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Consiglio Nazionale dei Geologi 30 agosto 2018

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Consiglio Nazionale dei Geologi

30 agosto 2018

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30/8/2018 L'Italia continua a tremare: geologi, in due anni 93mila scosse. E la prevenzione? - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

Scienze e ricerca | Urbanistica e territorio

L’Italia continua a tremare: geologi,in due anni 93mila scosse. E laprevenzione?Peduto (Cng): «Mitigazione del rischio e prevenzione dovrebbero essere alcentro dell'agenda di governo, invece siamo qui a ripetere le stesse paroledopo ogni tragedia»[29 agosto 2018]

Dal terremoto del 24 agosto 2016 l’Italia hatremato altre 93.000 volte. Negli ultimi giorniè stato il Molise a registrare numerose scosse:dal 14 agosto i terremoti in provincia diCampobasso sono stati oltre 200, il più forte èstato avvertito alle 20.19 del 16 agosto, conmagnitudo 5.2. «L’area dell’epicentro deglieventi sismici della scorsa settimana (come delresto gran parte della penisola) è altamentevulnerabile – spiega Domenico Angelone,tesoriere del Consiglio nazionale dei geologi(Cng) e past president dell’Ordine dei geologi della Regione Molise – al punto tale da poter subiregravi danni anche con eventi di magnitudo contenuta. Ciò si unisce alle parole del capo dellaProtezione civile, Angelo Borrelli, che non ha escluso la possibilità di ulteriori scosse di intensitàmaggiore, successive a quella di magnitudo 5.2 avvenuta lo scorso 16 agosto nel basso Molise».

Per questo il Cng ha voluto tenere la conferenza stampa dal titolo “Rischio sismico e dissestoidrogeologico: quali inadempienze, quali criticità, quali soluzioni” ieri a Campobasso, nel palazzodella Provincia: un incontro che vuole fare il punto sulla situazione molisana in relazione al rischiosismico e a quello idrogeologico, che è lo specchio di ciò che sta succedendo in tutta Italia. Seinfatti l’88% dei comuni italiani è interessati da alluvioni e dal dissesto idrogeologico, in Molise il100% dei Comuni è a rischio idrogeologico.

«Il nostro Paese, a differenza degli altri, è geologicamente giovane, soggetto a tutti i georischi,sismico, idrogeologico e vulcanico – sottolinea Francesco Peduto, presidente del Consiglionazionale dei geologi – Mitigazione del rischio e prevenzione dovrebbero essere al centrodell’agenda di governo, invece siamo qui a ripetere le stesse parole dopo ogni tragedia». Cosafacciamo per minimizzare i rischi, i danni, difendere la vita umana? Il presidente del Cng auspica lanecessità di una scelta innanzitutto culturale, di imboccare con decisione la strada della‘prevenzione civile’. «Dobbiamo garantire la messa in sicurezza del nostro Paese, non possiamoavere un territorio sicuro se non sappiamo cosa abbiamo sotto i nostri piedi», sottolinea Peduto. Inparticolare sul completamento della Carta geologica d’Italia (il cosiddetto progetto Carg avviato nel

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1988 e mai portato a termine), Peduto spiega come non sia stato realizzato neanche il 50% dellamappatura geologica e come tutte le regioni italiane siano in ritardo sulla microzonazione sismica,introdotta con il decreto Abruzzo dopo il sisma del 2009 poiché ritenuta indispensabile per unacorretta ricostruzione e per l’utilizzo in sicurezza del territorio. Profondi ritardi che arrivano acoinvolgere anche l’informazione ai cittadini: «Dobbiamo diffondere conoscenza e consapevolezzadei rischi perché un cittadino deve sapere se la casa in cui vive, se il posto in cui lavora o la scuolache frequenta il proprio figlio non sono luoghi sicuri in caso di terremoti. Ricordiamo – concludePeduto – che in Italia ci sono tra il 20 e il 50% delle vittime per comportamenti errati duranti iterremoti».

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30/8/2018 «Ponte Morandi non è sicuro»: la lettera di febbraio accusa Autostrade e Ministero - l'Espresso

DI FABRIZIO GATTI 29 agosto 2018

ESCLUSIVO

«Ponte Morandi non è sicuro»: la lettera di febbraioaccusa Autostrade e MinisteroIl direttore manutenzioni della società scriveva sette mesi fa alla Direzione vigilanza e alProvveditorato perché fosse approvato urgentemente il progetto di rinforzo del viadotto diGenova: "Fate presto, è necessario incrementare la sicurezza". La replica di Autostrade:"Interpretazione fuorviante"

Lo scenario del crollo del ponte Morandi oracambia completamente. Dal 28 febbraio 2018la Direzione generale per la vigilanza delministero delle Infrastrutture, il Provveditoratoalle opere pubbliche di Genova e la Direzionemaintenance e investimenti esercizio dellasocietà Autostrade per l'Italia sapevano che ilviadotto aveva problemi di sicurezza.

L'Espresso ha scoperto una lettera firmatadal direttore della manutenzione,Michele Donferri Mitelli, che mette inguardia il ministero delle Infrastrutturesui rischi per il ritardo

nell'approvazione del progetto esecutivo di rinforzo del ponte.

Non si sa chi abbia ricevuto l'avviso, poiché come destinatario è indicato soltanto l'ufficio. È noto comunqueche la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali è diretta da Vincenzo Cinelli,nominato il 14 agosto 2017 su proposta del ministro Graziano Delrio e confermato dall'attuale ministro DaniloToninelli. Mentre il capo del Provveditorato di Genova è l'architetto Roberto Ferrazza, lo stesso scelto daToninelli come presidente della commissione d'inchiesta del ministero. E rimosso nel giro di una settimana,dopo che L'Espresso aveva scoperto che Ferrazza aveva dato parere favorevole al piano di Autostrade , senzaprescrivere misure per garantire la sicurezza.

Finora si sapeva che gli uffici coinvolti fossero al corrente soltanto del degrado della struttura , a cominciaredai tiranti consumati dalla corrosione del venti per cento. Ma nessun documento dimostrava che ingegneri efunzionari fossero consapevoli del pericolo, che ogni giorno e ogni notte decine di migliaia di automobilisti ecamionisti stavano correndo.

La lettera di allarme del direttore di Autostrade è la seconda di cinque scritte al ministero tra il 6 febbraio e il13 aprile 2018. In quella del 28 febbraio, protocollata dalla società con il numero 5003, il manager è esplicito.«Si fa riferimento a quanto in oggetto», scrive Michele Donferri Mitelli, «alla nostra precedente

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corrispondenza e alle interlocuzioni intervenute presso il Comitato tecnico amministrativo delProvveditorato alla presenza del vostro funzionario Uit Genova nella seduta del 1.2.2018». Quella del primofebbraio è la riunione presieduta dal provveditore Ferrazza, alla presenza del rappresentante genovese dellaDirezione generale per la vigilanza, l'ingegner Carmine Testa, capo del Uit, l'Ufficio ispettivo territoriale.

«Al riguardo», continua il direttore di Autostrade, «dal momento che non abbiamo più avuto evidenza se sianonecessari ulteriori approfondimenti e/o elementi integrativi Vi significhiamo... di restare a Vostra disposizionequalora siano necessari chiarimenti e integrazioni in relazione agli aspetti tecnico-economici del progettorappresentando, ancora una volta, l'urgenza che riveste la conclusione dell'iter approvativodell'intervento».

«Vista l'importanza strategica dell'opera e la natura dell'intervento», aggiunge Donferri Mitelli, tenuto contoche il completamento delle procedure di affidamento può essere stimato in 13-15 mesi, «si ritiene, inconsiderazione del protrarsi dei tempi di approvazione, che l'intervento non possa essere in esecuzione primadel secondo semestre 2019 o inizio 2020. Tale circostanza comporterebbe una serie di ripercussioni sia per lapianificazione economica che», e proprio qui viene lanciato l'allarme, «per l'incremento disicurezza necessario sul viadotto Polcevera. Per quanto sopra, Vi preghiamo di portare avantil'iter autorizzativo quanto prima».

Il direttore della manutenzione di Autostrade il 28 febbraio 2018 è dunque consapevole che bisogna fare infretta perché, per il ponte Morandi sul torrente Polcevera, è necessario un incremento di sicurezza: cheevidentemente manca. E non bisogna più perdere tempo. Ma nessuno si attiva per proteggere il viadotto equanti continuano a passarci sopra, con prescrizioni come la limitazione del traffico pesante e la riduzionedelle corsie di marcia.

L'autorizzazione al progetto da parte della Direzione per la vigilanza che Michele Donferri Mitelli sollecitaarriverà soltanto a giugno. Il viadotto crolla il 14 agosto uccidendo 43 persone e provocando lo sgombero di unintero quartiere. Ma già in febbraio sono evidentemente preoccupati nella società Autostrade per l'Italia, oraaccusata dal governo di aver lasciato per anni deperire la struttura oltre il punto di non ritorno. Fino a ottobre2017 non avrebbero fatto abbastanza, a parte l'ordinaria manutenzione. Tra il 9 e il 13 ottobre il Politecnico diMilano, con uno studio commissionato dalla concessionaria, segnala che nel pilone 9 ci sono anomalie chevanno approfondite. Il progetto esecutivo per il potenziamento dei tiranti viene revisionato. Quindi tra il 30ottobre e il 3 novembre la società lo invia alla Direzione per la vigilanza sulle concessionarie. E lì al ministero,l'ufficio di Cinelli il 5 dicembre lo gira al Provveditorato di Genova per il parere obbligatorio. Il comitatotecnico amministrativo del Provveditorato si riunisce il primo febbraio. Il progetto torna alla direzionegenerale di Cinelli e sparisce fino a metà giugno. Due mesi dopo proprio il pilone 9 si sbriciola.

Vincenzo Cinelli risponde direttamente al capodipartimento delle Infrastrutture e, al di sopra, al capo digabinetto del ministro. Tanto che oggi tre componenti del suo ufficio di vigilanza, che non sembraaver vigilato abbastanza, compongono la commissione d'inchiesta nominata da Toninelli. Uncortocircuito che al nuovo governo continua a sfuggire.

Sono le carte a dirci ora che il ponte Morandi da mesi non garantiva la sicurezza, al punto da renderenecessario un urgente incremento. L'inchiesta della Procura si arricchisce così di molti testimoni: i tecnici dellasocietà che soltanto da ottobre 2017 si preoccupa di intervenire sulla stabilità del viadotto, il direttore dellemanutenzioni Donferri Mitelli che lancia l'allarme già a febbraio 2018, il direttore generale del ministeroCinelli, il provveditore Ferrazza, l'ispettore territoriale Testa, i membri con diritto di voto nel comitato tecnicoamministrativo del Provveditorato di Genova. Giorno dopo giorno, l'elenco si allunga.

Sul numero di domenica 2 settembre de L'Espresso il servizio "Il diario del disastro" diFabrizio Gatti

AGGIORNAMENTO: LA REPLICA DI AUTOSTRADE AL NOSTRO ARTICOLO: In relazione alla lettera pubblicata da L’Espresso, Autostrade per l’Italia evidenzia che si tratta di unaordinaria comunicazione con cui la competente direzione del Ministero delle Infrastrutture viene sollecitataper l’approvazione del progetto di miglioramento delle caratteristiche strutturali del viadotto Polcevera, peril quale era già stato prodotto il parere favorevole da parte del Provveditorato Interregionale delle OperePubbliche, tenuto conto che il tempo di approvazione da parte del Ministero si stava protraendo oltre iltermine dei 90 giorni. Il progetto aveva l'obiettivo di migliorare la vita utile dell'infrastruttura. Risulta,

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30/8/2018 «Ponte Morandi non è sicuro»: la lettera di febbraio accusa Autostrade e Ministero - l'Espresso

© RIPRODUZIONE RISERVATA29 agosto 2018

quindi, assolutamente fuorviante e non veritiera l'interpretazione del settimanale secondo cui si sarebbetrattato di una “lettera d’allarme” che metteva in guardia sulla "non sicurezza" del viadotto.

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30/8/2018 Crollo ponte Morandi: Finanza sequestra documentazione. Lettera autostrade di febbraio 2018: 'Non è sicuro' - Cronaca - ANSA.itAnsaCronaca

29 agosto 2018 21:34 NEWS

Crollo ponte Morandi: Finanza sequestradocumentazione. Lettera autostrade di febbraio 2018:

'Non è sicuro'Tra i documenti acquisiti anche la relazione del progettista in cui si diceva stupito del degrado dei materiali.

Toninelli: bene le indagini, chiarezza sul passato

Redazione ANSA ROMA

La Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro emesso dalla procura di Genova che riguardatutta la documentazione relativa al ponte Morandi dopo il crollo avvenuto lo scorso 14 agostoprovocando la morte di 43 persone. Le Fiamme gialle sono state nelle sedi del Ministero delleInfrastrutture e nel suo ufficio ispettivo territoriale di Genova, nella sede del Provveditorato delle operepubbliche di Liguria, Piemonte e Val d'Aosta, e della Spea Engineering spa.

