polizza
assicurativa, nel nostro caso il rischio incendio.
Quali sono le considerazioni pratiche che possono esser fatte?
In presenza di premi equi, che equivalgono a nessun guadagno per l’assicuratore, la scelta ottimale è quella di
sottoscrivere una copertura assicurativa totale. Al contrario, in presenza di caricamenti sul premio, la scelta ottimale è
sottoscrivere una copertura assicurativa parziale, con scoperti e franchigie, decrescente rispetto al crescere del premio
praticato.
Dopo aver approfondito la questione, di seguito la sintesi sulla domanda di assicurazioni spiegata secondo la Teoria
dell’Utilità Attesa.
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IPOTESI TEORICHE:
Scelte razionali (modello normativo)
Probabilità degli eventi note (rischio)
Comportamento ottimizzante: max u(x), dove u è la
funzione di utilità esplicativa dell’atteggiamento del
soggetto verso il rischio
Variabile di riferimento: ricchezza finale
Atteggiamento verso il rischio potenzialmente diverso da
soggetto a soggetto (avversione, neutralità,
propensione), tuttavia:
o si assume che gli individui siano generalmente avversi al
rischio
o si assume che l’atteggiamento verso il rischio sia
costante per lo stesso individuo
DOMANDA DI ASSICURAZIONI:
È razionale sottoscrivere una polizza assicurativa per
un soggetto avverso al rischio
Il livello di copertura ottimo aumenta all’aumentare
del grado di avversione al rischio del soggetto
Il livello di copertura ottimo varia al variare del
premio praticato
La non copertura è razionale solo in presenza di un
premio particolarmente elevato
La Teoria del Prospetto
Se la Teoria dell’Utilità Attesa ha il fine di stabilire le condizioni ideali in base alle quali una decisione può essere
definita “razionale”, la Teoria del Prospetto (Kahneman e Tversky, 1979 - Tversky e Kahneman, 1992) si propone di
fornire una descrizione di come gli individui effettivamente si comportano di fronte a una decisione in condizioni di
rischio. Ciò corrisponde ad affiancare al principio fondamentale della teoria economica classica, cioè la massima utilità
totale, gli aspetti psicologici della valutazione individuale per dar vita ad una nuova funzione rappresentativa dell’utilità
totale associata alle scelte in condizioni di rischio.
Prima di proseguire con la formalizzazione analitica della Teoria del Prospetto facciamo un esperimento. Osserva
attentamente le scelte proposte: entrambe prevedono un’alternativa rischiosa….. e una certa.
Scelta 1
Quale delle seguenti alternative sceglieresti?
A. Ricevere 1.000 euro con probabilità 0.5 oppure 0
euro con probabilità 0.5
B. Ricevere 500 euro con probabilità 1
Scelta 2
Quale delle seguenti alternative sceglieresti?
A. Perdere 1.000 euro con probabilità 0.5 oppure 0
euro con probabilità 0.5
B. Perdere 500 euro con probabilità 1
La scelta 1 è strutturata in termini di guadagni potenziali, la scelta 2 in termini di perdite potenziali.
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Analizziamo le scelte 1 e 2 secondo la Teoria dell’Utilità classica: matematicamente le alternative di entrambe le scelte
sono equivalenti. Per un soggetto razionale è quindi indifferente nella Scelta 1 decidere per l’alternativa A o B, e nella
scelta 2 per l’alternativa C o D. Nella realtà, i soggetti mostrano di preferire l’alternativa B della scelta 1 e l’alternativa
C della scelta 2.
Analizziamo le ragioni delle diverse scelte.
In presenza di guadagni potenziali entra in gioco nella realtà il cosiddetto “Effetto Certezza” in virtù del quale si
sceglie l’alternativa senza rischio che assicura un guadagno certo: in questo caso prevale quindi l’avversione al rischio.
In presenza invece di perdite potenziali c’è il cosiddetto “Effetto Riflesso” per cui si sceglie l’alternativa rischiosa che
determina una perdita maggiore, ma solo potenziale. Prevale cioè la propensione al rischio.
Ora siamo in grado di comprendere meglio, anche con l’aiuto della formalizzazione matematica del modello, gli assunti
di fondo della Teoria del prospetto.
