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EDIZIONI CVS Paginebrevi La missione del sofferente nella Chiesa e nel mondo a cura di ANGELA PETITTI Un Cuore Immacolato per credere, adorare, sperare, amare

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edizioni CVS

Paginebrevi. Testi agili e prontiall’uso, per una rinnovata azionepastorale nel mondo dell’umana

sofferenza: ogni personaè soggetto attivo e responsabile.

Una collana che le Edizioni CVSoffrono a tutti coloro che

ricercano: meditazioni bibliche,celebrazioni, schede per incontri,

brevi saggi.

Strumenti utili, che accompagnanola creatività necessaria ad ognicomunità cristiana per pregare

e crescere nella fede.

ISBN 978-88-8407-259-7

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La missionedel sofferentenella Chiesae nel mondo

a cura di AngelA Petitti

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A cura di AngelA Petitti

edizioni CVS

Un CuoreImmacolato

per credere,adorare,

sperare, amare

Schede per i Gruppi Anno pastorale 2017-2018

La missione del sofferentenella Chiesa e nel mondo

ISBN 978-88-8407-259-7

Hanno collaborato: Felice Di Giandomenico, Michela Niro, Luciano Ruga, Mara Strazzacappa

Il presente sussidio è stato realizzato dai Silenziosi Operai della Croce per il cammino apostolico del Centro Volontari della Sofferenza nell’ambito dell’apostolato per la valorizzazione della persona sofferente. La formu-lazione del testo è stata generalizzata per favorirne l’utilizzo in contesti più ampi, mettendo a disposizione i frutti maturati in oltre sessant’anni di esperienza.

Per segnalazioni o suggerimenti sul presente volume scrivere a:

edizioni Centro Volontari della SofferenzaSilenziosi operai della Croce - Via di Monte del gallo, 105/111 - 00165 Romatel. 06.45.43.77.64 - 06.39.67.42.43 - Fax 06.39.63.78.28www.luiginovarese.org - [email protected]

tutti i diritti sono riservati.È pertanto vietata la riproduzione, l’archiviazione o la trasmissione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, sen-za l’autorizzazione scritta delle edizioni CVS

© 2017 edizioni CVS Roma

Prefazione ................................................................................................................................................. 5Presentazione ....................................................................................................................................... 7

Schede1ª tappa: Credere .......................................................................................... 12

1a Scheda: Gioia, pace e speranza per agire credendo ......... 142a Scheda: La grazia di credere, la grazia di soffrire ............. 193a Scheda: Credere e portare a compimento.............................. 23

Celebrazione: Con la lampada della fede il nostro sì con Maria.......................................................................... 27

2a Tappa: Adorare ......................................................................................... 354a Scheda: Un cuore per adorare Dio ............................................. 375a Scheda: I veri adoratori .................................................................... 416a Scheda: Adorare Dio con Maria ................................................... 46

Celebrazione: Adorazione eucaristica .................................................... 51

3a Tappa: Sperare .......................................................................................... 587a Scheda: Una speranza per vivere ................................................ 608a Scheda: Una speranza affidabile .................................................. 649a Scheda: Una speranza educata ..................................................... 68

Celebrazione: Un dolce sole che ristora .............................................. 72

4a Tappa: Amare ............................................................................................ 8210a Scheda: Chi ama conosce Dio ..................................................... 8511a Scheda: Chi ama non rinuncia a Dio ...................................... 8912a Scheda: Chi ama cammina con i passi dell’amore ........... 93

Celebrazione: L’amore è da Dio ................................................................ 97

Indice

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Un nuovo anno pastorale. Nuovo anche nella pro-posta, oltre che nel tema. Nuovo, perché vogliamo viverlo con cuore e volontà rinnovati dalla grazia di Dio, ricevuta nella quotidiana familiarità di credenti e nell’esperienza straordinaria degli Esercizi spirituali.

Nuovo, perché 70 anni di apostolato ci dicono che abbiamo bisogno di sentirci pronti a fronteggiare con fiducia ciò che sporge in avanti.

Nuovo, perché Dio fa sempre cose nuove e noi sia-mo beati se le accogliamo e le viviamo nel presente.

La novità di questo anno apostolico riguarda il fat-to che esso si pone come un anno di sosta tra un triennio formativo e l’altro. Abbiamo concluso il trien-nio 2015-17, vissuto in compagnia di Maria, Donna di fede, Maestra di preghiera e Madre presso la croce e, prima di formulare il tema del prossimo triennio 2018-2020, desideriamo raccoglierci nel Cuore Imma-colato di Maria, sostando in esso e da esso riprendere coraggio e decisione per il futuro.

La scansione temporale del progetto per quest’an-no sarà secondo l’esperienza di fede della Vergine e per questo inizierà con la festa della sua Natività, l’8 settembre 2017, e si concluderà con la Solennità della sua Assunzione al Cielo, il 15 agosto 2018.

Ci sono quattro verbi a guidarci, derivati dal mes-saggio di Fatima: Credere, Adorare, Sperare, Amare. Essi favoriranno questa sosta credente che ci propo-niamo, facendoci andare alla radice di ciò che è es-senziale per chi appartiene a Dio.

Le schede, invece di nove sono dodici, tre per ogni tappa. Questo non ci spaventi e non ci leghi ad un

Prefazione

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compimento esatto se non ne abbiamo la possibilità. Ognuno le utilizzi per il meglio e secondo attivo di-scernimento.

“Oggi, sulle basi del lavoro svolto,guardando il futuro, sentiamo viva la necessità di ripetere ovunquele richieste della Madonna, convinti più che mai che esse sono la base di una vera maturazione psicologica, morale, spirituale e personale”.

Beato Luigi Novarese

Maria, che concepì il Verbo incarnatoper opera dello Spirito Santo e che poi in tutta la propria esistenzasi lasciò guidare dalla sua azione interiore, sia contemplata e imitata nel corso di quest’anno come la donna docile alla voce dello Spirito, donna del silenzio e dell’ascolto, donna di speranza. Ella risplenda come modello per tutti noi checi affidiamo con tutto il cuore alle promesse di Dio.

(Cfr. TMI, 48)

Buon lavoro a tutti!

Il centenario delle apparizioni della Vergine Santa a Fatima sta volgendo al termine ma è ancora viva l’e-co della canonizzazione dei due pastorelli della Cova da Iria del 13 maggio 2017, che attraverso la loro sem-plicità e purezza d’animo, hanno lasciato in eredità al mondo messaggi di straordinaria importanza per ogni credente, messaggi annunciati dall’apparizione di un Angelo a cui seguono quelli di Maria, la Madre di Gesù, colei che tende la sua mano agli uomini orien-tandoli al bene e mettendoli bene in guardia contro il male.

Credere, adorare, sperare, amare… parole che risuonano oggi come allora come imperativi impre-scindibili per portare avanti una vita di fede salda e coerente. Inviti divini, parole che la Madonna affida a tre bambini investendoli di una responsabilità che si rivelerà di capitale importanza per la vita della Chiesa Universale.

Ma come possiamo fare nostre queste quattro pa-role soprattutto nel portare avanti il nostro apostolato dei sofferenti restando ben aderenti al carisma che ci ha lasciato in eredità il nostro padre fondatore, il be-ato Luigi Novarese?

Credere: questo termine è connesso indissolubil-mente con la parole Fede. La fede, questo prezioso dono di Dio, il frutto stesso della Grazia di Dio, è la fonte inesauribile da cui sgorgano provvidenza, spe-ranza, fiducia, ottimismo, gioia e pace. La fede ci con-sente di andare oltre ogni terrena illusione, di trascen-dere le paure e i timori terreni e ci accompagna verso

Presentazione

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la luce, verso la serenità d’animo, verso la vera gioia interiore. Credere non significa aderire passivamente ad un qualcosa di soprannaturale, ma vivere interior-mente quella gioia che scaturisce dal contatto diretto con la Parola di Dio, mediata dalla Vergine Santa.

Adorare: l’atto di adorazione implica rispetto, ser-vizio e preghiere nei confronti di Dio. L’adorazione non solo mostra il nostro amore per Dio e il nostro impegno verso di lui, ma ci dà forza per comprende-re l’importanza dell’apertura del cuore verso l’altro, verso i fratelli soprattutto i più bisognosi di ascolto e sostegno. L’atto di adorazione, consente di crescere spiritualmente, di entrare in contatto diretto con Dio, di aderire con gioia e perseveranza ai suoi Comanda-menti.

A Fatima la Madonna, nel suo secondo messaggio, richiama all’attenzione proprio sul primo dei dieci Co-mandamenti: “Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio all’infuori di Me”. Adorare Dio in spirito e verità, rendendogli grazie con amore, partecipando attivamente ai suoi piani divini.

Sperare: speranza non è sinonimo di illusione. C’è un bellissimo pensiero di Charles Peguy che recita:

«La fede che preferisco, dice Dio, è la speranza. La piccola speranza avanza tra le sue due grandi sorelle ma non le si fa attenzione... In realtà è lei che fa cam-minare le altre due, e le trascina, e fa camminare tutti quanti… La fede è sposa fedele. La carità è madre: una madre bruciante, tutta cuore.

La speranza è una bimba piccina fatta di nulla. Ep-pure questa bimba passerà per tutti i mondi…

Dio s’è degnato di sperare in noi perché ha voluto sperare di noi…». (Salmodia della Speranza).

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Suor Lucia nei suoi “Appelli del Messaggio di Fa-tima” riguardo alla speranza cita il Vangelo di san Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la Vita eterna”. In mezzo alle tempeste che si presentano e si agitano nella nostra vita, quando transitiamo nell’oscuro tunnel del dolo-re e della sofferenza, è chiaro che tutto ci spaventa, ci terrorizza, ci rende inermi di fronte ad eventi ina-spettati e all’apparenza insormontabili. Ma se alziamo con fede il nostro sguardo verso Gesù, allora possia-mo avvertire la sua presenza, possiamo andare avanti tranquilli tra le avversità della vita perché è lui che ci dona quella speranza certa che libera il cuore da ogni forma di dolente rassegnazione.

Amare: riguardo all’amare, gli “Appelli del Messag-gio di Fatima”, ci ricordano che Dio è amore concreto, gratuito che ha come prova il nostro amore altrettanto concreto verso i fratelli; nessun cristiano può prescin-dere dall’amare il suo prossimo. È stato l’amore che ha portato Dio a crearci, a redimerci, inviando suo Figlio, che si è offerto come vittima di espiazione, per pagare per noi, per riparare ai nostri peccati. Se Dio non ci avesse amati non esisteremmo; saremmo rimasti nel nulla. È dunque un dovere di gratitudine, di ricono-scenza, di giustizia e di diritto, amare Dio sopra ogni cosa, ripagare amore con amore. Questo nostro amo-re deve essere sincero, gioioso e non privo di sacrifici.

La materna mediazione di Maria a Fatima ha come sempre un carattere di intercessione. La nostra Madre Celeste ci esorta a vivere consapevolmente la nostra vita di fede, a considerare i sacrifici come strumenti per elevare l’anima a Dio, a pregare per tutti indistin-tamente, soprattutto per i peccatori e per coloro che

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sono distanti da Dio o lo offendono in parole e azioni. La mediazione di Maria scaturisce dalla maternità di-vina e può essere compresa e vissuta solo nella fede. Ciò che la Chiesa ci insegna riguardo a questa media-zione è motivo per ringraziare di cuore la nostra Ce-leste Madre per tutte le grazie che tutti noi dobbiamo alla sua materna e amorevole intercessione.

Impegniamoci dunque a vivere il nuovo anno pa-storale che si apre meditando e approfondendo il significato delle parole credere, adorare, sperare e amare. Viviamo queste azioni in piena sintonia con il carisma del beato Luigi Novarese, fondendole nel-la nostra attività di apostolato, sostenendole con la preghiera, facendole diventare parti integranti della nostra stessa vita.

Schede

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1ª tappaCredere

Spazio temporale

Dalla Festa della Natività della Vergine Maria (8 set-tembre 2017) alla Solennità dell’Immacolata Concezio-ne della Vergine Maria (8 dicembre 2017).

La citazione del Magistero

La fede significa anche credere in lui, credere che veramente ci ama, che è vivo, che è capace di intervenire misteriosamente, che non ci abbandona, che trae il bene dal male con la sua potenza e con la sua infinita creatività. Crediamo al Vangelo che dice che il Regno di Dio è già presente nel mondo, e si sta sviluppando. È presente, viene di nuovo, combatte per fiorire nuovamente. (EG, 278)

Acquisizione spirituale

Le due feste mariane ci collocano all’inizio della storia della salvezza che si rivela con la venuta di Gesù nel mondo.

In esse troviamo Maria con un ruolo passivo: non spetta a lei stabilire il tempo della sua nascita, né la realtà del suo nascere immacolato. Sono condizioni che ci sono comuni, in un certo senso. È vero anche per noi che non decidiamo autonomamente di veni-

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re al mondo; ed è vero anche per noi che, pur non essendo immacolati, tuttavia nasciamo segnati dalla grazia di Dio, dalla realtà forte e profonda di essere suoi figli amati.

Da questa condizione di grazia passiva ricevuta, sia Maria sia noi stessi, veniamo chiamati a decidere del dono della vita da realizzare con generosità.

Credere in questo destino eterno, nella estrema cura di Dio per noi, nel senso autentico del nostro agire perché altri abbiano la vita in abbondanza, è il cammino attivo che ci viene proposto.

Noi del CVS lo realizziamo in modo particolare di-cendo il nostro Sì di adesione all’apostolato fondato 70 anni fa dal beato Novarese.

La parola del beato Luigi Novarese

Credere alla propria dignità di cristiani, alla propria missione è essenziale per tutte le creature. Credere all’efficacia della sofferenza vissuta in Grazia vuol dire credere alla realtà grande della Croce.

Per questa ragione osiamo affermare che il pro-gramma dei Volontari della Sofferenza è un program-ma facile, accessibile a tutti, perché esso è il program-ma di ogni buon cristiano.

L’unica sua caratteristica consiste nel porre volon-tariamente a disposizione di Maria Santissima tutte le proprie sofferenze per la realizzazione delle sue gran-di richieste.

E questo è per noi dolce, poiché così diamo a Ma-ria Santissima qualcosa di reale, qualcosa di cui ella si servirà per attuare ciò che le sta tanto a cuore come Corredentrice e come Madre del genere umano.

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1a SchedaGioia, pace e speranza

per agire credendo

Gioia, pace e speranza. Oltre ad essere doni, ven-gono presentati anche come il frutto del credere. Nel credere. Più che un punto di arrivo definitivo, di ac-quisizioni concluse, il credere è dinamismo del cuore che si sforza di aderire alla luce, nonostante la pres-sione del buio.

La Parola di Dio (Rm 15, 1-13)

1Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza com-piacere noi stessi. 2Ciascuno di noi cerchi di

piacere al prossimo nel bene, per edificarlo. 3Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me. 4Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveran-za e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. 5E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, 6perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

7Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cri-sto accolse voi, per la gloria di Dio. 8Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; 9le genti invece glorificano Dio per la sua misericor-dia, come sta scritto:

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SChEDA 1Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al

tuo nome. 10E ancora: Esultate, o nazioni insieme al suo popolo. 11E di nuovo: Genti tutte, lodate il Si-gnore; i popoli tutti lo esaltino. 12E a sua volta Isaia dice: Spunterà il rampollo di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni: in lui le nazioni spereranno.

13Il Dio della speranza vi riempia, nel cre-dere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo.

La luce sulla Parola

Credere, “ci riempie”. È una prima buona notizia che scopriamo nell’augurio che conclude questa par-te iniziale del capitolo 15 della lettera ai Romani.

