caltagirone calogero - tra «scelta» e «possibilità»

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22/05/13 Calogero Caltagirone, Tra «scelta» e «possibilità». Curvatura etica dell'esistenzialismo di Nicola Abbagnano (Dialegesthai) mondodomani.org/dialegesthai/ccal01.htm 1/21 Cerca Stampa | Salva | Invia | Translate Calogero Caltagirone Tra «scelta» e «possibilità». Curvatura etica dell'esistenzialismo di Nicola Abbagnano 1. Introduzione 2. L'"analisi" dell'esistenza come filosofare sulla possibilità 3. L'esistenza tra strutturale problematicità e possibilità di decisione 4. La possibilità come "valore" 5. Nascita e morte come concrezione della curvatura etica della possibilità 6. Conclusione 1. Introduzione La caratterizzazione dell'esistenzialismo come fenomeno culturale e tradizione filosofica, tipici di un tempo di crisi, di incertezze, di instabilità, di problematicità, [ 1 ] se, da una parte, rappresenta, uno dei nodi più discussi e controversi della storiografia filosofica del Novecento, [ 2 ] dall'altra, mostra che, pur operando le opportune distinzioni, [ 3 ] la filosofia esistenziale, con la riscoperta dell'esistenza, [ 4 ] come chiave interpretativa dell'intero volume dell'umano, nel mettere a fuoco il "problema dell'uomo", offre la possibilità di elaborare una filosofia del concreto vivente che, al di là delle derive idealiste e materialiste, [ 5 ] può essere in grado di rendere ragione della complessità della questione antropologica e delle implicanze etiche ad essa strettamente connesse, in un tempo in cui, dopo la dichiarazione della fine delle antropologie caratterizzate e caratterizzanti, tipiche delle "grandi narrazioni" del passato, ci si muove tra le "avventure della differenza" senza verità e senza senso nel puro fluire di una "ontologia del declino" che fa dell'"attualità" l'unica ragion d'essere. [ 6 ] Da questo punto di vista, a giudizio di Abbagnano, l'esistenzialismo, nel presentarsi come esperienza riflessiva che pone attenzione alla condizione dell'uomo nella sua concretezza esistenziale, ha inteso e intende proporre "il problema dell'uomo come problema centrale della filosofia: dell'uomo nella sua singolarità e nei suoi rapporti che lo legano alle cose e gli altri, della situazione nel mondo e nella società, e nei rischi molteplici e sempre incombenti della sua auto-progettazione. Insistendo su questi rischi l'esistenzialismo ha reso estremamente improbabile ogni smisurato ottimismo ma non ha neppure, almeno nelle sue forme più equilibrate, prospettato all'uomo un pessimismo desolante". [ 7 ] Questo vuol dire che mediante la ricerca di problemi, l'individuazione dei metodi di analisi e dei modi linguistici per esprimerli, l'esistenzialismo, proprio muovendosi nel gioco rischioso di possibilità e impossibilità, colto nella sua inevitabilità per la condizione umana che comprende e pratica il proprio rapporto con il mondo, ha messo in evidenza che il filosofare implica un impegno radicale il quale, nella essenziale inseparabilità tra esperienza soggettiva e campo oggettivo, tra vita e pensiero,

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scelta e possibilità

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22/05/13 Calogero Caltagirone, Tra «scelta» e «possibilità». Curvatura etica dell'esistenzialismo di Nicola Abbagnano (Dialegesthai)

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Calogero Caltagirone

Tra «scelta» e «possibilità». Curvatura eticadell'esistenzialismo di Nicola Abbagnano

1. Introduzione2. L'"analisi" dell'esistenza come filosofare sulla possibilità3. L'esistenza tra strutturale problematicità e possibilità di decisione4. La possibilità come "valore"5. Nascita e morte come concrezione della curvatura etica della possibilità6. Conclusione

1. Introduzione

La caratterizzazione dell'esistenzialismo come fenomeno culturale e tradizione filosofica,tipici di un tempo di crisi, di incertezze, di instabilità, di problematicità,[1] se, da una parte,rappresenta, uno dei nodi più discussi e controversi della storiografia filosofica delNovecento,[2] dall'altra, mostra che, pur operando le opportune distinzioni,[3] la filosofiaesistenziale, con la riscoperta dell'esistenza,[4] come chiave interpretativa dell'interovolume dell'umano, nel mettere a fuoco il "problema dell'uomo", offre la possibilità dielaborare una filosofia del concreto vivente che, al di là delle derive idealiste ematerialiste,[5] può essere in grado di rendere ragione della complessità della questioneantropologica e delle implicanze etiche ad essa strettamente connesse, in un tempo in cui,dopo la dichiarazione della fine delle antropologie caratterizzate e caratterizzanti, tipichedelle "grandi narrazioni" del passato, ci si muove tra le "avventure della differenza" senzaverità e senza senso nel puro fluire di una "ontologia del declino" che fa dell'"attualità"l'unica ragion d'essere.[6] Da questo punto di vista, a giudizio di Abbagnano,l'esistenzialismo, nel presentarsi come esperienza riflessiva che pone attenzione allacondizione dell'uomo nella sua concretezza esistenziale, ha inteso e intende proporre "ilproblema dell'uomo come problema centrale della filosofia: dell'uomo nella sua singolarità enei suoi rapporti che lo legano alle cose e gli altri, della situazione nel mondo e nella società,e nei rischi molteplici e sempre incombenti della sua auto-progettazione. Insistendo suquesti rischi l'esistenzialismo ha reso estremamente improbabile ogni smisurato ottimismoma non ha neppure, almeno nelle sue forme più equilibrate, prospettato all'uomo unpessimismo desolante".[7] Questo vuol dire che mediante la ricerca di problemi,l'individuazione dei metodi di analisi e dei modi linguistici per esprimerli, l'esistenzialismo,proprio muovendosi nel gioco rischioso di possibilità e impossibilità, colto nella suainevitabilità per la condizione umana che comprende e pratica il proprio rapporto con ilmondo, ha messo in evidenza che il filosofare implica un impegno radicale il quale, nellaessenziale inseparabilità tra esperienza soggettiva e campo oggettivo, tra vita e pensiero,

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comporta una componente etica in quanto, proprio nella tensione tra possibilità eimpossibilità, configura la dimensione della "scelta" come chiave interpretativadell'appropriazione dell'umano dell'uomo in ciascun concreto uomo.[8] Sotto questo profilo,l'attenzione da prestare allo sviluppo riflessivo di Nicola Abbagnano, uno dei più significativifilosofi esistenzialisti italiani,[9] che intende l'esistenzialismo come una "filosofia dellapossibilità" la quale, opponendosi ad ogni interpretazione "tragica" del fenomeno umano eintendendo mettere in luce la finitidune umana per scrutarne a fondo la sua natura, si basasu una radicale assunzione di responsabilità dell'uomo nei confronti di se stesso e dellapropria umanizzazione, sembra offrire, pur tenendo presente che dopo la metà degli anniCinquanta Abbagnano orienta la sua riflessione nella direzione di un illuminismo critico chesi concreta poi nella forma di un empirismo metodologico,[10] interessanti squarcicomprensivi per l'articolazione di teoriche alternative a qualsiasi forma di"destrutturazione" o "superamento" dell'umano.[11]

2. L'"analisi" dell'esistenza come filosofare sulla possibilità

Il procedere della filosofia di Nicola Abbagnano si sviluppa a partire dalla considerazionedella problematicità dell'esistenza dell'uomo; una problematicità sempre aperta, concreta edeterminata che l'uomo deve affrontare mediante l'uso razionale delle diverse teorichefilosofiche. Infatti, Abbagnano, facendone l'elemento caratterizzante dell'esistenzialismo,intende la filosofia fondamentalmente come analisi dell'esistenza, in ragione del fatto che:

per esistenza basta preliminarmente intendere il complesso delle situazioni in cui l'uomoviene a trovarsi o in cui si trova solitamente o per lo più. Tale analisi è fatta con la proceduraseguita in qualsiasi campo in cui si voglia istituire un'analisi: cioè utilizzando in larga misurail linguaggio comune e scientifico e correggendolo o integrandolo, laddove lo si ritieneopportuno, con elementi linguistici della tradizione filosofica o escogitati ad hoc. Ma l'analisidi una situazione esistenziale può essere istituita e condotta innanzi solo se sin dal principio siritengono inclusi in essa tutti gli elementi che entrano a comporla; cioè non solo l'uomosingolo, nei suoi specifici modi d'essere e di agire, ma anche gli altri uomini, le cose, etc., inuna parola il "mondo" in generale, giacché solo rispetto a questo complesso di fattori glispecifici modi d'essere e di agire del singolo uomo possono essere compresi.[1 2]

Il problema della filosofia, dunque, per Abbagnano, non è un problema, ma il problema, percui l'essere della filosofia è la sua assoluta problematicità, che, nel corso dell'esistere e delpensare dell'uomo, si manifesta nella sua più assoluta e autorevole radicalità. La filosofia è,cioè, ricerca prima che si costituisce come causa di se stessa sul piano del pensiero, e, inquanto non può presupporre l'essere, essa è quel modo dell'essere che si costituisceponendo come sua natura il problema dell'essenza, in altre parole, la sua autoproblematicitàradicale.[13] Dato che questa problematicità è presente solamente nell'uomo, in quantounico animale filosofico, secondo Abbagnano, riconoscere la natura e l'essenza problematicadella filosofia significa riconoscere che come suo oggetto formale di indagine venga postol'uomo,[14] in quanto la filosofia:

concerne sempre l'uomo nella sua totalità; nell'essere problematico che gli è proprio einteramente lo impegna nella forma e nell'atteggiamento che gli consente di scegliere.[1 5]

Filosofando, l'uomo affronta esplicitamente il proprio destino umano e cerca di chiarire ilproblemi che emergono nel proprio rapporto con se stesso, con gli altri uomini, con il

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mondo. In tale senso il filosofare non è elaborazione di concetti, costruzione di sistemi, mascelta, decisione, impegno, che dà all'uomo la possibilità di vivere, filosofando,autenticamente se stesso.[16] Sotto questo profilo, il filosofare è "un atto umano" e il suoproblema è "il problema che l'uomo pone a se stesso intorno a se stesso, è l'essere dell'uomocome problema di se stesso",[17] e la filosofia non viene ad essere una particolare disciplinatra le varie figure del sapere, ma la struttura stessa dell'orizzonte di comprensionedell'umano nella sua totalità che ha il compito nell'impegnare l'uomo a chiarire,comprendere e vivere il modo d'essere che gli è proprio.[18] Pertanto,

alla filosofia l'uomo può e deve chiedere di comprendere un po' meglio se stesso; e gli uominidi intendersi un po' meglio tra loro. La comprensione di sé, l'intelligenza reciproca fra gliuomini, sono a fondamento di ogni opera, di ogni lavoro umano; e costituiscono la trama dicui è tessuta la vita quotidiana del singolo, come la vita storica dell'umanità.[1 9]

