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L’Unione europea: storia e istituzioni 1 La prospettiva comune per la vecchia Europa La seconda guerra mondiale terminò nella primavera del 1945. All’orrore per i genocidi e le distruzioni seguì la determinazione di ricostruire crean-do le condizioni perché i popoli del vecchio continente non fossero mai più trascinati in nuove guerre. La prima occasione di collaborazione fra vincitori e vinti si ebbe nel 1948 con la costi-tuzione dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica 1 . Vi aderirono quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale 2 ; ne rimasero fuori quelli che rientravano nell’area controllata dai sovietici. Nel frattempo iniziò la cosiddetta “guerra fredda” tra le due superpotenze, con la co-stituzione delle due contrapposte alleanze militari, la N.A.T.O. e il Patto di Varsavia. Il segno più evidente della guerra fredda era la divisione in due della Germania e, all’interno della Germania, della città di Berlino 3 . Nei paesi dell’Europa occidentale era però forte la volontà di consolidare la demo-crazia e di ricostruire nella collaborazione. Nel 1949 fu istituito il Consiglio d’Europa, con il compito di concertare azioni comu-ni per salvaguardare il rinnovato patrimonio di libertà e di rispetto dei diritti umani. Cominciava a realizzarsi l’obiettivo di Jean Monnet: passare dalla “Europa delle pa-trie” alla “Europa dei popoli”. 1 Nel 1961 si trasformò nell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economi-co (OCSE), oggi frequentemente citata per gli studi e le statistiche sull’efficacia dei sistemi di istruzione nei vari Paesi (11.16.6). 2 Con l’eccezione della Spagna (dittatura franchista) e della Germania ovest (ancora sotto occupazione militare). 3 Al termine della seconda guerra mondiale il territorio della Germania fu diviso in quat-tro zone di occupazione militare da parte dei vincitori (Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione sovietica, cui fu aggiunta la Francia per volontà di inglesi ed americani; allo stesso modo anche il territorio di Berlino fu spartito in quattro settori). Il 23 maggio 1949 le tre zone occidentali, occupate da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, furono unificate dando vita alla Repubblica Federale di Germania. La fondazione di questo nuovo Stato, nel contesto della guerra fredda, fu recepita come atto di aggressione dall’Unione sovietica la quale, a sua volta, trasformò la propria zona d’occupazione nella Repubblica Democratica Tede-sca (7 ottobre 1949). 1

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L’Unione europea: storia e istituzioni

1 La prospettiva comune per la vecchia Europa

La seconda guerra mondiale terminò nella primavera del 1945.All’orrore per i genocidi e le distruzioni seguì la determinazione di ricostruire crean-do le condizioni perché i popoli del vecchio continente non fossero mai più trascinati in nuove guerre.La prima occasione di collaborazione fra vincitori e vinti si ebbe nel 1948 con la costi-tuzione dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica1. Vi aderirono quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale2; ne rimasero fuori quelli che rientravano nell’area controllata dai sovietici.Nel frattempo iniziò la cosiddetta “guerra fredda” tra le due superpotenze, con la co-stituzione delle due contrapposte alleanze militari, la N.A.T.O. e il Patto di Varsavia. Il segno più evidente della guerra fredda era la divisione in due della Germania e, all’interno della Germania, della città di Berlino3.Nei paesi dell’Europa occidentale era però forte la volontà di consolidare la demo-crazia e di ricostruire nella collaborazione.Nel 1949 fu istituito il Consiglio d’Europa, con il compito di concertare azioni comu-ni per salvaguardare il rinnovato patrimonio di libertà e di rispetto dei diritti umani. Cominciava a realizzarsi l’obiettivo di Jean Monnet: passare dalla “Europa delle pa-trie” alla “Europa dei popoli”.

1 Nel 1961 si trasformò nell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economi-co (OCSE), oggi frequentemente citata per gli studi e le statistiche sull’efficacia dei sistemi di istruzione nei vari Paesi (11.16.6).

2 Con l’eccezione della Spagna (dittatura franchista) e della Germania ovest (ancora sotto occupazione militare).3 Al termine della seconda guerra mondiale il territorio della Germania fu diviso in quat-tro zone di occupazione militare da parte dei vincitori (Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione sovietica, cui fu aggiunta la Francia per volontà di inglesi ed americani; allo stesso modo anche il territorio di Berlino fu spartito in quattro settori). Il 23 maggio 1949 le tre zone occidentali, occupate da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, furono unificate dando vita alla Repubblica Federale di Germania. La fondazione di questo nuovo Stato, nel contesto della guerra fredda, fu recepita come atto di aggressione dall’Unione sovietica la quale, a sua volta, trasformò la propria zona d’occupazione nella Repubblica Democratica Tede-sca (7 ottobre 1949). Questi due nuovi Stati furono comunemente denominati Germania Ovest e Germania Est (e le due parti di Berlino: Berlino Ovest e Berlino Est).

1.1 Il Consiglio d’Europa

Il Consiglio d’Europa è composto oggi da 47 Stati: ai tradizionali membri dell’Eu-ropa occidentale si sono aggiunti quasi tutti gli Stati dell’Europa orientale nonché quelli asiatici dell’ex Unione sovietica. Continua ad occuparsi di diritti umani, svilup-po dell’identità europea, accordi fra Stati per coordinare norme sociali e giuridiche. Nei sistemi di istruzione è noto per l’adozione del Quadro comune europeo di rife-rimento per la conoscenza delle lingue (Common European Framework of Reference for Languages: par. 4.1.9). Non va confuso con gli organi istituzionali dell’Unione euro-pea, quali il Consiglio europeo (composto dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri più il Presidente della Commissione europea e il Presidente del Consiglio stesso: par. 8.2.3) e il Consiglio dell’Unione europea (detto Consiglio dei ministri: par. 8.2.4).

1

Fa capo al Consiglio d’Europa la Corte europea dei diritti umani, da non confondere con la Corte di Giustizia dell’Unione europea (par. 8.2.8), competente nelle contro-versie giuridiche sul diritto dell’Unione.

1.2 La prima Comunità europea: quella del carbone e dell’acciaio

Nel 1950 il ministro francese degli esteri, Robert Schuman, propose di mettere in comune le risorse europee di carbone e di acciaio. L’obiettivo era di raddoppiare la produzione dell’acciaio e insieme di abbassarne i costi: la ricostruzione postbellica ne richiedeva quantità elevatissime.Oltretutto il settore siderurgico aveva effetti trainanti su tutta la produzione indu-striale.

È noto che il ferro viene trasformato in acciaio portandolo a temperatura di fusio-ne: il calore necessario viene fornito dalla combustione del carbone.La proposta di Schuman partiva da un dato di fatto: la Francia, che è il maggiore pro-duttore europeo di ferro, non ha il carbone; al contrario la Germania ha il carbone ma poche miniere di ferro.Ciascun paese importava dall’altro la materia prima di cui mancava, facendo pagare i diritti doganali e chiedendo alte tariffe per il trasporto ferroviario. La proposta consisteva nell’abolire i dazi sul settore della carbosiderurgica.Il 18 aprile 1951 Belgio, Francia, Germania occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi firmarono a Parigi il primo dei Trattati europei, quello istitutivo della Comuni-tà europea del carbone e dell’acciaio (CECA).L’accordo fu voluto dai padri dell’Europa comunitaria: il francese Robert Schumann, l’italiano Alcide De Gasperi ed il tedesco Conrad Adenauer. Se l’obiettivo dichiara-to era quello di favorire la rinascita economica con l’abbattimento delle barriere doganali nel settore della siderurgia, l’obiettivo strategico sottostante era quello di favorire l’instaurazione definitiva della pace europea con la riconciliazione franco-tedesca, delegando a una Comunità sovranazionale le competenze nei settori più legati all’industria degli armamenti.

