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Gruppo di lavoro GESTIONE IMPIANTI DI DEPURAZIONE
Facoltà di Ingegneria - Università degli Studi di Brescia
AATTTTII
43a Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria-Ambientale
Le verifiche di funzionalità come strumento per
l’ottimizzazione di impianti e infrastrutture del
Servizio Idrico Integrato
Giovedì 27 gennaio 2011
Palazzo Cittanova Cremona
Coordinatore: prof. ing. Carlo COLLIVIGNARELLI
Con la collaborazione di:
PRESENTAZIONE DELLA GIORNATA DI STUDIO E DEL GRUPPO DI LAVORO
i
Nel maggio 1998, presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Brescia, si è costituito il GRUPPO DI LAVORO sulla GESTIONE DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE, che coinvolge oltre cento tra ricercatori universitari e tecnici gestori di impianti, con l’obiettivo di studiare le tematiche più importanti sulla gestione degli impianti di depurazione, attraverso un’iniziativa avente carattere di continuità. Nel corso degli anni, il Gruppo di lavoro si è occupato di diverse problematiche inerenti la gestione degli impianti di depurazione e potabilizzazione: criteri di monitoraggio, verifiche di funzionalità, smaltimento dei fanghi, gestione delle acque meteoriche, costi e tariffazione, sistemi di distribuzione dell’acqua potabile, riutilizzo delle acque di scarico, certificazione ambientale, emissioni odorigene, ecc. I risultati dei lavori sono stati presentati in numerose Giornate di Studio e sono stati raccolti in volumi pubblicati da vari Editori: Il Sole 24 Ore, CIPA, Aracne, CLUB. Le verifiche di funzionalità hanno rappresentato, storicamente, uno degli aspetti più qualificanti e innovativi della cultura tecnica dei gestori degli impianti di depurazione. A questo argomento, nel contempo, il mondo della ricerca ha dedicato, ormai da molti anni, particolare attenzione, tradottasi in approfondimenti teorico/pratici che hanno condotto alla messa a punto di metodologie sempre meglio perfezionate. In definitiva, su questo argomento si è verificata una proficua “saldatura” tra l’esperienza dei gestori e quella dei ricercatori: il Gruppo di lavoro “Gestione Impianti di depurazione” dell’Università di Brescia ha registrato questa sinergia nel corso della sua storia. Nell’ultimo anno di lavoro del GdL, il tema delle verifiche di funzionalità (tradizionalmente incentrato sui processi di depurazione delle acque di scarico) è stato ripreso ed ampliato a tutti i settori legati al ciclo idrico integrato: fognature, impianti di potabilizzazione, sistemi acquedottistici, utilizzando allo scopo le specifiche competenze di ricercatori e gestori di questi servizi. Il lavoro di elaborazione è ancora in corso e si propone, nel giro dei prossimi mesi, di pervenire alla messa a punto di “metodiche standard di verifica funzionale” per i diversi settori. Nella presente Giornata di Studio (che rappresenta il seguito di una prima iniziativa sull’argomento tenutasi lo scorso 29 settembre a Mortara, PV) vengono presentati i risultati relativi ad alcune metodiche “innovative” che toccano, peraltro, come si vede dal programma delle relazioni, tutti gli aspetti citati. In particolare, vengono presentate verifiche di funzionalità nel campo di: reti fognarie; processi biologici di depurazione dei liquami; trattamenti del fango di depurazione; processi di potabilizzazione delle acque.
La giornata si concluderà con una tavola rotonda con la partecipazione di rappresentanti dei Soggetti coinvolti nella gestione, nel controllo e nella pianificazione.
RELATORIIng. Alessandro AbbàAssegnista di ricerca di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di PAVIAProf. Giorgio BertanzaO di i di i i i bi l i i à di
MATTINO
8:30 Registrazione dei partecipanti
9:00Indirizzi di saluto
POMERIGGIO
Altre verifiche
Presiedono: Luigi Masotti, Stefano Bina
Ordinario di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di BRESCIAIng. Stefano BinaAmministratore delegato, ASM Voghera (PAVIA)Ing. Giorgio BrianzaBusiness Development Settore Acqua, ABB Spa ProcessAutomation Division, Lenno (COMO)Prof. Carlo CollivignarelliOrdinario di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di
9:15Introduzione alla Giornata di StudioCarlo Collivignarelli
Verifiche di processo
P i d E i R ll L i F hi i
14:00Verifiche delle perdite negli acquedottiAlessandro Muraca
14:20Verifiche idrauliche sugli impianti di trattamentoSergio Papiri
BRESCIAIng. Maria Cristina CollivignarelliRicercatrice di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di PAVIAIng. Barbara Marianna CrottiDottore di ricerca in Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di PAVIAIng. Sara FertonaniUfficio Tecnico, AEM Gestioni, CREMONA
Presiedono: Enrico Rolle, Luciano Franchini
9:30Il manuale del Gruppo di Lavoro sulle verifiche di funzionalitàGiorgio Bertanza
9:40
14:40Verifiche strutturali e durabilità dei manufatti in calcestruzzoGiovanni Plizzari
ESEMPI APPLICATIVI:Ing. Paola FoladoriRicercatrice di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di TRENTOIng. Luciano FranchiniDirettore AATO Veronese, VERONAIng. Francesca GialdiniAssegnista di ricerca di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di BRESCIAIng. Andrea Guereschi
9:40Efficienza e funzionalità della strumentazione on‐lineGiorgio Brianza, Marco Valagussa
10:00Test respirometrici e titrimetrici per la determinazione dei parametri cinetici del fango biologicoPaola Foladori Veronica Menapace
15:00Il collaudo degli impianti di potabilizzazione di CremonaSabrina Sorlini
15:15Sperimentazioni in corsoFrancesca Gialdini Barbara Marianna CrottiDirigente Settore Pianificazione e Sviluppo, AEM Gestioni,
CREMONADott. Eugenio LorenziResponsabile Laboratori, Ricerche e Controlli, Divisione Fognatura e Depurazione, SMAT TORINOProf. Luigi MasottiAssociato di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di FERRARAIng. Veronica Menapace
Paola Foladori, Veronica Menapace
10:20Determinazione della potenzialità di un depuratoreGiorgio Bertanza
10:40 PAUSA
Francesca Gialdini, Barbara Marianna Crotti
15:30Verifiche sull’impianto di depurazione di Cremona: Prestazioni Maria Cristina Collivignarelli Idrodinamica Alessandro Abbà Aerazione Sabrina Zanaboni
Assegnista di ricerca di Ingegneria‐sanitaria ambientale, Università di TRENTOIng. Tullio MontagnoliResponsabile Settore Fognature e Depurazione, A2A ‐ BRESCIAProf. Alessandro MuracaAssociato di Costruzioni idrauliche, Università di BRESCIAProf. Sergio PapiriAssociato di Costruzioni idrauliche, Università di PAVIADott. Roberta Pedrazzani
11:10Problematiche nel monitoraggio dei microinquinantiRoberta Pedrazzani
11:30Controllo quantitativo degli scarichi in rete fognariaSara Fertonani
16:00 TAVOLA ROTONDAcoordinano:Vincenzo Riganti, Andrea Guereschipartecipano:
Ricercatrice di Fondamenti chimici delle tecnologie, Università di BRESCIAProf. Giovanni PlizzariOrdinario di Tecnica delle costruzioni, Università di BRESCIAProf. Vincenzo RigantiDocente di Normazione e certificazione, Università di PAVIAProf. Enrico RolleOrdinario di Ingegneria sanitaria‐ambientale, SAPIENZA ‐Università di ROMA
Sara Fertonani
11:50Controllo qualitativo degli scarichi in rete fognariaTullio Montagnoli
12:10Verifiche di processo della digestione anaerobica dei fanghi
rappresentanti di Enti di Gestione, Regioni, ARPA, ...
17:00 CONCLUSIONI
Ing. Sabrina SorliniRicercatrice di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di BRESCIASig. Marco ValagussaHach‐Lange, MILANOIng. Sabrina ZanaboniAssegnista di ricerca di Ingegneria sanitaria‐ambientale, Università di PAVIA
Eugenio Lorenzi
12:30 DISCUSSIONE
13:00 PRANZO
INDICE DELLE RELAZIONI
ii
43a Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria-Ambientale
LE VERIFICHE DI FUNZIONALITÀ COME STRUMENTO
PER L’OTTIMIZZAZIONE DI IMPIANTI E
INFRASTRUTTURE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO
CREMONA
27 gennaio 2011
VERIFICHE DI PROCESSO
Giorgio Bertanza
Il manuale del Gruppo di Lavoro sulle verifiche di funzionalità
pag. 1
Giorgio Brianza Marco Valagussa
Efficienza e funzionalità della strumentazione on-line pag. 10
Paola Foladori Veronica Menapace
Test respirometrici e titrimetrici per la determinazione dei parametri cinetici del fango biologico
pag. 32
Giorgio Bertanza
Valutazione della capacità di trattamento effettiva di un impianto di depurazione municipale
pag. 39
Roberta Pedrazzani Problematiche nel monitoraggio dei microinquinanti
pag. 44
Sara Fertonani Controllo quantitativo degli scarichi in rete fognaria
pag. 49
Eugenio Lorenzi Verifiche di processo della digestione anaerobica dei fanghi
pag. 56
Silvia Rondi La stima degli odori nella Valutazione d‘Impatto Ambientale
pag. 44
INDICE DELLE RELAZIONI
iii
ALTRE VERIFICHE
Alessandro Muraca Verifiche delle perdite negli acquedotti
pag. 65
Sergio Papiri Verifiche idrauliche sugli impianti di trattamento
pag. 86
Giovanni Plizzari Garantire durabilità e controllo della fessurazione in elementi in c.a. con l’utilizzo del calcestruzzo fibrorinforzato: studio sperimentale
pag. 93
Sabrina Sorlini Il collaudo degli impianti di potabilizzazione di Cremona
pag. 103
Francesca Gialdini Barbara Marianna Crotti
Sperimentazioni in corso
pag. 109
Maria Cristina Collivignarelli Alessandro Abbà Sabrina Zanaboni
Verifiche sull’impianto di depurazione di Cremona: prestazioni, idrodinamica ed aerazione
pag. 120
IL MANUALE DEL GRUPPO DI LAVORO SULLE VERIFICHE DI FUNZIONALITÀ
Giorgio Bertanza
DICATA, Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio
e Ambiente
Facoltà di Ingegneria, Università degli Studi di Brescia, Via Branze, 43 – 25123 Brescia
e-mail: [email protected]
1. Il Servizio Idrico Integrato (SII) come processo produttivo
Il Servizio Idrico Integrato (SII) è stato oggetto di studio del Gruppo di Lavoro “Gestione Impianti
di Depurazione” (GdL) a partire dal 1998, anno in cui ebbe inizio la sua attività.
I convegni svolti e i volumi editi hanno preso in esame di volta in volta aspetti differenti del SII (la
gestione tecnica degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane e industriali, il trattamento
dei rifiuti liquidi, la gestione dei fanghi di depurazione, il riutilizzo delle acque di scarico, la
gestione dei piccoli impianti di depurazione, gli aspetti economici della gestione, le reti di
distribuzione dell’acqua potabile, le acque di rete e le acque confezionate, la rimozione
dell’arsenico nei trattamenti di potabilizzazione, la gestione dei sistemi di qualità ambientale, la
gestione delle acque meteoriche, gli odori negli impianti di trattamento acque e rifiuti …)
riproponendo talora il medesimo tema, per necessità di aggiornamento a seguito dell’applicazione
di nuove tecnologie, dell’emanazione di nuove normative o di sopraggiunte esigenze economiche
del mercato (è proprio il caso, ad esempio, dei criteri di monitoraggio e verifica di funzionalità degli
impianti, che furono fra i primi temi affrontati dal GdL, poi ripresi di recente). In calce si riporta un
elenco delle pubblicazioni scientifiche scaturite dall’attività del Gruppo di Lavoro (elenco delle
giornate di studio e altre informazioni sul sito: http://dicata.ing.unibs.it/sanitaria/GdL/).
Una produzione così ampia e diversificata delinea la complessa articolazione (e, nel contempo, ne
scaturisce essa stessa) del SII. Esso, infatti, può essere inteso come una filiera, ovvero una serie di
processi o trattamenti tra i quali s’instaurano consequenzialità ma che possono anche essere studiati
e gestiti distintamente; una prospettiva diversa, seguita nella presente relazione, vede invece il SII
come un impianto produttivo complesso (Figura 1). Le materie prime (l’acqua captata, gli
inquinanti introdotti durante l’utilizzo, i reagenti chimici…) e l’input di energia rappresentano
ovviamente il punto di partenza; attraverso fasi successive di “trasformazione” (la potabilizzazione
e la depurazione) e di trasporto (rete acquedottistica e fognatura) si giunge ai “prodotti” finali, che
sono rappresentati dall’acqua potabile, dall’effluente finale dell’impianto di depurazione, dai fanghi
di potabilizzazione e depurazione.
Fig. 1 – Schematizzazione semplificata del SII come processo produttivo.
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Ogni sequenza del SII è caratterizzata da specifiche peculiarità; considerandolo, infatti, come un
processo produttivo, è possibile distinguere una serie di componenti assolutamente diverse:
- strutture:
o in cemento armato
o in carpenteria mettalica
o tubazioni
- apparecchiature:
o meccaniche
o elettriche
o elettroniche
- processi
o fisici
o chimici
o biologici
Il corretto funzionamento (in ogni sua componente) di questo complesso produttivo consente il
raggiungimento delle prestazioni richieste, che corrispondono a requisiti di efficacia ed efficienza.
2. Le verifiche di funzionalità: cosa sono e che ruolo hanno
La valutazione dell’efficacia e dell’efficienza di ogni singola componente del SII e del SII nel suo
complesso comporta l’esecuzione di una serie di verifiche di funzionalità, dove per “verifica di
funzionalità” si intende la misura delle prestazioni reali e il confronto delle stesse con le prestazioni
attese.
La verifica di funzionalità è, pertanto, un imprescindibile strumento che consente di mantenere e
migliorare le prestazioni del SII, costituendo il punto di partenza per l’individuazione di eventuali
interventi correttivi e/o di adeguamento.
Se, da un lato, è immediato il significato di verifica di funzionalità, dall’altro sono molteplici le
accezioni che essa può assumere in questo contesto. Inoltre, considerando a titolo esemplificativo
alcune operazioni di verifica comunemente svolte, quali:
a. la ricerca delle perdite in un acquedotto
b. la verifica del rispetto degli standard di qualità dell’acqua potabile distribuita
c. il controllo dei consumi energetici di una stazione di sollevamento di una rete fognaria
d. la verifica della correttezza dei parametri di processo di un digestore anaerobico (T, ORP,
alcalinità, rapporto CH4/CO2 nel biogas …)
si notano chiaramente due tipologie fondamentali di verifica. Alla verifica b, infatti, si può
rispondere in modo affermativo o negativo – tertium non datur; le verifiche a, c, d, invece, possono
comportare risposte complesse, articolate e non sempre univoche, nella definizione del giudizio
finale di idoneità.
Ciò premesso, volendo concretizzare con due semplici esempi l’importanza delle verifiche di
funzionalità applicate alle varie componenti del SII, si consideri innanzitutto il seguente
parallelismo.
Una persona giovane, non particolarmente allenata, intraprende una corsa e percorre 100 m in
13’’21 (un tempo discreto!); la stessa persona, giunta al traguardo, è colpita da infarto al miocardio.
Un impianto di depurazione delle acque reflue rispetta perfettamente i limiti allo scarico, ma i
consumi energetici specifici superano 5 kWh/m3 trattato.
Nel primo caso, è evidente che per verificare la funzionalità del sistema (il soggetto che corre) è
necessario monitorare non solo il tempo di percorrenza, ma anche la frequenza cardiaca e la
pressione arteriosa sotto sforzo, mentre nel secondo caso, accanto alla mera verifica del rispetto dei
limiti allo scarico si devono quanto meno misurare gli assorbimenti di energia elettrica!
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Le verifiche di funzionalità devono quindi considerare ogni componente del SII e contestualizzarla,
al fine di gestirla in modo non avulso dal sistema, né di perdere in efficacia e approfondimento nella
sua valutazione.
Il secondo esempio si discosta dal precedente.
Si prenda il vano di carico di un furgone, della capienza di 3 m3. Allo stesso modo, vi sia un reattore
di disinfezione di un impianto di potabilizzazione del volume di 500 m3.
Nel primo caso, si osserva che lo spazio utile può essere ridotto per esempio dalla presenza della
ruota di scorta, della scatola degli attrezzi e dalla bombola del GPL. Nel secondo caso, invece, si
constata che il reattore è a miscelazione completa e, quindi, per il calcolo del parametro C x t
(associabile all’efficienza di disinfezione) si deve adottare un coefficiente moltiplicativo del volume
pari a 0,3.
Studiare la funzionalità significa quindi anche indagare l’effettiva capacità, la potenzialità di un
sistema, a prescindere dalle specifiche tecnico-costruttive o impiantistiche, ma rappresentandone la
reale operatività.
Appare evidente, alla luce degli esempi sopra illustrati, che, nella gestione di qualsivoglia fase del
SII non sia affatto sufficiente effettuare le cosiddette “analisi in uscita”, ma che gli elementi da
tenere sotto controllo siano numerosi e diversi e che richiedano l’intervento di competenze con
preparazione differente e multidisciplinare.
3. Le verifiche di funzionalità: passato e presente
Tra i primi lavori, in Italia, ad affermare l’importanza fondamentale delle verifiche di funzionalità
sugli impianti di depurazione delle acque reflue e a proporre specifiche metodologie sperimentali di
verifica vanno sicuramente citati i seguenti: Collivignarelli et al. (1979a), Collivignarelli et al.
(1979b), Collivignarelli et al. (1979c), Collivignarelli e Urbini (1981), Urbini et al. (1982).
A partire dalle prime esperienze sul campo (presso l’impianto di depurazione di Cervia) e delle
prime pubblicazioni, le verifiche di funzionalità proposte sono diventate numerose, dettagliate e
sempre più mirate, andando a considerare ogni singola componente del SII.
Si ricordi, a tal proposito, quanto pubblicato in anni più recenti (Bertanza e Collivignarelli, 2006;
Collivignarelli e Sorlini, 2007) e in alcuni dei già citati volumi a cura del Gruppo di Lavoro
“Gestione Impianti di Depurazione”.
Alcune verifiche sono state già tradotte in veri e propri standard, come ad esempio nel caso delle
verifiche di capacità di trasferimento dell’ossigeno da parte dei sistemi di aerazione (tra gli altri:
German ATV, 1996).
Da ultimo, e per rimarcare l’importanza di queste verifiche, si ricorda che, in seno all’International
Water Association (IWA), almeno due Specialist Gropus si occupano esplicitamente di queste
tematiche; nella fattispecie i gruppi: Water loss e Benchmarking and performance assessment.
4. Le “nuove” verifiche: verso la standardizzazione. Il “Manuale sulle verifiche di
funzionalità di impianti e infrastrutture del servizio idrico integrato”
Nella presente relazione ci si riferisce a “nuove” verifiche attribuendo a questo aggettivo non già il
significato di “più complesse”, “totalmente innovative” o “che richiedano strumenti più sofisticati”,
ma, piuttosto:
- più razionalizzate
- possibilmente semplificate
- standardizzate.
Per partire un po’ da lontano: in seguito alla seconda rivoluzione industriale e all’ampliamento dei
mercati, si profila la necessità di definire norme e criteri condivisi per valutare oggettivamente e
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
confrontare la qualità di un prodotto o di un servizio erogato. E’ nel 1898 che nasce infatti
l’American Society for Testing and Materials (dal 2001 ASTM International), una delle principali
organizzazioni mondiali per lo sviluppo di standard. Rimanendo nel settore dell’Ingegneria
Ambientale, è interessante ricordare che solo sette anni più tardi, nel 1905, veniva data alle stampe
la prima edizione degli “Standard Methods for the Examination of Water and Wastewater”. Oggi
l’utilizzo degli standard (si ricordino, per esempio le norme ISO, citate in precedenza tra la
normativa volontaria) è esteso ai principali settori industriali, commerciali, e istituzionali.
E’ superfluo citare esempi di utilità degli standard: dall’effettuazione di un’analisi chimica, alla
realizzazione di un manufatto in acciaio inox, fino all’acquisto di una risma di carta avente fogli di
dimensioni prestabilite, come quello su cui sono stampati questi atti…
La standardizzazione contribuisce, in generale, a elevare i livelli di qualità, sicurezza, affidabilità,
efficienza e consente di attribuire un valore economico a tali benefici. Nell’ambito di una misura o
di una verifica, la standardizzazione consente di renderla più facilmente realizzabile in pratica e in
un certo senso a certificarla, definendo esattamente, tra l’altro, le procedure, le modalità di
presentazione dei risultati e la variabilità intrinseca dei medesimi, quindi la loro significatività.
Per tale motivo, è indispensabile, a questo punto, procedere a una sistematica standardizzazione
delle verifiche di funzionalità, qualora non siano già state contemplate da norme ad hoc (come nei
casi già citati) in modo da poterle applicare:
- in sede di collaudo
- in fase di gestione
Il Gruppo di Lavoro sta attualmente procedendo alla raccolta ordinata e all’organizzazione delle
norme esistenti; per quanto attiene alle verifiche di funzionalità proposte nel corso degli anni, frutto
dell’esperienza condivisa di ricercatori e gestori, esse sono in fase di revisione e aggiornamento, in
vista di una loro possibile standardizzazione.
Vi è, infatti, la consapevolezza che solo attraverso una operazione di questo tipo l’enorme mole di
lavoro svolta in questi anni e concretizzatasi in indicazioni tecniche dettagliate o addirittura in linee-
guida, possa essere davvero fruita e condivisa da tutti coloro che operano nell’ambito del SII,
nonché, possa rappresentare un utile strumento di conoscenza per gli utenti finali dello stesso.
La struttura del redigendo Manuale, ancora in versione provvisoria, è riportata in Figura 2, con
l’indicazione dei numerosi Autori impegnati nel lavoro (il GdL è peraltro aperto a qualsiasi ulteriore
collaborazione). In Figura 3 è invece riportato lo schema secondo il quale viene preparato ciascun
capitolo del manuale stesso.
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Fig. 2 – Indice provvisorio del Manuale.
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Fig. 3 – Traccia per la stesura di ogni capitolo del Manuale.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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studio del comportamento dei reattori biologici a fanghi attivi - Nota 2: Risultati sperimentali" -
Ingegneria Ambientale - vol. 8 n. 4, luglio.
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G. Urbini, C. Collivignarelli e M. Olmo (1982): "Nuovi metodi di verifica sperimentale della
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transfer in activated sludge aeration tanks with clean water and in mixed liquor” June-1996-
ISBN 3-934984-50-9
Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione”. La gestione degli impianti di
depurazione. Vol. 1: aspetti normativi e sicurezza. Ed. C.L.U.B., Brescia, 1999.
Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione”. La gestione degli impianti di
depurazione. Vol. 2: monitoraggio. Ed. C.L.U.B., Brescia, 1999.
Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione”. La gestione degli impianti di
depurazione. Vol. 3: collaudo e verifiche di funzionalità. Ed. C.L.U.B., Brescia, 1999.
Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione”. La gestione degli impianti di
depurazione. Vol. 4: upgrading. Ed. C.L.U.B., Brescia, 1999.
Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione”. La gestione degli impianti di
depurazione. Vol. 5: gestione, manutenzione e controllo. Ed. C.L.U.B., Brescia, 1999.
Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione”. La gestione degli impianti di
depurazione. Vol. 6: trattamenti congiunti di reflui speciali negli impianti biologici
municipali. Ed. C.L.U.B., Brescia, 1999.
Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione”. La gestione degli impianti di
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8
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M. Pergetti S. Canedoli, La tariffazione degli scarichi industriali – Proposte per un nuovo criterio di
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Ed. Cipa, Milano, novembre 2006
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destinazione d’uso industriale. A cura di F. Avezzù, S. Cavallari, M. Anselmi, Volume
Collana Ambiente, Ed. Cipa, Milano, ottobre 2007
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Gruppo di lavoro “Gestione degli impianti di depurazione” (2009): “Riutilizzo delle acque reflue
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Ambiente, Ed. Cipa, Milano, novembre 2009, pp. 164, ISBN 978-88-95591-06-3
9
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
GRUPPO DI LAVGESTIONE IMPIANTI DI D
Facoltà di IngegnFacoltà di IngegnUniversità di Bre
Effi i F i lità dEfficienza e Funzionalità de
Marco ValagussaMarco Valagussae.mail: [email protected]
Le verifiche di funzionalità come strumi f t tt d l Se infrastrutture del Ser
43° Giornata di Studio di IngegCoordinatore : Prof CarCoordinatore : Prof Car
Giovedi’ 27 GEPalazzo C
Corso GariCorso GariCrem
ORO EPURAZIONE nerianeria escia
ll St t i O Lilla Strumentazione On-Line
Giorgio BrianzaGiorgio Brianza e.mail:[email protected]
mento per l’ottimizzazione di impianti i i Id i I t trvizio Idrico Integrato
gneria Sanitaria - Ambientalerlo COLLIVIGNARELLIrlo COLLIVIGNARELLI
ENNAIO 2011Cittanova ibaldi 120ibaldi 120
mona
Il servizio idrico integrato
Utenze industriali
Utenze r
Stazione di pompaggio acque reflue
Sedimentazione secondaria
Stoccaggio acqua
Trattamento acque reflue
Trattamento Aerazione e trattamenti
finali
Stazione di pompaggio acqua pulita
residenziali Sistemi di irrigazione
Impianti di dissalazione
Trattamento di ozonizzazione
fanghiSedimentazione e filtrazione
Stazione pompaggio
Trattamento chimico/fisico
A i i t
Stazione pompaggio
Approvvigionamento acquaIncenerimento fanghi
Reimmissione acqua nell’ambiente
10
In ogni insediamento urbano due principdell’acqua: quello delle Acque Primariedell’acqua: quello delle Acque Primarie
pali sistemi di conduzione e quello delle Acque Refluee quello delle Acque Reflue
Acque PrAcque Prrimarierimarie
11
L’impiego di strumentazione di a
Gestione più razionale delle singole faidrico integrato acque grazie all’impiegosistemi di verifica/controllo/regolazione
Migliore comprensione dei meccanismprocessiprocessi
Incremento efficienza globale dell’impi
Riduzione dei costi gestionali delle vardi impianto: approvvigionamento, adduzdistribuzione ,scarico e depurazione, p
Ottimizzazione della gestione dellpresenza di grosse fluttuazioni eanomali nei carichi entranti
……………………………………………………
Da qui l’importanza di avere sstrumentazione di misura ed analisiaffidabileaffidabile
analisi e misura
si del ciclo o di
mi dei
ianto
rie fasi zione ,
l’impianto insversamenti
……………
sempre unaefficiente e
La valutazione delle perdite degli acquedotti e dedall'uso di acque distribuite dagli acquedotti. (D.M
La misura della Portata e Pressione permettono la
per una efficiente ed efficace gestione dell’acqued
Serbatoio
Valvola riduttrice di p
District meterinDistrict meterin
p
Stazione di pompaggio
Inverter
Misuratore di distretto Mi di
Soft-starter
Misuratore di zonaValvola di intercettazione di zonaValvola di intercettazione di distretto
elle fognature di smaltimento dei reflui derivanti M 99 / 07)
a stesura del “Bilancio idrico”
dotto.
R t di t ib i ipressione
ng ng acquedotto
Rete distribuzione in pressione
p
Distretti
12
Misura Po
Box di protezione con trasmettitore a batterie , data logger , G.S.M
S di
Primario , sensibilità portate
Sensore di pressione
sensibilità portate notturne, interrato minor costo installazione
Centro di controllo
• Comunicazione modem/PC
A M R A t ti M t R di
ortata• A.M.R. Automatic Meter Reading
• Coordinatore perdite , interventi
• Diagnostica strumenti
R l f i
• Verifica funzionalità e precisione
Rete telefonica
Acquisitore
Misura Po
Alimentazione a batteria Alimentato tramite una batteria con autonomia sin
ininterrottamente senza pregiudicare la frequenza
Datalogger Datalogger a tre canali per la memorizzazione di Datalogger a tre canali per la memorizzazione di
di memorizzazione sono liberamente configurabilscaricati sul posto direttamente su un PC
Sensor Memory Sensor Memory Tutti i dati di configurazione e calibrazione sono m
consente facili installazioni e configurazioni, ed inripetizione delle fasi configurazione rendendola pripetizione delle fasi configurazione rendendola p
CalMaster2 Verifica di buon funzionamento in campo tramite
le caratteristiche del trasmettitore, del primario e durante la costruzione del misuratore. Ogni verific‘certificato’ in formato cartaceo
ortata
no a 5 anni. Durante questo periodo lo strumento funziona q pa dei dati acquisiti o l’accuratezza (0,5%)
tutti i dati misurati (portata volume pressione) Gli intervalli tutti i dati misurati (portata,volume, pressione) Gli intervalli i e hanno un’autonomia sino a 3 mesi. I dati possono essere
memorizzati all’interno di una memoria posta nel primario. Ciò n caso di sostituzione del trasmettitore non è richiesta la più semplice e sicura con notevoli diminuzioni di costipiù semplice e sicura, con notevoli diminuzioni di costi
un dispositivo esterno: il Calmaster. Calmaster controlla tutte del cavo, confrontandole con quelle originarie ottenute ca può essere documentata tramite la produzione di un
13
Misura Po
Elevata AccuratezzaAccuratezza standard 0,4%, oppure 0,2% classe 1
C tifi i d MID Certificazione secondo MIDIn accordo alle recenti legislazioni CE, in materia d
Sensor Memory Sensor MemoryTutti i dati di configurazione e calibrazione sono mconsente facili installazioni e configurazioni, ed in cd ll f i fi i d d l iù li delle fasi configurazione rendendola più semplice e
Configurazione facile e guidatLe fasi di configurazione sono semplificate grazie aLe fasi di configurazione sono semplificate grazie aproduzione ABB. Inoltre il sistema easy-setup guidfacilitandone la comprensione.
Diagnostica semplificata• Diagnostica semplificataIl software impiega la simbologia ad l’individuazione e la risoluzione di pr
•Elevata stabilitàVerifica di buon funzionamento automaticdati di fabbrica memorizzati nel sistema: F
ortata
1 come da raccomandazioni internazionali OIML
di certificazione per uso fiscale
memorizzati all’interno di una memoria posta nel primario. Ciò caso di sostituzione del trasmettitore non è richiesta la ripetizione
i t li di i i i di tie sicura, con notevoli diminuzioni di costi
taall’interfaccia utente in italiano comune a tutti i nuovi strumenti di all interfaccia utente in italiano comune a tutti i nuovi strumenti di a l’operatore nelle prime fasi di impostazione del trasmettitore
icone secondo lo standard NAMUR, persemplificare roblemi.
ca in continuo basata su una verifica comparativa con i Fingerprint .
