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per Monti, al 17,42 per PDL, al 25,13 per il Movimento 5 Stelle. Se invece si considerano il totale degli elettori (tabella dei dati IP- SOS, pubblicata dal Giornale del Popolo del 6 marzo u.s.) la stima per il febbraio 2013 era di un 16,99 per il PD e per il PDL, 8,3 per Monti e 2,3 UDC+FLI, Movi- mento 5 Stella al 14,0%; rispetto ad una stima del 2006, il PDL era nettamente in testa col 32,3% dei “cattolici praticanti”, mentre il PD era al 22,8% e l’UDC all’8,7%: ognuno dei partiti precedenti, nel- l’ultima consultazione, avevano cioè perso elettori tra i cattolici praticanti, a favore del Movimento 5 Stelle. Questo fa pensare, secondo Segat- ti, che pure di fronte ad un esplici- to, ancorché cauto endorsement da parte della CEI per il partito di Monti, il segmento dei cattolici praticanti non abbia modificato la tendenza a votare secondo le pro- prie inclinazioni politiche” (nota: salvo lo spostamento dal voto UDC alla lista Monti). “Una tendenza che si è manifestata peraltro da tempo. Il problema delle modalità attraverso le quali i cattolici, nella pluralità delle loro scelte politiche, possono contribuire alla vita cultu- rale e politica del paese rimane tuttavia aperto, anche se la solu- zione per comodità chiamiamo “democristiana” appare una volta di più superata. La novità di que- ste elezioni è semmaio la poca ef- ficacia delle indicazioni sui temi espressamente elettorali provenien- ti dalle istituzioni religiose”. Nelle osservazioni finali dell’analisi del voto, Segatti costata che “continua il pluralismo delle scelte di voto dei cattolici, anzi si rafforza, nonostan- te il più o meno esplicito endorse- ment di un partito da parte delle istituzioni religiose”. Al comportamento elettorale dei cattolici aveva già dedicato un ca- pitolo del volume “Religione all’i- taliana. L’anima del paese messa a nudo” (Il Mulino, 2011) il noto so- ciologo Franco Garelli, dell’univer- sità di Torino. A proposito della collocazione politica tra destra e si- nistra, il 15% dei cattolici si collo- ca a sinistra, il 12,9 nell’area di centro sinistra, il 10,5% al centro, l’11,9% in una posizione di centro destra, il 6,8% a destra mentre il 21,6% rifiuta di collocarsi sull’asse destra-sinistra e di svelare il proprio orientamento, e il 21,3% sembra- no non sapersi orientare (pag. 194). A conferma di questa disper- sione degli elettori cattolici italiani, è particolarmente illustrativo un dato ancora fornito da Garelli, cioè la risposta circa l’unità politica dei cattolici: solo il 7,2% afferma che i cattolici dovrebbero votare per un solo partito cattolico, il 16,8% ri- tiene che i cattolici dovrebbero vo- tare partiti con valori cristiani, il 31% ritengono che i cattolici pos- sono votare partiti diversi che esprimono valori, ma ben il 45% sarebbero coloro che ritengono che i cattolici possono votare per tutti i partiti. Queste percentuali (o specie quella relativa alla scelta per una totale li- bertà) non devono meravigliare, se si considerano i dati esposti da Ga- relli, circa l’interesse che i cattolici italiani portano alla politica: solo il 4% si considera politicamente im- pegnato, contro un 10% di catto- lici adulti che dichiarano di impe- gnarsi in una associazione religio- sa, uno “scarto” che Giorgio Cam- panini aveva già constatato (vedi Aggiornamenti sociali del gennaio 2011), deplorando la poca atten- zione che nella pastorale attuale della Chiesa cattolica viene dedica- to all’impegno politico, malgrado i solenni e ripetuti richiami del Ma- gistero che definiscono la politica la forma superiore dell’amore del prossimo, cioè della carità. Alberto Lepori La rivista IL REGNO di Bolongna, nel numero 1143 del 15 aprile, pubblica una analisi dei risultato delle elezioni politiche italiane del- lo scorso febbraio, firmata da Pao- lo Segatti, che tratta anche del co- siddetto “voto cattolico”, strana- mente ignorato da molti commen- tatori politici, che pure sul tema si erano “sbizzarriti” dopo la clamo- rosa caduta del governo Berlusconi e i tentativi di aggregazione, pro- mossi con un convegno a Todi, pa- trocinato dal cardinale Bagnasco, presidente dei Vescovi italiani, che vi aveva tenuto una relazione. Era seguita la costituzione del governo “apartitico” di Mario Monti, con la presenza di alcuni “cattolici doc” (cioè graditi a Bagnasco, come Or- naghi dell’Università cattolica di Milano, Ricciardi del Movimento San Egidio, ecc.), mentre alla lista Monti avevano aderito dirigenti dell’associazionismo cattolico. Con queste premesse ha particolare in- teresse una analisi del “voto catto- lico” e in particolare dell’insucces- so della lista Monti, cui si era col- legato anche il “resto democristia- no” di Casini. Queste le considerazioni di Segatti al proposito: “Le elezioni del 2013 sono state precedute da una ripre- sa di attenzione al problema delle modalità con le quali i cattolici possono dare il contributo dei loro valori alla vita sociale e politica del paese. Di fronte alla crisi del paese e all’incapacità delle due coalizioni di risolverla il dibattito è talvota sembrato esprimere una sorta di nostalgia verso il passato, nel qua- le il contributo dei cattolici passava attraverso un solo partito. Una no- stalgia peraltro non condivisa dalla gerarchia. Il precipitare della crisi politica ed economica nel 2011 ha portato la Conferenza episcopale italiana ad auspicare che i cattolici, pur nel rispetto del pluralismo del- le scelte di voto, considerassero con particolare attenzione la pro- posta politica guidata dal premier uscente Mario Monti”. “Secondo lo studio preelettorale Itanes, 4 elettori su 10 hanno mo- strato di essere a conoscenza di questa indicazione, mentre solo 1 su 10 ha dichiarato che ne avreb- be tenuto conto. Tra i praticanti settimanali la percentuale che indi- ca correttamente nel partito di Monti la forza politica alla quale la Chiesa guardava con favore non è molto diversa dalla popolazione in fenerale; invece la percentuale di cattolici praticanti che ha dichiara- to che ne avrebbe tenuto conto sale a poco più di 2 su 10. Alla fi- ne la composizione dei maggiori partiti secondo la frequenza alla messa (nota: discutibile dato per “contare” i cattolici) è stata nella sostanza non diversa da quella del 2008”. Non maggiore seguito ha avuto il “manifesto per Roma”, sottoscritto da diverse associazioni cattoliche, pubblicato domenica 2 giugno da “Avvenire”, il quotidiano dell’epi- scopato italiano, che chiedeva ai contendenti al sindacato romano di prendere posizione su alcuni “termi qualificanti” (i soliti); il 4 giugno “Avvenire” titolava “Ale- manno ci sta, Marino lo snobba”, e come Marino fecero molti catto- lici romani, non sostenendo il can- didato più gradito Oltretevere. Secondo una tabella pubblicata da Segatti, i cattolici che frequentano la messa ogni domenica avrebbero votato il 27,62% per il PD e SEL, il 44,03 per Monti, il 36,74 per il PDL, il 25,39 per il Movimento 5 Stelle; mentre coloro che non van- no mai a messa avrebbero votato al 31,05% per PD e SEL, al 19,4 Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale Principia Gli insegnamenti dei cattolici in Europa Pagina III Personaggi Don Pino Puglisi beato e martire Pagina IV Online È possibile sfogliare Pegaso al sito internet: www.riviste-ticinesi.ch Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà no. 84 - 5 luglio Società Un programma culturale per il Canton Ticino Pagina II Primo piano Come hanno votato i cattolici italiani

