chi sono i filosofi oggi?
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Ajith Rohan J.T.F.
2009
FILOSOFIA E FILOSOFI
OGGI
Socrate nel Cratilo sostiene tre caratteristiche di un ricercatore: «l’interesse per la conoscenza, la benevolenza reciproca e
l’intenzione di non ingannare. […]. Vero è il discorso di chi dice che le cose come sono, falso quello di chi dice le cose come dovrebbero essere [o come vorrebbe che fossero]. Secondo Socrate, il discorso
vero si genera dall’incontro di una mente con un'altra mente, in un rapporto che rispetti tre requisiti essenziali: conoscenza, bene,
verità. Secondo Socrate, dunque, il criterio di verità è “il consenso tra le menti”» . Vale a dire, come abbiamo detto poc’anzi, nel
dialogo noi “creiamo” la conoscenza. Se è così, la conoscenza ha, come influente diretto, le tradizioni, la cultura, la politica e altri
fattori particolari.
B A N K O F T A L E N T
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INDICE
premessa
Il punto di partenza
Il nesso tra la filosofia e la vita
Il carattere precipuo dell’uomo
Filosofia e libertà
L’oggetto della filosofia
La materia sconosciuta dipende dall’uomo
conclusione
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PREMESSA
La filosofia è squisitamente umana. Il termine
“filosofia” deriva dalla lingua greca: “philos +
sophos”, quindi, designa l’amore per il sapere. D’altra
parte, anticamente la filosofia è stata considerata come
il sapere unitario e massimo che un uomo possa
raggiungere. Quindi, questo massimo livello è
nominato dal termine “saggezza”. La saggezza a sua
volta non è solo teorica ma è insieme teoria e pratica,
cioè, la phronèsis, quindi, come ha definito Aristotele,
è la “saggezza pratica”. La filosofia non è un attività
umana destinata a vagare nelle nuvole, ma è la vita
stessa dell’uomo in quanto uomo. Se qualcuno tenta di
dividere la capacità di “pensare” dal “vivere”, questo è
innanzitutto e soprattutto una contraddizione, perché,
senza un processo complesso dei dati con la capacità
relativa del giudizio, uno non può esprimere qualcosa
per far capire l’altro. Quindi, per separare il “pensare”
dalla vita, occorre pensare deliberatamente. È questo è
un processo di disumanizzazione. Come abbiamo
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dimostrato anche nella nostra tesi di dottorato,
«l’uomo, non può non pensare e non può non
comunicare».
Il termine in lingua Sanscrito “darshana”, significa
“drushyathe anena ithi darshanam”, ossia, “da questo
abbiamo visto”. Ciò che intendiamo come filosofia in
occidente, diventa in Sud Asia1, “la scienza del
vedere”. Non c’è nulla da amare od odiare, ma solo
molto da “vedere”. L’arte del vedere, ossia,
“darshnaya” ha due livelli complementari, “kriya” e
“gnàna”, ossia etica ed epistemologia-ontologica e
altre tipologie. Secondo il nostro avviso, partendo dal
concetto di filosofia e Darshana, la vita dell’uomo, in
quanto “avente logos”, dovrebbe essere fondata sulla
capacità dialettica e critica. In questo modo possiamo
unire ciò che è diviso nella filosofia in occidente, il
soggetto con l’oggetto2. Anche se si tratta su un piano
generale, di un atto dinamico che riguarda la vita
umana, la filosofia e il Darshana sono due modalità
1 Sud Asia costituito da sette paesi: India, Pakistan, Nepal, Bhutan,
Bangladesh, Sri Lanka e Maldive. 2 Cfr. Bhagavathgeetha, 17/3.
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sul piano teorico-pratico. Per quanto riguarda le
finalità della vita pratica: è da qui che scaturiscono le
“visioni del mondo”. Il fatto da notare è che sia la
filosofia sia il “Darshana” sono inseparabilmente
legate alla vita pratica dell’uomo.
