arcireport n 45 2013

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Il 10 dicembre è il giorno di DUDU. Di DUDU non di DUDU’ il barboncino, l’unico essere, a parte i figli, rimasto sinceramente fedele al condannato e decaduto, per il momento solo da Sena- tore, Berlusconi. In una Italia che insegue più il gossip e l’immagine che la sostanza e i fatti, è bene sempre precisare, soprattutto quando l’anniversario della Dichiara- zione Universale dei Diritti Umani (DUDU, per l’appunto) rischia di pas- sare inosservato o inserito tra i trafiletti di una stampa a volte disattenta. Per la prima volta, il 10 dicembre 1948, veniva scritto che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere al mondo. In particolare, l’art. 2 c. 1 così recita: «Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzi- one alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchez- za, di nascita o di altra condizione»; l’art. 25 c. 1 stabilisce inoltre: «Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il be- nessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà». Alla luce dei dati Eurostat, relativi al 2012, secondo cui, dopo la Grecia, l’Italia è il Paese della zona euro dove il rischio di povertà ed esclusione sociale è più alto con il 29,9% della popolazione che rischia di diventare povero, è sempre più evidente che la povertà imposta, non quella volontaria ed evangelica di San Francesco, sia ormai divenuta la con- dizione di vita di una fetta consistente non solo della popolazione mondiale, ma anche di quella di un Paese, come il nostro, tra i più industrializzati del mondo. Dichiariamo illegale ingiustizia e povertà di Michela Faccioli presidenza Arci Ciao Madiba, cittadino del mondo di Andreina Albano Il preambolo della nuova Costituzione del Sud Africa, del 1996, si apre con questa solenne dichiarazione: «Noi, popolo del Sudafrica, riconosciamo le ingiustizie del passato; onoriamo coloro che soffrirono per la giustizia e la libertà della loro terra; rispet- tiamo coloro che hanno lavorato per costruire e sviluppare il nostro paese; e crediamo che il Sudafrica ap- partenga a tutti coloro che ci vivono, uniti nella loro diversità». In queste parole c’è tutta la sto- ria della vita di Nelson Rolilhalhia (attaccabrighe) Mandela, n. 46664 nel carcere di massima sicurezza di Robben Island. Nessun uomo ha permeato di sé la costituzione del suo paese come Man- dela. L’hanno chiamato Invictus - il titolo di un film famoso a lui dedicato - non perché fosse invincibile, ma perché non è mai stato vinto. Ricevette il premio Nobel per la pace nel 1993. Ma nella sua vita dovette fare anche la scelta della lotta ar- continua a pagina 2 continua a pagina 2 arcireport settimanale a cura dell’Arci | anno XI | n. 45 | 10 dicembre 2013 | www.arci.it | report @arci.it 10 Dicembre, anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

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Page 1: Arcireport n 45 2013

Il 10 dicembre è il giorno di DUDU. Di DUDU non di DUDU’ il barboncino, l’unico essere, a parte i figli, rimasto sinceramente fedele al condannato e decaduto, per il momento solo da Sena-tore, Berlusconi. In una Italia che insegue più il gossip e l’immagine che la sostanza e i fatti, è bene sempre precisare, soprattutto quando l’anniversario della Dichiara-zione Universale dei Diritti Umani (DUDU, per l’appunto) rischia di pas-sare inosservato o inserito tra i trafiletti di una stampa a volte disattenta. Per la prima volta, il 10 dicembre 1948, veniva scritto che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere al mondo. In particolare, l’art. 2 c. 1 così recita:«Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzi-one alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchez-za, di nascita o di altra condizione»; l’art. 25 c. 1 stabilisce inoltre: «Ogni

individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il be-nessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà». Alla luce dei dati Eurostat, relativi al 2012, secondo cui, dopo la Grecia, l’Italia è il Paese della zona euro dove il rischio di povertà ed esclusione sociale è più alto con il 29,9% della popolazione che rischia di diventare povero, è sempre più evidente che la povertà imposta, non quella volontaria ed evangelica di San Francesco, sia ormai divenuta la con-dizione di vita di una fetta consistente non solo della popolazione mondiale, ma anche di quella di un Paese, come il nostro, tra i più industrializzati del mondo.

Dichiariamo illegaleingiustizia e povertà

di Michela Faccioli presidenza Arci

Ciao Madiba, cittadino del mondo

di Andreina Albano

Il preambolo della nuova Costituzione del Sud Africa, del 1996, si apre con questa solenne dichiarazione: «Noi, popolo del Sudafrica, riconosciamo le ingiustizie del passato; onoriamo coloro che soffrirono per la giustizia e la libertà della loro terra; rispet-tiamo coloro che hanno lavorato per costruire e sviluppare il nostro paese; e crediamo che il Sudafrica ap-partenga a tutti coloro che ci vivono, uniti nella loro diversità». In queste parole c’è tutta la sto-ria della vita di Nelson Rolilhalhia (attaccabrighe) Mandela, n. 46664 nel carcere di massima sicurezza di Robben Island. Nessun uomo ha permeato di sé la costituzione del suo paese come Man-dela. L’hanno chiamato Invictus - il titolo di un film famoso a lui dedicato - non perché fosse invincibile, ma perché non è mai stato vinto. Ricevette il premio Nobel per la pace nel 1993. Ma nella sua vita dovette fare anche la scelta della lotta ar-

continua a pagina 2continua a pagina 2

arcireportsettimanale a cura dell’Arci | anno XI | n. 45 | 10 dicembre 2013 | www.arci.it | report @arci.it

10 Dicembre, anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20132 migranti

La povertà non è la risultante di un destino cinico e baro: se, come ripor-tato in un recente articolo de Il Sole 24 ore, nel corso del 2012 gli italiani che si sono rivolti ai centri in cerca di cibo erano ormai il 37%; se l’art. 32 della Costituzione viene disatteso perché, ci ricorda La Repubblica, si stima che lo scorso anno 1,8 milioni di cittadini italiani abbiano abbandonato il sistema sanitario pubblico e rinunciato a esami, visite, analisi non essendo più in grado di pagare i ticket; se uno studio della Banca d’Italia stabilisce che i 10 indi-vidui italiani più ricchi posseggono una quantità di ricchezza equivalente a quella dei tre milioni più poveri, si comprende che molti, in Italia, stanno ridiscen-dendo quella scala sociale risalita nel Novecento. Sosteneva J.J. Rousseau nell’Origine della disuguaglianza: «È manifestamente contrario alla legge di natura (...) che un bambino comandi a un vecchio, che un imbecille guidi un saggio e che un pugno di uomini sia pieno di cose superflue mentre la moltitudine affamata manca del necessario». Occorre intervenire sulle cause della povertà e della disuguaglianza, occorrono quelle politiche redistributive accantonate per decenni in Occidente o avversate da un’ideologia che trovava uno dei suoi maggiori interpreti in Reagan,

mata, privilegiando le sollevazioni popolari agli atti di terrorismo. Era il luglio del 1961, l’anno in cui si spegneva Franz Fanon, l’autore de I dannati della terra, il più grande grido di dolore e di lotta contro il colonialismo. Fanon, dal suo letto dove lo con-sumava la leucemia, scriveva: «Non siamo nulla su questa terra se non siamo prima di tutto schiavi di una causa, della causa dei popoli, della causa della giustizia e della libertà.» Quando Madiba venne condannato all’ergastolo il 20 aprile 1964 concluse la sua arringa con parole analoghe: «Ho nutrito l’ideale di una società libera e democratica in cui tutte le persone possano vivere in armonia e con uguali opportunità. È un ideale per cui spero di vivere e di potere raggiungere. Ma se fosse necessario, è un ideale per cui sono pronto a morire». È questa assoluta deter-minazione che gli consente, una volta ottenuta la vittoria, di anteporre la riconciliazione alla vendetta. Madiba sapeva che la vittoria non è tale se non è riconosciuta dal vinto, mentre la sua distruzione impedisce alla vittoria di essere persino compresa nel suo vero significato. Certamente come la rivoluzione non è un pranzo di gala, neppure la riconciliazione lo è. Costruire una società democratica e multicolore non significa di per sé risolvere né tantomeno cancellare il conflitto, ma cercare di ricomporlo entro la cornice di una dialettica non distruttiva. Non sempre ci si riesce. Ce lo ricordano i minatori uccisi non molto tempo fa nello stesso Sudafrica. Il messaggio di Mandela non era rivolto solo al proprio popolo, ma a tutta l’Africa, scossa da miserie, lotte fratricide e terreno di conquista di forme più raffinate ma ancora più rapaci di moderno colonialismo. Definì la questione palestinese come la più grande questione morale del XXI secolo. Fu il più grande amico di Cuba, chiedendo a più riprese la fine dell’embargo. Era un cittadino del mondo. Nel suo discorso di insediamento a Presidente disse: «Il nostro accordo solenne è di costruire una società in cui tutti i Sudafricani, neri e bianchi, potranno camminare a testa alta, senza paura nei loro cuori, sicuri del loro inalienabile diritto alla dignità umana – una nazione arcobaleno in pace con se stessa e il mondo». Ovvero: il Sudafrica come metafora del mondo che vorremmo.

colui che affermò: «Lo Stato non è la soluzione ai nostri problemi. Lo Stato è il problema». Eppure proprio gli USA, tra la fine dell’Ottocento e primi anni del secolo scorso, si interrogarono non di rado sui temi della disuguaglianza e della giustizia sociale (l’opera di H. George, Progresso e povertà, vendette due milioni di copie), ed intervennero, durante la Seconda Guerra Mondiale, con imposte sul reddito delle persone fisiche fino a raggiungere gradualmente un massimo del 94% (in Italia, oggi, chi ha un reddito di 100mila euro viene equiparato a chi ne ha un milione poiché sono assoggettati alla stessa aliquota del 43%) e con una tassa del 90% sui surplus di profitto. Uno Stato che si inginocchia al mercato selvaggio ed egoista o che al più asseconda le opere caritatevoli del privato sociale, non è al servizio dei suoi cittadini e rifugge dalla Carta costi-tuzionale. Il ruolo che organizzazioni come l’Arci possono svolgere in questo contesto è determinante per costringere le Istituzioni alle proprie responsabilità e ad intraprendere efficaci politiche pubbliche. Perché va individuato ciò che deve stare fuori dal mercato: i beni comuni, gli emarginati, gli esclusi, ecc.. Perché va considerato che la povertà è un’ingiustizia e, in quanto tale, deve essere dichiarata illegale.

segue dalla prima paginasegue dalla prima pagina

A due anni dalla strage di piazza Dalmazia

Il 13 dicembre 2011, un estremista di destra freddò con alcuni colpi di fucile Modou Samb e Diop Mor, ferendo gravemente altri tre loro connazionali senegalesi. Una strage razzista e fascista che ha lasciato una ferita ancora non rimar-ginata, a Firenze e in tutto il Paese. Anche quest’anno l’Arci di Firenze e della Toscana sono impegnate in alcune iniziative per non dimenticare e per sostenere le vittime di quella strage. Il 13 dicembre di quest’anno alle 11.30 in piazza Dalmazia si terrà un presidio per ricordare Modou Samb e Mor Diop; a seguire, il convegno Rispetto e dignità. No al razzismo e alla xenofobia e alle 21 al Cinema Stensen ci sarà la proiezione, in anteprima nazionale, di Va’ pensiero. Storie ambulanti di Dagmawi Yimer alla presenza della Ministra per l’Integrazione Cècile Kyenge.