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per Monti, al 17,42 per PDL, al25,13 per il Movimento 5 Stelle.Se invece si considerano il totaledegli elettori (tabella dei dati IP-SOS, pubblicata dal Giornale delPopolo del 6 marzo u.s.) la stimaper il febbraio 2013 era di un16,99 per il PD e per il PDL, 8,3per Monti e 2,3 UDC+FLI, Movi-mento 5 Stella al 14,0%; rispettoad una stima del 2006, il PDL eranettamente in testa col 32,3% dei“cattolici praticanti”, mentre il PDera al 22,8% e l’UDC all’8,7%:ognuno dei partiti precedenti, nel-l’ultima consultazione, avevanocioè perso elettori tra i cattolicipraticanti, a favore del Movimento5 Stelle.Questo fa pensare, secondo Segat-ti, che pure di fronte ad un esplici-to, ancorché cauto endorsementda parte della CEI per il partito diMonti, il segmento dei cattolicipraticanti non abbia modificato latendenza a votare secondo le pro-prie inclinazioni politiche” (nota:salvo lo spostamento dal voto UDCalla lista Monti). “Una tendenzache si è manifestata peraltro datempo. Il problema delle modalitàattraverso le quali i cattolici, nellapluralità delle loro scelte politiche,possono contribuire alla vita cultu-rale e politica del paese rimanetuttavia aperto, anche se la solu-zione per comodità chiamiamo“democristiana” appare una voltadi più superata. La novità di que-ste elezioni è semmaio la poca ef-ficacia delle indicazioni sui temiespressamente elettorali provenien-ti dalle istituzioni religiose”. Nelleosservazioni finali dell’analisi delvoto, Segatti costata che “continuail pluralismo delle scelte di voto deicattolici, anzi si rafforza, nonostan-te il più o meno esplicito endorse-ment di un partito da parte delleistituzioni religiose”.Al comportamento elettorale deicattolici aveva già dedicato un ca-pitolo del volume “Religione all’i-taliana. L’anima del paese messa a

nudo” (Il Mulino, 2011) il noto so-ciologo Franco Garelli, dell’univer-sità di Torino. A proposito dellacollocazione politica tra destra e si-nistra, il 15% dei cattolici si collo-ca a sinistra, il 12,9 nell’area dicentro sinistra, il 10,5% al centro,l’11,9% in una posizione di centrodestra, il 6,8% a destra mentre il21,6% rifiuta di collocarsi sull’assedestra-sinistra e di svelare il proprioorientamento, e il 21,3% sembra-no non sapersi orientare (pag.194). A conferma di questa disper-sione degli elettori cattolici italiani,è particolarmente illustrativo undato ancora fornito da Garelli, cioèla risposta circa l’unità politica deicattolici: solo il 7,2% afferma chei cattolici dovrebbero votare per unsolo partito cattolico, il 16,8% ri-tiene che i cattolici dovrebbero vo-tare partiti con valori cristiani, il31% ritengono che i cattolici pos-sono votare partiti diversi cheesprimono valori, ma ben il 45%sarebbero coloro che ritengonoche i cattolici possono votare pertutti i partiti.Queste percentuali (o specie quellarelativa alla scelta per una totale li-bertà) non devono meravigliare, sesi considerano i dati esposti da Ga-relli, circa l’interesse che i cattoliciitaliani portano alla politica: solo il4% si considera politicamente im-pegnato, contro un 10% di catto-lici adulti che dichiarano di impe-gnarsi in una associazione religio-sa, uno “scarto” che Giorgio Cam-panini aveva già constatato (vediAggiornamenti sociali del gennaio2011), deplorando la poca atten-zione che nella pastorale attualedella Chiesa cattolica viene dedica-to all’impegno politico, malgrado isolenni e ripetuti richiami del Ma-gistero che definiscono la politicala forma superiore dell’amore delprossimo, cioè della carità.

Alberto Lepori

La rivista IL REGNO di Bolongna,nel numero 1143 del 15 aprile,pubblica una analisi dei risultatodelle elezioni politiche italiane del-lo scorso febbraio, firmata da Pao-lo Segatti, che tratta anche del co-siddetto “voto cattolico”, strana-mente ignorato da molti commen-tatori politici, che pure sul tema sierano “sbizzarriti” dopo la clamo-rosa caduta del governo Berlusconie i tentativi di aggregazione, pro-mossi con un convegno a Todi, pa-trocinato dal cardinale Bagnasco,presidente dei Vescovi italiani, chevi aveva tenuto una relazione. Eraseguita la costituzione del governo“apartitico” di Mario Monti, con lapresenza di alcuni “cattolici doc”(cioè graditi a Bagnasco, come Or-naghi dell’Università cattolica diMilano, Ricciardi del MovimentoSan Egidio, ecc.), mentre alla listaMonti avevano aderito dirigentidell’associazionismo cattolico. Conqueste premesse ha particolare in-teresse una analisi del “voto catto-lico” e in particolare dell’insucces-so della lista Monti, cui si era col-legato anche il “resto democristia-no” di Casini.Queste le considerazioni di Segattial proposito: “Le elezioni del 2013sono state precedute da una ripre-sa di attenzione al problema dellemodalità con le quali i cattolicipossono dare il contributo dei lorovalori alla vita sociale e politica delpaese. Di fronte alla crisi del paesee all’incapacità delle due coalizionidi risolverla il dibattito è talvotasembrato esprimere una sorta dinostalgia verso il passato, nel qua-le il contributo dei cattolici passavaattraverso un solo partito. Una no-

stalgia peraltro non condivisa dallagerarchia. Il precipitare della crisipolitica ed economica nel 2011 haportato la Conferenza episcopaleitaliana ad auspicare che i cattolici,pur nel rispetto del pluralismo del-le scelte di voto, considerasserocon particolare attenzione la pro-posta politica guidata dal premieruscente Mario Monti”.“Secondo lo studio preelettoraleItanes, 4 elettori su 10 hanno mo-strato di essere a conoscenza diquesta indicazione, mentre solo 1su 10 ha dichiarato che ne avreb-be tenuto conto. Tra i praticantisettimanali la percentuale che indi-ca correttamente nel partito diMonti la forza politica alla quale laChiesa guardava con favore non èmolto diversa dalla popolazione infenerale; invece la percentuale dicattolici praticanti che ha dichiara-to che ne avrebbe tenuto contosale a poco più di 2 su 10. Alla fi-ne la composizione dei maggioripartiti secondo la frequenza allamessa (nota: discutibile dato per“contare” i cattolici) è stata nellasostanza non diversa da quella del2008”.Non maggiore seguito ha avuto il“manifesto per Roma”, sottoscrittoda diverse associazioni cattoliche,pubblicato domenica 2 giugno da“Avvenire”, il quotidiano dell’epi-scopato italiano, che chiedeva aicontendenti al sindacato romanodi prendere posizione su alcuni“termi qualificanti” (i soliti); il 4giugno “Avvenire” titolava “Ale-manno ci sta, Marino lo snobba”,e come Marino fecero molti catto-lici romani, non sostenendo il can-didato più gradito Oltretevere.Secondo una tabella pubblicata daSegatti, i cattolici che frequentanola messa ogni domenica avrebberovotato il 27,62% per il PD e SEL, il44,03 per Monti, il 36,74 per ilPDL, il 25,39 per il Movimento 5Stelle; mentre coloro che non van-no mai a messa avrebbero votatoal 31,05% per PD e SEL, al 19,4

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PegasoInserto mensile di Popolo e Libertà

no. 84 - 5 luglio

SocietàUn programma culturaleper il Canton TicinoPagina II

Primo piano

Come hanno votato i cattolici italiani

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Società

Il Cantone e la culturaIn arrivo una nuova Legge per definire i compiti del Cantone nel campo della promozione culturale

Fino ad oggi, il Ticino rientra, conBasilea Campagna, Svitto ed Uri,nella ristrettissima categoria deiCantoni che non dispongono di unaLegge per definire i compiti e gli in-terventi del Cantone nel campo del-la promozione culturale. Eppure gliinterventi non mancano, una politi-ca culturale efficace è svolta dalCantone, una somma non indiffe-rente è investita ogni anno in que-sto campo. (Stando al rendiconto2012 del Consiglio di Stato, circa 35milioni all’anno sono dedicati alleattività culturali e circa 130 sonospesi per gli studi universitari).Questa situazione e questi dati spie-gano ampiamente i motivi che han-no indotto il DECS a mettere in can-tiere quella che era stata inizialmen-te definita “Legge sulla cultura” eche, dopo la consultazione ha op-portunamente assunto il nome di“Legge sul sostegno alla cultura”: iltesto, con il messaggio che l’accom-pagna, è stato licenziato dal Gover-no il 28 maggio di quest’anno ed èpensabile che possa essere approva-to senza troppe difficoltà dal GranConsiglio nei prossimi sei mesi.In questo primo intervento, mi limitoa suggerire due argomenti di rifles-sione in proposito.L’aspetto più innovativo del ragiona-mento del Governo si basa sullaconvinzione che in Ticino “è man-cata fino ad oggi una riflessione ap-profondita sul concetto di cultura”e quindi “il Cantone, pur agendoefficacemente in alcuni settori, nonha mai avuto la possibilità e la ca-pacità di elaborare una vera e pro-pria strategia fondata su una forteprogettualità”. I pochi cenni conte-nuti nel messaggio non permettonodi verificare su quali elementi sia ba-sata questa granitica, e in un certosenso liquidatoria, convinzione: edel resto, questo interrogativo nonè nemmeno molto importante. Re-sta invece il fatto che il testo dellalegge intende far fronte a questecarenze attraverso la messa in ope-ra di una nuova struttura, la Confe-renza cantonale della cultura.Ora, proprio questo punto mi sembradestinato a suscitare perplessità chevanno anche al di là di quelle già