Intanto l'Espresso anticipa una lettera datata 28 febbraio 2018, nella quale il direttore dellemanutenzioni di Autostrade, Michele Donferri Mitelli, metteva in guardia il Ministero e ilProvveditorato sui rischi per la sicurezza legati al ritardo dell'approvazione del progetto esecutivodi rinforzo del ponte. In particolare si chiedeva di accelerare l'iter proprio per garantire "l'incremento disicurezza necessario sul viadotto Polcevera".

La lettera inviata al ministero delle Infrastrutture dalla società autostrade, resa nota dall'Espresso, non era"d'allarme" ma serviva a sollecitare l'approvazione del progetto puntualizza poi la società dimiglioramento del viadotto Polcevera. E' quanto sottolinea in una nota la Società Autostrade definendofuorviante un'interpretazione allarmistica.

Tra i documenti acquisiti dalla Gdf, c'è anche la relazione degli anni '80 dello stesso progettistaRiccardo Morandi in cui si diceva stupito del degrado dei materiali: "E' uno dei documenti presi daiconsulenti tecnici ha confermato il procuratore Francesco Cozzi . E' una relazione corposa che saràanche utile per mettere un punto nello spazio e nel tempo dell'esame della struttura". Gli altri incartamentiprelevati "riguardano tutto il piano degli interventi fatti di manutenzione ordinaria e straordinaria neltempo e quindi si cerca di ricostruire tutto il quadro", ha concluso Cozzi.

Toninelli: bene le indagini, chiarezza sul passato "Sono ben felice che si faccia chiarezza su quantosuccesso in passato. Il Ministero delle infrastrutture e trasporti è a totale disposizione delle autorità chestanno indagando sul crollo del Ponte Morandi. Buon lavoro a Gdf e magistrati". Lo scrive il ministro dei

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30/8/2018 Crollo ponte Morandi: Finanza sequestra documentazione. Lettera autostrade di febbraio 2018: 'Non è sicuro' - Cronaca - ANSA.ittrasporti Danilo Toninelli su twitter. La Guardia di Finanza sta eseguendo un decreto di sequestro emessodalla procura di Genova che riguarda tutta la documentazione relativa al ponte Morandi e le Fiammegialle sono anche nelle sedi del Ministero.

Intesa pronta a cancellare i mutui Intesa Sanpaolo è "pronta a cancellare i mutui nella zona rossacolpita dal crollo del ponte Morandi e a supportare con altri interventi le famiglie e le imprese della zonarossa". Lo comunica lo stesso istituto di credito che ha stanziato un plafond di 4,5 milioni per la''remissione unilaterale dei mutui prima casa degli immobili che verranno dichiarati inagibili".

Tra le ipotesi bolla d'aria dentro il tirante Una bolla d'aria all'interno del tirante di calcestruzzo cheavrebbe corroso e arrugginito i cavi di acciaio all'interno dello strallo. E' il primo scenario, come riportatoda Repubblica, che i consulenti della procura di Genova ipotizzano come una delle possibili cause delcrollo. Il difetto sarebbe sorto durante la fase di "iniezione" del cemento che ingloba i trefoli, i cavi inacciaio. Le indagini dei magistrati si sono sin da subito orientate sul cedimento degli stralli, i tiranti dicalcestruzzo. Inoltre, secondo le prime ricostruzioni, il lato che cede per primo è quello a sud. E già neglianni '80, lo stesso ingegnere Riccardo Morandi, in uno studio commissionato da Autostrade, avevasottolineato corrosioni più sul lato mare che su quello monti. Una degradazione, scriveva Morandi, "piùrapida di quello che ci si potesse aspettare".

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30/8/2018 Ponte di Genova: lavori all’Ati senza gara, ok delle Camere prima del decreto

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30 Ago 2018

Ponte di Genova: lavori all’Ati senza gara, okdelle Camere prima del decretoManuela Perrone

La strada per risolvere il rebus della ricostruzione del ponte di Genova passa dalla risoluzione dimaggioranza che andrà martedì 4 settembre al voto del Parlamento. Un documento su cui ilGoverno «cercherà la massima condivisione delle opposizioni», fanno sapere da Palazzo Chigi.Se non di tutte almeno di Forza Italia, che con il governatore ligure Giovanni Toti sta giàgestendo la difficile partita dell’emergenza.

Sarà la risoluzione a fissare la cornice entro la quale il Governo si muoverà per varare il “decretoGenova” e affidare a un commissario straordinario la regìa dei lavori. L’ombrello parlamentare èprezioso per giustificare le deroghe al codice appalti in nome dell’urgenza e centrare l’obiettivoribadito ancora ieri dal vicepremier M5S Luigi Di Maio: «Il ponte lo deve costruire un’azienda diStato, in sicurezza. Noi abbiamo un gioiello che si chiama Fincantieri che può essere sostenutada Cdp».

Secondo la normativa vigente, il 40% dei lavori sarebbe riservato ad Autostrade, in qualità diconcessionario e finanziatore dell’opera; il restante 60% andrebbe messo a gara. L’intento delGoverno è invece quello di evitare la gara affidando la ricostruzione a un’associazionetemporanea di imprese di cui faccia parte Fincantieri Infrastructure, il braccio infrastrutturaledel colosso cantieristico pubblico guidato da Giuseppe Bono.

Oggi Autostrade presenterà a Genova il suo piano, ma da Toti è arrivato il sigillo alla soluzione alvaglio dell’Esecutivo. «Per una volta possiamo farla semplice», ha sintetizzato. «Autostrade apreil cantiere e paga il conto. Fincantieri costruisce il ponte (se serve con altre primarie impresenecessarie per il loro know-how). Renzo Piano regala a Genova il disegno di un pontebellissimo. Così, senza polemiche, la città può riavere in fretta un’opera». Sono le «risposteconcrete e veloci» auspicate anche dal sottosegretario M5S alla presidenza del Consiglio, StefanoBuffagni, che però non rinuncia a una stoccata contro la società: «Il titolo in Borsa di Atlantiacrolla perché non solo non sono stati in grado di assicurare la manutenzione del ponte, mahanno generato un danno incalcolabile sia all’immagine che all’economia della Liguria e delPaese, di fatto tagliando fuori Genova».

La linea pentastellata deve restare rigida e battagliera, anche se stride con il silenzio della Legache frena sulla prospettiva di nazionalizzare la rete. Non è un caso che Di Maio abbia insistito dinuovo sulla revoca della concessione e stoppato l’ipotesi di un ingresso di Cdp nel capitale diAutostrade, che l’Ad di Aspi Giovanni Castellucci non ha escluso. «Voi prima avete fatto questoguaio e poi volete una partecipazione per salvarvi in Borsa? », ha domandato ironico ilvicepremier. «No, non è questo il nostro obiettivo, il nostro obiettivo è far in modo che se si pagail pedaggio, non si rischi di morire».

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30/8/2018 Ponte di Genova/2. L’inchiesta, ministero avvertito a maggio da Aspi: intervenire urgentemente

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30 Ago 2018

Ponte di Genova/2. L’inchiesta, ministeroavvertito a maggio da Aspi: intervenireurgentementeMaurizio Caprino

Svolta nell’indagine sul crollo del Ponte Morandi: Autostrade per l’Italia aveva sollecitato ilministero delle Infrastrutture sin da febbraio a velocizzare l’iter di approvazione dei nuovi lavorisul viadotto crollato il 14 agosto. Lo ha ancicipato ieri sera «L’Espresso», al termine di unagiornata di sequestri ad ampio raggio di documentazione al ministero delle Infrastrutture e allaSpea, società di progettazione del gruppo Atlantia, di cui parte anche Aspi.

A cambiare lo scenario dell’indagine spunta una lettera spedita il 28 febbraio da MicheleDonferri Mitelli, responsabile manutenzione di Aspi, alla direzione generale Vigilanzaconcessioni autostradali (Dgvca) del ministero e, per conoscenza, al provveditorato Operepubbliche di Genova. Donferri non parla esplicitamente di rischi immediati connessi al degradodella struttura, ma sottolinea «l’urgenza che riveste la conclusione dell’iter approvativodell’intervento in argomento». Questo «sia per la pianificazione economica che per l’incrementodi sicurezza necessario sul viadotto Polcevera».

Dunque, vengono sempre prima le ragioni contabili e burocratiche. Lo conferma anche il fattoche Aspi, di fronte all’inerzia degli uffici ministeriali, non decide di limitare il traffico sulviadotto (per esempio, vietando il transito ai mezzi più pesanti o facendo passare i veicoli solosu una corsia per senso di marcia, ricavata al centro di ciascuna carreggiata). Né Aspi fa cenno auna procedura d’urgenza per far partire i lavori senza aspettare i normali tempi diaggiudicazione dell’appalto.

Se ne potrebbe dedurre che nemmeno Aspi fosse consapevole di una situazione ad alto rischio,ma questo sarà oggetto di ulteriori accertamenti. Per ora l’unica cosa certa è che la lettera diDonferri è una messa in mora nei confronti del ministero, per aver sforato i termini previstidalla procedura: in quel momento erano passati 28 giorni dal parere favorevole del Comitatotecnico amministrativo (Cta) del provveditorato e Donferri stimava che i lavori non potesseroessere posti «in esecuzione prima del secondo semestre 2019 o inizio 2020».

Il sequestro di ieri è stato a largo raggio, tra soggetti pubblici e privati che hanno avuto un ruolonella vicenda e su carte che risalgono anche alla costruzione del ponte e file contenuti nel serverdel gruppo autostradale a Firenze. Se sul ruolo del ministero si era già molto parlato, le attivitàdi ieri portano in evidenza quello di Spea.

C’era anche un rappresentante della società alla riunione del Cta il primo febbraio. Ci si chiedese i partecipanti più tecnicamente qualificati non avessero dovuto segnalare chiaramente che lecondizioni del ponte richiedevano lavori con procedura d’urgenza.

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30/8/2018 Ponte di Genova/2. L’inchiesta, ministero avvertito a maggio da Aspi: intervenire urgentemente

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La Spea appare particolarmente qualificata. Non solo per il suo ruolo nella progettazione, che lamette in condizione di sottolineare eventuali criticità dell’opera su cui intervenire. Ma ancheperché un’altra parte della sua attività consiste nell’eseguire controlli sulle strutture, conapparecchiature particolari. La Spea, inoltre, ha redatto particolareggiate linee guida sullemanutenzioni. Andrà poi verificato se il progetto aveva avuto una validazione da parte di unsoggetto terzo, come per esempio ci si sta preparando a fare in questi giorni per quello diricostruzione del ponte.

Finora la Procura ribadisce che non ci sono ancora indagati, ma è chiaro che al vaglio dei pmnon c’è solo Aspi, ma anche il ministero e la società di progettazione.

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30/8/2018 Massimo ribasso, per il taglio delle ali va applicato il criterio del «blocco unitario»

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30 Ago 2018

Massimo ribasso, per il taglio delle ali vaapplicato il criterio del «blocco unitario»Massimo Frontera

Nel calcolo dell’anomalia, il cosiddetto taglio delle ali va operato applicando il criterio del bloccounitario (o “criterio relativo”), preferibile rispetto al cosiddetto “criterio assoluto”. Lo afferma ilConsiglio di Stato nella pronuncia n.4821 pubblicata il 6 agosto scorso, ribadendo in tal modol’orientamento “definitivo” contenuto in una precedente pronuncia, in adunanza plenaria, chetuttavia si riferiva a una controversia sorta in vigenza del vecchio codice appalti. Ciononostante,dice in sostanza la sentenza n.4821, tale orientamento resta pienamente valido sia rispetto allenorme attuali (cioè l’articolo 97 del Dlgs 50/2016, incluse le modifiche introdotte dal correttivo),sia rispetto al venir meno dell’articolo 121 del regolamento 207/2010 (abrogato dal nuovo codicee relativo alla disciplina sulla gestione delle offerte anomale previste dal Dlgs 163).

Il contenzioso Il caso nasce da un appalto di lavori promosso da Atac Civitanova Spa per un importo che sfiorail milione di euro (945.264 euro) e al quale hanno partecipato ben 300 imprese. Per lavalutazione della soglia dell’anomalia, è stato sorteggiato il criterio del taglio delle ali nellamodalità indicata all’articolo 97, comma 2, lettera “a”. Per effettuare il calcolo, la commissioneha applicato il criterio del cosiddetto “blocco unitario”, come descritto dall’articolo 121 del“vecchio” regolamento (Dpr n.207/ del 2010), articolo poi abrogato dal nuovo codice degliappalti, che è intervenuto sulle modalità di aggiudicazione in base al criterio del massimoribasso. La stazione appaltante ha operato questa scelta in linea con l’orientamento più recentedella giurisprudenza, definito in modo particolare dalla sentenza n.5/2017 del Consiglio diStato, in adunanza plenaria, pubblicata nel luglio del 2017 (su un caso di appalto in vigenza delvecchio codice n.163/2006). L’Atac Civitanova aggiudica pertanto l’appalto in via provvisoriaall’impresa Edumol. L’operato della stazione appaltante viene però contestato in sede amministrativa dall’impresaEdiwal, la quale chiede di applicare una diversa modalità di calcolo - quella appunto delcosiddetto “criterio assoluto” - in forza di un orientamento in tal senso fornito dall’Anac (ilparere di precontenzioso n.1018/2017, pubblicato l’ottobre scorso). Inoltre, la Ediwal insinuanella stazione appaltante il dubbio che l’orientamento a favore del criterio del “blocco unitario”sancito dal Consiglio di Stato in sede plenaria (con la citata pronuncia n.5/2017) non sia piùattuale alla luce delle novità del nuovo codice (e delle successive modifiche introdotte dalcorrettivo). La stazione appaltante ritiene di condividere la contestazione, ed effettua pertanto il nuovocalcolo applicando, per il taglio delle ali, la regola del cosiddetto “criterio assoluto”,consegnando l’aggiudicazione definitiva all’impresa Edilwal. L’impresa Edumol impugna l’aggiudicazione definitiva di fronte al Tar Marche, il quale accoglieil ricorso (con la pronuncia n.157/2018). A questo punto l’impresa Ediwal fa appello al Consigliodi Stato, il quale lo respinge, confermando, di fatto, la prima originaria scelta della stazione

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appaltante. Ma, soprattutto, confermando i principi della precedente sentenza della plenaria del2017.