L’utilità è definita sulla base dei guadagni e delle perdite rispetto a un punto di partenza e non sulla base della
ricchezza finale. La funzione di valore si presenta concava nel dominio dei guadagni e convessa nel dominio delle
perdite.
Come abbiamo già visto, ciò implica che i soggetti mostrano avversione al rischio quando fronteggiano decisioni che
presentano una possibilità di guadagno e propensione al rischio in presenza di scelte che comportano una possibilità
di perdita.
Nella formalizzazione matematica della Teoria del Prospetto un ruolo primario è svolto dalla funzione di trasformazione
della probabilità che indica la percezione soggettiva che l’individuo ha di una probabilità di accadimento oggettiva.
Questa funzione graficamente è descritta in maniera non lineare con pesi variabili a seconda del valore della
probabilità nell’intervallo, cioè 0 e 1.
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Cosa ci dice la funzione di trasformazione della probabilità?
Che gli individui tendono a sovrastimare l’impatto di variazioni molto contenute della probabilità se esse riguardano
valori agli estremi dell’intervallo e a sottostimarlo in tutti gli altri casi.
Entriamo ora nello specifico della decisione di sottoscrizione di una polizza assicurativa.
Abbiamo già detto che i soggetti sono generalmente propensi al rischio in presenza di perdite potenziali, in quanto
preferiscono una perdita più alta, ma solo probabile, a una perdita più contenuta, come ad esempio il premio
assicurativo, ma certa. Di fronte all’alternativa: “mi copro/non mi copro” si preferisce quindi in genere la non
copertura, manifestando una sostanziale avversione alla sottoscrizione di polizze assicurative.
Applichiamo la formalizzazione matematica della Teoria del Prospetto al caso specifico di sottoscrizione di una polizza
assicurativa, come ad esempio il rischio incendio.
Secondo questo modello teorico è possibile che i soggetti, in presenza di un rischio puro, non sottoscrivano una
polizza assicurativa. La decisione implica infatti confronti da effettuare nel dominio delle perdite, e nel dominio delle
perdite si assume che i soggetti siano propensi al rischio.
Nella realtà, però, gli individui sottoscrivono polizze assicurative…. Come si giustifica quindi questo fenomeno
all’interno della Teoria del Prospetto?
Consideriamo un secondo esperimento esemplificativo che prevede due scelte in cui c’è la probabilità di vincere o di
perdere un valore economico molto alto, e la certezza di vincere o di perdere un valore economico molto basso.
Scelta 1 Scelta 2
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Quale delle seguenti alternative sceglieresti?
A. Vincere 5.000 euro con probabilità 0.001
B. Vincere 5 euro con certezza
Quale delle seguenti alternative sceglieresti?
A. Perdere 5.000 euro con probabilità 0.001
B. Perdere 5 euro con certezza
Anche stavolta matematicamente le alternative delle due scelte sono equivalenti: per un soggetto razionale quindi è
indifferente scegliere un’opzione o un’altra.
U (A) = 5.000*0.001= 5
U (B) = 5*1 = 5
U (C) = -5.000*0.001 = -5
U (D) = -5*1 = -5
Cosa succede invece nella realtà?
Che i soggetti mostrano di preferire:
l’alternativa A all’interno della scelta 1
l’alternativa D all’interno della scelta 2
Nelle due opzioni legate a ciascuna delle scelte gli importi monetari e la distribuzione probabilistica sono molto
differenti. In relazione a quest’ultimo fattore sappiamo che si presenta una sovrastima delle piccole probabilità, legata
alla ripidità della funzione di trasformazione della probabilità per valori piccoli di p.
Ecco perché in queste condizioni gli individui:
- preferiscono una vincita grande aleatoria ad una vincita sicura ma piccola, come nel caso della lotteria;
- sono disposti a sostenere un costo contenuto anziché soffrire la pur minima probabilità di una perdita ingente, come
nel caso di una polizza assicurativa.
Anche per la Teoria del Prospetto, a conclusione di questa parte, ecco la sintesi.