Dato che "l'unico legittimo accesso all'analisi esistenziale",[20] per Abbagnano, che prendeposizione nei confronti dell'esistenzialismo di Heidegger e di Jaspers,[21] si fonda sullareinterpretazione della categoria della possibilità, la riflessione filosofica, in quanto realtà dicomprensione della totalità dell'umano, deve configurarsi come un filosofia della scelta edella possibilità, in ragione del fatto che "la soluzione di un problema è in generale la sceltadi quella possibilità che giustifica (o rende possibile) il problema stesso".[22] Questo perché,essendo l'esistenza una modalità d'essere che viene determinata dal problema comepossibilità d'intederminazione, in quanto "l'esistenza è la struttura di un essere che, nellapropria struttura, è la possibilità dell'indeterminazione dell'essere",[23] è necessario:

riconoscere che l'esistenza è strutturalmente possibilità di essere e che perciò può essereanalizzata soltanto nei limiti delle condizioni che definiscono le sue possibilità particolari,senza mai irrigidire alcune o tutte queste possibilità in impossibilità necessitanti. Ilpresupposto di questa analisi era la riduzione della vita umana al suo significatoproblematico.[24]

Essendo la problematicità dell'uomo investita dalla drammaticità del suo esistere di fronteall'essere, al suo senso e significato, la scelta di tale problematicità e l'assunzione dellapossibilità comporta, pertanto, il porre necessariamente l'uomo al centro della ricercafilosofica poiché

i problemi della filosofia concernono veramente l'essere dell'uomo; e non già dell'uomo ingenerale; ma del singolo uomo, nella concretezza del suo esistere, e sono appelli o richiami alui rivolti perché venga in chiaro con se stesso, assuma le sue responsabilità e prenda le suedecisioni. La prima manifestazione di un serio impegno in un problema filosofico è la suaautentificazione: la quale esige in chi se lo propone, lo sforzo fondamentale del suo essere cuiil problema si riferisce. [...] Questo processo di autentificazione, per quel che riguarda ilproblema dell'esistenza, è il processo stesso del raggiungimento della costituzione dell'io.[25]

La problematicità, strutturandolo di fronte all'essere, pone l'uomo nel campo dellaresponsabilità di dover dare senso al suo essere uomo attraverso la presa di coscienza dellasua esistenza, la quale, in quanto "è rapporto con l'essere", "non può riconoscersi e porsiche come questo rapporto, realizzandolo per quello che è nella sua problematicitàfondamentale".[26] Sotto questo profilo "la problematicità fa consistere l'esistenza in se

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stessa, impedendole il riferimento impossibile a ciò che non è se stessa e dandole lasostanza che le è propria".[27] Pertanto, dato che la filosofia ed il filosofare sono elementi,opere strettamente personali, in quanto è messo in gioco il destino proprio dell'uomo, il suorapporto con il mondo e con gli altri uomini e il suo impegno nei confronti dell'umanità,[28]

l'uomo in quanto filosofo è essere pensante che prende, filosofando, coscienza dell'esistenzanei suoi caratteri più specifici quale la possibilità, la problematicità, la finitudine.[29] Ciò inragione del fatto che, secondo Abbagnano:

un sapere problematico è un sapere possibile, che implica la possibilità di non sapere. Esso èquindi incessantemente accompagnato dal dubbio che è appunto il riconoscimento dellapossibilità negativa implicita in ogni sapere positivo: la possibilità dell'errore, della perdita edello smarrimento del sapere possibile. Il sapere necessario definisce la vita pensante di unessere infinito. Il sapere problematico definisce la vita pensante di un essere finito. Finitudinenon significa qui che problematicità: non esprime che la problematicità costitutiva di unsapere che è sempre la possibilità del non sapere. L'uomo è il solo essere pensante finito; ilsapere problematico perciò costituisce la condizione e il modo d'essere dell'uomo. Se si chiamaesistenza il modo d'essere dell'uomo, il sapere problematico definisce ed esprime l'esistenza. Sirivela a questo punto quel tratto da cui l'esistenzialismo prende nome: l'identità tra esistenza efilosofia.[30]

In questo modo, il problema della possibilità pone, in Abbagnano, le basi per laconsiderazione della identità tra filosofia ed esistenza, in relazione alla problematicità delsapere ed alla sua possibilità di realizzazione e, quindi, di conoscenza, in quanto unaconcezione dell'esistenza è sempre una risposta agli interrogativi più impellenti checaratterizzano la problematicità della stessa esistenza.[31] Questo vuol dire, perAbbagnano, che la filosofia deve soffermarsi soprattutto a considerare gli aspetti menosoddisfacenti e più inquietanti della vita,[32] perché:

una considerazione pensante problematica, in quanto finita, è una considerazioneesistenziale; e la condizione o il modo d'essere che definisce ed esprime è l'esistenza. Peresistenza si deve infatti intendere la condizione o il modo d'essere dell'uomo; e l'uomo è il soloessere pensante finito. L'esistenza, caratterizzata essenzialmente da un sapere problematico, èessa stessa una condizione o un modo d'essere problematico. L'uomo non ha una naturadeterminata e determinante: è il problema stesso della sua natura. Non è ragione né istinto,né alcuna di quante altre determinazioni gli si possono ascrivere; non è angelo né bestia. Puòessere l'una e l'altra delle determinazioni che gli si presentano come possibilità inerenti allasua condizione problematica e gli si offrono quindi nella forma dell'alternativa e della scelta.

I chiarimenti addotti sulla filosofia intesa come considerazione pensante problematica, daun lato restringono, dall'altro allargano il dominio della filosofia. Lo restringono all'uomo edal suo modo d'essere, sottraendo la filosofia all'illusoria pretesa di valere come un saperedivino nel mondo. L'allargano perché, restituendo la filosofia all'uomo e al suo modod'essere, le riconoscono la possibilità di intendere tutti gli aspetti e gli atteggiamentidell'uomo, evitandole il ripiego di confinare nell'apparenza, nell'errore e nell'arbitrariobuona parte di questi elementi. Se come considerazione problematica finita, la filosofia èconsiderazione esistenziale, nulla di ciò che è umano le è o le deve essere estraneo. Il suoproblema è il problema stesso dell'uomo come tale; la sua problematicità è la problematicitàstessa dell'esistenza.[33]

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3. L'esistenza tra strutturale problematicità e possibilità didecisione

L'uomo, in questo modo, è fondamentalmente questa esistenza problematica, strutturaleed originaria,[34] che vive una situazione di instabilità esistenziale in quanto problematicitàradicale e qualifica la stessa esistenza nella sua modalità problematica originariaesprimendola come un possibile collocato in una determinata situazione.[35] Taleproblematicità, radicandosi nel passato per protendersi verso il futuro dal quale le puòsopravvenire il consolidamento o la perdita delle sue possibilità,[36] se da una parte mettein evidenza che la temporalità è proprio l'orizzonte della finitudine e l'espressione dellaessenziale problematicità dell'ente nel suo rapporto con l'essere,[37] dall'altra, mostra chel'esistenza ha la struttura di un movimento,[38] di una ricerca che procede da uno stato diindeterminazione iniziale ad uno stato di determinazione finale. Pertanto è dalla rispostaall'appello degli interrogativi umani che dipende il senso ed il futuro dell'uomo e, dunque,concretamente, la positività dell'esistenza in quanto orizzonte di significazione e direalizzazione che, attraverso la dimensione dell'appello e della scelta, apre verso ladecisione mediante la quale l'uomo tende ad incamminare l'indeterminazione propria dellasua struttura esistenziale, la sua possibilità originaria, verso il senso nel quale può esseresvelato il significato dell'esistenza.[39] Infatti, dato che "il problema che l'uomo pone a sestesso, è l'essere stesso dell'uomo come problema di se stesso",[40] la problematicità è lasua costituzione esistenziale, essa definisce in un senso preciso l'essere dell'uomo, in quantol'esistenza dell'uomo si pone e si colloca esattamente sul fondamento della indeterminazioneproblematica che esprime il senso e l'essenza di ogni atto esistenziale, e non si esaurisce insé, ma è un movimento che va sempre al di là, cercando di saldare la fase iniziale con quellafinale. Questo per Abbagnano significa che la definizione dell'esistenza dell'uomo comeproblema, comporta riconoscere che all'uomo l'essere non è mai dato come identità o comepossesso stabile o totale. L'instabilità del possesso dell'essere caratterizza il senso dellaricerca dell'uomo. Di conseguenza se l'esistenza non trascendesse l'uomo, questi sarebbenella sua finitudine la totalità dell'essere, ma questa situazione non è possibile, perché nonpotrebbe esserci esistenza al di là del singolo.

L'esistenza, intesa in tal senso, costituendo la specifica dimensione del vivere umano intutta la sua positività, il vivere umano, che si realizza nella libertà, nella decisione e nellascelta, fa emergere la "possibilità" nella sua portata categoriale e normativa, in modo cosìda costituirsi in esistenza autentica, nella realizzazione dell'uomo come una unità propria inun mondo ordinato ed in una comunità che gli offra garanzia di solidarietà e comprensione.In questo modo, l'uomo, definendosi in rapporto al mondo e in rapporto agli altri,sperimenta la temporalità nel costituirsi della condizione della storicità che pone l'uomo inuna situazione di continua opzione esistenziale la quale diventa la norma del suo stessovivere ed umanizzarsi.[41] Da questo punto di vista, per Abbagnano:

la sostanza problematica della natura esistenziale è così la norma della mia decisione, normache si sottrae all'indifferenza e all'equivalenza delle possibilità e le raccoglie e le valuta sulfondamento della loro unità sostanziale.[42]

L'esistenza dell'uomo è, dunque, problematicità che assume addirittura caratterestrutturale. La struttura, per Abbagnano

esprime la natura dell'atto esistenziale, in quanto è un atto di indeterminazione problematica.

