apprendimento centrato sull’alunno e successo … · maurizio gentile dottore di ricerca in...

34
APPRENDIMENTO CENTRATO SULL’ALUNNO E SUCCESSO FORMATIVO Lavoro redatto per il PROVVEDITORATO AGLI STUDI DI TRIESTE nell'ambito del progetto SPORA" - "Si ringrazia il prof. Piero Russian, responsabile Ufficio Studi del Provveditorato per i preziosi commenti durante le fasi di stesura del lavoro". "14 Maggio, 2001" Maurizio Gentile Dottore di Ricerca in Psicologia Professore a contratto IUSM - Roma Formatore Centro Studi Erickson - Trento

Upload: doanque

Post on 14-Feb-2019

219 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

APPRENDIMENTO CENTRATO SULL’ALUNNO ESUCCESSO FORMATIVO

Lavoro redatto per ilPROVVEDITORATO AGLI STUDI DI TRIESTE nell'ambito del progetto SPORA" - "Si

ringrazia il prof. Piero Russian, responsabile Ufficio Studi delProvveditorato per i preziosi commenti durante le fasi di stesura del

lavoro". "14 Maggio, 2001"

Maurizio GentileDottore di Ricerca in PsicologiaProfessore a contratto IUSM - RomaFormatore Centro Studi Erickson - Trento

2

0. INTRODUZIONE

Il tema del successo formativo può essere correlato ad indicatori di natura economica esociale. La ricerca di indicatori può giustificare l’attuazione di progetti d’intervento destinati adelevare la quota di successo scolastico a favore di popolazioni con percorso di studio regolareed irregolare. Gli indicatori possono fornire alcune categorie interpretative sugli effettieconomici e sociali del successo scolastico.

Gli indicatori possono essere letti come un pool di dati a sostegno di coloro che stianoattuando azioni di conoscenza ed intervento per la costruzione di una scuola formativa e lapromozione della riuscita scolastica: non solo “arrivare al pezzo di carta” ma poter contare suun sistema di conoscenze capaci di orientare la decisione di acquisire ulteriore istruzione o diimpegnarsi con risultai soddisfacenti in un contesto lavorativo.

Da qui la necessità di elaborare modelli di azione formativa, caratterizzati dal passaggio dalogiche unidirezionali, fondate, cioè, sul potere dell’istituzione o del curricolo sull’utenza, alogiche finalizzate all’integrazione del cliente nella costruzione del servizio e del curricolo.Questo passaggio implica una ridefinizione dell’utente da terminale di prestazioni a clienteportatore di domanda.

L’opzione di orientamento al servizio può acquistare un duplice significato. Primo, puòcostituire un utile chiave interpretativa delle leggi sull’autonomia scolastica, sull’elevamentodell’obbligo e sulla riforma dei cicli. La funzione innovativa di tali strumenti legislativi si compiese nell’interpretazione delle riforme si assegna ad esse il ruolo di leve per avvicinarel’organizzazione scolastica ai luoghi dove il servizio può incontrare la domanda: una domandadi adattamento creativo dei giovani al contesto. Secondo, può offrire un criterio valido per larappresentazione strategica dell’ambiente. In questa prospettiva la scuola non è vista comecontenitore di un insieme di attività pedagogico-didattiche, la cui progettazione erealizzazione segue, spesso, logiche di sommazione o bonifica ambientale piuttosto che diservizio o di integrazione dell’utente. Al contrario essa può partecipare alla creazione dellemigliori condizioni di contesto per l’esercizio delle condotte cognitive di apprendimento.Conseguentemente, intervenire sulla configurazione del rapporto con il cliente significa toutcourt influenzare lo sviluppo di modelli operativi di insegnamento/apprendimento.

1. INVESTIMENTO FORMATIVO E SUCCESSO SCOLASTICO

Il capitolo da rilievo alla tema dell’investimento formativo correlato ad indicatori di natura economica esociale. Il discorso sugli indicatori può giustificare l’attuazione di progetti d’intervento destinati ad elevare laquota di successo scolastico a favore di popolazioni con percorso di studio regolare ed irregolare. Gliindicatori possono fornire alcune categorie interpretative sugli effetti economici e sociali del successoscolastico. Chi scrive si aspetta, soprattutto, che vengano letti come un pool di dati a sostegno di coloro cheabbiano attuato o che stiano producendo ed ipotizzando1 azioni di conoscenza ed intervento per lacostruzione di una scuola formativa e la promozione della riuscita scolastica: non solo “arrivare al pezzo dicarta” ma poter contare su un sistema conoscenze capaci di orientare la decisione di acquisire ulterioreistruzione o di impegnarsi con risultai soddisfacenti in un contesto lavorativo.

Il discorso sugli indicatori nasce dall’esigenza di fondare interventi su ragioni di ordineeconomico e sociale. Detto in altre parole si vuole sostenere la decisione di singoli, gruppi eistituzioni a sviluppare progetti ed azioni orientati all’incremento del successo scolastico. Diseguito si elencano le classi di indicatori che danno corpo a questa linea di ragionamento.

1 Si veda, ad esempio il progetto “SPORA” del Ministero della Pubblica Istruzione e la CommissioneParlamentare sulla Dispersione Scolastica (notizie tratte dal Corriere della Sera – Inserto Scuola,venerdì 9 aprile, 1999).

3

1.1. Domanda di cultura e formazione

Il nostro paese è caratterizzato da bassi livelli di istruzione. Facciamo registrare il più bassoindice di scolarità tra i paesi industrializzati. Come dichiara il CENSIS (1998) il dato non vaattribuito ad una domanda sociale scarsamente qualificata. Al contrario la richiesta di cultura eformazione, avanzata dalle famiglie italiane, cresce. Nel 1997 i gruppi familiari hanno speso inistruzione il 32,4% in più rispetto all’anno precedente. Nell’ottobre dello stesso anno, il 32,1%delle famiglie pianificava un aumento delle spese destinate alla stessa voce. Secondo unaricerca condotta in Lombardia, regione che in genere anticipa le tendenze della popolazionenazionale, la classe di spesa ritenuta più importante è quella attribuita ad istruzione, cultura edinformazione: 31,8%. La voce supera in punti percentuali le spese destinate alla salute,alimentazione, investimento, risparmio, viaggi e vacanze. I giovani, infine, spendono il 48,3%del loro budget in consumi culturali.

È interessante osservare come la domanda di formazione espressa su scala nazionale sirifletta sul sistema scolastico friulano, ed in particolare sulle dichiarazioni di valore attribuitoalla scuola da un campione di drop out scolastico. Una ricerca condotta dall’agenzia formativaIAL Friuli-Venezia Giulia (1999) rileva che i giovani che abbandonano la scuola,indipendentemente dalle caratteristiche del percorso, “regolare” (l’insuccesso scolastico nonha un peso decisivo sulla decisione di abbandono) versus “irregolare” (fallimento scolasticoformalizzato mediante bocciature e pluri-ripetenze), percepiscono la scuola, o meglio, lo studiouna “cosa importante” un valore condiviso da tutti. L’accordo espresso con l’idea di assegnarevalore culturale-formativo alla scuola equivale all’82,6% di casi tra il gruppo di alunni regolari eal 76,5% tra il gruppo di studenti irregolari. Il dato regionale è in qualche misura confermatoda un dato rilevato nel contesto provinciale udinese Bergamaschi (1995). Il campione diintervistati non è segmentato per categorie riferite all’insuccesso scolastico. Emerge,comunque, l’assegnazione alla scuola di due significati di fondo: da un lato gli studenti udinesisegnalano il ruolo formativo della scuola nello sviluppo della personalità (44% del campioneintervistato), dall’altro è ribadita la capacità professionalizzante del sistema formativo (43% delcampione intervistato).

1.2. Formazione come obiettivo economico conveniente

Alcune evidenze empiriche stilizzate da Checchi (1999), restituiscono i vantaggi economicidell’investimento in formazione e acquisizione di sapere. Il primo di questi è il seguente:l’istruzione acquisita si traduce in un incremento medio del reddito percepito. Un laureatoproduce un incremento di reddito doppio (47.879 milioni di lire) rispetto ad un licenziato dellascuola media inferiore (23.163 milioni di lire). La correlazione tra rendimento economico eistruzione è una caratteristica di tutte le economie capitalistiche sviluppate. Resta, comunque,controverso il dibattito sulle cause che producono il fenomeno. Se, in altre parole, l’istruzionemigliori le capacità produttive dei soggetti (teoria del capitale umano) o più semplicemente lepersone più dotate di capacità cognitive e comportamentali raggiungono livelli alti di successoscolastico anticipando nel contempo la capacità di iscriversi produttivamente nei contestilavorativi scelti dopo l’ultimazione degli studi (teoria della selezione).

Secondo: osservata l’esistenza di una correlazione tra rendimento economico eacquisizione di livelli di istruzione, solo una parte ridotta trae vantaggio da questa opportunità.Di 100 giovani che entrano oggi nel sistema scolastico italiano, solo 11 di essi ne esconolaureati. Il numero di diplomati e laureati continua a non superare il 40% della popolazione inetà lavorativa. La perdita ipotetica di individui nei diversi segmenti di scuola si ripartiscesecondo i valori di seguito riportati: 5 abbandono senza conseguire la licenza media; 12,1 nonsi iscrivono alle superiori; 24,3 abbandono nel corso delle superiori; 18,5 non si iscrivonoall’università: 10 abbandonano al primo anno di università; 5,3 abbandonano al secondo

4

anno di università; 13,2 abbandonano negli anni successivi. Detto in altri termini una quotatroppo elevata di studenti si ferma all’ultimazione dell’obbligo scolastico.

Terzo: l’investimento economico in istruzione è correlato ad un tasso di scolarità piùelevato. Il grado di scolarizzazione, calcolato nel lungo periodo, non è legato al rapportofavorevole studenti/docenti bensì all’ammontare di risorse impiegate. L’interpretazione delleconseguenze legate al dato rilevato svolta da Checchi (1999) è quanto mai indicativa: «[…] seavessimo aumentato nel 1991 la spesa pro-capite in istruzione del 10% (passando da 8,8milioni di lire a 9,7 milioni, con un aggravio complessivo sulla spesa pubblica di 8.000 miliardi)avremmo avuto un innalzamento del tasso del tasso di scolarità complessivo di 1,6 puntipercentuali, corrispondenti a 226.482 studenti in più distribuiti tra scuola media inferiore esuperiore e università» (Checchi, 1999, p. 23s).

Quarto: l’acquisizione di un titolo di studio più elevato corrisponda a minori tassi didisoccupazione. L’evidenza è basata su dati forniti nel 1997 dall’ISTAT. Alcuni dati possonomeglio esemplificare quanto affermato. Nella fascia di età tra i 25 e 24 anni il tasso didisoccupazione tra coloro che sono senza titolo dell’obbligo è del 25,6% mentre la percentualidi disoccupati della stessa età possessori di diplomi di 5 anni e di lauree è rispettivamente del14,5% e del 20,1%. Se il possesso del titolo di studio contribuisce a rendimenti differenziale piùelevati, resta quanto mai difficile da spiegare la scelta di aspirare a titoli di studio inferiori.

1.3. Istruzione e benefici sociali

Dati ISTAT, citati nel contesto di un recente convegno dedicato all’esercizio della funzionepsicologica in ambito scolastico, sottolineano come ad un incremento del successo scolasticocorrispondano benefici sociali e civili (Ordine degli Psicologi del Lazio, 1999). Le correlazionievidenziate segnalano che l’elevamento del titolo di studio sia in relazione: a) ad un minorerischio di povertà; b) alla percezione dello stato di salute; c) alla maggiore tendenza apartecipare alla vita associativa e ad impegnarsi nell’ambito del volontariato (l’insuccessoscolastico si associa ad un più difficile inserimento lavorativo, 44,2% dei soggetti i intervistati, ead una minore propensione a partecipare ad attività associative, 62,9% dei soggetti iintervistati).

2. L’APPRENDIMENTO CENTRATO SULL’ALUNNO (ACA)

Quando le attività d’aula si intrecciano con le competenze didattiche, gli ideali/valoripersonali e i dibattiti sui fini e la missione formativa della scuola, il lavoro di integrazione ericonciliazione di visione alternative e di domande diventa schiacciante. Ci si trova, in altritermini, a dover affrontare una serie di dilemmi propri dell’attività di insegnamento. Lariflessione e le decisioni prese in riferimento a ciascuno di essi influenza l’agire formativo diciascun insegnante all’interno del micro-mondo della classe. I dilemmi possono essere ricondotti a due questioni generali: percepire i bambini/ragazzicome persone, ovvero come soggetti con i quali stabilire una relazione adulta e responsabile;oppure come individui che vivono un processo di maturazione umana, verso i quali esercitareun ruolo di guida e conduzione. Detto con altre parole un docente sceglie di insegnare con loscopo di “formare persone” o “educare alunni”? La soluzione di tali dilemmi richiede ai docentil’uso di un giudizio professionale per valutare situazione per situazione quale opzione,decisione o piano di azione è più appropriato. La figura 1 mostra schematicamente le variabiliche entrano in gioco in tale processo di scelta.

5

Figura n. 1Dilemmi dell’attività di insegnamento

Educatori ed esperti hanno proposto una via di uscita ai dilemmi comuni dell’attività diinsegnamento. Essa è basata sull’idea di costruire ambienti didattici basati su un pool diprincipi mutuati dalla ricerca base sui processi di apprendimento.

2.1. Principi di un ACA

Il pool di principi focalizza l’attenzione sul processo di apprendimento dello studentepiuttosto che sulla progettazione del curricolo e sulle strutture amministrative della scuola.Nell’applicazione dei principi si assume che sia l’insegnante che i materiali didattici sonocomponenti chiavi del servizio scolastico e del successo formativo. Tuttavia i principi propostihanno l’obiettivo di fornire un quadro di riferimento mediante il quale che permette diorientare la scelta dei materiali didattici, lo sviluppo di progetti di formazione in servizio, glischemi e gli strumenti di valutazione del profitto individuale. I principi dovrebbero contribuirea selezionare e sviluppare le strategie più efficaci per prevenire il fallimento scolastico o bassilivelli di rendimento. I principi fanno riferimento a componenti interne che ogni individuo può controllare e chesono il risultato di convinzioni e di interventi istruzionali diretti per lo sviluppo progressivo ditali condotte cognitive.

