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Numero Trentadue | Primavera 2011 - Cahiers d’Art Cataloghi | XXXII Rivista Internazionale d’Arte e Cultura | International Review of Art and Culture Edizione diretta da Carmine Benincasa Catalogo Cahiers d’Art N. 32 XAVIER GONZÁLEZ D’ÈGARA

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Page 1: XAVIER GONZÁLEZ D’ÈGARA - Polyhedra · Carniti, Gianfranco Dioguardi, Ernst H. Gombrich (†), Giuseppe Guarino, Duccio Libonati (†), Thomas Messer, Nikita Sergeevic Michalkov,

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XAVIER GONZÁLEZ

D’ÈGARA

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XAVIER GONZÁLEZ D’ÈGARA

Cahiers d’ArtEdizione diretta da Carmine Benincasa

ALEPH + ALPHA = OMEGA

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Con la collaborazione di Associazione Culturale Polyhedra

Si ringrazia:

Vittorio Barale, Marilena Barale, Yves Crutzen, Luigi Alberotanza, Lucia Diglio, Piergiorgio Baroldi, Ignacio Martín Cuesta, Raül David Martínez, Queralt Vallcorba, Mercé Estela, Adrian Fernández Ibañez, Julie Wilkinson, Pia Maria Rivetti di Valcervo, Amb. Steve Elek, Chiara Rivetti di Valcervo, Piergiorgio Fabbrini, Rita Fabbrini, Alessandro Fabbrini, Evandro d’Onofrio, Stefano Bertazzoli.

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA

Cahiers d’ArtRivista Internazionale d’Arte e Cultura

Progettodi Carmine Benincasa, Carlo Caracciolo (†)Alberto Cavallari (†), Pia Rivetti di Val Cervo

Direttore responsabileCarmine Benincasa

Direzione e redazioneVia della Marcigliana, 561, I-00138 RomaTel. 06-87122210

Comitato dei garantiCarter Brown (†), Carlo Caracciolo (†), Pierre Carniti, Gianfranco Dioguardi, Ernst H. Gombrich (†), Giuseppe Guarino, Duccio Libonati (†), Thomas Messer, Nikita Sergeevic Michalkov, Ieoh Ming Pei, Alfonso Pérez Sánchez, Goffredo Petrassi (†), Mikhail Piotrowski, Roger Taillibert, Gustavo Villapalos Salas

Comitato direttivoFernando Arrabal, Emilio Barbarani, Carmine Benincasa, Ernesto Bertani, Philippe de Montebello, Mario Fortunato, Vittorio Gigliotti, Marek Halter, Kimura Shigenobu, Alain Le Yaouane, Pietro Longo, Rosa Maria Malet, Alfio Mongelli, Lorenzo Necci (†), Al Orensanz, Giovanni Palaia, Giangiacomo Paladino, Bernardino Campello, Carlo Pedretti, Toni Porcella, Gina Severini (†), Caterina Benincasa, Rodrigo Pérez García

Hanno collaborato a questo numero Raül David Martínez, Queralt Vallcorba, Patricia Fort Piza, Adrián Fernández Ibañez

TraduzioniCoordinamento per la lingua catalana a cura di Raül David Martínez. Coordinamento per la lingua spagnola a cura di Rodrigo Pérez García

Progetto grafico diJulie Wilkinson, Caterina Benincasa

FotoClara Boada per la serie «Lutto bianco»David Fernández per la serie «Genesi» ([email protected])Aya Watada per il ritratto d’artista ([email protected])

StampaFutura Grafica 70 srl - RomaSi ringrazia in particolar modo il Sig. Avanzini

www.cahiersdart.com | www.polyhedra.co.cc

Questa monografia è stata edita in occasione dell’esposizione dell’artista Xavier González d’Ègara dal titolo «Aleph + Alpha = Omega»

Cahiers d’ArtEdizione diretta da Carmine Benincasa

Sommario

Lo stupore negli occhi dell’uomoMatilde Flori

«Vida Coetània»Rodrigo Pérez García

La Genesi è l’Atto in cui la parola divina si fa creazioneAndrea Barale

«Solo lo stupore conosce» Carmine Benincasa

Traduzioni spagnolo, catalano

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XAVIER GONZÁLEZ D’ÈGARA

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 4

Socrate: Si addice particolarmente al filosofo questa tua sensazione: il meravigliarti. Non vi è altro inizio della filosofia se non questo [1]

Nelle sue opere il nostro artista crea, ispirato dalla Genesi, rivivendo lo sguardo primordiale sull’oggettività pura della creazione dell’universo. All’inizio dell’uomo c’è sempre lo stupore: gli occhi del bambino si posano meravigliati qua e là, in loro riluce la sete di esperire il mondo, una sete innocente, incontaminata come il primo sorriso di Adamo.

