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FEDERAZIONE ITALIANA RICERCHE SULLE RADIAZIONI

VII WORKSHOP INTERDISCIPLINARE

Consiglio Nazionale delle RicercheSala Marconi

Roma 2 dicembre 2016

L'ESPOSIZIONE ALLE RADIAZIONICOSMICHE: QUALE IMPATTO A

MEDIO E LUNGO TERMINE SULLASALUTE?

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Programma

8.30 Introduzione: L’esposizione alle radiazioni cosmicheDonatella Tirindelli Danesi (FIRR)Raffaele De Vita (FIRR)

Contributo IntroduttivoMartina Giraudo (Delegato Presidente ASI)

I SessioneModeratori: Renzo Corvò (AIRB), Roberto Moccaldi (AIRM)

9.00 Il problema dei limiti di dose nella esplorazione spazialeMarco Durante (AIFM)

9.40 Effetti delle radiazioni cosmiche sull'organismo umanoGiulia Castellani (AIRM)

10.20 discussione

II SessioneModeratori: Francesco Schillirò (SIRM), Antonella Sgura (SIRR)

10.50 Effetti biologici della radiazione cosmica: esperimenti e simulazioniFrancesca Ballarini (SIRR)

11.30 L’esposizione alle radiazioni cosmiche: quali effetti sul sistemaimmunitario?Liliana Belgioia (AIRB)

12.10 discussione

VII WORKSHOP INTERDISCIPLINARE FIRR

L'ESPOSIZIONE ALLE RADIAZIONI COSMICHE: QUALEIMPATTO A MEDIO E LUNGO TERMINE SULLA SALUTE?

FEDERAZIONE ITALIANA RICERCHE SULLE RADIAZIONI

Consiglio Nazionale delle RicercheSala Marconi

Roma 2 dicembre 2016

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III SessioneModeratori: Mauro Magnoni (AIRP), Michele Stasi (AIFM)

12.40 Radiazione cosmica: campagne di misure alle altitudini di voloLuigi Tommasino (AIRP)

13.20 La radiazione cosmica e la radioprotezione: considerazioniCarlo Sabbarese, Francesco Schilliró (SIRM)

14.00 discussione e conclusioni

14.30 Verifica con questionario e compilazione della scheda di valutazione ECM

Con il Patrocinio

Agenzia nazionale per le nuove tecnologie,l’energia e lo sviluppo economico sostenibile

Consiglio Nazionale delle Ricerche

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

Agenzia Spaziale Italiana

Consiglio Direttivo FIRRD. Tirindelli Danesi (Presidente), R. De Vita (Segretario/Tesoriere);

M.Stasi, M. Pacilio (AIFM); O. Geatti, M. Chianelli (AIMN)R. Corvò, A. Morganti (AIRB); R. Moccaldi, G. De Luca (AIRM)

M. Magnoni, S. Sandri. (AIRP);F. Coppolino, F. Schillirò, (SIRM); C. Marino (SIRR)

Comitato Organizzativo FIRRR. De Vita (FIRR), M. Pacilio (AIFM), M. Chianelli (AIMN), A. Morganti (AIRB),

R. Moccaldi (AIRM), M. Magnoni (AIRP), A. Magistrelli (SIRM), A. Campa (SIRR)

Informazioni generaliIl Workshop, è accreditato dall’AIFM(Provider Nazionale n. 416-176403)

Crediti formativi ECM n° 6per tutte le Professioni

Segreteria Scientifica e Organizzativa FIRRFederazione Italiana Ricerche sulle Radiazioni

Associazione Scientifica senza fini di lucroc/o Divisione Tecnologie e Metodologie per la Salvaguardia della Salute

ENEA - Centro Ricerche Casaccia s.p. 016 - Via Anguillarese 301 - 00123 RomaTel.: 06 30484671

[email protected] - http://firr.casaccia.enea.it

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INDICE

Introduzione al rischio da radiazione nell’ambiente spazialeMartina Giraudo (Delegato Presidente ASI)

Effetti delle radiazioni cosmiche sull'organismo umanoGiulia Castellani (AIRM)

Effetti biologici della radiazione spaziale: simulazioni ed esperimentiFrancesca Ballarini (SIRR)

L’esposizione alle radiazioni cosmiche: quali effetti sul sistema immunitario?Liliana Belgioia (AIRB)

Radiazione cosmica: campagne di misure alle altitudini di voloLuigi Tommasino (AIRP)

La radiazione cosmica e la radioprotezioneCarlo Sabbarese, Francesco Schilliró (SIRM)

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L’ambiente di radiazione spaziale è molto differente daquello terrestre ed è uno dei principali ostacoliall’esplorazione umana del sistema solare. Esso infattipuò potenzialmente causare effetti dannosi per la salu-te dell’astronauta, portando in casi estremi addiritturaalla morte.Tra le principali componenti dell’ambiente spazialetroviamo raggi cosmici di origine extra-galattica, parti-celle emesse dal sole, particelle intrappolate dal campomagnetico planetario e particelle neutro emesse comealbedo.Si ha spesso a che fare con un campo di radiazione com-plesso, in cui ogni componente è caratterizzata da diversitipi di radiazione e energia, e di conseguenza porta adiversi tipi di effetti e necessita di differenti contromisure.

Scopo di questo lavoro è riassumere le principali carat-teristiche delle due principali componenti responsabilidel rischio radiazione nello spazio interplanetario: leparticelle solari emesse durante le tempeste solari(Solar Particle Events - SPE) e i raggi cosmici galattici(GCR). Verrà inoltre brevemente introdotto il diversotipo di danno biologico causato dai raggi cosmici e iprincipali scenari di missioni future verranno descritti.

SPEDurante le tempeste solari, Solar Particle Events(SPE), enormi quantità di particelle, soprattutto proto-ni con energia di centinaia di MeV, vengono emessedal sole e poi accelerate dal campo magnetico presen-te nel sistema solare in poche ore. Questi eventi sonooccasionali e non prevedibili, anche se generalmentesono più frequenti durante i periodi di massimo delciclo solare, e sono caratterizzati da spettri di energia eprofili di tempo altamente variabili.Le SPE sono responsabili della maggior parte delladose di radiazione ad uno spacecraft.Essendo possibile schermare la maggior parte di proto-ni di quelle energie con circa 20 cm di acqua, le SPEcostituiscono un grande rischio biologico soprattutto insituazioni di bassa schermatura, ovvero quando l’astro-nauta è coinvolto in passeggiate extra-veicolari, indos-sando solo la tuta, o in missioni di esplorazione inrover leggeri. In questo scenario, se l’astronauta non

riesce a mettersi al riparo, può addirittura andare incon-tro a sindrome acuta da radiazione e, se non ospedaliz-zato, alla morte.

GCRI raggi cosmici galattici (GCR) sono costituiti un flus-so continuo e isotropo di particelle cariche di origineextra-galattica, composte da barioni (98%) e leptoni(2%). La componente barionica è costituita da idroge-no (circa l’87% dei GCR), elio (circa 12%) e ionipesanti (il restante 1%) di energie così alte che è prati-camente impossibile fermarli in un habitat: sarebberoinfatti necessari diversi metri di acqua.La componente barionica pesante è anche definitaradiazione HZE (High-Energy High-Z-number), acausa dell’alta carica e energia che la caratterizza, ed ècaratterizzata da alti LET (Linear Energy Transfer),dando origine quindi in effetti biologici complessi epoco definiti. In particolare, oltre alla possibilità di cau-sare un cancro a distanza di anni dalla missione, moltoprobabilmente i raggi cosmici possono essere in gradodi causare effetti cardiovascolari e neurologici nelbreve termine.

Questa componente costituisce quindi la principale sor-gente di rischio biologico da radiazione nello spazio.

Danno da radiazione nello spazioIl meccanismo di danno da radiazione ai sistemi biolo-gici, a livello cellulare, può essere tradizionalmentesuddiviso in due principali categorie: danno diretto eindiretto.Si parla di danno diretto quando la radiazione interagiscedirettamente con il DNA, causando rotture della catenaelicoidale che possono essere semplici, a livello di sin-gola base, o doppie, quando la doppia elica viene “reci-sa”. Questa situazione si presenta soprattutto quando siha a che fare con radiazione ad alto LET.Nella maggior parte dei casi di esposizione terrestre,dove si ha a che fare con radiazione a basso LET, laradiazione interagisce invece con l’acqua presente nellacellula, creando radicali liberi, i quali a loro volta inte-ragiscono con il DNA. In questo caso di parla di dannoindiretto.

INTRODUZIONE AL RISCHIO DA RADIAZIONENELL’AMBIENTE SPAZIALE

Martina GiraudoDepartment of Applied Science and Technology, Politecnico di Torino

[email protected]

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alle tempeste solari, e saranno protetti solo da pochedecine di centimetri di schermatura fornita dall’habitat.Durante missioni sulla luna e su Marte, la presenzastessa del satellite/pianeta fornirà invece una parzialeschermatura dall’ambiente di radiazione su metà del-l’angolo solido.● Sulla luna, a causa dell’interazione dei raggi cosmicicon il suolo lunare, l’astronauta sarà anche esposto adun costante flusso di neutroni di albedo, mentre suMarte, grazie anche alla presenza di una sottile atmo-sfera, questo fenomeno è leggermente attenuato.● Infine, su Marte, l’esposizione alla radiazione varie-rà molto in funzione dell’altitudine.

Radioprotezione nello spazioI tre principi base della radioprotezione classica sono:- Ridurre tempo di esposizione- Aumentare la distanza dalla sorgente- Aumentare la schermaturaÈ chiaro come nello spazio non sia possibile applicaregli stessi principi.Infatti l’obiettivo di ogni agenzia spaziale è quello dipermettere una più lunga permanenza possibile nellospazio: ridurre il tempo di esposizione va contro que-sto scopo.Le sorgenti nello spazio sono per lo più isotrope, quin-di è sostanzialmente impossibile andare ad agire sulladistanza dalla sorgente.

L’unica possibilità è quindi progettare sistemi di scher-matura efficaci.

Purtroppo schermare totalmente i raggi cosmici richie-derebbe parecchi metri di materiale, non fattibile in unhabitat spaziale con un diametro minore di una decina dimetri, quindi l’unica soluzione è selezionare i materialidell’habitat e della schermatura in maniera tale damigliorare il campo da radiazione al di là dello schermo.

Nello spazio interplanetario l’astronauta sarà esposto adiversi tipi di radiazione, e quindi di effetti.In particolare gli effetti degli HZE sono ad oggi pococaratterizzati e quindi destano forti preoccupazioni.Essendo infatti particelle ad altissimo LET, nell’attra-versare il tessuto biologico si lasciano dietro una den-sissima scia di ionizzazione, dando origine a rotturecomplesse del DNA. Queste rotture sono generalmen-te poco riparabili e comportano quindi più frequentemorte cellulare.Di conseguenza l’esposizione agli HZE, non solo portaa rischio aggiunto di mortalità per cancro o leucemia,ma anche ad eventuali danni al sistema cardiovascola-re e al sistema nervoso centrale, i cui tessuti vengonodanneggiati, indebolendosi.