1.3 La nascita della Comunità economica europea e dell’Euratom

La Comunità del carbone e dell’acciaio diede ottimi risultati, sia sul piano economi-co che su quello più generale della collaborazione fra gli Stati membri.Nel 1955 il ministro belga degli esteri, Paul Henri Spaak, propose di allargare l’in-tegrazione economica dell’Europa attuando l’unione doganale fra gli Stati membri e adottando tariffe doganali comuni verso i paesi non comunitari: l’obiettivo era quello di creare il Mercato Comune Europeo.Proseguendo poi sulla linea che aveva portato all’istituzione della CECA, si decise di mettere in comune le risorse per studiare le applicazioni civili dell’energia nucleare. L’Europa era stretta fra le due superpotenze che investivano risorse enormi nelle ap-plicazioni civili e militari del nucleare: era importante sviluppare tecnologie proprie in un settore essenziale per l’approvvigionamento energetico.Il 25 marzo 1957 a Roma furono firmati i Trattati istitutivi di altre due Comunità:> la Comunità economica europea (CEE);> la Comunità europea per l’energia atomica (CEEA), detta Euratom.

Firmatari furono i medesimi Stati che avevano aderito alla CECA.

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1.4 La crisi degli anni ’60 e il Trattato di fusione degli esecutivi

Negli anni successivi il processo di costruzione dell’Europa incontrò difficoltà, sia nei rapporti fra gli Stati comunitari sia in rapporto alla richiesta di ingresso nelle Comunità da parte del Regno Unito.Il presidente francese De Gaulle era fautore di un’Europa politicamente forte, a gui-da francese, equidistante fra le due superpotenze. Egli pertanto:> premeva per ottenere l’appoggio della CEE alla propria politica estera;> avversava la proposta (su cui invece concordavano gli altri) di finanziare le Co-munità

con “risorse proprie” anziché con contributi nazionali: questa innovazione avrebbe infatti accresciuto l’autonomia decisionale delle Comunità;

> si opponeva all’ingresso nella CEE del Regno Unito, considerato la longa manus degli Stati Uniti d’America.

Le soluzioni furono trovate rinviando le questioni su cui le divergenze erano insupe-rabili (l’ampliamento delle Comunità) e concentrando gli sforzi nella realizzazione di obiettivi condivisi.Importante fu la mediazione tedesca che introdusse il criterio della “sincronizzazio-ne”: la discussione di una soluzione sfavorevole per uno Stato doveva avvenire con-temporaneamente a una per lui vantaggiosa.Fu così approvato il progetto di fusione degli organi di governo delle tre Comunità. Ciascuna infatti, in base al proprio Trattato istitutivo, aveva una propria Commissio-ne (nella CECA denominata Alta Autorità), un proprio Consiglio e un proprio bi-lancio; comuni invece erano stati fin dall’inizio il Parlamento e la Corte di giustizia. L’8 aprile 1965 fu firmato a Bruxelles il Trattato sulla fusione degli esecutivi, che unificava gli organi decisionali e di governo delle tre Comunità, istituendo una sola Commissione e un solo Consiglio. Apparentemente si trattava di una scelta organizzativa; in realtà ne risultò una direzione comunitaria unica, più forte e capace di armonizzare e coordinare gli importanti sviluppi ormai alle porte.

1.5 Il finanziamento con le “risorse proprie” e il primo allargamento

Nel 1970 fu firmato il Trattato sulle “risorse proprie” della Comunità. Esso stabiliva che il finanziamento comunitario non dipendesse più dai contributi degli Stati mem-bri ma da prelievi direttamente ascritti al bilancio comunitario.Questi sono effettuati principalmente dai diritti doganali sulle importazioni da paesi terzi e dall’IVA.Nel frattempo maturarono le condizioni per una svolta nei rapporti fra i governi europei. Al ritiro di De Gaulle del 1969, seguì nel Regno Unito la vittoria elettorale dei conservatori, più favorevoli all’ingresso nella CEE (e quindi più disposti alla trattativa). Nel 1972 Regno Unito, Irlanda, Danimarca e Norvegia firmarono i Trattati di adesio-ne alle Comunità; tuttavia in Norvegia il referendum popolare non ratificò l’adesione. Dal 1° gennaio 1973 la Comunità diventò di 9 Stati, ampliandosi verso il Nord dell’Eu-ropa.

Negli anni successivi furono stipulati accordi di cooperazione con Israele e i paesi arabi che si affacciano sul Mediterraneo, inaugurando la “politica mediterranea” dell’Europa.

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I “vertici” di Stato diventano “Consiglio europeo”Nel 1974 il “vertice” dei Capi di Stato e di governo stabilì l’elezione diretta del Parla-mento europeo, elezione che sarebbe avvenuta per la prima volta nel 1979.Il “vertice” decise inoltre di istituzionalizzare la propria attività trasformandosi in organo comunitario, il Consiglio europeo.

Il sistema monetario europeo (SME)L’entrata in vigore nel 1968 dell’Unione doganale e l’avvio della politica agricola comunitaria resero necessaria l’adozione di un sistema che tenesse sotto controllo i cambi fra le monete dei nove Paesi.Essendo prematura l’adozione della moneta unica europea, fu creato un sistema che garantiva una relativa stabilità dei cambi (con margini di oscillazione concordati), in una situazione di pari dignità fra le valute nazionali. Il sistema resse fino al 1992, quando le esigenze deflazionistiche tedesche (causate dai costi sostenuti per la riu-nificazione delle due Germanie) portarono a tensioni sui cambi, tali da provocare l’uscita dal “serpente monetario” della lira e della sterlina.L’esperienza dello SME mise in evidenza che, col progredire dell’unione economica, diventava sempre più importante l’unione monetaria. Nel 1996 la lira rientrò nello SME.

1.6 Gli anni Ottanta: con l’Atto unico la CEE si avvia verso l’Unione

Il nuovo decennio si aprì con l’ingresso della Grecia, decimo Stato della Comunità; iniziarono le trattative per l’adesione di Spagna e Portogallo, membri effettivi dal 1° gennaio 1986.In quegli anni si registrò il sostanziale raggiungimento dell’originario obiettivo dell’unione commerciale. A questo punto la scelta era fra il consolidamento dei passi compiuti oppure un deciso rilancio di strategie finalizzate a una completa unione economica fra gli Stati membri.Nel 1985 la Commissione, presieduta da Jacques Delors, presentò il “Libro bianco per il completamento del mercato interno”. L’idea era di andare oltre il mercato comune (privo cioè di barriere doganali) per realizzare il mercato unico, con la piena attuazione delle quattro libertà di circolazione: di beni, persone, servizi e capitali.Il rilancio dell’unione economica fu recepito nell’Atto unico, firmato nel febbraio del 1986. Il Trattato, dopo una parte che apportava modifiche ai Trattati istitutivi delle Comunità, conteneva una sezione intitolata “Disposizioni sulla cooperazione europea in materia di politica estera” con cui gli Stati si impegnavano a “defi nire e attuare in comune una politica estera europea”.Per la prima volta nel medesimo Trattato venivano inserite disposizioni relative all’u-nione economica e all’unione politica: per questo motivo l’Atto fu chiamato “unico”.

