comportamento di grandi frane in...

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA STRUTTURALE E GEOTECNICA DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA GEOTECNICA XX CICLO COMPORTAMENTO DI GRANDI FRANE IN ARGILLA Francesco o TUTORE Picarelli Prof. C. Di Maio Prof. G. Uriciuoli Di Rosari Prof. Luciano CO-TUTORI Prof. B. D’Elia

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA STRUTTURALE E GEOTECNICA

DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA GEOTECNICA XX CICLO

COMPORTAMENTO DI GRANDI FRANE IN ARGILLA

Francesco o

TUTORE

Picarelli

Prof. C. Di Maio

Prof. G. Uriciuoli

Di Rosari

Prof. Luciano

CO-TUTORI

Prof. B. D’Elia

RINGRAZIAMENTI E’sempre difficile ringraziare le persone che hanno dato un contributo nell’arco di

questi tre anni di studio, mi limiterò quindi a poche righe cercando di non dimenticare

nza mi ha insegnato cosa significhi

tudiare la stessa. Indimenticabili sono state le sue battute e soprattutto le discussioni

Prof. Beniamino D’Elia per l’interesse mostrato alla mia tesi soprattutto nella parte

Prof. Gianfranco Urciuoli, sempre presente ad ogni richiesta, che ritengo impersoni

de collaborazione mostrata nel richiedere il

io contributo per lo studio della frana di Costa della Gaveta. Per lo stesso motivo

Dott. Colin Warren che ha fornito i dati originali del progetto esecutivo del Channel

nno di dottorato. Docente preparato, molto professionale e avente un grandissimo

’ing. Luca Comegna (sperando che cambi squadra del cuore) e l’ing. Vincenzo

un abbraccio lo mando ai miei genitori che mi hanno

“sopportato” in questo periodo e a mio fratello sperando, quest’ultimo, che non mi

regali nipoti “meticci”.

nessuno.

Innanzitutto occorre fare un elogio particolare al “boss” Luciano Picarelli, un vero

cultore e amante della materia che con tanta pazie

s

“tecniche” mentre sorseggiavamo un caffè al bar.

Il

più dura e impegnativa.

Il

colui che fa del proprio lavoro una missione.

La Prof.ssa Caterina Di Maio per la gran

m

ringrazio anche l’ing. Roberto Vassallo.

Il

Tunnel garantendo a specifica richiesta anche un update degli stessi.

Il Prof. Dave Chan dell’University of Alberta presso la quale ho svolto parte del terzo

a

rispetto per i suoi collaboratori. Difficilmente dimenticherò quei 4 mesi in Canadà...

L

Grana per l’aiuto ed il sostegno dato dal primo all’ultimo giorno.

Infine, personalmente

1

INDICE

1. INTRODUZIONE 5

2. CLASSIFICAZIONE DEI FENOMENI FRANOSI_____________________________ 7

3. CARATTERISTICHE DELLE GRANDI FRANE IN ARGILLA 16

4. LA FRANA DI CASTLE HILL 30

4.1 INTRODUZIONE 30 4.2 STORIA DELL’EUROTUNNEL 34 4.2.1 PREMESSA 34 4.2.2 BREVE STORIA DEL PROGETTO 37 4.2.2.1 LE ORIGINI 37 4.2.2.2 LE INDAGINI INIZIALI 38 4.2.2.3 LE INDAGINI RECENTI 41 4.3 I PROBLEMI DI ATTRAVERSAMENTO DELLA COLLINA DI CASTLE HILL 43 4.3.1GEOLOGIA E CARATTERISTICHE GENERALI DEI MATERIALI 43 4.3.2 RESISTENZA RESIDUA DELLA GAULT CLAY 52 4.3.3 SEGNI DELLA PRESENZA DI UNA FRANA ANCORA ATTIVA 57 4.4 INQUADRAMENTO DEL PROBLEMA E INTERVENTI REALIZZATI 59 4.5 STRUMENTAZIONE UTILIZZATA E MONITORAGGIO 71 4.6 ZONA DI PIEDE DELLA FRANA 79 4.6.1 INTRODUZIONE 79 4.6.2 RILEVATO 81 4.6.3 POZZO DI POMPAGGIO “C“ E GALLERIA DRENANTE D2 95 4.7 ZONA DI MONTE 100 4.7.1 INTRODUZIONE 100 4.7.2 GALLERIA D1 104 4.7.3.1 GALLERIA D3 110 4.7.4 REALIZZAZIONE DEI TUNNEL 114 4.8 ANALISI DI FILTRAZIONE 123 4.8.1 INTRODUZIONE 123 4.8.2 CENNI SUL MOTO DI FILTRAZIONE NEI MEZZI POROSI - EQUAZIONE DEL MOTO DI FILTRAZIONE 126 4.8.3 FASE PRE-INTERVENTI DI STABILIZZAZIONE 128 4.8.3 FASE PRE-INTERVENTI DI STABILIZZAZIONE 128 4.8.4 FASE A LUNGO TERMINE 135

2

4.9 ANALISI DI STABILITÀ 146 4.9.1 INTRODUZIONE 146 4.9.2 CASO PRE-INTERVENTI DI STABILIZZAZIONE DEL VERSANTE 147 4.9.3 CASO A LUNGO TERMINE 150 4.10 ANALISI DI DEFORMAZIONE DEL PENDIO CON PLAXIS 7.2 155 4.10.1 INTRODUZIONE 155 4.10.2 STORIA GEOLOGICA 160 4.10.3 ESECUZIONI LAVORI DI STABILIZZAZIONE DEL PENDIO E SCAVO DEL CHANNEL TUNNEL 168 4.10.4 ANALISI A LUNGO TERMINE 190

5. LA FRANA DI COSTA DELLA GAVETA 193

5.1 INTRODUZIONE 193 5.2 UBICAZIONE E CARATTERI DELLA FRANA 194 5.3 COSTITUZIONE DEL SOTTOSUOLO E RETE DI MONITORAGGIO 198 5.4 PROPRIETÀ DEI TERRENI 204 5.5 DATI PLUVIOMETRICI 211 5.6 DATI PIEZOMETRICI 213 5.7 DATI INCLINOMETRICI 218 5.8 CAMPO DEGLI SPOSTAMENTI 230 5.9 PROVE DI PERMEABILITÀ 238 5.9.1 PROVE DI PERMEABILITÀ IN SITO 238 5.9.2 PROVE DI PERMEABILITÀ IN PIEZOMETRO 239 5.9.3 RISULTATI DELLE PROVE DI PERMEABILITÀ 241 5.9.4 EFFETTI DEL COEFFICIENTE DI FORMA NEL CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI CONDUCIBILITÀ IDRAULICA. 253 5.9.5 EFFETTI DELLA PROVA DI PERMEABILITÀ SULLA POROSITÀ IN SITO. 254 5.10 RELAZIONI PIOGGE – PRESSIONI INTERSTIZIALI 257 5.11 ANALISI DI FILTRAZIONE NELL’ANNO 2006 265 5.12 ANALISI DI STABILITÀ NELL’ANNO 2006 268 5.13 RELAZIONE SPOSTAMENTI – LIVELLI PIEZOMETRICI 270 5.14 RELAZIONE SPOSTAMENTI – PIOGGE 272 5.15 RELAZIONI STATISTICHE PIOGGE – QUOTE PIEZOMETRICHE 276 5.16 CONDIZIONI DI STABILITÀ NEL PERIODO 1985-2005 281

3

5.17 ANALISI DI DEFORMAZIONE DEL PENDIO CON PLAXIS 7.2 283 5.17.1 INTRODUZIONE 283 5.17.2 STORIA GEOLOGICA 284 5.17.3 STORIA RECENTE 289 5.17.4 DEFORMAZIONI DEL PENDIO A LUNGO TERMINE (2007-2056) 295

6. CONCLUSIONI 298

7. BIBLIOGRAFIA 300

APPENDICE A 307

4

1. INTRODUZIONE

Lo studio delle grandi frane è un tema frequentemente dibattuto nei settori della

geologia, della geomorfologia e della geologia applicata mentre è oggetto di scarso

interesse da parte degli ingegneri geotecnici. Questo si può facilmente spiegare per le

difficoltà di interpretazione di fenomeni meccanici sempre complessi accresciute

dalla difficoltà di sviluppare indagini appropriate fino a grandi profondità e

nell’ambito di vaste estensioni di territorio.

La variabilità delle proprietà dei terreni anche a piccola scala, la complessità della

idrualica sotterranea dipendente dalla variazione laterale e verticale della permeabilità

e della lunghezza dei fenomeni transitori di equilibrio del regime delle pressioni

neutre, il ruolo dei sistemi di discontinuità e quello degli stati tensionali iniziali, mai

noto e di difficile acquisizione, ed infine la complessità della meccanica dei processi

deformativi pre-rottura sono tutti aspetti che influenzano grandemente il

comportamento dei pendii e di cui peraltro è difficile avere una conoscenza adeguata.

Ciò nonostante anche in questi settori la geotecnica sta facendo notevoli passi avanti e

sono sempre più frequenti studi approfonditi e coerenti del comportamento di grandi

frane in argilla.

Questa tesi è dedicata proprio al comportamento delle grandi frane in argilla.

Utilizzando i dati messi a disposizione dal Dott. Colin Warren dell’Halcrow Group è

stato possibile ricostruire il comportamento della ben nota frana di Castle Hill durante

i lavori di costruzione della galleria di chiusura del sistema ferroviario sotto la

Manica in terra inglese. Inoltre, sempre nel periodo di ricerca, è stato proseguito il

monitoraggio di una grande colata nella valle del Basento che ha costituito l’oggetto

della seconda parte della tesi.

Dopo una introduzione nella quale vengono riportate le classifiche delle frane

maggiormente utilizzate ed una sintetica descrizione degli aspetti più significativi

della meccanica delle grandi frane in argilla, la tesi è suddivisa in due parti la prima

delle quali è appunto dedicata alla grande frana di Castle Hill e la seconda a quella di

Costa della Gaveta.

5

In ciascuno dei capitoli viene innanzitutto eseguita un’attenta analisi dei dati

provenienti dal monitoraggio. Per quanto riguarda la frana di Costa della Gaveta,

parte dell’acquisizione dei dati piezometrici e le prove di permeabilità in piezometro,

sono state effettuate direttamente dallo scrivente.

Dopodichè, in entrambi i casi, viene eseguito uno studio del moto di filtrazione e

della stabilità del pendio. L’analisi di filtrazione della frana di Castle Hill cerca di

riprodurre il regime idrodinamico nel periodo di riferimento tenendo conto di

condizioni al contorno (pioggia sul piano di campagna) variabili nel tempo

Infine, viene eseguita un’analisi tensio-deformativa di entrambi i movimenti

utilizzando una legge costitutiva che contiene il contributo delle deformazioni

viscose. In tal modo è possibile effettuare anche una previsione sul comportamento

futuro di entrambe le frane.

6

2. CLASSIFICAZIONE DEI FENOMENI FRANOSI

Per frana si intende il “movimento di un volume di roccia, di terra o di detrito lungo

un versante” (Cruden, 1991). Il volume di terreno delimitato dalla superficie

topografica del versante e dalla superficie di rottura viene denominato corpo di frana.

I caratteri cinematici di una frana sono individuati dal campo dei vettori spostamento

e delle grandezze da essi derivate (deformazioni, spostamenti relativi lungo la

superficie di rottura, velocità, accelerazione,) di alcuni punti in un dato istante o in un

dato intervallo di tempo. Di regola, si considera un numero finito di punti in

superficie e di punti interni al corpo di frana, scelti in modo da descrivere in modo

accurato l’andamento degli spostamenti il comportamento del corpo di frana.

Esistono numerose classificazioni delle frane. Esse sono state sviluppate negli ultimi

50 anni a partire dalla classifica di Skempton (1953) che suddivideva le frane in

funzione del rapporto D/L (tab. 2.1), dove D individua lo spessore massimo del corpo

di frana ed L la sua lunghezza nella direzione di massima pendenza.

Tabella 2.1 – Valori tipici del rapporto D/L per diverse tipologie di frana -

(Skempton, 1953)

Fra le prime classificazioni si ricorda quella di Blong (1973) che distingue le frane

(fig. 2.1) in scivolamenti, o anche scorrimenti traslativi (translational slides),

scivolamenti rotazionali (rotational slides), colate (flow) e crolli (fall). Tali classifiche

spesso non sono immediatamente applicabili. A tal proposito Varnes (1978)

riconosce, ad esempio, la difficoltà di classificare tante frane caratterizzate da

movimenti “complessi” caratterizzati dalla combinazione di due o più tipi di

movimento. In figura 2.2 viene rappresentato un esempio di movimento composto

(colata di terra-scivolamento rotazionale).

