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1 Percorsi di Villa Brunati -IV- ALTRE VISIONI otto film per raccontare il Cinema dagli Anni Trenta al Duemila a cura di Artur Alipkaliyev, Massimo Casazza Gianmarco Mattinzoli, Federico Medea 2015

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Percorsi di Villa Brunati

-IV-

ALTRE VISIONI otto film per raccontare il Cinema

dagli Anni Trenta al Duemila

a cura di A r t u r A l i p k a l i y e v , M a s s i m o C a s a z z a

G i a n m a r c o M a t t i n z o l i , F e d e r i c o M e d e a

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Altre visioni

Otto film per raccontare otto decenni della storia del cinema e dell’umanità. Dai primi utilizzi del sonoro negli anni Trenta fino alla consapevolezza completa dei mezzi tecnici del Duemila. Dal dominio assoluto delle dittature all’alba della Seconda Guerra Mondiale fino all’onnipresenza della tecnologia nella vita quotidiana nei primi anni del XXI secolo. Sono state scelte pellicole che, in un modo o nell’altro, rappresentano i progressi, la mentalità e i movimenti artistici di un determinato periodo. Si passano in rassegna l’Espressionismo tedesco, il Neorealismo italiano, la Hollywood classica, la New Hollywood, i dubbi esistenziali sulla realtà di Michelangelo Antonioni, il cinema visionario di Terry Gilliam, il blockbuster d’autore secondo Steven Spielberg e le complessità e le ambizioni della mente umana raccontate dal genio artistico di David Lynch.

Si comincia con M - Il mostro di Dusseldorf (1931) di Fritz Lang come miglior esponente dell’Espressionismo tedesco e dei tentativi di utilizzare a pieno il sonoro, già applicato pochi anni prima negli Stati Uniti. Lang utilizza la storia di un serial killer di bambine come uno strumento per un’analisi socio-antropologica di un ambiente “chiuso”, la città di Dusseldorf.

Indaga le reazioni di una società quando scopre di avere al proprio interno uno sconosciuto maniaco che colpisce una parte della popolazione che sta a cuore a tutti: i bambini.

Si prosegue col Neorealismo italiano e con Sciuscià (1946) di Vittorio De Sica. L’Italia fu terreno di battaglia tra i tedeschi e gli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale ed fu la popolazione civile a pagare il prezzo più caro. Al termine del conflitto,registi e sceneggiatori di tutto il mondo, e in particolar modo d'Italia, non hanno saputo parlare d’altro che degli eventi tragici di quella guerra e delle sue conseguenze con un estremo realismo e una grande sincerità. L’opera di De Sica, premiata con l’Oscar come miglior film straniero, narra la difficoltà di tornare alla vita normale dopo le distruzioni della guerra attraverso la storia di due bambini

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napoletani, che per sopravvivere e aiutare la famiglia, sono costretti a lustrare le scarpe e a vivere alla giornata.

L’eco della Seconda Guerra Mondiale non è ancora esaurita negli anni Cinquanta, quando le storie assumono quell' elemento di spettacolarità che mancava nei film precedenti. In Stalag 17 (1953) Billy Wilder mostra la vita e il desiderio di libertà dei prigionieri anglo-americani in un campo di concentramento tedesco attraverso un mix di dramma e commedia. Gli orrori del conflitto passano in secondo piano e la trama principale si concentra sulla ricerca di una spia in mezzo a quei prigionieri. Il film di Wilder rientra nei meccanismi della Hollywood classica, molto legata alla narrazione tradizionale e alla popolarità dei propri divi. In questo caso, a brillare è William Holden, vincitore dell’Oscar come miglior attore protagonista.

Negli anni Sessanta, epoca della contestazione giovanile, l’attenzione si sposta sull’individuo e sulla sua difficoltà di capire la vita. Blow-up (1966) di Michelangelo Antonioni, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes, ne è un esempio perfetto, dove realtà e fantasia sono indistinguibili. La vita di un

giovane, egocentrico e annoiato fotografo londinese viene scossa quando crede di aver fotografato per sbaglio la scena di un omicidio. È successo veramente oppure la sua insoddisfazione verso la propria esistenza lo ha portato a credere a qualcosa di fuori

dall’ordinario? Il capolavoro di Antonioni pone le domande lasciando le risposte allo spettatore. Le stesse storie ripetute all’inverosimile, a diminuzione della popolarità dei divi e la concorrenza della televisione, cominciarono a rallentare i meccanismi della Hollywood classica. In effetti, i film più interessanti erano girati in Europa, soprattutto in Francia e Italia. Ma una nuova generazione di registi, sceneggiatori ed attori salvò Hollywood dalla decadenza rivoluzionandola internamente. Per la prima volta, i registi e gli sceneggiatori erano

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innanzitutto grandi cinefili, avevano studiato il cinema e la letteratura all’università. Registi come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, George Lucas, Steven Spielberg, Brian De Palma ed attori come Jack Nicholson, Al Pacino, Dustin Hoffman e Robert De Niro hanno portato il cinema hollywoodiano verso una nuova visione di fare film, verso nuove storie. Non si parlava più della borghesia e dei suoi problemi lontani dalla realtà, non si metteva più al centro il divo di turno ignorando l’originalità della sceneggiatura. Si cominciò a parlare della voglia di libertà, dell’insofferenza verso la società e il perbenismo, di alcol e droghe, di famiglie e matrimoni allo sfascio, ecc. Gli anni Settanta furono l’epoca di questo movimento cinematografico: la New Hollywood. Si è scelto un film di un regista poco conosciuto, ma con un attore agli inizi della propria leggendaria carriera: Cinque pezzi facili (1970) di Bob Rafelson e con Jack Nicholson. La crisi dei valori e dei principi della società, cominciata negli anni Sessanta, perdurò nei Settanta e il personaggio di Nicholson, candidato all’Oscar come miglior attore protagonista, è il perfetto esempio di quei tempi. Nicholson incarna un giovane che si lascia andare ai propri istinti dopo un’infanzia trascorsa in una famiglia benestante e con un padre autoritario. Neanche l’amore di una brava ragazza riuscirà a fargli rinnegare la sua desiderata libertà individuale e sessuale?