1.7 La “caduta” del muro di Berlino e la Carta di Parigi

Gli anni Ottanta si chiusero con la crisi di sistema nei paesi del “socialismo reale”: ne fu simbolo la “caduta” del muro di Berlino (9 novembre 1989).Il 3 ottobre 1990 fu proclamata la riunificazione delle due Germanie. Finiva l’epoca della “guerra fredda”; il crollo del sistema politico-economico imperniato sull’URRS apriva spazi nuovi alla Comunità mentre le nazioni europee dell’est tornavano alla democrazia e all’economia di mercato.

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L’impegno assunto con l’Atto unico per una comune politica estera europea non poteva più limitarsi a una proclamazione di intenti: gli sconvolgimenti nell’Europa orientale, la guerra in Bosnia e le gravi tensioni in Medio Oriente chiedevano alla Comunità di fare uno straordinario sforzo di creatività politica per occupare il giusto posto sulla ribalta internazionale.Di questo problema si occupò la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE), svoltasi a Parigi nel novembre del 1990, a conclusione della quale fu approvato un documento che, ribadendo i valori della democrazia, della pace e dell’unità, individuava le linee programmatiche di una politica estera comune; linee che poi sarebbero state riprese nel successivo Trattato sull’Unione europea.

1.8 L’accordo di Schengen

Nel 1990 la Germania, la Francia ed i Paesi del BeNeLux sottoscrissero l’accordo di Schengen sui controlli di frontiera per i cittadini in transito.Si trattava di un accordo al di fuori del quadro comunitario; aveva lo scopo di ren-dere compatibile la libera circolazione delle persone (prevista dall’Atto unico alla scadenza del 1° gennaio 1993) con le esigenze di sicurezza degli Stati firmatari. L’accordo fu poi recepito nel Trattato di Amsterdam (v. par. 8.1.13)

1.9 Il Trattato sull’Unione europea

Il Trattato sull’Unione europea fu firmato nella cittadina olandese di Maastricht il 7 febbraio 1992, per questo motivo è noto come il Trattato di Maastricht. È entrato in vigore il 1° novembre 1993.Si usa dire che il Trattato poggia su tre “pilastri”.

Primo “pilastro”: la Comunità europeaLa prima parte del Trattato contiene modifiche ai Trattati istitutivi della CEE, dellaCECA e dell’Euratom. Gli Stati membri si impegnarono su nuovi obiettivi:

> rafforzamento della coesione economica e sociale anche con l’adozione della mo-neta unica;

> tutela dei diritti dei cittadini, anche con l’istituzione della cittadinanza dell’Unione;> affermazione del principio di “sussidiarietà” (v. oltre).

In conseguenza della maggiore attenzione al sociale da parte delle istituzioni comu-nitarie, la Comunità economica europea venne ridefinita tout court come “Comunità europea”.

Secondo “pilastro”: la politica estera e di sicurezza comune (PESC)Furono individuati i seguenti obiettivi fondamentali:

1. difesa dei valori comuni, degli interessi fondamentali e dell’indipendenza dell’Unione;2. mantenimento della pace e rafforzamento della sicurezza internazionale, confor-

memente ai principi della Carta delle Nazioni Unite;3. sviluppo e consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto;4. definizione di una politica di difesa comune che potrebbe successivamente con-durre a

una difesa comune.

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Terzo “pilastro”: la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (GAI)I riferimenti di principio sono nella “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” del 1950.Alcune importanti questioni furono definite “di interesse comune”:

1. la politica di immigrazione; le condizioni di soggiorno e di accesso al lavoro dei cittadini di paesi terzi;

2. la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale;3. la lotta contro la tossicodipendenza;4. la cooperazione di polizia nella lotta contro il terrorismo e la criminalità interna-zionale.

Il risultato storico del Trattato risiede nell’aver messo in moto il processo di integra-zione politica fra gli Stati europeiLa scelta del nome “Unione” indica la volontà di dare agli Stati membri della Co-munità europea prospettive d’azione al di là dell’ambito economico, verso campi in cui le competenze nazionali erano state fino ad allora gelosamente custodite: quelle appunto della politica estera, della difesa, della cittadinanza comune, delle politiche sociali.

Rapporto fra Comunità e UnioneL’Unione europea non aveva soppresso la Comunità europea.Prendendo esempio dall’insiemistica, l’Unione fu intesa come l’“insieme”, mentre la Comunità come un “sottoinsieme”, come pure il secondo pilastro della politica estera e di sicurezza comune nonché il terzo “pilastro” della cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni4.Così, infatti, esordisce il Trattato di Maastricht: “L’Unione è fondata sulle Comunità eu-ropee, integrate dalle politiche e forme di cooperazione instaurate dal presente trattato”. Si noti però che il successivo Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° gennaio 2009 (par. 8.1.16) supera la distinzione fra Unione e Comunità e, nelle “Disposizioni generali”, dichiara “L’Unione sostituisce e succede alla Comunità europea”5.

L’Europa dei quindiciIl 1° gennaio 1995 Austria, Finlandia e Svezia entrarono a far parte della CE. Anche la Norvegia aveva concluso le trattative per l’ammissione, ma, per la seconda volta, l’accordo non fu ratificato nel corso della consultazione referendaria6.

1.10 La cittadinanza europea

Chiunque è cittadino di uno Stato membro dell’UE è perciò stesso cittadino dell’U-nione. Tale cittadinanza europea7 implica quattro diritti specifici:> libertà di circolazione e di soggiorno nei Paesi membri dell’Unione;> il diritto di voto attivo e passivo per il Parlamento europeo e per gli organi del Co-mune

in cui la persona risiede (anche se tale ente non è situato nel proprio Stato membro);

> la possibilità di godere della tutela diplomatica e consolare da parte delle Autorità di qualsiasi Paese membro, qualora ci si trovi in uno Stato terzo in cui il proprio Paese non sia rappresentato;

> il diritto di petizione e di ricorso al difensore civico europeo, denominato mediato-re.

4 Restando nell’analogia con l’insiemistica, avremmo utilizzato la formula: UE = {CE, PESC, GAI, …}.

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5 E, oltre, afferma “Nell’intero trattato: a) i termini “la Comunità” o “la Comunità eu-ropea” sono sostituiti da “l’Unione”, i termini “delle Comunità europee” o “della CEE” sono sostituiti da “dell’Unione europea e l’aggettivo “comunitario”, comunque declinato, è sostituito da “dell’Unione””,6 La Norvegia, insieme con Islanda, Liechtenstein e Svizzera, fa parte dell’Associazione europea di libero scambio (AELS, in inglese EFTA, European Free Trade Association), fondata il 3 maggio 1960 per gli Stati europei che non vogliono entrare nella Comunità Economi-ca Europea (allora) o nell’Unione Europea (oggi).7 Articolo 9 del Trattato di Lisbona “L’Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell’uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce”.

1.11 Dopo Maastricht: tra resistenze ed aperture

L’approvazione del Trattato di Maastricht incontrò resistenze in vari Stati: la Dani-marca, ad esempio, rinegoziò l’adesione dopo che la ratifica era stata bocciata dal referendum.

