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G It Diabetol Metab 2015;35:90-112 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia 4° Congresso Nazionale Gruppo di Studio Interassociativo AMD-SID Piede Diabetico Roma, 19-21 febbraio 2015 Comitato Scientifico/Organizzativo: M.E. De Feo, L. Uccioli (Presidenti), A. Bruno, A. Chiavetta, R. Da Ros, L. Giurato, L. Mancini, G. Meloni, L. Rizzo follow-up di 724 gg (DS 275) non è stata osservata alcuna reci- diva ulcerativa mentre si è osservata un’ulcera da trasferimento su un metatarso adiacente. Conclusioni. Il lembo fasciocutaneo plantare di avanzamento può essere considerato un’opzione chirurgica sicura ed efficace nel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari considerando l’elevato tasso di guarigione, il corto periodo di guarigione e il basso rischio di recidiva ulcerativa. Approccio chirurgico plantare e stabilizzazione con fis- satore esterno nel trattamento dell’osteomielite medio- tarsale del piede di Charcot ulcerato Caravaggi C, Sganzaroli A,Bona F, Sacchi G, Scotti A, Fattori M, Cassino R, Simonetti D Centro per lo Studio e la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli- nico Citta Studi, Milano La neuroartropatia di Charcot del mesopiede si caratterizza per una severa deformità e instabilità del mesopiede con inversione della volta plantare e protrusione plantare ossea. Queste defor- mità, benché alloggiate in calzature protettive con suola rigida e plantari su misura, possono evolvere in lesioni ulcerative plantari recidivanti che possono complicarsi con infezioni delle ossa del mediotarso che pongono il paziente a rischio di amputazione maggiore. Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un ap- proccio chirurgico plantare transulcerativo di bonifica del focolaio osteomielitico e stabilizzazione del mesopiede con fissatore esterno nell’osteomielite mediotarsale del piede di Charcot cro- nico ulcerato. Materiale e metodi. Nel periodo da dicembre 2009 ad agosto 2014 sono stati trattati 16 pazienti giunti alla nostra osservazione poiché affetti da neuroatropatia di Charcot di mesopiede con ul- cera plantare cronica ed esposizione ossea mediotarsale. In tutti i pazienti era stata posta indicazione all’amputazione prossimale di piede o di gamba. Tutti i pazienti presentavano un quadro va- scolare normale con presenza dei polsi periferici. I pazienti sono stati sottoposti ad accertamenti radiologici (radiografia standard del piede ed RMN) per valutare l’entità del processo osteomieli- tico. È stato eseguito un primo step chirurgico consistente in Riassunti – Comunicazioni orali Lembo fasciocutaneo quadrato plantare di avanza- mento nel trattamento delle ulcere plantari diabetiche non infette Caravaggi C 1 , Ferraresi R 2 , Sganzaroli A 1 , Bona F 1 , Galenda P 3 1 Centro Interdipartimentale per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Clinico Città Studi, Milano; 2 Servizio di Radiologia In- terventistica Periferica, Istituto Clinico Humanitas Gavazzeni, Bergamo; 3 Centro per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli- nico Humanitas Gavazzeni, Bergamo L’apparecchio deambulatorio di scarico, indicato come tratta- mento di prima scelta nelle ulcere neuropatiche plantari non è stato ampiamente usato a causa della scarsa compliance dei pa- zienti e degli elevati rischi di effetti collaterali quali la comparsa di lesioni ulcerative e infezioni. Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un lembo fasciocutaneo plantare di scorrimento nel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari. Materiale e metodi. Dal dicembre 2012 al febbraio 2013 ab- biamo consecutivamente arruolato 23 pazienti con lesioni ulce- rative profonde neuropatiche o neuroischemiche. Nove pz sono stati sottoposti a PTA e 18 pz a trattamento chirurgico osseo come segue: a) 10 rimozioni di teste metatarsali; b) 3 osteotomie distali di sollevamento; c) 2 resezioni dell’articolazione metatarso- falangea del I raggio con stabilizzazione con filo di K; d) 1 eso- stectomia plantare; e) 1 sesamoidectomia; f) 1 calcanectomia parziale. In tutti i pz è stato scolpito un lembo fasciocutaneo plan- tare di copertura della lesione ulcerativa. Due pz sono stati esclusi dall’analisi statistica poiché hanno sottoposto a carico il piede operato nei primi giorni dopo l’intervento. Risultati. È stato osservato un tasso di guarigione del 100% nei rimanenti 21 pz. In 15 pz (71,5%) abbiamo osservato una guari- gione per prima intenzione mentre in 5 pz (24%) per seconda in- tenzione e in un pz (4,5%) dopo revisione chirurgica. Il tempo di guarigione per prima intenzione è stato di 30 gg (DS 13), in caso di guarigione per seconda intenzione di 86 gg (DS 40) mentre il tempo di guarigione totale è stato di 44 gg (DS 31). Durante un

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  • G It Diabetol Metab 2015;35:90-112

    Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

    4° Congresso Nazionale Gruppo di Studio InterassociativoAMD-SID Piede DiabeticoRoma, 19-21 febbraio 2015Comitato Scientifico/Organizzativo: M.E. De Feo, L. Uccioli (Presidenti), A. Bruno, A. Chiavetta, R. Da Ros, L. Giurato, L. Mancini, G. Meloni, L. Rizzo

    follow-up di 724 gg (DS 275) non è stata osservata alcuna reci-diva ulcerativa mentre si è osservata un’ulcera da trasferimentosu un metatarso adiacente.Conclusioni. Il lembo fasciocutaneo plantare di avanzamentopuò essere considerato un’opzione chirurgica sicura ed efficacenel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari considerandol’elevato tasso di guarigione, il corto periodo di guarigione e ilbasso rischio di recidiva ulcerativa.

    Approccio chirurgico plantare e stabilizzazione con fis-satore esterno nel trattamento dell’osteomielite medio-tarsale del piede di Charcot ulcerato

    Caravaggi C, Sganzaroli A, Bona F, Sacchi G, Scotti A, FattoriM, Cassino R, Simonetti D

    Centro per lo Studio e la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli-nico Citta Studi, Milano

    La neuroartropatia di Charcot del mesopiede si caratterizza peruna severa deformità e instabilità del mesopiede con inversionedella volta plantare e protrusione plantare ossea. Queste defor-mità, benché alloggiate in calzature protettive con suola rigida eplantari su misura, possono evolvere in lesioni ulcerative plantarirecidivanti che possono complicarsi con infezioni delle ossa delmediotarso che pongono il paziente a rischio di amputazionemaggiore.Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un ap-proccio chirurgico plantare transulcerativo di bonifica del focolaioosteomielitico e stabilizzazione del mesopiede con fissatoreesterno nell’osteomielite mediotarsale del piede di Charcot cro-nico ulcerato.Materiale e metodi. Nel periodo da dicembre 2009 ad agosto2014 sono stati trattati 16 pazienti giunti alla nostra osservazionepoiché affetti da neuroatropatia di Charcot di mesopiede con ul-cera plantare cronica ed esposizione ossea mediotarsale. In tuttii pazienti era stata posta indicazione all’amputazione prossimaledi piede o di gamba. Tutti i pazienti presentavano un quadro va-scolare normale con presenza dei polsi periferici. I pazienti sonostati sottoposti ad accertamenti radiologici (radiografia standarddel piede ed RMN) per valutare l’entità del processo osteomieli-tico. È stato eseguito un primo step chirurgico consistente in

    Riassunti – Comunicazioni orali

    Lembo fasciocutaneo quadrato plantare di avanza-mento nel trattamento delle ulcere plantari diabetichenon infette

    Caravaggi C1, Ferraresi R2, Sganzaroli A1, Bona F1, Galenda P3

    1Centro Interdipartimentale per la Cura del Piede Diabetico,Istituto Clinico Città Studi, Milano; 2Servizio di Radiologia In-terventistica Periferica, Istituto Clinico Humanitas Gavazzeni,Bergamo; 3Centro per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli-nico Humanitas Gavazzeni, Bergamo

    L’apparecchio deambulatorio di scarico, indicato come tratta-mento di prima scelta nelle ulcere neuropatiche plantari non èstato ampiamente usato a causa della scarsa compliance dei pa-zienti e degli elevati rischi di effetti collaterali quali la comparsa dilesioni ulcerative e infezioni.Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di unlembo fasciocutaneo plantare di scorrimento nel trattamento delleulcere neuropatiche plantari.Materiale e metodi. Dal dicembre 2012 al febbraio 2013 ab-biamo consecutivamente arruolato 23 pazienti con lesioni ulce-rative profonde neuropatiche o neuroischemiche. Nove pz sonostati sottoposti a PTA e 18 pz a trattamento chirurgico osseocome segue: a) 10 rimozioni di teste metatarsali; b) 3 osteotomiedistali di sollevamento; c) 2 resezioni dell’articolazione metatarso-falangea del I raggio con stabilizzazione con filo di K; d) 1 eso-stectomia plantare; e) 1 sesamoidectomia; f) 1 calcanectomiaparziale. In tutti i pz è stato scolpito un lembo fasciocutaneo plan-tare di copertura della lesione ulcerativa. Due pz sono stati esclusidall’analisi statistica poiché hanno sottoposto a carico il piedeoperato nei primi giorni dopo l’intervento.Risultati. È stato osservato un tasso di guarigione del 100% neirimanenti 21 pz. In 15 pz (71,5%) abbiamo osservato una guari-gione per prima intenzione mentre in 5 pz (24%) per seconda in-tenzione e in un pz (4,5%) dopo revisione chirurgica. Il tempo diguarigione per prima intenzione è stato di 30 gg (DS 13), in casodi guarigione per seconda intenzione di 86 gg (DS 40) mentre iltempo di guarigione totale è stato di 44 gg (DS 31). Durante un

  • Congresso AMD-SID Piede Diabetico

    un’ampia ulcerectomia plantare con scheletrizzazione del me-diotarso e ampia resezione ossea cuneiforme sino a raggiungespongiosa ossea apparentemente sane e sanguinante. È stataeseguita biopsia ossea per esame colturale e istologico. È stataimpostata terapia antibiotica empirica con piperacillina-tazobac-tam 16 mg/die e daptomicina 8 mg/kg/die. Dopo circa 7 gg dimedicazioni giornaliere con zaffo di garza iodoformica è statoeseguito l’intervento chirurgico definitivo di revisione chirurgicadella lesione plantare e stabilizzazione di mesopiede e di cavigliacon fissatore esterno Hofmann III. È stata in seguito modificata laterapia antibiotica secondo il risultato dell’esame colturale che ilpaziente ha proseguito per 3 mesi dopo la dimissione. Dopo tremesi il fissatore esterno è stato rimosso e il paziente ha ripreso adeambulare con calzature a suola rigida di protezione e plantarisu calco.Risultati. Nel periodo di trattamento si è osservata la completaguarigione di 14 pazienti (87%) mentre in due pazienti (13%) perla progressione dell’infezione ossea è stato necessario eseguireun’amputazione di gamba. Nel periodo di follow-up non è stataosservata una ripresa del processo infettivo.Conclusioni. L’approccio chirurgico aggressivo plantare del-l’ostemielite mediotarsale del piede di Charcot cronico ulceratopermette un elevato tasso di guarigione riducendo drasticamenteil rischio di amputazione maggiore.

    L’estensione e il grading della osteomielite non sonocorrelati alla prognosi in diabetici affetti da neuroartro-patia di Charcot complicata: studio prospettico di coorte

    Dalla Paola L, Carone A, Vasilache L, Principato MC, Patta-vina M

    UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care and Research, Cotignola (RA)

    Introduzione. L’osteoartropatia di Charcot (NAC) è una patolo-gia progressiva che può causare deformità, ulcerazione e, con-seguentemente, elevato rischio di amputazione.Materiale e metodi. Una coorte di diabetici affetti da NAC com-plicata da un esteso quadro di osteomielite del mesopiede e/oretropiede è stata arruolata e seguita prospetticamente. L’esten-sione dell’osteomielite era stata valutata con radiografia standarde risonanza magnetica nucleare. Obiettivo del trattamento chi-rurgico era l’eradicazione dell’osteomielite. Biopsie ossee multi-ple sono state ottenute durante il trattamento chirurgico e quindianalizzate dal laboratorio di anatomia patologica. Sono state ana-lizzate la percentuale di guarigione in relazione all’estensione egrading dell’osteomielite.Risultati. Da gennaio 2010 a maggio 2014 sono stati arruolati etrattati 33 pazienti diabetici consecutivi (21 maschi e 12 femmine)con NAC complicata. La localizzazione della NAC, secondo laclassificazione di Frykberg e Sanders era: classe I 1 paziente(3,03%), classe II-III 21 pazienti (63,64%), classe IV 11 pazienti(33,33%). Il numero medio di segmenti ossei coinvolti dall’osteo-mielite era 3,18 ± 1,74. Durante la procedura chirurgica sono statiottenuti multipli campioni ossei per l’analisi istologica. Il gradingdella osteomielite era: grado 1 in 11 pazienti (33,33%), grado 2in 7 pazienti (21,21%), grado 3 in 4 pazienti (12,12%), grado 4 in11 pazienti (33,33%). Il follow-up medio è stato di 409,35 ±154,06 giorni. Trenta pazienti sono guariti (90,91%). Tre pazientisono deceduti durante il follow-up per cardiopatia ischemica ecerebrale (2 pazienti) e per neoplasia (1 paziente). Nessuna diffe-renza nei tempi medi di guarigione, nel numero medio di inter-venti chirurgici è stata evidenziata tra i pazienti.Discussione. In questa coorte di pazienti diabetici affetti da NACe osteomielite abbiamo ottenuto un’elevata percentuale di salva-taggio d’arto. Tale risultato è stato ottenuto nonostante un esteso

    coinvolgimento osteomielitico del mesopiede/retropiede. La lo-calizzazione, il grading e la diffusione dell’osteomielite non sonorisultati correlati agli outcome clinici nella popolazione studiata.