Il criterio del “blocco unitario” e la sua validità post-correttivo Nella recente pronuncia, i giudici ricordano che «nell'alternativa tra il criterio del c.d. bloccounitario (c.d. criterio relativo, che impone di considerare, ai fini della determinazionematematica della soglia di anomalia, le offerte con identico ribasso quali offerta unica, vuoi chesi collochino al margine delle ali, vuoi che si collochino all'interno delle stesse) e il c.d. criterioassoluto (che impone, all'incontro, la distinta considerazione delle singole offerte, pur quandocaratterizzate dal medesimo ribasso) - la richiamata decisione dell'Adunanza plenaria (cheperaltro non si pronuncia sulle previsioni – comunque non applicabili ratione temporis al casodeciso) ha preferito il primo in ragione di diversi argomenti: a) sia di carattere testuale(discendenti dalla comparazione del primo e del secondo periodo dell'articolo 121, comma 1,primo e secondo periodo, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dal cui confronto emerge ladistinzione tra le offerte intermedie, escluse dal “taglio delle ali” - per le quali opera il c.d.criterio assoluto - e le offerte estreme o marginali, interessate dal “taglio delle ali”, per le qualiopera invece il c.d. criterio relativo): b) sia di carattere sistematico (connesse alla finalitàcomplessiva di salvaguardare l'interesse pubblico al corretto svolgimento delle gare e aprevenire manipolazioni delle gare e dei relativi esiti, ostacolando condotte collusive in sede diformulazione delle percentuali di ribasso)».

L’articolo 121 del Dpr n.207 e il sorteggio per il calcolo dell’anomalia Successivamente, Palazzo Spada smonta anche la tesi secondo cui il testo uscito dal nuovocodice appalti abbia reso superato l’orientamento uscito dalla plenaria nel 2017. Tesi che sifonda sul fatto che, il nuovo codice ha introdotto il sorteggio del criterio di calcolo dell’anomalia,e ha inoltre abrogato l’articolo 121 del Dpr n.207/2010 sulle offerte anomale (esprimendo,secondo il ricorrente, «un’intenzione del legislatore a favore nei sensi dell’innovazione»). «L’abrogazione dell’articolo 121 - argomenta invece Palazzo Spada - è coerente con lasostituzione del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n.163 del 2006 con il d.lgs. n.50 del2016, non accompagnata da una disciplina secondaria esecutiva ed attuativa (a quellapreferendo ora la legge il sistema delle linee guida): il che rende l'abrogazione indifferenterispetto al criterio in esame». Del tutto ininfluente è anche la novità del sistema del sorteggio introdotto dal nuovo codice.«L'introduzione di altri strumenti anticollusivi - si legge nella pronuncia - non vale, di suo, adare per superate le esigenze a suo tempo ritenute da Cons. Stato, Ad. plen., 19 settembre 2017,n. 5 che privilegiano, perché più confacente allo scopo, il c.d. criterio assoluto».«Per quanto alla luce della normativa sopravvenuta, appaia meno facile figurare - mediantel'indebito concordamento delle modalità di formalizzazione delle offerte - un'alterazioneanticoncorrenziale della determinazione della soglia di anomalia, resta comunque che il criteriodel blocco unitario appare convergente al medesimo scopo, la cui rilevanza non è diminuita nelnuovo contesto (nel senso che “la condivisibile ratio ‘antiturbativa’ non [possa] considerarsivenuta meno solo per effetto del complesso meccanismo introdotto dalla novellata disciplinadell'art. 97 del Codice in tema di esclusione automatica”, cfr., parere 361/2018 dellaCommissione speciale di questo Consiglio di Stato sull'aggiornamento, in parte qua, delle lineeguida Anac)». Va detto anche che nell’ultima versione delle linee guida sul sottosoglia,pubblicate in Gazzetta il 23 marzo scorso, l’Anac, converge sull’orientamento di Palazzo Spadarelativamente alla regola del criterio relativo (si veda pagina 15 della linee guida n.4).

In conclusione Sulla base di queste premesse i giudici concludono che «nel silenzio del d.lgs. n. 50 del 2016,

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miglior criterio ermeneutico, anche per basilari esigenze di sicurezza giuridica, appare ilmantenere, fino a dimostrazione di una volontà contraria del legislatore, l'orientamento dellaconsolidata giurisprudenza e con essa gli acquisiti presidi di funzionalità, di efficienza, ditrasparenza e concorrenzialità dei procedimenti di evidenza pubblica». « Tali considerazioni di ordine logico e sistematico - se legge ancora - impongono dunque diinterpretare l'art. (art. 97, comma 2, lett. a) d.lgs. n. 50 del 2016, coerentemente con la ratio legise, dunque, in senso sostanziale e non meramente formale o letterale, dovendosi quindi ritenereche il termine “offerte” di maggiore o minore ribasso contenuto nella suddetta norma vadainteso in senso logico e non in senso numerico».

La pronuncia del tar Marche n.157/2018

La pronuncia del Consiglio di Stato (Plenaria, n.5/2017)

Il parere di precontenzioso n.1018/2018 dell’Anac

Le linee guida n.4 sul sottosoglia (versione pubblicata in Gazzetta)

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30/8/2018 La Regione Marche mette al bando qualsiasi forma di incenerimento rifiuti

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30 Ago 2018

La Regione Marche mette al bando qualsiasiforma di incenerimento rifiutiJacopo Giliberto

Le Marche, la regione delle 12 discariche, con una legge hanno messo al bando qualsiasi formadi incenerimento dei rifiuti. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha deciso di impugnare lalegge regionale, ritenendola incostituzionale. Ma il ministro precisa che neanche lui vuoleinceneritori e quindi cambierà la legge Sblocca Italia, che quattro anni fa aveva previsto lacostruzione di inceneritori per ridurre la dipendenza dalle discariche.

Il 28 giugno la Regione Marche, regione che protesta contro le plastiche in mare e che al tempostesso seppellisce in discarica 788mila tonnellate di rifiuti, ha deciso che non avrà mai impiantiper riusare i rifiuti come fonte di energia né farà mai ricorso al Css, il combustibile selezionatodi qualità ottenuto riutilizzando i rifiuti da usare nei cementifici al posto di combustibili piùinquinanti.

La legge delle MarcheLa legge regionale numero 22 del 28 giugno «definisce le strategie di gestione dei rifiuti — è iltesto normativo — escludendo la combustione del combustibile solido secondario (Css), deirifiuti o dei materiali e sostanze derivanti dal trattamento dei rifiuti medesimi, quale strumentodi gestione dei rifiuti o di recupero energetico». L’articolo 2 precisa che il divieto totale vale sututto «ad eccezione del metano».

Nelle ore successive all’approvazione della legge, ecco l’entusiasmo di uno dei promotori dellalegge, il consigliere regionale Sandro Bisonni, espulso dal Movimento Cinque Stelle e confluitonel gruppo misto: «A stento riesco a trattenere l’emozione per questo risultato epocale cherappresenta per me, e per molti che mi sono stati vicini, il traguardo di una vita».

Le replica del ministro«La legge regionale delle Marche sui rifiuti ha due evidenti profili di incostituzionalità, e ancherilievi comunitari, secondo l'analisi dettagliata dei nostri uffici legislativi. Il ministerodell'Ambiente non può non richiederne l'impugnazione», avvisa Sergio Costa, ministro di areaCinque Stelle. Ovviamente Costa smorza in anticipo le accuse di essere «addirittura a favoredell'incenerimento. Chiaramente non è cosi e stiamo lavorando a una normativa finalizzata allariduzione della produzione dei rifiuti, all’aumento della differenziata di qualità e chiaramenteconcordiamo con la ratio di non bruciare Css, combustibile solido secondario. Ma non è quellalegge regionale lo strumento per applicare tale strategia bensì una normativa statale».

E «dovremo modificare» lo Sblocca Italia, dice Costa, perché impone «una gestione dei rifiuticontraria a quanto previsto dal contratto di governo».

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Codice dei contratti: I primi risultati della nostra consultazione 30/08/2018

Per Liberi professionisti e Stazioni appaltanti da rivedere il Codice dei contratti di cui al D.lgs. n. 50/2016 e da riscrivere, nel dettaglio le norme sui Contratti sotto soglia, sui criteri di aggiudicazione dell’appalto, sul subappalto, sulle varianti in corso d’opera, sulle offerte anormalmente basse, sulla progettazione interna ed esterna alle stazioni appaltanti, sugli incentivi per le funzioni tecniche, sui motivi di esclusione, sull’avvalimento, sul ruolo del RUP e su altro ancora.

È questa la conclusione della consultazione pubblica sul Codice dei contratti che avevamo lanciato nei primi giorni del mese di luglio (leggi articolo) e che, già oggi, dà alcune interessanti indicazioni che trasferiamo ai nostri lettori.

Riportiamo, qui di seguito, i risultati (ormai stabili) della consultazione a cui hanno partecipato 1362 soggetti:

Alla prima domanda (Sei soddisfatto del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016)?) il 75% harisposto “NO”, il 10% ha risposto “SI” ed il 15% ha risposto “Non so rispondere”

Alla seconda domanda (Con il nuovo Codice dei contratti si è conseguita una semplificazionenormativa?) l’83% ha risposto “NO”, il l8% ha risposto “SI” ed il 9% ha risposto “Non so rispondere”

Alla terza domanda (Ritieni che l’Autorità indipendente che si occupa di lavori pubblici debba continuare adessere l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC)?) il 48% ha risposto “NO”, il 36% ha risposto “SI” ed il16% ha risposto “Non so rispondere”

Alla quarta domanda (È preferibile un unico provvedimento attuativo rispetto ai numerosi presenti nel vigentecodice dei contratti?) l’88% ha risposto “SI”, il 5% ha risposto “NO” ed il 17% ha risposto “Non sorispondere”

Alla quinta domanda (Le norme relative ad importi sottosoglia dovrebbero discostarsi dalle direttiveeuropee?) il 49% ha risposto “SI”, il 38% ha risposto “NO” ed il 13% ha risposto “Non so rispondere”

Alla sesta domanda (Ritieni che il sistema di aggiudicazione dell’Offerta economicamente più vantaggiosa siautilizzabile sul progetto esecutivo?) il 49% ha risposto “NO”, il 38% ha risposto “SI” ed il 13% ha risposto“Non so rispondere”

Alla settima domanda (Le norme relative ai servizi di architettura e di ingegneria potrebbero essere megliocollocate all’interno di uno specifica parte del Codice?) il 79% ha risposto “SI”, il 6% ha risposto “NO” edil 15% ha risposto “Non so rispondere”

All’ottava domanda (Ritieni necessaria una riduzione dei requisiti di partecipazione alle gare perprofessionisti ed imprese?) il 57% ha risposto “SI”, il 34% ha risposto “NO” ed il 9% ha risposto “Non sorispondere”

Alla nona domanda (Ritieni corretto procedere alla riduzione del numero delle stazioni appaltanti?) il 47%ha risposto “NO”, il 40% ha risposto “SI” ed il 13% ha risposto “Non so rispondere”

Alla decima domanda (Ritieni corretto l’utilizzo dell’accordo quadro per i servizi di architettura e diingegneria?) il 42% ha risposto “NO”, il 29% ha risposto “SI” ed il 29% ha risposto “Non so rispondere”.