Quantificare il rischio di mortalità da radiazione nellospazio diventa quindi molto complesso, soprattuttoconsiderando che le attuali stime di rischio sono fon-date sui dati racconti sui sopravvissuti alla bomba ato-mica (LSS – Life Span Study), irradiati con particellea basso LET completamente diverse da quelle che sitrovano nello spazio.Ma il LSS non è l’unica fonte di incertezza, in partico-lare possiamo elencare:- Modelli di trasferimento da una popolazione all’altra- Riproducibilità di sperimentazione biologica, gene-

ralmente attuata in vitro e con alte esposizioni inpoco tempo, al contrario dell’esposizione a bassoflusso per lungo tempo che caratterizza lo spazio

- Baseline life-table data- Rateo di cancro di background, considerando ad

esempio che gli astronauti sono una popolazionesana, sportive e non fumatrice e non la media dellapopolazione occidentale

- Trasferibilità degli effetti HZE, radiazioni ad altoLET, da LSS data

- Effetti derivanti dalla combinazione di molteplici fat-tori di stress (microgravità, isolamento, stress, defi-cit del sistema immunitario)

- Modelli fisici usati per stimare il trasporto di radia-zione

- Modelli di ambiente spaziale di radiazione

Per pianificare in maniera sicura missioni su altri pia-neti è quindi necessario effettuare uno sforzo multidi-sciplinare al fine di ottenere stime di rischio caratteriz-zate da minori incertezze.

Scenari di missioni futureTre principali scenari di esplorazione sono presentinelle roadmap delle agenzie spaziali, molto diversi traloro per quanto riguarda il tipo di esposizione allaradiazione e la durata della missione stessa.- Spazio profondo- Luna- Marte

● Gli astronauti coinvolti in missioni nello spazio pro-fondo, tra cui anche quelli che si stanno recando suMarte, saranno totalmente esposti ai raggi cosmici e

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EFFETTI DELLE RADIAZIONI COSMICHESULL’ORGANISMO UMANO

Giulia CastellaniAssociazione Italiana Radioprotezione Medica, AIRM

e-mail: [email protected]

Per radiazioni cosmiche intendiamo l’insieme di radia-zioni galattiche costituite da una componente costanteproveniente dallo spazio profondo (protoni e ionipesanti) e da una porzione variabile attribuita alle radia-zioni solari. Le conseguenze degli eventi solari, preve-dibili solo con scarso anticipo rispetto al loro verificar-si, sull’atmosfera terrestre sono di estrema rilevanzaper le conseguenze sulla dose assorbita dagli equipaggioperanti ad alte quote a latitudini elevate.Le nostre conoscenze sugli effetti delle radiazionicosmiche sull’organismo umano derivano da studi con-dotti su modelli sperimentali tramite tecniche citogene-tiche e molecolari o da studi epidemiologici (in generestudi di coorte retrospettivi) effettuati su personaleesposto (personale aeronavigante ed astronauti).L’esposizione umana a radiazioni cosmiche dipende datre fattori principali, che concorrono a determinare l’in-tensità della radiazione cosmica: altitudine, latitudine eattività solare. L’atmosfera agisce da schermo filtrantee la maggior parte delle particelle interagendo con essadissipa parte della propria energia prima di raggiunge-re le quote di volo. Il campo elettromagnetico terrestreprovoca la deviazione verso i poli di alcune particelleprovenienti dallo spazio, pertanto la maggior protezio-ne si ha a livello dell’equatore e diminuisce man manoche si avvicina ai poli.Alla quota degli aerei di linea alla stessa altitudine illivello di radiazioni ai poli è circa il doppio del livelloall’equatore. Durante un’attività solare la radiazionecosmica aggiuntiva verso la terra può raggiungere valo-ri fino a 10 mSv/h. Gli aerei sono per questo dotati diun dispositivo di allerta che quando si supera il limitedi 0,5 mSv/h li fa scendere ad una quota più sicura.Oggi la grande maggioranza del traffico aereo si svolgesopra i 10 km e le rotte transoceaniche, transiberiane epolari sono spere più utilizzate in aviazione civile. Inqueste condizioni la dose assorbita può diventare signi-ficativa.Il personale aeronavigante (piloti e staff di cabina) chevola abitualmente su quote inferiori a 8000 metri ingenere è suscettibile di ricevere dosi inferiori a 1 mSVper anno solare e dunque è classificato non radioespo-sto, mentre il personale che vola su quote comprese tra8000-15000 è generalmente classificato in categoria Bperché suscettibili di ricevere dosi comprese tra 1 mSv

e 6 mSv per anno solare. È possibile superare i 6mSv/anno soltanto volando per più di 1000 ore su rottetransoceaniche a latitudini elevate.Il personale di volo è in genere esposto a basse dosi condosi annue stimate di 2-5 mSv e dosi a fine carriera di75 mSv. In considerazioni di queste esposizioni le pre-occupazioni circa gli effetti sull’organismo nel perso-nale di volo sono le stesse delle altre popolazioniradioesposte per motivi professionali; sono cioè la pos-sibile induzione di neoplasie radioindotte ed il possibi-le danno al feto. Per ciò che riguarda questo ultimol’ICRP fissa un limite per le donne in gravidanza a 2mSv/y presumendo che la dose al feto sia la metà diquella ricevuta sull’addome in superficie. Alcuni statihanno cautelativamente ridotto ulteriormente tale limi-te alla donna in gravidanza ad 1 mSv/y.I dati della letteratura testimoniano nel personale divolo una minor mortalità per neoplasie rispetto allapopolazione generale. Il rischio globale di cancro nonrisulta per questa categoria elevato ma gli studi di set-tore evidenziano una certa concordanza per l’incremen-to dei tumori ormono-correlati.In particolare hanno mostrato elevata incidenza il mela-noma maligno e altri cancri della pelle, il carcinomamammario nelle donne, la leucemia ed il cancro delSNC.Studi citogenetici e molecolari hanno evidenziato effet-ti genotossici delle radiazioni cosmiche, in particolarealcuni studi hanno descritto un aumento delle mutazio-ni nei linfociti periferici die piloti con maggior numerodi ore di volo. In tutti gli studi pubblicati su incidenzadi cancro è descritto un eccesso di melanoma e di car-cinoma squamocellulare nel personale aeronavigante.Questo parrebbe suggerire una relazione tra esposizio-ne a radiazioni cosmiche e melanoma, in realtà moltiautori concordano che l’aumento di incidenza deitumori della cute sia da imputarsi a fattori correlati allostile di vita. In particolare vanno considerate l’esposi-zione a raggi ultravioletti durante gli stop che il perso-nale di volo effettua nei resort turistici ed il ruolo del-l’alterazione del ritmo circadiano con i suoi noti effettisulla produzione di melatonina.Anche per la neoplasia mammaria molti studi riportanoun’aumentata incidenza nel personale aeronavigantefemminile. Nonostante l’incidenza di neoplasia sembri

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aumentata fino al 40% non risulta chiara l’associazionecon la durata dell’esposizione in quanto l’eccesso dirischio non è spiegato dalle basse dosi ricevute né tan-tomeno dalla minor riproduttività del personale aerona-vigante, ragion per cui è stato evocato il ruolo prepon-derante dell’alterazione del ritmo circadiano con sop-pressione della melatonina che ha ben note proprietàanticancro.Alcuni coorti di piloti hanno riportato un aumento deicancri del sistema nervoso centrale che sembrerebbeavere anche un associazione con la durata dell’impiego.In letteratura viene descritta anche una maggiore inci-denza di leucemia mieloide acuta, uno dei tumori con-siderati associati alle radiazioni ionizzanti.Purtroppo tutti gli studi presenti in letteratura ricono-scono dei limiti che risiedono nella scarsa conoscenzadegli effetti radiobiologici dell’esposizione a bassedosi, nelle dimensioni limitate delle coorti e nella pre-senza di numerosi fattori di confondimento.Gli astronauti risultano avere una ben diversa esposi-zione perchè sono solo parzialmente protetti dal campoelettromagnetico terrestre e sono esposti a protoni, ioniad alta energia con alta carica e massa (HZE) e radia-zioni secondarie; particelle altamente penetranti tantoche solo in parte i materiali schermanti possono ridurrela dose assorbita dagli astronauti. Inoltre gli astronautisono esposti ad attività solari eccezionali .Sulla terra i lavoratori radioesposti o i pazienti sono perlo più esposti a radiazioni a basso LET, come raggigamma e raggi x ed i dati epidemiologici, di cui dispo-niamo per lo più derivano dai sopravvissuti alla bombaatomica in Giappone e dunque ci consentono una stimadel rischio da radiazioni a basso LET. Non esistonodati consolidati circa esposizione a protoni e HZE inesseri umani, pertanto la stima del rischio deve fon-darsi esclusivamente su modelli sperimentali e cal-coli biofisici.Le missioni porranno dei problemi in relazione allaloro durata in quanto ci si allontanerà dalla protezioneterrestre per molto tempo. La missione Marte program-mata per il 2030 durerà oltre un anno; la salute menta-le e fisica degli astronauti non potrà non risentire di unapermanenza tanto lunga in un ambiente ristretto sotto-posto al bombardamento di radiazioni solari e cosmi-che. Il programma prevede infatti lo sviluppo di unmodulo abitativo che permetterà agli astronauti di vive-re nello spazio per missioni di lunga durata, il DeepSpace Habitat .

Durante una missione ogni nucleo cellulare potrebbeessere colpito da un protone o un elettrone secondarioogni pochi giorni e da uno ione ad alata energia unavolta al mese. Si potrebbe raggiungere una dose di 1-2mV nello spazio interplanetario e 0,5-1 mSv sullasuperficie planetaria. Per queste esposizioni ci sipotrebbe attendere la comparsa di effetti stocastici,effetti deterministici ed altri effetti sanitari non ancorasufficientemente compresi per poterli univocamenteassegnare all’una o all’altra categoria.

I dati presenti in letteratura su studi effettuati suastronauti o su modelli sperimentali suggeriscono

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infatti diversi tipi di effetti delle radiazioni cosmi-che sull’organismo umano, cancerogeni e non.

Tra gli effetti deterministici occorre segnalare la cata-ratta come possibile conseguenza dell’esposizione aradiazioni cosmiche, con un aumento del rischio gene-ralmente osservato dopo dosi >8 mSv. In relazione alledosi di esposizione cui sono soggetti gli astronauti ed inconsiderazione della dose soglia di 0,5 Gy si è calcola-to che sarebbe possibile sviluppare una cataratta permissioni di soli 20 giorni.