In questo Xavier González d’Ègara è filosofo. Lo è perché la meraviglia è un sentimento intellettuale, una “commozione viva dello spirito e del cuore, anzi una scossa religiosa” (R. Guardini): il thaumàzein, il meravigliarsi è il moto dell’anima che inaugura la filosofia, secondo Platone. Ogni domanda di senso, ogni ardito spingersi nell’ignoto, riconosce la sua sede eletta qui, nel thaumàzein, nello stupore che porta in sé un alito d’infinito. Ed è qui che convergono la Genesi e lo spirito dei Greci, ai quali non poteva sfuggire la religiosità dell’interrogarsi.

Al contempo la tradizione giudaico-cristiana e quella greca divergono proprio in questo: il thàuma greco è una meraviglia piena di angoscioso sgomento: è consapevole di sé e della propria portata distruttiva, raggiunge l’autocoscienza. Il thàuma è uno stupore maturo, adulto, acuto, che ravvisa distintamente le perniciose conseguenze della ignoranza, ma scorge anche i pericoli nichilistici della conoscenza; è uno stupore denso d’angustia, che vuole al più presto liberarsi di se medesimo perché avrà in tal modo attinto alla Sapienza. È un filo teso sopra l’abisso ai cui estremi stanno Conoscenza e Ignoranza: sotto di essi troneggia minaccioso il Nulla, eterno spettro della grecità; agli Elleni era sconosciuto il Dio delle Scritture.

La meraviglia veterotestamentaria prima del Peccato è invece la Primavera di Vivaldi, è una voce bianca di cherubino, pura innocenza, pura fede, pura bellezza. Lo stupore biblico dipinge la gioia dell’ignoranza, accarezza la spensieratezza del bambino, si fa ode all’ingenuità. Lo sguardo del primo uomo cade diretto sulla creazione, è non-mediato, fresco, spontaneo. Ma anche l’integrità di questa visione è ben presto infangata dal Peccato: se da un lato ci fu un uomo

che ebbe il dono di guardare il mondo con gli occhi di un cieco che d’improvviso riacquista il vedere, tormentoso sogno di ogni grande artista (basti pensare a Monet), dall’altro per sua libera decisione si scrolla di dosso la condizione edenica ed accede ad uno sguardo corrotto, mediato come quello dell’adulto che pur rimane intriso di stupore, ma sarà adesso uno stupore di nuovo timbro.

Uniti dalla comune sensazione di essere immersi in un grandioso progetto divino, greci e giudei si ritrovano fianco a fianco ad ammirare la bellezza e la bontà del cosmo, in cui tutto è ordine, in cui ad ogni ente è assegnato il proprio posto nella perfezione. La coscienza profonda che tutto sia bene, poiché pensato e voluto da un intelletto superiore, genera il sentimento dell’Altezza e della destinazione etica dell’uomo. Ancora una volta, che lo si chiami Dio oppure Taumaturgo (creatore di opere degne di meraviglia), quella che viene alla luce è la dimensione religiosa del comprendere antico.

Trasporre in colori e forme l’ambiguità del pensiero occidentale; diventare Adamo e peccare, appropriarsi del suo puerile contemplare l’Essere, e arricchirlo di occhi greci, limpidi, fendenti ma pregni di cupa angoscia; stemperare nella dualità i dualismi infanzia/età adulta, innocenza/colpa, ignoranza-meraviglia-sgomento/conoscenza; sfumare nella labilità i confini del concetto: tutto ciò è compito dell’arte. Alla filosofia non resta che cederle il passo, fare professione di umiltà di fronte a ciò che le parole non hanno forza per dire, né l’intelletto di penetrare.

[1] Platone, Teeteto, 155d

Lo stupore negli occhi dell’uomoMatilde Flori

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Xavier González d’Ègara si abbandona alle pulsioni di un mondo convulso e feroce, trasmettendo alle sue opere, tramite il fuoco e la violenza, la potenza misteriosa del profumo di una notte così fosca che non può far altro che condurci all’alba. Le sue creazioni, oscure morfologie antropiche, strazianti linee del destino, paesaggi irriconoscibilmente familiari, sono una esplosione del suo proprio essere, della lotta della e per l’esistenza, del dialogo intimo della sua anima con la verità.

