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Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici” La fotografia di copertina scattata da Alvise Tomaselli il 20 marzo 2015, giorno dell’equinozio di primavera, mostra il Sole eclissato stagliarsi sopra alcuni alberi. L’immagine è molto più particolare di quanto possa sembrare a una prima occhiata. Per eseguirla non c’è stato infatti bisogno di nessun filtro solare dato che la spessa nuvolaglia presente in cielo ha fatto da filtro naturale, permettendo di cogliere anche elementi paesaggistici. WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT 23 2015

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Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini

“Cieli Dolomitici”

La fotografia di copertina scattata da Alvise Tomaselli il 20 marzo 2015, giorno dell’equinozio di primavera, mostra il

Sole eclissato stagliarsi sopra alcuni alberi. L’immagine è molto più particolare di quanto possa sembrare a una prima

occhiata. Per eseguirla non c’è stato infatti bisogno di nessun filtro solare dato che la spessa nuvolaglia presente in cielo

ha fatto da filtro naturale, permettendo di cogliere anche elementi paesaggistici.

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2015

SOMMARIO

EDITORIALE

di Claudio Pra pag. 3

RACCONTO SEMISERIO DI UN’ ECLISSE PARZIALE DI SOLE

di Alvise Tomaselli pag. 4

MIRA E ALGOL, LE DUE STELLE VARIABILI PIU’ FAMOSE DEL CIELO

di Claudio Pra pag. 6

LA MIA PASSIONE PER LE STELLE

di Vittorio De Nardin pag. 8

I SEGRETI DELL’ OSSERVAZIONE VISUALE

Di Giannantonio Milani pag. 10

GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI

pag. 15

LA LUNA, LA LEGNA E LE SEMINE

di Eva Gabrieli pag. 16

L’ APPARIZIONE DELLA C/2014 Q2 LOVEJOY

di Claudio Pra pag. 17

ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE

pag. 18

IL GIORNALINO CERCA COLLABORATORI

Vuoi collaborare? Qualsiasi contributo sarà il benvenuto.

Articoli (anche molto semplici), domande, fotografie, vignette, disegni, ecc. non potranno che arricchire

la nostra pubblicazione. Per contattare il responsabile del giornalino Claudio Pra:

e-mail : [email protected]

Telefono: 0437/523186

Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22 32020 Rocca Pietore (Bl)

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www.facebook.com/cielidolomitici.it

[email protected]

www.cielidolomitici.it

L’uomo riesce a concepire e realizzare cose incredibili

e meravigliose, quasi da fantascienza. Solo per citarne

alcune recentissime, riferite all’esplorazione spaziale,

ricordiamo che una sonda (Dawn) sta da poco

orbitando intorno al pianeta nano Cerere, il corpo

celeste più grande della Fascia Principale. In

precedenza Dawn aveva visitato un’altro grande e

storico asteroide, Vesta. Un’altra sonda (Rosetta) è

entrata da qualche mese in orbita intorno alla cometa

67/P Churyumov-Gerasimenko, facendo atterrare un

lander (Philae) sul corpo celeste. Una terza sonda, la

New Horizons sta per arrivare su Plutone, ovvero

quello che fino a pochi anni fa era considerato il nono

pianeta del Sistema Solare, un oggetto quasi

sconosciuto di cui abbiamo solo immagini riprese da

distanze abissali e informazioni molto scarne.

Tutto questo stride con una quotidianità “terrestre”

molto meno proiettata nel futuro, che ci propone

disperati in fuga da guerre e

carestie, il problema della fame

nel mondo ancora lontanissimo

dall’essere risolto (con tutto

quello che ne consegue),

guerrafondai che hanno dichiarato

una insensata e anacronistica

guerra globale sotto il vessillo di

una bandiera nera, donne e

bambini che vengono fatti oggetto

di violenza anche in quella parte

di pianeta che si definisce evoluta,

città industrializzate dove si gira

con la mascherina per non inalare

troppo smog, crisi economiche

che impoveriscono milioni di

persone. Da noi poi esiste ancora

la mafia, nel 2015…! Qualche decennio fa si provava a

immaginare come si sarebbe trasformato il mondo

negli anni duemila, nel terzo millennio, e

probabilmente le aspettative, se riferite

all’esplorazione spaziale o al salto di qualità

tecnologico, sono molto vicine a ciò che ci si

aspettava. Forse ipotizzavamo di essere prossimi a

inviare una spedizione umana su Marte, cosa invece

per la quale bisognerà attendere ancora un po’ di anni, ma

per il resto ci siamo o quasi. Non immaginavamo invece di

certo una quotidianità così difficile e incerta, che anziché

proiettarci nel futuro sembra ancorarci al passato, quello

più brutto. Eppure l’uomo è capace di cose incredibili e meravigliose,

EDITORIALE di Claudio Pra

Immagine del pianeta nano Cerere, ricavata dalla

sonda Dawn in fase di avvicinamento.

Il lander Philae sulla cometa 67/P

Barcone di immigrati

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Aderenti all’ISIS

RACCONTO SEMISERIO DI UN’ ECLISSE PARZIALE DI SOLE di Alvise Tomaselli

….Il tempo non promette nulla di buono, già da giorni i colleghi meteorologi mi avevano anticipato che venerdì 20 marzo sarebbe stata una giornata caratterizzata da nuvolosità persistente, specie nelle vallate della pedemontana… Quasi per scaramanzia mi rifiuto di guardare il cielo, preparando e caricando in auto la strumentazione con gesti automatici, ripassando a mente l’elenco delle cose necessarie per l’osservazione di un’eclisse di Sole. E’ un fenomeno da non perdere che la nostra Associazione sta pianificando da qualche settimana. L’appuntamento è fissato alle 9.30 presso il piazzale del polo scolastico di Agordo. Un’eclisse di Sole, seppur parziale, è pur sempre un evento astronomico di grande fascino ed interesse, il classico appuntamento che “vale” un anno di attività. Telefono a Claudio per un aggiornamento sul meteo nelle zone alte dell’Agordino e per fissare un caffè pre-eclisse. Ci incontriamo alle porte di Agordo, entrambi con il naso all’insù per cercare di scovare qualche squarcio fra la spessa coltre di nuvole che per il momento non sembra concedere grandi speranze. Siamo piuttosto sconsolati dato che, come spesso capita in queste occasioni prive di replica, il cielo ci mette lo zampino e rema contro. Per di più arrivano notizie che indicano come in

quota la visibilità sia migliore e addirittura dalle parti di Arabba il cielo sia sgombro da nubi! Io che ad Arabba ci lavoro per 220 giorni all’anno oggi ho preso ferie per l’incontro ad Agordo dove però è nuvoloso! Sconforto totale. Non c’è molto da fare in queste occasioni se non affidarsi alla voglia di sconfiggere anche il meteo e presentarsi all’appuntamento per verificare l’evoluzione della mattinata. Presso il piazzale di Tamonich ci incontriamo con gli amici Tomaso, Vittorio, Davide e Lucia e dopo le 9 iniziano ad arrivare anche i primi curiosi. Le scolaresche dovrebbero giungere fra poco. L’ eclisse inizierà alle 9.30, con l’ingresso del disco lunare sul Sole. Il massimo della copertura (circa il 70%) si verificherà verso le 10.30 e la fine dell’ evento è prevista per le 11.30. Alle 9.30, quando il fenomeno ha inizio, il cielo è sempre coperto ma le nubi iniziano a dare qualche segno di “cedimento”. Brevi e localizzati squarci di sereno, seppur non in direzione del Sole, cominciano a guadagnare terreno. Vuoi vedere che forse salviamo la giornata? Si decide comunque di allestire il campo di osservazione con il montaggio degli strumenti. Con il passare dei minuti la situazione meteo sembra migliorare e improvvisamente la forte luce solare riesce a trovare un varco fra le nuvole. Finalmente si materializza l’atteso spettacolo! Il

Dei bambini osservano l’eclisse con gli occhialini forniti dalla nostra Associazione