L’altro effetti deterministico, essendo il tessuto emopo-ietico notoriamente radiosensibile, è la depressione del-l’emopoiesi. Studi su personale durante e dopo le mis-sioni rivelano alterazioni emopoietiche come diminu-zione di Hgb, diminuzione della sideremia, anomaliedell’emoporfirina, disfunzioni piastriniche. Tra glieffetti stocastici alcuni modelli sperimentali studianol’induzione di carcinoma polmonare, di leucemia mie-loide acuta e di alterazioni del sistema immunitario.Esistono inoltre in letteratura descrizioni di effetti nondeterministici né stocastici come gli effetti degenerati-vi tardivi sul sistema nervoso centrale, disabilità cogni-tiva, alterazioni neurocomportamentali simili all’invec-chiamento.

L’esposizione a radiazioni cosmiche può anche impat-tare negativamente sull’integrità dello scheletro duran-te le missioni e causare osteopenia. Insieme al mancatocarico dovuto alla microgravità nello spazio che di persé induce riassorbimento osseo le radiazioni anche abasse dosi possono indebolire l’osso e condurre a frat-ture critiche.

In letteratura vengono in sostanza descritti svariati pos-sibili effetti delle radiazioni cosmiche sull’organismoumano, cancerogeni e non, ma esistono molte incertez-ze sulle conoscenze di questi effetti dovute alla grandedifferenza che esiste tra le radiazioni cosmiche e leradiazioni terrestri. E’ pertanto indispensabile prima digiungere a conclusioni circa tali effetti una miglioreconoscenza dei meccanismi biologici con i quali leradiazioni cosmiche agiscono.

Bibliografia1 European Commission Radiation Protection 85. Exposure

of air Crew to Cosmic Radiation. EURADOS report2 Cancer incidence among Nordic airline cabin crew. Pukkala

20123 Cancer incidence in professional flight crew and air traffic

control officers. Santos Silva 20124 Risk of Melanoma in pilots and cabin crew. Haldorsen 2014

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EFFETTI BIOLOGICI DELLA RADIAZIONE SPAZIALE:SIMULAZIONI ED ESPERIMENTI

Francesca BallariniUniversità degli Studi di Pavia, Dipartimento di Fisica

INFN, sezione di Pavia

e-mail: [email protected]

di fatto costituiscono un “dosimetro” biologico, èun’operazione di routine presso alcuni laboratoriNASA.Al contributo dei GCR si può aggiungere quello deicosiddetti “Solar Particle Events” (SPE), “raffiche” diparticelle cariche (per lo più protoni, ma anche ioni piùpesanti) emesse dal sole verso lo spazio interplanetarioin seguito a vento solare e/o emissione di materia dallacorona solare. Si tratta di eventi sporadici ma estrema-mente difficili da prevedere con anticipo sufficiente,nonostante esista una correlazione tra questi eventi e ilnumero di macchie solari. Mentre l’esposizione ai raggicosmici è continua nel tempo, i SPE hanno una duratalimitata, che generalmente varia da qualche ora a qual-che giorno. Tuttavia i flussi - e quindi le dosi - in giocosono molto maggiori: in spazio aperto si possono supe-rare le 1010 particelle per cm2, contro le 4 particelle percm2 al secondo dei raggi cosmici. Contrariamente aiGCR, i SPE sono quindi rilevanti per i cosiddetti “effet-ti deterministici” (o reazioni tissutali avverse).L’esposizione alla radiazione è considerata uno deimaggiori rischi per gli astronauti nel caso di missioniesplorative come quelle sulla Luna o un’ipotetica mis-sione su Marte, che secondo una recente dichiarazionedi Barack Obama dovrebbe verificarsi entro il 2030:“We have set a clear goal vital to the next chapter ofAmerica’s story in space: sending humans to Mars bythe 2030s and returning them safely to Earth, with theultimate ambition to one day remain there for an exten-ded time”.La caratterizzazione degli effetti biologici della radia-zione spaziale, nonché la stima dei rischi ad essa asso-ciati, diventa quindi una questione prioritaria. Diversa-mente dalla radioprotezione sulla terra, principalmentebasata sul follow-up dei sopravvissuti alle bombe ato-miche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, i quali subi-rono un’esposizione acuta a radiazione di basso LET, lastima dei rischi legati alla radiazione spaziale è tuttorasoggetta a incertezze notevoli; tra le principali fonti diincertezza vi è l’azione delle particelle HZE (High Zand Energy) nei bersagli biologici, a causa delle pecu-liari caratteristiche fisiche e radiobiologiche di questeparticelle. Proprio queste caratteristiche sarannodiscusse nei prossimi paragrafi, prima a livello sub-cel-lulare e poi a livello sovra-cellulare.

Introduzione: il campo di radiazione spaziale“My God, space is radioactive!” Questa l’esclamazionedi Ernie Ray, uno dei ricercatori che lavoravano conJames Van Allen, dopo aver visto i dati provenienti dalcontatore Geiger installato sul primo satellite statuni-tense, lanciato nel 1958.Non solo lo spazio è radioattivo, ma lo è ben di piùrispetto alla Terra: mentre sulla Terra il background è,in media, poco meno di 3 mSv all’anno, in spazio aper-to – quindi al di fuori del campo geomagnetico - la doseda raggi cosmici è di circa 1 mSv al giorno. Anche qua-litativamente, il campo di radiazione spaziale possiededelle caratteristiche del tutto peculiari: i raggi cosmicigalattici (“Galactic Cosmic Rays”, o GCR) sono costi-tuiti per l’87% da protoni, per il 12% da ioni elio e peril restante 1% da ioni più pesanti come il carbonio e ilferro. Il fatto che gli ioni pesanti siano pochi in percen-tuale non significa che la loro presenza sia trascurabile,perché la dose rilasciata da una particella cresce con lacarica della particella stessa. Le energie in gioco sonoestremamente elevate: lo spettro dei raggi cosmici ècaratterizzato da un picco in corrispondenza di ~1GeV/u, e le particelle più energetiche raggiungonoanche il TeV/u. Questo tipo di radiazione è costante-mente presente nello spazio, sebbene l’intensità vari neltempo in base all’attività del sole, che è governata dacicli che durano circa 11 anni: quando l’attività solare èmassima, il flusso dei GCR diventa minimo grazie allamaggiore protezione fornita dal campo magnetico delsole, e viceversa. Gli astronauti possono letteralmente“vedere” la radiazione che li colpisce, che viene perce-pita sotto forma di flash di luce di diversa forma, inten-sità e colore, detti anche “fosfeni”; sebbene i meccani-smi fisiologici alla base della percezione dei fosfeninon siano ancora del tutto chiari, si ritiene che questifenomeni siano dovuti a ionizzazione diretta della reti-na o del nervo ottico da parte di nuclei pesanti di origi-ne galattica, e/o interazioni nucleari di protoni nell’ap-parato visivo. Anche le cellule degli astronauti impe-gnati in missioni di lunga durata (indicativamente,almeno 2-3 mesi) portano traccia dell’esposizione; inparticolare i linfociti del sangue periferico, essendo perlo più in stato quiescente, sono dei veri e propri “accu-mulatori” di aberrazioni cromosomiche (date dal ricon-giungimento errato di frammenti cromosomici), tanto èvero che il conteggio delle aberrazioni linfocitarie, che

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Caratteristiche fisiche delle varie componenti eimplicazioni per il danno al DNA e ai cromosomiI codici che simulano la struttura di traccia della radia-zione con il cosiddetto approccio “evento per evento”possono fornire informazioni molto dettagliate sul pro-cesso di deposizione di energia nel bersaglio. In parti-colare, questi codici sono in grado di fornire “mappe”tridimensionali che descrivono la distribuzione spazia-le delle varie ionizzazioni ed eccitazioni a livello delnanometro; un esempio è dato dal codice PARTRAC,sviluppato principalmente da W. Friedland presso ilcentro di ricerca Helmholtz di Monaco di Baviera. Inpassato (Ballarini et al. 2008, NJP) PARTRAC è statoutilizzato per confrontare la struttura di traccia di pro-toni, ioni Elio, ioni Carbonio e ioni Ferro aventi la stes-sa velocità; i confronti hanno permesso di valutarequantitativamente la maggiore “densità” della tracciadegli ioni pesanti rispetto agli ioni leggeri, dovuta alfatto che il LET (Linear Energy Transfer) aumentacome il quadrato della carica della particella. Questotipo di studi permette anche di evidenziare la variazio-ne della struttura di traccia di un dato ione al cresceredell’energia, mostrando come la traccia tende a diven-tare meno densa ma più “larga”, a causa della maggio-re energia degli elettroni secondari. Per le energie d’in-teresse per la radiazione spaziale, questi ultimi possonoavere un range anche di parecchie decine, o addiritturacentinaia, di micron; ciò fa sì che uno ione ferro cheattraversa una data cellula può causare una deposizionedi dose, mediante i suoi elettroni secondari, anche nellecellule circostanti.Le caratteristiche fisiche ovviamente si riflettono nellecaratteristiche del danno radiobiologico; ad esempio laradiazione di alto LET che costituisce la radiazionespaziale è particolarmente efficace nell’induzione diframmenti del DNA di piccole dimensioni, anche al disotto della risoluzione ottenibile negli esperimentibasati sulla tecnica dell’elettroforesi su gel. Nel caso diioni Ferro da 442 keV/µm, è stato mostrato (Alloni etal. 2007, Campa et al. 2009) come i frammenti didimensioni inferiori al kilo-base-pair, non “visibili” conl’elettroforesi su gel, rappresentino circa la metà deltotale.Naturalmente anche l’analisi delle aberrazioni cromo-somiche evidenzia la peculiare efficacia degli ionipesanti. Molti dati disponibili in letteratura (e.g. Duran-te et al. 1999, George et al. 2003) indicano che il coef-ficiente lineare per l’induzione di dicentrici cresce conil LET fino a circa 60-100 keV/µm, dopodiché decre-sce. Gli ioni pesanti sono particolarmente efficaci nel-l’indurre i cosiddetti “scambi complessi”, che per defi-nizione derivano da almeno tre rotture su almeno duecromosomi. Gli ioni pesanti, e in generale le radiazionidi alto LET, presentano anche una maggiore efficacianell’indurre ritardo mitotico e morte cellulare interfasi-ca. Uno studio particolarmente ricco di informazionisulle aberrazioni cromosomiche da ioni pesanti è quel-lo condotto da George et al. (2003) irraggiando linfoci-ti umani con ioni diversi (Fe di LET 147, 200 e 440keV/µm; C da 13.3 keV/µm; Si da 56 keV/µm; Ar da86 keV/µm; Au da 1393 keV/µm), con dosi che nellamaggior parte dei casi erano inferiori a 1 Gy. I valori di

RBE (Relative Biological Effectiveness) per scambisemplici (dicentrici più traslocazioni) erano compresitra 0.5 e 7.8, con picco a circa 150 keV/µm.

