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0 t -G 1 filo sofo ebreo , ma i «..yc omi . . . » d, . . C; , )í. -i, ve .1 2va nell a a . a . ì dell a demo cr azia _ . . e i potizz a va l a nasc ita $ nuovo Sta to d I sra di DONATELLA DI CESARE uò capitare di salire su un auto- bus, fermo alla stazione di sosta, e di imbattersi in un autista im- merso nella lettura di un libro. La sorpresa aumenta quando si riesce a scorgere il titolo. Il libro è l'Etica di Baruch Spinoza, la stazione degli auto- bus è quella di Tel Aviv. Ma che ci fa Spinoza in Israele? Non è stato forse «scomunicato», espulso dal popolo ebraico già secoli fa? Come mai il suo spettro si aggira nel cuore della socie- tà israeliana? Per rispondere occorre ri- partire proprio dal mito di quella «scomu- nica» che continua a essere divulgato in modo acritico. Secondo la versione più diffusa, i1 27 luglio 16,56 le autorità rabbi- niche della comunità di Amsterdam avrebbero «scomunicato», con tanto di cerimonia lugubre, celebrata sotto la volta della sinagoga dello Houtgracht, Bento Spinoza, registrato con il nome ebraico di Baruch. La scena assume un valore emble- matico: è l'apice dello scontro fra il libero pensiero e la rigida ortodossia ebraica, tra l'apertura della scienza e l'intolleranza della religione. La condanna di Galilei e la «scomunica» di Spinoza segnerebbero la fine di un'epoca buia, inaugurando la mo- dernità. Descritta talvolta con dovizia di partico- lari, tra candele nere, voci accorate, suono dello shofàr, la scena della «scomunica» non si è mai verificata. Frutto di una im- maginazione, per nulla innocente, è la «scomunica» stessa. Da che cosa avrebbe dovuto essere «scomunicato» Spinoza? L'ebraismo non ha, a differenza della Chiesa, né un'autorità centrale né un dog- ma teologico, sulla cui base si possa impe- dire la «comunione» di sacramenti. Se- condo le ricerche condotte negli ultimi anni si può dire che, in una saletta attigua alla sinagoga, i parnassìm, le autorità lai- che, i capi riuniti nel ma'amad, il consi- glio della comunità, diedero lettura di un testo in ebraico, andato perduto, di cui de- positarono una copia in portoghese: per via delle sue horrendas heregias, «orren- de eresie», si vietava al membri della co- munità di Amsterdam di avere ancora rap- porti con Bento Spinoza. Il divieto non fu rispettato. Dal canto suo Spinoza, che non era presente alla let- tura, per difendersi inviò un testo in spa- gnolo, la Apologia, di cui non resta traccia, ma che dovette confluire nel suo celebre Trattato teologico-politico. L'evento non ebbe risonanza. La comunità prosperò e fiorì senza il giovane ribelle, il quale conti- nuò a frequentare gli amici di prima e a sviluppare le sue «idee eretiche». Oscuro resta il motivo concreto del provvedimento: forse Spinoza aveva deci- so di disfarsi dell'eredità del padre, un cu- mulo di debiti, forse non aveva pagato le quote alla comunità, forse fu colto in fla- grante mentre, insieme a Juan de Prado, violava apertamente lo Shabbat. Ma Spi- noza, per carattere, era riservato e intro- verso; non amava la bagarre. La serena in- timità dei quadri di Vermeer non deve in- gannare: tra i canali del quartiere di Vloo- ienburg, nella «Gerusalemme olandese», i conflitti erano all'ordine del giorno. I vec- chi marrani, che avevano resistito alle per- secuzioni in Spagna e Portogallo, erano convinti di aver conservato in segreto l'ebraismo. Non ne avevano, però, che un pallido ricordo. L'impatto con la tradizio- ne, che si era mantenuta viva negli altri Pa- esi europei, fu dunque traumatico. Giun- sero da Venezia rabbini famosi come Rab- bi Saul Levi Mortera, per insegnare a que- gli ex conversos che Purim non era, come loro immaginavano, la festa di Santa Ester. Fioccavano perciò i provvedimenti di cherem, di bando dalla comunità. Lo stori- co Yosef Kaplan ne ha contati almeno 40 nel periodo tra il 1622 e il 1683. Il cherem poteva durare anche solo un paio di gior- ni. La tensione era alta anche all'esterno. I capi della comunità dovevano dimostrare alle autorità olandesi che gli ebrei, oltre a seguire l'ortodossia, si guardavano bene dal sostenere idee politiche troppo radica- li. Che fare con il giovane Spinoza, strenuo difensore della democrazia e della sovra- nità popolare? Il cherem ebbe, dunque, un valore politico. Ma a che scopo alimentare il mito della «scomunica», come hanno fatto già i primi biografi, Johan Colerus e soprattutto Jean-Maximilien Lucas, che ri- portano notizie tendenziose e apocrife? Ha parlato, senza mezzi termini, di «an- tisemitismo» Richard Popkin, tra i mag- giori studiosi del filosofo: sulla scia di pre- cedenti illustri, Spinoza è stato dipinto co- me un martire per gettare discredito sulla comunità di Amsterdam e su tutto il mon- do ebraico. Eppure Spinoza è rimasto sempre ebreo. In veste geometrica e in lingua lati- na ha articolato la tradizione ebraica, inse- rendola nella riflessione europea. Di qui la straordinaria complessità della sua opera. Né ricchezza, né onore, né piacere sono beni certi. Eppure li inseguiamo ogni giorno, lasciando la nostra vita in balia di passioni e sbalzi morali che la turbano. Questo patetico amore per il bene effime- ro non è che idolatria. Chi è eticamente li- bero non teme la sorte avversa né attende ricompensa nell'aldilà. Per spezzare le catene della schiavitù

