yoga e ayurveda
TRANSCRIPT
ABHAYA DĀNA
CENTRO DI CULTURA ĀYURVEDICA
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SCUOLA TRIENNALE PER OPERATORI ĀYURVEDICI
YOGA & ĀYURVEDA
Massimiliano Mayr
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La felicità sia con noi
La perfetta salute sia con noi
Possano tutti vedere ciò che è buono
Possano tutti essere liberi dalla sofferenza
Dio ci protegga entrambi
Dio ci nutra insieme
Cresca la forza per conoscere la Verità
Siano i nostri studi illuminati
Non ci sia mai incomprensione tra noi
Om, pace, pace, pace
Guidaci dall’immaginario al Reale
Guidaci dalle tenebre alla Luce
Guidaci dalla paura della morte
alla Conoscenza dell’Immortalità
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SOMMARIO
1. YOGA E ĀYURVEDA pag. 3
2. AṢṬĀṄGA E HAṬA YOGA pag. 6
3. I SENTIERI DELLO YOGA E L’ĀYURVEDA pag. 8
4. ĀSANA pag. 10
5. PRĀṆĀYĀMA pag. 14
6. FINI E PROPOSITI DI YOGA E ĀYURVEDA pag. 16
7. CONCLUSIONI pag. 18
APPENDICE
BIBLIOGRAFIA pag. 20
ĀSANA pag. 21
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Buddha della Medicina
1. YOGA E ĀYURVEDA
I due sistemi, dello Yoga e dell’Āyurveda, percorrono una strada
comune e propongono un modello di vita integrato che affronta ogni aspetto
della nostra esistenza al fine di mantenere un corpo sano ed efficiente e una
mente lucida ed equilibrata, ovvero conservare salute e benessere.
Lo Yoga, attraverso la disciplina e l’educazione del corpo, ci insegna
(iniziando con la pratica degli āsana) a dominare la mente invitando il
praticante a seguire regole di igiene personale, alimentazione, gestione delle
energie fisiche e psichiche e governo del proprio carattere affinché sia possibile
mantenere o recuperare il naturale stato di equilibrio fisico, psichico e spirituale.
L’Āyurveda, a partire dall’individuazione e dalla definizione della
costituzione personale, fornisce le indicazioni per mantenersi in salute e curarsi,
fornendo al contempo le informazioni per scegliere il percorso yoga più adatto e
le posizioni da praticare più appropriate affinché le funzioni del nostro corpo
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siano perfettamente in armonia per consentire una lunga vita equilibrata e
sana.
Lo yogin e' uno sperimentatore, uno studioso e un filosofo: la pratica
abbraccia attività diverse e complesse e l’esperienza personale che ne deriva è
aperta. Il praticante che decide di penetrare a fondo nello yoga analizza la
realtà interiore ed esteriore intorno alla quale - e attraverso la quale - si
sviluppa la propria crescita.
La storia dello yoga e la sua sintonia con le scienze (in particolar modo
con l'antropologia e l’āyurveda) ci insegna quanto è vicino alla realtà: lo yoga
non è legato a magici poteri primitivi, ma all’esperienza!
Esso è una delle guide che accompagnano l’uomo: ognuno di noi è in
continuo conflitto con se stesso e gli altri (da qui nasce anche la malattia):
viviamo ogni giorno lottando con la nostra quotidianità, allontanandoci dal suo
più profondo significato, rimaniamo incapaci di spingere lo sguardo oltre…
Lo yoga rappresenta una risposta a questo stato: risponde alle nostre
esigenze primarie di benessere fisico e a quelle più elevate intellettuali e
psicologiche.
Secondo molti riesce a costruire un bisogno intellettuale in evoluzione
che diviene una potente spinta motivazionale alle attività dell’esistenza umana,
fino alla realizzazione di se stessi (realizzazione mondana all’inizio, poi
intellettuale e spirituale).
