26 - unitrento · 2016. 3. 7. · 26 sabato 27 febbraio 2010 sempre ai danni dei piccoli...

1
Sabato 27 febbraio 2010 26 SEMPRE AI DANNI DEI PICCOLI RISPARMIATORI CHE ANCORA PIANGONO PER IL «BUCO» DI 80 MILIONI DI EURO IMPUTATO A TANZI Crac, si gira e rigira l’eterna stangata Piccola storia delle grandi truffe, da Parmalat a Fastweb di ENZO VERRENGIA G li affari dànno molte opportunità. Anche quella della frode. Il raggiro economico viene riproposto dagli ac- certamenti giudiziari su Fastweb e Telecom Italia Sparkle. Fatturazioni fittizie, so- cietà offshore e riciclaggio che hanno compor- tato evasioni fiscali e guadagni illeciti per la ‘ndrangheta. La realtà finanziaria diviene atti- gua a quella illegale. Esemplare il crac Parmalat. Nel 2003, la so- cietà emiliana fu sottoposta a un controllo della Consob, la Commissione Nazionale per le So- cietà e la Borsa istituita con la legge 216 del 7 giugno 1974 per vigilare sul rispetto delle regole e della trasparenza fra investitori e mercato mo- biliare. Le condizioni della Parmalat erano ca- tastrofiche. Il proprietario, Calisto Tanzi, cercò protezione ai vertici del governo. Gli ispettori della Consob accertarono l’ammanco dei 600 mi- lioni di Euro del fondo Epicurum. Entro l’8 di- cembre 2003, la Parmalat doveva onorare il bond da 150 milioni di Euro emessi dalla società. L’amministratore straordinario Enrico Bondi si impegnò alla restituzione per il 15 dicembre, ma nell’estinguere il debito, trovò un buco di 80 mi- lioni. Migliaia di risparmiatori che avevano af- fidato ai titoli Parmalat le loro speranze persero tutto. Ancora oggi, le autorità vanno alla ricerca di beni imboscati da Tanzi, con cui risarcire le vittime del crac. Di recente, sono riapparsi al- cuni quadri nascosti in un caveau. Lo scorso anno ha fatto scalpore la condanna a 150 anni di carcere per Bernard Madoff, già presidente della Nasdaq, la National Associa- tion of Securities Dealers Automated Quotation («Quotazione automatizzata dell’Associazione nazionale degli operatori in titoli»), che dal 5 febbraio 1971 costituisce il primo mercato bor- sistico mosso da una rete di computer. Madoff è stato l’artefice di una frode da 50 miliardi di dollari. Su di lui, vennero avviate indagini della magistratura e del FBI. Ne emerse una piramide finanziaria, il cosiddetto «schema Ponzi», così denominato da Charles Ponzi, un emigrato ita- lo-americano che lo attuò per primo, acquisendo la fama di grande truffatore. Il trucco è risaputo. Si promettono guadagni facili e immediati al di fuori dei circuiti normali e sottoposti alle nor- mali procedure. L’autore della truffa si impegna a restituire i soldi anche se andasse in perdita. Alcuni ci cascano e recuperano le somme con buoni interessi. Il truffatore ha potuto farlo ri- mettendoci o stornando fondi altrui. Ottenuta una buona nomea, può abbindolare nuovi clien- ti. I quali gli versano fiduciosi del denaro che immancabilmente non riotterranno mai più. Bernard Madoff, oltre alla Investment Secu- rities Llc, guidava una società parallela frau- dolenta con la quale aveva edificato una pira- mide finanziaria che gli aveva fruttato introiti da Paperon de’ Paperoni. Peccato non bastas- sero ad esaudire le legittime aspettative dei po- veracci che confidavano in lui. Milioni di ri- sparmiatori hanno visto dunque volatilizzare il proprio sudatissimo denaro. L’avvento delle televisioni private ha aperto nuove frontiere alla frode. Prima ancora delle televendite di Wanna Marchi, si devono ricor- dare l’ascesa e caduta di Giorgio Mendella, con Retemia. Rilevati i ponti di Tele Elefante della famiglia Marcucci, l’imprenditore di Monza, na- turalizzato viareggino, parte con un proprio net- work nel quale, oltre all’informazione e pro- grammi di approfondimento predominano le te- levendite. Mendella convince i telespettatori ad investire nelle società da lui controllate, e si av- vale di testimonial come Alberto Sordi, Nino Manfredi, Marta