Nessun decennio del Novecento è stato così esagerato e colorato come gli anni ’80. La vicinanza e l’attesa del nuovo millennio fecero emergere nei giovani il desiderio di cambiamento, libertà e divertimento. L’abbigliamento, la musica e il cinema degli anni ’80 sono indimenticabili. La tecnologia iniziò a fare passi da gigante proprio in quel periodo. La Guerra Fredda volgeva al termine, i rapporti fra Stati Uniti e Unione Sovietica erano più distesi, finalmente il clima di tensione sembrava terminato e in tutto il mondo si espandeva il senso di ottimismo. Ma alcuni non condividevano questa visione idilliaca del futuro. Il timore di nuove dittature era sempre dietro l’angolo e non si sapeva dove avrebbe condotto l’allora nascente dipendenza dalla tecnologia. Fu l’inglese Terry Gilliam, emblema del cinema visionario, a

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riunire questi timori nel proprio capolavoro: Brazil (1985). La storia non è ambientata in qualche lontano futuro distopico, ma alla fine del secolo. La società è molto cambiata, una dittatura pseudo-nazista controlla il Regno Unito e ogni libertà è stata proibita. La tecnologia impera e gli uomini sono delle figure tristi e anonime che mandano avanti un'asfissiante burocrazia. Sognare è

l’unica via di fuga dalla realtà. Ma cosa succede quando un uomo incontra la donna dei propri sogni e sfida l’intero sistema per salvarla? La risposta sta tutta in un finale memorabile.

Ci sono film che rappresentano un punto di svolta nella storia del cinema. Per quanto riguarda gli ultimi decenni, sono solo due i film a cui viene riconosciuto questo status ed entrambi appartengono agli anni Novanta: Jurassic Park (1993) di Steven Spielberg e Pulp Fiction (1994) di Quentin Tarantino. Quest’ultimo è stato innovativo per la sceneggiatura, premiata con l’Oscar nel 1995. Il capolavoro di Spielberg, invece, è considerato un punto di svolta per la perfezione degli effetti visivi. Era il frutto di un lungo lavoro e ha dato inizio ai continui ed inarrestabili miglioramenti degli effetti speciali, di cui oggi non ci stupiamo più. L’innovazione di Spielberg sta anche nella scelta di ingaggiare attori teatrali o del cinema d’autore per un blockbuster hollywoodiano e di inserire nella trama il contraddittorio utilizzo della scienza all'interno di un sistema capitalista.

Gli anni Duemila non sono ben definibili in un’unica espressione. L’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, la proliferazione dei social network e la crisi economica del 2008 sono solo alcuni degli eventi principali dei primi anni del nuovo millennio. In generale, prevalgono la confusione e l’incertezza dei giovani per il proprio futuro, probabilmente mai visto in maniera così pessimistica. La possibilità di avere più del necessario nella maggior parte del mondo non ha portato la tranquillità o la felicità, ma ha condotto a porsi domande sulle ambizioni dell’essere umano e sulla sua difficoltà di

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relazionarsi col prossimo. Il regista americano David Lynch, un vero artista di fama internazionale, ha saputo cogliere questo malessere interiore e raccontarlo in una storia originale ed innovativa: Mulholland Drive (2001), per il quale Lynch vinse il premio come miglior regia al Festival di Cannes e ricevette la terza nomination all’Oscar

della sua carriera nella medesima categoria. Nella scheda di ogni film vengono anche consigliati libri e film con argomenti simili,notizie biografiche dei registi e approfondimenti sui principali eventi storici. Buona lettura e buona visione!

scritto da Artur Alipkaliyev

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M - Il mostro di Düsseldorf

un film di Fritz Lang

con Peter Lorre, Gustaf Gründgens, Rudolf Blummer, Ellen Widman, Inge Landgut

titolo originale: M

DRAMMATICO, durata 117 min., Germania, 1931

La città tedesca di Düsseldorf è sconvolta per il rapimento e l’uccisione di numerose bambine per mano di uno sconosciuto maniaco. Nemmeno l’attenzione dei genitori e l’impegno della polizia riescono a prevenire la tragica sorte delle piccole innocenti. Di fronte all’onnipresenza delle forze dell’ordine, anche le organizzazioni criminali si mettono alla ricerca del serial killer per evitare che i loro “affari” vengano scoperti e anche per la volontà di porre termine alla morte delle bambine. Ma all’inizio tutti gli sforzi risultano vani. Nella città nasce un clima di sospetto e di terrore: chiunque può essere il “mostro”. Da una parte la polizia si

mette a controllare tutti gli ex-pazienti dei manicomi della zona. Dal canto loro i criminali organizzano un’ampia rete di controllo delle strade tramite i senzatetto. Chi riuscirà a trovare per primo il mostro di Düsseldorf? E una volta preso, cosa se ne farà?

Curiosità

Il film è ispirato a due serial killer vissuti nella Germania degli anni Venti: Fritz Haarmann e Peter Kürten. Nonostante nessuno dei crimini venga mostrato il film è principalmente l’analisi socio-antropologica di una società di fronte alla presenza di un serial killer alproprio interno,per questo la pellicola fu censurata in Italia e uscì solo nel 1960. M - Il mostro di Düsseldorf è considerato il capolavoro dell’espressionismo tedesco e del regista Fritz Lang, assieme a Metropolis (1927). Il film è stato un punto di svolta nella storia del cinema soprattutto per l’innovativo utilizzo del sonoro, apparso per la prima volta nell’americano Il cantante di jazz (1927). Lang applicò il sonoro come un elemento della trama, come l’espediente necessario e definitivo per trovare l’identità del mostro. Grazie ad esso, il regista riuscì a trasmettere anche quello che accade al di fuori dell’inquadratura, aumentando il senso di terrore

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nello spettatore. Il film ebbe un’influenza immensa sui cineasti successivi. Nel 1982 il regista francese Claude Chabrol, uno dei maestri della Nouvelle Vague, girò il cortometraggio di 10 minuti: M - Le maudit, in cui ha un piccolo ruolo lo stesso Lang. Numerosi sono stati i remake del film in diversi paesi. M - Il mostro di Düsseldorf lanciò la carriera a livello internazionale di Lang, ritenuto il primo regista “completo” e poliedrico della storia del cinema, e del protagonista Peter Lorre. Pur appartenendo alla cosiddetta “razza ariana”, Lang fu un aperto oppositore del partito nazista e decise di emigrare in America nel 1933, quando Hitler gli offrì l’incarico di essere a capo dell’industria cinematografica tedesca. Lorre, di origini ebraiche, lasciò la Germania nello stesso anno e divenne uno dei più noti e apprezzati caratteristi di Hollywood. Grazie anche al suo aspetto fisico, fu l’emblema del cinema noir, dove interpretò prevalentemente personaggi negativi e malati di mente.