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Sole a falcetto, per effetto della copertura del disco lunare, si fa spazio fra il grigio della coltre nuvolosa che ora sembra essere meno densa. Ormai il piazzale è affollato di studenti e di semplici curiosi che possono finalmente gustarsi l’ osservazione del fenomeno. Spuntano, come sempre accade in occasione delle eclissi solari, le strumentazioni più disparate; occhialini auto-costruiti per l’occasione con pezzi di vetro oscurato, fogli neri o anneriti, pellicole e artifizi vari recuperati in polverose soffitte, reduci da “storiche” eclissi del passato, tutto materiale di dubbia efficacia. Ma a farla da padrone è la strumentazione messa a disposizione da “Cieli Dolomitici” che comprende i classici telescopi opportunamente filtrati e specifici strumenti adatti all’osservazione dei dettagli del disco solare in

assoluta sicurezza. Ci sono anche alcuni amici astrofotografi che hanno puntato sul Sole i loro “cannoni” fotografici collegati direttamente con il computer, per la ripresa in tempo reale dell’evento, roba da far invidia ai più blasonati paparazzi… La presenza della cappa nuvolosa grigiastra fa paradossalmente da filtro naturale, tanto che è possibile, per quasi tutta la durata del fenomeno, osservare l’eclisse senza l’ausilio dei filtri protettivi. La mattinata trascorre tra il grande riscontro di curiosi ed appassionati che non vogliono perdersi questa particolare visione, dato che per osservare un eclisse analoga si dovrà attendere il 2026. Le scolaresche sono numerose e i bambini delle scuole primarie si dispongono in file ordinate,

esprimendo grande stupore al momento di porre l’occhio sull’oculare dello strumento. Proprio loro sono per noi dell’Associazione la più grande soddisfazione di questi incontri osservativi. Percepire la curiosità, la voglia di sapere, sentire i semplici commenti, rispondere alle domande più banali, che poi tanto banali non sono, ci da la forza di continuare nell’impegno e nell’organizzazione di questi incontri dedicati agli spettacoli del cielo. Tanto più sentendo bambini come Giovanni (nome di fantasia), che ha candidamente ammesso: -Finalmente! Questa eclisse l’aspettavo da 8 anni!-… Giovanni frequenta la terza elementare e ha 9 anni….

Il massimo dell’eclisse ripreso da Davide De Col

Il piazzale del nuovo polo scolastico di Agordo affollato di studenti, astrofili e semplici curiosi di cose celesti.

Tutti radunati per l’eclisse parziale di Sole del 20 marzo 2015. Per osservare la prossima dai nostri luoghi

bisognerà attendere il 2020 e addirittura il 2026 per vedere il Sole coperto maggiormente dal disco lunare.

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MIRA E ALGOL, LE DUE STELLE VARIABILI

PIU’ FAMOSE DEL CIELO di Claudio Pra

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-Stella variabile: astro il cui splendore apparente varia durante il tempo-. E’ la definizione più

comprensibile e immediata riferita a questa categoria di stelle molto particolari, che parecchi appassionati tengono d’occhio per ricavarne una curva di luce. Il mio articolo è dedicato alle due stelle variabili più famose del cielo, vale a dire Mira e Algol, appartenenti rispettivamente alle costellazioni della Balena e del Perseo. Entrambe variabili, ma per diversi motivi, come scopriremo più avanti. MIRA Mira o Omicron Ceti è una variabile pulsante distante 419 anni luce da noi, che ha dato il nome a una classe di stelle variabili a lungo periodo con le stesse caratteristiche, definite proprio per questo “Variabili Mira”. Se si escludono novae e supernovae risulta la prima variabile ad essere stata scoperta, favorita ovviamente dalla buona luminosità raggiunta nel momento del massimo splendore. Fu l’astronomo olandese David Fabricius a notarla, scambiandola però per una nova, ovvero una di quelle stelle che misteriosamente (per quel periodo) comparivano dal nulla per poi affievolirsi e tornare invisibili. Nel 1603 Johann Bayer, astronomo tedesco, la inserì nell’ Uranometria, il suo famoso atlante stellare, catalogandola come una stella di quarta grandezza e assegnandole la lettera Omicron dell’alfabeto greco. Mira però scomparve alla vista poco tempo dopo, riapparendo a distanza di molti mesi. Nel 1938 l’astronomo e fisico olandese Phocylides Holwarda la riconobbe come variabile. Tenuta d’occhio, Mira arrivava al massimo della luminosità circa una volta all’anno risultando osservabile a occhio nudo per qualche mese prima di affievolirsi e scomparire. Oggi sappiamo con esattezza che il suo periodo, comunque irregolare, è di 332 giorni. Nel 1662 si riuscì a stabilire che la sua luminosità variava dalla decima alla quarta magnitudine, arrivando a volte alla terza o addirittura seconda grandezza. Al massimo splendore Mira riesce talvolta ad eguagliare, se non a superare, la brillantezza della stella alfa della sua costellazione, quindi a trasformarsi in un astro luminoso, per poi calare e dover essere cercata con degli strumenti. Nel 1662 l’astronomo polacco Johannes Hevelius propose di chiamarla Mira, ovvero "la Meravigliosa”, perché era diversa da tutte le altre stelle. Mira, insieme alle altre 6.000 stelle dello stesso tipo finora scoperte, è una gigante rossa nelle ultime fasi della propria vita. Una stella morente insomma, che a causa di reazioni interne si gonfia e si sgonfia periodicamente, aumentando e diminuendo quindi il suo diametro e con esso la sua luminosità. Nel 1923 si scoprì che possiede una compagna molto più piccola, con cui interagisce. Chi conosce questa stella non può non stupirsi ogni volta che la vede riapparire dal nulla con il suo bel color arancio intenso. Io stesso l’ho monitorata assiduamente in passato e la seguo tuttora durante i

ALGOL Algol o β Persei, è la stella più luminosa della costellazione del Perseo dopo Mirfak, la stella alfa. Distante da noi 93 anni luce è la più conosciuta binaria a eclisse e la prima variabile di questo tipo ad essere stata scoperta, diventando quindi il prototipo di una categoria di stelle che prendono il nome di Variabili Algol. Inoltre è stata una delle prime stelle in assoluto ed essere riconosciuta come variabile. Infatti è una delle poche visibili ad occhio nudo a mostrare una spiccata variabilità. In realtà Algol è una stella tripla, con l’astro principale, Algol A, che viene regolarmente eclissato dalla più debole compagna Algol B. Proprio per questo la luminosità di Algol A cala sensibilmente per qualche ora ogni 2 giorni, 20 ore e 49 minuti, per poi tornare ad attestarsi sui consueti valori. Il nome Algol è il risultato di un abbreviazione derivata dall’arabo e significa ”la testa del demonio”. Nella porzione di cielo occupata dalla stella infatti, Tolomeo aveva collocato la testa di Medusa che Perseo aveva reciso alla creatura in grado di pietrificare chiunque avesse incrociato il suo sguardo. La variabilità di Algol fu notata per la prima volta nel 1667 dall’astronomo e matematico italiano Geminiano Montanari. La periodicità delle sue variazioni luminose fu riconosciuta oltre un secolo dopo, nel 1782, dall'astronomo dilettante inglese John Goodricke che ipotizzò (correttamente) che la variabilità era causata da un corpo scuro che passava davanti alla stella. La conferma alle supposizioni di Goodricke arrivò nel 1889 per via spettroscopica da parte dell’astronomo tedesco Hermann Carl Vogel. Per notare la variabilità di Algol basta confrontarla con Mirfak. Quando Algol è al massimo del suo splendore brillando di magnitudine 2,1 non sarà infatti molto dissimile dalla stella Alfa, mentre quando è al minimo (magnitudine 3,4) risulterà decisamente meno luminosa di questa e molto simile alla attigua ro Persei.

LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE

Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter fruire della biblioteca dell’Associazione. La

biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è auspicabile

che un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca bisogna

contattare Claudio al 3493278611 per fissare un appuntamento.

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LA MIA PASSIONE PER LE STELLE di Vittorio De Nardin

Qualche anno fa, forse più di 35, vidi in televisione la pubblicità di un telescopio che veniva venduto in edicola. La cosa mi incuriosì e quindi decisi di acquistarlo. Era un rifrattore ( a quel tempo la parola “rifrattore” non aveva nessun significato per me ….) del diametro di 6-7 cm. credo, anche se sinceramente non me lo ricordo. Era poco più di un giocattolo di scarsa qualità, con le lenti in plastica. Per me però era più che sufficiente. In quell’epoca ( avrò avuto poco più di 10 anni ) non ero ancora appassionato di astronomia e le uniche osservazioni eseguite con quello strumento si concentrarono sulla montagna che avevo di fronte a casa, in pieno giorno. Dopo di che non ci sono più tracce dello strumento nella mia memoria . Fatto sta che rispolverando questo episodio riguardante la mia fanciullezza, non posso fare a meno di pensare che in fondo fossi predestinato nel diventare astrofilo. Probabilmente un qualcosa di latente era in me e sarebbe esploso una trentina di anni dopo. Un episodio che mi ha fatto capire come le cose possono cambiare nel giro di poco tempo l’ho vissuto circa una decina di anni fa. Un caro amico era venuto a trovarmi e aveva portato con