La “pienezza” (che non è gonfiore) è sempre una bella cosa. ha il sapore della vita abbondante, della scoperta e della meraviglia. Nel nostro cammino di fede siamo riempiti dal Dio della speranza: da una fonte inesauribile (Dio), andiamo verso un orizzonte sconfinato (la speranza).

La pienezza che ci offre il nostro “credere” è tra-boccante, si diffonde copiosamente intorno a noi, na-sce da Dio per noi e trabocca da noi verso tutti, nello sconfinato spazio della speranza.

Ci muoviamo tra la fonte, il “Dio della speranza” e gli altri, come destinatari del dono che ci riempie e ci rende abbondanti nella speranza. Se si abbonda solo per se stessi ci si annega di egoismo, possiamo abbondare solo grazie al dono di noi stessi agli altri.

Ci resta da considerare di che cosa siamo riempiti nel credere, qual è il contenuto con cui il Dio della speranza ci riempie per il bene degli altri. Il medesi-mo versetto 13 ci dice che siamo colmi di “ogni gioia

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e pace”. Non ci manca niente. Siamo colmi e traboc-chiamo di “ogni” gioia e pace. Tutta la gioia e tutta la pace sono a nostra disposizione e ci ricolmano nella misura in cui siamo aperti al dono ricevuto e con-diviso, senza soluzione di continuità. Non possiamo ricevere in dono la vita di Dio senza, all’istante, tra-sformarci in dono per gli altri.

Possiamo cercare, nei dodici versetti che precedo-no questo denso augurio dell’apostolo Paolo, qual-che suggerimento che ci aiuti a vivere concretamente questa bellissima pienezza. Il verso 13 suona in effetti come una conclusione, come a dire: “vi ho detto que-sto e quest’altro, quindi vi auguro la pienezza di gioia e di pace che si raggiunge nella fede”.

C’è un dovere per tutti: quello di compiacere agli al-tri nel bene, per edificare. C’è un esempio: la vita stessa di Gesù Cristo. C’è una reciprocità: accogliersi gli uni gli altri. Il tutto avvolto di speranza e di consolazione.

Si parla di infermità e di consolazione e l’orecchio del “CVS” si fa ancora più attento. Non incontriamo le infermità degli altri per compiacere noi stessi, per sentirci buoni perché aiutiamo qualcuno. Nemmeno incontriamo le nostre infermità per compiacere noi stessi, sentendoci pazienti e spiritualmente generosi. L’incontro con le infermità, proprie o altrui, ci deve rendere “forti”. Siamo forti quando siamo concreta-mente attenti e dediti alla consolazione altrui.

Né ci accontentiamo del fatto che il nostro prossi-mo si senta consolato da noi, vogliamo di più. Voglia-mo edificarlo, costruire insieme qualcosa di buono, di forte, di nuovo, qualcosa di cui necessariamente la persona stessa deve essere protagonista attivo.

Dedichiamoci allora a edificare negli altri la forza del bene, la voglia di riempirsi e riempire il mondo, con la gioia e con la pace.

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SChEDA 1Le parole dell’apostolato

Si apre un nuovo anno apostolico e siamo attesi da Dio che desidera colmare i nostri cuori con i suoi doni spirituali. Sono i doni di cui abbiamo davvero bisogno per vivere e per svolgere il nostro compito apostolico.

Prima di assegnarci i compiti, proviamo a riflettere e a determinare lo spazio missionario verso cui, come Gruppo, quest’anno decidiamo di rivolgerci. La con-cretezza di questa azione ci aiuta ad avere presente i luoghi già familiari, altri ancora da raggiungere, altri da rivisitare.

Decidiamo anche di non andare possibilmente verso nessuno con ciò che sarebbe il contrario dei doni dello Spirito: tristezza, inquietudine, rassegna-zione.

Le parole della preghiera

Cristo, tu sei testimone affidabile, degno di fede, appoggio solido per la nostra fede. Tu sei il Figlio,perché radicato in modo assoluto nel Padre, hai potuto vincere la morte e far risplenderein pienezza la vita. Abbiamo perduto la percezione concreta di Dio, della sua azione nel mondo. Ma se fosse così,se Dio fosse incapace di agire nel mondo, il suo amore non sarebbe veramente potente, veramente reale, e non sarebbe quindi neanche vero amore, capace di compiere quella felicità che promette.

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Credere o non credere in luisarebbe del tutto indifferente. Noi confessiamo, invece,l’amore concreto e potente di Dio, che opera veramente nella storia e ne determina il destino finale, fattosi vero nella tua carne, Cristo. Tu non sei soltanto colui in cui crediamo, la manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche colui al quale ci uniamoper poter credere. Non guardiamo soltanto a te, ma guardiamo dal tuo punto di vista,con i tuoi occhi. Crediamo in te, Cristo, ti accogliamo personalmente nella nostra vita e ci affidiamo a te. Amen. (Cfr. LF, 18-18)

Il mio impegno

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SChEDA 22a Scheda

La grazia di credere, la grazia di soffrire

La grazia di soffrire. Prima di poterla definire così, l’esperienza di sofferenza deve necessariamente pas-sare al vaglio della fede. Perché è impossibile chia-marla grazia senza credere. E resta, comunque, una parola da adulti: può definirla così solo chi ha ma-turato dentro di sé una conoscenza profonda dell’a-more di Dio.

La Parola di Dio (Fil 1, 21-30)

21Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. 22Ma se il vivere nel corpo si-gnifica lavorare con frutto, non so davvero

che cosa scegliere. 23Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; 24ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. 25Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a tutti voi per il progresso e la gioia della vo-stra fede, 26affinché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno fra voi.

27Comportatevi dunque in modo degno del Van-gelo di Cristo perché, sia che io venga e vi veda, sia che io rimanga lontano, abbia notizie di voi: che sta-te saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del Vangelo, 28senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari. Questo per loro è segno di per-dizione, per voi invece di salvezza, e ciò da parte di Dio. 29Perché, riguardo a Cristo, a voi è stata data la

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grazia non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, 30sostenendo la stessa lot-ta che mi avete visto sostenere e sapete che sostengo anche ora.

La luce sulla Parola

Abbiamo un paio di grazie a disposizione. Vedia-mo quali sono (v. 29): credere in Cristo; soffrire per Cristo.

La prima grazia suona molto bene, credere in Cri-sto è una vera bellezza. Soffrire per Cristo… onesta-mente se ne farebbe volentieri a meno. Ma sono poi così diverse le due “grazie”?

Credere in Cristo. Se rileggiamo i versi dal 21 al 26 ci sono indicazioni interessanti per riflettere sulla nostra esperienza di fede. La prima già dice tutto: vivere è Cristo, morire un guadagno. Vita e morte, inizio e fine, tutto è salvezza, vita di Dio in noi ad ogni istante e sempre. Unico è il desiderio di Paolo: vivere con Cristo.

Comunione con lui che si spalanca al momento della morte; comunione con lui che si realizza nel servizio agli altri. Sia come sia, il traguardo è la mi-gliore esperienza di vita cui possa aspirare un essere umano: la comunione con Dio.

Soffrire per Cristo. Il testo ci suggerisce una pista interpretativa nel versetto successivo (ci sarà pure un motivo per cui il capitolo 1 finisce al verso 30 e non al verso 29…) si tratta di sostenere la stessa lotta che ha sostenuto l’apostolo Paolo. Bene. Che lotta è?

Andando a ritroso nel medesimo capitolo trovia-mo, nei versi da 12 a 20, un riferimento all’annuncio

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SChEDA 2del Vangelo. Che Cristo sia annunciato è il grande de-siderio dell’apostolo, il traguardo più importante della sua vita, la sua “lotta”, qualcosa che per lui equivale alla salvezza.

Credere in Cristo. Tutta una vita (con gioie, dolo-ri, speranze, lotte, conquiste, difficoltà, facilità…) nel servizio alla vita buona degli altri, per una salvezza che è già presente in questo mondo. È “salva” una persona che vive bene, con profondità e senso, par-tecipando della vita stessa di Dio.

Soffrire per Cristo. Tutta una vita (con gioie, do-lori, speranze, lotte, conquiste, difficoltà, facilità…) nell’annuncio di Cristo, per la salvezza di tutti, in que-sto mondo e nell’altro, per sempre.

Abbiamo un paio di grazie a disposizione. Sono bellissime entrambe perché ci fanno vivere per dav-vero, senza sprecare nemmeno un istante, neanche una goccia di esistenza. Vita e morte, gioia e dolore, tutto vivificato dall’amore di Dio in noi e dall’amore umano (fragile e invincibile) di noi per tutti.

Le parole dell’apostolato

“Fammi credere, Signore, nella forza costruttrice del dolore”. Sono parole di una famosa preghiera del beato Luigi Novarese.

Come potremmo tradurle in un linguaggio contem-poraneo? Come favorire una riflessione comunitaria/parrocchiale sulla grazia di credere e di soffrire per Cristo? Come Gruppo potremmo provare a proporre in parrocchia o in altre strutture parrocchiali una ri-flessione su questo tema.

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Le parole della preghiera

Fammi credere o Signore,nella forza costruttrice del dolore. Che io non veda nel male che mi bloccaun ostacolo alla mia perfezione. Fammi capire come ogni istante di sofferenzapuò essere trasformato in moneta di conquista. ho bisogno di allargare i miei orizzonti, di comprendere che la vitanon è soltanto quella che vedo. Voglio sentirmi un essere utile alla società, su cui tutti si possono appoggiare. Voglio identificarmi con te, o Signore, per scoprire sempre di piùl’ampiezza dei miei orizzonti. Amen.

Il mio impegno

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SChEDA 33a Scheda

Credere e portare a compimento

Il Signore parla: della sua, della nostra vita; del suo amore, della sua cura per l’uomo. Parla anche nel silenzio; parla con i tanti gesti di guarigione e di tenerezza.

E noi spesso permaniamo reticenti, incapaci di fi-darci totalmente e, di conseguenza, di provare dentro il cuore la bella beatitudine di chi crede.

La Parola di Dio (Lc 1, 39-45)

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò

Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

La luce sulla Parola

Il credere, in questo breve testo di Luca, è sorgente di beatitudine. L’ultimo versetto, il 45, ci dice anche in che cosa bisogna credere per ottenere la beatitudine:

“”

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l’adempimento della Parola del Signore. La spiegazione che offrono i versetti precedenti ci

chiarisce il concetto, mettendoci in guardia da una interpretazione troppo comoda.

Sarebbe agevole, infatti, credere che sia proprio del Signore compiere ciò che ha detto. Lo ha detto il Signore, lo ha fatto il Signore e io, povera creatura, accetto la volontà di Dio.

Ma tutto ciò non genera affatto beatitudine. Non nel senso in cui Elisabetta lo dice di Maria di Naza-reth.

Infatti, per Maria, l’adempimento della Parola del Signore, è consistito nel mettersi in viaggio per rag-giungere in fretta la cugina. Offrirgli, molto concreta-mente, un servizio che fosse annuncio e dono della vita di Cristo attraverso di lei, delle sue mani, della sua presenza fisica, nelle attività quotidiane e dome-stiche. Questo l’ha resa “beata”.

Quando uno è beato diffonde gioia. Il bambino di Elisabetta sussulta, la vita nuova è molto sensibile alla novità della vita. È un buon insegnamento, un richiamo utile per quando avvertiamo le novità come un problema, una minaccia alle cose che abbiamo già fatto, che hanno fatto prima di noi, che sono proprio quelle che conservano tutti i buoni insegnamenti del tempo che fu. Questo cambio di mentalità è il primo invito alla conversione che riceviamo da Giovanni il battista, molto precoce nell’indicare il Messia presente nel mondo.

Di beatitudine in beatitudine, ci torna alla mente il discorso della montagna (capitolo 5 di Matteo). L’at-teggiamento base, per tutte le beatitudini, è quello di chi si fa povero per prendersi cura del bene altrui. Sarà il Signore stesso a prendersi cura di lui, a ren-dere presente nella sua vita colui che partecipa della

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SChEDA 3sua volontà di salvezza, che offre salvezza dentro le vicende di una storia umana. Vicende davvero molto umane, come quelle della “casalinga” Maria di Naza-reth, presso il domicilio della cugina Elisabetta.

Le parole dell’apostolato

Le considerazioni precedenti ci fanno riflettere, nel Gruppo, sulla disponibilità personale, sempre da ri-educare, a portare avanti le promesse che riguarda-no l’esistere con dignità e con una missione. Queste cercano compimento creativo e non possono essere tralasciate.

Nella misura in cui crediamo davvero che “il dolo-re è forza per portare amore” …

Avvicinandosi l’Avvento, potremmo proporre in una delle strutture sanitarie della parrocchia, nell’o-spedale o nelle case di persone ammalate, una ri-flessione condivisa sulla beatitudine della fede e l’im-portanza di portare a compimento se stessi proprio nell’esperienza di dolore.

Le parole della preghiera

Ci apriamo al tuo amore, Dio, ascoltiamo la tua voce e riceviamo la tua luce. Per questo, non possiamo tenere per noiil tuo dono. Poiché la fede è ascolto e visione,essa si trasmette anche come parola e come luce. Crediamo e perciò parliamo. La parola ricevuta si fa risposta, confessione

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e, in questo modo, risuona per gli altri,invitandoli a credere. La trasmettiamo nella forma del contatto,da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma. Nella nostra povertà, pianteremo il semedella fede così fecondo che diventa un grande albero ed è capacedi riempire il mondo di frutti. È attraverso una catena ininterrotta di testimonianze che arriva a noi il volto di Gesù. Il passato della fede, quell’atto di amore di Gesù,tuo Figlio, che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memoria di altri, dei testimoni, conservato vivo. Ci è impossibile credere da soli. Per questo, aprici, Signore, al “noi”, e rendici abili a rispondere in prima persona, “credo”, solo perché sappiamo di appartenere a una comunione grande, solo perché si dice anche “crediamo”. Amen.

Il mio impegno

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SChEDA 3Con la lampada della fede il nostro sì con Maria

Celebrazione di Adesioneal Centro Volontari della Sofferenza

Questa proposta celebrativa può essere usata libera-mente durante la celebrazione della messa o in altro momento, a discrezione dei membri del CVS. Nel luogo della celebrazione si pongono un’icona di Maria, un crocifisso e una Bibbia aperta, (preferibil-mente su un passo del Vangelo indicato nello Statuto del CVS, a scelta) – e un cero acceso, simbolo della “lampada della fede”.

1 Lettore – La celebrazione di adesione è sempre un momento importante e significativo per ciascuno di noi e per tutta l’Associazione: oggi siamo chiamati a ripetere con amore, gioia e coraggio rinnovati il nostro Sì: il Sì dell’appartenenza, il Sì della testimo-nianza, il Sì della missione verso ogni uomo che vive l’esperienza della sofferenza.

2 Lettore – Il beato Luigi Novarese, nostro fondatore e padre, parlando della nostra missione così scrive: “Ricordati che ogni sofferente ha bisogno della fede come dell’aria che respira, perché soltanto in essa il dolore trova la sua ragion d’essere. Per chi non ha fede il dolore è un peso intollerabile, un incubo op-primente. La fede nostra non è radicata su una conce-zione filosofica, ma su Cristo, pietra angolare (cfr. 1Pt 2, 6), luce e vita che trasforma. Impariamo ad essere il prolungamento di Gesù che per mezzo nostro vuo-le percorrere il mondo per illuminarlo e salvarlo. La fede in lui ci renda intrepidi, costanti, operosi come la Vergine Santa”.

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1 Lettore – A queste parole fanno eco quelle di papa Francesco: “La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spie-ghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce.

2 Lettore – In Cristo, Dio stesso ha voluto condivi-dere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, «dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12, 2)”. (Lumen Fidei, 56) La no-stra missione è quindi camminare insieme con Gesù e Maria per portare la luce della fede in lui nel buio del cuore di ogni uomo che soffre.