Gli anni Trenta

Questo decennio ha visto l’affermazione delle grandi dittature: il nazismo in Germania, il fascismo in Italia, il franchismo in Spagna e lo stalinismo nell’URSS. Gli anni Trenta vengono anche ricordati per il primo Mondiale di calcio, organizzato e vinto dall’Uruguay, e per la scoperta del pianeta Plutone nel 1930. Il 24 agosto 1932 Amelia Earhart è la prima donna a sorvolare l’Atlantico. Mentre negli Stati Uniti il presidente Franklin D. Roosevelt avviò il New Deal per uscire dalla recessione e abolì il Proibizionismo, in Germania Adolf Hitler divenne Cancelliere nel 1933 e cominciò la costruzione dei campi di sterminio. Nel 1935 Benito Mussolini invase l’Etiopia scatenando le sanzioni economiche delle Società delle Nazioni. L’anno dopo, una serie di eventi portò all’incoronazione sul trono d’Inghilterra del balbuziente Giorgio VI, emblema della resistenza antinazista. Nel 1934 e nel 1938 l’Italia vinse i Mondiali di calcio. Verso la fine del decennio fecero la loro prima apparizione i fumetti di Superman e Batman. Nel 1939 uscì Via col vento, un capolavoro destinato a vincere 10 premi Oscar. Ma ogni evento degli anni Trenta è destinato a soccombere di fronte al 1° settembre 1939: l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, il più grande conflitto della storia.

Consigli di lettura e di visione

Peter Bogdanovich, Il cinema secondo Fritz Lang, Parma, Pratiche, 1991

Alice Sebold, Amabili resti, Roma, E/O, 2002

Metropolis, regia di Fritz Lang (1927)

Changeling, regia di Clint Eastwood (2008)

scritto da Artur Alipkaliyev

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Sciuscià

un film di Vittorio De Sica

con Franco Interlenghi, Rinaldo Smordoni, Maria Campi, Aniello Mele, Enrico Cigoli DRAMMATICO, durata 90 min., Italia, 1946

Trama

Roma, 1946. La guerra è finita, e la città è popolata da una miriade di personaggi spaiati e bizzarri: soldati americani, chiromanti diplomate ed individui di malaffare. Più in basso sgattaiolano gli sciuscià (corruzione napoletana dell’inglese shoeshine, lucido da scarpe). G e P sono due di loro, costretti ad una vita di sotterfugi, ma comunque sereni e giocosi, grazie anche al Bersagliere, un prestante cavallo bianco che li solleva da una quotidianità vissuta sulle ginocchia. Proprio ottenendo il necessario per comprare Bersagliere, i due si trovano invischiati loro

malgrado in un furto. La sommaria giustizia del dopoguerra confina i due in un carcere minorile, dove intendiamo subito dovranno attendere un giudizio inevitabilmente lontano. La vita spensierata e solare della capitale si trasforma per i nostri in un inferno umido ed infestato da cimici, dove regna un direttore perfido e nostalgico. G e P si trovano improvvisamente in un mondo più grande e corrotto di loro, dove la prima ferrea amicizia comincia a traballare. Il microcosmo del carcere si mostra in tutte le sue tragiche sfaccettature: le liti, gli inganni e le incomprensioni cancellano passo dopo passo l’innocenza dai volti dei due sciuscià. Con la memorabile scena della proiezione del film, De Sica guida magistralmente il suo primo lavoro neorealista verso un grandioso quanto tragico finale, e ci porta a riflettere sui valori della libertà, della giustizia e dell’amicizia.

Curiosità

Figlio di una produzione italo-americana Sciuscià riscosse il grosso del suo successo oltreoceano, lasciando perlopiù indifferenti critica e pubblico italiano coevi. Questo successo portò De Sica a vincere l’Oscar onorario nel 1947 per il miglior film straniero, impresa che fu in grado di replicare ben 3 volte (1950 per Ladri di Biciclette; 1965 per Ieri, oggi, domani; 1972 per Il giardino dei Finzi-Contini). Sciuscià guadagnò inoltre al suo creatore il Nastro d’argento.

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Sciuscià è,ad ogni diritto, un caposaldo del cinema neorealista e, nella sua asciutta semplicità, ci offre un’ottima occasione per riflettere sia sulle tematiche che sulle caratteristiche tecniche della più importante corrente del cinema italiano.

Partiamo dal dato apparentemente più pedante, l’anno di produzione (1946). Già qui possiamo rinvenire almeno due elementi fondanti del neorealismo: il tempo della narrazione coincide con quello della produzione (non troveremo mai un film neorealista che parla al passato, né tanto meno al futuro), ovvero con l’immediato dopoguerra. Ne deriva che la vita del neorealismo non possa durare oltre la fine del dopoguerra stesso (convenzionalmente si fa coincidere la fine del neorealismo più puro con la legge Andreotti del 1948, e già nel ’53, al Congresso di Parma sul neorealismo, si era consapevoli della sua conclusione). Altra caratteristica subito evidente è quella del casting: gli attori provengono per lo più dalla strada e sono non professionisti (Bazin parlerà di ‘amalgama’ per descrivere quella mistura di attori dilettanti ed esperti professionisti che compone il cast dei film neorealisti). La caratteristica generale della corrente è quindi piuttosto chiara, anche se mai programmaticamente definita: una tendenza assoluta al realismo, talvolta addirittura al documentarismo. De Sica e Zavattini (che ha collaborato qui nella sceneggiatura) sono fautori di un approccio teso alla scoperta del bello e del tragico negli atti della quotidianità (posizione poi ripresa in parte dai teorici della Nouvelle Vague). Esistono molteplici altre facce della teoria neorealista, tante quanti ne furono gli interpreti. Vale la pena di spendere due parole sulle implicazioni sociali del neorealismo. Com’è ben evidente in questo film, l’attenzione è rivolta esclusivamente alle classi sociali più deboli ed emarginate, dove il controllo sulle azioni di tutti i giorni è minimo, ma anzi spesso è la quotidianità ad avere la meglio sui protagonisti. Va detto d’altronde che le condizioni produttive dei film neorealisti non sono sempre quelle che appaiono: i set sono per lo più costruiti in studio ed anche quando si tratta di esterni la cura ed il controllo delle inquadrature non vengono mai a mancare; allo stesso modo il montaggio non si allontana dalla grammatica della Hollywood classica, né il commento sonoro si affida alla presa diretta. Insomma: quando parliamo della novità del neorealismo ci riferiamo soprattutto a novità tematiche e teoriche, fortemente collegate alla situazione politico/sociale del tempo, ma raramente ad innovazioni pratiche