    Nuova tecnica chirurgica per il trattamento conserva-tivo delle lesioni ulcerate del 1° raggio con coinvolgi-mento osteomielitico metatarsale in una popolazione disoggetti diabetici: studio prospettico di coorte

    Dalla Paola L, Carone A, Principato MC, Vasilache L, Patta-vina M

    UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care and Research, Cotignola (RA)

    Introduzione. Le lesioni ulcerate plantari con coinvolgimentoosteomielitico dell’articolazione metatarso-falangea del 1° raggiocostituiscono, nel piede diabetico, una comune localizzazione. Iltrattamento conservativo di tali lesioni è spesso difficile da piani-ficare e deve essere condotto attraverso un appropriato debri-dement sia della componente ossea sia dei tessuti molli.Materiale e metodi. In una coorte di 28 pazienti diabetici chepresentavano una lesione ulcerata con coinvolgimento osteo-mielitico dell’articolazione metatarso-falangea del 1° raggio(1^MTPJ), dopo la rimozione della lesione e del corrispondentesegmento osseo coinvolto, abbiamo posizionato uno spaziatorein cemento antibiotato e un fissatore esterno monoplanare perstabilizzare temporaneamente la sede di intervento.Risultati. La durata media del follow-up è stata di 12,2 ± 6,9 me-si. Nel corso del follow-up 27 pazienti (96,43%) sono guariti. Ven-tiquattro pazienti sono guariti senza evidenziare recidive ulcerativelocali o da trasferimento, problematiche di ortesizzazione o ano-malie del passo. Tre pazienti hanno sviluppato una recidiva ulce-rativa dopo tale procedura chirurgica. Nel periodo postoperatorioun paziente (3,57%) ha presentato la deiscenza del sito chirurgicoed è stato sottoposto a revisione locale e re-intervento. Duranteil follow-up, dopo la guarigione, 2 pazienti (7,14%) hanno pre-sentato recidiva ulcerativa secondaria a dislocazione del cementoosseo. L’approccio chirurgico è consistito nella revisione con ri-mozione e riposizionamento dello spaziatore e del fissatoreesterno temporaneo (1 paziente) e artrodesi con viti cannulate (1 paziente). Un paziente (3,57%) in seguito a recidiva di ischemiacritica è stato sottoposto a nuova procedura di rivascolarizza-zione e ad amputazione transmetatarsale.Conclusioni. Il nostro studio evidenzia l’efficacia di questa tec-nica chirurgica one-step per il trattamento di lesioni ulcerative concoinvolgimento osteomielitico della 1^MTPJ in pazienti diabetici.

    Protocollo clinico-strumentale di confronto statisticodella gestione dell’ipercarico plantare tra ortesi realiz-zate con tecnica CAD-CAM e da calco in pazienti condiabete

    D’Amico M1, Roncoletta P1, Vermigli C2, Gnaldi Coleschi A3,Ceppitelli C2, Notarstefano F2

    1SMART LAB, Bioengineering & Biomedicine Company Srl,Pescara; 2SC Misem, Dipartimento di Medicina Interna, Uni-versità degli Studi di Perugia, Perugia; 3Divisione Ecotechno-logy, Ecosanit, Anghiari (AR)

    Introduzione. Scopo del presente lavoro pilota è stato quello diidentificare un protocollo e una rigorosa procedura quantitativo-statistica per permettere il confronto tra le performance ottenuteda ortesi plantari progettate e realizzate: con metodo tradizionalee con metodo CAD-CAM.

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  • Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

    Metodo. Nel protocollo sperimentale è stato utilizzato lo stru-mento baropodometrico a solette multisensore Pedar (NovelGmbh), il sistema CAD-CAM Ecoplan SI (Ecosanit Ecotechno-logy) e appositi sandali che permettevano alternativamente l’in-serimento di una suola neutra o di plantari realizzati su misura perciascun paziente. Sono stati valutati 30 pazienti: età > 18 anni;diabete mellito con associata neuropatia sensitivo-motoria peri-ferica e ipercarico plantare o con pregresse lesioni ulcerative neu-ropatiche plantari. Tutti i pazienti sono stati valutati in 2 tempi. Alt0 sono state rilevate: impronta dei piedi con schiuma fenolica,aree di ipercheratosi/rischio ulcerazione con carta millimetrata,analisi baropodometrica durante il cammino a cadenza control-lata con sandali con soletta neutra. Sono stati richiesti un minimodi 24 appoggi per singolo piede determinato come il numero di ap-poggi validi necessari, imponendo una potenza del test P = 80%significatività a = 99% per individuare differenze significative tra lemedie pari al livello di una deviazione standard del campione rap-presentativo della popolazione. Da tutti gli appoggi sono statecalcolate le medie delle distribuzioni di picco su cui è stata effet-tuata tutta l’analisi statistica. Dall’impronta sono state realizzatedue paia di plantari per ogni paziente con metodo tradizionale econ metodo CAD-CAM con i quali al tempo t1 è stato effettuatoun secondo esame baropodometrico, analogo a quello effettuatoal t0. L’analisi statistica è stata condotta in due fasi successive:paired t-test intra-individuale tra le medie delle mappe di picconelle tre condizioni a livello del singolo sensore per determinarel’azione indotta dai due tipi di plantare sulle aree di rischio risul-tate statisticamente maggiori di 200KPa (p < 0,05). L’estensionedelle aree di rischio dei 30 soggetti è stata raggruppata, per cia-scuna delle tre condizioni considerate, ed è stato applicato untest ANOVA, a una via su misure ripetute separatamente per cia-scun piede.Risultati. Per tutti i soggetti si è rilevato che l’uso di un plantarecorrettivo determina una riduzione statisticamente significativadelle estensioni delle regioni a rischio ulcerazione. I due testANOVA sono risultati entrambi statisticamente significativi (DX p < 1e-9) (SX p < 3e-12). I confronti post hoc confermano una mi-gliore performance dei plantari progettati e realizzati con tecnicaCAD-CAM rispetto a quelli progettati da calco con tecnica ma-nuale tradizionale (DX p < 0,0083, SX p < 0,0055).Conclusioni. Da questo studio pilota risulta evidente che il proto-collo di acquisizione ed elaborazione sviluppati sono idonei ed ef-ficaci per impostare un lavoro di confronto quantitativo-statisticosulle performance correttive di ortesi plantari di differente tipo per-mettendo di rilevare: la superiorità statisticamente confermata del-l’approccio con progettazione e realizzazione CAD-CAM delleortesi plantari rispetto al metodo tradizionale con calco.

    Riduzione delle amputazioni in Italia e procedure di ri-vascolarizzazione: esiste un rapporto di causa effetto?

    De Bellis A1, Lombardo F2, Tedeschi A1, Seghieri G1, MagginiM2, Anichini R1

    1UO Diabetologia, USL 3, Pistoia; 2Centro Nazionale di Epi-demiologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma

    È noto che le procedure di rivascolarizzazione (arteriosa) agli artiinferiori nei pazienti con diabete mellito siano efficaci nel prevenirele amputazioni maggiori. Però ancora non è chiaro se esista unastretta correlazione tra la riduzione di amputazioni in Italia ottenutanell’ultimo decennio e l’incremento del numero di procedure dirivascolarizzazione. Obiettivo di questa analisi è testare l’ipotesi seesista una relazione fra i trend di amputazione in Italia e nelle sin-gole realtà regionali e il numero delle procedure di rivascolarizza-zione periferiche (REVP) agli arti inferiori nei pazienti diabetici neglianni 2003-2012.

    Metodi. Analisi retrospettiva del numero delle amputazioni in Ita-lia tra il 2003-2012 e il numero di REVP nello stesso periodo.Risultati. In Italia negli anni 2003-2012 il numero delle amputa-zioni agli arti inferiori nei pazienti diabetici (LEAs) appare essersiridotto: le amputazioni totali si sono ridotte da 3,6 per 1000 per-sone con il diabete a 2,7‰ (–23,4%), le amputazioni minori ri-dotte da 2,2 a 1,9‰ (–13,1%) e le maggiori da 1,2 a 0,7‰(38,1%) p < 0,001. Nello stesso periodo il numero totale delleprocedure di rivascolarizzazione progressivamente è incremen-tato: nel 2003, 4 persone su 1000 diabetici sono state sottopo-ste a REVP, di queste 2,5 ebbero un intervento di rivasco- larizzazione endoluminale (ER) mentre 1,4‰ furono sottoposte aprocedura chirurgica (SP); in confronto nel 2012 REVP furono4,7‰ di cui 4,1 furono ER e 0,6 SP. Il trend di incremento neglianni delle REVP è stato di: +61,3% per ER con un decrementodel –55% per SP. Nei diabetici sottoposti a REVP è stata riscon-trata una significativa differenza per sesso RR = 3 (maschi-fem-mine) e negli anni un progressivo invecchiamento (2003-2012)dei soggetti sottoposti a REVP (p < 0,01). Analizzando l’anda-mento regionale di amputazioni e di REVP non esiste una strettacorrelazione; infatti, vi sono ambiti regionali dove a un elevato nu-mero di REVP corrisponde un numero minore di amputazioni, maesistono anche andamenti intermedi e talvolta a un elevato nu-mero di REVP corrisponde un elevato numero di amputazionimaggiori superiori alla media nazionale. Inoltre anche dall’analisidelle regioni con minor numero di amputazioni (Toscana) vi sonoandamenti differenziati tra singole realtà territoriali e singoli ap-procci terapeutici.Conclusione. In Italia negli anni 2003-2012 il numero delle am-putazioni maggiori nei pazienti diabetici è significativamente ri-dotto, così come le procedure di rivascolarizzazione si sonoincrementate. Comunque sono necessari ulteriori studi e analisiper comprendere come e perché esistano andamenti differenziatisul territorio nazionale. Da questa analisi, inoltre, si evidenzia l’op-zione italiana nelle procedure vascolari periferiche con una nettaprevalenza di scelta nelle endoluminali in confronto con le proce-dure chirurgiche.