7

Figura 2.1 – Classificazione dei fenomeni franosi (Blong, 1973)

Figura 2.2 Esempio di movimento complesso (tratto da Cascini, 2002). Fascia 1:

scorrimenti rotazionali; fascia 2: colata; fascia 3: area di accumulo

8

Tra i movimenti complessi più frequenti si ricordano: crollo in roccia - colata di

detrito (rock fall-debris flow), scivolamento rotazionale – colata (slump-flow),

scivolamento traslativo- ribaltamento (slump and topple), scivolamento rotazionale –

colata di terra (slump-earth flow).

Proprio a Varnes si deve attribuire il pr o tentativo di classificare le frane in

rela re,

Autore distingue fra “detrito” (debris) e “terra” (earth) sulla base del contenuto

edio dei grani minore di 2 mm

ari o superiore all’80%; i detriti, invece, sono caratterizzati da una presenza di

im

zione ai materiali costituenti ed al tipo di movimento (tab. 2.2). In particola

l’

percentuale di materiale a grana fina. Vengono dette terre quei materiali che hanno

una percentuale in peso di particelle con diametro m

p

particelle di diametro medio maggiore di 2 mm compresa tra il 20 % e l’80%. Sulla

base dei suggerimenti di Skempton e Hutchinson (1969), Varnes definisce poi

movimenti composti quelli in cui “la superficie di rottura deriva dalla combinazione

di elementi curvi e planari”.

Tabella 2.2 – Classificazione dei fenomeni franosi (Varnes, 1978, modificata)

i p

che elenca le categorie di frana riportate nel seguito.

ente planare e movimento sostanzialmente rigido, grosso

modo parallelo alla superficie topografica. Il rapporto D/L (Skempton e Hutchinson,

1969) è tipicamente pari a 0,1 o minore. Essi si suddividono in (fig. 2.3):

D articolare interesse è inoltre la classificazione proposta da Hutchinson nel 1988,

- Scivolamenti traslativi. Sono caratterizzati da rottura per taglio lungo una zona o

una superficie sostanzialm

9

rificano in strati di torba. La superficie

di rottura poggia su uno strato di terreno non humificato posto al di sotto delle torbe;

ricopre il pendio. La massa generalmente possiede una modesta coesione ed è

sottoposta a considerevoli distorsioni e a destrutturazione durante il moto. La velocità

Figura 2.3 – Principali tipologie di scivolamenti traslativi (Hutchinson, 1988)

a) “Sheet slides”: si tratta di fenomeni molto superficiali che si verificano in pendii

costituiti da materiali incoerenti asciutti con pendenza prossima all’angolo d’attrito a

volume costante;

b) “Slab slides” (scivolamento a lastra) e “flake slides” (scivolamento a scaglia): si

verificano in terreni coesivi non litificati. Il termine “flake slide” viene riservato a

quelle frane che sono caratterizzate da un evidente contrasto tra una zona poco

consistente di scorrimento ed una zona superiore più consistente;

c) “Peat slides” (scivolamenti di torba) si ve

d) “Rock slides” (scivolamenti in roccia): interessano rocce poco fratturate. La

superficie di scivolamento, approssimativamente piana, è generalmente rappresentata

da una discontinuità persistente (superficie di strato, giunto, a volte riempito di

materiale argilloso). Si suddividono in: scivolamenti planari, a gradini, a cuneo;

e) “Slides of debris” (scivolamenti di detrito): interessano coperture di detrito che

10

del movimento tende ad incrementarsi all’aumentare della pendenza del pendio e a

diminuire all’aumentare del contenuto di argilla;

f) “Sudden spreading failure” (Rotture improvvise con diffusione): caratterizzano

pen o

molto rapido ed una successione d orst prodotti dall’estensione della

massa in scivolamento (Odenstad, 1951; Seed e Wilson, 1967). Si verificano

ualmente

con velocità moderata su una superficie di taglio curva, ben definita che determina un

movimento con componente rotazionale della massa in movimento. I tre tipi

principali di frane rotazionali (Hutchinson, 1978) sono (fig. 2.4): scivolamenti

rotazionali singoli, scivolamenti rotazionali successivi e scivolamenti rotazionali

multipli. Questi ultimi hanno carattere prettamente retrogressivo e coinvolgono

usualmente spessi depositi di argille consistenti fessurate.

dii molto dolci, presentando un ampio fronte di avanzamento, un moviment

i graben e h

soprattutto in argille a varve o sensitive. Queste frane si verificano essenzialmente in

presenza materiali di base di bassa resistenza.

- Scivolamenti rotazionali. Si verificano principalmente in pendii costituiti da

argilla e presentano elevato spessore. Frane rotazionali si verificano anche in rocce

molto alterate (Hoek and Bray, 1977). L’evoluzione post-rottura avviene us

Figura 2.4 – Principali tipologie di scivolamenti rotazionali (Hutchinson, 1988,

modificata)

- Scivolamenti composti: Tali frane sono intermedie, per proporzioni e quindi per i

rapporti D/L, fra le frane rotazionali e traslative (fig. 2.5). Sono caratterizzate da

superficie di rottura ente planare nella

ona di valle. Si distinguono in base alla tipologia di movimento che può essere

curva nella zona di monte e di tipo essenzialm

z

retrogressivo (il più frequente) o progressivo. Le distorsioni interne portano

generalmente alla formazione di un graben delimitato da superfici di taglio.

11

Figura 2.5 – Principali tipologie di scorrimenti composti (Hutchinson, 1988,

modificata)

- Espansioni (lateral spreads). Questi movimenti s’innescano prevalentemente

quando una massa rocciosa lapidea e fratturata è sovrapposta ad un terreno più

deformabile (fig. 2.6). In tali condizioni, la mobilitazione dei blocchi rigidi

sovrastanti può essere indotta dalle deformazioni del deposito sottostante. La velocità

del fenomeno in genere è lenta (Varnes, 1978) e gli spostamenti hanno solo una

modesta componente verticale.

Figura 2.6 – Esempio di espansione laterale

- Colate. Movimenti di versante che esibiscono durante il loro moto un comportamento

a massa in

ovimento predominanti rispetto agli scorrimenti lungo superfici di taglio (Fig. 2.7).

simile a quello dei fluidi viscosi, caratterizzati da deformazioni interne all

m

12

Figura 2.7 – Differenti casi di colate (Hutchinson, 1988)

La distribuzione granulometrica delle colate può essere quanto mai varia; si può

estendere, infatti, dal campo dei blocchi alle argille ovvero può essere limitata solo ai

materiali sabbio-limosi (fig. 2.8).

Figura 2.8 – Composizione granulometrica tipica di alcune colate (Hutchinson, 1988)

Secondo lo stesso Hutchinson (1988), le colate possono essere distinte in :

- Colate di argilla (“mudslides”): in tali fenomeni lo scivolamento predomina sul

flusso. Coinvolgono materiali costituiti da grani di grosse dimensioni o da frammenti

argillosi consistenti immersi in una matrice argillosa relativamente soffice. In genere,

profilo longitudinale della colata presenta: una parte retrostante, con inclinazione

clinata nella quale si immette il materiale

roveniente dalla zona di alimentazione (canale di flusso); una parte frontale ancora

meno inclinata dove si accumula il materiale proveniente dal canale di flusso (zona di

accumulo).

- Colate di detrito (“debris flows”): in questo caso lo scivolamento e il flusso

coesistono. Una improvvisa disponibilità di acqua proveniente da precipitazioni o

disgelo, ovvero da altri processi, può mobilitare importanti volumi di detrito

granulare, che viene generalmente convogliato lungo le incisioni vallive con velocità

il

maggiore, in cui si immette materiale proveniente da crolli, frane o da altre colate che

interessano aree a monte, determinando la formazione della cosiddetta zona di

alimentazione; una parte anteriore meno in

p

13

elevatissime anche lungo pendenze molto modeste, con caratteristiche cinematiche

che rendono l’evento somigliante allo al flusso di un liquido viscoso in un canale.

- Colate di fango (“flowslides”): anche in questo caso lo scivolamento e il flusso

coesistono. Sono caratterizzate da una velocità particolarmente elevata e si verificano

in materiali la cui struttura particellare originaria, sciolta e metastabile, ha subito un

collasso per effetto dell’azione rapida di un agente esterno, solitamente un impatto di

un differente corpo di frana. A questo rapido collasso della struttura del materiale

corrisponde un altrettanto rapido incremento della pressione neutra ed una congruente

riduzione della resistenza.

- Valanghe di detrito (“sturzstroms”): sono essenzialmente fenomeni costituiti da

u

raggiungono Per l’inerzia

istanze che variano dal km

lla decina di km. Sembrerebbe che il movimento sia connesso con il moto turbolento

ni ttraverso succ i si trasferisc iproc

aliquote non trascurabi variazione dello stato

di orzo

O i la c g rnazionale ella redatta da

Cr en e V 199 (fig. 2

comprese nelle preceden

na vera e propria “corrente” di detriti asciutti, anche di notevoli dimensioni, che

velocità elevatissime, dell’ordine di 30-50 m/sec e più.

della massa il percorso compiuto dal detrito può svilupparsi anche su pendici a

modesta inclinazione o addirittura in contropendenza per d

a

dei gra , i quali, a essive collision ono rec amente

li della quantità di moto del sistema, con

sf interno.

gg lassifica ma giormente utilizzata in campo inte è qu

ud arnes ( 6), che include le cinque mega-classi di frane .9) già

ti classificazioni.

14

Figura 2.9 – Fondamentali tipi di frana: 1. Crollo, 2. Ribaltamento, 3. Scivolamento,

4. Espansione laterale, 5. Colata (Cruden e Varnes, 1996)

Tale classifica è inoltre arricchita da indicazioni sulla velocità dei movimenti che può

essere messa in relazione con il danno prodotto (tab. 2.3).

Classe Descrizione Danni osservabili

Velocità Velodi velocità [mm/s]

cità tipiche

7 Estremamente rapide

Catastrofe di eccezionale violenza. Edifici distrutti per

l’impatto del materiale spostato. Molti morti. Fuga

impossibile

5 x 103 5 m/sec

6 Molto rapide Perdita di alcune vite umane. Velocità troppo elevata

per permettere l’evacuazione delle persone 5 x 101 3 m/min

5 Rapide Evacuazione possibile. Distruzione di strutture,

immobili ed installazioni permanenti 5 x 10-1 1.8 m/h

4 Moderate Alcune strutture temporanee e poco danneggiabili

possono essere mantenute 5 x 10-3 13 m/mese

3 Lente

Possibilità di intraprendere lavori di rinforzo e di

restauro durante il movimento. Le strutture meno

danneggiabili possono essere mantenute con

frequenti lavori di rinforzo se il movimento totale non

è molto grande durante una particolare fase di

accelerazione

5 x 10-5 1.6 m/anno

2 Molto lente Alcune strutture permanenti possono non essere

danneggiate dal movimento 5 x 10-7 16 mm/anno

1 Estremamente lente

Impercettibile senza strumenti di monitoraggio. Costruzione di edifici possibile con precauzioni < 5 x 10-7 < 16 mm/anno

Tabella 2.3 – Scala di intensità delle frane basate sulla velocità e sul danno prodotto

(Cruden e Varnes, 1996)

E’ facile notare come delle sette classi di movimento, solo la prima (“frane

estremamente lente”) non è caratterizzata da significativi danni alle strutture. Inoltre,

per le classi da 1 a 3 (“frane lente”) sono possibili lavori di rinforzo e di

stabilizzazione del pendio. Invece, per le classi da 5 a 7, non solo sono possibili danni

alle strutture, ma è messa in pericolo la tessa vita umana. Ne consegue che in questi

casi è necessario attuare interventi di salvaguardia della incolumità delle persone.

15

3. CARATTERISTICHE DELLE GRANDI FRANE IN ARGILLA

Nella categoria delle grandi frane in argilla possono essere raggruppati svariati tipi di

movimenti di versante aventi caratteristiche morfometriche e cinematiche molto

diverse. Pur rappresentando uno dei problemi di maggior interesse della geologia,

questi fenomeni non sono molto considerati nell’ambito dell’Ingegneria Geotecnica a

causa della complessità dei problemi di indagine, analisi ed interpretazione. Per

questo motivo, lo studio di frane già avvenute è il miglior modo per sviluppare

modelli per l’analisi delle cause e delle caratteristiche dei movimenti.

