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CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA CENTRO MILITARE DI STUDI STRATEGICI FRANCESCO FLAMMINI ARTIFICIAL INTELLIGENCE (AI) APPLICATA AGLI AUTONOMOUS SYSTEMS AN-SMD-02

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CENTRO ALTI STUDI

PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE

DI STUDI STRATEGICI

FRANCESCO FLAMMINI

ARTIFICIAL INTELLIGENCE (AI) APPLICATA

AGLI AUTONOMOUS SYSTEMS

AN-SMD-02

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Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.), costituito nel 1987 e situato presso Palazzo

Salviati a Roma, è diretto da un Generale di Divisione (Direttore), o Ufficiale di grado

equivalente, ed è strutturato su tre Dipartimenti (Relazioni Internazionali - Sociologia Militare

- Scienze, Tecnologia, Economia e Politica industriale) ed un Ufficio Relazioni Esterne e le

attività sono regolate dal Decreto del Ministro della Difesa del 21 dicembre 2012.

Il Ce.Mi.S.S. svolge attività di studio e ricerca a carattere strategico-politico-militare, per le

esigenze del Ministero della Difesa, contribuendo allo sviluppo della cultura e della

conoscenza, a favore della collettività nazionale.

Le attività condotte dal Ce.Mi.S.S. sono dirette allo studio di fenomeni di natura politica,

economica, sociale, culturale, militare e dell'effetto dell’introduzione di nuove tecnologie,

ovvero dei fenomeni che determinano apprezzabili cambiamenti dello scenario di sicurezza.

Il livello di analisi è prioritariamente quello strategico.

Per lo svolgimento delle attività di studio e ricerca, il Ce.Mi.S.S. impegna:

a) di personale militare e civile del Ministero della Difesa, in possesso di idonea esperienza

e qualifica professionale, all’uopo assegnato al Centro, anche mediante distacchi

temporanei, sulla base di quanto disposto annualmente dal Capo di Stato Maggiore dalla

Difesa, d’intesa con il Segretario Generale della difesa/Direttore Nazionale degli

Armamenti per l’impiego del personale civile;

b) collaboratori non appartenenti all’amministrazione pubblica, (selezionati in conformità alle

vigenti disposizioni fra gli esperti di comprovata specializzazione).

Per lo sviluppo della cultura e della conoscenza di temi di interesse della Difesa, il

Ce.Mi.S.S. instaura collaborazioni con le Università, gli istituti o Centri di Ricerca, italiani o

esteri e rende pubblici gli studi di maggiore interesse.

Il Ministro della Difesa, sentiti il Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d’intesa con il

Segretario Generale della difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, per gli argomenti di

rispettivo interesse, emana le direttive in merito alle attività di ricerca strategica, stabilendo

le lenee guida per l’attività di analisi e di collaborazione con le istituzioni omologhe e

definendo i temi di studio da assegnare al Ce.Mi.S.S..

I ricercatori sono lasciati completamente liberi di esprimere il proprio pensiero sugli

argomenti trattati, il contenuto degli studi pubblicati riflette esclusivamente il pensiero dei

singoli autori, e non quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o

civili alle quali i Ricercatori stessi appartengono.

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AN-SMD-02

CENTRO ALTI STUDI

PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE

DI STUDI STRATEGICI

Francesco Flammini

Artificial intelligence (AI) applicata agli

autonomous systems

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Artificial intelligence (AI) applicata agli autonomous systems

NOTA DI SALVAGUARDIA

Quanto contenuto in questo volume riflette esclusivamente il pensiero dell’autore, e non

quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o civili alle quali

l’autore stesso appartiene.

NOTE

Le analisi sono sviluppate utilizzando informazioni disponibili su fonti aperte.

Questo volume è stato curato dal Centro Militare di Studi Strategici

Direttore

CA. Arturo FARAONE

Vice Direttore - Capo Dipartimento Ricerche

Col. c (li.) s.SM Andrea Carrino

Progetto grafico

Massimo Bilotta - Roberto Bagnato

Autore

Francesco Flammini

Stampato dalla tipografia del Centro Alti Studi per la Difesa

Centro Militare di Studi Strategici

Dipartimento Relazioni Internazionali

Palazzo Salviati

Piazza della Rovere, 83 - 00165 – Roma

tel. 06 4691 3205 - fax 06 6879779

e-mail [email protected]

chiusa a novembre 2018

ISBN 978-88-99468-89-7

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5

INDICE

Indice delle figure .......................................................................................... 6

Sommario ...................................................................................................... 8

Abstract ........................................................................................................11

Introduzione ..................................................................................................14

Sistemi “smart” e sitemi “autonomi” ..............................................................16

Sistemi “smart” 16

Sistemi autonomi 23

Intelligenza artificiale ....................................................................................26

Information Fusion, sorveglianza e supporto alle decisioni ...........................30

Sistemi software adattativi ............................................................................33

Sistemi cognitivi nel comando e controllo gerarchico decentralizzato ...........37

Sistemi militari e armi autonome: aspetti etici e legali ...................................41

Realtà virtuale e realtà aumentata ................................................................44

Il paradigma dei Digital Twins per sistemi autonomi predittivi .......................47

Applicazioni ..................................................................................................52

Principali problematiche ed implicazioni pratiche ..........................................55

Conclusioni e sviluppi futuri ..........................................................................60

Abbreviazioni ed acronimi .............................................................................62

Bibliografia ....................................................................................................65

NOTA SUL Ce.Mi.S.S. e NOTA SUGLI AUTORI ..........................................69

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6

Indice delle figure

Figura 1. Evoluzione dai sistemi biologici ai sistemi bio-digitali, autonomi e simbiotici. . 16

Figura 2. Schema generale di un sistema di controllo, con evidenziate le componenti

“cyber-physical”. 17

Figura 3. Schema di riferimento per il processamento del segnale in un sensore smart.

........................................................................................................................ 20

Figura 4. Esempio di dispositivo MEMS. ........................................................................ 20

Figura 5. Architettura semplificata di una Wireless Sensor Network. ............................. 20

Figura 6. Esempi di analisi video intelligente per rilevamento eventi (sinistra) e

tracciamento (destra). ..................................................................................... 21

Figura 7. Transizione dai sistemi di comando e controllo dotati di sensori e attuatori di tipo

“smart” (sinistra) verso le future generazioni di sistemi autonomi dotati di

intelligenza artificale (destra). ......................................................................... 21

Figura 8. Schema generale di controllo per un sistema autonomo. ............................... 22

Figura 9. Esempi di robot militari di tipo Unmanned Ground Vehicles (UGV). ............... 25

Figura 10. Esempi di Unmanned Aerial Vehicles (UAV). ................................................. 25

Figura 11. Esempi di neurone artificiale (sinistra) e rete neurale artificiale (destra). ........ 28

Figura 12. Esempio classico di rete bayesiana (grafo orientato aciclico) e relative tabelle di

probabilità condizionali tra le variabili aleatorie (rappresentate dai nodi del

grafo). ............................................................................................................. 29

Figura 13. Livelli di fusione delle informazioni tra le sorgenti e gli operatori umani. ......... 31

Figura 14. Livelli di granularità IF: dall’estrazione delle informazioni alla fusione delle

decisioni. ......................................................................................................... 31

Figura 15. Ciclo PDCA applicato all’Information Fusion: osservare, orientarsi, decidere,

agire. ............................................................................................................... 31

Figura 16. Una visione d’insieme del processo di fusione delle informazioni in applicazioni

di sorveglianza intelligente. ............................................................................. 32

Figura 17. Schema di controllo generico per un sistema adattativo. ................................ 35

Figura 18. Modello di un complesso sistema adattativo. .................................................. 35

Figura 19. Strati funzionali di un sistema adattativo a partire dal livello base

(interconnessione) per arrivare a quello apicale (riconfigurazione). ................ 36

Figura 20. Esempi di centri di comando e controllo delle operazioni. .............................. 39

Figura 21. Schema gerarchico di centri di comando e controllo dotati di intelligenza

artificiale e autonomia. .................................................................................... 40

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Figura 22. Esempio di complessità dei centri di comando e controllo riferita

all’organizzazione distribuita a gerarchica delle forze armate sul territorio

italiano. ........................................................................................................... 40

Figura 23. Esempi di robot militare autonomo SWORDS (sinistra) e nave da guerra

autonoma (destra). ......................................................................................... 43

Figura 24. Realtà virtuale e realtà aumentata per l’addestramento militare. .................... 46

Figura 25. Possibilità di collocazione degli ambienti virtuali per la simulazione dei Digital

Twins. ............................................................................................................. 50

Figura 26. La Internet of Things applicata ai sistemi militari (IoBT, Internet of Battlefield

Things). ........................................................................................................... 51

Figura 27. Esempio di modello UML Activity Diagram applicato alla procedura militare

cosiddetta di “scramble” (semplificata)............................................................ 54

Figura 28. Una vignetta che illustra in modo ironico i rischi dell’applicazione del machine

learning. .......................................................................................................... 59

Figura 29. Il cosiddetto hype cycle per la previsione dei livelli di maturità delle tecnologie

emergenti. ....................................................................................................... 59

Figura 30. “Super soldato” dotato di esoscheletro tecnologico. ....................................... 61

Figura 31. Un prototipo di cane militare robotico.............................................................. 61

Nota: tutte le figure utilizzate nel presente manoscritto sono opera originale dell’autore (figg.

2, 7, 21, 25, 27), oppure riutilizzate da altre pubblicazioni previo ottenimento del necessario

permesso (figg. 13-16, [21]), oppure liberamente utilizzabili in base alla licenza sui diritti

d’autore Creative Commons (fonte: Wikimedia Commons, https://commons.wikimedia.org).

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Sommario

Lo studio dell’intelligenza artificale applicata ai sistemi autonomi ha suscitato negli

ultimi anni un crescente interesse a livello internazionale e si prevede che tale interesse

continuerà a crescere nei prossimi anni [34]. È un fatto abbastanza noto che in passato

molte tecnologie oggi impiegate in ambito civile abbiano visto la luce, in modo più o meno

secretato, in ambito militare. Si pensi ad esempio all’ARPANET, sviluppata nel dipartimento

della difesa degli Stati Uniti, che ha anticipato la moderna Internet, ma anche ad algoritmi di

cifratura dei dati, telecamere termiche, e moltre altre tecnologie divenute di uso comune.

Oggi lo scenario si è almeno in parte modificato, spostando la leadership dell’innovazione

in altri domini, dal momento che vi è una notevole spinta allo sviluppo tecnologico in ambito

civile con l’avanzare dei paradigmi della società connessa noti come Smart-City e Industry

4.0. Si pensi ad esempio ai veicoli a guida autonoma, nati in ambito militare ma che si stanno

sviluppando rapidamente - probabilmente più rapidamente - in ambito civile con le

cosiddette self-driving cars. È, pertanto, importante che vi sia un trasferimento delle

tecnologie abilitanti da un dominio all’altro (cross-fertilization) e la capacità di attingere

opportunamente dall’esterno (open innovation). Ciò si realizza attraverso studi e ricerche

come quelle oggetto del presente lavoro.

L’obiettivo dei questo studio è quello di analizzare i principi, le metodologie di base e

gli strumenti operativi dell’intelligenza artificiale applicata ai sistemi autonomi, a livello

modellistico e tecnologico, allo scopo di sostituire mezzi a controllo umano in contesti

operativi ad alto rischio con mezzi autonomi o semi-autonomi (es. droni), per ridurre gli errori

umani e velocizzare i tempi di risposta, ad esempio nei centri comando e controllo delle

operazioni.

Lo studio presenta una visione d’insieme degli approcci di Information Fusion

(letteralmente: ”fusione delle informazioni”) per rendere possibile la cognizione artificiale,

menzionando diverse applicazioni rilevanti in ambito militare, già in avanzata fase di studio

o ancora a livello embrionale. Tali approcci potranno essere utilizzati per il potenziamento

di sistemi d’arma e strumenti di difesa, dotati di maggiori capacità di adattamento al contesto

operativo per la gestione dinamica di incertezze ed eventi imprevisti, oltre che per

l’evoluzione e l’apprendimento esperienziale. Applicazioni future comprendono non solo i

veicoli a guida autonoma e le armi intelligenti, ma anche il potenziamento del combattente

tramite protesi ed esoscheletri. Molte delle proiezioni future sono state formalizzate dal

gruppo di lavoro sui Symbiotic Autonomous Systems, di cui lo scrivente è membro,

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dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE), racchiuse in un apposito White

Paper [34].

Il presente studio descrive l’impatto dell’Artificial Intelligence (AI) sulla dottrina di

impiego dello strumento militare quando tale tecnologia sarà applicata ai mezzi militari ed ai

sistemi d’arma, tenendo conto delle diverse declinazioni dell’AI, incluse:

sistemi (semi)autonomi di tipo deterministico realizzati tramite operatori logici booleani

(es. alberi degli eventi);

sistemi (semi)autonomi basati su modelli probabilistici/stocastici per la rappresentazione

della conoscenza e l’inferenza (es. Bayesian Networks);

sistemi (semi)autonomi basati su modelli neuronali artificiali opportunamente addestrati

(ANN, Artificial Neural Networks).

Tali approcci si basano su diversi modelli di apprendimento automatico (machine

learning), che può essere supervisionato o non. Essi si applicano ai metodi di classificazione

e clustering nei moderni approcci di analisi dei dati, in particolare in presenza di grandi

quantità di informazioni (big data analytics).

Lo studio distingue tra modelli AI di tipo semi-autonomo, che richiedono la conferma

delle decisioni da parte di operatori umani (DSS, Decision Support Systems) e la completa

autonomia, che presenta problematiche di predicibilità impattanti sul processo di verifica e

validazione e quindi sulla sicurezza. Sono questi i casi in cui sono maggiormente rilevanti le

menzionate implicazioni etiche, procedurali, normative e legali [1].