    Rivascolarizzazione e piede diabetico: differenze diesito a breve e lungo termine correlate al reparto di ri-covero

    De Feo ME1, Fico F1, Capece S2, Volpe FP1, De Simone R1, Pi-scopo G1, Cangiano G2

    1UOD Diabetologia, 2UO Radiologia Vascolare, AORN A. Car-darelli, Napoli

    Scopo. Il Piano Nazionale Diabete ipotizza che un miglioramentonella cura del “Piede diabetico” si possa ottenere se il pazientecon lesioni gravi viene tempestivamente e preferibilmente inviatoa strutture dedicate. Abbiamo voluto valutare eventuali differenzedi esito in termini di salvataggio d’arto, amputazione maggioree/o morte per i pazienti diabetici (D) con lesioni vascolari agli artiinferiori che giunti al PS del nostro ospedale venivano indirizzatia differenti reparti ma subivano un uguale trattamento di rivasco-larizzazione endoluminale agli arti inferiori presso un unico Servi-zio di Radiologia Vascolare.Metodi. Studio osservazionale retrospettivo. Tutti i D che dalgennaio 2008 al dicembre 2011 sono stati trattati, con esito im-mediato favorevole, presso il Servizio di Radiologia Vascolare delnostro ospedale sono stati valutati con un follow-up breve, a 3 mesi, e un follow-up a 24 mesi. I dati sono stati ricavati dallecartelle, dai registri di controllo ambulatoriale post-ricovero o conindagine telefonica. I pazienti sono stati divisi in Gruppo A (110 pzper 117 arti trattati, quelli seguiti presso l’Unità di Diabetologia(Centro Regionale per il Piede Diabetico) e Gruppo B (155 pz

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  • Congresso AMD-SID Piede Diabetico

    per 169 arti, quelli ricoverati in altri reparti del nostro ospedale(Medicine 2,7%, UTIC 3,6%, Ch. Vascolare 81%, Ch. Urgenza12,4%).Risultati. Caratteristiche della popolazione; Gr.A vs Gr.B: maschi71% vs 68%, età media sovrapponibile 67 a vs 68 a. Classifica-zione delle lesioni: Gr.A TUC 1C-D 7,2%, 2C-D 22,7%, 3C-D70,1%; Gr.B non è stata usata una classificazione o è stata dif-ferente nei vari reparti. Esito al follow-up breve (3 m) Gr.A vs Gr.B:1) salvataggio d’arto 96,36% vs 82,9% (p < 0,001); 2) amputa-zione maggiore 3,63% vs 15,38% (p < 0,005); 3) decesso 0% vs1,7% (p = ns). Esito al follow-up lungo (24 m): 1) salvataggiod’arto 84,01% vs 58,48% (p < 0,0001); 2) amputazione mag-giore 7,99% vs 27,33% (p < 0,0005); 3) decesso 7,96% vs14,18% (p = ns). Durante il ricovero il ricorso a un’amputazioneminore è stato simile: Gr.A vs B 51,9% vs 56,4%; ma le prossi-mali (avampiede) erano meno frequenti nel Gr.A 6,4% vs 19,6%.La degenza media è stata più breve nei reparti chirurgici.Conclusioni. Il miglior esito nei pazienti ricoverati in Diabetologiasolo in parte potrebbe essere spiegata con una diversa selezionedi pazienti al PS ma a nostro parere dipende da un miglior con-trollo delle complicanze multisistemiche, dal ricorso a frequentitoilette chirurgiche e da una maggiore durata del trattamento in-traricovero.

    Outcome di 100 soggetti diabetici trattati chirurgica-mente per ulcere profonde infette ai piedi

    Galenda P1, Madaschi S1, Valerio N1, Gallicchio V1, Cisale C1,Colli D1, Ferraresi R2, Caravaggi CM1

    1Centri Piede Diabetico, Endocrinologia, Diabetologia, Huma-nitas Gavazzeni, Bergamo; 2Laboratorio Emodinamica, Hu-manitas Gavazzeni, Bergamo

    Le infezioni, unitamente all’ischemia, rappresentano le princi-pali cause di amputazione nel soggetto diabetico con ulcere aipiedi. In letteratura vengono segnalati tassi amputativi superiorial 90% per le ulcere profonde infette, 100% se associate aischemia. L’obiettivo di questo studio è quello di valutare gli out-come di un trattamento chirurgico tempestivo, aggressivo, maallo stesso tempo conservativo, di queste lesioni.Materiale e metodi. Sono stati seguiti e raccolti i dati di 100 pa-zienti diabetici giunti consecutivamente a nostra osservazioneper ulcere infette profonde dei piedi. Le lesioni sono state sta-diate secondo criteri della Texas University Classification (TUC)e il sistema PEDIS-IDSA:– TUC (n): 2B (4), 2D (8), 3B (39), 3D (49);– PEDIS (n): 1 (0), 2 (5), 3 (71), 4 (24).Tutti pazienti sono stati sottoposti a drenaggio in urgenza o ur-genza differita dell’infezione e polichemioterapia antibiotica em-pirica o mirata sulla scorta di antibiogramma. Nei giorni suc -cessivi 57 soggetti sono stati sottoposti a PTA degli arti inferiori,di cui 2 inefficaci, 7 ad amputazioni maggiori transtibiali o tran-sfemorali, 3 del mesopiede, 15 dell’avampiede, 26 di 1 o piùraggi, 5 di 1 o più dita, 43 a ulcerectomie e/o sequestrectomieossee.Risultati. Guarigione: Nel periodo di osservazione 59 pazientisono guariti di cui 39 in meno di 12 settimane, 72 hanno ripresoa deambulare con ortesi o scarico gessato. Mortalità in fase acutae post-acuta: 1 paziente è deceduto per setticemia prima del trat-tamento chirurgico, altri 2 durante la degenza, 1 dopo 20 gg dalladimissione. All’analisi statistica sono state osservate differenzenei livelli di amputazione che sono risultati più prossimali nei sog-getti ischemici (p < 0,1), o con infezioni più gravi (p < 0,001). Il tasso di guarigione è maggiore nei soggetti non ischemici (p < 0,1) senza che vi siano differenze significative nei tempi.Meno soggetti tendono a guarire se trattati per infezioni gravi

    (p < 0,1) e in tempi più lunghi (p < 0,1). La guarigione è risultatapiù lenta e difficile nei soggetti dializzati (18).Conclusioni. Un trattamento chirurgico tempestivo delle lesioniprofonde infette consente di ridurre significativamente la preva-lenza di amputazioni segnalata in letteratura. Lo stesso tratta-mento associato a rivascolarizzazione efficace consente di ridurreil tasso di amputazioni anche nelle ulcere ischemiche infette. Il li-vello di amputazione è risultato direttamente proporzionale allagravità dell’infezione. L’emodialisi si conferma quale fattore pro-gnostico negativo di guarigione.

    Analisi dell’indice di comorbilità di Charlson nei pazientiaffetti da piede diabetico (PD) e sua correlazione conl’evoluzione clinica

    Iacopi E, Coppelli A, Goretti C, Mattaliano C, Piaggesi A

    Sezione Dipartimento Piede Diabetico, Dipartimento di AreaMedica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

    Scopo dello studio. L’indice di comorbilità di Charlson (ICC),derivante dalla somma di punteggi attribuiti a 19 differenti pato-logie croniche, è la più diffusa metodica di valutazione delle co-morbilità in grado di predire la mortalità. Abbiamo valutato l’ICCin pazienti affetti da PD e abbiamo analizzato la sua correlazionecon gli outcome clinici a lungo termine.Materiale e metodi. Abbiamo calcolato retrospettivamentel’ICC in 638 pazienti consecutivi affetti da diabete mellito di tipo2 (M/F 460/178; età 68 ± 11 aa; BMI 27,8 ± 5,0 kg/m2; duratadiabete 19,8 ± 12,3 aa; HbA1c 7,9 ± 1,8%) ricoverati presso il no-stro dipartimento nel periodo 2011-2014 per PD. I principali out-come clinici (percentuali di guarigione, di amputazione maggioree di morte) sono stati valutati nel corso di un follow-up di 18,9 ±12,4 mesi (range 1,7-43,2 mesi) e quindi correlati con il punteg-gio ICC.Risultati. Il punteggio ICC medio (± DS) complessivo era 5,2 ±1,6. La percentuale di guarigione era 67,2% (n 429), mentrequelle di amputazione maggiore e di morte erano rispettivamente5,2% (n 33) e 19,5% (N 84) nel corso del follow-up. L’ICC era si-gnificativamente più basso nei pazienti guariti rispetto ai non gua-riti (5,1 ± 2,5 vs 5,8 ± 2,1; p < 0,02). Un punteggio ICC signi-ficativamente più alto (6,1 ± 2,3 vs 5,1 ± 2,3; p < 0,02) venivaosservato nei pazienti deceduti durante il follow-up. Nessuna dif-ferenza significativa veniva trovata nei pazienti sottoposti ad am-putazione maggiore d’arto rispetto agli altri (5,5 ± 2,6 vs 5,2 ±2,5; p = ns). Conclusioni. I pazienti diabetici con PD presentano un punteg-gio di ICC molto alto che correla con i tassi di guarigione e dimortalità, sottolineando l’importanza dell’importante coinvolgi-mento sistemico di questi pazienti. I nostri dati suggeriscono inol-tre un possibile valore predittivo dell’ICC non solo in termini dimortalità, ma anche in relazione all’evoluzione clinica delle lesionia lungo termine.

    Classificazione del rischio ulcerativo nei pazienti in dia-lisi: un’opportunità anche nei non diabetici?

    Magi S1, Scatena A1, Duranti E2, Bartolini E1, Ricci L3

    1SC Diabetologia, 2SC Nefrologia e Dialisi, 3SC Diabetologia,Ospedale San Donato ASL 8, Arezzo

    Scopo della ricerca. Valutare il rischio ulcerativo in pazienti dia-lizzati, diabetici e non diabetici.Metodi impiegati. Abbiamo valutato 3 gruppi di pazienti: 145 diabetici non dializzati (DMND); 36 diabetici dializzati (DMD)

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  • Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

    e 127 dializzati non diabetici (DND) per la presenza di vasculo-patia tramite indice caviglia/braccio (ABPI), di perdita della sensi-bilità protettiva (LOPS) tramite biotesiometria (VPT) emonofilamento per poter classificare i pazienti secondo la classedi rischio ulcerativo del Documento di Consenso Internazionale.Conclusioni. Come atteso, un ABPI < 0,9 è presente nei tregruppi sottoposti a studio, senza differenze significative tra i DMD(36%) e i DND (30%). Tuttavia i 3 gruppi non differivano statisti-camente per l’alterazione della VPT, presente anche in 38 (30%)dei DND; tutti questi ultimi presentavano una lesione in fase attivao pregressa o pregresse amputazioni minori o maggiori. Le pre-gresse amputazioni minori erano presenti in 1 (0,7%) dei DMND,5 (14%) dei DMD e in 3 (2%) dei DND; le pregresse amputazionimaggiori in 0 DMND, 1 (3%) dei DMD e in 4 (3%) dei DND, senzadifferenze significative tra i 3 gruppi (p > 0,005). Un’ulcera in faseattiva era presente in 25 (17%) dei DMND, in 10 (27%) dei DMDe in 5 (4%) dei DND. Pregresse ulcere in 13 (9%) dei DMND, 15(42%) dei DMD e 2 (1%) dei DND. Risulta significativo che nes-suno dei DMD compaia nella classe di rischio ulcerativo assentee che la maggior parte (47%) appartenga alla classe di rischioelevatissimo. Inoltre la maggior parte dei pazienti DND (55%) ap-partiene alle classi di rischio media, elevata ed elevatissima. No-nostante la diversa numerosità dei campioni e la mancanza distudi similari, è possibile concludere che i pazienti DMD necessi-tino di azioni preventive dedicate e che l’esame della sensibilità vi-bratoria (VPT) possa essere condotto di routine anche nei DNDal fine di individuare pazienti ad alto rischio ulcerativo. Il follow-up a un anno attualmente in corso di questi pazienti è volto a va-lidare la classificazione del rischio ulcerativo anche nei pazientinon diabetici in dialisi.

    Calcificazioni vascolari nei pazienti diabetici con lesioneischemica del piede: confronto tra pazienti in dialisi enon

    Meloni M1, Izzo V1, Vainieri E1, Del Giudice C2, Da Ros V2, Ruo-tolo V1, Giurato L1, Gandini R2, Uccioli L1

    1Medicina dei Sistemi, 2Radiologia, Università di Tor Vergata,Roma

    Scopo. Il trattamento sostitutivo dialitico è un forte fattore di ri-schio per malattia vascolare periferica (MVP) e calcificazioni va-scolari (CV)(1). Lo scopo di questo studio è stato quello di valutarele differenze in termini di CV nei pazienti in dialisi e non, all’internodi una popolazione di soggetti diabetici affetti da ischemia criticadell’arto (IC) e lesione al piede (LP).Metodi. Il gruppo di studio ha incluso 456 pazienti sottoposti arivascolarizzazione endovascolare (RE) a causa di una condizionedi IC complicata da LP. Sono stati individuati due sottogruppi inrelazione al trattamento dialitico (D+) (n = 60) o meno (D–) (n =396). All’interno dei due sottogruppi abbiamo selezionato i pa-zienti con più severa MVP che hanno avuto necessità di almenoun nuovo intervento di RE per tentare il salvataggio d’arto: D+ n= 18 (24,7%) e D– n = 61 (14,7%). Inoltre, secondo il sistema dicalcolo delle calcificazioni vascolari periferiche eseguito con fluo-roscopia e angiografia a sottrazione digitale (PACCS) abbiamovalutato la severità e la localizzazione delle CV nei vasi sopra il gi-nocchio (SopG) e sotto (SotG)(2).Risultati. D+ ha avuto necessità di nuova RE in un maggior nu-mero di occasioni (24,7 vs 14,7%) p < 0,043. In relazione alle CV,D+ ha mostrato una malattia calcifica più severa (grado 4CPACCS) (56,5 vs 7,8%) (X = 0,001) e un più alto tasso di calcifi-cazioni combinate (intima e media) SotG (59 vs 9,5%) (X =0,0001) mentre D– ha mostrato un maggior coinvolgimento del-l’intima sia nei vasi SopG (57,9 vs 4,3%) (X = 0,0001) sia SotG(34,2 vs 9%) (X = 0,027).