Alcuni dei dati ottenuti nello studio sperimentale diGeorge et al., in particolare quelli relativi agli ioni Feda 1 GeV/u (147 keV/µm), sono stati riprodotti con unmodello biofisico in grado di simulare l’induzione diaberrazioni cromosomiche in cellule coltivate in vitroed esposte a diverse dosi di vari tipi di radiazioni ioniz-zanti. Il modello, la cui versione attuale (chiamataBIANCA, da BIophysical ANalysis of Cell death andchromosome Aberrations) simula anche l’induzione dimorte cellulare (e.g. Ballarini and Carante 2016, Caran-te and Ballarini 2016), attribuisce un ruolo fondamen-tale ai “cluster” di danni del DNA (“Cluster Lesions”, oCLs): si assume infatti che ogni CL dia luogo a dueframmenti cromosomici indipendenti, e che il mis-rejoining (ricongiungimento errato), o l’un-rejoining(ricongiungimento mancato), dei frammenti producavari tipi di aberrazioni cromosomiche. Il buon accordodelle simulazioni con i dati sperimentali considerati hafornito una validazione del modello, che in particolareè stato utilizzato per prevedere gli yields di aberrazioniquando un linfocita umano è attraversato esattamenteda uno ione Ferro (Ballarini et al. 2008); questa condi-zione è difficilmente ottenibile negli esperimenti, in cuici si basa sul numero medio di attraversamenti. Questeprevisioni hanno mostrato che, mentre le aberrazioniprodotte da un protone da 1 GeV/u sono comparabilicon il tipico background per i linfociti (circa 0.001dicentrici e 0.005 traslocazioni per cellula), per un sin-golo ione Fe la probabilità di indurre un dicentrico è0.25, quella di indurre una traslocazione è anch’essa0.25, e quella di indurre uno scambio complesso è 0.45;di conseguenza, secondo questi calcoli la probabilitàche una cellula attraversata da un singolo ione Fe subi-sca un’aberrazione cromosomica (semplice o comples-sa) è vicina al 100% .

Dosi da GCR e SPE ai vari organi del corpo umanoin diverse condizioni di schermaturaMentre per gli effetti a livello cellulare e sub-cellularemolte informazioni provengono da esperimenti in vitroeffettuati presso acceleratori in grado di fornire ionipesanti di energia comparabile con quella dei raggicosmici, per gli effetti a livello di organi e organismo lasituazione si fa più complessa. Infatti mentre i soprav-vissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki,dai quali proviene la maggior parte delle informazioni,subirono prevalentemente un’esposizione acuta a radia-zione di basso LET, l’esposizione ai raggi cosmiciimplica un irraggiamento protratto (con dosi relativa-mente basse, anche se superiori al background terre-stre) con particelle di LET più alto. In questo caso sonodi grande aiuto i calcoli teorici, generalmente effettuaticon codici – analitici o Monte Carlo - che simulano iltrasporto della radiazione.Calcoli di questo tipo sono stati effettuati anche conFLUKA (www.fluka.org). Nello specifico, il codice èstato accoppiato a due modelli (“fantocci”) del corpoumano, precisamente un fantoccio matematico in cui i

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vari organi sono rappresentati con geometria combina-toria, e un fantoccio a voxel derivato da una TAC total-body effettuata per diagnostica su un uomo affetto daleucemia. Entrambi i fantocci sono stati inscritti in unguscio cilindrico di alluminio di spessore variabile: 0.3g/cm2 (corrispondente a una tipica tuta spaziale a bassaschermatura), 1 g/cm2 (tuta spaziale nominale), 2 g/cm2

(veicolo spaziale a bassa schermatura), 5 g/cm2 (veico-lo spaziale nominale) e 10-20 g/cm2 (“storm shelter” incui gli astronauti dovrebbero rifugiarsi in caso di inten-so SPE). Si parla di “storm shelter” perché una navicel-la con pareti spesse diversi centimetri è improponibile,dato che la massa sarebbe così elevata da impedirne illancio. Per avere un’idea, le pareti della Stazione Spa-ziale Internazionale sono spesse meno di 1 centimetro(anche se alle pareti sono addossati dei pannelli dipolietilene come schermatura aggiuntiva), e quelledella vecchia stazione sovietica MIR erano ancora piùsottili. Le pareti dei veicoli impiegati nelle missionilunari Apollo, al di fuori del campo geomagnetico,erano spesse circa 2 centimetri.

Secondo questi calcoli (Ballarini et al. 2006), per quan-to riguarda i raggi cosmici la dose assorbita (circa 0.5mGy/day) non mostra una diminuzione significativaall’aumentare della schermatura, mentre la dose equi-valente e quella biologica (quest’ultima definita comenumero medio di lesioni complesse del DNA per cellu-la) mostrano una lieve diminuzione. Ciò si può spiega-re tenendo conto della frammentazione del proiettile, incui si producono particelle cariche che, rispetto al pro-iettile, hanno circa la stessa velocità ma sono più leg-gere, e di conseguenza hanno minore LET e minoreefficacia biologica. Rispetto alla pelle, gli organi inter-ni hanno mostrato una dose assorbita simile ma unadose equivalente inferiore; inoltre, il contributo relativodei prodotti di reazione nucleari ha giocato un ruoloimportante. La tabella 1 mostra le dosi efficaci annue(in Sv) calcolate nel caso di esposizione durante unperiodo di minimo solare, in cui il flusso di raggicosmici è massimo. Per le schermature più sottili, ledosi per il fantoccio femmina si sono rivelate legger-mente ma sistematicamente più basse rispetto al fan-toccio maschio, probabilmente perché le ovaie, essendopiù interne, beneficiano di maggiore “self-shielding”rispetto ai testicoli.

Tabella 1 dosi efficaci annue (in Sv, calcolate con ilfantoccio matematico) da GCR in condizioni di minimosolare, per diversi spessori di schermatura

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ferenziati per età e per sesso, comporterebbe quindi note-voli limitazioni nella selezione dei membri dell’equipag-gio: ad esempio, il limite per donne di 50 anni è 0.92 Sve per uomini di 45 anni è 0.95 Sv, ma ovviamente aldiminuire dell’età i limiti diventano più restrittivi.Al contrario, in caso di Solar Particle Event le dosi(assorbita, equivalente e biologica) si sono rivelatemolto più elevate ma sono diminuite sensibilmenteall’aumentare della schermatura, grazie al fatto che leparticelle che costituiscono i SPE hanno energia piùbassa di quelle dei GCR. Ad esempio, aumentando laschermatura da 1 a 10 g/cm2, nel caso della pelle ladose assorbita è scesa da 8.2 a 0.40 Gy, e la dose equi-valente è passata da 13.3 a 0.6 Sv. Per tutti i tipi di doseconsiderati (assorbita, equivalente e biologica) i proto-ni primari hanno giocato il ruolo più importante, men-tre i prodotti di reazioni nucleari hanno mostrato unruolo decisamente minore, anche se non trascurabile. Aparità di schermatura, gli organi interni hanno mostratodosi molto miniori rispetto alla pelle, grazie al “self-shielding” fornito dagli organi circostanti. Ad esempio,per una schermatura di 1 g/cm2, la dose equivalente alfegato è risultata 1.0 Sv, da confrontare con i 13.3 Svdella pelle. La tabella 2 riporta, per diversi spessori dischermatura, i corrispondenti valori di dose equivalen-te (calcolata con il fantoccio matematico) per la pelle,l’occhio e i “blood-forming organs” (BFO, essenzial-mente il midollo rosso), che sono i tre principali organida considerare per gli effetti deterministici; i calcolisono stati effettuati nell’ipotesi di un Solar ParticleEvent come quello, particolarmente intenso, verificato-si nell’agosto 1972. Secondo questi calcoli, uno “stormshelter” di 10 g/cm2 permetterebbe di rispettare i limitipubblicati nel 2000 dal National Council on RadiationProtection statunitense per missioni di 30 giorni in LowEarth Orbit, che sono, rispettivamente, 1.5, 1.0 e 0.25Gy-Eq per pelle, occhi e BFO (NCRP, 2000).

Tabella 2 Dose equivalente (in Sv, calcolata con il fan-toccio matematico) a pelle, occhi e BFO nel caso del SPEdell’Agosto 1972, per diversi spessori di schermatura

In base a questi calcoli, un’ ipotetica missione in spazioaperto avente una durata di due anni (come una missio-ne su Marte) in condizioni di minimo solare impliche-rebbe una dose efficace pari a poco meno di 1 Sv. L’ap-plicazione dei limiti suggeriti dalla NASA, che sono dif-

La tabella 3 mostra invece, sempre nel caso del SPEdell’Agosto 1972, la dose efficace E (calcolata con ilfantoccio matematico) nelle stesse condizioni di scher-matura considerate per la dose equivalente.

Tabella 3 Dose efficace (in Sv, calcolata con il fantoc-cio matematico) nel caso del SPE dell’Agosto 1972, perdiversi spessori di schermatura

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2 F. Ballarini and M.P. Carante (2016), Chromosome aberrationsand cell death by ionizing radiation: evolution of a biophysi-cal model. Radiation Physics and Chemistry 128C, 18-25.

3 F. Ballarini, G. Battistoni, F. Cerutti, A. Fassò, A. Ferrari, E.Gadioli, M.V. Garzelli, A. Mairani, A. Ottolenghi, H.G.Paretzke, V. Parini, M. Pelliccioni, L. Pinsky, P.R. Sala, D.Scannicchio, S. Trovati, M. Zankl (2006). GCR and SPEorgan doses in deep space with different shielding: MonteCarlo simulations based on the FLUKA code coupled toanthropomorphic phantoms. Adv. Space Res. 37(9), 1791-1797.

4 A. Campa, D. Alloni, F. Antonelli, F. Ballarini, M. Belli, V.Dini, G. Esposito, A. Facoetti, W. Friedland, Y. Furusawa,M. Liotta, A. Ottolenghi, H.G. Paretzke, G. Simone, E.Sorrentino, M.A. Tabocchini (2009), DNA fragmentationinduced in human fibroblasts by 56Fe ions: experimentaldata and MC simulations. Radiat. Res. 171, 438-445.

5 M.P. Carante and F. Ballarini (2016), Calculating Variationsin Biological Effectiveness for a 62 MeV ProtonBeam. Front. Oncol. 6:76. doi: 10.3389/fonc.2016.00076.

6 M. Durante, Y. Furusawa, H. Majima, T. Kawata and E.Gotoh (1999), Association between G2-phase block andrepair of radiation-induced chromosome fragments inhuman lymphocytes Radiat. Res. 151, 670–676.

7 K. George, M. Durante, V. Willingham, H. Wu, T. Yang andF.A. Cucinotta (20039, Biological effectiveness of acceler-ated particles for the induction of chromosome damagemeasured in metaphase and interphase human lympho-cytes. Radiat. Res. 160, 425-435.

