calcolo tensoriale spazi vettoriali

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  • 7/22/2019 Calcolo Tensoriale Spazi Vettoriali

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    Elementidi

    Calcolo Tensorialesu

    Spazi Vettoriali

    Sergio Benenti

    20 giugno 2012

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    Indice

    Palinsesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . iii

    1 Spazi vettoriali puri 11.1 Richiami e notazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

    1.2 Forme lineari e spazi duali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

    1.3 Forme bilineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

    1.4 Forme bilineari simmetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

    1.5 Forme quadratiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

    1.6 Endomorfismi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

    1.7 Determinante e traccia di un endomorfismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

    1.8 Polinomio caratteristico di un endomorfismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

    1.9 Autovalori e autovettori di un endomorfismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.10 Il teorema di Hamilton-Cayley . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

    1.11 Tensori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

    1.12 Somma tensoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

    1.13 Prodotto tensoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

    1.14 Basi tensoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

    1.15 Contrazione o saturazione di due indici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

    1.16 Tensori antisimmetrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

    1.17 Antisimmetrizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

    1.18 Prodotto esterno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

    1.19 Algebra esterna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

    1.20 Il simbolo di Levi-Civita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

    2 Spazi vettoriali con struttura 39

    2.1 Spazi vettoriali euclidei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

    2.2 Endomorfismi in spazi euclidei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

    i

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    ii

    2.3 Endomorfismi ortogonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

    2.3.1 Rappresentazione mediante simmetrie . . . . . . . . . . . . . . . . . 522.3.2 Decomposizione simmetrica delle isometrie . . . . . . . . . . . . . . 53

    2.3.3 Rappresentazione esponenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

    2.3.4 Rappresentazione di Cayley . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

    2.3.5 Rappresentazione quaternionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

    2.4 Lo spazio vettoriale euclideo tridimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

    2.4.1 La forma volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

    2.4.2 Aggiunzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

    2.4.3 Prodotto vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

    2.4.4 Endomorfismi assiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 642.4.5 Rotazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

    2.5 Spazi vettoriali iperbolici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

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    iii

    Palinsesto

    Argomenti trattati in questa dispensa.

    Calcolotensoriale

    Su spazi vettoriali

    Puri, senza strutture addizionali

    Con struttura

    euclidea

    pseudo-euclidea, iperbolica

    simplettica

    altre

    Su spazi affini

    puri

    euclidei (1)

    semi-euclidei (2)

    pseudo-euclidei (3)

    Su varieta differenziabili

    Pure

    Con struttura

    con connessione

    riemanniana (4)

    pseudo-riemanniana (5)

    simplettica (6)

    altre

    Applicazioni:

    (1) Meccanica razionale.

    (2) Spazio-tempo newtoniano.

    (3) Spazio-tempo di Minkowski: relativita ristretta.

    (4) Meccanica lagrangiana.

    (5) Relativita generale.

    (6) Meccanica hamiltoniana.

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    Capitolo 1

    Spazi vettoriali puri

    1.1 Richiami e notazioni

    Un insiemeE e unospazio vettorialeo spazio linearesopra un corpo commutativo Kse:

    1. e definita unoperazione binaria interna su E, +: E EE, dettasomma, soddisfa-cente agli assiomi di gruppo commutativo:

    u + v= v + u, u, vE ,(u + v) + w= u + (v + w), u, v, wE ,0E|u + 0 =u, u E ,u E, vE|u + v= 0.

    2. e definita unoperazione KE E, detta prodotto per uno scalare, tale dasoddisfare alle seguenti condizioni:

    a (u + v) =a u + a v, aK, u E, v E,(a +b)u= a u +b u, a, b K, uE ,(ab) u =a(b u), a, b K, uE ,1 u =u, 1 = unita in K,

    u

    E .

    Gli elementi di Esi dicono vettori, gli elementi di Kscalari. Denotiamo i vettori, salvolelemento neutro 0 E (zero o vettore nullo), con lettere grassetto (quasi sempreminuscole). Con lo stesso simbolo 0 denotiamo anche lo zero del campo K. Per ognivettore u si ha 0u = 0. Si denota con u il vettore opposto a u, cioe il vettore percui u + (u) = 0. Scriviamov u al posto di v+ (u). Il vettore nullo e lopposto diun qualunque vettore sono unici (perche unici sono, in un qualunque gruppo, lelementoneutro e il reciproco di un qualunque elemento).

    1

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    2 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Tra gli spazi vettoriali sopra un assegnato campo Kritroviamo il campo stesso e tutte lesue potenze cartesiane Kn, cioe linsieme delle n-ple di elementi del campo.

    Un sottoinsieme S E e un sottospazio se le proprieta (i) e (ii) valide in Evalgonoanche per tutti gli elementi di S. Se K e L sono due sottospazi, denotiamo con K+Lla loro somma, cioe linsieme dei vettori di E costituito da tutte le possibili somme dielementi di K e diL. La somma K+ L e lintersezione K L di due sottospazi vettorialisono a loro volta dei sottospazi. Denotiamo con E F lasomma diretta di due spazivettoriali(sul medesimo corpo K): e il prodotto cartesiano E Fdotato della naturalestruttura di spazio vettoriale definita dalle operazioni (u, w) + (u, w) = (u + u, w + w)e a(u, w) = (au, aw). Denoteremo anche conu w un generico elemento di E F. Sidice anche che uno spazio vettoriale E e la somma diretta di due suoi sottospaziK eL se E = K+L e se K L ={0}. In tal caso ogni vettore e la somma di due vettoriunivocamente determinati di K e L. E risulta pertanto identificabile con K

    L.

    Una scrittura del tipo

    a1 v2+ a2 v2+ . . . +a

    k vk =ki=1

    ai vi

    prende il nome di combinazione lineare dei vettori v i con coefficienti ai K. Due o

    piu vettori si dicono indipendenti se la sola combinazione lineare che fornisce il vettorenullo e quella a coefficienti tutti nulli:

    k

    i=1 ai vi= 0 =

    ai = 0.

    Uno spazio vettoriale e detto a dimensione finita se ammette una base costituita daun numero finito n di vettori, cioe un insieme di n vettori indipendenti che generanotutto E tramite tutte le loro possibili combinazioni lineari. Il numero n coincide colmassimo numero di vettori indipendenti in un qualunque insieme di vettori. Esso prendeil nome di dimensionedello spazio. Scriveremo En oppure dim(E) = n per indicare chela dimensione dello spazio vettoriale E e n. Una generica base diE sara denotata con(e1, e2, . . . , en) o brevemente con (ei), dove lindice i sara inteso variare da 1 a n. Lascrittura

    v= v1 e2+ v2 e2+. . . + v

    n en=n

    i=1vi ei

    e la rappresentazione di un generico vettore v E secondo la base (ei). I coefficientidi questa combinazione lineare sono le componenti del vettore v . Le componenti di unvettore, fissata la base, sono univocamente determinate. Si noti la diversa posizione degliindici riservata alle componenti (vi), in alto anziche in basso. Si conviene tuttavia diomettere il simbolo di sommatoria per indici ripetuti in alto e in basso (convenzione diEinstein). Allora la rappresentazione precedente si scrive piu semplicemente

    v= v i ei.

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    1.1. Richiami e notazioni 3

    Si noti che non ha importanza la scelta dellindice, purche la lettera usata appartengaad un insieme precedentemente convenuto (per esempio, lettere latine minuscole, letteregreche, lettere latine maiuscole dopo la I, e cos via). Se per esempio conveniamo che lelettere latine minuscole a partire dallah varino da 1 a n, la precedente scrittura e del tuttoequivalente alle seguenti:

    v =vh eh, v= vj ej, v= v

    k ek, . . .

    La diversa collocazione degli indici e la sommatoria sottintesa per indici ripetuti in altoe in basso sono convenzioni tipiche del calcolo tensoriale, i cui primi elementi sarannoillustrati in questo capitolo. Il formalismo che ne deriva e agevole e sintetico.

    Le formule riguardanti il calcolo vettoriale o tensoriale sono in genere di tre tipi. Una for-mula e di tipo intrinsecooassolutose essa coinvolge vettori o tensori ed operazioni definite

    su questi senza lintervento di basi. Ad una formula di tipo intrinseco corrisponde sempreuna formulacon indicio in componenti, conseguente alla scelta di una base generica. Visono infine formule, con indici, valide soltanto per una base particolareo per una classeparticolare di basi. Per sottolineare questa circostanza useremo sovente unuguaglianzacon asterisco:

    =.

    Per quel che riguarda il concetto di dimensione e opportuno ricordare che per due sot-tospazi di uno spazio vettoriale Evale la formula di Grassmann (Hermann GuntherGrassmann, 1809-1877)

    dim(K+ L) + dim(K L) = dim(K) + dim(L).

    Unapplicazione A : EFda uno spazio vettoriale Ead uno spazio vettoriale F si dicelineare se

    A(a u + b v) =a A(u) + b A(v) (u, vE ,a, b K).

    Si dice anche che A e unomomorfismo lineare. Denoteremo in genere gli omomorfismilineari con lettere maiuscole in grassetto. Denoteremo con

    Hom(E; F)

    o semplicemente con

    L(E; F)

    linsieme delle applicazioni lineari da E aF. Questinsieme ha una naturale struttura dispazio vettoriale, con la somma A + B e il prodottoa Aper un elemento aKdefinitida

    (A + B)(v) =A(v) + B(v), (a A)(v) =a A(v).

    Piu in generale, se (E1, E2, . . . , E p, F) sono spazi vettoriali, unapplicazione

    A :E1 E2 . . . EpF

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    4 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    e detta p-lineare (genericamente multilineare) se e lineare su ogni argomento. Adesempio lapplicazione R2

    R : (x, y)

    xy e bilineare(linsieme dei numeri reali R ha

    unovvia struttura di spazio vettoriale su se stesso, di dimensione 1). Denoteremo con

    L(E1, E2, . . . , E p; F)

    linsieme delle applicazioni multilineari daE1 E2 . . . Ep aF. Anchesso e dotato diuna struttura naturale di spazio vettoriale.

    In queste lezioni ci limiteremo a considerare solo spazi vettoriali reali (cioe sul campo deireali, K = R) e a dimensione finita.

    Eesamineremo i seguenti spazi di applicazioni:

    L(E; F) = Hom(E, F) applicazioni lineari

    L(E;R) = E spazio duale diE

    L(E; E) =End(E) endomorfismi lineari suE

    L(E, E;R) =T2(E) forme bilineari suE

    L(E, . . . , E p volte

    , E , . . . , E q volte

    ;R) = Tpq(E) tensori di tipo (p, q).

    1.2 Forme lineari e spazi duali

    Unapplicazione lineare : E

    R da uno spazio vettorale E allo spazio R dei numeri

    reali e detta forma lineare su E o covettore. Lo spazio L(E;R) delle forme lineari epiu semplicemente denotato conE ed e chiamato spazio duale diE.

    Al posto di (v) useremo il simbolov,

    per denotare il valore del covettore sul vettore v . Diremo chev, e la valutazionedi su v o, viceversa, di v su . Ponendo F = R in quanto si e detto nel paragrafoprecedente, si vede in particolare che

    dim(E) = dim(E).

    Esiste unisomorfismo canonico : E

    E tra lo spazio biduale E = L(E;R) e lo

    spazioEstesso, definito dalluguaglianza

    , (v)=v, . (1.1)Gli elementi di E saranno di seguito sempre identificati con i vettori di E.