Marzotto, Ugo Tognazzi, Mi- chele Placido, Gina Lollobrigida, Gino Bartali, naturalmente risultati in buona fede ed estranei agli avvenimenti successivi. Il proprietario di Retemia disperde il denaro ricevuto in imprese disinvolte che lo portano a subire una condanna per bancarotta fraudolenta da parte del Tribu- nale di Lucca nel 1999. La parabola ha ispirato lo scrittore Sandro Veronesi per Ennio Miraglia, Gli affari offrono molte opportunità, non ultima quella della frode. Il raggiro economico torna in luce con gli accertamenti giudiziari di questi giorni LA PROPOSTA, DOPO IL CASO DI TORINO CON I COMPITI DEGLI ASPIRANTI AVVOCATI BARESI ZEPPI DI ERRORI. NON È UNA QUESTIONE GEOGRAFICA, MA DELLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA La Legge non può essere solo orale Chi indossa la toga sappia usare la penna. Richiamo all’Ordine: esami scritti a Giurisprudenza Raffaello Follieri, foggiano da sogno americano, amico di Clinton e fidanzato con la Hathaway, è finito in carcere per un assegno scoperto di GIOVANNI PASCUZZI N ei giorni scorsi hanno suscitato molto clamore le dichiarazioni ri- lasciate ai giornali da un compo- nente della Commissione che a Torino sta correggendo i compiti scritti degli aspiranti avvocati baresi. Secondo il commis- sario, negli elaborati ci sarebbe una presenza diffusa di errori grammaticali e di ortografia. A ben vedere, il problema non è una novità assoluta. Mesi fa la stampa nazionale segnalò che al concorso per l’accesso alla magistra- tura era stato ammesso agli orali un numero di persone inferiore a quello dei posti messi a concorso proprio a causa di palesi insuffi- cienze nell’italiano scritto. È appena il caso di sottolineare che in quel caso commissari pro- venienti da tutta Italia giudicavano candidati di ogni regione, a dimostrazione che il pro- blema non ha connotazioni geografiche. Dobbiamo arrenderci a questa realtà? Il fatto è che le facoltà di Giurisprudenza ita- liane (salvo lodevoli eccezioni) sono pervica- cemente «orali». Sono rari i casi in cui gli studenti vengono chiamati a redigere un te- sto scritto: anche gli esami si svolgono nella forma del colloquio (interrogatorio) orale. Cosicché di regola i ragazzi giungono a ci- mentarsi con la stesura della tesi di laurea avendo come ultima esperienza di scrittura il compito di italiano all’esame di maturità. Ep- pure il giurista, di volta in volta, deve scri- vere leggi ben congegnate, sentenze ed atti di parte correttamente motivati, contratti fine- mente strutturati, e così via. Molti avvocati, con impegno prossimo alla dedizione, tanto a Bari che a Torino, danno vita alle Scuole forensi attive nelle due città, animati dal disinteressato desiderio di for- mare futuri bravi professionisti. È evidente, però, che eventuali lacune difficilmente pos- sono essere colmate nella formazione post lauream . Si consideri, inoltre, che il ragio- namento giuridico è anche un problema di costruzione del testo: di fronte alla necessità di riempire un foglio bianco, non solo non si dimentica la grammatica appresa a scuola, ma si impara più efficacemente a «ragionare di diritto». Scrivere bene (nella forma e nei contenuti) è una abilità. E le abilità si apprendono at- traverso l’esercizio. Gli studenti di Giurispru- denza devono scrivere di più. Occorre intro- durre, almeno per alcuni insegnamenti, pro- ve di esame scritte. Ma è necessario anche pensare a forme di didattica innovativa (da affiancare alla lezione frontale) utili a far ap- prendere le abilità, tra le quali la scrittura. Posso testimoniare personalmente l’atten- zione che i Presidenti degli Ordini degli av- vocati di Bari e Torino prestano al tema della formazione dei giovani. Forse potrebbero far- si congiuntamente promotori di una inizia- tiva volta a pretendere che nei percorsi di- dattici delle Facoltà di Giurisprudenza ita- liane si presti maggiore attenzione alle abi- lità connesse alla scrittura. TOGHE «Gli avvocati scrivano meglio»