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La struttura è il movimento che pone e giustifica una situazione avvenire, che è il significatoautentico e il valore della situazione dalla quale muove la decisione. La struttura non eliminal'indeterminazione problematica, anzi la costituisce.[43]

Nella posizione di questo atto esistenziale si rivela l'esistenza nella sua assoluta libertà, ladecisione non è mai una decisione presa una volta per tutte, il rischio non è mai eliminato el'indeterminazione non è abolita. Il rinnovamento della decisione viene richiesto dallaessenza problematica della struttura. L'atto esistenziale come decisione autentica si haallorché la considerazione del rischio e la responsabilità che il rischio implica sono partiintegranti di esso. Nella struttura, cioè, l'uomo decide, sceglie se stesso, del suo proprioessere, perché "la costituzione della struttura implica [...] un dover essere, una norma nellacostituzione dell'ente".[44] La scelta consente all'uomo di realizzarsi nella sua struttura diente che possiede il proprio essere. L'umanità dell'uomo, cioè, si concreta realmente cometensione appassionata nell'adeguazione alla norma che è l'atto mediante il quale l'uomoritrova e vive la sua unità nel rapporto totale dell'essere con se stesso nella struttura.[45]

La normatività della struttura offre all'uomo la garanzia della possibilità delladeterminazione della propria esistenzialità mediante il riconoscimento della propriafinitudine che lo apre all'impegno, alla scelta, alla libertà, all'autenticità e allatrascendenza.[46] Sotto questo profilo, l'atto costitutivo della decisione determina l'uomocome individualità autentica, che possiede un destino, e con questo atto l'uomo si trascende,in quanto il movimento della struttura costituisce il movimento con il quale l'uomo siassume l'impegno di ancorare la sua individualità finita ad una sfera che la trascende e dallaquale essa ricava il suo significato.[47] A tal proposito Abbagnano osserva che

la decisione su me è la decisione sull'essere, che mi deve appartenere, che deve costituire ilmio essere autentico. La scelta che faccio è la scelta che costituisce non solo la miainconfondibile verità finita, ma anche, e con lo stesso atto, una sfera dell'essere che diventa ilmio proprio possesso. Il movimento della struttura appare sotto questo aspetto, il movimentocon cui io decido di ancorare la mia individualità finita ad una sfera che la trascende e dallaquale essa ricava l'intero suo significato.[48]

In questo senso l'esistenza è trascendenza e l'atto costitutivo della struttura esistenziale èun atto di trascendenza.[49] Nell'atto di trascendenza il movimento della struttura trova lasua completa realizzazione. Nella trascendenza, allora, l'uomo riconosce il significato ultimodella finitudine, della sua insufficienza, del mistero della sua esistenza, scoprendo ilsignificato dell'esistenza che è mediazione dell'immediatezza della problematicità operatamediante il riconoscimento e giustificazione dell'immediatezza problematica costituitaconcretamente dalla finitudine umana. In altre parole, la trascendenza è un trascendersi,un procedere al di là della pura immediatezza della iniziale situazione problematica, perritrovarsi ciò che si è nella propria radicale umanità come struttura d'indeterminazioneproblematica, cioè, come possibilità.[50] Infatti, "la trascendenza realizza il significatoautentico di quello che sembra (e non è) il suo opposto: dell'immanenza", proprio perché"l'immanenza è il rapporto totale dell'essere con se stesso".[51] Questo determina che, perAbbagnano, poiché "la trascendenza dev'essere definita come possesso", perché "l'essere sipossiede solo in quanto si trascende, cioè solo in quanto si costituisce a strutturaesistenziale",[52] l'uomo "possiede il suo essere, nel senso della libertà e dellatrascendenza",[53] costituendo l'esistenza come essenziale tensione verso la compiutezzaumana definitiva.

Tuttavia, dato che, proprio in ragione di questa tensione essenziale l'uomo non è l'essere

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nella sua pienezza e non è neppure l'esistenza nel senso pieno e totale, la trascendenzadell'essere si rivela come fondamento della comprensione coesistenziale, all'interno delquale sussistono possibilità infinite di incontro fra me e l'altro, e come norma costitutivadell'uomo,[54] in quanto il dover essere, che si esprime nella possibilità della realizzazionedella sua individualità finita, lo aggancia all'essere[55] e lo immette nella comunità esistente,esprime l'impegno dell'uomo verso l'essere che deve appartenergli come proprio e verso lacomunità con la quale comprendersi nella solidarietà.[56] Tale prospettiva pone, altresì, inquestione la realtà del mondo intesa come determinazione fondamentale della strutturadell'uomo, poiché fa dell'uomo un ente del mondo che lo pone in un rapporto necessario conl'essere e con gli uomini e quindi, sostiene ancora Abbagnano, in una totalità incondizionatache lo comprende.[57] Infatti, per essere veramente se stesso, l'uomo deve essere inrapporto con l'essere e con gli uomini attraverso il mondo, in quanto "riconoscere oconsiderare il mondo significa riconoscersi e considerarsi nel mondo. Proporsi il problemadella costituzione del mondo significa proporsi il problema di sé come ente nel mondo".[58]

L'essere nel mondo dell'uomo pone l'uomo in un rapporto di coesistenza tra la compresenzadegli altri enti e lo spinge verso il superamento della propria solitudine esistenzialefacendogli sperimentare, nella trans-soggettività trascendentale, la con-soggettivitàesistenziale concretata nelle diverse forme dell'amore e della comunione.[59] Ciò in ragionedel fatto che "l'atto con cui l'io si rinsalda a se stesso, ponendosi come rapporto con l'essere,si fonda sull'atto con cui egli si rinsalda all'altro, ponendosi come rapporto con l'esistenza",per cui, in questo modo, "la trascendenza costitutiva dell'unità, fondandosi nellatrascendenza costitutiva della coesistenza, realizza l'universalità dell'unità".[60]

Condizione fondamentale di questo rapporto e di tale determinazione dell'uomo nel mondoè la corporeità. Essa è un fatto originario e irripetibile, perché:

l'atto della rivelazione del mondo all'uomo è l'atto stesso con cui l'uomo si radica nel mondo esi riconosce originariamente come ente nel mondo. Questo atto è la sensibilità. La funzionetrascendentale che l'unità dell'io esercita rispetto al mondo, condizionando il mondonell'essere che gli è proprio, cioè nel suo ordine, si riflette immediatamente nellacondizionalità che il mondo esercita a sua volta rispetto all'uomo nella sua capacità diattuarsi e di determinarsi come ente nel mondo. Il fatto originario che l'uomo realizza nelrapporto esistenziale la condizione del mondo, determina il fatto sensibile che l'uomo èincluso nel mondo ed ha bisogno del mondo. Che la condizione trascendentale del mondorisieda nell'uomo e precisamente nel rapporto esistenziale che gli è proprio, implica chel'uomo si costituisca come elemento del mondo e si radichi nel mondo per la possibilità stessadel suo esistere. Ma che l'uomo sia elemento del mondo implica che il mondo sia una totalitàdi elementi di cui l'uomo faccia parte. Il rapporto esistenziale determina così il costituirsi diuna totalità di elementi, nel cui ordine l'uomo si inserisce in virtù dello stesso rapporto. Invirtù di tale inserzione l'uomo è condizionato dal mondo: ha bisogno degli elementi delmondo per la sua realizzazione.[61 ]

Il bisogno, continua Abbagnano, è la realtà che caratterizza la situazione dell'uomo nelmondo e determina il rapporto con le cose, in quanto esso implica l'esteriorità deglielementi del mondo tra loro e con l'uomo in quanto elemento del mondo, in altri termini,implica la corporeità di tali elementi e dell'uomo stesso. Nella realtà dell'uomo nel mondo,attraverso la dimensione della corporeità, la temporalità acquista il significato dell'essenzadell'esistere dell'uomo nella sua finitudine. Tuttavia il rapporto dell'uomo con il mondoassume lo specifico carattere di indeterminazione, perché sostiene il nostro autore, se irapporti dell'uomo con se stesso, con gli altri uomini e con le cose fossero determinati efissati una volta per sempre, l'esistenza non sarebbe problema. Anche se tali rapporti

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possono variare secondo determinate condizioni, la situazione dell'uomo sarebbe priva diqualsiasi indeterminazione per cui non offrirebbe nessuna possibilità di porre il problema. Ilriconoscimento della indeterminazione del rapporto dell'uomo con le cose e con il mondo, agiudizio di Abbagnano, è il primo momento fondamentale per la considerazione delleemergenze antropologiche che qualificano l'uomo come tale.[62]

4. La possibilità come "valore"

La garanzia della possibilità, che appartiene alla struttura esistenziale, proprio perchél'esistere è l'atto con cui una possibilità è ricondotta alla forma universale della possibilità, diessere e realizzare pienamente la propria umanità costituisce, per Abbagnano, un valoreche non solo va riconosciuto, custodito, ma va, anche, continuamente ricercato e realizzato.Questo perché:

il problema del valore è il problema dell'uomo che, lanciato nel molteplice degli avvenimenti,messo di fronte a mille possibilità diverse ed escludentisi, incerto di sé e del suo destino, va incerca frettolosamente di un saldo filo conduttore che gli consenta di uscire dal pelago e diritrovare la sua strada e se stesso.[63]

Strettamente connesso con l'essere dell'uomo e con la prospettiva della compiutezza dellasua umanità, il valore si presenta trascendente come dover essere, in quanto "il valorecome dover essere è l'essere nella sua trascendenza",[64] e si configura come un doveressere normante per l'essere stesso dell'uomo. Proprio per questa dimensione normativa odi dover essere, per Abbagnano, il valore è sostanza che, appunto perché sostanza, rivela ilsuo rapporto intrinseco con la costituzione dell'uomo e in quanto tale si offre all'uomo, sidimostra essere come nucleo sostanziale del suo essere, perché esso è ciò che l'uomo èsostanzialmente chiamato ad essere. La possibilità di essere per l'uomo ciò che egli èchiamato ad essere concreta, in questo modo, il valore come una realtà che concernel'esistenza e lo fa apparire come possibilità trascendentale della radicalità dell'uomo inquanto uomo. Tra essere, possibilità e valore c'è una intrinseca relazionalità che, svelando,la radicalità dell'esistenzialità dell'umano, fonda ogni possibile tentativo di dare consistenzaall'umanità dell'uomo al di là delle derive nichiliste che hanno caratterizzato diverseespressioni dell'esistenzialismo del novecento. L'articolazione di essere, possibilità e valore,esprime la libertà dell'uomo come possibilità e impegno orientati a realizzare la compiutezzadell'esistenzialità umana nella quale l'uomo trova veramente se stesso.[65] Da questo puntodi vista, a giudizio di Abbagnano,

trascendere verso il valore, lavorando per esso, l'uomo tende ad uscire dalla labilità della suavita temporale e a riconnettersi a qualcosa di permanente e di eterno. Il valore gli apparecome sopratemporale e intemporale. E tale esso è ontologicamente, come dover essere,sostanza e realtà obiettiva di fronte all'insufficiente e mutevole essere dell'uomo.[66]

Anche se la condizione di finitudine, la frammentarietà dell'esperienza della vita nel tempoe nello spazio, per Abbagnano, non può essere superata e annientata con l'eterno, data lastrutturale problematicità della rapporto che l'uomo ha con la totalità del suo essere laquale, nel caso in cui impattasse con esso, di fatto, scomparirebbe. Tuttavia, poiché laradicalità di questa problematicità non può essere elusa, l'articolazione di esistenza,possibilità e valore, costituendo il modo d'essere dell'uomo nella sua radicale problematicità,s'invera e s'incarna "nell'impegno esistenziale, per il quale l'uomo trascende verso il valore,

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cioè verso il significato autentico della coesistenza, di se stesso e del mondo",[67] nellatensione della realizzazione della propria compiutezza umana di cui deve prendernecontinuamente coscienza.

