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sere coordinato con una tale larga au- tonomia? per quali vie può la società garantirsi da derive autoritarie o da forze che perseguissero fini destabiliz- zanti? come coordinare il tutto con il complesso di verifiche internaziona- li sull’efficacia, verifiche che pure l’autore considera essenziali? Mi sono sforzato di leggere questo vo- lume (scritto da un amico di lunga da- ta!) senza lasciarmi influenzare dal mio vissuto e dalle mie esperienze. Ma te- mo di non esserci del tutto riuscito. Se torno col pensiero alle condizioni in cui (quasi un secolo fa) ho frequenta- to le scuole elementari (un solo locale per cinque classi; una sola docente, anziana, per tutte le materie, che noi bambini salutavamo, in paese e in classe, con il termine “Riverisco”, dal significato pertanto a noi piuttosto oscuro!) e confronto questo con le condizioni in cui hanno frequentato i miei nipoti, devo pure concludere che i decenni non sono passati invano. Se rifletto agli sforzi che la nostra scuola media ha compiuto negli ultimi de- cenni proprio per poter perseguire una migliore equità, non mi rallegra sco- prire che sono stati sforzi insufficienti, forse al limite dell’inutilità. Eppure non mi sento in grado di contestare nulla delle tesi del libro di Bottani, un libro- choc che non potrà essere disatteso da chiunque voglia an- cora riflettere sulla scuola. Da parte mia, forse vorrei riservarmi di considerare in più qualche elemento qui poco presente (come per esempio l’esperienza di vita dei ragazzi, o il pe- so della comunità o ancora il rap- porto tra generazioni diverse): tutti elementi che non sono misurabili al- l’interno di un sistema scolastico. Norberto Bottani, è un ticinese re- sidente a Parigi, già alto funziona- rio dell’OCSE. Sono conosciute le sue pubblicazioni su argomenti scolastici: La ricreazione è finita (1986), Professoressa addio (l994), Insegnanti al timone (2002). Giorgio Zappa Il testo più radicale che mi è capita- to di leggere contro la scuola è uscito dalla penna di Denis de Rougemont: “Les Méfaits de l’Instruction publi- que” (1929): era un pamphlet che l’autore scrisse a 23 anni e che poi confermò molti anni dopo con “Suite des Méfaits” (1972) sulla base della constatazione che, in 50 anni, la scuo- la non era affatto cambiata. Non solo: a quel momento, de Rougemont po- teva citare le posizioni di Ivan Illich e di- chiararsi d’accordo con la sua propo- sta di “descolarizzare” la società. Malgrado le apparenze, nessuno dei due libri che ho citati può essere im- parentato con il recente volume di cui intendo parlare: “Requiem per la scuola?” (edizioni Il Mulino, 2013), l’ultima opera di Norberto Bottani. Se escludo questa parentela è perché le posizioni dei due primi autori erano chiaramente in- fluenzate da scelte ideologiche, mentre il libro di Bottani è un testo lucido e sereno, basato su una documenta- zione impressionante e neppure troppo apodittico nelle ipotesi con- clusive: dunque, tutto salvo che un pamphlet. Certo, l’analisi che Botta- ni conduce sulle condizioni in cui versa la scuola a livello mondiale è dolorosa e conduce l’autore all’affer- mazione sorprendente che le diffe- renze fra i vari sistemi non sono poi così importanti per un giudizio; a momenti sembra di intravedere tra le righe un certo scetticismo e quasi una rassegnazione, basata sul risul- tato dell’analisi: nessun sistema sco- lastico fino ad oggi, afferma Bottani, è riuscito ad ottenere nel contempo l’efficienza, l’equità e l’eccellenza. L’indagine PISA, condotta a livello in- ternazionale, permette sì di indivi- duare alcuni paesi (la Finlandia, la Corea, il Canada) dove i risultati sembrano migliori, ma l’autore non li ritiene ancora determinanti per giustificare l’impegno di tante risorse dello Stato, cioè di tutti. E neppure i cambiamenti che la scuola ha attua- to (e magari subito) nell’ultimo mezzo secolo sembrano aver ap- portato grandi miglioramenti, per quanto riguarda la coniugazione delle tre esigenze fondamentali. Da qui scaturisce la tesi di fondo : il re- quiem, che nel titolo del libro è come ipotizzato e sospeso al punto interro- gativo, finisce per diventare una affer- mazione prospettica. Ma attenzione: nel testo il “requiem per la scuola” vie- ne precisato come “requiem per la scuola statale così come è oggi”, non nel senso che la scuola privata venga salvata dal naufragio, ma nel senso che ciò che è messo in discussione è il massiccio e quasi to- talizzante intervento dello Stato che da fi- nanziatore globale delle attività scolasti- che si trasforma in re- golatore di tutto, an- che per le scuole ge- stite da privati e rico- nosciute. La direzione di mar- cia dovrebbe dunque essere quella dell’autonomia scolastica, concetto non nuovo e, a mio modo di vedere, non incompatibile con l’intervento dello Stato, solo se maturasse una sin- cera convinzione politica. Qui appun- to mi pare di dover toccare una grossa difficoltà: la pars costruens del volume parla dell’autonomia solo con qualche esempio e qualche accenno, si argui- sce che si prospetta un’autonomia molto avanzata. Ma molti interrogati- vi restano aperti e dovrebbero essere approfonditi: per quale strada un fi- nanziamento statale massiccio può es- Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale Principia La pace tra tutte le genti di Giovanni XXIII Pagina III Personaggi Ripercorriamo le scelte di Giuseppe Dossetti Pagina IV Online È possibile sfogliare Pegaso al sito internet: www.riviste-ticinesi.ch Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà no. 81 - 12 aprile Società Stanno prendendo piede nuovi metodi di fare beneficienza Pagina II Primo piano Un libro choc sulla scuola Requiem Secondo Bottani nessun sistema scolastico è riuscito ad ottenere nel contempo efficienza, equità e eccellenza Saluto Ai tempi in cui io frequentavo la scuola, quando si incontrava la docente, la salutavamo dicendo “Riverisco”

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Inserto mensile di Popolo e Libertà

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sere coordinato con una tale larga au-tonomia? per quali vie può la societàgarantirsi da derive autoritarie o daforze che perseguissero fini destabiliz-zanti? come coordinare il tutto con ilcomplesso di verifiche internaziona-li sull’efficacia, verifiche che purel’autore consideraessenziali? Mi sono sforzato dileggere questo vo-lume (scritto da unamico di lunga da-ta!) senza lasciarmiinfluenzare dal miovissuto e dalle mieesperienze. Ma te-mo di non essercidel tutto riuscito.Se torno col pensiero alle condizioni incui (quasi un secolo fa) ho frequenta-to le scuole elementari (un solo localeper cinque classi; una sola docente,anziana, per tutte le materie, che noibambini salutavamo, in paese e inclasse, con il termine “Riverisco”, dalsignificato pertanto a noi piuttostooscuro!) e confronto questo con lecondizioni in cui hanno frequentato imiei nipoti, devo pure concludere chei decenni non sono passati invano. Serifletto agli sforzi che la nostra scuolamedia ha compiuto negli ultimi de-

cenni proprio per poter perseguire unamigliore equità, non mi rallegra sco-prire che sono stati sforzi insufficienti,forse al limite dell’inutilità. Eppure nonmi sento in grado di contestare nulladelle tesi del libro di Bottani, un libro-choc che non potrà essere disatteso da

chiunque voglia an-cora riflettere sullascuola. Da parte mia, forsevorrei riservarmi diconsiderare in piùqualche elementoqui poco presente(come per esempiol’esperienza di vitadei ragazzi, o il pe-

so della comunità o ancora il rap-porto tra generazioni diverse): tuttielementi che non sono misurabili al-l’interno di un sistema scolastico.