L’introduzione di sistemi autonomi dotati di intelligenza artificiale comporta delle

trasformazioni anche a livello della logistica dello strumento militare, che possono essere

interpretate secondo due direzioni. Da una parte, è necessario pianificare

l’approvvigionamento delle tecnologie abilitanti dei cosiddetti deployable systems basati su

reti wireless sicure e l’aggiornamento dei sistemi a supporto della completa digitalizzazione,

il che rappresenta una precondizione imprescindibile per l’adozione dello strumento. L’altra

faccia della medaglia è l’impiego di un più elevato livello di automazione nella logistica

militare, supportato dall’AI. Qui si possono menzionare gli algoritmi di ottimizzazione

automatica multi-obiettivo per il supporto alle decisioni (es. programmazione genetica ed

evolutiva), la computazione dei percorsi più efficienti (in termini di tempo, energia, ecc.), la

definizione dinamica delle priorità di ottimizzazione, oltre che gli aspetti di resilienza tramite

ripianificazione automatica della rotta in caso di interruzioni sulla traiettoria predefinita.

Per tutto quanto detto sinora, è evidente che lo sviluppo dell’AI avrà delle conseguenze

sull’organizzazione futura delle Forze Armate, sia per la condotta delle operazioni, sia per

la struttura e i numeri del comparto della Difesa.

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Come in altri ambiti soggetti ad automazione tramite impiego di nuove tecnologie digitali,

anche in quello militare il ruolo umano di supervisione delle decisioni, feedback e controllo

delle operazioni ad alto livello rimarrà decisivo ancora per parecchi anni. Al tempo stesso,

però, nascerà l’esigenza di formazione e specializzazione in linea con la completa

informatizzazione, con impatti rilevanti in termini di sicurezza informatica (cybersecurity),

che richiederà competenze specifiche in modo crescente. Il fatto che sarà possibile una

completa autonomia in caso di indisponibilità del personale alle postazioni di controllo

implica non solo un maggior livello di sicurezza, ma anche la possibilità di rinunciare a

ridondanze nell’organizzazione del personale, riservando il surplus a compiti diversi e più

specifici.

Come già sottolineato, esistono significative implicazioni etiche e legali legate ai futuri

processi decisionali per la scelta dell’uso della forza attraverso un sistema d’arma governato

da un’intelligenza artificiale, dotato potenzialmente di un elevato livello di autonomia.

È, pertanto, essenziale definire in modo chiaro e condiviso i limiti e le condizioni di

autonomia per la verificabilità e tracciabilità del processo decisionale. In particolare, sarà

essenziale, allo scopo di governare il processo decisionale ed eliminare qualsiasi ambiguità,

applicare il ben noto paradigma RACI (Responsible Accountable Consulted Informed), che

definisce per ogni azione chi ne è il responsabile in termini di attuazione, a chi ne è associata

la responsabilità amministrativa/legale, chi dovrà essere consultato per ottenere ulteriori

informazioni ed un’eventuale approvazione ed infine chi dovrà esserne semplicemente, ma

obbligatoriamente, informato. Sono altresì fondamentali tutti gli aspetti legati alle

certificazioni internazionali di sicurezza che regolano le modalità di progettazione, sviluppo

e verifica dei sistemi i cui malfunzionamenti possono impattare sull’incolumità delle persone.

Molti degli attuali standard di riferimento non risultano al passo con l’evoluzione attuale e

prevista dell’AI e dovranno essere necessariamente adeguati.

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11

Abstract

The study of artificial intelligence applied to autonomous systems has in recent years

aroused growing interest at the international level, and it is expected that this interest will

continue to grow in the coming years [33] . It is a fairly well known fact that in the past many

technologies now used in the civil field have seen the light, more or less secretly, in the

military sector. Consider, for example, the so-called ARPANET, developed by the US

defense department, which anticipated the modern Internet, but also algorithms for data

encryption, thermal cameras, and many other commonly used technologies. Today the

scenario has partly changed, shifting the leadership of innovation towards other domains,

since there is a considerable boost to the technological development in the civil field with

the advance of connected society paradigms like Smart-City and Industry 4.0. One example

is related to the self-driving vehicles, born in the military sector, which are developing more

rapidly in the civil sphere with the attractive self-driving cars. It is therefore important to

transfer enabling technologies from one domain to another (cross-fertilization) and to draw

appropriately from the outside (open innovation). This is achieved through studies and

researches such as the one addressed by this monograph.

The objective of this study is to analyze the principles, the basic methodologies and

the operational tools of artificial intelligence applied to autonomous systems, at the modeling

and technology level, in order to replace human-controlled vehicles with autonomous or

semi-autonomous vehicles (e.g. drones) in high-risk operating environments, as well as to

reduce human errors and to speed up response times, for example in operations command

and control centers.

The study presents an overview of the information fusion approaches to enable

artificial cognition, mentioning several relevant applications in the military field, already at an

advanced phase of development or even at an embryonic level. These approaches can be

used to strengthen weapon systems and defense means, with greater ability to adapt to the

operational context for the dynamic management of uncertainties and unforeseen events,

as well as for experiential evolution and learning. Future applications include not only self-

driving vehicles and smart weapons, but also the strengthening of soldiers through

prosthetics and exoskeletons. Many of the future projections have been formalized by the

working group on Symbiotic Autonomous Systems – which the writer is a member of – of

the Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE), enclosed in a special White

Paper [34].

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12

The present study addresses the impact of the Artificial Intelligence (AI) on the use of

the military instrument when this technology will be applied to military assets and weapon

systems, taking into account the different declinations of AI, including:

• deterministic (semi)autonomous systems implemented through Boolean logical operators

(eg Event Trees);

• (semi)Autonomous systems based on probabilistic / stochastic models for the

representation of knowledge and inference (eg Bayesian Networks);

• (semi)Autonomous systems based on trained artificial neuronal models (ANN, Artificial

Neural Networks).

These approaches are based on different models of machine learning, which can be

supervised or not. They apply to classification and clustering approaches in modern data

analysis approaches, particularly in the presence of large amounts of information (big data

analytics).

This study distinguishes between semi-autonomous AI models, which require the

confirmation of decisions by human operators (DSS, Decision Support Systems), and

complete autonomy, which presents predictability problems impacting the verification and

validation process and therefore system safety. These are the cases in which the

aforementioned ethical, procedural, normative and legal implications are more relevant [1].

The introduction of autonomous systems equipped with artificial intelligence involves

transformations also at the level of military logistics, which can be interpreted in two

directions. On the one hand, it is necessary to plan the procurement of enabling

technologies, the so-called deployable systems based on secure wireless networks, and the

updating of systems to support complete digitalisation, which is an essential pre-requisite

for the adoption of the instrument. The other side of the coin is the use of a higher level of

automation in military logistics, supported by the AI. Here we can mention the automatic

multi-objective optimization algorithms for decision support (eg genetic and evolutionary

programming), the computation of the most efficient paths (in terms of time, energy, etc.),

the dynamic definition of optimization priorities, as well as aspects of resilience through

automatic re-planning of the route in the event of interruptions on the predefined trajectory.

For all that has been said so far, it is clear that the development of the AI will have

consequences on the future organization of the armed forces, both for the conduct of the

operations and for the structure and numbers of the defense sector. As in other areas subject

to automation through the use of new digital technologies, even in the military one the human

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role of decision supervision, feedback and control of high-level operations will remain

decisive for many years. At the same time, however, the need for training and specialization

in line with the complete computerization will arise, with significant impacts in terms of

information security (or cybersecurity), which will require increasingly specific skills. The fact

that complete autonomy would be possible in the event of unavailability of personnel in

control centers implies not only a higher level of security, but also the possibility of reducing

organizational redundancies by dedicating resources to different and more specialized

tasks.

As already underlined, there are significant ethical and legal implications related to

future decision-making processes for the choice of using force through a weapon system

governed by an artificial intelligence, potentially endowed with a high level of autonomy.

It is therefore essential to define clear and shared limitations and conditions of autonomy for

the verifiability and traceability of the decision-making process. In particular, in order to

govern decision-making and prevent ambiguities, it is essential to apply the well-known

RACI (Responsible Accountable Consulted Informed) paradigm, which defines for each

action who is responsible for its implementation, who is associated with its administrative /

legal responsibility, who will have to be consulted for further information and possible

approval, and finally who will have to be simply, but obligatorily, informed. All aspects related

to international safety certifications that regulate design, development and verification of

systems whose malfunctions can impact on the safety of people are also essential. Many of

the current reference standards are no longer adequate if we consider the current and

anticipated evolution of AI, and therefore they will have to be adjusted accordingly.

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14

Introduzione

La fantascienza ci ha abituato ad immaginare - e temere - un futuro in cui macchine

intelligenti potranno prendere il sopravvento sugli essere umani. Eppure, nonostante i passi

da gigante mossi dalla tecnologia negli ultimi decenni, sembra ancora lontano il tempo in

cui le macchine potranno avere dei livelli di intelligenza ed autonomia comparabili con quelle

ipotizzate da molti futurologi. In altre parole, le macchine attualmente disponibili non

sembrano neanche lontanamente in grado di riuscire a superare il cosiddetto “test di Turing”,

pensato per distinguere l’intelligenza umana da quella artificiale. Eppure, ce ne accorgiamo

o meno, quasi tutte le attività che svolgiamo durante la vita quotidiana sono supportate o

abilitate da computer che spaziano dai dispositivi mobili, ormai parte della nostra

quotidianità (smartphone, tablet, ecc.), ai sistemi di controllo del traffico aereo e ferroviario,

passando per i dispositivi biomedici (es. pacemakers) e per le smartcard che garantiscono

sicurezza per l’identificazione e le transazioni finanziarie. Insomma, non solo

l’intrattenimento e le nostre reti sociali, ma soprattutto la nostra sicurezza è ormai legata al

buon funzionamento di questi dispositivi. E la sicurezza dei sistemi militari (chi non ha mai

sentito parlare di “bombe intelligenti” almeno al telegiornale?) e di difesa non fanno

eccezione a questa regola. Ma tali dispositivi, che assumono sempre più l’attributo “smart”

(un sinonimo di “intelligente” nel lessico inglese), possono realmente definirsi “intelligenti”,

nell’accezione comune del termine?

Bene, a questa domanda non è facile dare una risposta. Sicuramente la maggior parte

dei dispositivi cosiddetti “smart” attualmente in circolazione, apparirebbero davvero

“intelligenti” agli occhi dei nostri avi, per la loro capacità di rispondere rapidamente ed in

modo autonomo alle richieste degli utenti. È pur vero che un oggetto che ci stupisce

sembrandoci “intelligente”, a livello di adattamento e reazione agli stimoli esterni, smette di

esserlo nel momento in cui ne comprendiamo il funzionamento interno, le connessioni tra i

microdispositivi che lo compongono, e quindi anche i limiti.

Questa considerazione ci porta ad osservare che non esiste un’unica definizione di

“intelligenza” ed in particolare di “intelligenza artificiale” (ovvero quella generata tramite

computer), ma che in realtà questa può assumere innumerevoli declinazioni.

Un automa a stati finiti, che fa parte del bagaglio nozionistico di qualsiasi informatico,

è un modello usato per realizzare qualsiasi tipo di macchina. L’esempio tipico è quello del

distributore automatico di bibite. Nessun ingegnere lo definirebbe un sistema “intelligente”,

ma è senz’altro un automa. Ciò che distingue un automa da un sistema autonomo, al di là

dell’assonanza lessicale, è che il secondo possiede un livello di “intelligenza” ed “autonomia”

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15

molto più elevato, essendo capace di apprendere, adattarsi a situazioni impreviste ed in

rapida evoluzione. Ciò non può essere realizzato unicamente attraverso modelli di tipo

deterministico, ma richiede l’introduzione di modelli flessibili che tengano conto di fattori

probabilistici/stocastici e consentano di gestire adeguatamente le incertezze.

Tornando all’argomento principale della ricerca, questo è stato oggetto di diversi studi

in ambito internazionale, riportati in bibliografia (vedasi ad esempio i riferimenti

[2][5][7][9][10][11][12]), ciascuno dei quali ha stressato alcuni aspetti piuttosto che altri.

Ciò appare abbastanza normale in quanto l’argomento è fortemente multidisciplinare e

presenta innumerevoli sfaccettature ed implicazioni, non solo di tipo tecnologico, ma anche

sociologiche, etiche, procedurali, organizzative e legali. Tali implicazioni sono legate al fatto

che si tratta di sistemi, quelli militari, chiamati ad operare in ambiti critici per la sicurezza di

un numero di individui potenzialmente molto elevato. Al tempo stesso, al fine di

incrementarne le prestazioni e/o salvaguardare il maggior numero possibile di vite umane,

riducendo l’impiego dei soldati in contesti ad alto rischio, si richiede a tali sistemi di essere

reattivi agli stimoli esterni e adattativi rispetto al contesto, prendendo decisioni autonome

con un supporto umano limitato, da remoto o anche completamente assente.

La ricerca nell’ambito dell’intelligenza artificiale, come vedremo, fonda molte delle sue

basi sulle similitudini con i sistemi biologici che sono naturalmente dotati di capacità di

ragionamento, evoluzione ed adattamento al contesto (context awareness). Gli esempi più

eclatanti sono costituiti dal neurone artificiale, che simula il funzionamento di quello

biologico, e dagli algoritmi genetici, che emulano il processo evolutivo degli organismi

viventi, ovvero la cosiddetta “selezione naturale”, allo scopo di trovare soluzioni a complessi

problemi scientifici di ottimizzazione multi-obiettivo.

In tale contesto, la Figura 1 mostra una visione che combina l’evoluzione biologica e

quella tecnologica, convergendo verso paradigmi futuri quali quello della fusione bio-

digitale, che comprende i cosiddetti “umani aumentati” (augmented humans), ovvero dotati

di estensioni tecnologiche capaci di potenziarli o sopperire a carenze fisiche o cognitive.