La procedura di prendere gli accordi più importanti nel corso dei vertici intergover-nativi non favoriva la partecipazione e la maturazione nei popoli del progresso di integrazione dopo Maastricht lo sviluppo dell’UE non poté più essere inteso come un processo tecnico di competenza dei Capi di Stato e di governo. Infatti la realiz-zazione degli obiettivi proposti dai tre “pilastri” del Trattato coinvolgeva sempre più direttamente i cittadini, per i seguenti motivi:1. la trasformazione della Comunità economica europea (CEE) in Comunità euro-pea (CE)

poneva in primo piano le politiche sociali, in particolare il problema della disoccupazione;

2. l’attuazione della libera circolazione delle persone rendeva evidente l’opportuni-tà di inserire in un Trattato l’accordo di Schengen, rafforzando al contempo la sicurezza dei cittadini e degli Stati;

3. sul piano della politica estera, rimaneva il problema di creare condizioni che per-mettessero all’Europa di esercitare una reale influenza sullo scenario mediterra-neo e medio-orientale);

4. la dissoluzione del sistema del “socialismo reale” apriva prospettive nuove ma anche molto impegnative all’Europa dei quindici: gli Stati una volta “satelliti” dell’URSS, oltre a Turchia, Malta e Cipro, si erano candidati all’ingresso nell’UE.

L’UE, a sua volta, avviò le trattative con i paesi candidati, a condizione che dimostras-sero di adeguarsi ai criteri del vertice di Copenhagen del 1993, e cioè:> istituzioni stabili, a garanzia della democrazia e dei diritti umani;> economia di mercato dinamica, in grado di far fronte alla concorrenza nell’UE;> capacità di assumere gli obblighi derivanti dall’adesione all’UE.

L’allargamento dell’Unione a estI paesi candidati avevano situazioni diverse fra loro, con carenze più o meno forti in relazione ai criteri di Copenhagen. Essi ponevano all’UE problemi economici ed istituzionali. Riguardo ai primi, va sottolineato che i paesi candidati erano per lo più zone a basso sviluppo, che avrebbero richiesto massicci interventi per le aree depres-se (l’allora presidente della Commissione Santer parlò di “un vero piano Marshall per i paesi dell’Europa centrorientale”).I problemi istituzionali nascevano dal fatto che le istituzioni della Comunità era-no cresciute fino ad allora secondo criteri quantitativi (all’aumento degli Stati era sempre

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corrisposto un aumento parallelo di parlamentari, commissari, giudici ecc.), mantenendo le regole che si erano date cinquant’anni prima quando gli Stati mem-bri erano sei.

L’ingresso nell’UE di gran parte di questi Paesi è avvenuto negli ultimi dieci anni:

> nel 2004: Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Estonia, Letto-nia, Lituania, Cipro, Malta;

> nel 2007: Bulgaria e Romania;> nel 2013: Croazia.

Oggi gli Stati membri dell’UE sono 28, ma il 24 giugno 2016, a seguito di referen-dum, il Regno Unito ha dichiarato di voler esercitare il diritto di recesso volontario e unilaterale previsto dall’art. 50 del Trattato di Lisbona.

1.12 Il recepimento della dimensione europea nel Testo unico della scuola

All’indomani della ratifica del Trattato di Maastricht (avvenuta il 1º novembre 1993), la dimensione europea dell’insegnamento entrò nella scuola italiana. Infatti, secon-do l’art. 4 del Testo Unico sulle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzio-ne, relative alle scuole di ogni ordine e grado (D.Lgs. n. 297/1994), “l’ordinamento scolastico italiano, nel rispetto della responsabilità degli Stati membri della Comunità europea, per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, favorisce la cooperazione tra gli Stati membri per lo sviluppo di una istruzione di qualità e della sua dimensione europea, in conformità a quanto previsto dall’articolo 126 del Trattato della Comunità europea (...)”.

1.13 Il Trattato di Amsterdam

Il Consiglio europeo, riunito ad Amsterdam il 16 e il 17 giugno 1997 (cinque anni dopo la firma del Trattato di Maastricht), varò il nuovo Trattato, ritenuto necessa-rio per affrontare i problemi lasciati aperti dal Trattato di Maastricht e quelli posti dall’ampliamento dell’UE verso est e verso sud. Gli obiettivi del Trattato sono:

1. porre l’occupazione e i diritti dei cittadini al centro delle politiche dell’UE;2. eliminare gli ostacoli alla libera circolazione e rafforzare la sicurezza (l’accordo di

Schengen fu inserito nel Trattato);3. permettere all’UE di esercitare maggiore influenza sulla scena mondiale (poten-

ziamento della PESC);4. rendere più efficienti le istituzioni dell’UE.

I primi tre obiettivi erano la continuazione delle politiche stabilite con i tre “pilastri” di Maastricht; il quarto poneva il problema della governabilità dell’UE, passata in pochi anni da 15 a 28 Stati, e quindi delle riforme istituzionali.

1.14 La moneta unica

L’adozione della moneta unica, conseguenza del completamento del Mercato comu-ne europeo, era stato uno dei traguardi fissati nel Trattato di Maastricht del 1992. Per l’adesione all’Unione monetaria fu richiesto il rispetto dei seguenti criteri, detti “parametri di Maastricht”:

1. deficit pari o inferiore al 3% del prodotto interno lordo (PIL);

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2. rapporto debito/PIL inferiore al 60%;3. tasso di inflazione non superiore di oltre 1,5 punti percentuali rispetto a quello medio

dei tre Stati membri a più bassa inflazione;4 tassi d’interesse a lungo termine non superiori di oltre 2 punti percentuali rispet-to alla

media dei tre Stati membri a più bassa inflazione;5. appartenenza per almeno un biennio al Sistema monetario europeo.

All’Italia e al Belgio fu permesso di adottare subito l’euro anche in presenza di un rapporto debito/PIL largamente superiore al 60%.La Grecia era l’unico Paese che non rispettava nessuno dei criteri stabiliti; fu comunque ammessa due anni dopo, il 1º gennaio 2001. L’introduzione fisica della nuova valuta in questo Paese avvenne contemporaneamente agli altri undici Paesi, il 1º gennaio 2002.

1.15 Il Trattato di Nizza

Il Trattato di Nizza, fi rmato alla conclusione del Consiglio europeo riunito nella città francese dal 7 al 12 dicembre 2000, rappresentò il tentativo di:

> “costituzionalizzare” l’Unione europea, con la prospettiva di fare un ulteriore passo verso la creazione degli “Stati uniti d’Europa”;

> varare le riforme istituzionali, prima di procedere all’allargamento dell’UE ai Paesi candidati.

Inoltre, importante tema di riflessione fu la questione della “Carta dei diritti fondamentali dell’UE”.

La Carta dei diritti fondamentali dell’UEDecisa dal Consiglio europeo di Colonia del giugno 1999 ed elaborata da una con-venzione composta da rappresentanti degli Stati, dei Parlamenti nazionali, del Par-lamento europeo e delle altre istituzioni comunitarie, si proponeva di riunire in un solo testo i diritti riconosciuti in differenti documenti giuridici europei, fornendo ai cittadini dell’Unione una presentazione chiara, concreta e accessibile dei loro diritti. La Carta comprende i seguenti capitoli:> Dignità: diritti fondamentali della persona.> Libertà: diritto alla sicurezza e alla privacy; tutela dei rapporti etico-sociali e del lavoro.

> Uguaglianza, sia in senso giuridico sia nel senso del riconoscimento dei diritti dei deboli e dei disabili.

> Solidarietà: protezione dei lavoratori dipendenti, dell’ambiente e dei consumatori.> Cittadinanza: diritto di voto, diritto ad una buona amministrazione e di accesso ai

documenti.> Giustizia: diritto all’imparzialità del giudice, principi della legalità e della propor-zionalità

dei reati e delle pene.