    Conclusioni. Il fallimento della RE è stato più frequente nelgruppo D+ e i dializzati hanno avuto necessità di più procedureper trattare la loro MVP. Le CV sembrano svolgere un ruolochiave nella severità della MVP e negli esiti peggiori dei pazientidializzati. Infatti questi risultati potrebbero essere correlati allagravità delle CV nei vasi SotG, principalmente per il coinvolgi-mento simultaneo sia dell’intima sia della media che sembre-rebbero influenzare negativamente il successo tecnico dellarivascolarizzazione e determinare una più frequente re-stenosidel vaso.1. Prompers L. Diabetologia 2008.2. Khrishna J. Catheterization and Cardiovascular Intervention

    2014.

    Indagine a campione sulle conoscenze in tema di piedediabetico fra gli infermieri dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine

    Miniussi PM1, Monticelli S2, Caporale L2

    1Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine, SO Medicina In-terna, Ambulatorio per la Cura del Piede Diabetico, Cividaledel Friuli; 2Università degli Studi di Udine, Corso di Laurea inInfermieristica

    Premessa. La gestione delle lesioni cutanee croniche, tra cui ilpiede diabetico, viene sempre più spesso demandata anche inospedale al personale infermieristico. Non è però noto quale siail suo livello di conoscenze in materia, premessa necessaria perun’adeguata presa in carico di tali pazienti. Si è ritenuto perciòutile indagarlo con uno studio descrittivo, anche per valutare lanecessità e i contenuti di un eventuale programma di formazionespecifica.Scopo dello studio. Valutare il livello di conoscenze in tema divalutazione e cura del piede diabetico tra gli infermieri operantinell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine; ricercare even-tuali differenze tra quanti si ipotizza siano frequentemente od oc-casionalmente a contato con il piede diabetico e quanti lo sonoraramente o mai; ricercare eventuali relazioni fra età, anzianitàprofessionale e tipo di formazione e livello di conoscenze nelcampo specifico.Metodi. Ci si è serviti di un questionario strutturato a rispostemultiple o aperte, anonimo, contenente 12 quesiti su aspetti ana-grafici e professionali e 14 quesiti su aspetti teorico/pratici dell’assistenza al piede diabetico. Il questionario è stato sommi-nistrato a 380 infermieri in servizio presso 20 strutture operativediverse dell’Ospedale di Udine (Anestesia e Rianimazione 1 e 2,Clinica di Anestesia e Rianimazione, Cardiochirurgia, Cardiologia,Pneumologia, Ortopedia, Clinica Ortopedica, Otorinolaringoiatria,Clinica Pediatrica, Clinica Medica, Medicina Interna 1 e 2, Clinicadelle Malattie Infettive, Dermatologia, Diabetologia, Nefrolo-gia, Post-acuti). La partecipazione allo studio è stata volontaria;198 infermieri, pari al 52% degli interpellati, ha restituito il que-stionario compilato.Risultati. Una maggioranza rilevante del personale aderente al-l’indagine ha dichiarato di curare raramente o mai persone conpiede diabetico (80,30%) e di non aver mai partecipato ad atti-vità di formazione e aggiornamento sull’argomento (73,20%);peraltro, solo il 43,40% reputa la sua conoscenza in materianon adeguata o insufficiente. Nel complesso le risposte evi-denziano notevoli carenze non solo su argomenti pertinenti alpiede diabetico (caratteri della cute neuropatica, sede e tratta-mento delle ipercheratosi, significato della manovra “probe tobone”, classificazione delle lesioni, caratteristiche delle ortesiideali), ma anche su aspetti di carattere generale (sede di pre-lievo da una lesione aperta del campione per esame colturale,scelta del disinfettante). Sono risultate invece buone le percen-

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  • Congresso AMD-SID Piede Diabetico

    tuali di risposta corretta ai quesiti sui criteri di avvio immediatodel paziente al Pronto Soccorso, sulle caratteristiche dell’ulcerainfetta e sulla frequenza di sostituzione della medicazione inschiuma di poliuretano. Non è stata rilevata alcuna correlazionefra le caratteristiche demografiche, il titolo di studio, l’anzianitàprofessionale e di servizio degli intervistati e le rispettive per-centuali di risposte corrette, così come fra gli infermieri operantiin strutture dove il contatto con il piede diabetico è possibile, senon frequente, e quelli delle strutture dove tale contatto è alta-mente improbabile.

    Alta prevalenza di batteri chinolonici-resistenti nelle in-fezioni del piede diabetico

    Miranda C1, Da Ros R2, De Rosa R3, Camporese A3, Zanette G1

    1SSD Diabetologia, Azienda Ospedaliera S. Maria degli Angeli,Pordenone; 2SS Diabetologia, Ospedale San Polo, Monfal-cone; 3SSC Microbiologia, Azienda Ospedaliera S. Maria degliAngeli, Pordenone

    Premessa. Le infezioni del piede diabetico sono spesso causadi ospedalizzazione e di amputazione.Scopo del lavoro. Abbiamo condotto uno studio retrospettivodegli esami microbiologici, effettuati dal 2011 al 2014, in pz dia-betici affetti da lesioni ai piedi, al fine di analizzare la flora micro-bica isolata e la prevalenza dell’antibiotico-resistenza.Materiale e metodi. Sono stati analizzati 105 esami colturali ef-fettuati su biopsie tessutali in 53 pz con infezioni moderate o se-vere non in terapia antibiotica. Le caratteristiche cliniche dei pz erano le seguenti: 53 pz con 2TDM (43 M, 10 F), età media76,5 aa, neuropatia periferica (32%), arteriopatia ostruttiva arti in-feriori (13%), neurovasculopatia periferica (55%).Risultati. Dei 105 esami raccolti, 89 (84,7%) sono risultati posi-tivi, 16 (15,3%) negativi. Sono stati isolati 132 microrganismi to-tali di cui 71 Gram+, 60 Gram–, 1 micete. I patogeni più frequentifra i Gram+ sono stati: S. aureus (44), seguito da E. faecalis (12),S. beta-emolitico (5), S. epidermidis (4). Altri Gram+ isolati sonostati: S. xylosus (2), S. agalactiae (1), S. capitis (1), S. simulans (1),S. warneri (1). I patogeni più frequenti fra i Gram– sono stati:Pseudomonas aeruginosa (15), Proteus mirabilis (10), E. coli (9),Morganella morgani (8), Serratia marcescens (7). Altri Gram– sonostati: Citrobacter koseri (2), Klebsiella oxytoca (2), Klebsiella pneu-moniae (2), Klebsiella planticola (1), Citrobacter fruendii (1), Aci-tenobacter (1), Enterobacter aerogenes (1), E. cloacae (1). Leinfezioni sono risultate monomicrobiche nel 69,5%, polimicrobi-che nel 30,4%. Le sedi delle lesioni erano dita (46,6%), avam-piede (34,2%), tallone (15,2%), altre (4%). Negli esami colturalipositivi le lesioni neuroischemiche sono state 62, quelle neuro-patiche 27. Negli esami colturali negativi le lesioni neuropatichesono state 5, quelle neuroischemiche 11. Il 46,2% (61/132) deibatteri è risultato resistente almeno a un antibiotico, il 15%(21/132) a due antibiotici. In particolare l’11,1% degli S. aureussono risultati meticillino-resistenti e il 32,5% (43/132) dei batteritotali chinolonici-resistenti, di cui il 38% (27/71) dei Gram+ e il26,6% (16/60) dei Gram–.Conclusioni. I nostri dati hanno evidenziato un’alta prevalenza dibatteri chinolonici-resistenti, in particolare sono risultati resistentiil 70% dei P. mirabilis (7/10) e il 40,9% (18/44) degli S. aureus. Inun nostro precedente lavoro (Atti XVIII Congresso Nazionale AMD2011) la prevalenza di batteri Gram– chinolonici-resistenti erastata del 37,2% e del 42,8% per quanto riguarda P. mirabilis (3/7).L’ischemia sembra essere il principale fattore di rischio per ceppichinolonici-resistenti, infatti il 76,7% (33/43) di essi è stato iso-lato da lesioni neuroischemiche. Altri fattori di rischio per lo svi-luppo di resistenza ai chinolonici sono precedenti ricoveri eprecedenti terapie antibiotiche.

    Piede diabetico infetto: importanza della tempestivitàdella sinergia dei trattamenti per il salvataggio “funzio-nale” di parte del piede

    Piazza1, Grassi A2, Ferri M1, Mormile A2, Limone P2, Nessi F1

    1SC Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, 2SC Endocrinolgia,Diabetologia e Malattie Metaboliche, AO Ospedale Mauriziano,Torino

    Introduzione. Le gangrene del piede (a partenza spesso dalledita), soprattutto quando associate a ischemia e infezione, com-portano frequentemente il ricorso ad amputazione maggiore. L’in-quadramento eziologico della lesione e la tempestività deitrattamenti permettono di limitare il livello di amputazione, con-sentendo spesso salvataggio di una parte del piede, funzional-mente valida.Materiale e metodi. Dal maggio 2010 al novembre 2014 sonostati trattati 138 pazienti, diabetici, affetti da lesione infetta a li-vello del piede, tutte di grado III secondo la Texas University Clas-sification (TUC). In 29 pazienti la lesione (sempre secondo TUC)rientrava nello stadio B (infezione) mentre in 109 nello stadio D(infezione e ischemia). In 2 pazienti l’ampia gangrena (coinvolgi-mento di tutti i compartimenti del piede) ha imposto un’amputa-zione maggiore immediata. Negli altri 136 pazienti si è attuato unPDTA (protocollo diagnostico terapeutico assistenziale) concor-dato in maniera multidisciplinare (chirurgo vascolare/endovasco-lare, medico di pronto soccorso, diabetologo, infettivologo). Ilpaziente è stato sempre inquadrato inizialmente dal punto di vistaeziologico mediante esame ecocolordoppler; inoltre tempestiva-mente in base alla gravità del quadro infettivo (flemmone con qua-dro di limb o life threatening) si è proceduto (in emergenza primadell’inquadramento eziologico) a drenaggio della raccolta conasportazione dei tessuti gangrenosi nonché ad amputazione deisegmenti ossei coinvolti dalla gangrena (eseguiti prelievi biopticidelle ossa residue e del fondo della lesione per esame colturale).In altri casi il debridement è stato eseguito in un secondo tempo.In ogni caso il sito di amputazione non è stato mai sottoposto achiusura nel primo tempo chirurgico (anche se convinti di unacompleta bonifica del focolaio infettivo). In 29 pazienti non è statonecessario eseguire un intervento di rivascolarizzazione (eziologianeuropatica); in 107 pazienti si è eseguito intervento di rivascola-rizzazione per patologia steno-ostruttiva del segmento popliteo-tibiale: endovascolare (88 pz), chirurgica (11 pz), ibrida (8 pz). Ilpercorso di guarigione con ottenimento di un moncone di piedefunzionale ha comportato un lungo (e spesso costoso) iter tera-peutico: antibioticoterapia ev mirata, utilizzo di pressione negativa(NPWT) in tutti i casi, innesto con sostituto dermico acellulare diorigine bovina (Integra®) per la copertura di ossa e tendini saniesposti (in 34 casi), innesto cutaneo (in 21 casi); ortesi di scarico(inizialmente per prevenire lesioni da pressione e in seguito perpermettere la deambulazione con scarico).Risultati. Nel 91% (124/136 pazienti) si è ottenuto il salvataggiodi un piede “funzionale” con amputazione minore. In 8 pazienti(8/136 pazienti) è stato necessario eseguire un’amputazionemaggiore (7 gamba, 1 coscia) dopo comunque un iniziale tenta-tivo di salvataggio d’arto (7 rivascolarizzazione endovascolare, 1 con procedura ibrida). Si sono verificati 4 decessi peri-operatori(1 per polmonite, 3 per scompenso cardiaco).Conclusioni. Il piede diabetico infetto comporta alto rischio diamputazione maggiore. L’aggressività del trattamento multidisci-plinare permette di ottenere (a contro di costi a volte elevati)spesso il salvataggio di una parte del piede funzionalmente valido.