I sistemi yoga di Patañjāli e Gorakṣanātha rappresentano l'aspetto
pratico della filosofia Sāṃkhya. Lo yoga è una scienza e possiede un metodo di
analisi e sintesi: esso e' presente in tutti i sistemi filosofici dell'India (e quindi
anche nell’āyurveda).
Ogni forma di conoscenza deriva da tre procedimenti:
1. un'accurata sperimentazione,
2. un'osservazione precisa e critica,
3. una teoria funzione dei processi di induzione e deduzione.
I primi due processi sono di natura analitica, mentre il terzo costituisce
la sintesi. Lo yoga si concentra proprio sull'analisi e sulla sintesi della
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sperimentazione a partire da Patañjāli, la maggiore autorità sullo yoga. A lui
vengono attribuite tre grandi opere:
� un commentario sul trattato di grammatica sanscrita di Panini,
� il Cakra, ovvero uno studio sulla medicina,
� gli Yoga Sūtras, o Aforismi sullo Yoga.
Le tre opere sono in relazione: il commentario aiuta a purificare la
parola e l’espressione, lo studio sulla medicina insegna a curare il corpo e gli
Aforismi sullo yoga preparano alla purificazione dell'anima; ritroviamo il latino
“mens sana in corpore sano”, ovvero una personalità coltivata e perfettamente
integrata come ci insegna la stessa āyurveda: il corpo, la mente e l'anima
vengono considerati una sola unità e seguendo rigorosamente questa
tradizione, Patañjāli ha coordinato sistematicamente ogni disciplina dello yoga.
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Yoga Sūtras. manoscritto
2. AṢṬĀṆGĀ E HAṬA YOGA
Gli yogin nei secoli hanno analizzato (in un modo che oggi potremmo
definire, secondo i nostri canoni, scientifico ed oggettivo) gli ostacoli che
impediscono all’uomo di controllare i propri pensieri e le proprie emozioni.
Patañjāli (II secolo a. C.), così la tradizione tramanda, descrisse i
risultati delle ricerche degli yogin negli Yoga Sūtras, un testo in cui viene
esposto e suggerito un modello di vita da seguire suddiviso in otto livelli
(aṣṭāṅga = otto membra) per pacificare e guidare la mente al godimento di uno
stato durevole di pace ed equilibrio mentale e fisico.
In breve gli otto stadi sono:
YAMA: il rispetto e l’adesione ai comandamenti morali universali (per
esempio la pratica della non violenza e l’astensione dalla cupidigia),
NIYAMA: l’autopurificazione con la disciplina attraverso l’austerità, la
purezza, lo studio e il superamento dell’io,
ĀSANA: la pratica di posizioni per fortificare il corpo e la mente,
PRĀṆĀYAMĀ: la pratica del controllo ritmico del respiro e quindi
dell’energia vitale,
PRATYĀHĀRA: il controllo e l’emancipazione della mente dal dominio
dei sensi e degli oggetti esteriori ovvero il distacco dall’attività sensoriale,
DHĀRAṆA: la concentrazione mentale,
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DHYĀNA: la meditazione,
SAMĀDHI: la condizione di concentrazione supercosciente ottenuta con
profonda meditazione in cui l’aspirante (sādhaka) diviene uno con l’oggetto
della meditazione: Paramātmā o Spirito Universale.
I primi cinque aṅga sono detti bahiraṅga (o membra esterne) e i
successivi tre sono detti antaraṅga (o membra interne) o anche samyama
(concentrazione della mente).
Gorakṣanātha (XI, XII secolo d. C.) nell’Haṭa Yoga propone un
cammino analogo, sottolineando, in particolare, l’importanza della conoscenza
del proprio corpo e della pratica fisica.
Anche l’Haṭa Yoga prevede una serie di aṅga che però risultano essere
solo sette essendo dhāraṇa esclusivamente una particolare forma di pratica di
meditazione.
L’Haṭa Yoga, particolarmente vicino al sistema del tantrismo, crea la
sua filosofia a partire da Kuṇdalinī: attraverso gli āsana e il lavoro specifico sui
cakra (centri di energia che possono essere messi da noi in relazione con i sei
plessi) mira a risvegliare Kuṇdalinī e attraverso quest’esperienza arrivare al
samādhi.