Norberto Bottani, è un ticinese re-sidente a Parigi, già alto funziona-rio dell’OCSE.Sono conosciute le sue pubblicazionisu argomenti scolastici: La ricreazioneè finita (1986), Professoressa addio(l994), Insegnanti al timone (2002).

Giorgio Zappa

Il testo più radicale che mi è capita-to di leggere contro la scuola è uscitodalla penna di Denis de Rougemont:“Les Méfaits de l’Instruction publi-que” (1929): era un pamphlet chel’autore scrisse a 23 anni e che poiconfermò molti anni dopo con “Suitedes Méfaits” (1972) sulla base dellaconstatazione che, in 50 anni, la scuo-la non era affatto cambiata. Non solo:a quel momento, de Rougemont po-teva citare le posizioni di Ivan Illich e di-chiararsi d’accordo con la sua propo-sta di “descolarizzare” la società.Malgrado le apparenze, nessuno deidue libri che ho citati può essere im-parentato con il recente volume dicui intendo parlare: “Requiem per lascuola?” (edizioni Il Mulino, 2013),l’ultima opera diNorberto Bottani.Se escludo questaparentela è perchéle posizioni dei dueprimi autori eranochiaramente in-fluenzate da scelteideologiche, mentreil libro di Bottani èun testo lucido esereno, basato su una documenta-zione impressionante e neppuretroppo apodittico nelle ipotesi con-clusive: dunque, tutto salvo che unpamphlet. Certo, l’analisi che Botta-ni conduce sulle condizioni in cuiversa la scuola a livello mondiale èdolorosa e conduce l’autore all’affer-mazione sorprendente che le diffe-renze fra i vari sistemi non sono poicosì importanti per un giudizio; amomenti sembra di intravedere trale righe un certo scetticismo e quasiuna rassegnazione, basata sul risul-tato dell’analisi: nessun sistema sco-

lastico fino ad oggi, afferma Bottani,è riuscito ad ottenere nel contempol’efficienza, l’equità e l’eccellenza.L’indagine PISA, condotta a livello in-ternazionale, permette sì di indivi-duare alcuni paesi (la Finlandia, laCorea, il Canada) dove i risultatisembrano migliori, ma l’autore nonli ritiene ancora determinanti pergiustificare l’impegno di tante risorsedello Stato, cioè di tutti. E neppure icambiamenti che la scuola ha attua-to (e magari subito) nell’ultimomezzo secolo sembrano aver ap-portato grandi miglioramenti, perquanto riguarda la coniugazionedelle tre esigenze fondamentali.Da qui scaturisce la tesi di fondo : il re-quiem, che nel titolo del libro è comeipotizzato e sospeso al punto interro-gativo, finisce per diventare una affer-mazione prospettica. Ma attenzione:nel testo il “requiem per la scuola” vie-ne precisato come “requiem per lascuola statale così come è oggi”, nonnel senso che la scuola privata vengasalvata dal naufragio, ma nel sensoche ciò che è messo in discussione è il

massiccio e quasi to-talizzante interventodello Stato che da fi-nanziatore globaledelle attività scolasti-che si trasforma in re-golatore di tutto, an-che per le scuole ge-stite da privati e rico-nosciute.La direzione di mar-

cia dovrebbe dunque essere quelladell’autonomia scolastica, concettonon nuovo e, a mio modo di vedere,non incompatibile con l’interventodello Stato, solo se maturasse una sin-cera convinzione politica. Qui appun-to mi pare di dover toccare una grossadifficoltà: la pars costruens del volumeparla dell’autonomia solo con qualcheesempio e qualche accenno, si argui-sce che si prospetta un’autonomiamolto avanzata. Ma molti interrogati-vi restano aperti e dovrebbero essereapprofonditi: per quale strada un fi-nanziamento statale massiccio può es-

PegasoI n s e r t o d i c u l t u r a p o l i t i c a e d i p o l i t i c a c u l t u r a l e

PrincipiaLa pace tra tutte le genti diGiovanni XXIIIPagina III

PersonaggiRipercorriamo le scelte diGiuseppe DossettiPagina IV

OnlineÈ possibile sfogliarePegaso al sito internet:www.riviste-ticinesi.ch

PegasoInserto mensile di Popolo e Libertà

no. 81 - 12 aprile

SocietàStanno prendendo piede nuovimetodi di fare beneficienzaPagina II

Primo piano

Un libro choc sulla scuola

RequiemSecondo Bottani nessun

sistema scolastico è riuscitoad ottenere nel contempo

efficienza, equità e eccellenza

SalutoAi tempi in cui io

frequentavo la scuola,quando si incontrava ladocente, la salutavamo

dicendo “Riverisco”

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Società

Nuovi metodi di beneficenzaI miliardari americani e la filantropia cataliticaÈ giusto donare soldi in questa maniera?Annualmente gli organi di stampa

economici e le riviste di costume fan-no i conti in tasca ai ricchissimi del pia-neta. Singoli individui o famiglie conpatrimoni da fare invidia a numerosiStati nazionali. Proprio di miliardari, avolte eccentrici altre discreti, vogliamoparlare in questa occasione. Non deisuper-ricchi di casa nostra, ma di quel-li d'oltreoceano che hanno deciso chele loro fortune pressoché inesauribilipotessero essere investite diversamen-te. Una nuova era della filantropia chenon manca di far discutere per l'im-portanza dei mezzi finanziari messi adisposizione e per gli scopi ai quali so-no destinati.

Miliardari filantropiDonare in vita almeno il 50% dei pro-pri averi. Una promessa impegnativaalla quale hanno deciso di aderire cir-ca un centinaio miliardari americani.L'iniziativa si chiama “The Giving Pled-ge” ed è stata lanciata nel 2010 dalfondatore di Microsoft Bill Gates e dal-la moglie Melinda insieme al finanzie-re Warren Buffet (che da parte sua hadeciso di donare il 99% della sua for-tuna). Un'idea singolare che ha in bre-ve tempo raccolto i favori di perso-naggi come il sindaco di New York Mi-chael Bloomberg o il banchiere Rocke-feller, senza dimenticare il giovane in-ventore di Facebook Mark Zucker-berg. Obiettivo del progetto è quellodi convincere il maggior numero pos-sibile di ricchissimi a devolvere almenola metà del proprio capitale a cause fi-lantropiche o ad organizzazioni carita-tevoli di loro scelta. Al lancio dell'ini-ziativa i promotori si proponevano diconvincere un numero sufficiente difacoltosi americani con lo scopo diraggiungere la cifra da capogiro di 600miliardi di dollari da destinare in bene-ficenza. Il Giving Pledge stabilisce al-cune regole a cui i partecipanti devo-no sottostare, ma non impone parti-colari limiti né all’entità economicadelle singole iniziative benefiche, néalle loro tipologie. Secondo dati forni-ti dal sito ufficiale del progetto a set-tembre 2012 i donatori avevano unaetà compresa fra i 28 e i 97 anni, men-tre gli ambiti di intervento risultavanoi più diversi (dalla sanità, all'educazio-ne, passando per la ricerca medica, i

servizi sociali e l'ambiente). La lista dei“paperoni generosi” è consultabile sulsito web dell'iniziativa (www.thegi-vingpledge.org) dove si possono an-che leggere le lettere che i protagoni-sti dell'azione hanno scritto per moti-vare la propria adesione.