IPOTESI TEORICHE
Scelte reali (modello descrittivo)
Probabilità degli eventi note (rischio) e ponderate
secondo una funzione di trasformazione non lineare (π)
Comportamento ottimizzante: max v(x), dove v è la
funzione di valore esplicativa dell’atteggiamento del
soggetto verso il rischio
Variabile di riferimento: variazioni di ricchezza
(guadagno/perdita) rispetto a un punto di riferimento
Atteggiamento verso il rischio diverso per lo stesso
IMPLICAZIONI PER LA DOMANDA DI ASSICURAZIONI
Non è scontato che i soggetti nella realtà
sottoscrivano polizze assicurative
La non copertura è pienamente giustificata: in
presenza di perdite i soggetti mostrano un atteggiamento
di propensione al rischio
La copertura è giustificata solo in presenza di eventi
a bassa frequenza ed elevato impatto, per i quali i
soggetti tendono a fornire stime di probabilità
sopravvalutate e maggiori rispetto a quelle elaborate
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soggetto (avversione al rischio nella regione dei
guadagni, propensione al rischio nella regione delle
perdite)
dalla compagnia assicurativa
Le teorie sulle scelte in condizioni di incertezza
Gli sviluppi teorici più recenti si concentrano sulla differenza tra la scelta in condizioni di rischio e la scelta in condizioni
di incertezza. Il rischio si riferisce a eventi futuri a cui è possibile associare una distribuzione di probabilità.
L’incertezza invece si riferisce a eventi futuri le cui probabilità di manifestazione non sono note né determinabili. Nelle
scelte assicurative è presente una forma prevalente di incertezza piuttosto che di rischio, chiaramente se si considera
la prospettiva del singolo individuo esposto all’evento e non quella della compagnia.
La Teoria dell’Utilità Attesa presuppone che la presenza di incertezza relativamente alla probabilità di accadimento
dell’evento non alteri il modo con cui i soggetti assumono le loro decisioni. Ciò significa che di fronte ad una
probabilità di vincita/perdita:
1) stimata al 25 per cento con certezza
2) stimata tra il 10 e il 40 per cento
secondo la Teoria dell’Utilità Attesa un soggetto dovrebbe effettuare la medesima scelta, in quanto la stima certa del
25% equivale al punto di mezzo dell’intervallo di probabilità stimato.
L’evidenza empirica, tuttavia, non sembra corroborare questo assunto: i soggetti tendono ad assumere decisioni
diverse a seconda che la stima sia considerata incerta o meno, sebbene il rischio previsto, cioè la probabilità attesa,
sia uguale in entrambe le situazioni.
Facciamo un altro esperimento considerando quello che in letteratura è noto come “Paradosso di Ellsberg”, dal nome
del teorico che per primo ne ha messo in luce la rilevanza.
Hai la possibilità di partecipare ad una scommessa:
a) puoi vincere 100 euro se estrai una biglia rossa dall’urna A, contenente 50 biglie rosse e 50 nere;
b) puoi vincere 100 euro se estrai una biglia rossa dall’urna B, di cui non conosci la composizione tra biglie rosse
e nere.
A quale scommessa decidi di partecipare? Da quale urna vuoi provare ad estrarre la biglia rossa?
Analizziamo bene il quesito. In nessuna delle due scelte è prevista un’alternativa certa. Matematicamente le
alternative sono equivalenti. L’urna A può essere definita “rischiosa”, in quanto è nota conosco la distribuzione di
probabilità degli eventi, mentre l’urna B può essere definita “incerta”, in quanto non si può definire una distribuzione
di probabilità degli eventi.
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Come ormai ben sappiamo, per un soggetto razionale è indifferente scegliere l’urna A oppure l’urna B. Nella realtà,
invece, i soggetti generalmente preferiscono scommettere sull’urna “rischiosa”, piuttosto che sull’urna “incerta”.
Dall’esperimento si evidenzia che:
i soggetti preferiscono partecipare a scommesse in cui le probabilità dei pay-off sono note con certezza,
manifestando un atteggiamento generalizzato di avversione all’incertezza;
l’avversione per l’incertezza è maggiore nel dominio dei guadagni, piuttosto che in quello delle perdite;
nel dominio delle perdite, e quindi nelle scelte assicurative si riscontra un’avversione per l’incertezza in
presenza di eventi a bassa probabilità di accadimento, mentre in presenza di eventi a maggiore probabilità di
accadimento si manifesta un atteggiamento contrario di preferenza per l’incertezza;
l’attitudine nei confronti dell’incertezza è funzione dell’esperienza che il soggetto ha relativamente all’evento in
esame.