Misura Po
Calibrazio
Loop per calibazione Loop per calibazione
DN max 3.000 mm
Portata max 3 mc/se
Capacità serbatoio 1
Accreditato da NAMA
ortata
one
e a flusso continuoe a flusso continuo
ec
.000 mc
AS, NATA, NIST
14
Verifica di fun
Misuratore di portata
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano coVerificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Verifica di lettura e Calibrazione:1 volta / anno o 1 volta/ ogni 2 anni verificare la funzionalità e tardigitali , seriali ,ecc)
Installazione convenzionale33
4
2
1 56
1. Camera o pozzetto2. Trasmettitore IP65 3. Protezione o conchiglia4 Cavo4. Cavo5. Conduit6. Primario
nzionalità
a elettromagnetico
unzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso comeonformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
ratura del trasmetitore con simulatori specifici ( uscite analogiche ,
Installazione interrata
32
4
3
5
1
4 5
1. Primario interrato2. Protezione o conchiglia 3. Trasmettitore IP674. Cavo4. Cavo5. Conduit
Misura Pre
Sfiati e spurghiSfiati e spurghi
essione
15
Misura Pre
Azzeramento tradizionale
INSTALLAZIONE
Livello=0
4mA
0 mm H2O
essione
20mA
3000 mmH2O
1 2 3 4 5 61 2 3 4 5 6
Misura Pre
INSTALLAZIONE
Livello=0
4 mA
0 H2O0 mm H2O
essione
20mA
3000 H2O 3000 mmH2O
1 2 3 4 5 6
16
Verifica di funzionalità
Ispezioni preliminari:
Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolar
Verificare che le condizioni di installazione dello strumentofunzionamento dello stesso come specificate nel manuale u
Verifica di lettura:
Comparare lo strumento con calibratore di pressione certifi
Verifica prese di pressione :L t t i d l di f d d l i it idLo strumento riconosce dal rumore di fondo del circuito idraocclusioni delle prese di pressione
à Misura Pressione
rmente funzionante
o siano conformi alle specifiche tecniche diutente fornito dal costruttore
cato, da riverificare c/o centri riconosciuti periodicamente
li i ifi taulico se si sono verificate
Acque Reflue
17
Alcuni es applicazione
Misura Po
Alcuni es. applicazione
UinjUrec
moto a pelo libero
ortata
moto a pelo libero Full-Pipe-Detection
Upper Coil
Liner
El t d i AElectrode pair A
Electrode pair BLower Coil
Electrode pair C
Electrode pair D
Impianto di depurazione a
S i hi i iScarichi civi
Scarichi industriali
L’acqua dell’effluente dall’impianto d‘acqua superficiali o destinata al rdefiniti in termini qualitativi e quantita
acque reflue urbane
iliili
di depurazione, re-immessa nei corsiri-uso deve soddisfare requisiti benativi (D.Lgsl. 152/06,D.M.185/03 )18
Impianto di depurazionalcuni punti d
AcqueIn
p
SedimentatorePrimarioFase di riduzione
NO PO 3
FANGHI
PRIMARIONO3
-, PO43-
SECONDARIO
Aerazione
TERZIARIO
Ingresso Impianto pH, Conducibilità
TERZIARIOSedimentatore
Finale
ne acque reflue urbane ,di monitoraggio
e reflue grezze ngresso
gg
Griglia ,Stacci , &
Fase BiologicaTrituratore
ACTIVI FILTRAZIONE BIOLOGICA
Scarico Finale FTU, NH3, NO3
-, PO43-
Fase BiologicaD.O., NH3
Vasca a Fanghi Attivi
Filtri Bi l i iAttivi Biologici
Filtrazione
Ingresso Impianto
NH -e a sabbia
Sterilizzazione
Acque reflue
NH3 -
Acque reflueScarico o Ritilizzo
Impianto di depurazio
E’ quindi fondamentale, per il rispettogestione dell’impianto nel suo complechimico fisici nelle varie fasi di trattachimico-fisici nelle varie fasi di trattadi misura e di analisi che forniscano u
ne delle acque reflue
o dei limiti normativi e per una correttaesso, monitorare i principali parametri
amento grazie all’impiego di strumentiamento grazie all’impiego di strumentiun’informazione in tempo reale
19
Misura Po
U2U1
Di
E1
GND
E2
Z1
Z2 Z2 Rm
TuElBoRi
GND
GuastoGuastoRiCoImCoFi
Fuori specificaFuori specifica
Manutenzione necessariaManutenzione necessaria FiSeCo
Manutenzione necessariaManutenzione necessaria
Funzioni di controlloFunzioni di controllo
ortata
FingerprintDiagnosi ScanMaster
iagnostica ScanMaster
ubo Vuotolettrodo di Tubo Pienoolle di Gasivestimento Elettrodi
Sw per verica in situ di :
Integrità sensori e trasmettitori
Funzionalitàivestimento Elettrodionducibilità
mpedenza Elettrodiontrollo messa a Terra ngerprint & Trending
Funzionalità
Memorizzati in data base
Stampangerprint & Trending ensore di Temperaturaontrollo messa a terra
Ingresso Impg p
pH,pH, conducibilità,conducibilità, Ammoniaca,Ammoniaca, CaricoCarico OOmonitoraggio, sicurezza operatica, avvertimento
Vari altri parametri (campionatore automatic Vari altri parametri (campionatore automaticsversamenti anomali
piantop
Organico,Organico, SolidiSolidi SospesiSospesi……..per scopi diimmediato in caso di picchi entranti
co) a seconda delle esigeze per rilevazioneco) a seconda delle esigeze per rilevazione20
Sedimentazione (prim(p
LivelloLivello FanghiFanghi per garantire correttafango dal processo di sedimentazione edg p
maria e secondaria))
gestione operativa di estrazione delevitare inutili sprechi di energiap g
Rimozione chimica
POPO44:: l’informazione in tempo reale delun risparmio nell’uso degli agenti chimp g gproduzione di fanghi
del Fosforo
la concentrazione di fosforo garantiscemici precipitanti e una riduzione dellap p
21
Processo biol
OssigenoOssigeno discioltodisciolto:: il controllo ottimiun’elevata efficienza e resa del processopenergia e quindi riduzione di una delle pri
logico
zzato della fase di areazione porta addepurativo, ad un notevole risparmio dip , pincipali voci di costo di un impianto
Processo biol
NHNH44 && NOxNOx:: la misura in continuorimozione dell’azoto (nitrificazione e den(logica di controllo e regolazione ancoraconcentrazione di Ossigeno
logico
dei parametri chiave del processo dinitrificazione) permette di adottare una) pa più efficace del solo controllo della22
Processo biologico &
SSTSST:: la misura in continuo della conceossidazione garantisce le migliori condizg gottimizza i consumi energetici e di pdisidratazione
& Linea Fanghi
entrazione dei solidi sospesi in vasca dizioni dei fanghi attivi; nella linea fanghig ; gpolielettrolita legati alle varie fasi di
Effluente Imp
pH,pH, condcond..,, FNU,FNU, NHNH44,, caricocarico organorganrispetto dei limiti normativi e la massipdell’impianto
pianto
nico,nico, ecc….nell’effluente garantisce ilma sicurezza operativa per il gestorep p g
23
Misura dell’OssigEsistono 2 tipologie di misura di questo paramet
Amperometrica con cella di Clark
Circuito di ricezionedi ricezionedel segnale
1-
+
Anodin Piombo
Si basa sul funzionamento di unsistema costituito da anodo, catodo,soluzione elettrolitica e membrana C t d
Elettrolita alcalino
soluzione elettrolitica e membrana Catodo in Argento (A
Membrana permeabile all’O2
geno discioltoro:
Ottica a luminescenzaluminescenza
00R
do o (Pb)
Si basa sul funzionamento diun polimerochemiluminescente con
Ossigeno (O2)Ossigeno (O2)
chemiluminescente conmisura del tempo diriemissioneAg)
dalla soluzionedalla soluzione
Verifica di funzionalità(t l i l t(tecnologia elet
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano con
alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come specificalle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come specific
utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, la sonda deve es
pulita con l’ausilio di una spugna morbida, in modo da rimuovere l’ev
accumulatosi sull’elemento di misura. L’operazione di pulizia è comu
Usare soluzione detergente sgrassante in caso di grassi ed olii
Verifica di lettura:Una volta che la sonda è stata pulita, inserire la sonda nell’appositoalla sonda . Inserire il valore di altitudine a cui si trova la sonda
Lasciare che il valore di ossigeno e temperatura di stabilizzino ecorretta
Un’ulteriore controllo può essere effettuato inserendo la sonda conppm
Manutenzione:Manutenzione:Sostituire il gruppo sonda (membrana, elettrolita ed elettrodo) una v
Eseguire la procedura di calibrazione (come specificato nel manuale
à Misura Ossigeno tt hi i )ttrochimica)
unzionante
nformi
cate nel manualecate nel manuale
ssere periodicamente
ventuale sporco
unque raccomandata almeno ogni 30 gg
o sacchetto, versare acqua (25-50 ml) e fissare il sacchetto intorno
e verificare, in base alle tabelle esistenti, che la lettura fornita sia
una soluzione di bisolfito di sodio; la lettura deve essere uguale a 0
olta all’anno
e utente del costruttore) una volta ogni 2 mesi
24
Verifica di funzionalità(t l i(tecnologia
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, la sonda deve esmodo da rimuovere l’eventuale sporco accumulatosi sull’elemento dp
Usare soluzione detergente sgrassante in caso di grassi ed olii
Verifica di lettura:Una volta che la sonda è stata pulita, inserire la sonda nell’apposigtalla sonda
Inserire il valore di altitudine a cui si trova la sonda
Lasciare che il valore di ossigeno e temperatura di stabilizzino ecorretta
Un’ulteriore controllo può essere effettuato inserendo la sonda conppmpp
Manutenzione:Sostituire l’elemento sensibile di misura una volta ogni 2 anni
Non è necessario effettuare alcuna calibrazione
à Misura Ossigeno tti )a ottica)
unzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
ssere periodicamente pulita con l’ausilio di una spugna morbida, in di misura
to sacchetto, versare acqua (25-50 ml) e fissare il sacchetto intorno
e verificare, in base alle tabelle esistenti, che la lettura fornita sia
una soluzione di bisolfito di sodio; la lettura deve essere uguale a 0
Misura dell’Azoto
Esistono varie tecnologie per la misura in continu
Analizzatore colorimetrico AnalizzatoDa installare in ambienti chiusi
Analizzatotecnol
o Ammoniacale
uo di questo parametro:
re on-situ con Sonda Insitu conre on situ con logia GSE
Sonda Insitu con tecnologia ISE
25
Verifica di funziona(analizzatore co(
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fuVerificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione preventiva:Pulizia e manutenzione preventiva:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, l’elemento diacquoso deve essere periodicamente pulito con l’ausilio di uaccumulatosi sull’elemento stesso
L’analizzatore necessita di periodica sostituzione dei reagenti chimimpostata (tipicamente ogni 4-8 settimane)
L’analizzatore necessita di periodica sostituzione della soluzione dili i i t t (ti i t i 2 i)analisi impostata (tipicamente ogni 2 mesi)
La cella di analisi (componenti in vetro) deve essere periodicamente
Verifica di lettura e Calibrazione:La verifica della lettura può avvenire in soluzioni di NH4-N a concportatili e valori determinati dal laboratorio chimico
La misura è ritenuta affidabile e corretta se rientra nelle specifiche d
Manutenzione ordinaria:La frequenza di sostituzione delle parti di ricambio è specificata nel
alità Misura NH4 olorimetrico))
unzionanteunzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
pompaggio, prelievo, filtrazione e condizionamento del campionena spugna morbida, in modo da rimuovere l’eventuale sporco
mici ad intervalli di tempo che dipendono dalla frequenza di analisi
calibrazione ad intervalli di tempo che dipendono dalla frequenza di
e pulita da parte dell’operatore.
centrazione nota o, in alternativa, per comparazione con strumenti
di accuratezza e ripetibilità dichiarati dal costruttore
manuale utente; contattare il costruttore.
Verifica di funzionalità
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fuVerificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione preventiva:Pulizia e manutenzione preventiva:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, l’elemento di filtcon l’ausilio di una spugna morbida, in modo da rimuovere l’eventua
La cella dell’analizzatore sebbene dotata di funzioni di autopuliziaLa cella dell analizzatore, sebbene dotata di funzioni di autopuliziacitrico (consultare manuale utente e contattare il costruttore)
L’analizzatore necessita di periodica sostituzione dei reagenti chimtempo che dipendono dalla frequenza di analisi impostata
Verifica di lettura e Calibrazione:Lo strumento è dotato di funzioni di auto-pulizia e autocalibrazione
La erifica della lett ra p ò a enire in sol ioni di NH4 N a concLa verifica della lettura può avvenire in soluzioni di NH4-N a concportatili e valori determinati dal laboratorio chimico
La misura è ritenuta affidabile e corretta se rientra nelle specifiche d
M t i di iManutenzione ordinaria:La frequenza di sostituzione delle parti di ricambio è specificata nel
à Misura NH4 (GSE)
unzionanteunzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
trazione auto-pulente deve comunque essere periodicamente pulitoale sporco accumulatosi sull’elemento stesso
ed autocalibrazione deve essere periodicamente pulita con acidoed autocalibrazione, deve essere periodicamente pulita con acido
mici, soluzione di pulizia e soluzioni di calibrazione, ad intervalli di
centra ione nota o in alternati a per compara ione con str menticentrazione nota o, in alternativa, per comparazione con strumenti
di accuratezza e ripetibilità dichiarati dal costruttore
manuale utente; contattare il costruttore.
26
Misura dell’Azoto
L’analizzatore in-situ con tecnolog
Tecnologia di misura Lo strumento determina la concentrazionedi azoto ammoniacale mediante un elettrododi azoto ammoniacale mediante un elettrodoione sensibile (ISE)
L’elettrodo deve essere dotato di elettrodoper compensazione del K+ e del pH perevitare le interferenze dovute alla presenzanella matrice di altre sostanze
Si raccomanda l’uso della sonda con unsistema di pulizia automatico ad aria / acqua
Ammoniacale
ia ISE
Verifica di funzionalità
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fuVerificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione preventiva:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, la sonda deve emodo da rimuovere l’eventuale sporco accumulatosi sull’elemento smodo da rimuovere l eventuale sporco accumulatosi sull elemento s
Verifica di lettura e Calibrazione:Verificare periodicamente il valore fornito dalla sonda con valori di rif
Se i valori rientrano nel range di accuratezza definito, la lettura è rite
Se la differenza tra il valore letto dallo strumento e quello determinaqdella matrice (a 1 o 2 punti) – consultare manuale utente e contattar
La verifica della lettura può avvenire anche in soluzioni di NH4-N a c
La misura è ritenuta affidabile e corretta se rientra nelle specifiche d
Manutenzione ordinaria:La frequenza di sostituzione della cartuccia di misura è raccomandadi sostituzione può aumentare.
à Misura NH4 (ISE)
unzionanteunzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
essere periodicamente pulita con l’ausilio di una spugna morbida, intessotesso
ferimento determinati dal laboratorio chimico
enuta accettabile e lo strumento affidabile.
to dal laboratorio supera i range ammessi, procedere alla corezionep g , pre costruttore
concentrazione nota.
di accuratezza e ripetibilità dichiarati dal costruttore
ata una volta all’anno; a seconda della matrice acquosa, l’intervallo 27
Misura deVoltmeVoltme
Ad alta imp
Elettrodo V t iVetro o misura
Esistono varie tecnologie per la misura in contin
Elettrodo convenzionale Elettcomb
el pH / ORPetroetropedenza
Elettrodo diriferimentoriferimento
nuo di questo parametro:
El tt d diff i lElettrodo differenzialetrodo binato
Verifica di funzionalit(elettrodo co(
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fuVerificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione preventiva:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, la sonda deve emodo da rimuovere l’eventuale sporco accumulatosi sull’elemento smodo da rimuovere l eventuale sporco accumulatosi sull elemento s
La frequenza di sostituzione del gruppo elettrodo di riferimento eseconda della matrice acquosa, l’intervallo di sostituzione può aume
Verifica di lettura e Calibrazione:Verificare che la temperatura letta dallo strumento sia corretta (ausil
Dopo aver pulito accuratamente la sonda di pH (ORP), immergerla i
La misura è ritenuta affidabile e corretta se rientra nelle specifiche dè corretta, procedere alla calibrazione dello strumento secondo le in
Manutenzione ordinaria:La frequenza di sostituzione del gruppo elettrodo è raccomandata uLa frequenza di sostituzione del gruppo elettrodo è raccomandata udi sostituzione può subire delle variazioni
tà Misura pH/ORP ombinato))
unzionanteunzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
essere periodicamente pulita con l’ausilio di una spugna morbida, intessotesso
ed elettrodo di misura è raccomandata una volta ogni 6 mesi; aentare.
io con termometro ad alta precisione)
in una soluzione a pH noto (mV noti)
di accuratezza e ripetibilità dichiarati dal costruttore; se la lettura nonndicazioni riportare nel manuale utente
na volta ogni 6 mesi; a seconda della matrice acquosa l’intervallona volta ogni 6 mesi; a seconda della matrice acquosa, l intervallo 28
Verifica di funzionalit(elettrodo diff(
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fuVerificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione preventiva:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, la sonda deve emodo da rimuovere l’eventuale sporco accumulatosi sull’elemento smodo da rimuovere l eventuale sporco accumulatosi sull elemento s
Verifica di lettura e Calibrazione:Verificare che la temperatura letta dallo strumento sia corretta (ausil
Dopo aver pulito accuratamente la sonda di pH (ORP), immergerla i
La misura è ritenuta affidabile e corretta se rientra nelle specifiche dpè corretta, procedere alla calibrazione dello strumento secondo le in
Manutenzione ordinaria:Manutenzione ordinaria:La frequenza di sostituzione del ponte salino è raccomandata una vsostituzione può aumentare.
tà Misura pH/ORP ferenziale))
unzionanteunzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
essere periodicamente pulita con l’ausilio di una spugna morbida, intessotesso
io con termometro ad alta precisione)
in una soluzione a pH noto (mV noti)
di accuratezza e ripetibilità dichiarati dal costruttore; se la lettura nonp ;ndicazioni riportare nel manuale utente
olta ogni 2 anni; a seconda della matrice acquosa, l’intervallo di
Misura della co
-- +--
- -+
+--
--
++
-Tecnologia conduttiva (per acque pulite)
- +
Cationi
onducibilità
++- +
++
+
-+
++
++
+-
+
+ ++ Tecnologia induttiva (p
acque sporche)-+
Anioni
29
Misura induttiva del
Tecnologia induttiva
Tecnologia di misura La sonda è costituita da due bobine isolatedal campione nel quale sono immersedal campione nel quale sono immerse
La prima bobina è alimentata da unatensione crea un campo magnetico variabile;p g ;il campo magnetico crea nel fluido unacorrente elettrica; la bobina secondaria rilevala corrente generata dal movimento degli ioninel fluido e ne ricava la conducibilità
Assenza di polarizzazione, possibilità dii i fl idi i imisura in fluidi aggressivi
la conducibilità
Verifica di funzionalità M
Ispezioni preliminari:Verificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fuVerificare che lo strumento oggetto della verifica sia regolarmente fu
Verificare che le condizioni di installazione dello strumento siano cospecificate nel manuale utente fornito dal costruttore
Pulizia e manutenzione preventiva:In base alle condizioni di esercizio ed installazione, la sonda deve emodo da rimuovere l’eventuale sporco accumulatosi sull’elemento smodo da rimuovere l eventuale sporco accumulatosi sull elemento s
Verifica di lettura e Calibrazione:Verificare che la temperatura letta dallo strumento sia corretta (ausil
Dopo aver pulito accuratamente la sonda, immergerla in una soluzconducibilità si stabilizzino
La misura è ritenuta affidabile e corretta se rientra nelle specifiche dè corretta, procedere alla calibrazione dello strumento secondo le in
Manutenzione ordinaria:Non è necessaria la sostituzione di alcuna parte di ricambio e/o con
Misura Conducibilità
unzionanteunzionante
onformi alle specifiche tecniche di funzionamento dello stesso come
essere periodicamente pulita con l’ausilio di una spugna morbida, intessotesso
io con termometro ad alta precisione)
ione a conducibilità nota, attendendo che il valore di temperatura e
di accuratezza e ripetibilità dichiarati dal costruttore; se la lettura nonndicazioni riportare nel manuale utente
sumabile.
30
Pressione Porta
Temperatura
Livello Interfaccia
ata Analisi qualità
31
Test respirometrici e titrimetrici per la determinazione dei parametri cinetici del fango biologico
PAOLA FOLADORI, VERONICA MENAPACE, ROBERTA VILLA
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE ED AMBIENTALE, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO, VIA MESIANO 77, 38123
TRENTO – [email protected]
INTRODUZIONE Una corretta progettazione e una gestione efficiente degli impianti di depurazione a fanghi attivi richiedono un’adeguata conoscenza dell’attività del fango biologico. Tra le tecniche di monitoraggio dell’attività biologica, accanto ai convenzionali test basati sulle dinamiche delle concentrazioni dei substrati misurate attraverso analisi chimiche, si sono andate progressivamente affermando nell’ultimo decennio la respirometria ed i metodi di titolazione pH/DO-stat, viste le molteplici possibili applicazioni, la rapidità di esecuzione e la possibilità di automazione.
Applicando al fango biologico di un impianto a fanghi attivi test basati su analisi chimiche, respirometrici, o titrimetrici è possibile determinare: - la velocità di nitrificazione, espressa come mgNH4-N gSSV-1 h-1; - la velocità di denitrificazione, espressa come mgNO3-N gSSV-1 h-1; - la velocità di rilascio/assunzione di fosforo in condizioni anaerobiche/aerobiche, espressa come
mgP gSSV-1 h-1; - la velocità di rimozione della sostanza organica, espressa come mgCOD gSSV-1 h-1. Si tratta di utili parametri gestionali importanti per conoscere le potenzialità di rimozione del processo biologico; tali parametri cinetici possono essere valutati in poche ore e per questo i test possono essere facilmente ripetuti con frequenza settimanale, mensile o stagionale per mantenere sotto controllo le prestazioni dell’impianto. Possono essere effettuati anche ogni qual volta si presuma l’insorgenza di problemi operativi in grado di interferire con il processo biologico. I test basati su analisi chimiche (quali AUR, NUR, PUR) vengono condotti semplicemente in un reattore aerato e miscelato dal quale vengono prelevati campioni ad intervalli temporali prefissati e sui quali vengono effettuate analisi chimiche di ammonica, nitrato, nitrito, ortofosfato a seconda del test. Questi test sono di facile esecuzione e sono prevalentemente condotti in modo manuale, mentre l’automatizzazione è più rara richiedendo l’ausilio di sensori o sonde ionoselettive. I test respirometrici prevedono l’utilizzo di un apparato dedicato detto respirometro, costituito da un reattore termostatato, aerato e miscelato, un ossimetro dotato di sistema di acquisizione dati e connessione con PC, controllo on-line dell’aerazione mediante apposito software.
I test titrimetrici richiedono un apposito biosensore a titolazione che consente di lavorare a concentrazione di pH e/o ossigeno disciolto costanti, permettendo, quindi, di realizzare la titolazione pH-stat e/o DO-stat. Esistono biosensori commerciali dotati di sistema di dosaggio dei titolanti, sistema di controllo automatico dello stesso e ambiente software per PC dedicato alla visualizzazione grafica dei dati acquisiti ed alla loro gestione ed elaborazione. Per la misura dei principali parametri cinetici del fango biologico si può ricorrere ad uno o più test, di seguito descritti, come si può evincere dalla seguente tabella.
PARAMETRI CINETICI DEL FANGO BIOLOGICO TIPI DI TEST
Cinetica di nitrificazione AUR, Respirometria, Titolazione
Cinetica di denitrificazione NUR
Cinetica di rimozione del fosforo PUR
Cinetica di ossidazione del carbonio biodegradabile Respirometria, Titolazione
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TEST BASATI SU ANALISI CHIMICHE Aur-Test (Ammonia Utilisation Rate Test) L’AUR è un metodo semplice di misura della velocità massima di nitrificazione, vN,max, espressa come mgNH4-N gSSV-1 h-1. Il test indica se nel fango esaminato esiste una biomassa nitrificante, ne misura la velocità massima, ma può essere utilizzato anche per valutare l’influenza delle condizioni ambientali sull’attività nitrificante o per evidenziare la potenziale tossicità di reflui. La modalità di esecuzione del test è stata proposta originariamente da Kristensen et al. (1992). In un reattore batch di alcuni litri, il fango attivo viene usato tal quale o miscelato con acqua pulita (o alternativamente con l’effluente dell’impianto di depurazione eventualmente filtrato) in modo da ottenere una concentrazione di 3-4 gSST/L. La miscela viene aerata con continuità in modo che l’ossigeno disciolto non risulti mai limitante (OD > 4 mgO2/L). Si opera a temperatura costante di circa 20°C e si controlla che il pH della miscela, durante la prova, rimanga all’interno dell’intervallo ottimale per la reazione di nitrificazione (7.5-8.0). All’inizio del test si aggiunge una quantità nota di azoto ammoniacale in modo da avere una concentrazione iniziale di circa 20-30 mgNH4-N/L. Ad intervalli temporali di 15-30 minuti e per un periodo complessivo di 3-4 ore vengono prelevati campioni di fango attivo, sui quali si procede, previa filtrazione, all’analisi per la determinazione di azoto ammoniacale, nitroso e nitrico. Il parametro vN,max, ovvero il valore di AUR, si calcola come pendenza della curva di produzione di azoto nitrico + azoto nitroso (NOx-Nprodotti in Figura 1) e, come controllo, anche come pendenza della curva di consumo dell’azoto ammoniacale (NH4-N in Figura 1). Nell’esempio di Figura 1, la durata è di 2 h e si ottiene vN,max=10.8 mgN L-1 h-1; considerando una concentrazione di SSV di 3.2 gSSV/L si ottiene vN,max=3.4 mgN gSSV-1 h-1.
y = 10.8x + 6.3
R2 = 0.99
0
5
10
15
20
25
30
35
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5
tempo (h)
mg
N/L
NH4-N
NOx-Nprodotti
Figura 1. Andamento di NH4-N e NOx-Nprodotti nel tempo durante il test di AUR.
NUR-test (Nitrate Utilisation Rate test) Il NUR è un metodo rapido di stima dell’attività denitrificante del fango biologico. Questo test può avere diverse finalità: la verifica della presenza nell’impianto di una biomassa denitrificante e la misura della relativa cinetica, ma anche la caratterizzazione dei substrati carboniosi per la denitrificazione. Nel test NUR devono essere garantite le condizioni ottimali per lo svilupparsi della denitrificazione, ovvero adeguata presenza di substrato carbonioso e di nitrati ed assenza di ossigeno disciolto. La modalità di esecuzione del test è stata proposta originariamente da Kristensen et al. (1992). In un reattore batch di alcuni litri, il fango biologico viene eventualmente diluito con acqua pulita in modo da ottenere una concentrazione di 3-4 gSST/L. La miscelazione nel reattore deve avvenire avendo cura di limitare la diffusione dell’ossigeno dell’aria sovrastante, per garantire lo svolgimento del test in condizioni anossiche. Si opera a temperatura costante di 20°C. All’inizio del test si aggiunge una quantità nota di nitrati in modo da avere una concentrazione iniziale di 20-30 mgNO3-N/L e si aggiunge substrato carbonioso fino ad una concentrazione di COD di 150-200
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mg/L. Non viene aggiunto un substrato esterno, invece, nel caso si richieda la determinazione del NUR endogeno. Ad intervalli temporali di 15-30 minuti e per un periodo complessivo di 3-4 ore vengono prelevati campioni di fango attivo, sui quali si procede, previa filtrazione, all’analisi per la determinazione di azoto nitroso e nitrico. Il parametro vD, ovvero il valore di NUR si calcola come pendenza della curva di utilizzazione dell’azoto nitrico. Dall’esempio di Figura 2. Andamento di NO3-N nel tempo durante il test di NUR.
si ottiene vD=6.7 mgN L-1 h-1; considerando una concentrazione di SSV di 2.7 gSSV/L si ottiene una velocità specifica di denitrificazione pari a 2.5 mgNO3-N gSSV-1 h-1.
y = -6.672x + 25.4
R2 = 0.9726
0
5
10
15
20
25
30
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0
tempo (h)
mgN
/L
NO3-N
NO2-N
Figura 2. Andamento di NO3-N nel tempo durante il test di NUR.
La Figura 3 mostra un test NUR realizzato in presenza di COD sia rapidamente che lentamente biodegradabile. Dal grafico si possono osservare 2 diverse velocità di utilizzo dell’azoto nitrico dipendenti dal tipo di COD biodegradabile impiegato nel processo di denitrificazione. Inizialmente viene impiegato il COD più velocemente biodegradabile, realizzando la massima velocità di denitrificazione, successivamente viene utilizzato il COD particolato lentamente biodegradabile e la velocità di denitrificazione si riduce. Si osserva infatti che la concentrazione di NO3-N diminuisce rapidamente entro la prima ora di test con vD = 15.5 mgN L-1 h-1 (4.8 mgNO3-N gSSV-1 h-1), mentre la diminuzione è meno rapida nel tempo da 1 a 4 h ottenendo vD = 6.1 mgN L-1 h-1 (1.9 mgNO3-N gSSV-1 h-1).
PRIMO TRATTO
y = -15,489x + 33,162
R2 = 0,9899
SECONDO TRATTO
y = -6,0749x + 24,523
R2 = 0,995
0
5
10
15
20
25
30
35
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0tempo (h)
mgN
/L
N03-N
Figura 3. Andamento di NO3-N nel tempo durante il test di NUR in presenza di 2 tipi di substrato carbonioso. PUR-test (Phosphorus Uptake Rate test) Il PUR è un metodo rapido di stima dell’attività dei batteri fosforo accumulanti, detti PAO (Phosphorus Accumulating Bacteria). Questo test può avere diverse finalità: la verifica della presenza nell’impianto di una frazione di batteri PAO, ma anche la verifica dei fattori che influenzano la rimozione biologica del fosforo. Nel test PUR devono essere garantite le condizioni ottimali per lo svilupparsi dell’attività dei batteri PAO, ovvero adeguata presenza di ortofosfato e di substrato carbonioso.
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La modalità di esecuzione del test è stata proposta originariamente da Kang et al. (1991). Il fango biologico in studio viene versato in un reattore batch di alcuni litri e miscelato. Si opera a temperatura costante di 20°C. Devono essere garantite condizioni di anaerobiosi per la prima fase del test (2 ore circa). Nella seconda fase del test (4 ore circa) si applicano condizioni aerobiche. All’inizio del test si aggiunge nel reattore del substrato carbonioso in modo da garantire una adeguata concentrazione di COD (100-150 mg/L). Ad intervalli temporali di 30 minuti e per un periodo complessivo di 6 ore circa vengono prelevati campioni di fango attivo, sui quali si procede, previa filtrazione, all’analisi per la determinazione del fosforo ortofosfato. Il parametro vp, ovvero il valore di PUR (velocità di rilascio/assunzione di fosforo in condizioni anaerobiche/aerobiche, espressa come mgP gSSV-1 h-1), si calcola come pendenza della curva di rilascio/assunzione del fosforo. In Figura 4 è riportato l’andamento tipico di un test di PUR utilizzando fango attivo di un impianto dotato di rimozione biologica del fosforo ed in presenza di un refluo. Le velocità riscontrate durante le fasi di rilascio e assunzione di fosforo sono pari a:
1. Fase anaerobica: hgSSV
mgP
LgSSVhL
mgPv rilascioP 50.0
/0.3
151.1,
2. Fase aerobica: hgSSV
mgP
LgSSVhL
mgPv assunzioneP 40.0
/0.3
119.1,
y = 1.51x + 2.28
y = -1.19x + 7.96
0
1
2
3
4
5
6
0 1 2 3 4 5 6
Tempo (h)
P-P
O4 (
mg/L
)
FASE
ANAEROBICA
FASE
AEROBICA
Figura 4. Profilo di PO4-P di un fango attivo con presenza di batteri PAO dopo addizione di un refluo.
TEST CON BIOSENSORI - TEST RESPIROMETRICI Test respirometrico per la determinazione della cinetica di nitrificazione Il test di misura della cinetica di nitrificazione mediante respirometria permette la misura della velocità massima di nitrificazione vN,max, così come proposto da Andreottola et al. (2002). In un reattore batch si aggiungono alcuni litri di fango biologico che viene miscelato e ossigenato mediante un aeratore a setto poroso in modo che l’ossigeno disciolto non risulti mai limitante (OD > 2 mgO2/L). Si opera in genere a temperatura costante di 20°C. All’inizio del test si aggiunge una quantità nota di azoto ammoniacale per la misura della cinetica dei batteri AOB (Ammonia Oxidising Bacteria) o azoto nitroso per la misura della cinetica dei batteri NOB (Nitrite Oxidising Bacteria). Se si implementa un test di respirometria chiusa, si va a monitorare in continuo la concentrazione dell’OD, alternando fasi di aerazione e fasi di non aerazione, nelle quali l’OD diminuisce in seguito al consumo da parte della biomassa ma senza diventare mai limitante. Per ognuno dei tratti decrescenti viene calcolata la pendenza detta OUR (Oxygen Uptake Rate) e tale valore viene associato al tempo medio del medesimo tratto. La successione di punti di coordinate (t; OUR) determina il respirogramma dal quale si ricava il parametro vN,max, ovvero il valore di massima velocità di nitrificazione insieme ad altri parametri stechiometrici considerati all’interno
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della legge di Michaelis-Menten, ma per ricavare tali parametri dettagliati si consiglia l’impiego di un software specifici che permettono un’elaborazione automatica del respirogramma. Osservando l’esempio di Figura 5, relativo al respirogramma ottenuto dopo aggiunta di azoto ammoniacale, in modo semplice si calcola la velocità massima di nitrificazione per via grafica mediante la seguente espressione approssimata:
VNOBAOBN
xmgNmgO
OURvv
1
/57.4 2
maxmax,max,
dove OURmax è dato dalla differenza tra l’OUR massimo dopo l’aggiunta del substrato e l’OUR endogeno e xV è la concentrazione di SSV nel fango.
0
10
20
30
40
50
60
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5
Tempo (h)
OU
R (
mg
O2 L
-1 h
-1)
respirazione esogena durante il
processo di nitrificazione
aggiunta NH4
respirazione endogena
OURmax
Figura 5. Tipico respirogramma relativo al consumo di azoto ammoniacale.
Nell’esempio di Figura 6 è invece mostrato il respirogramma in presenza di azoto nitroso, da cui si ricava la cinetica di nitratazione, pari a:
VNOB
xmgNmgO
OURv
1
/14.1 2
maxmax,
0
5
10
15
20
25
30
35
40
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5
Tempo (h)
OU
R (
mgO
2 L
-1 h
-1)
respirazione esogena
durante il processo di
nitrificazione
aggiunta di
NO2
respirazione endogena
OURmax
Figura 6. Tipico respirogramma relativo al consumo di azoto nitroso.