Un club esclusivo per soli miliardariLa filantropia ha origine antiche e si èevoluta nei secoli. La sua concezionemoderna è la conseguenza del rapidosviluppo del capitalismo e delle dis-uguaglianze sociali ed economicheche ne sono conseguite. Nonostantela crisi, sembrerebbe che molti di quel-li che appartengono alla ristretta cer-chia dei miliardari sono consapevoli ditali disparità. La scorsa estate i promo-tori di The Giving Pledge - Buffet e i co-niugi Gates - con la collaborazionedella nota rivista Forbes hanno chia-mato a raccolta facoltosi filantropiprovenienti da tutto il mondo, tutti mi-liardari o quasi, per discutere in unacerchia ristretta delle grandi sfide a li-vello planetario. Al centro del dibattitonon solo gli obiettivi condivisi, le espe-rienze di ciascuno, ma anche i tempi ele modalità di intervento. A differenzadel passato, si è rilevato come anche inambito benefico le azioni vengono ge-stite vieppiù in mondo imprenditoria-le, affinché risultino il più efficace pos-sibili. Inoltre, i nuovi benefattori vo-gliano veder realizzate le stesse in unarco di tempo piuttosto breve, in ognicaso mentre sono ancora in vita.

La beneficenza secondo Bill GatesFra i grandi ispiratori di questa nouvel-le vague vi è l'uomo più ricco del mon-do, Bill Gates, che a partire dagli anniNovanta insieme alla moglie Melindaha progressivamente lasciato gli ufficidella sua azienda per dedicarsi a nu-merosi progetti di beneficenza. In oc-casione del Summit organizzato daForbes Gates ha presentato il concet-to di “filantropia catalitica”. Un nuovomodo di fare beneficenza, basato sul-la capacità di rispondere ai bisogni nonpercepiti dal mercato per renderli eco-nomicamente interessanti. Un sistemacapace di combinare la forza innova-trice della libera impresa al ruolo sussi-

diario dello Stato nei confronti dellesue componenti più deboli. Nel suodiscorso davanti alla platea di miliar-dari ha ripercorso il metodo di lavorodella sua fondazione, riferendosi inparticolare alle campagne di vaccina-zione nei paesi in via di sviluppo. Conl’iniezione di fondi per l’acquisto diprodotti farmaceutici contro le malat-tie diffuse nei paesi poveri o alle ma-lattie rare, le aziende del settore sonostate spinte a considerare nuovamen-te l'importanza di determinati prodot-ti, gli Stati ad incentivare la ricerca,provocando così un positivo circolo vi-zioso. Secondo Gates, grazie ad inve-stimenti ben mirati, dal 2000 questomodo di procedere ha permesso divaccinare oltre 250 milioni di bambi-ni e ha impedito più di 5 milioni dimorti.

È tutto oro ciò che luccica?Chiunque con una fortuna stimata aoltre 60 miliardi di dollari, verrebbe dadire, dedicherebbe una parte del suopatrimonio al prossimo. Da parte suala filosofia di Bill Gates in merito è mol-to chiara: chi ha ricevuto molto, hal’onore e la responsabilità di restituirealla società le risorse di quanto avutonel miglior modo possibile. La fonda-zione dei coniugi Gates finanzia nu-merosi progetti a livello planetario perun importo che si stima attorno ai 2,5miliardi l'anno. Si pensi, per esempio,

che la fondazione ha devoluto per il2012-2013 oltre 220 milioni di dollariall'Organizzazione Mondiale della Sa-nità, salendo sul podio dei donatoripiù generosi, superata unicamente da-gli Stati Uniti d'America. Secondo al-cune inchieste, si stima che sull'impor-to dei contributi che formano il bud-get dell'OMS circa il 20% provengadai finanziamenti fissi degli Stati mem-bri, mentre il restante 80% da dona-zioni volontarie di privati o di Stati cheintendono sostenere determinati pro-grammi piuttosto che l'istituzionestessa. Un dato che non lascia indiffe-renti e che apre il dibattito a numerosiinterrogativi sull'influenza esercitatadai facoltosi benefattori sui program-mi e sulle priorità degli organi sovra-nazionali. Gli stessi coniugi Gates inquesti anni sono stati duramente at-taccati per la scelta di sostenere unprogramma internazionale per lapromozione della pianificazione fami-liare nei paesi in via di sviluppo o peralcuni progetti nel settore agricolo. Inun sistema globale dove le informa-zioni corrono sulla rete non mancanole lodi, ma nemmeno le critiche a que-sti attori che si muovono con grandediscrezione e influenza sullo scacchie-re della governance mondiale.

Nathalie Ghiggi Imperatori

Pegaso Venerdì 12 aprile 2013II

www.sxc.hu

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Principia

Dalla “Pacem in terris”La pace tra tutte le genti di Giovanni XXIIIAlcuni indicazioni sull’impegno politico

Venerdì 12 aprile 2013 Pegaso III

DIRITTO ALLA SICUREZZA GIURIDICA

(25) Fondamentale diritto della persona è pure la tutela giuridicadei propri diritti: tutela efficace, imparziale, informata a criteriobbiettivi di giustizia. Dall’ordinamento giuridico, voluto da Dio,promana l’inalienabile diritto dell’uomo alla sicurezza giuridica, e con ciò stesso ad una sfera concreta di diritto, protetta contro

ogni arbitrario attacco.

OGNI ESSERE UMANO È PERSONA

(8) In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona,

cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri

che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò

universali, inviolabili, inalienabili.

IL DIRITTO A PARTECIPARE

(24) Dalla dignità della persona scaturisce il diritto di prendereparte attiva alla vita pubblica e addurre un apporto personale

all’attuazione del bene comune. L’uomo, come tale, lungi dall’esser l’oggetto e un elemento passivo della vitasociale, ne è invece e deve esserne e rimanerne, il soggetto,

il fondamento e il fine.

I DIRITTI DI OGNI PERSONA(10) Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità

fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenoredi vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione,

il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi socialinecessari; ed ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia,

di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza

per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

VASTO CAMPO DI COLLABORAZIONE

(158) Le linee dottrinali tracciate nel presente Documento scaturiscono o sono suggerite da esigenze insite nella stessa natura umana, e rientrano per lo più nella sfera del diritto naturale. Offrono quindi ai cattolici un vasto campo di incontri e di intese tanto con i cristiani separati

da questa Sede Apostolica, quanto con esseri umani non illuminati dalla Fede in Gesù Cristo, nei quali però è presente la luce della ragione ed è pure presente ed operante l’onestà naturale. In tali rapporti i nostri figli siano vigilanti per essere sempre coerenti con se stessi, per non venire mai a compromessi riguardo alla religione e alla morale. Ma nello stesso tempo siano e si mostrino animati da spirito

di comprensione, disinteressati e disposti ad operare lealmente ne ll'attuazione di oggetti che siano di loro natura buoni o riducibili al bene.

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Personaggi

Giuseppe Dossetti,un profeta del Novecento Nel centenario della nascita, ripercorriamo lescelte di un uomo vissuto di fede e di politica

Ricorre quest’anno il centenariodella nascita di Giuseppe Dossetti(Genova, 13 febbraio 1913) e lasua personalità va ricordata, spe-cialmente per raccoglierne una ere-dita ancora in parte da valorizzare.Studioso e professore di diritto,dopo aver parteci-pato alla Resistenzacontro l’occupazio-ne nazista dell’Ita-lia, fu membro del-l’Assemblea costi-tuente e depuratonelle file della De-mocrazia Cristiana,di cui rimase vicese-gretario fino al1951, in contrappo-sizione dialettica con De Gasperi.In quell’anno scelse di ritirarsi dal-la vita politica e accademica e aMonteveglio (Bologna) fondò lacomunità monastica della PiccolaFamiglia dell’Annunziata; nel 1959fu ordinato sacerdote dal card.Giacomo Lercaro,arcivescovo di Bo-logna, di cui fucollaboratore du-rante il ConcilioVaticano II. Dallafine degli anni ’60si dedicò alla vitamonastica, fino aquando, nel 1994,la sua voce tornò afarsi sentire in di-fesa della Costituzione italiana, mi-nacciata di stravolgimento per unariforma promossa dal Governo Ber-lusconi. Morì a Monteveglio il 15dicembre 1996. Il suo profilo può essere ricostruito