Il maggior numero di risposte sono arrivare da Liberi professionisti (43%) e da Stazioni appaltanti (43%). Dal punto di vista regionale il maggior numero di risposte sono arrivate dalla Regione siciliana (15%), dalla Regione Campania (12%), dalla Regione Lazio (11%), dalla Regione Puglia (9%) e dalla Regione Lombardia (8%)

Con la consultazione era, poi, possibile, indicare gli articoli che si pensava necessario modificare precisandone, anche, le motivazioni. Sono state richieste 1015 modifiche e riportati i prii 10 che hanno avuto le maggiori richieste di modifica, in ordine decrescente in funzione del numero di modifiche richieste:

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art. 36 (Contratti sotto soglia) - 105 richieste di modifica art. 95 (Criteri di aggiudicazione dell’appalto) - 74 richieste di modifica art. 105 (Subappalto) - 59 richieste di modifica art. 106 (Modifica di contratti durante il periodo di efficacia) - 39 richieste di modifica art. 97 (Offerte anormalmente basse) - 38 richieste di modifica art. 24 (Progettazione interna e esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici) - 34 richieste di modifica art. 113 (Incentivi per funzioni tecniche) - 33 richieste di modifica art. 80 (Motivi di esclusione) - 27 richieste di modifica art. 89 (Avvalimento)- 24 richieste di modifica art. 31 (Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni) - 22 richieste di modifica.

Torneremo nei prossimi giorni ad esaminare nel dettaglio le richieste di modifica di alcuni articoli. Chi vuole può ancora partecipare alla consultazione collegandosi alla pagina Consultazione Codice dei contratti, rispondere alle 10 domande e proporre eventualmente delle modifiche puntuali agli articoli della norma.

A cura di arch. Paolo Oreto

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Crollo Ponte Morandi e Ricostruzione: Renzo Piano SI, Renzo Piano NO 30/08/2018

“Ancora una volta l’architetto e senatore a vita Renzo Piano ha colpito nel segno, considerando elemento imprescindibile della sua “idea di ponte” - da lui donata alla città di Genova - la rigenerazione dell’intera area della Val Polcevera, di grandissima importanza, anche se sostanzialmente periferica ma strategica per la città, in un’ottica di un suo rinnovamento economico, tecnologico, sociale oltre che culturale".

Queste le parole di Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, all'indomani dell'idea offerta daRenzo Piano e consegnata al commissario per l'emergenza e governatore ligure Giovanni Toti, di realizzare un nuovo ponte privo di stralli ma con una struttura semplice sostenuta interamente da 43 piloni che rappresenterebbero le vittime del crollo del ponte Morandi.

Un'idea piaciuta al Consiglio Nazionale degli Architetti che ha voluto ringraziare e fare un plauso a Renzo Piano. "Un grazie particolare a Renzo Piano - continua Cappochin - per aver sottolineato l’importanza che il progetto di rigenerazione venga attuato mediante concorsi di progettazione, aprendoli ai giovani e offrendo ai talenti la possibilità di emergere; concorsi di progettazione che dovranno essere in due gradi, aperti, in quanto unica modalità, questa, per rispondere ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e per selezionare il progetto migliore, garantendo al

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gruppo vincitore l’incarico degli altri livelli della progettazione, della direzione lavori o, quanto meno, della direzione artistica”.

Nel suo intervento, Cappochin ha ricordato uno dei temi centrali del recente VIII Congresso Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani “Abitare il Paese – Città e Territori del Futuro Prossimo”, ossia l’esigenza strategica di “costruire sul costruito” e di trasformare le periferie degradate in pezzi di città policentrica, chiedendo con forza al nuovo governo l’elaborazione di un “Piano di Azione Nazionale per le città sostenibili” accompagnato da un programma decennale di finanziamento strutturale per la progettazione e l’attuazione di interventi che, in forma coerente ed integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Un programma che anziché disperdere risorse a pioggia, in mille rivoli, le concentri in progetti integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale, architettonica e di innovazione, riproducibili in diversi contesti”.

“L’auspicio del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC - ha concluso Cappochin - è che l’immensa tragedia che ha colpito Genova possa diventare, attraverso una esemplare rigenerazione dell’area della Val Polcevera, non solo occasione di riscatto della città, ma anche un modello di riferimento per l’elaborazione del “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”.

Le parole di Cappochin sono seguite a quelle del Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti che ha commentato: "Per un volta possiamo farla semplice. Autostrade apre il cantiere e paga il conto. Fincantieri costruisce il ponte (se serve con altre primarie imprese necessarie per il loro know-how). Renzo Piano regala a Genova il disegno di un ponte bellissimo. Così, senza polemiche, la città può riavere in fretta un’opera indispensabile, sicura e meravigliosa. Così si onora davvero chi ha perso la vita". Parole che in realtà non dovrebbero piacere al mondo delle professioni tecniche perché lancerebbero messaggi chiari e limpidi verso una fase progettuale che dovrebbe limitarsi a fornire un "disegnino" del ponte...cosa che tutti sappiamo non corrisponde a verità.

La reazione della "rete" Non si è fatta attendere la reazione del popolo dei social che si è spaccato in due tra chi ha apprezzato le dichiarazioni di Renzo Piano che da genovese si è subito messo a disposizione della sua città e chi invece ne ha contestato la gratuità (dannosa e pericolosa in un momento storico in cui la professione tecnica ha perso qualsiasi valore agli occhi della gente) e il pressappochismo molto simile a quando successivamente al terremoto di Amatrice aveva proposto "dieci prototipi che coprano tutte le tipologie costruttive, vecchie e recenti, dieci abitazioni che abbiano la funzione di modello per i futuri interventi" e "cantieri leggeri che permettano i lavori senza dover mandare via le famiglie", proposte che avevano avuto l'unico obiettivo di far salire il nome di Renzo Piano alla ribalta di tutti i media ma che nella pratica non hanno avuto alcun risvolto.

Sull'argomento riportiamo il commento dell'Architetto Giuseppe Scannella che riteniamo abbia colto il vero senso della proposta di Renzo Piano e che vi invitiamo a leggere.

L’INCONTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE (PIANO)

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Non sono passate che poche settimane da quando, da varie parti, si commentava l’assenza dell’architetto-senatore all’VIII Congresso nazionale degli architetti che, purtroppo causa il disastro del Morandi, Piano riconquista la scena del dibattito mediatico. Piano è genovese, un segno identitario che non ha perso mai occasione di evidenziare, ed è comprensibile che, di fronte ad un evento di tali proporzioni come il crollo del ponte, abbia sentito la necessità di dare, a modo suo, un contributo. Inoltre è anche senatore e lui stesso ha dichiarato che, anche per questa sua carica, non ha potuto tirarsi indietro. Credo che si possa concedere a Piano il fatto che ami la sua città e si sia sentito in dovere di dare un contributo! Ha dovuto e voluto farsi promotore di quello che i media e gli osservatori meno accorti hanno fatto passare per il “progetto del nuovo ponte” quando, ad una lettura più attenta (e più verosimile) si tratterebbe di una idea (forse delle linee guida) sul riassetto infrastrutturale della città in cui un nuovo attraversamento aereo è parte fondamentale; e lo stesso Piano ci dice, a più riprese anche con interviste rilasciate prima della consegna del plastico in Regione (ha battuto sui tempi persino Bruno Vespa - chiosa qualcuno) quale secondo lui dovrebbe essere il mood - lo spirito guida - del nuovo ponte: la memoria dell’infrastruttura, la memoria della tragedia, l’eleganza delle forme collegata allo spirito austero dei genoves... insomma una serie di valori etici da rendere intimamente connessi alla tecnologia costruttiva e funzionale. D’altronde - dice lo stesso Piano - il ponte lo costruiscono gli ingegneri! ma il ponte è anche “metafora” e prendo a prestito una citazione di Enzo Siviero che è attualmente uno dei massimi esperti italiani di ponti.

Ciò però non ha impedito il nascere di dubbi e qualche accenno polemico (tralascio il livore da tastiera dei tanti #coraggiosi di FB) su alcuni aspetti della questione. La più rilevante credo sia che questo autoproporsi non è in linea con quanto la comunità professionale sostiene - da tempo - circa la necessità di ricorrere al sistema concorso quando si parla di opere importanti; è stato fatto notare che, così facendo, Piano, sembra aver messo il cappello su una “sedia” precedendo tutti gli altri. C’è anche la lunga polemica legata alla resa di prestazioni gratuite, un malcostume tutto italiano nel nostro campo, dove - solo per il nostro lavoro di architetti - anche bottegai e commercianti si permettono di pubblicizzare che “l’architetto te lo regaliamo noi” o, ancora oggi, Amministrazioni pubbliche chiedono gravose prestazioni professionali a compenso zero. Se anche Piano “regala” la sua opera è chiaro che a chi conduce sacrosante battaglie contro lo svilimento della professione ciò possa non piacere. Luigi Prestinenza Puglisi, non sbagliando, nota che un personaggio come Piano, architetto di fama mondiale e anche senatore, dovrebbe impegnarsi per sostenere la proposta di una Legge sull’Architettura che, in questo campo, sarebbe anch’essa un sistema infrastrutturale di ordine generale per rigenerare l’esausto Bel Paese… c’è altro, ovviamente, ma sarebbe troppo lungo attardarvisi. La questione però, a mio avviso, ha altre possibili chiavi di lettura.

Intanto, per una intera giornata, su tutti i media, si è parlato di architettura e - attraverso Piano - del contributo che la figura professionale può dare nella rigenerazione del Paese anche in tema di infrastrutture. Tutti i TG, i giornali di ogni foggia e dimensione, hanno dato spazio e tempi alla questione ponte dal punto di vista progettuale almeno paragonabile a quello giudiziario e sensazionalistico oscurando le, chiamiamole così, imprudenze governative. Poi, Piano è un genio (non è un’opinione ma un dato di fatto) ed è sciocco pensare di confinare il “genio” all’interno di regole, codici e codicilli, che valgono nella quotidianità mediocre alla quale siamo costretti. E’ un genio anche nelle scelte

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comunicative e ciò si abbina ad una piccola (direi fisiologica nel nostro campo) propensione all’esaltazione dell’ego personale, cui si può forse legare il tema del “dono” non casuale nell’opera dell’ultimo Piano, di RPBW e della Fondazione collegata: piano periferie, G124, la scuola innovativa, l’ospedale modello, il porto di Genova, il dov’era com’era e i cantieri leggeri per il cratere sismico di due anni fa… dimentico sicuramente qualcosa. In ultimo, c’è la voglia, più volte dichiarata, di trasmettere il proprio sapere - l’architetto/senatore ben sa di sapere - voglia che credo sia rafforzata da ineluttabili ragioni d’età, anche se quella intellettuale, nel suo caso, è quella di un “giovane entusiasta”; che non dimentica come l’Accademia per lungo tempo l’abbia sottovalutato se non avversato e a cui risponde creando da se stesso una “scuola” , cui tutti possono accedere anche se non interagirvi. Credo che allora, facendo un bilancio tra quello che l’opera di Piano ha restituito alla figura dell’architetto italiano e i “regali” o le piccole manifestazioni di ego personale, si possa accettare che -da genovese uomo di mare che ritorna sempre al porto dal quale è partito- abbia voluto dire la sua, da par suo, per la sua città; magari non smettendo di sollecitarlo a spendere una parte del suo tempo “senatoriale” nel sostegno alla Legge sull’Architettura” ma, tuttavia, senza considerarlo l’uomo che-da solo-può e deve salvare la professione in Italia.

Ringraziamo l'arch. Scannella per il prezioso contributo e lasciamo a voi ogni commento.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Cause di esclusione dalla gara: nuovi chiarimenti dal Consiglio di Stato 30/08/2018

Il Codice dei contratti (D.Lgs. n. 50/2016) prevede due distinte ipotesi di esclusione dalla gara: la prima, prevista all'art. 80, comma 5, lett. c) rimette alla stazione appaltante la valutazione sulla rilevanza dei "gravi illeciti professionali" tali da rendere dubbia l'integrità o affidabilità dell'operatore economico; la seconda, prevista all'art. 80, comma 5, lett. f-bis), con la quale l'esclusione diventa un atto vincolato automatico nel caso in cuil’operatore economico abbia presentato documentazione o dichiarazioni non veritiere.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5040 del 23 agosto 2018 che ha rigettato il ricorso presentato contro una precedente decisione di primo grado che aveva a sua volta respinto il ricorso presentato per l'esclusione dalla gara di un concorrente che aveva omesso di dichiarare all'interno del documento di gara unico europeo (DGUE) la risoluzione di un precedente contratto da parte di una pubblica amministrazione, non impugnata dalla alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara (lo sarà solo successivamente).

La decisione del Consiglio di Stato I giudici di Palazzo Spada hanno preliminarmente rilevato che all'interno del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) è prevista una sostanziale differenza tra le ipotesi di esclusione dalla gara di cui alle lettere c) e f-bis) dell’art. 80, comma 5. In particolare:

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• con l’art. 80, comma 5, lettera c) viene prevista l'espulsione dalla gara qualora "lastazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è resocolpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità oaffidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di unprecedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzioneanticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio,ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altresanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale dellastazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio;il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili diinfluenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovverol'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura diselezione";

• con la successiva lettera f-bis), invece, è prevista un'azione automatica delle stazioniappaltanti che devono escludere "l’operatore economico che presenti nellaprocedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione odichiarazioni non veritiere".

