bonsai suiseki magazine nº3 março 2010

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Page 1: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 2: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

BONSAI & SUISEKI MAGAZINE: THE FIRST OPEN-MAGAZINE

We think this self-made journal is destined to be for the elite, a precious icon only for a few. It is not meant to be for many,

we are not interested in the number of readers, but in quality as bonsai and suiseki are products of excellence. It is not in

competition with any other magazine on the market because owing to its features, it has no competitors, no market, no

editors and therefore it is in the condition of being independent of the economic power that regulates every mechanism

and affects thought in modern society. This is a magazine whose sole and basic interest lies in the best qualified

dissemination of bonsai and suiseki. We will define this journal with the English term “fanzine, which translated into

Italian as “rivista amatoriale/amateur magazine“ comes from the contraction of the English words fan and magazine It is

linked to do-it-yourself practice also thanks to the possibility of printing color copies at a cost of only a few cents. A fanzine

is a real organ of independent press, as an alternative to so-called mainstream publishing. This magazine is still growing

in terms of content and graphics; it is not static: each issue varies depending on the articles and reports that the Editorial

Committee decides to publish. It is the first magazine to offer equal space and dignity to suiseki, with the aim of giving it a

greater dissemination. From a structural-organizational point of view, the magazine is directed by IBS Instructor Antonio

Ricchiari which cooperates with an Editorial Committee composed of IBS Instructors, Luca Bragazzi, Luciana Queirolo,

Antonio Acampora, and Carlo Scafuri who are also in charge of the entire editorial process and of external relations. The

magazine is an informative, scientific and technical instrument open to all and this flexibility has given it a work in

progress quality that other organs of specific sector media do not possess. So, this magazine has developed various

forms of assistance for its readers. The context in which such a collaboration operates implies that the Editorial

Committee is committed to develop continuously the “containers” of the topics, that the reader is willing to take part in

the magazine, and that the staff is ready to stake the whole approved communication system for it. A non rhetorical place

for bonsai and suiseki ,therefore, implies that the reader must be ready to play along with it: it is no longer the plant or the

stone to be the aesthetic pole, but the rapport, the way we look at the things will introduce us to the work of art itself, as is

hinted in the aphorism by Tzara “poetry will resemble you”. The strength, therefore lies in the initiative that has made the

magazine tangible and real, the ways in which its visibility has risen remarkably since issue Number One and especially

the play of dispositions of the range of coverage which we have put in an ordinary context through an extraordinary

medium: that is online communication.

BONSAI y SUISEKI MAGAZINE: EL PRIMERO OPEN MAGAZINE

Un auto de esta revista se cree que están destinados a ser para la elite, un icono de unos preciosos. Esta revista no

pretende ser para muchos, no nos interesa el número de lectores, pero la calidad como el bonsái y suiseki son un

producto de excelencia. No es una revista en competencia con las otras del mercado porque por sus peculiaridades no

tiene a competidores, no tiene mercado, no tiene a editores y por lo tanto está en las condiciones de mantenerse

independiente del poder económico que regula cada mecanismo en la sociedad moderna y que condiciona el

pensamiento. Y’ una revista cuyo interés único y esencial es solamente la mejor y calificada difusión del bonsai y el

suiseki. Ésta es una revista que definimos con un término angloparlante “fancine.” El término fancine, que podemos

traducir como en italiano “vuelta a ver amatoriale”, deriva de la contracción de las palabras ingleses hinchas,

fanatico/appassionato y magazine, revista. Se derrite con la práctica del doy it yourself, error solo, gracias también a la

posibilidad de imprimirla en copias a colores al coste de pocos céntesimos. El fancine es un real órgano de prensa

independiente, en alternativa a la asillamada industria editorial mainstream. La revista del punto de vista de contenidos

y gráfica está en continua expansión, no es estática, varia cada número en función de los escritos y los servicios que el

Comité de Redacción decide publicar. Del punto de vista estructural-organizativo el magazine es dirigido por el Instructor

IBS Antonio Ricchiari con el que colabora un Comité de Redacción compuesto por los Instructores IBS Luca Bragazzi,

Luciana Queirolo, de Antonio Acampora y de Carlo Scafuri que también se ocupa de toda la fase editorial y de las

relaciones externas. El Magazine es un instrumento informativo, científico y técnico abierto a todas las colaboraciones y

esta flexibilidad lo lleva a haber adquirido un work en progress que otros órganos de prensa sectorial no poseen. Así este

magazine ha elaborado varias formas de intervención por sus lectores. El contexto en el que funciona este tipo de

colaboración implica el empeño de parte del Comité de Redacción a acrecentar continuamente los “contenedores” de

los argumentos, la disposición del lector a intervenir en la revista, la disposición de los colaboradores a poner en juego

todo el sistema mismo de la comunicación homologada. Una colocación no retórica, pues, del bonsai y del suiseki

implica la disposición de parte del lector de estar al juego: no es la planta o la piedra más a ser el polo estético pero la

relación, nuestra mirada por las cosas nos introduce en el funcionamiento de la obra misma, como para aludir al

aforismo de Tzara “la poesía os se parecerá”. En fin este magazine representa el arquetipo del digital native generation,

la generación crecida a “pan e internet”. Una revelación y una promesa: convertirse en la revista leída en otros Países del

mundo. La velocidad del web ha hecho el resto.

Page 3: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

E

E

ditoriale

di Sandro Segneri

C

ari lettori, Vi ringrazio in anticipo per l’attenzione che porrete nel leggere questo spazio. Nel movimento

bonsaistico italiano, da decenni esistono delle realtà che si sono dedicate con passione e perseve-

rante impegno a diffondere il bonsai e il suiseki.

Queste realtà, molto tangibili nel nostro Paese, hanno fatto si che nel tempo fossero attivate iniziati-

ve più o meno importanti, più o meno interessanti, che hanno contribuito alla crescita dell’informazione di

questo mondo, che può apparire misterioso, aiutando a sfatare questa diceria.

Credo quindi che noi tutti dobbiamo un doveroso grazie a quanti, all'interno di queste realtà, hanno contri-

buito in maniera evidente a una corretta informazione per praticare queste

arti.

Mi riferisco in primis a coloro che hanno dato inizio alla conoscenza e che

sovente hanno dovuto faticare per scoprire, per cercare di capire, per speri-

mentare e approfondire le pratiche sia culturali che colturali, spesso

inventandosi le tecniche per "arrivare", gli attrezzi e quant’altro necessario

alla propria passione e che, successivamente, si sono impegnati nella diffu-

sione delle informazioni assunte ai nuovi adepti che via via si sono a loro

avvicinati per conoscere e approfondire queste arti.

Sono molteplici i personaggi che hanno lasciato testimonianze scritte con

articoli e pubblicazioni e che con dimostrazioni, seminari e work-shop,

mettendo a disposizione la loro storia e la loro esperienza, hanno svelato

aspetti culturali e tecnici che sono di attualità nel bonsai moderno.

Non da meno un ruolo significativo è stato svolto dalle associazioni, prima sparute e non coese e

ora molto distribuite sul territorio; ognuna con le proprie finalità, metodi organizzativi e gestionali; di que-

ste, molte oggi si riconoscono nell’associazione nazionale U.B.I. (Unione Bonsaisti Italiani) associazione

che cura gli aspetti amatoriali e di promozione dell'arte.

Altro contributo va riconosciuto alla didattica, gli istruttori, che con il loro lavoro e metodo hanno

contribuito efficacemente alla crescita media del bonsaismo italiano, attuando quelle dinamiche concettua-

li che si basano su una corretta informazione e che hanno saputo svilupparsi raggiungendo attualmente

una professionalità specialistica estremamente evidente e fruibile.

In questo settore della didattica, il Collegio Nazionale degli Istruttori del Bonsai e del Suiseki - IBS rappre-

senta il motore trainante dell’evoluzione “moderna” del Bonsai, del Suiseki.

Sono tantissime le energie e il lavoro d’informazione che i singoli istruttori IBS divulgano, da quindi-

ci anni, in modo capillare e che hanno segnato una svolta epocale che è oggi rappresentata in modo elo-

quente nell’immagine ed il livello raggiunto dal bonsai e suiseki italiano.

In questo ultimo trascorso, si sono stabiliti ruoli associativi che hanno attivato sinergie ade-

guate e funzionali che hanno reso possibile la nascita di scuole che oggi operano con metodologie

diversificate, comunque efficaci, e capaci a tal punto da essere presenti, oltre che nel territorio

Nazionale, anche in Europa ed oltreoceano; scuole la cui valenza è stata riconosciuta dall’UBI, e

oggi anche dall’IBS, per gli appartenenti al collegio, con valutazioni meritocratiche basate sul rea-

le operato e contributo dei caposcuola alla crescita del movimento ed alla rappresentatività

bonsaistica italiana nel mondo. Questa riflessione mi fa scaturire l'invito di promuovere in tutte le

associazioni percorsi formativi corretti, pedagogici ed efficaci per far si che ogni singolo apporti

energia e sinergia per incentivare una sempre più corretta divulgazione, ignorando percorsi propo-

sti da chi non ha: requisiti, metodo e capacità riconosciute.

Buon bonsai

Sandro Segneri

Page 4: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Il Magazine non ha alcun fine di lucro. Tutto il materiale pubblicato nel Magazine è protetto dai diritti di proprietà intellettuale, in

conformità alla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore applicabile (in particolare, alla Convenzione di Berna ed alla L.

633/1941 e successive modifiche). L’accesso al Magazine non consente il diritto di appropriarsi, di riprodurre, di modificare, di

distribuire, di ripubblicare, in alcuna forma anche parziale e con qualsiasi strumento, il materiale in esso contenuto, senza l’espressa

autorizzazione scritta da parte della Direzione o del terzo titolare dei relativi diritti di sfruttamento e/o di riproduzione. L’eventuale stampa

del Magazine è strettamente riservata ad uso personale e ne è vietato ogni utilizzo improprio. Il Magazine non assume alcuna

responsabilità in ordine ad eventuali inesattezze, errori ed omissioni nel materiale pubblicato ed in ogni caso si riserva il diritto di

intervenire, in ogni momento, apportando correzioni ed eventuali modifiche. Tutte le collaborazioni sono a titolo esclusivamente gratuito

ed il Magazine si riserva il diritto di potere utilizzare il materiale concesso. La pubblicazione di articoli sul Magazine presuppone la

conoscenza e l’accettazione di questo Disclaimer Legale.

Anno II - n. 3 - Marzo 2010

in collaborazione con

Ideato da: Luca Bragazzi, Antonio Ricchiari, Carlo Scafuri

Direttore: Antonio Ricchiari - [email protected]

Direttore Responsabile: Antonio Acampora - [email protected]

Caporedattore: Carlo Scafuri - [email protected]

Art directors: Salvatore De Cicco - [email protected] Carlo Scafuri

Comitato di redazione: Antonio Acampora Massimo Bandera - [email protected] Luca Bragazzi - [email protected] Luciana Queirolo - [email protected] Antonio Ricchiari Carlo Scafuri Sandro Segneri - [email protected]

Redazione: Daniele Abbattista - [email protected] Sandra Guerra Giuseppe Monteleone - [email protected] Dario Rubertelli - [email protected] Pietro Strada - [email protected] Marco Tarozzo - [email protected]

Impaginazione: Giuseppe Monteleone Carlo Scafuri Pietro Strada Hanno colalborato: Nicola Crivelli - [email protected] Gian Luigi Enny - [email protected] Tiberio Gracco - [email protected] G.Kyoosuke - Bonsai&News - [email protected]

Davide Lenzi Antonio Morri Carlo Oddone Giacomo Pappalardo - [email protected] Gianfranco Rossi - [email protected] Elisabetta Ruo - [email protected] Francesco Santini - [email protected] Anna Lisa Somma - [email protected] Federico Springolo Axel Vigino In copertina: Federico Springolo Franchi Bonsai Luciana Queirolo

Sito web:

http://bonsaiandsuisekimagazine.blogspot.com

Indirizzo e-mail: [email protected]

Page 5: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

06 Le vaschette nei giardini giapponesi di G. L. Enny10 Un luogo Museale dov'è protagonista

il Bonsai di A. Ricchiari15 Costantino Franchi.

Il ricordo di un AMICO di A. Ricchiari17 XIV Congresso Nazionale UBI - Talenti Italiani

a confronti di A. Morri

>> Bonsai-do: pratica e sapere

22 Cioosen: la sfida di M. Bandera

>> Mostre ed Eventi

28 Sotto il cielo d'inverno andando verso la

primavera - "Backstage" di F. Santini34 Yon Shun-Ten di N. Crivelli

>> Dalle pagine di Bonsai&News

40 Specie da fiore e da frutto di G. Kyoosuke

>> In libreria

44 Come creare raffinati giardini giapponesi

di A. Ricchiari

>> Bonsai ’cult’

45 Bonsai o Penjing di A. Ricchiari

>> La mia esperienza

47 Phillyrea Angustifolia - Prima impostazione

di D. Lenzi51 Nel laboratorio di un artista di T. Gracco, C. Scafuri56 La mantide religiosa di G. Pappalardo

>> A lezione di suiseki

62 Vita breve di una pietra giapponese:

una Luuuuunga Storia, ai nostri occhi di L. Queirolo

>> Noi... di Bonsai Creativo School

70 Larice. Essenza meravigliosa di F. Springolo

>> L’opinione di...

80 Lorenzo Agnoletti di G. Monteleone

>> A scuola di estetica

86 Sokan: il doppio tronco di A. Ricchiari

>> L’essenza del mese

90 La carmona di A. Acampora

>> Non tutti sanno che...

94 L'acero di E. Ruo

>> Note di coltivazione

98 L'utilizzo dell sfagno nelle pratiche bonsaistiche

di L. Bragazzi

>> Tecniche bonsai

100 Propagazione per talea di A. Acampora

>> L’angolo di Oddone

104 Il ligustro di C. Oddone

>> Vita da Club

108 Spazio Bonsai di G. Rossi

>> Il Giappone visto da vicino

109 L'abito da sera. Quel che non ci aspetteremmo

da Yukio Mishima di A. L. Somma110 Le ultime Geishe di A. Ricchiari

>> Axel’s World

114 Lo shintoismo di A. Vigino

>> Che insetto è?

116 Gli atrezzi come veicolo di malattie.

I vettori antropici di trasmissione di L. Bragazzi

Page 6: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

06

- Gian Luigi Enny -

LE VASCHETTE

nei giardini giapponesi

L

e vaschette di pietra furono introdotte nei

giardini giapponesi assieme alla tradizione

del giardino del tè (XVI secolo), divenendo

così un elemento irrinunciabili assieme

alle lanterne, caratteristiche del suo arredo.

Ne esistono fondamentalmente due mo-

delli, il primo tipo è la vaschetta chiamata “Chotsu-

bachi” di maggiore altezza, dimensione e

semplicità che serviva esclusivamente per lavarsi

le mani ed era collocata generalmente all’entrata

del giardino in cui poteva essere utilizzata appena

entrati. L’altro tipo di vasca, detta “Tsukubai”più vi-

cina alla stanza del tè, era utilizzata prima di acce-

Page 7: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

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- Gian Luigi Enny -

dere alla cerimonia del tè ed

era formata da una vaschetta

più piccola della precedente

sempre in pietra naturale e da

un raggruppamento di rocce

impiegate per appoggiare la

lanterna, ( visto che molte volte

il cerimoniale si svolgeva

all’imbrunire) e il mestolo di

bambù, utensili tipici del rituale

del tè.

Il termine tsukubai preci-

samente comprende oltre la va-

sca, una breve tubazione in

bambù (“Kakehi”), che convo-

glia l’acqua all’interno del baci-

le, il mestolo generalmente di

bambù, necessario per preleva-

re l’acqua da portare alla

bocca per purificarsi simbolica-

mente prima di accedere alla

cerimonia, più alcune pietre po-

sizionate a breve distanza.

Prima di entrare nella

stanza del tè, l'ospite doveva

attraversare il giardino se-

guendo un percorso ben preci-

so, segnato da pietre per il

camminamento, in tal modo ci

si preparava spiritualmente;

arrivati alla tsukubai, l'ospite

bagnava le mani e la bocca

con l'acqua della vaschetta,

tutto ciò stava a significare

simbolicamente la purificazio-

ne del corpo e della mente, so-

lo dopo queste abluzioni, il

padrone di casa e l'ospite si

preparavano per la cerimonia

1. "Kakehi"

2. Modello di vasca tsukubai comunemente usato per i giardini

giapponesi

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08

- Gian Luigi Enny -

disponendosi uno di

fronte all'altro nella

stanza del tè apposita-

mente preparata se-

condo il rituale.

Attualmente le

tsukubai sono onnipre-

senti nella maggior

parte dei giardini co-

minciarono a essere

utilizzate come parte

della decorazione alla

fine del periodo Edo,

così non è raro tro-

varle nei Ryokan

(alberghi tradizionali),

o nei giardini privati.

Nei giorni no-

stri quasi più nessuno

esercita la cerimonia

del tè, però queste va-

schette sono molto

considerate dai mae-

stri giardinieri nella co-

>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

3. Visione insolita di un intero

complesso “tsukubai” - 4. Pie-

tre per il camminamento fino

alla vasca - 5. “Tsukubai” in

un giovane giardino nostrano

in stile giapponese - 6. ”Chotsubachi” in un moderno

giardino - 7, 8. “Chotsubachi”

con giovani geishe - 9. Modello di vasca tsukubai

usata per i giardini nipponici.

Page 9: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

09

- Gian Luigi Enny -

struzione dei nuovi giardini

nipponici, assieme alla

lampada in pietra sono uti-

lizzate come arredo, dando

all’intera struttura quel fasci-

no misterioso molto ricercato

in chi pratica la filosofia zen.

La loro disposizione non è

più connessa agli schemi rigi-

di che riguardava l’intera

pratica del tè, ma sarà le-

gato al buon gusto dei mae-

stri giardinieri che dovranno

disporre il tutto dando alla lo-

ro realizzazione quel fascino,

quell’emozione e quella natu-

ralezza ricercata proprio in

chi pratica quest’arte.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Page 10: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

L

a storia è costituita da eventi e da uomini, anzi sono gli uomi-

ni che determinano gli eventi e Costantino Franchi è stato

uno dei personaggi del bonsai italiano che ha creduto con

lungimiranza al bonsai fin dagli albori.

La passione per il bonsai ha superato di gran lunga l'aspetto

commerciale dell'azienda che Franchi ha fondato a Pescia e che co-

stituisce oggi uno dei più sicuri e qualificati punti di riferimento del

bonsai in Italia. Quando si parla di bonsai di Olivo il riferimento è il Vi-

vaio Franchi perché l'allevamento e la formazione di questi esemplari

è stata ed è la specializzazione del Centro. Vivaista da sempre, ha

10 - Antonio Ricchiari -

Page 11: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

fatto del suo Centro l'eccellenza nella produzio-

ne di bonsai di Olivo e di altre specie autoctone.

È grazie all'iniziativa di Costantino che il bonsai

di Olivo ha suscitato l'interesse dei giapponesi

che ne hanno incrementato la coltivazione e

guardato con notevole interesse lo stile di questi

esemplari.

La sua curiosità per l'Oriente lo ha

portato a raccogliere la collezione più ricca di va-

rietà di essenze per bonsai, a promuovere una se-

rie di manifestazioni a carattere nazionale e

internazionale, e incontri di grande importanza di-

dattica, con la partecipazione di maestri della

portata di Kimura, Robinson, Terakawa, Pall e i

maggiori esperti italiani.

Franchi organizzò, dal 29 aprile all’1

maggio 1995 a Pescia, un indimenticabile

incontro con il maestro Masahiko Kimura. Furo-

no tre irripetibili giornate durante le quali l’Oya-

kata, assistito da Salvatore Liporace, lavorò

alcune piante. Ebbi la fortuna di parteciparvi co-

me inviato della rivista Bonsai Italiano e di fare

un dettagliato reportage.

In quell'occasione, in vista della venuta di

Kimura in Italia, Liporace gli domandò quale fos-

se il suo ideale artistico: egli rispose che "[ ... ]

nel realizzare un bonsai mi pongo sempre la do-

manda: in che modo posso esprimere la

grandezza nel contesto di un vaso così piccolo e

limitato? Insomma, cerco di fare immaginare, a

chi guarda le mie opere, il tempo che è trascorso

lasciando il proprio segno sulla pianta e allu-

dendo allo spazio e alle dimensioni di un

paesaggio reale".

Il Kokufu-Ten è la più prestigiosa manife-

stazione di bonsai al mondo e si tiene ogni anno

in Giappone. Il Centro Bonsai di Franchi ebbe

l'onore di partecipare alla sua settantunesima

edizione e per l'Italia bonsaistica fu un evento

davvero prestigioso. L'eccezionalità era dovuta al

fatto che in quell'occasione, per la prima volta,

una pianta occidentale era stata ammessa a ta-

le prestigiosa manifestazione. Vi partecipano

infatti, e solo dopo una severa selezione delle

piante presentate, i principali maestri di arte

bonsai. Le richieste di ammissione per quella edi-

zione ammontavano a circa 600, molte delle qua-

li presentate dai più grandi maestri. Di queste

solo 200 furono accolte: fra esse anche la

pianta allevata nei vivai Franchi.

11- Antonio Ricchiari -

Page 12: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

La pianta, un Ficus retusa, notata dal mae-

stro Kobayashi nel Museo di Pescia, fu spedita in

Giappone a radice nuda. Il Ficus presentato fu

molto apprezzato dai maestri giapponesi, tanto

che alla fine della manifestazione l'esemplare fu

lasciato, su richiesta del Maestro, nella Collezio-

ne di Kunio Kobayashi, affinchè potesse essere

ammirata da esperti e appassionati, oltre ad es-

sere esibita in altre manifestazioni che si tengo-

no in Giappone.

Inoltre Costantino Franchi e la moglie

Alda furono invitati all'inaugurazione del Kokufu-

Ten a Tokyo. Qui furono ricevuti dai maggiori mae-

stri di bonsai giapponesi, come Kimura e Kobaya-

shi, che li accompagnarono nella visita alle

maggiori collezioni di Bonsai del Sol Levante,

compresa quella di Daizo Iwasaki e di Reiji Taka-

gi. Il bonsai di Ficus ammesso alla mostra fa

parte del libro fotografico del Kokufu-Ten dell'edi-

zione del 1997.

Vorrei ricordare soltanto l’ultima iniziativa

ad opera di Nara Franchi che ha raccolto l’eredi-

tà morale di Costantino e che ora dirige con

grande competenza il Vivaio ed il Museo: una tre

giorni organizzata presso la sede con il Maestro

Shinji Suzuki nei giorni 26, 27, 28 febbraio

2010, cui hanno fatto da cornice una mostra di

scroll ed una Conferenza.

In memoria di Costantino Franchi, la fami-

glia ha istituito nel 2008, in occasione

dell'annuale manifestazione di Arco Bonsai, un

premio che porta il suo nome e che premia le mi-

gliori piante. Il memorial continuerà negli anni a

venire a futura memoria.

È un atto dovuto a chi fa parte ormai a

pieno titolo della storia del bonsaismo italiano.

Il Museo Franchi – L’altra iniziativa riguarda la

fondazione del Museo Bonsai, inaugurato a Pe-

scia nel giugno del 1992, conta una varietà di

esemplari davvero eccezionali. Il Museo è aperto

tutti i giorni della settimana dalle ore 8,00 alle

13,00 e dalle 14,30 alle 19,00 e le piante sono

curate sotto la supervisione di Lorenzo Agnoletti.

Il tema del rapporto fra uomo e natura

venne affrontato implicitamente nella costruzio-

ne di un Museo che accogliesse esemplari

bonsai. Un Museo che è anche un luogo non

equivoco nel quale il visitatore è anche spettato-

re di una realtà vissuta nei primi momenti come

fantastica rappresentazione di una cultura

12 - Antonio Ricchiari -

>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

Page 13: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

“altra”.

Il Museo ideato da Costantino ha, per scopi e

contenuti, l’altezza morale e fantastica di una location as-

soluta e incorruttibile della mente e dello spirito. E’ un luo-

go mitico per l’esaltazione della natura. E’ curioso

osservare le reazioni del visitatore impreparato alla visio-

ne di questi piccoli capolavori.

E’ intrigante l’avvicinarsi ed il penetrare una cultu-

ra che non ci appartiene ma che ci attrae fortemente e di

cui possiamo essere a buon diritto fruitori. Il Museo è luo-

go violabile in tutta la sua sacralità dove si celebra pe-

rennemente la liturgia del bonsai.

C’è chi, al cospetto di un bonsai, lo interpreta co-

me un sogno, come qualcosa che porta in un’altra di-

mensione, o che comunque ci racconta qualcosa della

natura, in modo originale e talvolta spiazzante. E tutto

questo Franchi lo aveva sperimentato ed attuato quando

il bonsai non apparteneva ai fenomeni modaioli dell’occi-

dente frivolo e superficiale

Il Museo è la dimensione di un Uomo che ha volu-

to dedicare la propria dedizione alla Natura consacrando

la sua esistenza alla cura delle piante e dei bonsai. E di

questo gliene siamo riconoscenti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

13- Antonio Ricchiari -

Page 14: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 15: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Q

uesta non è una

commemorazione,

perché le commemo-

razioni sono sempre

un fatto sterile di circostanza,

ma è il ricordo di un amico, di

una persona onesta e retta

(razza tristemente in estinzio-

ne) di uno dei personaggi che

hanno fatto il bonsai italiano

e la sua storia, Costantino

Franchi, purtroppo

scomparso da poco tempo.