attorno a due esperienze, quellapolitica e quella religiosa. Sul pri-mo versante Giuseppe Dossetti,membro dell’Assemblea costituen-te (25 giugno1946 - 22 dicembre1947), non considerò la politica inuna logica di “cristianizzazione”

della società o diuna ideologia cat-tolica; è questol’impegno che mi-se nella stesuradegli articoli 2 e 3della Costituzio-ne, che recepisco-no un’idea plura-listica della socie-tà, totalmente ri-spettosa dei diritti

originari della persona, singola oassociata. Questi diritti sono colle-gati a un corrispettivo di solidarie-tà, con l’obiettivo di raggiungereun’uguaglianza sostanziale non so-lo formale, tra i cittadini-persone.A Dossetti, interlocutore privilegia-

to della Segreteriadi Stato vaticana,si deve poi l’impo-stazione dell’artico-lo 7 che regola irapporti tra lo Sta-to e la Chiesa cat-tolica, con il richia-mo ai Patti latera-nensi del 1929. Lasua azione politicasi dedicò anche al-

la ricerca di risposta alla grande cri-si dell’Occidente originatasi neglianni ’30, che comportò un ripensa-mento integrale della politica. PerDossetti, questo impegno si esplici-tò nella ricerca di una sintesi pro-

pulsiva tra Stato e mercato, o nel-l’individuazione di posizioni innova-tive sulla scena internazionale, pri-vilegiando in politica estera la pro-spettiva europea, rispetto a quellagenericamente occidentale, e le di-mensioni politiche su quelle milita-ri: ad esempio nel 1949 si opposeall’ingresso dell’Italia nella Nato.Sul versante dell’impegno ecclesia-le, Dossetti partecipò al ConcilioVaticano II in qualità di teologo diLercaro. Durante i lavori si compor-tò come un “partigiano”, come luistesso si definì. I nodi tematici suiquali il suo contributo è stato par-ticolarmente significativo vanno dalrilievo determinante del battesimocome fonte dell’appartenenza allaChiesa, alla collegialità episcopale.Dossetti si adoperò perché, attra-verso la riforma liturgica e alla suariorganizzazione interna, la Chiesa

recuperasse un’essenzialità e unapovertà che ne rendesse più acces-sibile il messaggio da parte degliuomini di allora (e di oggi). In que-gli anni attinse all’esperienza del-l’Assemblea costituente, per pro-porre innovative e funzionali modi-fiche regolamentari nello svolgi-mento dei lavori conciliari. PerDossetti il Concilio “finì troppopresto”; nell’ultimo trentennio del-la sua vita fu la Piccola Famigliadell’Annunziata il luogo in cui vis-se più compiutamente la riformaconciliare.

(da un testo di Chiata Tintori, del-la redazione di AGGIORNAMENTISOCIALI, Milano, febbraio 2013.Una biografia di Dossetti è statapubblicata in PEGASO del 2 aprile2010, a cura di Lorenzo Planzi).

Pegaso Venerdì 12 aprile 2013IV

FedeSi adoperò affinché la Chiesa recuperasse

un’essenzialità e una povertàche ne rendesse più

accessibile il messaggio

PoliticaA Giuseppe Dossetti, l’Italia deve l’articolo 7 che regola i rapporti tra lo Stato e la Chiesa

cattolica

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Venerdì 12 aprile 2013 Pegaso V

Società

Una Chiesa che rinunciaai simboli e privilegi del potereCon le sue azioni papa Francesco sembra riprendere il Patto delle catacombe

Pochi giorni prima della chiusura delVaticano II, il 16 novembre del 1965,una quarantina di Padri conciliari, do-po aver celebrato l’Eucaristia nelle ca-tacombe di Domitilla, a Roma, firma-rono il “Patto delle catacombe”, diret-to ai fratelli nell’Episcopato, con l’invi-to a portare avanti una vita di povertà,per una Chiesa serva e povera, comeaveva suggerito papa Giovanni XXllI.Tra i proponenti del testo il vescovodon Helder Camara, e tra i firmatarimolti brasiliani e latino-americani chesi impegnavano a rinunciare a tutti isimboli e ai privilegi del potere e a met-tere i poveri al centro del loro ministe-ro pastorale, un anticipo della “Teolo-gia della liberazione”, che sarebbe na-ta negli anni seguenti.Il nuovo Papa Francesco, già col suonuovo nome, e nei suoi primi discorsie gesti sembra aver ripreso la richiesta,formulata da molti, laici e presbiteri,per una “Chiesa povera e dei poveri”,e l’ha ribadito ai giornalisti: “Quantovorrei una Chiesa povera e per i pove-ri” (16 marzo). In consonanza con lasua speranza, pubblichiamo quindi il“Patto delle catacombe”, perché lopossa attuare in tutta la Chiesa catto-lica, a cominciare dalla curia vaticana.

Noi Vescovi riuniti nel Concilio Vaticano IIIlluminati sulle mancanze della nostravita di povertà secondo il Vangelo; sol-lecitati vicendevolmente ad una inizia-tiva nella quale ognuno di noi vorreb-be evitare la singolarità e la presunzio-ne, in unione con tutti i nostri Fratellinell’Episcopato, contando soprattuttosulla grazia e la forza di Nostro Signo-re Gesù Cristo, sulla preghiera dei fe-deli e dei sacerdoti della nostre rispet-tive diocesi; ponendoci col pensiero ela preghiera davanti alla Trinità, allaChiesa di Cristo e davanti ai sacerdotie ai fedeli della nostre diocesi; nell’u-miltà e nella coscienza della nostra de-bolezza ma anche con tutta la deter-minazione e tutta la forza di cui Diovuole farci grazia, ci impegniamo aquanto segue: • Cercheremo di vivere come vive or-dinariamente la nostra popolazioneper quanto riguarda l’abitazione, l’ali-mentazione, i mezzi di locomozione e

tutto il resto che da qui discende (Mt5,3; 6,33s; 8,20). • Rinunciamo per sempre all’apparen-za e alla realtà della ricchezza, special-mente negli abiti (stoffe ricche, colorisgargianti), nelle insegne di materiapreziosa (questi segni devono essereeffettivamente evangelici) (Mc 6,9; MtIO,9s; At 3,6: né oro né argento). • Non possiederemo a nostro nomebeni immobili, né mobili, né conto inbanca, eccetera; e, se fosse necessarioaverne il possesso, metteremo tutto anome della diocesi o di opere sociali ocaritative (Mt 6,19-21; Lc 12,33s). • Tutte le volte che sarà possibile, af-fideremo la gestione finanziaria emateriale nella nostra diocesi ad unacommissione di laici competenti econsapevoli del loro ruolo apostoli-co, al fine di essere, noi, meno am-ministratori e più pastori e apostoli(Mt 10,8; At 6,1-7). • Rifiutiamo di essere chiamati, oral-mente o per scritto, con nomi e titoliche significano grandezza e potere(Eminenza, Eccellenza, Monsignore,...). Preferiamo essere chiamati con ilnome evangelico di Padre (Mt 20,25-28; 23,6-11; Jo 13,12-15). • Nel nostro comportamento, nellenostre relazioni sociali, eviteremoquello che può sembrare un conferi-mento di privilegi, priorità, o anche diuna qualsiasi preferenza, ai ricchi e aipotenti (banchetti offerti o accettati,classi nei servizi religiosi) (Lc 13,12-14;lCor 9,14-19). • Eviteremo ugualmente di incentivareo adulare la vanità di chicchessia, conl’occhio a ricompense o a sollecitaredoni o per qualsiasi altra ragione. Invi-teremo i nostri fedeli a considerare i lo-ro doni come una partecipazione nor-male al culto, all’apostolato e all’a-zione sociale (Mt 6,2-4; Le 15,9-13;2Cor 12,4).• Daremo tutto quanto è necessariodel nostro tempo, riflessione, cuore,mezzi, ecc., al servizio apostolico epastorale delle persone e dei gruppilaboriosi, economicamente deboli epoco sviluppati, senza che questopregiudichi le altre persone e gruppidella diocesi. Sosterremo i laici, i re-ligiosi, i diaconi o i sacerdoti che il Si-gnore chiama ad evangelizzare i po-veri e gli operai, condividendo la vi-