I nuovi iscritti accompagnati dal Capogruppo di ap-partenenza o dalle persone che li hanno seguiti nel cammino di conoscenza e adesione vengono avanti (in processione con il celebrante, possibilmente il ve-scovo se si inserisce il rito di adesione nella celebrazio-ne della messa).

RITO DI ADESIONE

1. RITO DI ACCOGLIENZADEI NUOVI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE

Se questo momento si vive durante la celebrazione della messa è opportuno collocarlo dopo l’omelia e uno spazio di silenzio.

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SChEDA 3Celebrante – Fratelli e sorelle carissimi, siamo qui riuniti perché chiamati a esprimere per la prima volta o a rinnovare, nella fede, la nostra adesione al Centro Volontari della Sofferenza. L’Associazione nasce dall’intuizione carismatica del beato Luigi Novarese per illuminare, con la luce, la consolazione e la speranza del Vangelo di Cristo, cro-cifisso e risorto, la vita di ogni uomo che attraversa l’esperienza della sofferenza.

Tutti – Siamo qui con tutto il nostro cuore per espri-mere, con gioia, la nostra fede in Cristo crocifisso e risorto vivo e presente, qui ed ora in mezzo a noi, e in comunione con lui e con l’aiuto e l’esempio di Ma-ria, vogliamo annunciare ad ogni uomo la salvezza e l’amore di Gesù, che donano un senso ad ogni istante della vita e ad ogni sofferenza. Amen.

1 Lettore – “Passando Gesù vide Levi e gli disse: “Se-guimi. Ed egli si alzò e lo seguì” (Mc 2, 14)

Se ci sono persone che si iscrivono per la prima volta, vengono chiamate per nome dal celebrante. Ciascun membro risponde “Eccomi” e si porta davanti all’alta-re con una candela accesa, simbolo della luce della fede ricevuta nel Battesimo. Al termine il celebrante dice:

Celebrante – Volete accogliere, vivere in pienezza e valorizzare tutte le situazioni della vostra vita e in particolare le vostre sofferenze alla luce della fede, ricevuta nel Battesimo, in Cristo crocifisso e risorto e nel suo Vangelo?

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Nuovi membri dell’Associazione: Sì, con la grazia di Dio e l’aiuto della Vergine Imma-colata, lo voglio.

Celebrante – Volete realizzare il carisma del bea-to Luigi Novarese “che vede nella sofferenza offerta dal malato una partecipazione al mistero pasquale di Cristo e lo rende così apostolo, e perciò primizia e profezia per la valorizzazione di ogni situazione di sofferenza presente nella vita dell’uomo?

Nuovi membri dell’Associazione: Sì, con la grazia di Dio e l’aiuto della Vergine Imma-colata, lo voglio.

Celebrante – Volete aderire alle richieste di preghie-ra e di penitenza, proprie della spiritualità mariana di Lourdes e Fatima, che lo Statuto riconosce come momenti e luoghi carismatici dell’Associazione?” (dallo Statuto del CVS, Cap. 1, identità – finalità)

Nuovi membri dell’Associazione: Sì, con la grazia di Dio e l’aiuto della Vergine Imma-colata, lo voglio.

Il celebrante consegna ad ogni nuovo iscritto lo Statu-to del CVS e la corona del rosario dicendo:

Celebrante – Ricevi lo Statuto. Amalo e osservalo con fedeltà; sarà strada sicura per la tua santificazione e per il tuo impegno apostolico. Ecco la corona del rosario piccolo “compendio del Vangelo”: in unione con Maria, contempla, vivi e an-nuncia con fede i misteri di Cristo per portare ai fra-telli gioia, luce e speranza.

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SChEDA 3Nuovo membro dell’Associazione: Amen.

Celebrante – Accogliamo questi nostri fratelli e so-relle nel loro desiderio di aderire al Centro Volontari della Sofferenza per partecipare pienamente alla mis-sione della Chiesa che è in … (nome della Diocesi).

Tutti – Rendiamo grazie a Dio.

2. PROFESSIONE DEGLI IMPEGNI ASSOCIATIVI

Celebrante – Carissimi, l’impegno che state per ac-cettare liberamente e nella fede è una risposta alle richieste di preghiera e di penitenza presentate dalla Vergine Santa a Lourdes e a Fatima, per riparare i tanti peccati che offendono il Cuore di Gesù ed il suo Cuo-re Immacolato; per la conversione dei peccatori; per il Papa, per i sacerdoti ed il loro ministero. Volete scegliere Maria come Madre e compagna di viaggio che “come pellegrina nella fede alla sequela del suo Figlio” sostiene con il suo esempio di fiducia, amore e fedeltà incondizionati, il vostro impegno di testimonianza e di apostolato secondo il carisma e lo stile del Centro Volontari della Sofferenza a servizio della Chiesa?

Tutti – Sì, lo vogliamo.

Celebrante – Questa vostra risposta vi chiama e vi impegna ad approfondire l’adesione a Cristo e alla sua Chiesa per mezzo di Maria Santissima.“Poniamoci al suo servizio e impariamo ad essere con lei, accanto a Gesù, dei piccoli continuatori della re-denzione, per la salvezza del genere umano.

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Portiamo ad ogni sofferente l’aria fresca della fede, come l’unica risorsa che dà significato e valore ad ogni dolore. Impariamo ad essere il prolungamento di Gesù che per mezzo nostro vuole percorrere il mon-do per illuminarlo e salvarlo”. (Beato Luigi Novarese)

Tutti – Sì, con tutto il cuore ci poniamo al servizio di Maria Santissima e insieme con lei vogliamo essere pellegrini sulle strade del mondo per portare a tutti la salvezza, la gioia e la luce di Cristo crocifisso e risorto e del suo Vangelo.

Celebrante – Alla Vergine Immacolata, affidiamo ora il nostro impegno e chiediamo il suo aiuto perché possiamo tenere sempre accesa, nel nostro cuore, come le vergini sagge, la luce della fede, della spe-ranza e della carità, anche se la barca della nostra vita è scossa dal mare in tempesta del male e delle soffe-renze quotidiane.

Tutti – Consapevole della mia vocazione cristiana, io rinnovo oggi nelle tue mani o Maria, gli impegni del mio Battesimo. Rinuncio a Satana, alle sue seduzioni, alle sue opere, e mi consacro a Gesù Cristo, per por-tare con lui, la mia croce, nella fedeltà di ogni giorno alla volontà del Padre. Alla presenza di tutta la Chiesa ti riconosco per mia Madre e Sovrana. A te offro e consacro la mia per-sona, la mia vita e il valore delle mie buone opere, passate, presenti e future. Disponi di me e di quanto mi appartiene, alla mag-gior gloria di Dio, nel tempo e nell’eternità. Amen.

Celebrante – Signore, guida nella tua verità que-sti fratelli e sorelle: sappiano essere sereni e decisi

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SChEDA 3nell’affrontare con coerenza l’impegno a vivere con generosità il carisma del Centro Volontari della Soffe-renza che il beato Luigi Novarese ha voluto e conse-gnato ad ognuno. Sempre fiduciosi e gioiosi siano tuoi testimoni: an-nuncino l’amore del Cristo crocifisso e risorto, il con-forto, la pace e la speranza del suo Vangelo.

Tutti – Amen.

Se si inserisce la celebrazione di adesione nel rito del-la messa, a questo punto si continua con la preghiera dei fedeli e la processione offertoriale in cui vengono portati il pane e il vino, lo Statuto, le tessere d’iscrizio-ne e una copia del sussidio dei Gruppi.

3. CONSEGNA E BENEDIZIONEDELLE TESSERE ASSOCIATIVE

Se si inserisce la celebrazione di adesione nel rito del-la messa, prima della benedizione finale o al termine della messa, il Responsabile diocesano, un Capogrup-po ed eventualmente un rappresentante dei Settori giovanili, si recano davanti all’altare e presentano le tessere per la benedizione.

Celebrante – O Padre misericordioso che hai illu-minato le tenebre del dolore con la luce di Cristo crocifisso e risorto e del suo Vangelo, e ci chiami ad esserne, nel mondo, testimoni e annunciatori, benedi-ci queste tessere e quanti le porteranno come segno di un impegno apostolico nella tua Chiesa: rendili strumenti di evangelizzazione, di sostegno e di luce per tutti i fratelli sofferenti che incontreranno nel loro

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ambiente di vita e nella loro comunità parrocchiale. Per Cristo nostro Signore.

Tutti – Amen.

4. RITO DEL MANDATO A TUTTI GLI ISCRITTI

1 Lettore – “La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce”. (Lumen fidei, 57)

Celebrante – In queste belle parole di papa Fran-cesco ritroviamo la vocazione e la missione che il Signore ha affidato al beato Luigi Novarese e ad ogni Volontario della Sofferenza. Siate nel vostro Gruppo d’avanguardia, nel vostro ambiente di vita e nella vo-stra comunità parrocchiale, presenze che attraverso i gesti, le parole e l’esempio, accompagnino i fratelli, e in particolare i fratelli sofferenti, a scoprire nella luce della Pasqua, il senso e il valore della propria vita che, insieme con Cristo crocifisso e risorto si trasfor-ma in dono d’amore per tutta l’umanità.

Tutti – Camminiamo da figli della luce e testimonia-mo la nostra fede portando a tutti la luce, la pace e l’amore di Cristo. La Vergine Santa ci renda intrepidi, costanti e operosi. Amen. (Beato Luigi Novarese)

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SChEDA 42ª tappaAdorare

Spazio temporale

Dalla Solennità dell’Immacolata Concezione (8 dicembre 2017) alla Solennità dell’Annunciazione (9 aprile 2018).

La citazione del Magistero

Occorre sempre coltivare uno spazio interiore che conferisca senso cristiano all’impegno e all’attività. Senza momenti prolungati di adorazione, di incontro orante con la Parola, di dialogo sincero con il Signore, facilmente i compiti si svuotano di significato, ci indeboliamo per la stanchezza e le difficoltà,e il fervore si spegne. La Chiesa non può fare a meno del polmonedella preghiera, di intercessione,di lettura orante della Parola, delle adorazioni perpetue dell’Eucaristia. Anche se c’è il rischio che alcuni momentidi preghiera diventino una scusa per evitare di donare la vita nella missione, perché la privatizzazione dello stile di vita può condurre i cristiani a rifugiarsi in qualchefalsa spiritualità. (EG, 262)

Acquisizione spirituale

Le solennità liturgiche che riguardano la Vergine Ma-ria e che scandiscono lo spazio temporale di questa

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tappa, ci inoltrano nella presa di coscienza vocazio-nale della Madre di Dio.

Dal dono ricevuto, la Piena di grazia attinge e svi-luppa in sé una capacità inaudita di affidamento e di disponibilità.

Non perché abbia capito tutto, ma perché impara che l’unica via per comprendere Dio è custodire tutte le sue Parole e provare a scrutarle con amore.

Per noi del CVS, questo significa anche imparare a convivere con i lati oscuri e fragili dell’esperienza umana e farne un cammino apostolico.

Questa tappa ci aiuta ad inoltrarci nei misteri della vita umano-divina di Cristo (incarnazione, passione, morte e resurrezione), condivisa con l’umanità, ma arricchita dei doni di vita eterna e di resurrezione.

La parola del beato Luigi Novarese

Con l’adorazione incliniamo tutto il nostro essere dinanzi a Dio. Poiché l’uomo è composto di anima e di corpo, l’adorazione deve essere interna ed esterna. Adoriamo Dio come creature.

Come è bella la Madonna, la Vergine umile, che a Lourdes, quale segno della sua adorazione interna verso Dio, china il capo al Gloria Patri che ripete con Bernardetta. Il suo cuore, che scruta in Dio ben più profondamente di tutti i santi, adora.

É tutto l’essere della Vergine che si china al «Gloria Patri» in un inno di amorosa adorazione.

Comprendiamo noi che la nostra posizione di fron-te a Dio è di una muta ed amorevole adorazione, che scaturisce dalla conoscenza che noi dobbiamo avere di Dio? La nostra adorazione è in proporzione della nostra fede e della nostra conoscenza.

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SChEDA 44a Scheda

Un cuore per adorare Dio

Ci viene richiesto adesione profonda, non solo esterna. E per questo, generosità e prontezza. Que-ste attitudini sono state incarnate profondamente da Maria. Il Vangelo ce la descrive così: sempre in fretta verso l’umanità; sempre attenta verso i suoi bisogni materiali e spirituali.

La Parola di Dio (2Mac 1-9)

1Ai fratelli Giudei dimoranti in Egitto, salu-te! I fratelli Giudei che sono a Gerusalemme e nella regione della Giudea augurano una

pace sincera. 2Dio voglia concedervi i suoi benefici e ricordarsi della sua alleanza con Abramo, Isacco e Gia-cobbe, suoi servi fedeli. 3Doni a tutti voi un cuore per adorarlo e per compiere i suoi voleri con spirito gene-roso e animo pronto. 4Vi apra il cuore alla sua legge e ai suoi precetti e vi conceda pace. 5Esaudisca le vostre preghiere, si riconcili con voi e vi sia propizio e non vi abbandoni nell’ora dell’avversità. 6Così ora noi qui preghiamo per voi. 7Sotto il regno di Demetrio, nell’an-no centosessantanove, noi Giudei vi abbiamo scritto: “Nelle calamità e nell’angustia che si è abbattuta su di noi in questi anni, da quando Giasone e i suoi partigia-ni hanno tradito la terra santa e il regno, 8incendiando il portale e versando sangue innocente, noi abbiamo pregato il Signore e siamo stati esauditi; abbiamo of-ferto un sacrificio e del fior di farina, abbiamo acceso le lampade e presentato i pani”. 9Vi scriviamo per esortarvi a celebrare i giorni delle Capan-ne nel mese di Chisleu. L’anno centottantotto.

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La luce sulla Parola

Dalla seconda lettera ai Giudei d’Egitto…Potremmo titolare così il brano dell’Antico Testa-

mento che ci fa riflettere su cosa significhi adorare. Adorare nasce da un cuore che Dio dona a tutti noi; come leggiamo al versetto 3 della citazione biblica.

“Ai fratelli Giudei dimoranti in Egitto, salute!” ini-zia così il capitolo primo, con l’augurio di una pace sincera. Fino al versetto 6 la lettera formula desideri augurali, che sono l’oggetto della preghiera di chi, da Gerusalemme, scrive a coloro che sono emigrati nuovamente in Egitto.

Oggetto della preghiera:che Dio voglia concedere benefici e ricordarsi

dell’Alleanza; che Dio doni un cuore per adorarlo e compiere i suoi voleri; che Dio apra i cuori alla sua legge e a i suoi precetti e conceda pace; che Dio esaudisca le preghiere, che Dio si riconcili con il po-polo, che sia propizio e che non abbandoni il popolo nel momento della difficoltà.

Dio ha molte cose da fare, diversamente dal popo-lo che solo compie i divini voleri (ma quali sarebbe-ro?) e prega (per che cosa poi?) e spera che Dio non sia arrabbiato e offeso.

Siamo nell’Antico Testamento e non ci sono proble-mi a leggere certe espressioni: sappiamo bene dove ci condurrà la pienezza della rivelazione in Cristo Gesù. Però, già che ci siamo, è buona cosa soffermarci a riflettere se l’idea di Dio che traspare dalla “Prima let-tera ai Giudei d’Egitto” non sia un poco anche quella che, almeno a volte, ci appartiene.

Forse non è raro incontrare, nell’attività apostolica, persone che si sentono abbandonate da Dio nel mo-mento della difficoltà; a volte poi possiamo ritenere

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SChEDA 4che la nostra preghiera debba convincere Dio a farci qualcosa di buono, mentre il frutto autentico della preghiera dovrebbe essere il cambiamento del nostro modo di vivere: trasformare il cuore per essere, noi stessi, buoni.