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t-G 1

filosofo ebreo , mai «..ycomi . . . » d,. . C; , )í. -i,

ve .1 2va nella a . a . ì della democrazia_ . .

e ipotizzava la nascita $ nuovo Stato d Isra

di DONATELLADI CESARE

uò capitare di salire su un auto-bus, fermo alla stazione di sosta,e di imbattersi in un autista im-merso nella lettura di un libro.La sorpresa aumenta quando si

riesce a scorgere il titolo. Il libro è l'Eticadi Baruch Spinoza, la stazione degli auto-bus è quella di Tel Aviv.

Ma che ci fa Spinoza in Israele? Non èstato forse «scomunicato», espulso dalpopolo ebraico già secoli fa? Come mai ilsuo spettro si aggira nel cuore della socie-tà israeliana? Per rispondere occorre ri-partire proprio dal mito di quella «scomu-nica» che continua a essere divulgato inmodo acritico. Secondo la versione piùdiffusa, i1 27 luglio 16,56 le autorità rabbi-niche della comunità di Amsterdamavrebbero «scomunicato», con tanto dicerimonia lugubre, celebrata sotto la voltadella sinagoga dello Houtgracht, BentoSpinoza, registrato con il nome ebraico diBaruch. La scena assume un valore emble-matico: è l'apice dello scontro fra il liberopensiero e la rigida ortodossia ebraica, tral'apertura della scienza e l'intolleranzadella religione. La condanna di Galilei e la«scomunica» di Spinoza segnerebbero lafine di un'epoca buia, inaugurando la mo-dernità.

Descritta talvolta con dovizia di partico-lari, tra candele nere, voci accorate, suonodello shofàr, la scena della «scomunica»non si è mai verificata. Frutto di una im-maginazione, per nulla innocente, è la«scomunica» stessa. Da che cosa avrebbedovuto essere «scomunicato» Spinoza?L'ebraismo non ha, a differenza dellaChiesa, né un'autorità centrale né un dog-ma teologico, sulla cui base si possa impe-dire la «comunione» di sacramenti. Se-condo le ricerche condotte negli ultimianni si può dire che, in una saletta attiguaalla sinagoga, i parnassìm, le autorità lai-che, i capi riuniti nel ma'amad, il consi-glio della comunità, diedero lettura di untesto in ebraico, andato perduto, di cui de-

positarono una copia in portoghese: pervia delle sue horrendas heregias, «orren-de eresie», si vietava al membri della co-munità di Amsterdam di avere ancora rap-porti con Bento Spinoza.