La Carta fu approvata dal Consiglio europeo di Nizza e avrebbe dovuto, secondo le migliori intenzioni, diventare il nucleo fondante della “Costituzione europea”.

La Convenzione europeaNel 2001 fu istituita una Commissione di 102 membri, col compito di scrivere le ri-forme dell’UE allargata e il progetto di Costituzione. I lavori si conclusero il 18 luglio 2003, quando il suo Presidente Giscard d’Estaing presentò a Roma (città in cui nel 1957 era stato

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firmato l’atto di nascita della Comunità economica europea – CEE) il “Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa”.Il lungo e faticoso negoziato fra gli Stati membri su questo testo vide riproporsi la consueta contrapposizione fra coloro che vedevano nell’Unione europea un orga-nismo tecnico per la collaborazione intergovernativa fra Stati sovrani e coloro che invece attribuiscono all’UE la funzione di organismo sovranazionale destinato ad assumere, su delega degli Stati, funzioni sempre più penetranti di cooperazione poli-tica: per questi ultimi l’approvazione di una “Costituzione europea” avrebbe avuto il valore di un passo avanti in questa direzione.Negli anni successivi questo secondo percorso fu abbandonato: i referendum svoltisi nel 2005 in Francia e in Olanda avevano bocciato l’approvazione del nuovo Trattato, né avrebbe avuto senso proporlo alla ratifica di altri Stati quando due tra i Paesi fon-datori delle Comunità non l’avevano approvato8.

1.16 Il Trattato di Lisbona

Per superare l’impasse che si era creato in seguito alla bocciatura del Trattato in Fran-cia e Olanda, si decise di procedere alla redazione di un nuovo Trattato semplificato, privo di connotati costituzionali, da approvare solo per via parlamentare prima delle elezioni del Parlamento europeo previste nel 2009.Il Trattato di Lisbona fu fi rmato dai capi di Stato e di Governo del Consiglio europeo il 13 dicembre 2007. Esso fu rapidamente ratificato dai 27 Stati membri, entrando in vigore il 1° dicembre 2009.Le principali novità consistono nell’attribuzione di maggiori poteri al Parlamento europeo, nella modifica delle procedure di voto del Consiglio, nell’istituzione di un Presidente permanente del Consiglio europeo, nell’istituzione di un alto rap-presentante dell’Unione per gli affari esteri e di un servizio diplomatico dell’UE9. Il Trattato di Lisbona definisce:

> le competenze dell’UE;> le competenze dei Paesi membri;> le competenze condivise.

Esso attribuisce all’Unione personalità giuridica, rafforzandone il potere negoziale e potenziando la sua azione in ambito internazionale.

8 Il Parlamento italiano, che secondo quanto stabilito dalla Costituzione (art. 80) ha la competenza all’approvazione dei Trattati internazionali, ratificò invece a grande maggio-ranza il “Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa”: il 25 gennaio 2005 alla Camera dei deputati (436 favorevoli, 28 contrari, 5 astenuti); il successivo 6 aprile al Senato (217 favorevoli, 16 contrari, nessun astenuto).9 La trattazione delle istituzioni europee è nei paragrafi successivi.

2 Le istituzioni europee

2.1 Una premessa necessaria

Il quadro delle istituzioni dell’UE è frutto della storia delle Comunità europee e del complesso rapporto fra le sovranità degli Stati membri e le attribuzioni delegate agli organismi comunitari.Ad esempio, negli Stati democratici il potere legislativo è attribuito al Parlamento, eletto dai cittadini ed espressione della sovranità popolare. Nell’UE non è così, in quanto l’attribuzione al Parlamento del potere legislativo comporterebbe la perdita

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dell’equivalente potere (e quindi della sovranità) da parte degli Stati membri. Per-tanto (par. 8.2.4 sgg.), il processo di approvazione della legislazione comunitaria si basa sulla necessaria collaborazione fra Parlamento e Stati, questi ultimi rappresen-tati nel Consiglio dell’Unione (detto Consiglio dei ministri).Secondo l’articolo 13 del Trattato sull’Unione europea, il quadro istituzionale è com-posto da sette istituzioni:

1. la Commissione europea;2. il Consiglio europeo3. il Consiglio dell’Unione europea (denominato anche Consiglio UE);4. il Parlamento europeo;5. la Corte di giustizia dell’Unione europea;6. la Corte dei conti;7. la Banca centrale europea.

2.2 La Commissione europea

Tale Istituzione costituisce il potere esecutivo ed è in parte equiparabile all’organo di governo degli Stati. Essa rappresenta gli interessi generali dell’UE ed è indipendente dagli Stati.Ha il potere di iniziativa legislativa.È formata da un Commissario per Stato membro e ha sede a Bruxelles.Dura in carica cinque anni, compreso il Presidente: i componenti sono nominati dal Consiglio europeo (cioè la riunione dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi mem-bri), ma devono avere l’approvazione del Parlamento europeo.

2.3 Il Consiglio europeo

È l’organo di indirizzo politico generale in quanto è composto dai Capi di Stato (se si tratta di repubbliche semipresidenziali o presidenziali) o di Governo (se si tratta di monarchie o repubbliche parlamentari) degli Stati membri.Non ha funzioni legislative. Si riunisce normalmente due volte a semestre su con-vocazione del presidente, il quale, nominato dal Consiglio europeo stesso, dura in carica due anni e mezzo.Il Consiglio europeo, organo dell’Unione europea, non va confuso con il Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale con sede a Strasburgo, fondato il 5 maggio 1949 col Trattato di Londra (par. 8.1.1).

2.4 Il Consiglio dell’Unione europea

Il Consiglio dell’UE è l’organo decisionale dell’Unione; condivide con il Parlamento europeo la funzione legislativa. È composto dai ministri provenienti da ciascun Pae-se: ministri diversi a seconda della materia oggetto di discussione. Infatti il Consiglio, entità giuridica unica, si riunisce in dieci differenti “formazioni”:

1. Affari generali2. Affari esteri3. Economia e finanza (compreso il bilancio) - Ecofin4. Giustizia e affari interni (compresa la protezione civile) - GAI5. Occupazione, politica sociale, salute e consumatori - EPSCO6. Competitività (mercato interno, industria, ricerca e spazio)

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7. Trasporti, telecomunicazioni e energia - TTE8. Agricoltura e pesca9. Ambiente10. Istruzione, gioventù, cultura e sport.

La Presidenza è esercitata a turno, con rotazione semestrale.

Rappresentando gli Stati, si pose il problema del loro diverso “peso” al momento del-la votazione: peso necessariamente diverso in rapporto alla popolazione degli Stati stessi. Un paese, ad esempio, con oltre 80 milioni di abitanti, non può “pesare” allo stesso modo di un altro, che arriva a stento a poche centinaia di migliaia.Il Trattato stabilì il criterio del “voto ponderato”, in relazione all’entità della popo-lazione. Il criterio non era di esatta proporzionalità ad essa, perché ne sarebbero derivati squilibri politici inaccettabili10 ma fu formulato per fasce di popolazione. In tal modo:

> Francia, Germania, Italia, Regno Unito con 29 voti ciascuno;> Polonia e Spagna con 27 voti ciascuno;> Romania con 14 voti;> Paesi Bassi con 13 voti;> Belgio, Grecia, Portogallo, Repubblica ceca, Ungheria con 12 voti ciascuno> Austria, Bulgaria, Svezia con 10 voti ciascuno> Croazia, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lituania, Slovacchia con 7 voti ciascuno;> Cipro, Estonia, Lettonia, Lussemburgo, Slovenia con 4 voti ciascuno;> Malta con 3 voti.