    Ad ogni sottospazio K E associamo un sottospazio K E, detto polare di K,costituito da tutti i covettori che annullano tutti gli elementi di K:

    K ={E | u, = 0, u K}. (1.2)

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    1.2. Forme lineari e spazi duali 5

    Sussistono le seguenti proprieta, qualunque siano i sottospazi K eL diE:

    dim(K) + dim(K) = dim(E),

    K =K,

    K L LK,(K+ L) =K L,K + L = (K L).

    (1.3)

    La loro dimostrazione e lasciata come esercizio. Si noti che la seconda di queste uguaglianzesottintende lintervento dellisomorfismo canonico tra lo spazio e il suo biduale e che inoltre,in virtu di questo isomorfismo, le ultime due uguaglianze (1.3) esprimono la medesimaproprieta.

    Ad ogni base (ei) diEcorrisponde unbase dualein E, che denotiamo con (i), definita

    implicitamente dalluguaglianza:

    ej, i= ij (1.4)

    dove ij e ilsimbolo di Kronecker (Leopold Kronecker, 1823-1851):

    ij =

    1

    0

    se i= j

    se i=j

    Per ogni v

    Ee

    E valgono le relazioni:

    v= v i ei vi =v, i (1.5)

    = i i i=ei, (1.6)

    v, = i vi (1.7)

    La loro dimostrazione e lasciata come esercizio. Si osservi la diversa posizione degli indicidelle componenti di un covettore (in basso, anziche in alto come per le componenti deivettori) e la simmetria formale di queste uguaglianze. Lequivalenza (1.5) mostra che

    le componenti di un vettore sono ottenute valutando sul vettore gli elementi della baseduale. Analogamente la (1.6) mostra che le componenti di un covettore coincidono con levalutazioni di questo sugli elementi della base diE. Infine la (1.7) mostra che la valutazionetra un vettore ed un covettore e data dalla somma dei prodotti delle componentiomologhe.

    Osservazione 1.2.1 Rappresentazione geometrica dei covettori. Ad ogni covettore E si possono far corrispondere due sottoinsiemi di E:

    A0 ={x E|x, = 0}, A1 ={x E|x, = 1}.

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    6 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    A0 e un sottospazio di codimensione 1, A1 e un suo laterale. La conoscenza di questi duesottoinsiemi (in effetti basterebbe la conoscenza del secondo) determina completamente .Infatti, dato un vettore vE, o evA0, e allora poniamov, = 0, oppure ev = xcon xA1, e allora poniamov, = . Si osservi che, denotate con (xi) le componentidi un generico vettore x, i due sottoinsiemi A0 e A1 sono rispettivamente definiti dalleequazioni

    i xi = 0, i x

    i = 1.

    Si tratta di una coppia di iperpiani paralleli, il primo passante per lorigine.

    Rappresentazione geometrica deicovettori.

    1.3 Forme bilineari

    Unaforma bilinearesu di uno spazio vettorialeE e unapplicazione bilineare di E Ein R. Lo spazio delle forme bilineari1 e denotato con L(E, E;R).

    Assegnata una base (ei) diE, i numeri

    ij =(ei, ej) (1.8)

    si chiamanocomponentidella forma bilineare secondo la base. Per ogni coppia di vettoridiEsi ha:

    (u, v) =ijui vj (1.9)

    Le componenti [ij] formano una matrice quadratan n. Conveniamo che il primo indicesia indice di riga, il secondo di colonna. Si chiama rango della forma il rango dellamatrice [ij].

    2

    1In accordo con quanto detto allinizio di questo capitolo.2Naturalmente, affinche questa definizione abbia senso, occorre dimostrare che il rango della matrice

    delle componenti non dipende dalla scelta della base di E.

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    1.3. Forme bilineari 7

    Una forma bilineare si dice regolare o non degenere se vale la condizione

    (u, v) = 0,vE = u= 0 (1.10)oppure la condizione equivalente

    (u, v) = 0,uE = v= 0. (1.11)Entrambe sono equivalenti alla condizione

    det[ij]= 0. (1.12)Dunque una forma bilineare e regolare se e solo se ha rango massimo (= n).

    Che la (1.12) sia equivalente alla (1.10) segue dal fatto che, in componenti, limplicazione(1.11) si scrive:

    ijui vj = 0,(vi) Rn = ui = 0.Questa si semplifica in

    ijui = 0 = ui = 0,

    ed esprime la circostanza che il sistema lineare omogeneo (di n equazioni in n incognite)ijui = 0 ammette solo la soluzione nulla.

    Definizione 1.3.1 La trasposta di una forma bilineare e la forma bilineare T

    definita da

    T(u, v) =(v, u) (1.13)

    Si ha ovviamente TT =.

    Definizione 1.3.2 Una forma bilineare si dicesimmetrica (rispettivamente,antisim-metrica) se

    T = (risp. T =), (1.14)cioe se

    (u, v) =(v, u), (risp. (u, v) = (v, u)). (1.15)

    Questa condizione si esprime, qualunque sia la base scelta, nella simmetria (risp. nellaantisimmetria) della matrice delle componenti (basta porre (u, v) = (ei, ej) nella (1.13)):

    ij

    =ji

    , (risp.ij

    =

    ji

    ). (1.16)

    Una forma bilineare e decomponibile nella somma della sua parte simmetrica S edella sua parte antisimmetricaA. Vale cioe luguaglianza

    = S + A (1.17)

    posto

    S = 12 ( + T), A = 12 ( T)

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    8 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Osservazione 1.3.1 Un esempio elementare ma importante di forma bilineare e da-to dal prodotto tensoriale

    di due forme lineari ,

    E. Esso e definito

    dalluguaglianza

    ( ) (u, v) =u, v, (1.18)

    Se (i) e la base duale di una base (ei) diEallora glin2 prodotti ij formano una base

    di L(E, E;R). Cos una qualunque forma bilineare puo esprimersi come combinazionelineare di questi:3

    = ij i j (1.19)

    dove le ij sono proprio le componenti definite dalla (1.8).

    1.4 Forme bilineari simmetriche

    Sia una forma bilineare simmetrica. Due vettori si dicono coniugati (o ancheortogo-nali) rispetto a se (u, v) = 0. In particolare un vettore si diceisotropose e coniugatocon se stesso, (u, u) = 0, unitariose invece (u, u) =1.Due sono i concetti fondamentali associati ad una forma bilineare simmetrica: quello dibase canonica e quello di segnatura.

    Una base (ei) di E si dice canonica (sempre rispetto a ) se tutti i suoi vettori sonounitari o isotropi e fra loro coniugati, cioe se, dopo un eventuale riordinamento della base,la matrice della componenti assume la forma:

    [ij] =

    1p 0 0

    0 1q 0

    0 0 0

    (1.20)dove 1p e 1q denotano le matrici unitarie di ordine p e q rispettivamente. In una basecanonica si ha quindi (si confronti con la (1.9):

    (u, v) =

    pa=1

    ua va p+qb=p+1

    ub vb. (1.21)

    Si dimostra4 che esistono basi canoniche e inoltre che in ogni base canonica la matricedelle componenti e sempre del tipo (1.20), vale a dire che gli interi p e q sono invariantirispetto alla scelta di basi canoniche. Questa notevole proprieta e nota come teoremadi Sylvester o legge di inerzia delle forme quadratiche (James Joseph Sylvester,1814-1897). Alla coppia di interi non negativi (p, q) si da il nome di segnatura dellaforma bilineare simmetrica.

    3Sul prodotto torneremo piu avanti.4La dimostrazione e in appendice al paragrafo.

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    1.5. Forme quadratiche 9

    Si osserva dalla (1.20) che la somma p + q e uguale al rango di .

    Per calcolare la segnatura di una forma bilineare simmetrica basterebbe determinareuna base canonica (o almeno una base di vettori fra loro ortogonali) ( ei) e valutare quindii segni dei numeri (ei, ei), la qual cosa puo rivelarsi in pratica piuttosto difficoltosa. Sipuo allora fare ricorso ad un metodo assai rapido, illustrato nel seguente teorema:5

    Teorema 1.4.1 Sia[ij]la matrice delle componenti di una forma bilineare simmetrica relativa ad una base qualsiasi. Si consideri una qualunque successione di sottomatriciquadrate principali, di ordine crescente da 1 an, ciascuna contenuta nella successiva:

    M1, M2, . . . , M n= [ij].

    Allora lintero q della segnatura(p, q) e uguale al numero delle variazioni di segno dellasuccessione di numeri

    1, M1, det M2, . . . det Mn= det[ij],

    dalla quale siano stati eliminati gli eventuali zeri.

    Calcolato lintero q, lintero p viene poi calcolato conoscendo il rango r della matrice:p= r q. Si noti bene che questo metodo per il calcolo della segnatura lascia piena libertadi scelta della base e delle sottomatrici della successione.

    1.5 Forme quadratiche

    Data unapplicazione : ER, si dice sua polarizzazione lapplicazione

    : E E R

    definita da

    (u, v) = 12

    (u + v) (u) (v)

    (1.22)

    Unaforma quadratica su di uno spazio vettorialeE e unapplicazione :E Rla cuipolarizzazione e una forma bilineare (ovviamente simmetrica).

    Pertanto, per la sua stessa definizione, ad una forma quadratica corrisponde una formabilineare simmetrica. Viceversa, se e una forma bilineare simmetrica allora lapplicazione :E R definita da

    (u) =(u, u) =ijui uj (1.23)

    5Una dimostrazione si trova in F.G. Tricomi, Lezioni di Analisi Matematica I(CEDAM, Padova).

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    10 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    e una forma quadratica tale che= . Infatti:

    (u, v) = 12(u + v) (u) (v)= 12

    (u + v, u + v) (u, u) (v, v)

    = 12

    (u, u) + (v, v) + 2 (u, v) (u, u) (v, v)=(u, v).

    Vi e dunque una corrispondenza biunivoca fra forme quadratiche e forme bilineari sim-metriche. Stante questa corrispondenza tutte le definizioni e le proprieta stabilite per leforme bilineari si trasferiscono alle forme quadratiche, e viceversa.

    Esempio 1.5.1 ConsideriamoE= R2 e la funzione

    : R2 R : (x, y) x y.

    Calcoliamone la polarizzazione seguendo la definizione (1.22) con u = (x1, y1) e v =(x2, y2):

    ((x1, y1), (x2, y2)) = 12

    (x1+ x2)(y1+y2) x1 y1 x2 y2

    = 12 (x1y1+ x1 y2+ x2 y1+x2 y2 x1 y1 x2y2)= 12 (x1y2+ x2 y1) .

    Se si fissa il vettore v = (x2, y2), questultima espressione e un binomio lineare in (x1, y1);similmente, se si fissa il vettore u = (x1, y1), essa e lineare in (x2, y2). Pertanto la mappa

    : R2 R2 R : ((x1, y1), (x2, y2)) 12 (x1y2+ x2y1)e bilineare e quindi : R2 R : (x, y) x y e una forma quadratica.

    Definizione 1.5.1 Una forma quadratica si dice semi-definita positiva (rispetti-vamente, semi-definita negativa) se

    (u)0 (risp.(u)0) u E .

    In particolare si dice definita positiva (risp. definita negativa) se essa si annulla solosul vettore nullo, cioe se oltre al la condizione precedente vale limplicazione

    (u) = 0 u= 0.

    Si dicenon definita o indefinita in tutti gli altri casi.

    In una base canonica si ha (si veda la (1.21))

    (u) =

    pa=1

    (ua)2 p+qb=p+1

    (ub)2. (1.24)

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    1.5. Forme quadratiche 11

    Di qui si osserva che: (a) una forma quadratica e semidefinita positiva se q= 0; (b) edefinita positiva sep = n. Analogamente per il caso negativo.