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che, quando sono presenti, sono dovute soprattutto alle restrizioni economiche di un paese in piena crisi postbellica.

Gli anni Quaranta:

Gli eventi principali di questo decennio riguardano la Seconda Guerra Mondiale. Dopo gli iniziali successi della Germania, gli Alleati anglo-americani e i russi riescono a sconfiggere il Terzo Reich e il Giappone nel 1945. Il 2 giugno 1946 l’Italia diventa una Repubblica dopo il referendum e le elezioni per l’Assemblea costituente. Nel 1947 inizia la decolonizzazione e l’anno dopo viene approvata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo dalle Nazioni Unite.

Consigli di lettura e di visione:

Gualtiero De Santi, Vittorio De Sica, Milano, Il castoro, 2003

Stefania Parigi, Neorealismo: il nuovo cinema del dopoguerra, Marsilio, 2014

Ossessione, regia di Luchino Visconti (1943)

Ladri di biciclette, regia di Vittorio De Sica (1948)

scritto da Massimo Casazza

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Stalag 17

un film di Billy Wilder

con William Holden, Robert Strauss, Don Taylor, Otto Preminger, Sig Ruman

COMMEDIA/ DRAMMATICO/ GUERRA, durata 120 min., USA, 1953

Nel 1944, in un campo di concentramento gestito dalla Luftwaffe, i prigionieri anglo-americani passano le loro giornate in apparente tranquillità e nell’inarrestabile organizzazione dei piani di fuga. La ricerca della libertà è vista come un dovere militare, come un atto di sfida e di resistenza contro il nazismo. La gestione dei campi dei prigionieri di guerra da parte della Luftwaffe non è paragonabile alla crudeltà delle SS nei campi di sterminio degli ebrei e dei popoli dell’Europa orientale. Verso i prigionieri di guerra occidentali Hitler applica i principi della convenzione di Ginevra, a patto che essi

non tentino la fuga. Nello stalag 17, che in tedesco significa “campo di concentramento per i prigionieri di guerra”, un gruppo di americani fuggono durante la notte attraverso un canale sotterraneo, ma all’uscita vengono fucilati dalle guardie. Anche altri tentativi vengono smascherati in tempo e fra i prigionieri nasce il dubbio che ci sia una spia in mezzo a loro. Il primo e unico indiziato è il sergente J.J. Sefton (William Holden), un uomo cinico, egoista e scortese verso i propri compagni. Sefton gode di alcuni privilegi che agli altri vengono negati: cibo migliore, ottime sigarette, un po’ di alcol e qualche volta gli viene perfino concesso di fare visite notturne nel campo di prigionia delle soldatesse russe. All’apparenza non ci sono dubbi: è lui la spia. Ma anche dopo averlo isolato dal gruppo, i tedeschi continuano a scoprire tutti i piani di fuga dei prigionieri.

Curiosità

Billy Wilder e lo sceneggiatore Edwin Blum adattarono l’omonima pièce di successo di Broadway, scritta da Donald Bevan e Edmund Trzcinski. Questi ultimi raccontarono la loro esperienza nello stalag 17B in Austria. Trzcinski appare nel film come uno dei prigionieri. Il personaggio del sergente Sefton è basato su una persona veramente esistita e conosciuta da Trzcinski durante la prigionia. Rispetto al cast originale della messinscena teatrale, solo due attori hanno ripreso i loro ruoli sul grande schermo: Robert Strauss nei panni di Stanislaus “Caprone” Kuzawa e Harvey Lembeck come suo compagno di

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scherzi, Harry Shapiro. Durante le riprese Wilder non scoraggiò l’improvvisazione degli attori, anche se era sempre stato un difensore della fedeltà pedissequa della sceneggiatura. Nel ruolo del direttore del campo di prigionia c’è l’austriaco Otto Preminger, uno dei registi più innovativi della storia del cinema. Per il personaggio di Sefton furono contattati Charlton Heston e Kirk Douglas, ma entrambi rifiutarono. William Holden, grande amico e uno degli attori feticcio di Wilder, non voleva la parte perché considerava il personaggio troppo antipatico e cinico. La Paramount lo costrinse ad accettare, anche se la casa di produzione impiegò due anni a distribuire il film perché i suoi dirigenti pensavano che nessuno volesse vedere una pellicola sui prigionieri di guerra. Stalag 17 fu un grande successo commerciale e di critica. Alla 26° edizione degli Academy Awards, nel 1954, William Holden vinse l’Oscar come miglior attore protagonista, l’unico della sua carriera. Billy Wilder e Robert Strauss furono candidati per miglior regia e miglior attore non protagonista.