Va’ pensiero racconta il difficile tentativo di tornare a una vita normale da parte di migranti sopravvissuti a gravi episodi di violenza: Mohammed Ba, accoltellato nel centro di Milano da uno sconosciuto, e Mor Sougou e Cheikh Mbengue, grave-mente feriti a Firenze il 13 dicembre 2011 in pieno giorno, in occasione dell’eccidio di Piazza Dalmazia. Il regista Dagmawi Yimer, rifugiato dall’Etiopia, racconta la violenza dal punto di vista di chi l’ha subita. Per fare uscire i migranti dall’anonimato e aiutare l’opinione pubblica a riscoprire l’uomo dietro la vittima. Il 15 dicembre al circolo Arci Rinascita a Campi Bisenzio si terrà una cena di rac-colta fondi per il Senegal e la proiezione del video di Benedetto Ferrara e Antonio Chiavacci sulla missione in Senegal di Arci, Cgil e Unicoop Firenze.

www.arcifirenze.it

di Antonio Cannata Arci Firenze

La nostra solidarietà all’Arci di Torino la cui sede è stata questa notte devastata e saccheggiata. Ci auguriamo che i danni non siano troppo ingenti e che al più presto le compagne e i compagni di Torino siano in grado di ripristinare le normali attività.

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20133 economia

Una contromanovra da 26 miliardi per costruire il nostro futuro

Uno dei temi centrali del Rapporto di Sbilanciamoci di quest’anno è la critica ai vincoli imposti dall’Unione Europea, per riaprire una discussione su finanza e spesa pubblica e sugli obiettivi del bilancio statale e gli spazi di democrazia. Le proposte sono divise in 7 aree tematiche principali: Fisco e Finanza, Lavoro e Reddito, Cultura e Conoscenza, Ambiente e sviluppo sosteni-bile, Welfare e diritti, Cooperazione pace e disarmo, Altraeconomia. Cominciamo ad approfondirne qualcuna. Al centro c’è il lavoro e la necessità di introdurre una sperimentazione di reddito minimo. Lavoro e reddito sono due temi fortemente connessi in un paese che ha raggiunto il 12,5% di disoccupazione totale, il 40% di disoccupazione giovanile e in cui la povertà riguarda il 30% della popolazione. Assumono quindi particolare rilevanza le proposte di un piano del lavoro da 3,5

miliardi di euro e la sperimentazione di un reddito minimo del costo complessivo di 4 miliardi di euro. Il piano lavoro è finalizzato a creare occupazione di qualità: stabile, pu-lita, ‘disarmata’, creando almeno 300 mila posti di lavoro in settori strategici come la messa in sicurezza di edifici pubblici, energie rinnovabili, riassetto idrogeologi-co, valorizzazione dei beni culturali e del patrimonio artistico, servizi alla persona e istruzione, insomma le cosiddette ‘piccole opere’ di cui ha davvero bisogno il nostro paese. La proposta che riguarda il reddito, invece, garantirebbe 500 euro al mese individuali alle 764mila persone che si trovano in condizioni di povertà assoluta e che sono in cerca di occupazione. Il Rapporto avanza poi alcune proposte per riorientare la spesa pubblica. Innanzitutto un forte rifinanziamento dei settori mag-giormente colpiti negli anni come la cultura

(2,4 miliardi) e la conoscenza (1,5 miliardi per il Fondo di Finanziamento Ordina-rio delle università, fondamentale anche per la ricerca, e 1 miliardo per l’edilizia scolastica). Una particolare attenzione è dedicata alla copertura totale delle borse di studio universitarie, per l’abolizione della figura dell’idoneo non vincitore (350 milioni), all’eliminazione del dottorato di ricerca senza borsa (50milioni), alla lotta alla dispersione scolastica (30 milioni), all’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni e l’integrazione (200 milioni). Si propone inoltre l’istituzione di un fondo nazionale per le attività culturali (600 milioni) e l’abolizione del pagamento dei diritti Siae per i concerti di musica dal vivo con un massimo di 200 spettatori (15 milioni), promuovendo il libero accesso alle attività culturali da parte di studenti e soggetti in formazione (50 milioni).

Il XV Rapporto di Sbilanciamoci!

di Paolo Fiorio coordinatore dell’Osservatorio Credito & Risparmio di Movimento Consumatori

Prima udienza del processo Fonsai

Lo scorso 4 dicembre ha preso il via a Torino il primo processo che vede im-putati alcuni degli gli ex amministratori Fonsai: Salvatore Ligresti, la figlia Jonella e il figlio Paolo Gioachino (Giulia Ligresti ha patteggiato nel mese di settembre), Fausto Marchionni, Emanuele Erbetta e Antonio Talarico. Il Movimento Consumatori si è costitu-ito parte civile ed ha raccolto oltre 200 costituzioni di parte civile degli azionisti.Presumibilmente alla fine del mese di gennaio 2014, si terrà invece l’udienza preliminare del secondo filone del processo che riguarda Paolo Gioachino Ligresti, il figlio ‘fortunato’ di Salvatore, ora residente in Svizzera e sfuggito alle misure cautelari richieste dalla Procura della Repubblica, i sindaci, gli attuari, i revisori e la stessa Fonsai quale responsabile amministrativo.Le accuse della Procura della Repubbli-ca in entrambi i giudizi riguardano due gravi reati economici: il falso in bilancio aggravato e la manipolazione al mercato. I fatti risalgono almeno al 2010, anno in cui la società non ha fornito ai mercati finanziari informazioni corrette in merito alle riserve sinistri (gli accantonamenti che ogni compagnia deve effettuare per

far fronte al pagamento dei sinistri negli anni successivi). Secondo la Procura della Repubblica di Torino il bilancio del 2010 conteneva una sottovalutazione della ri-serva sinistri e di altre poste non inferiore a 538 milioni di euro. Gli imputati, per poter continuare a godere di una serie di vantaggi, tra i quali la distribuzione degli utili, le consulenze ed i compensi milionari, hanno utilizzato un trucchetto semplice: anche in assenza dell’integrale pagamento del sinistro al danneggiato la compagnia lo chiudeva dandolo quindi per pagato, salvo riaprirlo nell’esercizio successivo alla prima occasione in cui il danneggiato avanzava nuove richieste risarcitorie.Le dimensioni e gli effetti dei falsi con-testati agli imputati sono così rilevanti che si tratta di uno dei pochi casi nei quali ancora oggi, pur in un contesto di quasi depenalizzazione, la falsificazione del bilancio può avere rilevanza penale. L’ipotesi accusatoria evidenzia infatti un danno complessivo superiore allo 0,1% del Pil nazionale e una platea di danneggiati superiore allo 0,1% della popolazione. In particolare il danno complessivo conse-guente alla sola falsificazione della riserva

sinistri supererebbe i 250 milioni di euro e riguarderebbe quasi 12mila azionisti.La diffusione di informazioni economiche inesatte, specialmente quando i falsi sono così economicamente importanti, distorce le dinamiche del mercato e la formazione dei prezzi di quotazione che non tengono conto dell’effettiva situazione economico finanziaria dell’emittente. Questo deter-mina, per alcuni investitori, l’acquisto delle azioni a un prezzo superiore rispetto a quello che si sarebbe formato in un contesto informativo corretto e, per altri, la mancata vendita del titolo, altrimenti inevitabile in caso di una effettiva e veri-tiera rappresentazione della situazione economica della società.I piccoli azionisti devono infatti insistere non solo per la condanna dei soggetti responsabili, ma anche per ottenere la liquidazione dei danni subiti; solo così riteniamo sia possibile creare adeguati incentivi per consentire una gestione dei mercati finanziari corretta e rispettosa dei diritti dei cittadini. Tutti gli azionisti Fonsai e Milano Assicurazioni possono rivolgersi a MC scrivendo a [email protected] o telefonando al numero verde 800 150 872.

Il Movimento Consumatori si è costituito parte civile

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20134 infanzia&adolescenza

‘Offriremo occasioni di parola, confronto e azione ai maggiori esperti dell’infanzia: i bambini stessi’

‘Un’Italia da ricostruire partendo dai bambini, dai ragazzi e dai giovani’ è il titolo del documento programmatico del vostro Congresso: in che modo ciò può concretamente realizzarsi?Il documento programmatico è il prodotto di una scrittura partecipata che ha visto coinvolti numerosi autori. In sintesi, attra-verso questionari, interviste, feedback dai circoli e da soggetti esterni, gli estensori materiali del documento hanno verificato e poi restituito una fotografia sia dell’asso-ciazione, vista dall’interno e dall’esterno, sia una fotografia della realtà riguardo la condizione dell’infanzia, dell’adolescenza e del mondo dei giovani, nell’intero paese. La realtà appare fortemente preoccupante. Di fatto si può infatti affermare che siamo nel pieno di un’emergenza educativa, più che istituzionale. La disattenzione verso le problematiche dell’infanzia, la disaffezione nei confronti di progetti di ampio respiro, la disarti-colazione di una politica per le nuove generazioni, visibile sia a livello nazionale che locale, denota un’incapacità di leggere

la crisi e, quindi, un’incapacità di credere che il suo superamento passi attraverso un investimento, non solo in mere risorse materiali. È evidente, agli occhi di chi si confronta quotidianamente con bambini e bambine, ragazzi e ragazze e con i gio-vani, che l’offerta formativa ed educativa sia fortemente inficiata dalla mancata elaborazione di un progetto complessivo che parta dalla analisi delle istanze, dei desideri e dei diritti, che rispetti i tempi e i linguaggi, che raccolga gli entusiasmi e le elaborazioni dei giovani, che li renda protagonisti e centrali nella crescita sia loro che della comunità. Le politiche ‘per’ l’infanzia, ‘per’ i giovani sono raramen-te intese come politiche ‘con’ l’infanzia, ‘con’ i giovani. La crescita delle nuove generazioni non viene mai intesa come crescita dell’intera comunità, ma solo come preparazione delle generazioni a un futuro che non contribuiscono a costruire.