Il microcosmo della sua pittura comprende l’universalità della fisica, il suo linguaggio pittorico trasmette vibrazioni, cambi di stato, turbolenze interne ed una forza strutturale paragonabile alla musica di John Coltrane in ‘A Love Supreme’. González d’Ègara crea, non secondo la strutturalità di una norma, ma per l’esaltazione della sua potenza creativa; immerso nelle sue visioni espande in lucida improvvisazione i confini dell’uomo e della cultura.

Primo giorno di primavera, 2011

[1] «Vida coetània» è il titolo dell’autobiografia di Raimondo Lullo edito a Parigi, 1311

Quando la vita usata dell’uomo va lontana

dove - lontano - splende il tempo delle viti

vi è anche il campo sgombro dell’estate

e il bosco appare nel suo volto scuro.

Se la Natura integra l’immagine dei tempi,

se lei rimane e quelli sono labili,

è per sua perfezione. Il cielo alto riluce

per l’uomo come i fiori che incoronano l’albero. [2]

«Vida Coetània» Rodrigo Pérez García

[2] F. Hölderlin, «La veduta» In: Le liriche, tomo II, Adelphi, Milano,

1977 a cura di Enzo Madruzzato

Le prime tavole della leggedalla serie «Lutto Bianco»2010 (coll. privata)olio su tavola, 100x70 cm

[1]

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Vai cercando la vita, quando un fuoco

divino sgorga dalla terra fonda,

luminoso, e ti getti nelle fiamme

dell’Etna con un brivido di voglia.

Così un orgoglio di regina sciolse

perle nel vino. Ma la tua ricchezza

non dovevi, poeta,

sacrificarla al calice rovente.

Tu mi sei sacro come la potenza

della terra che ti rapiva, audace vittima.

Ed io vorrei seguire nell’abisso

l’Eroe. Ma l’amore mi richiama. [1]

[1] F. Hölderlin, «Empedocle»In: Le liriche, tomo I, Adelphi,

Milano, 1977, a cura di Enzo Madruzzato

Sementedalla serie «Lutto Bianco»

2010 (coll. privata)olio su tavola, 100x70 cm

Deserto dalla serie «Lutto Bianco»

2010 (coll. privata)olio su tavola, 50x70 cm

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 7

Le finestre della purificazionedalla serie «Lutto Bianco»2010 (coll. privata)olio su tavola, 100x100 cm

Santitàdalla serie «Lutto Bianco» 2010 (coll. privata)olio su tavola, 100x100 cm

Foto a fianco:Il quarto giornodalla serie «Lutto Bianco»2010 (coll. privata)olio su tavola, 67x100 cm

Genesi del libro dalla serie «Lutto Bianco»2010 (coll. privata) olio su tavola, 100x70 cm

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA

La Genesi è l’Atto in cui la parola divina si fa creazioneAndrea Barale

La Genesi è l’Atto in cui la parola divina si fa creazione, la manifestazione sensibile in cui riluce nel profondo il mistero dell’essenziale dinamica dell’agire creativo. Nel rapporto ermeneutico con questo corpo si dischiude forse il luogo più radicale in cui discendere per portare a comprensione i movimenti di ogni prassi generativa: qui trova infatti espressione la nascita, il farsi medesimo dell’ordine immanente all’intero Cosmo.

L’esegesi del testo sacro deve però partire dall’assunto che non è possibile né legittimo accoglierlo come un dogma impensato, ricercare in esso un’evidenza univoca di significato; e ciò perchè il suo effettivo contenuto costitutivo è proprio, come attesta la ricchissima tradizione critica giudaico-cristiana, l’infinita interpretabilità. Egualmente, la creazione che in esso si svolge non può essere ridotta alla reificazione delle potenze creatrici di un Dio legislatore, ulteriore alla sua opera, all’imposizione imperativa di un ordine esteriore che solidifichi una forma data in statica oggettivizzazione, quasi un termine, un punto d’arresto del processo creativo. La creatura, come il testo, non si risolve nell’istituzione normativa di una struttura chiusa nella ripetizione del sempre Identico, regno minerale dai percorsi stabiliti una volta per sempre, condannati a relazioni inerti fra elementi reciprocamente indifferenti, abbandonati dalla spinta creativa: un risultato finito che altro non potrebbe essere che Morte.