Upload: others

Post on 29-Aug-2021

1 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: 26 - UniTrento · 2016. 3. 7. · 26 Sabato 27 febbraio 2010 SEMPRE AI DANNI DEI PICCOLI RISPARMIATORICrac, si gira e rigiraCHE ANCORA PIANGONO PER IL «BUCO» DI 80 MILIONI DI EURO

Sabato 27 febbraio 201026

SEMPRE AI DANNI DEI PICCOLI RISPARMIATORI CHE ANCORA PIANGONO PER IL «BUCO» DI 80 MILIONI DI EURO IMPUTATO A TANZI

Crac, si gira e rigiral’eterna stangataPiccola storia delle grandi truffe, da Parmalat a Fastweb

di ENZO VERRENGIA

Gli affari dànno molte opportunità.Anche quella della frode. Il raggiroeconomico viene riproposto dagli ac-certamenti giudiziari su Fastweb e

Telecom Italia Sparkle. Fatturazioni fittizie, so-cietà o f f s h o re e riciclaggio che hanno compor-tato evasioni fiscali e guadagni illeciti per la‘ndrangheta. La realtà finanziaria diviene atti-gua a quella illegale.

Esemplare il crac Parmalat. Nel 2003, la so-cietà emiliana fu sottoposta a un controllo dellaConsob, la Commissione Nazionale per le So-cietà e la Borsa istituita con la legge 216 del 7giugno 1974 per vigilare sul rispetto delle regolee della trasparenza fra investitori e mercato mo-biliare. Le condizioni della Parmalat erano ca-tastrofiche. Il proprietario, Calisto Tanzi, cercòprotezione ai vertici del governo. Gli ispettoridella Consob accertarono l’ammanco dei 600 mi-lioni di Euro del fondo Epicurum. Entro l’8 di-cembre 2003, la Parmalat doveva onorare il bondda 150 milioni di Euro emessi dalla società.L’amministratore straordinario Enrico Bondi siimpegnò alla restituzione per il 15 dicembre, manell’estinguere il debito, trovò un buco di 80 mi-lioni. Migliaia di risparmiatori che avevano af-fidato ai titoli Parmalat le loro speranze perserotutto. Ancora oggi, le autorità vanno alla ricercadi beni imboscati da Tanzi, con cui risarcire levittime del crac. Di recente, sono riapparsi al-cuni quadri nascosti in un caveau.

Lo scorso anno ha fatto scalpore la condannaa 150 anni di carcere per Bernard Madoff, giàpresidente della Nasdaq, la National Associa-tion of Securities Dealers Automated Quotation(«Quotazione automatizzata dell’Associazionenazionale degli operatori in titoli»), che dal 5febbraio 1971 costituisce il primo mercato bor-

sistico mosso da una rete di computer. Madoff èstato l’artefice di una frode da 50 miliardi didollari. Su di lui, vennero avviate indagini dellamagistratura e del FBI. Ne emerse una piramidefinanziaria, il cosiddetto «schema Ponzi», cosìdenominato da Charles Ponzi, un emigrato ita-lo-americano che lo attuò per primo, acquisendola fama di grande truffatore. Il trucco è risaputo.Si promettono guadagni facili e immediati al difuori dei circuiti normali e sottoposti alle nor-mali procedure. L’autore della truffa si impegnaa restituire i soldi anche se andasse in perdita.

Alcuni ci cascano e recuperano le somme conbuoni interessi. Il truffatore ha potuto farlo ri-mettendoci o stornando fondi altrui. Ottenutauna buona nomea, può abbindolare nuovi clien-

ti. I quali gli versano fiduciosi del denaro cheimmancabilmente non riotterranno mai più.

Bernard Madoff, oltre alla Investment Secu-rities Llc, guidava una società parallela frau-dolenta con la quale aveva edificato una pira-mide finanziaria che gli aveva fruttato introitida Paperon de’ Paperoni. Peccato non bastas-sero ad esaudire le legittime aspettative dei po-veracci che confidavano in lui. Milioni di ri-sparmiatori hanno visto dunque volatilizzare ilproprio sudatissimo denaro.