Il punto di partenza
Un filosofo fondamentalmente procede ponendosi
delle domande su se stesso e sulla propria esistenza. In
questo modo di procedere, tutto ciò che esiste
fenomenicamente e ciò che uno può pensare e sentire
sui piani particolari, vale a dire tutto ciò che per
l’uomo è possibile (incluso anche il termine possibile)
viene sottoposto alla discussione. In questo modo non
vengono risparmiate, partendo dalla propria esistenza,
la religione, la civiltà, la cultura, la tradizione e ciò
che si conosce e i modi di conoscere e la validità di
ciò che si conosce ed è possibile conoscere ecc. Se è
così, allora, la filosofia non si dovrebbe fermare ad
inginocchiarsi ai sistemi chiusi e assolutamente
perfetti e totalitari che sono a loro volta destinati a
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sparire dal pianeta terra3; invece con il proprio spirito
dialettico e critico, la filosofia pone le domande su
tutto ciò che è possibile proprio nel nome della verità.
La verità secondo Socrate è «il consenso tra le
menti»4.
Il nesso tra la filosofia e la vita
Noi sosteniamo un legame stretto tra il pensare e il
vivere, per quanto riguarda l’uomo. In modo più
preciso, consideriamo l’insieme della filosofia con la
vita umana come, una cosa sola5. L’uomo in quanto
uomo è un ricercatore delle verità ed egli si pone
ininterrottamente domande secondo la propria virtù e
ne cerca le risposte relative6. Con tutto ciò la filosofia
3 Cfr. Berlin Isaiah, Freedom and Its Betrayal, Princeton University Press,
Princeton 2002, pp. 103-104. 4 Platone, Cratilo.
5 Ciò che noi definiamo come pensiero e pratica, per noi sono due forme
dell’unica dimensione, quindi del movimento, cambiamento psico-fisico e
spirituale. Il movimento psico-fisico spirituale di per sé, nello status
indefinito dai concetti (effetto complesso del socio-politico e culturale), è
solo nei movimenti, insensati, indeterminati che sono naturali, spontanei. Se
è così, la vita umana è il modo di cercare il senso per i processi individuati
di volta in volta (coscientemente, incoscientemente o secondo altri fattori)
che sono in perenne movimento. Su questo punto, bisogna ammettere
l’importanza della “formazione” ad una mentalità aperta e flessibile della
persona all’interno di una data cultura. Vale a dire, senza questa prima
impostazione e definizione dei processi naturali psico-fisici, non sarebbe
possibile un’identità personale, culturale e così non ha significato la ricerca
del senso o della verità. 6 Se ciò che ha affermato Socrate è giusto: cioè, la verità è il «consenso tra
le menti», noi oggi possiamo comprendere ciò che accade nel mondo, cioè,
che coloro che hanno un qualsiasi potere, decidono cosa sia conveniente da
considerare come verità. Questo fatto noi lo vedremo nell’articolo in cui
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diventa la catalisis del pensiero e così essa soggiace
alle varie forme e ai modi di pensare. L’uomo in
quanto comunicante vive sulla base della relazionalità,
non può non comunicare. Le frazioni di conoscenza
necessariamente dovrebbero essere comunicate con il
metodo descrittivo, secondo le proprie capacità. Così
nascono e si sviluppano il racconto, la storia, la
conoscenza e la saggezza pratica nella comunicazione.
Il carattere precipuo dell’uomo
Il carattere precipuo dell’uomo è: lui/lei non può, non
comunicare.
Spieghiamo. La comunicazione è lo sfondo e
l’esistenza dell’universo. Nulla può esistere senza le
parleremo dell’ermeneutica che esige l’autorità. Allora, a questo punto, la
gente comune o semplice, ha soltanto una possibilità marginale di essere
accolta come formatrice e ricercatrice della verità. Non ha voce. Oggi i
mezzi di comunicazione sono nelle mani dei potenti e sono controllati dai
loro interessi. Noi vediamo le società così dette dei civili d’oggi come
luoghi delle ipocrisie. La gente comune deve comunque mantenere tutto uno
stato lavorando con le proprie mani. Ci sono oggi poi il cinema, il teatro, la
musica e altri tipi di divertimenti che, utilizzati per raccontare fiabe morali,
per tener sottocontrollo l’emotività della gente con immagini di eroi
moderni, fanatici personaggi del cinema, dei giochi, perfino così detti
criminali, diventano anche una trappola per la gente semplice. Per esempio
nel cinema, l’uomo comune, un povero, diventa un eroe che salva un
presidente. Così nei pensieri nei sogni i semplici pensano d’essere eroi. In
realtà loro sono solo gente comune che dovrà sostenere tutte le spese dello
stato (cfr. Ernst Bloch, Il principio della speranza, I-III volumi e di Herman
Pleij, Sognando la cuccagna). Inoltre il paradiso delle religioni non è nel al
di là ma è legato al presente, alla vita, qui: hic et nunc. Così il povero sogna
di essere consolato nell’al di là, mentre il potente e il ricco vive già su
questa terra, allo spese del povero che lavora un paradiso. Basti pensare che
oggi qualsiasi attività umana è interconnessa con l’economia e con la
politica, le quali a loro volta si fanno pagare anche dai cadaveri.