Non parliamo necessariamente dell’uomo bionico o cyborg della fantascienza, ma più

semplicemente di qualsiasi individuo dotato di protesi meccatroniche già disponibili almeno

in forma prototipale, quali gli esoscheletri. Alcuni futurologi dell’IEEE definiscono i sistemi

che realizzano tale convergenza con la dicitura Symbiotic Autonomous Systems (SAS) [34]

.

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Figura 1. Evoluzione dai sistemi biologici ai sistemi bio-digitali, autonomi e simbiotici.

Sistemi “smart” e sitemi “autonomi”

Sistemi “smart”

Si è detto che la definizione di “intelligenza” associata alle macchine non è univoca,

ma piuttosto soggetta ad interpretazione ed anche variabile in funzione del tempo e

dell’evoluzione stessa dei sistemi di elaborazione. Se da un lato, infatti, una macchina che

implementa un qualsivoglia algoritmo può essere vista come un “automa” che sostituisce

l’intelligenza umana, dall’estremo opposto c’è chi attribuisce alla vera intelligenza elementi

come “coscienza” o “consapevolezza di se’”, che siamo ben lontani dal realizzare in modo

artificiale. Nel mezzo vi sono tutte le soluzioni che aiutano a rendere “autonomi” i sistemi

cosiddetti “cyber-physical” (CPS, Cyber-Physical Systems), ovvero quelli dotati di diverse

caratteristiche in comune con gli esseri intelligenti del mondo animale [39]:

un sistema sensoriale, che consente per la percezione degli ostacoli, dei rumori, della

temperatura, ecc.;

un sistema di attuazione, che consente di effettuare delle azioni sull’ambiente circostante,

come spostare un oggetto, accelerare/decelerare, eseguire un comando, ecc.;

un sistema di controllo dotato di “intelligenza artificiale” (AI, Artificial Intelligence), che

consente di correlare le azioni del sistema di attuazione alle percezioni provenienti dal

sistema sensoriale.

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In linea generale, un sensore è un qualsiasi elemento in grado di misurare una

grandezza ambientale (temperatura, umidità, luminosità, accelerazione, pressione sonora,

ecc.), mentre un attuatore è un qualsiasi elemento in grado di operare modifiche

sull’ambiente (interruttore di accensione/spegnimento, regolazione velocità di un motore

elettrico, movimentazione di un braccio meccanico, ecc.). Il sistema di controllo riceve le

informazioni percepite o misurate dal sistema sensoriale, le interpreta e tramite una funzione

di controllo opera una decisione che trasmette tramite comandi al sistema di attuazione,

secondo il linguaggio che quest’ultimo è in grado di interpretare (si veda la Figura 2).

La funzione di controllo applica un algoritmo che può avere una qualsiasi complessità, fino

ad arrivare ad elevati livelli di “intelligenza” e può essere realizzata in hardware (logica

cablata) o a livello software (sistemi programmabili).

SISTEMA SENSORIALE SISTEMA DI ATTUAZIONE

SISTEMA DI CONTROLLO

AMBIENTE

SISTEMA CYBER-PHYSICAL

Figura 2. Schema generale di un sistema di controllo, con evidenziate le componenti

“cyber-physical”.

Se le informazioni che transitano dal sistema sensoriale a quello di controllo sono

“dati grezzi” (raw data), allora il sistema di controllo dovrà effettuare tutta una serie di

operazioni preliminari per la codifica ed interpretazione dei dati in modo da elevarli ad un

livello semantico che è in grado di interpretare al fine della realizzazione della funzione di

controllo. Saranno, pertanto, necessari diversi livelli di adattamento tra l’unità elettro-

meccanica di misurazione ovvero il trasduttore ed il sistema di controllo digitale,

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rappresentato tipicamente da un sistema di elaborazione dedicato (ES, Embedded System).

Tali livelli comprendono sia i convertitori analogico-digitale (ADC, Analog to Digital

Converter), realizzati in hardware, sia le componenti software che prendono il nome di

Adapter o Wrapper che vanno a realizzare, tramite opportune API/SDK (Application

Programming Interface / Software Development Kit), l’integrazione dei sensori più evoluti

con il sistema di controllo. Una cosa analoga accade, dualmente, per la parte di attuazione.

Qualora gli elementi del sistema sensoriale abbiano a loro volta le caratteristiche di

un ES, ovvero siano dotati di sistemi di elaborazione dedicati con CPU, RAM, ROM, porte

di I/O, adattatore LAN, ecc., allora ci troveremmo di fronte ai cosiddetti smart-sensor, noti

anche come mote (vedasi la Figura 3). Tali dispositivi hanno tipicamente diverse unità

sensoriali integrate per la misurazione delle tipiche grandezze ambientali di interesse (es.

accelerometri, GPS, sensori di temperatura, luminosità, ecc.) e hanno raggiunto un livello di

miniaturizzazione ed efficienza energetica tali da consentire autonomia elevata con

alimentazione a batterie o altre forme di energy harvesting quali:

piccoli pannelli solari;

mini-generatori eolici;

cristalli piezo-elettrici.

tecnologie basate su differenziali termici;

ecc.

Si intravede un futuro in cui la miniaturizzazione dei cosiddetti sistemi MEMS (Micro

Electro-Mechanical Systems) consentirà di spingersi alle dimensioni dei granelli di sabbia

(alcuni parlano di “smart-dust”, letteralmente “polvere intelligente”). Un esempio che

trasmette la dimensione attuale dei dispositivi MEMS è riportato in Figura 4.

Le caratteristiche di autonomia, unite ad interfacce di comunicazione wireless (ZigBee,

WiFi, ecc.) e ad hardware “ruggedized” per la resistenza a condizioni ambientali estreme,

consentono l’impiego di tali sensori a basso costo anche in applicazioni militari per il

monitoraggio ambientale dei campi di battaglia. Tali dispositivi, infatti, possono essere sparsi

su un territorio piuttosto esteso dotandoli di piccoli paracadute e lanciandoli dai velivoli.

Date le essenziali componenti di comunicazione wireless, i sensori smart costituiscono

gli elementi essenziali delle moderne Wireless Sensor Networks (WSN) che prevedono la

presenza di opportuni gateway per la connessione alle reti metropolitane o geografiche

(MAN o WAN) per il monitoraggio remoto (vedasi lo schema semplificato di Figura 5).

Tali reti ad hoc note anche come MANET (Mobile Ad-hoc NETworks) possono essere

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caratterizzate da protocolli di multi-hop routing e topologie di tipo mesh, al fine di

incrementarne le caratteristiche di tolleranza ai guasti (fault-tolerance) e resilienza.

E’ bene notare che nonostante tali dispositivi siano identificati dalla parola “sensor”,

essi possono essere dotati di I/O al fine di interfacciarsi semplicemente e quindi controllare

la maggior parte degli attuatori tramite contatti digitali alimentati (es. 5V) o non alimentati

(dry contacts), normalmente aperti o normalmente chiusi.

Un’altra categoria di dispositivo fondamentale per la sorveglianza in ambito civile e

militare è la cosiddetta smart-camera, ovvero l’evoluzione della tradizionale telecamera

analogica, dotata di connessione di rete (network o IP camera) oltre che di “intelligenza” a

bordo realizzata tramite sistema embedded con algoritmi di visione artificiale o VCA (Video

Content Analytics). L’elaborazione delle immagini ai fini del tracciamento di oggetti e del

rilevamento di eventi (es. persona presente in area interdetta, persona in rapido movimento,

superamento perimetro virtuale o scavalcamento, sosta prolungata, oggetto abbandonato,

colluttazione, scambio di oggetti, ecc.) può anche essere centralizzato in apparati noti come

motion tracker, dotati di elevata potenza computazionale. Le tecniche più diffuse di

videosorveglianza intelligente prevedono il riconoscimento di cosiddetti blob, ovvero

porzioni di foreground dinamico (oggetti in movimento) distinguibili da un background statico

(sfondo fisso). La calibrazione prospettica consente di definire le dimensioni reali degli

oggetti e filtrare in base ad esse per distinguere, ad esempio, una veicolo da una persona.

In ambito militare, le ottiche possono essere di tipo termico, ovvero sensibili alla temperatura

ed in grado di prolungare la visione artificiale fino a diversi chilometri e supportare la guida

autonoma di veicoli anche in condizioni ambientali avverse (buio totale, fumo, nebbia o

pioggia fitta).

Recentemente i sistemi di visione artificiale sono stati affiancati da sistemi di

riconoscimento audio per rilevare autonomamente rumori anomali quali spari/esplosioni,

urla, rottura vetri, ecc. In questo caso vengono usate tecniche cosiddette di pattern

recognition sullo spettro acustico.

L’impiego combinato di sistemi di riconoscimento intelligente audio-video (multimedia

surveillance) e sensoristica eterogenea abilita paradigmi di sorveglianza multimodale in cui

i vari rilevatori agiscono in modo coordinato e sinergico al fine di ridurre il tasso di falsi

positivi (i classici “falsi allarmi”) e di falsi negativi (mancati rilevamenti).

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Figura 3. Schema di riferimento per il processamento del segnale in un sensore smart.

Figura 4. Esempio di dispositivo MEMS.

Figura 5. Architettura semplificata di una Wireless Sensor Network.

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Figura 6. Esempi di analisi video intelligente per rilevamento eventi (sinistra) e tracciamento

(destra).

S1 ... Si A1 ... Aj

Data Fusion

Information Fusion

Decision Fusion

Decision Makers (reasoning)

Field Operations

Action Strategy

Workflow Specification

Commands

Command & Control

Smar

t-Se

nsin

g

Smart-A

ctuation

Sensors Actuators

AS1 ... ASk

Supervisors

Command & Control

Autonomous Systems with Embedded Intelligence

(smart cyber-physical systems)

Figura 7. Transizione dai sistemi di comando e controllo dotati di sensori e attuatori di tipo

“smart” (sinistra) verso le future generazioni di sistemi autonomi dotati di intelligenza

artificale (destra).

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Figura 8. Schema generale di controllo per un sistema autonomo.

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Sistemi autonomi

Non tutti i sistemi cosiddetti “intelligenti” o “smart” possono definirsi autonomi. Abbiamo

visto, infatti, che nell’accezione comune di tali termini si intendono dispositivi (sensori,

telecamere, ecc.) dotati di sistemi di elaborazione dedicati che consentono di realizzare

delle funzionalità più avanzate rispetto ai dispositivi tradizionalmente utilizzati per lo stesso

scopo. In molti casi, ciò consente di ridurre al minimo l’intervento umano che però resta

ancora importante ed essenziale. Il passo successivo è la realizzazione di sistemi

completamente autonomi, spesso definiti più o meno propriamente come robot, in cui il

controllo umano è del tutto opzionale. Ciò trova giustificazione in diversi contesti ed in

particolare in quello militare, per svariate ragioni, come ad esempio:

riduzione del rischio di ferimenti o perdite di vite umane durante missioni caratterizzate

da un elevato livello di pericolosità;

riduzione del personale necessario per lo svolgimento di una determinata missione;

riduzione della probabilità di errore dovuta al fattore umano (human factors).

In molti di questi sistemi cosiddetti “autonomi” la componente umana resta ancora

importante ma solamente a scopo di supervisione ed eventuale intervento in caso di

anomalie. Potrebbe essere necessario, invece, approvare determinate scelte operate

autonomamente dai sistemi supervisionati ed in tal caso tali sistemi sarebbero definiti come

“semi-autonomi”.

Una caratteristica importante dei sistemi autonomi è quella cosiddetta della

“decentralizzazione”. In molti sistemi, infatti, il controllo è quasi completamente

centralizzato, ovvero è presente almeno una unità di livello gerarchico superiore in cui è

concentrata la logica di funzionamento trasferita poi agli apparati periferici che fungono

dunque da “meri esecutori”. All’estremo opposto, i sistemi decentralizzati sono costituiti da

componenti o “agenti”, dotati di un elevato livello di autonomia, in grado di gestire le

situazioni senza il supporto di un organo di governo di livello superiore. Tra questi due

estremi esistono tutta una serie di soluzioni intermedie in cui i sistemi autonomi si

appoggiano all’infrastruttura centralizzata ai fini dello svolgimento di determinate funzioni di

comunicazione e coordinamento.

Esempi ben noti di sistemi autonomi sono:

veicoli a guida autonoma (self-driving) noti come UGV (Unmanned Ground Vehicle) –

vedasi Figura 9;

aeromobili a pilotaggio remoto noti comunemente come “droni” o UAV (Unmanned Aerial

Vehicle) – vedasi Figura 10.

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Tali sistemi sono anche detti “driverless” o “pilotless”, in quanto non è presente

personale di manovra a bordo. È anche possibile che sistemi di questo tipo, pur rimanendo

autonomi, abbiano personale a bordo che possa prendere il controllo del mezzo in caso di

necessità. È importante però distinguere tra due categorie:

sistemi teleguidati, ovvero operati da remoto;

sistemi a controllo completamente autonomo.

Chiaramente, i sistemi teleguidati non possono essere definiti del tutto autonomi,

nonostante non sia presente personale a bordo, in quanto richiedono un controllo remoto

da parte di un operatore. Qualora il controllo centralizzato fosse di tipo automatico, cioè non

governato da operatori umani, allora si potrebbe parlare di autonomia con riferimento al

sistema complessivo ma non ai singoli componenti, che perderebbero la maggior parte delle

loro caratteristiche di autonomia in caso di perdita di connessione con il sistema.

Sia in caso di controllo remoto da parte di operatori umani, sia in caso di controllo

automatico con logica centralizzata, alcune caratteristiche di autonomia possono essere

presenti allo scopo di gestire situazioni critiche, come ad esempio nel caso dei droni: la

stabilizzazione in volo, lo schivamento di ostacoli, il ritorno alla base e/o l’atterraggio sicuro

in caso di perdita di connessione radio.