    Per una forma bilineare simmetrica semi-definita positiva (o negativa) vale la disugua-glianza di Schwarz(Hermann Schwarz, 1843-1921)

    (u, v)2 (u)(v), u, vE (1.25)

    Se in particolare e definita positiva (o negativa), allora si ha luguaglianza se e solo seue v sono dipendenti.

    ***

    Dimostrazione dellesistenza di basi canoniche. Basta dimostrare lesistenza di basi orto-gonali, per cui cioe(e

    i, ej

    ) = 0 peri=j . Se = 0 ogni base e ortogonale. Supponiamo

    = 0 e procediamo per induzione sullintero n= dim(E). Pern = 1 ogni vettore non nul-lo eE e una base ortogonale per qualunque forma bilineare simmetrica su E. Sia alloran >1 e si supponga che ogni forma bilineare simmetrica su di uno spazio di dimensione< n ammetta una base ortogonale. Posto che = 0, esiste almeno un vettore uEpercui (u, u) =(u)= 0. Si consideri allora il sottospazio U ={vE| (u, v) = 0}deivettori ortogonali a u. Siccome u /U, abbiamom = dim(U)n 1. Per la restrizioneaUU di esiste allora una base ortogonale (e1, . . . , em). Daltra parte, posto per ognivE

    vn = (u, v)

    (u, u),

    si vede che (u, v

    vn u) = 0. Dunque v

    vn u

    U e quindi

    v= vn u +mi=1

    vi ei.

    Cio mostra che i vettori indipendenti (e1, . . . , em, u) formano una base ortogonale di E(equindi anche che m= n 1).

    ***

    Dimostrazione del Teorema di Sylvester. Siano (ei) e (ei) due basi canoniche per la formabilineare simmetrica . Per la (1.24) si ha, per ogni u E, luguaglianza

    (u) =

    p

    a=1

    (ua

    )2

    p+q

    b=p+1

    (ub

    )2

    =

    p

    a=1

    (ua

    )2

    p+q

    b=p+1

    (ub

    )2

    . (1.26)

    Si ha certamente p +q =p + q= rank(). Occorre dimostrare chep =p. Si suppongaper assurdo p > p (e quindi q < q). Considerata la relazione lineareei = E

    i

    i ei tra ledue basi, si scriva il sistema lineare omogeneo

    p+qb=p+1

    Eb

    b xb = 0, b =p + 1, . . . , p + q. (1.27)

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    12 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Si tratta diq equazioni nelleqincognite (xp+1, . . . , xp+q). Siccomeq < q, questo sistemaammette certamente una soluzione non nulla (up+1, . . . , up+q). Sia u

    E il vettore che

    ha tutte le altre componenti nulle: u1 =. . .= up =up+q+1 =. . .= un = 0. Per la primaparte della (1.26) si ha sicuramente (u)< 0. Con una tale scelta si ha daltra parte

    ub

    =Eb

    i ui =

    p+qb=p+1

    Eb

    b ub = 0

    perche (up+1, . . . , up+q) e una soluzione del sistema (1.27). Dalla seconda della (1.26) segueallora(u) 0: assurdo. Per simmetria lipotesi p < p conduce pure ad un assurdo.Dunque p =p.

    Dimostrazione della disuguaglianza di Schwarz. Fissati i vettori u e v, qualunque siax

    R, si ha (u +x v)

    0 perche e semidefinita positiva. Questa disuguaglianza si

    traduce inT(x)x2 (v) + 2 x (u, v) + (u)0, (1.28)

    dove (v) 0. Se (v)> 0, il discriminante = (u, v)2 (u)(v) del trinomioT(x) non puo essere positivo, altrimentiT(x) avrebbe due radici reali e distinte e la (1.28)sarebbe violata. Da 0 segue la disuguaglianza (1.25). Se (v) = 0, perche la (1.28) siasempre soddisfatta deve essere necessariamente (u, v) = 0. La (1.25) e allora soddisfattacome uguaglianza. Se u e proporzionale a v (in particolare nullo), si verifica subito chevale luguaglianza nella (1.25). Viceversa, se vale luguaglianza risulta = 0 e pertantoil trinomioT(x) ammette una radice doppia x0 tale che (u +x0v) = 0. Se e definitapositiva deve necessariamente essere u +x0v= 0.

    Osservazione 1.5.1 Le considerazioni qui svolte sulle forme quadratiche trovano ap-plicazione nella teoria dei massimi e minimi di una funzione a piu variabili e nella classi-ficazione delle coniche, quadriche e iperquadriche.

    1.6 Endomorfismi lineari

    Denotiamo con End(E) lo spazio delle applicazioni lineariL(E; E) di uno spazio vettorialeEin se stesso, cioe lo spazio degli endomorfismi linearidiE. Denotiamo semplicementecon BA la composizione di due endomorfismi B A. Loperazione di composizione degliendomorfismi conferisce allo spazio End(E) la struttura di algebra associativa con unita;

    lunita e lapplicazione identica di E in se stesso, che denotiamo con idE o con 1E osemplicemente con 1. Denotiamo con 0 : E E lapplicazione che manda tutti i vettoridiEnello zero.

    Gli endomorfismi invertibili sono detti automorfismi o trasformazioni linearidi E.Formano un gruppo che denotiamo con Aut(E). Si denota con A1 linverso di unautomorfismo A.

    Scelta una base (ei) dello spazio E, ad ogni endomorfismo AEnd(E) risulta associatauna matrice quadrata [Aji ]nn, detta matrice delle componenti di A nella base (ei)

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    1.6. Endomorfismi lineari 13

    e definita dalluguaglianza

    A(ei) =Aj

    iej (1.29)

    Di conseguenza, luguaglianza v = A(u) si traduce, in componenti, nelluguaglianza

    vj =Ajiui (1.30)

    Infatti, posto che u= ui ei e v =v i ei, per la linearita di A e per la definizione (1.29),si ha successivamente:

    A(u) =A(ui ei) =uiA(ei) =u

    iAjiej

    da cui segue che ui

    A

    j

    i coincide con la componente vj

    di v.

    Osservazione 1.6.1 La matrice delle componenti dellidentita 1 e, qualunque sia labase scelta, la matrice unitaria. Vale a dire:

    (1)ij =ij.

    Osservazione 1.6.2 Applicando ad entrambi i membri della definizione (1.29) un co-vettorek della base duale di (ei) si trova luguaglianza

    Aki =A(ei), k (1.31)

    che fornisce le componenti di Ain maniera esplicita.6

    Osservazione 1.6.3 La matrice delle componenti di un prodotto di endomorfismi e ilprodotto delle due rispettive matrici:

    (AB)ji =AjkBki (1.32)

    Si ha infatti, applicando la (1.31) e la (1.29):

    (AB)ji =

    A(B(ei)),

    j

    =

    A(Bki ek),

    j

    =Bki A(ek), j= Bki Ajk.

    Si noti che se si conviene che lindice in basso sia indice di colonna, il prodotto matricialenella (1.32) erighe per colonne: righe della prima matrice (Bki) per le colonne della seconda

    matrice (Ajk). Si noti bene pero che la scrittura AjkBki a secondo membro della (1.32) e

    del tutto equivalente a Bki Ajk.

    6La (1.29) le fornisce in maniera implicita.

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    14 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Osservazione 1.6.4 Gli automorfismi sono caratterizzati dalla risolubilita del sistemalineare (1.30) rispetto alle (uj), quindi dalla condizione

    det[Aij]= 0.

    La matrice delle componenti di A1 e linversa della matrice [Aij].

    ***

    Commutatore di due endomorfismi. Le due operazioni binarie interne fondamen-tali nello spazio degli endomorfismi End(E), consentono di definire una terza operazio-ne binaria interna, il commutatore. Il commutatore di due endomorfismi A e B elendomorfismo

    [A, B] =AB BA. (1.33)Si ha [A, B] = 0 se e solo se i due endomorfismi commutano. Il commutatore [, ] godedelle seguenti proprieta:

    [A, B] = [B, A] ,

    [aA +bB, C] =a [A, C] + b [B, C] ,

    [A, [B, C]] + [B, [C, A]] + [C, [A, B]] = 0.

    (1.34)

    Le prime due, di verifica immediata, mostrano che il commutatore e antisimmetrico e bi-lineare. La terza, la cui verifica richiede un semplice calcolo, prende il nome diidentita

    di Jacobi (Carl Gustav Jacob Jacobi, 1804-1851). Uno spazio vettoriale dotato di uno-perazione binaria interna soddisfacente a queste tre proprieta prende il nome di algebradi Lie (Marius Sophus Lie, 1842-1899). Dunque End(E) e un algebra di Lie. Vedremonel corso di queste lezioni altri esempi di algebre di Lie.

    Nelle (1.34) la prima proprieta, cioe la proprieta anticommutativa, puo essere sostituitada

    [A, A] = 0. (1.35)

    e infatti ovvio che la (1.34)1 implica la (1.35). Viceversa, se vale la (1.35) si ha successi-vamente:

    0 = [A + B, A + B] = [A, A] + [B, B] + [A, B] + [B, A]

    = [A, B] + [B, A] .

    Di qui la (1.34)1.

    1.7 Determinante e traccia di un endomorfismo

    Sebbene la matrice delle componenti di un endomorfismo cambi al cambiare della base fanno eccezione lendomorfismo nullo e quello identico vi sono delle grandezze ad essa

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    1.7. Determinante e traccia di un endomorfismo 15

    associate che invece non risentono di questo cambiamento. Queste grandezze si chiamanoinvarianti dellendomorfismo: pur essendo calcolate attraverso le componenti, non di-pendono dalla scelta della base e sono quindi intrinsecamente legate allendomorfismo. Ilseguente teorema mette in evidenza i primi due invarianti fondamentali.7

    Teorema 1.7.1 Il determinante det[Aij] e la tracciaAii (cioe la somma degli elemen-

    ti della diagonale principale) della matrice delle componenti di un endomorfismo nondipendono dalla scelta della base.

    Dimostrazione. Siano (ei) e (ei) due basi diE. Sussistono i legami8

    ei= Ei

    i ei

    ei =E

    ii ei (1.36)

    dove (Ei

    i ) e (Eii) sono matrici regolari una inversa dellaltra, cioe tali che

    Ei

    i Eji =ji , E

    iiEj

    i =j

    i. (1.37)

    Siano (Aji ) e (Aj

    i ) le matrici delle componenti di un endomorfismo A rispetto alle duebasi date. Secondo la definizione (1.29) abbiamo

    A(ei) =Ajiej, A(ei) =A

    j

    i ej .

    Facendo intervenire le relazioni (1.36) si ha successivamente:

    Ajiej =A(ei) =AEii ei= Eii A (ei) =Eii Aji ej =Eii Aji Ejj ej

    Si ottiene quindi luguaglianza

    Aji =Ei

    i Aj

    i Ejj (1.38)

    che esprime la legge di trasformazione delle componenti di un endomorfismo alvariare della base. La (1.38), essendo presenti a secondo membro le sommatorie sugli

    indici ripetutii ej , mostra che la matrice [Aji ] e il prodotto delle tre matrici [Ei

    i ], [Aj

    i ]

    e [Ejj ]. Siccome il determinante del prodotto di matrici e uguale ai prodotti dei rispettivideterminanti, risulta

    det[Aj

    i] = det[Ei

    i ] det[Aj

    i ] det[E

    j

    j ]

    Madet[Ei

    i ] det[Ejj ] = 1

    7Presto ne definiremo altri.8Se (i) e (i

    ) sono le corrispondenti basi duali, allora sussistono i legami

    i = Ei

    i i i = Eii

    i

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    16 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    perche le due matrici coinvolte sono luna inversa dellaltra. Segue

    det[Aji ] = det[Aj

    i ]

    e la prima tesi del teorema e dimostrata. Ritorno ora alla (1.38) e vi pongo j = isottintendendo al solito la somma sullindice ripetuto i:

    Aii = Ei

    i Aj

    i Eij .