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relazioni comunicative. Una comunicazione di questo
genere, non è necessariamente coscienziale, emotiva
ed affettiva o intellettuale, cioè, una tipologia riservata
agli esseri umani7. Basti pensare ad una molecola
d’acqua: due molecole d’idrogeno con una di
ossigeno, grazie ad una speciale relazione, formano
una molecola d’acqua. I naturalisti hanno intuito le
traiettorie degli elementi e, nell’incontro di due
elementi, una interferenza violenta da parte di un terzo
elemento (forse intendevano la vita o lo spirito?). Noi
per quanto riguarda l’elemento unificatore, portatore e
sostenitore, riteniamo importante il concetto di
catalisis. Il concetto di catalisis, a sua volta, vibra solo
sui piani complementari e sulle sinergie dell’esistenza
e anche del pensiero umano. Per noi un uomo è simile
a una pianeta, a un mondo vivente, quindi,
comunicante. L’avente logos, ossia l’uomo, deve
guadagnarsi la propria libertà dall’arte della
contemplazione. In questo modo l’avente logos riesce
a “creare” dimensioni diverse, relative alle proprie
virtù. Precisiamo che, con il concetto di 7 Noi non ammettiamo nemmeno una coscienza universale che fa da
catalisis per l’esistenza.
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contemplazione, intendiamo il modo dialettico e
critico di un soggetto che viene in parte guidato dalla
propria coscienza, quindi, dalle forze della retorica ed
ermeneutica del pensiero. In questo processo, vi è
un'altra parte che non dipende dal soggetto cosciente,
che proprio per causa della non consapevolezza,
interviene in modo esplicito8 facendo da catalisis per
una visione dialettica del proprio mondo.
Filosofia e libertà
Ora, un filosofo ponendo delle domande allarga,
secondo noi, l’orizzonte della visione del mondo degli
esseri umani. Anzi, noi riteniamo che non può esserci
alcun uomo (non importa quale sia la classe sociale o i
gradi accademici o la forza intellettuale o il potere e il
denaro che ha) che non abbia filosofato almeno una
volta nella propria vita, cioè che non si sia posto delle
domande riguardo alla propria esistenza e/o l’esistenza
degli altri. Il pensare è, grosso modo, la nostra
esistenza. Ecco perché, Ernst Bloch, dice che dalla
8 Precisiamo che su questo punto non intendiamo alcun fenomeno
misterioso e/o religioso; sono semplicemente i fenomeni naturali che a loro
volta rimangono ancora ignoti a noi esseri umani, come per esempio un
tempo erano a noi ignoti alcuni batteri e virus.
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cultura e dalla civiltà gli esseri vengono imprigionati
nei sistemi. Questi sistemi a loro volta diventano
sovrastrutture che tolgono, ossia sostituiscono, la
libertà degli esseri umani. Ora questo fatto è evidente
nel nostro mondo fatto di ipocrisie: senza la guerra
oggi la pace non può esistere. D’altra parte, senza le
guerre, l’economia dei paesi sviluppati non può tirar
avanti; essi vendono, cioè, le armi ai propri eserciti e
allo stesso tempo ai propri nemici. Allora, un filosofo
inteso come uno che sente per natura e anche per gli
studi compiuti (non è indispensabile), esso dovrebbe
pensare e agire nella libertà, con la libertà e per la
libertà (non intendiamo una forma di anarchia, né
liberalismo, né libertismo). I filosofi non devono
essere sottomessi a nessuno, se non al rispetto della
libertà altrui, al rispetto e alla giustizia (senza cadere
nei relativismi). Vale la pena di ricordare l’unico
esempio che noi abbiamo per ora: il filosofo Socrate.