Spostandoci nel campo della totale autonomia, sistemi UGV e UAV diventano

essenziali per automatizzare missioni ripetitive di pattugliamento del territorio e sorveglianza

delle infrastrutture. Tali sistemi, infatti, possono essere configurati per seguire traiettorie

ricorrenti e rotte predeterminate alla ricerca di elementi sospetti quali ad esempio segni di

scavi per il posizionamento di mine. Tale obiettivo può essere realizzato attraverso

meccanismi di visione artificiale basati sulla comparazione delle nuove immagini acquisite

con quelle rilevate in situazioni di “normalità” o “sicurezza”. In particolare, sono già in

sperimentazione talune applicazioni in cui droni equipaggiati con un carico (payload)

costituito da rilevatori CBRNe (Chimico Batteriologico Radiologico Nucleare esplosivo) per

il campionamento di sostanze in scenari di sospetto attacco terroristico o militare con agenti

nocivi di questo tipo. In queste situazioni, i droni sostituiscono efficacemente ed in tutta

sicurezza l’intervento umano che sarebbe soggetto a notevoli rischi di contaminazione se

non addirittura di esplosione. L’automazione può riguardare manovre e procedure di

raccolta/esame dei campioni, così come gli aspetti collaterali di rilevamento ostacoli tramite

visione artificiale ed il ritorno automatico alle basi di ricarica (charging pod) ad induzione, in

caso di necessità.

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Figura 9. Esempi di robot militari di tipo Unmanned Ground Vehicles (UGV).

Figura 10. Esempi di Unmanned Aerial Vehicles (UAV).

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Intelligenza artificiale

Sin dagli albori dell’informatica moderna, il concetto di “automa a stati finiti” è stato uno

dei capisaldi della realizzazione di qualsiasi macchina che potesse definirsi automatica.

Tale astrazione consente, infatti, di modellare una macchina in funzione dei diversi stati che

essa può assumere e ai quali corrispondono diverse relazioni di ingresso/uscita. Macchine

di questo tipo possono svolgere funzioni più o meno elementari come il riconoscimento di

una specifica sequenza di ingressi (ad es. un codice numerico o PIN), fino a compiti

estremamente complessi che richiedono un numero di stati molto elevato. Il concetto stesso

di “automa” richiama quello di macchina automatica, ma non necessariamente autonoma

nel senso che abbiamo introdotto. La rigida struttura deterministica dell’automa, infatti, non

lascia spazio ad alcuna incertezza o capacità di adattamento. Modelli di tipo deterministico

basati su logica di tipo “booleana” (operatori e connettivi logici NOT, AND, OR), infatti, non

si prestano a modellare logiche di tipo fuzzy, a cui concorrono elementi di aleatorietà. Inoltre,

i parametri del modello non possono subire alcuna modifica o adattamento nel corso del

tempo. Operando una rapida ed intuitiva comparazione con il comportamento degli

organismi viventi che rappresentano uno straordinario esempio di adattatività, è evidente

che le differenze in termini di “intelligenza” e “autonomia” risultano abissali. Esistono

numerose applicazioni in cui storicamente si è ritenuto e si ritiene ancora opportuno

preservare tale rigido determinismo e prevedibilità. Si tratta delle applicazioni di controllo di

sistemi “safety-critical” (es. sistemi di controllo avionico), che vengono testati affinché’ ad

una determinata sequenza di input corrisponda sempre e comunque uno specifico output

considerato sicuro (safe). Tali sistemi devono essere certificati rispetto a rigorosi standard

internazionali che sconsigliano l’applicazione di approcci AI in quanto ne minerebbero il

determinismo e la predicibilità. In futuro, e/o in altri domini non soggetti a tali certificazioni,

la situazione potrebbe essere molto differente e le caratteristiche di intelligenza ed

autonomia potrebbero essere efficacemente adoperate per rendere il sistema più sicuro,

per quanto meno predicibile, nel senso della sua capacità di prevenire/fronteggiare

situazioni impreviste ed operare autonomamente con l’obiettivo di garantire una crescente

protezione delle persone rispetto ai sistemi tradizionali (sicurezza pro-attiva e adattativa).

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Un altro paradigma emergente derivante dall’osservazione delle forme di intelligenza

caratteristiche di organismi biologici anche piuttosto semplici è quello cosiddetto della

swarm intelligence. È ben noto infatti che numerose specie viventi (es. sciami di insetti,

stormi di uccelli, banchi di pesci, ecc.) si organizzano autonomamente e si muovono in

gruppi compatti al fine di potenziare le proprie capacità di autodifesa. Meccanismi del genere

di auto-organizzazione in gruppi ed aiuto reciproco in caso di necessità sarebbero

auspicabili anche per i sistemi artificiali e troverebbero numerose applicazioni in diversi

ambiti, tra cui quello militare. Ad esempio, “sciami” di piccoli droni potrebbero mutuare dagli

organismi viventi tale intelligenza a scopo di ottimizzazione, monitoraggio e difesa reciproca.

Si tratta di un obiettivo sfidante in quanto richiede elevate capacità di coordinamento, ma

una forma basilare può essere individuata nel cosiddetto meccanismo di platooning, in cui i

veicoli si organizzano autonomamente in plotoni, mantenendo in modo sicuro una distanza

reciproca mediamente costante. Si tratta di un’applicazione evidentemente molto rilevante

nell’ambito degli spostamenti militari, ma che ha applicazioni anche in ambito civile nel

campo delle automobili a guida autonoma (self-driving cars) e delle autostrade del futuro

(smart-highways). Si tratta quindi di uno dei molti casi in cui la ricerca avanzata in uno dei

due ambiti (civile o militare) può essere facilmente trasferita nell’altro.

Esistono diversi linguaggi di programmazione (uno dei più antichi è il Prolog) che

supportano la cosiddetta “ingegneria della conoscenza” e la realizzazione di sistemi esperti.

Parimenti, esistono diversi formalismi per la rappresentazione della conoscenza sotto forma

di ontologie e modelli semantici nonché per il vero e proprio processo cognitivo, per la

classificazione e l’inferenza statistica.

A titolo di esempio, si riportano in Figura 11 e Figura 12 delle rappresentazioni grafiche

relative alle reti neurali artificiali (ANN, Artificial Neural Networks) e alle reti bayesiane (BN,

Bayesian Networks) che, insieme ai modelli markoviani nascosti (HMM, Hidden Markov

Models), rappresentano alcuni tra i formalismi di maggiore successo per l’AI.

Le ANN sono basate su un’astrazione del neurone biologico di cui imitano il

funzionamento. Reti multilivello dotate di diversi strati neuronali consentono di realizzare

meccanismi di associazione, riconoscimento e classificazione in modo efficiente ed

elegante. Proprio come il cervello di un bambino, una ANN va “allenata” opportunamente

attraverso opportuni insiemi di dati (training set) e può continuare ad apprendere

modificandosi nel corso del suo ciclo di vita. Le ANN sono il formalismo più promettente per

la realizzazione di un cervello artificiale e vi sono esperimenti in corso per poterle

implementare a livello hardware, anche se le risorse richieste per avvicinarsi alla

complessità del cervello umano sarebbero a tutt’oggi proibitive.

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Un approccio completamente diverso è realizzato attraverso l’impiego delle reti di

Bayes. Una BN è un grafo orientato aciclico (DAG, Direct Acyclic Graph) in cui i nodi

rappresentano variabili aleatorie e gli archi interdipendenze tra esse, quantificate attraverso

tabelle di probabilità condizionali (CPT, Conditional Probability Tables). Applicando il

teorema di Bayes, è possibile dimostrare che una rete siffatta consente di calcolare la

distribuzione di probabilità totale e dunque l’intera conoscenza, dal punto di vista

probabilistico, del problema in esame, cioè quello rappresentato dalla BN. Attraverso

meccanismi di inferenza è possibile prevedere quale sarà la probabilità associata ad un

certo evento a partire dalla probabilità associata agli eventi elementari e tenendo contro di

fattori di incertezza. È possibile arricchire le BN con nodi di “costo” e nodi di “utilità” in modo

da affrontare problemi di ottimizzazione costi/benefici. Una delle applicazioni storicamente

più note delle BN per realizzare delle forme di intelligenza artificiale è quella sviluppata da

Microsoft con il suo assistente Office. L’impiego delle reti bayesiane è ancora relegata ad

applicazioni di nicchia, come ad esempio quelle di supporto alla diagnostica. Uno dei limiti

è che gli algoritmi di inferenza sono classificati come NP-hard e, pertanto, BN di grandi

dimensioni possono diventare facilmente ingestibili dal punto di vista della complessità

computazionale.

Figura 11. Esempi di neurone artificiale (sinistra) e rete neurale artificiale (destra).

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Figura 12. Esempio classico di rete bayesiana (grafo orientato aciclico) e relative tabelle di

probabilità condizionali tra le variabili aleatorie (rappresentate dai nodi del grafo).

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Information Fusion, sorveglianza e supporto alle decisioni

Quello dell’Information Fusion è un ambito di ricerca che ha forti sovrapposizioni con

l’AI dal momento che lo scopo è quello di integrare tra loro le informazioni provenienti da

svariate sorgenti potenzialmente non affidabili ed eterogenee (es. sensori, persone).

Tale “fusione” può essere effettuata a diversi livelli, a partire dai dati grezzi (raw data) di

sensori tradizionali (non-smart), fino ad arrivare ai livelli più alti di raffinamento cognitivo e

supporto alle decisioni (vedasi la Figura 13) [21].

Innanzitutto, è bene sottolineare la differenza tra dato e informazione. Un dato è

un’informazione di cui non si conosce la chiave di decodifica ed interpretazione. Pertanto,

affinché’ un insieme di bit possa diventare un’informazione effettivamente utilizzabile, è

indispensabile conoscere il modello che associa l’informazione alla sua rappresentazione

(il dato, appunto). Possiamo, ad esempio, conoscere l’insieme di simboli di un linguaggio

sconosciuto (cuneiforme, ad esempio), ovvero la semiotica, e finanche ricavare le modalità

con cui tali simboli vengono utilizzati ed interconnessi tra loro, ovvero la sintassi, ma non ne

riusciremo mai a comprendere il significato reale, ovvero la semantica, senza un modello

interpretativo. È come avere un’informazione cifrata/crittografata senza la relativa chiave di

decodifica.

E’ quindi essenziale, nei sistemi di monitoraggio distribuito complessi ed eterogenei,

riuscire a connettere la grande mole di dati (big data) ad una loro sintesi che consenta di

estrarne le informazioni rilevanti, dopo averne effettuato una opportuna analisi (big data

analytics).

Le informazioni rilevanti contenute dei dati sono spesso definite features (vedasi la

Figura 14). Dopo l’estrazione delle feature, si procederà, al livello superiore, alla decision

fusion, ovvero a relazionare la decisione complessiva sull’evento rilevato (es. scenario di

minaccia bellica o cyberwar) con le decisioni prese a livello più basso dai singoli componenti

distribuiti su una certa area (es. diversi sistemi di intrusion detection).

Un modo per rappresentare il processo complessivo di Information Fusion è quello di

associarlo ad un ciclo tipo Deming (o ciclo PDCA: Plan-Do-Check-Act; Figura 15) [15].

La Figura 16 sintetizza l’intero processo descritto nelle applicazioni cosiddette di

sorveglianza intelligente. Queste supportano gli operatori automatizzando il rilevamento di

eventi anomali e minacce, mettendo in relazione i dati sensoriali provenienti dalle diverse

sorgenti con i modelli di rappresentazione, integrazione e riconoscimento di eventi. Affinché’

ciò sia possibile, tali eventi più o meno complessi devono essere descritti tramite adeguati

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modelli memorizzati in opportuni archivi che costituiscono la base di conoscenza del

sistema.

Figura 13. Livelli di fusione delle informazioni tra le sorgenti e gli operatori umani.

Figura 14. Livelli di granularità IF: dall’estrazione delle informazioni alla fusione delle

decisioni.

Figura 15. Ciclo PDCA applicato all’Information Fusion: osservare, orientarsi, decidere,

agire.

LEVEL 0Signal

assessment

LEVEL 1Object

assessment

LEVEL 2Situation

assessment

LEVEL 3Impact

assessment

LEVEL 4Process

refinement

LEVEL 5Cognitive

refinement

SOURCES

DBMS

HCI

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Figura 16. Una visione d’insieme del processo di fusione delle informazioni in applicazioni

di sorveglianza intelligente.

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Sistemi software adattativi

Tutto ciò che abbiamo mostrato nelle precedenti sezioni gioca un ruolo fondamentale

nella realizzazione di un sistema software adattativo. Un sistema adattativo non è altro che

un sistema che integra tutti gli elementi di percezione del cambiamento, analisi,

pianificazione ed implementazione delle azioni che consentono di adattarsi allo specifico

contesto in cui opera. Un sistema con un livello di autonomia elevato è anche un sistema

adattativo. Il paradigma dei sistemi adattativi, raccogliendo tutta una serie di concetti,

strumenti, metodologie e tecnologie attinte da altre aree di ricerca, è da intendere in modo

olistico, ovvero guardando ad un sistema complesso nella sua interezza. L’attributo

“software” potrebbe quasi essere omesso: è praticamente impossibile pensare ad un

sistema hardware che si adatti al contesto trasformandosi. Eppure, attraverso il software,

anche l’hardware può assumere conformazioni diverse. Si pensi ad esempio agli ultimi rover

per le esplorazioni planetarie della NASA le cui ruote possano cambiare forma (es.

triangolari piuttosto che circolari) a seconda del livello di consistenza e asperità del terreno

(es. fondi rocciosi scoscesi piuttosto che sabbiosi). Tali tecnologie possono trovare

facilmente impiego anche negli UGV in ambito militare. Vale la pena menzionare recenti

ricerche sui cosiddetti stem materials, ovvero materiali “intelligenti” in grado di fungere da

sensori ed attuatori, modificandosi autonomamente in funzione delle condizioni ambientali

in analogia con i meccanismi biologici di auto-riparazione presenti in molti esseri viventi, tra

cui le piante [8].