ta operaia e il lavoro (Lc 4, 18s; Mc6,4; Mt 11,4s; At 18,3s; 20,33-35;ICor 4,12 e 9,1-27). • Consci delle esigenze della giustiziae della carità e delle loro mutue rela-zioni, cercheremo di trasformare leopere di beneficenza in opere socialifondate, per l’appunto, sulla carità esulla giustizia, che tengano conto ditutti e di tutt0. come un umile servizioagli organismi pubblici competenti(Mt 25, 31-46; Lc 13, 12-14 e 33 s).• Opereremo in modo che i responsa-bili del nostro Governo e dei nostri ser-vizi pubblici decidano e attuino leggi,strutture e istituzioni sociali necessariealla giustizia, all’uguaglianza e allo svi-luppo armonico e totale dell’uomotutto in tutti gli uomini, e da qui, al-l’avvento di un altro ordine sociale,nuovo, degno dei figli dell’uomo e deifigli di Dio (At 2,44s; 4,32-35; 5,4;2Cor 8 e 9 interi; 1 Tim 5,16). • Poiché la collegialità dei vescovi tro-va la sua più evangelica realizzazionenel farsi carico comune delle moltitu-dini umane in stato di miseria fisica,culturale e morale - due terzi dell’u-manità - ci impegniamo: - a contribuire, nella misura dei nostrimezzi, a investimenti urgenti a favoredegli episcopati di nazioni povere; - a richiedere, insieme agli organismi

internazionali, ma testimoniando ilVangelo come ha fatto Paolo VI al-l’ONU, l’adozione di strutture eco-nomiche e culturali che non fabbri-chino più nazioni proletarie in unmondo sempre più ricco che perònon permette alle masse povere diuscire dalla loro miseria. • Ci impegniamo a condividere, nellacarità pastorale, la nostra vita con inostri fratelli in Cristo, sacerdoti, reli-giosi e laici, perché il nostro ministerocostituisca un vero servizio; pertanto:- ci sforzeremo di “rivedere la nostravita” con loro; - formeremo collaboratori che sianopiù animatori secondo lo spirito, checapi secondo il mondo; - cercheremo di essere il più umana-mente presenti, accoglienti; - saremo aperti a tutti, quale che siala loro religione (Mc 8,34s; At 6,1-7;l Tim 3,8-IO).• Tornati alle nostre rispettive diocesi,faremo conoscere ai fedeli delle nostrediocesi la nostra risoluzione, pregan-doli di aiutarci con la loro comprensio-ne, il loro aiuto e le loro preghiere.

Aiutaci Dio a essere fedeli. Testo ripreso da ADISTA, Segni Nuovi,

n.21, 21 febbraio 2009.

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Fede

Pegaso Venerdì 12 aprile 2013VIII

Una nuova evangelizzazioneAnalisi dei mutamenti della Chiesa nel corso degli anniCome vivono i giovani il rapporto con la fede cristiana?Dalla recente indagine condotta dal-

l’Eurisko e analizzata da Garelli e daisuoi collaboratori, sulla religiosità degliitaliani (Religione all’italiana. L’animadel paese messa a nudo, Il Mulino, Bo-logna 2011), viene anzitutto rimessain discussione l’idea di una presuntaeccezione dell’Italia rispetto ad un’Eu-ropa sempre più secolarizzata. La pe-culiarità della situazione italiana, deri-vante dallo stretto legame con il catto-licesimo, dalla ricca presenza dellestrutture del mondo cattolico nella so-cietà e dal forte interventismo pubbli-co della gerarchia, solo parzialmente simanifesta in un maggiore riferimentoal simbolismo religioso che si esprimeattraverso il ricorso ai sacramenti neimomenti forti della vita, come nascita,matrimonio e morte, anche data l’as-senza di una simbologia laica. Soprat-tutto poi la lontananza o talora il dis-senso verso alcune posizioni ufficialidella Chiesa mitigano il carattere diuna eccezione italiana. L'indagine rile-va prima di tutto il processo di sogget-tivizzazione dell'esperienza religiosache si esprime in forme individualisti-che che privilegiano le dimensioni piùlegate alla realizzazione personale. Lafrequenza ai sacramenti, seppure di-versificata, è in costante diminuzione,come pure è molto ridotta l'attenzio-ne ai precetti della Chiesa, la cui nonosservanza non viene più percepita co-me peccaminosa. Le stesse verità cri-stiane sono accolte in modo selettivo eparziale. Un secondo dato è la cre-scente adesione, con un atteggiamen-to sincretistico, alle pratiche della tra-dizione orientale, più in linea con la di-mensione della realizzazione soggetti-va rispetto ad un cristianesimo piùdottrinale.

Adesione parziale alla ChiesaAltro dato è il rapporto di adesioneparziale e flessibile all'istituzione Chie-sa. Non è più tempo di contestazionema di presa di distanza dalla funzionemediatrice della Chiesa a vantaggio diuna religiosità che valorizza il rapportodiretto con Dio. I fenomeni della pe-dofilia e le ultime poco edificanti vi-cende vaticane hanno contribuito aduna maggiore presa di distanza. Lanon condivisione di alcune prese di

posizione del magistero su temi di or-dine etico e politico-sociale sono an-che espressione della maggiore auto-nomia del laicato, promossa dal conci-lio. Grande apprezzamento hanno in-vece le parrocchie, più vicine alla vitadelle persone e più attente alle esi-genze della società. Nel rapporto tra convinzioni religiose ecomportamenti etici la ricerca registrauna significativa dissonanza rispettoagli insegnamenti della Chiesa (ses-sualità, famiglia, bioetica ... ), disattesipraticamente e contestati teoricamen-te. Diffusa è la mentalità benesseristi-ca e consumista, nonostante la pre-senza di un volontariato attento allasolidarietà e condivisione.Per quanto attiene la laicità, da partedel campione intervistato si riconosceper un verso l’importanza della religio-ne per la società, in particolare quan-do essa è portatrice dei valori di co-esione sociale, finalizzati a rendere piùumana la convivenza, mentre dall’al-tra si ritiene che occorra rispettarel’autonomia dello stato e delle sue isti-tuzioni e che la Chiesa pertanto nondebba ingerirsi in questioni che lo sta-to deve affrontare laicamente, senzariferimenti diretti a concezioni religio-se precise.

La religione dei giovaniL’inchiesta dell’Osservatorio religiosodel Triveneto, guidata dal professorCastegnaro, sulla religiosità dei giova-ni tra i 18 e i 29 anni ( C’è campo? Gio-vani, Spiritualità,Religione, Marcia-num Press, Venezia) fornisce indicazio-ni sul futuro, importanti per affrontareil tema della evangelizzazione da par-te dell’intera comunità cristiana. Sia-mo di fronte ad un mutamento quali-tativo nel modo di vivere la religiosità. È presente anzitutto un bisogno di tra-scendenza, di rapportarsi a qualcosa ditrascendente, inteso non sempre insenso personale. Questo bisognoemerge soprattutto in momenti fortidell’esistenza, di fronte a situazionioggettive di difficoltà, anche in rap-porto ai problemi sul senso della vita. Da un cristianesimo sociologico, mu-tuato dall’esterno, dal contesto socio-culturale, si è passati ad un cristianesi-mo come scelta individuale. Questa in-dividualizzazione va vista anche positi-

vamente nella prospettiva di una mag-giore personalizzazione, di una religio-sità più autentica e personale.La trasmissione delle identità si è inter-rotta. Tutta al più al catechismo si tra-smettono alcune nozioni, non più in-serite in un’esperienza viva, dato chefamiglia, scuola, mass-media sono se-gnate dal processo di secolarizzazione.L’adesione è pertanto più difficile, maanche più motivata e libera. Anche la trasmissione dei valori è piùcomplicata, dato che i giovani nonconsiderano più valore ciò che gli vie-ne trasmesso come tale, ma quello cheriescono a vivere in proprio, interior-mente, come valore. Il mondo giova-nile, rispetto al mondo adulto, guardaancor più criticamente l’istituzioneChiesa, soprattutto la scarsa povertà,l’astrattezza dei principi e l’eccesso dinorme. La riduzione della religiosità(più legata ad aspetti tradizionali e isti-tuzionali) si accompagna ad una esi-genza molto avvertita di spiritualità, diapertura al mistero, alla trascendenza,per rispondere alle esigenze interiori.