Questa è la sintesi della domanda di assicurazioni secondo i modelli teorici in condizioni di incertezza.
IPOTESI TEORICHE
Scelte razionali (modelli normativi)
Probabilità degli eventi non note (incertezza)
Comportamento ottimizzante: max u(x), dove u è la
funzione di utilità esplicativa dell’atteggiamento del
soggetto verso l’incertezza
Variabile di riferimento: ricchezza finale
Atteggiamento verso l’incertezza diverso da soggetto
a soggetto (avversione, neutralità, propensione) e per lo
stesso soggetto (avversione all’incertezza per eventi a
bassa probabilità, propensione all’incertezza per eventi a
maggiore probabilità)
IMPLICAZIONI PER LA DOMANDA DI ASSICURAZIONI
E’ razionale sottoscrivere una polizza assicurativa,
anche in presenza di un premio particolarmente elevato,
se il soggetto mostra avversione per l’incertezza, in
quanto l’avversione per l’incertezza induce il soggetto a
sopravvalutare la probabilità di perdita
Il livello di copertura ottimo aumenta all’aumentare
del grado di avversione all’incertezza del soggetto
I modelli teorici di scelta in condizioni di incertezza consentono quindi di fornire una spiegazione razionale ad alcuni
comportamenti che gli economisti riscontrano nella realtà e che giudicano incongruenti rispetto alla teoria classica.
Un esempio, nel mondo assicurativo, è rappresentato dalle basse franchigie nel settore automobilistico che
comportano un rapporto premio/sinistro straordinariamente elevato e non giustificato in funzione dell’attitudine al
rischio del soggetto.
Questa è la spiegazione del fenomeno secondo i modelli teorici di scelta in condizioni di incertezza.
Quando i soggetti stimano come bassa la probabilità di accadimento di un evento e contemporaneamente non sono
sicuri di questa stima, si presenta una situazione di avversione all’incertezza che agisce nella direzione di aumentare la
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perdita percepita. Ciò può giustificare la richiesta di coperture assicurative oltre il livello ottimo indicato dai modelli
classici in condizioni di rischio.
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LEZIONE 2: GLI ERRORI COGNITIVI DI CHI SI ASSICURA
I bias cognitivi
Nella lezione precedente abbiamo analizzato i principali modelli teorici di riferimento per la finanza comportamentale,
e compreso quindi ciò che influenza il comportamento di scelta dei soggetti nel mercato assicurativo.
Dal punto di vista metodologico abbiamo quindi utilizzato un approccio deduttivo, secondo il quale da postulati e
principi primi si procede, attraverso una serie di rigorose concatenazioni logiche, verso determinazioni più particolari.
In questa lezione proveremo invece a procedere con un approccio induttivo, partendo dai singoli comportamenti per
cercare di stabilire una legge di comportamento a validità universale.
Nello specifico analizzeremo i cosiddetti bias cognitivi, cioè gli errori che si commettono sistematicamente nel processo
di elaborazione delle informazioni.
Le euristiche della Rappresentatività e della Disponibilità
I bias cognitivi di maggior rilievo quando si analizza il comportamento di scelta di un soggetto nel mercato assicurativo
sono rappresentati dalle euristiche. Le euristiche sono le procedure che si attivano quando serve trovare una soluzione
ad un problema che non sia necessariamente quella ottimale.
Quelle più diffuse sono:
- la Rappresentatività, cioè la tendenza degli agenti economici a ricorrere a stereotipi quando sono chiamati a prendere
delle decisioni;
- la Disponibilità, cioè l’utilizzo dell’esperienza passata rispetto agli eventi di cui occorre fornire una stima riguardo al
possibile accadere futuro.
Le euristiche producono tre tipologie di effetti distorsivi sul comportamento assicurativo:
1. errori legati alla facilità di rievocazione degli eventi;
2. errori legati al fatto di trascurare le leggi di probabilità;
3. errori legati al fatto di trascurare le dimensioni del campione.
Errori legati alla facilità di rievocazione degli eventi (Ease of recall bias)
Gli individui spesso considerano un evento come altamente probabile, o al contrario scarsamente probabile, a seconda
della facilità con cui tale evento è richiamato nella loro mente: in altre parole, ciò che viene alla mente con maggiore
facilità è considerato più probabile, anche se ciò non corrisponde a realtà. In genere, sono rievocati con più facilità
dalla nostra mente gli eventi più recenti e quelli a impatto emotivo più forte.