    A primo membro ho la traccia della matrice [Aji ]. A secondo membro tengo ancora contodella sommatoria su i e osservo che

    Ei

    i Eij =i

    j

    essendo le due matrici coinvolte una inversa dellaltra. Ottengo dunque, per la proprietadi,

    Aii= Aj

    i i

    j =Ai

    i .

    Anche la seconda parte della tesi e dimostrata.

    Dopo questo teorema e lecito introdurre la seguente definizione:

    Definizione 1.7.1 Il determinante e la traccia di un endomorfismo A End(E)sono i numeri

    det A= det[Aij], trA= Aii,

    dove [A

    i

    j] e la matrice delle componenti diA rispetto ad unaqualunque base diE.Osservazione 1.7.1 Si dimostra che per la traccia ed il determinante di un endomor-fismo valgono le seguenti proprieta:

    tr(A + B) = tr(A) + tr(B),

    tr(a A) =a tr(A),

    tr(AB) = tr(BA),

    tr(1) =n,

    det(AB) = det(A) det(B),

    det(a A) =an det(A),

    det(1) = 1.

    (1.39)

    1.8 Polinomio caratteristico di un endomorfismo

    Introduciamo ora un altro concetto fondamentale nella teoria degli endomorfismi lineari,che come prima cosa ci consentira di definire ulteriori invarianti.

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    1.8. Polinomio caratteristico di un endomorfismo 17

    Definizione 1.8.1 Dicesipolinomio caratteristicodi un endomorfismo AEnd(E)il polinomio di grado n= dim(E) nellindeterminatax definito da:

    P(A, x) = (1)n det(A x 1). (1.40)

    Essendo definito da un determinante, il polinomio caratteristico e un invariante, nondipende cioe dalla scelta della base. Si ha pertanto, comunque si scelga la base

    P(A, x) = (1)n det(Aij x ij)

    = (1)n det

    A11 x A21 . . . An1A12 A

    22

    x . . . An2

    ... ...

    . . . ...

    A1n A2n . . . A

    nn x

    (1.41)

    Il segnante (1)n che interviene in questa definizione ha il compito di rendere ugualea 1 il coefficiente di xn. Infatti, guardando il determinante nella formula precedente sivede che la potenza massima (n-esima) di xviene fuori dall prodotto degli elementi delladiagonale principale, e risulta essere (x)n cioe (1)n xn. Moltiplicando quindi il suddettodeterminante per (1)n, come indicato nella (1.41), il coefficiente di xn si riduce a 1, comeasserito.

    Cio detto, e conveniente scrivere per esteso il polinomio caratteristico nella forma seguente:

    P(A, x) =nk=0(1)k Ik(A) xnk

    =xn I1(A) xn1 +I2(A) xn2 . . . + (1)n In(A).(1.42)

    Siccome questo polinomio e invariante, sono invarianti tutti i suoi n coefficienti Ik(A)(k = 1, . . . , n). Essi prendono il nome di invarianti principalidi A.

    Osservo subito che per x = 0 dalla (1.41) ottengo P(A, 0) = (1)n det A, e dalla (1.42)P(A, 0) = (1)n In(A). Quindi, sempre grazie all presenza del segnate, trovo che

    In(A) = det A (1.43)

    cioe che ln-esimo invariante principale di A e proprio uguale al determinante di A.Per quel riguarda gli altri invarianti, sviluppando il determinante nella (1.41) si arrivaa dimostrare il teorema seguente:

    Teorema 1.8.1 Linvariante principaleIk(A)e dato dal la somma dei minori principalidi ordinek della matrice [Aij].

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    18 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Ricordiamo che un minore principale e il determinante di una sottomatrice quadra-ta principale e che una sottomatrice quadrata si dice principale se la sua diagonaleprincipale e formata da elementi della diagonale principale della matrice che la contiene.

    Applicando questo teorema per k = n si ritrovaIn(A) = det A, mentre per k= 1 si trova

    I1(A) = trA (1.44)

    Dunque tra gli invarianti principali ritroviamo non solo il determinante ma anche la traccia.

    1.9 Autovalori e autovettori di un endomorfismo

    Unsottospazio SEsi dice invarianterispetto ad un endomorfismo A se A(S)S.Un vettorevEnon nullo si diceautovettoredi Ase esiste un numero reale tale daaversi

    A(v) = v. (1.45)

    Un autovettore genera un sottospazio di autovettori (se si include lo zero), di dimensione1 e invariante, che prende il nome di autodirezione.

    Lequazione (1.45) puo anche scriversi

    (A 1)(v) = 0. (1.46)

    Scelta comunque una base di E, la (1.46) si traduce in un sistema di n equazioni lineari

    omogenee nelle incognite (vi

    ), componenti dellautovettore v:

    (Aji ji ) vi = 0. (1.47)

    Tale sistema ammette soluzioni non banali se e solo se annulla il determinante dellamatrice dei coefficienti, cioe, vista la definizione (1.40), se e solo se e radice del polinomiocaratteristico diA. Le radici del polinomio caratteristico, cioe le soluzioni dellequazionecaratteristica, algebrica di grado n,

    P(A, x) = 0,

    prendono il nome di autovalori di A. Il loro insieme{1, 2, . . . , n} prende il nome dispettro di A.Gli autovalori sono invarianti, nel senso sopra detto. Vista la forma (1.41) con cui si scriveil polinomio caratteristico, dai noti teoremi sulle radici delle equazioni algebriche segueche linvariante principale Ik(A) e la somma di tutti i possibili prodotti di k autovalori.Risulta in particolare:

    I1(A) = tr A= 1+ 2+. . . + n,

    In(A) = det A= 1 2 . . . n.(1.48)

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    1.9. Autovalori e autovettori di un endomorfismo 19

    Chiamiamo molteplicita algebricadi un autovalore, e la denotiamo con ma(), la suamolteplicita come radice del polinomio caratteristico.

    Gli autovalori possono essere reali o complessi.

    Consideriamo il caso reale.

    Ad ogni autovalore reale corrisponde un sottospazio K E di autovettori ad essoassociati, soluzioni cioe dellequazione (1.45). Chiamiamo molteplicita geometrica di la dimensione del sottospazio invariante associato K, e la denotiamo con mg(). Sidimostra (la dimostrazione e in appendice al paragrafo) che e sempre

    ma() mg() (1.49)

    Tuttavia, per alcuni tipi di endomorfismi vale sempre luguaglianza, per esempio per gliendomorfismi simmetrici in spazi strettamente euclidei, che esamineremo piu avanti. Os-serviamo che sottospazi invarianti K1 e K2 corrispondenti ad autovalori distinti hannointersezione nulla:

    1=2 = K1 K2 = 0 (1.50)

    ***

    Dimostrazione della disuguaglianza(1.49). Sia un autovalore reale di un endomorfismoA. Lequazione caratteristica di Apuo ovviamente anche scriversi

    det (A 1) (x ) 1= 0,cioe

    (x )n I1(A 1)(x )n1 + . . . + (1)nIn(A 1) = 0, [facendo intervenire gli invarianti principali dellendomorfismoA 1. Osserviamo ora chelo spazio invariante K degli autovettori associati a e il nucleo di questo endomorfismo,e quindi

    mg() = n rank(A 1) =n r.Il rango r dellendomorfismo (A 1) coincide con il rango della matrice (Aji ji ),comunque si scelga la base. Segue che gli invarianti

    In(A 1), . . . , I r+1(A 1),sono tutti nulli perche somma di minori principali di ordine maggiore di r della matrice[Aji ji ]. Pertanto lequazione caratteristicasi riduce in effetti allequazione

    (x )n I1(A 1)(x )n1 + . . . + (1)rIr(A 1)(x )nr = 0.

    Di qui si vede che e una radice di ordine n r almeno, perche, pur essendo per ipotesi iminori di ordine r non tutti nulli, non si puo escludere che la somma di quelli principali,

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    20 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    vale a dire linvariante Ir(A1), non si annulli. Dunque: ma() nr. Que-sta dimostrazione vale anche nel caso in cui e complesso, perche anche in questo casomg() = n r dove r e il rango della matrice (Aji ji ).

    ***

    Se e un autovalore complesso allora gli autovettori associati sono complessi: il sistema(1.46) fornisce soluzioni complessev i =ui +i wi.

    Si e cos condotti a considerare la complessificazionedello spazioE, cioe lo spazio C(E)delle combinazioni v = u + i w, con u, wE, per le quali si definiscono le due operazionidi somma e di prodotto per un numero complesso in maniera formalmente analoga a quelladella somma e del prodotto di numeri complessi.

    Poiche lequazione caratteristica ha coefficienti reali, ad ogni autovalore complesso =a+ ib corrisponde un autovalore coniugato = a ib avente la stessa molteplicita. Siosserva inoltre che se v = u +i w e autovettore associato a , allora il vettore coniugatov = ui w e autovettore associato a , e che ogni altro vettore complesso ottenutomoltiplicando v per un numero complesso qualunque e ancora autovettore associato a .

    Osservazione 1.9.1 Sev= u + i w e un autovettore associato ad un autovalore stret-tamentecomplesso = a + ib(cioe tale che b= 0), allora i vettori reali componenti (u, w)sono indipendenti. In caso contrario infatti, da una relazione del tipo u= cw seguirebbev = (c+i)w e quindi dalla (1.45), dividendo per c+i, A(w) = w con solo elemen-to complesso: assurdo. Decomposta allora la (1.45) nella sua parte reale e immaginaria,

    risultaA(u) =au bw, A(w) =aw +bu. (1.51)

    Di qui si osserva che il sottospazio generato dai vettori indipendenti ( u, w) e invariantein A. Sia questo sottospazio (bidimensionale) e si il sottospazio invariante corri-spondente ad un secondo vettore complesso v =u + iw sempre associato a . Non puoche essere = oppure = 0. Infatti, se un vettore non nullo x appartenesseallintersezione, con opportuna moltiplicazione degli autovettori per un numero complesso,ci si puo ricondurre al caso in cui u= u =x. Dalla prima delle (1.51) seguirebbe

    A(x) =ax bw, A(x) =aw + bx,

    da cui b(w w

    ) = 0, quindi w= w

    . Cio significa che v= v

    e quindi che =

    .Da queste proprieta si deduce che ogni autovalore complesso individua un sottospazioinvariante K che e somma diretta di sottospazi invarianti bidimensionali. La sua dimen-sione e quindi pari e inoltre K = K. In questo caso per molteplicita geometrica di sintende la meta della dimensione di K. Vale ancora la disuguaglianza (??), mentre la(1.50) va sostituita dalla piu generale

    1=2, 1=2 = K1 K2 = 0 (1.52)

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    1.10. Il teorema di Hamilton-Cayley 21

    1.10 Il teorema di Hamilton-Cayley

    Dato un endomorfismo A, se ne possono considerare le potenze:

    A0 =1, A1 =A, A2 =A A, . . . Ak =A A . . . A k volte

    , . . .

    Quindi ad ogni polinomio di gradok

    Pk(x) =a0 xk +a1 x

    k1 + . . . +ak

    si puo associare lendomorfismo

    Pk(A) =a0 Ak + a1 A

    k1 + . . . +ak 1.

    Un polinomioPk(x) si dice annichilantedi AsePk(A) si annulla identicamente.