La memoria è labile quando i

personaggi non sono più in vi-

ta, ma è doveroso rendere

omaggio e fissare nel tempo

ciò che Costantino ha fatto.

Ed è molto.

Franchi inizia la sua

carriera come vivaista per di-

venire poi amante del bonsai.

15

- Antonio Ricchiari -

il ricordo di un

AMICO

COSTANTINO FRANCHI

Page 16: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

Stiamo parlando di un periodo

che vedeva gli albori del bonsai

e che era poco popolare. Un pe-

riodo pionieristico, insomma.

Con una sensibilità ed

una perspicacia da vero mana-

ger, Costantino ha investito

moltissimo in questa sua attivi-

tà, creando nel tempo attorno

a sé uno staff di collaboratori

ed esperti che hanno fatto poi

del Centro il leader nella produ-

zione in particolare di bonsai di

olivo e di molte altre specie au-

toctone.

La genialità e la percezio-

ne di Franchi è stata quella

della specializzazione, di avere

approfondito le tecniche di colti-

vazione soltanto per alcune spe-

cie, primo fa tutti l’olivo.

Essenza tipica mediterranea

che poi susciterà il profondo

interesse dei Maestri giappone-

si che ne stanno apprezzando

e valorizzando le caratteristi-

che ed i pregi estetici.

Il suo sogno nel cas-

setto era quello di creare una

collezione privata che riuscisse

ad esprimere lo spirito delle di-

verse scuole orientali unite al

meglio dell’allora giovane

bonsaismo occidentale.

La curiosità per

l’Oriente lo ha portato nel

1992 a raccogliere la collezio-

ne più ricca di essenze uti-

lizzate per bonsai ed in

quell’anno potè inaugurare a

giugno di quell’anno il Museo a

Pescia, che conta oggi oltre

350 esemplari di 240 specie.

La storia è costituita da

eventi e da uomini, anzi sono

gli uomini che determinano gli

eventi e si può tranquillamente

affermare che Costantino

Franchi è stato uno dei perso-

naggi del bonsai italiano che

ha creduto con lungimiranza al

bonsai fin agli albori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

16

- Antonio Ricchiari -

Page 17: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

TALENTI ITALIANI

A

CONTRONTO

Paolo Licari - Talento Italiano 1998

Iniziai ad occuparmi di bonsai all'inizio del 1990. All'ora facevo

parte del bonsai club palermo.In quei tre anni ebbi l'opportunita

di lavorare (e precisamente nel 91-92-93 ) con Hotzumi Terakawa

in occasione di tre work shop di 3 ore ciascuno e dimostrazioni

del suo modo eccezionale nel mettere il filo e di impostare le

piante. Inizia da subito a raccogliere piante in natura, non scorde-

ro mai la prima una Tamarix, raccolta nel 90' e dopo un anno

scolpita e impostata a palchetti come fosse un ginepro. Nel 91 a

Palermo in occasione di una mostra annuale fu invitato il profes-

sor Giovanni Genotti, che quando vide la mia Tamarix la volle pre-

miare, non per l'impostazione (che era sbagliata) ma per la

lavorazione della legna morta. Nel 96 in occasione della mostra

drago verde (Messina) conobbi Gianni Picella, fondatore e all'ora

presidente dell'UBI. In mostra c'erano alcune mie piante fra la

quale un cipresso raccolto in natura e da me impostato a bunjin,

quando Gianni lo vide si informo di chi fosse quella pianta, e sapu-

to che ero io mi volle al talento italiano a Martina Franca nel 97.

Vinsi il talento italiano e terzo al talento europeo a Fermo nel 98.

Ora dopo tanti anni posso dire che la colpa della sconfitta fu

indubbiamente l'emozione, dopo di allora ho partecipato a molte

mostre regionali e nazionali, l'ultima "il grande sogno per un

bonsaista" il congresso mondiale del 2008, portando un carrubo

premiato con il premio Casinò Vallè. Dopo 18anni da bonsaista

autodidatta credo di poter esser abbastanza sodisfatto

17

- a cura di Antonio Morri -

Page 18: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Nato a Frosinone si avvicina al bonsai nel 1993, senza pre-

tese o particolari ambizioni ne vive le applicazioni tecniche

e culturali con semplicità cercando riscontro e confronto in

rare occasioni. Nel 2001 partecipa alla selezione per il ta-

lento italiano UBI e acquisisce il titolo.

Nello stesso anno si aggiudica il premio nazionale per auto-

ri d’arte bonsai So-Saku Bonsai Award riconoscimento asse-

gnatogli dal giudice unico Hotsumi Terakawa-

Nel 2002 Rappresenta l’Associazione nazionale al congres-

so EBA di Rouen (Francia) classificandosi al 2° posto. Il

suo percorso continua negli anni collaborando in numerose

lavorazioni con Sandro Segneri.

Mario Segneri - Talento Italiano 2001

Roberto Raspanti - Talento Italiano 2002

Dal 1997 frequenta regolarmente la scuola “Bonsai creativo Europe School” ottenendo

nel 2001 la qualifica di “istruttore di 3° livello”. Si interessa di realizzazioni di piccoli

spazi verdi, con riferimenti specifici circa il giardinaggio orientale, la realizzazione di

giardini acquatici e di laghetti per koi. Nov.97: 3° class. nel concorso “Bonsai Creativo”

svolto a Frosinone. Nov. 98: 3°class. nel concorso “bonsai creativo” svolto a Latina.

Set. 2000: cura la progettazione e la realizzazione dello spazio espositivo dell’associa-

zione “Pistoia Bonsai” alla Biennale del fiore di Pescia (medaglia d’oro come migliore

spazio espositivo presentato da amatori). Mag. 01: un allestimento bonsai dal titolo

“tra i rami soffiano venti antichi” vince il premio di” miglior Tokonoma” a Roma presso

l’Orto Botanico. Giu. 02: a S. Sofia (FO), vince la selezione nazionale “Talento italiano

2002”. Tale affermazione lo candida come il bonsaista rappresentante l’Italia nel

Concorso “Talento Europeo 2003” che si svolgerà a Maggio nella Repubblica Ceca,

nell’ambito del congresso Europeo del Bonsai (EBA). Set. 02: cura la progettazione e la

realizzazione dello spazio espositivo del “Coordinamento dei Bonsai Clubs della Tosca-

na” alla Biennale del fiore di Pescia ( medaglia d’oro come migliore spazio espositivo

presentato da amatori). Ott. 02: viene invitato in qualità di dimostratore alla manifesta-

zione bonsai So-Saku tenutasi a Roma. Diversi articoli vengono pubblicati su bonsaita-

lia. Numerosi articoli sono stati pubblicati in internet e all’interno del “Notiziario del

coordinamento bonsai clubs della Toscana”. Apr. 03: in occasione del Congresso Nazio-

nale UBI, tenutosi a Fermo, vince il premio IBS per il bonsai. Mag. 03: in occasione

della mostra del Coordinamento Bonsai Club della Toscana, svoltasi a Pisa una sua

pianta vince il premio “Miglior Bonsai”. La stessa pianta si aggiudica inoltre il premio

“Memorial Elio Boni” , quale miglior pianta autoctona presente in mostra. Giu. 03: in

occasione del congresso EBA tenutosi a Jihlava (Repubblica Ceca) risulta il vincitore del

concorso “new talent contest”, il più ambito premio per i giovani bonsaisti emergenti, al

quale partecipano i rappresentanti di tutte le associazioni nazionali europee. Set. 03:

entra a far parte del Collegio Nazionale I.B.S. Ott. 03: viene invitato quale dimostratore

alla seconda edizione della mostra So-Saku tenutasi a Roma. Dic. 03: riceve l’attestato

di “Arte e Mestiere” presso la Bonsai Creativo Europe School. Mag. 04: con la lavorazio-

ne di un cipresso si aggiudica il prestigioso trofeo “Arcobonsai” riservato agli istruttori.

Mag. 05: dimostratore Congresso EBA Arco di Trento. Ott. 05: Menzione di merito So-Sa-

ku Roma (buxus). Ott. 06: vincitore trofeo So-Saku Demo Award Roma (cupressus). No-

v. 06: premio presidente UBI Napoli (cupressus). Feb. 07: menzione di merito

Congresso UBI Fermo (cupressus). Set. 07: Giudice unico mostra bonsai centro italia Fo-

ligno - giudice unico per il bonsai 10° coordinamento Emilia Romagna e S. Marino (Ce-

sena). Set. 08: Espositore e dimostratore BCI-IBS Congress St. Vincent (Olea oleaster &

demo cupressus). Set. 09: menzione di merito per il bonsai categoria istruttori Giareda

R. Emilia (pinus silvestris). Set. 09: secondo classificato demo istruttori a confronto Gia-

reda R. Emilia (juniperus sabina)

Page 19: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Istruttore B.C.A.S. (bonsai Creativo Accademy School)

Si avvicina al Bonsai quasi per gioco nel lontano 1994.

Incuriosito da quest’arte orientale il semplice interesse si trasforma in

profonda passione.

Ciò lo induce , allo scopo di affinare le proprie conoscenze, ad

approfondire le tematiche e gli aspetti tecnico - didattici della materia

frequentando nel contempo corsi e seminari con maestri orientali e

Istruttori Italiani. Ha tenuto dimostrazioni in molte manifestazioni

Italiane ed Europee sia singolarmente che in collaborazione con la

“Bonsai Creativo Accademy School” . Nell’anno 2003 vince il concorso

per il talento italiano UBI. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti in

mostre italiane ed europee. Attualmente risiede a Formia (Lt), dove

riceve i suoi allievi, vive e coltiva la sua passione.

Palmares:

1999. Roma Orto Botanico: Premio del Dipartimento di botanica

Università la Sapienza di Roma “Miglior Bonsai esposto” – Mostra di

Primavera;

2003 – Fermo (Ap): Vincitore del concorso Talento Italiano U.B.I. (Unione

Bonsaisti Italiani)

2006 Napoli: Kokoro – no Bonsai Ten Premio I.B.S. (collegio Istruttori

Bonsai & Suiseki) per il Miglior Bonsai esposto;

2007 – Fermo (Ap): Mostra Nazionale Unione Bonsaisti Italiani:

Menzione di Merito 2007;

2007 - Roma - Orto Botanico: Premio del Dipartimento di botanica

Università la Sapienza di Roma “Miglior Bonsai esposto” – Mostra di

Primavera.

2007 – Roma: Sosaku Bonsai International Exibition: Certificato di

merito II classificato ex equo;

2007 – Gent (Belgio): Certrè Europe Award miglior abbinamento pianta

– vaso.

Matteo Caldiero - Talento Italiano 2003

Si avvicina al mondo del bonsai alla fine degli anni ‘80

grazie a suo padre, Santini Renzo. Dopo aver frequentato

diversi seminari e workshop, nel 2001 inizia il suo percorso

didattico nella “Bonsai Creativo School” di Sandro Segneri.

Nel 2004 vince il concorso “Nuovo Talento Italiano”.

I suoi bonsai sono pubblicati nei cataloghi UBI “Miglior

Bonsai e Suiseki” del 2004, 2005, 2006, 2007 e 2009.

Al congresso UBI 2009 cura la dimostrazione per conto

della “Bonsai Creativo School”.

Dal 2007 cura la collezione privata di Gianfranco Giorgi,

uno dei padri fondatori del bonsaismo in Italia.

Dal 2009 collabora alla creazione e al mantenimento degli

esemplari del Museo “Costantino Franchi” e dell’azienda

“Nara Franchi” di Pescia (LU).

È istruttore della “Bonsai Creativo School” dove svolge

attività didattica di base e avanzata.

Dal 2009 è istruttore IBS.

Francesco Santini - Talento Italiano 2004

Page 20: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Mi chiamo Michelotti Marcelo, vengo dall'Argentina e mi tro-

vo in Italia dal 1983. La mia passione per i bonsai nacque

circa sette anni fa, dopo che visitai una mostra organizzata

da un vivaio situato vicino a Collodi in provincia di Pistoia. Ri-

masi affascinato da queste piante, dal loro movimento nello

spazio e capii che ogni bonsai è una vera e propria opera

d'arte vivente.Fu così che cominciai a leggere libri e riviste

del settore e iniziai a lavorare anche qualche pianta ma non

ero soddisfatto del risultato; in seguito ho avuto la fortuna

di conoscere il "gruppo di bonsaisti medio Valdarno". Sono

entrato a far parte del club e così ha avuto inizio la mia

avventura. Successivamente, entrai a far parte della Bonsai

Creativo School nel 2002, e devo dire che qui ho veramente

capito che fare bonsai è un'arte. Grazie all'insegnamento di

Sandro Segneri ho avuto grandi soddisfazioni nel mondo

bonsai.

1° classificato talento toscano nel 2004 - 1° classificato ta-

lento italiano nel 2005 - 2° classificato eba new talent

contest 2006 (talento europeo Polonia)- premio "miglior alle-

stimento" mostra Napoli 2006 - diplomato istruttore della

"Bonsai Creativo School" nel 2005 - allievo dell'accademia

"European Bonsai School" - Assistente di Sandro Segneri al

congresso UBI 2006, ad Alberobello; in altre numerose occa-

sioni, ho dimostrato insieme a Francesco Santini, come ad

esempio al congresso UBI 2009 a Salerno per conto della

"Bonsai Creativo School".

Marcelo Michelotti - Talento Italiano 2005

Ho incontrato il mio primo bonsai, nel negozio di Elio Piccin

a Milano, all’età di 13 anni. Successivamente ho iniziato a

leggere tutto ciò che riguardava l’argomento, e per alcuni

anni ho continuato il mio percorso da autodidatta fino al

1999, quando ho conosciuto Salvatore Liporace. Dopo un

periodo di perfezionamento sotto la guida di Donato Danisi

e Patrizia Cappellaro, ho cominciato il mio apprendistato

presso lo Studio Botanico. Per quasi tre anni ho lavorato

quotidianamente a fianco di Salvatore, contribuendo attiva-

mente alla cura, alla ristrutturazione e alla realizzazione di

moltissimi bonsai. Nel 2005 inizio a collaborare con la

OltreilVerde, centro bonsai di Cernusco sul Naviglio. Nel

settembre dello stesso anno comincio ad occuparmi delle le-

zioni per il bonsaiclub Amici del Verde. Nel 2006 ho vinto il

concorso per il talento italiano. Nel gennaio dello stesso

anno realizzo il mio sito web dedicato al bonsai: www.bonsai-

lab.it in cui racconto la mia attività ed i miei lavori. Dal 2007

mi occupo dell’organizzazione della OltreilVerde Bonsai

Competition. Nel 2009 sono stato accettato nel collegio na-

zionale IBS. In questi anni ho presentato e preparato di-

verse piante per mostre nazionali ed internazionali,

ricevendo diversi riconoscimenti. Sono stato inoltre invitato

per dimostrazioni sia in Italia che in diversi paesi europei.

Continuo questo percorso insieme a tutte le persone che

incontrerò

Alfredo Salaccione - Talento Italiano 2006

Page 21: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Nato nel 1972, si avvicina al mondo del bonsai all’età di 20

anni circa. Prosegue per lungo periodo il proprio cammino

come autodidatta, documentandosi su libri e riviste e pre-

senziando alle mostre e lavorazioni sul territorio locale.

Nel 2004, conosce Enrico Savini e Stefano Frisoni (istruttori

IBS) fondatori della scuola bonsai Progetto Futuro, al quale

si affida per mettere a fino le proprie conoscenze nel campo

del bonsai e per imparare le tecniche moderne di lavorazio-

ne e modellatura.

Tra il 2004 ed il 2005, collabora con la scuola bonsai Pro-

getto Futuro, alla realizzazione di alcuni filmati didattici

sulla lavorazione del bonsai. Nel 2005, apre una sede della

scuola Progetto Futuro in Lombardia dove offre insegna-

menti ed organizza corsi bonsai. Dal 2006 ad oggi, tiene

work shop ed incontri didattici in Italia ed all’estero. Numero-

se anche le lavorazioni svolte in pubblico. Nel 2007, vince il

premio Talento Italiano 2007, durante il concorso orga-

nizzato al XI congresso UBI. Aprile 2008 partecipa al

concorso New Talent Contest EBA e guadagna il titolo di

Nuovo Talento Europeo 2008. Maggio 2008 viene nominato

Consigliere UBI. Settembre 2008, diventa Istruttore IBS.

Ivo Saporiti - Talento Italiano 2007

Giovane artista bonsaista nasce a Milano nel 1977, diplomatosi come

perito agrario, si avvicina al bonsai all’età di 14 anni con Salvatore Lipo-

race presso lo Studio Botanico. L’incontro con queste opere della natu-

ra fa scaturire subito in lui una grande emozione e nel 1996 consegue

un riconoscimento dall’Università del Bonsai di Crespi sotto la supervi-

sione del maestro Noburo Kaneko, partecipando inoltre a workshop

con diversi maestri internazionali e giapponesi. Nel 2005 incontra Enri-

co Savini e la scuola Progetto Futuro, qui ha la possibilità di affinare la

propria tecnica, interpretando e lavorando periodicamente su bonsai di

altissimo livello provenienti dei maggiori collezionisti e professionisti del

settore. Nell’ottobre 2007 si aggiudica la DEMO AWARD (concorso per

dimostratori alla So Saku Award di Roma giudice unico Marc Noe-

landers). Nel 2008 gli viene assegnato il titolo di TALENTO ITALIANO ad

Arco (Tn) in occasione del XIII Congresso UBI dove è anche espositore.

Inizia a tenere numerosi work shop, dimostrazioni e incontri didattici in

vari club, numerose le lavorazioni svolte in pubblico in Italia e all’estero,

inoltre cura e stilizza esemplari di collezionisti. Nel 2009 rappresenta

l’Italia in occasione del XXV anniversario del Congresso dell’ EBA tenuto-

si a Lorca in Spagna, aggiudicandosi il titolo di NEW EUROPEAN TALENT

2009. Sempre nel 2009 gli viene conferito il prestigioso riconosci-

mento all’albo degli Istruttori del Bonsai e del Suiseki dal Collegio Nazio-

nale IBS. Attualmente risiede a Cattolica (RN) dove ama lavorare bonsai

di qualsiasi genere e stadio, qui ha creato “SPAZIO BONSAI” luogo

d’insegnamento dell’arte bonsai dove far confluire interpretazione e

mezzi espressivi libero da concetti predefiniti ma al tempo stesso custo-

de di creatività artistica. Il privilegio dell’incontro con la natura non è so-

lo per pochi prediletti. L’arte come epressione di comunione dell’uomo

con la natura è una ricchezza dell’individuo e un patrimonio della

collettività da ritrovare, coltivare e tutelare.

Gianfranco Rossi - Talento Italiano 2008

Page 22: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Foto Angelo Attini

Dopo il primo incontro tre anni prima in Italia, l’anno do-

po in Giappone e lo stesso anno in Lussemburgo, ho fi-

nalmente la fortuita occasione di lavorare per la prima

volta con il mio futuro maestro, in Svizzera nel maggio

1993. L’esperienza della “prima volta” fu terribile e stu-

pefacente allo stesso tempo, incredibile, un vero pila-

stro della mia vita e dell’insegnamento nella tradizione

giapponese. Alla fine il maestro disse solo una parola:

Cioosen, la sfida.

CIOOSEN: la sfida

>> Bonsai-do: pratica e sapere

Page 23: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

P

er comprendere l’esperienza che ho ricordato,

che segna anche la base per l’inizio dell’episto-

lario col maestro e l’inizio degli studi con lui, vi

riepilogo il racconto per sommi capi.

Il primo Maggio 1993 il mio amico Pius Notter organizza

un seminario col Maestro a casa sua, a Boswil in Svizze-

ra, con persone provenienti ognuna da uno stato euro-

peo. Come italiano partecipavo evidentemente io. Con

la mia prof. di giapponese, Sawa, e Maria Teresa inizia-

mo l’avventura di questo giorno mitico. La saletta è un

po’ piccolina e i seminaristi molto seri e composti. Si ini-

zia a lavorare: il Maestro chiede le idee dei partecipanti

su ogni bonsai. L’unico folle dei cinque seminaristi ad

aver portato una pianta importante ero io, gli altri, sotto

consiglio degli organizzatori, avevano portato piantine

semplici e veloci.

Questo seminario infatti non era in programma,

perché il Maestro era lì per una vacanza dopo il congres-

so europeo in Lussemburgo; del resto si sa che Kimura

sensei nei seminari non interviene sulle piante, e tanto

meno fa scultura.

Con il mio Ginepro che era evidentemente da

scolpire, esulavo dal programma, e già questo causava

malumori. Ad un certo punto, dopo interventi minimi, il

sereno Maestro in vacanza mi dice di passare alla le-

gatura dei rami. Ora questo voleva dire non scolpire,

cioè non fare quello per cui avevo sperato e lavorato

tanto… protesto e chiedo di intervenire sul legno; il Mae-

stro mi spiega in tutta pacatezza, come un saggio taoi-

sta, che la scultura con utensili elettrici non è una cosa

che si fa nei seminari, e, comunque, è una cosa difficilis-

sima da realizzare bene. Non contento, un po’ deluso e

un po’ incosciente, prendo la fresa in mano ed inizio a

scolpire.

D’un tratto, come se un pianeta maligno lo aves-

se acceso d’ira, col volto tramutato in una maschera da

demone del teatro NO, mi lancia un’occhiata fulminante

2. Logo di Giuseppe Attini derivato dal

bonsai “La Sfida” simbolo della Fuji

Kyookai Bonsai scuola d’avanguardia

6. Lo studio dei controvena nello shari…

8. ...il dono...

9. ...solo nello stanzino...

10. ...ad opera compiuta...

11. La dedica “CIOOSEN” sulla fascia del

kimono

12. "La sfida" appena tornata a casa.

CIOOSEN: la sfida

Page 24: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

e mi dice: “No! La fresa

disturba gli altri!”. La mia

impensabile, inaccettabile

disubbidienza ed impertinenza

lo aveva alterato e la cosa si sta-

va mettendo male… senza in

realtà decidere il tutto per

tutto, disperato e fors’anche

piangente, insisto nel mio

imperdonabile atteggiamento,

e, su consiglio dell’amico Pius,

vado nello stanzino buio

accanto e continuo ad usare la

fresa e cercar di scolpire il mio

pure pungente bonsai.

Ogni tanto il Maestro

apre la porta, mi guarda ogni

volta con una maschera di-

versa, tra furia e ferocia,

sguardi crucciati e truci, gesti

d’ira e scatti di violenza,

sempre sbattendo la porta, ri-

chiudendomi nello stanzino, so-

lo con il mio bonsai e le mie

infrante speranze. Ormai il

tempo passava irrefrenabile,

disperato, tento il tutto per

tutto.

Del tutto casualmente

mi ero portato un regalino per il

Maestro da donargli a fine lavo-

ro in ringraziamento, non tanto

del seminario, quanto della sua

opera d’artista d’avanguardia

bonsai con il quale mi sarebbe

piaciuto avere un confronto

culturale. Allora come oggi ho

una tale ammirazione per il

Maestro, come uomo e artista,

24

- Massimo Bandera -

Page 25: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

forse perché nelle montagne in

cui vivo abbondano forme con

componenti scultoree …lo stu-

dio dei controvena nello shari…

in Larici, Pini e Ginepri, che rive-

do nella sua opera, una grande

bellezza naturale.

Decido quindi di dargli il

dono lì, in mezzo a tutti, a metà

seminario, nel tumulto e nel ma-

rasma generale, sperando che

almeno questo importante do-

no lo smuovesse. Sawa inco-

mincia a tradurre, un po’

divertita, un po’ esterefatta,

mentre il Maestro si mette

sull’attenti e accende la siga-

retta come fa di solito quando ri-

ceve doni.

L’importante regalo che

mi ero portato consisteva in un

bracciale egizio del Medio Re-

gno, in Faience, antico di oltre

tremila anni.

Non appena Kimura

sensei comprende la rarità del

dono, appassionato a mia insa-

puta di egittologia, si tra-

sforma, sconvolto e stupefatto

come un bambino, corre per la

stanza a passo svelto gridando

ai suoi assistenti giapponesi di

questo meraviglioso dono che

gli avevano fatto!

Attivato e acceso, come

vero artista può fare, si compli-

menta, scolpisce, insegna.

Oltre a fresare personalmente

e spiegare cose incredibili, prati-

camente trasforma il seminario

in una dimostrazione collettiva.

Ricordo il fotografo che si lancia-

va da una parte all’altra della

sala, come appeso a liane, per

fare fotografie e godersi lo

spettacolo. Gli altri seminaristi,

intanto, tramavano la mia

morte per digiuno a vita!

In quella dimostrazione

il Maestro spiegò molte tecni-

che, dall’importanza della

alternanza nella scultura tra

parti semplici e parti comples-

se per non creare una figura

troppo complessa: alternanza

tra piccolo e grande, tra dentro

e fuori. I vecchi rami che

scendono dalla chioma se-

guendo le curve del tronco, e le

pieghe a spacco che non

danneggiano i rami, almeno

nelle sue mani, così come la

puntura d’un’ape non fa nulla.

Ed ancora trasporti di vene e ta-

gli contro vena davvero inimma-

ginabili.