se un piccolo telescopio. Parlando di Giove mi aveva detto che alcuni appassionati riuscivano a vedere la Grande Macchia Rossa sul disco del gigante gassoso. Dentro me pensai che sicuramente era molto difficile osservare questo particolare, ma ancora più impegnativo era riuscire ad individuare il pianeta in mezzo ad una miriade di stelle. Ritenevo la cosa veramente difficile, un limite praticamente insormontabile per me e questo mi demoralizzava. Pochi anni più tardi avrei scoperto che trovare Giove in cielo è una delle cose più facili in assoluto. Infatti è impossibile non rimanere abbagliati dalla sua esuberante luminosità già ad occhio nudo, una visione veramente mozzafiato. In vita mia ho coltivato pochissime passioni. Ricordo che nel 1992 scoprii per caso in edicola una rivista che parlava di orologi. Da allora e fino a qualche anno fa l’ho sempre comprata e quella pubblicazione mi ha fatto scoprire le meraviglie della micromeccanica. Negli ultimi anni l’interesse si è un po’ affievolito, ma non spento. Il motivo principale è che non sono riuscito a trovare altre persone che potessero condividere con me quell’hobby. Penso sia molto importante avere qualcuno con cui scambiare opinioni, battute, emozioni su tutto quello che ruota attorno alla propria passione. Ci sono orologi da polso dotati di movimento meccanico che riproducono un astrolabio in miniatura, altri che rappresentano i pianeti del sistema solare con relativi moti di rivoluzione. Insomma anche in quel mondo ho trovato qualcosa che mi lega alla attuale passione. Nell’astronomia ho invece trovato ciò che mi è mancato altrove, ovvero amici con i quali condividere le esperienze. Inoltre ho potuto provare il contatto con la gente, nelle serate al planetario o in quelle osservative, quando con i nostri telescopi sveliamo ai curiosi le meraviglie della volta celeste. I miei primi 38 anni sono passati nella quasi completa indifferenza verso il cielo, a parte l’osservazione distratta di qualche eclisse di Luna, qualche sciame meteorico e due grandi comete, lasciate andar via senza rendermi conto che erano uniche e che occasioni simili magari non mi capiteranno più. Per la cronaca sto parlando della Hale-Bopp e della Hyakutake… Poi la scintilla, scaturita da una serata al planetario di San Tomaso. Episodio che nei mesi successivi mi ha portato ad entrare in “Cieli Dolomitici”. Mi rendo conto che la nostra passione è “di nicchia” , ma non voglio che questo affievolisca quello che proviamo nei confronti dell’astronomia. Quando sono sotto un cielo pieno di stelle non posso fare a meno di pensare a quanto noi esseri umani siamo piccoli e quasi insignificanti al cospetto dell’universo. Ma la cosa che mi fa provare un misto di stupore e meraviglia è pensare che forse non siamo soli nel cosmo. Possibile che in mezzo a miliardi e miliardi di stelle non ci sia qualche pianeta abitato da chissà quale tipo di creature?

Sì, lo so, noi astrofili siamo un po’ sognatori, ma in fondo questo non è un difetto e anzi, ogni tanto,

tutti dovremmo fermarci, chiudere gli occhi e lasciarci cullare dai sogni. Quando si ha la fortuna di

vivere in un posto dove si riesce ancora a vedere la Via Lattea bisogna approfittare di questo

“dono” . Alzare gli occhi al cielo in una notte buia e vedere una miriade di diamanti brillare è una

cosa che ti apre il cuore in un mondo che spesso ci tempesta di segnali negativi.

Osservare il cielo ad occhio nudo è una pratica che fa rivivere quello che per millenni hanno fatto

antichi popoli , che rispetto a noi non avevano la più pallida idea di ciò che stavano guardando. La

volta celeste è diventata così il luogo in cui la mitologia ha fornito il suo sostanzioso contributo nel

L’autore dell’articolo

dare un nome alle costellazioni, favoleggiando attorno a questi bizzarri allineamenti di stelle. Pegaso, Orione, Cassiopea sono solo alcuni nomi con i quali ho preso familiarità in questi ultimi anni e che sono entrati a far parte del mio mondo. Prima di appassionarmi l’unica costellazione che conoscevo era il Grande Carro, che erroneamente pensavo fosse sinonimo dell’Orsa Maggiore. Ora invece riesco ad apprezzare appieno la silhouette del plantigrado in tutta la sua interezza e mi sono reso conto che il Grande Carro è solo una sua parte. Imparare a conoscere le costellazioni è fondamentale, specialmente se si vuole rintracciare e osservare qualsiasi tipo di oggetto celeste: pianeti, nebulose, comete ecc. Nel corso di questi ultimi anni sono riuscito a localizzare quelle principali del nostro emisfero e qualcuna dell’emisfero australe. Spesso sfoglio l’ atlante stellare e provo soddisfazione nel soffermarmi sulle varie costellazioni, annotandomi in una lista gli oggetti che cercherò di trovare nelle uscite future. Molti obiettivi osservati attraverso uno strumento potrebbero sembrare al profano uguali, ma noi appassionati riusciamo a percepire delle sottili differenze più o meno marcate a seconda dell’esperienza acquisita. Una cosa molto utile da fare è annotare ciò che si osserva su un quaderno, completando il resoconto con alcuni informazioni: data, luogo, seeing, strumentazione usata, ingrandimenti utilizzati, eventuale disegno dell’oggetto celeste. E’ un ottimo modo per ricordarne la posizione, l’aspetto e rintracciarlo successivamente senza perdere tempo. Inoltre gli appunti resteranno una tangibile traccia dell’ attività osservativa.

Nelle fredde serate invernali, quando la maggior parte della gente se ne sta al calduccio chiusa in

casa, noi astrofili usciamo con il nostro telescopio e senza lamentarci del freddo scrutiamo il cielo.

Viene spontaneo domandarsi : -Ma chi ce lo fa fare ?- La risposta è celata nella nostra grande

passione per l’infinito, il mistero, il fascino che il cielo stellato riesce a trasmettere. Personalmente mi

piace portare avanti quello che il grande Galileo ha iniziato a fare più di quattro secoli fa, ovvero

alzare lo sguardo e non sentirsi mai sazi per quello che i nostri occhi ci permettono di vedere. Forse

c’è anche un po’ di sano romanticismo in tutto questo e comunque penso che l’appassionato di

astronomia sia un privilegiato, che nella solitudine di una notte buia riesce ancora a restare a bocca

aperta davanti allo spettacolo che madre natura ci propone da millenni. Mi auguro che le emozioni

che l’astronomia mi ha regalato e mi regala tuttora non tramontino mai.

9

Le serate si tengono ogni venerdì con

inizio alle 20.30. Per partecipare

occorre prenotarsi telefonando al

C o mu n e d i S . T o ma s o i n

mattinata allo 0437/598004 oppure

passare direttamente in Municipio. Il

costo è fissato in 5 euro per gli adulti e

3 euro per i minorenni. Non pagano i

bambini sotto i cinque anni e i

p o r t a t o r i d i h a n d i c a p . A l

raggiungimento del tetto massimo di

prenotazioni per una serata, si sarà

dirottati alla successiva o alla prima

dove ci sia posto (se d' accordo).

Per le scolaresche sono due le giornate

di apertura settimanale, il mercoledì e

il giovedì con lezioni alle 9.00 e alle

10.30. La prenotazione va effettuata

sempre ai numeri del Municipio e il pagamento (anticipato) è possibile tramite bollettino di c/c. Il costo va

dai 2,50 euro a persona per le scuole dell' obbligo ai 3,00 euro per le superiori. Il numero massimo di studenti

per lezione non può superare i 25 per le scuole dell' obbligo e i 20 per le superiori (nel numero rientrano gli

accompagnatori).

PLANETARIO DI S. TOMASO

I SEGRETI DELL’ OSSERVAZIONE VISUALE di Giannantonio Milani

Giannantonio Milani abita a Padova e osserva il cielo fin da ragazzo. Dagli anni '70 è appassionato in particolare alle comete. Autore di numerosi articoli scientifici su riviste italiane ed internazionali, coordina la Sezione Comete dell' Unione Astrofili Italiani ed il progetto CARA. Si è occupato di Astronomia a vari livelli, sia osservativa (su comete, pianeti, stelle variabili), che didattica e divulgativa, anche curando per diversi anni l'attività del locale planetario. E' attualmente presidente dell'Associazione Astronomica Euganea che svolge prevalentemente attività di divulgazione con il progetto Parco delle Stelle, sviluppato in collaborazione con il Parco Regionale dei Colli Euganei.

1. Il primo sguardo attraverso un telescopio

Quando acquistiamo un telescopio e lo puntiamo per la prima volta verso il cielo siamo carichi di aspettative.