    Autoanticorpi contro collagene tipo I e II alterati da mo-difiche post-traslazionali indotte dallo stress ossidativonella neuroartropatia di Charcot

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  • Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

    Rizzi A1, Rizzo P1, Musella T1, Costantini F1, Scavone G1, GalliM2, Caputo S1, Nissim A3, Ghirlanda G1, Pitocco D1

    Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Ortopedia, UniversitàCattolica del Sacro Cuore, Roma; 3Centre for Diabetes, QueenMary University of London, Londra, UK

    Obiettivo. La neuroartropatia di Charcot (CN) è una delle com-plicanze correlate al diabete più debilitanti. Scopo dello studio èvalutare la presenza di una risposta autoimmunitaria diretta versocollagene tipo I (CI) e collagene tipo II (CII), nativi e alterati da mo-difiche post-traslazionali indotte da specie ossidanti.Metodi. In questo studio caso-controllo sono stati arruolati 124 sog-getti con DM di tipo 2 (47 con CN, 37 neuropatia diabetica senzaCN e 40 con DMT2 senza complicanze) e 32 controlli sani. Èstata valutata con metodica ELISA la presenza di autoanticorpi di-retti verso CI e CII nativi e modificati da ribosio, acido ipocloroso,perossido di idrogeno e perossinitrito.Risultati. I 4 gruppi erano sovrapponibili per età, BMI, circonfe-renza vita e fianchi, profilo lipidico. I soggetti diabetici erano inol-tre sovrapponibili per livello di HbA1c e per durata di malattia.Confrontati con gli altri gruppi, i soggetti con CN hanno dimo-strato un’aumentata reattività anticorpale verso CII nativo e mo-dificato da specie ossidanti. Per CI, il gruppo CN ha mostratoun’aumentata reattività rispetto agli altri gruppi solo verso la formamodificata da perossinitrito.Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono che una risposta au-toimmunitaria verso il collagene, in particolar modo CII alteratoda modifiche post-traslazionali indotte da specie ossidanti, possaessere coinvolta nella patogenesi di CN.

    Rivascolarizzazione e chirurgia nella gestione del piedediabetico: uno studio prospettico

    Salvotelli L1, Stoico V1, Perrone F1, Merighi M2, Puppini G3,Bruti M4, Veraldi GF5, Brocco E6, Zoppini G1, Bonora E1

    1Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo,2Malattie Infettive, 3Radiologia, 4Chirurgia Plastica, 5ChirurgiaVascolare, AOUI, Verona; 6Piede Diabetico, Policlinico AbanoTerme, Abano Terme (PD)

    Scopo. Studio osservazionale prospettico che valuta la prognosidi pazienti (pz) sottoposti a interventi di chirurgia e rivascolarizza-zione per piede diabetico.Metodi. Sono stati reclutati i pz ricoverati per chirurgia ed even-tuale rivascolarizzazione per piede diabetico, da ottobre 2012.Outcome primari: riulcerazione, amputazione maggiore (AM).Outcome secondari: restenosi clinica dopo angioplastica (PTA),complicanze di chirurgia/rivascolarizzazione, morte. Sono statitrattati 170 pz (24 con lesioni bilaterali), 60% con storia di ulcere.Si trattava soprattutto di pz con diabete complicato da retinopa-tia (75%), neuropatia (95%), insufficienza renale emodialitica(8,2%). Il 65% dei pz aveva vasculopatia carotidea e il 36% car-diopatia ischemica. Nel periodo ottobre 2012-14 sono stati ese-guiti 351 interventi chirurgici; 103 pz della stessa coorte sonostati sottoposti a 130 PTA (61,2% dei pz aveva ischemia criticacronica, CLI). Dodici pz sono andati incontro a riulcerazione e lostesso numero di soggetti (9,2%) ha subito AM. La chirurgia èstata complicata da gangrena (25,6%), sanguinamento (7,7%),progressione dell’infezione (7,4%). Le PTA hanno avuto risultatopositivo (completo/parziale) in oltre l’84% dei pz, con un tasso dicomplicanze del 6,9%. La restenosi clinica si è avuta nel 24,6%.Stato attuale dei pz: 60,7% guarito, 17,6% non guarito, 12,4%morto, 5,9% AM, 3,5% perso al follow-up. Di 21 pz deceduti (17con CLI), la causa di morte è stata cardiovascolare (50%), insuf-ficienza renale terminale (25%), sepsi o altro (25%). Il tasso di

    guarigione è stato del 59% nelle ulcere neuroischemiche, del 69%nelle neuropatiche.Conclusioni. La maggior parte dei pz con piede diabetico è af-fetta da diabete pluricomplicato. La prognosi delle ulcere concomponente ischemica è peggiore delle ulcere neuropatiche. Inun follow-up di 24 mesi, il 12,4% dei pz è deceduto – oltre l’80%affetto da CLI. Nella nostra casistica, una percentuale rilevante diinterventi chirurgici è gravata da complicanze: un più lungo follow-up potrebbe consentire una più accurata stratificazione dei pa-zienti e, in base all’individuazione di fattori prognostici, il miglior iterda seguire.

    Aumento della TcPO2 nella ricostruzione del piede dia-betico mediante l’utilizzo del sostituto dermico Integra®

    Spazzapan L1, Nicoletti C1, Papa G2

    1Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa di Cura Pederzoli,Peschiera Del Garda, Verona; 2UO di Chirurgia Plastica e Ri-costruttiva, Azienda Ospedaliera Universitaria, Ospedali Riuniti,Trieste

    Introduzione. Scopo di questo studio comparativo retrospettivoè stato quello di valutare i risultati della ricostruzione nel piedediabetico con innesto di pelle a spessore parziale e sostituto der-mico Integra® versus la ricostruzione solo con innesto di cute intermini di vascolarizzazione mediante la misurazione dell’ossige-nazione tessutale periferica (TcPO2).Materiale e metodi. Sono stati inclusi nello studio 23 pazienti(12 sono stati ricostruiti con innesto di cute e 11 con Integra® einnesto di cute a tre settimane). In ogni paziente la TcPO2 è statamisurata nello stesso punto della superficie ricostruita a 14 giorni,un mese, 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi e 24 mesi dopo la ricostru-zione.Risultati. I letti delle ferite ricostruite da Integra® hanno mostratoin media una TcPO2 superiore di 10 mmHg.Conclusioni. Il nostro studio ha valutato in modo oggettivo, conil valore di TcPO2, l’ossigenazione del letto della ferita nel piedediabetico dopo la ricostruzione con innesto di cute da solo e conl’aggiunta del sostituto Integra® al letto della ferita. Durante ilprimo mese dopo la ricostruzione non state rilevate differenzestatisticamente significative. Dopo 3 mesi TcPO2 studi hanno ri-velato uno statisticamente significativo aumento della pressionetessutale di ossigeno superiore nei piedi diabetici ricostruiti con In-tegra® e innesto di cute. Questi risultati appoggiano in modo og-gettivo i risultati clinici già segnalati durante l’utilizzo del sostitutodermico. Resta da spiegare il ruolo di questo aumento della pres-sione tessutale di ossigeno nel ridefinire le indicazioni per l’uso disostituti dermici nella ricostruzione delle regioni scarsamente va-scolarizzate.

    Colonizzazione rettale da Klebsiella pneumoniae car-bapenemasi-produttrice è un fattore di rischio di mor-talità in pazienti con piede diabetico infetto

    Tascini C1, Iacopi E2, Coppelli A2, Goretti C2, Menichetti F1,Piaggesi A2

    1UO Malattie Infettive, 2Sezione Dipartimento Piede Diabetico,Dipartimento di Area Medica, Azienda Ospedaliero-Universi-taria Pisana

    Scopo. L’incidenza di infezioni da ceppi di Klebsiella pneumo-niae produttrice di carbapenemasi (KPC-Kp) sta aumentando in tutto il mondo. Scopo del nostro studio era verificare se la colonizzazione e l’infezione da KPC-Kp in pazienti con piede

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  • Congresso AMD-SID Piede Diabetico

    diabetico infetto (PDI) fosse associata con un incremento dellamortalità.Metodi. Abbiamo condotto uno studio retrospettivo, caso-con-trollo: i casi consistevano in pazienti adulti con PDI e isolamentodi KPC-Kp in un tampone rettale. Per ogni caso abbiamo sele-zionato almeno un controllo corrispondente, affetto da PDI, mache presentasse tampone rettale negativo per KPC-Kp. Fra l’1 di-cembre 2010 e il 31 marzo 2014 abbiamo identificato 21 pazienticon PDI e colonizzazione rettale da KPC-Kp. In 6 (28%) di questipazienti era presente anche isolamento di KPC-Kp da un prelievo a carico del PDI. Nello stesso periodo abbiamo poi sele-zionato 25 controlli corrispondenti.Risultati. Fra i due gruppi non erano presenti differenze signifi-cative in termini di età, sesso, punteggio di Charlson, classifica-zione delle lesioni e numero di precedenti ricoveri. Confrontati coni pazienti del gruppo di controllo, che presentavano una mortalitàcomplessiva del 4%, la mortalità era significativamente più altanei pazienti con colonizzazione rettale da KPC-Kp (40%; p =0,013) e nei pazienti con PDI da KPC-Kp (67%; p = 0,002). Me-diante regressione logistica multivariata abbiamo evidenziatocome la colonizzazione da KPC-Kp fosse l’unico fattore di rischioindipendente significativamente associato con la mortalità (OR =22,41, IC al 95%: 3,43-455,28; p = 0,006).Conclusioni. La colonizzazione e l’infezione di piede da KPC-Kp sembrano essere associate a un incremento della mortalitànei pazienti affetti da PDI.

    Utilizzo di palloni conici per il trattamento di occlusionilunghe dei vasi tibiali in pazienti diabetici con ischemiacritica degli arti inferiori

    Troisi N, Landini G, Michelagnoli S, Falciani F, Baggiore C

    Centro Interdipartimentale Piede Diabetico, Azienda SanitariaFirenze, Firenze

    Introduzione. Il diabete è la principale causa di ischemia criticadegli arti inferiori. Nei diabetici le occlusioni lunghe dei vasi tibialisono molto comuni. Scopo di questo studio è stato quello divalutare i risultati dei palloni conici nella ricanalizzazione di oc-clusioni lunghe di vasi tibiali in pazienti diabetici con ischemiacritica.Materiale e metodi. Da gennaio ad agosto 2014 49 vasi tibialicon occlusioni lunghe sono stati ricanalizzati e trattati con palloniconici (Amphirion Deep; Medtronic Inc., Minneapolis, MN, USA)in pazienti diabetici con ischemia critica afferenti al percorsoaziendale del piede diabetico. I risultati a 6 mesi sono stati valu-tati in termini di morbilità, mortalità, pervietà primaria, pervietà pri-maria assistita, pervietà secondaria, assenza di restenosi (targetlesion revascularization, TLR), guarigione delle ulcere/risoluzionedei sintomi e salvataggio d’arto.Risultati. I pazienti erano prevalentemente di sesso maschile(27/35, 77,1%) con un’età media di 70,9 anni (range 51-85). Lalunghezza media dell’occlusione tibiale era di 232,7 mm (range110-380). Il successo tecnico angiosome-oriented è stato otte-nuto in 44/49 casi (89,8%). Durante il follow-up (durata media 3,1 mesi, range 1-6) la guarigione delle ulcere/risoluzione dei sin-tomi è stata ottenuta in 28/35 casi (80%). A 6 mesi il tasso stimatodi salvataggio d’arto è stato del 97,1%. Inoltre, a 6 mesi i tassi dipervietà primaria, pervietà primaria assistita, pervietà secondariae assenza di TLR sono stati rispettivamente del 64,5%, 81,4%,81,4%, e 78,2%. L’analisi univariata ha dimostrato che il sessomaschile, la classe Rutherford 6, la presenza di concomitante co-ronaropatia e l’assenza di predilatazione sono fattori predittivi diinsuccesso in termini di salvataggio d’arto, pervietà del vaso e diassenza di TLR.Conclusioni. I palloni conici sono sicuri ed efficaci nel tratta-

    mento di occlusioni lunghe di vasi tibiali in pazienti diabetici conischemia critica. La predilatazione dovrebbe essere raccoman-data in tutti i casi. I risultati sembrano incoraggianti, anche sesono necessarie esperienze con popolazioni di studio più ampiee con un più duraturo follow-up.