    Sussiste a questo proposito il notevole teorema di Hamilton-Cayley (William RowanHamilton, 1805-1865; Arthur Cayley, 1821-1895):

    Teorema 1.10.1 Il polinomio caratteristico di un endomorfismo e annichilante:

    An I1(A) An1 +I2(A) An2 . . . + (1)n In(A) 1= 0.

    Una prima importante conseguenza di questo teorema e che la potenza n-sima di unendomorfismo risulta essere una combinazione lineare delle precedenti, inclusa A0 = 1.

    Cos dicasi delle potenze An+1 e successive. Pertanto: tutte le potenze di un endomorfismoA formano un sottospazio di End(E) al piu di dimensione n, generato dallidentita 1 edalle primen 1 potenze di A.9

    ***

    Dimostrazione del teorema di Hamilton-Cayley. Basiamo la dimostrazione sullosservazio-ne seguente. Se sussite unuguaglianza del tipo

    C(x) (A x 1) =Pk(x) 1 (1.53)

    dove Pk(x) e un polinomio di grado k e dove C(x) e un polinomio di grado k 1 in x acoefficienti in End(E), cioe del tipo

    C(x) =xk1 C1+xk2 C2+ . . . + x Ck1+ Ck,

    alloraPk(A) = 0 cioePk(x) e annichilante di A. Infatti, esplicitata questa uguaglianzaxk1 C1+ x

    n2 C2+ . . . +x Cn1+ Cn

    A x 1=

    a0 xk + a1x

    k1 +. . . + ak

    1

    9Al piu, perche non e escluso che lidentita 1 e le prime n1 potenze diA siano linearmente dipendenti.

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    22 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    ed uguagliati i coefficienti delle varie potenze di x, si trova che

    C1= a0 1,C1 A C2= a2 1, Ck1 A Ck =ak1 1,CkA= ak 1.

    Moltiplicando a destra rispettivamente per Ak, Ak1, . . . , A le prime k di queste ugua-glianze, e sommando poi membro a membro si trova 0 = Pk(A), come asserito. Cio posto,si tiene conto del fatto, dimostrato piu avanti ( 1.19), che per ogni endomorfismo B esistesempre un endomorfismoB, lendomorfismo complementare, per cuiB B= det(B)1.Se ora si prende lendomorfismo B =A x 1, con indeterminatax, per la definizione dipolinomio caratteristico luguaglianza precedente diventa

    (1)nB (A x 1) =P(A, x) 1.Questa e del tipo (1.53), con k = n e C(x) = (1)nB, perche lendomorfismocomplementare

    B ha come componenti dei determinanti di ordine n1 della matrice

    [Bij ] = [Aij

    x ij], ed e quindi un polinomio di gradon

    1 inx. PertantoP(A, A) = 0.

    1.11 Tensori

    La nozione di tensore ha avuto origine dalla teoria dellelasticita. Si e successivamentesviluppata nellambito dellalgebra lineare e della geometria differenziale, trovando notevoliapplicazioni in vari rami della fisica-matematica.

    Per arrivare a comprendere questa nozione partiamo da questa osservazione: abbiamo giaesaminato la nozione di forma bilineare e di endomorfismo su di uno spazio vettoriale E.Assegnata una base di E le componenti di una forma bilineare e di un endomomorfismoformano due matrici quadrate n

    n, dove n = dim E:

    [ij] e [Aji ].

    Quindi lanalisi e lapplicazione di queste due nozioni deve ricorrere al calcolo delle matrici(quadrate). Questo e una circostanza che le accomuna, pur essendo due nozioni ben distin-te. Ma, come vedremo, un altro fatto le accomuna: le forme bilineari e gli endomorfismipossono essere visti come tensori.

    Una generale definizione di tensore e la seguente:

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    1.11. Tensori 23

    Definizione 1.11.1 Untensore di tipo (p, q) sopra uno spazio vettorialeE e unap-plicazione multilineare del prodotto

    (E)p Eq =E E . . . E p volte

    E E . . . E qvolte

    inR. Un tensore di tipo (0, 0) e per definizione un numero reale. Denotiamo conTpq(E)lo spazio tensoriale di tipo (p, q) suE, cioe lo spazio

    Tpq(E) = L(E, E, . . . , E p volte

    , E , E , . . . , E q volte

    ;R),

    ponendo inoltre, per(p, q) = (0, 0),

    T00 (E) = R.

    Vediamo che cosa e lo spazio Tpq(E) per i primi valori della coppia di interi (p, q) nonentambi nulli. Innanzitutto:

    T10 (E) = L(E;R) =E =E ,

    T01 (E) = L(E;R) = E,

    T02 (E) = L(E, E;R) (forme bilineari suE),

    T20 (E) = L(E, E;R) (forme bilineari suE).

    (1.54)

    Poi:

    T11 (E) = L(E, E;R) = End(E) (1.55)

    Questultima uguaglianza segue dallesistenza di un isomorfismo canonico tra lo spazioL(E, E;R) e lo spazio degli endomorfismi su E, definito dalluguaglianza

    A(, v) =A(v), , E, vE . (1.56)

    A sinistra A e interpretato come elemento di L(E, E;R), a destra come endomorfismo

    lineare. In componenti abbiamo:

    A(, v) =Ajijvi.

    Definizione 1.11.2 Sia (ei) una base di E e (i) la sua duale in E. Diciamo

    componenti di un tensore KTpq(E)secondo la base(ei) glinp+q numeri

    Ki1...ipj1...jq

    =K(i1 , . . . , ip, ej1, . . . ejq ) (1.57)

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    24 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Per esempio, le componenti di untensore KT12 (E) sono glin3 numeri10

    Kijh = K(i, ej, eh). (1.58)

    Si osservi la corrispondenza nella posizione degli indici a primo e a secondo membro diqueste uguaglianze.

    Le componenti servono, innanzitutto, a calcolare il valore del tensore sui vettori e covettori.Prendendo ad esempio il caso precedente, risulta:

    K(, u, v) =Kijh i uj vh. (1.59)

    Inoltre, al variare della base secondo le formule (1.36) e in analogia alla (1.38), le compo-nenti di un tensore di tipo (1,2) variano secondo la legge

    Ki

    jh =Ei

    i EjjEhhKijh. (1.60)

    Questa formula si deduce direttamente dalla definizione (1.58) scritta per la base accen-tata, tenendo conto quindi delle relazioni fra le basi, ed e facilmente estendibile al caso diun tensore di tipo qualunque, tenendo conto del formalismo degli indici ripetuti in alto e inbasso. A questo proposito osserviamo che per passare dalla base (ei) alla base accentata(ei) viene usata la matrice (E

    ii), con laccento in basso. Gli indici in basso non accentati

    delle componenti vengono trasformati in indici accentati (sempre in basso) con la stessamatrice. Per questo gli indici in basso delle componenti vengono detti indici covarianti.Quelli in alto, invece, vengono dettiindici contravarianti, perche nel trasformarsi fannointervenire la matrice inversa. Pertanto, un tensore di tipo (p, q) viene anche dettotensore

    ap indici di contravarianza eqindici di covarianza. Un tensore di tipo (p, 0) viene det-to tensore contravariante di ordine p, un tensore di tipo (0, q) tensore covariantedi ordine q. Denoteremo gli spazi tensorialiTp0 (E) e T

    0q(E) semplicemente con T

    p(E) eTq(E).

    1.12 Somma tensoriale

    Sui tensori possono definirsi varie operazioni che nel loro insieme costituiscono il cosiddettocalcolo tensoriale.

    Innanzitutto vediamo la somma di due tensori. Essa puo eseguirsi, a prima vista, so-

    lo fra tensori dello stesso tipo. Tuttavia in molte circostanze, come questa, torna utileconsiderare la somma diretta di tutti gli spazi tensoriali, di tutti i tipi, ordinati comesegue:

    T(E) =T00 (E) T10 (E) T01 (E) T20 (E) T11 (E) T02 (E) T30 (E) . . .

    = R E E T20 (E) T11 (E) T02 (E) T30 (E) . . .(1.61)

    10Se si vuole, si puo dire che le componenti di un tensore di questo tipo formano una matrice cubicadi lato n.

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    1.13. Prodotto tensoriale 25

    Questo e lo spazio tensorialesu E.11 Un tensoreKdi tipo (p, q) puo essere inteso comeelemento di T(E): lo si identifica con la successione costituita da tutti zeri e con K alposto (p, q). Per esempio, se AT11 (E), allora si puo intendere

    A= 0 0 0 0 A 0 dove a secondo membro A e al quinto posto nella successione (1.61). Un siffatto elementodi T(E) viene detto omogeneo. Pertanto ogni spazio tensoriale di tipo (p, q) puo essereinteso come sottospazio di T(E).

    Su T(E) si introduce loperazione di somma diretta, definita sommando le singolecomponenti omogenee.

    1.13 Prodotto tensoriale

    Dati due tensori, di tipo qualsiasi,KTpq(E) e LTrs (E), il loro prodotto tensoriale12

    K Le per definizione un tensore di tipo (p+ r, q+ s): K L Tp+rq+s. Dunque, secondo ladefinizione generale di tensore, e innanzitutto unapplicazione multilineare

    K L : E E . . . E p+rvolte

    E E . . . E q+r volte

    R.

    Quando K Lviene applicato ad una successione di p + r covettori1, 2, . . . , p, 1, 2, . . . , r, (1.62)

    e diq+ s vettori,a1, a2, . . . , aq, b1, b2, . . . , bs, (1.63)

    il primo fattoreKsi prende i primi p covettori ed i primi qvettori e fornisce il numero

    K(1, 2, . . . , p; a1, a2, . . . , aq).

    Il secondo fattore L prende quel che resta e fornisce il numero

    L(1, 2, . . . , r; b1, b2, . . . , bs).

    Allora, il valore di K Lsulle due successioni (1.62) e (1.63) e per definizione il prodottodi questi due numeri.

    Per esempio, se KT12 (E) e L T11 (E), K L e il tensore di tipo (2, 3) tale che(K L)(, , u, v, w) =K(, u, v) L(, w), (1.64)

    per ogni , E, u, v, w E.11e uno spazio vettoriale di dimensione infinita.12Si legge K tensoreL.

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    26 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Osservazione 1.13.1 Il prodotto tensoriale non e commutativo: K L e in generalediverso da L

    K. Due tensori possono commutare in casi speciali, per esempio se K e

    un tensore covariante e Lun tensore contravariante.

    Osservazione 1.13.2 Il prodotto tensoriale di due tensori si estende per linearit a aglielementi non omogenei della somma diretta T(E). Il prodotto tensoriale e associativo:

    K (L M) = (K L) M.

    Se uno dei due tensori e di tipo (0, 0), cioe un numero reale, il prodotto tensoriale elordinario prodotto per uno scalare a R:

    a K=K a= a K. (1.65)

    Con le due operazioni di somma e prodotto lo spazio T(E) assume la struttura dialgebra associativa: e lalgebra tensorialesu E.

    Osservazione 1.13.3 La comprensione del concetto di prodotto tensoriale e facilitatadal fatto che, come si riconosce facilmente, le componenti del prodotto tensoriale K Lsono il prodotto delle componenti diK e L rispettivamente. Per esempio, se KT12 (E)e LT11 (E), allora

    (K L)ijhkl=KihkLjl . (1.66)

    Vediamo ora alcuni casi particolari ma fondamentali di prodotto tensoriale.

    1 Prodotto tensoriale a b di due vettori a, b E. E lapplicazione bilinearea b : E E R

    definita da

    (a b) (, ) =a, b, . (1.67)

    2 Prodotto tensoriale di due covettori , E e lapplicazione bilineare

    : E E R

    definita da

    ( ) (a, b) =a, b, . (1.68)3 Prodotto tensoriale a di un vettore per un covettore: e lapplicazione

    bilinearea :E E R

    tale che

    (a ) (, b) =a, b, . (1.69)In questo caso il prodotto e commutativo: a = a.