Il divieto non fu rispettato. Dal cantosuo Spinoza, che non era presente alla let-tura, per difendersi inviò un testo in spa-gnolo, la Apologia, di cui non resta traccia,ma che dovette confluire nel suo celebreTrattato teologico-politico. L'evento nonebbe risonanza. La comunità prosperò efiorì senza il giovane ribelle, il quale conti-nuò a frequentare gli amici di prima e asviluppare le sue «idee eretiche».

Oscuro resta il motivo concreto delprovvedimento: forse Spinoza aveva deci-so di disfarsi dell'eredità del padre, un cu-mulo di debiti, forse non aveva pagato lequote alla comunità, forse fu colto in fla-grante mentre, insieme a Juan de Prado,violava apertamente lo Shabbat. Ma Spi-noza, per carattere, era riservato e intro-verso; non amava la bagarre. La serena in-timità dei quadri di Vermeer non deve in-gannare: tra i canali del quartiere di Vloo-ienburg, nella «Gerusalemme olandese»,i conflitti erano all'ordine del giorno. I vec-chi marrani, che avevano resistito alle per-secuzioni in Spagna e Portogallo, eranoconvinti di aver conservato in segretol'ebraismo. Non ne avevano, però, che unpallido ricordo. L'impatto con la tradizio-ne, che si era mantenuta viva negli altri Pa-esi europei, fu dunque traumatico. Giun-sero da Venezia rabbini famosi come Rab-bi Saul Levi Mortera, per insegnare a que-gli ex conversos che Purim non era, comeloro immaginavano, la festa di Santa Ester.

Fioccavano perciò i provvedimenti dicherem, di bando dalla comunità. Lo stori-co Yosef Kaplan ne ha contati almeno 40nel periodo tra il 1622 e il 1683. Il cherempoteva durare anche solo un paio di gior-ni. La tensione era alta anche all'esterno. Icapi della comunità dovevano dimostrarealle autorità olandesi che gli ebrei, oltre aseguire l'ortodossia, si guardavano benedal sostenere idee politiche troppo radica-li. Che fare con il giovane Spinoza, strenuo

difensore della democrazia e della sovra-nità popolare? Il cherem ebbe, dunque, unvalore politico. Ma a che scopo alimentareil mito della «scomunica», come hannofatto già i primi biografi, Johan Colerus esoprattutto Jean-Maximilien Lucas, che ri-portano notizie tendenziose e apocrife?

Ha parlato, senza mezzi termini, di «an-tisemitismo» Richard Popkin, tra i mag-giori studiosi del filosofo: sulla scia di pre-cedenti illustri, Spinoza è stato dipinto co-me un martire per gettare discredito sullacomunità di Amsterdam e su tutto il mon-do ebraico.

Eppure Spinoza è rimasto sempreebreo. In veste geometrica e in lingua lati-na ha articolato la tradizione ebraica, inse-rendola nella riflessione europea. Di qui lastraordinaria complessità della sua opera.Né ricchezza, né onore, né piacere sonobeni certi. Eppure li inseguiamo ognigiorno, lasciando la nostra vita in balia dipassioni e sbalzi morali che la turbano.Questo patetico amore per il bene effime-ro non è che idolatria. Chi è eticamente li-bero non teme la sorte avversa né attendericompensa nell'aldilà.