A. FATTORI COGNITIVI E METACOGNITIVI1. Natura del processo di apprendimento. L’apprendimento di un contenuto è più efficace

quando è un processo intenzionale di costruzione del significato a partire da uninformazione o un esperienza. L’apprendimento significativo enfatizza l’uso intenzionale dioperazioni cognitive utili a costruire significato a partire dalle esperienze, dalle informazionie dai pensieri che ciascuno genera rispetto ad un oggetto di apprendimento.

2. Scopi e processo di apprendimento. L’apprendimento ha una natura strategica. Lostudente efficace ha colto questa dimensione del compito di conoscere a scuola, pertantol’apprendimento implica uno studente capace di auto-regolare la propria condotta

q Organizzare la relazione con ciascun bambino/ragazzo su base individuale

q Dare ai bambini/ragazzi autonomia nel controllo del tempo, delle attività e deicriteri di successo

q Cercare di motivare mediante attività intrinsecamente coinvolgenti

q Sviluppare e negoziare il piano di studi a partire da una valutazione degliinteressi dei bambini/ragazzi

q Tentare di integrare temi alternativi all’interno del piano di studi

q Puntare allo sviluppo della qualità nel lavoro scolastico

q Focalizzare l’attenzione sulle competenze di base e sullo sviluppo cognitivo

q Tentare di modellare e costruire abilità sociali e cooperative

q Conformare i bambini/ragazzi ad un’unica cultura di riferimento

q Distribuire equamente tempo, attenzione e ricorse

q Mantenere una coerenza tra regole definite e comprensione dei comportamentida assumere nel contesto scolastico

q Presentare se stessi su un piano formale e mantenere un estraneità funzionale

q Lavorare con applicazione professionale e cura

q Organizzare i bambini/ragazzi come classe

q Esercitare un controllo sull’uso del tempo, delle attività e dei criteri disuccesso

q Presentare premi spiegare il perché delle cose in modo tale da motivareestrinsecamente ad affrontare i compiti e le attività di apprendimento

q Erogare un piano di studi che si ritiene opportuno e che la “società civile” siaspetta che gli alunni ricevono

q Svolgere sistematicamente il piano di studi

q Puntare alla quantità nel lavoro scolastico

q Focalizzare l’attenzione su aree espressive e creative del programma

q Sviluppare la resilienza e la fiducia personale

q Affermare la varietà delle culture nella società multietnica

q Porre l’attenzione sui bisogni speciali di ciascun bambino/ragazzo

q Essere riflessivi a pronti a rispondere a situazioni particolari

q Presentare se stessi su un piano informale e rilassato

q Lavorare tenendo conto dei propri bisogni, prerogative e problemi personali

Trattare i bambini/ragazzi comepersone

Trattare i bambini/ragazzi comescolari/studenti

6

conoscitiva. Al fine di costruire una rappresentazione significative delle conoscenze unallievo ha bisogno di darsi o ricercare scopi personalmente rilevanti.

3. Costruzione della conoscenza. Lo studente di successo è capace di connettere le nuoveinformazioni con quelle esistenti in modi significativi. La natura di questi legami puòassumere forme alternative tali come; aggiungere informazioni, modificare informazioni,riorganizzare le informazioni esistenti.

4. Pensiero strategico. Lo studente efficace può creare ed utilizzare un repertorio di strategiedi pensiero e di ragionamento al fine di completare compiti di apprendimento complessi.Le strategie di pensiero strategico sono riferite a processi di ordine superiore quali:ragionare, risolvere problemi, elaborare categorizzazioni.

5. Pensare il pensiero. Le strategie cognitive di ordine superiore permettono di selezionare emonitorare le operazioni che facilitano un pensiero critico e creativo. Gli studenti disuccesso riflettono su come essi pensano e apprendimento, definiscono scopi e standard diapprendimento ragionevole e monitorano i loro progressi verso il raggiungimento degliscopi.

6. Contesto di apprendimento. L’apprendimento è influenzato da fattori ambientali qualicultura, tecnologia, prassi didattiche. L’apprendimento non avviene in un vuoto di relazionicon altri e con il contesto fisico di riferimento. Gli atteggiamenti, i comportamenti e le sceltemetodologiche dell’insegnante influenzano gli esiti finali del processo di apprendimento.La cultura locale, le influenze del gruppo possono avere un impatto su variabili rilevanti ilprocesso di apprendimento quali: la motivazione, l’orientamento verso il compito, i modi dipensare.

B. FATTORI MOTIVAZIONALI E AFFETTIVI

7. Influenze motivazionali ed emotive sull’apprendimento. Come e che cosa viene appreso èinfluenzato da stati emozionali, credenze, interessi, scopi e abiti mentali. Il ricco mondointerno di pensieri, scopi, credenze ed aspettative di successo o fallimento può favorire ointerferire con la qualità del pensiero e dell’elaborazione delle informazioni. La percezionedi sé e dei compiti di apprendimento media gli esiti finali di profitto scolastico. I fattorimotivazioni ed emotivi producono un impatto non solo sulle conoscenze ma anche sulladisponibilità continua di apprendere.

8. Motivazione intrinseca ad apprendere. La creatività, il pensiero di ordine superiore, e lacuriosità contribuiscono allo sviluppo di una motivazione intrinseca ad apprendere. Lamotivazione intrinseca è stimolata da compiti che hanno un livello ottimale di novità edifficoltà, che sono rilevanti rispetto agli interessi personali e che forniscono opportunità discelta e controllo autonomo.

9. Effetti motivazionali sull’impegno. L’acquisizione di conoscenze e abilità implica unimpegno distribuito nel tempo. Senza una motivazione ad apprendere, la disponibilità adesercitare tale sforzo è pressoché minima o comunque frutto di una costrizione esterna.L’impegno è uno dei maggiori indicatori della motivazione ad apprendere. L’acquisizionedi conoscenze complesse implica un investimento di considerevole energia e la capacità didistribuire strategicamente il proprio impegno nel tempo.

C. FATTORI SOCIALI ED EVOLUTIVI

10. Influenze evolutive sull’apprendimento. Come individui in sviluppo gli allievi hanno diverserisorse e limiti. L’apprendimento è più efficace quando si tiene in conto differenzeevolutive nel potenziale fisico, intellettivo, emotivo e sociale. Gli individui apprendonomeglio quando il materiale didattico è da un lato appropriato al livello evolutivo edall’altro è presentato in modalità interessanti e attraenti. Dato che i picchi di eccellenzaevolutiva non sono omogenei nei vari domini i sviluppo, insistere ad esempio solo su unatipologia di dominio (ad esempio la prontezza nella lettura) può precludere ad altri alunnila possibilità di dimostrare che di essere capaci in altre aree di funzionamento intellettivo ocomportamentale.

7

11. Influenze sociali sull’apprendimento. L’apprendimento è influenzato da relazioni sociali,relazioni interpersonali e comunicazioni intrattenute con altri. L’apprendimento puòessere favorito quando gli allievi hanno l’opportunità di interagire e collaborare con latrisu compiti di apprendimento. Ambienti di apprendimento che permettono interazionisociali e che rispettano la diversità incoraggiano la flessibilità di pensiero e lo sviluppo dicompetenza sociale. In contesti di apprendimento interattivi e collaborativi gli individuihanno l’opportunità per allenare l’abilità di “mettersi nella prospettiva dell’altro” e di“pensare in termini riflessivi”. Entrambi i processi possono permettere agli allievi diraggiungere alti livelli di sviluppo cognitivo, sociale, morale così come promuovere unsenso di auto-stima.

D. DIFFERENZE INDIVIDUALI12. Differenze individuali nell’apprendimento. Gli alunni hanno differente strategie, approcci e

capacità di apprendimento che sono una funzione delle precedenti esperienze e di fattoriereditari. Gli individui nascono e sviluppo un insieme di attitudini ed abilità. Attraverso processi disocializzazione essi acquisiscono preferenze personali su come apprendere e con quali ritmipreferiscono apprendere. Tuttavia tali preferenze non sono sempre utili o funzionali. Gliinsegnanti hanno bisogno di aiutare gli alunni ad esaminare le preferenze di apprendimento, adespanderle o modificarle se necessario.

13. Apprendimento e diversità. L’apprendimento è più proficuo quanto vengono tenutepresenti le differenze in termini linguistici, culturali di contesto socio-economico.L’appartenenza etnica, il linguaggio, la razza, le credenze culturali e lo status socio-economico possono influenzare l’apprendimento. Un attenzione attenta a questi fattoriall’interno dell’ambiente di istruzione aumenta la probabilità di progettare e implementareambienti di apprendimento appropriati.

14. Standard di rendimento e valutazione. La definizione di standard di rendimentoappropriati ma allo stesso tempo rigorosi e sfidanti, cosi come il processo di valutazione insenso stretto (diagnosi iniziale dei punti deboli e forti; sviluppo delle unità di esercizio,elaborazione e valutazione dei risultati) sono parti integrali del processo diapprendimento. La valutazione è uno strumento per informare insegnanti e studenti sullostato delle conoscenze acquisite. L’apprendimento efficace ha luogo quando gli alunni sisentono sfidati a raggiungere e lavorare per scopi appropriati. Pertanto la valutazione deipunti forti e dei punti deboli, cosi come la valutazione del possesso delle conoscenze edella abilità, è di fondamentale importanza per la selezione di materiali didattici e di attivitàche possiedono un grado ottimale di difficoltà.

2.2. 14 tecniche didattiche per un ACA

Le tecniche proposte sono state raccolte in due grandi categorie generali: a) attività per lacostruzione del clima di classe; b) attività per l’elaborazione di contenuti di apprendimento.

ATTIVITÀ PER LA COSTRUZIONE DEL CLIMA DI CLASSE

Attività 1Cieco guida1) Si divida la classe in coppie2) A turno, un componente la coppia chiude gli occhi (CIECO) e si lascia guidare dal

compagno (GUIDA) in giro per l’aula.3) L’alunno con gli occhi aperti prende la mano del compagno con gli occhi serrati

guidandolo nel cammino sia attraverso tale contatto fisico che tramite indicazioni vocalicirca gli ostacoli, le direzioni da prendere, gli oggetti incontrati

4) La “GUIDA” fa sperimentare al “CIECO” i vari oggetti che si trovano nell’aula facendoglielitoccare e descrivendoli a voce

8

5) Passati cinque minuti i ruoli si invertono al segnale dell’insegnante (battito di mani)

Attività 2Cerchi concentrici1) L’insegnante divide la classe in due gruppi di pari numero ( se si vuole risparmiare tempo,

anche in quattro gruppi)2) Dei due gruppi, forma un cerchio per ogni gruppo, e dà agli alunni la consegna di

disporsi in modo che un cerchio sia interno all’altro.3) Formati i cerchi concentrici, l’insegnante invita gli alunni del cerchio interno a rivolgersi

verso quelli del cerchio esterno, in modo che ogni membro del cerchio abbia di fronte unmembro dell’altro cerchio.

4) L’insegnante a questo punto dà una domanda stimolo che possa essere motivante per iragazzi (in caso in cui si voglia utilizzare l’attività come un’attività di clima), o pone unadomanda di contenuto (in caso si voglia sfruttare l’attività per far ripetere un contenuto oper favorire un confronto tra gli alunni su un argomento).

5) Ad un battito di mani dell’insegnante, gli alunni del cerchio esterno cominceranno arispondere alla domanda, avranno 1 minuto di tempo ( o più a seconda della domanda edi quanto si voglia far durare l’attività), successivamente l’insegnante batterà nuovamentele mani e toccherà alla persona del cerchio esterno.

6) Dopo due minuti l’insegnante batterà due volte le mani e il cerchio interno dovrà ruotaredi una persona in senso antiorario e gli alunni del cerchio interno cominceranno arispondere alla domanda con la nuova persona che hanno di fronte.

Attività 3Palle di neve1) Si disponga la classe in cerchio2) Ogni componente della classe scriva su un foglio di carta qualcosa che riguardi se stesso

(un fatto che gli è accaduto, una cosa che gli piace, un bel ricordo o un sogno chevorrebbe che si avverasse, ecc.). In alternativa si potrebbe chiedere a ciascuno didescrivere se stesso immaginando ciò che un amico/a direbbe di lui.

3) Lo accartocci e al via, tenendo gli occhi chiusi, getti la palla di carta al centro del cerchio4) Ognuno ne raccolga una, la apra, legga ciò che vi è scritto e cerchi di individuare il

compagno a cui appartiene. Per fare questo sia dia a ciascuno due tentativi perindovinare. Se lo individua individuato, spieghi da quale indizi sia a lui risalito. Se non loindividua tutto il gruppo può intervenire comunicando chi è il compagno descritto sulfoglio.

5) La lettura della palla successiva è svolta da chi è stato individuato.6) Il gioco continua finché tutti le palle di neve sono state lette.

Attività 4Angolo delle preferenze1. Tutti i partecipanti si posizionano al centro dell’aula ai cui angoli sono stati posizionati

quattro cartelli dall’insegnante.2. L’insegnante indica i cartelli posizionati nei quattro angoli dell’aula e invita i partecipanti,

ad un suo cenno, a distribuirsi a seconda degli angoli di preferenza rispetto a: Come mipiace trascorrere il mio tempo libero?

3. L’insegnante invita i componenti di ciascun angolo a disporsi in coppie e a scambiarsi leragioni delle loro preferenze.

4. L’insegnante invita le coppie a formare gruppi di quattro ed ognuno parafrasa agli altriquanto ha ascoltato dal suo compagno in coppia.

5. L’insegnante chiama un componente da ciascun angolo invitandolo a comunicare aglialtri le ragioni prevalenti di coloro che hanno scelto la sua stessa preferenza.

9

6. I componenti di ciascun angolo si ridistribuiscono in coppia e parafrasano le ragioni chehanno ascoltato dai componenti degli altri angoli.

7. L’insegnante sceglie a caso un componente da ciascun angolo e lo invita a riportare qualisono secondo lui le ragioni prevalenti della scelta dell’angolo alla sua destra e a verificarecon un componente di quello stesso angolo se ha compreso realmente quanto haascoltato, e così per ogni angolo.