Il Maestro era molto

creativo ed eccitatissimo, ecco

perché ha creato un capolavo-

ro, cosa che raramente ha fatto

nelle dimostrazioni.

A fine lavoro mi dona

delle fotografie del suo più bel

bonsai, “il dragone”, che aveva

portato come dono a Felipe

Gonzales, allora presidente

della Spagna e suo importante

cliente, e mi fa una dedica

sulla cintura del Kimono: CIOO-

SEN, la sfida.

Ho chiamato questo

25

- Massimo Bandera -

Page 26: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

bonsai “La sfida”, da cui deriva

il logo, opera di Giuseppe Attini,

della mia scuola, la Fuji Kyoo-

kai Bonsai, e quando al crepu-

scolo vedo le pieghe di quel

tronco scolpito, oltre al ricordo

di quel memorabile giorno, mi

vengono in mente i lavori su

marmo del divino Michelange-

lo.

In una sua lettera del di-

cembre dello stesso anno il

Maestro mi dirà: “Il gioiello è

esposto in sala con altri doni di

amici. La sfida è come due fa-

mosi pionieri velisti, Kenichi Ho-

rie che va e diventa la prima

persona ad attraversare a vela

l’Oceano Pacifico nel 1962,

vince, e diventa un eroe, e

l'altro, Naoki Uemura, tenta la

stessa impresa ma fallisce e

muore". Non deve stupire se il

maestro cita due persone impe-

gnate nella “navigazione estre-

ma”, forse non tutti sanno che

Kimura sensei è appassionato

di caccia e pesca, soprattutto

di pesca d’altura: quando si

concede un po’ di tempo fuori

dal bonsai va con un gruppo

d’amici a pesca nell’Oceano.

Per Lui Kenichi Horie è un eroe.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

26

- Massimo Bandera -

Page 27: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 28: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

sotto il

andando verso la

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d'inverno

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>> Mostre ed Eventi

P

arte della mia giovane storia bonsaistica

inizia proprio da qui….11 anni fa! Quando

nel 1999 l’azienda Franchi organizzò una

manifestazione con ospite d’onore Kunio

Kobayashi, io c’ero! Ero tra quel gruppo che parte-

ciparono al laboratorio, che seguì la dimostrazio-

ne, attratto e affascinato da quel maestro venuto

da così lontano.

Mi ricordo tutto di quei giorni: la faccia del

maestro, i suoi consigli, le foto e la stretta di ma-

no. E quell’attestato di partecipazione è ancora lì,

incorniciato e appeso al muro di casa mia! Era giu-

sto il periodo in cui il mio fervore di imparare a fa-

re bonsai era alle stelle e ricordo quell’incontro

con grande piacere e un pizzico di nostalgia. Co-

stantino Franchi ci aveva abituati a manifestazioni

con nomi altisonanti e i bonsaisti non facevano

mancare la loro presenza ad avvenimenti del gene-

re.

Che si voglia o no questo è un luogo storico

del bonsai italiano. Venti anni fa, tutti gli appassio-

nati passavano da queste serre. Un vero punto

d’incontro…un crocevia di bonsaisti alla ricerca di

informazioni e qualche nuova pianta da mettere in

collezione.

Anche il mio babbo ci veniva spesso e io

ero sempre con lui. Mi ricordo di quando fu inaugu-

rata la collezione Paccagnella, quando c’erano le

dimostrazioni di Lorenzo Agnoletti, Edoardo

Scardo, Carlo Bazzali, e tantissimi altri. Le mura di

questo centro bonsai hanno significato tanto per

me… e credo per molti bonsaisti.

Da allora, per motivi conosciuti, c’è stato

un lungo periodo di silenzio. Una pausa comprensi-

bile durata fino all’avvicendamento di Nara

Franchi a capo dell’azienda di famiglia.

Questo cambiamento ha dato nuova vita

28

- Francesco Santini -

Page 29: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

ed entusiasmo: l’obiettivo di Nara è preciso, da-

re continuità a un lavoro già intrapreso dal pa-

dre, ma mettendoci le proprie idee, la propria

personalità, il proprio impegno!

Quando Nara mi mise al corrente della vo-

lontà di organizzare una manifestazione con ospi-

te un grande maestro giapponese, rimasi

veramente colpito. “Finalmente!” pensai.... si!

perché in un attimo mi vennero in mente le emo-

zioni vissute qui… e l’idea di organizzare qualco-

sa che potesse regalare una simile spinta

emotiva nei giovani appassionati mi piaceva da

matti.

Ecco perché questa voglia di “ricomincia-

re” è stata accolta con tutto il mio entusiasmo. Il

lavoro da fare è tantissimo. Mettere in piedi una

manifestazione di questo livello dopo tanti anni ri-

chiede un grande lavoro, a volte molto radicale.

Ed è qui che appare la forza di questa

realtà. Parlare di azienda è corretto solo sotto il

punto di vista commerciale. La percezione che si

ha nel lavorare qui non è quella di un’azienda

ma di una grande famiglia. È questa l’impronta

che la famiglia Franchi ha dato a questa realtà.

Avete presente quando tutta la famiglia è

coinvolta nell’organizzazione del pranzo di Nata-

le? Tutti hanno dei compiti, tutti con la voglia e la

partecipazione necessaria, tutti con la volontà di

fare le cose al meglio e di accogliere gli ospiti

nel miglior modo possibile.

Ecco! Dal mio punto di vista abbiamo

organizzato questa manifestazione con questa

ottica, con questo stile… in un ambiente così la-

vorare è più facile, più bello. Grazie anche alla

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- Francesco Santini -

>> Mostre ed Eventi

Page 33: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

preziosa collaborazione di Lorenzo Agnoletti è

stato fatto un lavoro veramente splendido a co-

minciare dal programma: Il maestro Suzuki, una

mostra di bonsai e di scroll, conferenze, dimostra-

zioni, workshop. Gli ingredienti ci sono tutti!

La fatidica data si avvicina. I giorni stringo-

no e come sempre ci sembra che non sia tutto

pronto, invece tutto fila liscio. Il museo, la sala

conferenze, le aree per le varie attività prendono

forma. Tutto è in ordine….tutto è pronto!

Entusiasmo! Questo è lo stato d’animo

con cui io, ma credo tutti i membri dell’azienda,

hanno vissuto questi giorni della manifestazione.

Man mano che la gente cominciava ad

arrivare la preoccupazione era quella di metterla

a proprio agio, e come sempre le cose più attese

scivolano via con una velocità impressionante.

Come per i viaggi... appena partiti, ci scopriamo

già di ritorno. Sembra di non averla nemmeno vis-

suta da quanto è stata veloce!

Solo a mente fredda ci si può finalmente

fermare a pensare a quello che è stato. Penso a

quante persone ho salutato, alle strette di ma-

no, penso ai molti partecipanti alla mostra, ai la-

boratori alle demo, penso all’emozione di

lavorare fianco a fianco a un maestro del calibro

di Suzuki.

La cronaca della manifestazione ha poco

senso... quello che è stato importante è aver vi-

sto tanta gente sorridente e soddisfatta; i tanti

complimenti che ci sono giunti hanno ripagato

ampiamente tutto il lavoro fatto, che vi assicuro

è stato tanto!

Ripenso a un momento particolare vissu-

to in questi giorni: alla fine delle dimostrazioni,

quando l’affluenza del pubblico era al massimo,

ho sentito la voglia di allontanarmi un attimo; so-

no salito al museo, quello che considero quasi

una seconda casa. Da solo mi sono affacciato

alla finestra e mi sono messo a osservare quel

piazzale pieno di gente. Vedo quel brulichio di

persone, chi parla, chi osserva i bonsai, chi esce

dalla mostra…è come se il tempo non fosse pas-

sato, è come se 11 anni fossero volati via in un

attimo. C’e’ stato un momento che mi è

sembrato di vedere il mio babbo lì su quel piazza-

le, a parlare di bonsai con tutti gli altri! Mi sono

commosso!

Dal mio punto di vista questa manifesta-

zione aveva un significato ben preciso: doveva es-

sere un giusto tributo alla figura di Costantino

Franchi per quello che ha fatto per il bonsai in Ita-

lia, ma soprattutto un caloroso benvenuto a

Nara, che chi ha avuto la fortuna di conoscere vi

ha riconosciuto la degna erede di suo padre!

A lei va tutto il mio ringraziamento, il mio

benvenuto in questo pazzo mondo del bonsai

con la convinzione che il suo impegno e la sua

impronta non potrà che giovare a tutti noi “ma-

lati” di bonsai!

È giunto il momento di non guardare più

al passato con nostalgia. Il presente è già una

bella conferma. Non resta che guardare al futuro!

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Page 34: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

YON SHUN-TEN

>> Mostre ed Eventi

Page 35: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

35

- Nicola Crivelli -

Page 36: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

N

ella fine di settimana dal 19 al 21

marzo si è svolta a Landsberg am Le-

ch, in Germania, la 4a edizione della

YON SHUN-TEN, mostra internazionale

di primavera. Sono stato invitato a fare due dimo-

strazioni durante la manifestazione.

Gli altri dimostratori erano, dal Giappone,

Hirotoshi Saitho, dimostratore ufficiale della

Nippon Bonsai Association. Inc., dalla Svizzera

Hartmut Münchenbach ed io, Falko Hamann,

Udo Fischer, Carmen Ganzenüller dalla Germa-

nia.

C’era anche un’esposizione di ikebana,

realizzati dalla signora Ingrid Eichinger, della

scuola Ikenobo.

La mostra è stata allestita in una splendi-

da cornice, lo Stadtmuseum, (http://www.mu-seum-landsberg.de)

I bonsai sono stati esposti tra antiche

statue che rappresentavano angeli, madonne e

santi: un’atmosfera molto wabi sabi.

L’allestimento della mostra è stato curato

da Udo Fisher; la prima sala conteneva sette to-

konoma con luce interna, dove i bonsai ri-

saltavano al meglio.

La mostra, nell’insieme, è stata curata in

ogni minimo dettaglio, con alternanza di conifere

e latifoglie, piante grosse, chuhin e shohin. Non

mancavano le essenze da fiore, uno stupendo

chojubai del signor Lehner, una camelia, un cory-

lopsis ed altre essenze da fiore.

La giuria era composta da Hirotoshi Sai-

tho, Harald Lehner e da me. Molte le piante meri-

tevoli, ed io ho preparato la mia lista

(naturalmente non avevo votato le mie piante)

ed è stata una vera sorpresa, quando sabato se-

ra durante la premiazione, il mio abete si è aggiu-

dicato il primo premio. Sembra che sia molto

36

- Nicola Crivelli -

Page 37: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

37

- Nicola Crivelli -

Page 38: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

piaciuto al Maestro Hirotoshi

Saitho; il secondo premio è

andato ad un abete di Udo Fi-

scher, il terzo ad un larice di

Karin Wittich. Per quanto ri-

guarda i suiseki il primo pre-

mio è stato aggiudicato a

Holger Göbel, il secondo al dr.

Michal Sebo e il terzo a Lise-

lotte Weller.

Le dimostrazioni, di tre

ore l’una, sono state tutte

molto interessanti, peccato

per la lingua, io non parlo il te-

desco.

Sabato mattina ho lavo-

rato due shohin di itoigawa,

mentre domenica mattina una

ceppaia di taglia chuhin di ezo-

matsu.

Sugli shohin si trattava

di dare una prima impostazio-

ne, il primo materiale era abba-

stanza ramificato ed ha

richiesto più tempo ed una la-

vorazione più dettagliata. La

ceppaia era molto vecchia, ed

aveva perso la sua forma origi-

naria, il lavoro è stato quasi

tutto di potatura, per ridargli i

vuoti ed i pieni oramai

scomparsi.

Tra una cosa e l’altra

sono riuscito anche a far una

visita alla magnifica casa del

the realizzata dai signori

Lehner nel loro giardino.

Un sentito ringrazia-

mento alla famiglia Lehner ed

il suo staff, per l’accoglienza e

l’organizzazione: tutto era

perfetto ed è filato liscio senza

intoppi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Page 39: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 40: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

40

- Gun Kyoosuke -

Page 41: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

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- Gun Kyoosuke -

Page 42: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

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- Gun Kyoosuke -

>> Dalle pagine di Bonsai&News

Page 43: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

43

- Gun Kyoosuke -

Page 44: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

H

o letto, come si suol dire, tutto d’un fiato il lavoro pubblicato

da Gian Luigi Enny. Un testo sintetico ma ben articolato e

strutturato che offre al lettore un panorama completo sui

giardini giapponesi: argomento molto attuale che interessa

ed affascina una vasta platea di lettori e non solo gli appassionati di

orientalismo.

I testi sono redatti da Enny con efficace stile giornalistico e

chiara didattica e accompagnano il lettore lungo un percorso completo

che inizia dai concetti filosofici che si celano dietro i giardini orientali

per passare ad una fase pratica che illustra tutti gli elementi

necessaria alla costruzione del giardino.

Progetti pratici arricchiscono i contenuti del lavoro di Gian Luigi

e dimostrano l’elevata preparazione dell’Autore. Ho molto apprezzato

le numerosissime foto che corredano il libro. E’ un testo che non può

mancare nelle nostre biblioteche e in quelle di tutti gli appassionati

non solo di bonsai e suiseki, ma di tutto quello che attiene all’Oriente.

Complimenti Gian Luigi e devo sottolineare il fatto che

devolverai i tuoi diritti d’autore: questo è un valore aggiunto che ti fa

molto onore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

GIARDINI GIAPPONESI

recensione a cura di Antonio Ricchiari

44

- Antonio Ricchiari -

>> In libreria

Page 45: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

C

hi si è avvicinato al bonsai negli anni

settanta (e non solo, anche dopo) si è

fatta l'idea che la coltivazione di queste

piante avesse una origine esclusiva-

mente giapponese. Si sentiva parlare poco della

Cina e se ne sapeva ancora meno. In quegli anni

la Cina era chiusa all'Occidente e non si poteva

conoscere granché sulla sua eventuale cultura

bonsai.

La forma del bonsai era quella cui princi-

palmente si ispirava chiunque si occupasse della

coltivazione di alberi in miniatura: soprattutto

l'America e più tardi l'Inghilterra l'avevano resa co-

me un preciso riferimento estetico. Negli Stati Uni-

ti, già prima del secondo conflitto mondiale,

vivevano dei giapponesi naturalizzati che si occu-

pavano di bonsai e questi alla fine delle ostilità di-

ventarono i primi maestri e depositari della

cultura e della tecnica, come l'avevano appresa

in Giappone. Basti pensare a questo riguardo

all'Associazione Bonsai della California ed al

grande John Joshio Naka.

Il primo libro ricco di immagini della famo-

sa collezione di Wu Yee-Sun di Hong Kong. Fece

scoprire così tutto un nuovo mondo sul penjing,

come lo chiamano i cinesi. Spesso rifiutato, e a

noi, aveva tuttavia qualcosa di piuttosto inconsue-

to, ma anche di "artistico". Il libro di Wu Yee-Sun

ci fece comprendere alcune cose: che le origini

del penjing erano molto antiche e che i giappone-

si avevano tratto ispirazione per il bonsai da que-

sto aspetto della cultura cinese e che, come

avevano fatto in molti altri casi, l'avevano assimi-

lata e poco per volta inglobata. Per ultimo che il

penjinq era ancora ben vivo nella Cina odierna,

anche se molto in sordina e poco conosciuto.

All'inizio degli anni ottanta la Cina mise

sul mercato i primi penjing, presentandoli in va-

rie esposizioni, come Le Floralies di Gand in

Belgio, la Chelsea Show di Londra ed anche in

Germania. Alcuni rifiutarono nettamente la produ-

zione cinese, altri ne furono affascinati: il ri-

sultato fu una discreta confusione. Ciò che

comunque diede ai cinesi una presa sicura in

Occidente furono le numerose varietà di alberi

provenienti da regioni tropicali o sub-tropicali.

Le opinioni, ancora più che per il bonsai

giapponese, restano divise. Per molte persone le

forme del penjing restano estranee; altri conside-

rano poco impegnativa questa arte cinese così

poco convenzionale. Questa decisa ripulsa o il po-

co interesse per il penjing sono legati, secondo

me, al tipo di informazione avuta: se ci si

accontenta di formarsi un opinione su quanto si

vede in certi vivai è impossibile capirne l'essenza.

Cominciamo dalla Cina, dove vi è una anti-

ca tradizione di giardinaggio, che tuttavia,contra-

riamente a quella giapponese, è decisamente

poco conosciuta. Se un giardino non lo si sa

Bonsai o

Penjing?

45

- Antonio Ricchiari -

Bonsai 'cult' <<

Page 46: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

“leggere", non se ne può comprendere il signifi-

cato e se ne vede magari solo l'aspetto grottesco

o bizzarro.

Credo che il penjing tragga le sue radici

proprio nell'arte dei giardini e poi di qui ne è evo-

luto: quanto più imparo sui giardini cinesi, tanto

meglio comprendo il penjing.

La Cina ancora oggi ha dei paesaggi

montagnosi stupendi: incredibilmente selvaggi e

bizzarri, ripetutamente celebrati dagli artisti

nelle loro pitture, poesie e canzoni. Sono una

parte essenziale di ciò che i cinesi chiamano

"bellezza". Anche il Taoismo ha contribuito a far

sentire questa coscienza di unità con la natura.

La differenza tra i bonsai ed i pen-jing si

può spiegare facilmente attraverso la diversità

della natura e del carattere dei due popoli. Il pae-

saggio cinese presenta: violenti contrasti di zone

montagnose e pianure, e rivela le ampie escursio-

ni termiche di un clima continentale. La popola-

zione è lieta e spensierata, amante dei colori e

delle novità. Il Giappone è un caos di montagne

vulcaniche, un isola con un assortimento di

piante ricco quasi quanto la Cina. ma con un cli-

ma assai più mite durante tutto l'anno, che non

conosce estreme temperature invernali ed esti-

ve, ma lunghe primavere ed autunni.

Ogni intervento è assai accurato, ma dissi-

mulato come fosse casuale. Le potature sulle

piante sono importanti, poiché esse devono ave-

re una forma armoniosa, ma non si deve notare

dove è stato fatto il taglio. Questa diversità

nell'atteggiamento mentale vale anche per il pen-

jing ed il bonsai: La Cina accomodante intende il

"naturale" in modo completamente diverso dal

Giappone.

Ciò che appare naturale deve essere

rappresentato e realizzato in modo spontaneo,

mentre i giapponesi. più formali. simulano la

naturalezza senza però lasciarlo vedere. Certa-

mente gli antichi pen-jing cinesi sono caricati di

simbolismi e ciò non può stupire, poiché così

tanto dell'antica Cina è ricco di simbologia. Ciò si

evidenzia ancora oggi nei vecchi penjing salvati-

si dalla Rivoluzione Culturale. In questo spirito si

devono guardare gli alberi foggiati a forma di ele-

fante o drago o a simulare un ideogramma o

una ruota: non come banali curiosità ma piutto-

sto espressioni di una cultura ricca e variegata,

anche se lontana dalla nostra.

Ogni teoria generale dell’arte deve co-

minciare da questo presupposto: che l’osservato-

re reagisca alla forma dell’oggetto presente ai

suoi occhi, in questo caso l’albero, e che la visio-

ne deve risolversi in una sensazione di piacere.

L’assenza di questa sensazione porta all’indiffe-

renza, se non ad un disagio e ad una repulsione

vera e propria. Il senso di rapporti piacevoli è il

senso del bello; l’opposto è il senso del brutto. Il

senso della bellezza è un fenomeno assai

fluttuante che, nel corso della storia, si manife-

sta in maniere molto incerte e spesso molto

sconcertanti.

La maggiore o minore diffusione del pen-

jing rispetto al bonsai deriva da diversi fattori. Co-

me per le forme d’arte o le correnti artistiche va

fatta un’analisi accurata che coinvolge il periodo

storico, le aggettivazioni sociali, culturali ed etni-

che. Un’arte non ha maggiore o minore successo

perché è più o meno bella o esteticamente

coinvolgente. La diffusione del penjing è stata

innanzitutto limitata poiché la nazione cinese ha

avuto nei secoli delle chiusure ermetiche dal

punto di vista geopolitico, culturale ed artistico.

La Cina non ha mai avuto alcun interesse

ad esportare oltre i propri confini tutto ciò che

attiene alla scienza, all’arte etc. Diciamo allora

che dal punto di vista comunicativo e divulgativo

il Giappone ha avuto dall’Ottocento in poi signifi-

cative aperture. La cosiddetta rivoluzione cultura-

le di Mao – scoppiata alla fine degli anni ‘60

dello scorso secolo - è stata dal punto di vista

culturale-artistico un notevole regresso per la Ci-

na e per l’interscambio con l’Occidente. Furono

distrutti la maggior parte degli esemplari: il poco

che sopravvisse alla stolta logica delle rivoluzioni

deve la sua salvezza alla passione e all’amore di

singoli coltivatori. Il penjing perse in Cina

quell’importanza e quel valore che gli appartene-

vano da secoli.

Prevale fra le varie motivazioni il fatto che

sono stati per primi i giapponesi a fare conosce-

re e divulgare i bonsai. Il penjing è rimasto per

molto, troppo tempo sconosciuto all’Occidente.

Quella che si chiama “educazione artistica” ha

imposto per primo il gusto verso il bonsai. Il pen-

jing rimane apprezzato e seguito da un numero

minore di appassionati, ma questa è una valuta-

zione che non ha nulla a che fare con il valore

intrinsecamente estetico dello stile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

46

- Antonio Ricchiari -

>> Bonsai 'cult'

Page 47: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

47

- Davide Lenzi -

La mia esperienza <<

Page 48: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

L

'essenza presa in esame è una Fillirea.

Originaria della Grecia, in Italia ne esisto-

no due specie: Phillyrea Latifolia e Philly-

rea Angustifolia. Quest'ultima è la più

diffusa e vive allo stato spontaneo in tutto il baci-

no del Mediterraneo. Le sue carattetistiche sono

l'adattamento a tutti i tipi di suolo, resistenza agli

inquinamenti atmosferici e soprattutto ai venti

marini. Grazie a queste caratteristiche, alla

corteccia vecchia e rugosa, ed alla ridotta di-

mensione delle foglie, si adatta benissimo alla

coltivazione bonsai.

La Fillirea descritta in questo articolo è

stata raccolta sulle colline Livornesi nella prima-

vera del 2007, precisamente a fine Marzo. Il

terreno nel quale viveva era composto da argilla,

gabbriccio e roccie varie che ne hanno reso la

raccolta molto difficoltosa; difatti la pianta è rima-

sta in stasi vegetativa per tutto un anno fino alla

primavera successiva. Dopodichè è stata colti-

vata con concimi organici a lenta cessione, poca

acqua e tanto sole all'interno di un terreno abba-

stanza drenante, ben areato e ricco di sali mine-

rali, per garantire una crescita ottimale

48

- Davide Lenzi -

>> La mia esperienza

Page 49: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

all'apparato radicale (30% di terriccio universale,

35% di pomice a granulometria media e 35% di

lapillo vulcanico medio).

Quando la Fillirea ha raggiunto un ottimo

stato di salute, ho deciso di lavorarla dandogli la

prima impostazione dopo tre anni di coltivazio-

ne. Inizialmente viene ripulito il nebari per trova-

re le radici principali, poi, dopo aver studiato

bene la struttura del tronco e dei rami primari, si

progettano i vari tipi di soluzioni mettendo in ri-

salto le parti belle più importanti e nascondendo

o rendendo belle quelle parti poco interessanti,

che possono essere identificate come difetti.

Nel caso di questa Fillirea le soluzioni era-

no due: intervenire sulla parte del tronco sinistro

tagliandolo, per eseguire un Moyogi o uno Sho-

kan (eretto informale o inclinato); oppure toglie-

re la parte destra per sviluppare un Han-kengai

(semicascante). Visto le caratteristiche del

tronco e l'andamento molto naturale della pianta

ho deciso di scegliere la seconda soluzione ese-

guendo un semicascante ed evitando anche di

fare un bonsai abbastanza usuale e simile a

molti altri.

49

- Davide Lenzi -

Page 50: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Prima di tutto spoglio la parte destra per

decidere di tenerla oppure trasformarla in un

lungo jin. Dopodichè pulisco la parte sinistra per

leggere meglio il resto del tronco: la vegetazione

nascondeva uno Shari naturale molto bello; non

ho più dubbi la parte pulita è molto più interes-

sante, cosi' procedo.

Trasformo le parti dei rami spogliati dalla

vegetazione i lunghi jin, per realizzare se occorre-

ranno alla struttura finale del bonsai e li pro-

lungo con delle parti scortecciate lungo il tronco

per rendere il tutto più naturale possibile. Poi

metto del mastice lungo gli Shari ottenuti per pro-

teggerli da eventuali ritiri di linfa eccessivi ed ini-

zio a basculare la pianta per scegliere l'

inclinazione giusta ed il futuro fronte del bonsai.

Scelti inclinazione e fronte noto che la li-

nea di forza del jin destro è in contrasto con

quella della direzione della pianta, cosi' decido di

tagliarlo e di ridurlo molto piccolo. Dopo aver la-

vorato con sgorbie le parti rese secche, mi dedi-

co alla filatura della pianta con del rame cotto e

all' impostazione finale del bonsai.

Il risultato finale è molto soddisfacente!