Nel caso di specie, la concorrente aveva omesso di segnalare nel DGUE la subita risoluzione del contratto da parte di una pubblica amministrazione. Dalla disamina degli atti di causa si evince che:

• la precedente risoluzione di un contratto è stata effettivamente disposta, con effettoimmediato, prima della presentazione della domanda di partecipazione alla garaoggetto della controversia;

• tale risoluzione non è risultata dichiarata nel DGUE;• alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara la risoluzione

non era stata impugnata (lo sarà solo dopo).

Ciò premesso, la giurisprudenza ha già chiarito che, in alcuni casi, la violazione degli obblighi dichiarativi refluisce nella categoria del c.d. illecito professionale di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) che, come noto, annovera, tra le altre, anche la seguente fattispecie "il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione". In siffatta evenienza, l’accertamento del presupposto necessita di una adeguata valutazione e di una congrua motivazione da parte della stazione appaltante.

La concorrente aveva barrato la voce “no ” in corrispondenza della risposta alla domanda contenuta nel DGUE se “L’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del Codice” in quanto prima ancora della risoluzione del contratto aveva già formalmente comunicato all'amministrazione la propria volontà di recedere dal rapporto contratto con le altre due componenti del R.T.I. aggiudicatario, avvalendosi espressamente della facoltà prevista dall’articolo 48 comma 19 del D.Lgs n. 50/2016 per il quale "E' ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire. In

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ogni caso la modifica soggettiva di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara".

Prima ancora che la stazione appaltante avviasse il procedimento che ha portato alla risoluzione, la concorrente oggetto del presente giudizio aveva già posto in essere le premesse dello scioglimento del vincolo di mandato, partecipando alla stazione appaltante le proprie determinazioni.

Ed a riprova di ciò vi è il fatto che le altre due ditte già componenti l’originario RTI ebbero a costituire una nuova aggregazione per l’esecuzione del contratto de quo, determinando, all’insaputa della stazione appaltante, quella modifica delle condizioni soggettive del contraente che costituisce la ragione fondante su cui riposa la disposta risoluzione.

A fronte di quanto fin qui evidenziato, e per le specifiche ragioni suesposte, vanno, in definitiva, condivise le statuizioni della decisione di prime cure nella parte in cui, relativamente alla documentazione amministrativa prodotta dalla Isimed, ha ritenuto che non si ravvisano elementi per far ritenere che essa fosse tenuta a dichiarare nel DGUE presentato le vicende del precedente rapporto. Per effetto delle sollecitazioni dell’odierna appellante, la stazione appaltante aveva già autonomamente provveduto, in regime di autotutela, a valutare la rilevanza della pregressa vicenda contrattuale ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lettera c), stimando la vicenda sopra descritta come priva di indici sintomatici di "...gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

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Documenti Allegati Sentenza Consiglio di Stato

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Esclusione dalla gara e Illecito professionale: il Consiglio di Stato rimette la questione alla Corte di Giustizia UE 30/08/2018

Il Consiglio di Stato ha rimesso al diritto dell'Unione Europea i principi sanciti dall'art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) per i quali nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio.

Con l'ordinanza n. 5033 del 23 agosto 2018, il Consiglio di Stato ha rimesso una questione che era già stata rimessa con ordinanza n. 2639/2018, rilevando come la normativa nazionale faccia dipendere dalla scelta dell'operatore economico di proporre impugnazione alla risoluzione del contratto, la decisione dell'amministrazione di escludere l'operatore dalla gara.

Come previsto dall’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016: "Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni […]: […] c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno

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causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio […]".

Nel caso oggetto del giudizio del Consiglio di Stato la risoluzione contrattuale a carico di una delle partecipanti ad una gara non risultava impugnata né al momento del gravato provvedimento di esclusione né alla camera di consiglio.

L'attuale ricorrente aveva censurato in primo grado il provvedimento con cui era stata disposta la sua esclusione dalla procedura di gara in conseguenza della risoluzione di un precedente contratto d’appalto, sul rilievo che, a mente dell’art. 80, comma 5, lett. c), D.Lgs. n. 50/2016, la Stazione appaltante potesse escludere l’operatore economico unicamente nel caso in cui si fosse prestata acquiescenza al provvedimento di risoluzione o che lo stesso fosse stato confermato in sede giurisdizionale con una pronuncia definitiva.

La sentenza, per contro, respingeva la censura, perché “...la predetta risoluzione contrattuale, nel caso in oggetto, non risultava impugnata né al momento del gravato provvedimento di esclusione né alla odierna camera di consiglio”.

Tale assunto è ritenuto non condivisibile, posto che - sulla base di una interpretazione letterale dell’80, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 - sarebbe dato evincere che la causa di esclusione opera solo se al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza dall’operatore economico o che sia diventato inoppugnabile, oppure che la risoluzione contrattuale sia stata confermata in sede giurisdizionale con una pronuncia passata in giudicato.

Il Consiglio di Stato ha specificato che "La legge avrebbe, invero, inteso perseguire finalità di semplificazione probatoria, in quanto la mancata produzione di tali effetti tipicizzati (cui si aggiungono la condanna al risarcimento del danno o l’applicazione di altre sanzioni) renderebbe ben più complesso fornire la prova incontestabile che il pregresso inadempimento è stato significativo, secondo una scelta che appare in linea con gli orientamenti della giurisprudenza comunitaria".

L’acquiescenza potrebbe essere ravvisata solo in presenza di una volontà univoca del destinatario del provvedimento di accettarne gli effetti: volontà che dovrebbe risultare in presenza di atti o comportamenti univoci, posti in essere liberamente dal destinatario dell’atto, dimostranti la chiara ed incondizionata volontà di accettarne gli effetti e l’operatività. Ne discenderebbe che l’art. 80, comma 5, lett. c), renderebbe irrilevante - ai fini della esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara pubbliche - la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o di concessione a cui non fosse stata prestata acquiescenza, che sia ancora “sub iudice” od ancora nei termini per essere impugnata.

La sentenza del Consiglio di Stato 27 aprile 2017, n. 1955, ha ritenuto l'esclusione dalla gara per “gravi illeciti professionali”, come previsto dall'art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016, tali da rendere dubbia l'integrità o affidabilità del concorrente, tra i quali “le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata”, può essere disposto solo se l'illecito è confermato “all’esito di un giudizio”

Anche la sentenza del Consiglio di Stato 2 marzo 2018, n. 1299, ha affrontato nuovamente la questione, precisando che l’elencazione dei gravi illeciti professionali

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rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 del Codice dei contratti è meramente esemplificativa e non comporta una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante.

La questione pregiudiziale rimessa alla corte di giustizia dell’unione europea Il Consiglio di Stato ha riconosciuto una disomogeneità tra la norma interna e la norma europea, rilevando che l’art. 57, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE stabilisce che le amministrazioni appaltanti possono escludere gli operatori economici "se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità". Il legislatore nazionale, invece, ha stabilito che l’errore professionale, passibile di risoluzione anticipata (per definizione “grave” ex art. 1455 Cod. civ. nonché ex art. 108, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) non comporta l’esclusione dell’operatore in caso di contestazione in giudizio.

La conseguenza è la necessaria subordinazione dell’azione amministrativa agli esiti del giudizio. Ciò è astrattamente possibile, essendo comprensibile che la scelta dell’amministrazione sia vincolata agli esiti di un giudizio, ma appare non compatibile con i tempi effettivi dell’azione amministrativa in relazione alle finalità di interesse generale del settore, vale a dire l’utile realizzazione delle opere o acquisizione dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni.

La ragione appare chiara: risolto il contratto per grave inadempimento dell’operatore economico, l’amministrazione dovrà indire una nuova procedura di gara per addivenire ad un nuovo contratto; ma all’operatore economico inadempiente basterà contestare in giudizio la risoluzione per ottenere comunque ingresso nella nuova procedura, dovendo nelle more l’amministrazione attendere l’esito del giudizio per poter legittimamente procedere alla sua esclusione.

Alla luce delle suddette considerazioni, i giudici di Palazzo Spada hanno formulato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale:

“Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio”.

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Documenti Allegati Ordinanza Consiglio di Stato 23 agosto 2018, n. 5033

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Ricostruzione Ponte Morandi, Cappochin: ‘necessario fare concorsi e aprirli ai giovani’ diAlessandraMarra

Gli Architetti a favore dell’idea dell’architetto Renzo Piano per la riqualificazione di tutta l’area della Val Polcevera

Fonte Foto: Ansa

30/08/2018 – Il progetto di ricostruzione del ponte Morandi deve essere attuato mediante concorsi di progettazione che siano trasparenti e possano riconoscere il merito dei giovani architetti.

Questa la convinzione di Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC) che ha appoggiato l’idea di dell’architetto Renzo Piano per la ricostruzione del ponte e dell’area sottostante della Val Polcevera.

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Ricostruzione ponte Genova, CNAPPC: sì a concorsi di progettazione Il CNAPPC ha accolto con favore la proposta di Renzo Piano che ha sottolineato l’importanza di un progetto di rigenerazione attuato mediante concorsi di progettazione che offrano ai talenti la possibilità di emergere.

Per gli Architetti i concorsi di progettazione dovranno essere in due gradi e aperti “per rispondere ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e per selezionare il progetto migliore, garantendo al gruppo vincitore l’incarico degli altri livelli della progettazione, della direzione lavori o, quanto meno, della direzione artistica”.

Ricostruzione ponte Morandi e riqualificazione delle aree sottostanti Cappochin ha dichiarato di essere favorevole ‘all’idea di ponte’ di Renzo Piano perché coinvolge la rigenerazione dell’intera area della Val Polcevera, periferica ma strategica per la città, in un’ottica di un suo rinnovamento economico, tecnologico, sociale oltre che culturale.

Cappochin ha poi ricordato l’esigenza strategica di “costruire sul costruito” e di trasformare le periferie degradate in pezzi di città policentrica, chiedendo “con forza al nuovo governo l’elaborazione di un “Piano di Azione Nazionale per le città sostenibili” accompagnato da un programma decennale di finanziamento strutturale per la progettazione e l’attuazione di interventi che, in forma coerente ed integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Un programma che anziché disperdere risorse a pioggia, in mille rivoli, le concentri in progetti integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale, architettonica e di innovazione, riproducibili in diversi contesti”.

“L’auspicio del Consiglio Nazionale degli Architetti - conclude - è che l’immensa tragedia che ha colpito Genova possa diventare, attraverso una esemplare rigenerazione dell’area della Val Polcevera, non solo occasione di riscatto della città, ma anche un modello di riferimento per l’elaborazione del “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”.

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Il bonus verde vale anche per lavori condominiali diAlessandraMarra

L’Agenzia delle Entrate ricorda come usufruire della detrazione e chi ne ha diritto

30/08/2018 – Il bonus verde, la detrazione Irpef del 36% delle spese sostenute per la sistemazione delle aree verdi, vale anche per i lavori effettuati nei condomìni.

A ribadirlo l’Agenzia delle Entrate tramite la posta di FiscoOggi.

Bonus verde per lavori condominiali Le Entrate hanno ricordato che il bonus verde spetta anche per le spese sostenute per interventi eseguiti sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, fino a un importo massimo complessivo di 5mila euro per unità immobiliare a uso abitativo.

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In questo caso, ha diritto alla detrazione il singolo condomino, nel limite della quota a lui imputabile, a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Bonus verde: cos’è Ricordiamo che il bonus verde è una detrazione Irpef del 36% sulle spese sostenute nel 2018 per i seguenti interventi: - sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unitàimmobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi- realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

La detrazione va ripartita in dieci quote annuali di pari importo e va calcolata su un importo massimo di 5.000 euro per unità immobiliare a uso abitativo, comprensivo delle eventuali spese di progettazione e manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi.

Può beneficiare della detrazione chi possiede o detiene, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile oggetto degli interventi e che ha sostenuto le relative spese.

Il pagamento delle spese deve avvenire attraverso strumenti che consentono la tracciabilità delle operazioni (per esempio, bonifico bancario o postale).

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Obbligo di pagare i progetti ed equo compenso, la proposta di legge Fnailp diRossellaCalabrese

Presto in Parlamento un ddl per abolire il Decreto Bersani, rafforzare l’equo compenso e obbligare i committenti a pagare i professionisti

30/08/2018 - La recente legge regionale calabrese che prevede il rilascio deititoli abilitativi solo a chi dimostri di aver pagato il progettista è stata accolta in modo molto favorevole dai professionisti di tutta Italia.

Il tema è sempre caldo: nell’attuale fase di crisi dell’edilizia, per i progettisti è difficile trovare incarichi e ancora più difficile è ottenere il pagamento della parcella. La facoltà, per i committenti, di ottenere i titoli abilitativi indipendentemente dal saldo degli onorari rende i professionisti la parte più debole del processo.

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Da qualche settimana l’obbligo di subordinare l’avvio degli interventi edilizi al pagamento del progettista è operativo in Calabria ma c’è chi, come la Federazione Architetti Ingegneri Liberi Professionisti (FNAILP), punta ad estendere questo principio a tutto il territorio nazionale.

La Federazione, presieduta dall'arch. Pasquale Giugliano, ha messo a punto una proposta di disegno di legge - che sarà presto presentata in Parlamento - che prevede: l’abolizione del decreto Bersani che nel 2006 cancellò i minimi tariffari; il rispetto dell’equo compenso nei rapporti tra i professionisti e la committenza privata e pubblica; l’allegazione alle pratiche della fattura quietanzata che attesti il pagamento della prestazione professionale.