Quali priorità di intervento sono emerse dal Congresso?Il primo passo che si deve fare è rinno-

vare l’impegno, ampiamente profuso da Arciragazzi nel corso degli anni, affin-ché tutti, non solo gli addetti ai lavori, abbiano una visione nuova rispetto alle politiche dell’infanzia. Questo non può certo accadere ad opera della manzoniana ‘provvidenza’, ma ‘scorciandosi le mani-che’, lasciandosi contaminare e dando occasioni di parola, di progettazione e di azione ai maggiori esperti dell’infanzia: i bambini e le bambine, i giovani stessi. Lo sforzo deve però essere fatto nella direzione di un nuovo ‘patto’ tra tutte le parti in causa, coinvolgendo sia quelle che sono le agenzie educative primarie e formalizzate: famiglia e scuola, sia quelle non formalizzate: centri di aggregazione, la strada, il territorio, la città.Quindi, non un semplice ‘rinnovato im-pegno’, ma un ‘impegno nuovo’ nella co-struzione di un movimento educativo laico e popolare, che si ponga come possibile luogo dove dare accoglienza e parola a tutti quelli che vogliano muoversi verso questa nuova visione della comunità. Perché co-loro i quali ‘concorrono’ alla costruzione di una comunità devono essere quelli che la vivono. Può sembrare idealistico e forse anche rivoluzionario, ma è lapalissiano, un’affermazione di sconfortante evidenza, di chiara presa d’atto.Lo sforzo che si richiede è, in primis alla nostra associazione, quello di facilitare i processi di elaborazione, costruendo percorsi ed occasioni, provando strade, anche nuove, mettendo a disposizione competenze, cedendo ‘potere’, stimolando discussioni e denunciando disattenzioni, costruendo e/o consolidando reti.

Dopo il vostro Congresso, cambieranno e in che modo i rapporti tra Arci e Ar-ciragazzi?I rapporti tra le due associazioni rimar-ranno nel solco di quanto seminato fino ad oggi. La collaborazione tra le due asso-ciazioni, nel rispetto delle diverse identità, rimarrà la principale piattaforma politica e associativa utile e propedeutica alla costruzione del movimento educativo laico e popolare, che è, per noi, il grande obiettivo da perseguire. Il cambiamento sarà nella direzione di una progressiva intensificazione delle occasioni di confronto e collaborazione concreta su progetti specifici e territoriali, laddove possibile.

Nelle scuole accoglienti si impara di piùNei giorni scorsi l’Ocse ha presentato i risultati del ‘Pisa’ sulle competenze in Lettura, Matematica e Scienze degli ado-lescenti di 65 paesi. E, al di là del piccolo passo avanti dell’Italia rispetto al 2009, non mancano le sorprese.Crollano una serie di luoghi comuni. Il primo riguarda le cosiddette classi-pollaio. Incrociando i dati dei questionari sul-le competenze con quelli compilati dai dirigenti scolastici, dai genitori e dagli stessi studenti sulle condizioni sociali e organizzative dei sistemi educativi, si scopre che le migliori performance si ottengono nelle scuole dove le aule sono più affollate: con 26/30 alunni per classe. Anche il primato delle ragazze sui ragazzi viene messo in discussione dall’indagine. Ai voti più alti negli esami di terza media e di maturità delle ragazze non seguono analoghi exploit nei test del ‘Pisa’: in Lettura prevalgono ma in Matematica e Scienze i ragazzi si rifanno. I migliori alunni sono nelle scuole pubbliche e non

nelle private.Non solo. L’uso delle tecnologie per la didattica non sembra favorire l’appren-dimento. Nelle scuole dove la maggior parte degli studenti usa internet durante le ore di lezione i risultati deludono le aspettative, laddove invece internet non si usa affatto o si usa col contagocce le cose vanno meglio. Stesso discorso per il tablet e gli e-book. Il trend si inverte se l’uso del computer e del web avviene per studiare a casa. È invece certo che negli istituti con bibliote-che ben fornite le performance crescono. Mentre la carenza di computer sembra pesare meno sugli esiti del test. Vittoria della carta sul silicio? Infine, nonostante il taglio di 3 miliardi di euro nella scuola in tre anni, l’Italia sale in classifica anche se continua a mantenersi nelle zone basse. Ma i dati dell’Ocse confermano anche che nelle scuole più accoglienti — con riscal-damenti, impianti di climatizzazione e illuminazione efficienti — si impara di più.

Intervista al neopresidente di Arciragazzi Camillo Cantelli

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20135 solidarietàinternazionale

Cuba vista dalla Liguria...

C’è Cuba, sì. E c’è Cuba, con la delegazione di Arci Liguria. L’occasione della visita è stata duplice: da un lato, il progetto Santa Fe: raffor-zamento dei servizi socio-culturali per lo sviluppo comunitario, con l’inaugu-razione del suo cinema e le attività di sostegno al centro culturale; dall’altro, il calendario delle iniziative legate alla celebrazione della XVI settimana della Cultura Italiana a Cuba dedicata quest’an-no al ‘nostro’ ligure, Italo Calvino.Questa mia esperienza con la delegazione ligure ha coinciso con il primo viaggio verso L’Avana e i suoi dintorni, esperienza che considero unica e importante. Si tratta più di un diario che di riflessioni ‘serie’, per le quali c’è bisogno di tempo e di far decantare l’entusiasmo! Al nostro arrivo siamo stati accolti dai collaboratori che Arci ha sul territorio; è stato un piacere incontrare Federico Mei, responsabile - tra gli altri - dei progetti per Santa Fe, che siamo andati a scoprire prima di rientrare in Italia. Affidati ad Oscar, ci siamo mossi per 7 giorni tra alcuni dei quartieri de L’Avana e la campagna di Pinar del Rio. Il primo incontro è stato con l’associa-zione Hermanos Sayz, partner del nostro progetto a Santa Fe: due ore che mi son servite per capire la forza e la capacità produttiva della collaborazione tra Arci e questa organizzazione. Siamo poi stati occupati in una serie di incontri legati al premio letterario ‘Italo Calvino’ e alle attività ad esso legate, sempre realizzate in collaborazione con Arci. Il calendario, dal martedì al giovedì, ha previsto la presentazione dei libri Las ciudades invisibles (Le città invisibili) e Caminos hacia Italo Calvino (Sentieri di Italo Calvino, con la collaborazione dell’Università La Sapienza), il lancio delle iniziative editoriali per il 90° anno di nascita di Calvino e quindi l’opening dell’esposizione di Sandor Gonzales, to-talmente ispirata all’opera dello scrittore. La gita fuori porta, a Pinar del Rio, ha avuto come protagonista l’agricoltura: un convegno dedicato al tema ha ospi-tato gli interventi dei nostri compagni di viaggio Andrea Allavena, Direttore del Centro Sperimentale di Botanica di Sanremo – del Ministero dell’Agricoltura e Riccardo Giordano, dirigente della Confederazione Italiana Agricoltori, per studiare possibili futuri progetti lì e per rafforzare la nostra rete operativa. Durante la permanenza, non sono man-

cate le occasioni per ‘assaggiare’ la vita cubana: i momenti di convivio e di di-scussione politica indimenticabili per la presenza di alcuni importanti ministri; la magia dell’architettura, i brividi da alta velocità in autopista e il ciclone messicano, che ha rallentato la nostra tabella di marcia. Gli incontri sono ter-minati a Santa Fe. Qui abbiamo potuto vedere il risultato del lavoro di recupero del Cinema-Teatro Oasis, voluto da Arci, con l’Associaciòn Hermanos Sayz e Carretera Central, finanziato dall’Unione Europea, con il fondamentale apporto di Arci Liguria

di Giuditta Nelli Arci Liguria

Il Congresso generale nazionale libico, il Parlamento di Tripoli, ha deciso che la Sharia, la legge islamica, sarà la base di tutta la legislazione e di tutte le istituzioni della nuova Libia. Dopo il voto, un comu-nicato del Congresso diffuso dai media libici ha precisato che «la Sharia è la fonte della legislazione in Libia» e «tutto ciò che contravviene» sarà abolito, quindi «le istituzioni dello Stato sono obbligate ad attenersi» alla decisione del Parlamento.Il comunicato precisa che è stata creata una commissione apposita, in collabora-zione con il ministero della Giustizia, per «rivedere le leggi già approvate e valutarne la concordanza con la Sharia».La decisione potrà avere un forte impatto

su finanza, banche, persecuzione dei cri-mini in una Libia ancora in transizione a due anni dall’insurrezione appoggiata dalla Nato che ha cancellato il regime di Gheddafi: un paese senza una Costituzione e con l’assemblea temporanea che la go-verna intrappolata in un confronto senza vincitori fra i laici e gli islamisti, la cui ala più radicale è in crescita. Il partito legato alla Fratellanza musulmana, Giustizia e Costruzione, è fra le forze più organizzate nel Paese ed è il promotore della nuova legge, mentre l’Alleanza del Fronte Nazio-nale preme per una posizione più aperta.Il voto sulla Sharia ha seguito di poco la formazione di una commissione che dovrà scrivere la nuova Costituzione.

In Libia la Sharia diventa fonte di legge

e della Regione Liguria. La visita si è conclusa alla Casa della Cultura, al mo-mento ridotta a poco più di un rudere, danneggiata da un ciclone; qui abbiamo incontrato la comunità e gli operatori della Casa. È con una frase della sua direttrice che voglio chiudere questo mio racconto: «Il lavoro che è stato fatto qui è la traccia di come la comunità abbia potuto combat-tere per proteggere la propria identità ed è il segno di come - insieme - si possa difendere la cultura, con i suoi spazi ed i suoi significati». Quando si riparte?