Ecco perciò imporsi come imprescindibile un consapevole agire, un operare sul testo-creatura, eminentemente allegorico, in grado di scomporre, scompigliare la sua menzognera chiusura nel dato compiuto, il suo fissarsi in eterno ad un esistenza immobile ed immutabile. L’allegorista deve lavorare senza posa sul corpo visibile di Dio, non rinunciare ad alcun sforzo o violazione per far emergere in esso l’Invisibile, l’indicibile Nome di Dio: far emergere dall’interno del corpo della creatura la forza creatrice che ne costituisce l’autentica sostanza. Proprio questo infinito, inesauribile compito di liberazione della materia creaturale dalla sua estrinseca staticità motiva dall’interno l’ordine formale dell’azione creatrice di González d’Ègara: la composizione non riproduce l’astrattezza inorganica di uno spazio geometrico, puro calcolo algebrico di relazioni esteriori, ma con dolce violenza anatomizza la

creazione per mostrarne l’organicità, radiografando le sue interne tensioni, i suoi scorrimenti, le sue pulsioni vitali. Attraverso il suo sguardo pensante l’intero mondo si scopre inesausto movimento di nascita, essenzialmente mai compiuto, ma vivente processo di generazione, di produzione di ciò che è sempre Nuovo. L’agire vivificante del principio creatore dunque non si arresta, percorre la creatura, la sua eterea concretezza ne costituisce la reale Natura: dal profondo il puro soffio del Pneuma è l’indivisibile unità di ordini astrali e cellulari nell’esistenza dello Spirito: il farsi della Vita, che ora si rivela essere null’altro che la Libertà medesima di una continua azione creatrice.

L’operare alchemico di González d’Ègara si fa carico dell’inerte datità degli elementi in vista di una trasformazione che permetta loro di tornare a sorgere dal loro più autentico principio: far scorrere la creazione nella vita, così che la vita della creatura si liberi in quella intrinseca creatività che ne costituisce l’essenza. Quest’azione manipolante non ha nulla d’esteriore, non impone un dominio, ma collabora, s’immette interiormente nel processo della creazione. E come ogni pratica alchemica non giunge esclusivamente a modificare, salvare il materiale sul quale si esercita, compie piuttosto una profonda trasformazione nell’anima stessa del praticante. L’artista tramite il suo creare partecipa del medesimo processo che sta liberando, e nelle viscere di questa tensione generativa s’istituisce una nuova comunione, un dialogo, l’armonia di un intimismo sacrale: il tutto è la mutua appartenenza allo sprigionarsi di un atto d’Amore, dolce getto d’erotismo divino in creazione in cui nulla è escluso. Ed è solo attraverso questo inarginabile fluire senza risoluzione che la Genesi, fremendo può invitare al Suo sorriso anche Noi.

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Pagina a fianco:Rapporto di parentela

Genesi 2: 222010

olio su tavola, 168x168 cm

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Dalla serie Genesi I

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2. OlocaustiGenesi 8: 21 2010, olio su tavola168x168 cm

Pagina a fianco:1. Il peccato originaleGenesi 3: 9, 10, 112010, olio su tavola168x168 cm

La torre di BabeleGenesi 11: 3, 4, 52010, olio su tavola168x168 cm

4. Rumore dei passiGenesi 3: 82010, olio su tavola168x168 cm

3. Il secondo giornoGenesi 1: 6, 7, 8, 92010, olio su tavola168x168 cm

Il lavoroGenesi 3: 232010, olio su tavola168x168 cm

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA

Stiamo per parlare di Xavier González d’Égara, un giovane pittore, la cui opera nell’ultimo decennio ha prodotto quadri tra i più alti della pittura europea degli ultimi decenni. González d’Ègara ha dato alla pittura l’ampiezza di dimensioni conoscitive e militanti che le aveva dato Picasso. Coniuga ideale e reale, Dante e Manzoni. Ha una visione unitaria e al contempo policentrica. Conosce il mondo naturale così come il mondo umano. Lega nelle sue opere, con perfetta fusione, stile narrativo e cosa narrata. Esalta l’intero universo materiale come se lo guardasse con spirito panteistico. La sua pittura ritrova le origini storiche e immanentistiche del Rinascimento con l’animo protoromantico di un Hegel o Shelling. Nella sua cultura convivono G. Galilei, T. Campanella, P. Sarpi, G.B. Vico. Con impeto e passione scruta, guarda, racconta, prende le distanze o s’immedesima in ciò che narra. Alla passione coniuga scienza e metodo, ricapitolando Cartesio, Bacone, Pascal e Locke. Insegue le qualità estetiche del racconto ma vi unisce libertà e tensioni ideali. La sua pittura è una memoria che diventa promessa di futuro. I suoi colori hanno scioltezza e teatralità formale, a cui unisce dinamismo sintattico, acutezza critica e comunicazione moderna. Trasforma la pittura in una architettura per una narrazione storica.