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    1.14. Basi tensoriali 27

    1.14 Basi tensoriali

    Lassegnazione di una base (ei) dello spazio vettoriale Egenera automaticamente una baseper ogni spazio tensoriale Tpq(E). Sia i) la base duale su E

    . Partiamo, come al solito,dai casi piu semplici.

    1 I prodotti ei ej formano una base di T02 (E), cioe delle forme bilineari su E, siccheper ogni forma bilineare

    K: E E R (1.70)vale la rappresentazione13

    K=Kij ei ej (1.71)

    con le componenti Kij

    definite da

    Kij =K(i, j) (1.72)

    Infatti per ogni coppia di covettori, E per la (1.70) e per la definizione di prodottotensoriale si ha

    K(, ) =Kij ei ej(, ) =Kij i j.Daltra parte, per la (1.71) e per la bilinearit a risulta

    Kij i j =K(i, j) i j =K(i

    i, j j) =K(, ),

    ed il ciclo si chiude.

    2 I prodotti i j formano una base di T20 (E), cioe delle forme bilineari su EK: E E R, (1.73)

    e valgono contemporaneamente le formule, analoghe alle (1.71) e (1.72),

    K=Kij i j (1.74)

    Kij=K(ei, ej) (1.75)

    3 I prodotti tensoriali ei j formano una base dello spazio tensorialeT11 (E) = L(E

    , E;R) = End(E)

    degli endomorfismi lineari su E. Per ogni endomorfismo Kvalgono le formule

    K=Kji ej i (1.76)13Si sottintende sempre la somma sugli indici ripetuti in alto e in basso.

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    28 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    con le componendi Aji definite come nella formula (1.31):

    Kji =K(ei), j (1.77)

    Da questi esempi traiamo la regola generale: i prodotti tensoriali

    ei1 ei2 . . . eip j1 j2 . . . jq (1.78)

    costituiscono una base di Tpq(E) e per ogni K Tpq(E) vale la rappresentazione

    K=Ki1i2...ipj1j2...jq

    ei1 ei2 . . . eip j1 j2 . . . jq (1.79)

    dove le componenti Ki1i2...ipj1j2...jq sono definite come nella (1.57).

    Gli elementi della base (1.78) sono in numero pari alle disposizioni con ripetizione di p + qoggetti, cioenp+q . Pertanto,

    dim(Tpq(E)) =np+q . (1.80)

    1.15 Contrazione o saturazione di due indici

    Vi e una terza operazione importante eseguibile su di un tensore. Dato un tensore Kditipo qualsiasi (p, q), purche con p e qnon entrambi nulli, di componenti

    Ki1i2...ipj1,j2,...,jq

    si puo prendere uno degli indici contravarianti (in alto) e porlo uguale ad uno degli indicicovarianti (in basso) ed intendere di eseguire la sommatoria su questi, secondo la con-venzione degli indici ripetuti. Si dimostra che, cos facendo, si ottiene un tensore di tipo(p 1, q 1).14 Una tale operazione prende il nome di contrazioneosaturazione.Per esempio, se KT12 (E) ha componenti Kihj, ho due possibilita di saturazione:

    Uj =Kiij, Vh= K

    ihi.

    In entrambi i casi si ottiene un covettore. Questi pero sono in generale diversi. Altri due

    esempi:1. Se AT11 (E) = End(E), con componenti Aij, allora la saturazione dei suoi due indicifornisce la traccia dellendomorfismoA: Aii= tr(A).

    2. Il vettoreu = A(v), immagine del vettore v secondo un endomorfismo A, puo essereanche interpretato come contrazione del prodotto tensoriale A v, perche questultimoha componenti A

    jivk e le componenti di usono uj =A

    jivi.

    14La dimostrazione si basa sullequazione di trasformazione delle componenti di un tensore al variaredella base.

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    1.16. Tensori antisimmetrici 29

    1.16 Tensori antisimmetrici

    Definizione 1.16.1 Un tensoreA T0p (E)si diceantisimmetricose per ogni scam-bio di due suoi qualunque argomenti il suo valore cambia di segno:

    A(. . . , u, . . . , v, . . .) = A(. . . , v, . . . , u, . . .).Cos dicasi per un tensore A Tp0 (E). I vettori, i covettori e gli scalari, che sono ditipo (0, 1), (1, 0) e(0, 0) rispettivamente, sono per definizione antisimmetrici. Linteropprende il nome digrado del tensore antisimmetrico.

    I tensori antisimmetrici svolgono un ruolo importante nelle applicazioni del calcolo ten-soriale. Si dimostra che i tensori antisimmetrici contenuti in T0p (E) (rispettivamente, inTp

    0(E)) ne formano un sottospazio che denotiamo con p(E) (rispettivamente, con V

    p(E)).

    Il teorema seguente fornisce una definizione equivalente di antisimmetria:

    Teorema 1.16.1 Un tensoreAT0p (E) e antisimmetrico se e solo se esso si annullaquando due dei suoi argomenti coincidono. Lo stesso dicasi perATp0 (E).

    Dimostrazione. E sufficiente dimostrare questo teorema nel casop = 2. Da A(u, v) = A(v, u) segue ovviamente A(u, u) = 0. Viceversa se A(v, v) = 0 per ogni v, allora si

    ha, ponendo v= v1+ v2,

    0 =A(v1+ v2, v1+ v2)

    =A(v1, v1) + A(v1, v2) + A(v2, v1) + A(v2, v2)

    =A(v1, v2) + A(v2, v1),

    vale a direA(v1, v2) = A(v2, v1).

    Due implicazioni notevoli:

    Teorema 1.16.2 1. Un tensore antisimmetrico si annulla quando i suoi argomentisono linearmente dipendenti. 2. Un tensore antisimmetrico conp > n e nullo.

    Dimostrazione. 1 . S e A p(E) e se uno dei suoi argomenti (v1, v2, . . . , vp), peresempio v1 e combinazione lineare dei rimanenti, allora A(v1, v2, . . . , vp) si decomponenella combinazione lineare di numeri del tipo A(v, v2, . . . , vp) dove v e via via ugualea v2, . . ., vp, i quali numeri, per via del Teorema 1.16.1, sono tutti nulli. 2. Sep > n ivettori (v1, v2, . . . , vp) sono sempre dipendenti.

    Osservazione 1.16.1 Di conseguenza, gli spazi Vp(E) e p(E) per p > n si riduconoad un solo elemento: lo zero.

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    30 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Esempio 1.16.1 SiaE lo spazio vettoriale euclideo tridimensionale. Ponendo

    (u, v, w) =u v w (prodotto misto).si definisce un tensore covariante antisimmetrico di ordine 3 dettoforma volume.15

    Esempio 1.16.2 Sia E= Rn: un vettore e unan-pla di numeri reali v= (v1, v2, . . . , vn).Una n-pla di vettori (vi) = (v

    1i , v

    2i , . . . , v

    ni) da luogo ad una matrice quadrata [v

    ji ]nn.

    PonendoA(v1, v2, . . . , vn) = det[v

    ji ]

    si definisce un tensore covariante antisimmetrico di ordine nsopra Rn.

    Dal Teorema 1.16.1 si puo dedurre unulteriore caratterizzazione (o definizione equivalente)

    di antisimmetria.

    Per ogni intero p >1 denotiamo con Gp il gruppo delle permutazioni dip elementi, dettogruppo simmetricodi ordine p. Denotiamo con ilsegno di una permutazione Gp: uguale a +1 o1 a seconda che sia pari o dispari, vale a dire composta da un numero pari o dispari discambi. Ricordiamo che Gp e costituito da p! elementi.

    Teorema 1.16.3 Un tensore covariante A T0p (E) e antisimmetrico se e solo valeluguaglianza

    A(v1

    , . . . , vp

    ) =

    A(v1, . . . , vp), v1, . . . , vpE , (1.81)ovvero

    A= A , (1.82)

    per ogniGp. Analogamente per un tensore contravarianteATp0 (E).

    1.17 Antisimmetrizzazione

    Per studiare meglio i tensori antisimmetrici e opportuno introdurre il concetto di anti-smmetrizzazione.

    Definizione 1.17.1 Per ognip > 1 si introduce lapplicazione lineare

    A : T0p (E) p(E) :T A(T)chiamataoperatore di antisimmetrizzazionee definita da

    A(T) = 1

    p!

    Gp

    T (1.83)

    15Vedi 2.4.1.

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    1.18. Prodotto esterno 31

    cioe da

    A(T)(v1, . . . , vp) =

    1

    p! Gp T(v1, . . . , vp) (1.84)per ogniv1, . . . , vpE.

    Per rendere effettiva questa definizione dobbiamo verificare che il tensore TA e antisim-metrico. Volendo applicare il Teorema 1.16.3, osserviamo che per qualunqueGp si hasuccessivamente:

    A(T) = 1

    p!

    Gp

    T

    = 1

    p! GpT

    = 1

    p!

    Gp

    T ( ) = A(T),

    tenuto conto che = e inoltre che, mentre varia in tutto Gp, anche variain tutto Gp.

    Tutto quanto precede si riferisce a tensori covarianti (indici in basso) ma si puo ripetereper i tensori contravarianti (indici in alto), per i quali loperatore di antisimmetrizzazionee lapplicazione lineare

    A :Tp0 (E) Vp(E) :T A(T)definita come nella (1.83).

    1.18 Prodotto esterno

    Definizione 1.18.1 Ilprodotto esternodi duecovettori e, denotato con ,e il tensore antisimmetrico covariante di grado 2 definito da

    = 12( ) (1.85)

    ovvero da

    ( ) (v1, v2) = 12 v1, v2, v1, v2,

    (1.86)

    Analogamente, ilprodotto esternodi duevettoria eb, denotato cona b, e il tensoreantisimmetrico contravariante di grado 2 definito da

    a b= 12(a b b a) (1.87)

    ovvero da

    (a b) (1, 2) = 12a, 1 b, 2 a, 2 b, 1

    (1.88)

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    32 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Osserviamo che facendo intervenire loperatore di antisimmetrizzazione si hanno le defini-zioni equivalenti:

    = A( ) (1.89)

    a b= A(a b) (1.90)

    Infatti, se applichiamo la definizione (1.84), osservato che in questo caso p= 2 e che G2 ecostituito da soli due elementi, lidentita e lo scambio, troviamo

    A( )(v1, v2) = 12G2

    ( )

    (v1, v2)

    = 12 ( ) (v1, v2) 12 ( ) (v2, v1)

    = 12 ( ) (v1, v2) 12 ( ) (v1, v2)

    = 12 ( ) (v1, v2).Analogamente per il caso a b.Le formule (1.89) e (1.90) suggeriscono una naturale estensione del prodotto esterno alcaso di piu di due vettori o covettori:

    Definizione 1.18.2 Il prodotto esterno di p covettori 1, . . . , p e di p vettoria1, . . . , ap e definito dalle formule

    1 . . . p = A(1 . . . p) (1.91)

    a1 . . . ap = A(a1 . . . ap) (1.92)

    ovvero, vista la(1.84), dalle formule

    (1 . . . p) (v1, . . . , vp) = 1p!

    Gp

    (1 . . . p)

    (v1, . . . , vp)

    (1.93)

    (a1 . . . ap) (1, . . . , p) = 1p! Gp(a1 . . . ap) (1, . . . , p) (1.94)

    Per esempio, per p = 3 dalla definizione (1.83) risulta:

    1 2 3= 16

    1 2 3+ 2 3 1+ 3 1 2

    2 1 3+ 1 3 2+ 3 2 1 (1.95)

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    1.19. Algebra esterna 33

    Nella prima riga abbiamo le permutazioni cicliche, quindi pari, dei tre indici (1 , 2, 3). Nellaseconda riga, col segno

    , abbiamo quelle dispari.