Dopo il successo del primo episodio, dedi-cato al tema del trasporto pubblico locale e tradotto anche in inglese per le campagne NO F35 negli USA, esce il secondo video della serie di sostegno alla Campagna Taglia le ali alle armi.I video vogliono essere nuovo strumento di rilancio della mobilitazione che dal 2009 si oppone ai cacciabombardieri F-35, cercando di far riflettere su usi migliori dei fondi pubblici. L’attenzione sul tema generale delle spese militari, e in partico-lare del programma JSF, deve rimanere sempre alta e non si deve circoscrivere solo ai momenti di voto parlamentare.

Gli argomenti trattati (nel secondo video: i fondi di supporto a persone e famiglie con disabilità) sono tra quelli che vanno ad incidere quotidianamente sulla vita di molti italiani ed italiane, molto più dei cacciabombardieri. Per tali motivi Taglia le ali alle armi intende sottolineare in chiave ironica la preoccupante inutilità dei soldi investiti negli F-35 e rendere visibile la contrarietà degli italiani - ormai diffusa e maggioritaria – nei confronti di questi cacciabombardieri.Tutti i video della Campagna su www.disarmo.org/nof35/un-bellissimo-f-35-oppure

Divieto di sosta, secondo video contro gli F35

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20136 solidarietàinternazionale

A Perugia per riorganizzare e rilanciare il percorso della Tavola della Pace

Il 6 e 7 dicembre si è tenuta a Perugia l’Assemblea promossa dalle associazioni che, nel direttivo della Tavola della Pace, hanno dato vita al percorso di riorganiz-zazione e di rilancio della Tavola.Hanno partecipato 80 persone in rappre-sentanza di 35 organizzazioni. Altre 19 hanno inviato un messaggio di interesse.La prima parte è stata dedicata alle te-stimonianze, con interventi significativi da parte di ospiti che hanno ricordato l’urgenza di riprendere un’azione popo-lare su scala europea e internazionale per fermare le guerre in corso, le politiche di riarmo, le aggressioni all’ambiente, alle popolazioni, ai gruppi sociali più poveri e vulnerabili, le violazioni dei diritti umani fondamentali che rendono impraticabile la democrazia, la convivenza e l’accesso ai diritti individuali e collettivi. Nurid Peled, attivista israeliana, ha ricordato le continue violazioni del diritto internazionale dello stato d’Israele ai danni della popolazione palestinese, nell’assoluto silenzio e accon-discendenza della comunità internazio-nale. May Alkayla, nuova ambasciatrice della Palestina in Italia, ha ricordato il dramma dei prigionieri che da decenni sono abbandonati senza processo nelle carceri israeliane, chiedendo un impegno internazionale per la liberazione di Marwan Barghouti e per tutti i prigionieri politici palestinesi. Omar Mih, rappresentante del Fronte Polisario, ha ricordato la lotta nonviolenta per l’autodeterminazione del popolo saharawi, chiedendo di fermare gli accordi tra Unione Europea e Regno del Marocco sulla pesca, perché violano gli accordi internazionali che proibiscono le attività civili ed economiche nei terri-tori occupati. Fouad Rouehia, giornalista italo-siriano ha ricordato la resistenza nonviolenta dei siriani, schiacciati tra il regime e i gruppi fondamentalisti. E poi tanti altri interventi che hanno toccato problemi che il movimento per la pace deve saper affrontare, mobilitandosi e proponendo alternative. Giusy Nicolini, sindaco di Lampedusa, ha parlato della sofferenza di un’isola e dell’impegno di una piccola comunità che si trova sola ad affrontare l’esodo dall’Africa di uomini e donne in fuga. Anche Pierre Carniti ha ricordato, in video, come il lavoro dignitoso sia condizione per il rispetto dei diritti e il sindacato libero e indipendente sia attore di democrazia e di partecipazione. Luciana Castellina ha sottolineato come il concetto di nonviolenza debba essere

analizzato in profondità, a partire dalle esperienze di Nelson Mandela e di Gandhi, ha ripercorso la storia del movimento della pace dagli anni ottanta ad oggi, portando la riflessione sulla necessità di andare oltre il rifiuto della guerra, invitandoci a rileggere attentamente l’Articolo 11 della Costituzione, là dove parla del rifiuto della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. È la ricerca di uno strumento alternativo, ha detto la Castellina, l’obiet-tivo di oggi del movimento per la pace. Avere il coraggio di costruire accordi con il nemico. Frate Enzo e Frate Egidio, del Sacro Convento di Assisi, hanno voluto testimoniare l’importanza del dialogo e dell’unità che il movimento per la pace deve avere. Sono poi intervenuti presi-denti e rappresentanti delle organizzazioni presenti, dimostrando la ricchezza di voci e la carica che la società civile è in grado di esprimere se trova i propri canali e le proprie modalità di partecipazione. Gli enti locali umbri, con il loro patrocinio e con gli interventi di Gianpiero Rasimelli e di Aviano Rossi, hanno confermato una disponibilità che fa della regione il centro di questo movimento. Nel pomeriggio, il sindaco Boccali ha ricevuto Nurid Peled per consegnarle un ricordo della città, confermando l’impegno del Comune a favore dell’iniziativa promossa, ipotiz-zando una collaborazione concreta con l’amministrazione. La sessione, trasmessa da Radio Articolo1, è ascoltabile in podcast all’indirizzo http://www.radioarticolo1.it/audio/2013/12/09/18665/assemblea-nazionale-della-tavola-della-pace.Nella giornata del 7 si è entrati nel vivo dell’assemblea, con la proposta di orga-nizzazione della componente della società civile del direttivo della Tavola della Pace in un nuovo coordinamento, aperto a tutte le diverse realtà che intendono collaborare

di Sergio Bassoli Dipartimento Politiche Globali Cgil

«operando nel solco della Marcia Perugia - Assisi, nell’insegnamento di Aldo Capitini, nei principi della Costituzione, della Carta Europea e del sistema Internazionale di promozione e di tutela dei Diritti Umani» per «rinnovare il proprio impegno a fa-vore della pace, dei diritti, della giustizia e della legalità». Gli interventi hanno ripreso quanto emerso dalle testimonianze, la necessità di un’a-zione costante, non concentrata soltanto sui grandi eventi, ma capace di produrre cambiamenti quotidiani e culturali: dal rafforzamento del lavoro nelle scuole, al coinvolgimento dei giovani, alla fem-minilizzazione delle piattaforme e delle campagne, alla interdipendenza tra le diverse problematiche settoriali per cui crisi ambientali, attacco al servizio civile, spinte xenofobe, spese militari, corruzione e crimine organizzato, nuove povertà, precariato ed esclusione sociale devono trovare nuove forme di collaborazione e di coordinamento.L’esperienza di questi anni nella Tavola della Pace ha messo in luce quanto sia importante rinnovarsi e costruire rete tra i diversi settori e nei territori. Ed è proprio per meglio rispondere a questa esigenza che l’assemblea ha deciso di avviare il percorso costituente della Rete italiana della pace, per avere una base associativa su tutto il territorio nazionale, con rappresentanze elette in modo democratico e trasparente. Promuovendo la partecipazione dal basso e coniugando la presenza delle grandi e delle piccole organizzazioni, formali e informali, in un’unica istanza assembleare, aperta e inclusiva anche delle singole persone che intendono impegnarsi. L’assemblea ha ap-provato il percorso costituente, nominando una Segreteria con un mandato preciso: sistemare i documenti e raccogliere gli emendamenti, convocare un’assemblea costitutiva nel febbraio 2014, promuovere la partecipazione e le adesioni alla fase costituente (scadenza 31 gennaio 2014), rapportarsi con le altre componenti della Tavola per preparare la prossima Marcia Perugia- Assisi, prevista per ottobre. Un ruolo importante nella preparazione dell’assemblea lo ha svolto il gruppo di lavoro formato dalle organizzazioni um-bre, che hanno confermato la volontà di dar vita al primo Comitato regionale di questa nuova rete. Ciò favorirà la collaborazione indispensa-bile con le istituzioni locali e con il Sacro Convento di Assisi.

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20137 migranti

Non profughi ma richiedenti asilo

Non esiste nell’ordinamento italiano la possibilità di essere riconosciuti per leg-ge come profughi. Parlare di profughi è fuorviante, come di migranti tout court. Profughi da cosa? Eppure sul sito della Pre-fettura di Messina, sulla stampa, nelle sedi istituzionali si è parlato spesso di profughi riferendosi alle persone presenti al Pala Nebiolo, palazzetto sportivo di proprietà dell’Università, svuotato il 30 novembre. Le persone che abbiamo incontrato erano e sono richiedenti asilo. Le parole hanno un peso. Un peso che grava su istituzioni e società, il peso della responsabilità. Chi sono i responsabili delle mancate tutele, dell’ospitalità in un non-luogo, dell’inadeguatezza dei servizi, dei mancati controlli sulle procedure? Delle sofferenze subite, della rabbia, dell’impotenza? E perché continua a esistere un meccanismo bicefalo, una lotteria dei diritti umani dove la dea bendata sceglie chi finirà in una casa piuttosto che in una prigione spacciata per centro di accoglienza? Chi sceglie tra Sprar e CARA? I più sfortunati si sono ritrovati nei CARA di Mineo e Borgo Mezzanone. Eppure tra loro vi

erano categorie vulnerabili (vittime di violenze, casi sanitari) e minori diniegati in attesa dei provvedimenti del Giudice Tutelare da noi interpellato. Ma lo Stato con le sue articolazioni che fa? Cosa fa la politica oltre a costruire artificialmente un’emergenza? Proclami mentre la notte oscura la tendopoli. Un ‘campo profughi’ è nato non nel deserto al confine con l’Algeria, ma a contrada Conca d’Oro. Ecco perché li chiamiamo profughi. Gli universitari potranno fare le loro ricerche sul campo, le ong potranno aprire le loro depandance, gli eserciti della salvezza distribuire matite colorate. Messina potrà avere la sua Angelina Jolie, al costo di un biglietto d’autobus municipale. Nella notte dell’8 dicembre sono state trasferite 115 persone, siriane ed egiziane, nella tendopoli allestita nel campo da baseball del Pala Nebiolo. Le loro parole dalla rete di recinzione: «Siamo stati soccorsi in mare e dopo aver toccato terra ci hanno portato qui, non ci hanno preso ancora le impronte. Ci sono 70 minori, alcune famiglie siriane, non possiamo uscire». Subito dopo, si sentono delle urla. Una