5. Nascita e morte come concrezione della curvatura etica dellapossibilità

La presa di coscienza da parte dell'uomo della propria condizione ineliminabile di esserefinito avviene attraverso la considerazione di nascita e morte, le quali essendo duecaratteristiche che determinano l'esistenza come problema e conferiscono il significatoultimo dell'autenticità del problema, sono le determinazioni fondamentali dell'esistenza.Questo perché, a giudizio di Abbagnano, nascita e morte:

non sono fatti; non sono, come si ritiene comunemente, i termini obbligati dell'esistenzaumana, o della vita in generale. Sono possibilità che sta all'uomo di riconoscere e accettare odisconoscere ed ignorare. Riconoscere che si nasce significa per me riconoscere che la miaesistenza non è tutta l'esistenza, che essa è legata, quanto alla sua stessa origine all'esistenzadegli altri: e significa perciò riconoscere la comunità con la quale coesisto e che mi ha datoorigine. Rendersi conto del fatto originario (che tutti verbalmente ammettono ma che nontutti realizzano nel suo significato esistenziale) che si nasce, significa rendersi conto dellanatura essenziale, costitutiva dei vincoli che legano l'uomo alla comunità e del carattereconcreto e individuale della propria esistenza: il che significa riconoscere la dignità el'importanza degli agli rispetto alla mia stessa esistenza. L'esistenza non basta a se stessa: allasua origine deve essere posto un atto di trascendenza verso l'esistenza: la trascendenza versol'esistenza è la coesistenza. L'uomo nasce dall'uomo. Questo esprime tipicamente la necessitàdella coesistenza per l'esistenza: l'insufficienza dell'esistenza a se stessa, la necessità diritrovarsi nella sua coesistenza.[68]

Questo è possibile perché,

nascita e morte si riferiscono al fondamento coestistenziale dell'esistenza. L'esistenza nascedall'esistenza, l'uomo dall'uomo. La nascita è la possibilità che l'uomo crei l'uomo, l'esistenza.La morte è la possibilità che l'uomo sia tolto all'uomo, l'esistenza all'esistenza. Nascita emorte non sono i termini estremi tra i quali corre l'esistenza: sono determinazionifondamentali dell'esistenza, costituiva della sua essenza. L'esistenza è, nella stessa natura,nascita e morte.

La nascita esprime l'originarietà del legame coesistenziale. L'esistenza è originariamentelegata all'esistenza, quanto alla sue stessa origine. In quanto soggetta alla nascita, essa rivelala sua problematicità fondamentale, quella problematicità per la quale è rapporto con semedesima. In quanto soggetta alla morte, l'esistenza rivela la stessa problematicità in quantoè possibilità che il suo rapporto con se medesimo vada scisso o perduto. L'uomo è nascita inquanto è morte ed è morte in quanto è nascita. Le due determinazioni fondamentaliesprimono identicamente l'essenziale problematicità dell'esistenza: quella per la quale essa èrapporto con se medesima".[69]

Con il riconoscimento da parte dell'uomo di queste due determinazioni fondamentalidell'esistenza che è, essenzialmente, problematica, Abbagnano radicalizza, ulteriormente,accentuandolo, l'atto di problematicità fondamentale. Questo è, un atto che lo inserisce nellacoesistenza e lo vincola ad essa in modo definitivo e cruciale. L'uomo, con tale atto, fa il suo

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ingresso nella comunità che determina decisivamente la sua individualità e nello stessotempo gli si manifesta come una rinascita. Nascita e morte esprimono il significato concretodell'esistenza dell'uomo che oltre ad essere problematicità fondamentale è temporalità e sicoglie nella sua costituzione di originarietà. Nel riconoscimento di queste determinazionifondamentali dell'esistenza umana l'uomo

si assume e si attua nel proprio destino, si consolida in quello che originariamente è:coesistenza, io, unità, ragione, corporeità, e si dispone ad assumere liberamente il destino chegli è proprio. Senza rimpianto, senza illusione, egli assume di essere quello che è: uomo. Esolo allora può dire di avere inteso e realizzato il problema dell'esistenza come vero, autenticoproblema.[7 0]

In modo particolare, la morte non essendo la fine dell'esistenza,[71] poiché questa èstruttura, rappresenta l'espressione suprema della temporalità, in quanto "esprime il sensoproblematico della forma totale dell'ente ed è quindi connessa alla natura dell'entestesso",[72] cioè dice, concretamente, che la natura propria dell'uomo è data dalla morte

non come fatto che accade inevitabilmente nell'ordine necessario delle cose naturali, macome possibilità sempre presente, sempre connessa a tutte le possibilità umane. Come fattoessa ci è estranea, come possibilità essa determina tutta la nostra natura e tutta la nostraesistenza. Il senso della morte è infatti il senso della problematicità dell'esistenza e quindi dellasua temporalità.[7 3]

Questo perché

il movimento che va dalla problematicità costitutiva della vita al fondamento di questaproblematicità, dalla possibilità in possesso dell'uomo alla possibilità trascendentale costitutivadel possesso, è riconosciuto come il movimento che pone l'uomo nella sua finitudine e diquesta libertà si rivela allora condizione suprema la morte: nella fedeltà alla morte comeaccettazione e riconoscimento del rischio fondamentale dell'esistenza, è il vero destinodell'uomo, la possibilità della sua costituzione autentica nella storia.[7 4]

6. Conclusione

Nicola Abbagnano ha definito il suo esistenzialismo come esistenzialismo positivo. Ilsignificato di questa forma di esistenzialismo sta nell'affermazione che la vita, purmuovendosi nell'ambito della possibilità, e quindi del dubbio, si chiarisce però agli individuiin forma intrinsecamente "normativa", come dover-essere, consentendo a ognuno dimantenere la propria dignità, la funzione critica, la libertà.[75] Abbagnano tende,principalmente, a sottolineare che la problematicità fondamentale dell'esistenza può essereaffrontata dall'uomo non con quegli atteggiamenti angoscianti, deprimenti e dagli esitinichilisti di alcune figure importanti dell'esistenzialismo, ma mediante l'uso razionale chevede nella categoria della possibilità l'elemento caratterizzante la positività dell'esistenzaumana. Con Abbagnano l'esistenzialismo si apre a molteplici influssi, presentandosi nellasua accezione più interpretativa dell'esistenza offrendo così un valido contributo per lapossibilità di cogliere un senso da dare o da acquisire per l'uomo. Infatti, l'esistenzialismopositivo mette in evidenza che la categoria della possibilità, inerente alla struttura

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dell'essere e della persona, apre la via ad una conclusione positiva. Non a caso l'ulterioresbocco del filosofare di Abbagnano, nella dimensione sociologica ed etica, secondo la quale laricerca dell'uomo avviene in un contesto sociale nel quale l'uomo stesso può realizzare i suoiprogetti nell'ottica dell'auto-comprensione della sua esistenza problematica e dellapossibilità come fonte originaria di tutta la sua determinazione e struttura esistenziale,determina concretamente quella fondamentale comprensione dell'esistenza dell'uomointesa come possibilità e ricerca di senso, all'interno della quale metodologie, conoscenze,sistemi di pensiero sono necessari per la percezione di una possibile risposta al sensodell'uomo che nella libertà si coglie come essere aperto e coesistenziale.[76] La positivitàdell'esistenza diviene, di conseguenza, positività. Il carattere fondamentalmente etico dellafilosofia di Abbagnano emerge con evidenza estrema nella considerazione dell'uomo cheesprime l'accettazione e la scelta di se stesso come problematicità e diventa di essapienamente cosciente, ed in questa decisione fondamentale egli vive la sua trasformazioneesistenziale come fondante il suo esistere.[77]

Copyright © 2006 Calogero Caltagirone

Calogero Caltagirone. «Tra "scelta" e "possibilità". Curvatura etica dell'esistenzialismo di NicolaAbbagnano». Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 8 (2006) [inserito il30 aprile 2006], disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/dialegesthai/>,[99 KB], ISSN 1128-5478.

Note

1. L'esistenzialismo come fenomeno culturale ha caratterizzato il periodo tra le due guerremondiali ed ha trovato espressione durante e dopo la seconda guerra mondiale, infatti, "apartire dall'inizio degli anni quaranta, quando ormai gli eventi epocali, che hanno marcatoil nostro secolo avevano raggiunto il loro grado di massima intensità, e anche tragicità,l'esistenzialismo si diffonde come fenomeno culturale europeo: la filosofia dell'esistenza,nata nel nome di Kierkegaard si è ormai spinta ben oltre i luoghi deputati della filosofia, eora attraversa la letteratura, la psichiatria, le riflessioni sulla relazione, fino a porsi comeuna specifica forma di vita nei tratti della quotidianità". P. A. Rovatti, Esistenzialismo, inP. Rossi (a cura), La filosofia, IV. Stili e modelli teorici del Novecento, Utet, Torino 1995,p. 88.