Le belle immagini e descrizioni che abbiamo trovato nei libri, nelle riviste e sul web fanno sperare di poterci

affacciare in un mondo meraviglioso con il nostro strumento. Ed è certamente vero, soprattutto al primo

sguardo alla Luna con le sue distese di crateri, così diversi dai paesaggi terrestri e così magici e suggestivi:

osservando al telescopio sembra proprio di essere in volo sulla superficie lunare con una astronave! Una

“magnifica desolazione” come l’aveva descritta Edwin E. Aldrin, pilota del modulo lunare di Apollo 11.

Gli anelli di Saturno rappresentano spesso il secondo spettacolo, una vera meraviglia! Venere ci stupisce

motrandoci le sue fasi come una piccola Luna e Giove con le sue tenue bande di nubi e i suoi satelliti principali

che mutano continuamente di posizione.

Ma ben presto ci scontriamo con alcuni limiti e ostacoli: per quanto li ingrandiamo i pianeti rimangono delle

piccole palline sbiadite. Belli i satelliti di Giove, ma il disco del pianeta mostra appena poche tenui bande poco

marcate. Marte, quando l’apparizione è favorevole, mostra solo qualche vaga ombra e le stelle, anche

aumentando a dismisura l’ingrandimento, rimangono soltanto dei piccoli puntini tremolanti. Nebulose e

galassie sono in gran parte invisibili, tranne qualche evanescente nuvoletta, quasi dei fantasmi, priva di ogni

colorazione ed avara di dettagli evidenti. La galassia M 31 e la nebulosa M 42 sono le più evidenti e facili da

osservare, ma la maggior parte di esse si presentano assai diverse dalle belle immagini che vediamo pubblicate

abitualmente.

Nonostante questo non mancano osservazioni storiche, effettuate visualmente, ricche di fascino e di dettagli.

Sorge spontanea la domanda: dove sono dunque tutte quelle visioni fantastiche riportate su libri e riviste? E

come hanno fatto gli astronomi del passato a vedere tante cose delle quali troviamo testimonianza su molte

fonti antiche e moderne utilizzando solamente i loro occhi, spesso servendosi di piccoli telescopi? Wilhelm

Tempel, ad esempio, ha scoperto la debole nebulosità vicino a Merope, nell’ammasso delle Pleiadi, osservando

da Venezia con il suo modestissimo telescopio. Ma Tempel ci ha lasciato anche disegni estremamente

dettagliati dei pianeti, della Luna, e anche di comete e galassie.

A volte i disegni degli osservatori del passato appaiono approssimativi, anche per i limiti imposti dai primi

telescopi, ma altre volte potremmo dire che sono talmente precisi da sembrare “quasi delle fotografie”!

Dall’epoca di Galileo fino a poco meno di 200 anni fa l’occhio è stato il solo mezzo per esplorare il cielo

attraverso il telescopio. D’accordo, non c’era il problema dell’inquinamento luminoso, ma gli strumenti

disponibili oggi sono mediamente di qualità molto più elevata e di maggiori dimensioni di quelli utilizzati nei

secoli passati. E in ogni caso per i pianeti l’inquinamento luminoso non è un ostacolo. Dov’è dunque nascosto

il nocciolo della questione? Gli osservatori del passato erano dei visionari o, per così dire, avevano una vista a

“raggi X”?

2. Questione di….

La risposta alla domanda posta sopra può suonare forse banale, ma è in realtà abbastanza semplice: prima di

tutto è questione di addestramento ed allenamento, oltre che di metodo ed esperienza. Secondariamente può

dipendere anche dalla qualità dello strumento, ma questo lo vedremo dopo. Consideriamo intanto la prima

questione andando a vedere il meccanismo che governa la visione.

Il nostro occhio (e il nostro cervello) è conformato per operare in condizioni diurne, con luce e contrasti elevati,

oltre ad essere abituato a spaziare su scene ampie e ricche di dettagli.

Nell’osservazione notturna, ed ancor più al telescopio, l’occhio e il nostro cervello si trovano a fronteggiare

condizioni di luce e contrasto del tutto innaturali e ad osservare in generale oggetti comunque molto piccoli,

per quanto li si ingrandisca (ovviamente a parte la Luna).

Per comprendere meglio la situazione vediamo un po’ più in dettaglio come funziona il nostro occhio.

La conformazione è simile a quella di una telecamera: c’è una lente che funge da obbiettivo (il cristallino) e un 10

bili alla luce (coni e bastoncelli) e si comporta come un moderno sensore CCD o CMOS, comunemente usati in

fotocamere e telecamere digitali. Il nervo ottico porta al cervello i segnali prodotti dagli stimoli visivi

analogamente ai cavi e ai circuiti di una telecamera collegata ad un personal computer o ad un monitor. Infine il

nostro cervello opera come un software analizzando ed elaborando le immagini.

Coni e bastoncelli hanno funzioni differenti. I primi sono sensibili ai colori e agli elevati livelli di luce e

permettono di percepire i dettagli. Sono concentrati soprattutto nel centro della retina.

I bastoncelli occupano invece maggiormente le zone periferiche, non vedono i colori e i dettagli ma hanno la

capacità di adattarsi ai bassi livelli di luce e di percepire il movimento.

L’adattamento al buio non è immediato e richiede un minimo di 5-10 minuti, ma continua ad aumentare

sensibilmente nella prima mezz’ora e più lentamente in seguito per alcune ore. Se dobbiamo dedicarci

all’osservazione di oggetti molto deboli è consigliabile un adattamento di almeno 20-30 minuti.

E’ esperienza comune che passando da un luogo fortemente illuminato ad uno quasi buio (ad esempio una

grotta) occorrono alcuni minuti prima iniziare a distinguere l’ambiente che abbiamo intorno, e più tempo

restiamo nel luogo buio meglio vediamo. Se si viene però abbagliati da una luce troppo intensa l’adattamento

all’oscurità viene perso immediatamente e bisogna nuovamente riabituare la vista.

L’adattamento è già un primo fattore importante per vedere oggetti deboli. Ma

c’è dell’altro: osservando al telescopio si è spesso di fronte a condizioni davvero

estreme per il nostro occhio. Ad esempio un pianeta luminoso e abbagliante

contro lo sfondo del cielo completamente nero. Un contrasto altissimo tra oggetto

e cielo che si scontra invece con contrasti estremamente bassi e dettagli molto

tenui sulla superficie del pianeta stesso.

Ma vi è anche un secondo ostacolo. Si è detto prima che i recettori del nostro

occhio che percepiscono i dettagli e i colori sono addensati nella zona centrale

della retina dell’occhio. Questa zona corrisponde ad una regione ristretta nel

centro del nostro campo visivo.

Di questo ci possiamo accorgere fissando lo sguardo in un punto: noteremo allora

che verso le zone periferiche del campo di vista la quantità di dettagli percepibili

diminuisce rapidamente. Per avere una chiara visione dell’ambiente in cui ci

troviamo il nostro occhio compie continuamente rapidi spostamenti dei quali non

siamo coscienti, ma che ci permettono di avere una visione nitida in un campo

piuttosto ampio. Questi rapidi movimenti avvengono continuamente nella vita di

tutti i giorni. E l’occhio li compie istintivamente anche osservando al telescopio.

Ma questo è un problema quando si deve osservare la minuscola pallina di un

pianeta, che rimane piccola anche a 150-200 o più ingrandimenti. L’occhio

spazia non solo sul disco del pianeta ma anche intorno, disperdendo l’attenzione

dove non serve.

La prima cosa da fare osservando un pianeta al telescopio è proprio di imparare a fissare lo sguardo in un

punto, forzando l’occhio a concentrarsi per un certo tempo solo sul piccolo disco planetario. Non è una cosa

istintiva e ci vuole un po’ di pazienza per riuscire a farlo bene.

La seconda cosa importante è osservare a lungo. L’occhio (e il nostro cervello) devono abituarsi e

familiarizzare con il livello di luce e i deboli contrasti dei pianeti. Osservare a lungo aiuta anche a superare i

limiti della turbolenza atmosferica. Salvo infatti notti particolarmente favorevoli, troveremo sempre condizioni

non del tutto ideali. Ma in qualche momento la turbolenza diminuisce o addirittura scompare per alcuni

secondi ed in quegli istanti si rendono immediatamente evidenti moltissimi particolari prima non osservabili. Il

nostro cervello li memorizza e nei momenti successivi nei quali l’immagine è stabile riusciremo a ritrovarli e

percepirli con maggior nitidezza, aggiungendo altri nuovi dettagli.