L’oggetto della filosofia
L’oggetto della filosofia dovrebbe essere l’uomo in
quanto uomo, che cerca la verità e che ha un destino
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per la libertà, nella libertà. Quest’ultima a sua volta è
legata inseparabilmente alla comunicazione, non in
senso moderno della banalità delle comunicazioni, ma
in quanto “avente logos”, che è destinato alla vita
relazionale. In questo contesto l’uomo estende se
stesso partendo dai parametri dati, quindi dal socio-
politico e culturale, verso il cosmo. In questo modo
espande le dimensioni del mondo, cioè di ciò che
circonda l’uomo. In una filosofia dialettica, o
dialogica, la conoscenza immutabile o dogmatica non
ha una funzionalità, invece la conoscenza che muta,
come dice Bachelard la conoscenza «discontinua»,
produce la novità9.
La materia sconosciuta dipende dall’uomo
Se noi non sappiamo cos’è la materia, vale a dire
cos’è questa sostanza come tale, a parte dei fenomeni
materiali che hanno la loro materia costitutiva, noi non
possiamo dire nulla sulla materia. Ma forse come
pensano tanti, grazie alla natura fenomenica fatta forse
da questa cosa che chiamiamo materia, possiamo noi 9 Bachelard Gaston, The Scientific spirit, trans. Arthur Goldhammer, Beacon
press, Boston 1985, p. 54.
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comprendere qualcosa della sua natura? Ci sembra di
no, non avendo un’idea precisa di che cosa sia questa
sostanza materiale. Così tutto ciò che pensa e si
afferma di questo concetto, non sembra sbagliato ma
funzionante e a loro volta dipendente dal logos
umano: «[…]gran parte di ciò che noi sappiamo lo
dobbiamo alle parole della […]lingua, che altri hanno
parlato prima di noi. Senza di esse la nostra
intelligenza non sarebbe maggiore di quella di altri
mammiferi superiori. Senza di esse non sapremmo
costruire i linguaggi e le procedure della scienza. […].
In questa prospettiva i diversi ambiti scientifici non si
confondono davvero tra loro, anzi si ordinano, ma in
modo appropriato, iuxta propria principia, a seconda
del loro maggiore o minore avvicinarsi alle condizioni
di libertà discorsiva e di precisazioni meramente locali
della comune attività verbale»10
. Nonostante questa
lacuna per quanto riguarda la materia, noi ammettiamo
il principio della funzionalità delle leggi fisiche e
chimiche create dagli uomini. Questo dovrebbe
funzionare in uno sfondo di rispetto e di giustizia: 10
De mauro Tullio, Scienze inumane e scienze inesatte, in, Sapere,
bimestrale, febbraio 2008, anno 74, numero 1(1055), pp. 72-76.
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«Expermentation must give way to argument, and
argument must have recourse to experimentation»11
.
Perché l’autore di tutto è l’essere umano in quanto
«avente logos».
CONCLUSIONE
Noi pensiamo che all’origine la “creatività” e la
capacità innovativa in tutti i campi, siano catalizzate
dalla volontà e in parte dalla predisposizione della
persona a sognare. Come sostiene Aristotele, l’uomo è
capace di perfezionare ciò che è per lui pensabile e
esperimentabile; quindi, colui che è capace
d’immaginare mondi diversi, cose diverse, cercando di
combinarle nella propria immaginazione in vario
modo, sarebbe un filosofo? Sembra di sì. Basti
pensare alla “nuova funzionalità” (da quasi
venticinque anni), anzi, al ritorno della filosofia
socratica, come maieutica della verità (quindi, un
filosofo non è colui che sa tutto dell’altro, in modo
esauriente) nella «consulenza filosofica» ossia, «
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Bachelard Gaston, The Scientific spirit, trans. Arthur Goldhammer,
Beacon press, Boston 1985, p. 4.