Test respirometrico per la determinazione della cinetica di rimozione della sostanza organica biodegradabile Il test di rimozione della sostanza organica mediante respirometria permette la misura della massima velocità di rimozione della sostanza organica, vCOD,max. La modalità di esecuzione del test, così come proposta da Andreottola et al. (2002), prevede di aggiungere al fango attivo aerato del
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substrato carbonioso biodegradabile ed in genere solubile per valutare l'attività specifica eterotrofa. In un reattore batch si aggiungono 1-2 litri di fango biologico. La miscela viene ossigenata in modo che l’ossigeno disciolto non risulti mai limitante (OD > 2 mgO2/L). Si opera a temperatura costante di 20°C. All’inizio del test si aggiunge una quantità nota di substrato carbonioso biodegradabile. Se si implementa un test di respirometria chiusa, si va a monitorare in continuo la concentrazione dell’OD, alternando fasi di aerazione e fasi di non aerazione, nelle quali l’OD diminuisce in seguito al consumo da parte della biomassa ma senza diventare mai limitante. Per ognuno dei tratti decrescenti viene calcolata la pendenza detta OUR (Oxygen Uptake Rate) e tale valore viene associato al tempo medio del medesimo tratto. La successione di punti di coordinate (t;OUR) determina il respirogramma dal quale si ricava il parametro vCOD,max. La Figura 7 mostra il risultato di questo test respirometrico, in cui si individuano diverse fasi. Il primo tratto ha durata di 5 h e vengono rimossi i substrati carboniosi presenti originariamente nel fango attivo al momento del prelievo (per questo la preaerazione del fango è necessaria prima di effettuare il test). Successivamente si raggiunge la respirazione endogena, con valori di OUR di circa 12 mgO2 L
-1 h-1. A 9.2 h circa viene aggiunto il substrato solubile rapidamente biodegradabile, che porta ad un immediato incremento della velocità di respirazione. Dal respirogramma si osserva che dopo l’aggiunta del substrato biodegradabile solubile si verifica il fenomeno dell’accumulo. Infatti dopo 1.4 h, dall’aggiunta del substrato, si ha l’esaurimento del substrato biodegradabile solubile aggiunto nel bulk liquido e la biomassa comincia ad ossidare i composti stoccati a livello intracellulare. Tale ossidazione si completa a 17 h circa, 6 h dopo l’aggiunta del substrato, come si può vedere dal fatto che la velocità di respirazione torna sui valori della respirazione endogena. La massima velocità di rimozione del carbonio è data dalla differenza tra l’OUR massimo dopo l’aggiunta del substrato e l’OUR endogeno: per il respirogramma in Figura 7, si ottiene OURmax = 45 mgO2 L
-1 h-1, da cui si calcola il valore per unità di SSV:
dkgSSV
kgCOD
hgSSV
mgCOD
LgSSV
hLmgO
xY
OURv
VH
COD 0.16.42/2.3
1
67.01
451
1
11
2maxmax,
0
10
20
30
40
50
60
70
0 5 10 15 20
tempo (h)
OU
R (
mgO
2 L
-1 h
-1)
aggiunta substrato
biodegradabile
esaurimento del substrato
biodegradabile solubile
esaurimento del
substrato accumulato
accumulo
respirazione endogena
Figura 7. Respirogramma relativo all’ossidazione del carbonio dopo l’aggiunta di un substrato rapidamente
biodegradabile.
TEST CON BIOSENSORI - TEST TITRIMETRICI Test titrimetrico per la determinazione della cinetica di nitrificazione Il metodo titrimetrico, applicato al fango biologico, permette di determinare l’attività dei batteri nitrificanti.
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Mediante tecnica pH-stat è possibile valutare la velocità dei batteri AOB (Ammonia Oxidising Bacteria) monitorando la concentrazione di ione idrogeno, misurata mediante semplice sonda di pH e mantenuta costante in seguito all’aggiunta di titolante alcalino. Mediante tecnica DO-stat è l’ossigeno disciolto ad essere monitorato mediante un ossimetro e l’aggiunta di perossido di idrogeno, che consente di operare a livello costante di OD, permettendo di valutare la cinetica di nitrificazione completa (AOB+NOB) o la sola cinetica dei batteri NOB (Nitrite Oxidising Bacteria). Le due tecniche a titolazione possono essere utilizzate contemporaneamente.
Bibliografia Andreottola G., Foladori P., Ferrai M., Ziglio G. (2002). Respirometria applicata alla depurazione
delle acque. Principi e metodi. Laboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli studi di Trento
Kang, S.J., Asfalk, T.J., Englert, C.J. and Deline, R.R., (1991): “A new procedure for screening feasibility of biological phosphorus removal for a wastewater”. Wat. Sci. Tech. 23, pp. 595-602.
Kristensen, G., Jorgensen P., Henze M., (1992): Characterization of functional microorganism groups and substrate in activated sludge and wastewater by AUR, NUR and OUR. Wat. Sci. Tech. 25 (6), pp. 43-57
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VALUTAZIONE DELLA CAPACITA’ DI TRATTAMENTO EFFETTIVA DI UN
IMPIANTO DI DEPURAZIONE MUNICIPALE
Giorgio Bertanza [email protected]
1. Premessa
La capacità di trattamento effettiva di un impianto di depurazione, ovvero la sua
potenzialità, è un dato di riferimento molto importante.
Si vorrebbe che la potenzialità di un impianto fosse un dato univoco e semplice da valutare,
dal quale fare discendere tutta una serie di considerazioni. Ad esempio, piacerebbe che la
potenzialità di un determinato impianto potesse essere espressa in termini di abitanti
equivalenti (es. 100.000 AE) e possibilmente coincidesse con il dato di progetto. Da questo
numero si vorrebbero poi dedurre: il grado di sovraccarico (o sottoutilizzo dell’impianto)
organico e idraulico e quindi un giudizio sulle prestazioni depurative ottenute, la capacità di
sopportare nuovi allacciamenti civili (o industriali), la capacità di ricevere rifiuti liquidi, la
possibilità di produrre un fango con determinate caratteristiche qualitative, ecc.
In realtà gli impianti di depurazione sono sistemi molto complessi, che lavorano in condizioni
dinamiche (si pensi anche solo al continuo variare delle caratteristiche quali-quantitative del
liquame), che includono almeno un processo biologico (con tutte le incertezze nel prevederne
il comportamento), che sono costituiti da più unità in serie e apparecchiature ausiliarie
(sistemi di pompaggio, sistemi per fornitura dell’aria ecc.), ciascuna delle quali ha una propria
capacità. Inoltre gli impianti non ricevono solo sostanza organica e nutrienti, ma molteplici
altre sostanze, per diverse delle quali sono anche tenuti a rispettare determinati limiti di
emissione (e nei fanghi).
Per esemplificare si rifletta su questa semplicissima considerazione: certamente, dovendo
progettare un impianto da 100.000 AE, si otterranno risultati diversi (in termini di volume
complessivo dei reattori biologici – nitrificazione+denitrificazione- e dei sedimentatori) se il
dato di partenza sarà una portata di 24.000 m3/d (con una concentrazione di BOD di 250
mg/L) oppure 30.000 m3/d (con una concentrazione di BOD di 200 mg/L). Più evidente
ancora è la differenza se si assumono limiti in uscita per l’azoto differenti. Come si può allora
pretendere di attribuire una potenzialità ad un impianto senza considerare i limiti di emissione
e prescindendo dalle caratteristiche effettive del liquame che lo alimenta?
Per cercare di dare una risposta a questa tematica molto complessa, Bertanza e Collivignarelli
(2007) hanno proposto un approccio metodologico che di seguito viene descritto nei principi.
Si rimanda alla citata pubblicazione e ai riferimenti di letteratura per gli approfondimenti.
Il Gruppo di Lavoro Gestione impianti di depurazione sta peraltro predisponendo un manuale
di verifiche di funzionalità che include anche questa procedura in tutti i suoi dettagli. Alcuni
esempi di applicazione della stessa verranno illustrati nella presentazione orale dello
scrivente.
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2. Fattori che determinano la capacità di trattamento di un impianto
La quantificazione della capacità di trattamento (=potenzialità) di un impianto di
depurazione è funzione della dimensione dell’impianto stesso e della tecnologia impiegata,
dell’età della struttura, delle procedure gestionali adottate, dei limiti da rispettare allo scarico
ecc.. La potenzialità è da riferirsi non solo ai parametri convenzionali (come BOD, COD, N
ecc.) ma anche a metalli pesanti, composti organici specifici (es: il dieldrin) o categorie di
composti (es: i solventi clorurati), sostanze “conservative” (es: i cloruri) ecc. Ciò richiede il
calcolo dei bilanci di massa per diverse sostanze (attraverso la valutazione del livello di
degradazione, volatilizzazione, ripartizione tra fase solida e liquida ecc.) al fine di stimare la
concentrazione risultante di ogni contaminante in ogni flusso (acque e fanghi) e verificare il
non superamento di diversi vincoli, ovvero limiti specifici (per esempio nell’effluente per lo
scarico, nel fango per il suo riuso o smaltimento, nel reattore biologico per evitare l’inibizione
della biomassa ecc.).
3. L’approccio metodologico proposto
3.1 BILANCIO DI MASSA DEI CONTAMINANTI
In funzione del loro comportamento in relazione al processo biologico di depurazione, i
contaminanti possono essere suddivisi in diverse categorie; la seguente proposta include le
sostanze elencate nella normativa italiana riguardante i limiti allo scarico in acque superficiali
(D.lgs 152/06, parte III, allegato 5, tabella 3), con esclusione di pH, temperatura, colore,
odore, materiali grossolani, cloro attivo libero, E. coli, saggio di tossicità acuta). Si tratta
ovviamente di una classificazione di tipo “ingegneristico” non necessariamente legata, cioè,
alle caratteristiche chimiche delle diverse sostanze ma funzionale al nostro scopo, che è quello
di delineare il comportamento prevedibile per le stesse sostanze nell’impianto.
Di seguito si riporta la suddivisione proposta:
A. parametri “convenzionali”, utilizzati comunemente per il dimensionamento di un
processo biologico: solidi sospesi totali, BOD, COD, fosforo, azoto nelle diverse
forme;
B. metalli pesanti e sostanze con comportamento simile: alluminio, arsenico, bario,
cadmio, cromo, ferro, manganese, mercurio, nichel, piombo, rame, selenio, stagno,
zinco, cianuri;
C. sostanze “conservative”: boro, solfati, cloruri, fluoruri;
D. solfuri e solfiti;
E. grassi ed oli animali/vegetali;
F. sostanze organiche: idrocarburi totali, fenoli, aldeidi, solventi organici aromatici,
solventi organici azotati, tensioattivi totali, pesticidi fosforati, pesticidi totali (esclusi i
fosforati), aldrin, dieldrin, endrin, isodrin, solventi clorurati.
Per ognuna delle suddette “categorie”, viene proposta una metodologia per il calcolo del
bilancio di massa (di seguito si riportano i principi, in sintesi).
3.1.1 Parametri “convenzionali”
La rimozione nelle fasi di pre-trattamento viene, in favore di sicurezza, trascurata.
Per quanto riguarda l’efficienza di rimozione nei sedimentatori primari e i rendimenti di
abbattimento nel comparto biologico, per liquami di natura domestica, essi possono essere
calcolati in funzione delle condizioni di funzionamento (temperatura, ossigeno disciolto, età
del fango ecc.) secondo i criteri standard di progettazione di impianti a fanghi
attivi.considerati i dati di letteratura.
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3.1.2 Metalli pesanti e sostanze con comportamento simile
Il bilancio di massa dei metalli pesanti richiede di quantificare i rendimenti di rimozione in
sedimentazione primaria così come i coefficienti di ripartizione liquido/solido, caratteristici di
ogni specifico metallo, che peraltro sono influenzati dalle condizioni di processo (si pensi ad
esempio all’effetto del dosaggio di coagulanti in sedimentazione primaria) e dalla
speciazione; valori di riferimento possono tuttavia essere desunti dalla ampia letteratura
scientifica disponibile in materia.
3.1.3 Sostanze “conservative”
Per questi composti, per definizione, si può assumere l’ipotesi cautelativa che non vi sia
rimozione in nessuna fase dell’impianto.
3.1.4 Solfuri e solfiti
Si ipotizza una “perdita” di questi composti, per strippaggio/ossidazione nel reattore
biologico.
3.1.5 Grassi ed oli animali/vegetali
Si può assumere una determinata efficienza di rimozione, ascrivendola, in via cautelativa,
esclusivamente ai pre-trattamenti (disoleatura).
3.1.6 Sostanze organiche
Per il bilancio di massa delle sostanze organiche, si può stata trascurare, in favore di
sicurezza, la eventuale rimozione nei pre-trattamenti meccanici. Inoltre, possono essere
trascurati gli effetti derivanti dall’eventuale rilascio delle sostanze organiche durante il
trattamento dei fanghi e il loro conseguente ricircolo in testa all’impianto con i surnatanti.
Per ogni gruppo di sostanze organiche considerato nel D.lgs. 152/06 si rende necessaria la
valutazione dei seguenti aspetti:
tendenza alla volatilizzazione;
tendenza al bioaccumulo sul fango primario e sulla biomassa (fango biologico):
normalmente, in presenza di sedimentazione primaria, prevale l’adsorbimento sul
fango primario, potendosi quindi trascurare l’accumulo sul fango biologico;
biodegradabilità.
La valutazione quantitativa di questi processi è resa difficile da due ordini di problemi:
innanzitutto il prevalere dell’uno o dell’altro fenomeno dipende dalle condizioni ambientali
(es. temperatura, pH ecc.) e di processo (es. età del fango, aria insufflata ecc.). Inoltre, molti
dei parametri indicati nella Tabella 3, All. 5 della parte III del D.lgs. 152/06 rappresentano
una classe di composti (es. idrocarburi), piuttosto che una sostanza specifica (es. benzene).
3.2 FATTORI LIMITANTI (VINCOLI) PER VALUTARE LA CAPACITA’ DI TRATTAMENTO
La valutazione della capacità di trattamento richiede la preliminare definizione di un numero
di fattori limitanti (vincoli) che vanno selezionati in funzione del tipo di sostanza in esame:
necessità di rispettare i limiti per lo scarico in acque superficiali o per il riuso delle
acque trattate;
necessità di rispettare i limiti di concentrazione nei fanghi (misti o solo secondari) per
il loro riutilizzo in agricoltura (o per le altre forme di smaltimento);
necessità di evitare un eccessivo accumulo nel fango con rischi di inibizione
dell’attività della biomassa;
necessità di evitare il raggiungimento nel mixed liquor di concentrazioni tali da
determinare l’intossicazione della biomassa eterotrofa;
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necessità di evitare il raggiungimento nel mixed liquor di concentrazioni tali da
determinare l’intossicazione della biomassa nitrificante.
3.3 CAPACITÀ EFFETTIVA DELL’IMPIANTO
La determinazione della capacità di trattamento dell’impianto dipende da molti fattori tra cui:
la dimensione dell’impianto e la tecnologia impiegata;
i limiti da rispettare in uscita;
le condizioni operative mantenute: concentrazione di ossigeno disciolto nei reattori di
ossidazione, concentrazione di solidi sospesi nel mixed liquor, carico del fango ed età
del fango, eventuale dosaggio di reattivi chimici in alcune sezioni dell’impianto ecc;
le caratteristiche quali-quantitative del liquame entrante e la loro variazione nel tempo
a breve, medio e lungo termine, in condizioni di tempo asciutto e in tempo di pioggia;
l’efficienza effettiva: l’efficienza di rimozione dei vari composti deve essere calcolata
sotto diverse condizioni operative, calcolando i bilanci di massa (con i criteri
suesposti) sulla base dei dati gestionali;
le condizioni delle strutture civili e delle apparecchiature elettro-meccaniche presenti:
aderenza delle medesime alle previsioni progettuali (es. corrispondenza tra la capacità
reale dei sistemi di fornitura dell’ossigeno e capacità nominale dichiarata dal
fornitore/costruttore), possibile (naturale) riduzione delle prestazioni a seguito
dell’invecchiamento delle apparecchiature e strutture.
Per i comparti di sedimentazione, la verifica della capacità di trattamento sarà incentrata sui
parametri idraulici, comunque sempre tenendo conto della necessità di valutare i molti aspetti
sopra menzionati. Infine, non va dimenticato che una verifica completa deve necessariamente
riguardare anche la linea fanghi.
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PROBLEMATICHE NEL MONITORAGGIO DEI MICROINQUINANTI
ROBERTA PEDRAZZANI
DIMI – Facoltà di Ingegneria, Università degli Studi di Brescia, Via Branze, 38, 25123 Brescia. e-mail: [email protected]
1. Introduzione
La comunità scientifica internazionale sta ponendo una forte attenzione sui rischi che i microinquinanti organici diffusi nell’ambiente attraverso gli scarichi idrici e i fanghi di depurazione possono determinare nei confronti di tutte le forme di vita, compresa quella umana. Anche la normativa ambientale a livello europeo (Direttiva 2000/60/CE) e nazionale (D.L.vo 152/06) sta prendendo in considerazione questa problematica. In particolare, riguardo ai microinquinanti organici, vengono proposti limiti di presenza nell’ambiente e nel fango sempre più stringenti (COM(2006)397 e WDS(2000), rispettivamente). Il problema assume particolare rilevanza nell’ottica dell’auspicato (e in molti casi già praticato) riutilizzo dell’acqua di scarico (nelle numerose possibili forme) e dei fanghi. Gli impianti di depurazione a fanghi attivi, sviluppati per rimuovere il materiale organico quantificato con parametri aspecifici (BOD e COD), i nutrienti (N e P) e i solidi sospesi (inquinanti che, essendo usualmente presi in considerazione nella gestione e progettazione, possono essere definiti “inquinanti convenzionali”: Bertanza e Collivignarelli, 2006), hanno in effetti mostrato la capacità di rimuovere specifiche sostanze organiche presenti in concentrazioni estremamente basse. Tuttavia, i fenomeni in gioco sono molto complessi e, ad oggi, mancano strumenti operativi che consentano di determinare il destino di queste sostanze all’interno degli impianti di depurazione. In effetti, le prestazioni riscontrabili a scala reale non sono state indagate in maniera sistematica sulla base di prolungate campagne di monitoraggio sperimentale. Questo sia per ragioni di complessità (e talvolta incertezza) delle procedure analitiche, sia per i costi delle analisi stesse, sia per le difficoltà in generale connesse con la definizione dei bilanci di massa in un impianto di depurazione che non lavora di fatto mai in condizioni di stato stazionario.
2. I principali inquinanti emergenti
Un “contaminante emergente” è un composto chimico o un materiale che è caratterizzato da una percepita, potenziale o reale minaccia per la salute umana o dell'ambiente o dalla mancanza di standard igienici pubblicati. I contaminanti sono anche detti “emergenti” in quanto una nuova fonte o una nuova via per l'uomo sono state scoperte o un nuovo metodo di analisi o una nuova tecnologia di trattamento sono stati sviluppati. Molti di questi inquinanti emergenti sono rilevabili in concentrazioni esigue (cosiddette sostanze in tracce), dell’ordine di micro-nano e picogrammi per litro. Si riporta in seguito un elenco di alcuni inquinanti acquatici potenzialmente in grado di raggiungere un impianto di depurazione, secondo alcuni parametri fondamentali quali la diffusione e la semplicità delle relative analisi.
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POPs (Persistant Organic Pollutants). Sono composti organici chimicamente stabili, caratterizzati da una marcata tossicità, spesso interferenti endocrini, e da lunghi “tempi di vita” nell’ambiente. Tra di essi si annoverano: - PoliCloroBifenili (PCB) - PoliCloroDibenzoDiossine (PCDD) - PoliCloroDibenzoFurani (PCDF) - Pesticidi Organo Clorurati (fra cui il DDT) - Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) - EsaCloroBenzene (HCB) - composti organostannici - ritardanti di fiamma bromurati Le agenzie governative preposte alla protezione della salute pubblica e dell’ambiente hanno avviato da anni programmi di studio e monitoraggio dei livelli della contaminazione del rischio associato alla loro diffusione sul pianeta (Swedish Environmental Protection Agency, 1998). A tal proposito, si cita la Convenzione di Stoccolma (22 maggio 2001) sui POP, firmata da 151 paesi e comprensiva di 30 articoli e 6 allegati, nella quale si prevede di eliminare la produzione di PCB (non l’utilizzazione o il trasporto) e di ridurre e/o eliminare diossine e furani (PCDD/F) prodotti e rilasciati “senza intenzione”. PPCPs. I PPCPs (Pharmaceutical and Personal Care Products, Farmaci e Prodotti per la Cura Personale) sono una vasta ed eterogenea classe di composti chimici organici, identificati come contaminanti emergenti in quanto immessi nell'ambiente in misura sempre crescente. Presentano masse molari, complessità e bioattività estremamente differenti. Essi includono:
farmaci (uso umano e veterinario) e loro metaboliti, agenti diagnostici
droghe d’abuso e loro metaboliti
prodotti per la cura e l'igiene personale (cosmetici, fragranze detergenti, insetticidi)
prodotti per la cura e l'igiene della casa
nutriceutici. Tra le fragranze muschiate si annoverano i nitromuschi, i muschi policiclici e i muschi macrociclici. A causa di preoccupazioni relative al loro livello di tossicità, la produzione dei nitromuschi è in declino in Europa già da qualche anno. Solo due nitromuschi rimangono prodotti in quantità significative oggi: il muschio xilene (MX) e il muschio chetone (MK). Questi, insieme ai due muschi policiclici, il galaxolide (HHCB) e il tonalide (AHTN), compongono il 95% del mercato europeo dei muschi sintetici. Oltre alla già accennata tossicità questi composti sono molto persistenti; a causa di ciò e del loro uso diffuso nei prodotti, sono distribuiti in grandi quantità nell’ambiente, soprattutto nei sistemi acquatici e marini. Essi sono altamente lipofili, bioaccumulabili e peristenti, potenziali interferenti endocrini. I prodotti per l’igiene della casa comprendono categorie estremamente differenziate di composti, quali tensioattivi, addolcenti, complessanti, antirideponenti, alcalinizzanti, sbiancanti, candeggianti ottici, antischiuma. I PPCPs costituiscono un rischio per l’ambiente acquatico, gli alimenti e la salute umana, in prima istanza a causa del loro massiccio e continuo uso e quindi della presenza pressoché ubiquitaria a livello globale. Nella maggior parte dei casi si dispone di dati tossicologici ed ecotossicologici incompleti e per nulla esaustivi, cosicché la valutazione del rischio è poco fattibile. Principi attivi farmaceutici e loro metaboliti; agenti diagnostici. Quando i farmaci vengono assunti, possono essere completamente metabolizzati dall’organismo, trasformati, frequentemente coniugati con molecole polari (es. glucuronidi) o esserne espulsi invariati. Un’enorme mole di articoli scientifici, una massiccia opera di raccolta dati ed emanazione di norme a livello di enti nazionali e internazionali testimoniano l’importanza ambientale della presenza di farmaci nell’ambiente e nel cibo destinato al
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consumo umano e animale. La pericolosità dei farmaci risiede sia nell’efficacia esplicata dal principio attivo stesso, dalla potenziale tossicità dei metaboliti e dalla estrema diffusione degli stessi. Le categorie di farmaci comprendono: antibiotici, antinfiammatori, analgesici, tranquillanti, regolatori del metabolismo lipidico, ormoni sintetici, ecc. I farmaci veterinari sono largamente utilizzanti in tutto il mondo, come additivi per i mangimi o per scopi profilattici e terapeutici. La categoria nettamente più diffusa è costituita dagli antibiotici, tra cui gli amminoglicosidi, i β-lattami, i macrolidi, i quinoloni, i fluoroquinoloni, i solfonammidi e i tetraciclici; un’altra importante categoria è quella degli ecto- ed endoantiparassitari. Accanto ai principi attivi farmaceutici si menzionano gli agenti diagnostici per uso clinico, tra cui si citano i mezzi di contrasto iodurati per i raggi X. EDCs (Endocrine Disrupting Compounds). Sono agenti esogeni che interferiscono con la produzione, il rilascio, il trasporto, il metabolismo, il legame, l’azione e l’eliminazione degli ormoni naturali responsabili del mantenimento dell’omeostasi nell’organismo e della regolazione dei processi di sviluppo e di conseguenza causano effetti avversi su un organismo, la sua progenie o una (sotto) popolazione. Molti interferenti endocrini vengano rilasciati nell’atmosfera come risultato delle attività di combustione (idrocarburi policiclici aromatici, diossine, ecc.); nelle acque sotterranee e superficiali negli scarichi urbani e industriali sono stati rinvenuti ftalati, alchilfenoli e fenoli, composti organostannici , ormoni naturali e sintetici.
3. Caratterisitiche chimico-fisiche
Per una migliore comprensione del comportamento che le sostanze possono presentare nell’ambiente, è utile conoscere il valore di alcune significative proprietà chimico fisiche, tra cui: la costante di Henry (H), la solubilità in acqua (γsat) e i coefficienti di ripartizione ottanolo/acqua (Kow). Esse indicano, rispettivamente: ♦ la costante di Henry (H): rappresenta una stima della tendenza di una sostanza
chimica a ripartirsi, all’equilibrio, tra aria e acqua. Un valore elevato indica che la sostanza in questione tende a volatilizzare.
♦ la solubilità in acqua ( sat): rappresenta la concentrazione massima che una sostanza può raggiungere in acqua pura ad una data temperatura;
♦ il coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua (Kow): rappresenta la distribuzione, all’equilibrio, di una data sostanza tra n-ottanolo e acqua. L’ottanolo viene usato come modello della parte lipidica di un tessuto animale (per esempio in relazione ai pesci). Generalmente il Kow è un buon indicatore della tendenza di un substrato a muoversi dall’acqua al grasso, quindi della sua tendenza a muoversi dall’ambiente acquatico alle matrici biologiche.
4. Il monitoraggio e la rimozione dei microinquinanti negli impianti di
depurazione
Al momento non risultano disponibili procedure analitiche standardizzate per la determinazione di tutte le categorie di inquinanti in tracce/emergenti sopra elencate. Le ragioni che giustificano questa lacuna metodologica risiedono:
nei valori di concentrazione alla quale si trovano nell’acqua di scarico, nei fanghi e nei sedimenti, che si presentano estremamente bassi (spesso inferiori a ppb);
nella qualità delle matrici da analizzare caratterizzate dalla presenza di moltissime sostanze diverse, alcune delle quali interferiscono con gli strumenti analizzatori e il metodo analitico determinando una certa difficoltà nel garantire l’attendibilità e la ripetibilità dell’analisi;
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nella complessità delle molecole da determinare.
Molti composti organici persistenti passando attraverso gli impianti di depurazione senza essere totalmente intercettati, vengono continuamente riversati nell’ambiente. In particolare gli effluenti degli impianti di depurazione costituiscono una delle maggiori fonti di diffusione nell’ambiente di alchilfenoli e alchilfenoli etossilati, proprio a causa dell’incompleta degradazione a cui sono soggetti. In generale i processi a fanghi attivi mostrano una buona efficienza di rimozione degli EDCs, tuttavia non permettono di raggiungere negli effluenti concentrazioni di estrogeni sufficientemente basse da scongiurare effetti negativi nei pesci e nei microrganismi Peraltro, uno dei principali svantaggi dei sistemi a fanghi attivi consiste nel generare sottoprodotti di degradazione che poi si ritrovano nell’effluente e/o nei fanghi
In generale i percorsi di rimozione degli inquinanti organici durante il trattamento biologico di depurazione comprendono i seguenti processiadsorbimento sui fiocchi di fango e rimozione attraverso l’estrazione del fango di supero;
degradazione biologica o chimica (prodotti finali CO2 e acqua);
trasformazione (con genesi di sottoprodotti);
volatilizzazione (soprattutto durante l’aerazione). Se i contaminanti sono adsorbiti sul fango attivo, il suo utilizzo in agricoltura potrebbe essere una potenziale fonte per la contaminazione di suolo e acquiferi. Riguardo al processo di biodegradazione, il substrato organico può essere utilizzato, da parte dei batteri, in diversi modi: come substrato anabolico (che determina un incremento di biomassa), come fonte di energia oppure come elemento coinvolto in processi del cometabolismo. I parametri operativi che influenzano maggiormente la rimozione dei microinquinanti organici sono: il tempo di ritenzione idraulica e l’età del fango; l’età del fango alta; una significativa presenza di materiale organico a cui i composti idrofobi possono legarsi; una totale separazione del materiale particolato e colloidale dalla fase liquida.
Le tecniche applicabili dopo il trattamento secondario biologico comprendono processi diversi tra cui il dosaggio di reattivi chimici, il carbone attivo, la filtrazione, la radiazione UV, i trattamenti elettrochimici, ecc., anche in combinazione tra loro. Le tecnologie applicate devono rimuovere in maniera efficace i microinquinanti organici e inorganici e, contestualmente, aumentare la resa di rimozione dei nutrienti e presentare le seguenti caratteristiche : ♦ capacità di trattare portate elevate; ♦ capacità di agire alle tipiche condizioni di processo degli impianti di depurazione (pH
pressochè neutro, bassa temperatura, ecc.); ♦ consumo di energia e di reattivi contenuto; ♦ richiedere poco spazio; ♦ efficacia nei confronti di un largo spettro di sostanze; ♦ costi di investimento e gestione sostenibili. Le differenti tecniche applicate hanno, rispettivamente, gli obiettivi di seguito elencati: ♦ coagulazione, flocculazione e filtrazione: rimozione diretta delle particelle sospese e
colloidali; rimozione indiretta delle sostanze legate alle particelle rimosse (metalli pesanti, inquinanti organici, nutrienti); possibile rimozione dei complessi di coordinazione;
♦ filtrazione biologica (denitrificazione): rimozione dell’azoto; ♦ adsorbimento su carboni attivi: rimozione di contaminanti organici (pesticidi, farmaci,
EDCs); ♦ ossidazione avanzata: rimozione di contaminanti organici (pesticidi, farmaci, EDCs),
batteri e virus.
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Rimane comunque aperta la problematica inerente la formazione di sottoprodotti di degradazione. Infatti, uno degli svantaggi dei processi chimici, ma anche biologici, è costituito dalla generazione di sottoprodotti (l’elenco è in continuo aggiornamento) la cui presenza è difficile da valutare e, soprattutto, la cui pericolosità è incognita (anche perché la contemporanea presenza di sostanze diverse determina effetti non prevedibili). E’ necessario pertanto effettuare test tossicologici mirati, specifici e differenziati, per acquisire una conoscenza più precisa dell’effettiva pericolosità degli scarichi e, quindi, confrontare diverse tecnologie di trattamento terziario. A questo proposito, si richiama l’attenzione sul fatto che l’eventuale applicazione di trattamenti terziari dovrà presentare elevati rendimenti di rimozione ma anche sostenibilità economica ed ambientale adeguate (valutazione del ciclo di vita). In conclusione, nonostante la conoscenza riguardo a queste tematiche sia molto aumentata nel corso degli ultimi anni, dal punto di vista applicativo (al di là dalle imposizioni della normativa) il dibattito è ancora molto aperto e rimane l’esigenza di dare una risposta alla domanda: è opportuno (nel senso più ampio del termine) investire nella realizzazione e gestione di sistemi di trattamento più spinti, specificamente mirati al controllo dei microinquinanti? Bibliografia Bertanza G., Collivignarelli C. (2006). Impianti di depurazione: un nuovo approccio nella progettazione – Editoriale ospite, IA – Ingegneria Ambientale, vol. XXXV, n. 12, 547. Per la stesura della presenTe relazione si è fatto riferimento a:
QUADERNO n° 48 INGEGNERIA AMBIENTALE I microinquinanti organici nelle acque di scarico urbane: presenza e rimozione Il caso degli interferenti endocrini (EDCs) G. Bertanza, R. Pedrazzani, V. Zambarda, 2009
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CONTROLLO QUANTITATIVO DEGLI SCARICHI IN RETE FOGNARIA
Ing. Sara Fertonani – A.E.M. Gestioni s.r.l.
1. La problematica
Nell’ambito della gestione del ciclo idrico integrato è di indiscutibile importanza la conoscenza
delle portate in gioco all’interno dei sistemi acquedottistici, fognari e depurativi; essa costituisce
uno strumento che permette di ottenere informazioni attendibili e successivamente poter
diagnosticare eventuali disfunzioni e programmare interventi mirati su tali impianti.
Ricordiamo a tale proposito che il Testo Unico Ambientale (D.Lgs 152/2006 e s.m.i.) affronta in
più punti il tema delle prescrizioni da inserire nelle autorizzazioni agli scarichi e delle modalità
ispettive finalizzate alla verifica delle condizioni reali (artt. 101, 128, 129, 137).
La normativa prevede infatti che “l'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le
ispezioni, i controlli e i prelievi” per accertare il rispetto di quanto dichiarato in sede autorizzativa.
Partendo da ciò, è quindi innanzitutto importante evidenziare il problema connesso alla misurazione
delle portate scaricate nella rete fognaria.