Una definizione comunemente accettata di grandi frane non esiste. Secondo alcuni

studiosi il termine “grande” dovrebbe indicare movimenti di versante di volume pari

o superiore al milione di metri cubi. Nel caso delle frane in argilla sarebbe forse più

utile fare riferimento allo spessore massimo. Infatti, in linea di principio, in terreni

omogenei, al crescere dello spessore diminuisce l’entità delle fluttuazioni stagionali

delle pressioni neutre e aumenta, la duttilità del terreno.

Un altro aspetto caratteristico di molte grandi frane è nel configurarsi come dei veri e

propri “dissesti di versante”, in cui, oltre al movimento principale, sono spesso

presenti fenomeni secondari, di minori dimensioni ed aventi spesso direzione e

velocità completamente differenti (Corominas, 2005; Lollino, 2003, Picarelli, 2003).

Le grandi frane in argilla possono essere raggruppate essenzialmente in tre gruppi:

1) Scorrimenti;

2) Colate;

3) Espansioni laterali.

Gli scorrimenti sono spesso di tipo mistilineo (fig. 2.5), essendo costituiti da un

movimento a monte di tipo rotazionale ed uno a valle di tipo traslativo.

La presenza di discontinuità (giunti, faglie), può avere un grosso rilievo. Essa in

genere porta alla decomposizione della frana in varie parti aventi proprie

16

caratteristiche di movimento e tempi di innesco. In molti casi (Sciotti, 1997;

Corominas, 2005) il movimento della zona più a valle risulta più veloce di quello a

monte, e ciò determina un fenomeno a catena di tipo retrogressivo. Questo fenomeno

può essere determinato dall’erosione al piede del pendio (Clifton, 1985; Eckel, 1986;

Sauer, 1986), che induce condizioni di instabilità nella parte a monte.

Nel caso delle colate, è spesso un complesso meccanismo di “dissesto di versante”

che determina la formazione di una grande frana. Questa è caratterizzata dalla

interazione statica tra i vari corpi di frana (Picarelli, 2003) con possibile generazione

di sovrapressioni neutre e accelerazione dei movimenti (Pellegrino et al., 2004).

A differenza delle colate, le espansioni laterali in argilla sono sempre estremamente

lente e caratterizzate dal frazionamento del corpo di frana in blocchi. Il loro innesco o

la loro accelerazione può dipendere da eventi sismici (Urciuoli, 1992; Olivares,

1997). A causa delle oscillazioni stagionali del regime delle pressioni neutre, possono

instaurarsi scorrimenti secondari nelle zone marginali che causano la formazione di

blocchi soggetti a movimenti di tipo rotazionale.

Come accennato, un aspetto tipico delle frane di grandi dimensioni in argilla è quello

delle pressioni neutre, le cui oscillazioni, ampie negli strati superficiali, tendono a

smorzarsi in profondità per l’incapacità dell’argilla a trasferire in profondità le

variazioni che avvengono al contorno superiore nei tempi in cui si verificano tali

oscillazioni. Conseguentemente, non sono solo queste a governare i processi

deformativi della frana, ma il creep può giocare n ruolo considerevole.

In genere, per l’entità degli stati tensionali dovuti al peso proprio del corpo di frana,

interventi di consolidamento di tipo ordinario non producono apprezzabili variazioni

del coefficiente di sicurezza che subisce solo un rallentamento.

Passiamo ora ad una descrizione di alcune caratteristiche delle grandi frane in argilla

facendo anche riferimento ad alcuni casi presenti in letteratura.

17

a) Regime idrico sotterraneo

Come si è detto, dati gli spessori delle masse in gioco, la variabilità temporale del

regime idrico sotterraneo delle grandi frane in argilla condiziona solo parzialmente le

condizioni di stabilità del pendio. Infatti, le oscillazioni stagionali del livello freatico

dovute alle piogge si riducono con la profondità e ciò comporta come la stabilità

globale sia poco variabile nel tempo.

Kenney et Lau (1985) confermano queste considerazioni tale teoria sulla base di un

accurato monitoraggio di un pendio mediante piezometri ubicati a diverse profondità

lungo varie verticali. Dal monitoraggio (fig. 3.1) fu possibile identificare mediante

una serie di curve, fasce di terreno soggette che ad assegnate oscillazioni stagionali

delle pressioni neutre. Le oscillazioni superano i 2 m in superficie, mentre si riducono

a valori inferiori a 0.5 m a circa 20 m di profondità.

Figura 3.1 – Variazione delle pressioni neutre con la profondità

(Kenney et Lau, 1985)

18

Anche Sciotti (1997) nello studio della frana di Ancona dimostra come le oscillazioni

delle pressioni neutre a grandi profondità

di n

upera i 2 m; ma a forti profondità (andamento M) essa non supera poche decine di

zialmente costanti nel tempo, specie se si tiene conto della entità delle tensioni

tali.

siano pressochè nulle (fig. 3.2). Già a 30 m

profondità (andamento R) la variazione delle quote piezometriche nel tempo no

s

centimetri. A tali profondità, quindi, si è in presenza di stati tensionali

sostan

to

Figura 3.2 – Frana di Ancona – Oscillazione delle pressioni neutre (Sciotti, 1997)

Ur .

3.3).

ciuoli (1992) mostra andamenti simili nel sottosuolo dell’abitato di Bisaccia (fig

19

Figura 3.3 – Frana di Bisaccia – a) Planimetria (Fenelli, 1988) – b) Postazione di

misura installata nel vallone dei Corvi (Fenelli e Picarelli, 1990)

In questi casi il creep svolge un ruolo importante. La velocità degli spostamenti è

funzione dello stato tensionale: essa risulta generalmente di pochi millimetri all’anno.

I grandi scorrimenti sono spesso fenomeni molto antichi riattivati. Russo (1997),

mediante un modello elasto-visco-plastico, ha mostrato che è possibile spiegare la

riattivazione ciclica dei movimenti per innalzamento delle pressioni neutre nel caso

piuttosto comune che esse ricadano sempre all’interno dello stesso dominio

tensionale. In effetti, ogni qual volta il regime delle pressioni neutre si riduce per

effetto dell’abbassamento della falda idrica superficiale, il corpo di frana è soggetto

ad un fenomeno di rilassamento tensionale che è possibile simulare proprio

utilizzando una legge di tipo viscoso. Nella successiva stagione piovosa l’incremento

delle la

defor

pressioni neutre produce un ristabilimento dello stato tensionale e

mazione del corpo di frana.

L’interazione tra velocità e spostamenti nel caso di riattivazione dovuta alle solo

oscillazione stagionali del livello freatico risulta evidente nel caso della frana di Fosso

di S. Martino (Bertini et al., 1986). Nella figura 3.4 viene mostrato come la frana

subisca una diversa accelerazione a seconda che ci si trovi in una fase piovosa o

secca.

20

Figura 3.4 – Frana di Fosso di S. Martino – a) sezione – b) Interazione tra la

profondità del li tini et al., 1986)

ca, si passa da una velocità di 0.2

m/giorno all’arresto di ogni movimento.

no

ontinuamente il regime delle pressioni neutre. Inoltre a causa della maggiore velocità

dei movimenti di valle vi è la formazione di raben in corrispondenza delle scarpata.

vello piezometrico e la velocità del movimento (Ber

In particolare in figura 3.4 si nota come, a parità di livello piezometrico, la frana

abbia velocità differente a seconda che ci si trovi in una fase di incremento delle

pressioni neutre o diminuzione delle stesse. Con un livello di 2 m, ad esempio, si a

seconda che ci si trovi nella fase piovosa a sec

m

b) Componenti del movimento

Quando l’estensione dell’area in frana è molto grande, si evidenziano spesso

movimenti secondari non necessariamente collegati alla velocità e alla direzione del

corpo principale. Corominas (2005) presenta il caso di Vallcebre (fig. 3.5) in cui si

evidenzia la presenza di tre corpi franosi distinti e di numerosi stagni che alimenta

c

g

21

Figura 3.5 - Frana di Vallcebre (Corominas, 2005)

Simili caratteristiche sono osservate da Parise (2003) e Cruden (1997) con riferimento

a due frane che coinvolgono milioni di metri cubi di terreno (fig. 3.6 – 3.7). Una di

esse è la la frana di Slumgullion, una colata lunga ben 6.8 km che rappresenta uno dei

maggiori movimenti franosi del Nord America.

L’altra è la frana di Montagnuese river, lunga 1.3 km e larga 1.4 km ma con un

volume coinvolto di 76 milioni di m3. Tale movimento, verificatosi nel 1939,

nell’arco di 1 minuto ostruì un fiume e formò un lago lungo 1.5 km. La frana si può

dividere in due blocchi principali: la zona di valle, lunga 950 m, si mantiene intatta e

scorre su una profonda (fino a 80 m) superficie quasi orizzontale; la parte di monte,

lunga 300-350 m, che si suddivide in almeno 5 blocchi. Sulla frana sono inoltre

presenti due stagni e vi è la continua formazione di colate e scorrimenti secondari.

22

Figura 3.6 – Frana di Slumgullion (Parise, 2003)

Figu 97) ra 3.7 – Frana di Montagnuese river (Cruden, 19

23

In molti casi gli scorrimenti profondi sono accompagnati da una serie di frane

retrogressive generatesi con l’erosione del piede del pendio a seguito della fine

dell’ultima era glaciale o dello scavo prodotto dai fiumi o dal mare. A partire dal

primo movimento avviene la propagazione dei fenomeni verso monte. Eckel et al.

(1987) presentano la ricostruzione geologica della frana di Petrofka (Canada), a

seguito del ritiro dei ghiacci, si p verificata la formazione di una serie di scivolamenti

retrogressivi che hanno portato alla configurazione attuale del pendio (fig. 3.8).

Figura 3.8 – Frana di Petrofka – storia geologica (Eckel et al., 1987)

24

Numerosi casi sono contraddistinti da una frana più profonda e più antica il cui

movimento ha creato una sorta di berma al piede del pendio e quindi attualmente non

moto. Sopra di essa si è generata un’altra frana di spessore minore. Lollino (2003, in

fig. 3.9) e Di Maio (c.p., cap. 5) presentano casi aventi tali caratteristiche.

Figura 3.9 – Frana di Casoletta (Lollino, 2003)

E’ possibile inoltre che il movimento, in assenza di condizioni pluviometriche

estreme, coinvolga solo parte dell’area in frana. Elmi (2005) mostra alcuni casi di

grandi colate dell’Appennino Settentrionale (tab. 3.1) e componenti di movimento

variabili lungo il pendio. Nella caso della grande colata di Maranello (fig. 3.10), è

possibile evidenziare, oltre alla presenza di alcune colate secondarie laterali, come sia

in movimento solo la parte di monte mentre l’accumulo al piede è sostanzialmente

stabile.

Tabella 3.1 – Grandi colate nell’Appennino Settentrionale (Elmi, 2005)

25

Figura 3.10 – Colata di Maranello (Elmi, 2005)

) Effetti delle opere di consolidamento

bilità del terreno per il raggiungimento delle

entre nel caso di opere di sostegno o di rilevati, alcuni

c

Dati i grandi volumi in gioco, le grandi frane in argilla sono scarsamente influenzate

dalla realizzazione di opere di consolidamento di tipo ordinario. In particolare, seppur

presenti degli effetti locali, l’incremento del coefficiente di sicurezza globale risulta

ridotto.

Gli spostamenti residui dopo la costruzione delle opere dipendono dal modesto

incremento del coefficiente di sicurezza che è possibile ottenere: Sia il creep che dal

tempo richiesto d alcuni tipi di opere per entrare in piena funzione giocano un ruolo

importante. Infatti, nel caso di opere di drenaggio occorre un periodo variabile

dipendente soprattutto dalla permea

condizioni idrauliche finali, m

movimenti possono avvenire come conseguenza della deformazione del corpo di

frana.

Wilson (1969) e Russo (2000) presentano due casi di costruzione di rilevati come

opere di consolidamento che confermano quanto precedentemente descritto.

26

27

Di particolare interesse sono i due rilevati strumentati costruiti a Salledes (Francia) su

un pendio instabile costituito da marne ricoperte da uno strato di argilla prodotto

dall’alterazione della formazione marnosa (Cartier e Pouget, 1988). Tali rilevati, di

altezza pari 3.4 e 5.35 m, produssero delle deformazioni variabili lungo il pendio con

valore massimo in corrispondenza del piede del rilevato (fig. 3.11). In entrambi i casi

il coefficiente di sicurezza con l’applicazione di entrambe le opere, pur diminuendo,

risultava comunque leggermente superiore all’unità.