Pensando che si tratta di una prima lavorazione

devo dire che questo futuro bonsai di Fillirea mi

darà delle ottime soddisfazioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

50

- Davide Lenzi -

Page 51: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

S

in dalla nascita della

mia passione per i

bonsai, sono sempre

stato affascinato dai va-

si. Il vaso non è semplicemente

un anonimo contenitore per un

albero in miniatura, ma un pre-

zioso e ricercato completa-

mento per quel che è una

rappresentazione artistica di

un vecchio albero in natura.

Parlare di un vaso di qualità, si-

gnifica prima di tutto entrare a

contatto di un mondo formato

da mille sfaccettature... l'età, il

tipo di gres, la forma, il colore,

lo smalto, la patina, la produzio-

ne, sono soltanto alcune delle

peculiarità che fanno di un va-

so un vero e proprio oggetto

d'arte.

Senza arrivare a parlare

delle preziose produzioni di To-

koname, o degli inarrivabili Ko-

watari cinesi, c'è da dire che

l'Europa si è distinta negli ultimi

anni per la presenza di artigiani

vasai dalle eccellenti qualità,

tra cui John Pitt, Bryan Albright,

Morea Pubben, e in Italia, Ma-

51

- Tiberio Gracco, Carlo Scafuri -

La mia esperienza <<

Nel laboratorio di un

ARTISTA

Page 52: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

rio Remeggio e, dulcis in fundo,

Tiberio Gracco.

Avere Tiberio tra i soci

del club al quale appartengo, il

Napoli Bonsai Club, è stata

una vera fortuna per noi tutti. Ti-

berio ha saputo con zelo,

umiltà e modestia, doti inscindi-

bili del suo carattere, partire

da zero ed imparare tutto ciò

che riguarda la creazione di un

vaso di qualità. Ha fatto sue le

varie tecniche di produzione,

l'utilizzo degli smalti, la scelta

dei diversi gres, l'estetica ce-

lata dietro ogni forma, ha perfe-

zionato negli anni le sue

creazioni fino al punto di sba-

lordire gli stessi “ammiratori”

dei tanto blasonati Tokoname.

Infine, la qualità dei

suoi lavori ha fatto in modo che

si concretizzasse una speciale

collaborazione con Sandro Se-

gneri, che ha portato allo stu-

dio ed alla successiva

realizzazione di vasi unici nel lo-

ro genere!

Durante una delle mie

visite al suo laboratorio, Tiberio

ha voluto che io assistessi alla

creazione di un vaso che lo

stesso Sandro gli aveva dise-

gnato per un suo olivastro chu-

hin.

Mentre parliamo, si avvi-

cina al tornio spiegandomene

l'utilità ed i principi di funziona-

mento. Mi spiega che quella

Page 53: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

del tornio è una tecnica

antichissima, basata

sull'utilizzo di un piano ro-

tante collegato ad una gros-

sa ruota in pietra che,

fungendo da volano, pro-

lungava il moto del piano

rotante che veniva fatto ruo-

tare dall'artigiano vasaio

con i piedi. Al giorno d'oggi,

invece, grazie all'utilizzo del

motore, non solo il lavoro

risulta più agevole e meno

stancante, ma è possibile

variare la velocità di rotazio-

ne adattandola alle varie fa-

si di lavorazione.

Prima di mettersi

all'opera col tornio, però, si inizia a

studiare il progetto del vaso, tenendo

in considerazione che per giungere

alle misure definitive del vaso, biso-

gna tener presente della percentuale

di restringimento dell'impasto che

può variare dal 6 al 10%. Si passa

quindi a preparare l'impasto di gres

in una apposita macchina detta “de-

gasatrice”, che provvede all'elimina-

zione delle bolle d'aria presenti

nell'impasto stesso, questo al fine di

evitare spiacevoli rotture rendendo il

manufatto più resistente.

53

- Tiberio Gracco, Carlo Scafuri -

>> Tecniche bonsai

Page 54: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Quel che vedo dopo è un mix

di manualità, tecnica, bravura... e

magia. Tiberio posiziona una palla di

gres sul tornio, centrandola con la

forza delle mani sul piano rotante ed

utilizzando del gres fluido (la cosi-

detta “barbottina”) per ridurre l'attri-

to tra le mani e l'impasto. In questa

fase viene data una prima modellatu-

ra a quel che fino ad un attimo pri-

ma era un ammasso informe di gres.

Il ritmo cambia, ed in men

che non si dica viene arrotondato il

profilo del vaso e vengono

abbozzate le “corde” sulla sua su-

perficie. Con una spugna imbevuta

viene ammorbidito il tutto ed il vaso

comincia ad assumere quel che sarà

la sua forma definitiva. Mentre sul

mio volto si stampa la tipica espres-

sione inebetita di chi ha visto mate-

rializzarsi magicamente un vaso dal

nulla, con l'ausilio di un filo metallico

in tensione Tiberio stacca il vaso dal

tornio adagiandolo delicatamente al

contrario.

Non appena il vaso raggiunge

una precisa consistenza, gli viene

dapprima attaccata una striscia di

gres da cui vengono ricavati i piedi-

ni, gli vengono praticati e rifiniti i fori

di drenaggio ed ancoraggio, ed infi-

ne gli vengono apposti i timbri.

Il vaso è praticamente ulti-

mato, Tiberio mi spiega che per

considerarsi davvero finito dovrà pri-

ma asciugarsi lentamente e poi veni-

re infornato e smaltato.

È ora di prendere commiato

da questo grande artista vasaio che

ho l'onore di considerare amico, non

prima però di farmi promettere di

avere le foto finali del vaso una volta

cotto e smaltato... inutile dirvi che Ti-

berio ha poi mantenuto la promes-

sa!!!

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Page 55: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

55

- Tiberio Gracco, Carlo Scafuri -

Page 56: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

MMAANNTTIIDDEEI

l Ginepro comune ha una vasta diffusione in tutto

l’emisfero settentrionale, dove vive spontaneo dal li-

vello del mare fino a notevole altitudine, tanto che

nella forma arbustiva nana e prostrata, raggiunge i

3700 m nel Monte Rosa. E' pianta molto longeva (può vi-

vere fino a 1000 anni) e frugale, adattabile a qualsiasi

condizioni di clima e di terreno, vegeta in ambienti aperti

e luminosi, tollera aridità e forte vento.

La pianta protagonista di questo articolo è un Gine-

pro comune var. “Emisferica” che vive in Sicilia e sporadi-

camente in Calabria, in entrambi i posti lo si trova in

alcuni monti a partire dai 1000 fino ai 2200 metri di

altezza. E' una varietà che assume in natura un porta-

mento strisciante formando dei cuscini più o meno grandi

di forma tondeggiante, da qui il nome latino “Emisferica”.

Quindi, pur essendo molto longeva, raggiunge di rado

grandezze di tronco di un certo livello.

Il materiale in questione catturò inizialmente la

mia attenzione per la grandezza del tronco, inusuale per

questa essenza, e subito dopo per i movimenti del tronco

stesso e per la legna secca molto vissuta. Stranamente,

dopo pochi minuti di osservazione della pianta, avevo già

chiaro in mente il disegno finale, cosa che mi capita rara-

mente soprattutto con materiale così complesso.

Il progetto che avevo in mente avrebbe dato come

risultato uno stile bunjin insolito, perché solitamente

rappresentato da tronchi sottili e vegetazione leggera,

56

- Giacomo Pappalardo -

>> La mia esperienza

religiosa

la

Page 57: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 58: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

mentre la pianta in questione aveva un tronco

notevole ed una chioma poco leggera, ma il tutto

era molto naturale anche perché sfruttavo delle

curve drastiche naturali. Lo stile bunjin a mio

avviso è lo stile più complicato da realizzare, ed

anche se in molti si cimentano a farlo, sono po-

chissime le piante che si avvicinano veramente

a questo stile, “libero” ma allo stesso tempo

ricco di significato.

Dopo un periodo di pieno recupero della

pianta iniziai la prima lavorazione, nel Maggio

2005, consapevole del fatto che il disegno che

avevo in mente non si sarebbe potuto realizzare

in un intervento. Iniziai con la pulitura delle vene

in modo da capire quali zone delle piante ali-

Page 59: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

mentavano e devo ammettere

che non e’ stato facile. Capita

spesso che nei ginepri, so-

prattutto nei soggetti molto

vecchi, le vene o fasci linfatici

si incrocino e col tempo si saldi-

no insieme per poi dividersi e

alimentare due zone opposte,

oppure che radici avventizie tro-

vino una zona di terreno più pro-

fondo e si ingrossino fino a

diventare un tutt'uno con il

tronco. Parliamo comunque di

processi che la pianta mette in

atto in decine e decine di anni,

e molto spesso in centinaia di

anni.

Dopo la pulitura delle ve-

ne iniziai la lavorazione della le-

gna secca cercando di non

toccare assolutamente le parti

naturali lavorate in molti anni

come solo madre natura sa fa-

re, mi limitai soltanto a

raccordare i tagli dei jin che era-

no stati tagliati al momento

della raccolta ed a eliminare

una grossa parte di legna

secca in basso (molto proba-

bilmente una grossa radice che

formava il tronco ormai secca e

inattiva da diversi anni). La

maggior parte del lavoro di le-

gna secca lo feci con la tecnica

dello strappo, mentre per le

parti più grosse che dovevo eli-

minare completamente mi

servii di una smerigliatrice ad

alta velocità.

La prima lavorazione

della chioma in un ginepro ad

aghi non da quasi mai un ri-

sultato piacevole perché spes-

so si ha poca vegetazione

secondaria, ma si lavora per se-

lezionare e dirigere la ramifica-

zione primaria che serve al

disegno che ci siamo prefissati

ed eliminare il superfluo; come

risultato la pianta, se è sana ed

è stata ben concimata, vegete-

rà abbondantemente creando

la vegetazione secondaria, che

se cimata al momento giusto

può regalarci nello stesso anno

una seconda vegetazione

creando la vegetazione di rifini-

tura.

Il risultato finale della prima la-

vorazione corrispondeva al dise-

gno che avevo in mente anche

se c’era la zona bassa della

Page 60: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

pianta che mi creava problemi perché nel dise-

gno che avevo in mente andava eliminata, ma a

lei era legata la sopravvivenza della vena che

parte dalla sinistra del tronco per poi girare so-

pra per andare ad alimentare i due palchi in bas-

so, mentre la zona in alto era alimentata dalla

vena di destra.

Decisi momentaneamente di lasciare

quella zona e prendermi un po’ di tempo per

pensare ad una possibile soluzione. Lo stesso

anno della lavorazione decisi di rinvasare la

pianta, pur sapendo di rischiare preferivo farlo

subito per eliminare il lapillo vulcanico con cui

era stata rinvasata la pianta, che se in Sicilia ed

in genere al Sud Italia è un ottimo terriccio per la

coltivazione, ma in Piemonte dove abitavo, si ri-

schia, soprattutto con questa essenza, un marciu-

me radicale.

La pianta (ben concimata precedente-

mente) rispose bene al rinvaso e mi regalò

anche una discreta vegetazione.

Nella primavera del 2006 prima del risve-

glio reimpostai la pianta accorciando ulte-

riormente i famosi tre palchi in basso

lasciandone solo uno, che se pur fastidioso per il

disegno, mi permetteva di tenere in vita la vena.

Ma feci male i miei conti perché come ben sappia-

mo ma spesso dimentichiamo abbiamo a che fa-

re con esseri viventi (ed io aggiungo pensanti,

anche se a modo loro) e non con delle rocce o

del legno secco che possiamo forgiare a nostro

piacimento. La pianta percependo che la vegeta-

zione alimentata da quella ve-

na era insignificante rispetto

al resto della chioma ali-

mentata dall’altra vena, fece

scattare il processo di econo-

mia delle risorse e quindi di sacrificare la zona

più debole, non produttiva, a favore della zona

più forte, più efficiente.

Conclusione: il rametto che avevo lasciato

ritiro’ la linfa e seccò e con lui la vena di sinistra.

Alla fine poco male perché comunque la vena di

destra che alimenta adesso tutta la chioma e’

ben visibile dal fronte. Per il resto non ci furono

più imprevisti, la pianta continuò a vegetare ge-

nerosamente per tutto l’anno.

Nell’Ottobre 2006 fu presentata a Roma

alla “So-saku Bonsai Awards” aggiudicandosi il

Premio per Autori. Nella primavera del 2007 fu

rinvasata in un vaso “prototipo” realizzato su mia

richiesta dall’amico e artista Piero Cantù. Que-

sta volta portai la pianta a radice nuda elimi-

nando così l’ultima parete di zolla che avevo

lasciato al primo rinvaso in modo da escludere

qualsiasi pericolo di ristagni d’acqua.

Voglio chiarire che questi interventi così

ravvicinati possono sembrare eccessivi e in

effetti lo sono ma sono frutto di anni di espe-

rienza sommata all’utilizzo di prodotti di ultima

generazione che se saputi utilizzare al meglio

con l’aggiunta dell’esperienza possono accorcia-

re di parecchio i tempi di risposta e di recupero

della pianta a certi interventi invasivi. Quindi se

non si ha l’esperienza necessaria consiglio di

continuare a eseguire gli interventi di rinvaso

mantenendo parte di zolla e con i canonici due

tre anni di recupero tra un intervento e l’altro.

Nel 2007 fu presentata alla Ginko Award

>> La mia esperienza

Page 61: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

dove venne selezionata per il Mondiale

2008 in Italia. Nel 2008 durante il congres-

so di Arco di Trento in Italia, si aggiudicò il

premio UBI.

Sempre nel 2008 la pianta si e’

distinta alla “Bonsai Award Certre’

International on line” aggiudicandosi la se-

sta posizione.

Buon bonsai a tutti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Page 62: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Vita breve di una pietra

giapponese:

una Luuuuunga Storia, ai nostri occhi ….

Tratto da:

“The Sen-En-Kyo: COLLECTION OF JAPANE-

SE VIEWING STONES” di Sen-En-Kyo -

Supervisore editoriale: Kin-ichi Yoshimura

La vacca od il bue sono un simbolo della diffusione della cultura buddista. In Giappone, il bue mansueto ha il nome speciale di Gagyu.

Un'antica storia zen cinese è rappre-sentata in dieci antichi disegni: “Le dieci icone del toro domato”. Per gli antichi mo-naci cinesi Chan; in seguito, anche per i monaci Zen dopo, rappresentano i dieci passi che portano lungo la via alla sco-perta della Verità.

Page 63: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Un pastore vuole ritrovare il bue che ha perso. Il bue, prima disobbediente ed irruento, rappresenta la mente incline a correre qua e là. Il mandriano che tenta di legare il bue ad un albero è lo yoghi; quando il solido punto fermo sarà fissato, il mandriano potrà allontanarsi senza ti-more di perdere nuovamente il bue, ormai tranquillo e sottomesso: metafora calzante per la pratica della meditazione.

“Proprio come un uomo legherebbe ad un paloUn vitello che dovrebbe essere addomesti-cato,Così pure uno dovrebbe qui legare stretta-menteLa propria mente all'oggetto di consapevo-lezza”.

N

el maggio 2005, fu la prima volta in

cui vidi il famoso Gagyu-ishi (prece-

dentemente, di proprietà di Kamiya

Yoanken). Prima, lo avevo visto solo in

fotografia. La Pietra mi apparve piccola, ma ave-

va una dignitosa e massiccia apparenza.

Vi è una profonda connessione tra la pietra ed il

Kofu-En Bonsai Garden. Il Gagyu-ishi, (pietra

amata da Bejo, il fondatore del Giardino Taiko-En

Bonsai) fu dapprima data a Yoshimura Toshiji da

Hanjiro, il titolare di seconda generazione di Tai-

ko-En nel 1924, come un riconoscimento per

l'apertura del Toshiji Bonsai Garden.

Beio, nato nell’anno del Toro aveva una

smodata passione per la pietra.

Nonbei, una mano da maestro nel creare

suiban, aveva anche fatto una figura di bue per il

compleanno di Beio, ma sfortunatamente era bru-

ciata quando scoppiò un incendio, durante il

grande terremoto di Kanto, nel 1923.

Kin-ichi Yoshimura dice che, quando si tro-

va faccia a faccia con la pietra, è come se Beio

fosse in realtà di fronte a lui. Anche se non ha

mai avuto familiarità con Beio, la pietra gli somi-

glia esattamente come suo padre Toshiji gli ave-

va descritto: grande, pesante, e calvo, con una

faccia rotonda. Le sue mani erano abbastanza

grandi. Quando Toshiji fu suo apprendista, si

soffiava i pugni durante il lavoro ed erano piutto-

sto doloranti.

Il Gagyu-ishi è stato venduto dal Kofu-En

Garden diverse volte ma, stranamente, torna

sempre indietro come un boomerang, dopo un

pò. E' come presente… un senso di relazione pre-

destinata tra la pietra e il Kofu-En. Nei primi me-

si del Showa la pietra fu trasferita a Kyoto da

Kamija Yoanken, che è stato un appassionato di

suiseki e che gestiva una grande borsa di vendi-

ta.

Per qualche ragione, egli ha venduto tutte

le sue pietre di Tokyo, il 22 settembre 1941. Il

prezzo del Gagyu-ishi allora fu di 551 Yen. Il no-

me di Toshiji era elencato nella lista degli agenti

per la vendita, per cui, poi, si pensò che la pietra

fosse stata comperata in quel momento.

Nel 1945, anno in cui finì la guerra, vi era-

63

- a cura di Luciana Queirolo -

Page 64: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

no due suiseki rinomati, al Kofu-En Bonsai

Garden: la pietra Gagyu e una pietra crisantemo

chiamata "Hagoromo". La Pietra "Hagoromo" fu

scambiata per del riso, ma Toshiji non abbandò

la Gagyu-ishi.

Nel 1965, quando il collezionismo Suiseki

era all'apice del boom, Toshiji fu avvicinato da

Hashimoto Masukichi, un importante cliente, al

Kofu-En Garden, e la pietra gli fu venduta.

Ma Toshiji sognò la pietra, quella notte, e nel

sogno la pietra gli disse che voleva ritornare; così

il giorno dopo Toshiji andò a spiegare il suo

sogno e se la fece ridare. Questo episodio è

famoso.

Nuovamente, nel 1975, La pietra fu

trasferita a Katayama Teiichi su sua richiesta e

dopo passò a Chuji Sugii. La pietra è stata

inclusa negli "Importanti Suiseki e Utensili

Certificati dalla Japan Suiseki Association”

come un importante suiseki di sua proprietà

(registration n ° 66)

Nel maggio 2005, Quando Chuji Sugii

ebbe intenzione di vendere la pietra, molti

entusiasti richiesero di comprarla, così decise di

consultare Arishige Matsuura, presidente della

Japan Suiseki Association. Egli fu dell’avviso che

la pietra dovesse appartenere a Kofu-En Bonsai

Garden e, di conseguenza, Sugii concluse di

venderlo alla Kofu-En. Kin-ichi Yoshimura

osservò, dopo aver ottenuto la pietra: "Ho

sognato di mio padre (Toshiji) la notte scorsa. E’

apparso accanto al mio letto ed ha

semplicemente sorriso." È come se Toshiji fosse

contento che la pietra Gagyu tornasse al Kofu-

En. Ora la pietra è sotto le cure di Ikki Yoshimura,

che è il figlio di Kin-ichi ed ora è in formazione

sotto di lui.” (nota di redazione:!!!!!!!).

“… Nel giugno 2006, Ikki Yoshimura ha assunto

l'incarico di direttore della Japan Suiseki

Association. È’ come se Toshiji avesse portato la

pietra al Kofu-En per sostenere Ikki. Mi auguro

che la pietra possa rimanere, per una lunga

durata, tesoro del Kofu-En e spero per l'ulteriore

sviluppo del Kofu-En.”

© RIPRODUZIONE RISERVATA

COSA NOI SUISEKISTI DOBBIAMO SAPERE

YUJI YOSHIMURA nasce nel 1921,

secondo di 12 figli, dalla famiglia di Toshiji

Yoshimura, uno dei massimi leader del

bonsaismo mondiale, samurai e famoso de-

signer di giardino, proprietario del Kofu-en

Bonsai Nursery, situata in un sobborgo di

Tokyo; fino al 1960, uno dei tre giardini dal

periodo Meiji. Toshiji, uomo di gusto estre-

mamente raffinato e di grande istruzione,

annoverava tra i suoi clienti la crema della

società giapponese: artisti ed aristocrazia.

“L’estetica della Kofu-En Nursery è stata per una bellezza interiore oltre che leggiadria esteriore, favorendo l'eleganza piuttosto che l’impatto. Quando guardi un piccolo albero, il tuo cuore si sente rilas-sato e puoi sentire soffiare il vento; più di quello che può essere visto con gli occhi e l'albero assume una bellezza eterea. Yuji imparò questa estetica dal padre e l’ha insegnata al mondo Occidentale, prima in

Page 65: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Giappone e poi negli Stati Uni-ti. Visse nel mondo occidentale per più di trentacinque anni, studiando le differenze tra le culture occidentali ed orientali. Yuji Yoshimura è stato un arti-sta bonsai giapponese che, vi-vendo al di fuori del Giappone per molti anni, divenne un lega-me diretto tra le tradizioni del bonsai classico giapponese e

l'approccio progressivo occi-dentale. Il risultato è stato una scuola elegante e raffinata del bonsai adattato per il mondo moderno.”

Il 27 agosto 1975, il pa-

dre, Toshiji Yoshimura, muore.

Il fratello di Yuji, Kanekazu, di-

viene titolare della Kofu-En:

molto attiva all’interno della

Nippon Bonsai Association e

della Nippon Suiseki Asso-

ciation, in cui Yuji è stato tra i

fondatori.

Nel 1984, in collabora-

zione con Vincent T. Covello,

pubblica “L’Arte Giapponese dell’Apprezzamento della Pietra, Suiseki e il suo uso col Bonsai” . Li-

bro che rimane a tutt’oggi la

Bibbia di ogni nuovo appassio-

nato del Suiseki.

65

- a cura di Luciana Queirolo -

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Larix decidua

LLaarriicceemeravigliosa essenza

Testo e foto di Federico Springolo

Page 70: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Larice

ESSENZA MERAVIGLIOSA

Testo e foto di Federico Springolo

L

a sua corteccia grigia come la

cenere, il suo legno dalle ve-

nature rossofuoco e dal profu-

mo inconfondibile, i suoi aghi

verde tenue e leggeri come piume, il

giallo oro in autunno e la sua veste nu-

da in inverno, fanno di questa es-

senza una delle mie preferite e

quando, durante le mie gite a

“caccia” di esemplari mi imbatto in lui

è difficile che torni a casa senza!

La pianta che presento è un

esemplare molto grande di questa me-

ravigliosa essenza, pianta che

raccolsi una decina di anni fa e che

per circa otto è rimasta a dimorare

all’interno di una cassa di legno che

costruii appositamente. Dicevo otto

anni, tutto questo tempo mi è servito

per apprezzare le sue risposte alle sta-

gioni, ammirare il suo mutare di colo-

re e creare con lei quell’armonia che

mi ha portato a operare degli

interventi avendo il massimo rispetto

per la sua vetustà e saggezza.

Per la prima lavorazione ho

approffitato di un incontro con

Sandro Segneri alla Bonsai Creativo

School, anche il grande Sandro, nono-

stante veda continuamente materiali

di potenzialità elevatissima, è rimasto

colpito ed entusiasta di ciò che aveva

davanti ed ha approvato, dopo averlo

analizzato attentamente, il progetto

che gli ho sottoposto.

Il progetto non facile, perché il

“laricione” presentava una grossa

porzione di tronco arcuata e di poco

interesse che allungava la pianta e

non conferiva carattere, prevedeva,

per conferire quel carattere latente di

operare una scelta drastica, scelta

che mi portava a eliminare tutta la

parte apicale, simulando un incidente

meccanico, e ridurre “al secco” una

porzione importante della vegetazio-

70

- Federico Springolo -

>> Noi... di Bonsai Creativo School

Page 71: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

ne. Ero, e sono convinto, che quello che

era un difetto sia divenuto oggi un

punto focale dell’insieme.

Questa operazione mi ha

successivamente portato, negli

interventi futuri, a lavorare il legno

secco del moncone e operare il suo

spostamento, con le tecniche della sfi-

bratura e l’ausilio del fuoco, in avanti di

oltre 60 gradi. In questa prima fase, pe-

rò, non ho previsto di lavorare il legno

ma solamente di concentrarmi

sull’abbassamento del ramo principale,

per simulare uno stile KENGAI (ca-

scata) O HAN KENGAI (semicascata) e

una prima allargatura dei rami primari

per favorire l’amissione di nuovi germo-

gli. Ho eseguito una legatura

importante del ramo, sopra una protezione di ba-

nale camera d’aria posizionata su di uno strato

doppio di rafia, l’ho abbassato aiutandomi con

delle leve e, giunto alla posizione desirata, l’ho

ancorato con dei tiranti. Per il punto di partenza

della curva ho sfruttato una biforcazione causata

da un evento drastico naturale.

Ho lasciato riposare la pianta per tutta la stagio-

ne vegetativa e, a Giugno, prima di spostarla co-

me al solito in montagna dove può migliorare le

sue funzioni vitali visto che le condizioni di

temperatura le sono più favorevoli della pianura,

ho operato un dimensionamento delle branche

71

- Federico Springolo -

Page 72: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

primarie che si erano allungate anche di 35/40

cm.