La regolare applicazione degli aṅga e in particolare dei primi cinque
(bahiraṅga o membra esterne) presenta molti aspetti che appartengono anche
all’āyurveda: la corretta respirazione, la corretta alimentazione, il corretto
esercizio fisico, fino ad arrivare alla conoscenza del proprio carattere e del
proprio corpo (con i suoi limiti e potenzialità) costituisce il punto fondamentale
per il benessere mentale e fisico dell’individuo per ambedue i sistemi (yoga e
āyurveda) che si propongono di realizzare, prima di tutto, una lunga e sana
vita.
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I sei Cakra, Iḍā, Piṅgalā e Suṣummā
3. I SENTIERI DELLO YOGA E L’ĀYURVEDA
Lo yoga è un cammino che prevede differenti esperienze e attività,
ovvero veri e propri sentieri che possono essere seguiti singolarmente o
insieme.
Il Rāja Yoga o yoga regale, o integrale indica indifferentemente il
sistema classico dello yoga (descritto da Patañjāli) oppure la forma di yoga più
elevata che si propone di arrivare alla realizzazione spirituale attraverso le
diverse pratiche yogiche che nei secoli, e a seconda dei maestri, si sono
succedute sottolineando aspetti diversi.
All’interno di questo cammino “globale” vi sono differenti itinerari
(possiamo ricordare per esempio il Bhakti Yoga o yoga della devozione, lo
Jñana Yoga o yoga della conoscenza, il Karma Yoga o yoga del servizio, il
Kuṇdalinī Yoga o yoga di Kuṇdalinī (il serpente o l’energia latente che risiede
nel primo cakra) il Nidrā Yoga o yoga del sonno, l’Abhaya Yoga o yoga
dell’assenza e il Kriyā Yoga o yoga delle tecniche) che si propongono di
raggiungere risultati che valgono per se stessi o servono da base per una
successiva evoluzione della persona che li segue (Sādhaka o praticante)
Tutti i tipi di yoga invitano allo studio di sé, ovvero alla conoscenza
della propria persona anche attraverso la comprensione della propria natura
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āyurvedica: l’āyurveda guarisce e purifica il corpo e la mente, mentre lo yoga,
preparato dall’āyurveda mantiene il corpo efficiente.
L’āyurveda fa propri alcuni aspetti dello yoga e molti affermano che
essa stessa costituisca una forma di Karma Yoga, una forma di servizio per gli
esseri umani.
Allo stesso modo lo yoga utilizza le conoscenze dell’āyurveda e chi
pratica yoga deve conoscere l’āyurveda per essere un buon praticante: deve
conoscere la visione āyurvedica del corpo e della mente, l’uso della dieta e delle
erbe e i metodi di purificazione per preparare se stesso alla pratica degli āsana.
Il fondamento dello yoga è l’āyurveda e il frutto dell’āyurveda è lo yoga.
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Śiva Naṭarāja
4. ĀSANA
Gli āsana costituiscono l’aspetto più evidente - e conosciuto – dello
yoga. L’āyurveda consiglia la pratica degli āsana per fare esercizio fisico e per
curare alcune malattie.
Naturalmente gli āsana sono solo una parte minima e non sempre
presente del trattamento terapeutico ma sono in grado da soli – in un normale
stato di salute – di migliorare la circolazione, rimuovere le tossine, rinforzare
durante l’esercizio fisico la struttura muscolo-scheletrica, sviluppare l’equilibrio
psicofisico e promuovere la conoscenza e la coscienza del proprio corpo.
Gli āsana sono utili per tutte le costituzioni (doṣa) in particolare per i
vata e dovrebbero essere praticati, secondo la tradizione, per almeno trenta
minuti al giorno. Esistono però serie di āsana specifiche per le diverse
costituzioni āyurvediche che favoriscono il mantenimento e il recupero
dell’equilibrio naturale.