ATTIVITÀ 6Chiamare il compagno perché si esprima1. L’insegnante dispone un cerchio di sedie e fa accomodare gli alunni.2. Presenta alla classe le regole dell’attività

• ognuno comunica le aspettative, gli obiettivi personali della settimana;• ultimata questa comunicazione sceglie un compagno lo nomina e chiede a lui di

comunicare le aspettative e gli obiettivi personali della settimana;• il gioco di apertura si interrompe quando tutti sono stati chiamati da tutti.

3. La prima comunicazione è fatta dall’insegnante che ultimata la sua parte chiama unbambino ad esprimersi: “Voglio sentire ……………”

Attività 7Facciamo conoscenza dei nostri compagni di classe1) Si formino in modo casuale gruppi (da 1 a 8 per una classe di 24 studenti) costituiti da 3

membri2) Ad ognuno si dia l’elenco dei compagni di classe e il compito di scoprire quanti e quali di

essi possiedono le caratteristiche/abilità indicate qui di seguito:• Chi riesce al primo tentativo, partendo dalla posizione "braccia aperte

e occhi chiusi", a far toccare gli indici con le mani?• Chi è capace di far muovere i padiglioni delle orecchie?• Chi riesce a formare le coppie mignolo-anulare e indice-medio di

entrambi le mani e a tenerle tra lo separate (senza però che una mano aiutil'altra)?

• Chi riesce a camminare su una linea diritta di 2,5 metri tenendo gliocchi chiusi

• Chi riesce a dispiegare un foglio di carta accartocciato con una manosola

• Chi è capace di fare un doppio nodo con una mano sola a un legaccio o unpezzo di spago pago

• Chi è che ridendo mostra due piccole infossature sulle guance?• Chi ha il lobo dell'orecchio attaccato o staccato dalla facci?• Chi ha la pelle scura e gli occhi chiari (grigio o verde)• Chi è miope e porta gli occhiali?• Chi accostando caviglie e ginocchia, ha i polpacci che si toccano?• Chi ha le pupille di colore marrone.

3) Al termine della raccolta dei dati, l’insegnante raccoglie alla lavagna “i risultati” e prova atracciare un identikit della classe: disegna una grande bambino composto da tutte lecaratteristiche dei singoli gruppi di bambini.

ATTIVITÀ PER LA COSTRUZIONE E L’ELABORAZIONE DI CONOSCENZE

Attività 8

10

Prendere note a coppie1. L’insegnante divide in porzioni parziale la spiegazione2. Individualmente ciascuno prende appunti sul proprio quaderno3. Alla fine di ciascuna porzione di spiegazione a coppie gli alunni confrontano gli appunti

presi e redigono una nuova stesura4. L’insegnante riprende la spiegazione fornendo la seconda porzione di contenuto e alla

fine di questa parte viene ripetuto il confronto e la coppia e la redazione di una nuovastesura.

5. L’attività si chiude con il completamento di tutti le parti di spiegazione.6. L’insegnante ritira ed esamina le stesure redatte dalle coppie.

ATTIVITÀ 9Materiali poveri1) L’insegnante divide la classe in gruppi di quattro o cinque persone2) L’insegnante dà ad ogni gruppo un foglietto su cui è scritto un compito da svolgere in un

ora.3) I compiti riguardano la manipolazione ed elaborazione di materiali poveri, come pagine

di quotidiano, carte da gioco, fogli, cartoni, pennarelli, graffette, etc.4) I compiti devono avere un certo grado di complessità, in modo da consentire

interdipendenza tra i membri del gruppo.5) I compiti possono essere:a) costruire una torre con un mazzo di carte da gioco, in modo che le carte stiano in

equilibrio le une sulle altre;b) costruire una torre con 10 fogli di quotidianoc) trovare tante parole quante sono le lettere dell’alfabeto, utilizzando 2 quotidiani.d) Fare un disegno in modo che ogni componente del gruppo abbia un pennarello diverso

e faccia a turno una parte del disegno; etc.

ATTIVITÀ 10Costruzione di frasi1. L’insegnante forma gruppi di 4 o 5 persone.2. A ciascun gruppo consegna una busta contenente 4 o 5 gruppi di parole scritte su tesse

colorate. Ciascun gruppo è di un coloro ma nella busta ci sono 4 o 5 colori diversi, cioè 4 o5 gruppi di parole che hanno un coloro per gruppo. Le parole appartengono a frasidiverse.

3. Ogni componente sceglie il coloro che vuole possedere.4. Il compito di ciascuno è di ricostruire una frase.5. Si comunichi ai gruppi che:

• le frasi devono contenere almeno 2 colori;• i componenti del gruppo non possono prendere le parole possedute da un altro

ma solo offrirle;• possono ricevere fin dall’inizio 4 aiuti da parte dell’insegnante a condizione che la

richiesta di aiuto è il frutto di una richiesta del singolo componente al gruppo equindi di una decisione condivisa;

• se dalla lettura delle risulta che la frase ha il 50% di parole poste correttamente ilsingolo componente guadagna 1 bonus (un aiuto in più); se invece la frase èesatta il singolo componente riceve 2 bonus;

• il gruppo vincitore è quello che ha accumulato più bonus aiuto per tutti icomponenti e che ha prodotto il numero più alto di frasi esatte.

Attività 11Riconoscimento in gruppo con CARD1) L’insegnante prepara un foglio nel quale sono contenute 9 unità di esercizio e 3 CARD

11

nelle quali sono contenute 2 principi o regole che permettono lo svolgimento di ciascunaunità di esercizio.

2) Si formino gruppi di tre persona e si assegni ad ogni gruppo un foglio nel quale sonoriportate in elenco le unità di esercizio, un foglio nel quale sono riportate le unità diesercizio ed uno spazio nel quale registrare le risposte.

3) Assegnare a ciascun componente del gruppo i seguenti ruolo:• controllore del tempo,• annotatore,• lettore.

4) Assegnare a ciascun membro una CARD.5) Comunicare che le CARD e i singoli ruoli vengono ruotato dopo lo svolgimento delle

prime 3 unità, delle seconde 3 unità e delle terze tre unità.6) Dare il via allo svolgimento indicando i tempi e la meccanica della collaborazione in

gruppo. Dire che il compito è completato e svolto bene se tutti hanno svolto tutti ruoliassegnati nonché utilizzato tutte le CARD assegnate.

7) Correzione delle risposte e assegnazione in assemblea o ritiro del foglio compilato ecorrezione.

Attività 12Riflessione in gruppo con strutture di ruoli8) L’insegnante divide la classe in gruppi di tre o quattro persone (massimo cinque per

esigenze di numero).9) In ogni gruppo ogni membro avrà un ruolo: uno tiene il tempo, uno scrive, uno sintetizza

e uno sarà il relatore (nel caso in cui il gruppo sia di cinque persone si può aggiungere ilruolo di mantenere l’attenzione sul compito o di mantenere il clima, sollecitando lapartecipazione e dando riconoscimenti verbali o incoraggiando)

10) A questo punto l’insegnante dà un argomento su cui riflettere (per esempio una lezioneappena tenutasi o un contenuto teorico particolare, in questo caso si possono dare anchedelle domande)

11) Alla fine della riflessione, il relatore del gruppo presenterà all’intera classe il lavoro svoltodal proprio gruppo (se si intende far lavorare su un contenuto specifico si può eliminare ilruolo di relatore, sostituendolo con uno degli altri due ruoli di cui sopra, e informare chetutti potranno essere interrogati alla fine del lavoro)

Attività 13Intermittenza1. L’insegnante struttura la spiegazione in modo da fare interruzioni ogni 5’.2 Durante la spiegazione L’insegnante invita i partecipanti a prendere appunti e ad ogni

interruzione gli rivolge una domanda relativa al contenuto spiegato.3 Ciascuno risponde individualmente alla domanda in 3’. (Responsabilità individuale)4 L’insegnante forma delle coppie in modo casuale e all’interno di ciascuna coppia si cerca

la formulazione migliore da dare alla risposta, scrivendo una risposta originale e nonscegliendola tra quelle individuali. (Interdipendenza positiva)

5 Al termine della spiegazione L’insegnante ascolta due coppie scelte a caso su ciascunadomanda e dà un feedback alle risposte di coppia.

6 L’insegnante raccoglie le risposte di tutte le coppie per una valutazione finale.

Attività 14Domande individuali e risposte in coppia1. L’insegnante assegna a ciascun partecipante un testo da leggere individualmente in 5’.2. L’insegnante invita a formulare sulla parte bassa del foglio contenente il testo una

domanda da fare agli altri componenti del gruppo concernente il contenuto letto in 3’.

12

(Responsabilità individuale)3. L’insegnante forma delle coppie in modo casuale e all’interno di ciascuna coppia:

(Interdipendenza positiva)• un componente legge la sua domanda• l’altro risponde• chi ha letto ascolta la risposta, la corregge e la integra• i due si scambiano i ruoli• insieme formulano una domanda di approfondimento sul contenuto da proporre

al trainer.4. L’insegnante ascolta le domande proposte dalle singole coppie e risponde.

2.3. Istruzione complessa ed intelligenze multiple

Di particolare interesse è la comprensione di come la struttura delle attività diapprendimento influenzi lo sviluppo intellettivo degli alunni. In un’attività di apprendimentosono contenute, implicitamente, una serie di indicazioni circa il tipo di intelligenza che puòcondurre gli alunni ad ottenere esiti positivi. In altre parole, le qualità strutturali contenute nelprocesso d’istruzione trasmettono indirettamente le concezioni di intelligenza che l'istituzionescolastica possiede.

2.4.1. Quadro teorico

Roseholtz e Simpson (1984) sostengono che la concezione più comunemente condivisarimanda ad un modello che vede l’intelligenza come una dimensione singola, stabile edindifferenziata (ossia applicabile a differenti attività di apprendimento). Queste caratteristichecostituiscono ciò che i due autori chiamano un “modello istituzionalizzato di convinzioni circal'intelligenza e le abilità cognitive”. Gli studenti possono trovare, durante la loro vita scolastica,conferma di tale concezione in modo che essa «diventi non solo logicamente plausibile, maanche la sola possibile» (Roseholtz e Simpson 1984, p. 36).

Alcune scelte didattiche possono favorire l’assunzione di tale idea. Ad esempio,un'organizzazione uni-dimensionale dell’attività di apprendimento stabilisce condizionifacilitanti la visione d'intelligenza come fattore stabile e generale. In una classe uni-dimensionale i compiti sono uguali per tutti. Nelle attività a struttura uni-dimensionale glialunni lavorano su compiti simili e su un ristretto numero di materiali. Tale scelta,probabilmente, spinge gli alunni a percepire le differenze ottenute nella prestazione finalecome differenze stabili ed incontrollabili. Poiché esistono minime diversificazioni nella struttura,nel formato, nella natura dei materiali e dei compiti di apprendimento, gli allievi non riesconoa sviluppare un’idea d’intelligenza né come fattore migliorabile né come componentearticolata su più dimensioni.

Più indifferenziati sono i compiti più facilmente i membri della classe intraprendono unconfronto comparativo con i compagni. È stato ampiamente accertato, infatti, che il confrontosociale produce sentimenti di inferiorità, scarsa aspirazione al successo, mancanza dimotivazione, ostilità e invidia interpersonale e competitività soprattutto tra coloro cheaccusano un basso profitto scolastico. È stato dimostrato che l'uniformità dei compiti generamaggiori occasioni di confronto sociale (Levine, 1983).

L’organizzazione multi-dimensionali delle attività di apprendimento implica, invece, unadifferenziazione dei contenuti e dei materiali. I compiti che ricevono questa impostazioneriducono l'opportunità o il bisogno di comparare la propria prestazione con quella degli altri.Questo crea la base per operazioni auto-percettive che si concretizzano su dimensionimultiple e su esiti finali relativamente diversi. Se, infatti, si promuove una visione di intelligenzacome fattore costituito da più componenti e si predispongono materiali ed attività coerenti

13

con tale definizione, si potranno avere maggiori occasioni per trasmettere ai ragazzi l’idea checiascuna componente può essere un elemento utile per riuscire scolasticamente e chel’intelligenza non è un entità fissa ed innata.

2.4.2. Proposta di ricerca-intervento

Si può ipotizzare che attività a struttura uni-dimensionale formino l’idea che alcune abilitàsiano più importanti di altre; mentre attività multi-dimensionali (possibilità di lavorare sumateriali individualizzati o sviluppati su dimensioni multiple di intelligenza) riducano lapercezione di tale gerarchia di importanza (Martini e Crotti, 1993). Il motivo principale delproprio impegno scolastico non diventa la ricerca di giudizi positivi o l’evitamento di errori mapiuttosto lo svolgimento del compito e l’acquisizione di nuove conoscenze. Al contrario,attività multi-dimensionali possono inibire processi di comparazione sociale e quindi favorire laformazione di un buon concetto di sé basato sulla convinzione che le forme di intelligenzapossedute sono egualmente utili per ottenere il successo scolastico.

La relazione causale tra caratteristiche organizzative delle attività di apprendimento,concezione d’intelligenza e schemi motivazionali è, solamente, un’ipotesi di ricerca. Per questaragione il paragrafo assume un significato propositivo da cui può emergere una possibile pistadi approfondimento. In questa linea, si può ipotizzare che la strutturazione delle attività diapprendimento in senso uni-dimensionale trasmetta implicitamente una visione d'intelligenzacome un attributo intellettivo generale e relativamente stabile nel tempo. Mentre una strutturamulti-dimensionale data alle attività di istruzione e apprendimento aiuta con maggioreprobabilità la formazione di una concezione d’intelligenza come un fattore migliorabile edarticolato su più componenti.

2.4.3. Istruzione complessa come modello didattico per un ACA

È una modalità di insegnamento per gruppi eterogenei che impegna gli alunni in compitidi ricerca aperta enfatizzando l’uso di processi di pensiero di ordine superiore.

L’istruzione complessa è organizzata attorno a due componenti chiave del processo diapprendimento: a) le pari opportunità di status; b) lo sviluppo di compiti complessi.