A gennaio, ho deciso d’intervenire sul legno secco

e di operare una seconda definizione dei palchi.

La lavorazione del legno, come detto in prece-

denza, implicava lo spostamento del moncone in

avanti e una piega di questo di circa 60° per

enfatizzare il punto di rottura e rendere il difetto

accennato in un punto d’interesse.

Ho operato quindi la sanificazione della

cassa di legno che, come si vede dalle foto, stava

cedendo in tutte le sue parti.

Ecco questo è stata la mia prima fase di la-

vorazione con il “laricione” ora, con il tempo si

succederanno altri lavori da eseguire e chissà se,

magari un giorno, potra darci emozioni dal vivo in

qualche esposizione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

72

- Federico Springolo -

>> Noi... di Bonsai Creativo School

Page 73: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

73

- Federico Springolo -

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Page 76: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Nasce a Padova nel 1976, nel 1990 inizia a seguire i corsi base presso l’Associazione Eu-

ganea Bonsai. Fonda con Luigi Toso nel 1992 il Bonsai Gymnasium. Nello stesso anno

frequenta dei corsi di formazione e perfezionamento con alcuni dei più noti istruttori ita-

liani quali: Segneri, Andolfo, Cetorelli, Dal Col, Liporace e simultaneamente partecipa a

dei workshop tenuti da H. Terakawa, H. Suzuki e M. Noelander. Nel 1994 inizia a seguire,

come assistente, Luigi Toso nelle dimostrazioni e nei workshop tenuti dallo stesso. Si di-

ploma in agraria nel 1995. Dal 1997 è ammesso al Collegio Nazionale IBS. Da allora ha

partecipato a manifestazioni nazionali e in alcune di queste le sue piante ricevono citazio-

ni e premi, tra queste ricordiamo: Sacile nel 1998 e Ferrara nel 1999. Nel 1999, dopo

lungo apprendistato, intraprende l’attività professionistica di realizzazione di parchi e

giardini fondando l’azienda Oltre il Verde Giardini snc. Nel 2001, alla mostra nazionale di

Arco (TN), effettua la sua prima dimostrazione in pubblico come Istruttore. Il periodo

immediatamente successivo lo vede impegnato in una lunga ed autonoma fase di ricerca

sull’estetica delle forme e studio delle piante autoctone. Sviluppa quindi la passione per

essenze mediterranee ed alpine del nostro territorio. Si specializza nella raccolta di pini,

larici, abeti e quercus affiancando contemporaneamente artisti della lavorazione e

dell’intaglio del legno. Dal 2007 frequenta la Bonsai Creativo School, diretta da Sandro

Segneri, dove sta approfondendo le nozioni di estetica e le metodologie di lavorazione

delle piante con l’applicazione di tecniche avanzate. Nel 2009, insieme ad alcuni amici

che condividono la stessa passione, rifonda il BonsaiGymnasium, con sede a Galta di Vi-

gonovo (VE); nell’Associazione ricopre la carica di vicepresidente e istruttore. Cultore

dell’estetica la sua specializzazione nel campo bonsaistico sono le forme naturali e la la-

vorazione del legno secco, predilige l’uso di utensili manuali a quelli elettrici.

>> Noi... di Bonsai Creativo School

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Page 80: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

B

entrovati amici, con il primo numero di primavera vi regaliamo una

chicca, l'intervista ad uno dei pionieri della nostra passione, Lo-

renzo Agnoletti. Ha iniziato a conoscere i bonsai all’Università di

Agraria di Firenze.

Partecipa alla prima mostra di bonsai a Pisa nel 1980 ed è cofondatore del

club ATABS di Firenze nel 1984, oltre che dell’Associazione Italiana Bonsai

(AIB). Nel 1985 inizia la sua collaborazione con un centro bonsai dove ha

l’occasione di lavorare ed assistere diversi professionisti: Naka, Suzuki, Ro-

binson, Kobayashi e Terakawa. Il primo viaggio in Giappone risale al 1989

per il primo Congresso Mondiale Bonsai. Ne seguiranno altri fino allo stretto

rapporto con Il Maestro Kobayashi e la permanenza nel suo giardino nel

2002 per cinque mesi. Ha partecipato a molte manifestazioni in Italia ed

all’estero come espositore concorrente e giudice. I suoi bonsai, tutti di specie

europee, hanno vinto concorsi nazionali ed internazionali.

Buona lettura.

Giuseppe Monteleone

>> L'opinione di...

80

- Giuseppe Monteleone -

Page 81: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Devo confessare che intervistare

uno dei pionieri del bonsai in Italia

mi desta una certa emozione. A

maggior ragione per il fatto che,

ultimamente, di te non si hanno

molte notizie, a cosa è dovuto que-

sto “isolamento mediatico”?

La mia relativa assenza è

dovuta ad impegni nella costruzio-

ne del mio nuovo giardino e in

parte dal mio desiderio di rallenta-

re e selezionare le mie partecipa-

zioni a manifestazioni e media.

Potrei dire che ogni tanto mi piace

vedere quello che fanno gli altri.

Ho l´inconfessato desiderio di

tornare ad essere un semplice

appassionato bonsai. Per l´isola-

mento mediatico potreste pro-

pormi una collaborazione o un

articolo sul vostro magazine.

Come sempre, a me piace far tra-

sparire da queste righe un po'

dell'uomo che c'è dietro ogni

bonsaista, tu che tipo di persona

ti definisci?

Penso di essere una perso-

na complessa, con un carattere ri-

servato ma molto curioso del

mondo e degli altri. Dal punto di vi-

sta del bonsai sono sicuramente

un epicureo, cerco di trarne tutti i

piaceri possibili.

Il debutto nel mondo del bonsai ri-

sale al 1980 con la tua prima mo-

stra a Pisa, che ricordo hai di quei

giorni?

Radioso! Come possono es-

sere i 19 anni ed una 500 verde,

usata in viaggio per Pisa a vedere

i bonsai. E´stato emozionante

incontrare quei pochi che allora co-

noscevano questa arte. Ho rivisto

tempo fa un catalogo della mo-

stra: le piante bonsaisticamente

erano impresentabili in compenso

c´era una bella atmosfera un po'

anarchica e naif.

Oggi qualunque appassionato si vo-

glia cimentare con quest'arte non

ha certo difficoltà a reperire

informazioni, a trovare scuole e

maestri, ma i tuoi inizi non sono

stati certo così semplici, credi che

le difficoltà di allora siano state ri-

pagate in termini di soddisfazioni?

Dal giorno del tuo debutto non ti

sei più fermato, innumerevoli le

splendide piante che sono venute

fuori dalle tue mani, ma ce n'è

una alla quale credo tu sia partico-

larmente affezionato, il famoso ci-

presso che ormai tutti conoscono,

sbaglio se dico che è ormai quasi

parte di te e della tua storia?

Vedi ho la presunzione di ri-

tenere che tutti i miei bonsai sia-

no parte di me. Tutti i bonsai del

mio giardino sono stati lavorati da

zero e solo da me, per questo non

ho un bonsai preferito. Il mio ci-

presso e ´stato apprezzato da

altri e questo mi fa piacere.

Il tuo percorso formativo ti ha

portato a frequentare alcuni dei

più famosi artisti giapponesi fino

a farti approdare nel 2002 nel

giardino del Maestro Kobayashi.

Che ricordo ti porti di quei cinque

mesi?

Mi ricordo la gioia e la fre-

nesia del mio maestro Kobayashi

che tutto può essere fuorché un ti-

pico giapponese. Ho vissuto per

un periodo con un uomo che ha

avuto dei sogni e li ha realizzati:

Avere un giardino bonsai creato

dal nulla, partecipare e vincere a

manifestazioni importanti, costrui-

re un museo di vasi antichi, di-

vulgare il bonsai oltre i confini

nazionali, insegnare ad allievi

stranieri. Mi porto dentro la lezio-

ne quotidiana, mai esplicata ma

messa in pratica che il bonsai non

è tecnica ma arte. Per questo noi

allievi eravamo trascinati a lezioni

di calligrafia, visite a mostre di

pittura, collezioni di bonsai e vasi,

giardini e luoghi naturali famosi.

Per Kobayashi il bonsai è parte

del “Kazari” che è l'arte di armo-

nizzare ed estetizzare il mondo

attorno a noi e per farlo ci vuole la

nozione del bello.

Rifacendomi alla domanda prece-

dente, io credo che per un occi-

dentale, essere “preso a bottega”

da un grande Maestro giapponese

rappresenti un onore. La mia è

una visione romantica o è ancora

così?

Sicuramente è stato un pri-

vilegio essere stato il suo primo

studente straniero di lungo perio-

do. Un onore è stato l'avermi affi-

dato la lavorazione e preparazione

di tanti bonsai per clienti

Page 82: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

importanti e per il Kokufu oltre a

l'avermi dato la sua amicizia.

Tra tutte le altre cose, sei anche

uno dei fondatori della Sakka Kyoo-

kai Bonsai Europe, estensione in

Europa della Sakka Kyookai Ja-

pan. Credi che mantenere un

cordone ombelicale molto stretto

con il Giappone sia positivo per il

movimento bonsaistico europeo

ed italiano in particolare?

Sì, sono stato uno dei

fondatori della Sakka Kyookai Euro-

pe e da questo anno ne sono il

nuovo presidente. Prima di ri-

spondere vorrei precisare che co-

sa è la Nippon Bonsai Sakka

Kyookai, che è nata per divulgare

i valori della tradizione nel bonsai

e non il bonsai tradizionale. I mae-

stri della Sakka non cercano di ri-

petere le forme dei bonsai delle

epoche passate, anzi alle loro

esposizioni ci sono bonsai molto di-

versi tra di loro e mai ripetitivi o

accademici. Le loro esposizioni so-

no legate al Kazari che forse si po-

trebbe tradurre con la parola

italiana armonia. Con questa pre-

messa io credo sia importante co-

noscere ed apprezzare la cultura

giapponese soprattutto per indivi-

duare i punti di contatto e il comu-

ne sentire, al contrario trovo

velleitari e inutili i tentativi d'imita-

zione. La Nippon Bonsai Sakka

Kyookai Europe è nata per far cono-

scere i valori della tradizione ma

nello stesso tempo è consapevole

che noi europei veniamo da cultu-

re altrettanto antiche e più artico-

late di quella giapponese e quindi

aggiungeremo qualcosa di nostro

all'arte bonsai. Penso sia

importante rimarcare anche tutto

quello che ci differenzia dal

Giappone in tutti gli aspetti che ri-

guardano il bonsai.

Una delle particolarità che mi

hanno colpito è che tutti i tuoi

bonsai sono di specie europee. È

un po' singolare per un artista

che, oltre ad aver vissuto un perio-

do in Giappone, ha avuto a che fa-

re con Naka, Suzuki, Kobayashi.

Qual è il perchè di questa scelta?

Spesso si legge che un

lungo viaggio inizia con il primo

passo ma non si specifica in quale

direzione. La mia direzione nel

mondo bonsai è stata verso le spe-

cie autoctone perché ho sempre

avuto un sentimento di intimità

con gli alberi che conoscevo fin da

bambino. Come avviene che

apprezzo la cultura di altri paesi

ma non la faccio propria, allo stes-

so modo ho solo specie europee

nel mio giardino. In passato ho

chiesto anche mostre bonsai con

solo specie europee ma forse

l'ignoranza del nostro patrimonio

naturale e forti interessi economi-

ci le rendono per il momento

impossibili.

Visto che tra le tue attività puoi

annoverare anche la cura del mu-

seo Franchi, ci racconti che emo-

zione dà occuparsi degli

esemplari custoditi in un museo

così prestigioso?

Le emozioni sono quelle di

ogni grande e varia collezione,

principalmente le emozioni di

tutte le variazioni stagionali dei

bonsai ma anche il piacere conti-

nuo e pacato della manutenzione,

con tutti quei lavori tecnici e non

per migliorare e far star bene ogni

esemplare.

E della recente manifestazione te-

nutasi proprio dai Franchi, che

impressioni hai avuto?

Ho avuto una buona

impressione, la manifestazione ha

attirato molti appassionati che

non vedevo da molto tempo ed è

stata un buon ricominciare per la

famiglia Franchi dopo l'ultima di

10 anni fa. Il maestro Suzuki è

stato di una competenza e disponi-

bilità esemplari ed anche i parteci-

panti ai laboratori, mostra e

82

- Giuseppe Monteleone -

Page 83: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

conferenze sono rimasti soddisfatti.

Visto il fervore che sembra animare il mondo

bonsaistico italiano, cosa pensi delle nuove leve

che stanno venendo su in questi ultimi anni?

Per fortuna non posso esprimere giudizi,

per esperienza personale credo che saranno ne-

cessari 10 anni prima di vedere i risultati della

strada che hanno intrapreso. Avrei solo un consi-

glio da fare: è innegabile che in questi ultimi

anni nel bonsai è aumentata la parte che ri-

guarda il valore economico tanto che i bonsai so-

no stati quasi ridotti ad un oggetto, per questo

penso sia importante leggere e studiare poeti e

scrittori, interessarsi di altre arti e guardare la

natura perché solo la conoscenza può arginare

questa mercificazione.

Leggendo di te, in una intervista di qualche

tempo fa dicesti “Vorrei fosse possibile creare

un senso estetico occidentale ed una somi-

glianza che faccia esclamare “Accidenti che Pi-

no!” e non “Accidenti che bonsai!” “. Ho

riflettutto a lungo su questa frase e anche se

credo di aver compreso il tuo pensiero, mi piace-

rebbe che fossi tu stesso a spiegarne il signifi-

cato.

Uno dei principi fondamentali del bonsai

è che nelle nostre realizzazioni prendiamo a mo-

dello gli alberi in natura e le loro numerose varia-

zioni,attenzione dico numerose e non infinite

variazioni, per questo trovo ridicoli se non

offensivi per l'albero i tentativi di farlo assomi-

gliare ad un'altra specie. In parole semplici non

sono in empatia con un bonsai di olivo che ha la

forma di un bonsai di pino a 5 aghi.

Altra cosa assolutamente singolare ed in contro-

tendenza è un'altra tua affermazione “Sono

contento di aver partecipato al bonsai italiano e

83

- Giuseppe Monteleone -

Page 84: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

solo oggi dopo 25 anni comincio a

comprenderne qualcosa”. Una di-

chiarazione del genere dovrebbe

far riflettere tutte quelle persone

che approcciano il bonsai senza

alcun rispetto per gli insegna-

menti del tempo. Tu, dopo più di

25 anni di bonsai cosa e quanto

pensi di aver imparato nel modo

di fare bonsai?

Penso di aver acquisito

una notevole capacità tecnica e

pratica e la netta sensazione che

ho ancora molto da fare in altre di-

rezioni. Quanto ho imparato lo si

può vedere nei miei bonsai, su di

loro ho riversato tutta la mia espe-

rienza. Da quando abbiamo

fondato la Sakka ci siamo resi

conto che abbiamo ancora molto

da fare nella presentazione dei

bonsai.

Nel tuo cammino hai partecipato

ad una serie innumerevole di mo-

stre, in alcune come espositore in

altre come giudice, in quali panni

ti sei trovato più a tuo agio?

In quelli di giudice perché

è impegnativo e mi piace la tensio-

ne che si prova nel cercare di

comprendere i bonsai degli altri.

Tornando all'argomento mostre, se-

condo te, sarebbe il caso di trova-

re un sistema che standardizzi, in

qualche modo, il giudizio in modo

da evitare veleni e sospetti, o ritie-

ni che la discrezionalità del giudi-

ce non debba essere messa in

discussione?

Per me il bonsai è l'espres-

sione individuale immersa nella

natura. Cercare uno standard è

inutile e nemico della creatività.

Meglio sarebbe non avere mostre

a premi ma se questo pare impro-

ponibile allora con un minimo di

tre giudici competenti e senza ta-

belle di giudizio si risolve la que-

stione. Per quanto riguarda i

veleni e i sospetti mi dispiace ma

sono ineliminabili.

Da quello che mi è sembrato di

capire, non sei attirato dalle

forme esasperate e dalla spettaco-

larizzazione della pianta, è davve-

ro così?

Al contrario, nella mia colle-

zione ho anche bonsai con forme

estreme e non comuni, vale per lo-

ro sempre il principio della natura-

lezza e di armonia delle parti,

trovo che ai bonsai spettacolari

manca sempre quel senso di miste-

ro e di abbandono delle cure tipici

di un bonsai maturo. Aggiungo

che in alcuni modi di fare l'albero

mi pare si voglia spostare l

attenzione dello spettatore dal

bonsai all'autore.

Vivi e lavori nel Chianti dove orga-

nizzi corsi. Come rispondono i tuoi

allievi al tuo modo di concepire la

nostra arte?

Organizzo poche lezioni du-

rante l'anno e principalmente per

bonsaisti esperti. Si lavora molto,

si scherza e si ride, parlo loro di

quello che penso del bonsai e dei

punti fondamentali ma non

impongo la mia visione. Mi fa pia-

cere vedere che i loro bonsai mi-

gliorano e tutti gli anni ritornano,

non credo lo facciano solo perché

mia moglie cucina bene.

Veniamo alle tue preferenze ri-

guardo alle piante. Da buon tosca-

no anche tu hai una predilezione

per i cipressi? Quali altre essenze

ami lavorare?

Non ho particolari prefe-

renze la mia collezione è compo-

sta in larga parte da sempreverdi,

provenienti da tutti gli ambienti

naturali europei. Il clima dove abi-

to mi permette, con i dovuti

accorgimenti, di coltivare specie

alpine e mediterranee.

L'importante per realizzare un

bonsai è che ne conosca il porta-

mento in natura.

Ringraziandoti per il tempo che ci

hai concesso, ed augurandoti

ancora tanti anni di divulgazione

della nostra magnifica arte, ti chie-

do un saluto per i nostri lettori.

Un saluto a tutti i lettori di

questo mezzo di divulgazione che

mi ha piacevolmente impressio-

nato per la varietà degli argomenti

trattati visto che anche in Giappo-

ne si lamentano che le loro riviste

bonsai scrivono quasi totalmente

di tecnica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

84

- Giuseppe Monteleone -

>> L'opinione di...

Page 85: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 86: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Sokan:

il doppio tronco

P

roseguiamo con la de-

scrizione degli Stili

perché, come già

detto, la loro cono-

scenza è essenziale ad ogni

bonsaista per potere approda-

re poi ad elaborazioni che

permettano una personalizzazio-

ne nella progettazione delle

piante.

Lo Stile trattato, il Doppio

Tronco, è chiamato molto pitto-

rescamente dai giapponesi "pa-

dre e figlio" proprio per la

differenza di diametro e di

altezza che distingue i due

tronchi o addirittura “marito e

moglie”. Ma per la dimensione

molto diversa dei tronchi si pre-

ferisce il termine “padre e fi-

glio” perché la similitudine

calza di più.

Consiste, essenzialmente, in

un'unica pianta con due

tronchi molto ravvicinati, con ra-

dice unica. Caratteristica es-

senziale è che questi si

dividano alla base, quindi "a fi-

lo" di terreno. V'è da dire che

questo è l'unico caso in cui si ri-

scontra un numero pari di

tronchi in un bonsai perché,

com'è noto, le composizioni

hanno - secondo i canoni

orientali - sempre un numero

dispari di piante. Il soggetto si

può impostare secondo lo stile

casuale, inclinato e prostrato

sempreché la chioma abbia

una silhouette come se si

trattasse di un solo tronco.

La mia idea, a proposito del nu-

mero sempre dispari dei

tronchi, non è in linea con que-

sta "regola" perché se un bo-

schetto o quant'altro che

preveda l'impiego di diverse

piante risulta perfettamente

armonioso con un numero pari

di piante, nulla osta che si pos-

sa infrangere la regola: d'altro

canto il nostro è un bonsai

"fatto in Italia" e non in Giappo-

ne.

Tronco e rami - Costituisce di-

fetto la visione di un Sookan

(così è chiamato dai giappone-

si) che abbia il tronco minore

che si divide a qualche centime-

tro dal suolo: sembrerebbe allo-

ra più un ramo che un tronco.

86

- Antonio Ricchiari -

>> A scuola di estetica

Page 87: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Inoltre, nella sistemazione in vaso del bonsai, è

necessario che uno dei due tronchi risulti spo-

stato più in avanti dell'altro per esaltarne

l'effetto prospettico, essenziale in ogni Stile e

per conferire la profondità senza la quale la

pianta risulterebbe piatta. L'equilibrio tra massa

vegetativa e vaso va racchiusa in un triangolo

asimmetrico così che la parte aerea dia la sensa-

zione di un'unica pianta.

Come impostare questo StileSi prestano bene a rappresentare questo

Stile molte specie, non dimenticando che il

punto focale primario è costituito dai due tronchi

quindi :

- il tronco principale va fatto crescere per evi-denziare la differenza con quello più piccolo;

- l'andamento dei tronchi va eventualmente corretto per armonizzarli fra loro;

- il diametro dei tronchi è proporzionale alla mas-sa vegetativa;

- pianificare la struttura dei rami nel rispetto dell'alternanza e della profondità;

- mantenere il principio dei vuoti e dei pieni consi-derando le cosiddette aree negative.

L'impostazione della pianta prende

spunto dagli altri Stili per cui, come si evince in

parte dalle immagini, si può avere un doppio

tronco Informale, Eretto Formale, Literati, Battu-

to dal Vento e via di seguito, come abbiamo pri-

ma accennato.

Il fattore primario è quello di riuscire ad

armonizzare i due tronchi perché ne venga fuori

un'unica pianta e non importa quale sia la diffe-

renza di altezza fra i due: quello che conta è l'abi-

lità del bonsaista nel riuscire ad integrarne i fusti

con i rami e la massa vegetativa.

Per una certa altezza dalla base l'interno

dei tronchi deve risultare libero e la successiva

ramificazione deve fondersi senza che si aggrovi-

gli o dia un effetto visivo confuso, quindi va ri-

spettata l'alternanza dei rami che rispetti quella

del tronco limitrofo.

Una alternativa possibile. Quando non si ha a

disposizione un soggetto unico, è quello di proce-

dere con due soggetti scelti preferibilmente con

le caratteristiche che occorrono: altezza e diame-

tro di tronco diversi.

Alla base del tronco si opererà una incisio-

ne e si scorteccerà la zona che deve coincidere

87

- Antonio Ricchiari -

Page 88: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

con quella dell'altro fusto. Le parti vengono pro-

tette con pasta cicatrizzante per evitare infezioni

e poi unite saldamente con filo di rafia.

A cicatrizzazione avvenuta non rimarrà alcun se-

gno dell'operazione anche perché, se del caso,

si interverrà con una fresa o con scalpellini per

mimetizzare eventuali imperfezioni. Quindi si pro-

cederà con tutte le usuali operazioni di imposta-

zione di rami e tronchi e potature.

Quando si inizia da talea, si procede sce-

gliendo i due rami che sono posizionati in modo

ottimale e poi si posiziona la talea in un vaso

abbastanza capiente o, meglio ancora, in piena

terra, soluzione ideale per permettere un rapido

sviluppo della pianta. In questo caso gli

interventi sono mirati a stimolare la ramificazio-

ne e alla formazione dei tronchi.

Bisogna evitare le forme ad U,

molto frequenti nei materiali di partenza, ma che

sono estremamente disarmoniche soprattutto

nella parte subito sopra al piede. Normalmente

si dice che un vero doppio tronco ha la partenza

dal nebari del tronco più piccolo, ed oltre ad una

certa altezza non è più considerato uno stile so-

kan. Questa regola molte volte non viene segui-

ta, anche se effettivamente è difficile incontrare

un soggetto con la partenza del doppio tronco in

alto che conservi allo stesso tempo la conicità es-

senziale alla naturalezza; comunque sia in natu-

ra questi casi si possono incontrare, ed hanno

un certo rilievo nell'evoluzione dello stile

dell'avanguardia. Nelle latifoglie i rami caratteristi-

ci di questo stile hanno normalmente una

grande ramificazione fine, proprio perché si imi-

ta un albero normalmente di grandi dimensioni,

dove l'effetto di miniaturizzazione dev'essere ri-

cercato attraverso un grande numero di rami fini

e a delle foglie piccole.

Queste concezioni tipicamente giappone-

si possono essere utili per ricercare delle sugge-

stioni legate alla sottile profondità estetica,

anche se possono rischiare di portare a delle

concettualità un po' fuori dal campo della natu-

ra. Il rapporto padre figlio è forse quello più inte-

ressante da utilizzare, anche perché

normalmente la dimensione dei doppi tronchi ha

il rapporto uno a tre, cioè se il tronco dell'albero

più alto è tre volte più grosso di quello più picco-

lo, anche l'altezza sarà tre volte maggiore. Molte

volte negli aceri i tronchi hanno dimensioni qua-

si uguali o con il rapporto uno a due, cosa che

viene ricercata per enfatizzare l'ampiezza della ra-

mificazione in modo da esaltare il carattere mo-

miji delle magnifiche foglie degli Aceri palmati.

Nel sokan la struttura a due costituisce il perno

portante di tutti gli elementi estetici, ma è so-

prattutto il movimento che permette, attraverso

l'armonia, di guidare lo sguardo dell'osservatore

verso le finzioni che l'autore intende presentare,

un po' come un genitore che porta il figlio a sco-

prire una cosa nuova.