Nella rete acquedottistica, grazie al funzionamento in pressione e alla qualità del fluido, risulta
facilitata l’installazione di dispositivi di misura sia sugli allacciamenti privati che sulla rete di
distribuzione; per quanto riguarda invece la fognatura, lo scenario è decisamente più complesso e
articolato e presuppone indagini e valutazioni ben più fini.
Dal punto di vista gestionale esistono a nostro avviso i seguenti principali ambiti di controllo
quantitativo degli scarichi in rete fognaria:
portate addotte da insediamenti produttivi,
portate addotte in tempo asciutto,
portate immesse dalla reticolo idrografico superficiale e sotterranee.
SCARICHI DA INSEDIAMENTI PRODUTTIVI
Per quanto riguarda questa tipologia, le informazioni disponibili sono in massima parte desumibili
dalle denunce annuali degli insediamenti industriali: tali valori però, per essere correttamente
interpretati, devono essere corredati da una serie di informazioni aggiuntive, quali la tipologia delle
acque scaricate, la presenza di pozzi privati e l’andamento temporale del volume immesso in
fognatura (portata istantanea).
Tali dati sono solo in parte ricavabili dai moduli di denuncia o dalla documentazione predisposta
dalla ditta in sede di rilascio dell’autorizzazione allo scarico, occasione in cui il gestore della
fognatura è chiamato a esprimente parere di competenza e può imporre eventuali prescrizioni in
merito alle modalità di immissione dei reflui nella rete fognaria: ad esempio può richiedere
l’installazione di misuratori in continuo della portata scaricata o porre il vincolo a scaricare solo
nelle ore notturne.
I problemi maggiori si rilevano nei casi, non così rari, in cui la ditta, oltre a non comunicare il
volume annuo scaricato, non risulti nemmeno tra quelle in possesso di autorizzazione allo scarico ai
sensi del D.Lgs 152/2006. In tal caso l’unica informazione sullo scarico è desumibile dalla misura
dell’acqua prelevata dall’acquedotto, con tutte le incertezze conseguenti (contributo di eventuali
pozzi privati, aliquota inviata in corpo idrico superficiale).
SCARICHI IN TEMPO ASCIUTTO
Per quanto riguarda gli scarichi all’interno della fognatura in tempo asciutto, il problema principale
del controllo quantitativo è legato al fatto che le portate che si hanno all’interno della rete fognaria
sono per la maggior parte dei casi ignote, specialmente in zone pianeggianti dove sono assenti salti
di quota e gli allacci delle utenze risultano difficilmente disconnessi dalla rete fognaria; i soli punti
di controllo sono gli impianti di sollevamento, in cui nei casi migliori si conosce l’algoritmo che
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regola il livello della vasca di aspirazione con la portata pompata, ma molto spesso sono note solo le
ore di funzionamento e le curve caratteristiche delle pompe. Il fatto di avere un limitato numero di
punti di potenziale verifica delle portate genera il problema di risalire a eventuali scarichi puntuali,
non avendo a disposizione valori istantanei e correlabili ad una certa sezione di chiusura della rete,
e non essendo in condizione di circoscrivere sufficientemente l’area di provenienza.
SCARICHI DI ACQUE PARASSITE
Da sempre esiste il problema della determinazione delle portate parassite, che trova la sua origine
dalle non infrequenti connessioni di rete di bonifica/irrigazione e rete mista o a provvisorie
connessioni di scarichi di rete di acque bianche in fognatura mista, nonché a sfiori di canali ovvero
sfiori di fognatura divenuti scarichi di canali in fognatura per modificato regime idraulico (livello
idrometrico più elevato), oppure da infiltrazioni dagli acquiferi superficiali, per cui l’acqua viene
drenata dai giunti del collettore stesso quando il livello piezometrico è superiore a quello di posa
della tubazione.
L’individuazione dei collegamenti della fognatura alla rete idrografica superficiale e sotterranea è
estremamente difficile, specialmente se non visibili dall’esterno, come ad esempio nelle zone dove i
canali sono tombinati e non è possibile determinare il livello della falda. Ancora più complicato è
quantificare le portate in gioco per i motivi di cui si accennava sopra.
2. I metodi
Esistono diverse tecniche di controllo quantitativo degli scarichi, più o meno utilizzate e conosciute.
In teoria, la misura della portata lungo una canalizzazione fognaria a gravità sarebbe possibile, a
patto di avere un certo tipo di condizione (salti, disconnessioni,…), di disporre di informazioni
geometriche certe e complete (pendenze, diametro interno, eventuali restringimenti, stato della
tubazione, …): esistono a tale proposito strumenti di misura del livello e di velocità, che possono
essere utilizzati per determinare la portata transitante in un certa tubazione.
Come detto, però, si tratta di sistemi difficilmente proponibili, specialmente in ambiti urbani di
pianura e in caso di reti complesse, non recenti, di cui spesso si sono recuperate informazioni solo
attraverso le ispezioni ma non si conosce il profilo esatto. L’incertezza della misura che ne deriva
vanifica lo scopo che ci si è prefissi, cioè monitorare gli scarichi in rete o le portate sfiorate in acque
superficiali durante l’evento meteorico.
La misura del livello ad ultrasuoni presenta sicuramente dei vantaggi, essendo lo strumento
relativamente semplice da posizionare e non a contatto col liquame, anche se di solito è effettuata in
punti non presidiati e spesso vi è il problema dell’alimentazione a batteria.
Ove necessario, si ricorre invece alla misura della velocità per giungere alla determinazione della
portata transitante, il che presuppone però l’immersione nel liquame del dispositivo, risultando
quindi assai più problematica, essendo soggetta a problemi di intasamento, specialmente nel caso di
acque nere; affinché la misura sia affidabile, lo strumento necessita pertanto di una continua
manutenzione e di una validazione dei dati ottenuti.
Un metodo che certamente fornisce risposte interessanti è quello della simulazione idrodinamica del
funzionamento della rete fognaria, che permette di conoscere l’andamento della portata in vari punti
nel tempo e quindi stimare i quantitativi che vengono immessi ad esempio durante l’arco della
giornata in tempo asciutto, a una volta note le condizioni al contorno (es. portate sollevate dagli
impianti di pompaggio). L’attendibilità dei risultati che si ottengono dal modello, di cui esistono
vari software commerciali, è strettamente correlata al grado di conoscenza della rete, ovvero devono
essere note le caratteristiche geometriche, strutturali, funzionali del bacino, così come l’esatta
posizione di tutte le immissioni puntuali presenti nel sistema che si vuole esaminare. Tale tecnica
quindi risulta da una parte efficace ma dall’altra time consuming e viene applicata o in bacini
semplici e di dimensione contenuta oppure nel caso in cui, pur non avendo a disposizione dati reali,
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si voglia perseguire altri scopi, quali una analisi di massima della rete (ad esempio ai fini del rilievo
della fognatura), introducendo delle condizioni al contorno ipotizzate.
Un metodo sicuramente efficace per il controllo delle portate su condotte fognarie in pressione è
l’installazione di un misuratore elettromagnetico, universalmente collaudato per tale tipo di
applicazioni: affinché il valore misurato sia attendibile, tale sistema richiede però determinati tratti
rettilinei minimi della tubazione monte e valle dello strumento, oltre alla costanza nel tempo del
funzionamento in pressione; non da ultimo, il suo costo comincia a diventare piuttosto elevato nel
caso di diametri di grandi dimensioni.
3. L’esperienza di Cremona
A.E.M. Gestioni, società di servizio del Comune di Cremona, gestisce tra gli altri anche il servizio
idrico integrato: prelievo, potabilizzazione, distribuzione, collettamento fognario e depurazione, con
la restituzione finale della risorsa all’ambiente.
La rete fognaria della città di Cremona in particolare è stata da sempre profondamente influenzata
dalla presenza di un diffuso reticolo idrografico che circonda e attraversa l’abitato, reticolo che in
passato ha costituito il ricettore naturale delle acque reflue, sia luride che piovane, determinando
l’insorgere di uno schema piuttosto frastagliato e disomogeneo di condotti a gravità, in massima
parte di tipo misto. A supporto della rete, che si sviluppa su un territorio pianeggiante caratterizzato
da pendenze estremamente basse, e per un suo funzionamento e gestione ottimale, sono stati previsti
e realizzati numerosi impianti di sollevamento sia dei liquami che delle acque di pioggia, collocati
in punti strategici del sistema fognario, come mostrato nella planimetria seguente.
Figura 1. Principali collettori fognari, canali cittadini e impianti di sollevamento
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Attualmente la rete di pubblica fognatura serve il territorio di Cremona e di 8 comuni limitrofi ed ha
le caratteristiche riportate nella tabella seguente.
Tabella 1. Caratteristiche principali della rete fognaria di Cremona (2009)
Nell’ambito del controllo quantitativo degli scarichi, l’esperienza gestionale di A.E.M. ha portato ad
individuare alcune vie percorribili in maniera più efficace di altre.
Sicuramente l’ambito di maggiore successo è quello relativo al controllo degli scarichi provenienti
dai grandi insediamenti produttivi, che destano particolare interesse dal punto di vista dell’impatto
sulla rete fognaria e dei quali si conoscono abbastanza le caratteristiche, essendo soggetti ad
Autorizzazione Integrata Ambientale.
Per tali insediamenti, che possiedono quasi sempre uno scarico in pressione (in uscita dal
trattamento interno), si cerca di prescrivere sistematicamente l’installazione di un misuratore di
portata elettromagnetico direttamente sulla tubazione di scarico, che rilevi in continuo la portata
istantanea immessa in fognatura, associato ad un data-logger a due canali (analogico e digitale), che
consenta la registrazione dei dati in relazione ad una scala temporale, il loro scaricamento e la
successiva elaborazione in modo da controllare gli orari di funzionamento delle pompe deputate
allo scarico.
Figura 2. Misuratore elettromagnetico di portata e data-logger a due canali
Tale sistema di controllo degli scarichi industriali, associato anche ad un campionatore automatico
refrigerato prescritto per il controllo qualitativo da parte dell’ente gestore, ha portato indubbi
vantaggi nella gestione della rete fognaria, in quanto si ha la possibilità di monitorare le portate
realmente immesse e verificare la rispondenza con quanto dichiarato e con quanto prelevato
dall’acquedotto. Si ricorda infatti che le industrie, oltre ad essere approvvigionate dall’acquedotto
civico (i cui prelievi sono facilmente evidenziabili), prelevano spesso autonomamente acque da
corsi idrici superficiali o da pozzi profondi. Una stima “teorica” dei consumi di acqua industriale
per addetto o per unità di prodotto spesso non è in grado di evidenziare consumi di acqua ad uso
accessorio (raffreddamento, lavaggio, …), che possono essere molto elevati oltre che avere un
andamento irregolare con possibili punte e che solo misure dirette possono verificare.
Come accennato, gli insediamenti produttivi di grandi dimensioni, sui quali quindi dovrebbe essere
rivolta la maggiore attenzione in termini di controlli, sono ormai tutti soggetti ad A.I.A. E’ doveroso
segnalare però che, nell’ambito di esperienza del comune di Cremona, si è riscontrata una difficoltà
ad effettuare un controllo diretto da parte dell’ente gestore della fognatura, essendo l’intera
Estensione totale (rete e collettori) 301 km
Abitanti civili serviti 84.595 ab
Utenze industriali 78
Impianti di sollevamento 27 urbani + 14 extra-urbani
Volume in ingresso al depuratore 14.361.297 m3/anno
Sfioratori di piena 240
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procedura A.I.A. coordinata dalla Provincia, la quale in ultima analisi può decidere di inserire o
meno nell’atto eventuali prescrizioni, senza parere vincolante del gestore.
Per quanto riguarda gli scarichi provenienti dal reticolo superficiale e sotterraneo, la loro
determinazione quantitativa resta invece ancora improponibile, per quanto detto prima riguardo
all’installazione di misuratori su condotte a gravità. Rimane quindi purtroppo il problema gestionale
di far fronte ad un aumento della portata scaricata nella rete dovuto a tali acque parassite, il che
comporta una maggiore quantità di acqua da sollevare in corrispondenza delle stazioni di
pompaggio, nonché maggiore frequenza degli scarichi in corrispondenza degli scolmatori.
Un sistema utilizzato per localizzare quantomeno il punto di probabile immissione è quello di
effettuare vari campionamenti per analizzare la qualità del liquame e rilevare una eventuale
diluizione degli inquinanti; per quanto riguarda i drenaggi dalla falda, si è cercato di monitorare la
sua escursione posizionando dei piezometri sul territorio urbano.
Alla luce di quanto esposto, è bene sottolineare il fatto che il gestore deve necessariamente acquisire
una conoscenza approfondita non solo della rete fognaria ma anche di quella irrigua e di bonifica
del proprio bacino. In tal senso A.E.M. sta conducendo uno studio finalizzato alla ricognizione e
modellazione dell’intero sistema di drenaggio.
A tale proposito, indispensabile supporto per il controllo degli scarichi è il sistema informativo
cartografico utilizzato e aggiornato da A.E.M. Gestioni: grazie all’inserimento nel data base
territoriale di tutte le informazioni disponibili sulla rete fognaria (oltre agli altri servizi), è stato
possibile ad esempio localizzare sulla mappa i punti di scarico sia delle utenze industriali che di
quelle private ed associarvi tutti i dati utili ad una loro futura consultazione; inoltre è stato possibile
individuare sia graficamente che logicamente il legame tra tali immissioni ed il bacino di
riferimento, in modo da circoscrivere la zona di intervento in caso di eventuali scarichi anomali.
Figura 3. Esempio inserimento dati nel sistema informativo cartografico della rete fognaria
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L’obiettivo a lungo termine, una volta completate e validate le informazioni inserite, comprese
quelle relative ai punti di scarico industriali, desunte dai misuratori di portata installati, è quello di
poter utilizzare il GIS come base per la simulazione di alcuni bacini significativi dal punto di vista
del funzionamento idraulico.
La cartografia è giunta parzialmente in aiuto anche nel caso di necessità di identificare le eventuali
connessioni tra rete fognaria e rete idrografica superficiale e viene utilizzata per evidenziare i punti
critici in cui misurare la portata o il livello dei canali collegati alla rete. A tale proposito sono stati
installati misuratori di livello dei canali aggiuntivi, proprio a seguito di questo controllo: lo scopo è
quello di valutare l’effetto degli scarichi della fognatura nei corpi idrici o al contrario dei rigurgiti
dei secondi all’interno delle condotte di scarico.
Sempre nell’ottica di un monitoraggio della rete e dei punti di scarico, A.E.M. Gestioni si avvale di
un sistema di telecontrollo degli impianti di sollevamento urbani ed extra-urbani, indispensabile per
una più efficiente gestione della rete, essendo in larga misura basata sul loro funzionamento. Al suo
interno arrivano anche i dati di registrazione dei livelli dei canali cittadini, di cui si diceva sopra, in
modo da poter estendere il controllo a tutti i punti ritenuti critici.
Il sistema di telecontrollo permette la registrazione dei principali parametri relativi alle pompe e
fornisce in particolare la portata sollevata istantanea, calcolata con un algoritmo basato
sull’andamento temporale del livello in vasca di aspirazione. Partendo da questi valori, dei quali è
possibile archiviare nel data base le totalizzazioni, è possibile ad esempio effettuare un controllo dei
reali volumi annui immessi dalle reti dei comuni limitrofi collegati a Cremona mediante
pompaggio, in modo da affinare i parametri utilizzati per il canone di gestione del servizio e poter
effettuare un confronto con gli approvvigionamenti da acquedotto ed indirizzare eventuali
investimenti per la sistemazione della fognatura.
Per quel che riguarda gli impianti di sollevamento di acque meteoriche, il loro telecontrollo
rappresenta sicuramente un efficace sistema di monitoraggio delle portate scaricate nei corsi
d’acqua durante gli eventi di pioggia.
Figura 4. Esempio pagina sinottica telecontrollo impianto di pompaggio acque meteoriche
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Infine, per quanto riguarda le portate addotte alla rete meteorica o ad un corpo idrico superficiale in
tempo di pioggia provenienti da zone di nuova espansione urbanistica, A.E.M. da tempo prescrive,
in sede di pianificazione territoriale, l’installazione di un limitatore di portata sulla tubazione di
scarico, a salvaguardia del funzionamento idraulico del bacino posto a valle, come peraltro indicato
nel P.T.U.A. della Regione Lombardia. Tale dispositivo, dotato di lama con un profilo tarato in
modo da regolare la sezione di passaggio del flusso al variare del livello idrico a monte, consente di
effettuare un controllo abbastanza fine sui quantitativi scaricati durante gli eventi meteorici (rispetto
dei 20 l/s per ettaro di superficie scolante impermeabile).
Figura 5. Esempio di limitatore di portata allo scarico
4. Conclusioni
Mentre per un impianto di depurazione i flussi dei diversi materiali sono maggiormente
controllabili, indirizzabili e selezionabili, diverso discorso si ha nel caso di una rete fognaria, in cui
ancora oggi si tende ad accettare quasi tutti i contributi senza porre troppo risalto alla tipologia degli
scarichi e alle conseguenze che possono derivare sia alla rete che al depuratore stesso.
E’ infatti ormai fuori discussione il fatto che sia indispensabile cercare di effettuare un serio e
mirato controllo di tutti gli ingressi potenzialmente pericolosi, sia in termini qualitativi che idraulici,
al fine di poter effettuare una gestione il più possibile ottimale del servizio.
Parallelamente a questo aspetto, come peraltro previsto dal D.Lgs 152/2006, è fondamentale anche
il controllo e l’analisi di qualità degli scarichi da parte di un laboratorio accreditato, con particolare
riferimento ai composti pericolosi, anche per problemi di concentrazioni di tali inquinanti nei fanghi
di depurazione.
In ultima analisi, si ritiene che alla base di tutto vi sia il fatto che da una parte il gestore del
depuratore non possa prescindere dall’avere la conoscenza della rete, e viceversa dall’altra il gestore
della rete fognaria debba avere ben note le problematiche del depuratore.
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GRUPPO DI LAVORO
GESTIONE IMPIANTI DI DEPURAZIONE
Facoltà di Ingegneria
Università di Brescia
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a Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale
CREMONA, 27 gennaio 2011
VERIFICHE DI PROCESSO
DELLA DIGESTIONE ANAEROBICA
DEI FANGHI
Eugenio Lorenzi
SOCIETÀ METROPOLITANA ACQUE TORINO S.p.A
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Impianto di depurazione centralizzato SMAT a servizio dell’area metropolitana torinese (Castiglione Torinese)
I 6 digestori della linea fanghi da 12.000 mc ciascuno
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Principali dati dell’impianto:
Abitanti equivalenti serviti: 2.500.000
Portata media trattata: 630.000 m3/d
Fanghi alimentati alla digestione: 4.000 m3/d
Biogas prodotto: 50.000Nm3/d
Impianto a fanghi attivi con sedimentazione primaria, trattamenti terziari di denitrificazione
biologica e defosfatazione chimica, filtrazione finale.
Preispessimento fanghi a gravità, digestione anaerobica in condizioni mesofile,
disidratazione dei fanghi su due linee: filtropresse e centrifughe con essicamento fanghi
centrifugati.
Viene descritto il caso di monitoraggio e gestione della fase di acidosi verificatasi su uno
dei 6 digestori dell’impianto. Il fango in alimento ai digestori è una miscela di fango
primario e secondario ispessito a gravità proveniente dalla linea acqua. Nel fango è
presente anche una componente di biomasse provenienti da un’attività di fermentazione
nel settore farmaceutico.
Sono stati riportati nella tabella allegata i risultati delle verifiche analitiche condotte sulla
fase solida e liquida nel periodo in esame (46 giorni) oltre ai dati relativi alla quantità di
fango alimentato, alla produzione di biogas ed alle verifiche qualitative sul biogas stesso.
Fra i vari parametri quelli che in questo caso descrivono meglio la situazione sono gli
andamenti di acidità, espressa come mg/L di acido acetico, alcalinità come mg/L di
carbonato di calcio e del loro rapporto, oltre alla portata (Nm3/d) di biogas prodotto.
Seguiamo l’evoluzione mediante questi parametri: nei primi quattro giorni la situazione è in
equilibrio, con un rapporto fra acidità ed alcalinità ottimale, cioè inferiore a 0,2. Nel
successivo fine settimana l’equilibrio si altera, e dal giorno 7 si nota un progressivo
innalzamento del rapporto, legato ad un elevato aumento dei valori di acidità.
Seguendo i dettami della letteratura scientifica, la prima reazione per gestire la situazione
è stata quella di ridurre l’alimentazione di fango (fino al giorno 9). Però, verificato che ciò
non consentiva il controllo dell’acidità, si è optato per una strategia innovativa: aumentare
l’alimentazione su questo digestore, raddoppiando il volume di fango alimentato nelle 24
ore, ciò principalmente al fine di salvaguardare gli altri digestori e di assicurare un
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sufficiente grado di trattamento dei fanghi prodotti dalla linea acque. La strategia adottata
nei successivi 10 giorni ha causato nella fase liquida all’interno del digestore il progressivo
aumento della concentrazione di acidi volatili, fino a 6 volte la concentrazione iniziale, con
una parallela diminuzione a circa la metà del valore iniziale dell’alcalinità. Il rapporto
acidità/alcalinità è quindi aumentato di oltre 10 volte, passando da 0,2 a 2,13.
2
Come evidenziato nel grafico successivo la produzione di biogas ha subìto una
diminuzione iniziale, fino al giorno 14, quindi si è stabilizzata su un valore di circa 5000
m3/d, per poi ritornare a salire in maniera molto pronunciata in valore assoluto. La
produzione volumetrica pur aumentando non ha più raggiunto i valori iniziali.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
1 5 9 13 17 21 25 29 33 37 41 45
(d)
Alimentazione Fango (m3/d)
Produzione Biogas (Nm3/d)
RAPPORTO alcalinità/acidità
0
0,5
1
1,5
2
2,5
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 41 43 45 (d)
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Le verifiche sulla fase liquida presentano un andamento gaussiano, con una inversione di
tendenza attorno al giorno 20, un graduale ripristino dell’alcalinità iniziale ed una
diminuzione dell’acidità fino a riportare il rapporto acidità/alcalinità al di sotto di 0,3. Da
notare che non si è intervenuti con dosaggio di reattivi alcalini per correggere il pH del
digestore. La perturbazione che si nota nei due grafici nei giorni 23 - 25 è associata ad
una temporanea e relativa diminuzione dell’alimentazione dei fanghi in alimento al
digestore.
Questo tipo di gestione dell’episodio di acidosi è stato ripetuto in altre occasioni con esito
del tutto simile, consentendo di risolvere le situazioni critiche senza diminuire la quota di
fanghi inviati al trattamento.
Certamente la situazione dell’impianto è del tutto particolare, trattandosi di un depuratore
con ben 6 digestori, nei quali la gestione del biogas è comune, nel senso che vi è un unico
ricircolo del biogas per tre digestori. Questo spiega i dati sulla composizione qualitativa del
biogas, che solo in un caso, il giorno 24, presenta una significativa diminuzione del tenore
di metano. L’andamento dell’acido solfidrico è difficilmente interpretabile, ma non è da
escludere una relazione fra l’aumento di H2S e l’acidosi nei giorni 24, 30 e33.
Un altro aspetto da evidenziare sono le verifiche sulla fase solida, ossia la determinazione
dei solidi sospesi totali (SST) e volatili (SSV), eseguite sia sul fango in alimentazione, che
sull’interno digestore, che infine sul fango scaricato.
Una prima osservazione riguarda la variabilità dei dati nel tempo, che conferma la difficoltà
di ottenere campioni di fango del tutto rappresentativi. Secondo, il confronto fra i dati
dell’interno digestore e quelli dello scarico: a prescindere dalla differente frequenza di
campionamento, si osserva come il maggior tenore di secco dello scarico indichi la
presenza di un flusso preferenziale nella corrente di ricircolo e di un deposito di inerti nella
parte inferiore del digestore. Il valor medio del rapporto SSV/SST invece risulta uguale.
Considerando la riduzione della frazione organica R sul digestore interessato dall’acidosi,
espressa come
R = (F1-F2)/(F1*(1-F2))
dove F1 e F2 sono le frazioni SSV/SST nei fanghi prima e dopo la digestione, si ottiene
una riduzione R pari rispettivamente a 0,378 o 0,394 a seconda che per calcolare F2 si
utilizzi il campionamento all’interno digestore o allo scarico. Considerando invece la
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riduzione sugli altri 5 digestori nello stesso periodo di tempo, si ottiene un valore di 0,436,
non molto superiore, il che indica che nonostante la situazione di acidosi e l’elevata
alimentazione nel digestore si è ottenuta mediamente una riduzione di sostanza organica
tra l’85 ed il 90% rispetto ai restanti 5 digestori anaerobici.
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Tabella: Andamento dei principali parametri di controllo del digestore durante la fase di acidosi
ALIMENTAZIONE AL DIGESTORE INTERNO DIGESTORE SCARICO DIGESTORE BIOGAS
Volume SST SSV SSV/SST SST SSV SSV/SST Alcalinità Acidità R SST SSV SSV/SST Produzione Prod. Volum. CH4 H2S
Giorno m3 fango mg/L mg/L - mg/L mg/L mg/L mg/L mg/L mg/L Nm
3 Nm
3/m
3 % %
1 400 2,54 1,90 0,75 1,91 1,04 0,54 2765 500 0,19 2,39 1,29 0,54 6.200 16
2 460 2,44 1,79 0,73 2730 480 0,18 6.600 14 63 100
3 450 3,49 2,55 0,73 1,85 0,96 0,52 2775 530 0,19 6.700 15
4 430 2730 550 0,19 5.400 13
5 400 sabato 6.500 16
6 410 2,40 1,94 0,81 domenica 6.100 15
7 300 2,70 2,24 0,83 2640 850 0,32 2,25 1,37 0,61 5.000 17
8 280 3,32 2,37 0,71 1,84 1,09 0,59 2610 820 0,31 5.400 19 70 110
9 270 2,77 2,15 0,78 2635 970 0,38 5.400 20
10 510 2,46 1,84 0,75 1,86 1,00 0,54 2600 1095 0,42 1,86 1,11 0,60 4.900 10
11 790 2430 1390 0,60 5.100 6
12 700 sabato 4.600 7
13 830 1,85 1,4 0,76 domenica 4.500 5
14 870 2,21 1,72 0,78 1940 2350 1,21 1,88 1,16 0,62 4.700 5
15 930 2,64 1,98 0,75 1,6 0,99 0,62 1715 2460 1,43 5.000 5
16 930 2,48 1,85 0,76 1675 2690 1,60 4.800 5
17 930 2,65 1,96 0,74 1,6 1,01 0,63 1550 2870 1,85 2,46 1,49 0,61 5.000 5 65 110
18 970 1515 2940 1,94 4.900 5
19 990 sabato 1415 2970 2,10 4.900 5 70 100
20 940 2,25 1,74 0,77 domenica 4.900 5
21 940 2,89 2,09 0,72 1360 2900 2,13 4.900 5
22 940 2,49 1,9 0,76 1,72 1,12 0,65 1350 2790 2,07 1,85 1,46 0,79 5.100 5
23 740 1,53 1,21 0,79 1440 2660 1,84 5.600 8
24 590 1,55 1,28 0,82 1540 2400 1,56 5.400 9 55 160
25 930 1770 2040 1,15 4.400 5
26 970 sabato 1820 1840 1,01 6.200 6
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27 960 2,71 2,04 0,75 domenica 6.100 6
28 930 2,46 1,98 0,8 1870 1690 0,9 2,04 1,44 0,71 6.300 7
29 950 3,98 3,06 0,77 1,78 1,35 0,76 1870 1670 0,89 6.600 7
30 930 2,96 2,28 0,77 1910 1650 0,86 7.900 8 67 150
31 930 4,29 3,19 0,74 1,82 1,26 0,69 1840 1610 0,88 9.000 10
32 940 1850 1660 0,90 9.300 10
33 940 sabato 9.800 10 70 300
34 940 1,02 0,9 0,88 domenica 9.300 10
35 920 2,86 2,28 0,8 2040 1330 0,65 1,86 1,24 0,67 9.100 10
36 910 3,09 2,24 0,72 1,94 1,39 0,72 2120 1160 0,55 9.700 11
37 950 4,25 2,26 0,53 2175 840 0,39 9.400 10
38 960 5,92 2,89 0,49 2,16 1,31 0,61 2355 640 0,27 2,18 1,28 0,59 9.400 10
39 940 9.600 10 65 100
40 970 sabato 9.900 10
41 970 5,88 3,44 0,59 domenica 10.200 11
42 970 4,2 2,49 0,59 2560 700 0,27 2,78 1,38 0,50 10.200 11
43 970 4,62 3,29 0,71 2,6 1,3 0,50 2525 590 0,23 8.200 8
44 930 4,76 2,99 0,63 2750 630 0,23 8.700 9
45 660 4,32 2,56 0,59 2,79 1,54 0,55 2770 620 0,22 8.000 12 65 50
46 950 2745 650 0,24 3,80 2,11 0,56 8.900 9
Media 3,14 2,20 0,73 1,93 1,19 0,62 2125 1530 0,86 2,30 1,39 0,62 6822 9,5
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Alessandro MURACA
Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e Ambiente.
Università di Brescia
Verifiche delle perdite negli acquedotti
1. Inquadramento del problema e definizioni
Il rapido incremento del costo dell‟acqua potabile, e la necessità di un‟adeguata
salvaguardia della risorsa, ha favorito un rinnovato interesse nella stima delle perdite
idriche, che rappresentano uno spreco e una diseconomia del servizio.
Per una semplice definizione delle perdite nei sistemi acquedottistici si ricorre al
bilancio idrico della rete, secondo la metodologia di calcolo suggerita da I.W.A.
(International Water Association, Alegre H. e Lambert A. - 2000).
Questa procedura comprende le seguenti definizioni, come indicato in tabella 1:
Tabella 1: componenti del bilancio idrico suggeriti da Iwa
System Input
Volume
Authorised
Consumption
Billed Metered
Consumption
(including
water exported)
Billed Metered
Consumption
Revenue
Water Billed
Unetered
Consumption
Unbilled
Authorised
Consumption
Unauthorised
Consumption
Non Revenue
Water
Metering
Inaccuracies
Water Losses
Apparent
Losses
Unauthorised
Consumption
Metering
Inaccuracies
Real Losses
Leakage on
Trasmission
and/or
Distribution
Mains
Leakage and
Overflows at
Utility‟s
Storage Tanks
Leakage on
Service
Connections up
to point of
Customer
metering
I significati sono:
- System Input Volume, ossia il volume d‟acqua immesso;
65
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
- Authorised Consumption, che rappresenta il volume fatturato o non
fatturato (billed o unbilled), che a sua volta si divide in misurato e non
misurato (metered o unmetered), ma il cui uso è comunque autorizzato.
Comprende inoltre i volumi di acqua trasportati in altri sistemi idrici o le
grandi utenze. In tale componente sono inclusi i volumi d‟acqua necessari
al servizio della rete ed utilizzati dall‟Ente gestore;
- Water Losses, è calcolato come differenza tra il volume immesso System
Input Volume e il consumo autorizzato Authorised Consumption;
- Real Losses, rappresenta il volume perso per perdite idriche fisiche
secondo la definizione data precedentemente, dipendente dalla frequenza,
portata e durata di ogni singola perdita;
- Apparent Losses, rappresenta il volume dovuto al consumo non autorizzato
e a tutti i tipi di errori strumentali associati alla misura del volume
immesso e del volume relativo agli utenti autorizzati.
Ovviamente queste stime sono tutte affette da errori, funzione della difficoltà di
ricavare una esatta valutazione dei singoli componenti di bilancio.
Le cause più frequenti di perdite, a parte gli abusi ed i prelievi non autorizzati, sono
riconducibili essenzialmente ai seguenti fattori:
- Pressioni di esercizio della rete non adeguate, in particolare durante le ore
di minimo consumo;
- Utilizzo di materiali e giunzioni con scarsa affidabilità e durabilità;
- Esecuzione non corretta degli allacciamenti all‟utenza e pianificazione
poco accurata della manutenzione della rete;
- Insufficiente controllo dei regimi transitori, specialmente in presenza di
valvole motorizzate o rilanci in rete.
La quantificazione delle perdite, e quindi la valutazione di un bilancio idrico, può
essere comunque affetta da errori non trascurabili che, anche a parità di procedura,
dipendono moltissimo dall‟accuratezza del dato disponibile.
La stessa stima degli utilizzi non contabilizzati dell‟acqua, per esempio per pulizia
strade, può variare di valori non trascurabili la quantificazione della perdita di rete.
Le modalità di lettura o la precisione dei contatori, spesso non sostituiti per decenni,
possono variare in modo non trascurabile il significato e l‟attendibilità di uno dei
valori del bilancio considerato in genere assolutamente ottenibile.
Queste brevi considerazioni introduttive consigliano di valutare con estrema prudenza
i valori di letteratura disponibili sulle perdite degli acquedotti, che comunque possono
fornire un‟ordine di grandezza del fenomeno.