Figlio di una Spagna oppressa dall’impotenza politica di Franco, con la serie di opere intitolate «Genesi», narra un futuro sociale e politico da costruire. È come se in González d’Ègara vivessero G. Leopardi e A. Manzoni, illuminismo e metafisica, C.E. Gadda e E. Montale, P.P. Pasolini e I. Calvino, un antimoderno e un razionalista. Il presente della Spagna vive una

«Solo lo stupore conosce» (Gregorio di Nissa) Carmine Benincasa

Dalla serie Genesi II

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Tensione di gravidanzaGenesi 3: 16

2011, olio su tavola 70x70 cm

NuditàGenesi 3:11

2011, olio su tavola 70x70 cm

Dolore del partoGenesi 3: 16

2011, olio su tavola 70x70 cm

utopia democratica con eccesso di laicità positivista e questo dà alla sua opera una attualità inquietante e un sapore di inattualità tematica. González fa della sua pittura una nazione democratica che vigila sulla cittadella assediata da un furibondo laicismo e da una vaga scordinata assenza di religiosa moralità.

Realismo, allegoria, intellettualismo, coscienza etica, narrazione polemica, aggressività, scene di teatralità pura, E. Auerbach, T.S. Eliot, W.H. Auden, si coniugano nella sua coscienza poetica e pittorica. Energia primordiale e pura inventività formale e tematica si intrecciano nella sua opera con una coscienza fortemente personalistica. La sua pittura recupera la civiltà mitica dell’infanzia e degli ideali, antropoicizzando la civiltà. La pittura si trasforma in mitologia autobiografica.

Critica la società, la menzogna, il potere ma si salva dal pessimismo con una creatività esuberante e inquieta, fino a fare della sua opera una allegoria fisico-metafisica alla E. Montale: perché procede per lampi, epifanie, rivelazioni, illuminazioni alla A. Rimbaud da fare esplodere da ogni quadro un simbolo e una metafora. Se a volte drammatizza, subito dopo sorride; alla libertà espressiva coniuga la giustizia sociale; alla pluralità regionale la globalità del messaggio.

Roma, Pasqua 2011

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 13

40 giorni di pioggiaGenesi 8:2 2011, olio su tavola 70x70 cm

BereshitGenesi 1:12011, olio su tavola 70x70 cm

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 15

Pagina a fianco:1. CardoGenesi 3:182011, olio su tavola70x70 cm

4. SvelamentoGenesi 3: 7, 132011, olio su tavola 70x70 cm

2. VoceGenesi 3: 82011, olio su tavola 70x70 cm

3. PaneGenesi 3: 19 2011, olio su tavola 70x70 cm

Sudore del voltoGenesi 3: 192011, olio su tavola 70x70 cm

Albero della conoscenzaGenesi 2: 92011, olio su tavola 70x70 cm

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 16

Formazione della coscienza: Adamo ed il peccato

Genesi 3: 122011, olio su tavola

70x70 cm

Formazione della coscienza: Adamo esiliato

Genesi 3: 192011, olio su tavola

70x70 cm

Pagina a fianco:Formazione della coscienza:

Adamo/Eva primordialeGenesi 2: 20

2011, olio su tavola 70x70 cm

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 17

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 18

El estupor en los ojos del hombreMatilde Flori

Sócrates: Es propio del filósofo eso que tu experimentas: la maravilla. No hay otro inicio de la filosofía que éste [1]

En sus obras nuestro artista crea, inspirado en el Génesis, reviviendo la mirada primordial sobre la objetividad pura de la creación del universo. Al principio del hombre, siempre está el estupor: los ojos del niño se posan maravillados aquí y allá, en ellos brilla su sed de experimentar el mundo, una sed inocente, incontaminada como la primera sonrisa de Adán.