Figura 3.11 – Rilevato di Salledes (Cartier e Pouget, 1988)

Alt e

di una grande frana di spessore ma 0m fu deciso di porre al piede del

pendio un rilevato. Dalle analisi di stabilità eseguite (Clifton, 1985) il coefficiente di

sicurezza globale aumentò al massimo del 4% per ogni superficie di scorrimento

considerata.

ro caso è quello di Regina Beach in Canada (fig. 3.12) dove per la stabilizzazion

ssimo di oltre 4

Figura 3.12 – Frana di Regina Beach (Clifton, 1985)

Lo stesso effetto è evidenziabile anche nel caso della frana di Castle Hill (Inghilterra),

di spessore massimo di circa 40m (fig. 3.13), dove a seguito del posizionamento al

piede del versante di un di rilevato di oltre un milione di metri cubi, la stabilità del

pendio subì un incremento del solo 3%.

i sforzi tangenziali massimi lungo la superficie di scorrimento

on è notevole. Tornando ad esempio al caso di Castle Hill, seppur con lo scavo nella

i spostamenti

sidui seppur con velocità smorzata.

lcun tipo di intervento.

Le opere di drenaggio sembrano dare un maggiore contributo alla stabilità dei pendii.

Ciò può essere ricercato nella capacità di abbassare la superficie freatica anche di

alcuni metri il cui effetto, in base all’entità dell’opera, può essere risentito anche negli

strati più profondi. Ad ogni modo, per frane molto profonde, il contributo dato in

termini di incremento d

n

parte di monte del pendio di alcune gallerie drenanti di diametro pari a 2 m, a cui

furono collegati una serie di tubi drenanti, capaci di abbassare localmente il livello

freatico di 10m, il coefficiente di sicurezza aumentò del solo 16% (da 1.03 a 1.20).

Con questa condizione di stabilità è difficile non precludere eventual

re

Infine, occorre sottolineare come esistano anche casi in cui con qualunque opera di

consolidamento non si riesce ad ottenere la completa stabilità del pendio. Musso

(1997) presenta il caso di una grande frana che coinvolge il bacino di Dirillo in

Sicilia. Dalle ipotesi sui possibili interventi di stabilizzazione (fig. 3.14) si evince che

la soluzione migliore in termini di costi-benifici è rappresentata semplicemente dal

non attuare a

28

29

Figura 3.14 – Frana Dirillo - Efficacia dei possibili interventi di stabilizzazione

(Musso, 1997)

4. LA FRANA DI CASTLE HILL

4.1 INTRODUZIONE

La collina di Castle Hill, a Nord di Folkstone (Inghilterra), è attraversata da Est verso

Ovest da 3 gallerie (tunnel di servizio, ST, tunnel principale Sud, RTS, e tunnel

principale Nord, RTN) del collegamento ferroviario fra Gran Bretagna ed Europa

continentale che, insieme al portale situato ad Ovest della stessa collina (fig. 4.1.1 -

foto 4.1.1), rappresentano la diretta continuazione sull’isola britannica del noto tunnel

sotto la M ca.

Il portale lato Ovest e, a partire da esso, i primi 100 metri circa di galleria si trovano

in un’area (fig. 4.1.2) interessata da un’antica frana con superficie di scorrimento di

tipo mist rana anche se estremamente lenta, è ancora attiva e viene

continuam e monitorata attraverso gli strumenti di misura (inclinometri e picchetti

topografici) installati.

Il movim franoso risultava essere presente ancor prima della costruzione dei

tunnel ferroviari come testimoniato dalle deformazioni di una condotta idraulica e di

una strad e attraversano l’area in frana. Questi erano però manufatti di modesta

importanza che evidentemente potevano convivere con gli spostamenti.

Si è posto un problema ben più grande quando è stato necessario attraversare l’area

instabile il collegamento ferroviario Gran Bretagna/Europa il cui tracciato non

poteva subire varianti. A tal fine, le condizioni di stabilità del pendio sono state

migliorate con la realizzazione di un rinterro e di alcune gallerie drenanti

rispettiva te al piede e nella parte superiore della frana. Il portale e i tunnel sono

state eseguiti in modo tale da minimizzare il disturbo arrecato al terreno coinvolto

dalla frana.

Un’estesa strumentazione (picchetti topografici, inclinometri e piezometri) è stata

installata per tenere sotto controllo il versante sia durante i lavori di consolidamento

(rinterri e drenaggi) sia durante quelli di costruzione delle opere (portale e gallerie).

ani

ilineo. Tale f

ent

ento

a ch

con

men

30

Lo studio in esame riguarda principalmente la modellazione della frana mediante un

codice numerico al fine di simulare il moto di filtrazione e, attraverso di essa, le

deformazioni dei terreni del corpo di frana, fino a ricostruire lo stato tensionale lungo

la superficie di scorrimento e trarre un giudizio sulla stabilità.

L’analisi di filtrazione, eseguita con il codice di calcolo agli elementi finiti SEEP/W

della GeoSlope International, comprende sia analisi stazionare del moto dell’acqua

nel sottosuolo, sia analisi con condizioni al contorno variabili nel tempo.

L’analisi di stabilità, svolta con il programma SLOPE/W, ha la finalità di stabilire il

coefficiente di sicurezza del pendio nella fase iniziale, cioè prima che fosse eseguito

ogni intervento antropico, e a lungo termine, dopo la realizzazione della linea

ferroviaria nell’ipotesi che si fossero totalmente dissipate le sovrappressioni neutre

generate dalla realizzazione delle opere. Nell’analisi della condizione iniziale si è

cercato di valutare l’angolo di attrito residuo della Gault clay mediante analisi a

ritroso poichè tale dato non è disponibile. Le analisi sono state eseguite con

riferimento al regime di pressioni neutre ottenuto dall’analisi di filtrazione.

Infine è stata eseguita l’analisi dello stato deformativo dei terreni del corpo di frana al

fine d pici

eseguiti per l’incremento di stabilità del pendio e per il completamento del Channel

Tunnel. Tali simulazioni sono state eseguite con il programma agli elementi finiti

PLAXIS 7.2.

Viene infine proposta, con tale codice di calcolo, un’analisi riguardante il

comportamento futuro previsto per il complesso frana-opere con l’assunzione di varie

ipotesi circa il livello di falda all’interno del pendio.

Tutti i grafici e le figure con la denominazione (Warren, c.p.) sono stati ricavati dagli

elaborati del progetto esecutivo del “Channel Tunnel” riportati in bibliografia.

Alcune figure sono state semplificate o modificate dallo scrivente per favorire la

lettura.

i simulare gli spostamenti avvenuti in conseguenza degli interventi antro

31

Figura 4.1.1 el C collina di Hill (War

– Tracciato d hannel Tunnel e ubicazione della Castle ren, c.p.)

32

Foto 4.1.1 – Vista dall’alto del versante Ovest di Castle Hill (Warren, c.p.)

Figura 4.1.2 – Pianta della frana di Castle Hill (Varley et al., 1996)

33

4.2 STORIA DELL’EUROTUNNEL

4.2.1 PREMESSA

Il tunnel sotto la Manica, gestito dalla società Eurotunnel, rappresenta una delle più

importanti opere di ingegneria civile realizzate nel XX secolo. Esso, infatti,

costituisce un vitale collegamento tra il sistema di trasporto del Regno Unito e quello

dell’Europa continentale.

L'intera opera consiste in tre gallerie parallele: due gallerie ferroviarie di diametro

ari a 7,6 m e distanti l’una l’altra circa 30 m, ed una galleria di servizio posta tra le

ue, con diametro di 4,8 m in cui circolano veicoli su gomma.

Dal tunnel di servizio, che ha il doppio scopo di fornire accesso agli operai addetti

alla lle

allerie trasversali di collegamento di diametro pari a 3,3 m che collegano tra loro,

circa ogni 375 m, i due tunnel ferroviari. Inoltre quest’ultimi sono direttamente

collegati ogni 250 metri da condotti che passano sopra il tunnel di servizio senza

unirsi ad esso; tali condotti servono ad alleviare l' “effetto pistone” dovuto alla

compressione dell'aria provocata dal transito del treno in corsa (in altri termini

evitano un’eccessiva compressione dell’aria spostata dal treno in corsa).

L'Eurotunnel è lungo 50 km, di cui 39 sotto il livello del mare alla profondità media

di 45 m dal fondale marino, tra Shakespeare Cliff e Sangatte. I portali sono situati a

Castle Hill, a nord di Folkestone, e a Beussingue, vicino Sangatte (Fig. 4.2.1.1).

p

d

manutenzione e di fornire una via di fuga in caso di emergenza, si dipartono de

g

34

35

4.2.1.1 - l

’Eurotunnel (Varley, 1995) Tracciato delFigura

Gli scavi del tunnel, iniziati nel 1987, sono stati realizzati impiegando talpe (tunnel

boring machines, TBM) in grado di combinare in sequenza le operazioni di scavo,

asportazione del materiale e rivestimento delle pareti dello scavo (foto 4.2.1.1).

Complessivamente sono stati rimossi 8 milioni di metri cubi di materiale, ad un ritmo

medio di 2.400 tonnellate all'ora: quello rimosso sul lato inglese è stato per lo più

scaricato nelle lagune costiere di Shakespeare Cliff, strappando al mare una superficie

di circa 36 ettari oggi denominata Samphire Hoe e destinata a parco pubblico; quello

mosso sul lato francese è stato impiegato per la sistemazione della laguna di Font

Pig

ri

non.

Foto 4.2.1.1 - Talpa perforatrice per la realizzazione del tunnel (Varley, 1995)

36

4.2.2 BREVE STORIA DEL P

4.2.2.1 LE ORIGINI

I prim drogra sullo Stretto di Dover furono condotti nel 1833 da

Thome de Gamond che rilevò i fondali marini prelevando campioni per ottenere dati

uti onti e tunnel

grado di collegare le coste inglesi con quelle francesi. Nel 1856 avanzò la proposta

n dettagliato studio geologico, alcuni sondaggi e campionamenti marini furono

realizzati da Hartsink Day per un tunnel, progettato nel 1870 da John Hawkshaw, che

ollegava con un tracciato rettilineo la Baia di St.Margaret e Sangatte. Le ricerche

furono svolte 00 sondaggi

e raccolsero più di 3000 campioni marini.

Nel 1876 vennero scavati pozzi su entrambi le coste. Nello stesso periodo fu proposto

anche un progetto alternativo da William Low e Thome de Gamond che consisteva in

una coppia di tunnel ferroviari collegati a determinati intervalli da passaggi

trasversali.

Durante il 1880, lungo la costa tra Folkestone e Dover, l’ingegnere responsabile del

progetto per il versante britannico, Francis Brady, realizzò un tunnel pilota di 2,2 m di

diametro e di 850 m di lunghezza. Al contempo a Shakespeare Cliff (lato inglese)

furono scavati un tunnel ed un tratto supplementare di tunnel, lungo 2020 m, verso

Dover Harbour (il porto di Dover) (fig. 4.2.2.1.1). Nello stesso periodo Ludovic

Breton, il geologo che si occupava del progetto del versante francese, fece scavare un

tunnel pilota di circa 1840 m di lunghezza lungo la costa francese.

ROGETTO

i studi geologici e i fici

li alla caratterizzazione dei fondali, per poter progettare una serie di p

in

di realizzare una coppia di gallerie ferroviarie separate che congiungessero Cap Gris

Nez con Folkestone.

U

c

da Potier Lapparent and Larousse che effettuarono più di 70

37

Figura 4.2.2.1.1 – Tunnel pilota realizzato nel 1882 a Shakespeare Cliff (Varley,

1995)

Nel 1883 i lavori vennero bloccati dalle pressioni di politici e militari britannici, che

edevano nel tunnel una possibile minaccia d’attacco dal continente.

'idea del tunnel sottomarino fu abbandonata fino alla fine della seconda guerra

afo tratta delle varie campagne di indagini eseguite nell’arco di un

entennio lungo tutto il tracciato di progetto dei tunnel.

sul fondale marino.

v

Nel 1917 i lavori ripresero con Percy Tempets, succeduto a Brady, e con Albert

Sartiaux, fino a quando nel 1922 venne avviata da Folkstone una nuova perforazione

di 4 m di diametro che dopo 128 m fu nuovamente fermata a causa di obiezioni

politiche e militari.