Prospettive per l’evangelizzazioneDalle indagini presentate emergonoalcune prospettive per l’evangelizza-zione, per annunciare e testimoniarela buona notizia oggi. Anzitutto unacomunità cristiana chiamata allaevangelizzazione deve proporre unafede adulta che coinvolga la sogget-tività personale, che si radichi nelmodo di sentire profondo di ciascu-

no. Al centro deve tornare la fede, ri-spetto ad una religiosità (riti, verità,simboli ... ), pur necessaria ma se-condaria. La dimensione di fede variproposta allo stato puro: è la fedesine glossa di Francesco d'Assisi, è lafede di Giovanni XXIII che ha il co-raggio di indire un concilio a 78 an-ni, sconcertando l’apparato ecclesia-stico. Siamo alla fine dell’apologeti-ca, delle pur necessarie mediazionirazionali, dentro una cultura dove ilpluralismo non è solo dottrinale eideologico, ma anche etico e valoria-le. La fede è diventata una scelta (traaltre scelte) ed ha bisogno di un con-tatto vitale con esperienze autenti-che. Una seconda prospettiva èquella di una Chiesa che dia testi-monianza dei valori evangelici, diuna Chiesa povera non solo di ric-chezze ma anche di potere, di unaChiesa che abbandona l'atteggia-mento giudicante, tutta precetti edoveri, e che si immerge nell'umanoper essere fermento, fonte di vita edi rinascita. Un'ultima prospettiva èquella di una Chiesa aperta al dialo-go fecondo con tutte le altre tradi-zioni religiose.

Gianino PianaRiassunto della relazione di GianninoPIANA, già docente di etica cristianaad Urbino, svolta a Pallanza il 15 di-

cembre 2012, nel ciclo “Annunciare etestimoniare oggi la Buona Notizia”

(Il testo completo è scaricabile inhttp/www.finesettimana,org).

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Venerdì 12 aprile 2013 Pegaso IX

Cattolicesimo

Il Card. Martini e l’EuropaIl professore dell’Università Cattolica di Milano,don Giuseppe Grampa parla del ruolo di MartiniAmplissimo è l’insegnamento de-

gli ultimi Pontefici sul tema euro-peo: 36 interventi di Pio XII, 7 diGiovanni XXIII, 93 di Paolo VI e ol-tre 600 di Giovanni Paolo II. Marti-ni, che dal 1987 al 1993 è statopresidente del Consiglio delle Con-ferenze episcopali europee, racco-glie così questo amplissimo inse-gnamento: “Tutti i Pontefici, da PioXII ad oggi, hanno insistito nelguardare alla costruzione dell’Euro-pa a servizio del mondo intero. Inuna prospettiva di redenzione del-l’intera umanità e contro ogni ten-tazione eurocentrica, i Papi di que-sto secolo presentano una visionedell’Europa in chiave esplicitamen-te planetaria” (1). Pensando a Pao-lo VI, Martini ne sottolinea l’atten-zione alla dimensione culturale espirituale dell’Europa. Troviamo giàpresente il tema carissimo a Gio-vanni Paolo II delle “radici cristianedell’Europa”, senzaalcuna nostalgiadel Medioevo edella sua cristianità,ma puntando so-prattutto ai dirittidella persona uma-na: è questo il pa-trimonio umano,morale e religiosoispirato in granparte dal Vangelo. Per Montini,l’Europa non dovrà chiudersi in sestessa ma aprirsi alle prospettivedel mondo, aiutando i popoli in viadi sviluppo e divenendo fattore de-cisivo di promozione della pace.Volgendosi poi all’amplissimo ma-gistero di Giovanni Paolo II, Marti-ni valorizza soprattutto “l’edifica-zione di una casa comune costrui-ta sul fondamento spirituale dellatradizione cristiana” (2) ma apertaalle sue responsabilità verso ilmondo. Con particolare insistenza,il Papa chiede al continente euro-peo di assumersi le proprie respon-sabilità verso i Paesi in via di svi-luppo e nei confronti dell’edifica-zione della pace. L’Europa dellospirito che, anche secondo Martini,siamo chiamati a costruire sarà una“casa comune” che “o nasceràsulla base di una nuova cultura o

non nascerà” (3). Una cultura ali-mentata da molteplici tradizioni:“dallo spirito della Grecia alla ro-manità, dagli apporti venuti daipopoli latini, celtici, germanici, sla-vi e ugro-finnici alla cultura ebrai-ca e agli influssi islamici e che han-no trovato proprio nella tradizionegiudeo-cristiana una forza capacedi inverarli e di promuoverli” (4).Martini coglie con lucidità anche ipericoli per il processo di unifica-zione europea: “In uno scenariocome il nostro, dove vanno emer-gendo diverse tendenze localisti-che, risorgono forme anche esa-sperate e tragiche di nazionalismo(...), è necessario ripensare l’ideastessa di Nazione nella consapevo-lezza, da una parte, che le diffe-renze nazionali devono esseremantenute e coltivate quale fonda-mento della solidarietà europea e,dall’altra, che la stessa identità na-

zionale non si rea-lizza se non nell’a-pertura verso glialtri popoli e la so-lidarietà con essi”(5). Martini non ri-nuncia a sognare:“L’Europa da so-gnare non è un’Eu-ropa dei mercati eneppure solo degli

Stati, delle regioni o delle munici-palità. È l’Europa dei popoli, deicittadini, degli uomini e delle don-ne; un’Europa riconciliata e in gra-do di riconciliare; un’Europa dellospirito, edificata su solidi principimorali e per questo capace di of-frire a tutti e a ciascuno spazi au-tentici di libertà, di solidarietà, digiustizia, di pace: un’Europa cheviva gioiosamente e generosamen-te questa sua missione a serviziodel mondo intero” (6). Martininon si associa all’eurodisfattismoche investe molti: “Siamo convintiche l’eurodisfattismo deve lasciareil posto alla euroresponsabilità equesto anche perché l’Europa è ingrado di sperimentare nuove vie edimensioni della politica e della so-cietà e questo non solo per l’Euro-pa ma pure per il resto del mon-do”. Ecco, secondo Martini, le vie

praticabili e utili che l’esperienzaeuropea può offrire: “La prima viaconsiste nel superamento della so-vranità assoluta degli Stati (...). Sideve dunque pervenire a una sem-pre più reale e corretta limitazionedel principio di sovranità degli Sta-ti: è il risvolto istituzionale dell’af-fermazione di un bene comune eu-ropeo universale” (7). “Un secon-do aspetto importante dell’espe-rienza europea è l’aver dilatatol’ambito della democrazia dal livel-lo sociale e nazionale a quello in-ternazionale (...). Il Parlamento eu-ropeo, con la sua elezione popola-re diretta e con i suoi poteri, an-cora limitati ma non insignificanti,di controllo sulla politica dell’Unio-ne, costituisce infatti il primo mo-dello di questa realtà nuova e fu-tura che è la “democrazia inter-na-zionale” (8). “Un terzo aspetto èla nuova dimensione della cittadi-nanza che nell’Unione europea siconfigura come appartenenza in-ternazionale e non solo quale fat-to nazionale, in qualche modoescludente e discriminante” (9).Possiamo, così, raccogliere l’inse-gnamento di Martini sull’Europa:“Non è lecito ridurre il senso del-l’Europa a una dimensione pura-

mente economica e secolaristica:occorre operare per l’edificazionedi un’Europa che non sia “neutra-le” sul piano dei valori, che sappiarispettare la verità sull’uomo e te-ner conto della dimensione moraledello sviluppo” (10).