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Un esempio chiaro è costituito dal comportamento degli abitanti di zone sismiche o a rischio uragani che si assicurano
immediatamente dopo l’avvenuto sisma o uragano, come se la probabilità di catastrofe fosse divenuta maggiore e la
polizza più necessaria. A distanza di molti anni dal sisma o dall’uragano, poi, perdendo l’esatta percezione del rischio
fronteggiato, si assiste ad un conseguente non rinnovo della polizza.
Errori legati al fatto di trascurare le leggi di probabilità (Base rate neglect)
Il secondo tipo di errori è legato al fatto che gli individui spesso non sono in grado di percepire correttamente la
probabilità che due eventi si manifestino contemporaneamente, attribuendo a tale probabilità congiunta un valore
maggiore di quello effettivo. Per capire meglio ti propongo un esempio: leggi attentamente la definizione.
“Linda ha 31 anni, è single, ha una personalità schietta e brillante. E’ laureata in filosofia. Da studentessa, era molto
impegnata nella lotta contro la discriminazione e l’ingiustizia sociale e partecipò a diverse manifestazioni contro il
nucleare.”
Quale affermazione sembra più probabile?
A. Linda è un’impiegata di banca
B. Linda è un’impiegata di banca e un’attivista del movimento femminista
A domande come questa la maggior parte degli individui risponde B, anche se è razionalmente sbagliato poiché la
condizione B è un sottocaso della condizione A e, dunque, la sua probabilità è inevitabilmente più bassa. Il motivo
dell’errore sta nel fatto che Linda ha una descrizione che richiama lo stereotipo di una possibile femminista, e questo
fa dimenticare le leggi di probabilità più elementari.
Errori legati al fatto di trascurare le dimensioni del campione (Sample size neglect)
Il terzo tipo di errore avviene perché gli individui spesso non sono in grado di percepire correttamente la probabilità di
accadimento di un evento, in quanto fanno affidamento su campioni molto piccoli e poco significativi.
Erroneamente ritengono che un campione piccolo sia rappresentativo tanto quanto un campione ampio, affidandosi
alla cosiddetta “legge dei piccoli numeri”. Un esempio? Nelle polizze assicurative a contenuto finanziario, i soggetti
possono rischiare di sovraesporsi al comparto azionario subito dopo un periodo modesto di rialzo dei corsi borsistici, in
quanto si aspettano che il trend in atto possa continuare. In altri termini, sovrastimano la probabilità che il rialzo
continui basandosi su una serie storica troppo breve per essere significativa.
Framing e Anchoring
Altri errori cognitivi sono legati al condizionamento che esercita sulla scelta finale il modo con cui la scelta stessa viene
presentata (Framing), e alla tendenza degli individui a rimanere eccessivamente legati al valore iniziale che aggiustano
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in modo insufficiente all’arrivo di nuove informazioni (Anchoring). Anche queste due tipologie generano specifici effetti
distorsivi sul comportamento assicurativo:
- Framing (Errore legato all’eccesso di informazioni da processare, Errore legato al condizionamento psicologico del
termine “gratis”)
- Anchoring (Errore legato all’eccesso di fiducia nella valutazione iniziale, Errore legato all’eccesso di fiducia in se stessi,
Strategie confermative)
Errore legato all’eccesso di informazioni da processare (choice overload)
Gli individui, posti di fronte a una scelta che implica molte informazioni da processare contemporaneamente, possono
essere inibiti nella scelta e non decidere affatto. Anche l’acquisto di una polizza assicurativa può rappresentare un
processo decisionale complesso per un individuo, in quanto ci sono numerosi termini, condizioni, clausole da
considerare. In tale circostanza, un soggetto potrebbe essere indotto a non modificare o aumentare la propria
copertura assicurativa, nonostante la scelta possa risultare ex-post benefica, semplicemente per una tendenza
psicologica ad allontanarsi dalle decisioni che richiedono l’elaborazione di troppe informazioni contemporaneamente.