2. Dinanzi alla considerazione dell'"esistenzialismo" inteso come una vuota etichettastoriograficamente inutilizzabile, la necessità di alcune precisazioni di ordine metodologicoe critico implica il riferimento obbligato alle seguenti coordinate: "a) L'esistenzialismo nonè né una vuota etichetta, né un nominalismo equivoco, né tanto meno una semplicemoda, bensì una specifica "atmosfera" culturale e filosofica [...]. Atmosfera che, a un certopunto ha unito una serie di autori, i quali, in un determinato momento della loroelaborazione teorica (come testimoniano i loro scritti) si sono trovati a essere "partecipi" diessa, sebbene, in seguito alcuni di essi abbiano intrapreso altre strade. b) Parlare di"esistenzialisti", anziché di esistenzialismo, non risolve il problema, ma lo sposta soltanto,rivelandosi alla resa dei conti, un inutile accorgimento, in quanto, per catalogaredeterminati autori come esistenzialisti, bisogna già presupporre un concetto generale diesistenzialismo. Concetto che, in ogni caso, appare più soddisfacente e storicamentedeterminato di quello di "filosofia dell'esistenza". c) Il fatto che l'esistenzialismo, anzichéessere una "scuola" o un corpo sistematico di dottrine ruotanti intorno a un ben precisonucleo teorico, rappresenti una fluida e sfaccettata "atmosfera" di pensiero, che raggruppa

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in se stessa una pluralità articolata di posizioni e soluzioni (talvolta opposte fra di loro),non esclude l'esistenza di alcuni tratti comuni, cioè di un orizzonte linguistico econcettuale affine. [...]. d) La natura controversa del termine "esistenzialismo" impegna glistudiosi che in qualche modo ne fanno uso a fornire taluni criteri di identificazione, chenon possono provenire da formule generiche o da schemi estrinseci di ordine valutativo epolemico [...] ma da una imparziale considerazione del fenomeno". G. Fornero,L'esistenzialismo come atmosfera culturale e filosofica, in G. Fornero, S. Tassinari, Lefilosofie del Novecento, Bruno Mondadori, Milano 2002, pp. 631-632.

3. "Quando si parla di esistenzialismo è bene distinguere fra l'esistenzialismo comesituazione storico-culturale e l'esistenzialismo come filosofia. Pur essendo strettamenteconnesse, "situazione esistenzialistica" e "filosofia esistenziale" [...] costituiscono due realtàdistinte. Infatti, pur potendo contribuire a promuovere una situazione esistenzialistica,ricadendo in essa come uno dei suoi elementi qualificanti, la filosofia esistenziale presentauna propria specificità nei confronti della situazione esistenzialistica. Inoltre, il nesso trasituazione esistenzialistica e filosofia esistenziale non è mai univoco, cioè descrivibile allastregua di una connessione diretta e inevitabile, in quanto non è detto che una situazioneesistenzialistica metta necessariamente capo a una filosofia esistenziale organizzatasecondo precise modalità teorico-linguistiche". G. Fornero, L'esistenzialismo comeatmosfera culturale e filosofica, in G. Fornero, S. Tassinari, Le filosofie del Novecento, p.632.

4. "a) Nelle filosofie cosiddette esistenzialistiche assume un rilievo tematico centrale lariflessione circa l'esistenza [...]. b) L'"esistenza" viene identificata dagli esistenzialistiinnanzitutto come un rapporto (o un insieme di rapporti) con l'essere. Partendo dallaconstatazione che l'uomo è l'ente che interroga se stesso intorno al proprio essere eall'essere in generale, gli esistenzialisti concepiscono l'esistenza non come una realtàcompiuta e autosufficiente, ma come un'entità qualificata dalla trascendenza, ossiacostitutivamente aperta a un oltre. La trascendenza non è intesa dall'esistenzialismo insenso tradizionale, ossia come attributo di Dio in quanto esiste "al di là del mondo", ma,sulla scia della fenomenologia, come il movimento per cui l'esistenza si protende versol'essere e si costituisce come rapporto con l'essere stesso". G. Fornero, L'esistenzialismocome atmosfera culturale e filosofica, in G. Fornero, S. Tassinari, Le filosofie delNovecento, p. 638.

5. È possibile caratterizzare l'esistenzialismo "come una reazione in linea generaleall'idealismo, a ogni idealismo compresi quelli che si erano prodotti tra fine Ottocento einizio Novecento come effetti della dogmatica positivistica e anche materialistica: reazionea ogni blocco di sapere in cui la verità, già organizzata, aveva finito per cancellare lacondizione dell'individuo o per ridurla a un margine insignificante e quindi aun'inconsistenza filosofica". P. A. Rovatti, Esistenzialismo, in P. Rossi (a cura), Lafilosofia, IV. Stili e modelli teorici del Novecento, p. 87.

6. Sono queste le istanze portate avanti, specialmente in Italia, dal cosiddetto "pensierodebole" rappresentato da G. Vattimo che, ispirandosi ad un confronto dialogico a distanzatra Heidegger e Nietzsche, ha scritto diverse opere dedicate alla formalizzazione edespressione di tale forma di pensare, nella convinzione di individuare in essi l'unicapossibilità per fuoriuscire dalle strettoie della modernità, in un allontanamento dallapresunzione metafisica dell'oggettività. Cfr. G. Vattimo, Essere, storia e linguaggio inHeidegger, Edizioni di Filosofia, Torino 1963; Ipotesi su Nietzsche, Giappichelli, Torino1967; Introduzione a Heidegger, Laterza, Bari 1971; Il soggetto e la maschera. Nietzsche eil problema della liberazione [1974), Bompiani, Milano 1983; Le avventure delladifferenza. Cosa significa pensare dopo Nietzsche e Heidegger, Garzanti, Milano 1980; Aldi là del soggetto. Nietzsche, Heidegger e l'ermeneutica, Feltrinelli, Milano 1981; Oltrel'interpretazione. Il significato dell'ermeneutica per la fisolofia, Laterza, Roma-Bari 1994;Credere di credere, Garzanti Milano 1996; Tecnica ed esistenza. Una mappa filosofica del

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Novecento, Einaudi, Torino 1997. Su Vattimo si vedano gli interessanti studi di C. Dotolo,La teologia fondamentale davanti alle sfide del "pensiero debole" di G. Vattimo, LAS,Roma 1999 e di L. Grion, Il problema etico nel pensiero di Gianni Vattimo. Considerazionisu forza e debolezza, tolleranza e carità, in C. Vigna (a cura), Etiche e politiche della post-modernità, Vita e Pensiero, Milano 2003, pp. 283-301.

7. N. Abbagnano, Esistenzialismo, in Enciclopedia del Novecento, II, Istituto dellaEnciclopedia Italiana, Roma 1977, p. 761. "Dobbiamo senz'altro riconoscere conAbbagnano che l'esistenzialismo ha messo al centro "il problema dell'uomo", ma è anchenecessario aggiungere: non lo ha fatto nella direzione dell'umanismo. Gli esiti post-esistenzialistici, tanto nella filosofia francese (Foucault, Derrida) quanto in quella italiana,ma certo anche nel dopo Heidegger in Germania, non hanno preso la via auspicata daSartre (o in Italia da Paci e dallo stesso Abbagnano), di un umanismo compiuto. In ognicaso, la "trasfigurazione" dell'esistenzialismo non si è compiuta attraverso il marxismoumanistico degli anni Sessanta, né attraverso l'approdo nell'empirismo razionale. Ciò a cuisi è pervenuti, prendendo sul serio il tema del rischio, opportunamente sottolineato daAbbagnano, è stato piuttosto il problema della paradossalità di ogni umanismo: lariconsiderazione, radicalmente critica, del rapporto tra soggetto e oggetto, tra uomo emondo. Le coppie razionalismo-irrazionalismo, ottimismo-pessimismo, sono divenuteobsolete, comunque inadeguate a incorniciare l'esistenzialismo: e bisogna riconoscere cheè stata proprio questa stagione filosofica, o soprattutto essa, a produrre tale obsolescenza.Così, oggi, siamo di fronte alla cosiddetta componente tragica dell'esistere, consideriamo laparadossalità del rapporto tra soggetto ed essere, lavoriamo attorno alla questione dellaidentità bloccata, oppure riconosciamo che il soggetto è mancante e comunque nondispone di se stesso, senza più bisogno di difenderci dal fantasma dell'irrazionalismo (o delnegativo, si diceva), o di arginare gli effetti distruttivi (o solo in apparenza gratificatori) delpessimismo. Come se quello della stagione esistenzialistica avvolgeva di pathos, oggiriuscissimo a osservarlo con lucidità, dando così alle idee dell'esistenzialismo, unamaggiore credibilità filosofica; non più espressioni della "crisi" e del disorientamento, omagari détours letterari e descrizioni senza nucleo teoretico, come spesso si è volutocredere, ma semmai ricerca di problemi e di modi linguistici per esprimerli". P. A. Rovatti,Esistenzialismo, in P. Rossi (a cura), La filosofia, IV. Stili e modelli teorici del Novecento,pp. 90-91.

8. Abbagnano, a tal proposito, scrive che "le filosofie esistenziali tendono infatti a mettere afuoco l'instabilità della realtà umana e della realtà tutta di cui essa fa parte. La loropolemica è, implicitamente o esplicitamente, rivolta contro il romanticismo ottocentesco ele sue derivazioni, per il quale il destino dell'uomo nel mondo è garantito in modoinfallibile da una forza infinita, che può essere variamente chiamata (Umanità, ragione,Superanima, Assoluto, ecc.), ma che in ogni caso ha il compito di sopperirne le deficienze,di rettificarne le deviazioni e di indirizzarlo inevitabilmente al trionfo definitivo del bene.Contro questa prospettiva consolante, per la quale, però, l'uomo deve essere consideratocome lo strumento, più o meno consapevole, di una Realtà superiore, l'esistenzialismofilosofico è condotto a mettere in luce gli aspetti dell'esperienza umana che smentiscono oalmeno rendono dubbia o problematica tale prospettiva. Esso insiste, perciò, in primoluogo, sulla instabilità e sul rischio di ogni realtà umana; e in generale su tutto ciò chelimita, condiziona e rende precaria o addirittura impossibile l'iniziativa umana nelmondo". N. Abbagnano, L'esistenzialismo in Italia, in Aa. Vv., La filosofia contemporaneain Italia. Società e filosofia di oggi, Arethusa-Società Filosofica Romana, Asti-Roma 1958,p. 150.