Terzo punto: l’allenamento. Come in tutte le cose occorre non solo aver la perseveranza di apprendere, ma

anche di mantenere allenate costantemente le nostre capacità. E l’osservazione visuale è un tipo di pratica che

richiede il suo tempo per progredire. Quando i pianeti venivano osservati prevalentemente con tecniche visuali

era esperienza comune notare come all’inizio di ciascuna apparizione del pianeta, con relativo inizio della

campagna osservativa, si riuscissero a vedere pochi dettagli, che aumentavano nelle serate successive. Un

progresso che, dopo un paio di settimane, portava a raggiungere i livelli di prestazione dell’annata precedente.

Da considerare che le sessioni osservative di un pianeta erano necessariamente lunghe (generalmente non meno

di un paio d’ore) per poter sfruttare la rotazione del pianeta e per vedere una parte più estesa possibile della

superficie o della sua atmosfera. Osservare in questo modo risulta faticoso sia per l’occhio che per la

concentrazione necessaria. E infatti non si stava costantemente incollati all’ oculare, ma si intervallava l’

osservazione con 11

L’immagine di un pianeta ci

permette di cogliere

nitidamente molti dettagli,

che diventano difficili se

non impossibili da percepire

nell’osservazione visuale.

delle pause.

L’esecuzione di un disegno aiutava a registrare i dettagli osservati ma costringeva anche ad una maggiore

attenzione. Il disegno (o più disegni nel caso di molte ore di osservazione) veniva eseguito in un tempo

relativamente lungo, ma la posizione dei particolari andava fissata per un dato momento, perché pianeti come

Giove e Saturno girano molto velocemente tanto che a distanza di pochi minuti è già percepibile la loro

rotazione! La posizione esatta (longitudine) dei dettagli non veniva però dedotta dai disegni, ma stimando il

tempo di transito al meridiano del pianeta (linea

immaginaria che lo divide a metà da Nord a

Sud). Un osservatore esperto è in grado di

valutare il tempo di transito con una incertezza

complessiva di pochi minuti, il che corrisponde

ad una precisione in longitudine di pochi gradi.

Con opportune tabelle il tempo di transito era poi

convertito in longitudine nel sistema di

coordinate riferito a Giove.

Eseguire un disegno può sembrare un tipo di

attività ormai superata, ma è una pratica che

costringe ad osservare a fondo un oggetto e

permette di notare particolari che altrimenti

sfuggirebbero ad una osservazione frettolosa.

Non è una cosa facile. E infatti chi si cimenta in

un disegno apprezzerà poi ancora di più

l’incredibile abilità degli osservatori del passato.

Già disegnare un pianeta è complicato, ma

affrontare la Luna diventa un’impresa davvero

difficile per l’enorme ricchezza di dettagli. In questo caso è necessario limitare l’attenzione ad una piccolissima

area ed eseguirne uno schizzo o un disegno più o meno dettagliato, a seconda delle condizioni della serata e di

quello che vogliamo ottenere.

Il tipo di disegno può variare a seconda delle preferenze e della propria dimestichezza con questa tecnica.

Generalmente è preferita la matita su foglio bianco, sfumando poi i dettagli, ma sono efficaci anche schizzi al

tratto e c’è chi si cimenta talvolta anche con disegni a colori. L’illuminazione dovrà essere tenue ma sufficiente

a vedere bene il foglio ed il disegno per la Luna e i pianeti. Una luce rossa sarà invece più indicata se si tratta di

disegnare osservazioni riguardanti il cielo profondo.

Molto importante è cercare di avere una posizione di osservazione comoda. E’ difficile mantenere a lungo un

elevato livello di attenzione se si è costretti a posizioni scomode da contorsionisti che, soprattutto con il freddo

e l’umidità notturna, potrebbero procurare facilmente qualche spiacevole acciacco muscolare. Imperativo

quindi essere comodi, anche con un adeguato piano di appoggio per effettuare il disegno! E avere molta

pazienza perché ci accorgeremo che effettuare un buon disegno richiede il suo tempo. Utile poi rifinirlo

successivamente a tavolino per dargli un aspetto più naturale e fedele, sempre naturalmente tenendo fede a

quanto realmente osservato.

Osservando all’oculare con un occhio è istintivo strizzare l’altro per tenerlo chiuso. E’ bene cercare di non

farlo, chiudendo sì l’occhio, ma in modo rilassato. E’ poi utile alternare ogni tanto gli occhi per evitare un

eccessivo affaticamento, anche se generalmente noteremo che uno dei due ha una vista più acuta dell’altro.

Una soluzione ideale potrebbe essere una torretta binoculare, per osservare con entrambi gli occhi. Ma, a parte

il costo, non è sempre semplice adattarla a tutti i tipi di telescopio.

3. Il profondo cielo

Fin qui però abbiamo parlato di oggetti luminosi come pianeti e Luna. Ma cosa accade quando osserviamo

oggetti deboli come galassie, nebulose, comete? Le cose qui si complicano ulteriormente, in primo luogo

perché un requisito importante è disporre di un bel cielo buio e limpido. In secondo luogo perché l’occhio è

spinto ad un limite ancora più estremo. Occorre un buon adattamento al buio (non meno di 20-30 minuti)

evitando poi qualunque abbagliamento da fonti di luce intense.

Si aggiunge poi anche un ulteriore problema: in queste condizioni estreme i recettori in gioco sono per lo più i

bastoncelli, non sensibili ai colori e sensibili invece al movimento. Ci troviamo di fronte al paradosso che

(come per i pianeti) si dovrebbe fissare lo sguardo in un punto, ma così facendo, essendo i bastoncelli preposti

Alcuni disegni della Luna e di comete realizzati da

Wihlelm Tempel

12

le stelline più deboli sembreranno infatti scomparire.

Bisogna quindi “stuzzicare” l’occhio spostando ogni

tanto di poco lo sguardo (es. ogni 10 - 20 secondi) . In

questo modo si evita anche il problema dovuto alla

macula lutea, una piccola zona della nostra retina

completamente cieca, corrispondente al punto di

attacco del nervo ottico. Se fissiamo lo sguardo e un

oggetto cade in quel punto, non lo vediamo.

Nell’osservazione diurna non ce ne accorgiamo

proprio perché l’occhio si muove continuamente per

cogliere più dettagli possibili e il nostro cervello

sorprendentemente elabora le immagini rimuovendo

questo ed altri difetti.

Nell’occhio umano il tempo di integrazione della luce

(formazione delle immagini) è intorno a 1/20 di

secondo, ma da alcune esperienze nell’osservazione

notturna sembrerebbe che riesca ad integrare la luce

anche più a lungo, in certi casi forse anche fino a

qualche secondo di tempo a parere di alcuni

osservatori. Ovvero lo stimolo luminoso può

aumentare leggermente per un breve tempo se fissiamo un oggetto debole al telescopio. Difficile dire in realtà

se sia un reale effetto di integrazione dello stimolo o se sia il nostro cervello che riesce a fissare meglio le

immagini osservando per più tempo. Comunque sia un guadagno sembra esserci.

Per osservare al meglio deboli nebulose, galassie, ammassi stellari, oltre al diametro del telescopio e alla

qualità del cielo vanno testati vari ingrandimenti. Oggetti diversi per tipologia, dimensioni apparenti,

luminosità, saranno meglio visibili ciascuno con un differente ingrandimento. Bisogna quindi provare sul

campo qual è la combinazione ottimale. L’oculare dovrà preferibilmente essere di buona qualità. Sono di gran

moda oculari con un campo di vista molto ampio, che rendono la visione spettacolare se osserviamo ammassi

stellari o campi ricchi di stelle. Ma ricordiamo quanto detto sul funzionamento dell’occhio: un campo troppo

ampio potrebbe distrarre l’attenzione e far compiere troppi spostamenti all’occhio e in certi casi questo è

particolarmente dannoso. Se ciò che ci interessa è osservare un oggetto specifico di piccole dimensioni

apparenti è sufficiente un normale oculare che ci dia una visione ben nitida, indipendentemente dal campo

apparente mostrato.

Ricordiamo poi che le belle nebulose colorate che troviamo in fotografia ci appariranno in bianco e nero. Solo

in pochissimi casi, ed osservando soprattutto con strumenti di grande diametro e comunque superiore almeno a

20-25 cm di apertura, potremo cogliere delle tenui sfumature verdastre, azzurre o più raramente rossastre, su

alcuni oggetti, come la nebulosa M42 in Orione. Per sperare però di riuscirci occorre, oltre ad un cielo molto

terso e buio, anche un occhio molto ben allenato e adattato alla visione notturna. Riuscire nell’impresa ci regala

una magia aggiuntiva all’osservazione diretta dei corpi celesti.