Figura n. 2La concezione delle intelligenze multiple

Per status si intende una posizione riconosciuta a un individuo in una determinata struttura

IntelligenzeIntelligenzemultiplemultiple

Musicale

Spaziale

Cinestetica

Naturalista

Linguistica

Logicomatematica

Interpersonale

Intrapersonale

14

sociale. Raggiungere in una classe pari opportunità di status implica ad esempio:• l’introduzione nel curricolo di materiali, testi, contenuti, attività che implicano il

contributo dei membri appartenenti a gruppi di minoranza sia per razza che perdifferenze negli stili e livelli di apprendimento;

• lo sviluppo di programmi di istruzione basati su gruppi eterogenei aumentano lepossibilità di rendimento individuale e apertura sociale reciproca.

• la realizzazioni di prassi di valorizzazione del profitto scolastico basate sul criterio dimiglioramento rispetto alla prestazione precedente piuttosto che sul confronto convalori assoluti di riferimento impliciti o espliciti.

• la modificazione di aspettative e pregiudizi nei confronti di se stessi e dei compagnimediante l’assegnazione del ruolo di esperto/insegnante allo studente svantaggiatocon lo scopo di formare aspettative positive. Questo implica scoprire le doti intellettive dicui l’alunno è unicamente portatore e prepararlo al ruolo di insegnante;

• l’organizzazione di compiti fondata sulle concezioni multiple di intelligenza (si vedafigura n, 2). In questa linea di ragionamento il punto centrale per la formazione diaspettative positive è persuadere gli alunni che lo svolgimento dei compiti implicamolteplici abilità. Pertanto si possono nutrire aspettative positive sia nei confronti dialunni con status elevato sia con status inferiore.

• lo sviluppo di norme base di cooperazione: “hai diritto di chiedere aiuto a chiunque deltuo gruppo”; “sei obbligato ad aiutare chiunque nel tuo gruppo ti chiede aiuto”.

Figura n. 3Schema dei principi dell’istruzione complessa

• Compito complesso. Implica soluzioni aperte; richiede l’utilizzo di molteplici abilità intellettive; promuove processidi pensiero di ordine superiore; l’uso di molteplici canali sensoriale e di strumenti multimediali.

• Responsabilità individuale:: È l’esito di una struttura d’interdipendenza di ruoli; media l’efficacia della cooperazionemediante l’assegnazione dei seguenti ruoli: facilitatore; responsabile dell’armonia, esperto di sintesi; addetto allerisorse e al materiale; relatore

• Norme base di cooperazione. Sono due: “hai diritto di chiedere aiuto a chiunque del tuo gruppo”; “sei obbligatoad aiutare chiunque nel tuo gruppo ti chiede aiuto”.

• Status: Posizione riconosciuta a un individuo in una determinata struttura sociale: è meglio occupare una posizione distatus elevato rispetto ad una posizione di status inferiore. È l’immagine interna di se stessi e degli altri.

Il secondo elemento che caratterizza questo modello didattico è basato sul concetto dicompito complesso. Un compito complesso implica soluzioni aperte; richiede l’utilizzo dimolteplici abilità intellettive; promuove processi di pensiero di ordine superiore; l’uso dimolteplici canali sensoriale e di strumenti multimediali. Esso afferisce ad una tematica, è aperto

Responsabilitàpersonale

Norme dicooperazione

Stat

us

Compitocomplesso

15

a molteplici esiti e richiede una pluralità di abilità. Un compito complesso non può esseresvolto individualmente. Un compito assume carattere di problema complesso quando leproprietà esatte di uno stato iniziale, dello stato finale e degli ostacoli sono sconosciute ecambiano dinamicamente durante il processo di soluzione.

In questa prospettiva la classe è vista come un ambiente ricco di risorse intellettiveeterogenee. L’apprendimento efficace consiste nell’apprendimento attivo e nellavalorizzazione di un numero ampio di abilità. Ogni modello di istruzione è basato su un ossatura di principi in parte metodologici ed inparte filosofici; su un pool di strategie per il trattamento di specifiche problematiche ofunzionale al raggiungimento di obiettivi ritenuti significativi; ed infine su uno schema dipianificazione che indica passo dopo passo le fasi su cui ragionare per compiere scelte diistruzione e di organizzazione della classe appropriate. La figura 4 mostra lo schema dipianificazione utilizzato all’interno del modello didattico di istruzione complessa.

Figura n. 4Schema di pianificazione

3. LINEE GUIDA PER LA PROGETTAZIONE DEL SUCCESSO FORMATIVO

La necessità di elaborare modelli di azione formativa, caratterizzati dal passaggio dalogiche unidirezionali, fondate, cioè, sul potere dell’istituzione sull’utenza, a modelli finalizzatiall’integrazione del cliente nella costruzione del servizio implica una ridefinizione dell’utenteda terminale di prestazioni a cliente portatore di domanda.

Questa opzione metodologica può acquistare un duplice significato. Primo, può costituireun utile chiave interpretativa delle leggi sull’autonomia scolastica e sull’elevamentodell’obbligo. La funzione innovativa di entrambi gli strumenti legislativi si compie senell’interpretazione delle riforme si assegna ad esse il ruolo di leve per avvicinarel’organizzazione scolastica ai luoghi dove il servizio può incontrare la domanda: una domanda

L’insegnanteprogetta:

• la lezioneintroduttiva,

• redige leistruzioni e liconsegna aigruppi (devonoessere chiare esemplici ma nontroppo dettagliatein modo dalasciare gli alunniin un gradogiusto diincertezza),

• organizza lacomposizione delgruppo;

• alla fine daspazio alleconclusioni delgruppo.

L’insegnante assegna unruolo specifico ad ognimembro:

• facilitatore (verificacomprensione delcompito, che tuttipartecipano, che ilgruppo sia concentratosul compito, che ognunoriceva l’aiutonecessario);

• responsabiledell’armonia (sta attentoai conflitti e ai sentimenti,facilita la negoziazione,incoraggia ad unacomunicazione aperta);

• esperto di sintesi (annotale idee tralasciando glielementi irrilevanti);

• addetto alle risorse e almateriale (fornisceaccesso ai materiali);

• relatore (alla fine dellavoro espone a tutti irisultati e le conclusioni).

L’insegnante sviluppacompiti con leseguenticaratteristiche:

• le soluzioni sonopiù di una,

• il compito deveessereinteressante,

• implicano l’uso distrumentimultimediali,

• l’uso di molteplicisensi,

• l’uso di abilitàconvenzionali edi ordinesuperiore,

• è impegnativo.

L’insegnante formaalle abilità dicooperazione:

• definisce icomportamentinuovi,

• gli alunniimparano ariconoscerli,

• gli alunni lidefiniscono e lidiscutono inmodo oggettivo,

• gli alunni hannol’opportunità dipraticarli,

• l’insegnanterinforza l’uso deicomportamenti.

PREPARARE GLIALUNNI ALLA

COOPERAZIONE

ORGANIZZAREI COMPITI

COMPLESSI ASSEGNARE IRUOLI AGLI ALUNNI

ORGANIZZARE LOSVOLGIMENTO DEL

COMPITO

L’insegnante• evita di fornire

voti individuali direndimento(escluso aprodottiindividualirealizzati nelgruppo ma acondizioni che siverifica lacomprensionedei concettisottostanti);

• si focalizza di piùsul fornirefeedbackspecifici a fatti orealizzazioniconcrete.

VALUTARE EMIGLIORARE IL

LAVORO

16

di adattamento creativo dei giovani al contesto. Secondo, può offrire un criterio valido per larappresentazione strategica dell’ambiente. L’orientamento al servizio è in primo luogo unmodello di rapporto dell’organizzazione con il contesto. Ciò evidentemente non significaminimizzare l’importanza dei fattori gestionali, tecnici, normativi, amministrativi ed istituzionali.Tali fattori possono contribuire allo sviluppo del servizio scolastico nella misura in cui sonoattivati da una cultura organizzativa del servizio e dell’orientamento al cliente. In questaprospettiva la scuola non è vista come contenitore di un insieme di attività pedagogico-didattiche, la cui progettazione e realizzazione segue, spesso, logiche di sommazione obonifica ambientale piuttosto che di servizio o di integrazione dell’utente. Al contrario essapuò partecipare alla creazione delle migliori condizioni di contesto per l’esercizio dellecondotte cognitive di apprendimento. Conseguentemente, intervenire sulla configurazionedel rapporto con il cliente significa tout court influenzare lo sviluppo di modelli operativi diinsegnamento/apprendimento.L’orientamento al servizio può essere utilizzato come un modello interpretativo della fenomenologiadispersiva, nella misura in cui, esso contribuisce a chiarire il legame che unisce la problematica dropout alla definizione del rapporto tra scuola e ambiente (Grasso e Salvatore, 1997). Chi scrive, ritieneche l’interpretazione del fenomeno, diffusa nel conteso scolastico, corrisponda prevalentemente allatendenza ad attribuire a fattori esterni (demotivazione degli alunni, assenza di risorse, assenza deirequisiti cognitivi necessari, mancanza di strutture) le cause e, conseguentemente, a delegare a terzi(soggetti professionali o programmi educativi extra-scolastici), il compito di intervento risolutivo. L’usodi questo modello coincide, direttamente, con una dichiarazione di impotenza: “poiché l’utenza sisottrae alla nostra azione educativa ricerchiamo funzioni supplementari esterne per ricollocare lastessa in uno stato di praticabilità educativa”. In questa ottica, l’obiettivo di un intervento dovrebbeessere l’offerta di ipotesi di lavoro che permettano una revisione del rapporto con l’ambiente e unaridefinizione dei modelli di proceduralità didattica che sostengono la funzione docente. Queste duecategorie di intervento saranno approfondite in dettaglio nel corso dei prossimi paragrafi.

3.1. Intervento sul contesto formativo

I nostri giovani dovranno vivere in una società in continuo cambiamento. I segni di talecambiamento sono stati codificati come: differenziazioni culturali, progresso delle tecnologiedell’informazione, universalizzazione dell’economia, sviluppo rapido delle conoscenzescientifiche e tecniche. Questi possono costituire un veicolo di sviluppo ma anche diesclusione sociale (Commissione dell’Unione Europea, 1995). Questo processo dicomplessificazione dell’economia e dei sistemi di convivenza ha, progressivamente ridotto, lacapacità dei sistemi di senso tradizionali (linguaggi, codici, valori, ideologie, tecnica, modelliorganizzativi, tradizioni, culture locali, istituzioni) di “proteggere” gli individui dalla continuavariabilità del contesto. Questi fenomeni esigono lo sviluppo di nuove competenze (si veda ariguardo un interessante trattazione svolta da Comoglio, 1996).

In Europa, questo dato è stato interpretato in relazione all’esigenza di fornire ai giovani unaformazione ed un’istruzione di base, che permetta loro, sia un adeguato inserimento sociale intermini occupazionali, sia uno sviluppo dell’attitudine al lavoro e all’attività, ed anche unosviluppo personale, consentito dall’accesso a mezzi ed opportunità formative lungo l’arco ditutta la vita. Entro simile scenario si modificano le finalità dei sistemi di istruzione/formazionenazionali. La scuola come una delle agenzie formative disponibili, è sollecitata, diconseguenza, a dover ridefinire i processi di produzione del servizio in funzione delladomanda di iscrizione ai nuovi contesti sia produttivi che di cittadinanza.Una proposta è stata avanzata dal “Libro Bianco su Istruzione e Formazione” della CommissioneEuropea (1995). In esso si indica esplicitamente che le risposte del sistema formativo ai cambiamentisocioculturali in atto dovrebbero riguardare la promozione di:

• conoscenze di base come lettura, calcolo e scrittura in modo da evitare l’insuccessoscolastico che svolge un ruolo fondamentale nell’emarginazione sociale;

17

• conoscenze tecniche, che permettono una netta identificazione con un mestiere euna possibilità di cambiare lavoro in tempi rapidi; da questo punto di vista èdiventata necessaria un’iniziazione generalizzata alle tecnologie dell’informazione;

• capacità di gestione autonoma del proprio apprendimento;• attitudini sociali, ovvero capacità relazionali quali il saper cooperare e lavorare in

gruppo.

Il libro invita gli Stati membri ad includere, all’interno del loro sistema di istruzione eformazione, scelte che vanno in questa direzione.

Gestione autonoma dell’apprendimento e attitudini sociali possono essere viste come dueabilità specifiche il cui sviluppo sostiene la costruzione progressiva di una competenza piùgenerale. Essa sarà indicata con il termine competenza di adattamento creativo ai contesti.Queste abilità prendono forme e nomi diversi: pensiero creativo, pensiero critico, pensieroauto-regolato, risolvere problemi, prendere decisioni, orientamento agli obiettivi, motivazionealla riuscita, competenza sociale, reciprocità. Si tratta di abilità che condividono unadimensione cognitiva fondamentale: il loro essere processi di elaborazione delle informazionedi secondo ordine. Detto con altre parole, l’attivazione di questi processi può consentire aigiovani di adattarsi creativamente alla complessità ambientale.

La scuola può funzionare come luogo di costruzione di tale competenza e come sistemache media la crescita sociale e professionale delle nuove generazioni. Alla luce di questepremesse può prendere corpo una specifica concezione di agire formativo. Secondo Salvatore(1999) due sono le leve a disposizione. In primo luogo avviare un processo di revisione delsistema servizio-utenza, ossia della struttura relazionale che configura il contesto diapprendimento. Secondo, intervenire sul rapporto utenza-contesto per analizzare le categoriesimboliche che mediano la fruizione individuale dell’apprendimento. Si ipotizza che, agitesinergicamente, queste due direzioni di lavoro possano potenziare l’erogazione del servizioformativo. L’autore propone di organizzare il processo di ridefinizione del contesto formativosecondo le seguenti linee di azione.

1. Congiunzione servizio-utenzaSi tratta della promozione presso il personale docente di competenze organizzativedi analisi e sviluppo della qualità formativa. In particolare, si ipotizzano queste lineedi azione.• Analisi della cultura del servizio del personale scolastico. Questa linea ha come

scopo l’istituire un gruppo di lavoro, attraverso la rilevazione e la riflessione suimodelli di servizio attivi nel contesto scolastico. La rilevazione dei modelliriguarderà l’insieme del corpo organizzativo. L’analisi dei modelli sarà,dapprima, circoscritta al gruppo di progetto, in modo da perseguire:l’implicazione degli operatori; un primo sviluppo dei modelli posti afondamento della funzione di sviluppo organizzativo; una condivisione degliobiettivi progettuali.