Tornando ai nostri sistemi adattativi, una regola tradizionale e fondamentale del

software è che esso non può modificare se stesso. In altre parole, un programma non può

cambiare in termini di codice in funzione dei dati e del tempo. Oggigiorno, questa visione

non è più così rigida come in origine. Nella programmazione orientata agli oggetti (OOP:

Object Oriented Programming) è ben noto il concetto di “polimorfismo”, in cui oggetti

possono essere assegnati a diverse classi al tempo di esecuzione (run-time) e pertanto

assumere caratteristiche diverse non prevedibili deterministicamente in fase di

programmazione. Pur senza che si modifichi il codice degli algoritmi, però, è possibile

realizzare un adattamento al contesto attraverso modelli di apprendimento a run-time

opportunamente connessi al sistema software, come quelli mostrati nelle precedenti sezioni

(es. ANN). Quello che si realizza, alla fine, è un sistema di controllo a ciclo chiuso (Figura

17) il cui obiettivo non è quello di modificare l’ambiente circostante, bensì se stesso,

secondo un processo di tipo PDCA.

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La Figura 18 mostra una visione di un complesso sistema adattativo riprendendo

l’analogia con i sistemi biologici. In tale schema, il modello di apprendimento ed adattamento

è definito come rule system (una sorta di “motore delle regole”) e richiama un concetto sia

genetico (RNA/DNA, adattamento evolutivo) sia cognitivo. È interessante la presenza di un

modulo corrispondente al sistema riproduttivo, che apre scenari di portata difficilmente

prevedibili. È ben nota, infatti, la capacità riproduttiva degli esseri viventi. Questa, per quanto

rappresenti un meccanismo straordinario di cui ancora non si riescono a cogliere tutti i

segreti, ha dei limiti importanti, tra cui l’impossibilità di pianificare e prevedere il risultato

finale. Macchine in grado di riprodursi, invece, potrebbero realizzare cloni perfetti di se

stesse nonché’ versioni migliorate, accelerando notevolmente l’evoluzione biologica che è

notoriamente molto più lenta. Da un punto di vista tecnologico, il concetto non è tanto

lontano dalla fattibilità reale: un robot umanoide abbastanza complesso è perfettamente in

grado di manipolare gli strumenti che gli consentano di realizzare un altro robot dalle stesse

caratteristiche, purché qualcuno lo abbia programmato per farlo. Sono invece molto lontane

le capacità di self-awareness (coscienza di se’) che potrebbero scatenare in modo

completamente autonomo il processo riproduttivo.

Rimanendo nel contesto della robotica, non c’è dubbio che questa abbia avuto un forte

impulso in ambito industriale. Con l’avvento del paradigma Industria 4.0, i robot industriali si

evolveranno ulteriormente in termini di interconnessione e cominceranno a diffondersi

sempre di più i cosiddetti cobots (sincrasi di collaborative robots) cioè robot fortemente

interagenti e cooperanti con gli esseri umani, che necessitano di evolute capacità di

adattamento al contesto anche al fine di non recare danno agli esseri umani con cui

collaborano. Per quanto le applicazioni dei cobot siano ancora pionieristiche e limitate a

contesti specifici come quello industriale, si può facilmente intravedere un futuro in cui essi

potranno essere impiegati in contesti militari allo scopo di salvaguardare l’incolumità dei

soldati affrontando in autonomia le situazioni più critiche come lo sminamento.

Altre applicazioni in ambito militare possono riguardare l’impiego di droni di tipo UAV o UGV

(in tale contesto si possono menzionare anche i cosiddetti “cani robotici”), operativi a

distanza ravvicinata dal combattente ed inviati in avanscoperta allo scopo di osservare

postazioni nascoste dietro ostacoli visivi (es. oltre una collina). La ricerca sulle Software

Defined Networks (SDN) ed il paradigma del Software Defined Everything (SDE)

supporteranno le evoluzioni della cooperazione tra esseri umani e robot (Human-Robot

Cooperation) [33].

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35

La Figura 19 mostra uno schema a piramide stratificata di un complesso sistema

adattativo, esplicitando i livelli funzionali ed i relativi attributi desiderati. Bisogna notare che

non tutti i sistemi adattativi devono necessariamente possedere tutte le caratteristiche

elencate, ma la figura rappresenta una buona sintesi ed una visione d’insieme delle parole

chiave e degli ambiti di ricerca da affrontare al fine di realizzare un sistema adattativo che

possa realmente considerarsi tale.

Figura 17. Schema di controllo generico per un sistema adattativo.

Figura 18. Modello di un complesso sistema adattativo.

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36

Figura 19. Strati funzionali di un sistema adattativo a partire dal livello base

(interconnessione) per arrivare a quello apicale (riconfigurazione).

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37

Sistemi cognitivi nel comando e controllo gerarchico decentralizzato

In diversi ambiti, tra cui il monitoraggio e la sorveglianza di infrastrutture critiche

distribuite su vasti territori (es. sistemi di trasporto, reti elettriche ed idriche, ecc.) nonché’

sistemi militari per la difesa e la sicurezza nazionale, il controllo e la supervisione delle

operazioni viene effettuato da centri localizzati a diversi livelli gerarchici. Esistono centri di

comando e controllo:

“locali”, ovvero situati nelle immediate vicinanze delle operazioni da controllare e dedicati

esclusivamente ad una specifica sotto-area geografica;

“globali”, ovvero unici per l’intero sistema da controllare ed essenziali per il

coordinamento delle operazioni su scala ad esempio nazionale, laddove è necessario

prendere decisioni importanti per la gestione di crisi ed emergenze;

“regionali”, ovvero intermedi tra i livelli “globale” e “locale”.

Possono sussistere diversi livelli gerarchici tra i centri locali e globali, a seconda della

complessità del sistema da monitorare e gestire. L’aumento dei livelli gerarchici introduce

una maggiore complessità a livello tecnico per le interconnessioni ed anche a livello

procedurale per la gestione della visibilità, delle competenze e delle responsabilità tra i

diversi centri. Per contro, un numero maggiore di centri consente di implementare un

approccio modulare cosiddetto “divide et impera”, ovvero di suddivisione di un problema di

grandi dimensioni in sottoproblemi più elementari, facili da gestire e risolvere. Ciò si presta

a realizzare approcci di “intelligenza distribuita” secondo i paradigmi generali

dell’Information Fusion (vedasi le precedenti sezioni). A fronte di una progettazione iniziale

ed un’organizzazione più complessa, la modularità facilita anche la resilienza e la

ridondanza. Si tratta di un approccio molto diffuso in praticamente tutti gli ambiti

ingegneristici. La difficoltà sta nel trovare il giusto compromesso al fine di determinare il

livello ottimale di livelli gerarchici e la giusta dimensione degli ambiti di competenza dei centri

locali.

Tradizionalmente, il coordinamento delle operazioni tra i diversi centri è stato effettuato

usando i mezzi di comunicazione e le tecnologie disponibili nello specifico momento storico

(es. telegrafia, telefonia, reti informatiche, ecc.). Attualmente, è ben noto che l’evoluzione

delle tecnologie ICT ha consentito una trasformazione radicale in tutti gli ambiti, compreso

quello militare. Quasi tutte le comunicazioni sono, pertanto, gestite in modo digitale (es.

tramite VoIP) ed i mezzi più tradizionali rimangono come strumenti di ripiego (back-up, fall-

back) in caso di indisponibilità dei sistemi digitali.

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38

L’informatizzazione e l’interconnessione delle reti dati ha aperto scenari in cui tutte le

operazioni sono veicolate tramite appositi software di gestione. L’evoluzione successiva è

quella di dotare tali software di capacità di autonomia decisionale o almeno di supporto alle

decisioni (semi-autonomia) per operatori, direttori e ufficiali responsabili. La completa

autonomia e la semi-autonomia non sono necessariamente in conflitto tra loro, in quanto i

sistemi cognitivi basati su intelligenza artificiale possono essere configurati per operare in

modo “ibrido” ovvero:

suggerire le azioni da intraprendere ed attendere un riconoscimento (acknowledgement)

prima di lanciare i relativi comandi verso i centri di livello gerarchico inferiore, se

disponibili, o direttamente verso gli apparati di campo;

qualora il personale al centro di controllo di competenza non desse segnali di vitalità

entro un determinato lasso temporale, mettere il centro fuori controllo ed operare

un’escalation verso i centri di livello superiore;

qualora il personale al centro di controllo di competenza non desse segnali di vitalità

entro un determinato lasso temporale e non fossero disponibili/connessi centri di

controllo di livello superiore, azionare automaticamente le contromisure previste nelle

procedure di risposta (workflow) pre-configurate associate agli eventi rilevati.

Al fine di implementare tali livelli di autonomia, i sistemi software basati su tecniche di

intelligenza artificiale disponibili ai centri di controllo devono prevedere meccanismi di

consapevolezza situazionale (situation awareness), allerta precoce (early warning) e

supporto alle decisioni (DSS, Decision Support Systems) realizzati tramite analisi e

correlazione dei dati (big data analytics), fusione delle informazioni (information fusion),

riconoscimento di eventi/sequenze (event/pattern recognition), approcci di soft-computing

ed euristiche che consentano di gestire incertezze, attacchi imprevisti e minacce

sconosciute.

In particolare, le incertezze da gestire possono derivare da diversi fattori:

incertezze sull’analisi del rischio, ad esempio impossibilità di prevedere tutte le minacce,

quantificare con precisione le vulnerabilità e stimare adeguatamente le conseguenze;

incertezze sulla modellazione (struttura e/o parametri) del sistema e delle minacce

durante la progettazione del modello cognitivo;

incertezze intrinseche sull’affidabilità del rilevamento degli eventi da parte dei sensori

(falsi positivi, falsi negativi).

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39

Tra le funzioni essenziali che si richiedono ad un sistema di centri di controllo per

applicazioni critiche e militari vi è quella di garantire la continuità operativa ed il recupero da

eventuali disastri (business continuity & disaster recovery). Tali funzioni richiedono

un’attenta fase di pianificazione, in cui rientrano aspetti di tipo procedurale, e di

implementazione di tecnologie autonome di replicazione dei dati in modo da garantire la

disponibilità di uno o più back-up rapidamente accessibili in caso di indisponibilità di uno o

più centri. La presenza di connessioni di rete ridondanti (es. meshed, hyperloop) e

un’architettura di tipo federato con replicazione delle basi di dati (file di configurazione

statica e dinamica, registrazione cronologica degli eventi, log-files, ecc.) costituiscono il

presupposto per un adeguato livello di resilienza nei confronti di minacce sia di tipo

naturale/casuale (es. guasti, incendi, terremoti, alluvioni, ecc.) che intenzionale (es. attacchi

cyber, bombardamenti, ecc.). In tali ipotesi è possibile configurare il sistema per poter

operare da uno qualsiasi dei centri superstiti per sopperire all’indisponibilità di un centro

danneggiato. Qualora i dati replicati non fossero accessibili in tempo reale, i meccanismi di

disaster recovery si occuperebbero di ricostruire in background i dati perduti, garantendo

comunque nel frattempo un livello di operatività essenziale anche se con capacità e

prestazioni ridotte.

L’interfacciamento tra sensori/attuatori e centri di controllo dovrà preferibilmente

basarsi su interfacce basate su web-services, middleware SOA (Service Oriented

Architectures) e protocolli standard quali CEI-ABI e OPC (Object linking and embedding for

inter-Process Communication). In caso di apparati di tipo legacy non dotati di tali capacità

di interfacciamento, dovranno essere realizzati opportuni moduli software di adattamento

(adapter o wrapper).

Figura 20. Esempi di centri di comando e controllo delle operazioni.

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Local AutonomousOperations Control Center

- 1 -

Local Autonomous Operations Control Center

- M -

AI-based Cognitive Engine AI-based Cognitive Engine

Sensors ActuatorsAugmented

Humans

Vehicles Facilities Weapons

Sensors ActuatorsAugmented

Humans

Vehicles Facilities Weapons

... ...

...

Regional AutonomousOperations Control Center

- 1 -

Global Autonomous Operations Control Center

- 1 -

AI-based Cognitive Engine

AI-based Cognitive Engine

...Regional Autonomous

Operations Control Center - N -

AI-based Cognitive Engine

Informaton Flow

Events, States, Alarms, Data

Commands

...

Interface

Adapter

Figura 21. Schema gerarchico di centri di comando e controllo dotati di intelligenza

artificiale e autonomia.

Figura 22. Esempio di complessità dei centri di comando e controllo riferita

all’organizzazione distribuita a gerarchica delle forze armate sul territorio italiano.

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Sistemi militari e armi autonome: aspetti etici e legali

L’impiego di sistemi con capacità decisionali autonome in ambiti di una elevata criticità

come quello militare non può prescindere da considerazioni di tipo etico e legale [1].

È evidente, infatti, che una macchina in grado di uccidere che sbagliasse obiettivo

solleverebbe le forze armate da qualsiasi responsabilità se non quelle indirette – qualora

presenti – che riguardano figure quali il progettista o il manutentore, alla stregua di quanto

accade per sistemi di controllo critici per la sicurezza, quali quelli avionici, che dovessero

fallire con conseguenze catastrofiche. L’analogia, però, varrebbe fino ad un certo punto, in

quanto, come si è detto, i sistemi di controllo impiegati nei tradizionali ambiti critici sono allo

stato attuale del tutto predicibili e non presentano caratteristiche di autonomia secondo

alcuna forma di intelligenza adattativa. Si pone, pertanto, un problema fondamentale anche

di tipo etico (per ulteriori approfondimenti si rimanda ai riferimenti bibliografici [25] e [32]).