L

mondiale, quando i progressi tecnici ed ingegneristici la riportarono all'attenzione

generale.

4.2.2.2 LE INDAGINI INIZIALI

Il seguente paragr

tr

La tabella 4.2.2.2.1 fornisce un quadro riassuntivo delle indagini complessivamente

eseguite per la costruzione dell’Eurotunnel. Nel corso del tempo sono stati realizzati

186 pozzi di cui 80 in ambiente marino, e più di 4000 km lineari di rilievi geofisici

38

39

Terra Mare Terra Mare Campagna di indagini Lato Inglese Lato Francese

1958-1962 7 5 3 1 1964-1965 10 32 41 10

9 7 - 1986-1987 (Fase 1) 19 3 9 15 1988 (Fase 2) - 5 2 -

biente marino (Varley, 1995)

Figura 4.2.2.2.2 – Pozzi in am

Tabella 4.2.2.2.1 – Pozzi di indagine eseguiti nel periodo 1958-1988

La localizzazione dei pozzi e dei rilievi geofisici realizzati in ambiente marino è

mostrata rispettivamente nelle figure 4.2.2.2.2 e 4.2.2.2.3.

1972-1974 8

Figura 4.2.2.2.3 - Rilievi g arini (Varley, 1995)

lo Stretto fu t

Tunnel Study Gruop. Ulteriori pozz in eofisic eguirono nei periodi

di prove ab alcun ove in sito sulla costa

di Sangatte definirono i parametri ge cn A ito delle indagini, il

tracciato del tunnel sul versante britannico fu spostato verso sud.

Il progetto dell’Eurotunnel fu ripreso nel 1974 li scav un tunnel di accesso

e di Shakespeare Cliff e si spingeva fino alla zona di

lavoro sul litorale e di un secondo accesso all’altezza del t l di servizio, dove fu

e. Inoltre, i to a

una galleria già esistente fu allargata.

I tunnel d’accesso e la camera per il montaggio della macchina perforatrice furono

scavati a Shakespeare e sostenuti da archi del tipo comunemente utilizzato nelle

materiale crollò a causa di

un’ infiltrazione di acqua nel Chalk Marl.

l i serie di estensimetri, piezometri e celle di carico per

lo stato d azione del terreno e del rivestimento interno del tunnel.

eof

ef

isic

fett

dag

ora

ici

i m

uata

ini

tor

ba

La prima indagine in sito nel ra il 1958 e il 1959 dal Channel

i e

di l

ote

g

io e

sila

he s

e pr

segu

i di

unne

Sangatte fu ripristinato e

1964/65 e 1972/74. Una serie

ri.

con

re

g

ali

inclinato che partiva dall’apic

utilizzata una talpa perforatric l pozzo zza

miniere. Durante la fase di scavo, una grande quantità di

no

on

I

m

ltre

ito

fur

rare

ono insta

lat

i s

un

olle

a

cit

40

Il confronto tra gli spostamenti misurati e quelli calcolati con analisi numeriche

consentì di definire i valori del modulo di deformazione in sito iniziale e del rapporto

tra la tensione orizzontale e verticale del terreno (coefficiente di spinta a riposo Ko)

ul 1994).

Il monitoraggio proseguì anche dopo che il progetto venne abbandonato. Poichè si

ontinuarono a misurare spostamenti in assenza di lavorazioni che giustificassero

tto.

ncese e britannico, che aprirono una gara d'appalto tra società private. Tra i

ari progetti venne scelto quello delle società Channel Tunnel Group e France

proposta. L’assenso finale alla

anglo-francese TransManche

i evidenzia dalla tabella 4.2.2.3.1, presentano poche

ariazioni eccezion fatta per i materiali che giacciono ad est della area in frana che

che meglio interpretarono i risultati sperimentali.

Sul versante francese, sezioni rivestite del tunnel vennero strumentate con celle di

carico, estensimetri a corde vibranti e piezometri (Curtis e Spa

c

variazioni tensionali nel terreno si pensò ad una forte influenza del creep sui

fenomeni in a

L'idea del collegamento tra le sponde della Manica venne rilanciata nel 1985 dai

governi fra

v

Manche che si presentava simile alla proposta del 1973. I principali progettisti e molti

dei finanziatori furono gli stessi della prima

realizzazione del progetto venne dato il 23 luglio del 1987.

4.2.2.3 LE INDAGINI RECENTI

Le indagini più recenti vennero intraprese dalla società

Link (TML), un consorzio di dieci imprese di costruzioni e cinque banche, durante il

periodo che va dal 1986 al 1988. La campagna incluse la realizzazione di trivellazioni

marine e terrestri (fase 1) ed alcune indagini di approfondimento a Foss Dangeard

(fase 2).

Particolare importanza venne attribuita alla definizione delle caratteristiche

geotecniche dei materiali presenti (Crighton et al. 1988). I parametri di progetto

assunti nella parte inglese, come s

v

mostrano una valore maggiore della rigidezza E.

41

Legenda Materiali Parametri

GC = Gre o seca co/scaricy Chalk E = modul nte in fase di cari o (analisi elastica) UCM = U lo secante 0% dello sforzo dpper Chalk Marl E50 = modu al 5 eviatorico a rotturaLCM = Lo i Poisson wer Chalk Marl ν = coeff. dGTC = G ne ϕ' = angolo d'attrault Clay c' = coesio ito

Tabella 4. etto assun er il versante in

Frana di Castle Hill Zona ad est di Castle Hill Zona al largo delle coste inglesi Parametro UCM LCM GM GTC GC UCM LCM GM GTC UCM LCM GM GTC γsat [kN/m3] 20 23 20 20 20 22,5 22,5 23,5 21,5 20 20 20 20

E [MPa] 100 100 800 80 50100 100 1000 1000 0 250 150 1 150 100 E50 [MPa] 60 60 750 600 60 10 60 40 750 0 175 110 1 110 75

νdren. 0,3 0,3 0 0,3 0,3 0, ,3,3 0,3 0,3 3 0,3 0,3 0 0,3 0,3 c'picco [MPa] - - 0,9 0, -- 0 0,2 0,2 5 0,25 - - 25

ϕ'picco [°] - - 35 3 -- 30 60 60 0 30 - - 30 c'post-picco [MPa] 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0

ϕ'post-picco [°] 30 30 40 30 030 24 40 30 20 30 3 30 24 ϕ'residuo [°] - - - - -- 12 - - - - - 12

2.2.3.1 – Parametri di prog ti p glese (Warren, c.p.)

42

4.3 I PROBLEMI DI ATTRAVERSAMENTO DELLA COLLINA DI CASTLE

HILL

4.3.1 GEOLOGIA E CARATTERISTICHE GENERALI DEI MATERIALI

La frana di Castle Hill (fig. 4.3.1.1) si trova tra il piede della scarpata del North

Downs e l’autostrada M20 a nord di Folkstone (Inghilterra).

Figura 4.3.1.1 – Portale lato Ovest ed ubicazione della galleria di Castle Hill (Varley

et al., 1996)

La stratigrafia del luogo è costituita, procedendo dall’alto verso il basso, dai seguent

materiali:

- Lower Chalk, un deposito di gesso, diviso in Grey Chalk e Chalk Marl il cui

spessore raggiunge gli 80 m al centro della collina;

- Head, materiale detritico proveniente dal Chalk, depositato nella parte bassa del

versante da precedenti erosioni e smottamenti di tale materiale;

- Glauconitic Marl, uno strato di marna spessa 1

i

÷ 2 m;

- Gault Clay, argilla preconsolidata, fessurata e di alta plasticità il cui spessore può

raggiungere circa 40m;

- Lower Greensand, un deposito di sabbie (bedrock).

43

Questi materiali sono tipici della costa meridionale dell’Inghilterra dove dal termine

dell’ultima era glaciale (circa 10000 anni fa) si verificò una serie di frane con

superfici di scorrimento di tipo mistilineo di cui la frana di Folkstone Warren è la più

famosa evidenza.

Il versante, nella zona di monte, in corrispondenza del Lower Chalk presenta

n’inclinazione di circa 30°; tale valore si attesta sui 3-5° in corrispondenza della

l versante è presente una forte depressione della Gault clay che si trova

irca 6m più in basso di quanto sarebbe lecito aspettarsi sulla base delle profondità

ale settore.

u

Gault Clay, alla base del pendio.

Al centro de

c

limitrofe. Tale parte del pendio è stata riempita da detriti di Chalk e di conseguenza

presenta caratteristiche di resistenza e di permeabilità differenti dalla Gault clay

circostante. La depressione può essere quindi vista come una “laguna” sotterranea

aventi capacità drenanti. Infatti si ipotizza che un flusso d’acqua tagli ortogonalmente

il pendio lungo t

Furono eseguite quattro investigazioni in sito, dal 1968 al 1974, per stabilire

l’estensione del corpo franoso che venne in seguito nuovamente descritto solo con

un’ulteriore analisi investigativa all’inizio del 1987. Come vedremo in seguito (par.

4.4), tale ipotesi venne successivamente smentita dalle prime analisi del monitoraggio

(1988) a seguito della costruzione del primo rinterro, quando fu possibile definire il

limite inferiore della frana che fu riscontrato più a valle di quanto precedentemente

ipotizzato (fig. 4.3.1.2).

44

Figura 4.3.1.2 – Area in frana oggetto delle ultime campagne investigative (Warren,

c.p.)

Per poter definire le caratteristiche dei materiali venne scavato (1987) un pozzo di

prova, profondo 18 m zata la galleria espl

100 m (fig. 4.3.1.3). La galleria esplorativa seguiva il percorso del futuro Tunnel

Nord (fig. 4.1.2) e servì sia per il prelievo di campioni indisturbati (che poi sarebbero

dreni di prova che

vrebbero dato informazioni utili per la successiva realizzazione di alcune gallerie

drenanti.

, dal quale venne realiz orativa PH1 lunga

stati esaminati in laboratorio) sia per l’installazione di alcuni

a

45

46

Figura 4.3.1.3 – Ubicazione pozzo di prova e galleria esplorativa (Warren, c.p.)

47

La Gault Clay, all’interno della massa in frana, si presentava di colore grigio scuro,

tti ammorbidita. Nelle immediate vicinanze della superficie basale

) la Gault si riduce ad un’argilla rigida. La superficie di taglio si presenta pulita,

inato.

sono caratterizzati da giunti di orientazione casuale, serrati e generalmente poco

umidi. Furono trovate anche una serie di fessure fortemente inclinate a reggipoggio

verso nord-est.

Nella galleria esplorativa PH1 furono prelevati numerosi campioni indisturbati sui

quali furono eseguite alcune prove di laboratorio per la determinazione delle

caratteristiche di resistenza. I campioni furono quattro e furono prelevati in

corrispondenza della zone di taglio presenti tra il Lower Chalk e la Gault Clay.

L’attrezzatura di laboratorio utilizzata fu una scatola di taglio di dimensione 100 mm.

Da tali prove fu ricavato il valore della resistenza a taglio. Furono eseguite anche

prove spinte fino alla resistenza residua. In alcuni casi, tale valore viene raggiunto

solo dopo ampi spostamenti e ciò può portare ad una sovrastima della resistenza

residua. Una delle prove fu eseguita su un campione che, prelevato nelle immediate

vicinanze del piano di taglio, presentava un’orientazione netta delle particelle ma non

conteneva la superficie di scorrimento. La prova fu eseguita in modo tale che lo

spostamento relativo avvenisse nella direzione del movimento in sito, sottoponendo il

campione ad un carico normale di 750 KN/m2. La resistenza di picco misurata fu di

238 KN/m2 mentre quella residua di 123 KN/m2. La stessa procedura di prova fu

seguita per gli altri tre campioni di cui due contenevano la superficie di scorrimento,

localizzata in corrispondenza dell’interfaccia Chalk Marl / Gault Clay (fig. 4.3.1.4 –

4.3.1.5), e l’altro caratterizzato dal Chalk Marl solamente.

Il Chalk Marl, all’interno della massa in frana, ha un colore variabile dal grigio chiaro

al marrone chiaro, si presenta molto fragile e fortemente alterato. I blocchi di Chalk

caratterizzata da elevata fragilità. Nella zona di taglio che si estende 1 ÷ 2 m al di

sopra della superficie di scorrimento sono presenti fessure serrate e l’argilla si

presenta a tra

esam

liscia, localmente piana e poco umida.