Nell'architettura dell'albero a doppio

tronco, la natura porta normalmente ad avere

sempre il tronco più alto più grosso e quello

più piccolo più sottile, anche se è possibile os-

servare il caso inverso, soprattutto per doppi

tronchi che sono due piante differenti.

Un elemento d'animata discussione è anche la

distanza che dev'essere ricercata tra i due

tronchi, che va calibrata essenzialmente nella ri-

cerca della naturalezza estetica, tenendo ben

presente il progetto da portare avanti per quel

certo bonsai; nel doppio tronco, infatti, il livello di

compattezza può essere estremamente variabile

in base alla specie.

Jin e ShariLe parti di legno morto, siano esse jin, ma

soprattutto shari, sono da tenere in rapporto di-

retto tra i due tronchi, nel senso che

normalmente, se lo shari è presente sul tronco

grande sarà presente anche sul tronco piccolo.

Questo carattere è tipico delle conifere, che è

molto importante rispettare per raggiungere un li-

vello buono di naturalezza, proprio perché il

doppio tronco è formato da due piante

normalmente coetanee o con poca differenza di

età tra il tronco grande e quello piccolo. Negli

eretti informali, jin apicali sono normalmente nel

tronco più grande e più alto: difficilmente, infatti,

in natura il fulmine colpirebbe l'apice del tronco

più basso.

I movimenti dei jin e degli shari, essendo

particolarmente evidenti, devono essere molto

armonici tra di loro, evitando linee e direzioni

contrapposte: per aiutarsi nella ricerca di questo

effetto è consigliabile pensare allo stile vortico-

so, dove su un'immaginaria spirale, oraria o antio-

raria, si posizionano i jin, rispettando ovviamente

anche la triangolarità. Esistono casi molto sugge-

stivi nei quali l'effetto drammatico arriva a lavora-

re a jin l'intero tronco, normalmente quello

piccolo: un caso non frequente in natura, anche

se può essere teorizzato per ambienti estremi co-

me i deserti.

88

- Antonio Ricchiari -

>> A scuola di estetica

Page 89: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Specie adatte allo stileI bonsai nello stile sookan possono esse-

re praticamente realizzati con qualunque specie.

Normalmente l'uso delle conifere, soprattutto pi-

ni ed abeti, tassi e tsughe, è legato a forme

snelle e slanciate, sia che si tratti di tronchi mos-

si che di eretti formali, con un occhio di riguardo

per le specie che possano miniaturizzare moltissi-

mo gli aghi proprio per mantenere un certo li-

vello di monumentalità del soggetto. Le latifoglie

possono essere utilizzate indifferentemente

dalla specie, privilegiando soprattutto le varietà

che in natura possono crescere nella forma a

ceppaia, come aceri, faggi, olmi, azalee, ste-

varzie e carpini. L'uso delle azalee nel doppio

tronco o nel tronco multiplo è molto interessante

perché rispecchia la struttura monumentale e

l'architettura della specie. Nel caso in cui il

doppio tronco si sia formato da due piante diffe-

renti, bisogna privilegiare le varietà che possono

fondere i piedi in un unico blocco, come aceri e

faggi, evitando le conifere che difficilmente fonde-

ranno la pianta in un unico blocco. Nel caso del

sookan formato da due tronchi di specie diffe-

renti, caso raro ed estremo, bisogna almeno

cercare due specie affini nelle esigenze di coltiva-

zione, soprattutto per quanto riguarda l'esposizio-

ne ed il terriccio.

VasiLa casistica dei vasi utilizzati per i doppi

tronchi rientra normalmente nella scelta di vasi

molto larghi e piatti, normalmente rotondi od ova-

li. Queste scelte sono legate alle esigenze di

orizzontalità che impone un piede normalmente

molto allargato. Anche l'effetto del doppio tronco

allarga molto il piede alla base e la struttura

doppia richiede dal vaso un effetto di stabilità

che il vaso piatto e largo può dare. Non sono ri-

cercati toni di imponenza nella struttura del va-

so, al massimo si può ricercare il bordo e le

pareti laterali con un carattere più arrotondato

per tronchi mossi, o più rigido per i doppi tronchi

formali. Le colorazioni saranno legate alla varie-

tà ed ai colori delle foglie, ma per le latifoglie pos-

sono essere ricercati vasi anche molto colorati,

considerando che l'altezza del vaso non impone

un effetto troppo sfacciato. Normalmente si uti-

lizzano vasi con piedi particolarmente bassi o ine-

sistenti, proprio per enfatizzare l'effetto di

naturalezza e stabilità estetica. Le superfici e le

colorazioni dei gres per i sookan di conifera

vanno abbinate con le solite regole dei bonsai

informali, privilegiando gres molto lisci per i gine-

pri ed i tassi, e superfici molto rugose (fino alla

buccia di pera) per abeti e pini. La larghezza dei

vasi di un doppio tronco può raggiungere quasi

quella della chioma per dare ampiezza alla

struttura monumentale dell'albero, non ancora

essenzializzato. L'uso del vaso rotondo o esago-

nale è anch'esso molto interessante per la capa-

cità di raccordare tronchi molto esili dall'aspetto

delicato, soprattutto di conifere e piante da fiore,

con inclinazioni e movimenti abbastanza

accentuati. In questo caso il vaso sarà molto

piccolo, proprio per enfatizzare le inclinazioni e

potrà avere anche piedini alti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

89

- Antonio Ricchiari -

Page 90: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

L

a Carmona appartiene alla famiglia delle

Borraginaceae. Si può trovare col nome

di Carmona microphylla, d’Ehretia micro-

phylla o Ehretia buxifolia. Originaria

della Cina meridionale è diffusa anche in altre zo-

ne: Taiwan, Vietnam, Corea e Giappone. È un

albero tropicale che può raggiungere i dieci me-

tri d’altezza. Le foglie, di forma ovale, sessili o

spicciolate, presentano una pelosità ruvida e bre-

ve. Sono perenni, di piccola dimensione e di colo-

re verde scuro brillante. Fiorisce in primavera ed

in estate emettendo fiori bianchi, con infiore-

scenze cimose, in pannocchie terminali; il calice

è a cinque divisioni, la corolla ha cinque lobi ottu-

si e patenti. Il frutto è una piccola drupa, spesso

delle dimensioni di un pisello, di colore verde nel

momento dello sviluppo, rosso quando maturo.

Essendo una specie "da interno", il perio-

do di fioritura varia a secondo delle condizioni

ambientali presenti, infatti, la Carmona può fiori-

re anche in inverno, se le variabili luce-calore so-

no quelle ideali e la concimazione è corretta. La

sua corteccia grigia, negli esemplari maturi divie-

ne rugosa. Queste piante, piuttosto delicate, so-

no state introdotte nel nostro continente già da

circa centocinquant'anni. Si sono diffuse so-

prattutto nei paesi a clima caldo, dove sono spes-

so utilizzate nella formazione di parchi pubblici

allo scopo di collocare qualcosa d’originale ri-

spetto alla consueta cerchia d’arbusti. Economi-

camente, l'interesse verso questa pianta si

estende anche al suo legname, particolarmente

pregiato per la costruzione di svariati utensili e,

soprattutto in passato, di ruote di carri e

carrozze, impieghi da cui si può dedurne il ca-

rattere elastico. L’uso delle sue foglie è diffuso

specialmente nelle Filippine per ricavarne una be-

vanda sostitutiva del tè.

90

- Antonio Acampora -

>> L'essenza del mese

Page 91: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

La Carmona come bonsaiLa specie come detto è importata dai paesi

orientali ed arriva a noi nelle più svariate di-

mensioni e già in vaso. Quando proviene dalla Ci-

na, spesso è accompagnata da rocce con

sculture d’argilla in miniatura rappresentanti mo-

naci, pagode, ponti, ecc. In Italia i bonsai di

Carmona si trovano facilmente in commercio; la

loro diffusione è stata caratterizzata sia dalla pos-

sibilità di mantenerli all'interno, sia dal loro

prezzo generalmente piuttosto contenuto. Assie-

me all'Olmo cinese, alla Sagerethia, al Ficus e

alla Serissa costituisce una delle specie da

interno più conosciute. Può essere formata in

quasi tutti gli stili.

Metodi d’ottenimentoI sistemi d’ottenimento adatti a questa specie so-

no da seme, da vivaio e da talea. II seme è la

forma più comune poiché il frutto, cadendo,

germoglia sulla stessa superficie del substrato

del bonsai, se costituito da akadama e terriccio.

Nel caso in cui non si ha intenzione di attendere

che la casualità faccia il suo corso, è possibile

raccogliere i frutti già maturi per poi porli in un se-

menzaio, provvisto di fori di drenaggio, in una mi-

scela costituita da un 60% d’akadama e per il

restante 40% da torba e sabbia. I semi s’interra-

no, dopo averli ripuliti dalla polpa, a 1 cm di

distanza l'uno dall'altro ed alla profondità corri-

spondente al loro diametro. Il tempo di germoglia-

zione varia secondo l'epoca di semina.

Generalmente è meglio seminare all'inizio dell'au-

tunno, ponendo il contenitore all'interno dell'abita-

zione e riscaldandolo ad esempio sopra alla

mensola di un calorifero; in primavera si può inve-

ce collocarlo all'esterno, ma va coperto con un ve-

tro. Per quanto riguarda l'annaffio, appena il

terreno inizia ad asciugarsi va bagnato nuova-

mente. Le pianticelle, una volta germogliate,

vanno collocate in vasi singoli di coltivazione,

usando la stessa miscela utilizzata per la semi-

na. Se si vuole conservare il seme fino alla prima-

vera successiva, bisogna ricordarsi di spolparlo e

mantenerlo in luogo fresco e asciutto. La riprodu-

zione per talea non comporta alcuna difficoltà,

va considerato però che più è legnosa, più ovvia-

mente tarda a radicare. Generalmente la talea si

applica in primavera avanzata o all'inizio

dell'estate, quando i nuovi germogli cominciano

a maturare, ma non sono ancora del tutto lignifi-

cati. Con germogli di 4/6 cm di lunghezza, che

non abbiano internodi lunghi, si ottengono

abbondanti gemme. Le talee s’interrano al massi-

mo per 2 cm, applicando prima ormoni fitoradi-

canti in polvere. Il composto ideale è: 60°o

d’akadama, 30% di torba e 10% di sabbia. Se le

condizioni sono favorevoli le talee, radicheranno

in tre, quattro settimane ma è meglio attendere

la fine dell'estate per piantarle in vasi singo-

li. Alla fine di settembre, infatti, le pianticelle sa-

ranno già abbastanza forti e pronte per essere

trapiantate in vasi di plastica o terracotta di 10-

15 cm di diametro. Dalla primavera successiva si

potranno iniziare a modellarle con la potatura.

Nei vivai, come accennato, la Carmona è molto

diffusa e i prezzi sono accessibili. Tuttavia, prima

dell'acquisto, è bene accertarsi circa le sue

condizioni di salute. Soprattutto nel caso

d’esemplari medi e grandi è meglio optare per

alberi senza cicatrici dovute a potature drastiche

evitando di acquistare piante con cicatrici mal

dissimulate e ramificazioni troppo deboli, anche

se lo stato della ramificazione deve preoccupare

meno poiché è possibile ristrutturarla fa-

cilmente, e senza difficoltà particolari, appli-

cando una potatura adeguata.

EsposizionePoiché si tratta di un albero d’origine tropicale, ri-

chiede di temperature elevate costanti, ecco

perché è identificato come bonsai da interno.

Mentre dalla primavera inoltrata in poi la Carmo-

na può essere collocata sul terrazzo o sul balco-

ne o in giardino, nel momento in cui la

temperatura esterna scende al di sotto dei 13-

15° C è necessario posizionarla all'interno, o co-

munque in un luogo riparato, dove sia possibile

garantirle una fonte luminosa a meno di 1 metro

e una temperatura compresa fra i 15° e i 24° C.

Quando posta all'esterno, sopporta senza alcun

problema il sole diretto, ad esclusione dei mesi

estivi più caldi, durante i quali va collocata a

mezz'ombra.

AnnaffiaturaL'annaffiatura per questa specie deve essere

abbondante e regolare, facendo asciugare il

terreno fra un annaffio e l'altro. Non ama i rista-

gni d'acqua, pertanto il drenaggio va tenuto

sempre sotto controllo. La carenza d'acqua è

una delle cause principali di moria delle Carmo-

ne, e purtroppo è difficile accorgersi della soffe-

renza di questa pianta in tempo utile, poiché non

91

- Antonio Acampora -

Page 92: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

92

- Antonio Acampora -

>> L'essenza del mese

Page 93: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

manifesta i sintomi dovuti alla mancanza

d'acqua (rinsecchimento delle foglie) se non

quando è ormai troppo tardi.In caso d’eccesso

d'acqua invece, in breve tempo, le punte delle fo-

glie diventano nere e gradualmente cadono.

PotaturaLa potatura drastica può essere effettuata in qua-

lunque periodo dell'anno, anche se va detto che

il momento più adatto è l'inizio della primavera,

e il meno consigliato è quello invernale. Nono-

stante la Carmona non si debiliti partico-

larmente a causa dell'operazione, è

indispensabile coprire i grossi tagli con mastice

cicatrizzante. Per formare la Carmona si applica

il metodo Lignan che consiste nel "lasciar cresce-

re e potare": gli alberi modellati con questo siste-

ma sono caratterizzati da angoli marcati,

fenditure brusche e cicatrici mezze chiuse,

quindi da un aspetto piuttosto vetusto e affasci-

nante. La potatura utilizzata più spesso è co-

munque quella di sfoltimento, con la quale si

eliminano i rami che crescono in posizioni inade-

guate: s'incrociano con altri, si sviluppano verso

l'alto o verso il basso, ecc. Si tratta di una tecni-

ca applicata soprattutto nei mesi primaverili, spo-

radicamente in inverno.

AvvolgimentoL'avvolgimento si utilizza solo in casi estremi,

cioè esclusivamente se non vi sono alternative

per dar forma ad un ramo, poiché la Carmona,

malgrado il suo aspetto, presenta ramificazioni

molto fragili. Inoltre la sua corteccia è partico-

larmente delicata ed il filo può inciderla perfino

nella fase stessa d’avvolgimento se si esercita

troppa pressione. Se proprio si ritiene di dover

applicare il filo è meglio usare il sistema dei ti-

ranti, ancorando il filo ad una parte più bassa

del tronco o al contenitore. Con questo metodo è

possibile abbassare i rami che nascono dal

tronco e tendono verso l'alto invece di svi-

lupparsi orizzontalmente.

PinzaturaPer rifinire la struttura e la silhouette dell'albero

si applica la pinzatura dei germogli troppo

lunghi. Il modo migliore per effettuarla è tramite

l'uso di forbici specifiche per bonsai, tagliando a

2 o 3 foglie ogni volta che i germogli ne presenta-

no 7/10.La Carmona non tollera la pinzatura

con le dita, salvo che non si desideri arrestare

completamente la crescita di un ramo. Questa

tecnica è

applicata du-

rante tutta la

stagione ve-

getativa.

RinvasoIl trapianto

si effettua

ogni 2/3

anni in tarda

primavera o

inizio estate.

La mescola

di terricci più

adatta consi-

ste in akada-

ma (60%),

terriccio (30%) e sabbia (10%). Nel caso del pri-

mo trapianto l'operazione più delicata è togliere

la maggior parte della terra argillosa che

accompagna gli alberi importati e che non

permette una corretta annaffiatura. Nei trapianti

successivi si elimina 1/3 della terra sulla parte

esterna del ceppo, accorciando le radici troppo

lunghe.

ConcimazioneSi utilizza concime organico a lenta cessione una

volta al mese oppure liquido, ogni 10/15 giorni

ad esclusione dei mesi più caldi (luglio-agosto),

mentre nel corso dell'inverno un paio di concima-

zioni saranno sufficienti. Se non si fertilizza, le fo-

glie ingialliscono progressivamente e malgrado

non cadano, l'albero blocca la sua crescita; a

questo punto risulterebbe talmente debilitato

che qualsiasi altro problema potrebbe risultargli

fatale. Ma attenzione, anche l'eccesso di conci-

me ne blocca la crescita: i germogli si atrofizza-

no e assumono un colore verde scuro, le foglie

cadono e i rami si seccano.

MalattieGli agenti patogeni che di solito attaccano la

pianta sono afidi e cocciniglie, contro i quali si

consiglia di usare un insetticida sistemico alla

comparsa dei primi sintomi. In ogni caso, se la

pianta è curata adeguatamente, difficilmente è

attaccata da insetti, acari o funghi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

93

- Antonio Acampora -

Page 94: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

L'ACERO

C

ome bonsai vengono più usate le specie

giapponesi (palmatum, buergerianum)

ma io prediligo trattare le piante autocto-

ne, quindi l’acero campestre che

appartiene alla famiglia delle aceraceae, e ha co-

me nomi comuni : loppio, testucchio, ma nelle di-

verse regioni d’Italia viene così chiamato: apice,

oeggio, loipu( Liguria), obi, isalabre, aghero (Pie-

monte), rompich, agher, opol ( Lombardia), opolo

nero, pontezo, aierela, fagaro ( Veneto), ajar, voul

(Friuli), tostone, loppo (Emilia), albero di vite, fi-

stucchio, loppio (Toscana), testuccio, testone

(Umbria), foppo, schiaccio(Lazio), averiello,

coppolo( Abruzzo), ficaia,ceriello(Campania), aci-

na, rocchia (Basilicata), uppiolo, aciaro( Cala-

bria), agghiaru, occhiu (Sicilia), acra ( Sardegna).

Il nome, di antica derivazione latina, signi-

fica aspro, duro, nemico, ma acer che significa

94

- Elisabetta Ruo -

>> Non tutti sanno che...

Page 95: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

anche "appuntito" indica la caratteristica forma

delle foglia con lobi acuminati, con la zona perife-

rica dentata, che porta anche il nome di "Mano

Tagliata". Tutti conosciamo l'acero per la sua fo-

glia a cinque punte, simbolo della bandiera cana-

dese.

Anni fa, quando l'agricoltura era ancora

condotta a livello familiare, l'Acer campestre era

molto usato dai vignaioli dell'Italia settentrionale

come supporto ai tralci delle viti. Oggi, temendo

che le radici dell'acero possano entrare in compe-

tizione con quelle delle viti e avere dunque

qualche chilo di uva in meno, i loppi sono stati so-

stituiti da orrendi pali di cemento.

AspettoQuest’albero è spesso solo un arbusto

abbastanza grande e quando lo si incontra in

forma arborescente è ben raro che superi i 15

metri. E’ un albero deciduo a portamento co-

lonnare o contorto, a chioma stretta e

compatta o globosa. I rami giovani sono ini-

zialmente verdi, ma poi con la crescita diventano

bruno-rosso chiaro, con delle lunghe striature

longitudinali bruno chiare. Spesso si nota sui ra-

mi la formazione di coste longitudinali di sughe-

ro. Ha crescita lenta, ma è abbastanza longevo.

Le foglie sono di forma palmata, larghe al

massimo 12 cm, divise in 5 lobi variamente

dentati; di questi i due laterali sono piccoli ed il

centrale è grande; il colore è verde intenso di so-

pra e verde chiaro nella pagina inferiore che è

più o meno pelosa/vellutata specie lungo le

nervature. Durante la primavera e l'estate que-

sto albero ha il fogliame decisamente di un

verde lucido mentre in autunno le foglie si colora-

no dal giallo fino al rosso carminio. Le foglie so-

no un ottimo foraggio per pecore e capre.

I fiori, distinti in maschile e femminile

hanno i petali inseriti in un disco nettarifero, essi

sono riuniti in corimbi, sono piccoli e color

bianco verdastro. I fiori forniscono

abbondante nutrimento per le api.

I frutti sono delle samare formate da 2 se-

mi, ciascuno munito di ala divergente

orizzontalmente, a differenza di quelle di altre

specie di acero che formano un angolo più o me-

no acuto; quelle ali, facendo girare vorticosa-

mente il seme quando cade lo fanno allontanare

dalla pianta che lo ha prodotto favorendo la disse-

minazione. Si dice che Sikoskej uno degli invento-

ri dell’elicottero, abbia avuto l’idea vedendo

cadere un seme di acero.

CortecciaLa corteccia dei rami giovani è di colore

bruno. La corteccia del tronco adulto invece è

piuttosto chiara, grigio-bruna, con screpolature

che individuano piccole placche suberose che

poi cadono spontaneamente.

La drogaLa parte usata è la corteccia dei rami gio-

vani e non sugherificati. Si raccoglie: in primave-

ra (marzo, aprile) quando è più facile staccarla,

tagliando dei rami non molto vecchi; si praticano

2 tagli anulari congiunti da uno longitudinale, si

inserisce la punta del coltello e facendo leva si

distacca la corteccia. Si conserva essiccandola

al sole e riponendola in sacchi di carta quando è

ben asciutta.

Principi attivi: tannini, fitosteroli, allantoina, colina.

L’acero in genere è una pianta di uso do-

mestico, molto comune per la possibilità, ancora

oggi molto diffusa, di ottenere dalla linfa primave-

rile di una sua varietà uno sciroppo zuccherino,

che, oltre a sostituire il comune zucchero di

canna o di barbabietola ha proprietà rinfre-

scanti. Nel nostro paese l’acero “da zucchero”

non è diffuso, dell’acero che alligna in Italia si

può utilizzare, per uso esterno, la corteccia. Per

il suo contenuto in tannini essa è indicata come

rinfrescante astringente. Viene inoltre utilizzata

per applicazione locali o bagni su pelli arrossate

e fragili.

Fitoterapia Si usa la corteccia dei giovani rami per de-

cotti che hanno grande potere rinfrescante e de-

purativo.

Uso internoLa corteccia come astringente intestina-

le, facendo un decotto con 3 g in 100 ml di

acqua. Se ne bevono 2-3 tazzine al giorno.

Uso esternoLa corteccia per pelle arrossate. Si fa il

decotto con 5 grammi in 100 ml di acqua, si

applicano le compresse di garza imbevute di de-

cotto, sulle parti interessate per 15 minuti.

Uso cosmetico

95

- Elisabetta Ruo -

Page 96: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Basta una manciata di corteccia, gettata

nell’acqua del bagno per dare beneficio a pelli

particolarmente fragili e delicate.

GemmoterapiaProprietà Le gemme di acero riducono le

betalipoproteine, il colesterolo totale e manifesta-

no una blanda attività anticoagulante.

Indicazioni• Herpes intercostale.

• Tendenza all’arteriosclerosi.

• Calcolosi delle vie biliari (Fraxinus excelsior).

• Sequele di paralisi o poliomielite.

• Nevrosi fobica (Tilia tomentosa).

Posologia MG 1 DH, 50 gocce, diluite in un po’

d’acqua, 1-3 volte al dì.

Sinergie Fraxinus excelsior (litiasi biliare), Tilia to-

mentosa (nevrosi fobica).

Il dono più prezioso dell’Acero è la linfa

zuccherina, ma la raccolta ha bisogno di tratta-

menti specifici, inoltre ci vogliono circa 40 litri di

linfa per ottenere 1 litro di sciroppo.

Sciroppo d'aceroProprietà: lo sciroppo derivato da questa

linfa, molto zuccherino, ha grandi poteri

emollienti, rinfrescanti ed energizzanti, visto il

suo alto contenuto in sali minerali; è utile in tutti

i casi di gastrite, di costipazione intestinale, di co-

lite spastica. Lo sciroppo di acero è un dolcifi-

cante di antichissima origine, uno dei pochi ad

essere estratto direttamente da due alberi, l'ace-

ro da zucchero e l'acero rosso (Acer saccharinum

e Acer rubrum ) che producono una linfa chiara

costituita prevalentemente da acqua 97%. Viene

utilizzato principalmente per dolcificare. Il potere

dolcificante è 25 volte maggiore dello zucchero

raffinato. Il sapore delicato, simile al miele d'aca-

cia, lo rende particolarmente gradevole come

dolcificante naturale disciolto nelle bevande o

nella preparazione di dolci, il vantaggio è che

apporta una quantità di calorie ridotta e per que-

ste ragioni è consigliato ai diabetici e in alcuni re-

gimi dietetici.

Come si usa: con lo sciroppo d'acero si

può addolcire il latte nella colazione dei bambini.

Grazie al suo alto potere energetico e depurativo

può essere usato per un giorno di "depurazione":

si deve bere (senza toccare altro cibo) due litri di

acqua dove siano stati sciolti quattro cucchiai di

sciroppo di acero: in questo modo verranno as-

sunti tutti i principi attivi della linfa di acero utili

per disintossicarci e depurarci; alla fine della

giornata ci sentiremo più puliti e più "sgonfi". (

OVVIAMENTE è sconsigliato se non si gode di otti-

ma salute o si fa uso di medicinali)

LegnoL’alburno roseo chiaro è semitenero, ma

tenace e di lunga durata. Il legno di acero è

molto pregiato e dunque molto richiesto dagli

ebanisti, inoltre è impiegato nella fabbricazione

di attrezzi agricoli e di calci da fucile, sèsole, pa-

le per i panettieri, plantari per le galosce, ludìns

(sci per la slitta) e sci, scàneve (collari per gli ani-

mali). Usato molto per gli attrezzi da cucina e

agricoli, perchè si mantiene pulito, duro e liscio.