    Analogamente per il prodotto esterno di tre vettori.

    Osservazione 1.18.1 Il prodotto esterno di p covettori (o vettori) cambia di segnoquando si scambiano fra loro due elementi. Per esempio:

    2 1 3=1 2 3,

    3 2 1=1 2 3.

    1.19 Algebra esterna

    Il prodotto esterno che abbiamo definito nel paragrafo precedente e allabase di un tipo di calcolo che trova svariate utili applicazioni: lalgebraesterna.

    Questo calcolo si basa sulle seguenti circostanze.

    1 Per ogni interop >0 i prodotti esterni

    1 . . . p, E (1.96)

    a1 . . . ap, a E (1.97)

    prendono rispettivamente il nome di p-forme elementari e p-vettori elementari. leloro combinazioni lineari generano rispettivamente lo spazio p(E) delle p-forme e lospazio Vp(E) dei p-vettori.

    2 Date due forme elementari = 1 . . . p e = 1 . . . q, di grado p e qrispettivamente, il loro prodotto esterno e definito semplicemente dalla frapposizionedel simbolofra e :

    = 1 . . . p 1 . . . q.

    Il risultato e pertanto una (p+ q)-forma elementare. Il prodotto esterno cos definito eanticommutativo graduato, nel senso che

    = (1)pq (1.98)

    Osserviamo infatti che nel passare da

    = 1 . . . p 1 . . . q

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    34 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    a

    = 1

    . . .

    q

    1

    . . .

    p

    si devono eseguire un numero di scambi pari a pq, il che comporta pqcambiamenti disegno. Nel caso in cui una delle due forme elementari sia di grado 0, sia cioe uno scalare, ilprodotto si identifica con lordinario prodotto di un tensore per un numero. Per esempio,se p= 0 cioe se 0(E) = R, allora

    = 1 . . . q.

    3 Il prodotto esterno ebilineare:

    (a1 1+a2 2) = a1 1 +a2 2 (1.99)

    (b1 1+ b2 2) =b1 1+ b2 2 (1.100)

    4 Siccome il prodotto esterno fra forme elementari e bilineare e siccome unap-forma,cioeun elemento di p(E) e combinazione lineare dip-forme elementari, il prodotto esterno siestende per linearita a forme di grado qualsiasi. Vale ancora lanticommutativita graduata(1.98). Per questa via il prodotto esterno si estende anche a piu di due forme. Vale laproprieta associativa:

    = ( ) = ( ) (1.101)

    5 Consideriamo infine la somma diretta di tutti gli spazi p(E),

    (E) =

    +p=0

    p(E).

    Sappiamo che per p > n= dim(E) gli spazi p(E) si riducono allo zero. Sappiamo inoltreche 0(E) = R e 1(E) =E

    . Di conseguenza la somma diretta (E) risulta essere

    (E) = R E 2(E) . . . n(E) 0 0 . . . (1.102)

    Questo e uno spazio vettoriale, detto spazio delle forme esterne su E, rispetto allor-dinaria somma + tra tensori. Il prodotto esterno, definito per due forme omogeneee, siestende per linearita a due qualunque elementi di questa somma diretta. Il risultato e che(E), con le due operazioni + e diventa unalgebra, detta appunto algebra esternasu E.

    Si dimostra che

    dimp(E) =

    n

    p

    =

    n!

    p! (n p)! (1.103)e

    dim(E) = 2n. (1.104)

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    1.20. Il simbolo di Levi-Civita 35

    Tutto quanto sin qui visto si ripete pari pari per gli spazi

    dei p-vettoriVp(E)

    e si conclude con la costruzione della somma diretta

    V(E) = R E V2(E) . . . Vn(E) 0 0 . . .

    che assume anchessa la struttura di algebra.

    1.20 Il simbolo di Levi-Civita

    Ilsimbolo di Levi-Civita (Tullio Levi-Civita, 1873-1941)con n indici variabili da 1a n,

    i1i2...in

    vale +1 o1 a seconda che la successione degli indici (i1, i2, . . . , in) sia una permutazionepari o dispari della succesione fondamentale (1, 2, . . . , n); vale zero in tutti gli altri casi,cioe quando almeno due indici coincidono. Il simbolo di Levi-Civita e antisimmetrico:scambiando fra loro due indici, cambia di segno.

    Il simbolo di Levi-Civita, che puo comparire anche con gli indici in alto,16

    i1i2...in,

    consente di esprimere in forma sintetica svariate formule di calcolo delle matrici e di calcolotensoriale. Vediamo alcuni esempi.

    1 Lordinaria definizione di determinante di una matrice quadrata [Aij]nnpuo porsi nellaforma sintetica

    det[Aij] =i1i2...in Ai11 Ai22 . . . A

    inn (1.105)

    sottintendendo sempre la sommatoria sugli indici ripetuti in alto e in basso. Verifichiamolonel cason = 3:

    hijAh1Ai2 Aj3= 1ij A

    11Ai2 Aj3+ 2ij A

    21 Ai2Aj3+ 3ij A

    31 Ai2Aj3= . . .

    Ho eseguito la somma sul primo indice h; nelleseguire la somma sullindice i tengo contoche con un indice ripetuto il simbolo si annulla, dunque:

    . . .= 12j A11 A

    22Aj3+ 13j A

    11A

    32 Aj3

    +21j A21 A

    12 Aj3+23j A

    21A

    32 Aj3

    +31j A31 A

    12 Aj3+32j A

    31A

    22 Aj3= . . .

    16La definizione e la medesima.

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    36 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    Sommando infine sullindicej rimangono soltanto sei termini:

    . . .= 123 A11 A22A33+ 132 A11 A32A23

    +213 A21 A12 A

    33+231 A

    21 A

    32 A

    13

    +312 A31 A12 A

    23+321 A

    31 A

    22 A

    13 =. . .

    Adesso traduco i simboli in +1 e1 a seconda della parita della permutazione degli indicirispetto alla permutazione fondamentale (1, 2, 3),

    . . .=A11 A22 A

    33 A11 A32A23

    A21A12 A33+ A21A32 A13+A31A

    12 A

    23 A31A22 A13

    e ritrovo lo sviluppo del determinante di ordine 3.

    2 Dati n vettori (ei) di E, n = dim(E), anche non indipendenti, per la proprietaanticommutativa del prodotto esterno vale luguaglianza

    ei1 ei2 . . . ein =i1i2...in e1 e2 . . . en (1.106)

    o, inversamente,

    e1 e2 . . . en= i1i2...in ei1 ei2 . . . ein (1.107)

    qualunque sia la permutazione degli indici (i1, i2, . . . , in). Si noti bene che a secondomembro di questultima formula non e intesa la sommatoria sugli indici, che sono ripetutima entambi in basso. Analoghe formule valgono ovviamente per una qualunque n-pla (i)di covettori in E.

    3 Il determinante di un endomorfismo A puo essere definito come quel numero det(A)per cui vale luguaglianza

    A(v1) A(v2) . . . A(vn) = det(A)v1 v2 . . . vn (1.108)

    per qualunque n-pla di vettoriv iE. Per riconoscerlo, nella (1.108), al posto dei vettoriv si sostituiscano i vettori di una base (ei) qualsiasi di E. Si ottiene

    A(e1) A(e2) . . . A(en) =Ai11 Ai22 . . . Ainn ei1 ei2 . . . ein

    =Ai11 Ai22 . . . A

    inn i1i2...in e1 e2 . . . e3

    applicando la (1.106) nel secondo passaggio. Ma, come abbiamo gia visto, il termineAi11 Ai22 . . . A

    inn i1i2...in e proprio uguale a det[A

    ij]. Si conclude quindi che la (1.108) vale

    per un qualunque sistema di vettori indipendenti. Essa vale ovviamente anche quando ivettori sono dipendenti, nel qual caso sono nulli ambo i membri.

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    1.20. Il simbolo di Levi-Civita 37

    4 Dalle (1.108) e (1.105) si possono dedurre agevolmente le proprieta fondamentali deideterminanti. Per esempio, dalla (1.108) si vede che

    det(A B) = det(A) det(B).

    Si ha infatti successivamente:

    det(AB)v1 . . . vn = (AB)(v1) . . . (AB)(vn)

    =A

    B(v1) . . . AB(vn)

    = det(A)B(v1) . . . B(vn)

    = det(A) det(B)v1 . . . vn.

    5 Dalla (1.105) segue la regola dello sviluppo del determinante rispetto ad una linea.Posto infatti A1i1 =i1i2...in Ai22 . . . Ainn, (1.109)la (1.105) diventa

    det[Aij] =Ai11A1i1. (1.110)

    Si riconosce allora nella (1.109), stante la definizione del simbolo di Levi-Civita e la suaantisimmetria, lepressione del complemento algebrico del termine Ai11 della primariga della matrice [Aij] (conveniamo che gli indici in basso siano indici di riga) cioe deldeterminante della matrice quadrata di ordine n 1 ottenuta sopprimendo la riga 1 e lacolonna i1, preceduto dal segno (

    1)1+i1. La (1.110) rappresenta allora lo sviluppo del

    determinante rispetto alla prima riga. Analogamente si procede per lo sviluppo rispettoad unaltra riga, o ad una colonna.

    6 Dalla (1.109), stante lantisimmetria del simbolo di Levi-Civita, segue inoltre

    Ai12A1i1 =i1i2...in Ai12Ai22 . . . Ainn = 0.

    Quindi: la somma dei prodotti degli elementi di una riga per i complementi algebrici diuna riga diversa e nulla. Dalla (1.109) si osserva ancora che

    A1i1 =

    Ai11det(Aij).

    Da queste considerazioni, particolarizzate al caso di una riga (la prima), si trae la formulagenerale, valida per ogni endomorfismo lineare A,

    Aji Aik = det(A) jk (1.111)dove Aji = Aij det(A) (1.112)

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    38 Capitolo 1. Spazi vettoriali puri

    e il complemento algebrico dellelemento Aij , vale a dire il determinante della matricequadrata di ordine n

    1 ottenuta cancellando la j-esima riga e la i-esima colonna della

    matrice delle componenti di A, preceduta dal segno (1)j+i.La matrice ( Aji ) dei complementi algebrici definisce un endomorfismoA che chiamiamoendomorfismo complementaredi A. Cambiando base, si ha infatti per la (1.112):

    Aji = Aij det(A) = Aij det(A)Ai

    j

    Aij

    =Aji Aij EhjEik Akh=

    Aj

    i EjjEi

    i .

    Dunque le ( Aji ) cambiano secondo la legge di trasformazione delle componenti di unendomorfismo. La (1.111) rappresenta allora, in componenti, luguaglianza

    A A= det(A) 1 (1.113)Di qui, nel caso di un automorfismo, cioe per det(A)= 0, segue la formula

    A1 = 1

    det(A)A (1.114)

    che fornisce linverso di un endomorfismo invertibile.

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    Capitolo 2

    Spazi vettoriali con struttura

    2.1 Spazi vettoriali euclidei

    Unospazio vettoriale euclideo e una coppia (E, g) costituita da uno spazio vettorialeE e da un tensore metrico g su E. Un tensore metrico (detto anche metrica) e perdefinizione una forma bilineare g su E simmetricae regolare, cioe tale da soddisfare allecondizioni:

    g(u, v) =g(v, u),

    g(u, v) = 0 v E = u= 0.(2.1)

    La forma bilineare simmetricag e anche detta prodotto scalare. Per il prodotto scalare

    si usa comunemente la notazione u v, poniamo cioe1

    u v = g(u, v). (2.2)

    Uno spazio vettoriale euclideo e quindi uno spazio vettoriale dotato di un prodotto scalare.