En esto Xavier González d’Ègara es filósofo. Lo es porque la maravilla es un sentimiento intelectual, una «conmoción profunda del espíritu y del corazón, incluso un choque religioso» (Romano Guardini): el thaumàzein, el maravillarse es el motor del alma que inaugura la filosofía, según Platón. Cada petición de sentido, cada atrevido impulso hacia lo desconocido, reconoce su sede elegida aquí, en el thaumàzein, en el estupor que trae consigo un soplo de infinito. Es aquí donde convergen el Génesis y el espíritu de los griegos, a los cuales no podía escapar la religiosidad del interrogarse.

Al mismo tiempo la tradición judeo-cristiana y la tradición griega se diferencian en esto: el thàuma griego es una maravilla llena de temor ansioso, es consciente de sí misma y de su capacidad destructiva, alcanza la autoconciencia. El thàuma es un estupor maduro, adulto, agudo, que identifica claramente las consecuencias perniciosas de la ignorancia, pero también ve los peligros nihilistas del conocimiento; es un estupor lleno de angustia, que quiere liberarse de sí mismo ya que entonces habrá alcanzado la Sabiduría. Es un hilo tendido sobre el abismo en cuyos extremos están Conocimiento e Ignorancia: debajo de ellos reina amenazante la Nada, eterno espectro de Grecia; a los helenos les era desconocido el Dios de las Escrituras.

La maravilla veterotestamentaria antes del Pecado es sin embargo la Primavera de Vivaldi, es una voz blanca de querubín, pura inocencia, pura fe, pura belleza. El estupor bíblico pinta la alegría de la ignorancia, acaricia la despreocupación del niño, se hace oda de la ingenuidad. La mirada del primer hombre cae directamente en la creación, es no-mediada, fresca y espontánea. Pero también la integridad de esta visión se ve empañada en breve por el Pecado: si por un lado hubo un hombre con el don de ver el mundo a través de los ojos de un ciego, que de repente recupera la visión, atormentando sueño de todos los grandes artistas (basta pensar en Monet), del otro, y por decisión propia, éste se quita de encima la condición edénica y accede a una mirada corrupta, indirecta como la del adulto que pese a estar llena de estupor, éste estupor tiene ahora un nuevo timbre.

Unidos por un sentimiento común de estar inmersos en un grandioso plan divino, los griegos y los judíos se encuentran lado a lado para admirar la belleza y la bondad del cosmos, donde todo es orden, en el que a cada ente le es asignado su lugar en la perfección. La conciencia profunda de que todo sea bueno, puesto que fue diseñado y construido por un intelecto superior, genera la sensación de Altura y del destino Ético del hombre. Una vez más, lo llamamos Dios o Taumaturgo (creador de obras dignas de admiración), lo que viene a la luz es la dimensión religiosa de la comprensión de los antiguos.

Transponer en colores y formas la ambigüedad del pensamiento occidental; convertirse en Adán y pecar, apropiarse de su infantil contemplar el Ser, y enriquecerla con los ojos de los griegos, limpios, tajantes pero impregnados de oscura angustia; disolver en la dualidad los dualismos infancia/edad adulta, inocencia/culpa, ignorancia-maravilla- consternación/conocimiento; difuminar en la labilidad los límites del concepto: todo eso es la labor del arte. A la filosofía no le queda otra cosa que hacer que cederle el paso, hacer profesión de humildad frente a lo que las palabras no tienen fuerza para decir, ni la inteligencia para penetrar.

[1] Platón, Teeteto, 155d

L’estupor en els ulls de l’homeMatilde Flori

Sòcrates: S’adiu especialment al filòsof, aquesta sensació teva: meravellar-se. No hi ha altre principi de la filosofia sinó aquest [1]

El nostre artista, inspirat pel Gènesi, ressuscita en les seves obres la mirada primordial sobre l’objectivitat pura de la creació de l’univers. El principi de l’home és sempre l’estupor: els ulls de l’infant miren meravellats aquí i allà, hi lluu la set d’experimentar el món, una set innocent, no contaminada, com el primer somriure d’Adam.

En això, Xavier González d’Ègara és filòsof. Ho és perquè la meravella és un sentiment intel·lectual, una “commoció viva de l’esperit i del cor, gairebé una batzegada religiosa” (R. Guardini): el thaumazein, l’admiració, és l’impuls de l’ànima que inaugura la filosofia, segons Plató. Cada demanda de sentit, cada incursió agosarada en l’ignot, troba aquí el seu origen natural: en el thaumazein, en l’admiració que porta en si un alè d’infinit. I és aquí que convergeixen el Gènesi i l’esperit dels grecs, als quals no podia escapar la religiositat del fet d’interrogar-se.