• Verifica di medio periodo dell’efficacia formativa. Si intende promuovere unaverifica sistematica di medio periodo, attraverso una rilevazione sul campodelle carriere formative e professionali degli ex-utenti. La funzione di questalinea è sollecitare uno spostamento da una approccio autoreferente allaverifica della produttività ed efficacia scolastica, che circoscrive l’ottica agli esitididattici e di apprendimento, ad un’ottica che assume l’efficacia in termini direale spendibilità dell’esperienza formativa nel processo evolutivo e diinserimento sociale.

• Analisi della soddisfazione del cliente. Si forniscono al gruppo di progetto glistrumenti di raccolta ed elaborazione dati necessari ad attivare un osservatorioper il monitoraggio sistematico della soddisfazione del cliente scolastico(studenti, famiglia, territorio).

• Analisi motivazionale dei processi dispersivi. La linea di azione prevede l’analisi

18

motivazionale dei modelli di insuccesso sottostanti l’abbandono scolastico.2. Congiunzione utenza-contesto

Si tratta di sviluppare negli alunni delle scuole medie inferiori e superiori modelliprogettuali e professionalizzanti definiti “culture professionali”. Le cultureprofessionali sono la risorsa da cui dipende - nel breve medio periodo - lapossibilità di inserimento nel mercato del lavoro e - nel lungo periodo - la crescitasocioeconomica del territorio.• Scuole medie

− Rilevazione immagine anticipatorie del contesto post-licenza. Mediante unspecifica tecnica di analisi psicosociale si conoscono i modelli dianticipazione che organizzano l’immagine del futuro presso gli studenti. Irisultati forniscono una mappatura dell’utenza, ossia indicazioni chepermettono di individuare sia gli elementi comuni ai diversi soggetti, sia ledifferenze, in funzione delle quali categorizzare segmenti di utenzaspecifici, destinatari di interventi differenziati.

− Sviluppo modelli di progettualità di uscita. Presentazione della mappaturaai gruppi classe mediante discussione. L’obiettivo è permette agli studentidi riconoscersi entro i modelli individuati, in modo da poter dare sensoall’esperienza ed incrementare la capacità progettuale, fondandolasull’ancoraggio al contesto.

− Costruzione di una funzione di orientamento scolastico. Si tratta di istituirein termini organizzativi e metodologici una specifica funzione diorientamento scolastico, finalizzata a realizzare e presidiare le iniziativedella scuola volte ad accompagnare il processo di uscita degli studenti diIII media. Tale funzione potrà essere affidata ad una persona o ad ungruppo, a secondo delle decisioni dell’organizzazione scolastica.

• Scuole superiori− Rilevazione immagine scuola presso utenza. Mediante un specifica tecnica

di analisi psicosociale si conoscono i modelli di rappresentazione chel’utenza agisce nel contesto formativo. I risultati forniscono unamappatura dell’utenza, ossia indicazioni che permettono di individuare siagli elementi comuni ai diversi soggetti, sia le differenze, in funzione dellequali categorizzare segmenti di utenza specifici, destinatari di interventidifferenziati.

− Progetto conoscenza contesto. Lo scopo è sviluppare negli alunni delleterze classi superiori la conoscenza del territorio, attraverso la loroimplicazione in un programma di ricerca sul campo volto alla conoscenzadella domanda di lavoro proveniente dal territorio, dal sistema dellaproduzione e dei servizi locale. La ricerca è portata avanti da gruppi dilavoro.

3.2. Modelli operativi di insegnamento/apprendimento

È stato ipotizzato che la creazione delle migliori condizioni di contesto può influenzare lo sviluppodi modelli operativi di insegnamento/apprendimento. Questo duplice versante di intervento è statopresentato una doppia veste: a) come un’area di lavoro per la ridefinizione del servizio formativo; b)come luogo per l’articolazione di specifici ipotesi di contrasto della dispersione scolastica. Senzaentrare nel merito della questione, si può ritenere che il lavoro di revisione del rapporto con ilcontesto formativo e il conseguente sviluppo di modelli operativi di insegnamento/apprendimentosono due assi di operatività formativa che possono acquisire consensi all’interno della riflessionepedagogica.

19

3.2.1. Che cosa si intende

Un modello operativo implica la combinazione coerente di obiettivi, processi diapprendimento, strategie di insegnamento e valutazione dei risultati. Esso è fondato su dati diricerca e riflessioni teoriche riguardanti come gli alunni elaborano le conoscenze, qualistrategie applicare per favorire l’apprendimento, quali obiettivi giudicare rilevanti, qualistrumenti scegliere per valutare i risultati raggiunti dagli studenti.

Nell’ambito della ricerca sui processi di insegnamento/apprendimento sono disponibilidiversi modelli caratterizzati da una integrazione di elementi diversi. I ricercatori che li hannosviluppati ne hanno descritto i miglioramenti in termini di successo scolastico e di crescitaprofessionale degli insegnanti. Questi modelli forniscono ai docenti dei quadri di riferimentonei quali emerge con chiarezza il legame tra obiettivi, processo di apprendimento, modalità diinsegnamento e di valutazione. Essi, inoltre, permettono di trovare molteplici soluzioni ai variproblemi incontrati nella pratica didattica (Arredondo e Block, 1990; Davidson e O’Leary,1990; Guskey, 1990a,b; Marzano, Pickering e Brandt, 1990; Mevarech, 1985; Weber, 1990).

La proposta di un modello integrato è accompagnata da attività di training finalizzate a:a) rendere espliciti i legami tra le diverse componenti del modello; b) chiarire gli obiettivi diapprendimento e le strategie per raggiungerli; c) descrivere i benefici e gli effetti sugli studenti;d) illustrare le competenze professionali che saranno acquisite durante l’applicazione delmodello in classe.

Le modalità e i tempi di inserimento di un modello operativo si differenzieranno a secondadelle situazioni. Come conseguenza di ciò si avrà una variazione sia nel modo con cui saràcompreso il legame tra le diverse componenti sia nelle modalità di applicazione del modello.L’insieme di elementi da introdurre dipende dal contesto nel quale si opera.. L’uso di questocriterio può avere molteplici vantaggi. In primo luogo, aiuta a prevenire la diffidenza che moltiinsegnanti manifestano di fronte a proposte di innovazione pedagogico-didattica. Questareazione è soprattutto presente tra i docenti con più esperienza. Essi, avendo visto uscire discena numerose sperimentazioni e fallire varie iniziative di formazione, sono più inclini aconsiderare un‘iniziativa di formazione come una contingenza, destinata prima o poi a lasciareil passo ad un’altra novità. Il loro atteggiamento può essere espresso con le seguenti parole: «Sitratta solo di una moda … anche questa prima o poi passerà». Secondo, può sottrarre gliinsegnanti da un fenomeno molto diffuso negli istituti scolastici: la presenza di un numeroelevato di attività, iniziative e sperimentazioni di cui non sempre sono chiari i benefici intermini di apprendimento degli alunni e di crescita professionale degli insegnanti. Lasovraesposizione dei docenti ad iniziative frammentate può tradursi in tentativi effimeri diaccrescere la funzione docente (Fullan e Miles, 1992).In questa definizione non sono presenti una serie di questioni associate alla ricerca sui modellioperativi. Ad esempio ci si deve chiedere quale paradigma di istruzione scegliere per configurare unmodello operativo? Quali abilità professionale mediano la comprensione e l’uso del modello? Su qualiscelte operative fondare un progetto di diffusione all’interno di un istituto scolastico? Qualipotrebbero essere gli ostacoli e i problemi che ne impediscono lo sviluppo? A questi interrogativi sitenta di rispondere nelle pagine che seguono.

3.2.2. Scelta del paradigma di istruzione

Le ricerche nel campo dei processi di insegnamento/apprendimento suggeriscono,sempre più, la possibilità di un ruolo attivo degli studenti nel processo di elaborazione delleinformazioni. In questa ottica, il sapere è una costruzione personale, significativa, che sisviluppa all'interno di un contesto nel il soggetto partecipa in modo attivo alla costruzione dellesue conoscenze. In queste situazioni l'allievo non è più visto come un contenitore che si lascipassivamente riempire di nozioni; il terminale di programmazioni educative, fondata su una

20

rigida sequenza di contenuti e su una trasmissione diretta delle conoscenze.Le opzioni quindi sono due: trasmettere direttamente il sapere istruire o favorire

l’esplorazione e la scoperta delle conoscenze? Non si ha con certezza una riposta esatta,probabilmente perché un modo migliore non c'è. Ci sono modi diversi che si adattano adiverse circostanze, allievi e contenuti. Si legga la seguente storia tratta da Macchine perimparare di Celi e Romanini (1997, p 37-38).

«Francesco ha compiuto quattro anni, e il suo papà ha deciso che è arrivato il momento diinsegnargli ad andare in bicicletta.Forse perché è un tipo prudente, forse perché ha posizioni teoriche vicine a quelle deiprogrammatori dell'insegnamento, fatto sta che compra al figlio una bicicletta (usata)adatta alla sua altezza e lo porta su una strada dove c'è un ampio marciapiede senzaostacoli e senza pericoli. Il papà di Francesco ha definito con precisione l'obiettivo didattico(imparare ad andare in bicicletta) e sta cercando di tenere sotto controllo gli stimolisituazionali (la bicicletta di altezza giusta e la strada più adatta) [...] Il papà di Francesco [...]ha provveduto anche a mettere le ruotine laterali alla bicicletta del figlio: in questo modo èsicuro che Francesco non cadrà. Le ruotine sono dei facilitatori, naturalmente: svolgono lastessa funzione di un sussidio didattico. Finalmente si parte. Il papà osserva Francesco conattenzione. Dapprima il bambino va troppo piano e cadrebbe se non avesse le ruotine. Ilpadre lo invita ad aumentare la velocità. Ora va meglio. Il papà prova allora a sollevare unpò le ruotine, in modo che tocchino e non tocchino [...] Francesco se la cava? Il padresolleva le ruotine un pò di più. Intanto dice al figlio che è bravissimo, che sta imparando adandare in bicicletta, che se continua così presto potranno andare a fare bellissimi giriinsieme. Il papà di Francesco continua [...] a osservare il figlio con attenzione e quando glisembra che sia arrivato il momento prova a togliere una ruotina, continuando a correrglidietro per sostenerlo ancora un pò con la mano ed evitare che cada. Poi toglie anche laseconda ruotina , e via!Raggiunto questo primo obiettivo, il papà programma di insegnarli qualche regolarudimentale di rispetto del traffico, con l'idea di poterlo portare, prima o poi, sulla strada. Itre obiettivi didattici sono ora: tenere la destra, non andare a zigzag, fermarsi al rosso.Purtroppo dopo molti tentativi il papà deve rinunciare. Si è reso conto che già i primi due nonsono alla portata di Francesco, che continua ad andare a vanvera sul largo marciapiede, azigzagare che è un piacere, a invertire bruscamente il senso di marcia.Una domenica mattina (tutta la storia è assolutamente autentica) alcuni amici del papà diFrancesco, genitori di bambini appena un pò più grandi, gli telefonano per invitare lui e ilfiglio a una piccola gita in bicicletta. Il papà di Francesco rifiuta l'invito dicendo che il figlionon è in grado di fare questa gita. Gli amici obiettano che l'hanno visto andare in biciclettasenza ruotine. Il papà risponde che Francesco sa andare in bicicletta, ma che non haancora imparato le regole minime di comportamento sulla strada. Gli amici insistono. Ilpapà (forse nel frattempo ha letto qualche articolo costruttivista?) si lascia convincere. Ilcontesto naturale (ora siamo su una strada vera, e se vai a zigzag una macchina tischiaccia), la fortissima motivazione intrinseca (stiamo facendo una gita in bicicletta con ituoi amici più grandi) e l'apprendimento [...] frutto dell'imitazione del comportamento diquesti amici fanno il miracolo. Francesco, senza nessun bisogno di istruzione formale,arriva a destinazione tenendo la destra, procedendo in linea retta, persino fermandosiquando il semaforo è rosso per ripartire al verde (inoltre, cosa tutt'altro che trascurabile,alla fine della gita è palesemente felice).»

3.2.2.1. Programmazione esterna dell’apprendimento

L'apprendimento programmato dall'esterno è finalizzato alla trasmissione diretta delleconoscenze. In questa metodologia, pertanto, non sono previsti momenti o attività nei qualigli alunni siano direttamente coinvolti nella costruzione del sapere.

Secondo Jonhson, Jonhson e Smith (1995) tale approccio all’insegnamento è basato sullaconcezione lockiana dell'apprendimento: la mente dello studente è considerata come unfoglio bianco sul quale l'insegnante scrive o annota le sue conoscenze, come un recipiente

21

vuoto all'interno del quale l'insegnante introduce argomenti e temi inerenti la disciplina cheinsegna.

In conformità a questa premessa le funzioni educative e didattiche di un docentediventano le seguenti:

a) trasferire conoscenze nella mente dell'allievo;b) chiedere agli studenti, esplicitamente o implicitamente, di memorizzare e ricordare

gli argomenti e i temi che hanno ascoltato durante la spiegazione;c) insegnare all'interno di un contesto caratterizzato da un'assenza di relazioni

interpersonali, sia tra studenti sia tra insegnanti e studenti;d) mantenere una struttura d’apprendimento individualistica, tradizionale e

sottilmente competitiva;e) insegnare una disciplina senza una preparazione specifica e professionale su

problemi, metodi e tecniche di insegnamento.

Questa impostazione didattica pone problemi di diversa natura. Gentile, Ramellini, Romanoe Silvestri (1997) hanno elencato una serie di aspetti critici osservati all’interno di un istitutoscolastico nel quale il modello di trasferimento delle conoscenze costituisce l’opzione didatticacomunemente usata. Essi hanno seguito due criteri: elencare i problemi intrinseci al metodotradizionale di insegnamento in riferimento sia all’area didattica sia a quella educativa.All’interno dell’area educativa, inoltre si distinguono le seguenti dimensioni: percezione di sé,percezione dei pari, percezione dei docenti. L’area didattica, invece, è stata strutturata inriferimento ai seguenti ambiti: cognitivo, motivazionale, attitudinale, rendimento scolastico. Ilrisultato di questo ragionamento è riportato nello schema seguente.