1) Martini, “Parlare al cuore. Lette-re, discorsi e interventi”, Ed.Deho-niane, Bologna, 1996, p.85.2) Martini, “Nel sabato del tempo– Discorsi interventi lettere ome-lie”, Ed.Dehoniane, Bologna 1999,p.164;3) Ibidem, p.167;4) Ibidem;5) Ibidem, p.168s;6) Ibidem, p.170;7) Martini, “Parlare al cuore. Lette-re, discorsi e interventi”, Ed. Deho-niane, Bologna 1996, p.88;8) Ibidem;9) Ibidem, p.89;10) Ibidem, p.72.

Da “Appunti di cultura e politica”,Milano, 6-2012

Don Giuseppe Grampaparroco a Milano,

professore Università cattolica

PresidenzaIl Cardinale Carlo Maria

Martini è stato presidentedel Consiglio

delle Conferenze episcopalieuropee dal 1987 al 1993

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Recensioni

Pegaso Venerdì 12 aprile 2013X

La vita laboriosa e travagliata di Ferdinando FontanaRecensione del libro “Uno scompigliato in Collina d’Oro”Con il suo approfondito studio

dedicato a Ferdinando Fontana, Ti-moteo Morresi ha il merito di farciconoscere la vita, “laboriosa e tra-vagliata”, e la vasta e multiformeproduzione di uno “scapigliato”milanese che da noi trovò la suaterra d’elezione. Il lettore troveràinfatti in questo bel libro - un te-sto di piacevole lettura, presentatoin un’edizione assai curata - unaserie di dati, di aneddoti, di fattisull’operosa esistenza e la poliedri-ca attività di Fon-tana, il quale sep-pe farsi strada inmolti campi, dalgiornalismo impe-gnato alla lettera-tura, dalla poesiaalla musica, dalteatro all’operetta,e in altri ancora.Nato a Milano nel1850, morto a Lugano nel 1919,Ferdinando Fontana è sicuramenteconosciuto in Italia in particolareper le sue collaborazioni con Puc-cini, le sue traduzioni di operette eper le sue commedie in dialettomilanese. È forse meno conosciutonel nostro Cantone - dove purevisse non pochi anni, dopo esservigiunto come “villeggiante” -, ed èperciò meritoria l’iniziativa da par-te della Fondazione Culturale dellaCollina d’Oro di pubblicare questostudio, che, graziealle pazienti inda-gini di Morresi, cifa inoltre riviveremomenti - quellitra la fine dell’Ot-tocento e gli annidella prima guerramondiale - tra ipiù importanti del-la nostra storia.Importante fu in particolare il1898, segnato in Italia dai motipopolari contro il carovita, che fe-ce rivivere da noi per qualche tem-po la stagione del primo Risorgi-mento. Come è ben ricostruito nel-la ricerca di Morresi, la dura e san-guinosa repressione, ordinata dalgenerale Bava Beccaris, delle mani-festazioni scoppiate a Milano du-rante le quattro giornate dal 6 al

9 maggio e i provvedimenti restrit-tivi rivolto contro le forze di oppo-sizione (repubblicana, anarchica,socialista e cattolica) commosserol’opinione pubblica ticinese e solle-varono un’ondata di agitazioni nel-le file dell’emigrazione italiana pre-sente in Svizzera. Gli avvenimentimilanesi. fecero inoltre affluire uncospicuo numero di rifugiati politi-ci nel nostro Cantone. Ferdinando Fontana - di simpatierepubblicane e socialiste - costret-

to suo malgrado atrasformarsi nelcorso del 1898 davilleggiante in esu-le, manifestò in se-guito più volte af-fetto e ammirazio-ne per il Ticino eper la Svizzera. Inparticolare egli simostrò indulgente

nei confronti delle autorità federaliche, proprio in occasione dei motimilanesi del ’98, rivelarono poco ri-spetto per gli ideali repubblicani edemocratici del nostro Paese. Co-me ricorda Morresi, a Losanna, aGinevra e in altre città nei giornidei tumulti di Milano si formaronobande di lavoratori emigrati italia-ni, pronte a dar man forte ai rivol-tosi milanesi nell’illusione che inItalia fosse scoppiata la rivoluzionesociale. Una parte di questi operai,

giunti nel Ticino, il15 maggio vennerofermati a Bellinzo-na e, dopo esserstati interrogati, fu-rono caricati su untreno speciale perChiasso e per ordi-ne del Consigliofederale consegna-ti alle autorità ita-

liane di confine. A protestare contro questa conse-gna e per quella che riteneva unaviolazione del diritto d’asilo fu l’an-ziano esponente conservatore Gioa-chimo Respini, il quale presentò inquei giorni un’interpellanza al Con-siglio di Stato e intervenne nel corsodi un acceso dibattito in Gran Con-siglio. In quello che fu il suo ultimogrande intervento parlamentare (sa-

rebbe infatti morto meno di un an-no dopo) Respini volle affermare al-cuni grandi principi: l’affermazionedell’italianità del Cantone, anche adispetto di certa stampa italiana, de-nigratrice del popolo svizzero; l’af-fermazione della sovranità del Can-tone di fronte alla Confederazione,da cui discendeva il diritto di potercriticare gli ordini di Berna così comele azioni del governo cantonale; l’af-fermazione dello “storico diritto d’asi-lo”, che in quelle circostanze era statoviolato e calpestato. L’aver ricordato questa pagina im-portante ma un po’ dimenticatadella nostra storia; l’aver fatto rivi-vere il contribuito alla nostra cultu-ra dato dal “villeggiante” ed esuleFerdinando Fontana, e inoltre lasua intensa attività (di poeta, an-che dialettale, di dialettologo, ditraduttore, di librettista, di inno-grafo, di giornalista, cronista, e uo-mo di teatro); l’aver infine riporta-

to alla nostra memoria la sua am-mirazione per le istituzioni e la vi-ta politica e sociale del Cantone edella Confederazione, tutti questisono alcuni dei meriti del lavoro diMorresi. Gli altri li scoprirà il lettore, il qualenelle pagine di questo libro troveràdipanata la matassa di una vita “la-boriosa e travagliata” che non man-cherà di suscitare il suo interesse, lasua curiosità, la sua simpatia.

Timoteo Morresi, Uno scapigliatoin Collina d’Oro: esilio e soggiornodi Ferdinando Fontana nella Sviz-zera italiana, Montagnola , Fonda-zione Culturale della Collina d’Oro,Lugano, Giampiero Casagrandeeditore, 2012, 285 pp., ill., “I qua-derni della Collina d’Oro”, 3

Fabrizio Panzera

BiografiaFerdinando Fontana,

conosciuto soprattutto per le sue collaborazioni

con Puccini, ha vissuto purenel nostro Cantone

ImpegnoFontana ha dato un grande

contributo culturale; tra le sue attività, vi erano

quelle di poeta, dialettologo,traduttore, cronista,...

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Riviste

Rivista delle rivisteAGGIORNAMENTI SOCIALI, mensile di ispirazione cristiana, redatto daun gruppo di gesuiti e di laici, Piazza S. Fedele 4, 20121 Milano.Nel numero di marzo, una valutazione critica della partecipazione delle donne allestrutture ecclesiastiche a 50 anni dal Concilio e una valutazione della dottrina socia-le modificata dal Vaticano II, stesa da padre Reina s.j. nel 1991, in occasione del cen-tenario dell’enciclica Rerum Novarum.