    Prevalenza e classificazione dell’anemia in pazienti af-fetti da “piede diabetico” con ulcera: nostra valutazione

    Zavaroni D, Bianco M, Busconi L, De Joannon U, Mazzoni G

    Cure Primarie, UO Diabetologia e Malattie Metaboliche,Azienda USL, Piacenza

    Circa il 25% dei pazienti diabetici è a rischio di sviluppare un’ul-cera agli arti inferiori nella vita e la comparsa di questa grave com-plicanza correla con aumento di morbilità e mortalità. L’ulcera delpiede diabetico (UPD) può associarsi ad anemia e malnutrizione,fattori che contribuiscono a peggiorare il quadro clinico generale.Tale associazione è poco studiata. Alcuni studi suggeriscono unarelazione con lo stadio clinico dell’ulcera e con il peggioramentodella prognosi. Scopo di questo studio è stato di valutare la pre-valenza di anemia nei pazienti con UPD, classificare il tipo di ane-mia e costruire un protocollo di terapia in base alle cause, percorreggere sia l’alterazione della crasi ematica sia la malnutri-zione.Materiale e metodi. In un periodo di 6 mesi (da maggio a otto-bre 2014) sono stati valutati 188 pz con UPD affetti da diabete ditipo 1 e 2. La durata di malattia era di 10 anni ± 4,7 M ± DS.L’emoglobina glicata era di 8,5 ± 3,4%. Tra questi, 65 pz presen-tavano anemia, definita come valore di emoglobina < 12 mg/dl. I pzavevano un’ulcera stadio Texas IID e III D, durata media di 3 mesi.L’ulcera era mista, neuropatica e ischemica con sovrapposta infezione. In tutti sono stati valutati, oltre all’emocromo, sidere-mia, transferrina, ferritina, vitamina B12, folati, elettroforesi pro-teica, conta leucocitaria, valutazione GFR con formula CKD-EPI,VES, PCR. In tutti è stata valutata la malnutrizione con schedaMUST.Risultati. Sessantacinque su 188 pz, con UPD pari al 28%, pre-sentavano anemia. In 4 l’anemia si associava a malnutrizione conpunteggio MUST patologico. Tre pz presentavano anemia ma-crocitica con deficit di vitamina B12 e folati. Sette pz avevano livellidi sideremia bassi. In 16 pz la sideremia era normale, ma con li-velli di ferritina alti, segno di deficit relativo di ferro secondario al-l’infiammazione cronica; 35 pz avevano una malattia renalecronica con stadio IIIb e IV. In tutti è stato attuato un protocollo te-rapeutico per normalizzare la crasi ematica a seconda dellacausa, associato a una valutazione nutrizionale.Conclusioni. Nella nostra casistica un’elevata percentuale di pzcon UPD (28%) presentava anemia. La causa più frequente erala malattia renale cronica (55%) seguita dal deficit relativo di ferrosecondario all’infiammazione cronica (23%), dall’iposideremia(8%) e dalla malnutrizione. La correzione dell’anemia associata aun adeguato apporto calorico e proteico, oltre alle procedure con-suete di rivascolarizzazione, correzione dell’infezione e scaricodella lesione, potrebbe avere un ruolo importante nel migliorare laprognosi dei pz con UPD.

    Riassunti – Poster

    Efficacia e sicurezza della risonanza magnetica tera-peutica nella gestione delle lesioni del piede diabetico

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  • Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

    Abbruzzese L, Bonino G, Mattaliano C, Goretti C, Iacopi E,Coppelli A, Piaggesi A

    Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, AziendaOspedaliero-Universitaria Pisana

    Scopo. Recentemente è stata proposta una nuova tecnologia, larisonanza magnetica terapeutica (TMR), per la gestione di unaserie di condizioni ulcerative croniche; scopo del nostro studio èstato valutare la sicurezza e l’efficacia della TMR nella gestionedelle lesioni del piede diabetico (DF).Metodi. Abbiamo trattato un gruppo di pazienti consecutivi ri-coverati nel nostro reparto (Gruppo A - n 10; età 67,7 ± 18,9 aa,durata del diabete 22,3 ± 6,6 aa, HbA1c 8,1 ± 1,1%, BMI 29,4 ±2,1 kg/m2) con ampie lesioni post-chirurgiche per DF per due set-timane consecutive con un apparecchio per la TMR a bassa in-tensità (Thereson, Milano, I) in aggiunta al trattamento standard.I pazienti, confrontati con un gruppo di controllo con le stessecaratteristiche (Gruppo B), sono stati successivamente seguitimensilmente per 6 mesi per valutare il tasso (HR) e il tempo (HT)di guarigione, la percentuale della lesione coperta da tessuto digranulazione a 3 mesi (GT) e il numero di eventi avversi.Risultati. HR era del 90% nel Gruppo A e 30% nel Gruppo B (p < 0,05); GT era 73,7 ± 13,2% nel Gruppo A vs 51,84 ± 18,77%nel Gruppo B (p < 0,05). HT nel Gruppo A era di 84,46 ± 54,38 gior-ni vs 148,54 ± 78,96 giorni nel Gruppo B (p < 0,01). Nessunadifferenza nel numero di eventi avversi (5 nel Gruppo A vs 6 nelGruppo B) veniva registrata nel corso dello studio.Conclusioni. TMR si è dimostrata sicura ed efficace, in aggiuntaal trattamento standard, nella gestione delle ampie lesioni post-chirurgiche del piede diabetico.

    Analisi dei costi sanitari del management ambulatorialedel piede diabetico in ospedale e progetto di assistenzabasato sull’intensità di cure

    Aliquò MS, Giordano S, Guzzetta P, Mamone G, Canzoneri G,Di Franco R, Pinto R

    UOS Cura Piede Diabetico, ARNAS Civico, Palermo

    Introduzione. Dati dell’Osservatorio ARNO Diabete mostranoche il diabete occupa il secondo posto tra le patologie per i piùalti costi diretti: per ogni diabetico spendiamo 2756 € all’anno,contro i 1545 spesi per chi non ha il diabete. Circa 1600 € deri-vano dai ricoveri, che sono circa l’80% in più rispetto a chi nonha diabete. Le amputazioni, nei pazienti diabetici, sono cinquevolte più frequenti.Scopo del lavoro. Valutare i costi di un team multidisciplinareper la gestione ambulatoriale del piede diabetico in ospedale.Metodi. È stata fatta un’analisi dei costi relativi al personalecoinvolto nella cura del piede diabetico, al materiale impiegatoper le medicazioni, alle analisi strumentali e di laboratorio ese-guite, alle terapie antibiotiche praticate. Il costo di gestione am-bulatoriale è stato confrontato con il costo di gestione indegenza ospedaliera. È stato inoltre ideato un percorso di reteassistenziale intraospedaliero e ospedale-territorio basato sul-l’intensità di cure che consente il follow-up del paziente e la ra-zionalizzazione delle risorse.Conclusione. La gestione ambulatoriale della cura del piede dia-betico da parte di un team multidisciplinare è economicamentevantaggiosa, efficace e può ridurre il numero di ricoveri nel pa-ziente con piede diabetico con risparmio per il SSN.

    Uso di medicazioni avanzate con tecnologia Hydrofiber®e aggiunta di ioni argento nella cura del piede diabetico

    Aliquò MS, Giordano S, Guzzetta P, Mamone G, Di Franco R,Pinto R

    UOS Cura Piede Diabetico, ARNAS Civico, Palermo

    Scopo della ricerca. Valutare i vantaggi di un trattamento dellelesioni del piede diabetico con medicazioni avanzate con tecno-logia Hydrofiber®. Le medicazioni antimicrobiche topiche all’ar-gento sono utilizzate per la prevenzione e il trattamento delleinfezioni in numerose tipologie di ferite, sono facili da applicare,garantiscono una disponibilità prolungata dell’argento, richiedonocambi della medicazione meno frequenti e assicurano ulteriori be-nefici, come la riduzione dell’eccesso di essudato, il manteni-mento di un ambiente umido, la facilitazione dello sbrigliamentoautolitico.Metodi. Abbiamo selezionato 36 pazienti diabetici con ulceredegli arti inferiori e segni di infezione. I pazienti sono stati medi-cati con medicazione in tecnologia Hydrofiber® con fibra rinfor-zante, di carbossimetilcellulosa sodica pura in fibre gelificanti erinforzanti con aggiunta di ioni argento. Questa medicazione al-tamente assorbente e conformabile interagisce con l’essudatodella lesione formando un gel che mantiene l’ambiente umido enon rilascia essudato. Sono stati esclusi dal campione esaminato13 pazienti medicati per un periodo minore di due settimane.I pazienti trattati erano 23 (7 F e 16 M) di età media 66 anni. Quin-dici pazienti avevano ulcere ai piedi e 8 alle gambe. Il trattamentomedio è stato di 4 settimane. In presenza di segni di infezione èstato eseguito tampone con prelievo dei tessuti profondi dopolavaggio con soluzione fisiologica. In caso di positività, è stata in-trapresa antibioticoterapia mirata. Nove pz sono guariti, 10 hannoottenuto un miglioramento della lesione (riduzione di diametro opresenza di tessuto di granulazione), 2 pazienti non hanno otte-nuto benefici e in 2 pazienti si è avuto un peggioramento delle le-sioni.Conclusioni. Il trattamento ha consentito di ottenere un buoncontrollo dell’essudato e il miglioramento delle lesioni in oltrel’80% dei casi. Considerato il progressivo aumento del fenomenodell’antibiotico-resistenza, la diminuzione del numero di antibio-tici in fase di sviluppo e la restrizione di trattamento, le medicazioniutilizzate possono essere un valido aiuto nella cura delle ulceredegli arti inferiori in pazienti diabetici.

    Piede di Charcot: una complicanza poco conosciuta.Approccio diagnostico multidisciplinare

    Baccolini L1, Forlani G1, Diodato S2, Guidalotti P2, Fanti S2,Marchesini Reggiani G1

    1SSD Malattie del Metabolismo e Dietetica Clinica, 2UO Medi-cina Nucleare, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

    Il piede di Charcot è caratterizzato, da un punto di vista morfo-strutturale, da una completa alterazione dei normali rapporti osteo -articolari con presenza di fratture ossee che comportano varigradi di deformità del piede. La maggior parte dei pazienti affettida osteoartropatia di Charcot ha un’età compresa fra i 50 e i 60 an-ni, con una prevalenza fra lo 0,08-13% delle persone con dia-bete, tuttavia con prevalenza reale verosimilmente più alta acausa della tardiva o errata diagnosi. Riportiamo il caso di unuomo di 58 anni (BMI 35,19 kg/m2). All’APR, IMA a 54 anni, dia-bete mellito a 42, con polineuropatia, ipertensione arteriosa (sin-drome metabolica), BPCO, discopatia degenerativa del rachide,pregresso TVP arto inferiore destro, pregresso intervento di ca-taratta all’occhio sinistro, meniscectomia bilaterale. Sette giorniprima, ricovero presso altro presidio per linfedema arto inferioredestro e placca sopraelevata arrossata interpretata dallo specia-lista dermatologo come erisipela, trattata con antibiotico-terapia

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  • Congresso AMD-SID Piede Diabetico

    con scarso beneficio. All’ingresso il paziente presentava sinto-matologia algica bilaterale a carico degli AAII, più importante adestra. Non alterazioni dei valori ematochimici a eccezione del-l’emoglobina glicata (66,1 mmol/mol) e PCR 8,6 mg/l. L’ecocar-diografia evidenziava cardiopatia ischemico-ipertensiva in fasedilatativa. L’ECD AAII evidenziava medio-calcinosi in assenza diocclusioni stenosanti significative e TVP in atto. La consulenzadiabetologica è stata completata dalla valutazione podologica perla presenza di una lesione ulcerativa plantare al piede destro. EOpodologico: lesione ulcerativa plantare IA TUC piede dx in qua-dro clinico compatibile con artropatia di Charcot in fase attiva. Èstata eseguita 18F-FDG PET/TC. La metodica ha mostrato unipermetabolismo in corrispondenza di una lesione ulcerativa,senza interessamento dei piani profondi e dei tessuti ossei. Coe-sisteva una captazione diffusa della ragione tarsale sinistra, conesclusivo interessamento articolare, diagnostica per artropatia diCharcot. Nel paziente diabetico la complicanza più invalidante acarico degli AAII è rappresentata dal piede diabetico. L’artropa-tia di Charcot può coesistere, rendendo fondamentale un’accu-rata diagnosi differenziale. L’indagine più utilizzata è la MRI ma laletteratura riporta molteplici studi sull’utilizzo della 18F-FDGPET/TC, che ha discreta sensibilità e buona specificità (74%-91%) nella diagnosi di osteomielite, costituendo uno strumentoutile nella diagnosi differenziale tra piede diabetico e artropatia diCharcot.