espresse dal PPD nel corso della proce-dura di consultazione. Dato per scon-tato che non si tratta di un doppionenei confronti della Commissione cul-turale consultiva - che ha altri compiti- bisogna pur dire che le finalità e icompiti del nuovo organismo, e so-prattutto la sua composizione, restanoancora nel regno dell’indistinto. La de-finizione (art, 6, cpv. 1) è la seguente:“la Conferenza cantonale della cultu-ra, composta di almeno 11 membri, èun organo consultivo che ha per sco-po di sostenere, nello svolgimento delproprio ruolo in ambito culturale, lecollettività pubbliche e di creare unospazio di consultazione fra queste e gliattori culturali”. Si tratta dunque diuna funzione strategica; e tuttavia nonsi può negare perlomeno l’impressio-ne che alle parole solenni non corri-sponda ancora una visione nitida dellavoro che la Conferenza dovrebbesvolgere. L’impressione è ancora con-fermata dagli accenni un poco confu-si circa i criteri secondo i quali la Con-ferenza sarà composta, che sono inparte rimandati al Regolamento di ap-plicazione: si dice nel commento che“i suoi membri saranno tutti espres-

sione delle comunità pubbliche” e chepoi, dice la legge, “riunisce almenodue volte all’anno rappresentanti delCantone, dei Comuni urbani e dei Co-muni periferici” e poi ancora che “siavvale della consulenza dei vari attoriculturali” e che “dovrà coinvolgere”,conclude il commento, anche i princi-pali organismi culturali già esistenti.Non conoscendo nei particolari lamens che ha suggerito la creazione diquesto organismo, non si possono perora avanzare proposte concrete ed èperciò auspicabile che la discussioneappena iniziata porti un chiarimento: ilminimo che si può dire già oggi è cheil regolamento avrà il suo bel daffare atentare di mettere in ordine i concettidi membri effettivi, rappresentanti ri-uniti, consulenti e coinvolti.Una seconda osservazione di fondo mipare di dover avanzare a propositodella Commissione culturale consulti-va. Questo organismo esiste già oggi,funziona bene ed è confermato e raf-forzato dall’art.7 della Legge. Il suocompito è quello di formulare preavvi-si al Governo circa il valore delle ri-chieste di sussidi avanzate da Comuni,da Associazioni culturali e da singoli

cittadini. Si tratta dunque di una com-missione di specialisti, supportati an-che da alcune sottocommissioni piùsettoriali. Il fatto che sia un gremioconsultivo ha escluso fino ad oggi (co-me lo ha escluso per altre commissio-ni simili) che fosse riconosciuto un di-ritto di ricorso contro le sue decisioni,diritto che invece ritengo indispensa-bile per una ragione di trasparenza e diequità di trattamento. Sempre dalRendiconto governativo, rilevo che 85domande di sussidio inoltrate nell’an-no 2012 non sono state (ancora?) esa-minate e che, di quelle esaminate il20% ha riscosso la qualifica di catego-ria C (“preavviso negativo o non rice-vibili”). Ora, pur facendo atto di com-pleta fede sulle competenze dei com-missari, la mancanza di una via di ri-corso attribuisce alle loro decisioni uncarattere definitivo e assoluto che nondovrebbe trovar posto nelle proceduredemocratiche. A mio modo di vedere,la via di ricorso dovrebbe essere de-finita nella legge e non rinviata al re-golamento.

Giorgio Zappa

Pegaso Venerdì 5 luglio 2013II

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Venerdì 5 luglio 2013 Pegaso III

Riconoscimenti

La teologia di FrancescoUn’intervista pubblicata a marzo da IL REGNOper conoscere meglio Jorge Mario Bergoglio

IL REGNO del 15 marzo pubblicadiversi contributi per illustrare lapersonalità del nuovo papa, tra cuiun’ampia intervista di Mauro Ca-stagnaro, noto giornalista speciali-sta dell’America latina, al padreJuan Carlos Scannone, gesuita ot-tantunenne, già docente in diversiatenei latinoamericani ed europei,compresa la Pontificia universitàGregoriana di Roma, ed ex presidealla facoltà di teologia dell’Univer-sità del Salvador di Buenos Aires

Che cosa pensa dell’ascesa delcard. Bergoglio al soglio di Pietro? II fatto che sia il primo papa “delleAmeriche”, in particolare dell’AmericaLatina, ha un grande valore simbolico,come la scelta del nome Francesco.Jorge Mario è una persona semplice,preoccupata per i poveri, per il rinno-vamento evangelico della Chiesa e perun apostolato “nella città” realizzatoanche per strada e non solo nei tem-pli, come fu quello di san Francescod'Assisi. Jorge Mario ha tre grandiqualità: è un uomo di spiritualità equando era mio provinciale avevo l’im-pressione che governasse sulla basedel discernimento spirituale, almenonei miei confronti: è austero, tanto chea Buenos Aires si spostava in metro-politana o coi microbus e visitava spes-so le villas miserias, sostenendo i pretiche vi lavorano: è determinato, per cuiattuerà i necessari cambiamenti nellaChiesa, ma senza strappi.

Cosa pensa del suo operato nel caso del sequestro, durante lo dittatura, di p. Orlando Yorio e p. Ferencs lalics?P. Jalics ha smentito qualunque lega-me tra Bergoglio e il loro arresto . Losapevo già, perché ero molto amico dip. Yorio, con cui a volte collaboravo sulpiano teologico, e siccome p. Bergo-glio abitava nella mia stessa casa,quando li fecero sparire, mi racconta-va tutto quel che faceva, al pari del ve-scovo vicario di zona, mons. MarioSerra, per sapere dov’erano e ottener-ne la liberazione. I militari negavano diaverli arrestati, ma trapelò la notiziache erano detenuti alla Scuola di mec-canica della Marina (ESMA), e quandosi resero conto che erano innocenti, li

trattennero vari mesi, secondo meperché non sapevano che fare. Alla fi-ne li lasciarono addormentati (proba-bilmente narcotizzati) in un campo.Poi, anche con l'aiuto del provinciale,p. Yorio e p.Ialics ripararono all’esteroper evitare una nuova desaparicion.

Che farà Francesco? Mi aspetto che dia impulso alla nuovaevangelizzazione a partire dall’opzio-ne preferenziale per i poveri, secondol’indole di ogni cultura. Perciò guarde-rà molto all’Africa e stimolerà l’apo-stolato nei confronti dei più miserabi-li, nelle grandi periferie urbane e nel“quarto mondo”. Inoltre promuoveràl’ecumenismo e colloqui a livello mon-diale con le altre religioni, in particola-re con l’ebraismo e l’islam, sulla scortadi quanto ha già fatto in Argentina,dove c’è un dialogo a tre fra queste fe-di e il cristianesimo. Immagino poi chetenterà di diffondere il suo stile di vitaaustero a tutta la Chiesa, la quale cosìsi adatterebbe meglio alla cultura con-temporanea. Terrà, infine, molto con-to del fatto che è vescovo di Roma,certo senza trascurare la Chiesa uni-versale, ma valorizzando la collegialitàe il popolo dei fedeli nel suo insieme.

Che conseguenze avrà lo suaelezione per l'America Latina? Francesco conosce bene la Chiesa delcontinente. È stato relatore alla V Con-ferenza generale dell’episcopato lati-noamericano, svoltasi ad Aparecida, inBrasile, nel 2007, coordinando anchela commissione incaricata di redigerneil Documento conclusivo, per cui cer-cherà di incoraggiare la “conversionepastorale” di cui parla quel testo, so-prattutto mettendo la Chiesa latinoa-mericana “in stato di missione” nellegrandi città. Probabilmente promuo-verà il dialogo coi sindacati e le orga-nizzazioni popolari per favorire unamaggiore giustizia sociale, nonché laricerca di accordi sulle politiche pub-bliche per il bene comune. Valorizzerà,infine, la pietà e la spiritualità popola-ri, specie la devozione mariana tipicadell’America latina.