La valutazione del COVIRI consente comunque di ritenere che le perdite medie delle
reti acquedottistiche italiane siano superiori al 35-40%.
E‟ evidente che il recupero anche di metà di questa percentuale consentirebbe, se
effettuata a costi compatibili, di contenere nel tempo l‟aumento della tariffa del
Servizio Idrico Integrato.
Le Perdite Idriche, pur in assenza di una definizione univoca e condivisa, vengono
generalmente suddivise in:
- Perdite reali, causate da rottura o difetti della rete;
- Perdite commerciali, causate da consumi non contabilizzati o errori di
misura del volume.
66
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Considerando solo le prime, la letteratura anglosassone distingue, all‟interno di questa
categoria, le seguenti componenti:
- Perdite di sottofondo, cioè piccole infiltrazioni per mancanza di tenuta
nelle giunzioni identificate come Background Losses);
- Rotture, segnalate o non segnalate, (Reported Burst o Unreported Burst),
cioè fuoriuscite localizzate, che sono quelle oggetto della ricerca perdite.
I trafilamenti di piccole quantità, o micro perdite, non sono in genere individuabili, a
meno che non si manifestino in punti dotati di pozzetti ispezionabili.
In generale, la prevenzione delle perdite, e la riduzione delle rotture e conseguenti
costi di manutenzione della rete, dipende essenzialmente dalla pressione di esercizio,
la densità e accuratezza delle prese di allaccio, e la scelta dei materiali con relativa
condizione di posa in opera. Le indagini condotte su un campione di 30 reti della
A2A, la più grande municipalizzata nazionale, hanno dimostrato che la durabilità e
affidabilità della ghisa sferoidale, in termini di costi di manutenzione, è assolutamente
competitiva nei confronti di tutti gli altri materiali utilizzati.
Lo studio evidenzia che la convenienza economica nell‟uso di materiali di ottima
qualità è competitivo anche per classi di diametri medio – piccole, fino a 80 mm.
L‟importanza del materiale, a parte le differenze ben note nei meccanismi di rottura, è
evidente da recenti studi che hanno definitivamente dimostrato la non adeguatezza,
per descrivere il fenomeno della fuoriuscita dell‟acqua da una rottura in una tubazione
in pressione, della classica equazione di foronomia.
Per molti materiali, e in particolare i plastici, è infatti provato che la dimensione del
foro, o fenditura longitudinale, varia in funzione della pressione.
In definitiva la portata in uscita si valuta con la seguente espressione:
nP Ar Ce Q
Con:
Q = portata effluente [l/s o m³/s];
Ar = dimensioni apertura [m² o cm²];
Ce = coefficiente di afflusso (funzione della forma del foro);
P = pressione di esercizio [metri di colonna d‟acqua];
n = coefficiente funzione del materiale.
Fantozzi e Lambert suggeriscono una serie di valori dell‟esponente n, in funzione del
materiale utilizzato, che poi dipendono anche dal tipo di fessura, longitudinale o
trasversale, riportati in tabella 2:
Tabella 2: Coefficienti esponenziali della pressione correlate alla portata di efflusso da una rottura
MATERIALE COEFFICIENTE
Pead 1,5-2,5
PVC 1,0-1,5
Ferro-zinco 0,6-0,8
Cemento-Amianto 0,5-0,6
Acciaio-Ghisa 0,5
La tabella dimostra, a parità di pressione, quanto sia variabile la vulnerabilità di
diverse tipologie di materiale.
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Senza contare che le fessure, in tubazioni polimeriche, tendono ad aumentare
rapidamente le dimensioni nel tempo.
Una brillante trattazione teorica del fenomeno effettuata dal Prof. Milano (Acqua
2006), consente di correlare le perdite al campo di pressione attraverso la seguente
espressione:
1
0ln11
ES
D V -
e
ee
pp
ppppQ
In pratica la trattazione valuta anche resistenza e deformabilità del materiale.
Per i significati dei simboli, per semplicità, si rimanda alla trattazione originale.
Le conclusioni dell‟Autore, in estrema sintesi, confermano una crescita più che
lineare delle perdite con l‟incremento della pressione sia per ghisa che per PVC.
Un comportamento migliore si avrebbe invece utilizzando tubazioni in PRFV. Questo
studio potrebbe indicare , a parte il costo e le poche applicazioni di questa tipologia di
materiale, la superiorità delle tubazioni strutturate o composite per la riduzione delle
perdite fisiche delle reti in pressione.
Questa conclusione è già in parte riscontrabile nelle reti interne agli edifici, dove
l‟utilizzo di materiali compositi sembra essere una soluzione efficace per contrastare i
trafilamenti. Ovviamente le classi di diametro utilizzate non sono paragonabili con le
reti esterne.
Indipendentemente dal materiale è evidente che il controllo di pressione e dei
transitori consente di contenere notevolmente il valore delle perdite reali non
commerciali.
2. Il caso di studio dell’acquedotto di Peschiera del Garda
Il Comune di Peschiera, situato nella sponda orientale all‟estremità sud del Lago
di Garda, ha un‟estensione pari a 17,64 kmq ed una popolazione residente, secondo il
rilievo del XIV censimento ISTAT 2001, pari a 8485 abitanti.
La rete acquedottistica, gestita in economia dal Comune fino all‟anno 2003, è
attualmente affidata all‟Azienda Gardesana Servizi, che ha lamentato però alcune
disfunzioni e diseconomie di gestione.
Fra le principali merita ricordare:
1. La pressione eccessiva che, soprattutto nelle ore notturne, è rilevabile nelle
tratte di rete prevalentemente nei dintorni dell‟Ospedale e via Venezia;
68
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2. Un quantitativo di perdite che, da alcune stime effettuate dal Gestore, ha
un valore prossimo al 40-45% del volume immesso in rete;
3. Costi energetici eccessivi, probabilmente correlabili ad una utilizzazione
non ottimale degli impianti di sollevamento.
L‟approvvigionamento è garantito da due campi pozzi che servono zone
dell‟abitato abbastanza definite e separate.
Per risolvere le problematiche prima descritte l‟Azienda Gardesana Servizi ha
effettuato uno studio sulle modalità di funzionamento della rete, individuando alcuni
interventi mirati alla eliminazione delle disfunzioni e delle diseconomie riscontrate.
Lo studio è stato condotto dall‟Autore, dall‟Ing. Fantozzi e dall‟Ing. Garzon.
Sono state preliminarmente raccolte varie tipologie di dati, sia di carattere
amministrativo-gestionale, sia di natura tecnica con riferimento alle misure in
campagna effettuate sui pozzi.
Successivamente è stata impostata una serie di campagne di misura in vari punti
della rete idrica allo scopo di verificare il campo di pressioni esistente sia in
condizioni di rete corrispondente allo stato attuale, sia in condizioni di rete modificata
operando una suddivisione in due distretti indipendenti.
E‟ stato quindi messo a punto un modello matematico che, previa opportuna
taratura dei parametri idraulici, ha permesso la simulazione del funzionamento della
rete idrica in varie condizioni operative, fornendo la distribuzione delle pressioni sul
territorio e permettendo la valutazione di eventuali irregolarità o miglioramenti a
seguito di possibili modificazioni apportate allo sviluppo della rete stessa.
Lo studio ha consentito di individuare una serie di proposte operative orientate sia
all‟ottimizzazione dei costi energetici per le operazioni di sollevamento idrico, sia alla
riduzione dei valori di pressione in determinate zone della rete idrica.
Nell‟articolo verranno illustrati i risultati conseguiti con l‟intervento più semplice
analizzato e posto in opera, consistente in una parzializzazione della rete in due
distretti.
2.1 Impianti e caratteristiche della rete
Lo sviluppo complessivo della rete idrica di Peschiera del Garda ammonta a
100,108 km di tubazioni, delle quali 5,5 km in acciaio, 55,9 km in fibrocemento, 27,3
km in polietilene rigido ad alta densità, ed infine 11,3 km in cloruro di polivinile.
La Tabella 3 riporta il dettaglio dell‟intera consistenza della rete idrica del
Capoluogo.
69
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Tabella 3: Strutture di trasporto della rete idrica di Peschiera del Garda
MATERIALE
DIAMETRO
NOMINALE
[mm]
LUNGHEZZA
[m]
SVILUPPI
PER
TIPOLOGIA [m]
MATERIALE
DIAMETRO
NOMINALE
[mm]
LUNGHEZZA
[m]
SVILUPPI
PER
TIPOLOGIA [m]
25.4 255.4 Pead PN10 110 53.7
40 1548.7 25 15.9
50 1978.9 32 1864.7
60 21.7 40 764.0
63.5 149.5 50 1493.6
76.2 8.0 63 7095.1
80 373.0 5478.6 75 3552.9
100 157.2 90 4066.3 27340.5
110 7.5 100 144.0
125 107.3 110 2687.4
150 163.4 125 1412.1
180 465.7 160 1933.3
200 212.0 180 5.0
250 30.5 200 1572.1
40 494.9 225 680.3
50 4724.2 25.4 59.9
60 22614.5 50 1.0
80 5211.6 63 306.4
90 4083.4 75 107.0
100 2789.8 55915.2 90 2105.2
125 1480.3 110 5498.1 11373.4
150 905.7 125 30.9
175 352.6 160 47.1
200 13024.5 200 2114.3
250 233.8 355 1103.4
Acciaio
Fe330 PN16
Fibrocemento
PN16
Pead PN16
PVC
sigma 100
PN10
L‟approvvigionamento alla rete idrica di Peschiera è assicurato da due gruppi di
pozzi ed è presente un serbatoio, denominato Monte Zecchino, alimentato tramite una
condotta d‟adduzione dai pozzi del gruppo Berra.
L‟unico serbatoio della rete, si trova a quota 137,83 m.s.m. ed è composto da una
struttura parallelepipeda in calcestruzzo contenente due vasche interne uguali.
Nella figura 1 si riporta una planimetria complessiva relativa all‟intera estensione
della rete acquedottistica su base cartografica C.T.R. con distinzione cromatica delle
tubazioni in funzione della misura dei diametri delle stesse.
70
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Figura 1: Sviluppo complessivo della rete idrica di Peschiera del Garda con distinzione cromatica
dei diametri delle condotte.
71
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2.2 Analisi delle portate immesse in rete
L‟analisi dei volumi immessi in rete è basata sui dati medi mensili delle portate
sollevate dai pozzi ed immesse in rete nell‟anno 2006, riportati nella tabella 4.
Tabella 4- Portate medie mensili nell'anno 2006 sollevate dai pozzi di Peschiera e totali annuali
Pozzo Venezia
[mc/mese]
Pozzo Berra 1
[mc/mese]
Pozzo Berra 2
[mc/mese]
portata sollevata
totale [mc/mese]
Media giornaliera
[mc/giorno]
portata media
[l/sec]
gennaio 78245 18710 37420 134375 4335 50,2
febbraio 70673 16899 25349 112921 4033 46,7
marzo 78245 18710 28065 125020 4033 46,7
aprile 75721 18107 27160 120988 4033 46,7
maggio 74103 42213 63320 179636 5795 67,1
giugno 69175 42000 63000 174175 5806 67,2
luglio 120770 162368 0 283138 9133 105,7
agosto 85472 64712 69099 219284 7074 81,9
settembre 70990 27537 102697 201224 6707 77,6
ottobre 71532 23597 68111 163239 5266 60,9
novembre 49585 10342 90602 150530 5018 58,1
dicembre 50064 10485 80195 140743 4540 52,5
valori totali
anno 2006
894575
mc/anno
455680
mc/anno
655018
mc/anno
2005273
mc/anno
5494
mc/giorno
63,6
l/sec
Per quanto riguarda la stima della domanda, si hanno a disposizione solo i dati del
volume fatturato medio annuo.
Nella Tabella 5 vengono elencati i consumi idrici fatturati per l‟anno 2006
suddivisi per cinque tipologie d‟utenza.
Tabella 5 - Volumi idrici fatturati nel'anno 2006
tipologie d'utenza consumi fatturati [mc]
domestici residenti 696798
domestici non residenti 161079
enti e comunità 102790
usi turistici 167851
usi commerciali 80781
Effettuando la somma dei valori relativi alle cinque categorie di consumo, risulta
un volume idrico totale fatturato nell‟anno 2006 pari a 1.209.299 mc.
Dal confronto tra il volume annuale fatturato con il volume totale immesso in rete
(pari a 2.005.273 mc/anno) nel medesimo anno, emerge una sensibile differenza.
In particolare, il rapporto:
%7,39
retein immesso Vol.
fatturato Vol. - retein immesso Vol.%V
72
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indica un fattore di perdita relativo al volume immesso in rete praticamente pari al
40%, dunque di assoluta rilevanza ed indubbiamente meritevole di attenzione.
3.1 Misura di portata e di pressione
Il personale tecnico dell‟Azienda Gardesana Servizi ha effettuato delle campagne
di misura della pressione in sei punti della rete idrica, a partire dal 13 novembre 2006
fino al 31 gennaio 2007, rilevando , con scansione pari a sei minuti, anche i valori
delle portate emunte dai pozzi.
Complessivamente sono state raccolte, nelle posizioni indicate in figura 2 ,i valori di
fluttuazione della pressione e della portata per una durata totale di dodici mesi.
Figura 2 – posizione dei punti di misura – acquedotto di Peschiera
A partire dal giorno 14/12/2006 sono stati installati due inverter sulle due pompe
del nodo Venezia.
Mediante tali dispositivi programmabili è possibile assicurare un livello
prestabilito nella pressione di mandata al variare della portata.
Il personale A.G.S. nel mese di gennaio 2007 ha sperimentato diverse modalità di
taratura (e quindi di mutua interazione) di tali inverter, in modo da scegliere quella
che garantisca una maggiore regolarità nell‟esercizio operativo e dei parametri
idraulici in uscita dalle pompe stesse.
73
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
A supporto di quanto sopra scritto la figura 3, illustra il comportamento del giorno
29/11/2006, caratterizzato dal funzionamento senza inverter dei pozzi Venezia: in
particolare si è osservato che il valore medio della pressione misurata risultava
superiore rispetto a quello registrato dopo l‟installazione di tali dispositivi, di almeno
dieci metri di colonna d‟acqua ( figura 4 ) . Questo senza ripercussioni nelle pressioni
di esercizio.
Misura delle pressioni al nodo Venezia mercoledì 29/11/2006
5
5.5
6
6.5
7
7.5
ore
pre
ss
ion
e [
ba
r]
Figura 3: Andamento delle pressioni al nodo Venezia prima dell’inserimento degli inverter
74
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Misura delle pressioni al nodo Venezia il 17/01/2006
4.00
4.25
4.50
4.75
5.00
5.25
5.50
5.75
6.00
ore
pre
ss
ion
e [
ba
r]
Figura 4: Andamento della pressione al nodo Venezia dopo l’inserimento degli inverter
3.2: Misure nelle condizioni precedenti la suddivisione in distretti
Sono state condotte varie campagne di misura della pressione idrica in diversi
punti della rete allo scopo di controllarne la distribuzione e l‟andamento sul territorio;
cronologicamente i primi rilievi sono stati effettuati presso l‟Ospedale, quindi vicino
al nodo di approvvigionamento Venezia ma altimetricamente posto più in alto rispetto
a questo, ed in località Corte Bertaiola, che per la sua particolare ubicazione può
essere considerato un punto baricentrico sia del centro abitato che della rete
acquedottistica stessa. Nella figura 5 si riporta uno stralcio cartografico che individua
planimetricamente i tre punti di misura in esame.
75
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Figura 5: Ubicazione planimetrica dei punti di misura "Ospedale" e "Corte Bertaiola"
Il confronto tra le pressioni misurate il giorno 19/11/2006 in tali punti è riportato nella
figura 6.
Misura delle pressioni domenica 19/11/2006
0.00
1.00
2.00
3.00
4.00
5.00
6.00
7.00
8.00
ore
pre
ssio
ni
[ba
r]
Press. Corte Bertaiola [Bar]
Press. Ospedale [Bar]
Press. Venezia [Bar]
Figura 6: Andamento delle pressioni ai nodi Corte Bertaiola, Ospedale e Venezia il 19/11/2006
76
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Dal suo esame si nota chiaramente che per l‟intera giornata di misure la pressione
in corrispondenza del nodo di approvvigionamento Venezia si mantiene ad un valore
decisamente eccessivo, prossimo a circa 7 bar, mentre in località Ospedale si registra
un andamento temporale delle pressioni analogo ma caratterizzato da valori più
contenuti, mediamente pari a circa 10 metri di colonna d‟acqua in meno.
Un discorso analogo può essere effettuato anche per la misure di Corte Bertaiola,
dove però la differenza media delle pressioni rispetto a quelle rilevate al nodo
Venezia negli stessi istanti è pari a circa 20 metri di colonna d‟acqua in meno.
In considerazione delle pressioni notevolmente elevate presenti ai nodi di
approvvigionamento, e quindi anche delle perdite corrispondentemente elevate lungo
la rete idrica, è stata effettuata una ripartizione della medesima in due distretti,
ciascuno dei quali risulta indipendente dall‟altro ed ognuno servito da un nodo di
approvvigionamento.
In tale maniera sono state create due reti idriche a sè stanti caratterizzate da
un‟estensione molto più ridotta rispetto a quella originale di partenza, entrambe
servite da pozzi dedicati e delimitate nella loro comune linea di confine dalle quattro
saracinesche sopra citate, la cui chiusura determina per l‟appunto la ripartizione in
questione della rete attuale nei due distretti indipendenti citati.
Si riporta nella figura 7 uno stralcio cartografico su base C.T.R., dove sono
facilmente identificabili tanto il confine dei due distretti quanto la dislocazione
planimetrica delle quattro saracinesche che li individuano.
77
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Figura 7: Linea di separazione in due distretti della rete idrica di Peschiera del Garda
3.3 Misure con rete parzializzata e pozzi sotto inverter
78
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Allo scopo di stimare il beneficio della partizione in due della rete idrica di
Peschiera, il giorno 17/12/2006 sono state effettuate nuove misure di pressione per
tutto l‟arco della giornata negli stessi punti di rilievo del giorno 19/11/2006.
Ne è risultato un diagramma, riportato nella figura 8, analogo a quello
precedentemente proposto, ma caratterizzato da un proficuo abbassamento di tutte le
pressioni rilevate pari a circa 20 metri di colonna d‟acqua rispetto alla campagna di
misure effettuate nel mese di novembre, ferme restando le differenze di pressioni
relative tra i punti di Venezia, Ospedale e Corte Bertaiola.
Un secondo grafico riportato nella figura 9 evidenzia proprio tali differenze di
pressione rilevate prima e dopo la parzializzazione della rete.
Misura delle pressioni domenica 17/12/2006
0.00
1.00
2.00
3.00
4.00
5.00
6.00
ore
bar
Press. Corte Bertaiola [Bar]
Press. Ospedale [Bar]
Press. Venezia [Bar]
Figura 8: Andamento delle pressioni ai nodi Corte Bertaiola, Ospedale e Venezia il 17/12/2006
79
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Confronti delle pressioni con rete originaria (19/11/2006,
a tratto marcato) e parzializzata (17/01/2007, a tratto sottile)
2.00
3.00
4.00
5.00
6.00
7.00
8.00
ore
Pre
ss
ion
i [b
ar]
Press. Corte Bertaiola [Bar]
Press. Ospedale [Bar]
Press. Venezia [Bar]
Figura 9 – Confronto tra gli andamenti delle pressioni del 19/11/2006 e 17/01/2007
Nella parte sinistra del grafico di figura 8 si nota la comparsa di fenomeni
ondulatori sull‟andamento delle pressioni rilevate in ciascun punto ed imputabili al
tipo di taratura, all‟epoca non ancora ottimizzata, della soglia di pressione
d‟intervento dei due inverter che controllano il funzionamento delle pompe dei pozzi
Venezia.
Una taratura dei dispositivi più raffinata, basata su criteri di assegnazione di
livelli variabili alle soglie di pressione per l‟azionamento degli inverter, è in grado di
produrre andamenti molto più regolari delle curve di pressione nel tempo.
Per quanto riguarda la seconda sottorete, essa viene alimentata dal serbatoio di
Monte Zecchino che a propria volta viene approvvigionato dai pozzi Berra.
Analogamente a quanto fatto per le pressioni, è possibile a questo punto effettuare un
confronto tra i valori di portata misurati prima e dopo la parzializzazione della rete nei
medesimi punti di rilievo, figura 10 e figura11.
A tale scopo sono stati tabulati i valori di portata immessa in rete relativi ad
un‟intera settimana di acquisizioni in ottobre 2006 ed in gennaio 2007, confrontando
separatamente i dati giornalieri.
La successiva Tabella 6 riepiloga i valori giornalieri per ciascun giorno della
settimana, riportando infine il dato volumetrico totale per la settimana stessa.
80
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Portate misurate immesse
(Lunedì 16-10-2006 - Lunedì 22-01-2007)
0.00
10.00
20.00
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Lunedì 16/10
Lunedì 22/01
Figura 10: Confronto tra le portate immesse nei giorni 16/10/2006 e 22/01/2007
Portate misurate immesse
(Martedì 17-10-2006 - Martedì 23-01-2007)
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Tempo (ore)
Po
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l/s
)
Martedì 17/10
Martedì 23/01
Figura 11: Confronto tra le portate immesse nei giorni 17/10/2006 e 23/01/2007
Tabella 6 – Differenze volumetriche calcolate nei vari giorni della settimana
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lunedi martedi mercoledì giovedì venerdì sabato domenica
volumi Vg [mc] 1184.17 1272.25 809.13 785.59 849.78 568.47 688.31
portate [l/s] 13.71 14.73 9.36 9.09 9.84 6.58 7.97
Come si può notare dal confronto dei due periodi, la giornata di lunedì evidenzia
una differenza di volumi pari a circa 1.184 mc, mentre tale differenza si riduce a circa
688 mc nella giornata di domenica. La media giornaliera di tali volumi non sollevati
risulta pari a 879,67 mc, mentre la cubatura totale settimanale risulta pari a 6.157,69
mc.
Estrapolando il dato complessivo settimanale ad una stima mensile, in prima
approssimazione il volume non sollevato dai pozzi risulta pari a circa 24.600 mc/mese
nel periodo invernale.
I dati gestionali relativi al primo semestre 2006 messi a disposizione da A.G.S.,
evidenziano che in tale periodo sono stati consumati 643 MWh di energia elettrica per
il servizio di sollevamento idrico dai pozzi, con un costo unitario pari a 0,122 €/kWh.
Definendo ora come “indice di consumo” Ic relativo ad un determinato periodo il
rapporto tra l‟energia consumata ed il volume immesso in rete nel periodo
considerato, nel caso della rete idrica di Peschiera si ottiene un valore pari a 0,70
kWh/mc: tale valore risulta essere ulteriormente validato dal confronto con il valore
numerico dell‟indice di consumo relativo al primo semestre 2005, calcolato pari a
0,72. Supposta quindi l‟invarianza di tale indice anche per il secondo semestre 2006,
volendo stimare un risparmio energetico mensile imputabile alla minore cubatura
idrica sollevata dai pozzi, si effettua dapprima il prodotto tra l‟indice di consumo
sopra calcolato ed il volume idrico mensile non sollevato:
Energia risparmiata = Ic · Vmens = 0,7 · 24600 = 17220 kWh/mese
Questo valore, moltiplicato per il costo unitario dell‟energia, consente di ricavare
una stima del risparmio mensile cercato (considerando solo il contributo dell‟energia
e non anche quello del trattamento), che risulta essere pari a:
Risparmio mensile per energia = 17220 · 0,122 2100 €/mese.
Effettuando una proiezione semestrale si avrebbe così un risparmio pari a 2.100 x
6 = 12.600 €/semestre, mentre se si ritenesse applicabile una tale stima mensile anche
al periodo estivo, e quindi valida per tutto il periodo dell‟anno, si ottiene un risparmio
annuale pari a 2.100 x 12 = 25.200 €/anno.
4. Calcolo del Bilancio Idrico e degli Indicatori di Performance IWA
Il calcolo del Bilancio Idrico è stato eseguito secondo l‟approccio “Top-Down”
standard proposto dall‟IWA, e coerentemente con le disposizioni legislative vigenti
(D.M. 99/97) (tabella 7).
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I risultati indicano un valore di Acqua Non Fatturata (NRW) pari al 42,7% del
volume immesso in rete, con un‟incidenza prevalente delle Perdite Reali (37,7% di
VIS, circa 713 [mc*1.000/anno]).
Tabella 7: Bilancio Idrico standard
4.1 Analisi dei risultati ottenuti con la parzializzazione della rete
A seguito dell‟installazione della suddivisione della rete in due distretti mediante
la chiusura di alcune valvole di rete e della installazione degli inverter, si è potuto
ridurre la pressione, sempre con il rispetto della necessaria pressione minima di
esercizio anche agli utenti più sfavoriti.
Nella figura 11 si evidenzia il beneficio ottenuto, in termini di riduzione della
portata immessa in rete per effetto della diminuzione della pressione. Il profilo di
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portata giornaliero si è abbassato di circa 11 l/s per tutte le 24 ore del giorno con un
beneficio in termini di risparmio idrico annuo valutabile in circa 346.500 mc/anno
equivalenti a circa 69.300 €/anno al costo marginale dell‟acqua pari a 0,2 €/mc.
La minore pressione in rete consentirà la riduzione della frequenza di rotture.
Tale effetto potrà essere quantificato solo a seguito di rilevazione del numero di
riparazioni per mese prima e dopo gli interventi di riduzione della pressione.
Figura 11: Confronto delle portate immesse a Peschiera prima e dopo la regolazione della
pressione.
In via preliminare, sulla base delle esperienze maturate a livello internazionale, si
stima che la possibilità di stabilizzare la pressione in rete e ridurre di circa 17,7 metri
la pressione nel distretto Venezia comporti una diminuzione della portata di perdita
pari a circa il 32% e ad una riduzione del numero di rotture significativo prossimo al
50% del totale, con conseguente analoga riduzione dei costi di manutenzione.
Un calcolo più accurato dei benefici ottenibili potrà essere eseguito a seguito della
verifica delle effettive pressioni in rete grazie alla regolazione precisa degli inverter
ed all‟eliminazione dei transitori di pressione.
Inoltre la registrazione dei dati delle rotture su rete e su prese dopo la regolazione
ed il confronto con la situazione precedente consentirà una piena verifica dei benefici
ottenuti.
Riferimenti bibliografici.
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
M. Fantozzi, A.O. Lambert ‘Applicazione in Italia dei più recenti sviluppi nel calcolo
della frequenza economica di controllo delle perdite’
Esperienze di applicazione dell’approccio IWA a piccolo sistemi idrici in Italia,
Conferenza H2O sulla „Gestione delle perdite idriche‟, Ferrara, Italy (2004);
M. Fantozzi, A.O. Lambert ‘Trend internazionali nella gestione e nel reporting delle
perdite idriche e loro applicazione alle condizioni italiane’ 2000;
M. Giugni, N. Fontana ‘Il controllo delle perdite ed il recupero energetico. Criteri
innovativi di gestione dei sistemi acquedottistici’ L‟Acqua, 4-2009;
A.O. Lambert, T. G. Brown, M. Takizawa, D. Weimer, ‘A Review of performance
Indicators for a Real Losses from Water Supply Systems’ IWA/AQUA, 2009;
V. Milano „Dipendenza delle perdite di una tubazione dalla pressione di esercizio’
L‟Acqua, 4-2009.
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Garantire durabilità e controllo della fessurazione in elementi in c.a. con l’utilizzo del calcestruzzo fibro-
rinforzato: studio sperimentale
F. Minelli1, G. Tiberti2 e G. A. Plizzari3
SOMMARIO: Lo studio della formazione e della propagazione di fessure in elementi in
calcestruzzo armato è tema ormai consolidato nella letteratura scientifica. Più innovativa è
invece la trattazione della fessurazione e del suo sviluppo in elementi strutturali in calcestruzzo
fibrorinforzato. L’aggiunta di fibre ad elementi in calcestruzzo armato determina infatti un
quadro fessurativo caratterizzato da fessure ravvicinate di minor ampiezza.
Nel presente lavori si presentano i risultati di numerosi prove sperimentali su elementi
prismatici soggetti a trazione, contenenti una barra d’acciaio centrale e fibre di acciaio.
Sono stati analizzati provini con diverse dimensioni, diametri della barre d’acciaio,
percentuali di armatura, contenuti e tipologie di fibra. Particolare attenzione è stata data
allo studio dell’influenza delle fibre sull’evoluzione del quadro fessurativo.
1 INTRODUZIONE
L’utilizzo di fibre, se sufficientemente rigide e resistenti, garantisce lo sviluppo di una
fessurazione più distribuita, con un maggior numero di fessure di ampiezza minore. La
possibilità di trasmettere sforzi residui tra due facce di una fessura per la presenza di fibre
(tension softening), favorisce uno sviluppo controllato e stabile della fessura, evitando quindi
aperture eccessive per le verifiche allo stato limite di esercizio.
La durabilità è oggi ampiamente riconosciuta come un requisito essenziale delle strutture in
calcestruzzo armato; le recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14-2-2008)
introducono infatti importanti novità a riguardo, definendo il concetto di “vita utile” della
struttura, che il progettista deve garantire.
Durabilità delle strutture in calcestruzzo non significa esclusivamente rapporti
acqua/cemento controllati e dosaggi minimi di cemento (in altre parole bassa porosità tra
due fessure adiacenti); infatti, nella vita di esercizio, la fessurazione insita nelle strutture in
calcestruzzo armato determina il rischio di attacco (da parte di agenti atmosferici aggressivi)
dell’armatura, con conseguente depassivazione, corrosione, diminuzione dell’area resistente
ed espulsione del copriferro (Figura 1); durabilità, quindi, significa anche controllo della
fessurazione.
Una barra d’acciaio nel c.a. ha un comportamento a trazione fortemente influenzato
dall’aderenza tra acciaio e calcestruzzo. Dopo la prima fessurazione, il trasferimento di sforzi
di trazione nella porzione integra di calcestruzzo tra due fessure determina un effetto
irrigidente nella risposta strutturale dell’elemento, effetto noto come tension-stiffening. Lo
sforzo medio all’interno del calcestruzzo tende via via a diminuire all’aumentare della
fessurazione. Già nel 1908. Mörsch (1908) spiegò questo fenomeno nel modo seguente:
“Because of friction against the reinforcement, and of the tensile strength which still exists in
the pieces lying between the cracks, even cracked concrete decreases to some extent the
stress of the reinforcement” (Collins and Mitchell, 1997).
1 Ricercatore, Dip. di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e Ambiente (DICATA), Università di Brescia. 2 Post-Doc, Dip. di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e Ambiente (DICATA), Università di Brescia. 3 Professore Ordinario, Dip. di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e Ambiente (DICATA), Università di Brescia.
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Figura 1. Armature con tipiche fessure localizzate.
Molti altri autori hanno studiato e modellato questo fenomeno in elementi in calcestruzzo
armato (tra gli altri Beeby, 1971; Beeby e Scott, 2005). Tuttavia, con riferimento al calcestruzzo
armato fibrorinforzato (Fiber-Reinforced Concrete, FRC), questo fenomeno è ancora non
pienamente compreso e condiviso nella comunità scientifica.
L’utilizzo e l’interesse scientifico nei compositi fibrorinforzati è ormai indubbio, come
dimostrato da numerose conferenze scientifiche internazionali sull’argomento (ACI 544, 1999;
Di Prisco et al., 2004; Gettu, 2008).
L’effetto irrigidente e tenacizzante del rinforzo fibroso consiste nella capacità di trasferire
sforzi residui tra le facce di una fessura; questo fenomeno viene spesso indicato in letteratura
come tension-softening. Inoltre, l’aggiunta di fibre comporta un sostanziale miglioramento
dell’aderenza tra calcestruzzo e barre circostanti.
La combinazione di questi due effetti (quello irrigidente del tension stiffening e quello della
trasmissione di sforzi post-picco del tension-softening) comportano un sostanziale
cambiamento nel comportamento strutturale di elementi in calcestruzzo armato, soprattutto
per quel che riguarda la fessurazione, la distanza tra le fessure e la loro ampiezza. Anche le
modalità di collasso e la duttilità strutturale possono essere influenzate dall’aderenza acciaio-
calcestruzzo ottimizzata dalle fibre (Meda et al., 2007). Mitchell (1996) presentò uno dei primi
studi sperimentali sull’argomento evidenziando che l’aggiunta di fibre determina un quadro
fessurativo più diffuso con fessure più piccole e ravvicinate, così come le fessure di splitting
vengono parecchio mitigate dalle fibre in presenza di bassi copriferri.
Bischoff (2004) ha condotto prove di tension-stiffening sia cicliche che monotone. È stato
inoltre sviluppato un accurato modello analitico per la previsione del passo delle fessure,
includendo anche gli effetti del ritiro nel calcestruzzo. Il ritiro, che causa un iniziale
accorciamento del provino prismatico in calcestruzzo armato fibrorinforzato, deve essere
tenuto adeguatamente in conto per una corretta valutazione del tension stiffening.