L’osservazione visuale ci potrà regalare delle soddisfazioni indimenticabili, ma è una cosa che bisogna

conquistare imparando ad usare e conoscere sia il proprio telescopio ed il proprio occhio, che le tecniche più

efficaci. Per aumentare il fascino dell’osservazione, quando sarete sotto un bel cielo stellato, provate anche a

pensare che la luce che ci sta raggiungendo in quel momento è partita molto tempo prima. Dalla luna circa un

secondo prima (poca cosa), ma già dai pianeti si parla di decine di minuti, per le stelle anni o migliaia di anni, e

per le flebili nebulosità delle galassie addirittura di milioni o miliardi di anni. Un messaggio luminoso che

arriva davvero da molto lontano, sia nel tempo che nello spazio!

Aggiungo anche alcune note pratiche: nell’osservazione notturna sono assolutamente da evitare gli alcolici, che

peggiorano decisamente la visione in scarse condizioni di luce, preferendo alimenti o bevande calde e

zuccherate. Ricordatevi poi che rimanere immobili ad osservare di notte richiede un abbigliamento adeguato e

ben superiore a quello che adotteremo normalmente per muoverci nella stessa situazione. In inverno sono

consigliabili giacche a vento ben imbottite e pantaloni imbottiti impermeabili da indossare sopra un

abbigliamento più o meno normale, vestendosi comunque “a strati”. Sempre in inverno sicuramente

calzamaglia, moon-boots, berretti e guanti ben imbottiti e isolanti aumenteranno la nostra resistenza nelle

nottate più fredde.

4. Quanto può vedere l’occhio? E quanto è affidabile?

Una questione che ogni tanto viene dibattuta è quanto in profondità riesca a vedere l’occhio. Spesso nascono

insensate competizioni tra osservazioni visuali e riprese digitali, per certificare il primato di una tecnica sull’ al-

La galassia NGC 4414, appariscente in fotografia

ma molto meno in visuale.

Eppure emozionante in ogni caso..

13

tra. La cosa si ripropone soprattutto in caso di eventi particolari, alimentata dalla tendenza al mito

dell’osservatore “dall’occhio bionico”. A volte sono state osservate visualmente code di comete di straordinaria

lunghezza (ma fisicamente impossibili). Altre volte oggetti troppo deboli od elusivi e visti... in posizione errata.

Purtroppo (o per fortuna) la tecnica fotografica a lunga posa ieri, e oggi ancor più i sensori CCD, forniscono

dati oggettivi, facendo chiarezza.

L’occhio può battere una ripresa CCD a lunga posa? Certamente no. E nonostante ci siano alcuni casi che

mettono in dubbio la cosa, non c’è nessuna prova attendibile che dia conferma.

Un serio osservatore visuale dovrebbe sempre essere cosciente che la suggestione è in agguato. E un

osservatore che nella sua vita non abbia mai preso un abbaglio è piuttosto sospetto.

Casi storici come quello dei canali di Marte, o illusioni ottiche (classici trompe l’oile) ad esempio sulle

osservazioni lunari, dovrebbero suggerire cautela, ma la memoria è corta e la voglia di primeggiare spesso

prevale. Emblematici anche i casi di osservazioni di minimi di stelle variabili ad eclisse, dove i minimi sono

stati osservati anche quando è stato accertato che la data e l’ ora di osservazione del minimo era

completamente errata. O di osservatori di comete che non notavano variazioni anomale di luminosità

continuando a stimare valori simili a quelli previsti nelle effemeridi e che si accorgevano della variazione con

molto ritardo, quando ormai la notizia era circolata.

C’è chi falla in buona fede, ma non si può escludere che qualcuno abbia giocato anche d’astuzia: se uno finisce

con l’essere universalmente accreditato come osservatore dalla vista eccezionalmente acuta (un “Superman

astronomico” con la vista a raggi X), chi può contraddire visualmente la sua irraggiungibile osservazione ?

Ovviamente i moderni mezzi digitali possono molte volte tagliare la testa al toro, ma la voglia e l’illusione che

l’occhio possa sempre vincere continua ad affascinare. Naturalmente è fisiologico che ci sia chi ha la vista più

acuta e chi meno. Al riguardo ricordo con affetto e simpatia Mauro Vittorio Zanotta, l’ultimo scopritore visuale

italiano di comete, prematuramente scomparso. Un osservatore dalla vista estremamente acuta e molto allenata

dalle lunghe nottate di caccia agli astri chiomati. Comete per lui facili di solito per me erano già oggetti che

richiedevano un po’ di attenzione. Tra gli effetti strumentali, oltre alle condizioni del cielo ed alle

caratteristiche del telescopio, va considerato l’osservatore, la sua eventuale stanchezza, le sue aspettative e stato

d’animo o di salute. Tutto può portare ad alterare il risultato dell’osservazione.

Errare è umano e nel visuale lo è ancora di più, ma se ci avviciniamo ad un ambito scientifico, come quello

dell’astronomia, occorre porsi con un atteggiamento più onesto e obbiettivo possibile. Cosa oggi inattuabile a

causa della martellante circolazione di immagini e informazioni sul web e dei conseguenti inevitabili

condizionamenti e suggestioni, anche inconsci.

La condizione ideale di un osservatore dovrebbe essere paradossalmente di completa ignoranza sull’oggetto da

osservare: nessun dato sulla luminosità o sull’aspetto. L’osservatore potrebbe così cercare di riportare

fedelmente ciò che vede, senza farsi trasportare dall’immaginazione, dalla suggestione o dalle informazioni

ricevute.

Senza ombra di dubbio possiamo affermare che l’osservazione visuale (quella D.O.C.) è la cosa più difficile da

effettuare in assoluto. Riprendere oggetti con tecniche digitali è divenuto ormai relativamente semplice, ma

osservare visualmente, riportando con fedeltà e completa obbiettività ciò che è stato visto è davvero

complicato.

Questo ci fa apprezzare ancora di più l’abilità degli osservatori che si cimentavano in un ambito davvero al

limite delle possibilità umane. Errori e abbagli, anche clamorosi, non sono mancati, ma facevano in qualche

modo parte del gioco e del tentativo di spingersi ai limiti estremi e forse anche oltre. Ma consoliamoci, gli

errori (grossolani o madornali) a volte capitano anche oggi nelle moderne osservazioni digitali! Il fattore umano

è sempre in agguato! Ma, a differenza del visuale, nelle immagini fotografiche e digitali c’è fortunatamente

sempre possibilità di un successivo controllo e verifica.

Il visuale, nonostante tutto, anche oggi rimane un vero e proprio sport estremo, fatto arrampicandosi ad occhio

nudo tra le stelle! Uno sport reso ancora più arduo dalla difficoltà di trovare un bel cielo limpido, non inquinato

da luci, foschia e smog. Ma approcciabile anche dai cieli cittadini se ci rivolgiamo agli oggetti luminosi. Ed è

inoltre un contatto molto personale con il cielo: proprio per il coinvolgimento che comporta, lascia spesso un

ricordo molto vivo e soprattutto, in caso di osservazione di oggetti molto particolari e spettacolari, guardando il

nostro disegno a distanza di tempo rivivremo le sensazioni provate nel corso di quella notte di osservazione.

Per certi aspetti il visuale è “fuori moda”. Con la fotografia digitale si può fare molto di più e con maggiore

comodità e facilità. Ma l’emozione che viene dall’osservazione diretta del cielo è unica e impagabile e solo i

nostri occhi ce la possono dare.

14

In questo numero presentiamo Davide De Col, recentemente entrato a far parte di “Cieli Dolomitici”. Davide è

diventato in breve un ottimo astrofotografo, dimostrando costanza, passione e una quasi maniacale voglia di

migliorarsi. Inoltre sta anche dando una mano in Associazione.

1) Fai una breve presentazione di te stesso e raccontaci da dove nasce la tua passione per il cielo stellato

Mi chiamo Davide, ho 27 anni e abito in una piccola zona della campagna di Sedico. Vivendo in un luogo privo

di lampioni e quindi piuttosto buio, sin da piccolo il contatto col cielo è stato naturale.

Complici le immagini, i documentari, gli articoli proposti dai mezzi di informazione mi sono incuriosito,

avvicinandomi sempre più a questa passione con la speranza di evadere da tutto ciò che è "terrestre".

2) Ti sei da subito buttato sulla fotografia anziché passare, come quasi sempre succede, per l'

osservazione diretta. Come mai? Raccontaci anche i tuoi inizi.

Sono appassionato di fotografia, che tra l’altro è anche il mio campo di lavoro essendo un tecnico .

Paradossalmente la fotografia che pratico fuori dall’ambito astronomico abbraccia soggetti molto piccoli per

mezzo di lenti diottriche (dettagli di insetti, fiori...). Da quasi un anno mi sono buttato sulla fotografia

astronomica. Diciamo quindi che adesso cerco di immortalare l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo.