VATA DOṢA. Le persone che hanno vata dominante in genere hanno
una buona flessibilità, ma, in vecchiaia sviluppano facilmente rigidità muscolare
e articolare.
Il primo ostacolo che devono affrontare e superare riguarda il giusto
atteggiamento nell’approccio allo yoga che richiede calma e concentrazione:
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dovrebbero iniziare con un buon riscaldamento per preparare il corpo alla
pratica e impegnarsi a non entrare nelle posizioni prima che la muscolatura sia
pronta.
In particolare dovrebbero praticare āsana ponendo attenzione alla
regione pelvica e al colon (regioni dove vata è maggiormente presente). In
genere sono ottimi gli āsana che limitano il movimento per contrastare l’attività
eccessiva che contraddistingue i vata (non bisogna però limitare tale attività
esageratamente per non incorrere nel desiderio di abbandonare la pratica per la
troppa noia!); sono ottime quindi le posizioni sedute come la posizione del loto
(padmāsana) e del diamante completo (vajrāsana) per creare tranquillità e
disciplina.
Allo stesso modo i vata tendono a irrigidire il corpo (in particolare la
zona delle spalle e delle anche) per assumere posizioni di protezione e/o
aggressione: in tal caso è necessario praticare posizioni che aumentino lo spazio
e il movimento nelle zone rigide.
La spina dorsale è probabilmente la zona maggiormente interessata da
questa rigidità e le posizioni in torsione come la posizione di Matsyendra
(matsyendrāsana) aiutano a mantenerne la flessibilità, mentre le posizioni di
allungamento e inarcamento della schiena come il cobra (bhujaṅgāsana) e la
locusta (śalabhāsana) sono ottime per l’equilibrio. Le posizioni in piedi come
l’albero (vṛkṣāsana) sono ottime per sviluppare la calma e la stabilità, mentre
le posizioni sedute vegono utilizzate per controllare apāna vayu.
Ogni posizione per i tipi vata deve essere fatta con molta calma e con
grande consapevolezza, con un attento controllo del respiro per aumentare
pazienza, concentrazione e diminuire invece il naturale ed eccessivo desiderio di
movimento.
I vata devono conquistare stabilità, fermezza, calma, dominio e
rinforzare il corpo.
PITTA DOṢA. Gli individui che hanno pitta dominante hanno
solitamente buono sviluppo muscolare e buona flessibilità ma caratterialmente
amano eccellere e brillare e questo loro atteggiamento li porta spesso a
desiderare di raggiungere l’obiettivo della posizione, realizzare la performance,
dimenticando l’autentico significato della pratica ovvero, oltre il mantenimento
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dell’efficienza del corpo, la costruzione dell’ āsana per la conquista del dominio
della mente, indirizzando verso l’interno l’intelligenza.
Come i vata devono controllare il desiderio eccessivo di movimento
nella pratica, così i pitta devono lavorare per raffreddarsi a livello fisico ed
emotivo. Anche i pitta devono fare molta attenzione al controllo del respiro.
Gli āsana migliori sono costituiti dalle posizioni sulle spalle, come
l’aratro (halāsana) e dalle posizioni che eliminano la tensione dall’addome –
arco (dhanurāsana), cobra (bhujaṅgāsana) e cammello (uṣṭrāsana) – e
dagli āsana di torsione spinale come matsyendrāsana.
La sfida maggiore per un pitta, nella pratica degli āsana, è superare il
desiderio di competizione e di eccellenza che lo contraddistingue e conquistare
invece, attraverso gli āsana, un corpo senza più tensioni (in particolare nella
zona addominale) e una mente chiara e rilassata con una consapevolezza in
atteggiamento meditativo rivolta all’interno e non alla conquista di risultati.
I pitta devono conquistare relax, abbandono e rinunciare all’eccessiva
aggressività.