IL CANTONETTO, Rassegna letteraria bimestrale, Via Antonio Ciseri 9,6900 LuganoIl fascicolo di febbraio 2013 (di 72 pagine) è ricco di contributi di taglio storico lette-rario: Guido Pedrojetta analizza il dialetto di Giovanni Orelli; Fernando Grignola ri-percorre l’incontro con Sergio Maspoli; Alessandro Martini presenta il sodalizio let-terario tra Francesco Chiesa e Paolo Arcari, professore a Friburgo; ecc.

DIALOGHI di riflessione cristiana, Tipografia Offset Stazione S.A.,LocarnoNel numero 225 (febbraio 2013), il bimestrale “di riflessione cristiana” offrela traduzione italiana del testo dell’abate Stefan Werlen di Einsiedeln che in-vita a risvegliare la brace sotto la cenere che soffoca la Chiesa cattolica; Al-do Lafranchi critica in codice canonico che trascura gli insegnamenti della Sa-cra scrittura; nelle attese provocate dalle dimissione di Benedetto XVI e dimons. Grampa, la redazione invita , col poeta Giovanni Cristini, a rivolgersi“al rosso lume che sull’altare vacilla e non si spegne”.

IL GALLO, quaderni mensili, casella postale 1242, 16100 GenovaNel numero di marzo, Giorgio Chiaffarino fa “qualche riflessione sulla Chiesa”, men-tre don Piana riferisce l’indagine sulla religiosità giovanile condotta nel Veneto. Vie-ne ricordtao il convegno “Il Gallo canta ancora”, svoltosi a Genova il 2 febbraio, e permeglio continuare a cantare, si è dotato del sito internet : www.ilgallo46.it

KOINONIA, periodico mensile Piazza S.Domenico 1, 51100 Pistoia.Due testimoni sono ricordati nel numero di febbraio 2013: Giuseppe Dossetti (1913-1996) e Arturo Paoli (1912). Raniero La Valle e Piero Stefani riflettono su “Per che co-sa si vota” e “Perché valori e non diritti?” in un momento difficile per la democraziaitaliana, assalita dal populismo. Nel numero di marzo, un bilancio e commento a piùvoci ( e senza sconti) del pontificato di Benedetto XVI (Ettore Masina, Luigi Sandri,Frei Betto, Piero Stefani, Raniero la Val le).

IL MARGINE, mensile dell’Associazione Oscar Romero, C.P. 359,38122 TrentoSul numero 2 di febbraio, un ampio commento alle dimissioni di papa Benedetto XVIe una valutazione, “A urne calde” del direttore Curzel sulle elezioni italiane: “La Con-ferenza Episcopale Italiana prova un ispiegabile e improbabile endorsement al par-tito dei ricchi (leggi Monti), nel momento in cui le Chiese d’Italia sono impegnate afar fronte alla crescita della povertà; il risultato è che i cristiani italiani votano qua-lunque altra cosa (soprattutto ancora Berlusconi , e spesso Grillo)”

IL REGNO, quindicinale di attualità e documenti, Via Nosadella 6,Bologna.Nel numero 1138 del 1.2.2013, il testo con cui Benedetto XVI ha annunciato ai car-dinali le sue dimissioni; la sentenza di condanna di Paolo Gabriele per i furti com-messi a danno del Papa; la lettera pastorale di mons. Brambilla, vescovo di Novara,su “Come stai con la tua fede?”. Il fascicolo “Documenti n.3” del 1. Febbraio, riper-corre il pontificato di Benedetto XVI, mentre il teologo Severino Dianich propone “Unacoraggiosa riforma”ritmata dalla rinuncia ai privilegi, ‘imprescindibile povertà, versouna ampia sinodalità , la collegialità episcopale e la riforma dell’esercizio del prima-to papale, con libertà e fiducia. Sul numero 4 viene ospitato un “dibattito” sul signi-ficato e le conseguenze della rinuncia di Benedetto XVI e la “Lettera alla Chiesa” di-

Venerdì 12 aprile 2013 Pegaso XI

Segnalazioni

retta ai vescovi italiani da un gruppo di riviste e associazioni, raccolte nella rete “IViandanti”, con le richieste per attuare il Vaticano II dopo cinquant’anni …

SPIGHE, mensile dell’Azione cattolica ticinese, Corso Elvezia 35 ,6900 Lugano Il numero di marzo è dedicato a ringraziare Benedetto XVI “per il dono del suo pon-tificato”, mentre mons. Vitalini invita a vivere l’anno della fede “Da pazz i!”, “assu-mendo in proprio il nuovo decalogo, quello delle Beatitudini”. “Chi crede è batta-gliero. Lotta per la giustizia, la condivisione, il dialogo tra i popoli, la pace, il disarmo”.

SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE, Bollettino informativo trimestraledegli organismi missionari e di Missio-Svizzera, Casella postale4329 6904 Lugano.Il primo fascicolo del 2013 dedica due articoli alla campagna del Sacrificio quaresi-male ”Senza terra, manca il pane” contro l’accaparramento delle terre dei paesi po-veri da parte delle multinazionali e dei Paesi ricchi.

UN SOLO MONDO, rivista della Direzione dello sviluppo e della coopera-zione del Dipartimento federale degli affari esteri, 3003 BernaIl fascicolo di marzo 2013 dedica particolare attenzione ai mutamenti politici nel NordAfrica e agli interventi di sostegno da parte della Svizzera (aiuti umanitari e coopera-zione allo sviluppo).

VOCE EVANGELICA, mensile della Conferenza delle Chiese evangeliche dilingua italiana in Svizzera, via Landriani 10, 6900 LuganoNel numero 4-2013 (marzo) si riferisce della sperimentazione ticinese sull’insegna-mento della religione nella scuola pubblica; mentre viene auspicato una maggioreunità tra i protestanti, si lamenta la crisi dell’ecumenismo con i cattolici.

ROMA, 6 aprile 2013, Assemblea dei gruppi ecclesiali, riviste, associa-zioni a 50 anni dalla “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, Auditorium divia Frentani 4 (presso Stazione Termini), dalle 10 alle 18. Relatori : Ro-sanna Virgili, Daniele Menozzi, Giovanni Marzillo, Antonietta Potente, Gio-vanni Ceretti, Raniero la Valle; contributi, interventi, dibattito. La parteci-pazione è del tutto libera.

BOZZOLO, 13 aprile, Convegno di storia promosso dalla FondazionePrimo Mazzolari.

FRIBURGO, 20 aprile, Università Miséricorde, sala 3113, ore 10.00, Col-loquio di storia organizzato dall’Associazione di storia ecclesiastica sviz-zera, con il prof. Francis Python , Oggetto e osservatorio d’una storia reli-giosa francofona; seguono relazioni sui conventi francescani di Losan-na e sulle abbazie cistercensi in Svizzera; segue alle ore 14.00 l’assem-blea generale dell’Associazione.

RODI FIESSO, 25 maggio, ore 15.00 il Cantonetto festeggia il 60mo.della fondazione, con “Un pomeriggio al Dazio Grande”, e contributi diCarlo Agliati, Giorgio Bellini e Massimo Colombo, Orazio Martinetti, Raf-faele Peduzzi e Filippo Bianconi, Giovanni Orelli, Marco Marcacci, CarloPiccardi, Riccardo Bergossi.

LUGANO, 28 maggio, continua la serie delle conferenze sulla laicità, conla relazione del prof. Vincenzo Pacillo su “Cristiani in politica”; dalle ore13.30 alle ore 16.15, facoltà di Teologia; seminario aperto al pubblico.”.