La Glauconitic Marl si presenta di colore verde scuro, fragile, marnosa e con forte

presenza di sabbia. E’ un materiale di scarsa importanza nell’ambito del problema

(3cm

Figura 4.3.1.4 – Risultati prova di taglio diretto – Interfaccia Chalk/Gault Clay –

campione 1 (Warren, c.p.)

y – Figura 4.3.1.5 – Risultati prova di taglio diretto – Interfaccia Chalk/Gault Cla

campione 2 (Warren, c.p.)

I risultati delle prove diedero valori dell’angolo d’attrito residuo della Gault Clay

inferiori (9.5°) ai 12° ipotizzati in fase di progetto. Uno dei motivi di tale differenza

può essere ricondotta al fatto che la reale superficie di scorrimento è tutt’altro che

piana (come invece avviene nella prova). L’energia richiesta per innescare il

movimento lungo una superficie irregolare è maggiore di quella che serve lungo una

superficie piana. Questo effetto è assimilabile ai fenomeni che caratterizzano la

stabilità dei pendii in roccia, ben descritti da Hoek e Bray (1977). Infatti se la

resistenza a taglio su una superficie piana è data da:

(*)

la resistenza a taglio lungo una superficie ondulata è espressa da:

'tan' ϕστ n=

( )in += '' tan ϕστ (**)

48

dove i individua l’angolo di dilatanza della discontinuità. In tal modo si ben

comprende come la scatola di taglio sia in grado di determinare l’angolo d’attrito

a resistenza di picco misurata (17.5°) nella prova eseguita sulla Gault Clay (fig.

. E’

vidente, quindi, che la resistenza disponibile prima che si verifichi il movimento si

nalisi approfondita della

eterminazione della resistenza residua della Gault Clay verrà presentata nel

paragrafo successivo.

residuo ϕ’r del materiale e quindi sottovaluta il reale valore dell’angolo d’attrito

mobilitato in sito.

L

4.3.1.6) rappresenta la resistenza del materiale rimaneggiato presente all’interno della

fascia di taglio quando non si è ancora formata la superficie di scorrimento

e

colloca tra i due valori precedentemente espressi e per tale motivo può essere

assimilata al valore di 12-12.5° inizialmente proposto. Una a

d

Figura 4.3.1.6 – Risultati prova di taglio diretto – Gault Clay (Warren, c.p.)

a prova eseguita sul campione di Chalk Marl diede un valore dell’angolo di attrito L

residuo ϕ’r = 15.5° (fig. 4.3.1.7) per un intervallo di tensioni appropriato al caso di

Castle Hill. Anche in questo caso tale valore risulta di gran lunga inferiore a quello

proposto in fase di progetto (30°).

Figura 4.3.1.7 – Risultati prova di taglio diretto – Chalk Marl (Warren, c.p.)

49

In tal caso la differenza risulta enorme e non può essere giustificata con la sola

ondulazione della superficie di scorrimento. Inoltre, da prove di taglio anulare

eseguite sullo stesso materiale a Folkstone Warren (Soil Mechanic, 1983) il valore di

ϕ’r raggiunge un valore di 21°. Sembrerebbe, quindi, meglio ipotizzabile un valore

della resistenza disponibile pari a 20° anche se allo stesso tempo il valore di progetto

sarebbe comunque accettabile se si considera un unico valore di resistenza mediato

anche sul Chalk ad esso sovrastante che presenta una minore presenza di argilla.

Infine è stato determinato il contenuto d’acqua della Gault clay in corrispondenza

della superficie di scorrimento (23-25%) che risulta leggermente superiore a quello

del materiale intatto (21%). Tale fenomeno è tipico nelle argille sovraconsolidate.

Su altri campioni furono eseguite prove di permeabilità in laboratorio in cui fu

valutato il coefficiente di conducibilità idraulica di tutti i materiali presenti in sito

(fig. 4.3.1.8).

Il Lower Chalk presenta caratteristiche permeabilità fortemente dipendenti dal

bbastanza ampio tra 2,8*10-7 e

,6*10-10 m/s e può essere identificata per mezzo di una curva di interpolazione

esponenziale (lineare in scala semilogaritmica), in funzione della profondità.

di

campione prelevato. L’intervallo di valori è piuttosto ampio (1*10-5 m/s per il

materiale prelevato all’interno del foro di sondaggio N14, 4-5*10-5 m/s di N18 ed

N19 fino ad arrivare al valore poco attendibile di 1*10-8 m/s sempre di N18).

La permeabilità della Gault clay varia in un intervallo a

8

50

51

ren, c.p.) Figur rove di p lità (Warermeabia 4.3.1.8 – Risultati p

4.3.2 RESISTENZA RESIDUA DELLA GAULT CLAY

a Gault Clay rappresenta il materiale maggiormente coinvolto dalla frana. La

superficie di scorrimento, per la sua quasi intera lunghezza, interessa tale materiale e

presenta un’inclinazione di pochi gradi (5°).

Con tale inclinazione risulterebbe fisicamente inspiegabile qualsiasi tipo di

scorrimento a meno di un angolo d’attrito mobilitato del materiale molto ridotto.

Il limite superiore della Gault è rappresentato in figura 4.3.2.1 dove si evidenzia una

depressione di tale materiale nella parte centrale del pendio.

L

Figura 4.3.2.1 – Quota del limite superiore della Gault clay (Warren, c.p.)

52

Dallo studio di varie frane con le stesse caratteristiche (Folkstone Warren) è probabile

he una certa influenza sullo scorrimento è data dalla storia geologica del pendio.

Gault clay che definiremo residuo essendo la frana

ntamente in movimento da vari secoli.

c

In ogni caso, risulta di particolare importanza la determinazione del reale valore

dell’angolo d’attrito della

le

Tale materiale è stata suddiviso in 13 strati (fig. 4.3.2.2) basati su differenze di tipo

litologico e paleontologico (presenza di macrofossili). A Castle Hill, il movimento di

massa riguarda i soli strati superficiali (dal VIII al XII) in contrasto con il dato

proveniente da Folkstone Warren che segnala lo scorrimento in corrispondenza dello

strato I.

Figura 4.3.2.2 – Suddivisione della Gault Clay in tredici strati (Trenter, 1996)

n letteratura sono presenti pochi dati circa le caratteristiche di resistenza di tale

materiale. Le uniche campagne di indagini hanno riguardato le frane di Folkstone

Warren (Hutchinson, 1969; Hutchinson et al., 1980; Trenter and Warren, 1996), di

I

53

Swindon (Skempton, 1985; Lupini et al., 1980) e Dunton Green (Garret et al., 1980),

tte situate nell’Inghilterra meridionale (fig. 4.3.2.3). tu

Figura 4.3.2.3 – Campagne di indagini per l’identificazione del valore dell’angolo

d’attrito residuo della Gault Clay (Warren, c.p.)

54

Nel caso di Folkstone Warren, Hutchinson et al.(1980) esaminarono numerosi

ampioni di Gault eseguendo su di essi prove di taglio anulare o in scatola di taglio.

le prove di taglio anulare, con valori di

forzo normale applicati nell’ambito di quelli presenti in sito, i valori dell’angolo di

(1996) presentarono i risultati ottenuti per la Gault con l’utilizzo sia

della prova di taglio anulare Bromhead (ϕ’r = 6-14°) che della scatola di taglio (ϕ’r =

nulare segnalarono come i primi strati della

Gault presentino una resistenza residua maggiore degli strati ad essi sottostanti.

Sembrerebbe che ciò sia dovuto alla differente mineralogia dei diversi strati

soprattutto in termini di contenuto di carbonato di calcio che diminuisce con la

profondità.

Anche a Castle Hill, dallo studio di campioni prelevati da alcuni fori di sondaggio, si

evidenziò una marcata diminuzione del contenuto di CaCO3 con la profondità

accompagnato anche da una diminuzione del limite liquido.

Le prime investigazioni sulla resistenza residua della Gault Clay associate al progetto

del Channel avvennero nel 1968 grazie al Kent County Council. Le prove di taglio

anulare diedero valori di ϕ’r piuttosto alti (14-18°). Nel 1974, la Buildind Design

Partnership eseguì alcune prove sia con la scatola di taglio su superficie piana che con

la prova di taglio anulare Geonor. I risu ti mostrano valori dell’angolo d’attrito

residuo com

c

I risultati proposti mostrano come nel caso del

s

attrito residuo per valori da alti a bassi del limite liquido sono rispettivamente 7° e

12°.

Allo stesso modo la scatola di taglio, sempre per valori da alti a bassi del limite

liquido, diede rispettivamente angoli 12° e 19°. I valori delle back-analysis a sua volta

descrivevano un angolo mobilitato dipendente dalla posizione della falda da un

minimo di 7.4° ad un massimo di 9.4° con il massimo livello invernale.

Trenter e Warren

8-14°). I risultati delle prove di taglio a

lta

presi tra 7° e 9°.

L’ultima campagna di indagini a Castle Hill fu eseguita nel 1987 (fig. 4.3.2.4). Data

la curvatura dell’inviluppo a rottura determinato sulle prove eseguite, è di difficile

55

determinazione un valore appropriato dell’angolo d’attrito residuo. Esso dipende

fortemente dalla frazione argillosa e dall’indice di plasticità. E’ stato ipotizzato che in

realtà il valore di ϕ’r mobilitato vari a seconda della porzione di frana interessata

dallo scorrimento. In particolare tale parametro assumerà i valori maggiori a monte ed

al piede della frana dove in corrispondenza della superficie di scorrimento potrebbero

essere presenti, rispettivamente, piccole percentuali di Chalk ed Head, materiali

aventi caratteristiche di resistenza maggiori. Allo stesso modo in corrispondenza della

ona centrale della frana, dove la superficie di scorrimento ha l’inclinazione minore,

il valore di ϕ’r assumerà il valore minore. Da tali considerazioni si assunse un valore

pari a 12-12.5°.

z

Figura 4.3.2.4 – (a) prove di taglio anulare; (b) scatola di taglio “reverse” (Warren,

c.p.)

56

4.3.3 SEGNI DELLA PRESENZA DI UNA FRANA ANCORA ATTIVA

’area in frana è attraversata da una strada (Castle Hill road) sotto la quale corrono due

a

a

parte

ell’acquedotto interessata dalla perdita di acqua ed il giunto dal quale fuoriusciva

le

)

le vicinanze un paio di anni prima (Febbraio 1987) che mostra solo piccole

a

e

llinetta, nella parte alta del pendio,

urante lo scavo dei serbatoi avvenuta qualche anno prima.

ione sud, testimonia

incipiente stabilità del pendio in cui basta una piccola variazione delle condizioni al

contorno per causarne il movimento. Data l’entità dello spostamento e l’età della

condotta si può ipotizzare che la frana, in assenza di ogni intervento antropico, si

muovesse con velocità di 1-2 mm/anno.

Si esaminarono, allora, anche vecchie mappe della zona per confrontare la posizione che

la strada di Castle Hill aveva molto tempo prima con quella attuale e ci si accorse che

l’asse della strada presentava una certa irregolarità proprio nella zona interessata dalla

frana: la strada, in altre parole, aveva subito uno spostamento di 145 mm verso valle

(verso Sud-Ovest) (fig. 4.3.3.1).

L

tubazioni: una dell’acqua, installata circa 100 anni prima, e l’altra del gas, installata circ

25 anni prima (fig. 4.1.2).

Durante i lavori di scavo delle gallerie, nel Dicembre 1988, fu registrata una perdit

nell’acquedotto a Nord della zona in frana. Si scavò per dissotterrare la

d

l’acqua, appena la tubazione fu portata alla luce, si spostò di circa 50 mm. Ta

spostamento, però, non era compatibile con quanto registrato dall’inclinometro (N17

installato nel

deformazioni e di conseguenza l’assenza di un movimento lungo una determinat

superficie di scorrimento.

Fu definita un’ipotesi secondo la quale la rottura della condotta potrebbe essere in part

stata causata dalla costruzione di una piccola co

d

In ogni caso il movimento avvenuto in tale zona, avente direz

l’

57

Figura 4.3.3.1 – Spostamento dell’asse della strada di Castle Hill (Avgherinos, 1990)

Note le deformazioni della strada si decise di esaminare il comportamento della condotta

misuratori di tensione lungo la condotta in modo da avere un monitoraggio continuo

i

re

i

a

cielo aperto. In tal modo avvenne il detensionamento che portò ad uno

postamento verso monte di circa 200 mm. Il tratto coinvolto seguiva un percorso

curvilineo ed era lungo circa 30 m. e il movimento causò un

accorciament

.

del gas che correva, con lo stesso tracciato, al di sotto di essa. Furono posizionati sette

degli sforzi agenti su di essa. Tali misuratori segnalarono da subito la presenza d

tensioni dovute a deformazioni del terreno avvenute in passato. La maggio

preoccupazione ricadeva sul futuro scavo dei tunnel che avrebbe potuto incrementare gl

sforzi agenti sulla condotta e quindi il forte pericolo di un suo eventuale scoppio.