KAPHA DOṢA. I soggetti che hanno kapha predominante hanno
bisogno di essere spinti oltre quello che pensano essere il loro limite e praticare
āsana che stimolino il movimento come il Saluto al Sole (Sūryanamaskār che
costituisce anche la preparazione ideale alla successiva serie di āsana perchè
riscalda la muscolatura e predispone il praticante a spostare la sua attenzione
dall'esecuzione materiale dell'esercizio interiorizzando la pratica), l’arco
(dhanurāsana), i movimenti all’indietro per stimolare la circolazione verso la
testa, la posizione di Vīrabhadra (Vīrabhadrāsana).
I kapha, alla fine della pratica, dovrebbero sentirsi rinvigoriti e avere la
mente e i sensi acuti e chiari per rimuovere la pesantezza emotiva che li
contraddistingue.
I kapha devono riuscire nella pratica a immettere energia, stimolare e
riscaldare il corpo e la mente.
Naturalmente come non ci sono costituzioni esclusivamente pitta, vata
o kapha, così non esistono posizioni che funzionano unicamente per una
costituzione e non per un’altra.
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Tutti gli asana vanno eseguiti dai praticanti secondo la propria
costituzione fisica e psicologica, con coscienza del proprio corpo e dei propri
limiti che vanno superati senza essere sfidati.
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Pratica di prāṇāyāma
5. PRĀṆĀYĀMA
Lo yoga insegna a padroneggiare il prāṇa e trarre i massimi benefici da
una corretta respirazione.
Prāṇa significa forza vitale (più comunemente, ma erroneamente, si fa
coincidere questo termine con l’aria che si respira che è invece paragonabile a
una parte di questa energia vitale) e yāma significa espansione e quindi con
prāṇāyāma si indica l’espansione dell’energia vitale e l’educazione a una
corretta respirazione.
Inoltre prāṇāyāma indica l’esercizio per equilibrare i due soffi vitali
prāṇā e udāna, attraverso un ciclo di inspirazione (pūraka), ritenzione
(kumbhaka) e espirazione (recaka) in stretta relazione con i cinque Vayu
dell’ āyurveda:
Inspirazione: PRĀṆA,
Ritenzione piena o espansione: VYĀNA,
Espirazione con espressione UDĀNA,
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Espirazione con eliminazione: APĀNA,
Ritenzione vuota o contrazione: SAMĀNA.
I cinque Vayu dell’āyurveda indicano cinque differenti forme di
movimento ed energia:
PRĀṆA: l’energia che si muove verso l’interno e governa l’inspirazione,
l’ingestione del cibo, le sensazioni sensoriali, etc…;
SAMĀNA: l’energia che equilibra le forze che vanno verso l’alto e verso
il basso e opera soprattutto nel tratto gastrointestinale: il suo movimento è
paragonabile all’oscillazione di un pendolo che si muove velocemente da destra
a sinistra e da sinistra a destra;
VYĀNA: l’energia che muovendosi dal centro alla periferia e dalla
periferia al centro governa la circolazione a tutti i livelli e gli impulsi nervosi;
UDĀNA: l’energia che si muove verso l’alto e governa la crescita del
corpo, l’entusiasmo etc…;
APĀNA: l’energia che si muove verso il basso e verso l’esterno e
governa l’eliminazione di feci, urine, anidride carbonica, etc…
Gli stadi del ciclo di respirazione yogica richiamano solo alcuni aspetti
particolari dei cinque vayu dell’āyurveda: i soffi dell’āyurveda infatti non
coincidono con il respiro, ma sono ad essi collegati come parte di un tutto.
Il prāṇāyāma è punto focale dell’āyurveda e dello yoga perché esercita i
polmoni, massaggia gli organi interni, elimina le tensioni muscolari e opera in
modo potente sulla mente.
I Veda ci dicono che siamo sotto il controllo del prāṇā: coincide
(nell’āyurveda) con ogni attività che il nostro corpo esercita e (nello yoga) con
l’energia necessaria per praticare.
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Pratica del massaggio
6. FINI E PROPOSITI DI YOGA E ĀYURVEDA
I cinque scopi da raggiungere secondo lo yoga coincidono con quelli
dell’āyurveda e sono:
� l'efficienza fisica,
� la purificazione,
� l’eliminazione della malattia,
� la longevità,
� l’elevazione spirituale e morale.