Gli anni Cinquanta

Nel 1950 negli Stati Uniti cominciò il maccartismo, un’autentica caccia alle streghe verso i comunisti. Il 6 febbraio 1952 Elisabetta II divenne regina d’Inghilterra e il 9 settembre 2015 ha stabilito il record del regno più lungo sul trono inglese. Stalin morì alla fine dell’anno, mentre due giovani comunisti, Fidel Castro e Che Guevara, si allearono e iniziarono la rivoluzione cubana, che portò all’instaurazione della dittatura di Castro nel 1959. Nel 1954 la Rai entrò nella case degli italiani con le prime trasmissioni in bianco e nero. Il 1957 segnò la partenza della corsa allo spazio quando l’URSS mandò i primi due satelliti artificiali: Sputnik 1 e Sputnik 2. Fu un decennio memorabile per la musica e il cinema: nacque il rock‘n’roll con Elvis Presley e nel 1950 Federico Fellini esordì come regista con Luci del varietà. James Dean morì a 24 anni diventando un mito per i giovani, mentre a fine decennio Ben-Hur vinse 11 Oscar e stabilì il record di vittorie.

Tratto dal libro

Stalag 17 di Donald Bevan e Edmund Trzcinski Uscito negli Usa nel 1951 ed inedito in Italia

Consigli di lettura e di visione

Cameron Crowe, Conversazioni con Billy Wilder, Milano, Adelphi, 2002

Pierre Boulle, Il ponte sul fiume Kwai, Milano, Mondadori, 1965

L’appartamento, regia di Billy Wilder (1960)

La grande fuga, regia di John Sturges (1963)

scritto da Artur Alipkaliyev

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Blow-Up

un film di Michelangelo Antonioni con David Hemmings, Vanessa Redgrave, Sarah Miles, John Castle, Jane Birkin

DRAMMATICO, durata 111’ min., Gran Bretagna – Italia, 1966

Trama

Il film ha come protagonista Thomas (David Hemmings), un fotografo che vive nella Londra degli anni ’60. Egli è un fulgido rappresentante della Swinging London, che trascorre gran parte delle giornate sotto l’uso di stupefacenti, in compagnia di bellissime modelle, che è solito fotografare nei suoi scatti. Nonostante questo e tutto il tempo libero che ne deriva, Thomas non è soddisfatto della sua vita. Si potrebbe dire, quasi annoiato da un’esistenza ripetitiva e apparentemente

senza significato. Per puro caso, Thomas fotografa in un parco una coppia di amanti e ben presto si rende conto di aver immortalato nelle sue fotografie un omicidio. Il fotografo si risveglia da questo torpore, rimanendo affascinato dalla scoperta, e ancora più intrigato dalla vicenda, a causa del comportamento sospetto della donna nella fotografia. Thomas quindi, cerca di risolvere questo mistero, ma nella vita come nell’arte, niente è come sembra.

Curiosità

Blow-Up fu il primo film girato da Michelangelo Antonioni in lingua inglese, apprezzato sia dal pubblico che dalla critica, il film ottenne una serie di riconoscimenti, tra cui la Palma d’oro a Cannes nel ’67 e due nomination agli Oscar per la miglior regia e miglior sceneggiatura originale (Antonioni, Tonino Guerra e Edward Bond). Nel 1999 inoltre, fu inserito al 60° posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo dal British Film Institute. La colonna sonora, composta da Herbie Hancock, è diegetica (le musiche sono avvertite sia dallo spettatore che dai personaggi del film). Nel cast si trovano anche Jane Birkin, in una delle sue prime apparizioni cinematografiche, e la supermodella tedesca Veruschka particolarmente nota in quegli anni.

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Su idea di Antonioni, il protagonista veste à la Sachs, imitando lo stile di Gunter Sachs (all’epoca marito di Brigitte Bardot). Il titolo del film deriva dal termine fotografico blow up (cioè sviluppare e ingrandire le fotografie).

Gli anni Sessanta

“Se riesci a ricordarti gli anni Sessanta è perché non c’eri.”

Robin Williams

Gli anni Sessanta furono un periodo di profondo cambiamento nella storia, contrassegnato da eventi grandiosi come lo sbarco sulla Luna o da drammi come la guerra in Vietnam. Il film in particolare, tratta il fenomeno culturale denominato Swinging London, che ebbe le sue origini nella capitale inglese, come è facile intuire. Col termine swinging si intende qualcosa che dondola, oscilla, o più precisamente ciò che segue la moda del momento. Il movimento culturistico si basava pressoché sull’ottimismo e sul più sfrenato edonismo, facendo dei giovani i suoi più importanti seguaci. Una rivoluzione che aveva i suoi prodromi nel boom economico e portò una ventata di aria fresca nella musica (il fenomeno dei Beatles e dei Rolling Stones) e nella moda (il successo della minigonna e l’improvvisa celebrità delle modelle). Così che Londra si tramutò nel cuore pulsante dell’Europa degli anni ’60.

Tratto dal libro

Le bave del diavolo di Julio Cortazar, inserito nella raccolta Le armi segrete

Titolo originale: Las armas secretas

Uscito in Argentina nel 1959 e in Italia nel 1963

Consigli di lettura e di visione

Michelangelo Antonioni, Fare un film per me è vivere. Scritti sul cinema, Marsilio ed., 2009

Mainoldi V. e Guidoni M., Blow up. Antonioni, il beat e la swinging London, Auditorium ed., 2013

La conversazione, regia di Francis Ford Coppola (1974)

Blow Out, regia di Brian De Palma (1981)

scritto da Federico Medea

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Cinque pezzi facili

un film di Bob Rafelson

con Jack Nicholson, Karen Black, Susan Anspach, Billy Green Bush, Fannie Flagg

Titolo originale: Five Easy Pieces

DRAMMATICO, durata 98’ min., USA, 1970

Trama

Bobby Eroica Dupea (Jack Nicholson) è un operaio che lavora sulle piattaforme petrolifere in California. Dopo l’estenuante giornata lavorativa, è solito trascorrere parte del suo tempo con la fidanzata Rayette (Karen Black), donna semplice ma di animo buono. Bobby ha da sempre un rapporto problematico con la propria famiglia e da qualche anno ha deciso di troncare i rapporti con essa. È infatti cresciuto in una famiglia di musicisti classici e fin da piccolo era stato considerato un pianista promettente, ma l’eccessiva pressione e il senso di soffocamento che ne era derivato, lo aveva convinto ad andarsene e a cercare

fortuna altrove. Il suo animo inquieto e ribelle lo porta a lasciare improvvisamente il lavoro e dopo aver appreso dalla sorella che il padre è gravemente malato, decide di tornare a casa per dare l’ultimo saluto. Ben presto il senso di oppressione si rifà vivo in Bobby e questo lo porta a vagare nuovamente senza meta alla ricerca dell’ignoto.