Si decise allora di “scaricare” la condotta scavando una sorta di trincea che portava l

stessa a

s

Si ipotizza ch

o di tale arco di circonferenza.

58

4.4 INQUADRAMENTO DEL PROBLEMA E INTERVENTI REALIZZATI

Il progetto del Channel Tunnel prevedeva lo sbocco dello stesso dopo

l’attraversamento della collina di Castle Hill.

Il versante doveva essere attraversato in sequenza da tre tunnel: tunnel di servizio ST,

tunnel nord RTN e tunnel sud RTS (fig. 4.4.1). Sia i due tunnel principali (del

diametro di 8m) che quello di servizio (diametro 5 m) furono scavati a tutta sezione

(metodo N.A.T.M.) facendo affidamento sul monitoraggio continuo del

comportamento del terreno durante la costruzione. Si decise di scavare una galleria

alla volta procedendo da Est verso Ovest per evitare forti modifiche degli stati

tensionali all’interno del pendio e allo stesso modo per monitorare uno ad uno gli

scavi dei tunnel approntando in caso di deformazioni eccessive adeguati interventi di

co so

n lidamento.

odotto dal loro scavo

realizzato a valle del pendio un portale (fig. 4.4.2). Tale struttura prevedeva

Figura 4.4.1 – Ubicazione dei tunnel ferroviari (Warren, c.p.)

Per permettere lo sbocco dei tunnel e minimizzare il disturbo pr

fu

59

l’utilizzo della tecnica “top-down” con la costruzione di una piattaforma al piano

campagna che rappresentava la piastra di collegamento di una serie di pali trivellati

ed accostati costituenti il perimetro dell’opera che stava per essere realizzata (fig.

4.4.3). Alla sua base un’ulteriore piastra di collegamento da cui partivano, dato il

ossibile detensionamento e conseguente sollevamento della Gault Clay che stava per

essere coinvolta dallo scavo, pali di fondazione che attraversavano la superficie di

scorrimento fino ad arrivare alla Gault Clay del substrato.

p

Figura 4.4.2 – Pianta ed ubicazione del portale (Warren, c.p.)

Figura 4.4.3 – Caratteristiche dei pali costituenti il perimetro del portale

(Warren, c.p.)

60

61

La realizzazione dell’ambiente interno del portale (fig. 4.4.4) avvenne con la tecnica

denominata “cut and cover” che prevedeva il riutilizzo del materiale scavato come

rinterro al piede del pendio. Con questa tecnica non venne variato il peso del terreno

lungo la parte “passiva” del possibile scorrimento. Inoltre furono posizionati dei dreni

verticali tra i vari pali costituenti le mura del portale (fig. 4.4.5) in modo da

contrastare il possibile accumulo d’acqua che si sarebbe venuto a creare, in assenza di

tali dispositivi, a monte della struttura.

Figura 4.4.4 – Schema strutturale del portale (Warren, c.p.)

ilità del pendio, come descritto nel precedente paragrafo, non

i di sicurezza all’atto dello scavo dei tunnel che avrebbe prodotto

no tali da provocare l’instabilità del pendio.

portanza dell’opera da realizzare non fu possibile attuare una variante di

evedere un eventuale cambiamento del tracciato stabilito.

L’incipiente instab

garantiva condizion

una variazione delle condizioni al contor

Data l’im

progetto che potesse pr

Si decise allora di realizzare, preliminarmente allo scavo dei tunnel, alcuni interventi

di stabilizzazione che avrebbe dovuto incrementare il coefficiente di sicurezza globale

del pendio.

Per la stabilizzazione della frana sono stati scelti interventi strutturali di tipo attivo

operando sulla distribuzione dei carichi (rinterri) e sul regime delle pressioni neutre

(drenaggi). Tale tipologie di intervento furono previste suddividendo la frana in due

zone principali, a valle e a monte della strada “Castle Hill road”, è possibile

evidenziare due modalità di intervento (fig. 4.4.5):

- Rinterro (posizionato a più riprese a valle della strada);

- Drenaggi (a monte della strada e in parte anche a valle di essa);

Figura 4.4.5 – Opere di stabilizzazione visualizzate in pianta (Warren, c.p., semplificato)

Il rinterro (foto 4.4.1) fu posizionato a più riprese a valle del pendio a partire da

Gennaio 1988 fino a Primavera 1989 (fig. 4.4.6 – 4.4.7). La sua continua integrazione

fu dovuta essenzialmente all’errato posizionamento iniziale del primo rinterro (il

punto neutro si trovava 50m più a valle di quanto preventivato) e al continuo afflusso

di materiale proveniente dagli scavi dei tunnel e del portale. Il primo rilevato portò

62

allo scorrimento della parte bassa della frana con movimenti che decrescenti verso

monte.

Foto 4.4.1 – Realizzazione del rinterro, 1988 (Warren, c.p.)

Figura 4.4.6 Warren, c.p., semplificato) – Fasi di costruzione del rilevato (

63

64

Figura 4.4.7 – Sezione tunnel nord – interventi eseguiti (Warr plificato)

i la a rim zialmente

sta

Le re di drenag iù fasi a Maggio

19 Esse c i pozz ggio e in

al dreni rro pito è di

ra

Volendo descrivere la storia tem rventi realizzat 1987, una

prelievo di numerosi campioni indisturbati, la galleria esplorativa fu utilizzata per un

certo periodo come galleria drenante e da essa furono anche installati alcuni tubi

drenanti per poter valutare le caratteristiche di permeabilità del Chalk.

Successivamente fu scavata la prima galleria D1 a nord della strada “Castle Hill road”

in direzione ortogonale alla PH1. L’inizio della costruzione della galleria, infatti,

avvenne proprio a partire da una sezione del tunnel esplorativo.

Lo scavo avvenne poco al di sopra del contatto tra Chalk Marl e Gault Clay che in

tale zona coincide anche con la superficie di scorrimento della frana. Sulla parte

superiore, con un passo di 5 m, fu installata una serie di coppie di tubi drenanti aventi

inclinazione di 15° rispetto alla verticale e diametro pari a 12 cm (fig. 4.4.8 – 4.4.9).

en, c.p., sem

prima fase di analisi delle caratteristiche di drenaggio dei terreni in sito. Dopo il

Cessati vori per il rinterro, la parte inferiore della fran ase sostan

bile.

ope gio furono realizzate anch’esse in p a partire d

88. onsistono in tre gallerie drenanti, in alcun i di pompa

cuni superficiali posti lungo il perimetro del rinte (il cui com

ccogliere l’acqua drenata da esso).

porale degli inte i vi fu, nel

Figura 4.4.8 – Schema della galleria con l’installazione di tubi drenanti (Warren, c.p.)

Figura 4.4.9 – Installazione di tubi drenanti – particolare (Warren, c.p.)

65

66

ateriali presenti

on lo scavo di una serie di pozzi drenanti di diametro

posizionati nella zona della depressione della Gault clay descritta nel

i in corrispondenza del percorso proposto

e il pozzo D sia poco

influenzato dal test e ciò testimonia che esso è posizionato all’interno della Gault

Dopodiché avvenne la valutazione delle caratteristiche drenanti dei m

nella parte bassa della frana c

600 mm (A, B, C e D) in uno dei quali (C) fu eseguita una prova di pompaggio.

I pozzi furono

paragrafo 4.3.1 con i pozzi A, B e C scavat

per la galleria drenante D2. Il pozzo D fu posizionato leggermente più a valle per

valutare l’estensione della depressione del Gault.

Il test di pompaggio nel pozzo C (fig. 4.4.10) mostrò da subito un brusco

abbassamento piezometrico all’interno del Chalk che tornò al suo valore iniziale solo

al termine dell’esperimento. I dati in figura mostrano com

Clay e quindi, in un materiale di bassa permeabilità, meno influenzato da veloci

variazioni delle condizioni al contorno. Dopo il termine del test il pozzo C rimase in

funzione come elemento drenante.

67

Figura 4.4.10 – Prova di pompaggio nel pozzo (“well”) C (Warren, c.p.)

Nello stesso periodo venne realizzato un u p dr monte del

portale ed in esso fu eseguito un test di g posiz e fu scelta per

valutare le caratt tiche drenag em one del Gault. I risultati

mostrarono un ridotto abbassame el co e to può essere

parzialm e col ato alla contemporan l po che, essendo

posizio in posizione asi o al i el m di filtrazione,

influenzò tale flusso costituendo p so nte, una barriera. In tal

modo vi fu un continuo ccumu ac onte del portale che venne solo

success ente altito la co on s eni v ali lungo il suo

perime ig. 4. 1).

lteriore ozzo enante (E) a

pompag io. Tale ion

eris di gio s pre della depressi

nto d livello piezometri ques

ent leg ea costruzione de rtale

nato qu rtogon e alla d rezione d oto

er es , almeno inizialme

a lo d’ qua a m

ivam sm con struzi e di una erie di dr ertic

tro (f 4.1

F 4.4.1 Dren stalla o t rt , c.p.)

Durante avori cost one d rta urono realizzate altre 2

gallerie nanti artire tunne rv l ediatamente ad

Ovest della strada di Cas Hill, a in di 45° alla

base, e la D3 nel parte s eriore er i grare la D2 nel

raccogl acqua gli st più pe bil

igura 1 – i in ti g lun il perime ro del po ale (Warren

i l di ruzi el po le e dei Tunnel f

dre a p dal l di se izio ST: a D2, ubicata imm

tle l’unic avente dreni con clinazione

la up del v sante con il compito d inte

iere da rati rmea i del Chalk.

68

L’acqu colta lla gal ia D3 a i el ST, mentre

la galleria D1 convogliava acqua verso il p mpaggio C

estraev qua la ga a D2 su h lle nel ST (fig.

4.4.12)

L’influenza sul regime de pressi u del v nte delle opere

di rinte e di d naggio ealizza ra r v nalizzata in

seguito abella .4.1 ve elenc se segu Castle Hill che

verrà descritta graficamen n figu .1

atazio dei pri i inter nti eseguiti

a rac da ler veniv ncanalata nel tunn di servizio

Tunnel Nord. Il ozzo di po

a l’ac dal lleri che ri ltava anc ’essa co gata al tun

.

lle oni ne tre e sulla stabilità ersa

rro re r te du nte il co so dei la ori verrà a

. In t 4 rrà ata la quenza dei lavori e iti a

te i ra 4.4 3.

D ne ncipal veGiorn o di in to a o Tip terven Dat

128 Inizio ostruz pozzo va e g eria Ph1 c ione di pro all 08/05/1987252 Inizio ostruz pozzo va c ione di pro e galleria Ph1 09/09/1987 301 stallaz dreni lo 28/10/1987 In ione Ph1 e ro utilizzo315 Chiusura dreni Ph1 11/11/1987 352 Riapertura dreni Ph1 18/12/1987 366 01/01/1988 Inizio costruzione primo rilevato 485 n 29/04/1988 Chiusura dre i Ph1 487 ria 01/05/1988 Inizio scavo galle drenante D1 548 Fine sca i 01/07/1988 vo galleria D1 ed in zio installazione dreni 558 r 11/07/1988 Fine costruzione p imo rilevato 571 I sec to 24/07/1988 nizio costruzione ondo rileva574 Inizio pompaggio pozzo “C” 27/07/1988 584 Fine costruzione secondo rilevato 06/08/1988 609 Fine installazione dreni di D1 31/08/1988 622 Inizio pompaggio pozzo “C” 13/09/1988 636 Termine pompaggio pozzo “C” 27/09/1988 640 Inizio costruzione terzo rilevato 01/10/1988 670 Fine costruzione terzo rilevato 31/10/1988 679 Termine pompaggio pozzo “C” 09/11/1988 712 Riparazione perdita dell’acquedotto 12/12/1988 790 Riutilizzo pozzo “C” 28/02/1989 791 Inizio scavo tunnel di servizio ST nel corpo di frana 01/03/1989 791 Inizio costruzione quarto rilevato 01/03/1989 835 Termine scavo tunnel di servizio ST 14/04/1989 850 Inizio scavo galleria drenante D2 29/04/1989 910 Fine scavo galleria drenante D2 28/06/1989 910 Fine costruzione quarto rilevato 28/06/1989 911 Inizio scavo tunnel sud RTS nel corpo di frana 29/06/1989 953 Termine scavo tunnel sud RTS 10/08/1989 958 Inizio scavo tunnel nord RTN nel corpo di frana 15/08/1989 963 Inizio scavo galleria drenante D3 20/08/1989 983 Fine scavo galleria drenante D3 09/09/1989 987 Termine scavo tunnel nord RTN 13/09/1989

1300 Termine pompaggio pozzo “C” 23/07/1990

Tabella 4.4.1 – Lavori realizzati sul pendio di Castle Hill (1 è 1 Gennaio 1987)

69

gamento delle gallerie drenanti D2 e D

Figura 4.4.12 – Colle 3 co unnel di Servizio (ST) arren, c.p.) n il T (W

Figura 4.4.13 – Lavori realizzati sul pendio di Castle Hill

70

4.5 STRUMENTAZIONE UTILIZZATA E MONITORAGGIO

Per l’assenza di informazioni dettagliate sulla frana e per la necessità di tenere sotto

controllo le opere durante la loro costruzione, fu programmato un accurato piano di

monitoraggio.