8 L.A. Lebedev, A. Romanov, B. Luk’ianov (1973), Sons ofthe Blue Plane (Syny goluboi planety).

9 NCRP (2000), Radiation Protection Guidance for Activitiesin Low-Earth Orbit, Report no. 132. NCRP, Bethesda,MD.

ConclusioniDopo aver ricordato la composizione del campo diradiazione spaziale e le principali caratteristiche fisi-che delle particelle che lo costituiscono, sono statidiscussi alcuni aspetti esemplificativi del danno biolo-gico sub-cellulare e sovra-cellulare indotto da tali par-ticelle, le cui peculiarità fanno sì che la radiazionecostituisca una delle limitazioni principali alle cosid-dette missioni spaziali umane “esplorative”, comequelle sulla Luna o su Marte. Radiazioni a parte, valela pena di menzionare che la reale necessità di ulterio-ri missioni esplorative umane è oggetto di dibattito,anche considerando che le missioni Apollo non cihanno detto molto di più rispetto a quanto era già notodalle osservazioni indirette. Forse nemmeno sbarcaresu Marte fornirà informazioni ulteriori rispetto allesonde; ci piace però concludere con le parole pronun-ciate da Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio:“Orbiting Earth in the spaceship, I saw how beautifulour planet is. People, let us preserve and increase thisbeauty, not destroy it!”( Lebedev et al. 1973).

RingraziamentiQuesto lavoro è stato parzialmente supportato dal-l’INFN (progetto “ETHICS”). Si ringraziano inoltreMario P. Carante e Alessia Embriaco per la lettura cri-tica del manoscritto.

Referenze1 D. Alloni, F. Ballarini, M. Belli, A. Campa, G. Esposito, W.

Friedland, M. Liotta, A. Ottolenghi, H.G. Paretzke(2007), Modeling of DNA fragmentation induced inhuman fibroblasts by 56Fe ions. Adv. Space Res. 40,1401-1407.

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Gli effetti indotti dalle radiazioni ionizzanti sul sistemaimmunitario sono sempre stati di estremo interesse perla comunità scientifica. Classicamente le radiazioniionizzanti (IR) sono state considerate immunosoppres-sive, tanto che l’irradiazione corporea totale, ad oggi,rappresenta ancora una parte integrante della terapia dicondizionamento nei pazienti avviati a trapianto dimidollo osseo, inoltre anche la radioterapia localizzatapuò determinare aspetti immunosoppressivi. Al contra-rio esistono dati che dimostrano come dosi molto bassedi radiazioni ionizzanti possano determinare effettiimmunostimolatori sul sistema immunitario, soprattut-to a breve distanza di tempo dall’irradiazione. Per que-sti motivi è sempre meglio parlare di un ruolo immu-nomodulatorio delle radiazioni ionizzanti piuttosto chesemplicemente di immunosoppressivo.Ma se tralasciamo eventuali condizioni patologichenote quale effetto “immunomodulatorio” hanno, in par-ticolare, le radiazioni cosmiche sull’uomo? Bisognainfatti tenere in considerazione che la terra è continua-mente bombardata da particelle ad alta energia che ori-ginano dallo spazio esterno. Questi raggi cosmici inte-ragiscono con i nuclei dell’atmosfera generando unacascata di interazioni e producendo particelle seconda-rie che contribuiscono all’esposizione dovuta a raggicosmici che si riduce in intensità all’aumentare dellaprofondità di penetrazione in atmosfera, dalle altitudinidei voli aerei al suolo terrestre. I raggi cosmici galatti-ci (GCR) incidenti con l’atmosfera terrestre consistonodi una componente nucleonica che ne costituisce il98% del totale e elettroni per il rimanente 2%. La com-ponente nucleonica è formata da protoni (88%) e parti-celle alfa (11%) e per il restante da nuclei pesanti1.Un’altra componente dei raggi cosmici è generata dalsole nei cosiddetti eventi solari acuti (SPE- Sun Parti-cle Event) e costituita da protoni; queste particelle pos-sono produrre un significativo dose rate ad alte altitu-dini ma solo le più energetiche arrivano al suolo terre-stre. Questi eventi di solito sono di breve durata, tipi-camente di qualche ora, e altamente variabili in inten-sità; di solito hanno un impatto trascurabile per lapopolazione generale2.Ma quando questo tipo di radiazioni potrebbe avere unruolo significativo? Probabilmente l’aspetto da sottoli-neare è di duplice interesse, da un lato infatti le radia-

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zioni cosmiche primarie sono sicuramente rilevanti nel-l’ambito dei viaggi spaziali soprattutto nell’ottica del-l’esplorazione spaziale, dall’altro “ in ambiente terre-stre” determinati sottogruppi della popolazioni possonoessere a maggior rischio ad esempio a causa di attivitàprofessionale come gli equipaggi dei voli di linea. Perdi più una maggiore comprensione dell’effetto di que-sto tipo di radiazioni sul sistema immunitario potrebberispecchiarsi in un approccio traslazionale per futureapplicazioni cliniche in ambito radioterapico.Per quanto riguarda i viaggi spaziali, visto che viene amancare lo scudo protettivo dell’atmosfera terrestre, glieffetti delle radiazioni diventano estremamente rilevan-ti, in particolare l’equipaggio potrebbe essere a rischiodi sviluppare una sindrome acuta radioindotta in segui-to ad eventi solari acuti. La maggior parte di questieventi sono relativamente innocui con idonee scherma-ture per la salute umana con dosi <10 mGy ma se que-sti eventi presentano una più alta fluenza di particellecon energia > 30MeV diventano problematici. Per dipiù questi eventi sono sporadici e difficilmente preve-dibili quindi senza sufficienti protezioni un ampioevento può risultare in una dose all’intero corpo di 0.5Gy e oltre (ed è risaputo come l’esposizione a dosi >0.5Gy di raggi X o gamma comporti la possibilità di unasindrome acuta da irradiazione con l’insorgenza di sin-tomi prodromici tipo astenia, nausea ed ematopoietici).Per cui gli astronauti sono esposti, virtualmente in qua-lunque missione, ad aumentati livelli di radiazioni abasse dosi e basso dose rate associate ai raggi cosmicigalattici alle quali si aggiungono alte dosi di radiazionidovute agli SPE. Le ripercussioni di tutto questo sulsistema immunitario sono numerose anche se i dati pre-senti in letteratura si basano principalmente su modellipreclinici che vanno a simulare l’esposizione degliastronauti a basse dosi croniche e a basso dose rate diIR associate o meno all’esposizione dovuta a SPE.Ad esempio in esperimenti su furetto si è cercato divalutare l’importanza di diversi fattori quali il tipo diradiazioni, la dose e il dose rate su eventuali modifichedei globuli bianchi e si è osservato una riduzione nume-rica di queste cellule che è risultata essere correlata alladose di esposizione in maniera statisticamente signifi-cativa; questo dato sembra essere valido per le diversesottopopolazioni leucocitarie, principalmente neutrofili

L'ESPOSIZIONE ALLE RADIAZIONI COSMICHE:QUALI EFFETTI SUL SISTEMA IMMUNITARIO?

Liliana Belgioia, Renzo CorvòIRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino

U.O.C Unità Operativa Oncologia RadioterapicaStruttura Semplice Radioterapia Infantile e Tecniche Speciali

e-mail: [email protected] - [email protected]; [email protected]

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e linfociti. L’effetto del dose rate invece non è cosìchiaro ma sembrerebbe che un più alto dose rate possasolo accelerare il tempo di insorgenza ma non influen-zare l’intensità dell’effetto3. Alcuni dati riportano inve-ce l’effetto sulle diverse sottopopolazioni di linfociti, ela radiosensibilità dei linfociti è stata una dei primioggetti di esperimenti radiobiologici; bisogna infattitenere in considerazione che i linfociti T CD4 e CD8rappresentano i maggiori regolatori della rispostaimmunitaria acquisita ovvero di quella risposta caratte-rizzata da memoria, specificità, diversità e capacità diriconoscere self e non self e che rappresentano anche lecellule più radiosensibili in termini di morte cellulare eformazioni di aberrazioni funzionali4.In particolarementre i linfociti B sono le cellule effettrici della rispo-sta umorale, i linfociti T (suddivisi in linfociti T helperCD4+ e linfociti T citotossici CD8+) sono responsabilidella risposta cellulo-mediata. Alcuni dati hanno evi-denziato come probabilmente i linfociti B siano la sot-topopolazione più sensibile seguiti dai linfociti T, men-tre i linfociti NK rappresentano la sottopopolazione lin-focitaria più resistente3.Oltre però ad un semplice effetto quantitativo sulle cel-lule della linea bianca esistono evidenze basate sempresu studi preclinici murini nei quali viene sottolineatocome l’esposizione whole body a dosi rilevanti diradiazioni cosmiche a basso dose rate può aumentarel’espressione di alcune proteine di segnale con poten-ziale incremento della sopravvivenza dei linfociti TCD4+, e questo potrebbe avere un effetto protettivo incaso di una successiva esposizione a protoni dovuta aSPE5. Nello specifico questo sarebbe dovuto a un effet-to sulle proteine coinvolte nella presentazione dell’an-tigene, nella trasduzione del segnale e anche nella pro-duzione di citochine. Un esempio di questo è rappre-sentato da NF-kB, un fattore di trascrizione noto peravere effetti pro sopravvivenza e per di più implicatocome promotore dell’apoptosi; esistono dati che hannodimostrato una sua sottoregolazione in seguito adun’esposizione combinata a raggi γ LDR e SPE rispet-to a solo SPE suggerendo quindi che una pre-esposi-zione a LDR può ridurre il rischio di morte apoptotica.Per di più NF-kB è anche un sensore di stress ossidati-vo e l’esposizione a radiazioni LDR prima di SPE puòridurre i livelli di radicali liberi dell’ossigeno suggeren-do quindi un possibile meccanismo radio adattativo.Oltre a tutto questo esistono diversi lavori sempre precli-nici in cui viene valutata la funzionalità dei linfociti T CD4+ quantificando la produzione di citochine dopo esposi-zione a protoni tipo SPE preceduta o meno da raggi γLDR. I risultati hanno riportato un significativo decre-mento di IL-2 dopo esposizione a SPE, l’IL-2 è una delleprincipali citochine che stimola la proliferazione dei linfo-citi Th e T citotossici quindi una sua riduzione può com-promettere la difesa immunitaria non solo contro agentiinfettivi ma anche contro cellule neoplastiche6.Al contrario si è osservato un aumento di IL-10, unacitochina con potenti proprietà immunosoppressive eINF-γ che è una citochina multifunzione prodotta prin-cipalmente dai Th1 (ma anche dai linf B e NK) e che èimplicata nell’orientare verso una risposta cellulo-mediata più che umorale7.

Ipoteticamente eventuali disfunzioni del sistema immu-nitario in corso di missioni spaziali durature potrebbe-ro avere conseguenze importanti e sebbene la deplezio-ne di alcune popolazioni leucocitarie possa essere mini-ma bisogna considerare che l’attivazione clonogenicaanche di poche cellule può essere indispensabile perattivare i meccanismi dell’immunità adattativa che con-ducono alla risoluzione di possibili condizioni patolo-giche quali infezioni.A questo bisogna aggiungere che gli astronauti si tro-vano in condizioni di immunodepressione per l’am-biente in cui si trovano (assenza di gravità….) e chequindi l’effetto delle radiazioni cosmiche dovrebbeessere ulteriormente indagato perché rappresenta unfattore limitante di primaria importanza.