    Chiamiamo norma e la denotiamo con : E R la forma quadratica corrispondenteal tensore metrico

    v= v v= g (v, v). (2.3)Chiamiamo invece modulodi un vettore il numero positivo 2

    |v|= |v v|. (2.4)Due vettori sono detti ortogonali se u v = 0. Diciamo che un vettore u e unitario seu =1. Diciamo che u e il versore del vettore v se u e unitario e se v = k u conk >0.

    1In molti testi il prodotto scalare e denotato conu v, simbolo che noi invece riserveremo al prodottovettoriale nello spazio euclideo tridimensionale.

    2La norma qui definita non e una normanel senso usuale dellAnalisi. Lo e invece il modulo | |,che pero viene in genere considerato solo nel caso in cui la forma quadratica g e definita positiva.

    39

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    40 Capitolo 2. Spazi vettoriali con struttura

    Seguendo una terminologia tipica della teoria della Relativita Ristretta si dice che unvettorev e del genere spazio, luce, tempo se la sua norma e rispettivamente positiva,nulla, negativa:

    vE

    genere spazio

    genere luce

    genere tempo

    v> 0,v= 0,v< 0.

    Un vettore del genere luce e anche detto isotropo. Un vettore isotropo e ortogonale a sestesso.

    Unabase canonica di uno spazio euclideo (E, g) e una base canonica rispetto alla formabilineare simmetrica g, quindi una base costituita da vettori unitari fra loro ortogonali.Sappiamo dalla teoria delle forme quadratiche che due basi canoniche sono sempre formate

    da un egual numerop di vettori del genere spazio e quindi da un egual numeroqdi vettoridel genere tempo. Siccome il tensore metrico e non degenere si ha sempre p+ q= n =dim(E). La coppia di interi (p, q) e detta segnatura dello spazio euclideo. Si usa anchedire che lo spazio ha segnatura

    + . . . + pvolte

    . . . qvolte

    .

    Molti autori riservano il nome dispazio euclideoal caso in cui la metrica e definita positiva,cioe di segnatura (n, 0). Per mettere in evidenza questa condizione noi useremo il terminespazio strettamente euclideo, riservando il termine di spazio pseudo-euclideo osemi-euclideo al caso di una metrica indefinita.

    Osservazione 2.1.1 In uno spazio strettamente euclideo la norma e sempre positiva(salvo che per il vettore nullo) e vale la disuguaglianza di Schwarz( 1.5)

    (u v)2 u v, (2.5)

    dove luguaglianza sussiste se e solo se i vettori sono dipendenti. Utilizzando il modulo(2.4), che ora e semplicemente definito da

    |v|= v v,

    la disuguaglianza di Schwarz diventa

    |u v

    | |u| |

    v|. (2.6)

    Se nessuno dei due vettori e nullo si ha

    |u v||u| |v| 1.

    Diciamo alloraangolo dei due vettori il numero compreso tra 0 e tale che

    cos = u v

    |u| |v| . (2.7)

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    2.1. Spazi vettoriali euclidei 41

    Vale infine la disuguaglianza triangolare

    |u + v| |u| + |v|, (2.8)conseguenza della disuguaglianza di Schwarz:

    |u + v|2 =u + v =u + v + 2 u v |u|2 + |v|2 + 2 |u v| |u|2 + |v|2 + 2 |u| |v|=|u| + |v|2.

    Considerata una base (ei) dello spazio euclideo (E, g), le componenti del tensore metrico

    gij =g(ei, ej) =ei ej (2.9)

    formano una matrice, detta matrice metrica, simmetrica e regolare:

    gij =gji, det[gij]= 0. (2.10)Queste condizioni sono in effetti equivalenti alle (2.1). Accanto alla matrice metrica(gij) torna utile considerare la matrice inversa, che denotiamo con ( g

    ij). Essa e definitadalluguaglianza

    gijgjk =ki. (2.11)

    In una base canonica, detta anche ortonormale, la matrice metrica e

    [gij] =

    1p 00 1q

    . (2.12)Questa matrice coincide con la sua inversa. Mentre in generale si ha

    u v= gijui vj, (2.13)

    in una base canonica risulta

    u v=

    p

    a=1ua va

    n

    b=p+1ub vb, (2.14)

    quindi

    u=pa=1

    (ua)2 nb=p+1

    (ub)2. (2.15)

    La presenza del tensore metrico consente di definire su di uno spazio euclideo, oltre alprodotto scalare, alcune altre fondamentali operazioni e precisamente:

    (I) un isomorfismo canonico tra Ee il suo duale E;

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    42 Capitolo 2. Spazi vettoriali con struttura

    (II) un operatore ortogonale sui sottospazi di E;

    (III) un operatore di trasposizione sugli endomorfismi di E;(IV) un isomorfismo canonico tra lo spazio degli endomorfismi su Ee lo spazio delle formebilineari suE.

    Tratteremo i primi due argomenti in questo paragrafo, gli altri due nel prossimo.

    Lapplicazione lineare :EE : vv definita dalluguaglianza

    u, v= u v (2.16)

    e un isomorfismo, stante la regolarita del tensore metrico g . Questo isomorfismo fa s cheuno spazio vettoriale euclideo possa essere identificato con il suo duale. Denotiamo con : E

    E:

    linversa dellapplicazione.

    Introdotta una base di E, posto v = v i ei, si denotano con vi le componenti del covettorev, si pone cioev =vi i. Allora la (2.16), scritta in componenti, diventa

    ui vi=gijui vj. (2.17)

    Valendo questa per ogni (ui) Rn si trae

    vi = gijvj (2.18)

    Questa e la definizione in componenti dellapplicazione . Si osserva quindi che le compo-nenti del covettore v si ottengono perabbassamento degli indicidelle componenti (vi)di v mediante la matrice metrica. Lapplicazione inversa e definita dalle relazioni inversedelle (2.18):

    vi =g ij vj (2.19)

    Essa consiste quindi nellinnalzamento degli indici tramite linversa della matrice me-trica.

    Osservazione 2.1.2 Le (gij) prendono il nome di componenti contravarianti deltensore metrico, mentre alle (gij) si da il nome dicomponenti covarianti. Similmen-te, alle componenti (vi) di v

    si da il nome di componenti covarianti del vettore v,riservando alle (vi) il nome di componenti contravarianti. Loperazione di innalza-mento e di abbassamento degli indici si puo applicare anche ai tensori. Si possono cosstabilire diversi isomorfismi fra spazi tensoriali aventi la stessa somma di indici covariantie contravarianti, per esempio tra T11 (E) eT2(E), come sara visto nel prossimo paragrafo.

    Osservazione 2.1.3 Si e visto ( 1.2) che un covettore e geometricamente rappre-sentato da una coppia di iperpiani paralleli(A0, A1). Nellidentificazione ora vista di EconE, ad, cioe a questa coppia di piani, corrisponde il vettore v= che e ortogonale

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    2.1. Spazi vettoriali euclidei 43

    al sottospazio A0 e il cui prodotto scalare con i vettori del laterale A1 vale 1. Se quindidenotiamo conuil vettore ortogonale ad A0 appartenente ad A1, si ha

    v= u

    u .

    Osservazione 2.1.4 Ad ogni base (ei) diEsi fa corrispondere unaltra base, detta basereciprocao base coniugata (e a volte, impropriamente, anchebase duale), denotata con(ei) e definita implicitamente dalle relazioni

    ei ej =ij. (2.20)

    Si verifica cheei =g ij ej, ei = gij e

    j, (2.21)

    e cheei = (i). (2.22)

    La figura che segue mostra per esempio il caso dello spazio euclideo bidimensionale. Assun-ta (c1, c2) come base canonica, le basi (e1, e2) e (e

    1, e2) sono basi una reciproca dellaltra,essendo e1 e

    1 =e2 e2 = 1, e1 e

    2 =e2 e1 = 0. In uno spazio strettamente euclideo,

    se (ei) e una base canonica, allora ei= ei: la base coincide con la sua reciproca. Se

    lo spazio e pseudoeuclideo, di segnatura (p, q), questuguaglianza vale solo per gli indici

    ip. Per i rimanenti si ha ei = ei.

    Basi reciproche.

    Ad ogni sottospazioKEassociamo il sottospazioK ={u E| u v= 0,vK}, (2.23)

    dettospazio ortogonalea K. Confrontando questa definizione con quella del polareK

    data al1.2 e tenuto conto della definizione (2.16), si vede cheK = (K). (2.24)

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    44 Capitolo 2. Spazi vettoriali con struttura

    Pertanto dalle proprieta (1.3) del 1.2 seguono immediatamente analoghe proprieta perloperatore ortogonale

    :

    dim(K) + dim(K) = dim(E),

    K =K,

    K L LK,(K+ L) =K L,K + L = (K L).

    (2.25)

    Osservazione 2.1.5 Unsottospazio Ksi dice isotropo se KK. Un sottospazioe isotropo se e solo se (a) tutti i suoi vettori sono isotropi, ovvero se e solo se (b) tutti isuoi vettori sono fra loro ortogonali (dimostrarlo).

    Osservazione 2.1.6 Si puo dimostrare che la massima dimensione dei sottospazi iso-tropi e il minimo dei due numeri (p, q) della segnatura.

    Osservazione 2.1.7 Un sottospazio K si dice euclideo o non degenere se la re-strizione del tensore metrico a K e ancora regolare (vale cioe la (2.1)2 ristretta a K). Unsottospazio e non degenere se e solo se K K = 0 (dimostrarlo).

    Osservazione 2.1.8 Il prodotto scalare si puo estendere, in maniera naturale, ai vettoricomplessi. Il prodotto scalare dei vettori v= u +i we v =u+i w e il numero complessov v =u u

    w w+ i(u w+ u w). La norma di un vettore e il numero complesso

    v=u w + 2i u w.

    2.2 Endomorfismi in spazi euclidei

    Sia (E, g) uno spazio euclideo (di segnatura qualsiasi). Ad ogni endomorfismo Asu E siassocia un altro endomorfismo AT di E, detto endomorfismo trasposto di A, definitodalluguaglianza

    AT(u) v = u A(v) (2.26)

    Per loperatore di trasposizione T valgono le seguenti proprieta:

    1T =1,

    ATT =A,

    (A + B)T =AT + BT,

    (AB)T =BT AT,AkT

    =

    ATk

    (kN),[A, B]T = [BT, AT].

    (2.27)

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    2.2. Endomorfismi in spazi euclidei 45

    Se in particolareA e un automorfismo:

    (A1)T = (AT)1. (2.28)

    Le componenti dellendomorfismo trasposto sono date da

    (AT)ij =gjh gikAhk (2.29)

    Occorre infatti ricordare la definizione di componenti di un endomorfismo e quanto vistoalprecedente (in particolare la (2.22), per dedurre successivamente:

    (AT)ij =AT(ej), i= AT(ej) ei =A(ei) ej=g ik gjhA(ek) eh =g ik gjh A(ek), h=g ik gjhAhk .

    Osservazione 2.2.1 Se lo spazio e strettamente euclideo (la metrica e definita positiva)e se la base scelta e canonica, allora gij =ij e quindi

    (AT)ij=Aji . (2.30)

    Cio significa che la matrice delle componenti dellendomorfismo traspostoAT coincide conla trasposta della matrice delle componenti di A (si scambiano cioe righe con colonne).Questa proprieta e valida solo