Il legno più frequentemente identificato nei re-

perti archeologici di strumenti musicali anglo-sas-

soni (come le arpe) è quello dell’Acero

campestre. Nel Rinascimento e nel periodo Ba-

rocco era in voga l’usanza di impiegare questo le-

gno, con cui si poteva lavorare di precisione, per

costruire strumenti musicali. Antonio Stradivari

fu il primo a utilizzarne il legno per la costruzione

dei suoi leggendari violini. Ottimo combustibile.

Letteratura“Bello ed elegante ma di facciata.

Sembra forte e sicuro di se, invece è fragile, si

96

- Elisabetta Ruo -

>> Non tutti sanno che...

Page 97: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

arrende subito, si lascia dominare. Ha bisogno di

luce...” (Le voci del bosco, Mauro Corona)

"L'acero nelle cui parti secrete tanti diversi e bei

colori nasconde…" (Le Metamorfosi , Ovidio)

Cenni storiciDodoens (1557 d.C.) riporta l’indicazione

di Serenus Samonicus, medico latino del III sec.:

‘Le radici di acero, macerate nel vino e bevute, so-

no utili nelle algie del costato’.

CuriositàQuest'ultimo viene spesso paragonato al

rosso sangue, non a caso si dice che in alcune

antiche tradizioni venisse associato al funesto.

Nella mitologia Greca era l'albero di Fobos, il Dio

della paura. Col trascorrere del tempo in Europa,

nel suo folklore , fece in modo di non colpire più

l'uomo, ma le sue paure: pipistrelli e streghe. In

Alsazia e in Lorena pare che le cicogne mettesse-

ro un ramo di acero nei loro nidi per impedire ai

pipistrelli di andare ad uccidere i loro piccoli

ancora dentro le uova.

Piantando alcune zeppe di legno d'acero

allo stipite della porta si tenevano lontane le

"streghe". Fu nel XIX sec. Che questo albero si ri-

scattò della sua nefasta immagine arrivando ad

essere il simbolo delle bandiera Canadese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Page 98: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

L'UTILIZZO DELLO SFAGNO

NELLE PRATICHE BONSAISTICHE

A

ppartenenti alle Briophyte, i muschi si di-

vidono in base alla loro struttura; Mu-

schi veri (Brydae) , Muschi di montagna

(Andreaeidae) a fibra corta e Sfagno

(Shagnidae) a fibra lunga. Quest’ultimo

maggiormente utilizzato durante le fasi di coltiva-

zione, si differenzia dal muschio a fibra corta (ti-

po Ceratodon purpureus, Bryum argenteum),

che viene utilizzato maggiormente per scopi orna-

mentali durante le esposizioni per migliorare

l’aspetto estetico della superficie della miscela

di substrato nei pressi del nebari.

Lo sfagno (Sphagnum), la cui struttura a fi-

bra lunga è caratterizzata appunto da strutture

vegetali con ramificazioni a grappoli, si sviluppa-

no in zone umide e ne esistono circa 300 specie.

La sua presenza assicura una maggior aerazione

alle strutture su cui viene adagiato: la pratica

della pacciamatura su vasi le cui piante sono

state appena rinvasate, infatti, garantisce un mi-

glior attecchimento, in quanto mantiene l’umidi-

tà necessaria e costante nei pressi di capillari

superficiali, permettendo nel contempo una

perfetta aerazione, che evita la formazione di zo-

ne asfittiche (foto 1, 2).

In un mio precedente studio, effettuato

durante le fasi di decomposizione di concimi

organici, si è già notato quale importantissimo

contributo assicuri l’applicazione di sfagno, che,

infatti, garantisce meglio la formazione di flora e

fauna terricola, utili nelle fasi di cessione del nu-

triente, proprio grazie anche al trasferimento di

ioni H+ da parte delle strutture vegetali dello

stesso sfagno che rendono l’ambiente

tendenzialmente acido. Descritta in maniera

dettagliata durante lezioni di agronomia appli-

cata al bonsai, questa utilissima pratica è ad

oggi, in maniera indiscussa, una tra le migliori e

più efficaci operazioni adottate in campo bonsai-

stico, al fine di migliorare le fasi di concimazio-

ne, con annessi impianti di inoculo di micorrize e

utilizzo di acidi umici (foto 3, 4). Quest’ultima

applicazione lo vede come acceleratore delle fa-

si di germinazione delle spore di funghi micorrizi-

ci, diminuendo così il tempo di instaurazione

della simbiosi con le strutture radicali.

Lo sfagno, annovera, tra i benefici

apportati, anche un effetto antisettico (cessione

98

- Luca Bragazzi -

>> Note di coltivazione

Page 99: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

ioni H+), capace di inibire la formazione di batte-

ri, che provocano la marcescenza dei concimi

soggetti ad ambienti umidi. Il suo utilizzo come

struttura pacciamante deve essere preceduto da

una separazione dei diversi fasci vegetali, per evi-

tare che l’addensamento provochi uno strato

impermeabile, capace di inibire il passaggio di

acqua agli strati sottostanti: uno strato di sfagno

di 2-3 cm su di un vaso di circa 35 cm di lato,

infatti, riesce ad assorbire circa due litri d’acqua,

impedendo che questa penetri fino alle radici.

L’adozione dello sfagno nelle fasi di coltiva-

zione è consigliabile solo durante la concimazio-

ne e il rinvaso e nei periodi estivi, limitatamente

ai due mesi più caldi (Luglio-Agosto). Durante

tutti gli altri periodi, il suolo deve poter interagire

con l’atmosfera negli scambi di gas rimanendo li-

bero e pulito e lo sfagno rappresenta una limita-

zione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

99

- Luca Bragazzi -

Page 100: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Propagazione

pe

r

TALEA

I

l metodo di moltiplicazione

per talea o sashiki è molto

più veloce di quello per se-

me e ha in più i vantaggi di

rendere impiegabili i rami po-

tati dagli altri bonsai per creare

nuove piantine ad un costo

nullo, e quello di formare

soggetti che conservano esatta-

mente le caratteristiche della

pianta madre, cosa questa che

non avviene sempre per la ripro-

duzione da seme, ed inoltre si

hanno nuove piantine senza

fittone. Viene tagliata una

parte della pianta con lo scopo

di metterla nella terra e farla ra-

dicare, ottenendo così un'altra

pianta. Questo avviene perché

il cambio emette prima un callo

di cicatrizzazione, e quindi pro-

duce una nuova crescita di cellu-

le che sotterrate ed umide, si

formano come radici. Esistono

quattro categorie di talee: 1) ha-

zashi, che è la talea di foglia, 2)

shinme-zashi o talea di germo-

glio, 3) eda-zashi o talea di ra-

mo o legna e 4) ne-zashi, che è

la talea di radici. Ci occupere-

mo di talee di ramo o legna,

perché sono le più usate nella

coltivazione bonsai.

Talee di legno teneroSono i germogli dell’anno in

corso, che si tagliano in primave-

ra inoltrata con un taglio obli-

quo. La temperatura ideale del

terreno per la maggior parte

delle specie è da 23°C a 27°C,

con una temperatura ambienta-

le di 21°C. Conviene collocare

la parte inferiore del vaso nel

suolo, lasciando la porzione su-

periore del vaso e le talee in

ombra. Emettono radici in

quattro/cinque settimane. Le

migliori talee sono quelle che si

asportano dalla parte più vigo-

rosa dell’albero madre, ed è

importante che presentino

almeno due nodi (gemme o

ascelle di foglie - fig. 1). Si

strappano le foglie della parte

che rimarrà interrata, e si abbia

cura di lasciare interrate un pa-

io di gemme (fig. 2). Il

substrato può essere sabbia di

torrente, o un composto di

sabbia e torba. Dopo aver ba-

gnato a fondo, si pongono le ta-

lee in ombra.

Talee di legno semiduroQueste sono più dure delle pre-

100 - Antonio Acampora -

>> Tecniche bonsai

Page 101: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

cedenti e si asportano in estate. Sono adatte per

la riproduzione d’Azalea, Cotoneaster, Pyracanta,

Gelsomino, Chamaecyparis, Evonymus, Agrumi,

Olivi, e Fichi. Sono lunghe da sette a quindici

centimetri e si piantano togliendo le foglie della

metà inferiore. Le talee semidure si asportano

dalla pianta madre con un taglio a smusso o

doppio smusso, e si piantano inclinate in modo

che la zona esposta del cambio rimanga sempre

in posizione orizzontale (fig. 5) Anche per questo

tipo di talee il calore del suolo stimola il radica-

mento. E’ bene assicurarsi che il terriccio aderi-

sca alle talee, ed è importante anche un buon

drenaggio.

Talee di legno duroE‘ il tipo più usato in bonsai, poiché il fusto radi-

cato presenta già un certo spessore come

tronco. E’ il più lento ad emettere radici, rispetto

ai precedenti. Si possono tagliare dalla pianta ma-

dre in autunno, oppure alla fine dell’inverno,

quando la legna è completamente maturata ed

ha sufficienti risorse: si tratta di legna di uno o

due anni. Il taglio inferiore deve essere sotto la

gemma e quello superiore anche, lasciando sul

fusto almeno due gemme. I più comuni tagli

delle talee di legna dura sono a smusso, doppio

smusso, piantando poi la talea, quasi diritta, di

tallone, conservando nella parte inferiore un

tratto di legna vecchia, di cuneo, che consiste

nel praticare una o più incisioni nella base della

talea, separandole poi con delle pietruzze. Que-

sto schema assicura una maggiore zona di

cambio esposta. Sono adatte per la riproduzione

d’alcune piante da fiore e frutto (berberis, came-

lia, chaenomeles, ecc.).

Molti tipi di piante possono essere ottenu-

ti per talea, ma soprattutto abeti, ginepri, cipres-

si, aceri, azalee, cotoneaster, melograni,

gelsomini, olivi, olmi, salici, zelkova. Numerose ta-

lee, come, per esempio, quelle di salice e di zelko-

va emettono le radici molto facilmente, basta

semplicemente immergerle in acqua.

Si possono, in teoria, fare talee in ogni pe-

riodo dell'anno, ma risultano migliori quando i

germogli dell'anno in corso sono sufficiente-

mente maturi per sopportare tale processo. In li-

nea di massima, le talee di piante a foglie

decidue dovrebbero essere prese all'inizio

dell'estate, quando non sono eccessivamente

indurite. Il tempo necessario per la loro radicazio-

ne, varia secondo la specie e del clima, in ogni ca-

so quelle verdi o erbacee impiegano meno

tempo, ma necessitano di un certo calore e di

maggiori cure, mentre quelle legnose radicano

più lentamente, ma sono più resistenti.

Le talee di conifere non sono facili da rea-

lizzare perché stentano a radicare, richiedono

molta umidità ambientale, luce e ormoni. Per

una buona talea i rami da scegliere devono esse-

re maturi, avere in pratica da uno a tre anni

d’età, devono essere robusti, sani non rovinati

dagli insetti.

Una polvere o un liquido radicanti a base

d’ormoni è sempre molto utile perché stimola un

precoce sviluppo delle radici; le modalità d'impie-

go di questi prodotti variano secondo il tipo

scelto, ma tutti contengono sempre istruzioni

ben dettagliate alle quali attenersi. Una volta

raccolti i rametti, si pongono in piccole serre

sotto vetro e già nella primavera successiva si do-

vrebbero avere le piantine. La lunghezza delle ta-

lee di latifoglie dovrebbe essere tale da

contenere almeno da quattro a sei paia di foghe,

quindi da quattro a 10 centimetri, secondo la

specie e della distanza esistente fra foglie stesse

( fig. 3, 4).

Il taglio della talea va eseguito con ceso-

ie, o con una lama affilata, subito sotto

l'attaccatura di un picciolo sul fusto. Si eliminano

poi la parte tenera della cima e le foglie nel

tratto che deve essere interrato, si fa quindi il

trattamento radicante e si mettono i rametti nei

contenitori, che possono essere di qualsiasi tipo,

purché forniti di fori di drenaggio, riempiti con

sabbia piuttosto grossa, che deve essere natu-

ralmente di fiume oppure lavata perché la

sabbia di mare, contenendo sale, li farebbe irri-

mediabilmente morire.

La sabbia favorisce l'emissione delle radi-

ci, ma non contiene elementi nutritivi sufficienti

alla vita delle piantine, per cui non appena le ta-

lee avranno attecchito sarà necessario rinva-

sarle. I contenitori possono essere riempiti

anche con una miscela di torba e sabbia in pro-

porzioni uguali, in questo caso le talee possono

rimanervi più a lungo. Una volta riempito il conte-

nitore con il substrato prescelto, che deve essere

pressato con delicatezza, si praticano dei fori e

vi s'inseriscono le talee ben spaziate fra loro per

una profondità di qualche centimetro, si preme

la terra intorno alla base perché rimangano

ferme, e si annaffia con un getto molto sottile.

Per evitare il rischio dell'eccessiva traspi-

razione, si può mettere un pezzo di plastica tra-

101- Antonio Acampora -

Page 102: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

sparente sopra al vaso, fis-

sandola al bordo di questo; dei

bastoncini di legno saranno più

che sufficienti per tenerla

staccata dalle talee. Questo pro-

cedimento è un tentativo di ri-

produzione dell'ambiente

ideale per far radicare le talee:

una serra con alta percentuale

d'umidità. Come per tutti gli

altri sistemi di moltiplicazione

delle piante, l'esposizione mi-

gliore dei contenitori di talee do-

vrebbe essere riparata dal

vento, lontana dai raggi diretti

del sole e con una temperatura

quanto più è possibile co-

stante.

E’ importante ricordare

che le talee hanno molto biso-

gno d'umidità, si controlli

quindi frequentemente insieme

al substrato, che, specie nel ca-

so della sabbia, deve essere ba-

gnato spesso per rimanere

sempre umido. Appena sono

spuntate le radici, evento que-

sto riconoscibile dall'emissione

di nuovi germogli, si può co-

minciare a sollevare la plastica,

prima per poche ore e poi gra-

datamente sempre più a lungo,

così che le piantine abbiano mo-

do di abituarsi un po' alla volta

al mutamento, senza bruschi

sbalzi di clima e di temperatu-

ra.

Quando l'apparato radi-

cale ha raggiunto un buono svi-

luppo, si può procedere ad un

primo trapianto in vasi singoli

(fig. 6) dopo il quale, come si è

più volte ripetuto, le piante

andranno tenute al riparo per

un periodo congruo, che di soli-

to si aggira, per una completa ri-

presa, intorno alle tre, quattro

settimane, trascorse le quali, sa-

rà possibile esporre gra-

dualmente i vasetti al sole,

evitando però che sia troppo

forte e violento. I fertilizzanti

vanno usati solo dal momento

in cui le radici sono sufficiente-

mente forti da sopportarli,

perché altrimenti potrebbero

bruciarsi e la pianta morire; le

dosi saranno sempre molto ri-

dotte, in particolare modo

all'inizio.

Durante l'inverno si

abbia cura di proteggere le

piantine dalle intemperie e so-

prattutto dal gelo. Le talee le-

gnose, essendo molto più forti

e resistenti di quelle erbacee

­possono essere piantate

anche direttamente all'aperto e

in piena luce, il che permette

una migliore fotosintesi, ma de-

vono sempre essere protette

dal sole vivo. Il trattamento

bonsai può essere iniziato sulle

talee già dopo uno o al massi-

mo due anni, dipenderà solo

dalla specie e dalla velocità di

sviluppo delle radici.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

102 - Antonio Acampora -

Page 103: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 104: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

IL LIGUSTRO

104 - Carlo Oddone -

>> L'angolo di Oddone

Page 105: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

SPECIE E VARIETÀ SPERIMENTATE. LORO CARATTERISTICHE.- Ligustrum sinesis, un sempre-

verde un po’ delicato, ma capa-

ce di performances da

campione. Il fogliame già in

partenza minuto, riduce assai

le sue dimensioni, mentre la ra-

mificazione si divide fittamente.

- L. jonandrum o delavayanum,

sempreverde, va protetto dalle

gelate.

- L. lucidum, sempreverde con

foglie un po’ grandi e lucide,

ma che si riducono.

- L. japonicum, spogliante e ra-

gionevolmente rustico.

- L. vulgare, nostrano, spo-

gliante e disponibile un po’ in

tutta Italia.

- L. ibota, giapponese. E’ quello

che, visto in fotografia sul libro

di Yoshimura, mi ha conqui-

stato e fatto tentare con i Ligu-

stri reperibili qui da noi. Era il

bonsai più albero che avessi

mai visto! C’è poi una varietà

che ogni tanto leggo sui catalo-

ghi, ma non sono mai riuscito a

trovare: il Ligustro pendulo “S.

Fiorano”. Se qualcuno fosse

più fortunato di me...

Tutti i Ligustri radicano molto fa-

cilmente come talee o

margotte. Non è difficile otte-

nerli come da seme. Essendo a

foglie opposte ramificano fitta-

mente. Il Ligustro si presta be-

ne come portainnesto per vari

tipi di syringa o Lillà, in particola-

re il sinesi che non produce

polloni radicali.

STILI PIÙ ADATTI E PERCHÉIl Ligustro si lascia guida-

re facilmente a rappresentare

la fisionomia di un albero quie-

to e possente, ed è forse l'es-

senza che meglio si adatta

all'idea del bonsai soft. Grazie

alla estrema semplicità con cui

si può infittirne la chioma si pre-

sta a realizzare quel tipo di

bonsai che simboleggia l'albero

nella sua espressione più tradi-

zionale: solido tronco, belle radi-

ci, una ramificazione regolare

ed ampia e densa chioma a cu-

pola. Un riferimento preciso al

senso di pace che la natura ci

dovrebbe ispirare. Un poco di si-

curezza ed equilibrio in mezzo

alle brutture ed alla confusione

del mondo d'oggi. Per chi abbia

più creatività il Ligustro si pre-

sta ad essere educato in una

quantità di stili e Il suo vigore ri-

chiede solo un poco di attenzio-

ne, se portato prostrato o a

cascata, controllare i suoi getti

che tentano di andare verticali.

Il legno vecchio e compatto

accetta persino di durare

qualche tempo esposto come

shari o come jin.

TRAPIANTO, RACCOLTA E SUBSTRATIEssendo una pianta di

poche esigenze e molto tolle-

rante, il trapianto o i rinvasi

non pongono difficoltà al colti-

vatore. Le sue radici assai fitte

rigenerano rapidamente persi-

no dopo riduzioni drastiche.

Data la densità del fogliame, e

quindi il suo rapido uso dell’umi-

dità del terriccio, anche i proble-

mi di trovare un substrato

giusto vengono facilmente supe-

rati con l’uso di quello

standard. Neppure il drenaggio

riveste una particolare

importanza. Si potrebbe dire

che un Ligustro si arrangia a vi-

vere bene ovunque lo si metta.

POTATURA DI FORMAZIONEIl comportamento del Li-

gustro è talmente lineare che

sembra addirittura banale do-

ver riferire qui le tecniche più

consuete di coltivazione. Al soli-

to si deve lasciar crescere ogni

ramo finché abbia raggiunto il

diametro che interessa e poi lo

si accorcia subito sopra le due

gemme al punto in cui si vuole

la biforcazione.

Per creare la struttura

della ramificazione dato che le

gemme compaiono opposte,

occorre però intervenire per pri-

vilegiare lo sviluppo di quello

dei due rami che si vuole fare

crescere come leader, appena

lo si è identificato, accecando

l'apice al suo simmetrico, e de-

stinandolo così a diventare un

laterale. La brevità degli

internodi moltiplica le opportu-

nità di scegliere le corrette pro-

porzioni della struttura a tutti i

livelli della ramificazione.

Generosi con i vecchi -

Se si parte dal ceppo di una

vecchia pianta conviene

metterlo in piena terra; lasciare

che ricacci tranquillamente; a

metà estate tagliare via i rami

(che sono cresciuti volti all'insù

conservando pochi millimetri

alla base di quelli posti al

punto giusto; alla successiva

cacciata eliminare tutti i su-

perflui e incominciare ad edu-

care la nuova struttura nella

posizione e forma adatta al pro-

getto del bonsai che si vuole

realizzare. Il Ligustro qualche

volta esagera nel reagire, tanto

che conviene ricordarsi di ci-

marlo solo mentre è in fase di

sviluppo e non in riposo, per

non trovarsi con tronco e bi-

forcazioni invase da una miria-

de di nuovi germogli il più delle

volte indesiderati

APPLICAZIONE DEL FILOL’applicazione del filo e

l'educazione del Ligustro vanno

eseguite sulle varie parti finché

sono relativamente giovani e

flessibili, poiché il legno tende

a diventare rigido (e fragile) già

sin dal primo-secondo anno e a

diametri di pochi millimetri.

Sulle parti che stanno

105- Carlo Oddone -

Page 106: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

106 - Carlo Oddone -

>> L'angolo di Oddone

Page 107: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

crescendo il ritmo di sviluppo è tale che si

possono avere danni alla corteccia in soli

20 giorni. Bisogna quindi fare attenzione e

seguirne l'evoluzione con sollecitudine per

togliere il filo in tempo. D'altra parte questa

pianta è talmente generosa nel fare nuovi

getti che si può altrettanto bene gestirne la

forma con delle ripetute (e oculate) cimatu-

re.

CIMATURE E POTATURE SPECIALI IN FASE VEGETATI -VA

Grazie al suo speciale buon caratte-

re, è facile ottenere dal Ligustro reazioni

adeguate ad ogni nostro intervento. Una so-

la cautela forse, dovuta al vigore col quale ri-

sponde alle cimature. Una volta creata la

struttura sono necessarie frequenti cimatu-

re, che mentre infittiscono la ramificazione

periferica riducono sempre più la dimensio-

ne delle foglie. Proprio stimolati da questi

interventi nascono qua e là dei getti più vigo-

rosi degli altri che dirigono verticalmente

verso l'alto, spesso nascosti dall'intrico

della vegetazione. Se li si lasciasse cresce-

re, pareggiandoli semplicemente all'altezza

delle restante chioma, potrebbero creare

delle vistose diseguaglianze nel diametro

del ramo che li genera. Questi esuberanti

vanno perciò identificati ed eliminati vicino

alla base prima che combinino dei guai.

Per non perdere il profumo - I fiori

compaiono come pannocchiette di fiori

bianchi, piccoli e molto profumati, all'estre-

mità dei germogli (dopo che hanno 4/6

coppie di foglie) nati da gemme apicali pre-

senti sin dall'autunno precedente. Attenzio-

ne allora a non tagliarli via all'inizio della

primavera: è meglio aspettare a cimare che

si distinguano le infiorescenze, accorciare i

rami che ne sono privi ed accettare che i fio-

ri si aprano un poco fuori del profilo del

bonsai. La forma si ritocca alla fine.

Innaffiature scarse a partire da fine inverno

riducono l'entità della crescita e quindi del

"danno" estetico.

CONCIMAZIONI ED ALTRI TRATTAMENTICome in qualsiasi essenza l'uso dei

fertilizzanti segue l'andamento della loro evo-

luzione fisiologica e stagionale. Vanno bene

i concimati azotati per i soggetti in crescita,

ma con fosforo e potassio più abbondanti

alla fine dell'estate.

Quando, dopo qualche anno, inizia a

fiorire, pure il Ligustro vuole essere aiutato,

per cui, oltre alla dose autunnale, anche in

inizio primavera la fertilizzazione va ricca di

fosforo e potassio. L'azoto si aggiunge solo

dopo la fine della fioritura, e neanche

troppo presto, se si vogliono vedere i fruttici-

ni: un eccesso di azoto ora ne impedisce

l'allegagione. Quando il terriccio contiene

argilla ed è sufficientemente fertile, è raro

che il Ligustro manifesti disordini o carenze.

Una condizione necessaria è però che i

rinvasi si seguano ad intervalli ragionevoli:

da uno a quattro anni a seconda dello sta-

dio del soggetto.

PREVENZIONE E CURA DELLE MALATTIEA questo punto non vorrei far crede-

re che la mia descrizione del Ligustro sia

condizionata da una passione dissennata.

Si tratta di una grande pianta per fare

bonsai, ottima per dare incoraggiamento ad

un principiante, e che nelle mani di un

esperto può rivelare qualità speciali.

Qualche difetto, per obiettività, bisogna pe-

rò riconoscerlo: pur essendo piuttosto resi-

stente alle malattie crittogamiche, qualche

volta viene aggredito da una varietà di

insetto (Rincote) di aspetto cotonoso che si

annida sotto le foglie, e ogni tanto si trova-

no delle formiche nel suo vaso.

Nel primo caso conviene asportare

manualmente i parassiti non appena identi-

ficati e subito dopo applicare un insetticida

per liberarsi delle eventuali neanidi. Se si

nota un andirivieni di formiche è consigliabi-

le controllare anche la zolla, estraendola

dal vaso: potrebbero vedersi sulla sua su-

perficie delle macchiette lanuginose bianca-

stre più o meno espanse: sono gruppi di

afidi particolari che stanno banchettando

sulle radici. Granuli al diazinone (o simili) so-

no efficaci se distribuiti sul terriccio: le

annaffiature fanno poi scendere il medica-

mento insetticida poco per volta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

107- Carlo Oddone -

Page 108: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

SpazioBonsai

S

pazio bonsai nasce due anni fa, dall’entusiasmo di

tre amici accomunati da una stessa passione per il

bonsai. E’ un club che ha come scopo principale

quello di divulgare quest’arte attraverso il lavoro e

l’interpretazione delle proprie piante. Una volta la settimana

si incontrano principianti, amatori, collezionisti e tutti coloro

che credono nella spiritualità dell’essenza creativa. E’ un club

dove si lavora la propria pianta pensando a come renderla

unica, coltivandola nel tempo.