Al versetto 9 scopriamo che questa lettera è una esortazione a “celebrare”. Qui ci interessa arrivare al “dunque”, per raccogliere indicazioni utili al nostro “adorare”. Adoriamo celebrando, mescolando la no-stra vita con quella di Dio (questo è il risultato di un buon celebrare). Celebriamo facendo penetrare, con ascolto, gesti e parole, il lievito della vita di Dio nella pasta della nostra umanità.

L’adorazione ci aiuta a celebrare (anche l’adorazio-ne della “ora santa” ci aiuta, quando si svolge bene). Ugualmente il nostro celebrare ci educa all’adorazio-ne: una realtà che nasce dal cuore, per trasformare la nostra vita in ogni suo aspetto.

Le parole dell’apostolato

Nel Gruppo teniamo conto dei progressi di cono-scenza del territorio parrocchiale o diocesano che stiamo portando avanti. Mettendoci d’accordo con i Ministri dell’Eucarestia, potremmo proporre di realiz-zare in casa di una persona ammalata un momento di adorazione prolungato.

Le parole della preghiera

Veniamo da te, Signore, per adorarti. Desideriamo imparare a stare con te, a fermarci a dialogare con te,

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sentendo che la tua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte. Adorandoti, desideriamo darti il primo posto; e affermare, credere,non però semplicemente a parole, che tu solo guidi veramente la nostra vita; solo tu sei il Dio della nostra vita,il Dio della nostra storia. Adorandoti, ci spogliamo dei tanti idolipiccoli o grandi che abbiamo e nei quali ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e molte volte riponiamo la nostra sicurezza. Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti; possono essere l’ambizione, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli unici padronidella nostra vita. Adorandoti, vogliamo dirti che desideriamoseguirti con coraggio e fedeltà, con la parola e con la testimonianzadella nostra vita, nella quotidianità. Tu, Signore sei l’unico Dio della nostra vita. Te solo adoriamo. Te solo vogliamo annunciare, testimoniare, adorare. Amen.

Il mio impegno

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SChEDA 55a Scheda

I veri adoratori

Se si parla di veri adoratori, vuol dire che ci sono anche quelli falsi? In realtà, più che di due categorie di persone, si parla di due modi di stare davanti a Dio e di riconoscergli l’origine e il compimento della nostra esistenza.

Adorare veramente Dio significa allora mettersi in un percorso veritativo di se stessi, e di assecondare l’a-zione dello Spirito Santo.

La Parola di Dio (Gv 4, 10-26)

10Gesù le risponde: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avreb-

be dato acqua viva”. 11Gli dice la donna: “Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestia-me?”. 13Gesù le risponde: “Chiunque beve di quest’ac-qua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. 15”Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere ac-qua”. 16Le dice: “Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui”. 17Gli risponde la donna: “Io non ho marito”. Le dice Gesù: “hai detto bene: “Io non ho marito”. 18In-fatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non

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è tuo marito; in questo hai detto il vero”. 19Gli replica la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I no-stri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. 21Gesù le dice: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adore-rete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza vie-ne dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo ado-rano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità”. 25Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”. 26Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te”.

La luce sulla Parola

Dei veri adoratori parla il Vangelo di Giovanni al capitolo 5, nel lungo racconto dell’incontro di Gesù con la donna samaritana. Ne scegliamo una parte, ma è sempre meglio leggerlo intero, considerando che descrive quel cammino di crescita nella conoscenza di Gesù che non termina mai, anche per ciascuno di noi.

La citazione su cui riflettiamo parla esattamente di questa conoscenza: “se tu conoscessi…” Due cose importanti da considerare: il dono di Dio e chi è colui che dice “dammi da bere”. Crediamo che i veri ado-ratori debbano avere queste conoscenze e prendiamo nota, prima di continuare la lettura.

Ci viene offerto un dono e ci viene richiesto qual-cosa, in risposta al dono. Il traguardo che raggiungia-mo è nuovamente un dono: riceviamo acqua viva. E

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SChEDA 5in seguito, nuovamente, c’è l’esigenza di una risposta, e non può che essere di nuovo un dono: diventiamo una sorgente zampillante.

Conoscendo Gesù, scopriamo la bellezza di un dono di vita, da parte di Dio, che continuamente ci trasforma in dono, nella misura in cui siamo disposti ad essere sorgenti zampillanti, a diffondere tutt’intor-no la vita ricevuta.

Il testo passa poi a considerare culti e idolatrie, con la donna che desidera scoprire la verità e Gesù che vuole donare, a lei e a tutti, lo Spirito.

Il vero adoratore agisce con entrambi gli elementi: spirito e verità. Se non separiamo l’immagine dell’ac-qua viva, dall’agire in spirito e verità, possiamo dare volti concreti alla nostra adorazione. Sono i volti delle persone su cui siamo chiamati a far zampillare l’ac-qua viva che è in noi. Volti concreti, familiari o a volte sconosciuti, come quello della samaritana e dei discepoli, o i volti degli abitanti del villaggio che tra sguardi e parole hanno iniziato a trasmettere la buona notizia del Vangelo.

Adorare Dio in spirito e verità significa esprimere, con i gesti e le parole della nostra esistenza, tante gocce di acqua viva che zampillano attorno a noi e fanno del bene agli altri. È questo il “culto” gradito a Dio e il luogo per esprimerlo non ha le mura di un santuario o di una chiesa, né di una moschea o di una sinagoga, o di qualsiasi altra modalità di tempio. Si celebra questo culto nella nostra umanità, si adora nel dono di sé.

Bene. Detto questo, andiamo tutti in chiesa, davan-ti al Santissimo Sacramento, per un tempo di “adora-zione”. Certo.

Abbiamo iniziato la riflessione dicendo che bisogna conoscere il dono. Non possiamo “zampillare” niente

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che non ci appartenga in modo profondo. L’acqua viva che vogliamo diffondere intorno a noi, dobbia-mo saperla riconoscere e accogliere: il “pane vivo” dell’Eucaristia è sempre il “luogo” migliore dove fare esperienza di che cosa sia la presenza di un dono.

Le parole dell’apostolato

Nel Gruppo decidiamo di realizzare, se possibile, una sorta di quarant’ore di adorazione da realizzare nelle nostre case. Non pretendiamo, naturalmente la presenza del Santissimo Sacramento, ci sforziamo di adorare in spirito e verità. Stabiliamo degli orari distri-buiti a seconda delle proprie possibilità, e cerchiamo di coinvolgere anche persone sofferenti della parroc-chia pur non facendo parte del CVS.

Le parole della preghiera

Ti adoriamo, Signore, Dio di Gesù Cristo, che si è fatto pane spezzato per amore, rimedio più valido e radicale contro le idolatriedi ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristiaè professione di libertà: ci inchiniamo davanti a te, Gesù per non prostrarci davanti a nessun potere terreno. Ci inginocchiamo solo davanti al te,presente nel Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito.

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SChEDA 5Ci prostriamo dinanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo,per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noiper lavare i nostri piedi sporchi. Adoriamo il tuo Corpo, Gesù Cristo perché crediamo che in esso tu ci sei veramente, tu che dai vero senso alla vita, all’immenso universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza. Ti ci nutri di amore, di verità, di pace; ci nutri di speranza, ci liberi e ci trasformi. Concedici di saper stare in silenzio vicino a te, di ascoltarti e di guardarti con amore. Amen.

Il mio impegno

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6a SchedaAdorare Dio con Maria

Entrati nella casa. È quello che facciamo spesso, entrando nelle case di persone che ci sono familiari oppure sconosciute. La casa è il mondo in miniatura per chi ci vive, luogo esistenziale, non solo abitativo. Varcarne la soglia è sempre un atto sacro. Entrare in una casa significa anche incontrare le persone nelle loro relazioni. il nostro sguardo non può essere super-ficiale o valutativo ma piuttosto uno sguardo acco-gliente, rispettoso.

Così gli atteggiamenti che ne scaturiscono saranno di riguardo, di attenzione, di deferenza: un portare in basso se stessi, considerando l’altro più grande.

La Parola di Dio (Mt 2, 1.12)

1Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: “Dov’è

colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spun-tare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. 3All’u-dire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: “A Bet-lemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”.

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SChEDA 67Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece

dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’a-vrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”.

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

La luce sulla Parola

Buon Natale. È un errore lasciare che alcuni testi biblici compa-

iano nella nostra riflessione solo in un determinato periodo dell’anno. I testi che raccontano la nascita di Gesù, ci farebbero bene a intervalli più regolari e frequenti. Ci farebbero ricordare che l’incarnazione del Figlio di Dio è una realtà fondamentale e dalle bellissime conseguenze.

A volte, invece, pare che sia più comodo ristabilire le distanze: Dio lassù, noi quaggiù, e una certa quan-tità di riti e sacrifici per stabilire contatti: un offerta da noi a Dio, un beneficio da Dio a noi. Sono le logiche della religione, che Gesù ha fatto decisamente scom-parire dai rapporti tra Dio Padre e tutti i suoi figli.

Ci può essere utile pertanto celebrare il Natale al-

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meno due o tre volte l’anno, per tornare a stupirci di fronte al Dio bambino. È stata questa l’esperienza bel-lissima dei Magi di oriente. Cercavano un re potente, in un castello glorioso, volevano impressionarlo con i loro doni preziosi (speravano forse di ricevere in cambio qualcosa del genere)… e trovano un bambi-no, piccolino, debole, in mezzo al nulla di una casa-grotta, nello spazio riservato agli animali… Uh! “che si fa?”

Intanto a Gerusalemme, che nel brano è il luogo del potere che resiste alle novità, c’è una meraviglia di segno opposto, che genera turbamento. La difesa dei privilegi, dei poteri e dei sospetti, non cerca la vita. Pensa di non averne bisogno e soffoca di auto-sufficienza.

Non così i Magi, personaggi peraltro esclusi e con-dannati dal giudaismo (in effetti erano “maghi” le cui arti e conoscenze non erano ben viste in Israele). Loro non demordono e continuano la ricerca, anche se le avvisaglie non sono incoraggianti: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima…”

Torniamo alla carovana dei Magi, di fronte al pic-colo bambino: “Ma può davvero essere lui il Capo? il Pastore del popolo?”

No! Non nella modalità con cui lo concepivano Erode

e quelli di Gerusalemme e nemmeno secondo il “re-gio” pensiero dei Re Magi.

Però sì. In un modo radicalmente diverso, che i Magi anco-

ra non intendono, ma che sono disposti a capire. Così cambiano il “protocollo” dell’udienza con il re: prima di consegnare i doni, “adorano”. Offrono la loro pre-senza, se stessi. Presenza con presenza, vita con vita (l’oro e tutto il resto forse non servono più). L’incon-

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SChEDA 6tro con il Bambino Gesù ci chiede di rischiare nuovi incontri e nuovi cammini. I Magi “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.

Le parole dell’apostolato

Nel Gruppo, preparandoci a vivere la solennità del Natale, chiediamo a qualcuno che ci aiuti ad orga-nizzare un momento di catechesi in parrocchia, invi-tando possibilmente anche altre associazioni. Il tema potrebbe riguardare lo stile di Maria nell’accogliere e adorare Gesù. Al momento di catechesi, potrebbe poi seguire un tempo di adorazione.

Le parole della preghiera

Ci rivolgiamo a te, Maria,che sei stata salutata come “piena di grazia”. Insieme a te, ci sentiamo invitati alla gioia profonda, e riceviamo l’annuncio della fine della tristezza che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurarela luce della bontà divina. L’attesa della venuta definitiva di Dioè giunta alla fine, in te prende dimora il Dio vivente. Come hai potuto vivere, Maria,il tuo cammino accanto al Figlio con una fede così salda, anche nelle oscurità, senza perdere la piena fiducia nell’azione di Dio? Tu sei entrata in intimo dialogo con la Parola di Dio, non l’hai considerata superficialmente,

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ma l’hai lasciata penetrare nella tua mentee nel tuo cuore per comprendere ciò che il Signore vuole da te. Tu hai custodito tutto nel tuo cuore, con amore. Con l’umiltà profonda della fede obbediente, hai accolto in te ciò che non comprendidell’agire di Dio, lasciando che sia Dio ad aprire la mente e il cuore. Aiutaci ad accogliere e adorare Dionel silenzio, nella verità e nell’amore. Amen.

Il mio impegno

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SChEDA 6Liturgia di adorazione

Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo colui che conosciamo, Cristo

(cfr. Gv 4, 22)

La celebrazione si propone come un tempo di adora-zione che può essere svolta in forma comunitaria op-pure, con i dovuti accorgimenti, in forma personale. Un canto introduce l’esposizione del Santissimo Sa-cramento. Dopo un breve tempo di silenzio, si prega insieme le preghiere dell’Angelo di Fatima.

Tutti – Mio Dio, io credo, adoro, spero e ti amo. Ti domando perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non ti amano. Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io ti adoro profondamente e ti offro il preziosissimo Cor-po, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi, e indifferenze con cui egli è offeso. E per i meriti infiniti del suo Sacratissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, ti domando la conversio-ne dei poveri peccatori.

Un tempo prolungato di preghiera silenziosa persona-le che termina con un canto. Poi si prega.

Santissima Trinità, io ti adoro profondamente.

Celebrante – Ave, o vero Corpo, nato da Maria. Qui c’è il tesoro della Chiesa, il cuore del mondo, il pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche in-consapevolmente, anela.

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Mistero grande, che ci supera e mette a dura prova la capacità della nostra mente di andare oltre le ap-parenze. Qui i nostri sensi falliscono ma la sola fede, radicata nella parola di Cristo, a noi consegnata dagli Apostoli, ci basta.

Tutti – Ave o eterno sovrano, Dio vivente, che esisti dall’eternità! Padre sempre buono e misericordioso! A te sia resa nuova ed eterna supplica, lode, onore e gloria, per mezzo della Vergine vestita di sole, nostra ammirabile Madre. Ave, o Uomo-Dio, Agnello immolato, Re della pace, Albero della vita, tu nostro Capo, porta di ingresso al Cuore del Padre, Figlio eterno del Dio vivente, che con colui che è, regni in eterno! A te sia data potenza, ora e nei secoli, e gloria e grandezza, e adorazione e riparazione e lode, per mezzo della tua Immacolata Genitrice, nostra ammi-rabile Madre. Ave, o Spirito dell’Eterno, sorgente inesauribile di santità, operante in Dio dall’eternità! Torrente del fuoco dal Padre al Figlio, Uragano impe-tuoso, che spiri forza, luce e fuoco nelle membra del Corpo mistico! Tu eterno incendio d’amore, Spirito di Dio che operi nei viventi, a te sia data gloria, potenza e bellezza ora e in tutta l’eternità per mezzo della tua Sposa corona-ta di stelle, nostra ammirabile Madre.

Un tempo di silenzio di adorazione personale che si conclude con un canto.

Santissima Trinità, ti offro me stesso per mezzo del tuo Figlio Gesù.