a cura del circolo Arci Thomas Sankara di Messina

La Terra che connette è il titolo del pro-getto del film-maker Andrea Fenoglio che mette a confronto gli immigrati e gli autoctoni di un territorio preciso: il saluz-zese, terzo comparto frutticolo nazionale. Fino a vent’anni fa attirava lavoratori dal sud d’Italia. Dagli anni ’90 ha dato lavoro a persone di varie nazionalità passando attraverso le ondate migratorie che hanno interessato il nostro paese: soprattutto albanesi, marocchini, rumeni, polacchi e cinesi. Negli ultimi anni si sono aggiunti dei migranti stagionali provenienti già dal territorio italiano: maliana, ivoriana, burkinabè, senegalese sono le nazionalità più diffuse tra i braccianti africani venuti a cercare lavoro nel Saluzzese. Tutti con permesso di soggiorno, alcuni hanno perso il lavoro nelle fabbriche e nell’e-dilizia in crisi, altri affrontano da anni le varie campagne di raccolta dell’agricoltura italiana; altri ancora sono usciti da poco dai campi di accoglienza dell’emergenza Nord-Africa.Un progetto documentaristico sulla si-tuazione dei migranti e degli abitanti del territorio che li ospita può aiutare a

vedere e a riconoscere ciò che i diversi soggetti vivono sulla propria pelle e a trovare spazi e tempi di elaborazione, al di fuori di ideologie precostituite e militanze sterili. Questo progetto ha come risultato immediato la realizzazione di una serie web di brevi documentari visionabili dal blog e, come risultato finale, un documentario destinato ai festival e alle televisioni. Il progetto, sostenuto da tutte le forze sociali del territorio tra cui l’Arci Piemon-te, cerca ulteriori risorse per creare altre puntate della serie web e proiettarsi verso la produzione del documentario prevista nel 2014. Allo stesso tempo è un lavoro non di solo intento cinematografico, teso a costruire e ad offrire degli strumenti di co-noscenza in un momento storico e politico in cui è essenziale il dialogo tra le diverse

componenti della società, dove realtà locali e globali convivono e si intrecciano divenendo indiscernibili. Per questo, con la dinamica empatica avviata dal linguaggio cinematografico, ci si propone di incidere significativamente attraverso operazioni di promozione dell’integrazione quali, ad esempio, laboratori nelle scuole e tra i migranti a partire dal materiale raccolto con il blog, mostre multimediali che utiliz-zino tecniche di realtà aumentata e altre iniziative che possano contribuire a fare nascere percorsi indipendenti dal nostro. La Terra che connette vuole essere una start up sociale e culturale riproducibile in molti altri contesti.Contribuire al progetto non vuol dire soltanto partecipare alla produzione di un documentario; vuol dire aiutare una ricerca attiva che si fa strumento di conoscenza per un cambiamento reale.Per informazioni e per dare il proprio contributo: http://laterracheconnette.wordpress.comfb La Terra Che Connettewww.indiegogo.com/projects/la-terra-che-connette

La Terra che connette, un progetto documentaristico di Andrea Fenoglio

donna con un bambino piccolissimo, una famiglia, probabilmente, entra dentro il tendone grande dove presumibilmente si procede al fotosegnalamento e al rilievo delle impronte. Ragazzi egiziani fuggono per evitare l’identificazione e un probabile trasferimento in un CIE. L’ordinanza comunale per la requisizione del villag-gio turistico Le dune, unica alternativa proposta dal Comune, non è stata ancora firmata dal sindaco, mentre la presidente del Consiglio comunale denuncia la man-canza di fognature e acqua nella struttura turistica. La richiesta fatta al sindaco di ordinanza urgente di chiusura di tutta l’area del Pala Nebiolo per motivi igienico-sanitari non è stata accolta. Il circolo Arci Thomas Sankara chiede la chiusura della tendopoli e la possibilità per i siriani di evitare il fotosegnalamento, così come accaduto a Lampedusa, e in altre città siciliane. Questa ipotesi permetterebbe ai richie-denti asilo siriani di non incappare nelle maglie del Regolamento Dublino e poter giungere in Svezia, come le centinaia di persone accolte dal Comune di Milano.

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20138 benicomuni

A Genova una petizione per fermare il consumo del territorio

Reagire al disincanto, tenere alto il desiderio di una militanza politica che affonda le radici nei quartieri ma sa disegnare nuovi scenari per l’intera comunità. Questo lo spirito con cui a Genova il comitato provinciale e oltre 10 circoli si sono spesi per riavviare una vertenza contro il consumo di territorio che tenes-se insieme tutte le reti, le associazioni e i comitati che hanno provato (con modestissimi risultati) a imprimere un cambiamento alle politiche urbanistiche cittadine.Su tutto il territorio nazionale si ripetono infatti ormai con frequenza spaventosa frane e alluvioni che inghiottono vite umane e distruggono gli spazi della quotidianità, del lavoro, della memoria.Se non sono state sufficienti le parole e gli studi di chi da anni chiede una revisione delle politiche di sviluppo - e una conversione a politiche urbanistiche e agricole improntate alla sicurezza e alla vivibilità degli spazi urbani e alla promozione delle condizioni per il ritorno all’attività agricola - questi drammi dovrebbero innescare un cam-bio di rotta.Invece sembra non basti mai. Cemento e grandi opere mantengono nell’imma-ginario politico (anche della sinistra) il ruolo di volano dell’economia e gli oneri di urbanizzazione vengono spac-ciati come l’amaro calice da bere per finanziare gli investimenti locali.A Genova la nuova giunta, insediata nell’estate del 2012, ha voluto dare un segno di discontinuità rispetto alla precedente bloccando l’approvazione del Piano urbanistico comunale; ha così sfruttato i mesi necessari all’introdu-zione nel Puc di norme vincolanti per gli impianti ad alto rischio di incidente rilevante per aprire un ‘percorso di ascolto’ della popolazione.Le decine di associazioni e comitati che hanno investito tempo e idee in questo percorso hanno però dovuto per l’ennesima volta confrontarsi con un processo formale, nella sostanza chiuso a una reale concertazione per il cambiamento su nuove opere edilizie, costruzione di grandi centri commer-ciali in quartieri soffocati dal traffico, di posteggi scavati dentro le colline.Per questo abbiamo suggerito di lan-ciare una petizione comune. La rete

IF per l’altra economia (di cui siamo fra i fondatori) e il Forum Salviamo il Paesaggio a cui aderiamo hanno fatto loro la proposta. Ne è nata una vertenza che ha raccolto in dieci giorni l’adesione di oltre 50 fra associazioni e comitati, genovesi e regio-nali, ha visto l’attivazione di una decina di punti di raccolta delle firme, molti dei quali nelle nostre basi associative, e l’organizzazione di un’affollatissima Tavola rotonda a palazzo Tursi (a cui

di Silvia Melloni Arci Genova

Il 24 novembre la Camera di Commer-cio di Torino ha insignito del titolo di Torinese dell’anno 2012 l’architetto Mario Virano con una motivazione nella quale «si ribadisce l’appoggio incondizionato alla realizzazione della Torino-Lione» e si premia Virano, presidente della Commissione in-tergovernativa Italia-Francia sulla Torino-Lione, «per l’impegno, la competenza e la pazienza» dimostrati. Le ‘virtù’ dell’architetto Virano sono, secondo la lobby del Tav torinese, quelle di essere il presidente della Commissione intergovernativa per la realizzazione della linea ferroviaria e di avere svolto tale funzione con encomiabile pazienza e impegno, necessari per reggere i contestuali onerosi incarichi di Commissario di Governo e di Presidente dell’Osser-vatorio Valsusa. Altre virtù a soste-gno del riconoscimento non vengono menzionate, almeno stando al comu-nicato dell’Ansa: forse in ossequio a un asciutto stile sabaudo, forse per la loro inesistenza. Comunque sia, a questo bisogna at-tenersi. Ma esiste un’altra Torino, alternativa alla lobby del Tav. È una città fatta di donne e di uomini, di as-sociazioni e di movimenti convinti che il futuro non stia nelle grandi opere ma nella cura e nella salvaguardia del territorio, che la salute di tutti valga

più del profitto di alcuni, che le risorse vadano impiegate a vantaggio delle persone (soprattutto di quelle più deboli) e non di un sistema finanziario autoreferenziale e distruttivo, che le persone e le comunità vadano coin-volte nelle scelte che le riguardano e non considerate destinatarie passive di scelte prese altrove.A quest’altra Torino si vuole dare voce anche in termini simbolici, con-trapponendo all’architetto Virano, un torinese che la rappresenta davvero: per quel che fa, per le idee che so-stiene, per le scelte che pratica. Un torinese in cui riconoscersi e di cui andare fieri. Molti, in città, hanno questi requisiti. Tra questi ne indichiamo uno, noto a tutti per le sue battaglie ambientali-ste, per il suo impegno in difesa del territorio, per la sua opposizione al Tav, per la sua condivisione di mille iniziative sul territorio: Luca Mercalli.Mercoledì 11 dicembre alle ore 17,30 all’Unione Culturale, in via Cesare Battisti 4 a Torino verrà consegnato a Luca Mercalli questo riconosci-mento. Sarà una manifestazione e una festa collettiva, preparata dalle migliaia di persone che condivide-ranno questa proposta. È possibile aderire all’appello firmando sul sito http://controsservatoriovalsusa.org/altratorino

Esiste un’altra Torino

hanno partecipato anche il vice sindaco e l’assessore regionale all’Agricoltura), dove sono stati invitati a parlare am-ministratori locali di regioni vicine, che hanno avviato azioni virtuose per fermare il consumo di suolo.Della petizione esiste anche una versione on-line, che ha bisogno del sostegno di tutti. La si trova all’indirizzo www.change.org/it/petizioni/stop-al-consumo-del-territorio

Il Controsservatorio Valsusa lancia l’iniziativa ‘Esiste un’altra Torino’