    Effetti di un percorso strutturato di educazione tera-peutica (ETS) del paziente diabetico ad alto rischio perulcera agli arti inferiori sulla prevenzione dell’ulcera: lanostra esperienza

    Bianco M, Zavaroni D, Busconi I, De Joannon U, Morandi E,Brea P, Balzarelli A, Beghi G, Grassi S, Lazzari I, Scavone C,Turatto F

    Cure Primarie, Unità Operativa Diabetologia e Malattie Meta-boliche, ASL Piacenza, Piacenza

    La prevenzione primaria dell’ulcera agli arti inferiori (AI) nel pa-ziente diabetico è un obiettivo importantissimo sia per la salute ela qualità di vita del paziente sia per i costi sanitari conseguenti allecure di questa patologia. Le strategie per la prevenzione dell’ul-cera hanno come punto fondamentale l’adesione del paziente alpiano di cura, che si ottiene solo attraverso la sua conoscenza econdivisione dei trattamenti.Scopo dello studio. Valutare gli effetti di un percorso di educa-zione terapeutica strutturata (ETS) per la prevenzione primariadelle ulcere agli arti inferiori nei pazienti diabetici afferenti all’UO diDiabetologia di Piacenza.Materiale e metodi. Presso l’ambulatorio del piede è stato at-tivato un percorso di ETS che ha coinvolto nell’arco di un anno480 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 e 2, di età tra 46 e77 anni. Tutti sono stati selezionati per alto rischio di ulcera inbase a lunga durata di malattia diabetica > 10 anni associata adalmeno uno dei seguenti fattori: 1, deformazioni dei piedi (allucevaro, valgo, piede piatto, piede cavo, callosità ecc.); 2, presenzadi arteriopatia agli arti inferiori documentata con indice ABI, eco-colordoppler arterioso, o di neuropatia documentata con esameobiettivo, biotesiometria e/o EMG arti inferiori; 3, scarso com-penso glicemico con valori di emoglobina glicata < 8,5%. Tuttisono stati inseriti in un ciclo di incontri di ETS costruito con l’in-tervento del diabetologo e dell’infermiera esperta, presidiato daun care giver della Diabetologia, con rivalutazione di rinforzo a 6 mesi. Al ciclo si associava il monitoraggio glicemico periodicocon modifiche terapia per il miglioramento del compenso glico-metabolico, revisione dietoterapia con la dietista, controllo dell’ef-ficacia dei presidi ortesici prescritti per i pz con deformità ai piedi.

    I pazienti sono stati confrontati con un gruppo di controllo di 300 pa-zienti ad alto rischio che non è stato possibile inserire nel per-corso, ma che hanno ricevuto solo informazioni standard sullacura del piede durante le visite. Risultati. Nel gruppo di pz inseriti nel percorso di ETS lo svilupponell’anno successivo di ulcere ai piedi è stato del 12% rispetto al21% dei pz del gruppo di controllo. La causa più frequente di ul-cera è stata l’incostante utilizzo dei presidi ortesici consigliati e lascarsa igiene personale. In 5 casi i pz avevano interrotto saltua-riamente anche le terapie prescritte. Nei pz educati si è verificatoanche un miglioramento dell’emoglobina glicata (riduzione mediadi 0,7%) e dell’assetto lipidico.Conclusioni. I nostri risultati sulla prevenzione primaria dell’ul-cera si riferiscono a un periodo di solo un anno conseguenteall’intervento di ETS, ma consentono di trarre alcune conside-razioni positive sull’efficacia del percorso educativo. Rispetto algruppo di controllo, i pz inseriti nel percorso hanno avuto minoresviluppo di ulcere ai piedi e maggiore impegno anche nell’ade-sione alla cura in generale della malattia diabetica, dimostratodal miglioramento del dato di emoglobina glicata. Il punto di de-bolezza è il forte impegno richiesto al personale sanitario per larealizzazione del percorso di ETS, che richiederebbe risorse ag-giuntive.

    La rivascolarizzazione diretta dell’angiosoma riduceamputazioni maggiori e mortalità nei pazienti diabeticicon ischemia critica e lesioni attive

    Coppelli A1, Iacopi E1, Bargellini I2, Cicorelli A2, Goretti C1, Lu-nardi A2, Mattaliano C1, Cioni R2, Piaggesi A1

    1Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2Sez.Dip. Radiologia Interventistica, Dipartimento Immagini,Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

    Scopo dello studio. Il ruolo del modello degli angiosomi (MA)come guida per le procedure di rivascolarizzazione è a tutt’oggidibattuto. Abbiamo valutato se la rivascolarizzazione diretta se-condo il MA possa modificare positivamente l’evoluzione clinicain soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) con ischemiacritica (IC) sottoposti a rivascolarizzazione percutanea endolumi-nale (PTA).Metodi. Abbiamo valutato retrospettivamente 445 PTA efficaciconsecutive a carico degli arti inferiori in 370 pazienti (1,2 PTA/pz) affetti da DMT2 (M/F 257/113; età 73,5 ± 9,3 aa; BMI 27,4± 4,8 kg/m2; durata diabete 21,4 ± 12,8 aa; HbA1c 7,8 ± 1,6%)ricoverati nel nostro reparto per IC e lesioni ulcerative (LU) alpiede. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: diretto (GD 266pz, 72%) e indiretto (GI 104 pz, 28%) in base all’acquisizione omeno di flusso diretto a livello dell’arteria che alimenta il sito dilesione, secondo il MA. Nessuna differenza significativa è stataosservata tra i due gruppi riguardo alle principali caratteristichecliniche. Le percentuali di guarigione delle lesioni (GL), di am-putazione maggiore (AM) e di morte (M) sono state confrontatenei due gruppi durante un follow-up di 18,9 ± 12,4 mesi (range0,7-43,2 mesi).Risultati. La percentuale di GL era 68% in GD e 52% in GI (c2= 9,6; p < 0,05), quella di AM era 11% in GD e 4% in GI (c2 = 9,4;p < 0,02). Il tasso di mortalità cumulativa durante il follow-up era14% in GD e 27% in GI (c2 = 8,7; p < 0,02).Conclusioni. I nostri dati confermano come la rivascolarizza-zione diretta dell’angiosoma della lesione a livello del piede si as-soci a maggiori percentuali di guarigione e a una riduzione dellepercentuali di amputazione maggiore e di morte, se confrontatacon la rivascolarizzazione indiretta. Il MA dovrebbe quindi esserepreso in considerazione nei pazienti diabetici con lesioni al piedeche vengano sottoposti a PTA.

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  • Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

    Valutazione clinica biomeccanica e rischio di cadute neipazienti diabetici con livelli crescenti di patologia delpiede

    Coppelli A1, Iacopi E1, Lamola G2, Martelli D3, Goretti C1, Ven-turi M2, Chisari C2, Piaggesi A1

    1Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2UONeuroriabilitazione, Dipartimento di Neuroscienze, AziendaOspedaliero-Universitaria Pisana; 3Scuola Superiore San-t’Anna, Pisa

    Scopo dello studio. Valutare l’efficacia di semplici test clinici difunzionalità motoria nel definire le alterazioni del pattern motorioe il corrispondente rischio di caduta, in pazienti con neuropatiadiabetica (ND) iniziale e avanzata.Metodi. Trentacinque pazienti consecutivi, affetti da diabete mel-lito di tipo 2 (M/F 27/8; età 62,1 ± 9,7 aa) valutati presso il nostroambulatorio del piede diabetico sono stati divisi in 4 gruppi:Gruppo 1 (10 pazienti) senza ND né lesioni ulcerative (LU) alpiede; Gruppo 2 (9 pazienti) con ND ma senza LU; Gruppo 3 (7 pazienti) con ND e LU al piede non infette e non ischemiche;Gruppo 4 (9 pazienti) con pregresse LU neuropatiche. I pazientisono poi stati valutati in base ai seguenti parametri: (i) Test delcammino in 6 minuti (6MWT), (ii) Test del cammino in 10 metri(10mWT); (iii) Scala dell’equilibrio di Berg (SEB); (iv) Dynamic Gaitindex (DGI); (v) Test Timed Up and Go (TUG). SEB rappresenta unindice di equilibrio statico mentre gli altri sono indici di equilibriodinamico.Risultati. I risultati e le relative significatività sono riportati nella ta-bella sottostante.

    Gruppo 6MWT TUG 10mWT DGI SEB1 423,6 9,8 8,7 23,6 54,82 330,2 11,2 10,2 22,7 53,23 394,8 10,6 8,3 21,6 544 401,6 9,8 9 21,9 51,6Significativitàp 1 vs 2 0,002 0,06 0,102 0,129 0,173p 1 vs 3 0,329 0,38 0,66 0,009 0,19p 1 vs 4 0,504 0,965 0,824 0,06 0,056p 2 vs 3 0,057 0,491 0,05 0,142 0,667p 2 vs 4 0,027 0,102 0,36 0,577 0,626p 3 vs 4 0,728 0,563 0,418 0,516 0,412

    Conclusioni. I risultati del nostro studio suggeriscono come lapresenza di ND in soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 de-termini alterazioni maggiori nell’equilibrio dinamico che in quellostatico. Tali dati permettono inoltre di iniziare a valutare l’azionedella ND sul rischio di caduta.

    Valutazione della funzione sudomotoria mediante Neu-ropad come metodo di screening della neuropatia au-tonomica cardiovascolare

    Cordone S, Salzo A, Di Vincenzo S, Cocco L, Di Ponte F,Aiello A

    UOC Diabetologia-Endocrinologia, PO Cardarelli Azienda Sa-nitaria Regionale Molise, Campobasso

    Background. Il Neuropad (NP) è un test di screening per la po-lineuropatia periferica diabetica e dai risultati di alcuni studi anchedella neuropatia autonomica cardiovascolare (CAN).Obiettivo dello studio. Valutare le prestazioni del NP rispetto aitest di Ewing per lo screening della CAN.

    Materiale e metodi. Pazienti (pz) diabetici afferenti al nostro cen-tro sono stati selezionati e sottoposti ai test di Ewing: Deep Brea-thing (DB), Lying to Standing (LS), Cought test (CT) e PosturalHypotension (PH) e a valutazione della funzione sudomotoria me-diante NP applicato alla pianta dei piedi per 10 min. Per studiarele concordanze tra variabili dicotomiche, è stato usato il testMcNemar.Risultati. Venti pz hanno eseguito i test neuroautonomici, il 25%è risultato positivo a un test, il 15% a 2 test, nessun pz è risultatopositivo a 3 test o all’intera serie, suggerendo una neuropatia au-tonomica cardiaca precoce non sintomatica. Nel campione di 20 pz che hanno eseguito almeno un test neuroautonomico, NPè stato in grado di riconoscere 4 su 5 pz affetti (sensibilità 80%),riconoscendo come positivi 8 su 15 pz negativi (specificità 46%).L’accuratezza (Acc) del dispositivo è risultata del 55%, mentre ilvalore predittivo positivo (PPV) è del 33%, il valore predittivo ne-gativo (NPV) è dell’87,5%. Non è stata riscontrata una concor-danza statisticamente significativa tra la neuropatia autonomicadiabetica, rilevata dai test neuroautonomici, e la funzione sudo-motoria, rilevata da NP (p-value 0,04). La sens, spec, PPV e NPVdel NP rispetto ai singoli test sono risultate essere rispettiva-mente: per DB 66,7%, 40%, 18,2%, 85,7%, l’Acc del 44%; perCT 100%, 47%, 18,2%, 100%, quest’ultimo influenzato dall’as-senza di pz positivi al test e negativi al NP, l’Acc del 44,4%; perPH 100%, 47%, 18,2%, 100%, quest’ultimo influenzato dall’as-senza di pz positivi a test e negativi al NP, l’Acc del 44%; per LSnon è stato possibile valutare la sens e PPV, per assenza di pz po-sitivi sia al test sia all’NP e la spec 33,3%, NPV 83,3%, l’Acc del31,3%.Conclusioni. Nel rilevare la CAN il dispositivo NP mostra perfor-mance moderate, ma suddividendo la popolazione in oggetto inbase alla durata di malattia è stato osservato che nei pz neodia-gnosticati vs pz in follow-up, NP presenta migliore spec (57 vs28%), e Acc (55 vs 50%), mentre nel gruppo al follow-up miglio-re sens (100 vs 50%); in base al range di HbA1c, per valori ≥ 54 mmol/mol vs ≤ 54 mmol/mol, NP mostra migliore sens (100 vs 50%), spec (57 vs 37%), l’Acc (70 vs 40%), PPV (50 vs16%), NPV (100 vs 75%).