Il totale è di 352 voti.I Trattati stabiliscono, materia per materia, quale sia la maggioranza da raggiungere a seconda dell’argomento discusso. Normalmente il Consiglio delibera a “maggioranza qualificata”: cioè 260 voti favorevoli, purché provengano da almeno 15 Stati membri.

10La popolazione della Germania, ade sempio, corrisponde a 201 volte quella di Malta, il Paese più piccolo, oppure a 8 volte quella del Belgio.

Il 1º novembre 2014 è entrato in vigore il nuovo sistema, detto della “doppia mag-gioranza” (cioè con la maggioranza: degli Stati membri e con la maggioranza della popolazione). Per semplificare col nuovo metodo, una decisione è adottata quando il 55% degli Stati membri vota a favore e questi Stati rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’UE.

2.5 Il Parlamento europeo

Il Parlamento europeo, composto dai 750 rappresentanti dei cittadini degli Stati membri, è eletto ogni cinque anni a suffragio universale diretto da tutti i cittadini dell’Unione. Ogni Stato stabilisce in autonomia le modalità di svolgimento delle ele-zioni e il metodo di ripartizione dei seggi.I deputati sono riuniti in gruppi politici transnazionali. Le commissioni permanenti preparano i lavori delle sedute plenarie.Agisce in tre campi: le decisioni legislative, il bilancio, il controllo. Condivide il po-tere legislativo insieme con il Consiglio dell’Unione Europea, tramite la procedura definita di “codecisione”.

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Il potere di controllo viene esercitato, anzitutto, al momento dell’approvazione del Presidente della Commissione, proposto dal Consiglio europeo anche in seguito all’esito delle elezioni, e, quindi, con l’approvazione della Commissione nel suo com-plesso.

Può votare la mozione di censura alla Commissione: essa equivale al voto di sfiducia e, se approvata, obbliga la Commissione a dimettersi collettivamente.Il Parlamento esprime parere decisivo sull’adesione di nuovi Stati; ha sede a Strasburgo, ma svolge i suoi lavori anche a Bruxelles e a Lussemburgo, ove ha sede il segretariato. È l’unico organismo eletto dai cittadini e che ha un rapporto diretto con loro:

> qualsiasi cittadino dell’Unione, nonché persona fisica o giuridica che risieda in uno Stato membro, ha il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo su una materia che rientra nel campo di attività dell’Unione;

> un “mediatore europeo”, eletto dal Parlamento stesso, è abilitato a ricevere le de-nunce riguardanti casi di cattiva amministrazione degli organi dell’Unione.

Il Presidente viene eletto dal Parlamento stesso e rimane in carica due anni e mezzo.

2.6 La legislazione dell’Unione europea

La legislazione europea, la cui proposta iniziale parte dalla Commissione, nasce quindi dall’accordo fra il Consiglio dell’Unione (detto Consiglio dei ministri) e il Parlamento. La procedura di approvazione più spesso adottata è quella della “code-cisione” che pone sullo stesso piano le due istituzioni.Le norme emanate dall’UE sono di due tipi: Regolamenti e Direttive.I Regolamenti sono l’equivalente delle nostre leggi: essi sono direttamente ed ob-bligatoriamente applicati negli ordinamenti di tutti gli Stati membri. Le Direttive, invece, definiscono principi da attuare o obiettivi da raggiungere obbligatoriamente per gli Stati membri, lasciando però a questi la scelta dei mezzi giuridici più idonei per realizzarli.Vi sono poi le Decisioni, che si differenziano perché sono atti con portata individua-le, indirizzati a singoli Stati membri o a soggetti privati: creano obblighi solo per i loro destinatari.Sono atti ufficiali dell’Unione anche:

> le Raccomandazioni, atti non vincolanti diretti a sollecitare il destinatario ad adotta-re un determinato comportamento, o a cessare di tenerlo;

> i Pareri, atti non vincolanti destinati a fissare il punto di vista dell’istituzione che lo emette, in ordine a una specifica questione.

Un’ultima categoria comprende una serie disparata di atti, quali i Regolamenti in-terni delle Istituzioni Comunitarie, le Risoluzioni, gli Accordi interistituzionali, le Dichiarazioni comuni, le Posizioni comuni, Libri “verdi” e Libri “bianchi”11.

2.7 Il primato del diritto europeo

L’art. 11 della Costituzione afferma che “l’Italia (…) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Su questa base l’Italia aderì il 18 aprile 1951 alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) e successivamente (il 25 marzo 1957) al Patto di Roma, che istituiva la Comunità economica europea (CEE), poi divenuta Comunità europea (CE) e quindi Unione europea (UE) con la firma del Trattato di Maastricht il 7 febbraio 1992. L’adesione ai Trattati comunitari ha comportato per gli Stati membri la rinuncia a settori di

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sovranità nazionale: carbone e acciaio, agricoltura e pesca, moneta (per i paesi dell’euro), ricerca sul nucleare civile ecc., sono diventati esclusive competenze comunitarie.Tra i due livelli della produzione legislativa (quello nazionale e quello comunitario) si sono creati (e continuano a crearsi) sovrapposizioni e contrasti: questi conflitti sono deferiti alla Corte di giustizia delle Comunità europee (ora, dell’Unione europea).Con la sentenza “Costa contro ENEL” del 15 luglio 1964, tale Corte stabilì il princi-pio del primato del diritto comunitario: se una norma nazionale è contraria ad una disposizione comunitaria, è quest’ultima che va applicata.La norma nazionale in contrasto con la norma comunitaria non viene dichiarata incostituzionale né abrogata, ma semplicemente va disapplicata.Il principio del primato sancisce il valore superiore del diritto europeo rispetto ai diritti nazionali degli Stati membri. Il principio del primato vale per tutti gli atti europei di carattere vincolante: gli Stati membri non possono quindi applicare una norma nazionale contraria al diritto europeo.

11I Libri bianchi sono documenti ufficiali della Commissione europea che contengono proposte di azione comunitaria in un settore specifico, andando poi a costituire il pre-supposto per la loro realizzazione. Talvolta fanno seguito a un Libro verde, pubblicato per promuovere una consultazione a livello europeo o per esporre un ventaglio di idee da sottoporre alla pubblica discussione: a volte gli spunti di un “libro verde” sono accolti in un successivo “libro bianco”, che a sua volta costituisce la base di accordi comunitari.

Garantendo il valore superiore del diritto europeo rispetto al diritto nazionale, il principio del primato assicura una protezione uniforme dei cittadini da parte del diritto europeo su tutto il territorio dell’UE.

Portata del principioIl primato del diritto europeo sui diritti nazionali è assoluto. La Corte di giustizia ha sta-bilito che anche le costituzioni nazionali sono soggette al principio del primato. Il giudice nazionale è quindi tenuto a non applicare le disposizioni contrarie al diritto europeo.Tale principio vale nei confronti di qualunque atto normativo nazionale, di qualsiasi natura (legge, regolamento, decreto, ordinanza, circolare, ecc.), che sia stato emesso dal potere esecutivo o legislativo dello Stato membro.Anche il potere giudiziario soggiace al principio del primato: anche la giurispruden-za deve pertanto rispettare il diritto comunitario.Al principio del primato è connesso il principio di efficacia diretta del diritto euro-peo, in base al quale il diritto europeo non solo impone obblighi agli Stati membri ma attribuisce anche diritti ai singoli (par. 15.1.4).