Curiosità

Cinque pezzi facili è universalmente riconosciuto come una delle pietre miliari del periodo New Hollywood e ai premi Oscar del 1971 ricevette quattro nomination per miglior film, miglior attore protagonista (Nicholson), miglior attrice non protagonista (Black) e per la miglior sceneggiatura originale (Rafelson, Eastman). Nella pellicola possiamo apprezzare un Jack Nicholson giovanissimo e ancora privo di quello status di celebrità che avrebbe raggiunto da lì a poco con Chinatown (1974). I cinque pezzi classici per pianoforte suonati nel film sono composizioni di Chopin, Bach e Mozart.

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Il titolo del film si riferisce a un libro di musica che gli studenti di pianoforte devono padroneggiare prima di poter affrontare composizioni più complesse.

Gli anni Settanta

“Dicono che il tempo cambia le cose, in realtà devi essere tu a cambiarle”

Andy Warhol (La filosofia di Andy Warhol, 1975)

Gli anni Settanta furono anni di libertà, di trasgressione e di lotte politiche. Tra gli eventi in primo piano abbiamo: il massacro di Monaco (1972), lo scandalo Watergate (1972-1974), il golpe cileno e la crisi energetica del 1973, la fine della guerra in Vietnam (1975), e l’invasione sovietica dell’Afghanistan (1979). Il film ha come obbiettivo quello di dare uno spaccato dell’America degli anni ’70 e lo fa soffermandosi, in particolare, su quel sentimento di insoddisfazione ed estraniazione dell’individuo, rispetto alla società che lo circonda. Sensazioni che sono prodotti naturali di una contestazione (quella del ’68) che ha determinato anticonformismo, ma anche disillusione e rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. Consigli di lettura e di visione

Pietro Boccia, Il sessantotto. Una rivoluzione incompiuta, Pozzuoli, Boopen, 2008

Barry Miles, I settanta, Milano, Il saggiatore, 2014

Il laureato, regia di Mike Nichols (1967)

Easy rider, regia di Dennis Hopper (1969)

scritto da Federico Medea

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Brazil

un film di Terry Gilliam

con Jonathan Pryce, Kim Griest, Robert De Niro, Michael Palin, Ian Holm

FANTASTICO, durata 131 min., USA, 1985

Trama

Alla fine del ventesimo secolo, il Regno Unito è diventato una dittatura distopica. Ogni libertà viene negata, la vita è fatta solamente di lavoro, la tecnologia e una burocrazia asfissiante governano su tutto. I piaceri rimasti sono pochi e rari: i sogni e la visione dei vecchi film. Sam Lowry (Jonathan Pryce) è un anonimo impiegato di un ufficio statale, abituato ormai alla sua vita monotona e grigia. Però continua a sognare di essere un cavaliere alato e volenteroso di salvare un bellissimo angelo (Kim Griest). Persuaso che si tratti solo di una fantasia, Sam non fa alcun tentativo per migliorare la propria vita rifiutando una promozione voluta dalla sua vecchia e

ricchissima madre (Katherine Helmond). In seguito ad un grave errore burocratico, un uomo innocente viene arrestato e ucciso dopo la tortura, applicata abitualmente dal governo. Per rimediare in parte a questa tragedia, Sam va a trovare la moglie del defunto ed incontra la sua vicina, che è identica alla donna-angelo del suo sogno. La ragazza è considerata una ribelle, alla pari del ricercato Harry Tuttle (Robert De Niro). Desideroso di conoscere la donna dei suoi sogni, Sam accetta la promozione e, involontariamente, sfida e mette in difficoltà il sistema autoritario. Riuscirà a salvare la vita della sua amata e scappare insieme a lei? Il regista Terry Gilliam dà la sua risposta in un finale memorabile.

Curiosità

Terry Gilliam era indeciso sul titolo dare al film. Pensò anche a 1984 e ½ come omaggio a George Orwell e Federico Fellini. Il titolo finale viene dalla canzone Aquarela do Brasil (1939) di Ary Barroso, usata nel film a livello diegetico (viene ascoltata o cantata dai protagonisti). Gilliam ebbe quest’idea quando era a Port Talbot, in Galles, una spiaggia nera e ricoperta di polvere di metallo. Pensò che sarebbe stato ironico se ci fosse qualcuno che ascoltasse una canzone molto allegra in un luogo così triste. Per quanto

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riguarda il cast, Robert De Niro voleva a tutti i costi il ruolo di Jack Lint, il torturatore del governo. Ma la parte era già stata affidata a Michael Palin, membro del gruppo comico inglese dei Monty Python, di cui fece parte anche Gilliam. Tanti critici e cinefili considerano Brazil come “il miglior film di fantascienza della storia del cinema”. La pellicola ebbe due nomination agli Oscar nel 1986: miglior sceneggiatura originale a Terry Gilliam, Tom Stoppard e Charles McKeown e miglior scenografia. Nel 1999 il British Film Institute inserì Brazil al 54° posto nella lista dei migliori cento film britannici.

Gli anni Ottanta

Il 13 maggio 1981 il papa Giovanni Paolo II viene gravemente ferito in piazza San Pietro per mano del turco Ali Agca. Nel 1981 l’AIDS fa la sua prima apparizione. Nel 1984 l’Italia perde Enrico Berlinguer, segretario generale del PCI, e Ronald Reagan diventa presidente degli Stati Uniti. L’anno dopo Michail Gorbaciov è il nuovo segretario generale dell’URSS. Gorbaciov, Reagan e Margaret Thatcher, primo ministro britannico, sono stati i protagonisti degli anni ’80. Il 26 aprile 1986 esplode un reattore nucleare a Cernobyl, in Ucraina. Nel 1989, a Pechino, viene repressa nel sangue la protesta pacifica di piazza Tienanmen. L’URSS ritira le proprie truppe dai paesi satelliti. L’evento più importante del decennio avviene il 9 novembre con la caduta del muro di Berlino sancendo la fine dell’Unione Sovietica. Gli ’80 sono stati memorabili per il cinema e la musica. Dopo il continuo fallimento economico della New Hollywood, i grandi produttori riacquistano potere e puntano sul cinema popolare: azione con Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone, commedia con The Blues Brothers (1980), supereroi con Batman di Tim Burton (1989) e, soprattutto, fantascienza con il continuo perfezionamento degli effetti speciali sotto la regia di George Lucas, Steven Spielberg, Ridley Scott e James Cameron. Nella musica Michael Jackson e Madonna vengono soprannominati “Re e Regina del Pop”. Nel 1980 John Lennon viene ucciso a New York quando fanno il loro debutto gli Iron Maiden e gli U2. Nel 1983 nascono i CD, che ben presto soppianteranno le audiocassette.