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 20139 legalitàdemocratica

Cosche sempre più glocal

L’allarme è serio e documentato. Ci dice che il nostro paese ha un fortissimo spread che si chiama criminalità organizzata, anzi, per essere più precisi, ‘ndrangheta, considerata in questo momento una delle più potenti, se non la più potente organiz-zazione criminale del mondo, leader nel traffico della cocaina, con ramificazioni in Europa e – questa è la novità - un ruolo dominante in centro e in Sudamerica, in particolare in Brasile che in questo mo-mento è il principale hub di smistamento della cocaina. Per comprendere l’entità del fenomeno bisogna considerare alcuni numeri: il traffico di cocaina produce circa 500 miliardi di dollari di profitto annui; il complesso dell’economia criminale rap-presenta circa il 3% del Pil mondiale, il 10% in Italia. I numeri sono noti, ma la novità sta nella lettura geopolitica dell’e-spansione criminale in Italia e nel mon-do. Anni di prevalenza dell’attenzione al terrorismo islamico hanno fatto passare in secondo piano la minaccia globale che sorge dal legame tra politica e criminalità organizzata, che controlla partiti, mezzi di comunicazione di massa, organizza, al pari di alcune organizzazioni terroristi-che, anche azioni filantropiche. Insomma tende a conquistare lo stato o comunque

a infiltrarsi in esso. In alcuni casi le mafie arrivano persino, con terribile astuzia, a infiltrarsi nei movimenti antimafia. L’ap-proccio fondato esclusivamente sull’ordine pubblico è insufficiente poiché le mafie, esercitando il dominio su un territorio, agiscono da soggetto geopolitico, erodendo lo spazio di sovranità degli stati. La pecu-liarietà del modello mafioso italiano sta nel fatto che qui la mafia non vuole sostituirsi allo stato ma se ne serve per estendere il proprio potere. Inoltre, mentre altrove le organizzazioni criminali non sopravvivono alla morte del capo, in Italia la mafia permane nel tempo e si trasmette attraverso riti di affiliazione che sono un modo efficace di proteggere la natura segreta dell’organizzazione. Il vincolo di sangue è particolarmente forte nella ‘ndrangheta, la cui forza sta nella natura meno centralizzata del coman-do rispetto a Cosa Nostra. Le ‘ndrine si rapportano in modo più orizzontale, il rapporto non viene intermediato dalla Cupola, ma è diretto. Ogni ‘locale’, sia che si trovi in giro per l’Italia che nel mondo, fa sempre riferimento a una delle ‘ndrine della provincia di Reggio Calabria. Insomma, la ‘ndrangheta ha saputo coniu-gare tradizione e modernità, facendo dei

Siamo un po’ meno corrotti,ma sempre troppoL’Italia risale qualche posizione nella lista delle nazioni meno corrotte, ma è ancora troppo poco. Nel rapporto an-nuale sulla corruzione percepita, stilato dall’organizzazione Transparency Inter-national, il nostro Paese fa peggio non soltanto della stragrande maggioranza dei vicini appartenenti all’Unione euro-pea, ma è preceduto anche da nazioni come Arabia Saudita e Ghana. L’Italia si piazza quest’anno al 69° posto nel mondo, con un punteggio di 43 su 100, guadagnando tre posizioni rispetto al 2012. In termini di punteggio ha otte-nuto un centesimo in più, ma si trova comunque relegata in una posizione più bassa di Montenegro, Macedonia, Gior-dania, Arabia Saudita, Cuba, Slovacchia e Ghana (60°). Lontanissime da noi sono nazioni come Germania o Francia, e in Europa è seguita solo da Bulgaria e Grecia, mentre è allo stesso livello della Romania. Al vertice della classifica

mondiale si piazzano come al solito i paesi del Nord Europa - Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia - oltre alla Nuova Zelanda, mentre l`ultima posizio-ne è occupata da Afghanistan, Corea del Nord e Somalia. Secondo Transparency International la leggera inversione di tendenza dell’Italia è legata agli sforzi fatti per migliorare la trasparenza e l’integrità del settore pubblico. Resta l’uso disinvolto e spesso incompetente delle risorse pubbliche. Ma al di là dei grandi numeri, restano tanti più pic-coli, ma fastidiosi, disagi causati dalla corruzione cui bisogna porre rimedio. Pensiamo alle ore perse nel traffico per lavori in corso che non finiscono mai, alle interminabili attese per un esame sanitario, o alle inarrivabili cattedre universitarie occupate dalle stesse fa-miglie, ed ancora ai percorsi di carriera lavorativa basati sulle giuste conoscenze invece che sulle migliori competenze.

Mescolando tradizione e modernità, la ‘ndrangheta è oggi la più forte organizzazione criminale del mondo

propri ‘arcaismi’, per esempio il legame di sangue e l’obbedienza, un fattore di vantaggio rispetto a mafia e camorra, per cui viene ritenuta più affidabile dai produttori di cocaina, di cui è la principale spacciatrice su scala mondiale. Non viene mai meno il rapporto con le origini, perché è da lì che viene l’ affidabilità. Ecco perché, pur essendo globale, la ‘ndrangheta ha bisogno di essere anche locale.La modernizzazione della ‘ndrangheta comincia negli anni ‘70, con gli appalti per la costruzione del Porto di Gioia Tauro divisi tra le ‘ndrine. Ma oggi c’è un salto di qualità: la ‘ndrangheta è stata la più veloce a diventare glocal, mantenendo però ben saldi i piedi nel proprio territorio. La mafia è ‘liquida’ perché sa infilarsi in ogni piega della globalizzazione, ma è solidissima e spietata nel controllo del territorio, del quale ha bisogno per esercitare il proprio dominio e controllare le vie dei propri traffici. Come ha bisogno del legame con la politica per sviluppare i propri affari.

Un bombardamento durante la guerra. Poi un incendio durante le riprese di un film. E le infiltrazioni della malavita nella compagine societaria dei proprietari. Nei tre quarti di secolo di storia degli studi cinematografici De Paolis di via Tiburtina a Roma c’è veramente di tutto. Adesso, per gli stabilimenti che intorno agli anni 60/70 alimentarono l’econo-mia di quella periferia di Roma, si apre un’altra pagina. La proprietà dell’area - confiscata negli anni scorsi a Enrico Nicoletti, il ‘cassiere’ della banda della Magliana - sarà trasferita al Campidoglio. E il sindaco Marino, ricevendo virtual-mente le chiavi dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati, ha fatto sapere che accanto agli Studios sorgeranno botteghe artigianali e spazi per la creatività per le imprese delle arti visive in generale.Il complesso, 22 mila metri quadrati, comprende diversi fabbricati, di cui almeno un paio in disuso. Il Comu-ne intende bandire una gara pubblica per trovare finanziatori per la riquali-ficazione, realizzando laboratori, spazi per proiezioni e le lavorazioni mul-timediali e quant’altro possa servire per le produzioni cinematografiche.

Gli Studios De Paolis passano al Comune

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arcireport n. 45 | 10 dicembre 201310 società

... «Abbiamo fatto molti errori, è in-negabile, noi eravamo tutti compagni e figli di partigiani, la nostra era una lotta completamente sperimentale che aveva un filo rosso con la Resistenza. In carcere c’è chi ha accettato una strategia che non era la nostra, è vero: quello che avevamo fatto ci condannava ad essere terroristi. Perché non avremmo voluto, ma la lotta armata apre sempre un capitolo che non sai dove ti porta».Chi parla è Mario Rossi, uno dei fonda-tori della XXII ottobre che il 26 marzo del 1971, a Genova, mise a segno una rapina in cui fu ucciso Alessandro Floris. E lo fa nella nuova sede del circolo Arci di Piazza Adriatico, riaperto dopo la terribile alluvione del 2011: proprio in quella Val Bisagno che l’ha visto crescere.A riportarle è la giornalista di Repubblica Donatella Alfonso, autrice di diversi libri sulla storia cittadina, ultimo dei quali Animali di periferia (Castelvecchi Editore) sulla Banda XXII Ottobre che veniva presentato in quella circostanza.In quel circolo Arci è avvenuto, a mio avviso, qualcosa su cui riflettere: forse per la prima volta, uno dei protagonisti della lotta armata in Italia ha voluto/potuto parlare ‘alla sua gente’ – e lon-tano dai riflettori tanto cari ad altri protagonisti degli anni ‘60/80 - per riaffermare la matrice di sinistra di quelle organizzazioni che intrapresero la strada della lotta armata.

Due libri di giornalisti genovesi aiutano a conoscere, e capire, chi e perché ha fatto la scelta della lotta armata, senza giustificazionismo ma anche senza paura di sapere

L’Arci ha dimostrato, nei fatti, di non avere pregiudizi nei confronti degli ex militanti della lotta armata che, scontata la loro pena, si sono resi disponibili ad operare nel sociale. Ora credo che si possa provare a dare concreta attuazi-one al detto “chi non ha memoria non ha futuro”, e aprire un dibattito serio e senza pregiudizi sugli anni ‘60/80.Cosa non facile, certo, in un paese capace di concedere, già nel giugno del 1946, un’amnistia di cui beneficiarono soprat-tutto i fascisti ma sordo alle richieste di trovare una soluzione positiva alla vicenda del sequestro da parte delle Brigate Rosse di uno dei ‘padri costitu-enti’, Aldo Moro. E successivamente ancor più tetragono nel non voler nep-pure considerare, a situazione ormai pacificata, una soluzione politica che rivedesse le pesanti pene inflitte, sulla base di una ‘legislazione di emergenza’, ai militanti delle organizzazioni armate ma spesso anche a compagne e com-pagni di movimento, spesso vittime di delazioni infondate o di montature poliziesche, alcune delle quali clamorose, come quella del 1979, proprio a Genova, costruita con false testimonianze che solo nel 1993 vennero definitivamente smontate.L’urgenza di un serio dibattito sta an-che nella necessità di ‘offrirlo’ a quelle generazioni cresciute in un clima di censura e menzogne. Giovani formatisi

con un buco nero per quel che riguar-dava la storia recentissima del loro paese, spesso disinformati da quegli stessi giornalisti che poi non esitano a sbeffeggiarli per aver creduto che le bombe di Piazza Fontana le abbiano messe le Brigate Rosse. Nell’ultimo periodo si è parlato spesso di tortura, riferendosi a quanto accadde a Bolzaneto nel luglio del 2001. Pochi però si sono riferiti alle denunce fatte a suo tempo da militanti della lotta armata - come Enrico Triaca che solo recentemente ha visto riconosciuta la fondatezza delle sue accuse per cui fu anche condannato per calunnia – ri-portate in modo preciso e documentato nel libro Le torture affiorate, prima edizione nel 1989, edito da Sensibili alle foglie, la casa editrice fondata dagli ex brigatisti Renato Curcio e Nicola Valentino ed altri.Non si tratta, in conclusione, di gi-ustificare ma di conoscere e capire. Concetto autorevolmente espresso, proprio ieri qui a Genova, anche dai giornalisti Giuliano Galletta e Gad Le-rner e dall’avvocato Cesare Manzitti – il difensore che smantellò la montatura poliziesca del 1979 - in occasione della presentazione del libro sulla colonna genovese delle Brigate Rosse, Gli im-prendibili, del giornalista Andrea Ca-sazza del Secolo XIX.