2.8 La Corte di giustizia dell’Unione europeaLa Corte di giustizia dell’Unione europea12, con sede a Lussemburgo, interpreta il diritto dell’UE perché esso sia applicato allo stesso modo in tutti i Paesi membri. Giudica le controversie tra i governi nazionali e le istituzioni dell’UE.Anche i privati cittadini, le imprese o le organizzazioni possono rivolgersi alla Corte se ritengono che un’istituzione dell’UE abbia leso i loro diritti.La Corte di giustizia è costituita da un giudice per ciascuno Stato membro e si avvale di nove avvocati generali che hanno il compito di presentare pareri motivati sulle cause sottoposte al giudizio della Corte. Essi devono svolgere tale compito pubblica-mente e con assoluta imparzialità.

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I giudici e gli avvocati generali rimangono in carica per un periodo rinnovabile di sei anni e sono designati di comune accordo dai governi degli Stati membri.Per coadiuvare la Corte di giustizia nell’esame del gran numero di cause proposte e per offrire ai cittadini una maggiore tutela giuridica, è stato istituito il Tribunale, che si pronuncia sulle cause presentate da privati cittadini e imprese.

2.9 La Corte dei conti europea

La Corte dei conti europea verifica le finanze dell’UE. È stata istituita nel 1975 e ha sede a Lussemburgo. Il suo ruolo è quello di migliorare la gestione finanziaria dell’UE e di riferire in merito all’uso dei fondi pubblici.Presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale sull’esercizio precedente (il “discarico annuale”). Il Parlamento esamina la relazione della Corte prima di decidere l’approvazione della gestione del bilancio fatta dalla Commissione.

12La Corte di giustizia dell’Unione europea non va confusa con la Corte europea dei diritti umani, che fa capo al Consiglio d’Europa, e giudica sulla base della “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo”, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

La Corte esprime anche pareri sulla legislazione finanziaria dell’UE e sulle norme in materia di lotta antifrode. È composta da un membro di ciascun paese dell’UE, no-minato dal Consiglio per un mandato (rinnovabile) di sei anni. I membri designano tra di loro il presidente della Corte.

2.10 La Banca centrale europea

La Banca centrale europea (BCE), con sede a Francoforte, in Germania gestisce l’euro 13, la moneta unica dell’UE, e garantisce la stabilità dei prezzi nell’UE.La BCE contribuisce anche a definire e attuare la politica economica e monetaria dell’Unione.I suoi obiettivi principali sono:

> mantenere la stabilità dei prezzi (tenendo sotto controllo l’inflazione) specialmen-te nei paesi dell’area dell’euro;

> mantenere stabile il sistema finanziario, assicurandosi che i mercati finanziari e le istituzioni siano controllati in modo appropriato.

La Banca lavora in collaborazione con le Banche centrali dei 28 paesi dell’UE. Insie-me costituiscono il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC)14.Rientra nei compiti della BCE:> fissare i tassi d’interesse di riferimento per l’area dell’euro e controllare la massa

monetaria;> gestire le riserve in valuta estera dell’area dell’euro e comprare o vendere valute quando

si presenta la necessità di mantenere in equilibrio i tassi di cambio;> accertarsi che le istituzioni e i mercati finanziari siano adeguatamente controllati dalle

autorità nazionali e che i sistemi di pagamento funzionino correttamente;> autorizzare le banche centrali dei paesi dell’area dell’euro a emettere banconote in

euro;

> monitorare le tendenze dei prezzi valutando il rischio che ne deriva per la stabilità dei prezzi nell’area dell’euro.

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Paesi che hanno adottato l’euro: Paesi fuori dall’eurozona:1. Austria 1. Bulgaria2. Belgio 2. Croazia3. Cipro 3. Danimarca4. Estonia 4. Polonia5. Finlandia 5. Regno Unito6. Francia 6. Repubblica Ceca7. Germania 7. Romania8. Grecia 8. Svezia9. Irlanda 9. Ungheria10. Italia11. Lettonia12. Lituania13. Lussemburgo14. Malta15. Paesi Bassi16. Portogallo17. Slovacchia18. Slovenia19. Spagna

14 A fianco delle BCE operano altri organismi finanziari che fanno capo all’Unione:– la Banca europea degli investimenti, che finanzia i progetti di investimento dell’UE, con sede a

Lussemburgo;– la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, che finanzia o co-finanzia gli investimenti che

favoriscono la transizione verso un’economia di mercato nei paesi dell’Europa centra-le, orientale ed ex-URSS;

– il Fondo europeo per gli investimenti, che fornisce garanzie e capitale di rischio per aiutare le piccole e medie imprese, con sede a Lussemburgo.

2.11 Gli organi consultivi dell’Unione europea

A latere delle sette istituzioni dotate di poteri propri, sono stati istituiti due organismidi carattere consultivo, col compito di collegare più strettamente l’UE alla societàcivile e alle realtà territoriali.Essi sono:> il Comitato economico e sociale europeo;> il Comitato delle regioni.

Comitato economico e sociale europeoIl Comitato economico e sociale europeo (CESE), con sede a Bruxelles, è un organo consultivo dell’Unione Europea, creato con il Trattato di Roma del 1957.I membri del comitato, nominati in proporzione alla popolazione dei 28 Stati mem-bri, rappresentano le categorie economiche esprimenti gli interessi economici, so-ciali e culturali nei rispettivi paesi. In base all’articolo n. 257 del Trattato di Roma, come modificato dal Trattato di Nizza: “Il comitato è costituito da rappresentanti delle varie componenti di carattere economico e sociale della società civile organizzata, in particolare dei produttori, agricoltori, vettori, lavoratori, commercianti e artigiani, nonché delle libere professioni, dei consumatori e dell’interesse generale”.

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Comitato delle regioniIl Comitato delle regioni (CoR) è l’assemblea dei rappresentanti locali e regionali dell’Unione Europea, che consente agli enti substatali (Regioni, Province, Comuni, ecc.) di far udire la loro voce in maniera diretta all’interno del quadro istituzionale europeo.

Il Comitato è stato istituito nel 1994 per assolvere due compiti:

1. dar voce ai rappresentanti locali e regionali nello sviluppo della legislazione euro-pea;

2. coinvolgere il livello amministrativo eletto più vicino ai cittadini (principio di sus-sidiarietà), nella preoccupazione del distacco tra l’opinione pubblica e il processo di integrazione europea.

3 Il funzionamento dell’Unione europea

Il funzionamento dell’Unione europea si regge sui Trattati istitutivi (Patto di Roma del 1957 e Trattato di Maastricht del 1992), che vigono con le integrazioni e modifi-che introdotte dai Trattati sottoscritti successivamente dagli Stati membri15.Gli Stati che sono entrati successivamente al 1957 hanno sottoscritto la clausola dell’accettazione dell’ “acquis communautaire” (“diritto acquisito comunitario”). Esso è l’insieme dei diritti, degli obblighi e degli obiettivi che accomunano gli Stati membri e che devono essere accettati dai Paesi che vogliano entrare a farne parte.

3.1 I principi ispiratori dell’Unione europea

L’enunciazione dei principi ispiratori dell’Unione è stata inserita nel Trattato di Li-sbona (art. 1bis delle Disposizioni generali):“L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”. Altrettanto importante è il successivo art. 2:“L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere inter-ne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima.L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, ba-sato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione so-ciali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri. Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo”.