Fnailp: ‘la concorrenza determina un’asta al ribasso’ “Le professioni intellettuali tecniche di architetto ed ingegnere - si legge nella relazione al testo - sono ‘professioni di stato’, legate agli interessi collettivi generali e primari, ad elevato contenuto di conoscenza tecnica”.

“Un edificio mal progettato o una cattiva direzione dei lavori, non per incompetenza del progettista o del direttore dei lavori, ma per la mancanza di risorse economiche minime necessarie a compensare il professionista, lede gli interessi non soltanto della committenza, ma dei fruitori finali nonché di una pluralità indefinita ed innumerevole di persone”.

Secondo Fnailp, quindi, la mancanza di ‘tariffe minime’ ha creato un mercato squilibrato, malato, viziato; la competizione estremizzata, in presenza di un soprannumero e quindi di una offerta eccessivamente superiore alla domanda, ha avuto come conseguenza immediata la drastica riduzione della qualità e addirittura della attendibilità delle prestazioni professionali, ciò con gravissime e pericolose ripercussioni sulla sicurezza e sulla incolumità pubblica e collettiva.

“La tanto sbandierata necessità di concorrenza, ha determinato semplicemente un’asta al ribasso, che ha portato i professionisti alla svendita del loro lavoro, e alla formazione di progetti fotocopia, lesivi degli interessi dei

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cittadini e dello Stato” - aggiunge la relazione.

Obbligo di pagare i progetti ed equo compenso, la proposta Fnailp La proposta di legge di Fnailp prevede quindi di abrogare la norma del Decreto Bersani del 2006 che aboliva le tariffe fisse o minime per le attività libero-professionali e intellettuali, e quella del Decreto Liberalizzazioni del 2012 che abrogava le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.

Fnailp propone che il compenso minimo dei professionisti iscritti agli albi o collegi nei rapporti professionali con la committenza sia privata che pubblica sia soggetto al rispetto dell’equo compenso, determinato secondo il DM 17 giugno 2016.

Equo compenso da calcolare attraverso un software approvato dall’Ordineche verifica la congruità tra tariffa applicata ed equo compenso. La stampa rilasciata dal software deve essere trasmessa all’Ordine e allegata al contratto professionale stipulato con il cliente. Il professionista che vìoli queste norme rischia sanzioni disciplinari e tributarie.

Il committente che dovesse utilizzare un progetto senza averlo pagato, verrebbe condannato a pagare la differenza incrementata degli interessi moratori, perderebbe agevolazioni e detrazioni fiscali e restituirebbe le somme indebitamente detratte.

Come già previsto dalla legge calabrese, Fnailp chiede che la fattura quietanzata dal professionista, che attesti il pagamento della prestazione con importo pari all’equo compenso minimo, e la stampa di congruità all’equo compenso prodotta attraverso il software, siano richieste tra i documenti da presentare assieme alle pratiche a firma dei professionisti abilitati, pena lo stop dei procedimenti autorizzativi nonché sanzioni amministrative, tributarie e deontologiche.

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Trasformazione del balcone in veranda in condominio: possibilità o abuso edilizio. Tutta la casistica Matteo Peppucci - Collaboratore INGENIO 30/08/2018

Tar Napoli: per trasformare un balcone in una veranda è necessario il permesso di costruire quando la costruzione è tale da creare una superficie abitabile. Analisi degli aspetti condominiali

Il problema del giorno (ma anche della settimana e del mese, insomma un problema molto comune in materia di normativa urbanistica) è se sia possibile trasformare il balcone in veranda fai da te e senza permessi, per di più all'interno di un condominio. Insomma: cosa prevede la legge se sei in condominio e l'assemblea non vuol farti iniziare i lavori?

Una illuminante e opportuna sentenza del Tar Napoli, la n.4421 dello scorso 11 luglio 2018, ha fatto chiarezza su tutti gli aspetti controversi del caso. La domanda originaria è: si può chiudere un balcone "fai da te" senza permesso di costruire?

Trasformare un balcone in una veranda: il caso specifico Nel caso in esame viene contestato, da parte del comune al proprietario di un immobile, la realizzazione di aver senza alcun titolo autorizzatorio di una veranda in alluminio anodizzato e vetri. L'ordine di demolizione è inevitabile, ma il proprietario cerca di 'salvarsi in corner', ammettendo che l'opera è stata realizzata in assenza del titolo edilizio ma che si tratterebbe di un "peccato veniale". Secondo la sua interpretazione, l'opera sarebbe annoverabile tra gli interventi di manutenzione straordinaria e, come tale, soggetta a SCIA. L'abuso, quindi, sarebbe sanzionabile, ai sensi dell'art. 37 del dpr 380/2001, con una pena pecuniaria e non con la demolizione. Insomma: il punto focale della difesa è che si tratterebbe di una pertinenza trattandosi di un'opera amovibile di esigue dimensioni, priva di un autonomo valore di mercato.

La veranda non è una pertinenza, a meno che... Nella sentenza in parola viene fatto il punto ripercorrendo quanto deciso dalla giustizia amministrativa sull'annosa questione della trasformazione del balcone in veranda. Secondo il TAR Lazio (Roma, Sez. II, sent. 7 aprile 2017 n. 4389), la veranda non costituisce una pertinenza; trattandosi di un manufatto capace di determinare un aumento della superficie utile nonché la modifica della sagoma dell'edificio, si tratterebbe di un'opera di trasformazione urbanistico - edilizia del preesistente manufatto soggetta a permesso di costruire. Ove l'opera fosse realizzata in assenza di un valido titolo edilizio, sarebbe applicabile l'art.33 del dpr 380/2001 che prevede la demolizione dell'opera abusiva.

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Lo stesso TAR Napoli (Sez. IV, sent. 13 maggio 2008, n. 4255) aveva ritenuto in passato che la veranda, determinano una variazione planovolumetrica e architettonica dell'immobile, non potesse essere considerata come una pertinenza e, quindi, che l'opera non potesse rientrare tra le opere minori soggette a DIA ma fosse soggetta al preventivo rilascio del permesso di costruire. Non solo: in un altra pronuncia (TAR Napoli, Sez. VI, sent. 3 agosto 2007, n. 7258) si era precisato che "la realizzazione di una veranda chiusa con vetrate, che si aggiunge ad una preesistente casa di abitazione alterandone la sagoma, abbisogna della concessione di costruzione".

In definitiva, quindi, la veranda trasformata non la può 'passare liscia'. Per passare come manutenzione straordinaria ed evitare la necessità del permesso, infatti, si dovrebbe essere di fronte ad un piccolo ripostiglio dove nascondere scope e un elettrodomestico.

Se però la stanza dovesse essere tale da poter ospitare una persona o un divanetto occorrerà chiedere la licenza edilizia. In sua assenza, c'è abuso edilizio con conseguente ordine di demolizione. Ma se il reato di abuso si prescrive in cinque anni, la demolizione può essere richiesta in qualsiasi momento, anche nei confronti del successivo acquirente dell'immobile (a cui però non si estenderebbe il processo penale non essendo l'artefice dell'illecito).

Trasformazione edilizia: i condomini non possono opporsi, ma bisogna rispettare alcune regole Dal punto di vista 'condominiale', è assolutamente legittimo chiudere un balcone senza dire nulla al condominio poiché sussiste la facoltà di avviare i lavori senza doverlo per forza dire all'assemblea o all'amministratore. Però ci sono due obblighi da rispettare:

• mantenere il decoro architettonico del fabbricato: non bisogna creare cioè una alterazionedelle linee originariamente disegnate dal costruttore tanto da deturparne l'estetica. Tanto piùvistosa è la costruzione, tanto maggiore è il danno per il condominio. Non rileva se la verandaviene costruita sulla facciata esterna del palazzo, quella cioè che dà sulla via pubblica, oquella interna che affaccia sulla corte o su una strada secondaria. Tuttavia, può rilevare ilfatto che, in precedenza, nello stesso stabile siano state in passato ricavate altre verande chene abbiano alterato la forma, sicché l’originaria linea deve ritenersi già alterata;

• non compromettere la stabilità dell'edificio. A tal fine avrà molta importanza l'elaborato diun tecnico che abbia valutato in anticipo i pesi della costruzione e il bilanciamento degli stessicon la struttura del balcone e del palazzo.

Importante: il fatto che il condominio non debba prestare una previa autorizzazione non vuol però dire che non possa contestare la chiusura del balcone in un momento successivo. Ciò significa che anche ad opera avviata o già completata, l'assemblea potrebbe ritenere che la stessa non sia compatibile con i due limiti appena accennati e rivolgersi al giudice perché ne ordini la demolizione.

E quindi? Cosa si può fare? Concordare l'intervento in anticipo può essere cosa utilissima: se infatti l'assemblea condominiale, a cui vengono prospettati i progetti della veranda, dovesse dare il proprio ok, questa non potrebbe più rimangiarsi la parola (salvo ovviamente che la costruzione sia differente rispetto a quanto prospettato).

LA SENTENZA INTEGRALE E' DISPONIBILE IN FORMATO PDF

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Milleproroghe: il punto sulle misure approvate dal Senato La nota di lettura dell'Associazione dei comuni italiani (Anci)

Giovedì 30 Agosto 2018

L'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) ha pubblicato una nota di lettura – IN ALLEGATO - al decreto legge 25 luglio 2018, n.91, cosiddetto Milleproroghe, a seguito dell’esame da parte del Senato. Il DL n. 91 del 2018 (cd. Milleproroghe 2018) è stato approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica nella seduta del 6 agosto, con alcune modifiche inserite a seguito dell’esame svolto presso la 1^ Commissione Affari costituzionali. Il testo è stato inviato alla Camera. In particolare, sono state approvate alcune delle proposte di modifica formulate dall’ANCI, che rivestono carattere di indubbia importanza per gli enti locali.

Nonostante il recepimento di alcune questioni, la prima valutazione dell'ANCI non può che essere negativa alla luce della disposizione approvata che differisce al 2020 l’efficacia delle convezioni riguardanti i progetti finanziati a 96 Comuni e città metropolitane, di fatto intervenendo su rapporti convenzionali in corso sulla cui base sono stai assunti oneri, effettuate gare e avviati lavori. Così come, pur apprezzando il primo segnale sulla liberazione degli avanzi dei Comuni chiesta da tempo dall’ANCI, si chiederà al Governo e al Parlamento di trovare altre fonti per le eventuali necessità di copertura, che sono rinvenibili nei tanti settori di spesa del bilancio dello Stato. Rimane altrettanto negativo il giudizio in ordine alla mancata attenzione alle importanti questioni poste per i Comuni medio piccoli.

FINANZIAMENTO DEGLI INVESTIMENTI E SVILUPPO INFRASTRUTTURALE DEL PAESE. L’art. 13, al comma 01, pone rimedio alla mancata previsione, nel testo originario del comma 140 della legge di bilancio 2017, di un adeguato coinvolgimento delle Regioni e Province Autonome nelle decisioni di riparto dei fondi su materie di competenza “concorrente” tra Stato e Regioni, come eccepito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 74 del 2018. Si prevede ora di poter recuperare la mancata concertazione in sede di Conferenza permanente, facendo nel contempo salvi sia le finalità originarie della norma in questione, gli atti già adottati, sia i processi di spesa nel frattempo eventualmente avviatisi, nei limiti di quanto indicato dalla stessa sentenza. La norma, inoltre, modifica unilateralmente, peraltro ad esercizio finanziario in corso, la tempistica del Bando periferie, oggetto di convenzioni già siglate tra la Presidenza del Consiglio e 96 enti beneficiari (Comuni capoluogo e Città metropolitane). L’efficacia delle convenzioni è infatti “sospesa” fino al 2020, con un blocco di fatto dei progetti approvati e dell’erogazione degli acconti, spesso a fronte di molte spese preliminari già sostenute (art. 13, comma 02), progettazione esecutiva trasmessa, e lavori in alcuni casi avviati. Tale rinvio costituisce fonte di grave preoccupazione, come sottolineato in questi giorni dagli interventi dell’Anci e di molti dei sindaci convolti, in quanto rischia di compromettere seriamente la corretta programmazione e gestione delle risorse per gli enti firmatari, in un quadro finanziario già di per sé piuttosto incerto e in forte tensione. Rimane il giudizio assolutamente contrario e negativo manifestato in tutte le sedi. Gli pseudo “effetti positivi” sulla finanza pubblica, in termini di minori erogazioni statali, determinati dalle modifiche di cui sopra sono quantificati in 1.030 milioni di euro nel quadriennio 2018-2021, ripartiti come segue (art. 13, comma 03): - 140 milioni di euro per il 2018; - 320 milioni di euro per il 2019; - 350 milioni di euro per il 2020; - 220 milioni di euro per il 2021.