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SChEDA 6Celebrante – Nella preghiera di offerta ci poniamo in rapporto vitale con il Creatore. È una preghiera da iniziati, per una vita cristiana auten-tica o che voglia crescere a dimensioni profondissime. La preghiera di offerta è una preghiera del vissuto, è conseguenza di un vissuto presentato al Signore e fermentato da questo incontro con lui, non è discorso a tavolino. Gesù stesso diventa la preghiera di offerta. Con lui, la preghiera di offerta si interiorizza, si per-sonalizza. Nella Eucarestia noi riceviamo il “Corpo dato per”, “il sangue versato per” e facciamo unità con Cristo che si offre al Padre, e così, offrendo Gesù, impariamo ad offrire noi stessi. Così il nostro cammino trova la sua radice profonda nell’incontro con il Cristo offerto al Padre. Quindi la preghiera di offerta ci mette in stato di do-nazione, ci fa riconoscere l’apertura all’Altro e quindi agli altri; ci fa comprendere che noi come cristiani siamo delle persone “donate”, e che questo è frutto della grazia, della potenza dello Spirito in noi. La preghiera di offerta ci spinge a lasciare spazio a Dio, a rinunciare per amore, al superamento del proprio egoismo per aprirci alla dimensione cosmica dell’amore, fortemente ferito dal peccato. È un compito meraviglioso che riempie totalmente la vita.

Tutti – Mio Dio e Padre mio, ti amo e ti adoro con tutto il cuore. Ti ringrazio per il dono della vita e ti offro, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, in unione al Sacrificio di Gesù Cristo, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno.

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Te le offro per l’edificazione del tuo Regno in mezzo a noi: per il rinnovamento spirituale della Chiesa, in riparazione dei peccati e per la pace e la salvezza di tutti gli uomini, in particolare per coloro che oggi mi farai incontrare e per quelli che sono affidati alle mie preghiere. Cosciente della mia fragilità, ma fiducioso nell’aiuto della tua grazia, propongo di mettere in pratica oggi gli insegnamenti di Gesù Cristo e di conformare la mia vita alla sua. Donami, o Padre, di essere docile allo Spirito Santo. Accetto tutto, si compia in me la tua volontà, perché tu sei mio Padre. Amen.

Un tempo di adorazione personale che si conclude con un canto.

Santissima Trinità ti domandola conversione dei poveri peccatori.

Celebrante – Dio ha chiamato tutti noi ad essere in-tercessori, a pregare per i bisogni degli altri. Se stiamo alla presenza di Dio e cerchiamo il suo volto, possiamo ascoltare la sua voce e, stando vicini al suo cuore, far crescere in noi la compassione per quelli che gli sono lontani. Dobbiamo pregare senza stancarci e attendere con fiducia e pazienza. Possiamo amare tutti, chiunque ci sia vicino, chiun-que sia lontano. Possiamo amare con tutta la nostra fiducia, per amore, credendo nel potenziale d’amore a disposizione di tutti.Possiamo amare offrendo comprensione, perché egli è misericordioso e si muove a compassione. Rimaniamo davanti a lui per noi e per gli altri.

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SChEDA 6Tutti – Gesù, verità eterna e nostra vita, come un men-dicante imploro la tua misericordia per i peccatori. Cuore dolcissimo del mio Signore pieno di compas-sione e di misericordia, io ti supplico per la conver-sione dei peccatori. O Cuore, sorgente di misericordia da cui scaturiscono sull’intera umanità raggi di grazie incomparabili, chie-do da te luce per tutti coloro che si trovano nel peccato. Gesù, ricorda l’amara tua passione e non permettere che vada perduto nessuno. O Gesù mio, desidero condurre ai tuoi piedi tutti i peccatori affinché glorifichino la tua Misericordia, che è infinita. Amen.

Un tempo di silenzio di adorazione personale che si conclude con un canto.

Noi adoriamo colui che conosciamo, Gesù.

Celebrante – Il programma del cristiano è quello di sempre. Esso si incentra in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia. Nell’Eucaristia abbiamo Gesù, abbiamo il suo sacri-ficio redentore, abbiamo la sua resurrezione, abbia-mo il dono dello Spirito Santo, abbiamo l’adorazione, l’obbedienza e l’amore al Padre. Quando fissiamo lo sguardo del cuore a Cristo pre-sente nell’Eucaristia, possiamo ritenere di non aver capito niente se non abbiamo compreso che Cristo è l’essere-per-noi, che il suo corpo è dato per noi e il suo sangue è sparso per noi. Anche la nostra vita deve divenire una pro-esistenza. Bisogna aprire tre porte per conoscere Gesù:

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Pregare Gesù. Senza preghiera mai lo conosceremo. Celebrare Gesù nei suoi sacramenti, perché lì ci dà la vita, la forza, il conforto, l’alleanza, la missione. Imitare Gesù. Prendere il Vangelo e fare quello che ha fatto lui. E così troveremo la via per andare alla verità e alla vita. Dio, Padre nostro, crediamo che sei il creatore di tutte le cose e che ti sei avvicinato a noi nel volto del tuo Figlio, concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, per divenire per noi la condizione e la garanzia di vita eterna. Tutti – Crediamo, Padre provvidente, che per la po-tenza del tuo Spirito il pane ed il vino si trasformano nel corpo e sangue del tuo Figlio, fior di farina che alleggerisce la fame lungo il cammino. Celebrante – Crediamo, Signore Gesù, che la tua in-carnazione si prolunga nel tuo corpo eucaristico per nutrire gli affamati di luce e di verità, di amore e di perdono, di grazia e di salvezza. Crediamo che nell’Eucaristia ti prolunghi nella storia per sostenere la debolezza del pellegrino e chi sogna di vedere il frutto del suo lavoro. Crediamo, Gesù vivente nell’Eucaristia, che la tua pre-senza è vera e reale nel pane e nel vino consacrati:così perpetui la tua presenza salvifica e offri alle tue pecore pascoli erbosi ed acque tranquille. Con te, Agnello dell’Alleanza, su ogni altare in cui ti offri al Padre, si elevano i frutti della terra e del lavoro dell’uomo, la vita del credente, il dubbio di chi cerca, il sorriso dei bambini, i progetti dei giovani, il dolore di chi soffre.

Tutti – Crediamo, Gesù, che sull’altare del tuo sacrifi-cio, recupera forza la nostra debole carne non sempre

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SChEDA 6pronta agli aneliti dello spirito: trasformala tu a imma-gine del tuo corpo. Crediamo che alla mensa preparata per tutti, ci sarà sempre posto per chi ti cerca, spazio per l’emarginato dalla vita, superando i segni della morte, inaugurando cieli nuovi e terra nuova. Celebrante – Crediamo, Gesù, che non lasci soli i tuoi fratelli: tu permani discreto nel sacrario della co-scienza e nel pane e nel vino della mensa eucaristica, luce e forza del debole pellegrino.

Tutti – Grazie, Gesù, vivente nell’Eucaristia, perché ci spingi a una nuova evangelizzazione fortificata dalla tua presenza. Celebrante – La tua santa Madre accompagni chi ac-cetta di vivere e di annunciare la tua Parola: la sua intercessione renda feconda la tua semente. Per Cristo nostro Signore. Amen.

La celebrazione, se in forma comunitaria, termina con la benedizione.

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3ª tappaSperare

Spazio temporale

Dalla Solennità dell’Annunciazione (9 aprile 2018) alla Festa del Cuore Immacolato di Maria (9 giugno 2018).

La citazione dal Magistero

Alcune persone non si dedicano alla missione perché credono che nulla può cambiaree dunque per loro è inutile sforzarsi. Pensano così: “Perché mi dovrei privaredelle mie comodità e piaceri se non vedo nessun risultato importante?”. Con questa mentalità diventa impossibileessere missionari. Questo atteggiamento è precisamenteuna scusa maligna per rimanere chiusi nella comodità, nella pigrizia, nella tristezza insoddisfatta, nel vuoto egoista. Si tratta di un atteggiamento autodistruttivo perché l’uomo non può vivere senza speranza. Se pensiamo che le cose non cambieranno, ricordiamo che Gesù Cristo ha trionfato sul peccato e sulla morte ed è ricolmo di potenza. È una forza senza uguali. (EG, 275)

Acquisizione spirituale

Le due feste liturgiche mariane ci aiutano a coniu-gare sapientemente il cammino di maturazione pro-

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SChEDA 7fonda dell’interiorità (l’obiettivo è la statura di Cristo), con il cammino apostolico di annuncio e testimonian-za.

Se l’Annunciazione ci manda in fretta verso gli al-tri, il Cuore Immacolato ci rimanda all’importanza del crescere dentro, assecondando le vie di Dio e la sua volontà.

In Maria quasi non c’è differenza: lei custodiva e annunciava; meditava nel cuore e parlava con paro-le di Dio. Per noi il cammino è più difficile perché dobbiamo sempre fare attenzione alla coerenza tra l’interiorità e l’esteriorità.

Questa tappa può anche offrirci una meditazione accurata sul significato del Cuore Immacolato di Ma-ria, così come si presenta nel messaggio di Fatima.

La parola del beato Luigi Novarese

Se parliamo di «Vocazione» per la persona sofferen-te, indichiamo innanzitutto la dignità dell’ammalato di cui non solo egli deve prendere coscienza, ma anche quanti lo circondano, perché sia rispettata in lui la persona.

«Vocazione», perché mai è perduta la coscienza di servizio.

Questo messaggio evangelico che l’Associazione porta avanti nel cuore della Chiesa, seguendo la linea tracciata dalla Vergine Madre di Dio e della Chiesa a Lourdes e a Fatima, è luce di speranza, è forza rinno-vatrice per tutto il mondo della sofferenza, è stimolo per ognuno che soffre ad essere soggetto d’azione sul piano umano ed ecclesiale.

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7a SchedaUna speranza per vivere

Le azioni di Dio sono a favore della vita e del suo senso. Non potremmo infatti credere in un Dio disin-teressato delle vicende umane, dei suoi esiti difficili o rischiosi, della prevaricazione della sfiducia. Per que-sto, a ragione, la speranza si fa gratitudine e la grati-tudine è una bella risorsa per il nostro agire.

La Parola di Dio (1Pt 1, 1-9)

1Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli che vivono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadòcia, nell’Asia e

nella Bitinia, scelti 2secondo il piano stabilito da Dio Padre, mediante lo Spirito che santifica, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue: a voi grazia e pace in abbondanza.

3Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, 4per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, 5che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.

6Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, 7affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia puri-ficato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. 8Voi lo amate, pur

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SChEDA 7senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e glorio-sa, 9mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

La luce sulla Parola

La speranza è qualcosa di vivo. È la preziosa indi-cazione che troviamo nella prima lettera di Pietro. È anche un traguardo, se è vero che in vista di questa speranza siamo rigenerati mediante la resurrezione di Cristo. Tutto questo ha inizio dalla grande misericor-dia di Dio per noi. Dove non c’è vita, Dio interviene donando vita, questa è l’azione misericordiosa di Dio per noi. In effetti, dice la lettera di Pietro, siamo rige-nerati nella misericordia. Non solo quindi un supple-mento di vita, ma una esistenza nuova.

Una speranza viva è necessariamente in cammino verso qualche cosa. Non è un punto fermo. Con un pas-so indietro (prima del versetto 3) e uno avanti (dopo il versetto 3) cerchiamo di arricchire la nostra riflessione.

Da dove viene la speranza viva e dove va. I versetti 1 e 2 sono il saluto, l’inizio di tutta la let-

tera. Dicono che siamo stati scelti secondo il piano di Dio per obbedire a Gesù Cristo ed essere aspersi dal suo sangue. Merita sempre un pensiero approfondito ogni menzione della “volontà di Dio”. Comprendiamo talmente poco quale sia la volontà di Dio, che triste-mente riusciamo ad attribuire di tutto a questa vo-lontà, compresi incidenti stradali, catastrofi naturali, malattie incurabili… Davvero un atteggiamento poco riconoscente nei confronti di colui che invece ha per noi l’unica volontà della salvezza, che vuole il nostro bene già in questo mondo e per sempre.

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La salvezza è quello che realizziamo nel momento in cui obbediamo a Gesù Cristo (all’unico “coman-damento” che ci ha dato, quello di un amore simile al suo). È un’obbedienza molto “libera”. Siamo chia-mati a decidere responsabilmente la nostra esistenza incarnando, nella nostra capacità di amare, l’amore stesso di Dio.

Salvezza è anche “essere aspersi con il sangue di Cristo”. Se il sangue è immagine della vita, più che partecipare dei benefici di una vittima sacrificale, con-viviamo con la migliore esistenza possibile, quella del Dio con noi.

La nostra speranza è viva in virtù della vita stessa di Dio. La speranza fortifica questa partecipazione, radicandola in noi.

Adesso un passo avanti nel testo, per capire dove ci conduce la speranza. Siamo ai versetti da 4 a 9. Sia-mo molto animati da questa speranza e andiamo su-bito all’ultimo versetto che definisce così il traguardo: la salvezza delle anime. Abbiamo vissuto abbastanza il Concilio Vaticano II per comprendere che con il termine “anime” si sta parlando della persona intera e non di una immagine evanescente.

Dalla salvezza dono di Dio, alla salvezza traguardo, a cui ci conduce la speranza. Ogni persona umana è circondata dalla salvezza e questo è molto importan-te: ne abbiamo un gran bisogno.

Questo grembo salvifico che ci accoglie e rigenera, ci regala gioia, ci colma di gioia. Scoprire che la no-stra intera esistenza è sempre immersa nella salvezza misericordiosa del Padre è veramente una gioia indi-cibile, che ci fa esultare.

Per scoprire se siamo animati da una speranza viva, domandiamoci se (almeno ogni tanto) riusciamo ad esultare di gioia indicibile.

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SChEDA 7Le parole dell’apostolato

Avvicinandosi la Giornata mondiale del malato consideriamo, nel Gruppo, che cosa potremmo fare per celebrarla in parrocchia insieme alle altre associa-zioni. Da parte nostra potremmo proporre un Rosario della Speranza, da noi stessi composto.

Le parole della preghiera

Signore, nel succedersi dei giorni,conosciamo molte speranze,più piccole o più grandi,diverse nei diversi periodi della vita. A volte può sembrarci che una di queste speranzeci soddisfi totalmente e che non abbiamo bisognodi altre speranze. Ma poi ci rendiamo conto di aver bisogno di una speranza che vada oltre. Perché abbiamo bisogno di infinito. Questa grande speranza sei tu, Dio, che abbracci l’universo e che puoi proporci e donarci ciò che,da soli, non possiamo raggiungere. Tu, Dio che possiedi un volto umano e che ci hai amati sino alla fine. Nella preghiera impariamo a chiederti non le cose superficiali e comode, non la piccola speranza sbagliata che ci conduce lontano da te. Purifica i nostri desideri e le nostre speranze, e rigeneraci ogni giorno con il tuo amoree con la forza della resurrezione. Amen.

Il mio impegno

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8a SchedaUna speranza affidabile

Pazienza, speranza, amore. Sono realtà luminose, doni dello Spirito che ci vengono dati in abbondanza. Sorprendentemente non scaturiscono da una esperien-za serena, ma dalla tribolazione. Questa parola (da trebbiare = separare il grano dalla pula), suggerisce l’idea di discernimento che la sofferenza mette in atto per individuare e isolare ciò che è importante. Così, la tribolazione, con la sua fatica, invece di sottometterci alla passività, ci indirizza verso la pazienza e que-sta alla speranza, cioè alla certezza che nulla è perso dell’esperienza di dolore se inserito in Cristo Gesù.

La Parola di Dio (Rm 5, 1-5)

1Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. 2Per mezzo di lui abbiamo anche,

mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. 3E non solo: ci vantiamo anche nelle tri-bolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazien-za, 4la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. 5La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

La luce sulla Parola

C’è un “dunque” al versetto 1 di questo capitolo della lettera ai Romani che ci fa ritornare necessaria-

“”

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SChEDA 8mente a cosa è scritto prima, nel capitolo 4.

Si considera l’esperienza di Abramo, un campione della speranza, “saldo nella speranza contro ogni spe-ranza” (Rm 4, 18). Salvezza per lui e salvezza anche per noi, dice l’apostolo Paolo, in Gesù Cristo resusci-tato dai morti. “Dunque” stiamo in pace con Dio (Rm 5, 1). Ottimo. Veniamo alle conseguenze.