Con riferimento alle possibilità di trasferimento tecnologico dall’ambito civile, problemi

etici di comparabile entità si stanno affrontando nell’ambito della ricerca sui cosiddetti

“cobots” (cooperative robots), ovvero robot che collaborano con esseri umani per svariati

compiti, incluso quello classico rappresentato dalla catena di montaggio. La vicinanza e

cooperazione tra umani e robot pone problemi di diversa natura. Primo, quello relativo alla

sicurezza, essendo i robot dotati di forza e caratteristiche tali da poter facilmente ferire un

essere umano a causa di un movimento sbagliato o ad esempio per non aver rilevato la

presenza di persone sulla traiettoria di un braccio meccanico. Secondo, quello relativo alla

convivenza e ai rapporti “sociali” tra persone, dotate di intelligenza empatica e sentimenti, e

robot, dotati di intelligenza artificiale e spesso con sembianze non umane, fatta eccezione

per i robot cosiddetti “umanoidi”.

Il primo aspetto può essere gestito attraverso approcci di risk assessment e hazard

analysis comuni all’ingegneria dei sistemi critici per la sicurezza (safety-critical).

Ad esempio, appositi sensori dovranno essere installati e testati al fine di scongiurare

l’eventualità di un impatto, perforamento, ustione, taglio o altro possibile ferimento.

Per quanto riguarda l’aspetto psicologico e sociale, invece, diversi studi sono in corso per

comprendere l’entità del fenomeno, la reazione e accettazione da parte degli operai,

l’impatto di robot umanoidi piuttosto che di sembianze diverse, ecc.

Un altro esempio notevole è quello dei veicoli a guida autonoma, che pone l’enfasi su

un problema comune ad altri sistemi critici, comprese le armi autonome. Infatti, è

recentemente emersa una problematica di certo non nuova, ma che diventa particolarmente

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rilevante data la prevedibile diffusione, in particolare, delle self-driving cars: quella dei

cosiddetti “dilemmi” [26]. Un dilemma si verifica quando il sistema autonomo si trova a dover

prendere delle decisioni che risultano eticamente controverse anche per gli esseri umani,

come ad esempio quelle che richiedono di giudicare il valore della vita di diversi esseri

umani: uno o più bambini rispetto ad uno o più adulti, guidatori/piloti rispetto ad uno o più

passanti/cittadini, ecc. Come bisogna comportarsi in tutte le situazioni in cui una macchina

si trova a dover decidere quale vita sacrificare, non potendo salvarle tutte? La risposta è

chiaramente soggettiva e molto complicata, ma al tempo stesso si tratta di una logica

fondamentale da trasmettere alla macchina, in quanto potrebbe trovarsi di fronte a tali

situazioni e costretta a prendere una decisione in tempi rapidi. In altre parole, ci si trova di

fronte al paradosso di chiedere alle macchine di essere pronte a risolvere dei dilemmi

irrisolvibili anche per gli esseri umani, che in tali situazioni agiscono spesso istintivamente

o egoisticamente, piuttosto che basandosi su ragionamenti logici. Sicuramente in ambito

militare possono essere definiti dei criteri maggiormente oggettivi, come ad esempio la

priorità data a forze alleate piuttosto che nemiche o alla protezione dei civili piuttosto che

dei militari, laddove fosse possibile distinguere tra tali categorie, ma permangono situazioni

di ambiguità allorquando tali criteri non siano facilmente applicabili, che fanno ricadere la

situazione nella casistica dei “dilemmi” precedentemente illustrata.

E’ evidente la necessità di definire linee guida e standard di riferimento che siano il più

possibile universalmente accettati, in modo da non trovarsi ad avere sistemi autonomi

sviluppati da diverse aziende in diversi paesi che in situazioni di dilemma vadano ad

avvantaggiare determinate categorie piuttosto che altre basandosi su discriminazioni

etniche, territoriali, sessiste, politiche o religiose.

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Figura 23. Esempi di robot militare autonomo SWORDS (sinistra) e nave da guerra

autonoma (destra).

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Realtà virtuale e realtà aumentata

E’ opinione comune che l’AI avrà un impatto rilevante anche sulla formazione e

l’addestramento del soldato futuro. Si tratta di uno degli aspetti importanti di interazione

uomo – intelligenza artificiale che dovrà essere affinato al fine di rendere l’apprendimento

sicuro ed efficace. In particolare, sarà sempre più importante definire scenari operativi

realistici e sempre diversi l’uno dall’altro tramite simulatori intelligenti. L’obiettivo di tali

simulatori è quello di rispondere autonomamente agli stimoli ricevuti dal comportamento del

soldato in fase di addestramento che può essere percepito dal simulatore attraverso un

sistema sensoriale:

indossabile (tute, guanti, stivali, ecc.) dotato di accelerometri, giroscopi e altri dispositivi

integrati che consentono di rilevare e tracciare il movimento sul campo con un adeguato

livello di granularità (es. rotazione del sistema braccio/mano);

ad installazione fissa, in cui telecamere 3D e altri sensori percepiscono a distanza, tramite

visione artificiale, il movimento e comportamento di uno o più soldati nell’ambiente

monitorato.

I due approcci possono essere utilmente impiegati anche in modalità combinata. A tal

riguardo, si vedano gli esempi reali illustrati in Figura 24.

Viceversa, il soldato percepirà la realtà virtuale in modo immersivo attraverso appositi

caschi per la realtà virtuale (VR, Virtual Reality) e possibilmente attuatori indossabili di altro

tipo. I caschi VR consentono una visione adattativa tridimensionale ed un ascolto degli

stimoli audio dell’ambiente circostante. Essendo dotati di appositi sensori, inoltre, essi

percepiscono la rotazione della testa e modificano coerentemente lo scenario proiettato allo

scopo di fornire una totale esperienza immersiva.

Nel caso dell’approccio a realtà aumentata (AR, Augmented Reality), invece, si tratta

di un sistema ibrido usabile non solo in fase di simulazione e addestramento, ma soprattutto

utile, in modalità diversa, negli scenari operativi reali. Infatti, la realtà aumentata prevede

che i soldati indossino appositi visori (smart-glasses) che arricchiscono la percezione della

realtà con ulteriori eventi ed informazioni in tempo reale. Nel caso dell’addestramento,

almeno parte di tali informazioni sono simulate, mentre nel caso di impiego in scenari

operativi reali, si tratta di informazioni importanti per la missione, come ad esempio la

presenza ed il posizionamento di mezzi e soldati nemici non visibili ad occhio nudo,

informazioni sulla temperatura percepita a distanza dai sensori termici, istruzioni sulla

strategia da adottare ricevute dai propri superiori, ecc.

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Gli smart-glasses non hanno avuto un grande successo commerciale in ambito civile, pur

essendo disponibili già da alcuni anni, ma si prevede che possano essere molto più utili e

diffusi in ambito militare. Anche altri dispositivi indossabili (wearable), analoghi ai ben noti

smart-watches, possono contribuire all’aumento della realtà arricchendone la percezione

con informazioni aggiuntive e di allerta, somministrate nei casi opportuni tramite rilevamento

ed elaborazione del contesto operativo (context-awareness).

Affinché’ la realtà aumentata sia efficace, è necessario non solo che siano usati svariati

sensori installati localmente (es. caschi dei soldati) ma anche che vi sia una connessione

continua con radar e sistemi sensoriali remoti che offrano una visione e percezione della

realtà che sarebbe impossibile ottenere dalla posizione in cui si trova il soldato, e che

sarebbe altresì lento e complicato trasmettere attraverso gli strumenti tradizionali (es. radio

walkie-talkie, palmari, ecc.). L’ulteriore vantaggio sarebbe quello di lasciare completamente

libere le mani dei soldati, che non dovrebbero manipolare alcun dispositivo e che quindi

sarebbero più pronti a reagire a pericoli, imboscate, ecc. In altre parole, con l’AR si crea un

loop alimentato dinamicamente dalle informazioni e gli stimoli provenienti dai dispositivi

indossati, che transitano verso i sistemi centrali che a loro volta usano tali informazioni

(geolocalizzazione in primis) per elaborarne e trasmetterne di ulteriori sulla realtà circostante

da poter essere fornite ai soldati sul campo.

Un notevole complemento alla realtà aumentata è la possibilità di interazione gestuale

tramite guanti sensoriali o telecamera 3D frontale, possibilmente installata sullo stesso

visore. In tal modo, il sistema potrebbe rilevare modalità di interazione non verbale per

segnalare problemi ed emergenze oltre che per modificare la modalità di visualizzazione

delle informazioni (es. scrolling).

Analogamente a quanto sopra descritto, possono essere arricchiti anche i simulatori

esistenti (diciamo “tradizionali”) per l’addestramento alla guida di mezzi militari quali carri

armati ed aerei da guerra.

Un approccio del genere consente un addestramento accelerato, sicuro, e con

copertura automatica e ottimizzata delle condizioni operative reali. In altre parole, la

formalizzazione delle modalità di addestramento consente di creare automaticamente il set

minimo di condizioni operative significative che dovranno essere affrontate nelle situazioni

reali, in modo tale che tutte le condizioni operative non coperte direttamente in fase di

addestramento saranno facilmente riconducibili alle casistiche affrontate. Tale approccio

comprende aspetti rilevanti di simbiosi uomo-macchina e, pertanto, l’efficacia

dell’addestramento sarebbe legata non solo ai livelli di immersione ed al realismo

multimediale (legati alla qualità della riproduzione ambientale audio-video, tra cui livello di

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dettaglio della grafica, prestazioni, fluidità e reattività del sistema, ecc.), ma anche alle

questioni psicologiche e cognitive connesse all’accettazione, all’ergonomia e all’utilizzo

pratico del sistema di simulazione.

Nel momento in cui la preparazione dei soldati venisse demandata prevalentemente o

esclusivamente ai sistemi intelligenti di tipo VR/AR, sarebbe necessario definire in modo

preciso limitazioni, confini e responsabilità per evitare di somministrare in modo sistematico

e continuativo istruzioni errate, incomplete o inopportune a gruppi elevati di discenti.

Ciò rappresenterebbe una criticità comune ai vari approcci alla AI dal punto di vista del

rischio in termini di validazione dell’efficacia e dell’eventuale esposizione ad impieghi

inappropriati.

Figura 24. Realtà virtuale e realtà aumentata per l’addestramento militare.

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Il paradigma dei Digital Twins per sistemi autonomi predittivi

Un Digital Twin è una replica in ambiente virtuale di un’entità reale, realizzata allo

scopo di analisi e simulazione del comportamento reale durante la fase operativa del ciclo

di vita dell’entità [34] . Si distingue dai tradizionali modelli simulativi di tipo CAD (Computer

Aided Design), già da molto tempo usati in fase di progettazione e verifica, per la forte

adesione al sistema reale, con cui è possibile condividere lo stesso software di controllo e

per l’aggiornamento continuo dei parametri coerentemente con l’evoluzione nel tempo del

sistema reale e del suo ambiente circostante. Si tratta di un paradigma innovativo nato in

ambienti industriali manifatturieri a scopo di diagnostica e simulazione, ma che si presta a

notevoli evoluzioni nel contesto dei sistemi autonomi. La possibilità di simulare in tempo

reale l’evoluzione propria e delle entità con cui si interagisce, infatti, aggiunge un elemento

importante di consapevolezza all’intelligenza artificiale, importantissimo soprattutto a scopo

predittivo.

Si immagini, ad esempio, un moderno veicolo e guida autonoma (self-driving).

Come osservato nell’introduzione, tale veicolo viene considerato “intelligente” in quanto in

grado di accelerare, rallentare, stabilire la propria traiettoria, ecc., in funzione dell’ambiente

circostante e degli altri veicoli che lo precedono o interferiscono potenzialmente con la sua

traiettoria. Un veicolo di tal genere è considerato più reattivo e sicuro di uno a controllo

umano, in quanto dotato di caratteristiche difficili o impossibili da ottenere per gli esseri

umani, quali la visione in condizioni di totale oscurità, realizzata tramite radar e/o telecamere

termiche, tempi di risposta agli stimoli dell’ordine delle frazioni di secondo, ecc. Non c’è

dubbio che un tale veicolo possa evitare delle collisioni in modo estremamente più sicuro

rispetto ad un pilota umano. Eppure, confrontato con l’intelligenza umana, un veicolo

autonomo ha ancora enormi limiti nella gestione delle situazioni impreviste in fase

progettuale. In linea teorica, il veicolo potrebbe essere dotato di capacità di apprendimento,

ma queste non vengono tipicamente implementate in quanto la maggior parte degli standard

di sicurezza attuali prevede la completa predicibilità del comportamento del sistema allo

scopo di verifica, validazione, assessment e certificazione. Un sistema di auto-

apprendimento delle funzioni di sicurezza andrebbe a minare tale predicibilità: chi ci

assicura, infatti, che il sistema stia apprendendo comportamenti corretti che non vadano a

minare la sicurezza di altre entità per garantire la propria? Si tratta di apparenti paradossi e

dilemmi difficilmente risolvibili. Molto più semplicemente, i sistemi autonomi possono essere

arricchiti con funzionalità predittive implementando opportuni modelli (Digital Twins,

appunto) di se stessi, delle entità interagenti e dell’ambiente che li circonda.

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Così ad esempio, un veicolo a guida autonoma potrebbe accorgersi di comportamenti

anomali di altri veicoli, “sospettare” che questi siano fuori controllo, allertare altre entità del

pericolo rilevato e adottare comportamenti prudenti come conseguenza. Quanto descritto

risulta estremamente facile per un umano ma molto difficile se non impossibile, almeno allo

stato attuale della tecnologia, per una macchina come un veicolo a guida autonoma. In tale

contesto, il paradigma dei Digital Twin potrebbe aiutare a compiere un passo in avanti nella

giusta direzione.

Nell’ipotesi che un modello Digital Twin di una o più entità reali sia disponibile o

realizzabile, vi sono diversi altri ostacoli che possono prevenirne l’effettiva implementazione.

