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Diritto Civile Contemporaneo
Rivista trimestrale online ad accesso gratuito ISSN 2384-8537
www.dirittocivilecontemporaneo.com
Anno I, numero II, luglio/settembre 2014
L’AZIENDA E’ SUSCETTIBILE DI ESSERE ACQUISTATA PER USUCAPIONE
Massimo Fricano
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L’AZIENDA E’ SUSCETTIBILE DI ESSERE ACQUISTATA PER
USUCAPIONE
di Massimo Fricano, Avvocato e docente a contratto nell’Università Kore di Enna
Le Sezioni Unite, con sentenza n. 5087 del 5 marzo 2014, pronunciandosi su questione di
massima di particolare importanza, hanno ritenuto configurabile l’acquisto a titolo
originario per usucapione dell’azienda, considerata come un bene distinto dai singoli
componenti, suscettibile di essere unitariamente posseduto.
Nel caso di specie, proposta una hereditatis petitio avente ad oggetto un esercizio di
farmacia, era stato dai convenuti domandato in via riconvenzionale il riconoscimento
dell’acquisto del bene per usucapione in virtù di possesso ultratrentennale. A fronte delle
concordi pronunce di merito di accoglimento della domanda riconvenzionale, l’attore
proponeva ricorso per cassazione, deducendo, tra l’altro, la violazione degli artt. 2555 e
1158 e ss. cod. civ. e sostenendo che “l'azienda non può essere considerata alla stregua di
una universalità di beni, non essendo riconducibile in tale nozione la complessa varietà di
rapporti giuridici inerenti il suo esercizio, e pertanto essa non è suscettibile di
usucapione”.
La Seconda Sezione della Suprema Corte, rilevato che non constavano precedenti
specifici sulla questione dell’usucapibilità dell’azienda, con ordinanza interlocutoria n.
11902 del 16 maggio 2013 rimetteva gli atti al Primo Presidente “attesa la novità e
particolare rilevanza della questione”. La Sezione rimettente, in particolare, evidenziava la
nota contrapposizione tra teoria unitaria e teoria atomistica in ordine alla natura giuridica
dell’azienda, sostenendosi dai fautori della prima che l’azienda costituirebbe un bene
unitario e distinto dai singoli beni che la compongono, dai fautori della seconda, al
contrario, che l’azienda si risolverebbe in una “semplice pluralità di beni tra loro
funzionalmente collegati, e non come un bene diverso da quelli che la compongono”.
Dato atto del recepimento della teoria unitaria da parte della giurisprudenza prevalente,
che tende a qualificare l’azienda talora come una universitas facti ai sensi dell’art. 816 cod.
civ., talaltra come universitas juris o universitas “senza maggiori specificazioni”,
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l’ordinanza di rimessione rilevava la connessione della questione della natura giuridica
dell’azienda con quella inerente alla usucapibilità della stessa, sottolineando non solo che
l’accoglimento dell’una o dell’altra teoria avrebbe avuto conseguenze diverse sul piano
della possibilità stessa di concepire l’usucapione dell’azienda distintamente da quella dei
beni che la compongono, ma che anche tra i fautori della teoria unitaria (accolta dalla
giurisprudenza) si registravano prese di posizione dissonanti sulla disciplina applicabile ai
fini del suo acquisto per usucapione, da alcuni ritenendosi applicabile l’art. 1160 cod. civ.,
ossia la disciplina relativa alle universalità di mobili, da altri l’art. 1162 cod. civ.,
contenente la disciplina relativa ai beni mobili registrati, da altri ancora affermandosi la
necessità di distinguere l’usucapione del bene “azienda” da quella dei singoli beni che la
compongono, che seguirebbe le regole proprie di ciascuno di essi.
Le Sezioni Unite hanno ritenuto che per risolvere il problema relativo alla configurabilità
dell’usucapione di un’azienda non fosse indispensabile “un’opzione di tipo teorico” e che
si potesse pervenire ad una soluzione a prescindere “dall’alternativa tra le due
contrapposte teorie”, ossia limitandosi a verificare se nell’ordinamento vi siano
disposizioni incompatibili con l’affermazione che l’azienda è suscettibile di possesso utile
all’usucapione.
Secondo il Collegio diverse norme presuppongono che l’azienda sia bene suscettibile di
essere posseduto: dagli artt. 2556, comma 1, e 2561 cod. civ., in particolare, si ricava che
l’azienda possa formare oggetto di proprietà e di usufrutto, ragione per la quale,
desumendosi dall’art. 1140 cod. civ. che il possesso è il potere su una cosa che si
manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale,
“è pienamente giustificata l’affermazione che colui il quale esercita sull’azienda un’attività
corrispondente a quella di un proprietario o di un usufruttuario la possiede, e, nel
concorso con gli altri requisiti di legge, la usucapisce”. Dall’art. 670 cod. proc. civ., che
ammette il sequestro giudiziario di aziende e di altre universalità di beni, inoltre, può
desumersi come il legislatore preveda espressamente controversie che riguardano la
proprietà o il possesso dell’azienda - “sia essa o no un’universalità di beni” - come bene
distinto da quelli che la compongono.
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Sulla scorta di tale essenziale premessa non sarebbe dunque consentito all’interprete
dubitare che nell’intento del legislatore l’azienda debba essere considerata unitariamente,
sia sotto il profilo della proprietà (o dell’usufrutto) e sia sotto quello del possesso, con la
conseguenza che “l’azienda, quale complesso dei beni organizzati per l’esercizio
dell’impresa, deve essere considerata come un bene distinto dai singoli componenti,
suscettibile di essere unitariamente posseduto e, nel concorso degli altri elementi indicati
dalla legge, usucapito” (questo il principio di diritto).
L’attesa sentenza delle Sezioni Unite lascia perplessi per non avere sciolto il dubbio, che
pure l’ordinanza di rimessione aveva con chiarezza prospettato, in ordine alla disciplina
applicabile all’usucapione dell’azienda quale bene unitario, dal momento che, avendo la
Corte ritenuto di poter prescindere dallo snodo teorico della qualificazione di essa alla
stregua di un’universalità di beni, non è poi chiaro se si debba concretamente far capo alla
disciplina contenuta nell’art. 1160 cod. civ., o a quella contenuta nell’art. 1162 cod. civ.,
ovvero e ancora se sia prospettabile un separato acquisto per usucapione dell’azienda e
dei singoli beni di diversa natura costituenti il complesso di cui essa si compone (art. 2555
cod. civ.). Nella fattispecie all’esame della Corte tale questione appariva irrilevante, dal
momento che veniva in evidenza una fattispecie di possesso pacifico ultraventennale di
un esercizio di farmacia, ma è lecito domandarsi quale sarebbe stata la soluzione prescelta
ove si fosse prospettata una diversa ipotesi di possesso infraventennale in mancanza di
titolo idoneo al trasferimento della proprietà.
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