La prima foto astronomica che ricordo d'aver visto è quella di una cometa nei lontani anni '90 (Hale-Bopp). La

scattò mio zio Max, che allora utilizzava ancora la pellicola. In seguito vidi foto amatoriali di galassie e altri

oggetti, che fino ad allora avevo apprezzato solo sulle riviste e in televisione. La prima cosa che pensai fu:

"Voglio farle anch'io!"-. Così da lì cominciai a documentarmi sull’ astrofotografia, i processi, le camere di

ripresa ecc ecc.

Ho comperato il mio primo strumento meno di un anno fa, un piccolo telescopio rifrattore da 70 mm.

montandolo su un cavalletto fotografico e cominciando ad osservare gli oggetti più luminosi.

In seguito, come da programma, sono passato a una montatura che mi ha permesso di fare le primissime

fotografie. Il 4 luglio 2014, una delle poche notti senza pioggia e senza nuvole di quell’anno, stazionai la

montatura, cercando di ricordare quanto mi aveva spiegato colui che me l'aveva venduta. In seguito collegai la

fotocamera al telescopio, misi a fuoco come meglio potevo e puntai la galassia M 51. Quella fu il mio

battesimo. Indescrivibile l'emozione nel veder comparire quell’ oggetto celeste nel display della fotocamera!

Non potevo crederci di averla ripresa e se dovessi tornare indietro non lo crederei possibile tutt'ora.

Direi che quella prima immagine mi ha motivato a proseguire...

3) Qual' è l'immagine che hai realizzato che ti ha dato più soddisfazione e quale vorresti realizzare?

Lo scatto che mi ha dato più soddisfazioni credo sia stato quello che mi ha permesso la ripresa della mitica

“Testa di Cavallo” in Orione. Da quella ripresa ho capito cosa realmente serve per ricavare una bella immagine:

ore e ore di posa per un singolo soggetto (più di 3 ore in questo caso), senza considerare il resto del tempo

passato al pc per l’elaborazione. In seguito però ci sono state anche altre fotografie di maggiore difficoltà.

Ora che ho fatto un po’ di esperienza sto cercando di costruirmi un vero e proprio setup fotografico per poter

raggiungere l'obiettivo che mi sono segretamente prefissato: veder stampata una mia immagine sulla copertina

di una rivista specializzata!

In ogni caso, passando alla seconda parte della domanda, la risposta è la seguente: vorrei riprendere una estesa

porzione di cielo dello Scorpione contenente anche la “Testa di Cavallo Blu”...Quella zona è di rara bellezza

anche se purtroppo resta molto bassa per la nostra latitudine.

4) Come hai conosciuto "Cieli Dolomitici"?

Faccio una breve digressione per spiegare come entrai in contatto con “Cieli Dolomitici”: nel mio lavoro sono

portato a girare in lungo e in… "alto" per tutta la provincia e ogni volta che passavo per Avoscan di S. Tomaso

notavo un cartello con la scritta "planetario". Mi riproposi di visitarlo prima o poi! Quando decisi di entrare in

questo mondo ricordai quel dettaglio e da quello mi venne il dubbio che potesse esistere un'associazione dove

poter imparare chiedendo consigli su quello che mi ero imposto di voler fare. Mi ritrovai così sul sito

dell'Associazione e dove trovai l’indirizzo e-mail per contattare i responsabili. Mandai quindi una prima mail a

cui rispose Vittorio De Nardin, a cui cominciai a chiedere consigli.

Non saprei cosa aggiungere se non un classico: Cieli sereni!

GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI

15

LA LUNA, LA LEGNA E LE SEMINE... di Eva Gabrieli

La Luna e il taglio della legna

-Dobbiamo finire di fare la legna questa settimana

perché poi c’è la Luna che cresce!-

Quante volte ho sentito dire questa frase a mio papà.

Fin da piccola sono sempre andata con lui a far legna

e ricordo perfettamente come tenesse sempre

d’occhio il calendario che riportava le fasi lunari.

All’inizio non ci facevo molto caso, ma crescendo ho

iniziato a chiedermi cosa potesse centrare la fase

lunare con il taglio delle piante.

Così un giorno dissi ingenuamente a mio padre: -Ma

non sarà la stessa cosa andare a far la legna quando la

Luna cresce anziché quando cala?- Apriti cielo!!!

-Ma estu mata?!- fu la risposta. E subito dopo arrivò

anche la spiegazione.

-Le piante vanno tagliate sempre quando c’è Luna calante altrimenti rimangono piene d’acqua-.

A me continuava a sembrare impossibile che ci potesse essere un’ influenza e quando esposi le mie perplessità

di tutta risposta mi raccontò che una volta gli era capitato di tagliare delle piante con la Luna in fase crescente.

Ebbene, nonostante la legna fosse poi rimasta mesi sotto il sole a seccare, quando fu il momento di bruciarla

nella stufa, “soffiava”, ovvero faceva quel tipico rumore della legna ancora impregnata d’acqua. Cosa invece a

suo dire mai successa con alberi tagliati durante la fase calante del nostro satellite.

Quindi aveva fatto la prova, pensai, non era solo una di quelle storielle che si tramandano di generazione in

generazione ma che poi non sempre trovano riscontri oggettivi. Non potei che dargli ragione, anche se tutt’ora,

se devo essere proprio sincera, nutro ancora dei dubbi a riguardo. Dubbi che non sfiorano di certo mio papà

che a distanza di 40 anni continua a seguire le fasi lunari prima di decidere quando andare nel bosco a far

legna.

La Luna e la semina

Questo è un argomento che sinceramente non mi trova

molto preparata. Non sono una grande appassionata in

questo campo e sicuramente ho sempre preferito andare a

far legna nei boschi piuttosto che lavorare l’orticello.

Però in famiglia è una pratica che ha sempre trovato molto

spazio in quanto mia mamma, da sempre , è una grande

appassionata di tutto ciò che riguarda la terra: dalla cura di

giardini e aiuole alla semina di orti e campi.

Proprio perché la cosa non mi ha mai appassionata un

granché, non mi sono neanche mai interessata alle

specifiche modalità della semina. Però di una cosa sono

certa; anche in questo caso, fin da piccola, ho sempre visto

la mamma controllare il calendario e le fasi lunari prima di

seminare.

Anche a lei ho chiesto se era importante seguire la Luna.

Indovinate la risposta...? –Po crede ben!!-

Mi spiegò che bisogna però fare una distinzione ben precisa. Se si seminano dei prodotti che si sviluppano

sotto il terreno bisogna attendere la Luna crescente per avere un buon raccolto. Al contrario, se ciò che

dobbiamo seminare è ad esempio verdura, che crescerà in superficie, bisogna aspettare la fase calante,

altrimenti le piante “spigheranno”.

Incredibile, pensai, in questo campo la Luna ha un influenza addirittura in fasi diverse!

Poi mi disse che anche lei, come il papà, aveva fatto la prova ed effettivamente aveva notato la differenza.

Io da buona astrofila, sempre alla ricerca di spiegazioni scientifiche “certe” continuo a fare molta fatica a

credere che il nostro satellite possa essere così determinante sul buon raccolto delle patate o sulla qualità della

legna tagliata. Ma come mettere in dubbio secoli di saggezza popolare? Nonostante le mie perplessità,

continuerò quindi a rispettare le tradizioni di famiglia: andrò con il papà nel bosco a tagliare le piante con la

Luna calante e non obbietterò alcunché quando vedrò mia mamma seminare seguendo il suo calendario

lunare . 16

L’ APPARIZIONE DELLA C/2014 Q2 LOVEJOY di Claudio Pra

L’inizio del 2015 è stato caratterizzato dal transito sui

nostri cieli della C/2014 Q2 Lovejoy, una cometa

luminosa che è stato possibile osservare a occhio nudo. L’

”astro chiomato” è apparso a un anno esatto di distanza

dall’ ultimo realmente brillante. Era infatti il dicembre del

2013 quando la C/2013 R1 Lovejoy consolò gli

appassionati rimasti delusi per la sorte toccata alla

attesissima ISON, sbriciolatasi al cospetto del Sole. La R1

raggiunse a sorpresa la visibilità ad occhio nudo e sfoggiò

una coda lunghissima, facile da percepire per qualche

grado anche in visuale. Da quella Lovejoy a un'altra

Lovejoy, accolta con entusiasmo dai cultori delle comete

in crisi di astinenza. L’oggetto è stato scoperto in

Australia il 17 agosto 2014 da un astrofilo piuttosto noto

in campo cometario, Terry Lovejoy. Terry può infatti

vantare ben 16 scoperte. In 11 casi però, queste sono

avvenute passando al setaccio le immagini rilasciate dalla

sonda solare SOHO, messe a disposizione di tutti via

Internet. Non a caso sono state “battezzate” con il nome

della sonda. Le altre 5 le ha invece scovate tramite sue osservazioni e portano quindi il suo nome. Tra queste

ben tre si sono mostrate ad occhio nudo (C/2011 W3, C/2013 R1 e la C/2014 Q2, protagonista di questo

articolo). Per una, la C/2007 E2, è bastato un piccolo binocolo per avvistarla mentre soltanto la C/2007 K5 è

rimasta debole e alla portata di strumenti di un certo diametro. Il buon Terry sembra dunque prediligere le

comete che danno spettacolo. Un nome una garanzia si potrebbe dire.