1. Area educativa.• Percezione di sé

− Chi ha un’alta stima scolastica di sé continua a mantenerla mentre chi hauna bassa stima di sé rischia di perderla.

− Il successo e l’insuccesso personale riceve un carattere di stabilità e puòessere una minaccia alla propria dignità o valore personale.

− È bassa l’opportunità di una rotazione continua di ruoli pertanto il ruoloricevuto è percepito come uno status.

• Percezione dei pari− I pari sono percepiti come rivali o antagonisti.− È bassa la possibilità di sensibilizzare all’esercizio di comportamenti di aiuto.− Esalta la prestazione individualistica e la assume all’interno di una cornice

competitiva fine a se stessa.− Lo sforzo per il raggiungimento della ricompensa (ad esempio un voto

alto, la lode dell’insegnante) è individuale e vissuto in una cornicecompetitiva.

• Percezione dei docenti− Gli studenti sono esposti direttamente alla valutazione dell’insegnante il

quale è percepito come dispensatore di giudizi e perciò principaleresponsabile del successo e dell’insuccesso scolastico individuale.

− L’insegnante è percepito come dispensatore di sapere e perciò principalegarante della verità delle conoscenze.

− L’insegnante non cura le relazioni sociali tra gli allievi durante la lezione.2. Area didattica.

• Ambito cognitivo− L’insegnante tende ad occupare il tempo della lezione fornendo contenuti

e nozioni.− È bassa la possibilità di intervenire nella correzione delle procedure per la

soluzione dei compiti.

22

− I contenuti della lezione sono presentati e offerti in una forma pre-strutturata.• Ambito motivazionale

− L’insegnante tende a dare per scontato che i ragazzi siano sensibili ecognitivamente sintonizzati su ciò che comunicherà.

− L’incentivo maggiore è dato dal dimostrare di essere superiori ai compagnio di continuare a migliorare il proprio apprendimento.

− Lo studente perlopiù fa appello alle proprie disposizioni motivazionaliindipendentemente dall’ambiente di apprendimento nel quale lavora.

• Rendimento scolastico− Vi è una progressiva riduzione della fascia media di rendimento; la classe

sembra scindersi in un due grandi blocchi, quello della fascia alta e quellodella fascia bassa.

− L’efficacia emerge con studenti della fascia alta poiché l’insieme dicapacità maturate li colloca già sulla via del successo e dunque nulla siperde degli insegnamenti del docente.

− Si registra, in ogni classe, la presenza di 4 o 5 studenti con difficoltà diapprendimento.

− Gli studenti fanno registrare una minore capacità di ritenzione duraturadel materiale.

3.2.2.2. Partecipazione attiva al processo di apprendimento

Le ricerche nel campo della didattica riflettono sempre più la necessità di unapartecipazione attiva degli studenti nel processo d’apprendimento. Ciò ha favorito lo sviluppodi una serie di riflessioni educative e d’indicazioni didattiche da cui è stato possibile formulareuna concezione alternativa dello studente, del ruolo dell'insegnante e dei metodi perpromuovere apprendimento. Si ipotizza che questa seconda opzione possa favorirel’elaborazione di prassi didattiche coerenti con le trasformazioni socioculturali del contesto.

Le idee e le convinzioni psico-pedagogiche che caratterizzano questa seconda prospettivasono le seguenti:

a) lo studente costruisce, scopre, trasforma ed estende le conoscenze; pertanto,compito dell'insegnante sarà quello di creare le condizioni per mezzo delle qualiacquisire attivamente le conoscenze: sia con i materiali messi a disposizione daidocenti, sia elaborando le conoscenze sulla base di quello che già si possiede;

b) l'apprendimento è considerato come esperienza pratico-operativa, caratterizzatada un fare e un riflettere piuttosto che da un memorizzare qualcosa già dato;

c) l'istruzione ha il compito di valorizzazione e sviluppare le capacità e le inclinazionidegli allievi: compito basato sulla convinzione che l’azione di insegnamento puòmigliorare le attitudini, l'intelligenza e la personalità degli studenti;

d) lo svolgimento di un compito può essere individuale, ma anche condivisoall'interno di un contesto d‘interazioni cooperative, mediante le quali gli allievicostruiscono, comprendono e condividono conoscenze ed informazioni;

e) l’insegnamento è un lavoro complesso, basato tanto su un interesse ed unadisponibilità ad applicare in classe le conoscenze prodotte dalla ricerca didattica eeducativa, quanto su un impegno costante di perfezionamento delle abilità e delleprocedure d‘insegnamento.

L’insegnamento basato sulla costruzione delle conoscenze pone gli studenti in ruolo attivo,all'interno di contesti relazionali positivi; affinché le capacità e le inclinazioni di ciascuno sianovalorizzate. In questa visione l’apprendimento assume le caratteristiche di un processo:

23

a) costruttivo l’allievo integra conoscenza a partire da ciò che sa;b) auto-regolato l’alunno autogenera azioni al fine di conseguire

obiettivi;c) finalizzato l’allievo assume uno scopo, genera domande e sviluppa

risposte;d) collaborativo lo studente condivide, collaborare e coopera;e) situato l'alunno fa e riflette, riflette e fa;f) differenziato lo studente ha un rapporto uno ad uno con la fonte di

conoscenza.

3.2.3. Sviluppo dei modelli operativi

Si legga il seguente caso. Il modello operativo è stato introdotto in una classe di primo liceoscientifico nel periodo tra marzo ed aprile (Gentile e Ramellini, in stampa). Gli allievi hannolavorato per un periodo complessivo di 6 settimane (26 ore totali). In precedenzal'insegnamento è stato fondato sul modello di trasferimento delle conoscenze ossia lasequenza abituale: spiegazione-studio personale-interrogazione. Alcune scelte metodologichehanno favorito la pianificazione e l’introduzione in classe del modello. Due ore sono statededicate all’avvio dell’attività. Il resto del tempo è stato interamente dedicato ai compiti e alleattività di apprendimento dei pronomi.

Ciascuna settimana è stata organizzata in 2 lezioni di 2 ore ciascuna. Per entrambe le ore èstato previsto un tempo di lavoro individuale e, consequenziale a questo, un tempo di lavorodi gruppo. Le lezioni sono state differenziate per la natura del compito e per il tipo di processicognitivi che i ragazzi hanno dovuto attivare (si veda per maggiori dettagli la tabella n. 4.17).

La prima lezione si è svolta attraverso un processo di scoperta di regole e principi“nascosti” ed impliciti in un materiale apparentemente eterogeneo e disordinato. Ilprocedimento che gli studenti hanno seguito è stato dunque induttivo, empirico: pertanto,l’approccio al contenuto è stato di tipo pratico. La seconda lezione, invece, è statacaratterizzata da un approccio teorico al contenuto: gli allievi hanno studiato, memorizzatoregole e principi, e successivamente li hanno verificati, applicandoli in diversi esercizi. In questocaso pertanto il procedimento che essi hanno seguito è stato di tipo deduttivo.

Tabella 1Esempi di lezioni

Attività didattica della prima lezione Attività didattica della seconda lezione

CONTENUTODefinizione dei pronomi

NATURA DEL COMPITO

Pratico-induttivo

SEQUENZA DI LAVORO

• (15’) Formazione dei gruppi e richiamo allecompetenze sociali della settimana.

(20’) Lavoro individuale Consegna del foglio di lavoro a ciascuno studente

contenente due favole di Esopo e le seguentiistruzioni:∗ lettura individuale del testo,∗ sottolineare le parole che rendono difficoltosa

e pesante la lettura del testo,∗ provare a sostituire quelle parole con altre

che rendano la lettura più facile e scorrevole,

CONTENUTOClassificazione dei pronomiPronomi personali e riflessivi

NATURA DEL COMPITO

Teorico-deduttivo

SEQUENZA DI LAVORO

• Breve richiamo all’uso e all’importanza dellecompetenze sociali (5’).

• Introduzione schematica alla lavagna dei passaggida svolgere durante la lezione (ossia lavoroindividuale + lavoro di gruppo + interrogazione echiarimenti del prof.) (5’).

• Consegna del foglio di istruzioni e svolgimento dellavoro individuale (20 minuti).

• Consegna del foglio di istruzione e svolgimento delcompito di gruppo dopo che gli allievi hannodisposto i banchi per lavorare insieme (20’).

24

∗ spiegare concisamente “il perché” lasostituzione rende più leggibile il testo.

• (40’) Lavoro di gruppo:∗ ciascuno legge le parole sottolineate, le

parole sostitutive e spiega il proprio “perché”,∗ sullo stesso testo ripetere i primi tre passi del

lavoro individuale con l’obiettivo diraggiungere un risultato comune di gruppo.

• (15’) Controllo dell’insegnante sui tre elementi(parole sottolineate, sostituzione, spiegazione)chiamando in tre gruppi diversi tre ragazzi.

• (10’) L’insegnante dà la definizione esatta dipronome sottolineandone sia la funzione logico-sintattica, sia l’importanza nell’economia dellacomunicazione verbale.

• (5’) Compiti per casa (studio della definizione dipronome, svolgimento di esercizi)

• Intervento del professore con lo scopo diinterrogare e dare chiarimenti (15’).

• Lavoro individuale di produzione di frase in latino ememorizzazione della stessa (15’).

• Lavoro di gruppo di produzione, ricezione e dianalisi logica di frasi latine originali (15’).

• Intervento del professore che interroga i gruppi eesprime un feedback ed una valutazionequantitativa.

• Verifica scritta individuale sul lavoro della settimana(15’).

La seconda lezione, a conclusione della settimana di lavoro, è terminata con una verificascritta individuale, della durata di circa 15 minuti. Sulla base della correzione delle verifiche, ildocente ha potuto accertare il livello di acquisizione dei contenuti da parte dell’intero gruppo-classe; quindi ha potuto decidere quali interventi migliorativi introdurre nel corso della primalezione della settimana successiva. Questa seconda lezione è stata definita di controllo, poichéla verifica settimanale ha consentito un’accurata diagnosi della classe; la prima lezione dellasettimana successiva, invece, è stata definita migliorativa, dato che ha previsto l’intervento deldocente per spiegare, integrare ed approfondire il contenuto.

Figura n. 5Organizzazione settimanale in unità di lezioni speculari

Abbreviazioni: PROF = professore; VERI = verifica

LEZIONE I

LEZIONE II

PRATICO

TEORICO

GRUPPO

INDIVIDUALE

PROF

VERI

GRUPPO

INDIVIDUALE

INTE

RV

ENTI

MIG

LIO

RA

TIV

I

CO

NT

RO

LL

O

25

L’intero progetto di lavoro settimanale è stato deciso in seguito ad una riflessione dellostaff, che in parte ha preceduto e in parte ha accompagnato l’esperienza stessa. Esso dunqueè frutto sia del ragionamento astratto e teorico, sia dell’esperienza pratica, che di volta in voltaha suggerito modifiche e affinamenti. Non tutte le lezioni sono state condotte rigorosamentesecondo tale struttura: questa, infatti, deve intendersi come un punto di arrivo piuttosto cheun punto di partenza. All'interno della struttura, l'attività didattica è determinata dalsuccedersi e concatenarsi di unità di lavoro settimanali, alle quali è stato dato il nome di“dittici”. Infatti le quattro ore settimanali di latino sono state articolate in due lezioni di due oreciascuna: le due lezioni, che si richiamano e si completano a vicenda, costituiscono appunto ledue “tavolette” di un “dittico” ideale (si veda, la figura n. 4.6).L’esperienza descritta fa emergere una visione di insegnamento come “azione razionale”, fondata suiseguenti elementi: a) l’insegnamento può essere “causa di apprendimento” qualora si introducano inclasse strategie e tecniche didattiche sufficientemente supportate da studi teorici e sperimentali; b)l’attività dello studente e l’interazione tra gli allievi possono diventare una risorsa per favorire la riuscitanei compiti; c) l’insegnante ha il compito di dominare la struttura della disciplina e di trasmetterla nelleidee fondamentali in modo che gli allievi entrino in possesso delle conoscenze che la costituiscono.

L’azione didattica assume una sua consistenza specifica, non riducibile all’improvvisazionee ad una semplice applicazione. Le azioni di insegnamento sono il veicolo principale dipromozione di un insieme di conoscenze culturali: pertanto, è fondamentale che sianopensate e ponderate in riferimento sia all’oggetto culturale sia al discente. Emerge la necessitàtanto di una competenza disciplinare quanto di una competenza pedagogico-didattica,affinché la scuola diventi luogo in cui gli allievi sono aiutati a costruire ed acquisire il sapere inmodo sistematico e proficuo. L’insegnamento non deve “fagocitare l’apprendimento”, poichési tratta di due attività complementari e nello stesso tempo specifiche. L’insegnante e tutticoloro che collaborano con lui dovrebbero creare le condizioni più favorevoliall’apprendimento e, di certo, non sostituirsi all’alunno nel compito di apprendere. È «proprioquesta consapevolezza che giustifica la necessità della didattica» (Alberti, 1997, p. 319).Sottostante a questa visione esiste la convinzione della necessità di un grande lavoro sui dettagli.Questa attenzione ai dettagli è motivata da una serie di principi:

a) predisporre un ambiente di apprendimento basato su una visione di studente comeattivo e responsabile nella costruzione del suo sapere;

b) lavorare con una logica nella quale obiettivi, contenuti, principi e tecniche sonointegrati nelle attività di insegnamento/apprendimento;

c) condurre applicazioni controllate, da cui far emergere un cambiamento attraverso ilconfronto dei risultati ottenuti prima e dopo l’applicazione.