Trattandosi di ostacoli tecnologici, essi sono teoricamente superabili con l’evoluzione stessa

delle tecnologie. Ad esempio, la Figura 25 riporta uno schema delle possibili collocazioni

dei Digital Twin, da non considerare mutuamente esclusive. A livello cosiddetto “edge” (che

potrebbe tradursi liberamente come “terminale”), i modelli Digital Twin vengono simulati ed

operati sulle entità stesse, allo scopo di prevedere la propria evoluzione e quella

dell’ambiente che le circonda per prevenire guasti ed incidenti. I modelli Digital Twin si

possono prestare, infatti, a simulazioni accelerate ed analisi predittive di tipo “what if?” (cosa

accadrebbe se...). Come accennato, ciò risulterebbe importantissimo allo scopo di prendere

delle decisioni anche a fronte di situazioni impreviste, validare le conseguenze in base a

predeterminati requisiti funzionali e RAMS (Reliability, Availability, Maintainability, Safety) e,

pertanto, garantire l’integrità e la sicurezza del sistema complessivo.

Un problema potenziale della collocazione a livello “edge” sono le ridotte capacità

computazionali (CPU, memoria, ecc.) di cui sono dotati i dispositivi da campo allo scopo di

ridurre costi, dimensioni e consumi energetici, soprattutto in caso di alimentazione

autonoma (batterie, pannelli fotovoltaici, ecc.). Tale situazione potrebbe cambiare in futuro,

dato il continuo processo di miniaturizzazione che consentirà di avere dispositivi mobili con

capacità computazionali sempre crescenti. Il vantaggio è invece la possibilità di avere

completa autonomia anche quando risulta indisponibile una connessione di rete. Ciò risulta

particolarmente importante quando si opera in ambienti militari e potenzialmente ostili.

La collocazione attualmente più naturale è quella a livello “cloud”, in modo da avere a

disposizione capacità computazionali e spazio di archiviazione dinamicamente espandibili

e virtualmente illimitati. Per contro, la collocazione a livello “cloud” richiede una connettività

di rete sufficientemente continua e performante, oltre che garanzie di sicurezza e

riservatezza elevate. Una soluzione intermedia particolarmente adatta all’ambito militare è

quella della collocazione a livello “fog”, che è semplicemente un livello intermedio che

consente di ottenere un giusto compromesso tra i due estremi “edge” e “cloud”.

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Qualunque sia la collocazione dei Digital Twin, ciascuna entità sarebbe in grado di

incorporare la conoscenza, più o meno dettagliata, delle entità con cui interagisce e di

aggiornarla ed arricchirla dinamicamente nel tempo tramite opportuni meccanismi di auto-

apprendimento (self-learning).

Il paradigma Digital Twin si sposa con l’Internet of Things (IoT), e più specificamente

in ambito militare con la Internet of Battlefield Things (IoBT, vedasi la Figura 26). In tali

scenari, infatti, costituiti da una molteplicità di apparati eterogenei e cooperanti, saranno

sempre più importanti modelli strutturali e comportamentali da eseguire in real-time destinati

a realizzare funzionalità di auto-diagnostica (self-diagnostics) e pianificare processi di auto-

riparazione (self-healing).

Ricerche pionieristiche che anticipano una tale visione risalgono alla fine degli anni 90

e più recentemente hanno indirizzato aspetti meta-cognitivi quali la consapevolezza delle

proprie capacità e dei propri limiti, nonché’ la cognizione distribuita nei sistemi reattivi,

autonomi e auto-adattativi [27]. La ricerca in tale ambito si basa su approcci ad agenti mobili,

ontologie e modelli semantici, ma presenta ancora numerose sfide e problemi aperti.

I Digital Twin possono rispondere a tali sfide introducendo un paradigma che ben si presta

a rispondere alle esigenze della ricerca in ambito meta-cognitivo, laddove i sistemi autonomi

possono imitare e potenziare l’intelligenza umana nello sviluppare dei modelli della realtà

allo scopo di prevedere i comportamenti delle entità che li circondano ed adattare di

conseguenza le loro azioni.

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CPS Entity X

Digital Twin X

Digital Twin Y

Digital Twin Z

...

CPS Entity Y

Digital Twin X

Digital Twin Y

Digital Twin Z

...

CPS Entity Z

Digital Twin X

Digital Twin Y

Digital Twin Z ...

...

EDGE COMPUTING LEVEL(embedded systems,

local devices)

LAN/MAN Server(s)

Digital Twin X

Digital Twin Y

Digital Twin Z

...

...

FOG COMPUTING LEVEL(local severs)

Cloud Server(s)

Digital Twin X

Digital Twin Y

Digital Twin Z

...

CLOUD COMPUTING LEVEL(remote servers)

...

...

Figura 25. Possibilità di collocazione degli ambienti virtuali per la simulazione dei Digital

Twins.

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Figura 26. La Internet of Things applicata ai sistemi militari (IoBT, Internet of Battlefield

Things).

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Applicazioni

Abbiamo menzionato nel corso di questa ricerca diverse applicazioni in cui

l’intelligenza artificiale può essere applicata ai sistemi autonomi in ambito militare, con

particolare riferimento alla robotica (posizionata verso la base della piramide gerarchica) e

ai centri di comando e controllo (posizionati verso l’apice della piramide gerarchica).

Per quanto riguarda la robotica militare, la ricerca si muove in una direzione del tutto analoga

a quella della robotica civile e dei veicoli a guida autonoma in ambiti safety-critical, in quanto

ci si pone problemi simili riguardo agli aspetti di certificazione di sicurezza, etici e normativi.

Per quanto riguarda l’autonomia o semi-autonomia (DSS) decisionale a livello di centri di

comando e controllo, l’approccio che può essere applicato in ambito militare presenta degli

aspetti di specificità ed originalità che lo differenzia dalla maggior parte delle applicazioni

civili.

Prendiamo ad esempio una delle più note e frequenti procedure militari che si

applicano in ambito aeronautico, ovvero quella cosiddetta di “scramble” [4]. Lo “scramble”

prevede il decollo immediato di un caccia intercettore per identificare un velivolo sconosciuto

(anche noto come “zombie”) in uno spazio aereo nazionale controllato. La procedura venne

standardizzata dalla NATO durante la guerra fredda. Una volta individuata una potenziale

minaccia, il segnale di Quick Reaction Alert viene ricevuto e analizzato dal Combined Air

Operation Center (CAOC) della NATO, che impartisce l’ordine di scramble ai caccia

intercettori suddivisi per ogni spazio aereo nazionale e settore già in preallerta – il cosiddetto

Quick Reaction Alert – oppure decide di passare l’azione alle batteria missilistiche antiaeree

della NATO Integrated Air and Missile Defence. In Italia la difesa dello spazio aereo

nazionale è affidata ad alcune squadriglie dell’Aeronautica Militare (si veda anche la Figura

22). Ogni squadriglia ha sempre una coppia di intercettori pronti al decollo in tempo massimo

di 15 minuti dal segnale di Quick Reaction Alert, 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno.

L’ordine viene impartito non appena il CAOC e, nel caso italiano, i radar entrano in contatto

con il segnale di una traccia sconosciuta non identificata. Nella maggior parte dei casi, i

velivoli che ricevono l’ordine di scramble si trovano ad intercettare voli di linea senza

identificazione o dei quali si è perso il segnale radar, velivoli con problemi al transponder o

voli civili che hanno subito un dirottamento. Poiché i radar dell'aereo intercettore sono

efficaci sino ad una certa distanza, i piloti degli intercettori seguono istruzioni di rotta

continua fornite da una postazione a terra denominata "Guida Caccia", in quanto lo "zombie"

in navigazione si può spostare su rotte diverse. In questo modo gli intercettori sono

opportunamente guidati sino a quando i radar di bordo intercettano lo "zombie", il quale

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viene preso in consegna dagli intercettori, assistito (se amico), oppure, se sospetto, viene

fatto atterrare su una base aerea ed ispezionato. In caso di rifiuto viene abbattuto.

La complessità di tale procedura e la criticità e tempestività richiesti al processo

decisionale si prestano particolarmente ad una possibile automazione. In Figura 27

riportiamo un modello molto esemplificato della procedura di scramble realizzato tramite

UML Activity Diagrams. Sebbene la procedura non rappresenti esattamente quella seguita

dai velivoli dell’Aeronautica Militare, tale diagramma mostra alcuni aspetti peculiari della

modellazione delle azioni e delle decisioni in modo (semi)formale. In particolare, i blocchi

decisionali hanno una rappresentazione analoga a quella dei diagrammi di flusso, in cui

viene verificata formalmente una semplice condizione logica da cui deriva l’evoluzione della

procedura. Oltre a questi, esistono le barre di “fork” e “join” (i rettangoli blue senza testo)

che consentono di gestire rispettivamente il parallelismo e la sincronizzazione tra processi

paralleli, laddove sono necessari due o più flussi di azioni che riguardano diversi attori

coinvolti nel processo contemporaneamente. In tal modo, utilizzando una rappresentazione

procedurale semplice da realizzare ed interpretare, è possibile fornire un input di tipo

machine readable (letteralmente: “leggibile da una macchina”), ovvero una base di

conoscenza che consente ad un sistema automatico di reagire in modo autonomo o per lo

meno governare in tempo reale il processo decisionale degli operatori somministrando loro,

passo dopo passo, le operazioni da effettuare e ricevendo un opportuno riscontro

(acknowledgement) sull’azione realizzata.

Un approccio del genere, che ricade nella categoria più generale dei sistemi di

“workflow management” (gestione dei flussi di lavoro), ha molteplici benefici giacche’

consente una facile verifica ed aggiornamento delle procedure in modo da eliminare

qualsiasi ambiguità interpretativa ed allo stesso tempo predispone elevati livelli di

“automatismo controllato”, che rappresenta un buon compromesso tra la totale autonomia,

che può facilmente andare fuori controllo e l’approccio completamente manuale, soggetto a

possibili errori e ritardi.

Per contro, un approccio del genere va combinato con altri approcci di tipo

euristico/probabilistico, quali quelli di information fusion (già menzionati) sui dati acquisiti, al

fine di acquisire le capacità di evoluzione ed adattività che caratterizzano i sistemi

propriamente “intelligenti”.

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Try to contact suspect aircraft

safe response?

start of scramble procedure

end of scramble procedure

yes

no

inform stakeholderscommand immediate

takeoff

monitor and escort

real threat?

bring down aircraft

yes

no

select the closer air

base

re-try to contact and observe

contact all people

responsible for sky

security

Figura 27. Esempio di modello UML Activity Diagram applicato alla procedura militare

cosiddetta di “scramble” (semplificata)

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55

Principali problematiche ed implicazioni pratiche

Abbiamo visto nei precedenti paragrafi come la Difesa possa beneficiare dei diversi

paradigmi dell’AI applicata ai sistemi autonomi in svariati contesti operativi. I vantaggi

potenziali sono ben noti: le macchine sono più robuste e veloci, non si stancano e non si

distraggono, rispettano gli ordini, non si tirano indietro, difficilmente sbagliano se ben

progettate e soprattutto hanno un valore inferiore di quello associato ad una vita umana.

Macchine intelligenti ed autonome sono anche in grado di adattarsi al contesto operando in

situazioni diverse da quelle nominali purché dotate della capacità di apprendere dalla

propria esperienza e fronteggiare imprevisti. Mentre per le macchine più tradizionali i

vantaggi sono dimostrati in numerosi anni di impiego pratico, per quelle intelligenti ed

autonome non si ha ancora un’esperienza tale da poter supportare le precedenti

affermazioni. Riepiloghiamo di seguito le principali problematiche che possono insorgere e

devono essere affrontate:

Approvvigionamento

Le nuove macchine da utilizzare in contesti militari dovrebbero essere prodotte

(progettate, sviluppate, verificate, manutenute) da aziende e personale certificati secondo

tutti i più moderni standard di qualità e sicurezza (ISO 27001, CISSP, ecc.), oltre che

dotati di opportuni livelli NOS (Nulla Osta Sicurezza). I prodotti dovrebbero essere a loro

volta certificati secondo gli standard applicabili di affidabilità e sicurezza (es. ISO/IEC

15408), a livelli sufficientemente alti di EAL (Evaluation Assurance Level), in funzione dei

rischi legati alla specifica applicazione. Ciò ridurrà al minimo il rischio che si presentino

guasti di tipo casuale/naturale e attacchi di tipo intenzionale/doloso che possano minare

la sicurezza nell’operato delle macchine. Le macchine approvvigionate dovranno

rispettare, compatibilmente con l’applicazione militare, anche gli standard applicabili di

tipo etico come quelli in fase di sviluppo da parte dell’IEEE Standards Association (es.

IEEE P7008, P7009, P7010) [24].

Apprendimento

L’apprendimento dovrebbe essere sempre supervisionato ed avvenire in condizioni

controllate al fine di scongiurare minacce di indottrinamento malizioso. La modalità di

apprendimento dovrebbe essere validata così come dovrebbero essere collaudate

opportunamente le reazioni in condizioni operative nominali e non nominali. È infatti facile

per una macchina essere tratta in inganno da dati storici non correttamente interpretati.

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L’esempio ironico che viene a volte menzionato in questi casi è quello dell’esercito di

robot (autonomi ed intelligenti) che viene facilmente sconfitto da un esercito di esseri

umani in quanto la strategia dei robot, essendo basata su dati storici di battaglie vinte in

passato, prevedeva l’uso di armi rudimentali quali lance e sassi (Figura 28). Il paradosso

deriva dall’assenza di capacità critica nell’interpretazione delle informazioni, che richiede

un’intelligenza di livello superiore (si pensi al proliferare del fenomeno delle “fake news”

che mettono in difficoltà le capacità critiche anche negli esseri umani).