9. Abbagnano stesso ci offre un quadro sintetico della diffusione e dello sviluppo delletematiche esistenzialiste nel panorama culturale italiano. Egli scrive: "In Italial'esistenzialismo si è cominciato a diffondere negli anni che precedettero la seconda guerramondiale. La cultura italiana era in quegli anni dominata dall'idealismo romantico che,subito dopo la prima guerra mondiale si era affermato con Croce e Gentile. Per quanto

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politicamente separate dal loro atteggiamento nei confronti del fascismo, queste duepersonalità hanno esercitato sulla cultura italiana un'influenza analoga e cospirante, datala grande somiglianza delle loro filosofie. La loro stessa polemica filosofica rimaseinteramente nell'ambito dell'idealismo e non offrì temi o spunti per nuoveproblematizzazioni. La reazione contro questi epigoni del romanticismo assunse, pertanto,in Italia la forma di una riaffermazione della realtà dell'individuo umano nei suoi rapporticon gli altri individui e con gli oggetti naturali, e quindi anche della realtà della società,come comunicazione tra individui, e della natura. Questo significava riconoscimento dellarealtà finita dell'uomo, cioè dell'uomo non in quanto manifestazione dello Spirito Infinito,o dell'Atto Puro, ma in quanto soggetto ai rischi della natura e della storia. Questariaffermazione fu da un lato utilizzato da pensatori cattolici in generale dominati dainteressi religiosi, allo scopo di riproporre e giustificare il tema della trascendenza di Diorispetto all'uomo, alla natura e alla storia; dall'altro lato fu utilizzata come punto dipartenza per nuove ricerche intorno alla struttura finita dell'uomo in rapporto al suomondo naturale e storico-sociale. Sulla prima via si pose Armando Carlini che in unoscritto del 1936 utilizzava alcuni temi di Kierkegaard e Heidegger che poi furono da luisviluppati in numerosi altri libri. Con interessi analoghi ma con intonazione diversa,riferendosi soprattutto al Marcel, Luigi Pareyson studiava negli anni successivi le variemanifestazioni dell'esistenzialismo, e specialmente la filosofia di Karl Jaspers al qualededicava una monografia. Dall'esistenzialismo tuttavia egli traeva motivi e spunti per unaelaborazione di un personalismo spiritualistico che ha poi trovato la sua forma più maturanegli studi raccolti in Esistenza e persona". Dopo avere precisato che l'esistenzialismoitaliano si è concentrato sul tema della possibilità di comprendere l'uomo come ente finito,tra gli altri uomini e nel mondo, Abbagnano continua scrivendo che "i primi contributiall'analisi esistenziale [...] si ebbero con la pubblicazione dei Principi di una filosofiadell'essere di Enzo Paci e della mia La struttura dell'esistenza. Paci, assumendoesplicitamente nel suo libro alcuni presupposti dell'idealismo italiano concentrava la suaattenzione su due problemi, insieme connessi, che erano estranei a tale idealismo: ilproblema della personalità e quello della natura. Per Paci, infatti, l'esistenzialità dell'uomosignificava in primo luogo la sua naturalità: una naturalità tuttavia non paga di se stessama che trascende verso il valore e cerca di realizzarlo. La vita spirituale dell'uomo (lamoralità, l'arte, la religione) era infatti considerata da Paci come tensione fra essenza evalore: il che vuol dire: come valore che cerca l'esistenza o come esistenza che si ponecome valore. Assieme all'interesse per il mondo naturale, e quindi al riconoscimento dellavalidità della scienza, si presentava, perciò, in Paci, il problema del valore, che era rimastoestraneo all'esistenzialismo tedesco. Per mio conto, ne La struttura dell'esistenza, prendevoposizione nei confronti dell'esistenzialismo di Heidegger e di Jaspers additando una terzapossibile via all'analisi esistenziale". N. Abbagnano, L'esistenzialismo in Italia, in Aa. Vv.,La filosofia contemporanea in Italia. Società e filosofia di oggi, pp. 155-157.

10. A differenza di P. A Rovatti che, a tal proposito, parla di un congedo dall'esistenzialismoda parte di Abbagnano, (Cfr. P. A. Rovatti, Esistenzialismo, in P. Rossi (a cura), Lafilosofia, IV. Stili e modelli teorici del Novecento, 112), G. Fornero afferma che "l'incontrocon il neoempirismo e il neoilluminismo non ha coinciso, per Abbagnano, con unabbandono dell'esistenzialismo (positivo). Infatti, come testimonia l'ultima fase della suaproduzione [...], Abbagnano è rimasto fedele ai principi di fondo del proprio esistenzialismoe, coerentemente con il suo concetto di filosofia come "uso del sapere a vantaggiodell'uomo", ha continuato a praticare la filosofia alla stregua di una riflessione globale suiproblemi esistenziali (individuali e collettivi). Una riflessione coincidente con una forma dinuova "saggezza" impegnata a misurarsi con i problemi quotidiani del vivere (l'amore, ilmatrimonio, l'educazione dei figli, ecc.)". G. Fornero, Manifestazioni alternative dellafilosofia dell'esistenza, in G. Fornero, S. Tassinari, Le filosofie del Novecento, pp. 732-733.Per una ricostruzione di questo contesto Cfr. G. Fornero, F. Restaino, Storia della filosofia,X, La filosofia contemporanea, 4, TEA, Torino 1996, pp. 291-295 e pp. 299-306.

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11. Per Abbagnano, "l'esistenza non deve guardare al di là di sé, a ciò da cui muove -- il nulla-- o a ciò verso cui muove -- l'essere -- ma unicamente a se stessa, e deve realizzarsi nelrapporto con se stessa". N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, Il Saggiatore,Milano 1972, p. 52.

12. N. Abbagnano, L'esistenzialismo in Italia, in Aa. Vv., La filosofia contemporanea in Italia.Società e filosofia di oggi, pp. 152-153.

13. "Se il modo d'essere che inizia e contrassegna la filosofia, è l'essere a se stessa problema,questo modo d'essere, in quanto è proprio della totalità dell'essere, in quanto è proprio dellafilosofia, è proprio della totalità dell'essere, che ad essa è presente. La filosofia nasce comeesigenza di dare a se stessa la propria nascita: nasce cioè ponendo a sé il problema di sémedesima, costituendosi come problema. Il problema è dunque il modo d'essere che lacaratterizza. Ma se, [...], la filosofia è essa stessa una sfera dell'essere ed anzi una sfera checomprende tutte le altre, proprio è la forma universale dell'essere, in quanto ad essa èpresente. La filosofia è dunque l'essere che è problema a se stesso; e il problema esprime laforma universale dell'essere. Il problema proprio della filosofia si trasformaimmediatamente in problema universale. Il problema della filosofia è la forma stessa delproblema. E la forma del problema è la forma dell'essere, della totalità dell'essere. Ilproblema come forma universale è il problema dell'essere: è l'essere come problema". N.Abbagnano, La struttura dell'esistenza, Paravia, Torino 1939, pp. 22-23.

14. Trattare "della natura della filosofia significa ritenere già fermamente stabilito un puntoessenziale: la necessità per l'uomo, per ciò che egli è, per ciò che deve essere, del filosofare.[...]. C'è un senso -- ed è un senso assai antico -- in cui il filosofare si identifica conl'esistenza stessa dell'uomo e in cui (come Platone voleva) non si può essere uomo senzaessere filosofo". N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 18.

15. N. Abbagnano, Esistenzialismo positivo, Taylor, Torino 1948, p. 25.

16. Cfr. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 20.

17. Ibidem, p. 21.

18. "La filosofia non può fondarsi sull'illusione di rendere l'uomo spettatore disinteressato disé. Ogni chiarimento che l'uomo riesce a conseguire intorno a se stesso e anche quello chesoltanto s'illude di conseguire, entra immediatamente a costituire la sua esistenza, che nerisulta modificata. Il che vuol dire che la filosofia non ha un oggetto, nel significatoproprio del termine; ma soltanto un compito, e che questo compito consiste nell'impegnarel'uomo a quella forma o a quel modo di essere che egli giunge a ritenere suo proprio". N.Abbagnano, Esistenzialismo positivo, p. 25.

19. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, pp. 19-20.

20. N. Abbagnano, L'esistenzialismo in Italia, in Aa. Vv., La filosofia contemporanea in Italia.Società e filosofia di oggi, p. 117.

21. Abbagnano, a differenza di Heidegger, nel quale lo sforzo verso l'essere, che risolve in sé latotalità dell'essere, si rivela come ex-sistere, cioè come un distaccarsi dal nulla, ma in cui ilnulla rimane come orizzonte permanente dell'esistenza nella sua impossibilità di definirsicome attualità, per cui l'esistenza viene vista come assoluto installarsi nel rapporto con ilnulla (Cfr. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, pp. 12-13) che configura l'unicaautentica possibilità di esistere nell'impossibilità di esistere (Cfr. N. Abbagnano,Esistenzialismo positivo, p. 34), e di Jaspers, nel quale lo sforzo verso l'essere rimanesempre e necessariamente sforzo di fronte ad un essere che sta al di là dello sforzo il quale,come trascendenza, è inattingibile, per cui la situazione finale dello sforzo è lo "scacco"(cfr. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, p. 13) cioè la sua fondamentaleimpossibilità (cfr. N. Abbagnano, Esistenzialismo positivo, p. 34), propone unesistenzialismo positivo "che giustifichi il riconoscersi e il mantenersi dell'esistenza nellasua fondamentale problematicità, e lasci aperte le possibilità in cui essa si costituisce" (N.

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Abbagnano, Esistenzialismo positivo, p. 35), in modo tale che la possibilità resti possibilitàsempre aperta nella sua problematicità. Dal punto di vista della evoluzione del pensiero diAbbagnano è significativo notare che mentre in Esistenzialismo positivo, viene ancheconsiderata la posizione di Sartre, nel quale verificandosi l'equivalenza assolute di tutte lepossibilità umane, l'impossibilità della scelta "equivale alla nullificazione e alla perdita ditutte indistintamente le possibilità, quindi alla negazione dell'esistenza come tale" (N.Abbagnano, Esistenzialismo positivo, pp. 33-34), nell'Introduzione all'esistenzialismo,l'autore è convinto che "non sono possibili impostazioni esistenzialistiche diverse" da quelledi Heidegger e Jaspers e sua (Cfr. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 47).E questo perché "la superiorità dell'impostazione che io presento consiste nel fatto che soloin essa il problema dell'essere trova il suo fondamento come problema. Nelle altre due laposizione del problema è l'annullamento del problema [...]. Ricollocata nella sua vera basedi possibilità del rapporto con l'essere, l'esistenza trova in se stessa il suo significato positivoed autosufficiente. Essa non si nega realizzandosi, ma si afferma proprio in quello che è,cioè nella sua essenza o natura di rapporto. Ed il rapporto in cui essa consiste viene,dall'atto della sua realizzazione, ricondotto esso stesso alla sua natura, alla suaproblematicità fondamentale. La problematicità del rapporto con l'essere viene a consisterein se stessa e a insistere se stessa, realizzandosi come problematicità pura, come purapossibilità di un rapporto possibile". N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 47.In questo modo, Abbagnano intende contrapporre il suo esistenzialismo positivo a quellodi Heidegger e di Jaspers proponendosi l'obiettivo di superare le negatività del loro pensare.