Inizialmente le previsioni sulla futura luminosità della sua ultima scoperta parlavano di un oggetto piuttosto

luminoso, ma non proprio appariscente. Fare previsioni sulla luminosità di una cometa è però assai complicato.

Spesso si va incontro a grandi delusioni, con oggetti predetti molto luminosi che si rivelano invece

normalissimi. In altri casi (come questo) la cometa può invece stupire, andando oltre le aspettative. Così la Q2

Lovejoy, che doveva forse a malapena mostrarsi a occhio nudo raggiungendo la sesta magnitudine, è invece

salita fino alla quarta magnitudine ed alla facile visibilità senza strumenti. In Italia è stata avvistata alla metà di

dicembre dello scorso anno, ancora bassissima in cielo e immersa tra le costellazioni australi. E’ però subito

apparsa convincente, tanto che da siti appropriati e in presenza di un orizzonte senza foschia è bastato un

piccolo binocolo per osservarla. Io ad esempio, sono stato tra i primi a scorgerla da Passo Giau, in una serata

fredda e ventosa. Man mano si è alzata in cielo e la sua luminosità è aumentata, tanto che è stato possibile

osservarla anche dalle città. Verso fine dicembre era già scesa sotto la quinta magnitudine e nei giorni seguenti

la si è potuta continuare a seguire pur in presenza della Luna. Nemmeno il plenilunio è riuscito a cancellarla!

Verso l’epifania, in concomitanza con il passaggio alla minima distanza dalla Terra (0,47 UA), eccola

raggiungere il picco luminoso toccando la quarta magnitudine. In quel periodo dalla montagna è stato davvero

facile percepirla ad occhio nudo, simile a una nuvoletta ben condensata. Bisognava però sapere dove volgere lo

sguardo e in ogni caso il suo aspetto non aveva niente a che fare con quello della grande cometa che tutti

vedono facilmente. Il “solito” piccolo binocolo ha mostrato la sua estesa chioma e un accenno di tenue coda.

Coda che ha continuato a rimanere difficile anche in strumenti più generosi. Non certamente nelle fotografie

più profonde dove invece ha mostrato tanti dettagli e un aspetto insolito a raggiera. Insomma, decisamente una

bella cometa, a cui la nostra Associazione ha giustamente dedicato una serata osservativa aperta al pubblico.

In seguito la Lovejoy si è allontanata dal nostro pianeta avviandosi verso l’incontro con il Sole, programmato

per il 30 gennaio. Il suo calo luminoso è stato però lentissimo, tanto che ha continuato a rimanere un

bellissimo oggetto ancora osservabile a occhio nudo non solo in gennaio ma anche a febbraio. Successivamente

la sua corsa l’ha portata a scalare letteralmente il cielo, fino a sfiorare la polare raggiungendo una declinazione

di +89° a fine maggio, quando è stato ancora possibile ammirarla con strumenti minimi usati sotto un cielo

buio.

Vogliamo terminare con un bilancio? C’è chi l’ha esaltata e chi è rimasto deluso. Come di consueto la

differenza l’ha fatta il cielo buio, sempre più difficile da trovare. E’ mancata (in visuale) una coda convincente,

questo è vero, particolare che le avrebbe fatto fare il salto di qualità, ma è risultata comunque un facile oggetto

alla portata dei cieli cittadini, osservabile per alcuni mesi in prima serata ben alta in cielo. Davvero splendidi e

indimenticabili i suoi “incontri” con due oggetti del profondo cielo appartenenti al Catalogo Messier,

l’ammasso globulare M 79 nella Lepre e la nebulosa planetaria M 76 nel Perseo. Un ultimo dato che la eleva a

cometa di tutto rispetto: valutando la luminosità massima raggiunta da tutti gli “astri chiomati” passati sui

nostri cieli da inizio millennio, la Q2 Lovejoy in questa classifica va a piazzarsi al settimo posto. Niente male

no?

La Lovejoy nei pressi della nebulosa planetaria

M 76 (foto Claudio Pra)

17

Martedì 13 gennaio abbiamo organizzato una serata aperta al pubblico per osservare la cometa Q2 Lovejoy. Il

meteo si è fortunatamente deciso a darci una mano dopo che in molte, troppe altre occasioni, eravamo stati

beffati dalle nubi. Ovviamente l’osservazione del cielo stellato ha bisogno di condizioni ideali e in passato

molto spesso questo è mancato in occasione di appuntamenti pubblici. Proprio per non andare incontro ad

ulteriori fallimenti abbiamo deciso di cambiare strategia, programmando gli eventi con pochissimo anticipo, in

modo da avere una discreta sicurezza sulla loro riuscita. Ovviamente c’è da mettere sull’altro piatto della

bilancia il poco tempo a disposizione che non permette una capillare informazione in grado di raggiungere tutti

i potenziali interessati. Ma forse il gioco vale la candela.

Tornando all’appuntamento di Cencenighe, inizialmente è stata data una spiegazione su cosa sono le comete ed

è stata fornita qualche informazione sull’ oggetto che di li a poco si sarebbe osservato. Poi via alle osservazioni

imperniate sulla Lovejoy, visibile come un batuffolo tra le stelle riconoscibile a occhio nudo, anche se molto

più appariscente se vista attraverso gli strumenti portati dell’Associazione. Le osservazioni si sono estese poi ad

altri oggetti del periodo come la Grande Nebulosa di Orione, La Galassia di Andromeda, il Doppio Ammasso

stellare del Perseo.

Insomma, una serata molto soddisfacente, con gli intervenuti che hanno dimostrato un grande interesse.

Sabato 7 febbraio presso il ristorante “Al Rustico” in Valle di S. Lucano, si è svolta l’Assemblea annuale della

nostra Associazione. Dopo l’approvazione all’unanimità del bilancio 2014 e del bilancio di previsione 2015 si è

discusso di alcune tematiche tra le quali il forte calo di presenze al Planetario di S. Tomaso, che coincide con

un analogo dato riguardante il Planetario di Feltre. Le stelle non interessano più? Forse non è questo il motivo

delle presenze ridotte, ma la somma di molti fattori tra i quali la crisi econimica (con un minor numero di

turisti), il meteo davvero pessimo del 2014 e i limiti di una struttura inaugurata ormai 11 anni fa. Al termine

dell’Assemblea la ventina di persone intervenute si sono sedute a tavola per la cena sociale.

Venerdì 20 marzo presso il nuovo polo scolastico di Agordo, abbiamo organizzato un’ osservazione pubblica

dedicata all’eclisse parziale di Sole. Le nubi ci hanno provato in tutti i modi a guastare la festa , ma ce l’hanno

fatta solo parzialmente. Inizialmente le condizioni meteo erano davvero scoraggianti, con una cappa grigiastra e

densa che copriva totalmente il cielo non lasciando filtrare nemmeno l’ intensa luce solare. Nel frattempo il

piazzale del polo scolastico si affollava di gente, soprattutto studenti, desiderosi di assistere a un avvenimento

che da noi si ripeterà con una copertura maggiore del disco solare soltanto nel 2026. La prima metà dell’eclisse

è andata completamente perduta ma, quando si cominciava davvero a dubitare di poter seguire anche solo

qualche istante del fenomeno, ecco il Sole fare capolino di tanto in tanto, giocando a nascondino con le nubi.

La copertura nuvolosa ha creato un filtro naturale che ha permesso di ammirare perfino senza filtri solari

l’eclisse. Le condizioni sono di seguito migliorate ulteriormente, costringendo i presenti ad indossare degli

appositi occhiali acquistati dagli astrofili agordini per l’occasione, per guardare il Sole in tutta sicurezza.

Bellissimi i commenti dei tanti bambini presenti in fila dietro ai telescopi, probabilmente i più colpiti da quello

spettacolo.

Anche per questa prima parte del 2015 è continuato l’invio settimanale delle news astronomiche ai Soci che ci

hanno fornito la loro mail. Inoltre abbiamo ampliato la nostra visibilità entrando in Facebook.

ATTIVITA’ DELL’ ASSOCIAZIONE (gennaio-giugno 2015)

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Nuovo Orione e Coelum,

sono le due riviste astronomiche che vi consigliamo.

www.coelum.com

www.astronomianews.it