Anche Noghabai (1998) ha proposto un modello analitico per la caratterizzazione del
comportamento strutturale di provini fibrorinforzati prismatici soggetti a trazione, sulla base di
una vasta sperimentazione.
Inoltre, è utile sottolineare che, negli elementi strutturali più comuni difficilmente si trovano
zone a momento costante. In questo contesto, nel passato alcuni studi sono stati condotti
per la caratterizzazione della fessurazione e del tension-stiffening in zone rappresentative
dell’appoggio di continuità di una trave iperstatica caratterizzata da un elevato gradiente di
momento (Giuriani e Gelfi,1982 e Crespi et al., 1987).
Nella presente lavoro sono riportati i risultati di una campagna sperimentale comune tra le
Università di Brescia e di Toronto (Canada) allo scopo di investigare e caratterizzare la
fessurazione e il suo sviluppo in elementi strutturali in calcestruzzo armato fibrorinforzato.
Numerose prove sono state condotte variando la resistenza del calcestruzzo, la percentuale
d’armatura, la tipologia e il quantitativo di fibra. L’Università di Brescia si è occupata degli
elementi realizzati con calcestruzzo a normale resistenza, mentre l’Università di Toronto si è
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occupata dell’alta resistenza.
2 PROGRAMMA SPERIMENTALE
Presso il Laboratorio P.Pisa dell’Università degli Studi di Brescia sono stati realizzati 88 provini
prismatici (“tension ties”) aventi la geometria mostrata in Figura 2. Tutti gli elementi hanno
lunghezza pari a 950 mm e le seguenti variabili sperimentali:
- 5 diverse sezioni quadrate (lati di 50, 80, 100, 150 e 200 mm),
- 3 diversi diametri della barra centrale d’acciaio (10, 20 e 30 mm), che corrispondono ad
una percentuale di armatura variabile dall’1.24% al 3.24%.
Bar diameter =10 mm
Bar diameter =20 mm
Bar diameter =30 mm
50
50
80
80
150
15
0
95
0
11
50
100
10
0
150 200
15
0
20
0
Reinforcement
Variation of the specimen
size, b
Variation of the longitudinal steel
ratio =3,24% to 1,24%
Variatio
n o
f the reb
ar diam
eter
950
Reinforcement
b
LVDT
900
Base of measurement 4 LVDTs, one for each side
of the specimen
b
b
Figura 2. Geometria e dettagli dei provini e della strumentazione.
È stato scelto un ricoprimento netto pari ad almeno 2,5-3 volte il diametro delle barre al fine
di evitare fessurazioni da splitting (Mitchell et al., 1996; Bigaj, 1999).
Non è stato inserito alcun rinforzo trasversale che potrebbe funzionare da confinamento e
alterare le caratteristiche di aderenza (Giuriani e Plizzari, 1991).
Gli elementi strutturali sono stati tutti realizzati con calcestruzzo con classe di resistenza
nominale C 35/45.
Tabella 1. Proprietà meccaniche e geometriche delle fibre adottate.
Designation 30/0,62 13/0,2
Tipo di acciaio Basso tenore di carbo-
nio Alto tenore di carbonio
Forma hooked straight
Resistenza a trazione
[MPa] 1270 2000
Lunghezza [mm] 30 13
Diametro [mm] 0,62 0,2
Rapporto di aspetto l/ 48 65
Numero di fibre per kg 13000 314000
Le fibre, tutte di acciaio, sono state aggiunte ai provini in dosaggi e tipologie differenti. Sono
state adottate sia macrofibre uncinate (lunghezza di 30 mm, diametro di 0.62 mm e rapporto
d’aspetto pari a 48) che microfibre rettilinee (aventi lunghezza, diametro e rapporto
d’aspetto pari a 13 mm, 0.2 mm e 65, rispettivamente). Sono stati considerati tre diversi
dosaggi di fibre (0,5%, 1% e 2%). Le microfibre sono state adottate solo in combinazione con
le macro, determinando quindi un sistema di rinforzo ibrido che può essere utile sia nel
controllo della micro fessurazione, per la quale sono più efficaci le microfibre, sia in quello
della macro fessurazione diffusa, per la quale sono indicate le macrofibre (Sorelli; 2003).
In Tabella 1 sono mostrate le caratteristiche delle fibre adottate mentre In Tabella 2 si
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
riportano le tipologie di calcestruzzo confezionato con i due tipi di fibra (il pedice m sta per
microfibra mentre M per macrofibra); la denominazione dei provini e tutte le caratteristiche
geometriche sono riportate in Tabella 3.
Nel seguito vengono presentati solo i risultati delle prove con contenuti in fibre sino all’1%,
come mostrato in Tabella 3, relativi ad un totale di 52 prove.
Tabella 2. Rappresentazione delle fibre e loro quantitativi.
Type of concrete
Fibers 30/0,62 Fibers 13/0,2
30
0,62
13
0,20
0 (Plain) - -
0,5/M 0,5% -
1/M 1% -
1/M+m 0,5% 0,5%
2/M+m 1% 1%
Tabella 3. Programma sperimentale e denominazione dei provini (* test conclusi).
Vf b
[mm]
As
[mm2]
Ac,eff
[mm2]
Reinf.
Ratio (%)
Coprif.
[mm] Denomination
# of spe-
cimens
10
0*
50 79 2421 3,24 20
N 50/10 - 0 3
0,5%* N 50/10 - 0,5/M 3
1,0 %* N 50/10 - 1/M 3
0,5%+0,5%* N 50/10 - 1/M+m 3
1%+1% N 50/10 - 2/M+m 3
10
0*
80 79 6321 1,24 35
N 80/10 - 0 2
0,5%* N 80/10 - 0,5/M 3
1,0 %* N 80/10 - 1/M 3
0,5%+0,5%* N 80/10 - 1/M+m 3
1%+1% N 80/10 - 2/M+m 3
20
0*
100 314 9686 3,24 40
N 100/20 - 0 3
0,5%* N 100/20 - 0,5/M 3
1,0 %* N 100/20 - 1/M 3
0,5%+0,5%* N 100/20 - 1/M+m 3
1%+1% N 100/20 - 2/M+m 3
20
0*
150 314 22186 1,41 65
N 150/20 - 0 3
0,5%* N 150/20 - 0,5/M 3
1,0 %* N 150/20 - 1/M 3
0,5%+0,5%* N 150/20 - 1/M+m 3
1%+1% N 150/20 - 2/M+m 3
30
0*
150 707 21793 3,24 60
N 150/30 - 0 3
0,5% N 150/30 - 0,5/M 3
1,0 % N 150/30 - 1/M 3
0,5%+0,5% N 150/30 - 1/M+m 3
1%+1% N 150/30 - 2/M+m 3
30
0*
200 707 39293 1,80 85
N 200/30 - 0 2
0,5% N 200/30 - 0,5/M 3
1,0 % N 200/30 - 1/M 3
0,5%+0,5% N 200/30 - 1/M+m 3
1%+1% N 200/30 - 2/M+m 3
La composizione del calcestruzzo (Tabella 4) è stata progettata adottando 8 classi di
aggregato cercando di riprodurre la curva granulometrica di Bolomey (1947). La dimensione
massima dell’aggregato è pari a 10 mm e la percentuale di fine è stata pertanto
incrementata.
La resistenza a compressione è stata misurata su cubi con lato di 150 mm mentre la resistenza
a trazione ed il modulo elastico sono stati determinati su cilindri con diametro di 80 mm ed
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
altezza di 240 mm; i risultati sperimentali sono riportati in Tabella 5.
Le prove sono state condotte in controllo di spostamento utilizzando la macchina universale
servo-controllata INSTRON, con una capacità di 500 kN. La Figura 2 mostra un provino con i 4
strumenti induttivi (LVDT), disposti uno per faccia, con una lunghezza di misura pari a 900 mm.
Tabella 4. Composizione del calcestruzzo
(quantitativi riferiti a 1 m3).
Tabella 5. Caratteristiche meccaniche del calce-
struzzo.
Weight
[kg]
Volume
[litre]
Type of
concrete
Days
after
casting
fcm,cube
[MPa]
fctm
[MPa]
Ecm
[MPa]
Cement Portland
42,5 R 400 127
0 (Plain) 28 48,5
3,71 29500
Water 189 188,6 34 49,0
Superplasticiser 4 3,3 0,5/M
21 46,0 3,33 24500
Aggregates 1742 652,3 42 48,8
Air assumed - 28,8 1/M 58 43,9 in corso 30500
Water/cement ra-
tio 0,47 - 0,5/M+0,5
m 77 54,2
2,81 27500 Si noti che l’aggiunta di fibre ha ridotto il
quantitative di aggregate di circa il 4%
0,5/M+0,5
m 116 51,2
3 RISULTATI DELLE PROVE SPERIMENTALI
Le prove sperimentali sono state condotte in controllo di spostamento del pistone verificando
il comportamento del provino fino al manifestarsi del ramo di incrudimento dell'armatura.
Non si sono rilevate significative fessure da spacco (splitting) nonostante si fosse raggiunto il
limite di incrudimento delle barre di armatura. Tali fessure sono state registrate solo nei provini
con barre da 30 mm o nei provini con barre da 20 mm in presenza del copriferro minimo
adottato e comunque in presenza di elevate deformazioni.
I risultati mostrano chiaramente come i tiranti con armatura tradizionale in FRC
presentano un comportamento strutturale significativamente diverso rispetto a quelli privi di
rinforzo fibroso. Infatti, dopo la fessurazione, le fibre garantiscono una notevole resistenza
residua post-picco tra i lembi delle fessure. E' ben noto che i calcestruzzi tradizionali
presentano invece un comportamento post-picco fragile il cui contributo viene
generalmente trascurato.
L'incremento di capacità resistente lungo la fessura influenza il comportamento dei
provini per due principali motivi (Bischoff, 2004; Figura 3):
1) per una prefissata deformazione media del provino, l'incremento di tenacità dovuto
alle fibre consente un aumento della resistenza media offerta dalla porzioni di calcestruzzo
integro tra le fessure. Per questo motivo, l'effetto irrigidente tipico di un calcestruzzo armato
(fenomeno di "tension stiffening") aumenta. Allo stesso modo, grazie alla presenza del
fibrorinforzo, per un prefissato valore del carico sul tirante di calcestruzzo armato, si rileva una
notevole riduzione della deformazione media del provino;
2) la resistenza residua post-fessurativa (tension-softening) dovuta all'azione delle fibre di
acciaio contribuisce alla riduzione della cosiddetta "lunghezza di trasmissione" (transmission
length) misurata a partire dalla fessura. Conseguentemente, l'apertura di fessura media
diminuisce. La lunghezza di trasmissione rappresenta lo spazio necessario per reintrodurre gli
sforzi di trazione nel provino attraverso gli sforzi di aderenza che si manifestano tra le barre di
armatura tradizionali ed il calcestruzzo circostante. Si osserva inoltre come il miglioramento
dell'aderenza acciaio-calcestruzzo, per effetto del rinforzo fibroso (Plizzari, 1999), possa
ulteriormente contribuire alla riduzione di tale parametro.
La Figura 3 mostra la risposta strutturale (indicata come carico applicato rispetto alla
deformazione assiale media) dei provini denominati come N 50/10 e N 80/10 (Tabella 3). La
deformazione media assiale del tirante è stata calcolata come l'allungamento medio
misurato dai 4 trasduttori, diviso per la lunghezza della base di misura (circa 900 mm). In
97
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
entrambe i diagrammi è riportato un confronto fra i provini in FRC, quelli privi di fibre e la
semplice barra (rappresentativa di un limite inferiore di riferimento).
I risultati riportati sono riferiti ad una deformazione media massima di 510-3 in modo da
descrivere propriamente il comportamento sia agli stati limiti di esercizio (SLE), in cui il control-
lo della deformazione e dell'apertura di fessura costituiscono aspetti di primaria importanza,
sia allo stato limite ultimo (SLU). I diagrammi evidenziano chiaramente come i provini in FRC
presentino una risposta decisamente più rigida. Tale tendenza si è riscontrata anche dopo lo
snervamento in cui il contributo resistente offerto dal rinforzo fibroso risulta chiaramente indi-
viduabile e quantificabile. Come atteso, nei provini di riferimento (privi di fibre) non si verifica
un incremento di capacità resistente del tirante oltre il limite di snervamento della barra. Vi-
ceversa, la resistenza post-fessurazione offerta delle fibre lunga la fessura produce un incre-
mento della capacità portante globale del tirante.
Comparison specimens N 50/10 - F 10 - =
3,24%
0
10
20
30
40
50
60
0 1 2 3 4 5
Average strain [‰]
Ax
ial
loa
d,
N [
kN
]
Bare bar Ф 10
Average response plain
Average response Vf=0,5%
Average response Vf=0,5%+0,5%
Average response Vf=1%
ΔN Plain
ΔN SFRC Vf=0,5%
ΔN SFRC Vf=0,5%+0,5%
ΔN SFRC Vf=1%
Comparison specimens N 80/10 - F 10 - =
1,24%
0
10
20
30
40
50
60
0 1 2 3 4 5
Average strain [‰]
Ax
ial
loa
d,
N [
kN
] Bare bar Ф 10
Average response plain
Average response Vf=0,5%
Average response Vf=0,5%+0,5%
Average response Vf=1%
ΔN Plain
ΔN SFRC Vf=0,5%
ΔN SFRC Vf=0,5%+0,5%
ΔN SFRC Vf=1%
(a) (b)
Figura 3. (a) N 50/10 e (b) N80/10 risposta strutturale per provini privi di rinforzo fibroso (plain) e con fibre di acciaio
(FRC).
La Figura 3 mostra, inoltre, l'incremento di carico N (indicato con la linea minor nella
parte inferiore del diagramma) rilevato dalle prove sperimentali sui tiranti in calcestruzzo
armato rispetto a quella di riferimento della barra. L'azione combinata dell'effetto irrigidente
e della capacità di trasmettere sforzi residuali lungo la fessura, entrambi incorporati nel
termine N, aumenta rapidamente fino al manifestarsi dello "stadio a fessurazione
stabilizzata” nel quale il panorama fessurativo del provino è ormai definito e le fessure
beneficiano del contributo resistente offerto dalle fibre.
Si osserva inoltre come, a differenza degli elementi in calcestruzzo bianco, l'effetto
irrigidente mostrato da quelli in FRC rimane costante e addirittura tende ad aumentare in
qualche campione. Al manifestarsi dello snervamento (stimato ad una deformazione pari a
circa 2,710-3), l'elevata capacità portante dei provini in FRC (rispetto a quelli in calcestruzzo
tradizionale) è principalmente dovuta alla maggiore resistenza residua post-fessurativa
dovuta alle fibre.
Il secondo aspetto significativo investigato riguarda il panorama fessurativo e la sua
evoluzione, valutata in termini di numero di fessure, distanza tra le fessure e, ancora più
importante, in relazione alla loro apertura media.
Tutti i campioni in FRC hanno presentato un quadro fessurativo ben distribuito con fessure
vicine, senza manifestare particolari localizzazioni nemmeno dopo il raggiungimento dello
snervamento della barra. A tal proposito, in Figura 4 vengono confrontati i quadri fessurativi
finali rilevati sui provini di riferimento e i provini in FRC; gli effetti benefici del rinforzo fibroso, in
termini di diffusione delle fessure, sono evidenti.
Sono chiaramente emersi gli effetti benefici dovuti alla presenza del rinforzo fibroso in
termini di controllo dell'apertura di fessura, come mostrato dai diagrammi che rappresentano
l'andamento del carico assiale rispetto all'apertura media di fessura (Figura 5a e b per i
provini N 50/10 e N 80/10, rispettivamente). L'apertura media di fessura è stata stimata
dividendo l'allungamento medio misurato dai trasduttori per il numero di fessure rilevate nel
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provino: si nota come quella dei campioni in FRC sia circa la metà di quella rilevata da quelli
di riferimento in quanto le fibre garantiscono un maggiore numero di fessure di minor
ampiezza.
(a) (b)
Figura 4. Quadri fessurativi dei provini N 50/10: calcestruzzo bianco (a), FRC (b).
Comparison specimens N 50/10 - F 10 - =
3,24%
0
10
20
30
40
50
60
0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5
Average crack opening [mm]
Ax
ial
loa
d,
N [
kN
]
Average response plain
Average response Vf=0,5%
Average response Vf=0,5%+0,5%
Average response Vf=1%
ΔN Plain
ΔN SFRC Vf=0,5%
ΔN SFRC Vf=0,5%+0,5%
ΔN SFRC Vf=1%
Comparison specimens N 80/10 - F 10 - =
1,24%
0
10
20
30
40
50
60
0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5
Average crack opening [mm]
Axia
l lo
ad
, N
[kN
] Average response plain
Average response Vf=0,5%
Average response Vf=0,5%+0,5%
Average response Vf=1%
ΔN Plain
ΔN SFRC Vf=0,5%
ΔN SFRC Vf=0,5%+0,5%
ΔN SFRC Vf=1%
(a) (b)
Figura 5. Comportamento medio in termini di apertura delle fessure. Confronto tra i provini di riferimento (privi di fi-
bre) e quelli in FRC: N50/10 (a), N80/10 (b).
A titolo di esempio, al carico di snervamento (ben oltre quindi lo stato limite di esercizio),
l'apertura di fessura è di circa 0,15 mm-0,25 mm per elementi in FRC (Figura 5): valore che
risulta pienamente compatibile con i requisiti previsti di solito agli SLE.
I valori delle distanze medie tra le fessure registrate per tutti i provini testati sono riassunti
in Figura 6a.; si può notare che le fibre consentono un notevole incremento del numero di
fessure variabile dal 45% al 100% ed una corrispondente riduzione della distanza media tra le
stesse variabile dal 25% al 55%.
La Figura 6b mostra una stima della resistenza media residua a trazione dovuta alle fibre
(fres), calcolata come il valore medio N per unità di area in un intervallo di deformazione dal
3 10-3 al 10÷12 10-3 (corrispondente al plateau di snervamento rilevato nella risposta della
barra nuda). Dai grafici si può notare la capacità del rinforzo fibroso di ridurre le aperture di
fessura e di garantire un panorama fessurativo più diffuso.
Sulla base delle prove sperimentali svolte, risulta chiaro come le fibre siano in grado di
consentire un miglior controllo della fessurazione. A tal proposito, in Figura 7 si è indicato
l'andamento della distanza tra le fessure rispetto al parametro / che viene adottato da
99
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
numerose normative per predirne le spaziature. I risultati sono stati confrontati con le
formulazioni proposte dal CEB-FIP Model 78 (1978) e 90 (1993), Eurocode 2 (1991 e 2005). Si
può osservare come le evidenze sperimentali su calcestruzzi bianchi concordino con quasi
tutte le formulazioni disponibili in letteratura, eccetto per quella proposta dall'Eurocodice 2
(2005) che tende a sovrastimare notevolmente tale parametro.
Comparison specimens: average crack
spacing
050100150200250300
Φ=10, ρeff=3,24%
Φ=10, ρeff=1,24%
Φ=20, ρeff=3,24%
Φ=20, ρeff=1,41%
Average crack spacing [mm]
SFRC Vf=1%
SFRC Vf=0,5%+0,5%
SFRC Vf=0,5%
Plain
Comparison specimens: estimated residual
post-cracking strength fres
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Φ=10, ρeff=3,24%
Φ=10, ρeff=1,24%
Φ=20, ρeff=3,24%
Φ=20, ρeff=1,41%
fres [MPa]
Comparison specimens: average crack spacing and
estimated residual post-cracking strength fres
Comparison specimens: average crack
spacing
050100150200250300
Φ=10, ρeff=3,24%
Φ=10, ρeff=1,24%
Φ=20, ρeff=3,24%
Φ=20, ρeff=1,41%
Average crack spacing [mm]
SFRC Vf=1%
SFRC Vf=0,5%+0,5%
SFRC Vf=0,5%
Plain
Comparison specimens: estimated residual
post-cracking strength fres
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Φ=10, ρeff=3,24%
Φ=10, ρeff=1,24%
Φ=20, ρeff=3,24%
Φ=20, ρeff=1,41%
fres [MPa]
Comparison specimens: average crack spacing and
estimated residual post-cracking strength fres
(a) (b)
Figura 6. Apertura media delle fessure (a) e resistenza residua post-fessurativa degli FRC (b) evidenziate durante le
prove.
Average crack spacing: comparison with
standard formulations
0
50
100
150
200
250
300
350
400
0 300 600 900 1200 1500 1800f/r eff [mm]
Ave
rag
e c
rack
sp
ac
ing
[m
m]
Plain
SFRC Vf=0,5%
SFRC Vf=0,5%+0,5%
SFRC Vf=1%
CEB - FIB Model Code, 1978
Eurocodice 2, 1991
CEB - FIB Model Code, 1993
Eurocodice 2, 2003
Figura 7. Distanza media tra le fessure rispetto al parametro /: confronto delle evidenze sperimentali con quanto
riportato nei riferimenti normativi.
4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Sulla base dei risultati ottenuti nella campagna sperimentale, possono essere tratte le
seguenti principali conclusioni:
- il FRC migliora considerevolmente il comportamento del calcestruzzo agli stati limite di
esercizio attraverso una riduzione dell'apertura di fessura e determina un panorama
fessurativo ben distribuito con fessure vicine;
- le piccole aperture di fessura conseguibili mediante l'uso del FRC favoriscono un
miglioramento della durabilità delle strutture in calcestruzzo armato e della loro vita
nominale, anche in presenza di valori minimi del copri ferro;
- il FRC migliora l’effetto irrigidente del calcestruzzo diminuendo gli spostamenti delle strutture:
100
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
tale aspetto è di vitale importanza per il comportamento in esercizio;
- il FRC può apportare una resistenza significativa anche in corrispondenza degli stati limite
ultimi SLU a seguito dell'incremento della capacità portante. Tale aspetto richiede però
ulteriori indagini per verificare l'effettiva duttilità conseguibile, in particolare in relazione ad
eventuali possibili localizzazioni delle deformazioni.
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101
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
N. P. Jones and R. G. Ghanemed. The Johns Hopkins University, 13-16 June 1999 (Available on
CD).
Sorelli, L. 2003. “Some Studies on the Assessment of the fracture Toughness of Fiber Reinforced
Concrete with an Emphasis on Hybrid Fibers System”, Ph.D. Thesis, Department of Engineering
Materials, University of Brescia.
RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento speciale va agli Ing. Matteo Campanelli ed Emanuele Maffetti, agli
studenti Matteo Romelli, Daniel Sandoval Peña e Marco Franceschini, ed al tecnico di
laboratorio Sig. Andrea Delbarba per il loro prezioso lavoro nello svolgimento delle prove
sperimentali e nell'elaborazione dei dati.
Gli Autori vogliono inoltre esprimere la loro notevole gratitudine nei confronti dell'Alfa
Acciai SPA e del Sig. Enrico Salvi per aver fornito tutte le barre in acciaio impiegate nella
campagna sperimentale.
102
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Il collaudo degli impianti di potabilizzazione di Cremona
Ing. Sabrina Sorlini
Università degli Studi di Brescia
1. Introduzione
A seconda delle fonti di approvvigionamento, acque superficiali (corsi di acqua, laghi e invasi), di
sorgente o sotterranee, devono essere realizzati adeguati impianti di trattamento in grado di
perseguire gli obiettivi di qualità previsti dal D. Lgs.31/01 che regolamenta la “Qualità delle acque
destinate al consumo umano”.
Ai sensi della Norma UNI 10516 “Impianti di potabilizzazione acqua: ordinazione, fornitura e
collaudo”, per collaudo funzionale dell’impianto si intende il collaudo di materiali, apparecchiature,
manufatti, ecc., rispetto alla loro funzionalità in opera e secondo le previste condizioni d’uso.
L’operazione di collaudo funzionale è volta a determinare:
la conformità dell’impianto realizzato con il progetto approvato;
la corretta funzionalità dei diversi processi di trattamento dell’acqua;
le caratteristiche dei residui originati dal processo (fanghi, soluzioni rigeneranti, acque di
controlavaggio, ecc.);
l’idoneità dell’impianto a garantire all’acqua i requisiti di qualità richiesti dalla norma vigente
(D. Lgs. 31/01) e il rispetto di tutte le norme che ne regolano il funzionamento e la compatibilità
ambientale.
A seconda della natura delle opere collaudate, esso può essere svolto per parti o sull’impianto
complessivo e può essere effettuato in condizioni simulate o in condizioni reali.
Le prove di collaudo si articolano inoltre in due principali fasi:
fase di avviamento, che riguarda il primo periodo della messa in funzione dell’impianto in cui
devono essere regolate le condizioni operative (portata, dosaggio dei reagenti, operazioni di
controlavaggio dei filtri, ecc.) e di processo (sviluppo della biomassa nei processi biologici,
ecc.). La durata di questa fase è variabile e generalmente riguarda tutto il periodo necessario ad
una regolazione dei suddetti parametri in modo da garantire il funzionamento ottimale
dell’impianto;
fase di esercizio provvisorio, che riguarda il primo funzionamento dell’impianto in condizioni di
esercizio. Anche in questo caso la durata è variabile e si può ragionevolmente ipotizzare un
periodo di 4-6 mesi in modo da consentire un monitoraggio dell’impianto per un periodo
significativo.
103
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
2. Verifica di conformità al progetto
Un primo aspetto che il collaudatore deve verificare è la corrispondenza tra il progetto e l’impianto
per quanto riguarda in particolare:
dimensioni dei comparti di trattamento;
caratteristiche e volumi dei materiali di riempimento;
tipologia e caratteristiche delle apparecchiature elettromeccaniche;
tipologia e dosaggio previsto per i reattivi.
3. Verifiche in fase di avviamento
Le prove da condurre in fase di avviamento sono finalizzate alla verifica dei seguenti aspetti:
efficienza depurativa di ogni fase di trattamento dell’acqua;
dosaggio dei reagenti;
caratteristiche dei sistemi di filtrazione o altri materiali di riempimento/supporto;
operazioni di controlavaggio dei filtri;
efficienza della linea fanghi;
caratteristiche dei residui prodotti;
3.1 Efficienza depurativa di ogni fase di trattamento dell’acqua
L’efficienza di rimozione degli inquinanti più critici presenti nell’acqua deve essere
opportunamente valutata effettuando un monitoraggio dei principali parametri nell’acqua grezza e
di quella in uscita da ogni fase di trattamento.
Per poter disporre di dati sufficientemente significativi su tale punto, si ritiene opportuno effettuare
almeno due monitoraggi completi, in condizioni di portata minima e massima di funzionamento, in
corrispondenza delle condizioni più critiche di funzionamento (ad esempio prima del
controlavaggio dei filtri, prima del ciclo di rigenerazione delle resine, ecc.).
In aggiunta, è possibile prevedere anche un monitoraggio nelle condizioni ottimali di
funzionamento dell’impianto (subito dopo i controlavaggi, dopo i cicli di rigenerazione dei
materiali, ecc.) da confrontare con quello svolto in precedenza.
La scelta dei parametri da monitorare verrà effettuata sulla base delle caratteristiche dell’acqua
grezza; si consiglia almeno l’analisi dei seguenti parametri:
un controllo dei parametri più significativi in ingresso e uscita da ogni singola fase di
trattamento (T, pH, p.redox, torbidità, TOC, assorbenza UV, ammoniaca, nitrati, nitriti,
104
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
arsenico, ferro, manganese, clorito1, E.coli, Enterococchi, carica batterica totale a 22 e 36 °C,
coliformi totali e fecali);
un controllo completo dei parameri previsti dal D.Lgs. 31/01 in ingresso e uscita dall’impianto.
Durante le prove verrà controllata anche la portata alimentata all’impianto.
Nel caso specifico degli impianti di Cremona sono stati effettuati due monitoraggi, con portata
minima e massima rispettivamente, svolti al termine del ciclo di filtrazione dei filtri Nitrazur e
Aquazur. Sono stati analizzati tutti i parametri sopra elencati, nell’acqua grezza e in uscita da ogni
trattamento.
3.2 Verifica del corretto dosaggio dei reagenti
Durante le prove di funzionamento suddette, in condizioni di portata minima e massima, è
opportuno effettuare il controllo sui reattivi chimici impiegati nel processo, analizzando:
caratteristiche delle soluzioni impiegati (densità, concentrazione, ecc.);
dosaggio dei reattivi (mediante le portate registrate dalle pompe dosatrici);
concentrazione dei reattivi nelle vasche (mediante analisi dei campioni prelevati in punti
opportuni).
Confrontando la concentrazione rilevata analiticamente con il dosaggio di ogni reagente (registrato
dalla pompa) e la portata di acqua trattata sarà possibile valutare il corretto funzionamento dei
sistemi di miscelazione.
Nel caso specifico è stato effettuato un controllo sul dosaggio dei reagenti verificando la
concentrazione dei reagenti nel punto di miscelazione o immediatamente in uscita dal comparto di
miscelazione: ossigeno nel filtro biologico, cloruro ferrico e permanganato di potassio prima del
filtro a sabbia, biossido di cloro nella disinfezione finale, potenziale redox dopo ogni aggiunta di
ossidante, cloro residuo in uscita dalla vasca di disinfezione finale.
3.3 Caratteristiche dei sistemi di filtrazione o altri materiali di riempimento/supporto
Questo punto consiste nella verifica delle caratteristiche dei materiali di riempimento (mezzi
filtranti) o materiali particolare utilizzati come supporto per lo sviluppo della biomassa. In
particolare si prevede un controllo delle caratteristiche fisiche (dimensioni, densità), chimiche
(presenza di materiale organico o altri inquinanti) e biologiche (presenza di biomassa).
Negli impianti esaminati è stato effettuato un controllo dello sviluppo della biomassa sul supporto
del filtro Nitrazur, mediante prelievo di 3 campioni di materiale filtrante a diverse altezze del filtro,
sia prima che dopo l’operazione di controlavaggio.
1 Solo dopo la disinfezione finale.
105
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
3.4 Operazioni di controlavaggio dei filtri
Durante ognuna delle due prove (con portata minima e massima) è opportuno eseguire una
operazione di controlavaggio dei filtri, sia biologico (Nitrazur) sia a sabbia (Aquazur), nel corso
delle quali vanno verificati i seguenti parametri:
corretta sequenza delle fasi di controlavaggio;
quantità di aria e acqua utilizzate;
durata di ogni fase;
consumi energetici;
variazione della perdita di carico sul filtro (tra prima e dopo in controlavaggio);
asportazione della biomassa dal filtro;
qualità della prima acqua filtrata dopo il controlavaggio (mediante ripetizione dell’analisi dei
parametri più significativi sull’acqua in uscita dal filtro).
3.5 Efficienza della linea fanghi
Dopo ogni operazione di controlavaggio va valutato il volume finale di acqua prodotto e inviato alla
linea fanghi.
Sulla linea fanghi è necessario in primo luogo valutare l’efficienza dei diversi trattamenti nella
riduzione dell’umidità del fango. A tale scopo sono necessari i seguenti prelievi:
un prelievo dell’acqua di controlavaggio (presumibilmente prelevato da serbatoio di accumulo
delle acque derivanti da controlavaggio sia del filtro biologico che chimico);
un prelievo del fango sedimentato e ispessito;
un prelievo del fango disidratato;
la verifica del dosaggio di polielettrolita.
Dalla analisi dei SST sarà possibile verificare l’efficienza dell’ispessitore e del disidratatore,
stimare la portata di acqua surnatante separata, determinare l’incremento di SST dovuto all’aggiunta
del polielettrolita.
3.6 Caratteristiche dei residui prodotti
Per i residui finali derivanti dall’impianto (surnatante, fango, salamoia esausta, carbone esausto,
ecc.) è necessario effettuare una caratterizzazione secondo la normativa di riferimento per valutarne
le opportunità di smaltimento o recupero.
Nel caso specifico i residui prodotti sono l’acqua surnatanante e i fanghi derivanti dal trattamento
dei acque di controlavaggio dei filtri nella linea fanghi. In ognuna delle due prove analizzate è stato
effettuato un prelievo di fango per caratterizzarlo secondo la normativa per lo smaltimento in
discarica e per il recupero in agricoltura; è stato inoltre prelevato anche un campione di surnatante
per verificare la compatibilità con i limiti della tab. 3 D. Lgs. 152/99 (s.m.i. D.Lgs. 258/00).
106
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
4. Verifiche in fase di funzionamento a regime
Le prove da condurre in fase di funzionamento a regime sono finalizzate a verificare alcuni aspetti
già valutati in fase di avviamento:
l’efficienza depurativa di ogni fase di trattamento dell’acqua;
le caratteristiche dei reagenti;
le caratteristiche dei residui prodotti;
A queste verifiche va aggiunta anche l’analisi di principali dati di funzionamento.
Si suggerisce inoltre anche l’effettuazione di alcune verifiche idrodinamiche sui principali comparti
di trattamento, in particolare su quelli che dalle attività di monitoraggio hanno portato ad ipotizzare
un possibile malfunzionamento.