Se ci facciamo caso, nel Nuovo Testamento, non succede mai niente di buono all’essere umano che non generi per la persona una esigenza attiva. Pensia-mo ai racconti dei miracoli nei Vangeli. Gesù guarisce e poi il “risanato” ha sempre un suo compito, qual-cosa da vivere, da decidere, da realizzare… Come se la guarigione non fosse veramente tale senza quella necessaria conseguenza attiva. Ed è proprio così. L’es-sere umano, che rassomiglia a Dio nella libertà dell’a-more, non si realizza, non si salva, senza fare la parte sua. Questo significa prendere decisioni, fare scelte, determinare comportamenti, assumere responsabilità, “essere soggetti attivi e responsabili”.

Dunque…Tutto il bene della salvezza che ricevia-mo, ci offre una risorsa di vita sempre, persino nelle tribolazioni (Rm 5, 3). Quando arrivano le tribolazio-ni, essendo in pace con Dio, dobbiamo imparare ad essere in pace anche con noi stessi e con gli altri. Ci vuole “pazienza”, dice l’apostolo Paolo. (“Molta pa-zienza”, aggiungeremmo noi).

Adesso il testo ci offre una specie di “reazione a ca-tena”, questa: tribolazione genera pazienza – pazien-za genera virtù provata – virtù provata genera spe-ranza – speranza… non delude. E che fa? Aumenta lo spazio disponibile al bene nel nostro cuore, dove lo Spirito Santo ha già da tempo versato l’amore di Dio.

Dunque. Se anche nella tribolazione facciamo esperienza della salvezza (già in questo mondo, mica

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solo dopo la morte), è grazie all’amore di Dio che sta nei nostri cuori.

Dunque. Se amiamo veramente gli altri facciamo esperienza della salvezza, ci godiamo il frutto della speranza, viviamo la vita di Dio in noi e non ci manca davvero niente. Perché… la speranza non delude.

Le parole dell’apostolato

Nel Gruppo potremmo valutare di proporre in par-rocchia una Via Crucis ispirata al cammino di speran-za che si rafforza attraverso l’esperienza del dolore.

Le parole della preghiera

Signore, che ogni nostro agire serio e rettosia speranza in atto. Lo sia nel senso che cerchiamo di trovare, portando avanti le nostre speranze,più piccole o più grandi;lo sia col nostro impegno di dare un contributo affinché il mondo diventi un po’ più luminosoe umano e così si aprano anche le porteverso il futuro. Donaci la grande speranza-certezza che, nonostante tutti i fallimenti, la mia vita personale e la storia nel suo insieme, sono custodite nel potere indistruttibile dell’Amore e, grazie ad esso, hanno un senso e un’importanza, e ci offrono il coraggio di operare e di proseguire. Il tuo Regno è un dono, e proprio per questo è grande e bello e costituisce la risposta alla speranza. Come l’agire, anche la sofferenza fa parte

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SChEDA 8dell’esistenza umana. Aiutaci a fare tutto il possibile per diminuirla, ma senza risparmiarci di lottare contro di essa, senza risparmiarci la fatica e il dolore della verità, dell’amore e del bene. Sappiamo che non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, a guarirci, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore. Amen.

Il mio impegno

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9a SchedaUna speranza educata

Se Dio ci offre una speranza viva, a noi viene chie-sto di contribuire a mantenerla viva. Come se fosse la fiamma di una candela in un ambiente oscuro: nessuno vorrebbe che si spegnesse. Perseveranza (il nostro impegno portato avanti nonostante tutto) e consolazione (la prossimità di Dio nonostante tutto), alimentano e proteggono la speranza.

La Parola di Dio (Rm 15, 4-6. 14-21)

4Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione

che provengono dalle Scritture, teniamo viva la spe-ranza. 5E il Dio della perseveranza e della consolazio-ne vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, 6perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

14Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro. 15Tuttavia, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio 16per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adem-piendo il sacro ministero di annunciare il Vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. 17Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano

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SChEDA 9Dio. 18Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condur-re le genti all’obbedienza, con parole e opere, 19con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del Vangelo di Cristo. 20Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, 21ma, come sta scritto: Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno.

La luce sulla Parola

Il capitolo 15 della lettera ai Romani ci aveva già parlato del “credere”. Siccome la fede e la speranza vanno a braccetto, ritroviamo il medesimo capitolo per farci il regalo della perseveranza e della consola-zione. Qui la speranza va tenuta viva. È un incarico delicato ed entusiasmante. Ce la faremo?

L’apostolo Paolo è ottimista e nel prosieguo del medesimo capitolo 15 si dice convinto che siamo pie-ni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggerci mutuamente (cfr. v. 14). Tuttavia… C’è sempre da migliorare, chiaro. Cosa ci aiuta a miglio-rare? L’apostolato.

Paolo considera il compito che ha svolto, la sua missione, e ci offre alcuni criteri per far sì che an-che noi, grazie all’impegno apostolico, possiamo fare esercizio di perseveranza e consolazione, e così man-tenere viva la speranza. Un compito davvero irrinun-ciabile per gli aderenti al CVS.

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Primo criterio. Nell’azione apostolica non serve a niente dire cose che non siano state vissute personal-mente. Paolo parla solo di quello che Cristo ha opera-to per mezzo suo. Da un’esperienza profonda nasco-no molti insegnamenti, utili anche per la situazione di vita degli altri, che è ovviamente diversa dalla nostra.

Secondo criterio. Parole e opere. Che l’azione apo-stolica debba nascere da un’esperienza di vita (opere) lo abbiamo già sottolineato. Farlo con parole e opere ci ricorda l’importanza di farsi capire.

Il mondo dell’umana disabilità esige di saper co-municare in più modi, con fantasia e creatività. Se le parole vanno bene per i non vedenti, ci vogliono disegni o scritte per i non udenti, gesti e azioni per le menti che percepiscono in forme diverse dalla no-stra… insomma non ci si annoia mai. Parole, opere e quant’altro possa essere utile a trasmettere il Vangelo.

Terzo criterio. Potenza di segni e prodigi. Chi ope-ra “miracoli” può già passare al capitolo successivo.

Per gli altri, è importante ricordare che segni e prodigi si compiono anche senza fare eccezione alla naturale realtà umana. La potenza del “segno” di un amore generoso e buono, genera salvezza profonda nel cuore delle persone. Il “prodigio” del perdono, la dolcezza della consolazione, la forza della perseve-ranza, trasmettono una potenza di vita formidabile…

e tengono viva la speranza.

Le parole dell’apostolato

Nel Gruppo verifichiamo l’ipotesi di impegnarci per condividere una Via Lucis con le persone amma-late che andiamo a trovare, mettendoci d’accordo con i ministri della Santa Comunione.

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SChEDA 9Le parole della preghiera

Accogliamo dalle tue mani, Maria,Madre dell’intera umanità, un messaggio di luce e di speranza. Se la vita è un cammino, e questo cammino si fa spesso buio, duro e faticoso, quale stella potrà illuminarlo? Noi guardiamo a te e ti invochiamocome stella della speranza. Nel nostro comune viaggio sul mare della storia abbiamo bisogno di “luci di speranza”, di persone cioè che traggono luce da Cristo ed offrono così orientamento per la nostra traversata. Con il tuo Sì, con l’offerta generosa della libertà ricevuta dal Creatore, hai consentito alla speranza dei millennidi diventare realtà, di entrare in questo mondo e nella sua storia. Per mezzo tuo Dio si è fatto carne,è divenuto uno di noi, ha piantato la sua tenda in mezzo a noi. Per questo, animati da filiale confidenza, ti diciamo: Insegnaci, Maria, a credere,a sperare e ad amare con te; indicaci la via che conduce verso il Regno di Gesù. Tu, Stella della speranza, che trepidante ci attendi nella luce intramontabile dell’eterna Patria, brilla su di noi e guidaci nelle vicende di ogni giorno, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen!

Il mio impegno

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Un dolce sole che ristoraCelebrare la speranza

Guida – Che cos’è la speranza? Cosa significa spe-rare? Spero in un buon voto, spero che gli esami medici vanno bene, spero che mi chiami, spero… Cosa speriamo e in chi? Per noi cristiani la speranza è un tema importante, perché per noi la speranza non è qualcosa, ma è qualcuno. Per noi la speran-za è Cristo e quindi, se diciamo che lo abbiamo incontrato, non possiamo più lasciarci cadere nella disperazione. Questo è ancora più vero per noi del CVS perché il nostro carisma riveste di speranza il dolore, la sofferenza, la morte donando loro un significato ed un senso che mai potrebbero avere altrimenti.

Celebrante – Il Dio della fede, dell’adorazione, della speranza e dell’amore sia sempre con voi.

Tutti – E con il tuo spirito.

Canto: Alleluia.

Celebrante – Dal Vangelo secondo Giovanni (12, 24-25)In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.

1 Lettore – Dagli scritti editi del beato Luigi Novarese. Inizio solenne nel Vangelo di Giovanni: «In verità, in verità vi dico...». La parola di vita balzava attraverso i secoli e dava la spiegazione all’angoscioso perché

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SChEDA 9della sofferenza e dell’incomprensibile, umanamen-te parlando, perché della passione del Redentore.Oh, se il chicco di grano non si lasciasse prendere dall’agricoltore nel giusto tempo della semina e non si rassegnasse a vivere per mesi e mesi nel buio della terra e non permettesse al germe di vita, che ha in sé, di svilupparsi e di stendere i suoi tentacoli nella terra stessa, per assorbire la linfa vitale a costo di sacrifi-care l’involucro che l’avvolge, non potrebbe sbucare ancora una volta alla superficie della terra, e rivedere il sole, e crescere rigoglioso, e donare la sua spiga, tesoro, ricchezza, patrimonio di chi lo coltiva!

2 Lettore – Il chicco di grano deve lasciarsi prende-re, deve rimanere per lungo tempo nell’umido freddo delle zolle e deve cooperare con l’elemento che l’av-volge, a scapito dell’involucro che racchiude il seme di vita, per continuare così a vivere, rivedere ancora la volta celeste e moltiplicare la vita. Gesù è il primo chicco di grano, grano di vita che cade nel seno della terra per l’accettazione e cooperazione alla volontà del Padre celeste, e che risorge poi al terzo giorno, donando i suoi frutti incorruttibili.

1 Lettore – La volontà di Dio è il terreno, in cui il chicco della nostra ben piccola personalità deve scomparire. L’attuazione della divina volontà è il com-pito più importante per ogni creatura. La morte a se stessi è ben più dura della morte del corpo. Questa morte fu dura per Gesù, fu dura per Maria SS. ma, fu dura per i santi ed è altrettanto dura per noi. Il pensiero però della fecondità del sacrificio addolcisce questo lento, passivo ed attivo, estenuante logorio. Il pensiero che è il Divino Agricoltore a gettare la nostra volontà nel bel campo della sua divina volontà è tale

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da sostenere i nostri cuori, dare loro forza, speranza e dolce abbandono.

2 Lettore – Il chicco di grano sviluppa la vita che ha in sé a detrimento dell’involucro che la racchiude. E l’anima nostra attua la divina volontà, opera con essa, senza badare se il corpo, involucro che custodisce la vera vita, soffre, si logora, muore. La rottura dell’involucro del chicco di frumento è se-gno che il germe di vita si sviluppa, getta nella terra i suoi tentacoli, assorbe da essa tutto ciò che gli è ne-cessario alla vita e dona all’agricoltore, che lo coltiva, il suo frutto.

1 Lettore – Così la sofferenza dell’anima, nel logorio della propria volontà, contrastante con quella di Dio, e la sofferenza del corpo, che lentamente ci distrug-ge, significa che l’anima getta i suoi tentacoli in Dio, prendendo da lui, terra in cui vive ed opera, tutto quello che le è necessario per la propria vita rigoglio-sa, donando poi al Divino Agricoltore i suoi frutti: la cooperazione con Gesù alla redenzione dei fratelli.

Celebrante – San Paolo, per animarci a combattere nonostante tutte le difficoltà che possiamo incontrare, ci dice di osservare la figura dell’agricoltore. Il lavoro della terra è faticoso, richiede continui sforzi, ma la speranza dei frutti di domani sostiene l’agricol-tore nello sforzo di oggi. Egli, che ha bagnato col suo sudore la terra da lui coltivata, sarà il primo, alla buo-na stagione, a mangiare i frutti della sua terra.

Canto.

Guida – Preghiamo insieme con le parole di Berna-dette Soubirous

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SChEDA 9Tutti – O Gesù, dammi, ti prego, il pane dell’umiltà, il pane dell’obbedienza, il pane della carità, il pane della forza per spezzare la mia volontà e unirla alla tua, il pane della mortificazione interiore, il pane del distacco dalle creature. Il pane della pazienza per sopportare le pene che il mio cuore soffre. O Gesù, tu mi vuoi crocifissa, fiat!Dammi il pane della forza per soffrire bene, il pane di vedere solo te in tutto e sempre. Gesù, Maria, la croce, non voglio altri amici che quelli. Sono macinata, come un chicco di grano.

1 Lettore – Dagli scritti editi del beato Luigi Novarese. È pure chicco di grano la Vergine benedetta, nostra Madre, maestra e regina. Lei, proclamandosi umile serva del suo Signore, si lascia gettare nel terreno fer-tile della volontà divina e coopera con tutto il suo es-sere all’attuazione del piano della redenzione, anche se doloroso, estenuante e crocifiggente. «Se il grano di frumento, caduto in terra non muo-re, resta solo». E Maria Santissima è scomparsa, per così dire, nella volontà di Dio, ha cooperato con essa sempre, anche nei momenti più dolorosi, al punto di meritare l’elogio del suo divin Figlio: non è grande mia madre perché ebbe la sorte di darmi alla luce, ma perché ha fatto sempre la volontà del Padre. Dio è amore. La volontà di Dio è una volontà amo-revole, che vuole il nostro maggior bene. Seppellirsi nella volontà di Dio vuol dire seppellirsi nell’amore.

2 Lettore – Il chicco di grano lascia che la terra com-pia la sua lenta opera di maturazione e di distruzione. E noi ci lasceremo portare dalla volontà di Dio. Dio farà di noi quello che Egli vuole, quando e come lo

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vuole. A noi spetta soltanto dire di «sì». In questo ab-bandono totale, in cui l’anima tiene fisso lo sguardo sulla divina volontà, senza badare al tormento della morte a se stessa, consiste la massima perfezione.

1 Lettore – Lungo il tuo calvario, vicino a Gesù, men-tre vicino a lui porti la tua croce, ricordati che incontri sempre Maria, la nostra dolce Madre, incomparabil-mente amorevole. Se la croce vicino a Gesù ti sembra ancora dura, vicino a Maria, no. Il soccorso materno non ti manca e con quello il cuore si rianima e si dila-ta alla speranza perché tutto diventa possibile.

2 Lettore – La tua vita di sofferenza è paragonabile ad una primavera che tutto fa rifiorire. La sofferenza fa rifiorire l’anima tua forse morta o avvizzita. Gesù è il divino Maestro buono, che ti conduce nella via da lui segnata fin dall’eternità. Maria Santissima è il dolce sole che ristora, sole che non brucia, che non inari-disce, sole che fa rifiorire quanto c’è in te di buono e rende adorni di fiori e di frutti i rami della tua povera vita, consunti dal fuoco delle passioni.