L’avvento delle televisioni private ha apertonuove frontiere alla frode. Prima ancora delletelevendite di Wanna Marchi, si devono ricor-dare l’ascesa e caduta di Giorgio Mendella, conRetemia. Rilevati i ponti di Tele Elefante della

famiglia Marcucci, l’imprenditore di Monza, na-turalizzato viareggino, parte con un proprio net-work nel quale, oltre all’informazione e pro-grammi di approfondimento predominano le te-levendite. Mendella convince i telespettatori adinvestire nelle società da lui controllate, e si av-vale di testimonial come Alberto Sordi, NinoManfredi, Marta Marzotto, Ugo Tognazzi, Mi-chele Placido, Gina Lollobrigida, Gino Bartali,naturalmente risultati in buona fede ed estraneiagli avvenimenti successivi. Il proprietario diRetemia disperde il denaro ricevuto in impresedisinvolte che lo portano a subire una condannaper bancarotta fraudolenta da parte del Tribu-nale di Lucca nel 1999. La parabola ha ispirato loscrittore Sandro Veronesi per Ennio Miraglia,

Gli affari offrono molte opportunità,non ultima quella della frode. Il raggiro

economico torna in luce con gliaccertamenti giudiziari di questi giorni

LA PROPOSTA, DOPO IL CASO DI TORINO CON I COMPITI DEGLI ASPIRANTI AVVOCATI BARESI ZEPPI DI ERRORI. NON È UNA QUESTIONE GEOGRAFICA, MA DELLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA

La Legge non può essere solo oraleChi indossa la toga sappia usare la penna. Richiamo all’Ordine: esami scritti a Giurisprudenza

Raffaello Follieri, foggiano dasogno americano, amico di Clinton

e fidanzato con la Hathaway, è finitoin carcere per un assegno scoperto

di GIOVANNI PASCUZZI

Nei giorni scorsi hanno suscitatomolto clamore le dichiarazioni ri-lasciate ai giornali da un compo-nente della Commissione che a

Torino sta correggendo i compiti scritti degliaspiranti avvocati baresi. Secondo il commis-sario, negli elaborati ci sarebbe una presenzadiffusa di errori grammaticali e di ortografia.

A ben vedere, il problema non è una novitàassoluta. Mesi fa la stampa nazionale segnalòche al concorso per l’accesso alla magistra-tura era stato ammesso agli orali un numerodi persone inferiore a quello dei posti messi aconcorso proprio a causa di palesi insuffi-cienze nell’italiano scritto. È appena il caso di

sottolineare che in quel caso commissari pro-venienti da tutta Italia giudicavano candidatidi ogni regione, a dimostrazione che il pro-blema non ha connotazioni geografiche.

Dobbiamo arrenderci a questa realtà? Ilfatto è che le facoltà di Giurisprudenza ita-liane (salvo lodevoli eccezioni) sono pervica-cemente «orali». Sono rari i casi in cui glistudenti vengono chiamati a redigere un te-sto scritto: anche gli esami si svolgono nellaforma del colloquio (interrogatorio) orale.Cosicché di regola i ragazzi giungono a ci-mentarsi con la stesura della tesi di laureaavendo come ultima esperienza di scrittura ilcompito di italiano all’esame di maturità. Ep-pure il giurista, di volta in volta, deve scri-vere leggi ben congegnate, sentenze ed atti di

parte correttamente motivati, contratti fine-mente strutturati, e così via.

Molti avvocati, con impegno prossimo alladedizione, tanto a Bari che a Torino, dannovita alle Scuole forensi attive nelle due città,animati dal disinteressato desiderio di for-mare futuri bravi professionisti. È evidente,però, che eventuali lacune difficilmente pos-sono essere colmate nella formazione postl a u re a m . Si consideri, inoltre, che il ragio-namento giuridico è anche un problema dicostruzione del testo: di fronte alla necessitàdi riempire un foglio bianco, non solo non sidimentica la grammatica appresa a scuola,ma si impara più efficacemente a «ragionaredi diritto».

Scrivere bene (nella forma e nei contenuti)

è una abilità. E le abilità si apprendono at-traverso l’esercizio. Gli studenti di Giurispru-denza devono scrivere di più. Occorre intro-durre, almeno per alcuni insegnamenti, pro-ve di esame scritte. Ma è necessario anchepensare a forme di didattica innovativa (daaffiancare alla lezione frontale) utili a far ap-prendere le abilità, tra le quali la scrittura.

Posso testimoniare personalmente l’atten -zione che i Presidenti degli Ordini degli av-vocati di Bari e Torino prestano al tema dellaformazione dei giovani. Forse potrebbero far-si congiuntamente promotori di una inizia-tiva volta a pretendere che nei percorsi di-dattici delle Facoltà di Giurisprudenza ita-liane si presti maggiore attenzione alle abi-lità connesse alla scrittura.

TO G H E «Gli avvocatiscrivano meglio»