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3.2 I principi dell’agire dell’Unione europea: attribuzione, sussidiarietà, proporzionalità

Dalla Comunità di sei Stati del 1957 si è passati all’Unione di 28 Paesi. Dall’entusia-smo europeista dei primi decenni si è passati al riflusso di questi anni, durante i quali una crisi finanziaria senza precedenti dal dopoguerra ha messo in risalto difficoltà

15Trattato di Lisbona, Disposizioni generali: “L’Unione si fonda sul presente trattato e sul trat-tato sul funzionamento dell’Unione europea (in appresso denominati “i trattati”). I due trat-tati hanno lo stesso valore giuridico. L’Unione sostituisce e succede alla Comunità europea”.

economiche gravi e diffuse in ampie aree dell’Unione; ad esse si è aggiunta la pres-sione dei movimenti migratori fuori controllo dall’Asia e dall’Africa.Le spinte centripete che avevano portato al Trattato di Roma del 1957 e alle prospet-tive di unione politica del 1992 sono sempre meno sentite, a fronte della conclamata esigenza che l’Unione risolva i problemi generali e si faccia carico di crisi e deficit particolarmente accentuati in alcuni Stati membri16.L’equilibrio fra le contrapposte tendenze è l’equilibrio stesso dell’UE: equilibrio con-sacrato nella definizione presente, nel Trattato, dei tre principi che regolano l’agiredell’Unione.Essi sono:

1. il principio di attribuzione;2. il principio di sussidiarietà;3. il principio di proporzionalità.

Il principio di attribuzioneIn virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti: qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei tratta-ti appartiene agli Stati membri.Tale principio corrisponde alla codificazione del principio di delega di sovranità, espresso dalla Costituzione italiana nell’art. 11: “L’Italia (…) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assi-curi la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.In base a tale principio, il diritto dell’Unione prevale sul diritto degli Stati.

Il principio di sussidiarietàL’Unione si affi anca all’azione degli Stati sostenendoli nelle iniziative di respiro eu-ropeo. L’art. 5 del Trattato sull’Unione europea17 (detto di Maastricht) ha istituzio-nalizzato il principio della sussidiarietà:“La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comu-nità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realiz-zati meglio a livello comunitario”.In altre parole è stato stabilito il criterio che “ le decisioni vanno prese il più possibile vicino ai cittadini”.

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Il principio di sussidiarietà è stato formalmente recepito nella Costituzione italiana con la legge costituzionale n. 3/2001: la nuova formulazione dell’art. 118 (c. 4) di-chiara che: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (sottolineatura nostra).

16Il 24 giugno 2016, a seguito dell’esito di votazione referendaria, il Regno Unito ha di-chiarato di voler esercitare il diritto di recesso volontario e unilaterale previsto dall’art. 50 del Trattato di Lisbona (par. 8.1.16).

17 Sostituito dall’art. 3ter delle Disposizioni generali del Trattato di Lisbona.

Il principio di proporzionalitàEsso stabilisce che “il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto neces-sario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati”.Ne esce il quadro di un’Europa democratica e trasparente, che rafforza il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali, offre ai cittadini maggiori possibi-lità di far sentire la loro voce18 e chiarisce la ripartizione delle competenze a livello europeo e nazionale.

3.3 I principi dell’UE di derivazione giurisprudenziale

Oltre ai principi contenuti nel Trattato dell’UE, la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha introdotto con le sue sentenze due ulteriori principi che regolano i rapporti di diritto fra l’Unione e gli Stati membri:

1. il principio del primato del diritto europeo, che ne garantisce la superiorità ri-spetto ai diritti nazionali (par. 8.2.7)

2. il principio dell’efficacia diretta, che consente ai singoli di invocare direttamente una norma europea dinanzi a una giurisdizione nazionale o europea.

L’effi cacia diretta del diritto europeo è stata introdotta dalla Corte di giustizia con la sentenza “Van Gend en Loos” del 5 febbraio 1963, con la quale la Corte ha stabilito che il diritto europeo non solo impone obblighi agli Stati membri ma attribuisce an-che diritti ai singoli. Questi ultimi possono pertanto avvalersi di tali diritti e invocare direttamente le norme europee dinanzi alle giurisdizioni nazionali ed europee: nonè quindi necessario che lo Stato membro recepisca la norma europea in questione nel proprio ordinamento giuridico interno.

4 Le competenze dell’Unione europea

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) definisce le competenze dell’Unione distinguendo tra:

1. competenze esclusive;2. competenze concorrenti;3. competenze di coordinamento;4. competenze di sostegno.

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18Dopo le terribili esperienze dei totalitarismi del secolo scorso, i cittadini europei han-no una sensibilità molto forte in termini di diritti civili e di contenimento dell’azione delle istituzioni a quanto necessario per il conseguimento del benessere individuale e della pace collettiva, pace che proprio l’associazione degli Stati del vecchio continente garantisce dal 1945.

4.1 Competenze esclusive

In queste materie gli Stati membri hanno totalmente devoluto settori propri di sovra-nità nazionale. Ne consegue che, a fronte della giurisdizione dell’UE, gli Stati hanno l’obbligo di recepire le Direttive e dare applicazione ai Regolamenti. “L’Unione ha competenza esclusiva di:

a) unione doganale;b) defi nizione delle regole di concorrenza (regolazione dei mercati);c) politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro;d) conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della

pesca;e) politica commerciale con gli Stati Internazionali.

2. L’Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali nelle materie oggetto di una Sua competenza legislativa esclusiva, oltre che negli accordi che richie-dono che venga applicato il Principio della Sussidiarietà e in quelli di Associazione” (art. 3 TFUE).

4.2 Competenze concorrenti

Sono tutte quelle competenze che i Trattati attribuiscono all’Unione, senza però che queste rientrino nell’elenco tassativo delle competenze esclusive.“L’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri nei principali seguenti settori:a) mercato interno;b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel presente trattato;c) coesione economica, sociale e territoriale;d) agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare;e) ambiente;f) protezione dei consumatori;g) trasporti;h) reti transeuropee;i) energia;j) spazio di libertà, sicurezza e giustizia;k) problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica, per quanto riguarda gli

aspetti definiti nel presente trattato” (art. 4 TFUE).

Su queste materie la competenza primaria è dell’Unione e il ruolo degli Statiè residuale; essi possono legiferare in tali campi in conformità a quanto deciso dall’Unione o nel caso in cui quest’ultima non abbia esercitato la propria giuri-sdizione.

Altri settori, ma in modo meno accentuato, rientrano fra le competenze concorren-ti: la ricerca, lo sviluppo tecnologico e aerospaziale, la cooperazione allo sviluppo, gli aiuti umanitari. In questi ambiti l’Unione e gli Stati agiscono con gli strumenti specifici che sono loro propri e l’Unione adotta politiche di coordinamento.

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4.3 Competenze di coordinamento

Esse hanno per oggetto le politiche economiche, occupazionali e sociali degli Stati membri, vanno coordinate nell’ambito dell’Unione e, a tal fine, il Consiglio adotta indirizzi di massima.Agli Stati membri la cui moneta è l’euro si applicano disposizioni specifiche.

4.4 Competenze di sostegno

Vi sono infine ambiti nei quali l’azione dell’Unione si svolge esclusivamente in fun-zione sussidiaria, senza detenere alcun proprio potere legislativo e limitandosi ad attuare una mediazione politica affinché una serie di azioni possa essere coordinata e sostenuta nei settori che seguono:“a) tutela e miglioramento della salute umana;b) industria;c) cultura;d) turismo;e) istruzione, formazione professionale, gioventù e sport19;f) protezione civile;g) cooperazione amministrativa” (art. 6 TFUE).

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