Consigli di lettura e di visione:

Fabrizio Liberti, Terry Gilliam, Milano, Il castoro, 2004

George Orwell, 1984, Milano, Mondadori, 2002

L’esercito delle 12 scimmie, regia di Terry Gilliam (1995)

Blade Runner, regia di Ridley Scott (1982)

scritto da Artur Alipkaliyev

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Jurassic Park

un film di Steven Spielberg

con Sam Neill, Jeff Goldblum, Laura Dern, Richard Attenborough, Samuel L. Jackson

FANTASTICO, durata 127 min. USA, 1993

Trama

Ci sono un cacciatore, un avvocato, un minatore, due paleontologi, un miliardario,uno sgradevole informatico e un affascinate matematico: questi i personaggi che ci introducono a Jurassic Park, e potrebbe essere l’incipit di una barzelletta, se non fosse che questa barzelletta ha dato via ad un franchise da oltre 3,5 miliardi di dollari (solo al botteghino). Al largo della Costa Rica il magnate John Hammond ha segretamente costruito un parco-safari abitato da dinosauri. Alle prese con le prime beghe legali, si affida ai consigli di due paleontologi e di un matematico esperto in

statistica. Il primo tour del parco si rivela ben presto un fallimento: il tradimento del tecnico informatico del parco trasforma una fantastica gita nel mondo giurassico in un incubo ecologista, dove la natura si fa assoluta dominatrice dell’uomo. Affrontando innumerevoli peripezie e difficoltà i personaggi sono diretti verso un lieto fine, dove gli antagonisti pagano le propie colpe, e i buoni escono maturati e più forti.

Curiosità

Jurassic Park è l’ultima pellicola del periodo avventuroso/thriller di Spielberg, già nello stesso anno il regista californiano si sposterà verso il film storico/sociale con Schindler’s List. Nonostante sappiamo bene che la vena avventurosa di Spielberg non è esaurita nemmeno oggi, possiamo benissimo ritrovare in Jurassic Park la summa di tutte le esperienze pregresse e ancor di più un formidabile trampolino di lancio (unitamente ad altri film del periodo) per il cinema di oggi, o quantomeno per la parte di esso più votata al commerciale (i blockbuster). Sulla scia dei più grandi blockbuster degli anni 80/90 (Lo squalo, 1975, Star Wars, 1977, Highlander, 1986), questo film si caratterizza per una produzione di enorme portata e per il coinvolgimento di nomi (attori e maestranze) di enorme rilievo sulla scena mondiale. Abbiamo già citato Spielberg (tra i più

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grandi registi di sempre per visione e costruzione scenica), ed è il caso di nominare Michael Crichton, soggettista e cosceneggiatore, John Williams alle musiche e gli attori Sam Neill, Jeff Golblum e Samuel L. Jackson.

La storia produttiva di Jurassic Park è emblematica e descrive a fondo l’ambiente cinematografico americano degli anni ‘90: quello di una ritrovata influenza delle majors (in questo caso la Universal) nell’ambito autoriale, influenza che dà vita a collaborazioni e a megaproduzioni uniche. Dopo l’esperienza della New Hollywood il cinema americano torna ad essere l’industria d’intrattenimento per eccellenza, luogo nel quale le majors non producono più solo la pellicola, ma sono proprietarie esclusive di tutto l’universo che ruota intorno ad essa, diventando a tutti gli effetti companies: enormi holdings destinate all’intrattenimento in tutti i suoi aspetti: dal marketing al merchandising, passando per spin off televisivi, letterari, fumettistici, videoludici e, più recentemente, informatici. Tutto questo enorme apparato produttivo si intravede bene nel film di Spielberg. Un esempio notabile è certamente il momento (a 20 minuti circa) della prima apparizione dei brontosauri in computer grafica: Spielberg ricorre a vari artifici per farci credere alla presenza dei dinosauri, nella prima scena con semplici modelli ripresi con ottiche strette, poi con immense sculture animatroniche nelle scene del tirannosauro, ma certamente quelle più impressionanti e anche più costose, sono le fantastiche scene in computer grafica, dal primo emozionante incontro con i brontosauri alla magistrale corsa dei gallimimus. Non solo animazione ed effetti speciali: il capolavoro di Spielberg si mostra come un film assolutamente equilibrato, dove non mancano né momenti toccanti né attimi di terrore puro (si pensi alla zampa sanguinolenta di capra che spunta all’improvviso preannunciando l’ingresso del T-Rex: un momento di puro splatter!), un film che preannuncia, ed in un certo senso incarna embrionalmente, il cinema postmoderno, quella grande dimensione parallela che vive oltre lo schermo e che non parla più di noi, ma parla con noi.