22. N. Abbagnano, Esistenzialismo positivo, p. 20.

23. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, p. 36.

24. N. Abbagnano, L'esistenzialismo in Italia, in Aa. Vv., La filosofia contemporanea in Italia.Società e filosofia di oggi, pp. 157-158.

25. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, pp. 11-12.

26. Ibidem, p. 49.

27. Ivi.

28. La filosofia "mette in gioco il destino concreto, nel mondo e fra gli uomini, dell'uomo chevi si impegna. E poiché nessuno può decidere per un altro e assumere su di sé la scelta e laresponsabilità che spetta all'altro, il filosofare è quanto di più intimo e di più segreto c'ènell'esistenza del singolo: al quale nessuna parola luminosa, nessuna grande e bella veritàpuò diminuire il peso della decisione ultima. Tuttavia il singolo non è mai solo. Egli èbisognoso di aiuto ed è in cerca di aiuto: e l'aiuto può riceverlo e può darlo. Perciò ognunoin filosofia lavora per sé e per gli altri; ascolta la parola degli altri e ne fa nutrimento e vitaper la propria, la quale a sua volta sarà nutrimento e vita per gli altri. La filosofia non hal'universalità astratta della scienza, l'universalità che consiste nella identità del giudizio. Lasua universalità si chiama comprensione e solidarietà umana. È un'universalità nellaquale viene in luce, si riconosce e si attua nella sua essenza genuina coesistenzialedell'esistenza". N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 6.

29. "Che l'uomo esista, che l'esistenza sia il modo d'essere che gli è proprio, significa che egli sicostituisce non come essere, ma come rapporto con l'essere e possibilità di questo rapporto.La problematicità essenziale per qualsiasi cosa egli sia o subisca o intraprenda implica unadomanda, una ricerca, un rischio e la necessità d'una decisione, rivela che l'esseredell'uomo non è che possibilità di essere, cioè possibilità di costituire un qualsivogliarapporto con l'essere. Tale problematicità costituisce la finitudine dell'uomo". N.Abbagnano, Metafisica ed esistenza, in Aa. Vv., Filosofi italiani contemporanei, Milano1946, p. 8.

30. N. Abbagnano, Esistenzialismo positivo, p. 22.

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31. "Il richiamo all'esistenza, proprio dell'esistenzialismo, è il richiamo all'analisi dellesituazioni umane considerate come fondamentali, o essenziali o decisive o situazioni-limite, ecc, cioè alle situazioni umane più comune e ricorrenti, che meno si prestano adessere eluse o dimenticate, come quella per cui l'uomo ha bisogni, o deve lottare, o devemorire, o deve vivere con gli altri, ecc. ". N. Abbagnano, Sul metodo della filosofia, in Aa.Vv., La filosofia contemporanea in Italia. Invito ad dialogo, Arethusa-Società FilosoficaRomana, Asti-Roma 1958, p. 26.

32. La filosofia "ha perduto la fede nella stabilità dell'esistenza e si rifiuta di scorgere in essauna qualsiasi garanzia infallibile di verità, di bontà o di progresso. Perciò vedenell'esistenza incompiutezza, squilibrio, instabilità, precarietà, rischio, e riconosce in questiaspetti sconcertanti, elementi non già provvisori, ma costitutivi e fondamentali (quindiineliminabili) dell'esistenza stessa. C'è da meravigliarsi se un'arte e una letteratura chevivono nel clima di tale filosofia tendono ad esprimere soprattutto le incertezze, gli errori ele aberrazioni che rivelano, meglio di ogni altra cosa, l'instabilità dell'esistenza). Unproblema tuttavia si propone con sempre maggiore urgenza: se sia possibile, nonchiudendo gli occhi di fronte alla stabilità dell'esistenza, ma anzi accettandola erealizzandola sino in fondo, ritrovare la guida e l'orientamento per un'esistenza ordinata,sana e umana". N. Abbagnano, Filosofia, religione, scienza, Taylor, Torino 1967, pp. 5-6.

33. N. Abbagnano, Filosofia, religione, scienza, pp. 16-17.

34. "L'esistenza è il rapporto della problematicità con se stessa ed è la costruzione dell'uomonella sua problematicità originaria". N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, pp.55.

35. "All'uomo soltanto appartiene l'essere in questa forma problematica; la quale definisceperciò l'esistenza propriamente umana. Io (ognuno di noi può parlare in prima persona)compio un atto importante della mia esistenza: inizio o compio, ad esempio, un lavoro acui è legata buona parte della mia vita e dei miei interessi; lego il mio destino a quello diun'altra persona; affronto un danno o un pericolo in vista di un interesse che ritengosuperiore. In tutti questi casi il mio atto -- che chiamo decisione, ma che non è soltanto unatto di volontà che impegna tutto il mio essere e che meglio perciò può dirsi attoesistenziale -- il mio atto esistenziale, in tutti questi casi, implica una indeterminazione eperciò anche un rischio per me [...]. Questa determinazione reale, questa fondamentaleproblematicità è propria di tutti gli atti esistenziali". N. Abbagnano, Introduzioneall'esistenzialismo, p. 22.

36. "Il tempo infatti è la dimensione stessa della problematicità, la quale si radica nel passatoper protendere verso il futuro dal quale può sopravvenirle il consolidamento o la perditadelle sue possibilità". N. Abbagnano, Filosofia, religione, scienza, p. 20.

37. "Il riconoscimento della problematicità dell'esistenza implica il riconoscimento dellatemporalità dell'esistenza [...]. La temporalità del tempo non è che l'instabilitàfondamentale della possibilità esistenziale". N. Abbagnano, Esistenzialismo positivo, pp.42-43. "La temporalità definisce la natura, la costituzione ultima dell'uomo, perché è laproblematicità stessa del suo essere. Tutto ciò che l'uomo è, lo è in virtù della sua strutturaproblematica; e questa è la sua stessa problematicità". N. Abbagnano, Introduzioneall'esistenzialismo, p. 69.

38. "La natura temporale dell'esistenza costituisce la problematicità fondamentale. Per taleproblematicità ogni atteggiamento umano, in quanto è definito dalla temporalità, èmovimento verso l'avvenire". N. Abbagnano, Filosofia, religione, scienza, p. 111.

39. "Se l'esistenza umana è un possibile, che vive in un mondo di possibili, un criterio divalutazione non può essere estraneo al possibile stesso. Non possiamo ricorrere a un altroconcetto: semplicemente perché non l'abbiamo. [...]. Possiamo quindi dire: il criterio pergiudicare i possibili, e per scegliere a ragion veduta tra di essi, è lo stesso possibile. Ma peressere assunto come criterio di valutazione di se stesso, il possibile deve essere reintegrato

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nei due aspetti che lo costituiscono e non deve essere ridotto né solo alla sua faccianegativa e nullificante né solo a quella positiva e realizzante. Il possibile è qualcosa chepuò essere o può non essere. Il può essere fa parte del suo significato non meno del suopuò non essere: e reciprocamente. Non possiamo certamente sfuggire al riconoscimentoche ogni iniziativa o progetto umano è aleatorio e può finire in nulla. L'esistenzialismo sirifiuta cioè di cullarlo in un ottimismo troppo fiducioso che addormenterebbe la suavigilanza e lo esporrebbe senza difese a tutti i pericoli. Ma dall'altro lato, l'esistenzialismodeve rifiutarsi di paralizzare l'uomo, e di inchiodarlo all'inerzia e all'abbandonoprospettandogli unicamente la non riuscita e lo scacco di tutte le sue iniziative. Devepiuttosto condurre l'uomo alla libertà delle scelte tra queste iniziative, consentendogli discegliere, caso per caso, nel modo migliore e più ragionevole. Deve quindi incoraggiarlo aformarsi, in ogni campo, criteri di valutazione e di scelta che, senza avere l'illusoria pretesadell'infallibilità, riducano le possibilità dell'errore e siano continuamente suscettibili dimiglioramento". N. Abbagnano, Possibilità e libertà, Taylor, Torino 1956, p. 21.

40. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 21.

41. "La storicità è la normatività fondamentale dell'essere. È l'esigenza intrinsecadell'esistenza di uscire fuori dalla dispersione del tempo per attuarsi come unità che èprincipio e fondamento di un ordine eterno. È il dover essere della personalità nel tempo. Èl'uscire dal tempo nell'atto stesso di riconoscerlo nella sua natura e di riconfermarlo nellasua problematicità originaria. È il fronteggiare la capacità distruttiva e nullificante deltempo trasformandola in un rischio decisivo di riuscita o di fallimento. Attraverso lastoricità, l'uomo deve riconoscersi e attuarsi come destino". N. Abbagnano, Introduzioneall'esistenzialismo, p. 157.

42. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 53.

43. Ibidem, p. 24.

44. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, p. 151. "Per la possibilità trascendentale, lastruttura diventa dover essere, normatività". N. Abbagnano, Introduzioneall'esistenzialismo, p. 32.

45. "La norma è in un certo senso al di là dell'ente perché esprime l'atto con il quale lastruttura trascende la finitudine dell'ente; ma in un altro senso è interiore all'ente appuntoperché è la trascendenza costitutiva dell'unità dell'ente. La norma è al di sopra dell'ente(perché al di là della sua finitudine); e tuttavia è intima all'ente perché esprime l'esigenzapiù profonda della sua natura: quella della costituzione autentica. Perciò la norma assumeil carattere di una presenza divina che incute rispetto". N. Abbagnano, La strutturadell'esistenza, pp. 155-156.

46. "Il riconoscimento della finitudine connessa alla problematicità dell'esistenza umanaimplica l'impegno dell'uomo nell'esistenza. Impegnarsi significa scegliere il propriocompito e rimanere ad esso fedele [...]. L'impegno è tuttavia un'alternativa libera. Esso siradica nella problematicità del suo rapporto con l'essere. È l'atto con cui l'esistenza fa ditale possibilità la sua norma costitutiva e si realizza come esistenza autentica. L'esistenzaautentica è autenticamente rapporto con l'essere: con l'essere del singolo, che in virtù diessa è propriamente un io, cioè personalità, soggetto, ragione giudicante; con l'essere delmondo, che in virtù di essa si rivela nel suo ordine e vale propriamente come oggetto; conl'essere della comunità, che in virtù di essa si rivela nella sua unità solidale, nel suo destinostorico. Ma l'esistenza autentica, per sua normatività costitutiva, è essenzialmente libertà".N. Abbagnano, Le sorgenti irrazionali del pensiero, Biblioteca di Filosofia, Napoli 1923, p.9.