Per quanto riguarda invece l’effetto delle radiazionicosmiche secondarie queste devono essere prese in con-siderazione per i passeggeri e l’equipaggio dei voli aereiper i quali l’esposizione può diventare più significativache per la popolazione a livello del suolo terrestre.L’esposizione totale conseguente a un determinato volodipende da vari fattori quali l’altitudine, la latitudine e lavelocità dell’aereo e per complicare il tutto anche dalmomento temporale del volo in relazione al periodo diattività solare. Il numero annuo di ore di volo per unmembro dell’equipaggio varia da individuo a individuoe da compagnia aerea a compagnia aerea; il range puòessere tra le 300 e le 900 ore anno con una media di 500ore/anno. La popolazione generale invece può esseresuddivisa in 3 gruppi: i non-viaggiatori (0 ore), i viag-giatori occasionali ( 3-50 ore, con media di 10 ore) e icosiddetti frequent flyers (50-1200 ore, con media di 100ore). Esistono dati che stimano che per voli a latitudinitemperate e a un altitudine standard di 35000 piedi, con-siderando un’attività solare media, sia necessario untempo di volo di circa 200 ore per accumulare 1 mSv,mentre vicino all’equatore alla stessa altitudine il temponecessario è di circa 400 ore. Per esempio un viaggio dalnord Europa alla costa est degli Stati Uniti per un tempototale di volo di 7 ore risulta in una dose effettiva tra 30e 40 µSv; per voli più lunghi ad esempio dal nord Euro-pa al Giappone la dose effettiva totale è di circa 50-70µSv8. Risulta quindi semplice capire come mai gli equi-paggi aerei siano classificati come lavoratori professio-nalmente esposti ma, al di là di ciò, queste dosi possonoindurre modificazioni a livello immunitario? È da temponoto come bassi dosi di radiazioni possono determinareuna risposta adattativa conosciuta anche con il terminedi ormesi. A basse dosi e basso dose rate l’effetto delleradiazioni sul sistema immunitario può essere soppressi-vo o stimolatorio, alcuni dati preclinici indicano chebasse dosi di radiazioni possono stimolare il sistemaimmunitario ma l’impatto delle basse dosi sull’uomonon è del tutto chiaro.La relazione dose risposta dei vari parametri immuno-logici conseguente all’esposizione a radiazioni ioniz-zanti è influenzata da vari fattori il più importante deiquali è rappresentato dalla cellula target sotto osserva-zione, il range di dose e il dose rate. In tabella 1 sonoriportati alcuni dati sulle possibili alterazioni dei para-metri immunologici osservati in animali irradiati a

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basse dosi e basso dose rate; come si può osservare esi-stono dati contradittori con effetti immunosoppressividi basse dosi di raggi γ su cani con riduzione dei leuco-citi inclusi granulociti, monociti e linfociti e dall’altrolato studi che dimostrano un effetto stimolatorio dellebasse dosi includendo una stimolazione della rispostaproliferativa dei linfociti T, un incremento della secre-zione di citochine che attivano i linfociti T e NK conuno shift verso una risposta Th1.

L’effetto delle radiazioni cosmiche sul sistema immuni-tario rimane un argomento aperto che necessita diapprofondimenti, l’impatto delle alterazioni del sistemaimmunitario dipende da vari fattori in primo luogodalla dose totale; mentre è chiaro che le alte dosi deter-minino un’inibizione legata a una distruzione delle cel-lule coinvolte, rimane invece da chiarire l’effetto dellebasse dosi sull’uomo che potrebbero avere sia un effet-to soppressivo che stimolatorio.

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TABELLA 1

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ABSTRACTLa Commissione Internazionale per la ProtezioneRadiologica (ICRP) sin dal 1991 (ICRP-60) ha racco-mandato di includere le sorgenti naturali come partedell’esposizione professionale mettendo tra l’altro inevidenza il problema della esposizione degli equipaggidi volo ai raggi cosmici. A seguito di queste raccoman-dazioni, la Commissione della Comunità Europea hapromosso e finanziato diverse iniziative, quali:- Realizzazione di un gruppo di lavoro EURADOS perla raccolta e la valutazione dei dati esistenti sulla espo-sizione ai raggi cosmici in alta quota;- Programmi multinazionali di ricerca per la messa apunto e la calibrazione di strumentazione avanzata conparticolare riferimento a quella per i neutroni e le par-ticelle cariche pesanti.Grazie a questi programmi di ricerca, è stato possibilerealizzare presso l’ANPA (ora ISPRA) un sistema mul-tiplo di rivelazione (ANPA-Stack) per misure in volo,sfruttando tecnologie, sviluppate (e/o brevettate)all’ENEA negli anni settanta e ottanta. Finalmente conquesto stack è stato possibile raccogliere dati su esposi-zioni ai raggi cosmici, quali quelle in alta montagna(Cervino) e a diverse altitudini in atmosfera (Pallonisonda, Concorde, voli commerciali).Sempre a seguito di dette raccomandazioni ICRP,l’ispettorato Medico Centrale del Ministero Lavoro hachiesto la collaborazione dell’allora ANPA per la valu-tazione della esposizione del personale di volo dellacompagnia di bandiera.A tal fine è stata organizzata una campagna di misuresui voli dell’Alitalia, utilizzando simultaneamente isistemi di rivelazione più avanzati sia di tipo attivo chepassivo.

INTRODUZIONELa Commissione Internazionale per la ProtezioneRadiologica (ICRP) sin dal 1991 (ICRP-60) ha racco-mandato di includere le sorgenti naturali come partedell’esposizione professionale mettendo in evidenza inparticolare il problema della esposizione degli equipag-gi di volo ai raggi cosmici.Le suddette raccomandazioni dell’ICRP sono stateadottate dalla Direttiva CEE 96/29/EURATOM che, tral’altro, disponeva che ciascun Stato membro adottasse

le misure necessarie affinché le società di navigazioneaeree tenessero conto dell’esposizione alle radiazionicosmiche del personale navigante, la cui dose potrebbesuperare il valore di un millesimo di Sievert (1 mSv)all’anno.Per poter ottemperare alle nuove Direttive dell’UnioneEuropea, l’ANPA, dietro richiesta anche del Ministerodel Lavoro e con la collaborazione dell’Alitalia ha pro-mosso una campagna di misure per valutare le dosi alpersonale di bordo.Per la campagna di misure della esposizione del perso-nale di volo ai raggi cosmici è stato necessario l’uso distrumentazione molto avanzata, resa disponibile graziealla collaborazione con il Dublin Institute for AdvancedStudies (DIAS), i Laboratori Nazionali di Frascati(INFN), la Universitat des Saarlandes (USAAR) e ilDipartimento di Costruzioni Meccaniche e Nuclearidell’Università di Pisa (Curzio et al., 2001).Uno dei problemi più complessi per la determinazionedella esposizione del personale di volo è la misura dellacomponente di neutroni di alta energia e delle particel-le di carica ed energia elevata (Menzel, 1993).A tal fine sono stati sviluppati dei nuovi sistemi di rive-lazione in stretta collaborazione con il Dublin Institutefor Advanced Studies (Curzio et al., 2001).

RADIAZIONE COSMICAIl termine radiazione cosmica viene utilizzato indiffe-rentemente sia per la radiazione di origine galattica chequella di origine solare, cioè radiazioni provenienti dadue sorgenti molto diverse tra loro.Radiazione di Origine GalatticaLa radiazione cosmica di origine galattica è costituitada protoni di alta energia (85%), nuclei di elio (12%),nuclei pesanti (1%) ed elettroni (2%).Queste radiazioni provengono da sorgenti presenti nellanostra galassia all’esterno del sistema solare. Nell’ulti-mo miliardo di anni, il flusso di queste particelle galat-tiche che arriva sull’atmosefra terrestre è cambiato sol-tanto di un fattore 2 (Reitz, 1993).Prima di arrivare sulla superficie terrestre i raggicosmici devono interagire con il campo magneticoassociato al vento solare, eruzioni solari, con il campomagnetico terrestre e con l’atmosfera terrestre.Come risultato di queste interazioni, la intensità della

RADIAZIONE COSMICA: CAMPAGNE DI MISUREALLE ALTITUDINI DI VOLO

Luigi TommasinoAgenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, Roma

e-mail: [email protected]

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radiazione cosmica dipende dalla latitudine, dall’altitu-dine e dalla attività solare.Una volta entrate nell’atmosfera, le particelle primarieinteragiscono con gli atomi e le molecole dell’aria eproducono la radiazione cosmica secondaria, costituitaprincipalmente da neutroni, protoni, pioni ed i loro pro-dotti di decadimento (muoni, elettroni, raggi gamma eneutrini).Radiazioni di Origine SolareIl sole ha una attività intensa e permanente durante laquale emette radiazioni corpuscolari ed elettromagneti-che (vento solare) di bassa energia e quindi poco pene-trante nell’atmosfera. Questa attività solare è caratteriz-zata da un ciclo solare di circa 11 anni durante il qualesi verificano delle eruzioni solari, costituite da improv-vise esplosioni sulla superfice del sole con enorme rila-scio di energia.Le eruzioni più importanti avvengono alla fine delperiodo di massima attività solare.Solo raramente durante tali eruzioni le radiazioni giun-gono fino all’atmosfera terrestre e soltanto una piccolafrazione di queste ultime può aumentare l’esposizionealle altitudini dei voli commerciali.Contrariamente alla esposizione alla radiazione di ori-gine galattica, quella dovuta ad eruzioni solari è total-mente imprevedibile ed estremamente variabile. Essapuò essere valutata convenientemente in modo retro-spettivo.