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Tali risorse confluiscono in un apposito fondo del Ministero dell’economia e delle finanze come dotazione di sola cassa, finalizzato a “favorire gli investimenti delle città metropolitane, delle province e dei comuni da realizzare attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti” (art. 13, comma 04). In pratica, il rinvio delle erogazioni da “bando periferie” andrebbe a finanziare l’abbandono delle attuali regole di pareggio di bilancio, passaggio peraltro reso obbligatorio dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 247 del 2017 e n. 101 del 2018, secondo cui gli avanzi di bilancio sono da considerare a tutti gli effetti come “risorse proprie” degli enti territoriali, i quali devono quindi poterne disporre senza alcun vincolo. ANCI proporrà a tutte le forze politiche in Parlamento e al Governo di eliminare la norma che sospende l’efficacia delle 96 convenzione e di rinvenire una copertura diversa in altri settori del bilancio dello Stato cosa necessaria e possibile e non in fondi di finanziamento dello stato agli stessi Comuni. Rimane il paradosso di coprire l’uso degli avanzi risorse proprie dei comuni con finanziamenti statali agli stessi Comuni. Il comma 1-bis dell’art. 13 fa salva la previsione già inserita al comma 495 della legge di bilancio 2017, confermando gli spazi finanziari ivi previsti a favore delle Regioni per un miliardo di euro in due anni (2018 e 2019). Tali spazi restano finalizzati alla realizzazione di ulteriori investimenti tramite l'utilizzo dei risultati di amministrazione o di risorse rinvenienti da debito. Il DL Milleproroghe stabilisce la ripartizione di tali risorse per il 2018 e il 2019, fissando nuovi termini entro i quali le Regioni dovranno adottare gli atti sugli investimenti (rispettivamente al 31 ottobre 2018 e al 31 luglio 2019), in modo da assicurare almeno l'esigibilità degli impegni nel medesimo anno di riferimento per la quota di competenza di ciascuna Regione. Entro il 31 marzo di ogni anno le Regioni dovranno certificare l'avvenuta realizzazione degli investimenti riferiti all'anno precedente. La nuova norma specifica anche i criteri per considerare come “nuovi” gli investimenti effettuati dalle Regioni. Alla luce della nuova “finestra” temporale per le intese regionali verticali, introdotta dall’articolo 1-bis con termine 30 settembre 2018, è lecito attendersi indirettamente da questa misura un significativo beneficio anche per gli enti locali, tramite lo stanziamento di consistenti plafond verticali in ciascun ambito regionale. VULNERABILITÀ SISMICA. L’art. 6, comma 3-novies proroga al 31 dicembre 2018 il termine per le verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici nelle zone classificate a rischio sismico 1 e 2 (previsto dall’art. 20 bis del dl 8/2017), nonché per la progettazione degli eventuali interventi che risulteranno necessari a seguito delle verifiche. Tale proroga era stata richiesta dall’ANCI, in considerazione del fatto che, ad oggi, è stata solo pubblicata sul sito del MIUR, con il decreto direttoriale del 18 luglio 2018, la graduatoria degli interventi dei Comuni beneficiari dei contributi per la verifica di vulnerabilità sismica ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2, ma non si conosce ancora la data di assegnazione delle risorse. A fronte di questa situazione, la proroga di soli 4 mesi appare insufficiente. Si fa presente, comunque, che le risorse rese disponibili serviranno a finanziare solo una parte dei Comuni che hanno fatto richiesta; da fonti del MIUR sembrerebbe infatti che circa 3.000 Comuni dovranno provvedere con risorse proprie. Non si esclude che sarà necessario un ulteriore differimento, senza considerare l’incertezza che permane in relazione allo stesso termine per le zone sismiche 3 e 4, per le quali, non essendoci adeguata disponibilità di fondi, il termine potrebbe risultare ancor più difficile da rispettare. NORMATIVA ADEGUAMENTO ANTINCENDIO. L’art. 6, comma 3-sexies proroga al 31 dicembre 2018 il termine per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici e dei locali adibiti a scuola. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2019 tutte le scuole dovranno essere dotate del Certificato Prevenzione Incendi (che dal 2011 è diventato Segnalazione Certificata Inizio Attività – SCIA antincendio) e dovranno rispettare le disposizioni delle “Norme [prescrittive] di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica” (decreto ministeriale 26 agosto 1992) o, in alternativa, delle “Norme tecniche [prestazionali] di prevenzione incendi per le attività scolastiche” (decreto ministeriale 7 agosto 2017). Per gli asili nido, analogamente, la proroga al 31 dicembre 2018 (art. 6, comma 3-septies) è riferita unicamente ai requisiti previsti dall’art. 6, comma 1, lettera a) del decreto del Ministero dell’Interno 16 luglio 2014 “Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli asili nido”. Per quanto riguarda i requisiti previsti dallo stesso art. 6, comma 1, lettera b) e lettera c), del citato decreto, le scadenze per l’adeguamento sono rispettivamente il 31 dicembre 2020 ed il 31 dicembre 2023. Sul tema, l’ANCI ha da tempo richiesto il superamento della logica delle proroghe di anno in anno, proponendo una pianificazione pluriennale che preveda un progressivo adeguamento alla normativa, stanziando le risorse necessarie per dare credibilità a tale programmazione. RETE VIARIA DI PROVINCE E CITTÀ METROPOLITANE. L’art. 4, comma 1-bis proroga al 30 giugno 2019 il termine per la comunicazione al Ministero delle Infrastrutture dell’effettuazione degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e Città metropolitane.

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Giovedì 30 Agosto 2018

Ponte Genova, il presidente degli Architetti plaude alprogetto di Renzo Piano

Ponte Genova, il presidente degli Architetti plaude al progetto di Renzo PianoCappochin (Cnappc): “La ricostruzione non può prescindere dalla riqualificazione di tuttal’area”“Ancora una volta l’architetto e senatore a vita Renzo Piano ha colpito nel segno,considerando elemento imprescindibile della sua “idea di ponte” ‑ da lui donata alla città diGenova ‑ la rigenerazione dell’intera area della Val Polcevera, di grandissima importanza,anche se sostanzialmente periferica ma strategica per la città, in un’ottica di un suorinnovamento economico, tecnologico, sociale oltre che culturale.”

Così Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori,Paesaggisti e Conservatori.

“Un grazie particolare a Renzo Piano ‑ continua ‑ per aver sottolineato l’importanza che ilprogetto di rigenerazione venga attuato mediante concorsi di progettazione, aprendoli aigiovani e offrendo ai talenti la possibilità di emergere; concorsi di progettazione chedovranno essere in due gradi, aperti, in quanto unica modalità, questa, per rispondere aiprincipi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e perselezionare il progetto migliore, garantendo al gruppo vincitore l’incarico degli altri livelli dellaprogettazione, della direzione lavori o, quanto meno, della direzione artistica”.

Cappochin ha poi ricordato uno dei temi centrali del recente VIII° Congresso Nazionale degliArchitetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani, “Abitare il Paese – Città e Territoridel Futuro Prossimo”, ossia l’esigenza strategica di “costruire sul costruito” e di trasformarele periferie degradate in pezzi di città policentrica, chiedendo con forza al nuovo governol’elaborazione di un “Piano di Azione Nazionale per le città sostenibili” accompagnato da unprogramma decennale di finanziamento strutturale per la progettazione e l’attuazione di

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interventi che, in forma coerente ed integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienzaurbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed amigliorare la qualità abitativa. Un programma che anziché disperdere risorse a pioggia, inmille rivoli, le concentri in progetti integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale,architettonica e di innovazione, riproducibili in diversi contesti”.

“L’auspicio del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC ‑ conclude ‑ è che l’immensatragedia che ha colpito Genova possa diventare, attraverso una esemplare rigenerazionedell’area della Val Polcevera, non solo occasione di riscatto della città, ma anche un modellodi riferimento per l’elaborazione del “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”.

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Mercoledì 29 Agosto 2018

Autorizzazioni ambientali, la Sicilia accelera i tempi per ilrilascio

Autorizzazioni ambientali, la Sicilia accelera i tempi per il rilascioNei primi sette mesi del 2018 il numero delle istanze esaminate e definite dalla CommissioneVia/Vas è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso annoIn Sicilia sono aumentate in maniera considerevole le pratiche varate e, di conseguenza, cisaranno tempi più celeri per il rilascio delle autorizzazioni ambientali da partedell'Assessorato regionale al Territorio ed Ambiente.

"I tempi biblici per avere dalla Regione una autorizzazione ambientale presto saranno solo unbrutto ricordo", ha dichiarato il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, nelrendere noti i risultati relativi alle istanze esitate insieme all'assessore Toto Cordaro.

Nei primi sette mesi del 2018 ‑ con l'insediamento del governo Musumeci ‑ il numero delleistanze esaminate e definite dalla Commissione Via/Vas è infatti più che raddoppiato rispettoallo stesso periodo dello scorso anno, passando da 130 a 276 pareri emessi. È il risultatodella nuova organizzazione dell'attività della Commissione tecnica specialistica per leautorizzazioni ambientali, che ha portato ad almeno due il numero delle riunioni mensili,definendo circa 20 provvedimenti a seduta.

"L'efficienza ‑ evidenzia Musumeci ‑ è alla base del processo di miglioramento dei serviziofferti alle imprese e ai cittadini siciliani. Lo snellimento delle procedure burocratiche è unimpegno preso dal mio governo in campagna elettorale e intendiamo realizzarlo. Non èpossibile, infatti, aspettare mesi, e in alcuni casi anni, per avere un parere. Così gliimprenditori, più che venire a investire nell'Isola, fuggono. Per questo motivo, continueremo aimpegnarci ancora di più affinché gli uffici possano essere più snelli e produttivi,recuperando i ritardi pregressi". (fonte: Ansa)

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Terremoti, arriva il tweet con la stima rapida di epicentro e magnitudo

Scritto da Redazione - 29 Agosto 2018

Dal prossimo 4 settembre, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) pubblicherà, in tempo reale, sul canale Twitter @INGVterremoti le localizzazioni preliminari dei terremoti, calcolate in modo automatico dal software della Sala di Sorveglianza Sismica di Roma.

Un paio di minuti dopo il terremoto, per gli eventi sismici di magnitudo superiore a 3, verrà rilasciato un tweet con la stima automatica dell'epicentro e della magnitudo. Ciò avverrà solo nel caso in cui i parametri di qualità indichino che le informazioni preliminari siano sufficientemente affidabili. Questa informazione verrà "twittata" a margine della comunicazione che la Sala di Sorveglianza Sismica dell'INGV fa al Dipartimento di Protezione Civile.

La localizzazione e la magnitudo automatiche sono calcolate dal software senza intervento umano e sono dunque soggette alle incertezze delle coordinate ipocentrali e della magnitudo insite al sistema di calcolo. Fino a oggi l’INGV ha comunicato solo la localizzazione rivista dai sismologi di turno nella Sala di Sorveglianza Sismica, operazione che richiede fino a 30 minuti di elaborazione, in media circa 10-12 minuti dall’accadimento del terremoto.

Esempio dell'informazione contenuta nei due tweet per uno stesso evento. Sopra: prima stima provvisoria. Sotto: stima rivista dopo l'analisi dei sismologi in sala sismica INGV. Si noti la differenza di orario tra i due tweet (circa 11 minuti)

Con questa decisione, nel caso in cui avvenga un terremoto, l’INGV intende diffondere il più rapidamente possibile una prima indicazione dell’area epicentrale e della magnitudo.

La rapidità dell’informazione può andare a scapito della sua accuratezza e qualche imprecisione nella comunicazione dei dati preliminari sarà quindi possibile. Per questo motivo, magnitudo ed epicentro

saranno comunicati inizialmente senza indicare valori specifici, ma fornendo un intervallo di valori per la magnitudo, mentre per quanto riguarda l'epicentro verrà indicata inizialmente la provincia dove questo ricade (o la zona se in mare o al di là dei confini nazionali).