Celebrante – Se il dolore, l’isolamento, le tenebre dell’anima e del corpo ti rivoltano contro Dio in un perché angoscioso e disperato, dilata il tuo cuore nel più riposante abbandono. La Mamma celeste è presso di te. Se la vita ti sfugge, se pensi con nostalgia alle attività di ieri, se l’anima si sente oppressa da mille difetti e temi l’incontro con Dio, pensa Maria, chiama Maria, invoca Maria. Nessuno mai restò deluso nelle proprie speranze. In Essa tutti hanno trovato conforto. Da lei tutti han-no attinto: i principianti, il latte del sostentamento; i

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SChEDA 9peccatori, la via del ritorno; i buoni, la vera sapien-za; i martiri, la perseveranza nella fede; i sofferenti, la dolcezza inesauribile; i sapienti, la luce che intra-vede Dio.

Canto.

Guida – Preghiamo a cori alterni con le parole del beato Luigi Novarese.

1 Coro – Salve, o Regina nostra, dolce Ausiliatrice in tutte le nostre necessità. Lieti con la Chiesa, noi ci chi-niamo dinanzi a te e con tutto il cuore, ora ripetiamo: Credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; credo in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nato da Maria, Vergine Immacolata, gloriosamente As-sunta in Cielo in corpo ed anima.

2 Coro – Prima delle creature, dopo Cristo, entrata in Cielo, col corpo, Maria insegna a noi il passo nella lotta, dilata il nostro cuore alla speranza, perché an-che noi, uniti come lei a Gesù nella corredenzione del genere umano, possiamo essere un giorno trionfanti in Paradiso.

1 Coro – Il nostro corpo, necessario mezzo per poter soffrire, sarà nuovamente unito all’anima, dopo che si sarà disciolto come seme sotto terra, e così, come Maria oggi, sarà ancora mezzo per vedere Dio come egli è, faccia a faccia mediante gli occhi della stessa nostra carne.

Tutti – Salve, o Vergine Immacolata, gloriosamente Assunta in Cielo in corpo ed anima, noi ti salutia-mo oggi con la Santissima Trinità, che si compiace

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di averti così elevata al di sopra di tutto l’universo. Noi ti veneriamo, crediamo in te, ti vogliamo seguire, misticamente uniti, come te, al sacrificio della croce, per essere ancora con te uniti per tutta l’eternità in corpo ed anima in Paradiso per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Guida – Ascoltiamo ora alcune parole tratte dalla Let-tera pastorale scritta dai vescovi portoghesi in occa-sione del Centenario delle apparizioni di Nostra Si-gnora a Fatima.

3 Lettore – Il messaggio di Fatima è essenzialmente un dono ineffabile di grazia, misericordia, speranza e pace, che ci chiama all’accoglienza e all’impegno. Alla fine delle apparizioni, suor Lucia parla della be-nedizione rivolta, in quella circostanza, al mondo: «Sparita la Madonna nell’immensa distanza del firma-mento vedemmo, accanto al sole, san Giuseppe col Bambino e la Madonna, vestita di bianco, con un manto azzurro. San Giuseppe e il Bambino sembra-vano benedire il mondo, con alcuni gesti in forma di croce tracciati con la mano. Poco dopo, svanita quest’apparizione, vidi il Signore e la Madonna. Il Signore sembrava benedire il mondo, nello stesso modo di san Giuseppe».

4 Lettore – Questa benedizione era stata annunciata dai pastorelli nei mesi precedenti. E non era qualcosa solo per loro, ma per tutta l’umanità. Quella benedi-zione era la motivazione di ciò che stava accadendo e ci permette di penetrare il nucleo dell’iniziativa di Dio che, nella presenza piena di luce e di bellezza della Vergine Maria ha mostrato la sua prossimità misericor-diosa, unito al suo popolo pellegrino.

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SChEDA 93 Lettore – In mezzo a situazioni veramente dram-matiche, quando molti contemporanei erano domi-nati dall’angoscia e dall’incertezza, quando la for-za del male e del peccato sembrava imporre il suo dominio, la Vergine Maria fa brillare in tutto il suo splendore la volontà salvifica di Dio, una benedizio-ne che rivela l’estensione della sua tenerezza a tutte le creature. Il suo invito alla conversione, alla pre-ghiera e alla penitenza vuole rimuovere gli ostacoli che impediscono agli esseri umani di sperimentare una bontà che viene da Dio e che è stata depositata nel cuore umano.

4 Lettore – La Vergine Maria, Madre di Dio e Ma-dre nostra, va incontro ai pellegrini a partire dalla gloria della resurrezione di suo Figlio Gesù, per of-frire loro consolazione, incoraggiamento e confor-to. Coinvolti da questa benedizione, i tre pastorelli erano pronti, secondo Lucia, ad essere lode della gloria di Dio e a consegnarsi completamente ai di-segni di misericordia che Dio manifestava attraver-so le apparizioni.

3 Lettore – Il messaggio di Fatima evidenzia un’e-sperienza universale e permanente: lo scontro tra il bene e il male perdura nel cuore di ogni perso-na, nelle relazioni sociali, nel campo della politica e dell’economia, all’interno di ciascun paese e a livel-lo internazionale. Ognuno di noi è interpellato per corrispondere alla chiamata di Dio, per combattere il male a partire dal proprio intimo, per comprendere il significato della conversione e del sacrificio per gli altri, come fecero i tre pastorelli, nella loro purezza e innocenza.

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4 Lettore – A partire dall’esperienza tanto intima di Dio e dalla fiducia che la Signora comunica loro, i pastorelli danno testimonianza del trionfo dell’Amo-re che abbraccia l’intera creazione e che traspare nel Cuore Immacolato di Maria. Così, il messaggio di Fatima diventa un inno di spe-ranza. Concentrato nella promessa della Signora, è come una finestra di speranza che Dio apre quando l’uomo gli chiude la porta.

Canto.

Celebrante – Preghiamo con le parole di san Bernar-do di Chiaravalle.

Tutti – Chiunque tu sia, che nel flusso di questo tem-po ti accorgi che, più che camminare sulla terra, stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste, non di-stogliere gli occhi dallo splendore di questa stella, se non vuoi essere sopraffatto dalla burrasca!Se sei sbattuto dalle onde della superbia, dell’ambi-zione, della calunnia, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se l’ira o l’avarizia, o le lusinghe della carne hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda Maria. Se turbato dalla enormità dei peccati, se confuso per l’indegnità della coscienza, cominci ad essere inghiot-tito dal baratro della tristezza e dall’abisso della dispe-razione, pensa a Maria. Non si allontani dalla tua bocca e dal tuo cuore, e per ottenere l’aiuto della sua preghiera, non dimenticare l’esempio della sua vita. Seguendo lei non puoi smarrirti, pregando lei non puoi disperare.

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SChEDA 9Se lei ti sorregge non cadi, se lei ti protegge non cedi alla paura, se lei ti è propizia raggiungi la mèta.

Celebrante – Sia su noi la benedizione del Dio della speranza e dell’amore che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

Tutti – Amen.

Canto.

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4ª tappaAmare

Spazio temporale

Dalla Festa del Cuore Immacolato di Maria (9 giugno 2018) alla Solennità dell’Assunzione della Vergine Ma-ria (15 agosto 2018).

La citazione del Magistero

Non ci viene chiesto di essere immacolati, ma piuttosto che siamo sempre in crescita, che viviamo il desiderio profondo di progredire nella via del Vangelo, e non ci lasciamo cadere le braccia. La cosa indispensabile è che il predicatoreabbia la certezza che Dio lo ama,che Gesù Cristo lo ha salvato, che il suo amore ha sempre l’ultima parola. Davanti a tanta bellezza, tante volte sentirà che la sua vita non le dà gloria pienamente e desidererà sinceramente rispondere meglio ad un amore così grande. Ma se non si sofferma ad ascoltare la Parolacon sincera apertura, se non lascia che tocchi la sua vita,che lo metta in discussione, che lo esorti, che lo smuova,se non dedica un tempo per pregare con la Parola, allora sì sarà un falso profeta,un truffatore o un vuoto ciarlatano. Il nostro impegno non consiste esclusivamentein azioni;

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SChEDA 10quello che lo Spirito mette è un’attenzione d’amore. L’amore autentico è sempre contemplativo, ci permette di servire l’altro non per necessitào vanità, ma perché è bello, al di là delle apparenze. (EG, 151.199)

Acquisizione spirituale

L’ultima tappa, con la compagnia delle due feste li-turgiche, ci conduce verso l’esito felice della vita della Vergine Maria. La sua assunzione in anima e corpo ci lascia intravvedere qualcosa del destino eterno e riconciliato della nostra persona. Non più divisi im-propriamente fra anima e corpo, fra apparenza e au-tenticità, fra caduco e temporaneo, saremo finalmente integri.

Questa integrità di vita è anche un cammino quo-tidiano attraente.

Per noi del CVS si apre sempre la preziosa rifles-sione sull’essere strumenti efficaci nei nostri luoghi apostolici per rendere vera l’inclusione delle persone sofferenti, perché una Chiesa che fa differenza non è Chiesa riconciliata e integra.

La parola del beato Luigi Novarese

La vocazione di ogni sofferente è quella di essere un realizzatore ed apostolo dell’amore misericordio-so del Cuore di Gesù. La pastorale, quindi, non può prescindere dalla realtà della croce del Cristo che si prolunga nei secoli attraverso la croce di ogni uomo nella sua ben precisa finalità: spandere luce di fede e riconciliare l’umanità col Padre.

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Gli ammalati completano quello che manca alla passione di Cristo. Per questo, portano nel loro corpo le “stigmate di Cristo”, che sono segni di amore. Per questo, sono certamente più consapevoli della gran-dezza dell’amore misericordioso che Dio ha testimo-niato al mondo in Cristo Gesù, crocifisso e risorto. Che la grazia di Dio dilati sempre più tale amore, che purifica e redime, secondo la larghezza, l’altezza e la profondità di quello di Gesù.

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SChEDA 1010a Scheda

Chi ama conosce Dio

Chi ama e chi non ama. Forse, ancora una volta, la distinzione non è fra due categorie di persone, ma fra la capacità generosa di amare in tanti momenti, e il rifiuto di farlo in altri, forse più difficili. Anche le conseguenze sono diverse e portano frutti interiori diversi: la conoscenza vitale di Dio.

La Parola di Dio (1Gv 4, 7-21)

7Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato ge-nerato da Dio e conosce Dio. 8Chi non ama

non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. 9In que-sto si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. 10In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

11Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dob-biamo amarci gli uni gli altri. 12Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. 13In questo si cono-sce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. 14E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. 15Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. 16E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in

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Dio e Dio rimane in lui. 17In questo l’amore ha raggiunto tra noi la sua per-

fezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. 18Nell’amore non c’è timore, al contrario l’a-more perfetto scaccia il timore, perché il timore sup-pone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore.

19Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. 20Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. 21E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello.

La luce sulla Parola

Un testo pieno di amore. Proviamo subito a con-tare quante volte si fa menzione della parola amore o del verbo amare; così prendiamo confidenza con il testo e lo sentiamo più familiare.

La sintesi di tutto quello che abbiamo letto nei ver-setti da 7 a 21 sta già alla prima riga: “amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio”. C’è più niente da dire e c’è tutto da vivere.

Per non lasciare una pagina bianca, annotiamo tut-tavia qualche considerazione.

L’apostolo Giovanni lo dice in modo perentorio: l’amore è da Dio. Come se dicesse: “questo è certo che viene da Dio e quindi c’è da stare tranquilli e vi-verne le conseguenze”.

Altre cose che facciamo venire da Dio (c’è davvero di tutto: la pioggia, il sole, le guarigioni istantanee, la puntualità del treno – o il ritardo dipende dagli inte-ressi –, che non si fori un pneumatico, che si superino

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SChEDA 10gli esami a scuola…) non è proprio certo che proven-gano da Dio, quindi meglio non scommetterci troppo.

La nostra capacità di amare (pur con tutte le sue fragilità) ci fa convivere con Dio stesso (v. 12-16). Se siamo convinti che la vita di Dio è buona, dovremmo essere supremamente felici di farne parte in forma stabile; di rimanerci, come dice la lettera di Giovanni.

Al contrario, a volte sembra che ci piacerebbe vive-re come le persone ricche e potenti, anche a costo di calpestare gli altri. Ma, per il fatto che certe cose sono peccato (o non avendo i soldi per permettercelo), ci rassegniamo a vivere cristianamente.

Se nell’amore non c’è timore, non ha senso avere paura di Dio e dei suoi castighi per i nostri peccati (cfr. annotazione precedente).

Sarebbe veramente una tristezza sforzarsi di vivere la vita di Dio per paura dell’Inferno, invece di godere della bellezza e della gioia che continuamente genera la vita di Dio in noi.

Le parole dell’apostolato

Avviandoci verso la fine dell’anno pastorale, nel Gruppo decidiamo di lavorare particolarmente per convincere le persone a venire agli Esercizi spirituali, straordinaria occasione di fare esperienza dell’amore di Dio.

Le parole della preghiera

Chi ama è paziente. Aiutaci, Signore, a sopportare ogni cosa, a non reagire con aggressività,

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con sdegno, ira, asprezza, maldicenza. L’amore non è invidioso. Aiutaci, Signore, ad apprezzare sinceramente ciascun essere umano, riconoscendo il suo diritto alla felicità. L’amore non si vanta. Aiutaci, Signore,ad evitare di parlare troppo di noi stessi, e di saper stare al proprio posto,senza pretendere di stare al centro. L’amore è amabile. Aiutaci, Signore, a non operare in maniera rude, a non agire in modo scortese, a non essere duri nel tratto. Ogni giorno, per entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, l’amore chiede la delicatezzadi un atteggiamento non invasivo, Per questo, aiutaci ad avere uno sguardo amabile, ad avere sempre parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano. Amen.

Il mio impegno

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SChEDA 1111a Scheda

Chi ama non rinuncia a Dio

Appena pensiamo a qualcosa che potrebbe allon-tanarci da Dio, egli la trasforma in qualcosa che, in-vece, ci radica ancora di più nel suo amore. Siamo persuasi dall’amore? Siamo disposti a lasciarci con-vincere da questo amore forte e indistruttibile?

La Parola di Dio (Rm 8, 31-39)

31Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? 32Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo

ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? 33Chi muoverà accuse contro colo-ro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! 34Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

35Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tri-bolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nu-dità, il pericolo, la spada? 36Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo consi-derati come pecore da macello.

37Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincito-ri grazie a colui che ci ha amati. 38Io sono infatti per-suaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, 39né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

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La luce sulla Parola

Che diremo dunque di queste cose? Ci chiede l’a-postolo Paolo al v. 31. Quali cose? Dal v. 1 al v. 30 del medesimo capitolo si argomenta di come, essendo in Cristo Gesù, siamo continuamente attratti verso la pienezza della vita. Una vita già sperimentata adesso e del tutto presente nell’eternità. Questo vale anche per le sofferenze. Non sono nemmeno paragonabili alla gioia vitale che anima i nostri cuori e i nostri corpi.

Che diremo dunque… Grazie a colui che ci ha amati (Dio stesso, mica

uno qualsiasi) siamo più che vincitori in tutte le tribo-lazioni, angosce, pericoli, ecc.

Perché non ci succederà nulla di male? No. Sono cose successe a Paolo e in forme diverse

e aggiornate ai nostri tempi succedono e succederan-no anche a noi. È normale che sia cosí, fa parte della vita. E allora in che senso siamo vincitori?

Nel senso, dice Paolo, che nessuna di queste cose potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù. C’è come una sorta di uguaglianza di fondo: Dio = Amore = Salvezza = Vita. La creatura umana si aggira libera in questo spazio e, con il suo amore, rigenera se stessa e gli altri.

Niente dall’esterno può separare la persona uma-na dalla festa della vita. La persona stessa, però, se ne può andare liberamente, quando decide di non amare. Tutti sappiamo che succede, e personalmente anche quando e come.