3.2.4. Diffusione

L’insegnamento è una professione complessa. L’aspetto centrale della professionalità di uninsegnante riguarda la capacità di integrare costantemente “il cosa” insegnare, “il come” insegnare e“il perché” scegliere di insegnare secondo una certa modalità piuttosto che un’altra. La necessità disviluppare la funzione docente ha spinto la ricerca ad isolare i fattori che possono contribuire in uncontesto di formazione in servizio alla diffusione dei modelli operativi didattici (Luzzatto, 1998;Gentile, 1999; Guskey e Huberman, 1995).Di seguito viene discusso un pool di fattori che può accrescere la probabilità di diffusione di unmodello operativo. Si fa principalmente riferimento ad un prospettiva di lavoro proposta da Guskey(1995). Secondo l’autore la diffusione di un modello didattico può ottenere esiti positivi se vi è unequilibrio ottimale tra scelte operative e possibilità concrete offerte dal contesto. Le scelte operativefanno riferimento alle attività da svolgere, alle procedure di verifica dei risultati e alle condizioni cheassicurano il raggiungimento degli obiettivi. Ciascuna scelta va adattata al costrizioni ambientali nellequali si opera. La conoscenze degli ostacoli e dei problemi può accresce le possibilità di penetrazionedel modello presso il corpo docente.

26

4.2.4.1. Obiettivi graduali

Una conclusione certa degli studi sul cambiamento individuale nelle organizzazionilavorative, è la seguente: la percezione della complessità di un obiettivo è inversamenteproporzionale alla probabilità che il cambiamento avverrà con successo (Guskey, 1991). Essaè, dunque, una variabile di estrema importanza. La probabilità di introdurre procedure ocontenuti altamente innovativi (nuovi metodi di istruzione, tecnologie didattiche aggiornate,nuove forme di collegialità tra insegnanti), dipenderà dal giudizio che gli insegnantiesprimono circa l’ampiezza del cambiamento che viene loro richiesto.

Questo dato può spiegare resistenze ed opposizioni espresse verso proposte di formazionealtamente innovative. Quando la proposta di formazione implica un forte rinnovamentoindividuale, la scelta operativa più appropriata è programmare il raggiungimento degliobiettivi secondo mete parziali (Locke e Latham, 1990, 1994; Locke, Shaw, et al. 1981).L’aspettativa di una completa padronanza degli obiettivi in tempi ristretti può rendereinefficaci gli sforzi per la loro realizzazione. Se viene trasmessa l’idea che gli obiettivi possanoessere raggiunti con modalità accessibili (che non richiedono, ad esempio, un’eccessivaquantità di lavoro extra) le probabilità di cambiamento individuale aumentano. In questaprospettiva si constata che la riuscita di un progetto di formazione in servizio dipendedall’opportunità di favorire la crescita professionale in forme graduali e progressive (Sparks,1983).

Le possibilità di diffusione di un modello aumentano se viene ricercato un equilibrioottimale tra obiettivi parziali e a largo raggio. L’assenza di scopi al lungo termine, basati su unavisione di ciò che può essere realizzato, si può rivelare tanto improduttiva quanto l’aspettativadi cambiamento in tempi rapidi. È importante, quindi, stabilire in un progetto di formazione inservizio scopi a lungo termine capaci di motivare ad un sufficiente impegno (Crandall,Eiseman e Louis 1986). Quest’ultimo dovrebbe basarsi su un coinvolgimento attivo, unaprospettiva continua di arricchimento e un grado di interesse adeguato dei partecipanti. Gliscopi finali possono essere raggiunti attraverso un’espansione graduale degli obiettivi parzialifondata sui successi ottenuti e su un supporto continuo offerto ai partecipanti (Fullan, 1992).

3.2.4.2. Logica di squadra

Lo scarso coinvolgimento dei partecipanti può costituire una fonte di insuccesso. Alcontrario, la possibilità di ricoprire un ruolo, di partecipare alla presa di decisioni, di assumereresponsabilità e compiti, di lavorare insieme ai colleghi, si rivelano misure efficaci permantenere l’impegno e assicurare un livello sufficiente di riuscita del progetto.

È stato osservato che l’efficacia dei progetti di formazione cresce nella misura in cui sifornisce ai partecipanti l’opportunità di condividere prospettive e ricercare soluzioni a problemicomuni, all’interno di un’atmosfera di collegialità e di rispetto professionale (Fullan, Bennet eRolheiser-Bennet, 1989). Quanto detto implica l’organizzazione dei partecipanti in gruppi disupporto. Il lavoro di squadra è lo stile che caratterizza tali gruppi. Nei gruppi di supporto leattività di pianificazione, applicazione e osservazione dei risultati vengono vissute come unimpegno condiviso: tra i membri del gruppo vi è una distribuzione di compiti e responsabilitàche riduce i carichi di lavoro e accresce la qualità dell’impegno. Ciascuno tende a focalizzarel’attenzione su scopi di miglioramento condivisi (McRel, 1989).

I gruppi di supporto possono accrescere la ricchezza di soluzioni e prospettive di analisicoinvolgendo figure con competenze e caratteristiche eterogenee. Caldwell e Wood (1988)suggeriscono di inserire accanto agli insegnanti personale non docente, amministratori eresponsabili degli uffici centrali. Lezotte (1988) propone di coinvolgere sia genitori siarappresentanti della comunità locale. L’inclusione di individui con differenti competenze,

27

interessi e responsabilità consente agli insegnanti di ricevere un numero maggiore di consiglie suggerimenti. Il lavoro di squadra va organizzato con un certo equilibrio. I gruppi di supporto possonotanto facilitare quanto rendere difficile l’attuazione del progetto. Per prevenire difficoltà edostacoli si può fare riferimento ad alcune norme generali. Primo, valutare la necessità effettivadi personale non docente e di figure esterne all’istituto scolastico. In alcune circostanze questipossono ostacolare il lavoro (ad esempio, durante un processo di analisi dei bisogni, dipianificazione di un intervento, di soluzione di problemi mal definiti, di valutazione deirisultati). Secondo, nelle prime fasi di attuazione del progetto i gruppi di supporto dovrebberoevitare di soffermarsi in discussioni lunghe e noiose. Queste ultime possono esaurire leenergie e l’entusiasmo dei partecipanti, ostacolare la presa di decisioni, impedire la creazionedi piani di intervento, produrre un senso di insoddisfazione (Fullan, 1991). Terzo, perché lacostituzione di un gruppo di supporto si riveli una scelta efficace i membri hanno bisogno direndere esplicite ed accordarsi su alcuni aspetti: importanza del cambiamento, desiderio disperimentazione, miglioramento continuo del lavoro. Questi dovrebbero costantementeguidare le azioni e i pensieri dei partecipanti.

3.2.4.3. Osservazione dei risultati

L’acquisizione stabile di nuove competenze didattiche è associata alla possibilità dicondurre un’osservazione sistematica dei risultati che grazie ad esse si ottengono.L’osservazione degli effetti si rivela di estrema importanza quando gli insegnanti giudicano laloro efficacia professionale in base alla capacità di influenzare positivamente la crescita degliallievi (Huberman, 1992; Guskey, 1994). L’assenza di osservazione sistematica riduce lapossibilità di un’acquisizione stabile delle competenze ostacolando, di conseguenza, ilprocesso di crescita professionale dell’insegnante.

Le conoscenze, le abilità e le azioni che si dimostrano efficaci, con maggiore probabilitàsaranno interiorizzate, mentre si tenderà ad abbandonare quelle che non producono esitifavorevoli. I successi ottenuti diventano rinforzi per gli insegnanti e permettono loro dimantenere l’impegno durante lo svolgimento del progetto di formazione. In riferimento a ciòè opportuno sviluppare strumenti e procedure di osservazione sistematica dei risultati.

L’adozione di specifiche modalità dipende dai fini generali e dagli obiettivi specifici di unprogetto. La valutazione formativa è, ad esempio, la procedura più affidabile per osservare irisultati raggiunti, se il proposito di un’iniziativa di formazione è l’introduzione nella prassididattica di un nuovo metodo di insegnamento. L’esemplificazione più evidente nell’uso dellavalutazione formativa è dato dal Mastery Learning. Gli studenti alla fine di ogni unità (o serie dilezioni) ricevono feedback dettagliati sui loro progressi di apprendimento. Lo scopo èrimandare loro lo stato delle conoscenze possedute. Queste valutazioni permettono disviluppare attività integrative aventi un duplice obiettivo: a) aiutare gli studenti in difficoltà arimediare agli errori; b) permettere, agli studenti che hanno superato con successo lavalutazione formativa, di consolidare le conoscenze acquisite (Block, Efthum e Burns, 1989;Bloom, 1971; Bloom, Madaus e Hastings, 1981).

La valutazione formativa, oltre ad essere uno strumento per favorire il recupero deglistudenti, offre agli insegnanti delle evidenze dirette sui risultati raggiunti. Le verifiche regolaridell’apprendimento mostrano quali miglioramenti sono stati prodotti e quali problemi ancoraesistono. Queste informazioni possono essere utilizzate per guidare la revisione dell’attivitàdidattica e per introdurre in essa continui miglioramenti.

L’osservazione dei risultati può andare oltre la valutazione formativa del rendimento. Ilfocus di osservazione può essere orientato anche su altre dimensioni. Stallings (1980)suggerisce, ad esempio, di valutare l’efficacia di una nuova pratica didattica osservandol’impegno manifestato in classe (tempo trascorso sui compiti) e l’autostima degli studenti.Fiedler (1975) e Smylie (1988) affermano che valutazioni informali, riguardanti sia

28

l’apprendimento che le reazioni manifestate dagli studenti, possono fornire una base pergiudicare l’efficacia di un nuovo metodo di insegnamento. Risultati positivi ottenuti in ciascunadi queste dimensioni sono considerati dagli insegnanti prove, altrettanto convincenti, permantenere alto, l’impegno di crescita professionale.

L’osservazione sistematica si rivela una scelta efficace se applicata all’interno delle seguenticondizioni. Primo, è necessario evitare il rischio che i risultati vengano percepiti come forme divalutazione. Al contrario, dovrebbero essere presentati come mezzi per introdurrecambiamenti continui e per riflettere sulla propria azione didattica. In questa prospettiva lemodalità di osservazione non devono ostacolare il raggiungimento dei fini generali e degliobiettivi specifici di un progetto. Secondo, è necessario evitare che l’osservazione sistematicasia condotta continuamente e in tempi troppo rapidi. I tempi di osservazione dei risultati e dilavoro in classe dovrebbero essere in costante equilibrio. Terzo, ogni modalità di raccolta datidovrebbe essere adattata alle caratteristiche del progetto e del contesto scolastico nel qualesarà svolto. Quarto, le procedure di osservazione devono avere come oggetto dimensionipercepiti dagli insegnanti come significative.

3.2.4.4. Supporto

L’introduzione in classe di un’innovazione didattica è un compito difficile, faticoso e ricco diincertezze. È un lavoro che richiede tempo e spesso implica un processo applicativo pocolineare ed uniforme (Joyce e Showers, 1980).

Sono in pochi coloro che vi riescono con successo. Gli insegnanti che, da soli, superanodubbi, incertezze e difficoltà possiedono la capacità di esaminare in dettaglio la loro azionedidattica, scoprendone gli effetti, in relazione agli studenti, alla materia insegnata, agli obiettividel piano di studio (Joyce e Clift, 1983). Questa osservazione è comprovata dal fatto che ifallimenti nel trasferire in classe un’innovazione sono correlate alla convinzione che il processodi applicazione sia, semplicemente, un richiamo meccanico di elementi. Gli insegnanti cheassumono questa convinzione non credono alla necessità di capire gli elementi checostituiscono una competenza o una strategia e le condizioni nelle quali applicarla consuccesso (Fullan e Miles, 1992).

Ogni progetto che ha lo scopo di accrescere le competenze individuali o il livello diefficienza di un organizzazione richiede tempo, disponibilità a sperimentare ed una quantità dilavoro extra. In questa prospettiva è inevitabile considerare l’applicazione in classe come uncompito continuo, che prende luogo all’interno di condizioni capaci di garantire assistenza edincoraggiamento a persistere. Assistenza ed incoraggiamento possono essere fattorideterminanti per il successo di un progetto di formazione in servizio.

Ad esempio, se al modello didattico si attribuisce, la possibilità di promuovere risultatimigliori di apprendimento, allora questo dovrebbe essere applicato con una frequenza tale dainserirsi stabilmente nell’organizzazione didattica delle classi e nel repertorio professionaledegli insegnante partecipanti al progetto (Fullan e Miles, 1992). I ripetuti tentativi disperimentazione implicano, tuttavia, la possibilità di affrontare prontamente le difficoltà che divolta in volta emergono. Per questa ragione la selezione o lo sviluppo di modalità utili agarantire un assistenza ed un incoraggiamento a persistere si può rivelare una scelta operativaefficace. L’assistenza permette di tollerare la frustrazione legata ad occasionali fallimenti ol’ansia associata al timore di fallire. L’incoraggiamento è, spesso, necessario per favorire unimpegno in coloro che non possiedono motivazioni personali forti o che non possonogarantire un’elevata disponibilità a sperimentare e riflettere sul lavoro svolto (Waugh e Punch,1987).

Il supporto può essere offerto con modalità diverse. McLaughlin e Marsh (1978)raccomandano la preparazione e il reclutamento di personale capace di fornire un’assistenzaimmediata non appena le difficoltà cominciano ad emergere. L’assistenza, però, deve esserecurata sia nella forma che nei contenuti. Se la qualità dell’assistenza è molto scarsa sarebbe

29

meglio non fornirla affatto. Joyce e Showers (1988) suggeriscono che assistenza edincoraggiamento possono essere garantiti mediante il Peer Coaching. Il Peer Coaching è unpiano di lavoro collaborativo nel quale gli insegnanti si sostengono reciprocamente durante ilprocesso di applicazione in classe di un’innovazione didattica. Infine, Massarella (1980)afferma che può rivelarsi valido offrire agli insegnanti l’opportunità di condividere con altricolleghi idee e soluzioni che hanno elaborato per superare i problemi incontrati.In alcuni contesti un’elevata quantità di supporto può essere necessaria per superare inerzia eresistenza al cambiamento. Al contrario in contesti nei quali è ampiamente diffusa l’iniziativaindividuale il fornire un supporto continuo può rivelarsi una scelta scarsamente efficace. Ilcompito di colui che sviluppa il progetto di formazione è trovare un equilibrio ottimale tra daresupporto e favorire l’iniziativa individuale. Per ottenere ciò è importante comprendere da unlato gli atteggiamenti e le dinamiche interpersonali degli individui coinvolti nel progetto edall’altro l’organizzazione dell’istituto scolastico nel quale lavorano.