L’efficienza fisica dipende in gran parte dal proprio modo di vivere e
dalla salute fisica e mentale.
Yoga e āyurveda legano le abitudini di vita al mantenimento dello stato
di salute: conservare e amministrare le energie con una corretta alimentazione
che non sia né troppo abbondante, né scarsa, evitare le abitudini che
aumentano le tossine del corpo anziché aiutare a diminuirle sono principi che
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vengono insegnati ai praticanti di yoga e consigliati a chi si rivolge alla medicina
āyurvedica.
La purificazione (interna ed esterna) viene consigliata come pratica
regolare tanto dall’āyurveda, quanto dallo yoga e i processi utilizzati per
eliminare le sostanze tossiche dal corpo coincidono quasi completamente.
L’eliminazione della malattia è il primo scopo dell’āyurveda e nello
yoga vengono insegnate pratiche e āsana per il mantenimento della salute.
In relazione alla cura delle malattie parlare separatamente di yoga e
āyurveda è molto difficile: i percorsi indicati e le pratiche adottate dai due
sistemi sono strettamente interconnessi: lo yoga si richiama continuamente
all’āyurveda e l’āyurveda spesso consiglia pratiche ed esercizi propri dello yoga.
A tal proposito, prima dell’epoca di Caraka, gli yogin si erano occupati
specificatamente della malattia ritenendo che la loro scienza e la loro evoluzione
sarebbero state disturbate se non avessero attinto a qualche sistema di metodi
curativi e di medicina preventiva (si vedano l’Haṭa Yoga Saṃhitā e la Caraka
Sahmitā).
La longevità e i diversi metodi per ottenerla sono continuamente
richiamati (sia nella Caraka Saṃhitā che nell’HaŃha Yoga Pradīpikā) e
costituiscono uno dei punti più evidenti su cui yoga e āyurveda lavorano in
sinergia appropriandosi l’uno delle conoscenze dell’altro.
L’elevazione spirituale e morale di un individuo necessita di uno
stato di benessere che consenta una corretta attività fisica, lo studio e la
realizzazione dei propri obiettivi.
L’āyurveda lavora per realizzare questo stato di salute dove corpo,
mente e spirito sono in perfetto equilibrio; lo yoga dal canto suo opera affinché
attraverso il mantenimento di un buono stato fisico e il contemporaneo dominio
della mente sia possibile arrivare a un miglioramento del sentire personale e
diffuso.
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Śiva e Pārvatī
7. CONCLUSIONI
Per correggere gli squilibri funzionali del nostro corpo o mantenere un
buono stato di salute è fondamentale seguire un corretto stile di vita che per i
sistemi trattati coincide quasi completamente.
Il corretto stile di vita da osservare secondo lo yoga e l’āyurveda è
riassumibile in pochi punti fondamentali, che richiedono prima di tutto una
disciplina da seguire senza eccessi secondo la propria natura:
1. Sveglia: si consiglia di alzarsi presto al mattino per ottenere i
massimi benefici legati alla ciclicità del metabolismo,
2. Sonno: si suggerisce di coricarsi presto la sera per avere un
sufficiente numero di ore di sonno e consentire alla sveglia le pratiche
mattutine di igiene,
3. Igiene: viene consigliata la regolare purificazione delle nove
porte (occhi, naso, orecchie, bocca, Brāhmarandra, ombelico, genitali e
ano); in particolare lo yoga richiede al praticante le abluzioni (a fini
igienici e devozionali) sia al mattino sia prima nella pratica,
4. Automassaggio e massaggio: parti integranti dell’āyurveda,
vengono utilizzati, nello yoga, anche per facilitare l’esecuzione di āsana
e in particolare per raggiungere nuovi e migliori livelli della pratica.