Sui punti da 4.1 a 4.3 è prevista una replicazione di quanto effettuato in fase di avviamento con una
ripetizione mensile dei controlli estesa all’intero periodo monitorato (che nel caso specifico era di 6
mesi). Su suggerisce di verificare questi punti in condizione di portata media.
4.1 Analisi di dati di funzionamento relativamente ai primi 6 mesi di funzionamento in condizioni di esercizio
provvisorio
Per tutti i parametri per cui è effettuato un controllo in continuo (con rilevatori on-line o misuratori
portatili) o viene effettuata una frequente registrazione (portata trattata, parametri di qualità
dell’acqua, cloro residuo, quantità di fango prodotto, portata di surnatante scaricata in fognatura,
consumo reagenti, consumi energetici, ecc.) è utile svolgere una analisi dei dati relativi ai 6 mesi
funzionamento a regime per valutare:
portata trattata,
corretto funzionamento dei processi di trattamento (ad esempio il potenziale redox per le fasi di
ossidazione, il cloro residuo per il trattamento di disinfezione finale, ecc.),
consumo di reagente per tipologia,
rapporto tra fango prodotto e portata trattata,
consumi energetici.
4.2 Verifiche idrodinamiche
Il comportamento idrodinamico di un reattore è un parametro che ha una notevole influenza sul
grado di efficienza del processo chimico-fisico e biologico in atto nel bacino. Le prove
idrodinamiche servono per riuscire a quantificare eventuali scostamenti dal comportamento ideale
e/o presunto, che si possono manifestare attraverso diversi tipi di anomalie: presenza di by-
pass,volumi morti, dispersione assiale accentuata, ecc..
La prova consiste nell’applicare una perturbazione ad un reattore mediante l’immissione di un
tracciante e nell’andare ad interpretare la curva di risposta (RTD-Retention Time Distribution) in
uscita dal reattore mediante l’utilizzo di un modello teorico di funzionamento idrodinamico in grado
107
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
di simulare quello rilevato sperimentalmente. Dall’analisi del modello è possibile determinare una
serie di coefficienti rappresentativi del funzionamento idrodinamico del reattore (miscelazione
completa, flusso a pistone, soluzione intermedia tra le due, ecc.) e della presenza di eventuali
anomalie (volume morto, by-pass, ecc.). L’utilità pratica di tali prove è quella di individuare le
cause di eventuali malfunzionamenti e di suggerire alcune soluzioni correttive.
Negli impianti analizzati le prove sono state condotte sui comparti di pre-ossidazione/coagulazione,
filtrazione biologica e filtrazione su sabbia in condizioni di portata minima e massima.
5. Conclusioni
La procedura di collaudo rappresenta una fase di fondamentale importanza per “certificare” il
corretto funzionamento di un impianto prima della sua entrata in funzione a regime.
Per un buon collaudo è necessario da un lato effettuare un esame “analitico” approfondito degli
aspetti impiantistici, tecnici e di processo e dall’altro esprimere un giudizio di “sintesi” sul corretto
funzionamento dell’impianto nel rispetto delle normative ambientali connesse.
L’applicazione delle prove di collaudo negli impianti di potabilizzazione di Cremona Est e Ovest è
risultata fondamentale per effettuare le seguenti valutazioni:
verificare il corretto dimensionamento degli impianti;
verificare le condizioni reali di funzionamento (carico idraulico, tempo di permanenza
idraulica, dosaggio dei reagenti);
valutare le rese depurative dei processi di trattamento e eventuali inefficienze;
ottimizzare le condizioni di funzionamento nel caso queste non risultassero ottimali
(dosaggio dei reattivi, modalità di controlavaggio dei filtri, ecc.);
verificare le cause di eventuali anomali e ipotizzare, conseguentemente, gli interventi
migliorativi (es. l’esistenza di by-pass nella vasca di miscelazione rapida e conseguente
suggerimento di modifica del sistema di miscelazione meccanica);
valutare il possibile destino finale dei residui generati dal processo depurativo;
analizzare i dati gestionali, con particolare riferimento ai consumi (di acqua ed energia) e ai
costi di trattamento.
108
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Sperimentazioni in corso
Francesca Gialdini, Barbara Marianna Crotti, Sabrina Sorlini
1. Introduzione
La potabilizzazione delle acque può essere conseguita attraverso schemi di trattamento
diversamente articolati, in funzione delle caratteristiche dell’acqua grezza da trattare. Negli ultimi
decenni, il trattamento dell’acqua destinata al consumo umano è diventato sempre più complesso sia
per far fronte ad un peggioramento della qualità della fonte sia per rispondere all’esigenza di qualità
sempre più elevata.
La direttiva europea 98/83/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. 31/2001, ha introdotto alcune novità
che hanno avuto importanti implicazioni di tipo tecnico-gestionali negli impianti potabilizzazione.
Nasce quindi l’esigenza, da un lato, di impiegare nuove tecnologie di trattamento, sempre più
efficaci nei confronti dei “nuovi” inquinanti e, dall’altro, di adottare tecniche di gestione degli
impianti in modo da ottimizzarne il funzionamento.
Le problematiche riguardanti la funzionalità degli impianti di potabilizzazione (Collivignarelli e
Sorlini, 2005, 2008 e 2009) sono legate a molteplici aspetti:
la scelta di processi di trattamento in grado di rimuovere efficacemente gli inquinanti e, nel
contempo, di non peggiorare la qualità chimica dell’acqua (formazione di sottoprodotti di
disinfezione, residui di reagenti, ecc.);
la progettazione di un impianto secondo criteri i grado di garantire il corretto funzionamento e,
quindi, il conseguimento degli obiettivi di qualità;
la gestione, che è alla base di un efficiente funzionamento nel tempo, in grado di garantire
qualità, sicurezza ed economicità.
Gli strumenti utili per assolvere ai malfunzionamenti/problematiche degli impianti e, quindi, più
nello specifico per il controllo di qualità delle acque destinate al consumo umano e delle rese
depurative di un impianto sono le verifiche di funzionalità (interventi di tipo gestionale) che
prevedono la stesura di idonei piani di monitoraggio e controlli interni, nonché l’effettuazione di
specifiche prove sperimentali, direttamente sull’impianto o a scala di laboratorio, a seguito delle
quali si può ricorrere a modifiche impiantistiche di tipo solo parzialmente “strutturale”, che,
consentono spesso consistenti risparmi nei costi di investimento.
Tali verifiche rivestono un’importanza particolare nel caso di impianti di piccola-media taglia, in
quanto dopo la realizzazione, è fondamentale verificarne il corretto funzionamento al fine di
garantire una serie di requisiti che riguardano la qualità dell’acqua, la funzionalità dei trattamenti, le
modalità gestionali, le caratteristiche dei residui prodotti, ecc. Spesso tali verifiche sono carenti o
del tutto assenti in tali tipologie di impianti.
L’esperienza di ricerca condotta presso alcuni impianti di potabilizzazione mostra come, attraverso
una corretta gestione (monitoraggio “intensivo”, prove sperimentali, ecc.), sia possibile ottimizzare
nonché potenziare le strutture esistenti e, nel contempo, garantire l’accesso ad un’acqua di buona
qualità (Sorlini et al. 2010) Lo scopo della presente ricerca è quello di verificare ed individuare dei
criteri di ottimizzazione dei trattamenti applicati presso gli impianti di potabilizzazione di Cremona
al fine di migliorare la qualità dell’acqua erogata nonchè di indagare le problematiche tecnico-
gestionali dall’impianto stesso.
L’indagine è stata condotta con lo scopo di individuare la tipologia di impianto (natura delle acque
grezze, ubicazione, caratteristiche tecniche), il funzionamento e le principali problematiche
gestionali nonchè tecniche.
È stata fatta un’attenta analisi degli impianti di potabilizzazione, attraverso sopralluoghi, colloqui
con i gestori ed infine una campagna sperimentale ad hoc che ha previsto sia interventi di tipo
gestionale attraverso l’attività di monitoraggio (routinario ed intensivo) che l’effettuazione di
verifiche di funzionalità.
109
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2. Descrizione degli impianti di potabilizzazione di Cremona Est e Cremona Ovest
La città di Cremona è servita da due impianti di potabilizzazione della potenzialità massima di 450
L/s, situati uno a Est ed uno a Ovest della città. Le centrali di potabilizzazione sono perfettamente
analoghe e sono in grado di fornire acqua complessivamente a 76000 abitanti.
Il nuovo sistema di approvvigionamento dell’acquedotto, avviato nel 2006, è composto da due
campi pozzi posti ad Est e ad Ovest della città, i quali prelevano acqua proveniente da acquiferi
ubicati a diverse profondità (in media circa -230 m da p.c).
Gli impianti sono stati progettati al fine di rimuovere, dalle acque di falda, ammoniaca, arsenico,
ferro e manganese, oltre che metano ed idrogeno solforato in tracce, sostanze naturalmente presenti
a causa delle caratteristiche geologiche dei terreni.
Gli impianti di potabilizzazione si sviluppano secondo lo schema di funzionamento riportato in
Figura 1.
Figura 1 - Schema a blocchi degli impianti di potabilizzazione Cremona Est e Cremona Ovest
Le principali caratteristiche impiantistiche sono mostrate in Tabella 1.
Tabella 1 - Principali caratteristiche impiantistiche degli impianti di potabilizzazione di Cremona
Volumi di acqua trattabili 1620 m3/h per centrale
Volumi di acqua trattati 31000 m3/d (360 L/s)
Tempo di funzionamento medio 24 h/d
AERAZIONE SU CASCATA
Altezza totale gradini 1,5 m
FILTRO BIOLOGICO
Materiale filtrante Biolite
Pezzatura materiale 1,7 mm
Altezza totale materiale 2 m
Numero filtri per linea 2
Altezza totale letto di ghiaia 0,30 m
Larghezza fenditure per ugelli 2,5 mm
Portata totale compressori 640 m3/h
Ossigeno disciolto 10,2 mg/L O2
MISCELAZIONE
Reagente impiegato in ossidazione KMnO4
Concentrazione 0,63 mg/L
Reagente impiegato in coagulazione FeCl3
Concentrazione 6,66 mg/L
Volume vasca 50 m3
Tempo di contatto medio 3 min
FILTRO A SABBIA
Altezza mezzo filtrante 1 m
Dimensione singole colonne 8,63 m
Numero colonne e modalità di funzionamento 4 in parallelo
Tipo di massa filtrante Sabbia silicea
Dimensioni materiale di riempimento 0,95 mm
Carico idraulico 6,9 m/h
Tempo di contatto 20 min
DISINFEZIONE
Reagente impiegato ClO2
Dosaggio 0,9 mg/L
Tempo di contatto 40 min
Volume disponibile 1.068 m3
Aerazione Filtrazione
biologica Miscelazione
KMnO4
FeCl3
Filtrazione
a sabbia Disinfezione Rete Pozzi
ClO2
110
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Gli impianti prevedono la seguente filiera di trattamento:
aerazione su cascate per la rimozione di metano (CH4) e idrogeno solforato (H2S);
filtrazione con ossidazione biologica di ammoniaca (NH3), ferro (Fe) e manganese (Mn);
miscelazione per il condizionamento chimico con permanganato di potassio (KMnO4) e cloruro
ferrico (FeCl3) al fine di abbattere arsenico e manganese residui;
filtrazione a sabbia per la rimozione delle sostanze precipitate e rimaste in sospensione;
disinfezione finale con biossido di cloro (ClO2).
L’acqua trattata viene accumulata e rilanciata alla rete di distribuzione.
Il funzionamento degli impianti è completamente a gravità. Ogni unità di trattamento (fatta
eccezione per l’aerazione e la miscelazione) è divisa su due linee indipendenti, questo per garantire
elasticità nella gestione e la possibilità di operare manutenzioni su porzioni di impianto senza
fermare il trattamento.
In tabella 2 sono riportate le principali caratteristiche di qualità dell’acqua in ingresso ed in uscita
dalle varie fasi di trattamento.
Gli impianti si completano con una sezione per il trattamento dei fanghi provenienti dai
controlavaggi dei filtri costituita dalle seguenti fasi:
flocculazione;
sedimentazione-ispessimento;
disidratazione con centrifuga.
Una volta trattato, il fango viene inviato allo smaltimento finale in discarica.
Tabella 2 - Caratteristiche di qualità medie e massime dell’acqua in ingresso ed in uscita dalle fasi di
trattamento
Parametro Unità di
misura
Acqua
grezza Uscita
BIOFILTRO
Uscita
FILTRO A
SABBIA
Uscita
IMPIANTO
Limite (o
indicatore)
Ammoniaca mg/L 2,40* <0,05 <0,05 <0,05 (≤0,50)
Ferro g/L 350* 40 27 10 (≤200)
Manganese g/L 60* 2 10 2 (≤50)
Arsenico g/L 24* 17 6 3 ≤10
Clorito mg/L - - - 0,55 ≤0,7
Fluoruri mg/L - - - 0,07 ≤1,5
Nitriti mg/L - - - <0,05 ≤0,50
Nitrati mg/L - - - 4,78 ≤50
pH - 8,0 - - 7,9 (6,5 ÷ 9,5)
Cloro libero mg/L - - - 0,2 (≤0,2)
Kubel mgO2/L 2,5 - - 0,69 ≤5,0
Conducibilità a
25°C S/cm 500 - - 500 (≤2500)
Durezza °F 20 - - 20 (15 ÷ 50)
Cromo totale g/L - - - 2 ≤50
Rame mg/L - - - 0,005 (≤1,0)
*valori massimi
3. Obiettivi delle verifiche di funzionalità svolte
La principale problematica legata agli impianti di potabilizzazione di Cremona è l’elevata richiesta
di ossidante in disinfezione finale, associata ad un’eccesiva formazione di sottoprodotti di
disinfezione in uscita dall’impianto. La causa principale di tale problematica è da ricercarsi in una
scarsa stabilità biologica dell’acqua in uscita dal trattamento di filtrazione su sabbia. Per questo,
l’impianto è stato sottoposto ad una serie di verifiche di funzionalità dei comparti di trattamento.
La fase sperimentale è consistita in una prima indagine conoscitiva finalizzata a verificare la
capacità ossidativa di tre reagenti ossidanti (KMnO4, ClO2 e NaClO) nei confronti degli inquinati
presenti nell’acqua, ed una seconda serie di prove tese a simulare i trattamenti realizzati presso
111
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l’impianto di potabilizzazione di Cremona al fine di valutare l’incidenza che ogni singolo stadio ha
sulla richiesta di ClO2 in disinfezione finale.
Le prime verifiche di funzionalità hanno dimostrato che l’acqua in uscita dalla filtrazione su sabbia
presenta una significativa componente organica in forma disciolta che determina un’eccessiva
richiesta di ossidante in disinfezione finale.
Per questo, la sperimentazione è proseguita con ulteriori prove volte a valutare:
l’applicabilità di uno stadio di filtrazione mista sabbia-carbone in luogo dell’attuale filtrazione
su sola sabbia;
l’impiego di un ossidante alternativo al biossido di cloro (ipoclorito di sodio) in disinfezione
finale.
La tabella 3 riporta la prove sperimentali che sono state effettuate in laboratorio e presso l’impianto
specificando per ognuna le condizioni operative in termini di reagenti impiegati, rispettivi dosaggi,
tempi di contatto, portate circolanti e carichi idraulici, parametri monitorati e strumenti impiegati
per l’effettuazione dell’analisi di tali parametri.
Per la fase di aerazione è stata eseguita un’analisi dei dati storici di monitoraggio forniti dal gestore
dell’impianto. Anche per la fase di filtrazione biologica è stata eseguita un’analisi dei dati storici di
monitoraggio forniti dal gestore dell’impianto. Inoltre, è stata avviata una ulteriore campagna di
monitoraggio dei parametri ammoniaca, ferro, manganese e arsenico in ingresso ed in uscita dal
comparto.
3.1. Comparto di miscelazione
Per questa fase di trattamento sono state condotte prove in laboratorio e presso l’impianto.
3.1.1. Prove in laboratorio
Innanzitutto sono stati determinati i dosaggi dei tre ossidanti sulla base della stechiometria delle
reazioni chimiche con i principali inquinanti ossidati (ferro, manganese e arsenico). Quindi sono
state eseguite le curve di domanda degli ossidanti da parte delle acque in uscita dalla filtrazione
biologica. I campioni pre-ossidati sono stati infine sottoposti a caratterizzazione chimico-fisica e
biologica in corrispondenza di un tempo di contatto prefissato corrispondente al tempo di
permanenza in vasca di ossidazione in condizioni di portata media (4 minuti). Per i tre ossidanti
sono stati impiegati dosaggi pari al 75%, 100% e 125% delle domande di ossidante
precedentemente determinate; inoltre, per il permanganato di potassio, che è il reagente impiegato
in vasca di miscelazione, è stato testato un dosaggio pari a quello impiegato al momento della
sperimentazione nella vasca di ossidazione (0,7 mg/L).
Sono state quindi eseguite delle prove di simulazione della fase di pre-ossidazione seguita da
disinfezione finale, secondo lo schema indicato in Figura 2. Lo scopo è stato quello di valutare
l’influenza dei trattamenti preossidativi sul trattamento di disinfezione finale, fase maggiormente
critica per l’impianto in oggetto.
Figura 2 – Prove di simulazione dei trattamenti eseguite in laboratorio
Il campione d’acqua su cui effettuare la prova è stato prelevato all’uscita dal filtro biologico in
corrispondenza della metà del ciclo di filtrazione (circa 24-25 ore dalla fine del controlavaggio).
Nel campione considerato è stato dosato un reagente (KMnO4, ClO2, NaClO) avente funzione di
pre-ossidante in quantità sufficiente a soddisfare la relativa domanda corrispondente ai 4 minuti di
contatto. Ciò significa che al campione è stata dosata una quantità di ossidante pari alla domanda
Acqua in uscita dal
filtro biologico
Pre-ossidazione con
KMnO4, ClO2 e
NaClO
Disinfezione
con ClO2
112
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calcolata in corrispondenza del massimo tempo di contatto, e dopo 4’ se ne è registrato il consumo:
tale concentrazione di ossidante è stata dosata su un identico campione per simulare la fase di pre-
ossidazione. Sullo stesso campione è stata poi determinata la curva di domanda di ClO2 e i
parametri indicati in Tabella 3 ai tempi indicati nella stessa tabella. In corrispondenza di 79 minuti
(tempo corrispondente alla portata massima nella vasca di disinfezione finale, ossia tempo minimo
di contatto) sono state eseguite le analisi finalizzate alla caratterizzazione chimico-fisica e
microbiologica dell'acqua.
Tabella 3 - Principali condizioni operative adottate nelle verifiche adottate nei comparti di trattamento
parametri analizzati e strumentazione impiegata
Comparto Prove Condizioni
Operative
Parametri
analizzati
Strumentazione
Filtrazione
biologica
Domanda di NaClO, KMnO4,
ClO2
d = 5 mg/L
t = 0’, 1’, 4’, 10’, 30’, 45’,
1h, 1h30’, 2h, 3h, 4h, 5h, 6h
Ossidante residuo,
UV254
Spettrometro UV-
Visibile
Domanda di NaClO e ClO2 a
diversi t dal controlavaggio
(prova sul campo)
d = 5 mg/L
t = 0’, 2’, 4’, 10’, 30’, 1h,
2h, 3h
Ossidante residuo Spettrometro UV-
Visibile
Miscelazione Caratterizzazione chimico-
fisica di campioni pre-ossidati
a t = 4'
d = 75% - 100% - 125%
domanda ossidante
Per KMnO4 anche d = 0,7
mg/L (= d impianto)
T, pH, redox,
Ossidabilità Kubel,
UV254, residuo
ossidante, As, Fe, Mn
Titolazione,
Spettrometro UV-
Visibile, ICP-OES
Caratterizzazione
microbiologica di campioni
pre-ossidati a t = 4'
d = 75% - 100% - 125%
domanda ossidante
Per KMnO4 anche d = 0,7
mg/L (= d impianto)
Coliformi totali,
Escherichia Coli,
Aeromonas,
Enterococchi, Conta a
22°C, conta a 36°C
Terreni di coltura
Termostato
Influenza pre-ossidazione
(NaClO, KMnO4, ClO2) sulla
disinfezione finale
dox = domanda ossidante a
t=4'
dClO2 = 5 md/L
t = 0’, 4’, 10', 30’, 1h, 79',
2h, 2h40', 3h, 6h, 7h24',
24h, 48h
Ossidante residuo,
UV254, clorito, clorato,
pH, T
Cromatografia
ionica,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde
Caratterizzazione chimico-
fisica di campioni pre-ossidati
dopo 79' di contatto con ClO2
dox = domanda ossidante a
t=4'
dClO2 = 5 md/L
redox, OD, Ossidabilità
Kubel, UV254, As, Fe,
Mn
Titolazione,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde,
ICP-OES
Influenza chiariflocculazione
(FeCl3, Al2(SO4)3) sulla
disinfezione finale
dox = domanda ossidante a
t=4'
dcoag = da jar test
dClO2 = 5 md/L
t = 0’, 4’, 10', 30’, 1h, 79',
2h, 2h40', 3h, 6h, 7h24',
24h, 48h
Ossidante residuo,
UV254, clorito, clorato,
pH, T
Cromatografia
ionica,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde
Caratterizzazione chimico-
fisica di campioni pre-ossidati,
chiariflocculati e dopo 79' di
contatto con ClO2
dox = domanda ossidante a
t=4'
dClO2 = 5 md/L
redox, OD, Ossidabilità
Kubel, UV254, As, Fe,
Mn
Titolazione,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde,
ICP-OES
Filtrazione
su sabbia
Domanda di NaClO e ClO2 a
diversi t dal controlavaggio
(prova sul campo)
dox = 5 mg/L
t = 0’, 2’, 4’, 10’, 30’, 1h,
2h, 3h
Ossidante residuo Spettrometro UV-
Visibile
Capacità di adsorbimento della
sostanza organica da parte di
diversi GAC
dGAC = 2 – 10 – 20 - 50 –
100 mg/L
t = 2h
UV254 Apparecchiatura
Jar-test
Spettrometro UV-
Visibile
Influenza dell'inserimento di
un filtro GAC a valle del filtro
a sabbia sulla domanda di
ossidante
dGAC = 2 g/L
tGAC = 2h
dClO2 = 5 mg/L
t = 0’, 4’, 10', 30’, 1h, 79',
2h, 2h40', 3h, 6h, 7h24',
24h, 48h
Ossidante residuo,
UV254, clorito, clorato,
pH, T
Cromatografia
ionica,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde
113
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Comparto Prove Condizioni
Operative
Parametri
analizzati
Strumentazione
Influenza dell'inserimento di
un filtro GAC a valle del filtro
a sabbia sulla domanda di
ossidante
dGAC = 50 mg/L
tGAC = 2h
dClO2 = 1 mg/L
t = 0’, 30’, 1h, 2h
Ossidante residuo Spettrometro UV-
Visibile
Caratterizzazione chimico-
fisica di campioni sottoposti a
filtrazione su GAC e dopo 79'
di contatto con ClO2
dGAC = 2 g/L
tGAC = 2h
dClO2 = 5 md/L
redox, OD, Ossidabilità
Kubel, UV254, As, Fe,
Mn
Titolazione,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde,
ICP-OES
Filtrazione
su sabbia
Curve di esaurimento di diversi
GAC in colonna (prova sul
campo)
tGAC = 10’
Ci = 1,5 – 2,4 m/h
Q = 1,6 – 2,6 L/h
Direzione flusso =
downflow
dClO2 = 1 mg/L
t = 0’, 30’, 1h, 2h
UV254
ossidante residuo
Clororesiduometro
Spettrometro
UV-Visibile
Disinfezione
finale
Simulazione trattamento
disinfezione finale
dClO2 = 5 mg/L
t = 0’, 4’, 10', 30’, 1h, 79',
2h, 2h40', 3h, 6h, 7h24',
24h, 48h
Ossidante residuo,
UV254, clorito, clorato,
pH, T
Cromatografia
ionica,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde
Caratterizzazione chimico-
fisica di campioni disinfettati
con ClO2 a t = 79'
dClO2 = 5 mg/L redox, OD, Ossidabilità
Kubel, UV254, As, Fe,
Mn
Titolazione,
Spettrometro UV-
Visibile, sonde,
ICP-OES
Caratterizzazione
microbiologica di campioni
disinfettati con ClO2 a t = 79'
dClO2 = 5 mg/L Escherichia Coli,
Aeromonas,
Enterococchi, Conta a
22°C, conta a 36°C
Terreni di coltura
Termostato
Valutazione della sostituzione
del ClO2 con NaClO:
potenziale di formazione di
THMs a diversi t dal
controlavaggio del filtro a
sabbia
dNaClO = 6 – 8 – 9 – 10 mg/L
t = 7d
ossidante residuo
THM
Termostato
Spettrometro UV-
Visibile
Cromatografo
ionico
Valutazione della sostituzione
del ClO2 con NaClO: domanda
di NaClO
Formazione di THMs
dNaClO = 1 – 1,5 – 2 mg/L
t = 0’, 10’, 30’, 1h, 79’, 2h,
2h40’,3h, 6h, 7h25’, 1d, 2d
ossidante residuo
THM
Termostato
Spettrometro UV-
Visibile
Cromatografo
ionico
In laboratorio è stata eseguita una prova di simulazione della sequenza di trattamento composta da
pre-ossidazione, chiariflocculazione, filtrazione su carta da 0,1 m e disinfezione finale, come
indicato in Figura 3.
Figura 3 – Prove di simulazione dei trattamenti eseguite in laboratorio
Per quanto riguarda la chiariflocculazione, i dosaggi dei reagenti coagulanti (FeCl3 e Al2(SO4)3)
sono stati determinati mediante prove di jar-test. Il campione d’acqua su cui effettuare la prova di
simulazione è stato prelevato all’uscita dal filtro biologico in corrispondenza della metà del ciclo di
filtrazione (circa 24-25 ore dalla fine del controlavaggio). Nel campione considerato è stato dosato
un reagente (KMnO4, ClO2, NaClO) avente funzione di pre-ossidante in quantità sufficiente a
soddisfare la relativa domanda corrispondente ai 4 minuti di contatto. Successivamente è stato
aggiunto al campione la quantità di coagulante precedentemente determinata, e si mantiene il tutto
Acqua in
uscita dal
filtro
biologico
Pre-ossidazione
con KMnO4,
ClO2 e NaClO
Chiari-
flocculazione
con FeCl3 e
Al2(SO4)3
Disinfezione
con ClO2
Filtrazione
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in agitazione per circa 20 minuti. Passati altri 15 minuti in cui si è lasciato sedimentare, il campione
è stato filtrato su filtro da 1 m. Sullo stesso campione viene poi determinata la curva di domanda
di ClO2, e si effettua la valutazione dei parametri indicati in Tabella 3. A 79 minuti (tempo
corrispondente alla portata massima nella vasca di disinfezione finale, ossia tempo minimo di
contatto) sono state eseguite le analisi finalizzate alla caratterizzazione chimico-fisica dell'acqua.
3.1.2. Prove sul campo
Le prove di determinazione della domanda di due ossidanti (ClO2 e NaClO) sono state ripetute,
presso l'impianto, su campioni prelevati a diversi tempi intercorrenti fra un controlavaggio del filtro
ed il successivo. Il dosaggio impiegato per i due ossidanti è stato di 5 mg/L.
3.2. Comparto di filtrazione su sabbia
Anche per la fase di filtrazione su sabbia sono state condotte prove sul campo e prove in
laboratorio.
3.2.1. Prove di laboratorio
In laboratorio sono state condotte prove finalizzate a valutare la possibilità di inserimento di una
fase di adsorbimento su carbone attivo a valle della filtrazione su sabbia. In particolare, sono state
eseguite prove per la determinazione della capacità di adsorbimento della sostanza organica da parte
di diversi carboni attivi. Inoltre, è stata determinata la curva di domanda di biossido di cloro a
seguito di un tempo di contatto acqua-GAC di 2 ore.
3.2.2. Prove sul campo
Le prove di determinazione della domanda di due ossidanti (ClO2 e NaClO) sono state eseguite,
presso l'impianto, su campioni prelevati a diversi tempi intercorrenti fra un controlavaggio del filtro
ed il successivo. Il dosaggio impiegato per i due ossidanti è stato di 5 mg/L.
La seconda parte della sperimentazione ha riguardato l’ottimizzazione della fase di filtrazione su
sabbia mediante l'inserimento di una fase di adsorbimento su GAC. In particolare, in uscita dal filtro
a sabbia sono state installate alcune colonnine contenenti differenti tipologie di carbone attivo
granulare; in tal modo, è stato possibile confrontare i rendimenti dei vari carboni, in vista di un
possibile impiego futuro di un filtro misto sabbia-carbone.
A tal proposito, in questa serie di prove, sono state testate cinque colonnine funzionanti in parallelo
contenenti i seguenti carboni attivi granulari: Norit GAC 1240 (mesoporoso di origine minerale),
Norit GCN 1240 (microporoso di origine vegetale), Poractiv C24 (microporoso di origine vegetale),
Poractiv M21 (macro-microporoso di origine minerale) e Picahydro F22 (micro-mesoporoso di
origine minerale).
La Figura 4 rappresenta lo schema semplificato dell’impianto in cui sono state installate le varie
colonnine; tuttavia si consideri che esse sono state avviate in istanti diversi e che qui sono riportate
tutte nello stesso schema per semplicità di visualizzazione.
Figura 4. Schema semplificato dell’impianto e punti di prelievo dei campioni
= punti di prelievo dei campioni
115
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La scelta del carbone attivo migliore è stata fatta attraverso l’esecuzione di tre tipologie di prove
sperimentali: una prima serie di prove finalizzata a valutare l’influenza del carbone attivo granulare
sulla domanda di ossidante, una seconda serie di prove mirate a verificare la capacità adsorbente del
carbone attivo stesso, ed infine una terza serie di prove volta a stimare la natura chimico – fisica
della sostanza organica disciolta nell’acqua da trattare mediante analisi spettroscopica a diverse
lunghezze d’onda. Tali prove sono state condotte sui campioni di acqua prelevati in ingresso ed in
uscita dalle colonnine installate in uscita dal filtro biologico, in uscita dalla fase di miscelazione ed
in uscita dal filtro a sabbia. Inoltre, le analisi sono state eseguite su campioni non filtrati e filtrati su
membrana a 0,45 μm, al fine di stabilire se la sostanza organica presente nella matrice acquosa
fosse in forma sospesa o disciolta.
3.3. Comparto di disinfezione finale
In laboratorio è stata eseguita una prova di simulazione del trattamento di disinfezione finale con
biossido di cloro secondo lo schema riportato in Figura 5.
Figura 5 – Prova di simulazione della disinfezione finale eseguita in laboratorio
Il prelievo d'acqua in uscita dal filtro a sabbia è stato effettuato dopo un tempo pari alla metà della
durata del ciclo di filtrazione (circa 10-12 ore dalla fine del controlavaggio). Sul campione è stata
determinata la curva di domanda di ClO2 ed è stata effettuata la valutazione dei parametri riportati
in Tabella 2. In corrispondenza di 79 minuti (tempo corrispondente alla portata massima nella vasca
di disinfezione finale, ossia tempo minimo di contatto) sono state eseguite le analisi finalizzate alla
caratterizzazione chimica, fisica e microbiologica dell'acqua.
Infine, sono state eseguite prove di verifica della sostituzione del biossido di cloro con ipoclorito di
sodio in disinfezione finale. Per prima cosa sono state eseguite prove di valutazione del potenziale
di formazione di trialometani totali (TTHMs), nonchè prove di domanda dell'ipoclorito di sodio,
secondo le condizioni operative indicate in Tabella 3.
4. Risultati
Nel seguito sono presentati i principali risultati ottenuti dalle ricerche condotte presso gli impianti di
Cremona. Per la fase di aerazione, dall'analisi dei dati storici di monitoraggio forniti dal gestore
dell’impianto è emerso che la fase di trattamento è adeguata per i fini preposti, ovvero la rimozione
di tracce di idrogeno solforato e metano.
4.1. Comparto di filtrazione biologica
Per la fase di filtrazione biologica, i dati raccolti hanno permesso di confermare buone rese di
rimozione di ammoniaca, ferro e manganese, non rendendo necessaria alcuna ulteriore verifica. I
dati raccolti hanno inoltre mostrato che, per quanto riguarda il parametro arsenico, buona parte
dell’ossidazione dell’As(III) ad As(V) avviene in questa fase.
Sull’acqua in uscita dalla filtrazione biologica, la minor domanda di ossidante è stata ottenuta con
l'impiego di biossido di cloro in pre-ossidazione. Questo, tuttavia, ha comportato un maggior
contenuto, nell'acqua trattata, di cloriti e clorati Le prove eseguite su campioni prelevati a diversi
tempi di filtrazione hanno mostrato che, al procedere del ciclo di filtrazione, aumenta la richiesta di
ossidante da parte dell’acqua. Inoltre, il maggior consumo di ossidante si è registrato entro le prime
5 ore dal termine del controlavaggio.