Per spezzare le catene della schiavitù

etica occorre amare ciò che è infinito,eterno, perfetto. Solo l'«amore intellettua-le di Dio» è fonte di «letizia» -e nella lae-titia riecheggia l'ebraico simchà. Che cosasignifica, d'altronde, l'emendazione del-l'intelletto, di cui Spinoza parla nel suoprimo trattato? A chiarirlo è l'ebraicotikkùn, riparazione. Emendare l'intellettovuol dire ricondurlo al Sommo Bene. Per-fino la formula Deus sine natura, secondocui Dio è natura, non è la negazione dellatrascendenza, ma proviene - come hamostrato il noto studioso Moshe Idel -dalla Kabbalà. Lo aveva già detto, d'altron-de, in un saggio del 1864, il grande rabbi-no di Livorno Elia Benamozegh.

Il mondo ebraico non ha mai dimenti-cato Spinoza. Certo, ha guardato con qual-che sospetto quel primo grande intellet-tuale della modernità. Tracce di ciò si rin-vengono nel breve racconto di Isaac B. Sin-ger Lo Spinoza di via del Mercato. NahumFischelson, un filosofo in pensione, vivevanella quieta solitudine del suo piccolo ap-partamento di Varsavia, lontano dalla co-munità. Di tanto in tanto gettava un'oc-chiata sulla via del Mercato, poi tornavabeato a leggere l'Etica di Spinoza. Ma im-provvisamente si ammalò. Una vicina,Dobbe la nera, fu presa allora da pietà; su-perato il timore per l'«eretico», andò adaccudirlo. Sbocciò l'amore e, inatteso, sicelebrò il matrimonio. Durante la primanotte di nozze, l'anziano filosofo, final-mente felice, si affacciò alla finestra.«Aspirò profondamente l'aria della notte,poggiò le mani tremanti sul davanzale emormorò: "Divino Spinoza perdonami.Sono diventato uno sciocco"».

Ma l'immagine dell'eretico, riflessa dal-l'esterno, non ha mai fatto presa nel mon-do ebraico, screditata e confutata da unapprofondito dibattito sul Trattato teolo-gico-politico. Di solito quest'opera è lettacome un attacco all'ebraismo. Vengonoomessi, a questo scopo, due lunghi capi-toli dedicati alla «Repubblica degli ebrei».

Spinoza può allora essere presentatocome il pioniere del pensiero secolare, co-me appare nella versione addomesticatache ne dà Steven Nadler. Come mai Spino-za si sofferma sulla costituzione del popo-lo ebraico? Non sono stati i greci a intro-durre la democrazia. Spinoza punta l'indi-ce contro Platone e Aristotele. Non solohanno affiancato la democrazia all'aristo-crazia e alla monarchia, non solo hannovisto nel potere dei più una forma deterio-re di governo, ma hanno persino tolleratoal margine la schiavitù. Dove c'è schiavitù,però, non ci può essere democrazia. PerSpinoza è stato il popolo ebraico a intro-durre per la prima volta la democrazia nel-la storia del mondo. In una pagina magi-strale situa quell'istante all'uscita dal-l'Egitto. Liberati dall'oppressione, gli ebreiseguirono il richiamo del Dio sovversivoche fece uscire il popolo «con braccio te-so».

Furono finalmente cittadini, non piùsudditi. Una volta riconquistato il propriodiritto, avrebbero potuto conservarlo cia-scuno per sé, o trasferirlo ad altri. Invecepresero una decisione che li distinse datutti gli altri popoli. Con le parole di Spi-noza: «Decisero di non trasferire il pro-prio diritto a nessun mortale, ma soltantoa Dio e, senza esitare, promisero tuttiugualmente a una voce», uno clamore.

Nel patto teologico-politico che strin-gono non ci può essere dominio di un es-sere umano sull'altro. Se ci fosse, verrebbemeno l'eguaglianza di tutti. La forma poli-tica di Israele è la teocrazia. Anzi, theocra-tía è la traduzione greca dell'ebraico Isra-el, «che Dio regni!», il «Regno di Dio». Ilpotere di Dio garantisce che non ci sia co-mando, dominio di un essere umano sul-l'altro.