Come guarderà papa Bergoglioalla teologia latino-americana?Jorge Mario è convinto dell’importan-

za spirituale e pastorale di una buonateologia all’altezza della cultura con-temporanea e di ciascuna cultura par-ticolare. Ritengo che appoggerà l'op-zione preferenziale per i poveri comeluogo ermeneutico per la riflessioneteologica e pastorale latinoamericana.In Argentina ha sostenuto quella cheio chiamo “linea argentina della teolo-gia della liberazione”, da alcuni deno-minata “teologia del popolo”, e pre-sumo che continuerà a promuoverla,senza ignorare altri orientamenti teo-logici.

Quali sono le caratteristichedi questa “teologia del popolo”? Come la teologia della liberazione, uti-lizza il metodo “vedere-giudicare-agi-re”, lega prassi storica e riflessioneteologica, e ricorre alla mediazionedelle scienze sociali e umane. Però pri-vilegia un’analisi storico-culturale ri-spetto a quella socio-strutturale di tipomarxista. È una riflessione sorta nel-l’immediato postconcilio, da una du-plice fonte: il n. 53 della Gaudium etspes, in cui si parla della “cultura” co-me modo di vivere di ciascun popolo,letto nella convinzione che la primaevangelizzazione avesse molto contri-buito a forgiare quella argentina qua-le si manifestava soprattutto nel catto-licesimo popolare: le teorie della socie-tà nate all’Università di Buenos Airesnegli anni Sessanta e fondate sulle ca-tegorie di “popolo” e “antipopolo”,che riconoscevano l’ingiustizia, mamettendo l’accento sull’unità del po-polo piuttosto che sul conflitto, comesarebbe avvenuto usando il concettodi “classe”. Perciò questa corrente sot-tolinea l’importanza della cultura, del-la religiosità e della mistica popolare,

affermando al contempo che a esser-ne gli interpreti più autentici e fedelisono i poveri, con la loro spiritualitàtradizionale e la loro sensibilità per lagiustizia. Questa riflessione alimenta lapastorale dei quartieri popolari e dellevillas miserias.

Qual è la situazione della Chiesaargentina oggi? Negli ultimi 15 anni l’episcopato hamantenuto un dialogo critico con l’e-secutivo, anche se una minoranza divescovi ha un orientamento più con-servatore. Sul piano sociale tutti rico-noscono che la Chiesa è molto avanti,tanto nell’assistenza attraverso la Ca-ritas quanto nella promozione umana,e a volte si scontra col governo perchéla situazione dei poveri è miglioratagrazie agli aiuti statali, ma mancanoinvestimenti produttivi che creino po-sti di lavoro dignitosi. Sui temi morali,come l’aborto e il matrimonio tra per-sone dello stesso sesso, io credo sidebbano difendere la legge naturale ei diritti dei non nati, ma dialogando dipiù con la società civile. Nel caso dellaLegge sul matrimonio ugualitario, setra i vescovi fosse prevalsa la linea dichi voleva attestarsi sull’accettazionedi unioni civili e non quella dell’oppo-sizione radicale, penso si sarebbe po-tuto evitare di veder assurgere al ran-go di “matrimonio” le relazioni omo-sessuali, pur garantendo a tutte le per-sone diritti come l’eredità, pensioni direversibilità, ecc. Secondo me, la ge-rarchia non si è ancora abituata al dia-logo con la società postmoderna, cheesprime un certo relativismo culturale.

Da IL REGNO-ATTUALITÀ, Bolongna, 15 marzo 2013

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Personaggi

Don Pino Puglisibeato e martireucciso dalla mafiaA vent’anni dalla scomparsa del parrocoassassinato a Palermo dai killer di Cosa NostraDon Pino Puglisi, parroco di Bran-

caccio, ucciso dai killer di Cosa Nostrail 15 settembre 1993, è beato. È statoproclamato martire di mafia lo scorso25 maggio, a Palermo, in una celebra-zione presieduta dal card. Paolo Ro-meo. È la prima volta che una vittimadella mafia diventa martire della Chie-sa cattolica. Il percorso che ha portatoalla beatificazione di Puglisi è stato ac-cidentato, fino quasi ad arenarsi, co-me ha raccontato anche il postulatoredella causa, l’arcivescovo di Catanzaromons. Vincenzo Bertolone: vi erano“legitttimi dubbi”, poi superati, sullaquestione dell’assassinio in odium fe-dei (in odio alla fede), elemento rite-nuto imprescindibile dalla Chiesa per ilmartirio cristiano. Del resto si trattava anche di fare i con-ti con alcune contraddizioni che han-no caratterizzato la storia delle relazio-ni secolari fra Chiesa cattolica e mafia:da quella dei mafiosi che rivendicanopubblicamente la loro fede religiosa ela loro appartenenza alla Chiesa, dallasimbolgia del codice mafioso mutuatadalla ritualità cattolica, alle Bibbie tro-vate nelle case dei mafiosi, fino allapartecipazione dei boss in prima fila al-le processioni religiose, e quella degliuomini di Chiesa che hanno intratte-nuto relazioni ambigue con i mafiosi.Dagli anni ‘90 le cose hanno iniziatolentamente a cambiare: nel 1993 ci ful’anatema di papa Wojtyla nella Valledei templi; e nel 2010 il documentodella Cei sul sud d’Italia, nel quale lamafia è definita struttura di peccato.Ma silenzi, omissioni e letture minima-liste restano, come le parole del presi-dente della Cei, card. Angelo Bagna-sco, che alla vigilia della beatificazioneha voluto precisare: “Don Puglisi è sta-

to ucciso in odium fidei, per odio del-la fede, non per anti-mafia; è una let-tura sociologica ed è gravemente ri-duttiva”.Papa Francesco invece, nell’Angelusdel 26 maggio, all’indomani della bea-tificazione, ha detto “Ieri a Palermo, èstato proclamato beato don GiuseppePuglisi, sacerdote e martire, ucciso dal-la mafia nel 1993. Don Puglisi è statoun sacerdote esemplare, dedito spe-cialmente alla pastorale giovanile.Educando i ragazzi secondo il Vangeloli sottraeva alla malavita, e così questaha cercato di sconfiggerlo uccidendo-lo. In realtà, però, è lui che ha vinto,con Cristo Risorto”. “Preghiamo il Si-gnore - ha aggiunto - perché convertail cuore di queste persone. Non posso-no fare questo! Non possono fare dinoi, fratelli, schiavi! Preghiamo perchéquesti mafiosi e queste mafiose si con-vertano; lodiamo Dio per la luminosatestimonianza di don Giuseppe Puglisie facciamo tesoro del suo esempio I”.Dalla questione del martirio si è parla-to all’Istituto Augustinianum di Romalo scorso 31 maggio, durante un’ini-ziativa organizzata insieme a Libera,l’associazione antimafia guidata dadon Luigi Ciotti. Francesco Cocchini(docente di Storia del cristianesimo al-l’università La Sapienza di Roma) hamesso in collegamento l’assassinio delparroco palermitano con quello deiprimi martiri cristiani, entrambi “testi-moni fedeli di Cristo”; il filosofo Au-gusto Cavadi (autore di diverse mono-grafie sulle relazioni fra Chiesta e ma-fia) si è soffermato soprattutto sull’at-tualità e sul modello di Puglisi comeprete e come cittadino. Per Cavadi,“Puglisi è stato un po’ come mons.Oscar Romero, quando ha visto la real-

tà di Brancaccio, si è detto: sono unprete, quindi faccio antimafia. Evan-gelizzazione e promozione umana siintrecciano e si danno senso a vicenda.Puglisi ha capito che fare antimafianon era un optional a Brancaccio, an-zi fare il prete ha comportato per lui fa-re antimagia, come dovere del suostesso ministero. Adesso, con la suabeatificazione, è evidente che per laChiesa e i cattolici non è più possibileessere neutrali e i pastori devono di-fendere la dignità delle loro pecore”.Ma Puglisi è un modello anche comecittadino. “Al di là della retorica diqueste settimane in cui tutti confessa-no di essere stati dalla parte di Puglisi,mi domando se sarebbe stato uccisose la Chiesa e la Chiesa palermitana inparticolare, fosse stata da sempre con-corde con le sue posizioni e i suoi com-portamenti. Il medico Paolo Giaccone

è stato ucciso a Palermo nel 1982 per-ché aveva rifiutato di firmare una dia-gnosi falsa a beneficio di un mafioso,ma siccome da 150 anni i medici falsi-ficavano i certificati per far scarcerare imafiosi, Giaccone venne ucciso per-ché costituiva un’eccezione. E così Li-bero Grassi, il commerciante che perprimo si ribellò e denunciò il pizzo, eral’eccezione che andava eliminata. Equesto vale anche per la Chiesa: sedon Pino avesse fatto quello che tutti,o quasi, i preti facevano da 150 anni,non sarebbe stato ucciso. Quella di Pu-glisi è una testimonianza sovversivache deve spingere la Chiesa, istituzio-ni e cittadini a non girarsi dall’altra par-te, a non accettare collusioni, omissio-ni e silenzi complici”.