L’amore di Dio non viene mai meno, ma quando viene meno il nostro amore, ci sono tempi, luoghi ed esperienze della nostra vita, che vanno perdute, che non viviamo pienamente. Tempi in cui “sopravvivia-

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SChEDA 11mo”, in cui, come diceva don Tonino Bello, “trasci-niamo la vita”.

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Nessuno. Pos-sibilmente, nemmeno noi stessi.

Le parole dell’apostolato

Siamo in un periodo un po’ meno attivo: l’estate porta con sé questa sensazione. Nel Gruppo decidia-mo, dunque, di provare a lavorare sugli aspetti per-sonali della crescita nella fede. Potrebbe essere l’op-portunità per fare una verifica su se stessi, e provare a tracciare un piccolo progetto di vita. Magari non sia-mo riusciti ad andare agli Esercizi e, quindi, potrem-mo provare a leggere il sussidio che è stato utilizzato. Se invece, ci siamo andati, potremmo utilizzare que-sto tempo per rivedere i propri appunti e propositi.

Le parole della preghiera

Quant’è difficile amare, Signore, quanti errori e fallimenti dobbiamoregistrare nell’amore! Ma se carenze affettive o delusioni possono far pensare che amare sia un’utopia, bisogna forse rassegnarsi? Noi desideriamo avere fiducia nell’amore vero, fedele e forte; un amore che genera pace e gioia. Tu ci hai amati con un amore appassionato e fedele, un amore senza limiti. E ora con te sappiamo che amaresignifica amare tutti,

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senza distinzione, fino alla fine. Per questo, custodiscici nell’amoree purificaci da ogni egoismo. Alla scuola dell’Eucaristia,la grande scuola dell’amore, permanendo in prolungate pause di adorazione impariamo la lunghezza, la larghezza,l’altezza e la profondità del tuo amore che sorpassa ogni conoscenza. Aiutaci a tradurre poi in fretta questo amore, in generoso servizio ai fratelli, come fece la Vergine Maria. Amen.

Il mio impegno

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SChEDA 1212a Scheda

Chi ama cammina con i passi dell’amore

Camminare nella verità e nell’amore. Come sono belli i passi che percorrono queste strade. Come sono belli i cuori che non hanno paura di affrontare la fatica dell’amare, che prendono talmente sul serio l’a-more da considerarlo un comandamento a cui non si può disubbidire.

La Parola di Dio (2Gv 1, 1-6)

1Io, il Presbìtero, alla Signora eletta da Dio e ai suoi figli, che amo nella verità, e non io soltanto, ma tutti quelli che hanno conosciu-

to la verità, 2a causa della verità che rimane in noi e sarà con noi in eterno: 3grazia, misericordia e pace saranno con noi da parte di Dio Padre e da parte di Gesù Cristo, Figlio del Padre, nella verità e nell’amore.

4Mi sono molto rallegrato di aver trovato alcuni tuoi figli che camminano nella verità, secondo il co-mandamento che abbiamo ricevuto dal Padre. 5E ora prego te, o Signora, non per darti un comandamen-to nuovo, ma quello che abbiamo avuto da princi-pio: che ci amiamo gli uni gli altri. 6Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti. Il comandamento che avete appreso da princi-pio è questo: camminate nell’amore.

La luce sulla Parola

Il versetto 6 è amore allo specchio. L’amore, dice

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la lettera, è camminare secondo i comandamenti. E se qualcuno chiede: “quali?” La lettera risponde: “questo è il comandamento: camminare nell’amore”. Insom-ma: l’amore è camminare nell’amore.

Per non rischiare un corto circuito biblico di amo-re, proviamo a dare un po’ di respiro al versetto 6 e vediamo da dove arriva questo amore allo specchio.

Il saluto ci consegna una specie di base solida su cui muoverci: la verità. Abbiamo la migliore verità a disposizione, quella rivelata. La verità su chi è Dio e chi è l’uomo. L’esistenza di Gesù Cristo, il suo Vangelo, ci offrono questa verità. Su questa base, come su un vassoio, riceviamo: grazia, misericordia e pace.

Tre nomi che possiamo dare all’amore, per provare a camminare nella grazia, nella misericordia e nella pace. Cerchiamo di pensare a quali passi concreti ci permettono di progredire, facendo toccare con mano agli altri, che in noi sono presenti la grazia, la miseri-cordia e la pace.

Il v. 4 ci ricorda che anche nella verità c’è da cam-minare. La verità della nostra fede è viva, non sta mai ferma e per questo ci tocca camminare, sperimentare, esplorare, ritentare… la verità non ci stanca mai.

Al v. 5 un altro specchio: la reciprocità dell’amo-re. L’amore è esigente. Se non lo fosse non sarebbe amore. Se desidero il bene della persona amata, devo fare in modo che la persona amata diventi capace di amare. Se mi fermo prima, se non esigo che anche l’altro ami, non sto volendo il suo bene, o non sono convinto che amare sia la cosa più bella che possia-mo fare in questo mondo e anche nell’altro.

Dobbiamo diventare “amanti attivi e responsabili”. Tutti. Se non raggiungiamo questo traguardo, ci man-ca il meglio di questa umana esistenza. Amo e voglio

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SChEDA 12il meglio per l’altra persona, voglio che sappia amare, esigo che cresca nell’amore.

L’amore come dono di sé è proprio della vita adul-ta. Chi vuole la vita solo per sé, è il bambino, notoria-mente piuttosto egoista (ma è normale). Se crescendo si continua a volere vita per se stessi senza offrirla agli altri, si resta bambini e si diventa tragicamente egoisti (non è normale). Tra adulti incapaci di amore adulto non ci può essere comunione autentica e le cose non funzionano, in nessuna relazione, tanto più in quella di coppia.

Camminiamo nell’amore, amandoci gli uni gli al-tri. È quello che comunemente si dovrebbe chiamare: “vivere”.

Le parole dell’apostolato

Al termine del percorso pastorale trascorso, nel Gruppo dovremmo trovare un momento di revisione per verificare dove ci hanno portato le iniziative intra-prese e che frutto ne ricaviamo.

Sarebbe bello anche vivere insieme un momento di festa, coinvolgendo, se è possibile la parrocchia o altre realtà a cui abbiamo dato attenzione nel corso dell’anno.

Le parole della preghiera

Signore, abbiamo conosciutoe creduto all’amore che hai per noi. Sappiamo che ci ami per primo, così l’amore adesso non è più soloun “comandamento”,

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ma è la risposta al dono dell’amore. Con la fede aderiamo a te con tutte le nostre facoltà, aderiamo alla rivelazione dell’amore gratuito e «appassionato» che hai per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. aderiamo non solo con il cuore,ma anche con l’intelletto. Riconoscerti Dio vivente è una via verso l’amore, e il sì della nostra volontà alla tua unisce intelletto, volontà e sentimentonell’atto totalizzante dell’amore. Perciò siamo sempre in cammino: perché l’amore non è mai “concluso” e completato. Conquistati e mossi dall’amore di Cristo desideriamo essere aperti in modoprofondo e concreto all’amore per il prossimo. Aiutaci a rimanere aperti davanti a te, perché tu viva in noie ci porti ad amare come ami tu. Amen.

Il mio impegno

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SChEDA 12Liturgia di missione

L’amore è da Dio

La celebrazione può essere svolta in forma comunita-ria o in forma personale facendo le dovute modifiche.

Un canto dà inizio alla preghiera.

Celebrante – Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Tutti – Amen.

Celebrante – Il Signore che colma i nostri giorni con il dono del suo amore infinito sia con voi.

Tutti – E con il tuo spirito.

Celebrante – Sorelle e fratelli, riconosciamo in noi il disegno grande dell’amore con cui siamo stati segnati da Dio, per vivere come suoi figli.

Tutti – Abbiamo creduto all’amore di Dio. Abbiamo creduto al suo amore perché egli ha man-dato il suo Figlio. Nella sua morte in croce si compie il suo dono per rialzare l’uomo e salvarlo, amore nella sua forma più radicale. Incontrando Gesù, capiamo che l’amore non è soltan-to un sentimento. I sentimenti vanno e vengono. ma non sono la totalità dell’amore. L’amore vero cresce e fa crescere, matura e fa matu-rare, trasforma e fa trasformare.

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Riconosciamo Dio vivente, via verso l’amore, e dicia-mo il sì della nostra volontà alla sua per camminare sulla via totalizzante dell’amore. Amen.

Canto. Dalla croce possono dispiegarsi dei nastri colo-rati che vanno verso le persone.

1 Lettore – L’amore è un processo continuamente in cammino: l’amore non è mai «concluso» e completato; si trasforma nel corso della vita, matura e proprio per questo rimane fedele a se stesso.

2 Lettore – L’amore è comunione di volontà, cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più una volontà estra-nea, che i comandamenti impongono dall’esterno, ma è la mia stessa volontà. Allora l’amore diventa gioia.

3 Lettore – Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento. Entrambi vivono dell’amore preveniente di Dio che ci ha amati per primo. Così non si tratta più di un «comanda-mento» dall’esterno che ci impone l’impossibile, ma di un’esperienza donata dall’interno, partecipato ad altri.

4 Lettore – L’amore cresce attraverso l’amore. Prima di essere un comando, l’amore è un dono, una real-tà che Dio ci fa conoscere e sperimentare, così che, come un seme, possa germogliare anche dentro di noi e svilupparsi nella nostra vita.

5 Lettore – Se l’amore di Dio ha messo radici profon-de in una persona, questa è in grado di amare anche chi non lo merita, come fa Dio verso di noi.

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SChEDA 12Tutti – Da Dio noi impariamo a volere sempre e solo il bene e mai il male. Impariamo a guardare l’altro non solamente con i no-stri occhi, ma con lo sguardo di Dio, che è lo sguardo di Gesù Cristo. Uno sguardo che parte dal cuore e non si ferma alla superficie, va al di là delle apparenze e riesce a co-gliere le attese profonde dell’altro: attese di amore.

Un canto accompagna il gesto di scrivere sui nastri un pensiero personale sull’amore.

Celebrante – Sorelle e fratelli, la fede nasce nell’in-contro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possia-mo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro. La fede, che riceviamo da Dio come dono sopran-naturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo.

Tutti – Con il cuore si crede; con il cuore si ama. Il cuore, nella Bibbia, è il centro dell’uomo, dove s’in-trecciano tutte le sue dimensioni: il corpo e lo spirito; l’interiorità e l’apertura al mondo e agli altri; l’intelletto, il volere, l’affettività. Il cuore è il luogo dove ci apriamo alla verità e all’a-more e lasciamo che ci tocchino e ci trasformino nel profondo. In questo intreccio della fede con l’amore compren-diamo la forma di conoscenza propria della fede, la sua forza di convinzione, la sua capacità di illuminare i nostri passi:

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l’amore porta una luce che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà.

Mentre si canta, i diversi nastri vengono intrecciati tra loro e sigillati con un grande cuore.

Celebrante – Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’”io” al di là del suo isolamento. Amore e verità non si possono separare. Chi ama capisce che l’amore è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo.

Tutti – Donaci, Signore, la luce dell’amore, per illuminare gli interrogativi del nostro tempo sulla verità. Se la verità è la verità dell’amore, allora non è verità che si impone con la violenza. Noi credenti non possiamo essere arroganti; al contra-rio, la verità ci fa umili, sapendo che, più che posse-derla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza dell’a-more e il dialogo con tutti.

Celebrante – La luce della fede è luce incarnata, che procede dalla vita luminosa di Gesù. La fede confessa così l’amore di Dio, origine e sostegno di tutto, si lascia muovere da questo amore per cammi-nare verso la pienezza della comunione con Dio.Il Decalogo appare come il cammino della gratitu-dine, della risposta di amore, possibile perché, nella fede, ci siamo aperti all’esperienza dell’amore trasfor-mante di Dio per noi.

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SChEDA 12Tutti – Il Signore è veramente presente, davvero cre-diamo profondamente in lui e, credendo, lo amiamo veramente. Questo amare ci riempie il cuore, questo credere è quello che ci fa camminare sicuri e tranquilli sulle acque, anche in mezzo alla tempesta; questo amare e questo credere è quello che ci permette di guardare al futuro non con paura o nostalgia, ma con letizia e con impegno.

Mentre si canta, nel cuore grande posto a sigillo dei nastri viene messa la scritta: Con il cuore si crede, con il cuore si ama. Accanto viene posta anche una icona del Cuore Immacolato di Maria.

Celebrante – Sorelle e fratelli, Maria è una donna che ama.In quanto credente che nella fede pensa con i pensie-ri di Dio e vuole con la volontà di Dio, ella non può essere che una donna che ama. Per questo, affidiamo a lei la nostra interiorità e il no-stro impegno apostolico.

Tutti – Santa Maria, Madre di Dio, tu hai donato al mondo la vera luce, Gesù, tuo Figlio, Figlio di Dio. Ti sei consegnata completamente alla chiamata di Dio e sei così diventata sorgente della bontà che sgorga da lui. Mostraci Gesù. Guidaci a lui. Insegnaci a conoscerlo e ad amarlo, perché possiamo anche noi diventare capaci di vero amore ed essere sorgenti di acqua viva in mezzo a un mondo assetato.

Celebrante – Sorelle e fratelli, preghiamo Maria, Ma-dre dal Cuore Immacolato:

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Signore, pietà Signore, pietàCristo, pietà Cristo, pietàSignore, pietà Signore, pietàSanta Maria prega per noiMadre dell’attesa e della speranza prega per noiMadre della gioia e della vita prega per noiMadre del cuore e dell’amore prega per noiMadre della fede e del desiderio prega per noiMadre della grazia e dell’impegno prega per noiMadre del silenzioe della contemplazione prega per noiMadre del lavoro e del riposo prega per noiMadre della preghiera e del servizio prega per noiMadre della salute e della consolazione prega per noiMadre del pianto e della solitudine prega per noiMadre della pace e del sorriso prega per noiMadre dell’ascolto e della fedeltà prega per noiMadre della giustiziae della misericordia prega per noiMadre della Chiesa e del mondo prega per noiMadre della mia città e della mia casa prega per noiMadre del Natale e della Pasqua prega per noiMadre del calvario e della resurrezione prega per noiMadre della Pentecostee dell’Assunzione al cielo prega per noiMadre di chi è soloe di chi è emarginato prega per noiMadre di chi soffre e di chi è lontanoda casa prega per noiMadre dei semplici e dei piccoli prega per noiMadre nel cui cuore Dioha operato grandi cose prega per noi

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SChEDA 12Madre nel cui ventre Dioha preso carne prega per noiMadre che tutte le generazionidiranno beata prega per noiMadre che mi cerchi e che mi accogli prega per noiMadre che mi ascolti e mi capisci prega per noiMaria, bellezza del cielo e della terra prega per noiMaria, capolavoro di Dioe fiore dell’umanità prega per noiMaria, madre di Gesù e della Chiesa prega per noiMaria, madre di Dio e madre mia prega per noiMaria, segno e modellodel mondo nuovo prega per noiMaria, mia certezza e mio riposo prega per noiAgnello di Dio,che togli i peccati del mondo perdonaci, o SignoreAgnello di Dio,che togli i peccati del mondo ascoltaci, o SignoreAgnello di Dio,che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi

Celebrante – Preghiamo. O Padre, hai voluto che Maria, come noi, conoscesse la gioia e la fatica, la preziosità e la bellezza della vita. A lei, in nome del Cristo Salvatore, noi ci affidiamo e ci consacriamo per essere capaci di vivere con il suo stesso Cuore. A lei affidiamo la nostra vita e il nostro operare, la nostra storia di amore e di fede perché possiamo essere se-gni del tuo amore per il mondo. Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore.Tutti – Amen.

La celebrazione termina con la benedizione e un canto finale.

335.5762727 - 335.7166301

Finito di stampare nel mese di agosto 2017 - Roma