Controllo e supervisione

L’interazione uomo-macchina per sistemi autonomi diventa particolarmente critico, in

quanto non si tratta soltanto di una questione di (tele)comando, come avviene per la

stragrande maggioranza delle macchine attuali. Infatti, una cosa è comandare un’azione

specifica come “accelera, vira, spara, ecc.”, come nel caso del pilotaggio remoto, ben

altra cosa è trasmettere comandi, istruzioni e priorità ad una macchina autonoma, che

deve interpretarle correttamente in modo da tradurle in azioni opportune, da

intraprendere subito e da tenere sempre ben presenti nell’affrontare situazioni impreviste.

Inoltre, laddove possibile ed opportuno, dovrebbe essere prevista una supervisione delle

decisioni critiche prese autonomamente dalle macchine al fine di approvazione/

disapprovazione, soprattutto in caso di presenza di “dilemmi” (es. quale obiettivo

sacrificare quando non esiste una soluzione ottima che soddisfi appieno i criteri

decisionali di base e/o gli ordini ricevuti). Il controllo e la supervisione sono

particolarmente importanti per le macchine intelligenti perché permettono di sviluppare

l’apprendimento esperenziale anche nelle fasi operative, qualora tale funzionalità sia

prevista in fase di progettazione e abilitata in fase di gestione.

Procedure e scenari operativi

Le procedure tradizionali dovranno essere riviste, adeguate ed estese, al fine di tenere

in conto l’adozione di macchine intelligenti ed autonome negli scenari operativi.

Bisognerà definire, in funzione del livello di intelligenza ed autonomia, oltre che del livello

di certificazione di sicurezza raggiunto dalle macchine, quali saranno i limiti di impiego e

come saranno suddivise le responsabilità tra i diversi attori coinvolti (progettisti,

manutentori, controllori, ecc.). È particolarmente importante definire le modalità di

interazione e collaborazione tra soldati umani e cyber-soldati al fine di instaurare un

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rapporto di fiducia e prevenire problemi di ambiguità di comunicazione e fraintendimenti

che possono portare a difficoltà di cooperazione e convivenza. È preferibile limitare

inizialmente l’autonomia delle macchine in modo da consentire un passaggio graduale

nell’affiancamento uomo-macchina, finche’ non si sarà raggiunto un adeguato livello di

integrazione negli scenari operativi e nelle procedure esistenti.

Responsabilità

Nel caso in cui si verifichi un incidente, dovrà essere agevole individuarne le

responsabilità. A tal scopo, oltre a tutti i requisiti di correttezza e verifica formale richiesti

dal processo di certificazione rispetto agli standard applicabili (pre-condizioni), dovranno

essere aggiunte delle post-condizioni, che verificheranno le decisioni prese

autonomamente rispetto a condizioni di sicurezza generiche (indipendenti dal contesto)

e specifiche (dipendenti dal contesto). Se non si individueranno responsabilità

nell’operato delle macchine in termini di errori nelle fasi di progettazione e apprendimento

e se al tempo stesso tutte le pre-condizioni e post-condizioni saranno rispettate, allora la

macchina avrà sbagliato tentando di fare il proprio meglio alla stregua di un essere umano

(incidente inevitabile) oppure avrà eseguito degli ordini intrinsecamente errati

(responsabilità di un superiore).

Non abbiamo menzionato in questo riepilogo le problematiche di tipo metodologico e

tecnologico legate allo sviluppo di macchine intelligenti e sistemi autonomi, preferendo

concentrarci sulla loro adozione in un contesto critico quale quello militare. È però

importante sottolineare come la maturità tecnologica di tali sistemi ed il relativo processo di

sviluppo e validazione devono essere valutati attentamente, in funzione della criticità

dell’applicazione e del livello di intelligenza ed autonomia richiesti. Vi sono, infatti, diverse

applicazioni meno critiche anche in ambito militare (es. sorveglianza, pattugliamento, ecc.),

in cui non è necessario il controllo di armi. Tali applicazioni sono quelle che meglio si

candidano alla sperimentazione di nuove tecnologie che, una volta assestate, possono

essere progressivamente estese e validate per un’adozione più ampia e per l’impiego in

contesti di maggiore criticità. Allo stato attuale è solo possibile fare delle previsioni

basandosi sul cosidetto Hype Cycle delle tecnologie emergenti (Figura 29) e sulle previsioni

di esperti, come sintetizzato nel riferimento bibliografico [34] . Il grafo mostra il ciclo di vita

delle tecnologie dalle fasi di concezione (sinistra) a quelle di maturità e adozione diffusa

(verso destra).

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In base alle previsioni aggiornate ad Agosto 2018, si prevede il seguente sviluppo delle

tecnologie abilitanti in qualche modo rilevanti per il presente studio:

tra i 2 e i 5 anni

fase “technology trigger”: 5G, Deep Neural Network ASICs;

fase “peak of inflated expectations”: Deep Neural Nets (Deep Learning), Virtual

Assistants;

tra i 5 e i 10 anni

fase “technology trigger”: Knowledge Graphs, Neuromorphic Hardware, Blockchain for

Data Security, Edge AI, Conversational AI Platform, Self-Healing System Technology,

Quantum Computing, AI PaaS, Smart Robots;

fase “peak of inflated expectations”: Autonomous Mobile Robots, Smart Workspace,

Biochips, Digital Twin, Carbon Nanotube, IoT Platform, Silicon Anode Batteries,

Blockchain;

fase “through of disillusionment”: Connected Home, Mixed Reality, Augmented Reality;

oltre i 10 anni

fase “technology trigger”: Biotech – Cultured or Artificial Tissue, Flying Autonomous

Vehicles, Smart Dust, Artificial General Intelligence, 4D Printing, Human

Augmentation, Autonomous Driving Level 5, Volumetric Displays

fase “peak of inflated expectations”: Brain Computer Interface

fase “through of disillusionment”: Autonomous Driving Level 4

Pertanto, secondo le previsioni di Gartner, quella della realtà aumentata è una delle

aree tecnologiche da monitorare più attentamente in quanto ci si aspetta che un livello di

maturità sufficientemente elevato possa essere raggiunto entro i prossimi 10 anni.

Quello dell’AI risulta invece uno dei trend di maggiore importanza, comprendendo numerose

tecnologie emergenti quali la guida autonoma, i velivoli autonomi e gli smart robots.

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Figura 28. Una vignetta che illustra in modo ironico i rischi dell’applicazione del machine

learning.

Figura 29. Il cosiddetto hype cycle per la previsione dei livelli di maturità delle tecnologie

emergenti.

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Conclusioni e sviluppi futuri

Nella presente ricerca abbiamo analizzato gli aspetti salienti dell’intelligenza artificiale

applicata ai sistemi autonomi in applicazioni di difesa. Abbiamo innanzitutto notato che non

esistono definizioni univoche di “intelligenza” ed “autonomia” e che esistono diversi livelli e

sfumature possibili. Dall’analisi di diverse tecniche e strategie rilevanti in questo settore,

siamo giunti alla conclusione che ambiti caratterizzati da un elevato livello di complessità e

criticità, quali quello militare, richiedono una combinazione sinergica di diversi approcci usati

in modo congiunto ed olistico. La gestione della complessità non può che seguire un

approccio di tipo “divide et impera”, ovvero di tipo modulare e composizionale, con la

stratificazione e decomposizione dei livelli decisionali della piramide gerarchica di comando

e controllo. Ogni elemento, dal veicolo autonomo al soldato “aumentato”, avrà una sua

intelligenza e capacità decisionale che dovrà essere opportunamente istruita/allenata e

controllata in modo da evitare incidenti e problematiche di tipo etico o normativo. In altre

parole, è essenziale fissare alcuni “paletti” per limitare la libertà delle macchine ed elementi

di controllo che consentano, sia off-line (in fase di progetto e verifica) sia on-line (in fase

operativa), di verificare il rispetto di determinate condizioni di sicurezza. Tale verifica del

processo decisionale (o anche del piano strategico) potrà essere effettuato in modo sia

automatico, ad esempio tramite tecniche di run-time model-checking, o manuale, laddove

decisioni considerate critiche sono proposte autonomamente dalle macchine, ma

demandate all’approvazione degli operatori umani come precondizione alla loro attuazione.

Quello militare è storicamente un ambito di ricerca che ha anticipato numerose

conquiste a livello tecnologico che nel tempo sono state trasferite in ambito civile.

Negli ultimi anni questo trend si sta capovolgendo attestando la lead dello sviluppo

tecnologico all'industria, con la Difesa in supporto ad essa e fruitrice dei suoi benefici

innovativi. Tuttavia, relativamente alle tematiche trattate in questa ricerca, anche quelle di

più ampio respiro, ci si aspetta che molti sviluppi pionieristici dei cosiddetti Symbiotic

Autonomous Systems si concretizzeranno nel ristretto ambito della difesa, attraverso

investimenti specifici e sperimentazioni ad hoc [34]. Possiamo menzionare, ad esempio, le

tematiche degli “umani aumentati” (augmented humans), dotati di protesi tecnologiche ad

elevate prestazioni capaci di potenziarne le capacità sensoriali e motorie, che vedranno

molto probabilmente la luce in linea con le evoluzioni della ricerca sul “super soldato” (vedasi

la Figura 30). Un’altra ricerca, particolarmente suggestiva e sfidante, è quella dei cosiddetti

“cani robotici” (Figura 31), ovvero cobots di tipo UGV capaci di affrontare percorsi

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estremamente impervi, e pertanto dotati di elevatissime capacità di adattamento e

coordinamento, oltre che di adeguate caratteristiche di intelligenza ed autonomia [5].

Parallelamente alle evoluzioni tecnologiche, è prevedibile che molte energie verranno

profuse nella definizione di linee guida e standard internazionali oltre che nelle rilevanti

implicazioni etiche e legali [25].

Figura 30. “Super soldato” dotato di esoscheletro tecnologico.

Figura 31. Un prototipo di cane militare robotico.

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62

Abbreviazioni ed acronimi

Acronimo Espansione

ADC Analog to Digital Converter

AI Artificial Intelligence

ANN Artificial Neural Network

API Application Programming Interface

AR Augmented Reality

ARPANET Advanced Research Projects Agency NETwork

AS Autonomous Systems

ASIC Application-Specific Integrated Circuit

BN Bayesian Network

C2 Command & Control

C3 Command, Control & Communications

CAD Computer Aided Design

CAOC Combined Air Operation Center

CBRNe Chimico Batteriologico Radiologico Nucleare

esplosivo

CERT Computer Emergency Response Team

CISSP Certified Information Systems Security

Professional

CPS Cyber-Physical Systems

CPU Central Processing Unit

DAC Digital to Analog Converter

DAG Direct Acyclic Graph

DBMS Data Base Management System

DSS Decision Support Systems

EAL Evaluation Assurance Level

ES Embedded Systems

HCI Human Computer Interface

HMI Human Machine Interface

HMM Hidden Markov Model

I/O Input / Output

ICT Information & Communications Technology

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IEEE Institute of Electrical and Electronics Engineers

IF Information Fusion

IoBT Internet of Battlefield Things

IoT Internet of Things

IoTH Internet of Things and Humans

IP Internet Protocol

IR InfraRed

IT Information Technology

LAN Local Area Network

MAN Metropolitan Area Network

MANET Mobile Ad-hoc NETwork

MEMS Micro Electro-Mechanical Systems

ML Machine Learning

NATO North Atlantic Treaty Organization

NBCR Nucleare Biologico Chimico Radiologico

NCIA NATO Communications and Information Agency

NOS Nulla Osta Sicurezza

OCC Operations Control Center

PaaS Platform as a Service

PDCA Plan-Do-Check-Act (ciclo di Deming)

PIN Personal Identification Number

PSIM Physical Security Information Management

RACI Responsible-Accountable-Consulted-Informed

RAM Random Access Memory

RAMS Reliability, Availability, Maintainability, Safety

ROM Read Only Memory

RT Real-Time

SAS Symbiotic Autonomous Systems

SDE Software Defined Everything

SDK Software Development Kit

SDN Software Defined Networks

SIEM Security Information and Event Management

SOC Security Operations Center

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SWORDS Special Weapons Observation Reconnaissance

Detection System

UAV Unmanned Aerial Vehicle

UGV Unmanned Ground Vehicle

UML Unified Modeling Language

VCA Video Content Analytics

VoIP Voice Over IP

VR Virtual Reality

Wi-Fi Wireless

WLAN Wireless Local Area Network

WSN Wireless Sensor Network

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NOTA SUL Ce.Mi.S.S. e NOTA SUGLI AUTORI

Ce.Mi.S.S.1

Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.) è l'Organismo che gestisce, nell'ambito e

per conto del Ministero della Difesa, la ricerca su temi di carattere strategico.

Costituito nel 1987 con Decreto del Ministro della Difesa, il Ce.Mi.S.S. svolge la propria

opera valendosi si esperti civili e militari, italiani ed esteri, in piena libertà di espressione di

pensiero.

Quanto contenuto negli studi pubblicati riflette quindi esclusivamente l'opinione dei

Ricercatori e non quella del Ministero della Difesa.

Francesco Flammini

Francesco Flammini ha ottenuto la laurea con lode in

Ingegneria Informatica (2003) ed il Dottorato di

Ricerca in Ingegneria Informatica e Automatica

(2006) presso l’Università di Napoli Federico II. Ha

avuto esperienze professionali e di ricerca sia nel

mondo industriale (tra cui Ansaldo STS, Poligrafico

dello Stato) che in quello accademico (tra cui

University of Maryland, Linnaeus University). È

attualmente membro Senior dell’IEEE, presidente del comitato tecnico IEEE SMC sulla

Homeland Security, e coordinatore delle conferenze per l’initiativa IEEE sui Symbiotic

Autonomous Systems. È autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche su libri, riviste e atti di

congressi internazionali. Il suo ultimo libro, pubblicato da Springer, si intitola “Resilience of

Cyber-Physical Systems: From Risk Modeling to Threat Counteraction”.

1 http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pagine/default.aspx

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Stampato dalla Tipografia delCentro Alti Studi per la Difesa

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