Da un testo di ADISTA

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Venerdì 5 luglio 2013 Pegaso V

Riconoscimenti

Orazio Martinetti e il TicinoÈ da poche settimane disponibile il libro dell’autore localesull’economia e sulla socialità tra otto e novecento Già autore, due anni or sono, di uno

studio sui difficili rapporti tra il nostroCantone e la Confederazione (La ma-trigna e il monello. Confederazione eTicino tra dialogo e silenzi, Locarno,Armando Dadò editore, 2011), Ora-zio Martinetti, giornalista della RSI estorico, porta ora la sua attenzione suun periodo fondamentale della nostrastoria, quello compreso tra l’inaugu-razione, nel 1882, della linea ferrovia-ria del San Gottardo, e la fine, nel1918, della prima guerra mondiale. In questo agile volumetto Martinetti sisofferma dapprima su “divisioni e sot-todivisioni ticinesi”, ossia sulla nascitae crescita del Canton Ticino come“prodotto di una rivoluzione dall’al-to”, che a partire dal 1798-1803 congrande fatica porta poco a poco a sta-bilire legami tra comuni e distretti ri-masti per secoli estranei e indifferentigli uni agli altri. Nel capitolo inizialel’autore afferma che “la storia dellaSvizzera italiana è in buona parte sto-ria di dualismi”. Lo sforzo di costru-zione del Ticino - un Cantone “giova-ne”, nato con un fardello di persi-stenze e retaggi - si dispiega nel corsodell’Ottocento lungo tre direttrici: 1.“Fare il Ticino”, ossia mettere a pun-to un quadro politico, amministrativo,giudiziario, viario in grado di avvicina-re centri urbani e villaggi rimasti sepa-rati durante tutto il periodo dei ba-liaggi. 2. “Fare i ticinesi”, cioè creareuno spazio pubblico e un insieme di

valori condivisi intorno ai princìpi re-pubblicani. 3. “Fare di ticinesi deibuoni svizzeri”, ossia farne dei cittadi-ni consapevoli di appartenere adun’unica patria, superiore ai cantoni.Dopo un capitolo dedicato a due pro-tagonisti di grande rilievo della nostrastoria dell’Ottocento, Stefano Fransci-ni e Carlo Cattaneo, l’autore affrontail tema di “sociologia e storia della fer-rovia del Gottardo”. È la Gotthard-bahn, inaugurata del maggio 1882,ad assicurare al Cantone “una spinadorsale” e a permettergli di inserirsinel circuito delle comunicazioni nazio-nali ed europee. Nonostante ciò il Ti-cino rimane fino alla conclusione delsecolo una terra lacerata soprattutto acausa di tensioni politico-ideologiche,che portano tra l’altro l’opinione pub-blica a oscillare nei confronti dellaConfederazione tra un senso d’ab-bandono e tentazioni secessionisti-che.Con la ferrovia giungono tuttavia nelCantone anche funzionari, imprendi-tori e nuove idee. Sorgono l’”indu-stria dei forestieri” e quella del grani-to, e con quest’ultima arrivano anche,assieme a scalpellini e operai, le ideedell’agitazione socialista e sindacale.Le autorità e le aziende si sentono pe-raltro penalizzate dalle “sovrattasse dimontagna”, applicate dalla Gotthard-bahn, prima, e dalle FFS, poi, per il tra-sporto delle merci ticinesi oltralpe. Il clima, tutto sommato di fiducia, av-

viatosi con il 1882 si interrompe non-dimeno negli anni della prima guerramondiale. Le privazioni imposte ai ce-ti popolari provocano proteste e dis-ordini a Lugano e a Bellinzona: lo scio-pero generale proclamato nel novem-bre del 1918 dal comitato di Oltennon ha al Sud della Alpi che una fle-bile eco. Con il tema dello “scioperomancato” e di sindacati e movimento

operaio nel 1918 si conclude questainteressante ricostruzione storica -che raccomandiamo ai lettori - di Ora-zio Martinetti.

Locarno, Armando Dadò editore,2013, 176 pp., 20.- Fr.

Fabrizio Panzera

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Pegaso Venerdì 5 luglio 2013VIII

I piani di aiuto sono stati fatti in ritar-do e con molta reticenza, sperandoinoltre di poter recuperare una partedell’investimento (solidarietà moltoparsimoniosa) così, alla fine, i piani so-no risultati molto più costosi per tuttiche se si fosse giocato la carta della so-lidarietà e del sostegno più pronta-mente. Ma non si può ancora cantarevittoria: la Grecia non rappresentagran cosa, e neanche il Portogallo ol’Irlanda, paesi per i quali anche si èdovuto intervenire. Se le difficoltà fi-nanziarie e di bilancio della Spagna edell’Italia si aggravassero (cosa nonimpossibile), la questione diventereb-be molto più delicata e minaccerebbela stabilità dell’euro. L’instabilità politi-ca dell’Italia non è certo di aiuto.

Euroscetticismo e tendenze centrifugheNell’attuale contesto economico-poli-tico, i cittadini sono in situazione digrave disagio: la disoccupazione con-tinua ad aumentare e la durata deisussidi si riduce un po’ dappertutto; lapressione sui salati è forte; i contrattisalariali sono sempre più precari; il mo-dello sociale europeo (in realtà model-li diversi che tuttavia mostrano unacerta convergenza in rapporto a quel-li degli USA e dell’Asia), che offriva atutti serie garanzie (scuola, sanità,pensionamento), e in particolare ai piùdeboli (sussidi di disoccupazione, sus-sidi familiari, aiuti per l’alloggio, aiutivari per le situazioni di povertà, ecc.)quel modello sociale è sempre più ri-dotto. Come risultato di tutto questoè nato un profondo sentimento popo-lare di diffidenza e di critica nei con-fronti delle istituzioni europee. Som-me gigantesche sono state erogatedagli Stati per salvare le grandi bancheminacciate di fallimento a causa delleloro speculazioni (subprime e derivati),fallimento che avrebbe indubbiamen-te portato al caos. La maggior partedelle banche si è rialzata, ma ora nonsi trovano le risorse per lottare control’impoverimento di grandi settori dellapopolazione. Vari sondaggi dimostra-no che i lavoratori meno qualificati, idisoccupati e i giovani sono quelli checontestano di più L’UE: sono quelli chesoffrono di più. L’Europa è diventata ilcapo espiatorio delle difficoltà sociali,anche se le decisioni più importanti, inquesto campo, sono state prese sia a