di Alfredo Simone Arci Liguria

Da ‘Animali di periferia’ a ‘Imprendibili’

Una protesta politicamente ambiguaI segnali che quella del 9 dicembre non fosse una protesta democratica c’erano tutti. Se i primi appelli invocavano gene-ricamente una ribellione contro la crisi: la globalizzazione, la moneta unica, «un governo di nominati», immediatamente sigle misconosciute, come il ‘Fronte di liberazione dai Banchieri’ e i ‘Comitati Riuniti Agricoli’ guidati da Danilo Calvani, hanno esplicitato l’obiettivo: la rimozione dell’attuale classe politica, dopo la quale «vi sarà un periodo transitorio in cui lo stato sarà guidato da una commissione retta dalle forze dell’ordine». Più che una rivoluzione si annuncia un golpe.Sono seguite le adesioni della galassia neofascista, da Forza Nuova (insieme

alla Lega della Terra, sua organizzazione collaterale) a CasaPound, che di recente ha stretto rapporti con i greci di Alba dorata e ne condivide apertamente i programmi. E a chi, come l’ANPI Piemontese, aveva denunciato alle autorità il capillare lavoro di intimidazione di marca tipicamen-te mafiosa messo in atto nei confronti dei commercianti da parte del fanto-matico ‘Comitato per la rivoluzione’ è stato risposto che non si doveva fare dell’allarmismo; che tutto era monitorato e quindi la situazione sotto controllo.Quanto è accaduto e sta accadendo a Tori-no non ha precedenti nella storia del dopo guerra: posti di blocco in centro e in peri-feria hanno operato senza intervento delle

FFOO, scontri in centro città, minacce, sa-luti romani, a Nichelino sono stati assaltati il palazzo civico e alcune scuole. I mezzi della polizia dotati di getti d’acqua annun-ciati dal Ministro dell’Interno per liberare le strade non sono stati utilizzati, contra-riamente a quanto accade in Val di Susa.In piazza, oltre all’estrema destra (fra questi il capogruppo di Fratelli d’Italia al comune di Torino Maurizio Marrone), un mix di autotrasportatori, ultrà, com-mercianti, giovani disoccupati, trascinati da una legittima e non meglio precisata voglia di protesta che non ha trovato altro sfogo, situazioni di precarietà alle quali sarà importante dare risposte concrete per arrestare questa pericolosa deriva.

di Gabriele Moroni coordinamento Arci Piemonte

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daiterritori

A Milano con l’Arci‘Arrivano i nonni’Il progetto che mette in relazione ‘diversamente giovani’ e bambini

Ideato nel 2002 da Arciragazzi e rea-lizzato fino al 2009 in collaborazione con il Comune di Milano, il progetto Arrivano i nonni dopo uno stop di tre anni ha ripreso a funzionare dal 2009 grazie ad Arci Milano. Ogni mese a Milano 94.722 over 54 - circa il 25% del totale di questa fascia di popo-lazione - svolgono una media di 32 ore di attività di volontariato e aiuto informale sul territorio, mettendo a disposizione della collettività le proprie esperienze e competenze. Una delle pratiche di volon-tariato che contribuisce a questi numeri è proprio il progetto Arrivano i nonni che mette in relazione persone ‘diversa-mente giovani’, con la loro esperienza e le loro capacità, e i bambini, con la loro inesperienza e la loro voglia di appren-dere. Insomma un sistema relazionale tra i talenti del passato (i non-ni) e i talenti del futuro (i bambini delle scuole d’in-fanzia). Nel solo 2013 il progetto ha visto coinvolti quasi 20 scuole d’infanzia della città di Milano e oltre 2000 bambini e le loro famiglie in 20 laboratori di Talenti con il coinvolgimento diretto dei nonni volontari. Si tratta di un patrimonio che verrà arricchito nel corso del 2014 e che si basa sullo scambio e la contaminazione, favorendo il dialogo intergenerazionale e la coesione sociale. Grazie a Sodalitas Social Innovation, il programma di Fondazione Sodalitas per migliorare la capacità progettuale del Terzo Settore, è nata recentemente una collaborazione profit - no profit tra Arci e Terna, una partnership che con originalità di approccio valuterà le per-formance e i benefici sociali generati dal progetto, con la supervisione scientifica di SDA Bocconi School of Management. Un’occasione importante per valutarne in modo scientifico l’impatto sociale e misurarne qualità ed eventuale repli-cabilità. Ecco la testimonianza di una volontaria storica del progetto. Nonna Magda ha cominciato l’avventura nel lontano 2002 rispondendo all’annuncio

di Manuela Longo Arci Milano

«cercasi giovani volontari con almeno 50 anni di esperienza». Una «nonnosaura» si definisce. «La definizione più corretta è quella usata da uno dei bambini dei miei laboratori: siamo diversamente giovani. Faccio la nonna, sono nonna di due nipoti che adesso frequentano le superiori ma per molto tempo mi hanno chiesto di ‘giocare a tutto’. Oggi ho riciclato questa ‘nonnaggine’ in altre direzioni, nei doposcuola, negli oratori, nei laboratori del progetto Arrivano i nonni. Sono nata dentro questo progetto come ‘nonna museo’: il mio laboratorio consisteva nel giocare e prendere confidenza con gli og-getti del passato, l’arcolaio di mia nonna, la mia macchina da cucire, il giradischi, l’hula hop di 60 anni fa ed arrivare ad oggi. Poi sono diventata una ‘nonna ago e filo’ e l’immagine più bella è vedere

delle piccole manine prendere l’ago e co-minciare a ricamare. Ricordo un bambino sorprendersi e dirmi ‘ma è come disegna-re!’. Oggi sono una ‘nonna che ri-crea’: nei nostri laboratori

usiamo scatole e qualsiasi materiale adat-to ad essere riciclato ed essere utilizzato in modo originale e inusuale rispetto all’uso quotidiano. L’ultimo laboratorio prevedeva la costruzione di una città chiamata ‘bimbilandia’. Loro, i bambini, hanno degli spunti bellissimi. Tu dai loro degli input e loro insegnano a noi come andare oltre, come mettersi in gioco e aprirsi a nuove soluzioni. Le loro paro-le, i loro giochi sono lampi di gioia che rendono la vita meno grigia. Ed è proprio nel fare le cose, nel momento del gioco, della relazione che si stabilisce tra noi e loro che si costruisce un ponte, una cerniera tra il piccolo e il grande, tra il prima e il dopo. Quando l’anno scorso in uno dei laboratori abbiamo riciclato delle bottiglie di plastica per farne i vagoni di un treno un bambino mi ha chiesto: ‘ma questo come va? A benzina?’ Ecco noi, nonni talenti, bimbi talenti, nei nostri laboratori siamo alimentati a fantasia. Solo a fantasia».

www.arcimilano.it

PArLIAMO D’AMOrE SIENA C’è tempo fino al 17 dicembre per partecipare al concorso Parliamo d’amore promosso da Arci Siena e Mo-vimento pansessuale Arcigay Siena. Il concorso letterario nato per promuovere un messaggio di amore universale, senza distinzione di genere, etnia, religione e orientamento sessuale, si articola in due sezioni, una per la poesia e l’altra per la narrativa. Info e bando di concorsosul sito indicato di seguito. www.movimentopansessuale.it

IN rICOrDO DI DE jACOMAGLIE (LE) Il 13 dicembre alle 19 presso la Sala della Libreria Universal l’Arci Biblioteca di Sarajevo promuove l’iniziativa Aldo De Jaco. Parole e poesia come speranza, per ricordare la figura dello scrittore e giornalista magliese a dieci anni dalla sua scomparsa. Interven-gono Lucio Giannone, Nicola Bottiglieri e Francesco Dimo, modera Paola Cillo. Le letture saranno curate da Annamaria Mangia.

www.bibliotecadisarajevo.it

INCONTrArCI BOOk FESTIvAL CArrArA Dal 13 al 15 dicembre si terrà Incontrarci Book Festival, even-to promosso da Arci Massa Carrara e associazione culturale Officina Kafka. La rassegna letteraria ospiterà quattro autori molto importanti del panorama letterario italiano e avrà inizio il 13 di-cembre alle 21 presso il Teatro Palco 38 con Marcello Fois che presenterà il suo ultimo romanzo L’importanza dei luoghi comuni.

www.arcimassacarrara.org

IMPrONTE DI STOrIA BOLZANO Tre giorni, dall’11 al 13 dicembre, per la rassegna Impronte di storia, che nasce per ricordare e testimonia-re il 50esimo anniversario del disastro del Vajont. Arci Bolzano propone un percorso in cui, attraverso le varie arti e discipline, si andrà a raccontare, lasciando una testimo-nianza alla cittadinanza, quanto conoscere la storia del nostro paese sia fondamentale per costruire basi solide per il futuro. Tra gli appuntamenti, la presentazione della graphic novel Vajont-storia di una diga, la proiezione del documentario Vajont ’63 - Il coraggio di sopravvivere di An-drea Prandstraller e lo spettacolo teatrale Coscienza e Ragione: Parole sul Vajont. Ingresso libero.