Acqua in uscita dal
filtro a sabbia
Disinfezione
con ClO2
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4.2. Comparto di miscelazione
Tra le filiere che contemplano l’impiego di cloruro ferrico come coagulante, la migliore, in termini
di contenimento della domanda di biossido di cloro e di minor formazione di cloriti, è quella che
prevede il dosaggio di KMnO4 in pre-ossidazione. Anche nel caso in cui il coagulante sia il solfato
di alluminio, la combinazione che minimizza il consumo di ClO2 in disinfezione è quella con
permanganato di potassio in pre-ossidazione: tale associazione di reagenti però non consente di
ottenere risultati degni di nota in relazione alla formazione dei sottoprodotti.
Le analisi chimico-fisiche, che accompagnano la rilevazione della curva di domanda, confermano la
sequenza KMnO4-FeCl3-ClO2, adottata in impianto, anche in termini di rimozione dell’arsenico.
Per quanto riguarda le prove di simulazione della chiariflocculazione, si è visto che le migliori rese
di rimozione dell'arsenico (circa il 76%) si ottengono impiegando KMnO4 seguito da precipitazione
chimica con FeCl3. Come atteso, si sono registrate maggiori concentrazioni di ferro nella
configurazione che impiega FeCl3 in fase di coagualzione, mentre l'impiego del permanganato porta
ad un significativo aumento del Mn dopo la preossidazione. Tuttavia, in uscita dall'intera filiera di
trattamento, i due metalli risultano al di sotto dei rispettivi limiti normativi.
4.3. Comparto di filtrazione su sabbia
Le domande di ossidante dell'acqua prelevata in uscita dal filtro a sabbia a diversi tempi dal
controlavaggio hanno mostrato un elevato consumo di ossidante, crescente all’aumentare della
distanza di tempo dal termine del controlavaggio del filtro.
Relativamente all’uscita dal filtro a sabbia, si nota che la domanda di ossidante da parte dell’acqua,
anche a valle delle fasi di pre-ossidazione, di coagulazione e di filtrazione è piuttosto elevata: se ne
deduce che i trattamenti intermedi sono poco efficaci nei confronti dei composti sensibili all’azione
ossidante, conseguentemente spetta alla disinfezione supplire a tale carenza. Il confronto tra le
curve di domanda ottenute con questa serie di prove dimostra che la responsabilità dell’eccessivo
consumo di reagente ad un passo dall’uscita dall’impianto è da imputare alla componente
inquinante disciolta, molto probabilmente di natura organica.
Le prove con carbone attivo granulare hanno mostrato un buon abbattimento della sostanza
organica residua. Confrontando le filiere tradizionali, ossia costituite da trattamenti presenti
nell’impianto reale, con la filiera che prevede il contatto con il GAC si rileva che l’aggiunta del
carbone attivo, probabilmente in funzione delle caratteristiche adsorbenti del materiale impiegato,
abbatte di almeno il 50% la domanda di ClO2 da parte dell’acqua e conseguentemente la formazione
di cloriti e clorati. Il risultato registrato dimostra quanto ipotizzato durante l’esecuzione della prima
serie di prove: buona parte del consumo di reagente in disinfezione finale è dovuta alla presenza di
componenti disciolte, difficilmente rimovibili attraverso gli interventi previsti dalla filiera
tradizionale.
Per quanto riguarda le prove in colonna con diversi tipi di GAC, si è notato che le curve di domanda
di ClO2 relative ai carboni minerali GAC 1240, Poractiv M21 e Picahydro F22 presentano un
andamento pressoché simile, con buoni rendimenti lungo tutto il periodo di funzionamento; al
contrario, le curve relative ai carboni vegetali GCN 1240 e Poractiv C24 mostrano valori elevati
della domanda di ossidante già dopo pochi giorni di funzionamento. Globalmente, si evince che il
carbone attivo che garantisce i valori più bassi della domanda è il GAC 1240, mentre i valori più
elevati della domanda di ossidante si registrano con il GCN 1240.
Le prove di verifica della capacità adsorbente del carbone attivo granulare, eseguite su campioni in
uscita dalla colonnina con alimentazione in uscita dal filtro a sabbia mostrano che il carbone avente
la migliore capacità di adsorbimento è il Poractiv C24; ciò significa che tale carbone trattiene la
materia organica in modo più efficiente rispetto agli altri carboni attivi.
4.4. Comparto di disinfezione finale
Le prove finalizzate a valutare la sostituzione del biossido di cloro con ipoclorito di sodio hanno
permesso di concludere che:
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
l’acqua presenta un consumo particolarmente accelerato in corrispondenza dei primi minuti di
contatto, all’incirca del 30%;
l’acqua, dopo due giorni di contatto (tempo massimo di contatto dell’acqua nella rete di
distribuzione) con l’NaClO, consuma più del 90% dell’ossidante inizialmente dosato.
I forti consumi sono giustificati dalla presenza della matrice disciolta che nessun trattamento
intermedio è in grado di rimuovere. Poiché la presenza di sostanza organica disciolta nell’acqua è la
principale causa della formazione dei trialometani in presenza dell’ipoclorito di sodio, sono stati
analizzati anch’essi in quanto elementi nocivi per la salute umana e soggetti a severi limiti
normativi. I risultati ottenuti mostrano un quadro del tutto negativo:
la formazione di THMs aumenta progressivamente con l’aumentare del dosaggio iniziale di
cloro e con il trascorrere del tempo di contatto;
la matrice testata supera la concentrazione limite imposta dalla legge per i THMs (30 μg/L) a
basse concentrazioni iniziali di NaClO e dopo poche ore di contatto acqua/ossidante.
dal contatto acqua/cloro il composto che si genera in quantità maggiori è il cloroformio
(CHCl3);
le concentrazioni di THMs che si generano a partire dall’acqua prelevata dai FS sono
indipendenti dalla fase di controlavaggio del filtro stesso: la quantità di ogni composto che si
crea è la medesima in qualsiasi fase, di più o meno criticità, del filtro.
5. Conclusioni
Le verifiche di funzionalità condotte hanno permesso di:
definire lo stato di fatto;
verificare le prestazioni dei singoli processi;
individuare le criticità tecnico-gestionali;
proporre interventi di up-grading dell’impianto.
Le verifiche hanno mostrato una elevata richiesta di biossido di cloro in disinfezione finale. La
proposta di miglioramento avanzata consiste nella sostituzione dell’attuale filtro a sabbia con un
filtro misto sabbia – carbone attivo, al fine di rimuovere la sostanza organica disciolta responsabile
del consumo di ClO2. In particolare, tutti i carboni utilizzati, anche se con rendimenti differenti,
hanno mostrato una significativa rimozione della sostanza disciolta e di conseguenza determinano
una diminuzione della domanda di ossidante, ma quelli che hanno fornito risultati migliori sono
stati quelli di origine minerale e di tipo me soporoso.
Tuttavia, i risultati ottenuti con le prove di adsorbimento in colonna, prima di passare
all’implementazione su scala reale, andranno verificate con ulteriori prove in impianto pilota dotato
di controlavaggi automatizzati, al fine di consentire il raggiungimento dell’esaurimento del carbone
attivo in tempi più lunghi rispetto a quelli verificati nelle prove in colonna.
1. Bibliografia
Collivignarelli C. e Sorlini S. Acque ad uso umano. Dalle acque di rete a quelle confezionate. Cipa
Editore. Dicembre 2005.
Collivignarelli C. e Sorlini S. Collaudo tecnico e funzionale degli impianti di potabilizzazione.
Criteri convenzionali e avanzati. Manuale tecnico operativo. Cipa Editore. Giugno 2008.
Collivignarelli C. e Sorlini S. Potabilizzazione delle acque. Processi e Tecnologie. Dario Flaccovio
Editore. Giugno 2009.
Sorlini S., Collivignarelli M.C., Crotti B.M. Controllo della qualità delle acque destinate al
consumo umano mediante monitoraggio e verifiche di funzionalità per l’ottimizzazione delle
condizioni di processo: il caso di Mortara (PV). Proceedings of X Sibesa: Sìmpòsio Italo-Brasileiro
de Engenharia Sanitatària e Ambiental, 28 Febbraio – 3 Marzo, Maceiò, Brasile.
118
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Ringraziamenti
Si desidera ringraziare l’azienda AEM Cremona per aver supportato la ricerca. Si ringraziano
inoltre gli ingg. Valentina Ventura, Giulia Biemmi e Michela Biasibetti che in questo ambito hanno
condotto la loro tesi di laurea triennale.
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria – Ambientale
LE VERIFICHE DI FUNZIONALITÀ COME STRUMENTO
PER L’OTTIMIZZAZIONE DI IMPIANTI E INFRASTRUTTURE
DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO
Cremona – 27 gennaio 2011
VERIFICHE SULL’IMPIANTO DI DEPURAZIONE DI CREMONA
Maria Cristina Collivignarelli, Sabrina Zanaboni, Alessandro Abbà
Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale, Università di Pavia,via Ferrata 1,Pavia,27100.
INTRODUZIONE
L’impianto di depurazione di Cremona è attualmente costituito da tre linee di trattamento liquami e
tre linee di trattamento fanghi al servizio del trattamento dei reflui fognari del Comune di Cremona
(la terza linea è entrata in esercizio a inizio Gennaio 2003).
La terza linea dell’impianto di depurazione centrale è stata realizzata per permettere di far fronte al
progressivo aumento dei carichi idraulici affluenti all’impianto. Tale aumento è dovuto al graduale
collettamento di Comuni del circondario cremonese al sistema di depurazione della città di
Cremona. Il collettamento riguarderà in tutto dodici Comuni.
L’impianto ha una potenzialità di progetto di180.000 A.E., corrispondenti ad un carico di BOD5
pari a 10.800 kg/d (3.600 per ciascuna linea); la portata di progetto è pari a 51.000 m3/d.
La linea acque dell’impianto (Figura 1), attualmente, prevede i seguenti trattamenti:
grigliatura;
sollevamento;
dissabbiatura/disoleatura;
sedimentazione primaria;
predenitrifcazione;
ossidazione-nitrificazione;
sedimentazione secondaria;
clorazione;
filtrazione;
disinfezione UV.
120
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Figura 1 – Schema a blocchi della linea di trattamento acque.
Nella Figura 2 è riportato lo schema a blocchi della linea di trattamento fanghi.
La linea fanghi dell’impianto, come si può osservare, prevede i seguenti trattamenti:
grigliatura;
addensamento e/o pre-ispessimento;
digestione anaerobica;
post-ispessimento;
disidratazione meccanica;
essiccamento termico (attualmente disattivato).
Alla linea fanghi vengono alimentati, oltre al fango primario e di supero, anche i fanghi conferiti da
clienti industriali o da altri impianti di depurazione. In particolare i fanghi conferiti al’impianto
conto terzi possono essere immessi nella linea di trattamento fanghi in due differenti punti:
nel pre-ispessitore, a monte della digestione anaerobica (nel caso di fanghi non stabilizzati);
a valle della digestione anaerobica (nel caso di fanghi adeguatamente stabilizzati) in modo da
evitare il deposito di materiale inerte nei digestori.
Figura 2 – Schema a blocchi della linea di trattamento fanghi.
Presso l’impianto è inoltre attiva una stazione di trattamento chimico-fisico di percolati e di liquami
da terzi, oltre ad un compattatore per il trattamento di fosse biologiche. Sono accettati, come già
accennato, anche fanghi da terzi per lo smaltimento in impianto.
L’effluente dall’impianto di trattamento chimico-fisico, a partire dal 2008, viene immesso
direttamente nella fognatura a monte dell’impianto di depurazione.
121
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
1. PRESTAZIONI
1.1 STAZIONE DI PRE-TRATTAMENTO RIFIUTI
1.1.1 Volumi trattati
Nella Tabella 1 sono riportati, per gli anni 2007, 2008 e 2009, i quantitativi di rifiuti
complessivamente trattati presso l’impianto di Cremona. Le informazioni riportate sono state
desunte dal Report di controllo ambientale aggiornato al 31/12/2009.
Si può osservare che i conferimenti di rifiuti sono rappresentati in massima parte dal percolato della
discarica di Malagnino.
Tabella 1 – Quantitativi di rifiuti sottoposti a pre-trattamento (fonte: Report di controllo ambientale, 2009).
Tipologia di rifiuti Quantitativi trattati [kg]
2007 2008 2009
Fanghi industriali 218.200 114.020 168.400
Fanghi civili 10.800 0 37.940
Totale rifiuti fangosi 229.000 114.020 206.340
Altri rifiuti liquidi da terzi 19.730 13.180 110.140
Percolato di discarica da terzi 11.605.890 26.819.110 12.975.660
Percolato discarica Malagnino 21.597.710 25.983.040 20.871.500
Percolato discarica Porto Canale 240.220 30.740 2.329.500
Percolato discarica Corte Mad. 404.380 481.340 621.420
Totale percolati + rifiuti liquidi 33.867.930 53.327.410 36.908.220
Totale spurghi e fosse settiche 1.026.280 1.411.680 1.901.160
TOTALE RIFIUTI DA TERZI 34.894.210 54.739.090 38.809.380
1.1.2 Carichi inquinanti in ingresso
Nella Tabella 2 sono riportati, sempre per gli anni 2007, 2008 e 2009, i carichi inquinanti in
ingresso al comparto chimico-fisico. I valori indicati sono stati desunti dal Report di controllo
ambientale aggiornato al 31/12/2009.
Si nota che il COD diminuisce nel corso degli anni, soprattutto dal 2008 al 2009. Peraltro, nel 2009,
a causa dei lavori sulle linee 1 e 2 del depuratore, i conferimenti al chimico-fisico sono stati sospesi
dal 03/02/2009 al 18/05/2009.
122
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Tabella 2. – Stima dei carichi medi annuali dei principali inquinanti in ingresso al trattamento chimico-fisico (fonte:
Report di controllo ambientale, 2009).
Parametro Carichi medi annuali [kg/anno]
2007 2008 2009
COD 284.845 264.837 80.780
BOD5 60.095 143.962 67.623
Solidi sospesi - 9.836 5.893
Azoto totale 69.793 46.872 56.404
Ammoniaca 63.696 47.743 64.053
Azoto nitrico - 527,28 -
Azoto nitroso - 328,42 -
Fosforo totale 298,29 360,12 287,72
1.1.3 Rendimenti di rimozione
Il calcolo dei rendimenti è abbastanza aleatorio, se si considera che i carichi in ingresso sono molto
variabili e difficili da stimare.
In ogni caso, lo scopo della stazione di pre-trattamento non è quello di operare una rimozione spinta
del COD e dell’azoto totale, bensì quello di controllare i metalli pesanti.
Per quanto riguarda i principali metalli pesanti, nella Tabella 3 sono riportati i rendimenti medi
annuali; i dati attendibili sono disponibili solo per il 2009; infatti, come riportato nel report di
controllo ambientale (anno 2009), “i dati sull’effluente chimico-fisico sono migliorati in
attendibilità grazie alla costanza dei controlli ed all’installazione di un campionatore automatico
allo scarico”.
Le prestazioni del trattamento chimico-fisico sono state buone (solamente il rame non ha
evidenziato alcun rendimento di rimozione).
Tabella 3 – Rendimenti medi annuali di rimozione dei principali metalli pesanti (anno 2009).
Parametro Rendimenti di
rimozione [%]
Cr tot 27,9
Cu -
Zn 61,2
Pb 57,1
Hg 50,0
As 57,2
Se 50,0
Cd 50,0
Ni 27,5
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1.2 EFFICIENZA DELL’IMPIANTO A FANGHI ATTIVI
1.2.1 Portate trattate
Nella Figura 3 è riportato l’andamento della portata media giornaliera in uscita dall’impianto di
depurazione. In particolare, i valori di portata riportati nel diagramma comprendono, oltre al
liquame fognario, anche i rifiuti liquidi pre-trattati e scaricati in fognatura e le acque di ricircolo
dalla linea fanghi. Peraltro tali quantitativi sono trascurabili rispetto al refluo fognario (nel 2009
circa 38.800 m3, pari a circa 150 m
3/d per 5 giorni alla settimana).
Nella Figura 3 sono state eliminate le portate corrispondenti ai giorni piovosi, ai periodi di
funzionamento anomali, ai giorni di sabato e domenica.
Figura 3 – Andamento della portata in uscita dall’impianto di depurazione di Cremona.
0
10.000
20.000
30.000
40.000
50.000
60.000
70.000
80.000
01
/01
/20
07
02
/02
/20
07
06
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07
07
/04
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07
09
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07
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07
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08
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30
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31
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08
02
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09
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10
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/20
10
11
/12
/20
10
Data
Po
rtata
in
uscit
a [
m3/d
]
2007 2008 2009 2010
Analizzando l’andamento della portata, si possono individuare, per ciascun anno, un periodo
invernale ed uno estivo, nel quale la portata media assume, rispettivamente, un valore inferiore ed
uno superiore. Da questi si possono dedurre (in seguito ad una serie di elaborazioni) i seguenti
valori di riferimento:
- portata media invernale: 36.000 m3/d;
- portata media estiva: 42.000 m3/d.
Le portate trattate risultano comunque inferiori al valore di progetto (51.000 m3/d).
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43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
1.2.2 Suddivisione del carico influente tra liquame fognario e rifiuti liquidi pre-trattati
Nella Figura 4 è riportata, per il 2009, la suddivisione dei carichi in ingresso all’impianto di
depurazione di COD, BOD5, azoto totale, e fosforo totale nei diversi contributi:
- liquame fognario;
- rifiuti liquidi in uscita dalla stazione di pre-trattamento;
- ritorni dalla linea fanghi.
Si può osservare che il contributo dei rifiuti liquidi è generalmente basso, ad eccezione dell’azoto
totale (dove si attesta al 9% circa). Viceversa, per quanto riguarda la sostanza organica ed il fosforo
totale, il carico derivanti dai surnatanti dalla linea fanghi rappresenta una aliquota importante
rispetto al carico inquinante in ingresso all’impianto.
Figura 4 – Contributo del liquame fognario, dei rifiuti liquidi pre-trattati e dei ritorni dalla linea fanghi al carico di
COD, BOD5, Ntot e Ptot in ingresso all’impianto di depurazione (2009).
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
COD BOD5 Ntot Ptot
Cari
co
med
io a
nn
uale
in
in
gre
sso
[%
]
Liquame fognario Rifiuti liquidi pre-trattati Surnatanti dalla linea fanghi
1.2.3 Rendimenti di rimozione dei principali inquinanti
Per quanto riguarda la sostanza organica, si nota che i rendimenti di rimozione sia per il COD, sia
per il BOD5, sono molto buoni e piuttosto stabili nel corso degli anni (Figura 5).
I rendimenti di rimozione dell’azoto totale (Figura 6) sono aumentati nel tempo, passando dal 52%
circa nel 2007, al 68% nel 2010. Anche i rendimenti di nitrificazione e denitrificazione sono
aumentati; quest’ultimo, in particolare, ha avuto un incremento di 17 punti percentuali, grazie agli
interventi effettuati negli ultimi due anni.
125
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
In seguito all’introduzione della defosfatazione chimica, il rendimento di rimozione del fosforo
totale ha raggiunto, nel 2009 e 2010, valori superiori al 75%.
Figura 5 – Andamento del rendimento di rimozione di COD e BOD5.
89,7 89,586,8
88,5
96,4 96,394,0
97,4
0
10
20
30
40
50
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80
90
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2007 2008 2009 2010
Anni
Re
nd
ime
nto
di
rim
ozio
ne
me
dio
an
nu
ale
[%
]
COD BOD5
Figura 6 – Andamento del rendimento di rimozione delle forme azotate.
52,2
58,7
66,068,2
80,2
84,9 84,9
90,6
48,3
54,9
65,3 65,5
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
2007 2008 2009 2010
Anni
Re
nd
ime
nto
di
rim
ozio
ne
me
dio
an
nu
ale
[%
]
Ntot Nitrificazione Denitrificazione
126
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2. VERIFICA IDRODINAMICA
Le verifiche idrodinamiche svolte sull’impianto di depurazione di Cremona erano finalizzate a:
valutare l’eventuale non omogenea distribuzione della portata tra i tre setti in cui risulta diviso il
comparto di nitrificazione di ogni linea;
verificare l’eventuale presenza di anomalie (volumi morti o by-pass) nei diversi comparti;
quantificare la ripartizione delle portate sulle tre linee nel partitore posto a monte della
sedimentazione primaria.
Allo scopo sono state svolte le seguenti prove:
verifica idrodinamica sulla linea 1 con immissione del tracciante con modalità ad impulso in
testa al comparto di pre-denitrificazione;
verifiche idrodinamiche sul partitore posto a monte della sedimentazione primaria.
2.1 Linea 1
La verifica del comportamento idrodinamico sulla linea 1 ha interessato il comparto biologico (pre-
denitrificazione + ossidazione-nitrificazione).
La vasca di denitrificazione ha un volume pari a 1.530 m3, mentre il comparto di ossidazione-
nitrificazione un volume complessivo (considerando le tre vasche parallele) di 2.808 m3.
La prova idrodinamica ha avuto una durata di 8 ore (circa pari al doppio del tempo di ritenzione
idraulica).
Il tracciante utilizzato è stato il cloruro di litio: ne sono stati introdotti circa 40 kg al fine di ottenere
una concentrazione iniziale di litio pari a 1,5 mg/L. Il tracciante è stato introdotto con modalità ad
impulso, nella canaletta di ricircolo del fango, appena prima dell’immissione in testa alla
denitrificazione.
Durante la prova sono stati prelevati in diversi punti e a diversi istanti temporali 66 campioni con la
stessa modalità operativa.
Modellizzazione del comparto di denitrificazione
Per quanto riguarda il comparto di denitrificazione, la curva di risposta che meglio rappresenta la
situazione reale è quella costituita da una serie di tre reattori a miscelazione completa senza volume
morto (Figura 7).
127
43° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria Ambientale"Le verifiche di funzionalità come strumento per l'ottimizzazione di impianti ed infrastrutture del SII"
Figura 7 – Denitrificazione linea 1: dati sperimentali e curva di risposta (RTD) di una serie di tre reattori a
miscelazione completa con immissione del tracciante ad impulso.
LINEA 1 - DENITRIFICAZIONE
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
0 60 120 180 240 300 360 420 480
Tempo [minuti]
Co
nc
en
tra
zio
ne
di
liti
o [
mg
Li+
/L]
Dati sperimentali
Modello
Modellizzazione del comparto di ossidazione-nitrificazione
Per quanto riguarda l’ossidazione-nitrificazione, è stato modellizzato ciascun setto.
Per tutti i setti, il modello che meglio rappresenta la situazione reale è quello costituito da una serie
di due reattori a miscelazione completa senza volume morto.
I risultati ottenuti hanno evidenziato uno squilibrio nella ripartizione delle portate nei tre setti; in
particolare, secondo le elaborazioni svolte, nel setto 1 dovrebbe entrare una portata pari al 34%
rispetto al totale (portata di ingresso + ricircolo mixed-liquor + ricircolo fango), nel setto 2 un
quantitativo pari al 40%, mentre nel setto 3 il 26%.
2.2 Suddivisione della portata e dei carichi sulle tre linee
Allo scopo di valutare la suddivisione delle portate e dei carichi sulle tre diverse linee dell’impianto
di depurazione sono state svolte due verifiche idrodinamiche, denominate prova 1 e prova 2.
Prova 1
La prova 1 ha interessato il pozzetto partitore e le tubazioni di collegamento tra tale manufatto e le
vasche di sedimentazione primaria.
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Il pozzetto partitore il cui schema è rappresentato nella Figura 8, ha un volume complessivo di 172
m3 (di cui 104,5 m
3 a monte dello stramazzo), mentre le tubazioni di collegamento ai tre diversi
sedimentatori hanno un volume rispettivamente pari a 27,5, 62,8 e 97 m3.
La prova 1 ha avuto una durata di 30 minuti.
Il tracciante è stato introdotto, con modalità ad impulso ed in contemporanea, nei tre pozzetti a valle
dello stramazzo, cioè laddove la portata è stata appena suddivisa.
Figura 8 – Schema del pozzetto partitore a monte della sedimentazione primaria.
Modellizzazione del comportamento idrodinamico – prova 1
Per quanto riguarda la prova 1, le curve di risposta che meglio rappresentano la situazione reale
sono le seguenti:
per la linea 1, una serie di 28 reattori a miscelazione completa senza volume morto;
per la linea 2, una serie di 16 reattori a miscelazione completa senza volume morto;
per la linea 3, una serie di 24 reattori a miscelazione completa senza volume morto.
I risultati ottenuti hanno evidenziato una ripartizione omogenea della portata sulle tre diverse linee
dell’impianto.
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Prova 2
La prova 2, oltre al collegamento tra il pozzetto partitore e la fase di sedimentazione primaria, ha
interessato anche il tratto di collegamento tra la dissabbiatura-disoleatura e il pozzetto partitore.
Le tubazioni di collegamento tra i due dissabbiatori ed il pozzetto partitore hanno un volume circa
pari a 11 e 35 m3, rispettivamente.
Lo scopo di questa prova era quello di verificare, attraverso l’immissione del tracciante in uscita da
un dissabbiatore (quello lato palazzina uffici), se il liquame uscente da quest’ultimo si distribuisca
omogeneamente sulle tre linee, oppure vada a gravare principalmente su una o due linee. In tal caso
si verificherebbe un sovraccarico organico e azotato delle linee interessate, perché in testa al
dissabbiatore in questione arrivano tutti i ritorni dalla linea fanghi.
Analogamente alla verifica precedente, la prova 2 ha avuto una durata di 30 minuti ed è stata
eseguita successivamente alla prova 1. Il tracciante è stato introdotto, con modalità ad impulso, nel
pozzetto di uscita di uno dei due comparti di dissabbiatura-disoleatura.
Modellizzazione del comportamento idrodinamico – prova 2
È stata effettuata una prima elaborazione riguardante il collegamento tra i dissabbiatori ed il
pozzetto partitore; lo scopo di questa fase è stato quello di valutare la suddivisione del carico sulle
tre linee.
Il modello che meglio rappresenta il collegamento dissabbiatore-partitore è quello costituito da una
serie di 4 reattori a miscelazione completa senza volume morto.
Dalle elaborazioni svolte è stato possibile evidenziare che il carico è ripartito in modo non
omogeneo: secondo i calcoli svolti, il carico uscente dal dissabbiatore lato palazzina (che riceve i
ritorni dalla linea fanghi) graverebbe sulla linea 1 per circa il 20%, sulla linea 2 per il 30%, sulla
linea 3 per il 50%.
Successivamente, allo scopo di verificare i risultati ottenuti in precedenza, sono stati elaborati, dal
punto di vista idrodinamico, anche i tratti a valle del pozzetto partitore, fino ai comparti di
sedimentazione primaria. Le curve di risposta che meglio rappresentano la situazione reale sono le
seguenti:
per la linea 1, una serie di 18 reattori a miscelazione completa senza volume morto;
per la linea 2, una serie di 11 reattori a miscelazione completa senza volume morto;
per la linea 3, una serie di 10 reattori a miscelazione completa senza volume morto.
I risultati ottenuti hanno confermato la ripartizione omogenea della portata sulle tre diverse linee
dell’impianto (risultato emerso dalla prova 1) e la suddivisione dei carichi già evidenziata.
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3. CALCOLO DELLA CAPACITÀ DI TRASFERIMENTO DELL’OSSIGENO
La verifica dei sistemi di aerazione è stata svolta sulla linea 1 e sulla linea 3 perché caratterizzate da
sistemi di diffusione dell’ossigeno diversi (diffusori aqua-strip, sulla linea 1, e aeratori ad asse
verticale, sulla linea 3).
La linea 2, sia dal punto di vista strutturale che gestionale, è uguale alla linea 1, di conseguenza di
concerto con i gestori si è ritenuto di non procedere ad una verifica sperimentale.
3.1 Linea 1
Mappatura dell’ossigeno
Per determinare la capacità di trasferimento dell’ossigeno è stata effettuata in primo luogo la
mappatura dell’ossigeno in vasca di ossidazione.
In particolare per quanto riguarda la linea 1, per ogni setto, è stata misurata la concentrazione di
ossigeno in diversi punti e a diverse profondità-(0,5 m, 1,5 m e 3 m dalla superficie).
Nella Figura 9 sono riportati i valori delle misure normalizzate (rispetto alla misura dell’ossimetro
fisso presente in ciascun setto), che confermano la suddivisione di ogni setto in due zone,
rispettivamente a maggiore e a minore concentrazione di ossigeno.
Figura 9 – Linea 1: concentrazione media di ossigeno disciolto nei diversi punti di misura (linea 1).
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Elaborazione dei risultati e calcolo di kLa
Nel caso in esame, la prova effettuata sulla linea 1 dell’impianto di depurazione municipale di
Cremona ha previsto un monitoraggio della concentrazione dell’ossigeno disciolto in ognuna delle
tre vasche che compongono la linea. Le misure sono state effettuate sia tramite ossimetri mobili
(due per ogni vasca) che tramite ossimetri fissi (uno per vasca).
Dopo l’iniziale spegnimento, la riaccensione dei compressori è avvenuta a partire dal 20° minuto ed
è durata per un ora, per consentire il raggiungimento della massima concentrazione in vasca.
A titolo di esempio, nella Figura 10 sono riportati i valori della concentrazione di ossigeno disciolto
misurato in vasca, l’andamento del modello (A) e l’andamento dell’errore tra il valore ottenuto dal
modello rispetto a quello sperimentale (B), per la vasca 1.
Figura 10 - Andamento della curva di riossigenazione della vasca di ossidazione biologica 1 dopo la riaccensione dei
compressori (A). Andamento dell’errore tra valore simulato e valore reale (B) – linea 1.
0
2
4
6
8
10
12
-20 -10 0 10 20 30 40 50 60
OD
[m
g/L
]
Tempo [min]
M 1
F
M 2
modello M 1
modello F
modello M 2
(A)
-1.00
-0.75
-0.50
-0.25
0.00
0.25
0.50
0.75
1.00
0 10 20 30 40 50 60
OD
[m
g/L
]
Tempo [min]
M 1
F
M 2
(B)
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I valori ottenuti per i due parametri (kLa e C*), per ognuna delle vasche e per ogni punto di
campionamento, sono riportati in Tabella 4.
Tabella 4 - Valore di kLa e C* (linea 1).
kLa
h-1
C*
mg/L
VASCA 1
M 1 5,7 9,5
F 5,2 10,0
M 2 4,6 9,0
VASCA 2
M 1 6,8 9,2
F 5,4 10,1
M 2 5,3 12,4
VASCA 3 M 1 9,3 9,9
F 8,3 10,3
Il valore di kLa viene riportato ad un valore standard di temperatura e in condizioni di acqua pulita
(tramite un coefficiente correttivo, α, pari a 0,7). In funzione del volume di competenza di ogni
punto monitorato e dell’ossigeno disciolto a saturazione in condizioni standard, assunto pari a 9,07
mg/L, viene calcolato il valore complessivo di O.C. (Tabella 5).
Tabella 5 - Valore di OC (linea 1).
OC [kg/h]
VASCA 1
M 1 34,0
74.6 F 21,5
M 2 19,0
VASCA 2
M 1 45,7
83.7 F 19,1
M 2 18,8
VASCA 3 M 1 55,4
124.7 F 68,7
totale 283
Con un 15% di variabilità, questo valore è coerente con i 250 kg/h riportati nella documentazione
DDA.
Con una portata d'aria massima di 3.242 Nm3/h (studio DDA), risulta una SOTE pari a 29,2%.
Considerando una potenzialità di 2 x 38,9 = 77,8 kW, risulta una resa energetica di 283/77,8 = 3,6
kgO2/kWh.
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3.2 Linea 3
Analogamente alla linea 1, anche in questo caso è stata effettuata una prova in condizioni dinamiche
per la determinazione del coefficiente globale di trasferimento dell’ossigeno.
In funzione del volume di competenza di ogni punto monitorato e dell’ossigeno disciolto a
saturazione in condizioni standard, assunto pari a 9,07 mg/L, è possibile calcolare i valori di O.C.
(Tabella 6).
Tabella 6 - Valore di OC (linea 3).
OC [kg/h]
VASCA 1 F 59,5
VASCA 2 F 24,4
VASCA 3
F 36,8
55,3 M 1 7,1
M 2 11,5
totale 139,2
Un confronto con l’analogo valore calcolato per la linea 1 (283 kg/h) evidenzia la grande differenza,
dovuta alla minore efficienza di tale sistema. In verità, durante la prova, uno dei sei aeratori non era
in funzione, per cui si potrebbe stimare, per la vasca 2, un O.C. pari alla media delle altre due
vasche (57,4 kg/h) per un totale di 172,2 kg/h.
Considerando che, durante la prova, si registrava un assorbimento complessivo dei due compressori
pari a 110 A, e ipotizzando, in prima approssimazione, il medesimo assorbimento in condizioni
standard, risulta un consumo di circa 2,65 kW, valore buono per questo tipo di aeratore (anche se
non è inclusa l’energia delle turbine) e comunque di molto inferiore a quello calcolato per la linea 1.
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