livello del Consiglio europeo (cioè deicapi di Stato e di governo), sia a livellonazionale. Il principio “ciascuno persé” delle procedure intergovernativeimpedisce ogni orientamento e ogniazione comune di una qualche aper-tura. Oggettivamente, il funziona-mento delle istituzioni europee è sem-pre meno democratico: sia i parla-menti nazionali che il Parlamento eu-ropeo sono sempre più tagliati fuori acausa del potere crescente del Consi-glio europeo che è molto influenzatodalle esigenze del mercato finanziariomondiale.La minaccia di annacquamento delprogetto europeo pesa notevolmentein questo contesto e assume diverseespressioni. I cittadini si sentono sem-pre più lontani dai processi decisionalieuropei perché non hanno presa su diloro, per quanto riguarda il funziona-mento intergovernativo, dato che ca-pi di Stato e di governo non sono te-nuti a rendere nessun conto ai rispet-tivi parlamenti, e per quanto riguardala crescente complessità della legisla-zione e delle norme europee, divenu-te assolutamente illeggibili. Risultato:la partecipazione alle elezioni europeedal 1979 al 2009 è scesa dal 63% al43%. È chiaro che senza l’adesione daparte dei cittadini, il progetto europeoperde legittimità e, in più, rischia dicrollare.L’Unione è caratterizzata da un’altracontraddizione: il Consiglio europeoassegna all’Unione sempre nuove re-sponsabilità, coesione territoriale, sti-molare l’innovazione, politica energe-tica, ecc., ma continua a ridurre il suobilancio, che è fissato all’1,17% del PILdei paesi membri: in quel periodo eragià stato denunciato il fatto che l’allar-gamento chiedeva uno sforzo supple-mentare. Tale sforzo era stato rifiutatoe, anzi, per i sei anni 2007-2013, que-sta percentuale era stata ridottaall’1,12%. Nell’attuale contesto di cri-si e di austerità, i dibattiti per definireil quadro 2014-2020 sono stati moltocomplicati, il primo ministro britanni-co, David Cameron, aveva dichiaratoche se quella percentuale non fossestata ulteriormente ridotta, avrebbeopposto il suo veto. L’unione si trovaanche di fronte ad una crescita conti-nua sia dei nazionalismi che delle ri-vendicazioni regionali: si verifica cioèun doppio ripiegamento sul perimetro

nazionale nei confronti della realtà eu-ropea, e sul perimetro regionale. Sitratta sempre pi`di regioni più ricchedello Stato che le include, regioni chenon vorrebbero più contribuire al so-stentamento di regioni nazionali piùpovere. Come da parecchi anni è il ca-so delle Fiandre per il Belgio, dei paesibaschi per la Spagna, della Padania(Nord Italia) per l’Italia, della Scozia perla Gran Bretagna. Questo dopo che laex Repubblica della Jugoslavia si èframmentata in tanti Stati indipenden-ti. Nel 2014 ci sarà un referendum sul-l’indipendenza della Scozia. Se vince ilsì, certamente questo influenzerà le al-tre regioni nella loro rivendicazione diautonomia, e questo potrebbe porta-re a una crescente frammentazionedell’Unione europea in una moltitudi-ne di staterelli che renderebbe i pro-cessi decisionali sempre più ingestibili.Infine, c’è il fatto che David Cameronha annunciato che, se nel 2015 verràrieletto, organizzerà un referendumsull’uscita dell’Inghilterra dall’UnioneEuropea. Se vince il sì, cosa che è pos-sibile e nello stato attuale delle coseprobabile (ma Cameron non è ancorastato rieletto!), ci saranno conseguen-ze enormi sull’insieme dell’Unione.Nell’attesa, Cameron fa leva continua-mente sul ricatto e con questa minac-cia impedisce ogni progresso politico.Egli vuole ottenere una rinegoziazionedei trattati nel senso di permettere al-la Gran Bretagna di decidere a qualinorme e politiche aderire e a quali sot-trarsi: un’Europa completamente allacarta. Naturalmente, gli altri paesimembri rifiutano una prospettiva delgenere che dissolverebbe totalmente ilprogetto europeo.

L’avvenire dell’Unione Nella presente congiuntura, la demo-crazia è doppiamente minacciata. Co-me ho sottolineato prima, lo è innan-zitutto al livello più propriamente eu-ropeo, dove il meccanismo comunita-rio è inceppato, visto che il Consiglioeuropeo nei fatti ha preso il potere,senza più controlli parlamentari, siaeuropei che nazionali, mentre la Com-missione ha preso una piega troppotecnocratica. Ma la democrazia è mi-nacciata anche a livello nazionale. Lasofferenza e la delusione di una parteimportante della popolazione, in par-ticolare nelle fasce popolari, lascia

campo aperto ai discorsi populisti,portatori di promesse inattuali, spessoanimati da prospettive nazionaliste an-ti-europee e che alimentano senti-menti islamofobi e anti.immigrati.A questo riguardo. le ultime elezioni inItalia, in Francia, nei Paesi Bassi o inBelgio, anche se in modo diverso, so-no significative, in parecchi paesi èmolto difficile individuare maggioran-ze di governo, e se ci sono, sono fra-gilissime. Alcuni, forse troppo in fret-ta, fanno un parallelo con gli anni ‘30del secolo scorso che hanno portatoalla guerra. Certamente però è inquie-tante questo doppio arretramentodella democrazia. Le situazioni di crisisono state spesso occasioni di pro-gresso per l’istituzione europea, manon c’è mai stata una crisi così pro-fonda come quella di questi anni.Questa crisi ha già portato a degliavanzamenti positivi: progressi versoun’unione bancaria e controllo dellabanche; limitati meccanismi di solida-rietà nei confronti degli Stati a rischiofallimento, dibattiti sulla fiscalità. Nonè certo sufficiente e comunque è in ri-tardo. La via d’uscita sarebbe nella li-nea di un’Europa più federale, di unfederalismo da inventare che non sop-primesse la realtà dello Stato-Nazione(Jacques Delors parlava di una federa-zione di Stati-Nazioni). Si tratterebbeanche di un’Europa a più velocità, coni paesi membri dell’euro a costruire ilnucleo più avanzato. Ma si dovrebbeanche assicurare la coerenza del pro-getto europeo, cosa per niente facile:i paesi membri dell’euro non sonoesattamente quelli dello spazio Schen-gen (più nessun controllo alle frontie-re fra questi paesi), né quelli che sonomembri della Nato.Un crollo dell’Unione avrebbe conse-guenze drammatiche per la maggio-ranza dei cittadini, il suo costo sareb-be enorme, la disorganizzazione giuri-dica e legislativa difficilissima da gesti-re. Attualmente non c’è di che essereottimisti, ma neppure si può dire che ilfallimento sia ineluttabile. Non ci restache sperare, cercando di far crescere ilsenso di responsabilità e di partecipa-zione di ogni paese. Da questo puntodi vista, è notevole la responsabilità as-sociativa.

Ignace Berten, da ESPACES,Bruxelles (testo in KOINONIA)

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Venerdì 5 luglio 2013 Pegaso IX

Mondo

Musulmani nel nostro PaesePubblicate dal Raggruppamento degli svizzeri musulmani alcune raccomandazioni per l’integrazione in SvizzeraLa stampa ha riferito, all’inizio di

maggio, che il Consiglio federale haapprovato un rapporto sul grado diintegrazione dei musulmani in Sviz-zera, costatando che non esistonodifficoltà particolari e non si preve-dono misure speciali di incoraggia-mento. Ma si può sempre fare me-glio, e la decisione dei cittadini sviz-zeri di introdurre nella Costituzionesvizzera il divieto di costruire mina-reti (29.11.2009) ha spinto la Fon-dazione Cordova di Ginevra a costi-tuire un Raggruppamento degli sviz-zeri musulmani (RSM) che ha elabo-rato un testo di “raccomandazioni”,pubblicate nel gennaio 2012, volte a“promuovere l'inclusione e la co-esione”dei musulmani svizzeri, nel-l’intento di “operare la distinzionefra la realtà e i pregiudizi” e di pro-muovere un “impegno comune nel-la società [che] disinneschi paure emalintesi espressi al momento dellavotazione. Il testo è stato pubblicatodalla rivista IL REGNO, n.21 - 2012(1.dicembre 2012) ed è consultabilesul sito www.cordue.ch.. Un docu-mento importante che merita ampiadiffusione presso le autorità ed i me-dia, in quanto esplicita, con direttiveconcrete, l’intenzione dei mussulma-ni svizzeri di inserirsi nella vita politicae sociale svizzera, senza alcuna prete-sa di imporre posizioni tradizionali ointegraliste.Nell’introduzione del testo (di unadecina di pagine, con 11 raccoman-dazioni rivolte a diverse autorità eistanze), si osserva: “La serie di racco-mandazioni che propone il RSM esa-mina quanto si fa attualmente in Sviz-zera per promuovere l’inclusione e lacoesione. Suggerisce modi d’azionecomplementari che permettano aimusulmani che risiedono nel paese dipartecipare pienamente alla vita so-ciale, politica e associativa e di rende-re visibili i propri contributi alla socie-tà. Queste proposte mirano a raffor-zare due ambiti: comunicazione e cit-tadinanza. Il primo, in quanto una mi-gliore informazione e una più ampiaapertura di canali di comunicazionepermetteranno di operare la distin-zione fra la realtà e i reciproci pregiu-dizi e reticenze. Il secondo, affinchél’impegno comune nella società dis-

inneschi paure e malintesi espressi almomento della votazione. Si potrànotare che la maggioranza delle rac-comandazioni in questo documentoè rivolta ai musulmani svizzeri, tradu-cendo così la volontà del RMS d'im-pegnare le proprie comunità e diprendere le distanze da un atteggia-mento attendista nei confronti dellasocietà. E solo unpiccolo ma necessa-rio sforzo da parte ditutti per vivere benenel pluralismo cultu-rale e per sostituire ilrifiuto con il rispet-to. È a questo che laserie delle racco-mandazioni spera dicontribuire”. Tra le raccomanda-zioni degni di particolare attenzione,segnalo la 4. (relativa all’istruzionepubblica), dove si discute dei “corsiscolastici su religione ed etica”, os-servando che “La mancata conoscen-za oggettiva dell'islam e del quotidia-no dei musulmani residenti in Svizze-ra è stata spesso riconosciuta comeuno dei maggiori ostacoli per un’ar-moniosa convivenza fra musulmani enon musulmani nel paese. La scuola