5. Āsana: la pratica delle posture per mantenere efficienti le
articolazioni, la muscolatura e il corpo nella sua interezza, che
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costituisce, come abbiamo detto, uno degli aṅga dello yoga di Patañjāli,
è parte fondamentale dello yoga e viene consigliata dall’āyurveda in
molti casi.
6. Dieta: viene suggerita un’alimentazione proporzionata alla
propria attività (non deve essere eccessiva e nemmeno insufficiente),
regolare negli orari e realizzata in modo tranquillo e consapevole,
7. Respirazione: il corretto modo di respirare influenza
profondamente la mente e gli stati d’animo che viviamo ed è in grado di
modificare le tensioni del corpo; la pratica del prāṇāyāma (esercizi per
guidare e regolare la respirazione) e la semplice respirazione
consapevole sono in grado di mutare profondamente la qualità della
vita.
Le relazioni tra yoga ed āyurveda sono numerose ma quello che
maggiormente avvicina i due sistemi è il loro proposito di migliorare e
massimizzare la qualità della vita e far crescere le potenzialità di ogni individuo
rendendolo consapevole del proprio corpo e del cammino che sta compiendo.
Entrambi i sistemi affondano le loro radici nella Sāmkhya e anche
filosoficamente hanno fini analoghi o confrontabili: lo yoga si propone di
riportare il praticante allo stato di Puruṣa e l’āyurveda di collegare corpo e
mente al Puruṣa.
Non è necessario riconoscersi in una particolare religione, filosofia o
sistema di credenze, è sufficiente provare nella pratica le indicazioni e i consigli
di yoga e āyurveda per riconoscere i punti comuni e come lavorando in sinergia
possano migliorare la vita quotidiana.
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Yoga Sūtras di Patañjāli: manoscritto
BIBLIOGRAFIA
• KUṆḌALINĪ YOGA - Dharan Singh Khalsa, Darryl O’Keeffe
Edizioni Red
• YOGA – Śivananada Yoga Vedanta Centre
Ed Idea Libri
• IGIENE PERSONALE YOGA – Śrī Yogendra
Edizioni Istituto di Scienze Umane
• ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLE TECNICHE YOGA – M. M. Gore
Edizioni Manganelli
• YOGA E ĀYURVEDA – David Frawley
Edizioni Lotus
• CURE YOGA – Phulgenda Sinha
Edizioni Red
• TERAPIA YOGA – A. G. Mohan, Indra Mohan
Edizioni Mediterranee
• LO SPIRITO DELLO YOGA – Y. Tardan, Masquelier
Edizioni De Vecchi
• PRĀṆĀYĀMA – Andre Van Lysebeth
Edizioni Astrolabio
• TEORIA E PRATICA DELLO YOGA – B. K. S. Iyengar
Edizioni Mediterranee
• LIGHT ON THE YOGA SŪTRAS OF PATAŇJĀLI – B. K. S. Iyengar
Edizioni Mediterranee
• THE COMPLETE ILLUSTRATED BOOK OF YOGA – Swami Viṣṇu Devananda
Edizioni Three rivers Press
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ĀSANA
Di seguito vengono mostrati alcuni āsana introdotti nei capitoli
precedenti a titolo esemplificativo. E’ necessario entrare in ogni posizione con
calma e consapevolezza sotto la guida di un buon maestro che sappia guidare
la pratica; la corretta postura della colonna vertebrale, la mancanza di tensioni
inutili contribuisce ampiamente a ottenere i risultati ricercati.
Saluto al Sole – Sūryanamaskār
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Posizione del loto – padmāsana
Posizione del diamante completo – vajrāsana
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Posizione di Matsyendra – matsyendrāsana
Posizione del cobra – bhujaṅgāsana
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Variante 1: Posizione della locusta - salabhāsana
Variante 2: Posizione della locusta - salabhāsana
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Posizione dell’albero - vṛkṣāsana
Posizione dell’aratro – halāsana
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Posizione dell’arco – dhanurāsana
Posizione del cammello – uṣṭrāsana
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Posizione del corvo – kakāsana
Posizione di Vīrabhadra – Vīrabhadrāsana