fb Arci Bolzano - Bozen

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titoletto

daiterritori

Verrà proiettato il 18 dicembre alle ore 19.30 presso la Casa delle Culture in piazza Fanfani il documentario Beneve-nuti in Italia in occasione della Giornata del migrante 2013. L’iniziativa nasce dalla collaborazione di Arci Arezzo con l’Archivio Memorie Migranti e vanta il Patrocino del Comune.Il documentario è articolato in cinque storie di vita quotidiana, ciascuna rea-lizzata da un differente regista. I cinque

film maker sono giovani immigrati che hanno alle spalle storie di separa-zioni, di fuga, di ricerca di una vita migliore. Dopo aver seguito un percorso di formazione presso l’Archivio Memorie Migranti, i cinque registi coinvolti nel progetto hanno girato dei lungometraggi, i cui protagonisti sono giovani che, da soli, nonostante le difficoltà davanti a cui li mette la vita, riescono a rialzarsi dalla sofferenza. La brutalità e il dolore delle esperienze vissute dai registi si fondono in un lirismo delicato che tenta di oltrepassare la ruvida realtà, in cerca di una nuova speranza. Perché è la speranza che ha dato la forza a questi giovani di partire e di cercarsi una vita nuova, in cui ci fosse spazio per la prima volta anche per tutto quello che non ha a che fare col sopruso e con la violenza. Tuttavia ogni viaggio è una scommessa. E mentre c’è chi trova fortuna, c’è anche chi, arrivato in Italia, trova la morte, per mano di quella stessa ‘barbarie’ da cui era fuggito, cercando riparo. Ma il minimo comun denominatore di tutte queste storie è la dignità profonda che ciascuna di esse incarna: non è lo sconforto che ha il sopravvento, ma l’istinto di sopravvivenza e la voglia di costruire, per sé, un posto nel mondo in cui poter vivere davvero. Esistenze che le vicende della vita avevano cercato di mutilare, ma che, nonostante la fatica, hanno saputo trovare il coraggio di rialzarsi. E questo è il grande messaggio di speranza che queste storie vogliono trasmettere. Questi giovani, con le loro storie di coraggio, sono la speranza che le cose possono sempre cambiare, se si ha la volontà e la fiducia di po-tercela ancora fare. In quest’occasione, il cinema si rivela essere uno degli strumenti più adatti per guardare da vicino, e sotto una prospettiva nuova, un fenomeno sociale di grande impatto come l’immigrazione. Analizzato dal punto di vista di chi è fuggito dalla propria terra d’origine, in cerca di una vita diversa, questo fenomeno diventa anche l’occasione giusta per suscitare una riflessione sull’Italia contemporanea.

www.arciarezzo.it

AD AREZZOIl 18 dicembre la proiezione di ‘Benvenuti in Italia’ storie di vita quotidiana di registi immigrati in Italia 11 spettacoli di teatro d’attore e bu-

rattini per bambini, cinque com-pagnie del territorio impegnate in 15 appuntamenti in programma in 7 circoli Arci della provincia di Prato: questi i numeri della quin-ta edizione della rassegna Fiabe a Teatro promossa dal comitato Arci territoriale. Il 15 dicembre tre spet-tacoli in programma: La Ruota dei Tarocchi al circolo Costa Azzurra de La Macine a Prato, Masticabrodo e la nonna del Pirata Carciofo al circolo di Paperino, Per favore man-giami al circolo G. Rossi di Vaiano.Info e prenotazioni su www.arciprato.it

A Prato la rassegna‘Fiabe a Teatro’

Cgil del Trentino, Arci del Trentino (comitato provinciale) e Anpi, con il patrocinio della Provincia autonoma di Trento e in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Tren-tino, in occasione della ricorrenza del 70° anniversario della costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale che organizzò la resistenza armata contro l’occupazione nazifascista e la lotta partigiana per la liberazione dell’Italia, hanno prodotto uno spettacolo teatrale sulla vicenda storica che ha segnato le sorti del nostro Paese. Nasce così Libero nel Paese della Resistenza che debutterà sabato 14 dicembre alle 21 presso il Teatro Sociale di Trento. La realizzazione del progetto è stata affidata al direttore artistico della com-pagnia teatrale ‘Arditodesìo’ Andrea Brunello, autore di diverse rappre-sentazioni teatrali di impegno civile e sociale. Lo spettacolo è un viaggio nel favoloso mondo di Libero durante gli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale. Ingresso gratuito.

www.arcideltrentino.it

Libero nel paese della Resistenza

Giorgio Distante vince A.r.T. MedimexIl brindisino Giorgio Distante è il vincitore dell’edizione 2013 di A.R.T. Medimex 2013, il contest rivolto alle giovani band indipendenti pugliesi organizzato da Arci ReAL e Arci Puglia in collaborazione con Puglia Sounds. In finale ha superato la concorrenza di The Rest Side, Pietro Verna, Cambio Di Rotta, Pan Island Project. La proclamazione del vincitore è avvenuta domenica 8 dicembre nel corso del Medimex 2013. Giorgio Distante partirà ora per una tournée che lo porterà su alcuni dei palchi più importanti della scena indie italiana (circoli Arci del circuito Real), dividendo il palco con artisti affermati. Ad A.R.T. Medimex 2013 hanno partecipato più di 180 giovani musicisti pugliesi, 44 produzioni musicali originali (no cover band) provenienti da tutta la regione. A.R.T. Medimex si conferma così un’importante occasione di crescita artistica e umana per i giovani musicisti pugliesi, alcuni dei quali avranno la possibilità di mostrare il proprio valore fuori dalla propria regione, provando l’esperienza del tour, confrontandosi con un pubblico di appassionati e dividendo il palco con noti musicisti della scena indie italiana.

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Legge elettorale, ha vinto la Costituzione

La decisione della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale il por-cellum cancellando i due istituti salienti del premio di maggioranza e della lista bloccata, si può commentare sempli-cemente così: ha vinto la Costituzione.Ha vinto la lungimiranza dei padri costi-tuenti che hanno dotato la fragile demo-crazia riconquistata di robuste istituzioni di garanzia, la magistratura indipendente e la Corte Costituzionale che sono riuscite a intervenire e a sanare la ferita più grave che un sistema politico impazzito aveva inferto alla democrazia costituzionale.Le leggi elettorali hanno infatti un influsso diretto su quel principio supremo della Costituzione che attribuisce la sovranità al popolo determinando la qualità della democrazia rappresentativa e i suoi li-miti. Danno contenuto al sistema poli-tico e realizzano la Costituzione vivente con riferimento alla forma di governo, alla forma e alla natura dei partiti po-litici e alla possibilità dei cittadini di concorrere a determinare la politica nazionale (art. 49 Cost.). Lo Statuto albertino è stato distrutto dalla legge Acerbo, che ha consentito a Mussolini

di assicurarsi la fedeltà di un Parlamen-to ridotto ad un bivacco di manipoli.La legge Calderoli, che assomiglia molto alla legge Acerbo, ha consentito di fare un ulteriore passo, dopo l’introduzione del maggioritario nel 1993, per una svolta in senso oligarchico del sistema politico, comprimendo il pluralismo attraverso la tagliola delle soglie di sbarramento e del premio di maggioranza, e consen-tendo a una ristrettissima cerchia di oligarchi di determinare per intero la composizione delle Camere, nominando i rappresentanti del popolo, senza che il corpo elettorale potesse mettervi becco. Il porcellum ha favorito una evoluzione in senso ‘castale’ del sistema politico rappresentativo.La sentenza della Corte ha una portata epocale perché sancisce un principio di cui il sistema politico si è fatto beffa da oltre vent’anni. Che i sistemi elettorali devono essere coerenti con l’impian-to costituzionale, che prevede che il voto deve essere libero (il che significa possibilità di scegliere fra più propo-ste politiche) ed uguale (il che significa che non ci deve essere un quoziente

di Domenico Gallo giudice presso la Corte di Cassazione

In redazioneAndreina Albano Maria Ortensia FerraraCarlo Testini

Direttore responsabileEmanuele Patti

Direttore editorialePaolo Beni

Progetto graficoAvenida

Impaginazione e graficaClaudia Ranzani

Impaginazione newsletter onlineMartina Castagnini

EditoreAssociazione Arci

Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005

Chiuso in redazione alle 19,30

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A Niscemi (Caltanissetta) sta per essere installato uno dei quattro terminali terrestri mondiali del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare Usa. Si tratta di uno dei progetti chiave per le guerre globali e automatizzate del XXI secolo, dai devastanti effetti sul ter-ritorio, l’ambiente, la salute delle popolazioni. Il MUOStro di Niscemi incarnerà tutte le contraddizioni della globalizza-zione neoliberista: ucciderà in nome della pace e dell’ordine sovranazionale; dilapiderà risorse umane e finanziarie infinite;

arricchirà il complesso militare-industriale-finanziario transnazionale e le imprese siciliane in odor di mafia; rigenererà le ingiustizie; esautorerà ogni controllo dal basso, esproprierà democrazia e priverà di spazi di libertà e agibilità politica. L’imposizione del MUOS in Sicilia è la storia di raggiri e soprusi di Stato ma è pure la narrazione di una vasta mobilitazione popolare contro le logiche di morte e il paradigma dell’Isola fortezza armata e di grande lager per detenere indiscriminatamente rifugiati e migranti. Per rivendicare – a partire dai propri corpi - il diritto di vivere in un Mediterraneo mare di mezzo e mare di tutti.Militante ecopacifista e antimilitarista, giornalista e saggista, Antonio Mazzeo ha realizzato inchieste sulla presenza mafiosa in Sicilia, l’infiltrazione criminale nella realizzazione delle Grandi Opere, i traffici di droga e armi, i processi di riarmo e militarizzazione nel Mediterraneo.Info: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it

il libroIL MUOStro DI NISCEMIPEr LE GUErrE GLOBALI DEL XXI SECOLOdi Antonio Mazzeo Editore Editpress

di maggioranza ed uno di minoranza) e conseguentemente gli eletti devono essere rappresentativi della pluralità di interessi, bisogni e domande presenti nel corpo elettorale e nella società, poiché tutti i cittadini hanno diritto di concor-rere a determinare la politica nazionale.Ciò costituisce una delegittimazione insuperabile di tutte quelle teorie che pretendono di assegnare al sistema elettorale scopi non coerenti con la Co-stituzione, come la funzione di com-primere il pluralismo nella camicia di forza di un bipolarismo obbligatorio o di scegliere un Governo o un Capo di Governo che non può essere cambiato sino alle elezioni successive, attribuen-do un vincolo di mandato agli eletti incompatibile con l’opposto principio sancito da tutte le costituzioni liberali.Adesso, nella discussione per la ricerca di un nuovo sistema elettorale, la Corte con questa storica decisione ha gettato sul piatto della bilancia il peso della Costitu-zione. Spetterà a tutti noi cittadini elettori vigilare perché il ceto politico non tradisca nuovamente la Costituzione e con essa la dignità del popolo italiano e la sua storia.