DOSIMETRIA DELLA RADIAZIONE COSMICALe prime valutazioni di tipo dosimetrico delle radiazio-ni cosmiche sono state effettuate soltanto dopo laseconda guerra mondiale da Patterson et al (1959).L’interesse per la dosimetria della radiazione cosmicain atmosfera alle altitudini di volo nasce soprattutto conl’avvento del Concorde.La maggior parte dei dati di misura della radiazionecosmica alle altitudini di volo supersonico e subsonicoè stata raccolta in America e nell’ex Unione Sovieticatra il 1965 ed il 1972 (Bartlett et al., 1997).Nel 1992, l’EURADOS (Associazione Europea deiLaboratori di Dosimetria) in collaborazione con laCommissione delle Comunità Europee (DirezioneGenerale XI di Luxembourg) ha organizzato un gruppodi lavoro (WG XI) per la valutazione dei dati esistentisulla esposizione in alta quota e lo studio dei problemitecnici e scientifici concernenti la dosimetria del perso-nale di volo (McAulay et al., 1996).Questo gruppo di lavoro ha effettuato, tra l’altro, unarassegna dei dati sulla esposizione in alta quota esisten-ti fino a tutto il 1993.Una delle conclusioni più importanti del rapporto fina-le del gruppo di lavoro XI dell’EURADOS riguardavala necessità di ottenere informazioni più precise sulcontributo alla dose totale dovuto ai neutroni ed alleparticelle di carica ed energia elevata, HZE (McAulayet al., 1996).Per poter affrontare al meglio i suddetti problemi sonosorte diverse iniziative promosse e finanziate dallaCommissione delle Comunità Europee, quali:- Programmi multinazionali di ricerca per la messa apunto e la calibrazione di strumentazione avanzata con

fasci di neutroni e di particelle cariche pesanti;- Campagne di inter-confronto di strumentazione diver-sa con fasci di radiazione di alta energia, quali quellidel Centro Internazionale di ricerca (CERN) di Gine-vra, dell’Università di Uppsala (Svezia) e del PaulScherrer Institute (Svizzera).- Campagne di misure in alta montagna (Cervino) ed inatmosfera (Palloni sonda, Concorde, ecc).Campagna nazionale di misureA seguito della pubblicazione n° 60 dell’ICRP, l’Ispet-torato Medico Centrale del Ministero del Lavoro hachiesto la collaborazione dell’allora ANPA (oggiISPRA) per affrontare il problema della esposizione delpersonale di volo.A tal fine è stata organizzata una campagna di misuresui voli della Compagnia di Bandiera in cui l’ANPA.ha, tra l’altro, assicurato il supporto economico perl’assistenza a terra ed in volo delle squadre di misure.La strategia adottata nella campagna nazionale di misu-re della esposizione del personale di volo è stata quelladi utilizzare simultaneamente a bordo i sistemi di rive-lazione più avanzati sia di tipo attivo che passivo.L’uso simultaneo della strumentazione attiva o passivarichiede esposizioni per centinaia di ore di volo a causadella differenza di sensibilità di risposta dei diversisistemi di rivelazione.Questa campagna di misure ha richiesto uno sforzoorganizzativo e tecnico, che ha visto coinvolti, oltre allaCompagnia di Bandiera, i Laboratori Nazionali di Fra-scati (INFN), il Dublin Institute for Advanced Studies(DIAS), la Universitat des Saarlandes e il Dipartimen-to di Costruzioni Meccaniche Nucleari dell’Universitàdi Pisa (Curzio et al., 2001).I sistemi di rivelazione utilizzati sono stati sviluppati(e/o messi a punto) dagli stessi laboratori che hannopartecipato alla campagna. Essi si dividono in due cate-gorie, quali:Sistemi Attivi:-Extended Rem-Counter (LINUS) - Sviluppato neilaboratori del’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare(Birattari et al., 1998).-Tissue Equivalent Proportional Counter - TEPC-HANDI - Sviluppato per misure in volo dalla Universi-tat des Saarlandes (USAAR) - Germania (Kunz et al.,1992).Sistemi Passivi:-Stack ANPA. - Sviluppato migliorando tecnologie diconcezione ENEA per la rivelazione dei neutroni di altaenergia ed utilizzando i rivelatori a bolle di tipo passi-vo per i neutroni di bassa energia (Tommasino et al.,1996).-Stack DIAS- Sviluppato dal Dublin Institute forAdvanced Studies (D.I.A.S.), utilizzando sistemi didosimetria spaziale (Byrne et al, 1995).Altri sistemi utilizzati sono formati da dosimetri a bolledi tipo attivo per i neutroni di bassa energia, resi dispo-nibili dal Dipartimento di Costruzioni Meccaniche eNucleari dell’Università di Pisa (Apfel e Roy, 1984)nonché camere a ionizzazione del tipo Reuter Stokes,materiali termoluminescenti, ecc. La campagna dimisure è stata effettuata nel periodo settembre 1995-luglio 1997 su aerei diversi su rotte di lungo raggio a

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diverse latitudini. Questo periodo corrisponde ad unafase di minimo solare, in cui l’intensità della radiazio-ne cosmica di origine galattica è massima.Per ottenere esposizioni di centinaia di ore sono statenecessarie decine di voli per ogni rotta.La strumentazione è stata accesa soltanto ad altitudinisuperiori a 8 km, non solo perché la intensità dei raggicosmici diventa significativa ad altitudini elevate, maanche per evitare l’uso degli strumenti durante la fasedi decollo e di atterraggio.Risultati della Campagna NazionaleI risultati ottenuti con la strumentazione attiva, sono intermini di ratei di dose (dovuta sia alle radiazionidebolmente ionizzanti-bassoLET che a quelle altamen-te ionizzanti-alto LET) in funzione dell’altitudine e lati-tudine, mentre quelli concernenti i sistemi passivi rap-presentano il valore della dose integrata (per le stesseradiazioni a basso e alto LET) su tutto il periodo diesposizione. La Tabella 1 riporta i valori medi del rateodi dose (equivalente di dose ambiente) ottenuti rispetti-vamente lungo le rotte Milano-Los Angeles, Milano-Tokio e Roma-Rio de Janeiro. Essendo i sistemi passi-vi (Stack ANPA. Stack DIAS) ed il Linus sensibili pre-ferenzialmente ai neutroni, per ottenere il rateo totale didose, la componente non neutronica è stata determina-ta con i dosimetri a termoluminescenza.Come risulta da detta tabella, l’accordo tra le diversemisure è particolarmente buono, soprattutto se si consi-dera che i sistemi dosimetrici sfruttano principi di rive-lazioni diversi e sono state calibrate con procedure efasci di radiazioni altrettanto diversi.Misure effettuate con lo stack ANPAL’esposizione simultanea di strumenti diversi a bordodegli aerei è necessaria per confrontare la loro rispostadirettamente in campo.Una volta effettuato questo confronto, uno qualsiasi deisistemi di rivelazione calibrato in volo può essere suffi-ciente per effettuate le misure.Pertanto è stato possibile effettuare campagne di misu-re su rotte diverse di breve e lungo raggio utilizzandosoltanto lo Stack ANPA.Le caratteristiche di semplicità (nessuna assistenza tec-nica a bordo), compattezza, basso peso, assenza di ali-mentazione, consentono la esposizione dello Stack inuna moltitudine di rotte e posti diversi, potendo sfrutta-re, tra l’altro, il supporto dei piloti, del personale dicabina, dei colleghi dell’ANPA in viaggio per ragioni dilavoro, nonchè lo stesso servizio di posta celere.In particolare, gli Stack ANPA sono stati esposti sulpallone sonda a 50 Km di altitudine, sul Concorde, sumontagne a latitudini ed altitudini diverse, su voliRoma-Rio de Janeiro e Roma-Los Angeles, su rottediverse in ambito europeo ed internazionale, al livellodel mare (aeroporto di Fiumicino), ecc..I dati di maggiore interesse ai fini della valutazionedella esposizione del personale di volo ai raggi cosmicivengono riportati nella Tabella 2.Questi dati riguardano il rateo medio di dose e le dosiannuali ricevute dal personale di volo rispettivamentesul Concorde, sulla rotta Milano-Tokio, nonchè sui volitranseoceanici di lunga durata (> 6h) e sui voli di brevedurata (< 1h).

Nella stessa tabella viene riportata la dose di raggicosmici ricevuta al livello del mare in un anno, deter-minata esponendo lo Stack ANPA. nell’area tecnicadell’areoporto di Fiumicino.La dose ricevuta in un anno dal personale di volo è datadal prodotto del rateo medio di dose per il numero diore di volo al di sopra di 8 km, riportate in parentesinella prima colonna della tabella 2. Nella stessa colon-na viene riportato il numero di block hours, cioè ilnumero totale di ore trascorse all’interno dell’aereo,incluse quelle durante la sosta in pista a sportellonichiusi.Da questi dati risulta che le esposizioni occupazionalidel personale di volo della compagnia di bandiera sonotutte comprese tra 1mSv/anno e 6 mSv/anno per 700ore di volo.

Particelle di carica (Z) e di energia (E) elevata (H) -Particelle HZE.Le particelle HZE sono formate da nuclei di carica Z³2in grado di penetrare almeno un millimetro di tuta spa-ziale.In particolare sono i nuclei più pesanti (Z≥10) che pon-gono i problemi più complessi dal punto di vista radio-protezionistico, soprattutto per quel che riguarda inuclei del gruppo del ferro che contribuiscono per il50% alla dose totale di queste particelle (Wilson et al.,1995). L’interesse per questi nuclei pesanti è determi-nato dal fatto che i meccanismi di danno radiobiologi-co potrebbero essere diversi da quelli prodotti da altritipi di radiazione, ivi inclusi i neutroni che interagisco-no con il tessuto producendo particelle di carica Z<10 edi energia relativamente bassa. Con questi ioni pesanti,una quantità talmente elevata di energia viene deposita-ta in prossimità della loro traccia da inattivare la mag-gior parte delle cellule attraversate soprattutto negliultimi mm della traccia stessa. Pertanto il rischio radio-logico non può essere valutato utilizzando le grandezzedosimetriche convenzionali e devono essere presi inconsiderazione gli effetti di ogni singola traccia (Cur-tis, 1987), che può produrre una microlesione, formatada una colonna di cellule inattivate lungo la traccia cir-condate da cellule irraggiate ma sopravvissute (Toddand Walker, 1984).I modelli esistenti per la valutazione del flusso delleparticelle HZE a diverse altitudini sono poco accuratiper la scarsità di dati sulle interazioni di queste parti-celle con l’atmosfera (Wilson et al., 1995). Per ottene-re una valutazione accurata del flusso di queste parti-celle sono stati fatti sforzi notevoli (anche grazie al sup-porto della Commissione Europea) sia per lo sviluppodi strumentazione adeguata che per le campagne dimisure ad altitudini diverse (Pallone sonda, Concorde,ecc.).In particolare, un sistema a scansione molto rapida èstato realizzato in collaborazione con il DIAS per ladeterminazione delle particelle HZE con Z≥10 (Byrneet al., 1975)).Questo sistema di rivelazione è stato esposto per 50 oresu un pallone sonda a 40 Km di altitudine, per 350 oresul Concorde e per circa 1000 ore sui voli Alitalia lungola tratta Milano-Los Angeles.

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Nella esposizione sul pallone sonda sono state rivelatecirca 50 particelle di carica Z≥10 su un’area di rivela-zione di 225 cm2, mentre sul Concorde è stato rivelatoun solo evento sulla stessa area di rivelazione per untotale di 350 ore di esposizione.Nessuna di queste particelle è stata rivelata sui voli sub-sonici. La probabilità di trovare particelle di caricaZ≥10 alle altitudini dei voli subsonici è risultata estre-

mamente bassa, per cui il rischio radiologico si puòritenere trascurabile.