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teoria-pratica»12
. Oggi un filosofo, dovrebbe essere in
grado di riorganizzasi secondo i nuovi modelli, nella
vita su qualsiasi punto pratico. Il carattere
indispensabile del filosofo è la capacità di formulare le
domande secondo le “situazioni” e trovare insieme le
“interpretazioni” nuove e pratiche. Bisogna ora
precisare la nostra posizione sulla conoscenza e
sull’ontologia; dunque, per noi sono due discipline
strettamente connesse. Anzi, sono complementari.
Così, la conoscenza di un filosofo pratico, sarebbe
quella basata sui fini (non intendiamo finalismo)13
.
12
Cfr. Rabbe Peter B., Philosophical counseling: theory and practice,
Greenwood publishing group, UK 2001. 13
Noi non intendiamo un finalismo sul piano biologico. Non discutiamo di
un creazionismo o un evoluzionismo; invece noi discutiamo sul piano
conoscitivo. Innanzitutto sosteniamo che la conoscenza sia squisitamente
umana. È una “creazione” umana. In questo senso, epistemologia ed
ontologia sono strettamente connesse in modo complementare. Sul piano
umano, dobbiamo dire chiaramente, che essendo l’uomo un essere libero,
oltre le conoscenze tramandate dalle tradizioni e dalle culture, non vi sono
specie prevedibili. Dunque, non ci sono le conoscenze determinate,
organizzate da qualcuno invisibile. Ripetiamo di nuovo la posizione
aristotelica, che sostiene l’importanza del soggetto umano come intenditore
della perfezionabilità di tutto ciò che è perfezionabile. In questo modo il
finalismo o la scienza moderna non soddisfano la nostra posizione sulla
epistemologia-ontologica. Questa è a sua volta legata al concetto di infinito
pensabile ed impensabile. Non ammettiamo un fine al di fuori della
consapevolezza umana. Non ammettiamo neppure l’esistenza d’un mondo
oggettivo al di fuori della coscienza umana. Ciò che diciamo noi, non vi è
un finalismo che sostiene la subordinazione dei mezzi rispetto ai fini
consapevoli. Sosteniamo innanzitutto e soprattutto, la posizione dell’essere
umano di Kant; cioè, l’uomo non è un mezzo, ma il fine, anzi, possiamo
dire, l’uomo libero, è fine a se stesso. Non c’è un intelligenza come
sosteneva Platone che a sua volta dirigeva tutto «nel modo migliore». Invece
riteniamo l’importanza di una causalità sana che procede insieme con i fini
nella conoscenza. Cioè, un fine sul piano conoscitivo, è sempre una
conseguenza e non nasce dal nulla. Per il concetto di causalità non
intendiamo una causa efficiente aristotelica, che a sua volta crea secondo il
suo piano universale deterministico, o il Dio-architetto di Malebranche, di
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Sembra che si stia affermando un modo unico di
leggere i propri sogni attraverso tutte le discipline,
dalla matematica alla filosofia, dalla teologia all’arte,
dalla scultura alla pittura, alla fisica, alla biologia.
Bisogna però mantenere una comunicazione non
ambigua. Oggi da un filosofo si richiede la
conoscenza dei linguaggi diversi e delle regole interne
proprie delle diverse discipline. Un esempio di questo
genere sarebbe Leonardo da Vinci.
Un filosofo per necessità oggi dovrebbe essere un
ricercatore, come abbiamo detto poc’anzi, che
contempla ciò che a lui/lei è possibile pensare e
sperimentare. Al termine “contemplazione” noi non
diamo un significato religioso; intendiamo invece che
sia il modo dialettico e critico di un soggetto guidato
in parte, dalla propria coscienza, quindi, dalle forze
della retorica ed ermeneutica del pensiero. D’altra
parte ci sono altri fattori imprevedibili ma verificabili
Newton, di Leibniz. Kant invece propone il giudizio «riflettente» contro il
determinismo matematico. Per lui argomento fisico-teleologico non ha
valore per dimostrare il fine (argomento di san Tommaso). Non riteniamo
nemmeno quel finalismo immanente di Hegel. Per noi l’uomo è capace di
intendere il “vero” rispetto alla propria virtù. Questa intenzione, non viene
attuata necessariamente nella vita quotidiana, proprio a causa della
convenienza circostanziale (dominata da: paura, parzialità e piacere).