è l’ambiente ideale per offrire alle ge-nerazioni future l’accesso a un'infor-mazione oggettiva e promuovere co-sì una migliore comprensione e ac-cettazione fra diversi gruppi confes-sionali. Questo tema capitale deve es-sere accuratamente inserito nel com-plesso sistema di responsabilità con-diviso fra cantoni e comuni in mate-

ria di pubblica istru-zione, e ciò non-ostante le ristrettez-ze economiche”. Circa i corsi scola-stici su religioni edetica, il documentoricorda come “LaSvizzera attualmen-te elabora per icantoni dei modellidi piani di studio

(Lehrplan 21 e piano di studi roman-do) che comprendono una materiariguardante le diverse religioni e l’e-tica, la quale già è inclusa in granparte degli attuali piani di studiocantonali. Il RSM si rallegra per l’in-tegrazione sistematica nei piani distudio della materia “religioni ed eti-ca”, Raccomanda alle autorità can-tonali di proseguire gli sforzi per ladiffusione, da parte della pubblica

istruzione, di un’informazione og-gettiva sull’islam, sulla vita e suiproblemi dei musulmani in Svizze-ra.” Passando poi a formulare pro-poste concrete, il RSM sottolinea lanecessità di un'adeguata prepara-zione per i professori che trattanoqueste materie e tengono questicorsi. Sottolinea in particolare l’im-portanza di sapere distinguere inproposito fra aspetti religiosi, tradi-zionali e culturali. In una prospetti-va d’arricchimento e di scambio, ilRSM propone di includere espertimusulmani nell’elaborazione delmateriale scolastico, e di cercare ilcontatto con le diverse comunitàdurante i corsi di religione ed eticae di storia. L’esperienza vissuta daalcuni cantoni mostra tuttavia chepuò essere delicato creare modulisull’islam accettabili da tutti, viste ledifficoltà in termini di rappresenta-tività e di diversità fra musulmaniresidenti in Svizzera. Le scuole han-no un ruolo da svolgere anche nellapromozione di una migliore convi-venza fra culture e religioni, conl’organizzazione di attività che evi-denzino i punti in comune e sottoli-neino la differenza come un’oppor-tunità e non come una difficoltà.

OstacoliNon studiare la storiadell’Islam nelle scuolesvizzere è un ostacolo

per un’armoniosaconvivenza?

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Circa poi l’“insegnamento religioso is-lamico nei locali scolastici”, si osservain particolare che “ A livello comunalee secondo l'esempio dell’insegnamen-to religioso delle Chiese cristiane, al-cune scuole mettono a disposizione ipropri locali per l’insegnamento reli-gioso islamico. Queste esperienze so-no documentate in una pubblicazionedella Commissionefederale contro il raz-zismo. Diversi autori presen-tano i vantaggi diquesta pratica: ibambini musulmanisi sentono valorizzatianziché spinti al mar-gine, mentre le auto-rità cantonali hannola possibilità di cono-scere il contenuto e la qualità dell’in-segnamento e reagire qualora neces-sario”. Il RSM suggerisce alle autori-tà comunali di offrire la possibilità ditenere l’insegnamento religioso isla-mico nei locali scolastici ove le basilegali del cantone lo permettono .Concretamente il RSM propone alleautorità comunali di informarsi sulleesperienze dei comuni che hannoattuato questo tipo d’iniziativa, e diavere scambi su modalità e benefici.Inoltre, per sostenere gli insegnantidi religione islamica e migliorare laqualità dell'insegnamento, il RSM

consiglia di attuare una formazioneche sia riconosciuta per imam, assi-stenti spirituali e insegnanti di reli-gione islamica, e suggerisce alle or-ganizzazioni musulmane di cercareuna piattaforma di scambio fra inse-gnanti di religione islamica.Fondamentale anche la raccoman-dazione n.7 relativa ai media, per

le conseguenzeche ovviamenteessi hanno sull’o-pinione pubblica;perciò il RSM rac-comanda alle co-munità musulma-ne in Svizzera dirafforzare e pro-fessionalizzare ipropri contatti coni giornalisti e i me-

dia, e di presentare gli argomentiin maniera propositiva. Suggerisceai giornalisti svizzeri di continuarea formarsi e informarsi a riguardodelle religioni. Particolarmente im-portante l’invito alle comunitàmusulmane di “prendere le distan-ze sistematicamente e attivamenteda qualunque atto di violenza at-tribuito all’Islam” e di creare unpercorso di formazione e un ma-nuale sul lavoro con i media, darealizzare in collaborazione conspecialisti della comunicazione mu-sulmani e i media svizzeri. Infine si

propone anche di creare un pro-gramma di formazione per i mu-sulmani in Svizzera che ambisconoa proporre articoli ai giornali, al fi-ne di aumentare per essi le proba-bilità di venire pubblicati miglioran-do lo stile, la lingua e il contenuto.Segnalo infine la raccomandazione8., relativa ai partiti politici, conl’invito alla partecipazione in quan-to elettori e qualicandidati, e la pro-posta, contenutanella 11. raccoman-dazione, di creareun’unica istituzionedi rappresentanzadei musulmani inSvizzera: “Attual-mente in Svizzeraesiste una moltitu-dine d’associazioni musulmane,che ha realizzato molto negli anniscorsi ma non ha ancora costituitoun’unica istituzione rappresentati-va. L’attuazione di molte delle rac-comandazioni del presente docu-mento sarebbe facilitata da unadefinizione più chiara degli interlo-cutori di riferimento per i mussul-mani svizzeri e da un messaggiounico. Le autorità federali e canto-nali esprimono anche il proprio au-spicio che venga creata una strut-tura formale e democratica deimusulmani di Svizzera, che possa

essere riconosciuta come organiz-zazione di diritto pubblico. Malgra-do tutto, il RSM sa che è impossi-bile comprendere i musulmani sviz-zeri in una categoria unica ed èconsapevole che attualmente è dif-ficile riuscire a stabilire formalmen-te un unica istanza rappresentati-va”. Quale soluzione transitoria, ilRSM propone di realizzare almeno

delle istituzioniunitarie a livellocantonale e fede-rale“ che siano le-gittimate da tutti imusulmani”, com-poste da rappre-sentanti “neutri”e non legati a co-munità specifiche,possibilmente

scelti per mezzo di elezioni.

Ricordiamo che in PEGASO del 24agosto 2012 è stato pubblicato ildocumento sul dialogo tra cristianie musulmani, elaborato dal Grup-po di lavoro della Conferenza deiVescovi svizzeri (pubblicato anchedalla RIVISTA della DIOCESI DI LU-GANO, n.5, maggio 2012).

Alberto Lepori

FormazioneIl RSM raccomanda allecomunità musulmane inSvizzera di rafforzare e

profesionalizzare i propricontatti con i media

www.sxc.hu

RappresentanzaAttualmente in Svizzeraesiste una moltitudine

d’associazioni musulmane;perché non crearne

una sola?

Pegaso Venerdì 5 luglio 2013X

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Riviste

Rivista delle rivisteAMNESTY, trimestrale sui diritti umani della Sezione svizzera di AmnestyInternational, c.p. 3001 Berna.Il numero di maggio 2013 è dedicato alla “Primavera araba: una transizione pe-ricolosa”, con articoli di approfondimento su le donne in Egitto, la questione re-ligiosa in Siria, il disordine civile in Libia, la rivoluzione rubata in Tunisia.