47. "La scelta esistenziale è la scelta della scelta. Essa è l'atto di trascendenza che instaural'unità originaria della forma dell'ente e per il quale l'ente assume di fronte a sé il rischio ela responsabilità del proprio essere". N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, p. 130.

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48. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 29.

49. "Il movimento fondamentale dell'esistenza nella sua struttura è la trascendenza. Comerapporto con l'essere, l'esistenza è trascendenza verso la trascendenza". N. Abbagnano,Metafisica ed esistenza, in Aa. Vv., Filosofi italiani contemporanei, p. 10.

50. "L'indeterminazione è lo stato proprio dell'uomo come possibilità di esere. L'uomo, nelproblema dell'essere, è nello stato di indeterminazione perché è stato indeterminazione[...]. L'uomo esiste in quanto, costituendosi col problema e nel problema dell'essere, escedall'indeterminazione che esso implica e muove verso il riconoscimento. L'esistere è unoltrepassamento dell'indeterminazione solo perché è un ritorno all'indeterminazione. [...].Se l'indeterminazione è l'essere come possibilità, l'esistere è il fondamento e la condizionedi tale possibilità, è la possibilità trascendentale. [...]. Nell'esistere l'indeterminazione sirealizza come rapporto con se stessa [...]. L'esistenza è il rapporto della problematicità conse stessa ed è la costituzione dell'uomo nella sua problematicità originaria". N. Abbagnano,Introduzione all'esistenzialismo, pp. 53-54.

51. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, p. 42.

52. Ibidem, p. 52.

53. Ibidem, p. 53.

54. "L'esistenza stessa, il suo atto costitutivo, quell'atto per quale appunto egli si pone comericerca e trovamento dell'essere, neppure gli è dato nella forma di un possesso esclusivo etotale. Non solo l'essere, ma l'esistenza medesima trascende l'uomo. Se l'esistenza nontrascendesse l'uomo, l'uomo sarebbe nella sua finitudine la totalità dell'esistenza. Non cisarebbe esistenza al di là del singolo, al di là di me. Ma poiché l'esistenza trascende l'uomoe gli è data solo nel rapporto della trascendenza, la finitiduine del singolo non esauriscel'esistenza. L'esistenza è trascendenza del verso l'esistenza: tale trascendenza è lacoesistenza". N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 99.

55. "Se la costituzione della mia individualità è espressa dal possesso, ch'io realizzo in essa,dell'essere, è evidente che esso implica simultaneamente la costituzione di questo essere".N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, 30.

56. "Il singolo nel far propria una possibilità determinata o nell'atteggiarsi di fronte ad essa,decide non solo di sé, ma anche, e nel medesimo atto, dei suoi rapporti con gli altri". N.Abbagnano, La struttura dell'esistenza, 38.

57. "L'esistenza, che è il mondo proprio dell'uomo, non è essere ma rapporto con l'essere;tuttavia, proprio come rapporto con l'essere, ricade nell'essere e si radica in esso. L'essere laricomprende come sua parte e la condiziona; e in tal modo si pone come totalità Questatotalità il mondo". N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, 165.

58. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, 166.

59. Cfr. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, 97-106.

60. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, 101.

61. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 97.

62. "L'ente che si costituisce e vive un problema dell'essere è l'uomo. L'uomo è l'ente che nonha altro modo di rapportarsi all'essere e di possedere l'essere che il problema [...]. Lo statodell'uomo definito dal problema dell'essere è l'indeterminazione. L'indeterminazione è lastessa problematicità del rapporto tra l'uomo e l'essere. Per l'indeterminazione l'essere è perl'uomo una possibilità. L'uomo può rapportarsi all'essere e l'essere può esser propriodell'uomo, costituirne il possesso. Ma questa possibilità non si immobilizza e non si fissamai in una necessaria immanenza dell'essere all'uomo o in un necessario dominiodell'essere sull'uomo. L'immanenza e il dominio si verificano solo nella formadell'indeterminazione per la quale l'uno e l'altro sono possibilità effettive sempre, realtà o

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presenza necessaria mai. L'indeterminazione è la natura propria dell'uomo in quanto nonha natura ed è il problema della sua natura". N. Abbagnano, Introduzioneall'esistenzialismo, pp. 52-53.

63. N. Abbagnano, Filosofia, religione, scienza, p. 39.

64. N. Abbagnano, Filosofia, religione, scienza, p. 44. "L'essenziale è il valore e il valore è al dilà del limite. L'uomo deve perciò procedere al di là del limite e trascendere verso l'essereche vale. Il valore nella sua trascendenza appare così come un dover essere che èessenziale all'essere dell'uomo". Ibidem, p. 45.

65. "Il valore esprime la normatività della struttura esistenziale, la sostanza del valore ètrascendente, solo perché si radica nel trascendentale dell'esistenza. E questa sostanza è lalibertà. Libertà e valore si identificano nel fondamento esistenziale" per cui si deve dire,secondo Abbagnano, che "vivere per il valore è vivere per la libertà". N. Abbagnano,Filosofia, religione, scienza, pp. 63-64.

66. N. Abbagnano, Filosofia, religione, scienza, p. 65.

67. Ibidem, p. 66.

68. N. Abbagnano, Esistenzialismo positivo, p. 9.

69. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, pp. 102-103.

70. Ibidem, p. 105.

71. "La morte non è una fine o un compimento, ma una possibilità che accompagna tutte lealtre e ne costituisce l'intrinseca limitazione. Essa è la possibilità del non possibile, chedomina e determina dall'interno ogni opera umana e ne fa un appello all'avvenire, cioèappunto una possibilità". N. Abbagnano, Esistenzialismo positivo, p. 11.

72. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, p. 170.

73. N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzialismo, p. 35.

74. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, cap. V-VI.

75. Abbagnano chiarendo la fondamentale differenza fra l'esistenzialismo italiano, definito dalui come positivo, e quello francese e tedesco che si smarriscono nell'angoscia del nullascrive che "l'insegnamento che scaturisce dal quadro di questi indirizzi dell'esistenzialismocontemporaneo è che l'equivalenza delle possibilità costitutive dell'esistenza, che è il lorocomune presupposto, conduce alla negazione dell'esistenza stessa come possibilità. Se tuttele possibilità che costituiscono l'esistenza sono, per un motivo o per l'altro, equivalenti,l'esistenza è impossibile. Questo riconoscimento fa vedere quanta importanza laconsiderazione del valore e della normatività abbia per l'esistenzialismo, che tuttavia negliindirizzi accennati l'ha trascurata completamente. Senza una soluzione positivadell'esigenza valutativa, la problematicità dell'esistenza si trasforma in necessità, lapossibilità in impossibilità, l'esistenza si nega nell'atto stesso che si riconosce. Nei confrontidi questo esistenzialismo, che si può chiamare "negativo", non perché neghi credenze,valori o realtà che sono fuori del suo raggio, ma perché nega lo stesso principio da cuimuove, l'esistenza, io propongo un indirizzo positivo che giustifichi il riconoscersi e ilmantenersi dell'esistenza nella sua fondamentale problematicità, e lasci aperte le possibilitàin cui essa si costituisce. Ad un esistenzialismo che vive sotto l'esclusivo segno diKierkegaard, il filosofo della possibilità impossibile, bisogna contrapporre unesistenzialismo che riporti Kierkegaard a Kant, e a quanti altri filosofi hanno lavorato pergarantire all'uomo il legittimo possesso dei suoi stessi limiti". N. Abbagnano,Esistenzialismo positivo, pp. 35-36.

76. Nel presentare una raccolta di propri articoli pubblicati nei "Quaderni di sociologia" tra glianni 1951-1959, Abbagnano, chiarendo che il suo intento è stato quello di semplificare eordinare il linguaggio sociologico, determinare con sufficiente approssimazione la natura e

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la portata degli strumenti concettuali e metodologici di cui la sociologia può disporre e,infine, precisare i rapporti tra la sociologia da un lato, la filosofia, le discipline storiche e lediscipline naturali dall'altro, scrive che "la storia mira a cogliere e a ricostruire queglieventi che, sotto un qualsiasi aspetto, sono significativi per la vita umana, cioècostituiscono la possibilità di nuovi indirizzi, orientamenti o sviluppi della vita stessa. Lasociologia mira a cogliere gli aspetti della vita umana per cui essa si presenta, nel suocomplesso, come un insieme di uniformità relative, quindi di ripetizioni possibili, che sonoimportanti nel loro complesso e non una per una; e tende anzi a risolvere l'eventoindividuale e propriamente storico nella trama dei rapporti minuti che si ripetonoquotidianamente. Il sacrificio di uno di questi indirizzi di ricerca a vantaggio dell'altro nonè quindi che un impoverimento della cultura e l'accentuazione di un aspetto parziale dellastoricità umana. Entrambi vanno coltivati e sviluppati, senza antagonismi o polemicheinutili. E la delineazione esatta della loro sfera rispettiva è, a questo scopo, indispensabile.Questa delineazione vale indubbiamente anche come determinazione critica dellapossibilità della sociologia. E per essa, la sociologia stessa si presenta come disciplina piùadatta a gettar un ponte fra le discipline umanistiche e le scienze naturali e quindi aeliminare un fittizio ma doloroso contrasto del mondo contemporaneo". N. Abbagnano,Problemi di sociologia, Taylor, Torino 1959, p. 32.

77. Questa dimensione è possibile rilevarla nella serie di articoli che sono stati raccolti nei libriLa saggezza della vita (Rusconi, Milano 1985) e La saggezza della filosofia. I problemidella nostra vita (Rusconi, Milano 1987), i quali testimoniano che in Abbagnano si fasempre più vivo l'interesse per i problemi dell'esistenza quotidiana e si accentua uno stilepiù popolare che trova la propria base teorica in una concezione della filosofia come"saggezza", di chiara ascendenza platonica. A tal proposito Abbagnano scrive che "non hosmesso la mia ricerca. L'ho indirizzata [...] sul versante pratico, ovvero di filosofia pratica.Sono moralmente convinto che la filosofia non può essere una meditazione solitaria, deveaiutarci a vivere, guardando all'autodeterminazione, alla dignità e alla libertà di ognuno, esempre nel rispetto degli altri". N. Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Rizzoli, Milano 1990,p. 68.

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