Martin Buber e Jacob Taubes parleran-no perciò di «teocrazia anarchica» di Isra-ele. Nella visione radicale di Spinoza la te-ocrazia è però sospesa non appena il po-polo ebraico riconosca un altro potere.L'ebreo divenuto cittadino della Repubbli-ca d'Olanda non è tenuto più a osservare loShabbat, che ha anche un eminente valorepolitico. Della teocrazia ebraica resta allo-ra il «braccio teso» del popolo, gesto di li-bertà, simbolo di uguaglianza, promessadi democrazia, esempio per tutti gli altripopoli, impegno di Israele nel futuro.

Che ne sarà allora della «Nazione ebrai-ca» in esilio? Per Spinoza l'«elezione» de-gli ebrei, legata alla storia, è politica, moti-vata dalla loro forma di governo. E scrive:«Potrei assolutamente credere che, se sipresentasse la possibilità, gli ebrei rico-struiranno un giorno il loro Stato e Dio lieleggerà di nuovo».

Spinoza è stato il primo sionista? L'ave-va già riconosciuto con chiarezza MosesHess nel suo scritto del 1862 Roma e Geru-salemme. D'altronde Spinoza è stato an-che il primo vero linguista dell'ebraico. ilsuo Compendio di grammatica ebraica èlo studio pionieristico dell'ebraico vivo, ladimora che, per Spinoza, attendeva la na-zione ebraica in esilio.

Ahinu attà, «sei nostro fratello!». Il 21febbraio 1927 Yosef Ilausner pronunciòun discorso ufficiale all'Università ebraicadi Gerusalemme in cui toglieva il bando erivendicava Spinoza alla cultura ebraica.Quando mai aveva contato quel cherem?- commentò caustico Gershom Scho-lem. Nel 1953 Ben Gurion proclamò cheera venuta l'ora di riparare al torto e tra-durre Spinoza in ebraico. Emmanuel Levi-nas criticò dapprima Ben Gurion, ma poi asua volta scrisse Avete riletto Baruch?L'edizione delle opere in ebraico ha pro-dotto una rinascita di studi. Fondato daYirmiyahu Yovel nel 1984 il Jerusalem Spi-noza Institute è solo uno dei centri univer-sitari dove si discute, non senza toni acce-si, l'eredità del grande filosofo. Poco notesono ancora in Italia le ricerche dell'ulti-mo decennio su Spinoza e, più in genera-le, sul pensiero politico ebraico.

Il pensatoreII filosofo razionalista BaruchSpinoza ( 1632-1677) nasce

ad Amsterdam da ebreisefarditi di origine portoghese.

Tra le sue opere principali:Principi della filosofia di Cartesio

(1663 ), Trattato teologico-politico ( 1670), Trattato politico

(1677 ), Etica (1677)Bibliografia

H. M. Ravven , L. E. Goodman (acura di ), Jewish Themes in

Spinoza 's Philosophy (SU NY,2002); R. H. Popkin , Spinoza

( Oneworld , 2004); R.Goldstein , BetrayingSpinoza(Schocken , 2006 ); Y. Yovel,

Spinoza and Other Heretics(Princeton University Press,1989 ); S. B. Smith , Spinoza,

Liberalism and the Question ofJewish Identity ( Yale University

Press , 1997 ); B. Spinoza,Compendio di grammatica della

lingua ebraica (a cura di P.Totaro, traduzione di M.

Gargiulo , Olschki , 2013); J.Colerus , J.-M. Lucas , Le vite diSpinoza ( a cura di R . Bordoli,

Quodlibet, 2015)Le tradizioni

La festività ebraica di Purim(Sorti) si richiama al biblicoLibro di Ester, moglie giudeadel re persiano Assuero, che

salvò il suo popolo dallaminaccia di una strage.Lo shofàr è un corno di

montone odi ariete che vienesuonato in occasione

delle principali festivitàebraiche : Rosh Hashanah

(Capodanno ) e Vom Kippur(Giorno dell'espiazione)

Roi Alter (1980, Jaffa , Israele),An approximate portrait of Baruch Spinozawith contempt ( 2014, vernice industrialesu tavola di legno ), courtesy dell 'artista lJoey Ramone Gallery, Rotterdam