Link al blog INGVterremoti Link al canale Twitter @INGVterremoti

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30/8/2018 Stampa Mondoprofessionisti

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PRIMO PIANO

IL GOVERNO PENSA DI METTERE LE MANI SUL PATRIMONIO DELLE CASSE

Di Maio: presto un fondo pubblico per sostenere il venture capital con le risorse delle casseprevidenziali

In un’intervista a Forbes il ministro dello Sviluppo Economico e vicepremierannuncia la creazione di una piattaforma pubblica, garantita dallo Stato, nellaquale far convergere parte del risparmio gestito da investire in startup. Peravere un’idea più precisa, però, bisognerà aspettare la legge di stabilità «Dasettembre qui al ministero facciamo partire un fondo d’investimento di venturecapital per le start up innovative che metta insieme investitori privati e Casse diprevidenza dei professionisti che hanno fondi disponibili». In un’intervista aForbes di settembre, in edicola dal 28 agosto, il ministro dello SviluppoEconomico e vicepremier Luigi Di Maio parla di futuro e innovazione con ildirettore Alessandro Rossi e rilancia un’idea che da tempo circola fra i CinqueStelle: «Un fondo garantito che crea redditività e loro investono, modello

Macron in Francia». Che cosa sarà il nuovo fondo non è ancora chiaro. Lo stesso di Maio ne aveva accennato in occasione diun’audizione in Commissione Attività produttive, che riprenderà i suoi lavori giovedì 5 settembre e ha in programma, tra lealtre cose, un’indagine conoscitiva sullo stato dell’innovazione e delle startup in Italia. «Ci concentreremo sui canali difinanziamento per l’innovazione», anticipa Luca Carabetta, deputato 5S e vicepresidente della Commissione. Nell’intervista aForbes Di Maio ricorda, alla sua maniera, che «i francesi hanno impegnato 4 miliardi. In Italia, ad ora, abbiamo solo 180milioni di venture capital su questo progetto. Il fondo va aumentato e servirà per creare nuovo lavoro». C’è da aumentare ladisponibilità di risorse finanziarie per le imprese innovative, su questo l’accordo sembra generale. Resta da stabilire comefarlo. l fondo di cui parla il vicepremier di Maio non sarà certamente un fondo di venture capital, visto che c’è già un veicolopubblico (si chiama Invitalia Ventures), e molto probabilmente prenderà la forma di una piattaforma pubblica sulla quale farconvergere parte del risparmio gestito e, in particolare, i capitali delle casse previdenziali, e sulla quale potrebbero investireanche soggetti pubblici (Cassa Depositi e Prestiti?). Per avere un’idea più precisa bisognerà certamente andare oltresettembre e aspettare le primo bozze della legge di stabilità perché un’iniziativa del genere non è di esclusiva competenza delMinistero dello Sviluppo Economico. Certamente si guarda con attenzione alle risorse finanziarie gestite oggi dai fondiprevidenziali che potrebbero parzialmente essere “sollecitate” a supportare l’innovazione italiana, come è già accaduto conl’ente dei medici e un fondo vc privato (Principia), e rassicurate dalla presenza dello Stato. Un modello di riferimento potrebbeessere Lazio Innova che a livello territoriale ha dato buoni risultati. L’idea sarebbe di replicarlo su scala nazionale. L’indagineparlamentare servirà a capire meglio quale possa essere la strada migliore da intraprendere. «Lo spirito dell’indagineconoscitiva è proprio quello di individuare le soluzioni più efficaci per accrescere la finanza a disposizione dell’innovazione inItalia», ricorda Carabetta. Tra fine settembre e inizio ottobre cominceranno le audizioni e i primi a essere ascoltati potrebberoessere propri i manager del risparmio gestito per raccogliere le loro prime valutazioni e reazioni.

Data: Mercoledi 29 Agosto 2018

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30/8/2018 2-7 settembre, si svolge a Napoli il decimo congresso "Cities on Volcanoes" (COV 10) - Protezione Civile, Il Giornale della

Dopo 20 anni dalla prima edizione, vulcanologi di tutto ilmondo tornano a Napoli per promuovere e rafforzare ilcollegamento tra la comunità scientica vulcanologica e chi sioccupa della pianicazione territoriale e della gestione delleemergenze

Dal 2 al 7 Settembre 2018 si terrà a Napoli la decima edizione del

Congresso ‘Cities on Volcanoes’ (COV 10)

(https://www.citiesonvolcanoes10.com/it/).

Il Congresso è promosso dalla Commissione 'Cities and Volcanoes',

che nell’ambito della IAVCEI (International Association Volcanology

and Chemistry of Earth Interior) ha la nalità di stabilire un

2-7 settembre, si svolge a Napoli ildecimo congresso "Cities onVolcanoes" (COV 10)

Mercoledi 29 Agosto 2018, 10:48

(/binary_les/gallery/COV10_33241.jpg)

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30/8/2018 2-7 settembre, si svolge a Napoli il decimo congresso "Cities on Volcanoes" (COV 10) - Protezione Civile, Il Giornale della

collegamento tra la comunità vulcanologica e chi pianica e gestisce

le emergenze, attraverso lo scambio di idee ed esperienze delle 'città

sui vulcani' (Cities on Volcanoes), promuovendo la ricerca

multidisciplinare e la collaborazione tra esperti di Scienze della Terra,

Scienze Sociali e Amministratori del territorio.

Organizzano la manifestazione l’Istituto nazionale di geosica e

vulcanologia (Ingv), in collaborazione con l’Associazione italiana di

vulcanologia (Aiv), il Dipartimento della Protezione Civile (DPC), il

Parco Nazionale del Vesuvio, la Regione Campania, il Comune di

Napoli e l'Università di Napoli 'Federico II' - Dipartimento di scienze

della Terra, dell’ambiente e delle risorse (Distar).

Il titolo scelto per il COV 10 "Millenni di Straticazione tra Vita

dell’Uomo e Vulcani: strategie per la coesistenza" vuole porre

l’attenzione sulla resilienza intrinseca dell’uomo al rischio vulcanico,

in una millenaria storia di convivenza con i vulcani, che dimostra

quanto questi abbiano rappresentato, e possano rappresentare:

innanzitutto una risorsa, prima che un problema. La città di Napoli è

localizzata, infatti, tra tre aree vulcaniche: Vesuvio, Campi Flegrei ed

Ischia. Quest’area è da almeno 4000 anni tra le più densamente

popolate al Mondo, e oggi rappresenta quella a più alto rischio

vulcanico.

In quest’area hanno mosso i primi passi tantissime discipline

losoche e scientiche: tra queste la vulcanologia, la sismologia e

l’archeologia moderne. Le escursioni programmate per il Congresso

ripercorrono le tappe principali di una prestigiosa storia culturale e

scientica che parte dalle nostre aree vulcaniche e dal meridione

d’Italia, per illuminare, da almeno 2500 anni, il Mediterraneo e l’Europa:

dal vulcano più grande del Continente, l’Etna, al primo Osservatorio

vulcanologico al Mondo, l’Osservatorio Vesuviano inaugurato nel 1845;

dai ‘modelli eruttivi’ della vulcanologia moderna come Stromboli e

Vulcano nelle Eolie ed il Vesuvio a Napoli, alle due aree vulcaniche più

particolari: Ischia e Campi Flegrei. Ischia, caratterizzata da una

sismicità estremamente superciale e spesso localmente devastante,

come dimostrato anche dal terremoto del 21/8/2017, ed i Campi

Flegrei soggetti allo spettacolare fenomeno del bradisisma, che ancor

oggi preoccupa ed attira l’interesse scientico della comunità

internazionale.

Il 10° Congresso 'Cities on Volcanoes' a Napoli - città che oltre 20 anni

fa ospitò la prima edizione del congresso - mostra, quindi, come

quest’area, legata storicamente al concetto di resilienza e di

convivenza intelligente con l’ambiente, voglia oggi porsi come naturale

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30/8/2018 2-7 settembre, si svolge a Napoli il decimo congresso "Cities on Volcanoes" (COV 10) - Protezione Civile, Il Giornale della

laboratorio internazionale per lo studio e la sperimentazione delle più

avanzate tecnologie per la mitigazione dei rischi naturali; quello

vulcanico in particolare.

La IAVCEI, promotrice dell'evento, è una delle otto associazioni

dell’International Union of Geodesy and Geophysics (IUGG) di cui il

Cnr è Adhering Body per l’Italia. La commissione nazionale Cnr-Iugg è

coinvolta in questo evento.

All’apertura del congresso interverranno, tra gli altri, il Presidente

dell’Istituto Nazionale di Geosica e Vulcanologia (INGV) Carlo

Doglioni, il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il Sindaco di Pozzuoli

Vincenzo Figliolia, il Sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto, il Presidente

della Regione Campania Vincenzo De Luca e il Capo Dipartimento

della Protezione Civile Angelo Borrelli.

red/mn

(fonte: Cnr)

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30/8/2018 Decreto dignità e spesometro: più tempo per il terzo trimestre

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Pubblicata su FiscoOggi.it (http://www.fiscooggi.it)

Analisi e commenti

Decreto dignità e spesometro: più tempo per il terzo trimestreInoltre, niente annotazione delle fatture nei registri Iva per i contribuenti tenuti allacomunicazione delle fatture emesse e ricevute in base alle norme sullafatturazione elettronica

Esonero per tutti i piccoli produttori agricoli assoggettati aregime Iva speciale; spostamento, dal 30 novembre 2018 al28 febbraio 2019, della scadenza per effettuare lacomunicazione dei dati relativi al terzo trimestre 2018;termini di invio, in caso di opzione per la trasmissione conperiodicità semestrale, fissati al 30 settembre per i datirelativi al primo settembre e al 28 febbraio dell'annosuccessivo per i dati del secondo semestre. Queste, in sintesi, le novità in materia di spesometroapportate dal "decreto dignità" (Dl 87/2018, articolo 11). Inoltre, durante il passaggio parlamentare per la conversionein legge del provvedimento, è stato anche sancito l'esonerodall'obbligo di annotazione delle fatture nei registri Iva afavore dei contribuenti tenuti alla comunicazione dei dati

delle fatture emesse e ricevute in base alle disposizioni in tema di fatturazione elettronica (articolo1, Dlgs 127/2015).

Esonero per i produttori agricoli Per trasformare con decorrenza dal 1° gennaio 2018 il vigente esonero parziale (cioè, per i soliproduttori in zone montane) in esonero totale (ossia, per tutti i produttori agricoli in regime Ivaagevolato), il "decreto dignità" è intervenuto con due diverse disposizioni.

La prima (comma 2-ter dell'articolo 11) ha abrogato la norma del "decreto crescita 2.0" (articolo 36,comma 8-bis, Dl 179/2012) che, per rendere più efficienti le attività di controllo relative allarintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari, aveva imposto l'obbligo della comunicazioneannuale delle operazioni rilevanti ai fini Iva anche ai produttori agricoli che applicano il regime diesonero previsto dall'articolo 34, comma 6, Dpr 633/1972. Si tratta di coloro che hanno realizzato o, in caso di inizio attività, prevedono di realizzare unvolume d'affari non superiore a 7mila euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodottiagricoli compresi nella prima parte della tabella A allegata al Dpr 633/1972. La sussistenza di talecondizioni comporta l'esonero dal versamento dell'Iva e da tutti gli obblighi documentali e contabili(compresa la dichiarazione annuale), fatta eccezione per la numerazione e conservazione dellefatture e delle bollette doganali.

Invece, il secondo intervento (comma 2-quater) riguarda l'articolo 21 del Dl 78/2010 ("manovracorrettiva"). In particolare, ne è stato novellato il terzo periodo del comma 1, che inserito dal Dl193/2016 ("decreto fiscale" collegato alla legge di bilancio 2017) aveva introdotto, a partire dal 1°gennaio 2017, l'esonero dallo spesometro per i soli produttori agricoli in regime Iva agevolato situatinelle zone montane (vedi "Invio telematico dei dati contabili, esonero per reddito e collocazione").Ora, invece, è previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, dalla comunicazione dei dati dellefatture sono esonerati tutti i soggetti passivi di cui all'articolo 34, comma 6, del Dpr 633/1972, vale adire tutti i produttori agricoli che si avvalgono del regime Iva speciale, prescindendo quindi dalluogo di ubicazione dei terreni sui quali viene svolta l'attività agricola.

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30/8/2018 Decreto dignità e spesometro: più tempo per il terzo trimestre

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Il nuovo calendario In relazione ai termini entro cui portare a termine l'adempimento comunicativo, il decreto legge87/2018 ha modificato la scadenza per la trasmissione dei dati relativi al terzo trimestre (luglio-settembre) 2018. La norma originaria (articolo 21, Dl 78/2010) dispone che la trasmissione telematica all'Agenziadelle entrate, da parte dei soggetti passivi Iva, dei dati di tutte le fatture emesse e ricevute neltrimestre di riferimento, incluse le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni, deveessere effettuata ogni tre mesi, entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo a ciascuntrimestre. Pertanto, per il terzo trimestre 2018, la scadenza era fissata al prossimo 30 novembre. Il "decreto dignità" ha differito tale termine al 28 febbraio 2019, ossia lo stesso giorno in cuiandranno comunicati anche i dati del quarto trimestre 2018.

Per quanto riguarda, invece, i contribuenti che trasmettono i dati con cadenza semestrale (facoltàriconosciuta dall'articolo 1-ter, comma 2, lettera a), del Dl 148/2017), il termine per lacomunicazione relativa al primo semestre è il 30 settembre (nel 2018, è domenica e slittaautomaticamente al 1° ottobre), per quella relativa al secondo semestre è fissato al 28 febbraiodell'anno successivo a quello di riferimento.

SPESOMETRO 2018

Cadenza Periodo di riferimento Scadenza

Trimestrale

Primo trimestre 31 maggio 2018

Secondo trimestre 1° ottobre 2018

Terzo trimestre 28 febbraio 2019

Quarto trimestre 28 febbraio 2019

SemestralePrimo semestre 1° ottobre 2018

Secondo semestre 28 febbraio 2019

Ricordiamo che, per la comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ("spesometro"), èstata disposta, dalla legge di bilancio 2018, l'abrogazione dal 1° gennaio 2019, contestualmenteall'introduzione dell'obbligo della fatturazione elettronica tra privati.

r.fo.

pubblicato Mercoledì 29 Agosto 2018