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LA RADIAZIONE COSMICA ELA RADIOPROTEZIONECarlo Sabbarese*, Francesco Schillirò**

*Dip. Matematica e Fisica - Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli"**Medico Autorizzato - Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli

e-mail: [email protected]; [email protected]

RiassuntoLe radiazioni cosmiche sono ionizzanti in quanto dota-te di sufficiente energia da poter ionizzare gli atomi (ole molecole) della materia che investono. L’uomo oltrealla radioattività di origine terrestre è soggetto anche aquella di origine extraterrestre specialmente quando sisposta con voli aerei ad elevate quote. Nel presentecontributo vengono evidenziate le caratteristiche di taliradiazioni ai fini della radioprotezione del personaleimpiegato nei voli commerciali.

La radiazione cosmicaLa radiazione cosmica è costituita da radiazioni di natu-ra corpuscolare ed elettromagnetica di elevata energiache investono la Terra e tutti gli altri corpi presentinello spazio. Essa ha origine sia nella nostra galassia(componente galattica) che al di fuori (componenteextragalattica). L’elevata energia della radiazione è giu-stificata con la presenza di una graduale accelerazionedovuta a ripetute deviazioni subite in regioni di plasmainterstellari in cui sono presenti elevati campi magneti-ci ed anche con l’esplosione di una supernova che dàorigine ad un plasma nel quale le particelle possonoraggiungere velocità molto elevate. La radiazionecosmica è isotropa nello spazio ed ha una composizio-ne spettrale molto variegata per la diversa origine enatura. La densità di energia dei raggi cosmici nellanostra galassia e di circa 1eV/cm3.Dopo la scoperta al livello del mare da parte di V.G.Hess, l’investigazione diretta della radiazione cosmicainiziò nel 1940 con contatori Geiger e rivelatori ademulsioni nucleari posti su palloni che raggiungevanoquote di oltre 20 km. Tali studi, poi effettuati con satel-liti, hanno fornito finora tantissime ed importantissimeinformazioni sulla costituzione e sulle proprietà del-l’Universo, ed ancora continuano a fornire nuove infor-mazioni da capire ed interpretare. Il flusso di particellecariche e neutre di elevata energia di origine extraterre-stre prima di arrivare sulla superficie della Terra intera-gisce con le particelle dell’atmosfera e con il campomagnetico terrestre dando vita a radiazione secondaria.Dallo studio della radiazione cosmica secondaria si è

pervenuti alla scoperta ed alla conoscenza delle caratte-ristiche della radiazione cosmica primaria che includeanche particelle aventi energie elevatissime; esistonoparticelle aventi un’energia di un miliardo di volte mag-giore di quella che si riesce a produrre con i moderniacceleratori di particelle (cioè dell’ordine di 1019 eV).Fra queste particelle secondarie sono particolarmenteimportanti i neutroni e i protoni (che ripetono, conminore energia, lo stesso tipo d’interazione originandola componente nucleonica), i pioni carichi e pioni neu-tri. I pioni carichi interagiscono con nuclei o si disinte-grano in muoni e neutrini; i muoni interagiscono pochis-simo con i nuclei dell’atmosfera e possono attraversareanche grossi spessori di roccia. Ogni secondo circa duemuoni attraversano ogni centimetro quadrato dellasuperficie terrestre. I pioni neutri originano due raggigamma che interagendo con nuclei creano coppie elet-trone-positrone; questi elettroni creano altri gamma perbremsstrahlung e si ha, in tal modo, un processo di mol-tiplicazione del numero di particelle con energie decre-scenti (cascata elettrofotonica) e con uno sparpaglia-mento areale che può investire anche un’area dell’ordi-ne di qualche chilometro quadrato (sciame esteso).

Attività solareLa superficie della Terra, quindi, si trova immersa nellaradiazione cosmica secondaria oltre che dalla radiazio-ne proveniente direttamente dal Sole. La superficiesolare, infatti, durante i fenomeni di eruzioni o brilla-menti, associati all’attività delle macchie solari, emettegetti di particelle (elettroni, protoni e neutroni). Com'ènoto il Sole è attraversato da campi magnetici variabili.Quando due campi magnetici si sovrappongono e sifondono, creano una riconnessione magnetica che puòprodurre grosse emissioni di particelle energetiche.Questi sono i casi in cui si creano i brillamenti, le auro-re e le tempeste solari. La radiazione proveniente dalSole, avente energia tra 1 keV e 1 MeV, si distingue perla debole intensità e per la sua variabilità nel tempodovuta all’attività solare. Il Sole ha una normale e per-manente emissione di radiazioni (vento solare), chenormalmente è molto meno intensa di quella galattica,

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e presenta variazioni associate alle variazioni delcampo magnetico.L’attività solare ha una variabilità che segue un ciclo di11 anni ed assume un valore massimo e minimo nellaemissione del vento solare e nell’intensità del campomagnetico associato.L’attività solare fa da schermo alla radiazione galatticache, perciò, è più intensa nei periodi di bassa attivitàsolare e meno intensa nei periodi di elevata attivitàsolare malgrado le tempeste siano più frequenti.Intanto, sulla superficie terrestre si hanno delle eruzio-ni solari: circa 10 per anno (nel periodo di massimasolare) e circa una nel periodo di minima. Queste eru-zioni sparano protoni, alfa e ioni pesanti aventi energiafino a decine di GeV. Fortunatamente, solo circa il 3%di queste radiazioni raggiungono le quote di volo del-l’aviazione commerciale. Ma, bisogna tener presenteche possono avvenire eventi eccezionali (Solar storm)che inondano la Terra con uno straordinario flusso diradiazioni. Eventi di maggiore rilievo sono avvenuti il:1 settembre 1859 - la più potente esplosione solare

documentata23 febbraio 1956 - in prossimità dei poli a 12000 m di

quota, rateo di dose stimato di circa 10 mSv/h (ingenere è 10 microSv/h);

29-30 ottobre 2004 tempesta di livello S4 (Tabella).Per tale motivo l’agenzia americana National Oceano-graphic and Atmospheric Administration è stata incari-cata di prevedere le condizioni ambientali nello spazio,ossia di stabilire l’arrivo di tempeste solari, tempestegeomagnetiche e blackout radio e fornire una quantifi-cazione della loro entità attraverso scale numerate inlivelli (analoghi a uragani, tornado e terremoti) cheindicano la gravità in base agli effetti biologici, susatelliti artificiali e sui vari sistemi di comunicazione.Ci sono 5 scale NOAA, la minore è la S1, la maggioreS5. Per ogni livello della scala è indicata la frequenzadi eventi di quella gravità ed il valore della fluenza diioni di energia maggiore o uguale di 10 MeV/s/sterea-

diante/cm2 mediato su 5’.La previsione di fenomeni di livello S5 è particolar-mente utile perché può evitare l’assunzione di elevatedosi da parte di persone che viaggiano in aereo a quoteelevate.

Caratteristiche della radiazione nell’atmosferaterrestrePer porre le basi per un’adeguata radioprotezione, èopportuno approfondire le caratteristiche della radia-zione cosmica che arriva nell’atmosfera e sulla superfi-cie terrestre. Essa ha origine galattica e solare; normal-mente quella solare è in media 1/3 di quella galattica edè composta da protoni, elettroni e radiazioni elettroma-gnetica. La componente galattica è più importante perla radioprotezione ed è composta da :85%_di p con Emedia ≅300 MeV e Emax ≅1014 MeV;12% di alfa;2% di e-;1% di ioni pesanti.Il primo schermo per la Terra è l’azione del campomagnetico terrestre che curva la traiettoria delle parti-celle e impedisce a quelle con bassa energia di rag-giungere l’atmosfera terrestre. Per le caratteristiche delcampo magnetico terrestre, tale schermo è molto piùefficace nella zona equatoriale e diminuisce spostando-si verso i poli. Il secondo schermo è l’atmosfera. Laradiazione cosmica quando entra con l’atmosfera terre-stre interagisce con atomi e molecole e produce unaradiazione secondaria costituita principalmente da neu-troni, protoni, muoni elettroni, raggi gamma, neutrini enuclei pesanti. Quindi, radiazioni a basso LET (LinearEnergy Transfer) quali i gamma, elettroni, protoni emuoni, e radiazioni ad elevato LET quali i neutroni edi nuclei pesanti. La componente secondaria in funzionedella quota ha un massimo intorno ai 20 km di altitudi-ne; e, quindi decresce sia verso la superficie terrestresia fino a circa 50 km, altitudine dopo la quale rimaneabbastanza costante.

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Radioprotezione e normativa

La normativa italiana di radioprotezione che ha recepi-to la direttiva Euratom n. 29 del 1996 è Art.10 D.Lgs230/95, integrato dal D. Lgs. 241/00 e dal D. Lgs.257/01, al comma 2 lettera b) prescrive alle compagniearee di: “ fornire al personale pilota istruzioni sullemodalità di comportamento in caso di aumentata attivi-tà solare, al fine di ridurre, per quanto ragionevolmenteottenibile, la dose ai lavoratori”.Inoltre, ad una Sezione speciale della CommissioneTecnica per le esposizioni a sorgenti naturalidi radiazioni il compito di “formulare indicazioni per lasorveglianza e per gli interventi di radioprotezione aifini dell’adozione di eventuali provvedimenti per il per-sonale navigante”.Il personale che effettua voli a quote non inferiori a8000 m, deve essere considerato professionalmenteesposto. I lavoratori vengono in genere classificati incategoria B, in quanto sperimentalmente si è riscontra-to che ilrateo di dose non è superiore a 4microSv/h cheper mille ore di volo fornisce una dose di circa 4 mSv/a.Da ciò scaturisce che deve essere effettuata la sorve-glianza medica di radioprotezione dei lavoratori, e perquanto riguarda gli aerei viaggianti tra gli 8000 ed i15000 metri, bisogna effettuare valutazioni della doseattraverso codici di calcolo (il più utilizzato è chiamatoCARI6).

Bisogna anche misurare la dose ambientale (quantifica-ta con l’equivalente di dose ambientale Hp(10)) negliaerei che viaggiano a quote superiori a 15000 metri peravere dei dati sperimentali per ogni rotta che supporta-no e verificano i risultati dei codici di calcolo. La dosi-metria ambientale deve essere effettuata con dosimetria termoluminescenza (TLD) per X, gamma, elettroni,protoni, muoni. Per la rivelazione di neutroni di bassaenergia si usano rivelatori a bolle, mentre per energieintermedie, fino a 100keV, si usano rivelatori a traccenucleari (CR39) e per neutroni più energetici si usanorivelatori ad emulsioni nucleari.Per proteggere il personale di volo bisogna applicaretutte le precauzioni che tengono in conto le previsionimeteo, le quote e le tratte utilizzate, il tempo di volononché le misure dosimetriche.Ovviamente, un discorso a parte è per i voli esplorativi,dove è molto importante definire modalità, luogo diesplorazione e tempo di permanenza degli astronautiper una valutazione dei più elevati rischi ai quali sonosoggetti.

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RADIAZIONI Ricerca e Applicazioni Anno XV n. 1-2/2012