In questo modo, la ricerca dell’originalità e dell’unicità

del bonsai frutta una nuova consapevolezza della percezione

del tempo alla scoperta di una possibile strada che nessuno

ha percorso ancora.

Spesso si tende ad avere un concetto standard del bonsai, li-

mitando l’immaginazione e la spiritualità che sono fonda-

mentali in qualsiasi forma d’arte.

Spazio Bonsai è anche un luogo d’insegnamento, do-

ve oltre alla tecnica e alla modellatura si apprende la botani-

ca. L’obiettivo è quello di modellare piante comuni

trasformandoli in bonsai dall’aspetto maturo e vetusto. Il privi-

legio dell’incontro con la natura non è solo per pochi predi-

letti. L’arte come espressione di comunione dell’uomo con la

natura è un patrimonio della collettività a cui non possiamo, e

non dobbiamo, rinunciare: un patto da ritrovare, coltivare e tu-

telare. Soprattutto, Spazio Bonsai è sì un club, ma anche una

bottega dove lavorare alla scoperta di un’alternativa, una via

diversa attraverso la quale raccontare, anche, qualcosa di noi.

Un viaggio, un’avventura e una sfida per un percorso

di crescita che superi le frontiere personali, alla conquista di

uno spazio, nostro, in equilibrio con il mondo che ci circonda:

una ricchezza da condividere con il prossimo.

Tra arte e natura, un viaggio verso sé

Page 109: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

SOTTOTITOLO

recensione a cura di Anna Lisa Somma

http://bibliotecagiapponese.wordpress.com

R

eazionario, drammatico, estremo: così la maggior parte del pubbli-

co dei lettori è solita considerare Mishima. E le sue opere che

rammentiamo meglio - Confessioni di una maschera, Il padiglione d'oro, Lezioni spirituali per giovani samurai - paiono confortare i

nostri (pre)giudizi.

Senz'altro, Hiraoka Kimitake (questo il suo vero nome) è stato un

personaggio complesso, ma della sua caleidoscopica e proteiforme personali-

tà la cultura occidentale ha voluto eternare soltanto l'immagine militarista e

bieca d'un uomo vittima del suo credo politico e delle sue nostalgie nazionali-

ste. Forse anche per questa ragione l'Abito da sera, suo romanzo "frivolo" del

1966 (e dunque appartenente a un'epoca in cui la fama di Mishima era già

ben consolidata in patria), è stato pubblicato in Italia da Mondadori solo due

anni fa ed è tuttora sconosciuto ai più.

Un'opera inaspettata, lontanissima dai consueti clichés sullo scrittore

e sul genere affrontato (una storia dalle tinte rosa destinata ad una rivista

femminile). E non solo: l'argomento, le situazioni e i personaggi in questione

ad un primo sguardo appaiono quanto di più estraneo possa esservi all'uni-

verso eroico di Mishima col quale siamo abituati a confrontarci. In queste pa-

gine, infatti, siamo dinanzi al racconto del fidanzamento e dei primi mesi di

matrimonio della giovane e candida Ayako con Toshio, affascinante enfant prodige stanco della mondanità esasperata in cui è vissuto a causa della ma-

dre, donna Takigawa. Se Kawabata nel Suono della montagna esplora il poeti-

co e quasi impalpabile rapporto tra il protagonista e la nuora, Mishima

all'opposto nel suo romanzo evidenzia le sottili strategie messe in atto dalla

suocera per dominare gradualmente la sposa del figlio.

L'abito da sera si presenta come un romanzo dal duplice piano di

lettura: ad un primo livello, scorgiamo le vicende melodrammatiche dei perso-

naggi, rappresentate in modo brillante e coinvolgente, ma, scavando a fondo,

tutto ciò si rivela una dura critica all'ipocrisia e alla vacuità di un'esistenza de-

dita ai valori e ai piaceri altoborghesi (l'equitazione, i ricevimenti, lo shopping

di lusso...), il cui simbolo è l'abito da sera cui allude il titolo. Un abito da sera

che, se da un verso, attira sguardi d'invidia e dona l'illusione di una vita do-

rata, dall'altro è soffocante come una prigione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

QUEL CHE NON CI ASPETTEREMMO DA YUKIO MISHIMA

recensione a cura di Anna Lisa Somma

http://bibliotecagiapponese.wordpress.com

109- Anna Lisa Somma -

Il Giappone visto da vicino <<

Page 110: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

a cura di Antonio Ricchiari

U

na delle massime espressioni di perfe-

zione estetica della gestualità, dei mo-

vimenti, delle norme comportamentali

in generale è costituita dalla geisha,

da questa figura tipica della società giappone-

se che ha stimolato la fantasia dei viaggiatori e

dei letterati occidentali, allietando con la loro

arte raffinata riunioni private e pubbliche.

D’estate, a Kyoto, recita una poesia

molto popolare, la voce delle cicale “penetra la

roccia”. I piedi a mollo, lasciati sulla riva gli sga-

bellini di legno che fungono da sandali, due gei-

she conversano sovrastando l'incessante frinire,

e lanciano piccoli acuti spezzati sulla superficie

increspata del fiume Kamo. Parlano per metafo-

re. “La rugiada dice che ha dormito con la

canna”, fa una. “La canna dice che non ha

dormito con la rugiada”, le risponde l’amica.

“Oh, dice di aver dormito, sì!”. “No, dice di non

aver dormito”, nega l'interlocutrice,

drappeggiata in un kimono di seta color bana-

na. Una pausa, poi la prima riprende: "Fiorita è

la canna, e si è saputo tutto". Di nuovo,

echeggiano le loro risatine composte e malizio-

110 - Antonio Ricchiari -

>> Il Giappone visto da vicino

Page 111: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

se. I pivieri che pattugliano con

puntiglio il limo del Kamo, spa-

ventati, si alzano in volo.

Si possono trovare, que-

sti limicoli, a Pontochó, il più fa-

moso quartiere di Kyoto. Però

dipinti sulle lanterne in carta di

riso che segnalano proprio le

ochaya, cioè le case da tè fre-

quentate dalle ultime geishe.

Da tempo immemorabile il chi-

dori, il piviere, e l'emblema rio-

nale delle ragazze di Pontochó.

Kyoto, che otto secoli addietro

era la capitale dell'impero e

“dei sensi” del Giappone, oggi ri-

mane il centro del karyiikai, il

“mondo dei fiori e dei salici”, co-

me viene chiamato oggi il

mondo delle geishe. Gli abi-

tanti di questa cittadina, disse-

minata di templi shintoisti,

hanno visto il Kamo vestirsi di

mille arcobaleni. Nei laboratori

artigianali disposti lungo il fiu-

me sono tradizionalmente ela-

borate le tinte vegetali e

minerali con cui vengono

trattati i kimono destinati alle

persone d’arte. Così suona,

infatti, la traduzione della paro-

la geisha, dove gei sta per arte

e sha per individuo. E certa-

mente molta lirica giapponese

è nata da quei pazienti ri-

sciacqui di seta nel Kamo.

Dunque, chi sono le gei-

she? Un enigma. Una

sconcertante categoria antropo-

logica (diversi etriologi ne

hanno intrapreso lo studio, co-

me di fronte a una qualche po-

polazione aborigena) che da

sempre imbarazza il turista occi-

dentale. Ma che oggi rischia

l'estinzione. Un tempo show-

girls senza troppe pretese e

contemporaneamente balleri-

ne, cantanti e musiciste, le loro

prestazioni professionali sono

diventate sempre più preziose,

più elitarie. In effetti sono po-

che le ragazze che intraprendo-

no la carriera di geisha, ma

sono pochi anche coloro che

per una cena, un tè o una parti-

ta di shangai a fianco di una gei-

sha in una sera spendono un

bel po’ di yen. Secondo lo

scrittore Junichi Mita, entro po-

co tempo, le geishe faranno la

stessa fine degli indiani d'Ameri-

ca: si esibiranno soltanto per i

turisti.

Donne di piacere? Sa-

cerdotesse di un complicato ga-

lateo? Poetesse? Sofisticate

cameriere? Donne schiave, o

donne libere dal giogo anti-

femminista della regola di

Confucio? Tutto questo e

anche più, benché per noi una

simile fusione di ruoli scateni

inevitabilmente molte contraddi-

zioni. Solo a nominarle, la fanta-

sia si accende. La colpa,

probabilmente, è di Charles

Baudelaire e del termine "japo-

nisme" (neologismo coniato,

appunto dal poeta francese)

che si verificò poco più di un se-

colo fa tra gli artisti che viveva-

no a Parigi. Pittori come Degas,

Manet, Toulouse-Lautrec, la se-

ra si ritrovavano nel loro caba-

ret preferito, il famoso "Divan

Japonais", dove alle cameriere

era addirittura imposto il kimo-

no.

Uno scrittore come Emi-

le Zola a quel tempo decorava

le scale della sua casa parigina

con stampe erotiche giappone-

si, che descriveva agli amici co-

me "furiose fornicazioni",

mentre, nel 1885, Pierre Loti si

accingeva a sbarcare per pri-

mo, tra tanti sognatori, nel

porto di Nagasaki. II Giappone,

terra della diversità, per Loti (e

per l'Occidente romantico) di-

venne subito lido di avventure

sentimentali: il suo libro Mada-

me Chry-santheme, scritto nel

1887 in pieno clima di "japoni-

sme", ebbe 25 ristampe in

cinque anni. Gauguin e Van Go-

gh ne restarono fulminati.

Giacomo Puccini,

quando ne vide una riduzione

teatrale a Londra nel 1900,

volle far suo il soggetto. L'ope-

ra diventò Madame Butterfly.

Dove l'eroina, in clima di ro-

manticismo ormai decadente,

compie infine il leggendario ha-

ra-kiri (cosa che nessuna gei-

sha farebbe, e che comunque

sarebbe più corretto chiamare

seppuku), espropriando di tale

prerogativa addirittura i samu-

rai. Gran pasticcio questo "japo-

nisme", insomma. Equivoci,

confusione di ruoli, esotismo

quale categoria generica che

nasconde una sostanziale

impenetrabilità.

E allora, ripetiamo, chi

sono le geishe? Non prostitute

d'alto bordo, è bene chiarirlo

subito. La professione più anti-

ca del mondo in Giappone è

esercitata dalle yújo, amanti

mercenarie edotte nell'arte di

confezionare mix afrodisiaci

con salamandre giganti e

anguille carbonizzate. Prostitu-

te occasionalmente prese per

geishe sono, o meglio erano, le

famose hakujin: le carbonaie,

mogli degli zatterieri in servizio

tra Kyoto e Osaka sul fiume Ka-

mo, che non hanno mai disde-

gnato d'incontrare stranieri, in

assenza dei mariti.

L'equivoco nacque forse

per l’abitudine delle hakujin

d’impiastricciarsi il viso con

polvere bianca, per coprire la

patina di fuliggine dovuta alla

loro dura occupazione quotidia-

na. La voce che le geishe gira-

vano "ingessate" come le

bamboline di porcellana era

ben nota agli stranieri, che, per

il resto, non andavano troppo

per il sottile.

Nient’affatto. Le geishe

sono soprattutto artiste delle

111- Antonio Ricchiari -

Page 112: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

buone maniere orientali. Perciò, con la fame di

Occidente che ha caratterizzato il Giappone dal

dopoguerra in poi, oggi corrono il rischio di spari-

re. La loro educazione artistica, che inizia in eta

prepuberale, è durissima, quasi monastica. Ma

a Dio, nel loro caso, se vogliamo conservare il

paragone, va sostituito l’uomo: con le sue esi-

genze, i suoi piaceri e le sue passioni. "Le prosti-

tute si occupano del corpo degli uomini", dice

Inoue Yachiyo, la più venerabile delle anziane gei-

she, dichiarata in Giappone "Tesoro vivente nazio-

nale", "noi invece ne coltiviamo lo spirito". Ma

qui la spiritualità e la materialità non sono forze

chiaramente contrastanti. Anzitutto i giapponesi

non condannano affatto il soddisfacimento dei

piaceri dei sensi. Anzi, li considerano qualcosa di

positivo e certamente degni di essere coltivati,

pur sostenendo la necessità di saperli sempre

controllare in modo che non interferiscano con

le cose "serie" della vita. Evidentemente non

hanno l’iprocrisia di facciata degli occidentali!

Quali sono questi piaceri? II sonno, il ba-

gno, il rilassamento, il cibo, la poesia, la musica,

il sesso. Essi sono dunque lontanissimi dall'assu-

mere, riguardo a quest'ultimo, un atteggiamento

di tipo moralistico. Il sesso è considerato una ma-

nifestazione naturale della vita, benché di se-

condaria importanza. In questa cultura esiste

invece una netta distinzione tra la sfera dei

rapporti coniugali e quella dell’attività erotica, ri-

creativa, distensiva. Essere serviti e intrattenuti

da belle fanciulle così abbigliate e dalle maniere

cerimoniosamente perfette è uno dei piaceri

della vita. E non è raro il caso che la stessa mo-

glie del cliente paghi a fine mese il conto della ca-

sa da tè che il marito frequenta dopo il lavoro.

Se poi la legittima consorte dovesse venire a co-

noscenza di una relazione più intima allacciata

nel frattempo con la geisha (sempre possibile!)

non ne farebbe una tragedia. Anche perché nes-

suno in Giappone sarebbe così pazzo da lasciare

la famiglia per mettersi con una vera geisha:

troppo costosa, troppo ambiziosa, troppo libera.

Troppo potente, in definitiva, come donna.

La tenutaria della casa da tè in cui lavora-

no le geishe è una specie di madre superiora

chiamata okasan, cioè "signora madre", e tutte

le ragazze sono "sorelle" tra loro. Le vecchie gei-

she spesso finiscono per farsi vere monache nei

conventi buddisti.

Il noviziato, durante il quale l’aspirante gei-

sha è chiamata maiko, dura diversi anni e si

conclude con la deflorazione rituale della ra-

gazza ad opera di un gentiluomo scelto dalla oka-

san, generalmente anziano e abbastanza ricco

da poter offrire, in cambio del privilegio, un inte-

ro guardaroba di kimono di seta alla novella gei-

sha. Non potrebbe esistere una geisha illibata,

ma neppure una geisha maritata: questi ruoli, co-

me a Venezia al tempo delle cortigiane, sono

incompatibili.

C’e un’arte supplementare richiesta alle

geishe del XX secolo: quella di combinare sedute

di affari. In effetti, ricchi finanzieri giapponesi

hanno preso l'abitudine di trovarsi in compagnia

di geishe, ormai perfettamente istruite anche in

materia di codice civile e in diritto amministrati-

vo. La ragazza, pagata da uno degli aspiranti

contraenti, si darà squisitamente da fare per

portare la conversazione sugli aspetti vantaggio-

si dell’accordo, impiegando un linguaggio figu-

rato a sfondo naturalistico, com’è in uso nel

“mondo dei fiori e dei salici”, che apparente-

mente non ha nulla a che vedere con azioni, de-

positi e interessi.

Ma nonostante questo adeguamento allo

spirito dei tempi, il tè servito dalle sapienti mani

della geisha è una cerimonia in via di estinzione.

Quante sono, oggi, le geishe? Difficile stabilirlo.

Sono purtroppo lontani gli antichi splendori, il

via vai di risciò che un tempo portavano da un

quartiere all’altro di Kyoto le uniche donne in

Giappone munite del privilegio di agire, di muo-

versi e di bere pubblicamente, come solo gli uo-

mini potevano fare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

112 - Antonio Ricchiari -

>> Il Giappone visto da vicino

Page 113: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010
Page 114: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

Lo shintoismo

di Axel Vigino

114 - Axel Vigino -

C

iò che mi ha sempre affascinato, fra tutte

le mille sfaccettature del Giappone, sono

tutti i valori, gli insegnamenti spirituali e le

forme culturali che ruotano attorno alla

sua misteriosa religione: lo shintoismo.

Lo shintoismo (o più semplicemente shinto)

è una dottrina religiosa sviluppatasi in Giappone.

Nel passato è stata la religione di stato. In essa pre-

vale l’adorazione dei kami, parola che può essere tra-

dotta in spiriti naturali o, più semplicemente con il

termine generico “divinità”.

Kami sono gli dei che ho abbozzato negli arti-

coli precedenti, ma anche gli illustri e coraggiosi eroi

e gli antichi avi ormai defunti da molto tempo, che

stanno al fianco, guidano e proteggono i viventi

appartenenti alla loro famiglia.

La parola “shinto” deriva dall’accostamento

di due ideogrammi (kanji): il primo, shin, significa “di-

vinità”e il secondo, to, significa ”via”,”sentiero” e in

senso filosofico rappresentano il cammino di cresci-

ta verso una pratica o una disciplina.

La terribile sconfitta della seconda guerra

>> Axel's World

Page 115: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

mondiale ha segnato la fine dello shintoismo come re-

ligione nazionale; infatti alcuni riti e insegnamenti

che durante il conflitto erano ritenuti basilari in

quanto volti alla salvezza del Paese o dell’imperatore

(come gli attacchi suicidi a bordo di caccia contro le

navi nemiche che presero il nome di kami-kaze) ora

non sono più praticati né insegnati.

La storiaLe origini dello shintoismo sono talmente anti-

che che si sono perse nel tempo, tuttavia si crede

che questa dottrina sia tanto arcaica quanto lo è il po-

polo giapponese, che discende probabilmente da po-

polazioni dell’Asia centrale o dell’Indonesia. Quando

giunsero nell’arcipelago i primi abitanti fondarono i pri-

mi rudimentali villaggi. Ognuno aveva le proprie divini-

tà protettrici con rituali ad esse collegate, e non vi

era alcuna relazione tra un culto locale e l’altro.

Il panteon stabile che conosciamo oggi deriva

probabilmente dagli antenati della famiglia imperiale,

ma anche ai giorni nostri le divinità sono innumerevo-

li, in quanto sono considerate manifestazioni della

natura che per i giapponesi è sacra in ogni sua forma.

A partire dal V secolo, il sistema di credenze

scintoiste fu radicalmente riformato a causa

dell’invenzione della scrittura e dall’arrivo dalla vicina

asia del buddismo. All’alba del periodo Nara, nel

712, furono scritti il Kojikiri (Memorie degli eventi anti-

chi) e, nel 720, il Nohonshoki (Annali del Giappone).

Questi due scritti avevano una duplice funzione:

innanzitutto, attraverso la scrittura, narrando di miti e

leggende legate alla religione taoista e buddista,

impressionare l’Impero cinese, dimostrando che la

cultura giapponese non era inferiore alla loro e, come

secondo, quello di enfatizzare tramite i racconti mito-

logici, la natura della famiglia imperiale, facendola

discendere direttamente dalla dea Amaterasu.

Quando vennero stese le prime copie di que-

sti volumi, gran parte dell’arcipelago nipponico era

sotto il dominio imperiale, fatta eccezione per alcune

minoranze etniche ostili, che quindi andavano elimi-

nate. Per fare ciò, l’imperatore doveva esercitare una

forte autorità sul suo popolo.

Con l’introduzione del Buddismo, prove-

niente dalla vicina Asia Orientale, tutti i fedeli

shintoisti temevano il peggio. Si pensava infatti

che la nuova religione avrebbe lentamente sgreto-

lato il vecchi shinto, mettendo in discussione e

quindi in pericolo la natura divina dell’imperato-

re. Queste nuove credenze, invece, non fecero

altro che rafforzare la fede shintoista. Questa

dottrina straniera, infatti, considerava gli dei

giapponesi come entità divine intrappolate nel ci-

clo delle rinascite e, talvolta incarnazioni del

Buddha stesso. La definitiva scissione tra le due

differenti dottrine avvenne in seguito alla “Re-

staurazione Meiji”.

Dopo la restaurazione lo shintoismo divenne

religione di stato ed ogni tentativo di unione e avvici-

namento verso il buddismo vennero dichiarate illega-

li, credendo infatti che la religione fosse l’unica

speranza per difendere il Giappone dalle invasioni

straniere e mantenerlo unito aumentando la devozio-

ne verso l’imperatore.

Nell’anno 1817 venne istituito un Ministero

delle divinità e, successivamente, un Ministero della

religione. Esso commissionò ai sacerdoti shintoisti di

diffondere tutti gli ideali ed insegnamenti di tale

dottrina nelle scuole o luoghi pubblici, talvolta alcuni

di questi vennero eletti al governo dello stato. Nel

1890 venne promulgato il Kyoiku Chokgo, uno scritto

che imponeva a tutti gli studenti a giurare di offrire la

propria vita per salvare il Paese e la famiglia imperia-

le. L’era del grande shintoismo di stato ebbe termine

alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando

l’imperatore disse in pubblico di rinunciare al suo

stato di divinità e non discendere dalla dea Amatera-

su.

Ora lo shinto è ritornato ad essere la religione

che era un tempo e i suoi valori continuano ad esse-

re le fondamenta della vita e della mentalità giappo-

nese. Quella loro meravigliosa mentalità che li spinge

e cercare quella perfetta armonia in tutte le cose che

noi occidentali invano cerchiamo di inseguire senza

mai afferrare del tutto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

115- Axel Vigino -

Page 116: Bonsai suiseki magazine Nº3 Março 2010

I vettori antropici di trasmissione

N

ello studio della patologia vegetale e

delle varie componenti che influenza-

no la diffusione e lo stadio di alcune

malattie, i maggiori fattori su cui

maggiormente si concentrano le nostre attenzio-

ni sono i metodi di lotta principalmente preventi-

vi, intesi solitamente in

trattamenti a base di presidi

fitosanitari. Questi, opportu-

namente alternati secondo

dei calendari formulati all’ini-

zio di ogni stagione di cresci-

ta, hanno come principale

scopo quello di scongiurare

attacchi molesti per la salu-

te della pianta. Il maggiore

controllo viene effettuato

verso insetti considerati

vettori di agenti più aggressivi, quali virus, batteri

e funghi.

Nella trattazione, per esempio, degli afidi

o delle cocciniglie, abbiamo visto che questi so-

no patogeni non molto nocivi per il danno mate-

riale che provocano, bensì pericolosissimi perché

considerati vettori di malattie virotiche e batteri-

che di inesistente risoluzione. In natura, le ma-

lattie, al fine di arginarne la propagazione,

vengono studiate anche in base al modo con cui

esse si diffondono in certi areali. Se consideria-

mo i modi con cui un agente patogeno viene

diffuso, vediamo che esiste una diffusione di ti-

po animale, veicolata dalle attività trofiche e

cataboliche (escrementi) della fauna selvatica e

di allevamento; una diffusione di tipo anemofila,

ovvero tramite gli spostamenti dovuti al vento, in

cui spore e insetti volatili sfruttano le correnti

d’aria; e l’ultima, forse la meno considerata,

quella di tipo antropico, ovvero favorita dalle atti-

vità umane legate alle diverse fasi di coltivazio-

ne.

Spesso chi coltiva bonsai, anche con i più

ineccepibili propositi, può trasformarsi, a sua

insaputa, in un pericoloso vettore di malattie. Il

più classico modo per diffondere malattie più o

meno gravi di tipo batterico, fungino e virotico, è

l’utilizzo di strumentazione infetta, utilizzata su

diversi esemplari, senza che questa venga

disinfettata nel passaggio da un esemplare

all’altro. Con l’inasprirsi negli ultimi anni delle

condizioni atmosferiche stagionali, l’aggressività

di molti patogeni si è acuita e la loro attività si è

fatta di gran lunga più deleteria nei confronti de-

gli ospiti vegetali. Questo è indice di una loro

maggiore resistenza a sopravvivere nel momento

in cui, dovendo passare da un esemplare

all’altro, si mantengono in vita per più lungo

tempo, pur al di fuori di condizioni a loro confa-

centi. è il caso, appunto, che si verifica quando

si utilizzano attrezzi infetti, che, se non

disinfettati subito dopo un’operazione, possono

incubare diversi patogeni, pronti ad infettare

piante sane.

Le principali fitopatie trasmissibili attra-

verso attrezzi infetti sono di tipo batterico, quali i

cancri, e di tipo virotico, oltre che malattie di ori-

gine fungina, quali ruggini, tracheomicosi ecc. Le

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>> Che insetto è?

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malattie cui si è appena accennato non devono

assolutamente essere sottovalutate: la loro pre-

senza nelle collezioni bonsai è spesso dettata da

incuria e superficialità nella gestione delle

attrezzature dal punto di vista fitosanitario.

La pulizia degli atrezzi consiste in sempli-

ci passaggi:

1. eliminazione dei depositi grossolani dovuti ai

succhi vegetali e delle porzioni di tessuti meriste-

matici tramite pietra pomice (o similari) (foto1, 2);

2. pulitura di lame e impugnature con alcool de-

naturato (foto 3, 4);

3. sterilizzazione delle lame con fiamma di micro-

saldatore di precisione (foto 5);

4. oleatura di lame e impugnature, al fine di pre-

servarle da attacchi di ruggine, laddove il mate-

riale non sia di acciaio inossidabile (foto 6, 7).

L’accortezza nell’eseguire queste semplici

operazioni dovrebbe essere alla base di una colti-

vazione coscenziosa, attenta e meticolosa; so-

prattutto i professionisti del mondo bonsaistico

non dovrebbero mai sottovalutare questo

aspetto, adottando come normale prassi la puli-

zia degli attrezzi.

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