Errore legato al condizionamento psicologico del termine “gratis” (value of zero)
Quando all’interno di una proposta contrattuale sono offerti diversi servizi a costo zero, i soggetti sono meglio disposti
alla sottoscrizione, nonostante il costo complessivo del servizio proposto potrebbe non essere significativamente
diverso da quello di altre alternative equivalenti senza componenti gratuite. Il termine “gratis” conduce a una
sovrastima della desiderabilità delle proposte, rendendo meno razionale la valutazione economica complessiva.
Errore legato all’eccesso di fiducia nella valutazione iniziale (conservatorism)
Il primo fra gli effetti distorsivi di anchoring è l’errore legato all’eccesso di fiducia nella valutazione iniziale per il quale,
pur in presenza di una nuova informazione o di un cambiamento nella propria situazione individuale, i soggetti spesso
non modificano le scelte inizialmente realizzate, soprattutto quando una nuova scelta richiede molteplici informazioni
da processare.
Errore legato all’eccesso di fiducia in se stessi (overconfidence)
Un’altra tipologia di errore è relativa all’eccesso di fiducia riposto in se stessi o nelle proprie capacità di interpretare gli
eventi.
Strategie confermative
Gli individui tendono anche ad interpretare le situazioni o ad aggiustare il proprio comportamento al fine di dare
conferma alle proprie scelte e decisioni passate, semplicemente per sentirsi dei decisori capaci e accorti.
La finanza comportamentale e le scelte assicurative dei soggetti 17 di 18
In ambito assicurativo, gli effetti distorsivi legati all’anchoring possono provocare una sottostima del rischio realmente
corso e una incapacità di leggere i segnali che smentiscono le valutazioni inizialmente fatte o le scelte formulate in
passato.
Gli errori legati a fattori emotivi
Di diversa natura sono gli errori legati a fattori emotivi. Lo stato emotivo del decisore può condizionare la scelta in due
modi:
in relazione allo stato emotivo corrente, di tipo positivo o negativo;
come anticipazione di eventuali stati d’animo negativi che potrebbero verificarsi se si optasse per
un’alternativa piuttosto che per un’altra. Si parla in questo caso di “avversione per il rammarico”.
Il primo degli effetti distorsivi che si genera è il cosiddetto “effetto-possesso” (Endowment effect), per il quale gli
individui spesso preferiscono mantenere ciò che hanno piuttosto che abbandonarlo per una nuova alternativa,
nonostante quest’ultima possa rivelarsi vantaggiosa. Un esempio è costituito dal fatto che i soggetti preferiscono
tenere il biglietto della lotteria acquistato piuttosto che cambiarlo contro un altro biglietto più una somma di denaro. A
livello assicurativo, questo fenomeno può indurre a sottostimare alternative contrattuali migliori rispetto a quella in
essere.
Il secondo, l’ errore indotto dalla tendenza a mantenere lo status quo (Status quo bias) spiega come gli individui
spesso preferiscano optare per la scelta indicata come “di default” oppure per la scelta inizialmente fatta rispetto ad
altre alternative: il motivo è quello di non volersi sentire responsabili di una decisione nel caso in cui questa conduca
ad esiti diversi da quelli desiderati. Per questo, spesso, i sottoscrittori di polizze assicurative fanno passare anni senza
rivedere le proprie condizioni di polizza, nonostante siano consapevoli che la propria situazione personale si è
modificata o che potrebbero esserci proposte contrattuali alternative.
Conclusioni
È quindi difficile effettuare scelte davvero razionali…
La nostra intuizione è in generale una guida poco valida quando abbiamo a che fare con il rischio o con l’incertezza,
come ci mostrano le teorie sul comportamento degli individui e i bias cognitivi appena esaminati.
Spesso per un soggetto non è facile riconoscere il proprio bisogno assicurativo. Se è solo, o “male accompagnato”, è
più facile sbagliare poiché ci possono essere la mancata consapevolezza del proprio livello di tolleranza al rischio, il
mancato riconoscimento della necessità oggettiva di copertura, o perché subisce l’influenza di bias cognitivi.
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Solo con una sistematica attività di consulenza, che prevede la diagnosi del rischio che può essere effettivamente
sopportato, l’educazione finanziaria del cliente, l’identificazione delle aree di effettiva necessità di copertura e un
planning razionale ed esterno, possiamo aiutarlo a prendere decisioni sagge.