Il CANTONETTO, rassegna letteraria bimestrale, Via Antonio Ciseri 9, 6900Lugano.Il numero doppio 3-4 (giugno 2013) presenta 156 pagine , con una scelta di ar-gomenti. Segnalo una presentazione dei paesaggi nella pittura di Guido Gonza-to (1856-1955), due testi su Fernando Bonetti (1917-2006), un lungo articolo sul-le vicende di Montanelli, prendendo lo spunto dal libro di Renata Broggini, “Pas-saggio in Svizzera”.

CHOISIR, rivista culturale dei gesuiti, rue Jacques-Dalphin 18, 1227 Ca-rouge - Ginevra. Il numero di maggio 2013 (641 ) , dopo una introduzione su “morale, diritto e legge”,discute della omosessualità in relazione al “matrimonio per tutti” deciso in Francia ealla benedizione, proposta dalla Chiesa evangelica vodese, per le coppie in partena-riato alla svizzera. Il direttore padre Longchamp ricorda il ticinese Sergio Regazzoni(1943 - 2009) , cresciuto nella JOC e attivo nell’aiuto umanitario francese, dirigenteper una decina di anni del Centro Lebret di Parigi, alla cui benemerita opera è statodedicato un volume collettivo (François Bellec, Sergio Regazzoni, la solidarité n’a pasfrontières, Beaune, 2011).

CIVITAS, Rivista di società e politica della Società degli studentisvizzeri, Gerliswilstrasse 71, 6020 Emmenbrücke.Il numero 2-2013 è dedicato alla “diaspora” con un’intervista sui cattolici in Su-damerica a mons. Karl Josef Romer, san gallese vescovo di Rio de Janeiro, e unosui cattolici immigrati in Svizzera del dr. Marco Schmid, direttore di Migratio. Undossier dedicato al tema di discussione 2013 “Il servizio di milizia”, mentre vie-ne presentato il programma della Festa Centrale che si terrà a Morat, dal 6 al 9settembre.

COMUNITÀ FAMILIARE, periodico di informazione e riflessione.Nel numero 142 (maggio 2013), due interviste sul tema del divorzio, “e il difficile ruo-lo dei figli”. Vengono presentate diverse attività e commentato il consuntivo finan-ziario del 2012 e il preventivo 2013.

DATI-STATISTICA E SOCIETÀ, Ufficio di statistica della Repubblica e Can-tone Ticino, Via Bellinzona 31, 6512 Giubiasco.Nel fascicolo 1, studi su migrazioni nei Comuni ticinesi, particolarità ticinese nelle vo-tazioni federali, l’aumento dei frontalieri, il riscaldamento del clima in Ticino negli ul-timi decenni, i conti in attivo dei Comuni ticinesi dei frontalieri, diversità della salutedegli anziani secondo lo statuti socioeconomico, ecc. Oltre 100 pagine di dati, graficie commenti, per conoscere il Cantone.

IL GALLO, quaderni mensili, casella postale 1242, 16100 GenovaL’editoriale del numero di giugno commenta senza illusioni la costituzione del nuovogoverno italiano “dalle larghe intese” , che “difficilmente potrà mettere mano alleleggi che dovrebbero restituire speranza, fiducia, democrazia”. Giannino Piana argo-menta, richiamandosi al Vaticano II, per un ricupero della laicità, insidiata in Italia daecclesiastici e atei devoti, e conclude con una speranza in papa Francesco.

NONVIOLENZA, trimestrale d’informazione su pace, non violenza, dirittiumani e servizio civile, casella postale 1303, 6501 BellinzonaNel numero di giugno 2013 viene intervistata Nadia Pittà Buetti, responsabile del-l’Ufficio regionale per il servizio civile di Rivera. Nel 2011 nel Ticino hanno prestatoservizio 882 civilisti per un totale di 57.059 giorni, nel 2012 (con un aumento di circal’11%) 940 civilisti per 63.771 giorni. Si ricorda l’inaugurazione del Centro per la Non-violenza a Bellinzona (Vicolo Von Mentlen 1), aperto ogni venerdì dalle 16.30 alle18.30.

LA POLITIQUE, Magazine d’opinion , c. p.5835, 3001 Berna.

Venerdì 5 luglio 2013 Pegaso XI

Segnalazioni

Il numero 2 (aprile 2013) è dedicato all’innovazione : articoli sulla politica energeti-ca, su tecnica ed ecologia ; sul sistema fiscale ; sulla riforma del sistema pensionisti-co; sul futuro dei media cartacei; sulla ricerca e sulla politica agricola ecc. ecc. FabioRegazzi presenta la Fondazione AGIRE, al servizio dell’innovazione in Ticino.

IL REGNO, quindicinale di attualità e documenti, Via Nosadella 6, Bo-logna.Il numero 1144 (1 maggio) pubblica il documento preparatorio della 47esima Setti-mana sociale dei cattolici italiani che avrà luogo a Torino, il 12-15 settembre, con te-ma: La famiglia, speranza e futuro per la società italiana.

RIVISTA DELLA DIOCESI DI LUGANO, mensili, Curia vescovile, 6901Lugano.Nel numero 1-2 del 2013 (gennaio-febbraio) una riflessione teologica del card. Scoladi Milano su “Chi è la Chiesa” e una rivisitazione del Vaticano II da parte del card.Danneels, arcivescovo emerito di Bruxelles. Sul fascicolo di marzo, un’ampia biogra-fia stesa da Agostino Lurati, di Nicolò Rusca da Bedano, arciprete di Sondrio, ucciso aThusis dalla tortura praticata da un tribunale influenzato da fanatici protestanti, e pro-clamato beato il 21 aprile scorso; lo storico comasco don Saverio Xeres ricorda il “par-roco generoso, vittima innocente”. Mons Grampa commenta il 50esimo del ConcilioVaticano II, concludendo che “Tanto resta da fare, ma il cammino futuro della Chiesanon può essere che nello spirito e nell’indirizzo indicato dal Concilio ecumenico Vati-cano II”. “Per quanto riguarda la Chiesa c’e la convinzione che prima di una struttu-ra gerarchica, essa è il popolo di Dio”: tuttavia il popolo di Dio, compreso quello lu-ganese, aspetta pazientemente le comodità (o l’incoscienza) dei burocrati vaticani chedopo quasi tre anni non hanno ancora trovato un rimpiazzo per lasciare don Mino almeritato riposo... Nel numero di aprile è salutato il nuovo papa, pubblicando tra l’al-tro l’omelia per la messa d’inizio del pontificato, in cui “per favore” chiede a tutti, apartire dai responsabili economici, politici o sociali, di essere “custodi della creazio-ne, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente”. Si infor-ma che il prof. Libero Gerosa ha presentato ai vescovi svizzeri un rapporto elaboratodella commissione “Chiesa e Stato in Svizzera”, che sarà pubblicato prossimamente.

RIVISTA TEOLOGICA DI LUGANO, quadrimestrale, casella postale4663, 6900 Lugano.Il numero 1 del 2013 dedica la maggior parte degli studi al Concilio VaticanoII, “valorizzando la sua retta interpretazione”: una nobile causa, che ha trop-pi e discordanti fautori.

PADERNO DEL GRAPPA (TV), dal 28 luglio al 3 agosto, 50ma. SessioneSegretariato Attività Ecumeniche (SAE), “Condividere e annunciare la parola”,meditazioni, relazioni, gruppo di studio, con Amos Luzzato, Enzo Pace, Piero Ste-fani, Brunetto Salvarani, Carlo Molari, Paolo Ricca, Mario Gnocchi, Giovanni Ce-retti, Traian Valdman ecc. Iscrizioni : sessione.estivaQsaenotizie.it , oppuretel.373.5100524 , ore 16-17 e 19-21, entro il 20 luglio.

GAZZADA (Varese). Dal 3 al 7 settembre 2013, Settimana di storia religiosa,“Popoli, Religioni e Chiese lungo il corso del Nilo”; organizza la Fondazione Am-brosiana Paolo VI, Villa Cagnola (tel.0332,462.104; fax: 0332.463.463).

MONASTERO DI AVELLANA, 6-8 settembre, “Il futuro dei giovani tra Costitu-zione, Cooperazione e Fractio panis”, Agorà con l’abate benedettino Notker Wolf,Umberto Galimberti, Pierluigi Castagneti, Paolo Tonelli, Annalisa Strada ecc. Or-ganizza Gabrielli Editore, Verona.

TORINO, 12-15 settembre, 47.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, su “Fa-miglia, speranza e futuro per la società italiana”.