    Valutazione della funzione sudomotoria mediante Neu-ropad come metodo di screening della neuropatia peri-ferica nei pazienti diabetici asintomatici

    Cordone S, Salzo A, Di Vincenzo S, Cocco L, Di Ponte F,Aiello A

    UOC Diabetologia-Endocrinologia, PO Cardarelli, Azienda Sa-nitaria Regionale Molise, Campobasso

    Background. Il Neuropad (NP) è un test di screening per la po-lineuropatia periferica diabetica e dai risultati di alcuni studi anchedella neuropatia autonomica cardiovascolare (CAN).Obiettivo dello studio. Valutare le prestazioni del NP rispetto alDNI (Diabetic Neuropathy Index) e ai singoli test di screening dellesensibilità periferiche in una popolazione di pazienti diabetici asin-tomatici, di tipo 1 e di tipo 2.Materiale e metodi. I pazienti sono stati sottoposti a studio dellafunzione sudomotoria mediante applicazione di NP alla pianta deipiedi per 10 min, ispezione del piede, valutazione dei riflessi achil-lei e rotulei, sensibilità vibratoria (VPT), sensibilità pressoria, sen-sibilità tattile e dolorifica e DNI. Per studiare le concordanze travariabili dicotomiche è stato usato il test McNemar.Risultati. Nel campione di 22 pazienti (pz), NP rispetto al DNI hariconosciuto 7 su 10 pz affetti (sens 70%), valutando come posi-tivi 6 pz su 12 pz negativi (spec 50%). L’accuratezza (Acc) del di-spositivo è del 59%, il valore predittivo positivo (PPV) è del 53,8%,il valore predittivo negativo (NPV) è del 66,7%. Non è stato trovato

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  • Congresso AMD-SID Piede Diabetico

    p-value statisticamente significativo per escludere la concordanzatra funzione sudomotoria, rilevata da NP e la DPN (p-value 0,50).Andando ad analizzare i singoli test:

    Sens Spec PPV NPV Acc p-valueVPT alluce 63,6 45,5 53,8 55,6 54,5 0,75VPT malleolo 57,1 37,5 61,5 33,3 50,0 1,0Monofilamento 100 42,9 7,7 100 45,5 0,001ROT achilleo 66,7 43 30,8 77,8 50,0 0,07ROT rotuleo 75,0 44,4 23,1 88,9 50,0 0,01Sens. dolorifica 100 45,0 15,4 100 50,0 0,002Sens. tattile 100 45,0 15,4 100 50,0 0,002

    Conclusioni. Nel rilevare la DPN, NP mostra dati sovrapponibilialla letteratura in termini di spec ma inferiori in termini di sens ma,suddividendo la popolazione in base alla durata di malattia e alcontrollo metabolico, è stato riscontrato che le prestazioni di NPsono migliori nei pz in follow-up vs pz neodiagnosticati e nel sot-togruppo con HbA1c ≥ 54 mmol/mol vs Hba1c ≤ 53 mmol/mol.Nel primo caso la sens passa dal 25% al 100%, la spec dal 42%al 60%, l’Acc da 36,4 all’81,8%, il PPV dal 20% al 75%, l’NPV dal50% al 100%, nel secondo caso, la sens passa dall’80% al 60%,la spec dal 66,7% al 33,3%, l’Acc dal 72,7% al 45,5%, il PPV dal66% al 42%, l’NPV dall’80% al 50%.

    Isolamenti batterici in diabetici ricoverati per lesionicomplicate agli arti inferiori in un centro per la cura delpiede diabetico

    Dalla Paola L, Carone A, Principato MC, Vasilache L, Patta-vina M

    UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care And Research, Cotignola (RA)

    Introduzione. Il diabete mellito è una malattia cronica che pre-senta progressive complicanze croniche d’organo. L’infezione dilesioni che insorgono a livello dei piedi è una delle più impegna-tive complicanze che può condurre a un’amputazione d’arto. Ab-biamo analizzato gli isolamenti microbiologici in pazienti con piedediabetico infetto ricoverati presso il nostro Centro specializzatonel trattamento del piede diabetico. Materiale e metodi. Da gennaio 2013 a dicembre 2013, sonostati analizzati 984 campioni tessutali ottenuti dai pazienti ricove-rati. Lo staging clinico di infezione era moderato-severo in ac-cordo con la classificazione IDSA (Infectious Disease Society ofAmerica) ovvero grado 3-4 in accordo con la classificazionePEDIS.Risultati. I più comuni microrganismi isolati sono stati: Staphy-lococcus aureus (SA) (26%), Pseudomonas aeruginosa (PA)(17%), Staphylococcus epidermidis (17%), Proteus mirabilis (PM)(5%), Staphylococcus intermedius (5%), Escherichia coli (EC)(4%), Enterococcus cloacae (3%), Enterococcus faecalis (3%) eKlebsiella pneumoniae (KP) (2%). Altri (18%). Nella nostra casi-stica il 61,6% degli SA era meticillino-resistente, con un’elevatasensibilità a vancomicina, daptomicina, linezolid e teicoplanina.Dopo lo SA il secondo isolamento è stato ad appannaggio delloPA che presentava un’elevata sensibilità alla colistina. Riguardoagli altri ceppi Gram-negativi, l’EC, la KP e il PM hanno dimo-strato un elevato grado di sensibilità all’ertapenem e tigeciclina. Conclusioni. Gli isolamenti microbiologici ottenuti nella popola-zione studiata sono in accordo con i dati della letteratura. Il trat-tamento dei quadri infettivi del piede diabetico richiedeusualmente un trattamento combinato che prevede una terapiaantibiotica mirata sugli isolamenti microbiologici e un idoneo trat-tamento chirurgico di bonifica sia dei tessuti molli sia dell’osso

    coinvolto. Un’analisi microbiologica accurata è imperativa perun’appropriata terapia antibiotica.

    Utilizzo di un sostituto dermale gel-like: studio di effi-cacia in una coorte di diabetici con lesioni complicatedegli arti inferiori

    Dalla Paola L, Carone A, Vasilache L, Principato MC, Patta-vina M

    UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care and Research, Cotignola (RA)

    Il trattamento conservativo può essere una sfida terapeutica peri diabetici affetti da lesioni ulcerative degli arti inferiori. In presenzadi una progressione dell’infezione, il drenaggio chirurgico diventaun trattamento essenziale per il salvataggio d’arto. I sostituti der-mali sono utilizzati per la copertura delle aree trattate con debri-dement chirurgico sia in caso di sequestrectomia o amputazioneaperta sia di deiscenza del sito chirurgico. Il sostituto dermalegel-like Integra™ Flowable è stato sviluppato per essere utilizzatoquando la geometria o la localizzazione della lesione non per-metta l’uso di sostituti dermali a reticolo tridimensionale.Materiale e metodi. Da giugno 2013 a ottobre 2014, sono staticonsecutivamente arruolati 71 pazienti diabetici con lesioni ulce-rative al piede o caviglia. Venticinque pazienti presentavano le-sioni esito di un trattamento amputativo minore aperto, 21 pa -zienti di un trattamento di sequestrectomia aperta con presenzadi esposizione della spongiosa ossea, 10 pazienti presentavanouna deiscenza del sito chirurgico e 15 pazienti presentavano le-sioni ulcerative primitive profonde. Tutti i pazienti presentavanouna stadiazione secondo la classificazione della Università delTexas III B-D.Risultati. Il periodo di follow-up medio è stato di 184,08 ±130,09 giorni. Quarantaquattro (61,97%) pazienti sono guariti conuna completa riepitelizzazione della lesione. Di questi, 25 pazientisono stati trattati con applicazione one step della matrice der-mica gel-like e copertura chirurgica con innesto di cute. Quattropazienti sono stati trattati con innesto di cute a distanza dall’ap-plicazione del sostituto dermico. Sedici (22,54%) pazienti hannoevidenziato un miglioramento delle condizioni locali della lesionecon crescita di efficace tessuto di copertura sulla porzione osseaesposta. Undici (15,49%) pazienti non hanno evidenziato signifi-cativo miglioramento delle lesioni in relazione a una recidiva diischemia critica o infettiva.Conclusioni. L’uso del sostituto dermico Integra™ Flowable puòessere considerato un efficace trattamento per lesioni complicatedel piede diabetico se inserito in un programma di trattamentomultidisciplinare.

    Efficacia di Fluorexin come trattamento topico nei pa-zienti diabetici con ulcere sovrainfettate da Candida spp

    Di Campli C, Collina MC, Mancini L, Furgiuele S

    Chirurgia Vascolare Salvataggio d’Arto e Piede Diabetico, IDI-IRCCS, Roma

    Introduzione e scopo. La sovrapposizione infettiva da Candidaspp in ulcere infette di pazienti diabetici costituisce un fattore dirischio importante, che può peggiorare la prognosi di questi pa-zienti, soprattutto in caso di positività del tampone colturale perStaphylococcus spp. In particolare in questi pazienti che in ge-nere sono in dialisi, o sotto terapia antibiotica prolungata, nonsempre è facile associare terapie antifungine sistemiche, e l’im-piego di prodotti di medicazioni specifici ed efficaci può rilevarsi

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  • Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

    molto utile. Il Fluorexin (BluFarma srl) è una soluzione che com-bina quattro prodotti: fluoresceina, uncaria tomentosa, allantoinae Tea tree oil (TTO). Questi agenti hanno una dimostrata azioneimmunomodulante, antinfiammatoria, antiossidante, antimicro-bica e antimicotica (in particolare sulle Enterobacteriaceae, S. mu-tans, Staphylococcus e Candida spp). Inoltre stimola la crescitadei cheratinociti e la sintesi del collagene.Metodi. Abbiamo arruolato 30 diabetici con ulcere Texas II B po-sitive per Candida spp e altre specie batteriche. Tutti i pazientisono stati trattati con debridement chirurgico e poi assegnati amedicazione standard (garza sterile) o trattamento topico congarza imbevuta di Fluorexin. Abbiamo valutato la percentuale diguarigione a 3 mesi.Risultati. Alla fine del periodo di follow-up la guarigione si è ot-tenuta nel 90% dei casi trattati e nel 75% dei controlli.Conclusioni. La medicazione con Fluorexin nei pazienti con tam-pone positivo per batteri e Candida spp può essere consideratoun trattamento aggiuntivo efficace e di basso costo da associareal debridement chirurgico.

    Screening del piede nella malattia diabetica: confrontotra esame clinico e consapevolezza di cura del paziente

    Di Paolo A, Bloise D

    ASL RM H, Presidio Ospedaliero San Giuseppe, Marino,Roma

    Le lesioni del piede, complicanza invalidante del diabete, sonotuttora frequenti, comportano un grave limite nella vita del pa-ziente e un alto onere economico per il sistema sanitario. Laneuropatia sensitiva (NS) e/o l’arteriopatia periferica (AOP) agliarti inferiori sono le complicanze predisponenti allo sviluppodelle ulcere; per evitarne la comparsa i pazienti “complicati” de-vono essere educati alla cura del piede. L’obiettivo dello studioè stato analizzare il grado di consapevolezza nella cura dei piedida parte dei pazienti “complicati” confrontando i dati del que-stionario autocompilato con i dati dello screening eseguito dalpodologo. In un anno, 158 pazienti in visita presso l’ambulato-rio di diabetologia del distretto, con durata di malattia ≥ 10 anni,sono stati sottoposti allo screening del piede. Prima della visita,ogni persona ha compilato un questionario di autovalutazionesulle conoscenze riguardo alla cura del piede. La visita ha com-preso il Michigan Neuropathy Screening Instrument e i test clinico-strumentali secondo le linee guida. Dai dati del questio-nario risulta che l’89% dei pazienti è seguito in diabetologia dapiù di 5 anni, le conoscenze riguardo alla cura dei piedi sono ir-regolari e a volte insufficienti; il 39% dei pazienti esprime l’esi-genza di ricevere maggiori informazioni. I pazienti con classe dirischio ≥ 1 per ulcere (presenza di NS o di AOP, no ulcere) sonoil 51%, di questi il 77% presenta lesioni pre-ulcerative (callosità,distrofie ungueali, macerazioni) e nel 5% (4 casi) dei pazientisono state scoperte ulcere che la persona ignorava di avere. Il 72% dei pazienti con lesioni pre-ulcerative riconosciute alla visita afferma di non avere nessun problema ai piedi, il 45% riporta comportamenti di cura “altamente a rischio” (uso di tron-chesine, forbici). Da quest’analisi emerge la necessità di inter-venti di educazione terapeutica mirati per la cura del piede peri pazienti “complicati” e si evidenzia quanto sia un bisogno av-vertito dai pazienti stessi. Inoltre lo screening strutturato per-mette gli approfondimenti diagnostici e la selezione dei pazientiche realmente necessitano di educazione, calzature e di ortesiper la prevenzione.

    La LDL-aferesi nel trattamento del piede diabeticoischemico. Dati preliminari dello studio HADIF

    Donini D1, Stoico V1, Salvotelli L1, Brocco E2, Messa M1, Fran-chini M3, Capuzzo E3, Saggiani F4, Pugni V5, Manicardi E5, Ba-ricchi R6, Anichini R7, Tedeschi A7, D’Alessandri G8, BonoraE1, Zenti MG1

    1DAI, AOUI Verona, Verona; 2Unità Trattamento Piede Diabe-tico, Policlinico di Abano, Abano Terme (PD); 3Immunoema-tologia e Trasfusionale, AOPOMA, Mantova; 4DipartimentoMedico, AOPOMA, Mantova; 5Diabetologia, ASMN, ReggioEmilia; 6Medicina Trasfusionale, ASMN, Reggio Emilia; 7Dia-betologia, Ospedale Pistoia, Pistoia; 8Immunoematologia eTrasfusionale, Ospedale Pistoia, Pistoia