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in un “dopo” immediato. Cioè, in questo processo, che
non dipende dal soggetto umano in modo esplicito
coscienziale14
ma da catalisis per una visione
dialettica del proprio mondo,occorrono catalizzatori
come, cultura, tradizione, storia, memoria, civiltà ecc.
È interessante ricordare….. «Un idea non è niente
altro che un idea, un semplice fatto di conoscenza, non
produce niente, non può niente; essa agisce solo se è
“sentita”, se c’è uno stato affettivo che l’accompagna
e se risveglia tendenze»15
.
Ora possiamo tirar fuori un'altra conclusione: il
dialogo tra i filosofi è indispensabile in nome della
comunità umana, col rispetto e nella giustizia. Così i
mondi possono essere riconosciuti e le dimensioni e le
visioni del mondo vengono allargate. La filosofia non
rimane sul piano provinciale e ripetitivo16
.
14
Precisiamo, che a questo proposito non ci riferiamo ad alcun fenomeno
misterioso e/o religioso; si tratta semplicemente di fenomeni naturali che a
loro volta rimangono ancora ignoti a noi esseri umani come un tempo erano,
per esempio, ignoti a noi alcuni batteri e virus. 15
Anna Curir & Felice Perussia, Tipi di laboratorio, in Rivista bimestrale,
Sapere, anno 73°, n. 5 (1052), edi. Dedalo, Agosto 2007, pp. 72-79. 16
Come per esempio lo studio delle università d’oggi è, ripetitivo. Non c’è
lo spazio per la “creatività” o per l’innovazione. Tutto, come dice nella
prefazione di Isola dei pinguini, Anatolia Franz: i ricercatori, devono solo
copiare ed incollare. Il nuovo fa paura. I ricercatori devono ricordare ciò che
sanno tutti e basta. Così riceveranno applausi, meriti, regali, medaglie ecc.
altrimenti riceveranno tutte le disgrazie possibili. Una cosa oggi è certa; se
un ricercatore (disgraziato!) che porta il nuovo viene condannato a morte - e
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Ora possiamo dire qualcosa sulle qualità preliminari di
un ricercatore: egli ha una grande curiosità «che ha
per oggetto la ricerca della verità». La curiosità «è il
motore di ogni vita intellettuale»; dice Einstein a
questo proposito «Non ho particolari talenti, sono solo
appassionatamente curioso»17
. Socrate nel Cratilo
sostiene tre caratteristiche di un ricercatore:
«l’interesse per la conoscenza, la benevolenza
reciproca e l’intenzione di non ingannare. […]. Vero è
il discorso di chi dice che le cose come sono, falso
quello di chi dice le cose come dovrebbero essere [o
come vorrebbe che fossero]. Secondo Socrate, il
discorso vero si genera dall’incontro di una mente con
un'altra mente, in un rapporto che rispetti tre requisiti
essenziali: conoscenza, bene, verità. Secondo Socrate,
dunque, il criterio di verità è “il consenso tra le
menti”»18
. Vale a dire, come abbiamo detto poc’anzi,
nel dialogo noi “creiamo” la conoscenza. Se è così, la
questo avviene in Europa o in USA - prima o poi lo si farà santo e gli si
presenteranno anche le scuse. 17
Anna Curir & Felice Perussia, Tipi di laboratorio, in Rivista bimestrale,
Sapere, anno 73°, n. 5 (1052), edi. Dedalo, Agosto 2007, pp. 72-79. 18
Anna Curir & Felice Perussia, Tipi di laboratorio, in Rivista bimestrale,
Sapere, anno 73°, n. 5 (1052), edi. Dedalo, Agosto 2007, pp. 72-79.
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conoscenza ha, come influente diretto, le tradizioni, la
cultura, la politica e altri fattori particolari. Allora,
nell’ontologia noi trattiamo ciò che esiste secondo gli
obiettivi, i fini di un soggetto (può essere anche un
concetto collettivo). Senza questa noi non possiamo
discutere della conoscenza. In questo modo,
ritornando al nostro argomento del nostro articolo,
possiamo dire che un filosofo, è un “creatore” e un
“innovatore” della conoscenza.
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