La strumentazione installata (fig. 4.5.1) ebbe il triplice ruolo di valutare le condizioni

i ali, di comprendere in tempo reale il comportamento del versante durante la

realizzazione delle opere, di monitorare il pendio a lungo termine. La valutazione dei

movimenti durante la realizzazione dei lavori permetteva la possibile esecuzione di

eventuali ed ulteriori interventi di stabilizzazione qualora venivano registrate

deformazioni non previste (metodo osservazionale).

Il piano di monitoraggio comprese l’installazione di una serie di piezometri, di

inclinometri e di picchetti topografici (1987) che fu successivamente integrata, a

seguito dell’inizio dei lavori, nella primavera/estate del 1988 e nell’inverno 1989.

La valutazione del regime delle pressioni neutre ha previsto l’installazione di tre

tipologie di piezometri a seconda della zona del pendio monitorata. Nella zona al

piede furono installati piezometri pneumatici (tipo P) capaci di dare una risposta

pronta alle continue aggiunte di materiale atte a costituire il rinterro. A monte del

pendio, invece, nella zona interessata dall’esecuzione delle gallerie drenanti e dei

tunnel, furono installati piezometri a corda vibrante (tipo V) in grado anch’essi di

dare una risposta immediata alle variazioni del regime delle pressioni neutre generati

da tali opere.

Su tutto il pendio la strumentazione fu integrata da una serie di piezometri a tubo

aperto (tipo S ed N).

In tale estesa rete di monitoraggio non mancarono problemi causati dalla rottura o

cattiva installazione di alcuni strumenti (es. P4, P5, P10) o a seguito di episodi di

vandalismo (P7). In tabella 4.5.1 vengono descritti tutti i piezometri installati

valutando anche l’affidabilità delle misure.

nizi

71

72

Figura 4.5.1 – Frana di Castle Hill: strumentazione installata (Avgherinos et al., 1991, modificato)

Piezometro Tipo Posizione Prof. [m] Inizio Fine Attendibilità P1 P T 9,0 27/12/87 06/03/91 SI P2 P T 13,0 26/12/87 18/07/91 SI P3 P T 13,0 27/12/87 17/07/91 SI P4 P T 17,0 27/12/87 08/10/90 NO* P5 P T-g 18,0 26/12/87 13/03/89 NO* P6 P T-g 22,0 26/12/87 05/03/91 NO* P7 P T 8,0 - - NO P8 P T 12,0 03/01/88 17/07/91 SI P9 P T 15,0 28/12/87 29/06/91 SI P10 P T 19,0 27/12/87 05/10/90 NO P11 P T 13,5 29/12/87 17/07/91 SI P12 P T 17,5 27/12/87 01/08/91 SI P13 P T-g 12,0 27/12/87 01/08/91 SI P14 P T-g 24,0 - - NO S1 S p 9,5 07/06/88 19/03/91 SI S2 S p 17,5 05/06/88 30/07/90 SI S3 S p 12,5 09/06/88 09/04/91 SI S4 S p 18,5 09/06/88 07/04/91 SI S5 S g 19,4 07/06/88 09/06/90 SI S6 S g 13,8 09/11/88 30/05/89 SI S7 S g 18,5 17/04/88 08/09/91 SI S8 S g 25,0 03/04/88 16/08/89 SI S9 S t 34,8 04/04/88 01/08/91 SI S10 S t-g 36,2 07/04/88 10/09/91 SI S11 S g 35,0 04/04/88 10/09/91 SI S12 S g 18,0 10/04/88 06/08/91 SI S13 S t-g 22,3 28/04/88 01/08/91 SI S14 S t 11/05/91 NO 53,4 28/04/88S15 S t 01/08/91 SI 17,6 18/04/88N10 S p 47,0 - - NO DATA N11 S p 10,6 - - NO DATA N12 S T 8,5 10/04/87 17/07/89 NO N13 S T 12,5 10/04/87 30/08/91 NO N14 S g 43,7 01/04/88 01/09/89 SI

N15A S p 17,7 - - NO DATA N15B S p 10,5 - - NO DATA N16 S p 13,5 10/04/87 07/04/91 SI N17 S g 41,0 21/12/87 24/03/91 NO DATA N18 S t 54,1 - - NO DATA N19 S - 73,1 - - NO DATA N26 S T 9,6 14/04/87 15/07/89 NO DATA N27 S p 18,1 14/04/87 19/08/90 SI V1 V g 23,2 10/04/88 13/09/91 SI V2 V t-g 18,0 05/05/88 08/09/91 NO DATA V3 V t-g 27,6 05/05/88 09/09/91 SI V4 V t 21,0 28/04/88 10/09/91 SI V5 V t 33,0 01/05/88 10/09/91 NO DATA V6 V t 10,9 02/05/88 10/09/91 SI V7 V t 23,6 29/04/88 12/09/91 NO V8 V g 10,1 28/04/88 08/09/91 NO DATA V9 V g 33,0 28/04/88 08/09/91 NO V10 V g 23,5 12/04/88 08/09/91 SI

73

V11 V t 28,5 12/04/88 08/09/91 NO DATA V12 V t 41,4 10/04/88 08/09/91 NO DATA V13 V t-g 30,9 07/04/88 10/09/91 NO DATA V14 V t-g 42,9 10/04/88 29/08/89 NO DATA V15 V g 27,1 12/04/88 10/09/91 NO DATA V16 V g 39,3 11/04/88 10/09/91 NO DATA V17 V g 27,9 29/04/88 12/09/91 SI G1 I T 26,0 - - NO DATA G2 I T 28,5 21/07/88 10/09/91 SI G3 I t 36,0 07/07/88 08/09/91 NO DATA G5 I t 39,8 06/07/88 10/09/91 NO DATA G6 I g 41,3 02/07/88 29/08/89 SI G7 I t-g 53,5 06/07/88 24/03/91 NO DATA W1 I p 29,8 - - SI W4 I p 23,8 - - NO DATA W6 I p 29,5 - - SI W9 I p 30,1 - - SI

W11 I p 30,7 - - SI W13 I p-g 31,3 - - NO DATA W14 I p-g 31,0 30/07/88 09/03/91 SI

LEGENDA Tipo piezometro Zona

P = pneumatico T = rilevato S = Tubo aperto g = galleria drenanteV = Corda vibrante p = portale I = inclinometro t = tunnel

Tabella 4.5.1 – Strumentazione installata – Piezometri (Warren, c.p.)

Con l’asterisco * vengono indicati quei piezometri le cui registrazioni sono state

valide sono per pochissimi mesi. I piezometri del tipo G e W sono di fatto

inclinometri in cui sono state eseguite misure piezometriche la cui attendibilità, dato

il tipo di strumentazione, è comunque incerta.

A causa della sovrapposizione temporale di alcuni lavori eseguiti, non fu sempre

possibile valutare la variazione del regime delle pressioni neutre seguita ad ogni

singolo intervento. Solo in alcuni casi e soprattutto al piede del pendio è possibile

evidenziare l’effetto prodotto dal solo rinterro (par. 4.6).

La valutazione degli spostamenti della frana è stata eseguita per mezzo di alcuni

inclinometri (tipo G, W ed alcuni N) posizionati lungo tutto il pendio (fig. 4.5.2). E’

evidente che la maggiore concentrazione di tali strumenti è presente nelle immediate

74

vicinanze del tracciato dei tunnel. Lo scopo di tale posizionamento è soprattutto

sibili spostamenti a seguito dello scavo di tali opere. A valle

el pendio è presente il solo inclinometro G1 in grado di segnalare gli spostamenti a

profondità della zona di taglio e quindi della superficie di

corrimento della frana.

Max spost. Prof. zona io [m]

quello di valutare i pos

d

seguito del posizionamento delle varie fasi del rinterro. Gli spostamenti registrati (tab.

4.5.2) definirono anche la

s

Inclinometro Posizione Lungh. tubo [m] Inizio Fine [mm] taglG1 T 26,0 28/04/88 11/03/90 94,1 15,5-18,0 G3 t 36,0 28/04/88 08/08/89 22,2 22,0-22,5 G5 t 39,8 30/04/88 09/03/90 50,9 29,5-30,5 G6 g 41,3 16/05/88 29/08/89 37,5 23,0-23,5 G7 t-g 53,5 27/04/88 28/11/89 77,5 35,5-39,5 W4 p 23,8 30/07/88 27/04/89 14,8 22,0-22,5 N18 t 54,1 29/04/88 08/03/90 75,6 37,5-39,0

Tabella 4.5.2 – Strumentazione installata – Inclinometri (Warren, c.p.)

zza del corpo franoso ed al posizionamento di

uove serie di picchetti topografici (serie C e D - feb/lug 1988) a valle di quelli

posizionarsi immediatamente a monte dei picchetti

.

Ulteriori picchetti topografici furono installati in corrispondenza dei serbatoi a monte

del portale e in corrisponden la strada denomi Castle Hill road” nella parte

alta della frana (fig. 4.5.2). Tale strumentazione servì per segnalare in tempo reale gli

spostamenti derivanti dallo scavo dei tunnel e del portale.

I risultati ottenuti dal m aggio vengono descritti di seguito, trattando

separatamente la zona al piede, dove fu realizzato il rinterro, e quella di monte del

pendio ri (luglio 1988).

Data l’incertezza circa il limite inferiore della frana, furono posizionati nella zona di

piede, una doppia serie di picchetti topografici (serie A e B – feb/lug 1988) che

avrebbero dovuto confermare il punto terminale del movimento inizialmente

ipotizzato. In realtà la presenza di movimenti non trascurabili segnalati da tali

strumenti, a seguito del posizionamento del primo rinterro, indusse i progettisti alla

rivalutazione dell’effettiva lunghe

n

precedentemente considerati (fig. 4.5.3). Dai dati registrati fu descritto il nuovo limite

inferiore della frana che andava a

D

za del nata “

onitor

, dove furono realizzate le gallerie drenanti ed i tunnel ferrovia

75

76

77

Figura 4.5.2 – Strumentazione installata - inclinometri e picchetti topografici (Varley et al., 1996)

Figura 4.5.3 – Rete dei picchetti topografici installati per la valutazione del limite

inferiore della frana (allineamenti A, B, C e D) (Avgherinos, 1990)

78

4.6 ZONA DI PIEDE DELLA FRANA

4.6.1 INTRODUZIONE

La zona di valle della frana è stata monitorata con 14 piezometri pneumatici (P1-P14)

si eseguì il monitoraggio. Le cause di tali mal

nzionamenti furono varie (rotture, fessure e danneggiamenti) ma si riuscì comunque

ed alcuni piezometri a tubo aperto (tipo S e N).

Dei numerosi strumenti di misura a disposizione solo alcuni fornirono registrazioni

continue per tutto l’arco di tempo in cui

fu

a creare una banca dati delle pressioni dell’acqua nel sottosuolo.

In particolare, sono utilizzabili a questo scopo le misure effettuate ai piezometri P1,

P2, P3, P8, P9, P11, P12 e P13. Gli altri strumenti (P5, P6, P14, N12, N13 e S17)

fornirono solo registrazioni temporanee a causa di danneggiamenti o rotture dello

strumento di misura (fig. 4.6.1.1).

Figura 4.6.1.1 – Piezometri e pozzi drenanti installati nella zona del rinterro (Warren,

p.c., modificata)

79