Gli anni Novanta

Nel 1990 la Germania torna ad essere una nazione unita dopo la divisione pluridecennale tra Ovest e Est. L’anno successivo, in Jugoslavia, scoppia la guerra civile, che durerà 4 anni, e l’URSS cessa di esistere dopo le dimissioni di Michail Gorbaciov, l’indipendenza degli Stati satelliti e l’elezione di Boris Eltsin alla Presidenza. Nel 1992 Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vengono uccisi in due attentati mafiosi e scoppia lo scandalo Mani Pulite. Il 7 febbraio viene redatto il trattato economico e politico a Maastricht, che sancisce la nascita dell’Unione Europea. Bill Clinton è eletto presidente degli Stati Uniti, sarà ricordato per lo scandalo sessuale con la stagista Monica

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Lewinsky. Nel 1993, dopo un referendum, la Cecoslovacchia è divisa in Repubblica Ceca e Slovacchia. Nel 1994 Nelson Mandela diventa presidente del Sudafrica, la prima democrazia dell’Africa, e sancisce la fine dell’apartheid. Il 3 novembre la Sony immette la Play Station sul mercato. Il 31 agosto 1997 la principessa inglese Diana Spencer muore in un incidente automobilistico a Parigi. Il 5 settembre muore Madre Teresa di Calcutta, proclamata succesivamente santa, nel 2003. Nel 1998 nasce Google, Titanic vince 11 Oscar e si unisce a Ben-Hur nel record del maggior numero di vittorie. È stato un decennio tragico per la musica con le morti di Freddie Mercury, Kurt Cobain, Frank Sinatra, Lucio Battisti e Fabrizio De Andrè.

Tratto dal libro

Jurassic Park di Michael Crichton

Uscito negli Usa e in Italia nel 1990

Consigli di lettura e di visione:

Marco Consoli, Steven Spielberg, Milano, Mondadori, 2005

Michael Crichton, Il mondo perduto, Garzanti, 2009

Schindler’s List, regia di Steven Spielberg (1993)

Jurassic Park II - Il mondo perduto, regia di Steven Spielberg (1997)

scritto da Massimo Casazza

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Mulholland Drive

un film di David Lynch

con Naomi Watts, Justin Theroux, Laura Harring, Ann Miller, Robert Forster

DRAMMATICO, durata 145 min., Francia, USA, 2001

Trama

Los Angeles, notte. Una macchina, con a bordo una donna e due uomini, ha un brutto incidente. Rita (Laura Harring) è l’unica sopravvissuta e in stato di shock. Dalla scena dell’incidente prima dell’arrivo dei soccorsi e vaga per la città fino a quando vede un’anziana signora che sta partendo su un taxi con le proprie valige. In mezzo al trambusto, Rita entra nell’appartamento della signora e resta lì da sola fino all’arrivo di Betty (Naomi Watts), una bella ragazza, nipote della proprietaria della casa, che è arrivata a Hollywood col sogno di diventare un’attrice. Dopo i dubbi e i timori iniziali, le due diventano amiche e Betty cerca di

aiutare Rita, visto che ha perso la memoria. Nella ricerca del passato della sconosciuta, le due incontrano personaggi appartenenti alla malavita locale e vanno in posti malsicuri. Chi è questa Rita? Che segreto nasconde? Il regista David Lynch aggiunge altre storie parallele a quella delle due ragazze. Tra cui quella di un regista cinematografico (Justin Theroux), minacciato dalla malavita affinché ingaggi una loro protetta come protagonista del suo prossimo film. Siamo sicuri che questa sia la realtà?

Curiosità

Dopo il successo della sua serie tv I segreti di Twin Peaks, David Lynch propose Mulholland Drive all’emittente statunitense ABC come episodio pilota per una nuova stagione. Ma i dirigenti rifiutarono considerandolo troppo complicato. La casa di produzione francese StudioCanal comprò i diritti della sceneggiatura e propose a Lynch di farne un film. Presentato al 54° Festival del cinema di Cannes, la pellicola vinse il premio per miglior regia, ex aequo con Joel Coen per L’uomo che non c’era. Perfino Roger Ebert, uno dei più famosi detrattori di Lynch, diede al film 4 stelle su 5. Nel 2002, durante la 74esima edizione degli Academy Awards, David Lynch ottenne la sua terza

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nomination all’Oscar per miglior regia, dopo The Elephant Man (1980) e Velluto blu (1986). Nonostante molti premi, il film ebbe uno scarso successo commerciale: solo 13 milioni di dollari in tutto il mondo. Ma divenne un cult movie sin dalla sua uscita dando avvio ad una lunghissima lista di interpretazioni sulla simbologia della pellicola. Dal canto suo, David Lynch non ha mai voluto spiegare il significato della sua opera. Conosciuto per essere un artista completo, visionario e un appassionato della meditazione trascendentale, l’opera di Lynch è stata interpretata prevalentemente dal punto di vista dell’inconscio e della visione freudiana della personalità con la sua divisione in Es, Super Io e Io.

Gli anni Duemila

L’inizio del nuovo millennio è festeggiato trionfalmente in tutto il mondo. George W. Bush vince le elezioni per un cavillo del sistema americano a sfavore di Al Gore, che ottiene più voti. Internet ha la sua diffusione casalinga su vasta scala, Wikipedia e YouTube nascono nel 2001 e nel 2005. Nel 2007 la Apple immette sul mercato il primo iPhone dando l’avvio all’utilizzo degli smartphone su vasta scala. Le speranze per un’era di pace vengono infrante l’11 settembre del 2001 con l’attentato terroristico di al-Qaeda alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono. Il 20 marzo 2003 l’esercito americano invade l’Iraq portando il paese verso una sanguinosa guerra civile. Il 2 aprile 2005 muore il papa Giovanni Paolo II e viene eletto il tedesco Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger. Il 26 dicembre un violento tsunami si abbatte sui paesi dell’Oceano Indiano e provoca circa 200.000 vittime, una delle più grandi catastrofi della storia. Le speranze verso un futuro migliore si rinnovano nel 2008 quando Barack Obama diventa il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti. Ma l’illusione svanisce nello stesso anno con l’inizio della crisi economica, che viviamo ancora oggi. Il mondo intero è sconvolto per la morte di Michael Jackson nel 2009. Nel cinema è il decennio delle grandi saghe che ottengono consensi di pubblico e critica. Il Signore degli anelli - Il ritorno del re vince 11 Oscar nel 2003 stabilendo il record del più alto numero di vittorie. La saga di Harry Potter, sia i libri che i film, diventa la più remunerativa nella storia del cinema e della letteratura.

Consigli di lettura e di visione:

Paolo Bertetto, David Lynch, Marsilio, 2008

Sigmund Freud, L’interpretazione dei sogni, Torino, Bollati Boringhieri, 2002

Velluto blu, regia di David Lynch (1986)

Viale del tramonto, regia di Billy Wilder (1950)

scritto da Artur Alipkaliyev

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