BIBLIOGRAFIA CITATA E DI RIFERIMENTO

Alberti C. (1997). Modelli didattici e insegnamento della matematica. I parte, in«L'Insegnamento della Matematica e delle Scienze Integrate» , 20/A(4), pp. 312-328.

Arredondo, D. E., e Block, J. H. (1990). Recognizing the connections between thinking skillsand mastery learning. Educational Leadership, 47(5), 4-10.

Basic Behavioral Science Task Force of the National Advisory Mental Health Council. (1996).Basic behavioral science research for mental health: vulnerability and resilience. AmericanPsychologist, 51(1), 22-28.

Block, J. H., Efthum, H. E., e Burns, R. B. (1989). Building effective mastery learning schools.New York: Longman.

Bloom, B. S. (1971). Mastery learning. J. H. Block (Ed), Mastery learning: Theory and Practice(pp. 47-63). Mew York: Holt, Rinehart e Winston.

Bloom, B. S., Madaus, G. F., e Hastings, J. T. (1981). Evaluation to improve learning. New York:McGraw-Hill.

Caldwell, S., e Wood, F. (1988). School-based improvement. Are we ready. EducationalLeadership, 46(2), 50-53.

Carli, R., e Paniccia, R. M. (1999). Psicologia della formazione. Bologna: Mulino.Celi F. - Romanini F. (1997). Macchine per imparare. L'uso del computer nella scuola, Trento,

Erickson.CENSIS. (1998). Rapporto sulla situazione sociale del paese - 1998. Milano: Franco Angeli.Checchi, M. (1999). Istruzione e mercato. Per un'analisi economica della formazione scolastica.

Bologna: Mulino.Commissione Europea. (1995). Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva .

Bruxelles.Comoglio, M. (1996). Cinque competenze per una nuova educazione. Animazione Sociale, 26

(10), p.10.Comoglio, M. (1998). Educare insegnando. Apprendere ad applicare il Cooperative Learning.

Roma: LAS.Comoglio, M. (1998). Insegnare educando. Apprendere ad applicare il Cooperative Learning.

Roma: LAS.Crandall, D., Eiseman, J., e Louis, K. (1986). Strategic planning issues that bear on the success

of school improvement efforts. Educational Administration Quarterly, 22(3), 21-53.Davidson, N., e O'Leary, P. W. (1990). How cooperative learning can enhance mastery

teaching. Educational Leadership, 47(5), 30-34.De Bortoli, m. (1999). Relazione sullo stato attuativo dei progetti. La situazione dei progetti

previsti nel Piano Territoriale d’Intervento ai sensi della L. 285/97 a un anno dalla firmadell’Accordo di Programma. Ambito dei Comuni di Latisana/S.Giorgio, Udine.

30

De Vita, L., (1995). Lo studente a rischio. Diagnosi e interventi di recupero. TuttogiovaniNotizie, 10 (39), 5-23.

Di Blasio, P. (Ed). (1995). Contesti relazionali e processi di sviluppo. Milano: Raffaello CortinaEditore.

Franta, H.- Colasanti, A.R. (1991). L’arte dell’incoraggiamento. Insegnamento e personalitàdegli allievi. Roma. La Nuova Italia Scientifica.

Fullan, M. G. (1991). The new meaning of educational change. New York: Teachers VollegePress.

Fullan, M. G. (1992). Visions that blind. Educational Leadership, 49(5), 19-20.Fullan, M. G., Bennett, B., e Rolheiser-Bennett, C. (1989). Linking classroom and school

improvement. San Francisco, CA: Paper presented at the annual meeting of the AmericanEducational Research Associaion.

Fullan, M. G., e Miles, M. B. (1992). Getting reform right: What works and what doesn't. PhiDelta Kappan, 73(10), 745-752.

Gentile M. (2000). Logiche d’intervento e abbandono scolastico. Appunti per una prassidell’agire formativo. Milano: Franco Angeli.

Gentile, M. - Ramellini, P. - Romano, V. - Silvestri F. (1997). Apprendimento cooperativo.Progetto per l'anno scolastico 1997-1998. M. Gentile (Ed), Apprendimento cooperativo inuna scuola cattolica. Progetti ed applicazioni (pp. 182-192). Roma: Manoscritto nonpubblicato.

Gentile, M. (1998). Motivare ad apprendere. ISRE, 5(2), 80-109.

Gentile, M. (1999). La formazione in servizio degli insegnanti. Indicazioni e scelte operative.ISRE, 6 (2), pp. 46-58.

Gentile, M. (1999). La promozione del successo scolastico. Docete/Strumenti, 54 (9), pp. 15-23.Grasso, M., e Salvatore, S. (1997). Pensiero e decisionalità Contributo alla critica della

prospettiva individualista in psicologia. Milano: Franco Angeli.Guskey, T. R. (1984). The influence of change in instructional effectiveness upon the affective

characteristics of teachers. American Educational Research Journal, 21, 245-259.Guskey, T. R. (1990a). Cooperative mastery learning strategies. Elementary School Journal,

91(1), 33-42.Guskey, T. R. (1990b). Integrating innovations. Educational Leadership, 47(5), 11-15.Guskey, T. R. (1991). Enhancing the effectiveness of professional development programs.

Journal of Education and Psychological Consultation, 2(3), 239-247.Guskey, T. R. (1994). Teacher efficacy: A study construct dimensions. American Educational

Research Journal, 31, 627-643.Guskey, T. R. (1995). Professional development in education: In search of optimal mix. In T. R.

Guskey, e M. Huberman (Edss), Professional development in education: New paradigmsand practice (pp. 114-131). New York: Teachers College Press.

Guskey, T. R., e Huberman, M. (1995). Introduction. In T. R. Guskey, e M. Huberman (Edss),Professional development in education: New paradigms and practice (pp. 1-5). NewYork: Teachers College Press.

Huberman, M. (1992). Teacher development and instructional mastery. In A. Hargreaves, e M.G. Fullan (Edss), Understanding teacher development (pp. 122-142). New York: TeachersCollege Press.

IAL. (1999). Cosa farò dopo: I percorsi del post abbandono. I risultati della ricercasull'abbandono scolastico nel Friuli Venezia Giulia. Pordenone: DopoNews 2.

Johnson D. W. - Jonhson R. T. - Smith, K. A. (1995). Cooperative Learning and individualstudent achievement in secondary schools, in J. E. Pedersen - A. D. Digby (Eds),Secondary schools and Cooperative Learning. Thories, models and strategies, New York,Garland Publishing, pp. 3-55.

Joyce, B., e Clift, R. (1983). Generic training problems: Training elements, socialization,contextual variables, and personality disposition across occupational categories that varyethos. Montreal: Paper presented at the annual meeting of the American Educational

31

Research Association.Joyce, B., e Showers, B. (1980). Improving inservice training: The messages of research.

Educational Leadership, 37, 379-385.Joyce, B., e Showers, B. (1988). Student achievement through staff development. New York:

Longman.Levine J. M. (1983). Social comparison and education. In J. M. LEVINE, & M. C. WANG (Edss.),

Teacher and student perceptions: Implications for learning. Hillsdale, NJ: Erlbaum, pp.29-55.

Lezotte, L. W. (1989). The open book. Focus in Change, 1(2), 3.Locke, E. A., e Latham, G. P. (1990). A theory of goal setting and task performance. Englewood

Cliffs, NJ: Prentice-Hall.Locke, E. A., e Latham, G. P. (1994). Goal setting theory. In H. F. J. O'Neil, e M. Drillings (Edss),

Motivation: Theory and research (pp. 13-29). Hillsdale, NJ: Erlbaum.Locke, E. A., Shaw, K. N., Saari, L. M., e Latham, G. P. (1981). Goal setting and task

performance. Psychological Bulletin, 90, 125-152.Luzzatto, G. (1998). Insegnare ad insegnare. I nuovi corsi universitari per la formazione dei

docenti. Roma: Carrocci Editore.Marzano, R., Piskering, D., e Brandt, R. S. (1990).Integrating instructional programs through dimensions of learning. EducationalLeadership, 47, 17-24.

Marcato, P., Giolito, A., e Musumeci, L. (1997). Benvenuto. Come cominciare l'attività formativacol piacere di conoscersi e liberi dai questionari d'ingresso. Molfetta (BA): Edizioni laMeridiana.

Martini A. e Crotti, M. (1993). Quale identità per la scuola media? “Scuola e Città”, n. 12, pp.532-541.

Massarella, J. A. (1980). Synthesis of research on staff development. Educational Leadership,38(2), 182-185.

McLaughlin, M. W., e Marsh, D. D. (1978). Staff development and school change. TeachersCollege Record, 80(1), 70-94.

McRel (Mid-continent Regional Education Laboratory) (1989). A powerful strategy forimproving staff development and inservice education. In Wolfe, P. e Robbins, P. (Edss).Opening doors. An introduction to peer coaching, Alexandria, VA: ASCD.

Messana, C. (1999). Valutazione formativa e personalità. Prospettive di sviluppo dellamotivazione scolastica e della stima di sé. Roma. Carocci Editore.

Mevarech, Z. R. (1985). The effects of cooperative mastery learning strategies on mathematicsachievement. Journal of Educational Research, 78, 372-377.

Ordine degli Psicologi del Lazio. (1999). Psicologia, Scuola, Europa. Lo psicologodell'educazione e della formazione. Roma: Atti del Convegno.

Quaderni di Animazione e Formazione. (1995). L'animazione con i gruppi di adolescenti.Torino: Edizioni Gruppo Abele.

Quaderni di Animazione e Formazione. (1996). L'animazione a scuola. Accoglienza,apprendimento comunicazione. Torino: Edizioni Gruppo Abele.

Quaderni di Animazione e Formazione. (1999). Il Cooperative Learning. Strategie disperimentazione. Torino: Edizione Gruppo Abele.

Rocchietta Tofani, L. (1991). Disadattamento scolastico, devianza psicosociale e classroommanagement. Orientamenti Pedagogici, 38, 1385-1404.

Roseholtz S. J. e Simpson C. (1984). The formation of ability conceptions: Developmental trendor social construction. “Review of Educational Research”, n. 54, pp. 31-63.

Rutter, M., e Rutter, M. (1995). L'arco della vita: continuità, discontinuità e crisi nello sviluppo.Firenze: Giunti.

Salvatore, S. (1999). La psicologia al servizio. Progetto di sperimentazione per lo sviluppo dellafunzione psicologica in ambito scolastico. Roma: Ordine degli Psicologi della RegioneLazio.

Smylie, M. A. (1988). The enhancement function of staff development: Organizational and

32

psychological antecedents to individual teacher change. American Educational ResearchJournal, 25(1), 1-30.

Sparks, G. M. (1983). Synthesis of research on staff development for effecctive teaching.Educational Leadership, 41(3), 65-72.

Speck, R. V. (1976). La terapia di rete. Roma: Astrolabio.Stallings, J. (1980). Allocated academic learning time reviseted, or beyond time on task.

Educational Researcher, 9(11), 11-16.Stevenson, R. B. (1987). Staff development for effective secondary schools: A synthesis of

research. Teaching and Teacher Education, 3(2), 233-248.Stevenson, R. B. (1987). Staff development for effective secondary schools: A synthesis of

research. Teaching and Teacher Education, 3(2), 233-248.Stewart, I., Joines, V. (1990). L’analisi Transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani.

Milano: Garzanti Editore.Waugh, R. F., e Punch, K. F. (1987). Teacher receptivity to systemwide change in the

implementation stage. Review of Educational Research, 57(3), 237-254.Weber, A. (1990). Linking ITIP and the writing process. Educational Leadership, 47(5), 35-39.Werner, E. E. (1987). Vulnerability and resiliency in children at risk for delinquency: a

longitudinal study from birth to young adulthood. In J. D. Burchard, e S. Burchard (Eds),Prevention of delinquent behavior: primary prevention of psychopathology (pp. 1-43).Newbury Park: Sage.

Werner, E. E. (1993). Risk, resilience, and recovery: perspectives from the Kauai longitudinalstudy. Development and Psychopathology, 5, 503-515.

Maurizio Gentile, Laura e Dottorato di Ricerca in Psicologia si occupa di processi di insegnamentoe apprendimento con particolare attenzione allo studio delle condizioni del successo formativo. Èdocente invitato presso la Scuola Superiore Internazionale di Scienze della Formazione, istituita aVenezia e affiliata all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Svolge attività di formazione, ricerca edintervento per scuole, enti, organizzazioni e università. Si interessa di problemi inerenti la crescitaprofessionale dell’insegnante, le metodologie di insegnamento, la motivazione ad apprendere. Sutali tematiche ha pubblicato diversi lavori presenti in riviste di settore. Le aree di ricerca più recentisono: sviluppo del servizio scolastico, valutazione degli interventi formativi, apprendimentoindividuale e organizzativo, processi di inclusione della diversità in ambito scolastico. Dal 1998 èformatore del Centro Studi Erickson conducendo training e corsi sull’APPRENDIMENTO COOPERATIVO.

È autore di vari pubblicazioni fra cui: La percezione delle proprie abilità come funzione dellecondizioni d'apprendimento (1995); La percezione di sé in situazioni d'apprendimento scolastico:Implicazioni motivazionali (1995); Motivare ad apprendere (1998); Apprendere geometriaeuclidea con il Cooperative Learning (1998); Lavorare insieme sui pronomi latini? Una esperienzanel liceo scientifico di Frascati" (1999); Percezione di sé e dei risultati scolastici: ruolo delleattribuzioni causali e dell'auto-stima (1999). La promozione del successo scolastico (1999);Insegnare Latino con il Cooperative Learning (2000); Logiche di intervento e abbandonoscolastico. Appunti per una prassi dell’agire formativo (2000); Gruppi di apprendimentocooperativo con studenti in difficoltà (2000); Concezioni di intelligenza sviluppo motivazionale eapprendimento