Però al mateix temps la tradició judeocristiana i la grega divergeixen en aquest punt: el thauma grec és un estupor ple de temor ansiós, té consciència de si i de la seva dimensió destructiva, esdevé autoconsciència. El thauma és una admiració madura, adulta, aguda, que reconeix clarament les pernicioses conseqüències de la ignorància, però que s’exposa també als perills nihilistes del coneixement; és una admiració densa d’angoixa, que vol alliberar-se ràpidament de si mateixa per arribar així a la Saviesa. És un fil estès sobre l’abisme als extrems de la qual hi ha la Coneixença i la Ignorància: a sota impera amenaçant el No-res, etern espectre dels grecs, que desconeixien el Déu de les Escriptures.

L’encís veterotestamentari anterior al Pecat és, en canvi, la Primavera de Vivaldi, una veu blanca de querubí, pura innocència, pura fe, pura bellesa. L’estupor bíblic reflecteix la joia de la ignorància, acarona la irreflexió de l’infant, fa sentir la ingenuïtat. La mirada del primer home cau directament sobre la creació, no és mediada, és fresca, espontània. Però també la integritat d’aquesta visió és ràpidament corrompuda pel Pecat: si d’una banda hi hagué un home que tingué el do de mirar el món amb els ulls d’un cec que de sobte recupera la visió, somni turmentat de tot gran artista (n’hi ha prou de pensar en Monet), per l’altra s’allibera per voluntat pròpia de la condició edènica i accedeix a una mirada corrupta, mediada com la de l’adult, que roman realment impregnada d’estupor però ara d’un estupor d’una altra mena.

Units per la sensació comuna de viure immersos en un grandiós projecte diví, grecs i jueus es troben colze a colze admirant la bellesa i la bondat del cosmos, on tot és ordre, on cada ent té assignat el seu lloc en la perfecció. La cosciència profunda que tot esta be ja que ho ha pensat i volgut un intel·lecte superior genera el sentiment de l’Altesa i del destí ètic de l’home. Una vegada més, ja s’anomeni Déu o Taumaturg (creador d’obres dignes de meravella), el que surt a la llum és la dimensió religiosa de l’aprehensió del coneixement en l’Antiguitat.

Traduir en colors i en formes l’ambigüitat del pensament occidental; esdevenir Adam i pecar, apropriar-se la pròpia contemplació pueril de l’Ésser i enriquir-la amb una mirada grega, límpida, colpidora però carregada d’obscura angoixa; dissoldre en la dualitat els dualismes infància/edat adulta, innocència/culpa, ignorància-meravella-espant/coneixement; difuminar en la labilitat els confins del concepte: tot això és competència de l’art. A la filosofia només li resta cedir-li el pas, fer acte d’humilitat davant allò que les paraules no tenen prou força per dir, ni la intel·ligència per penetrar.

[1] Plató, Teetet, 155d

TraduzioniSpagnolo | Catalano

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 19

«Vida coetània»Rodrigo Pérez García

Xavier González d’Ègara se abandona a las pulsiones de un mundo convulso y feróz, transmitiendo a sus obras, mediante el fuego y la violencia, la potencialidad misteriosa del perfume de una noche tan oscura que no puede sino invitar al alba. Sus creaciones, con oscuras morfologías antrópicas, desgarradoras líneas del destino, paisajes irreconociblemente familiares, se presentan como una explosión de su propio ser, de la lucha de y por la existencia, del diálogo intimo de su alma con la verdad.

El microcosmos de su pintura abarca la universalidad de la física, en cuanto su lenguaje pictórico transmite vibraciones, cambios de estado, turbulencias internas y una fuerza estructural comparable a la música de Jonh Coltrane en A Love Supreme. Xavier González d’Ègara crea inmerso por sus propias visiones en la exaltación de su potencia creativa, más que por la estructuralidad de una norma, expandiendo en una lúcida improvisación los confines del hombre y de la cultura.

Primer día de primavera, 2011

La Génesis es la Acción en la cual la palabra divina se hace creaciónAndrea Barale

La Génesis es la Acción en la cual la palabra divina se hace creación, la manifestación sensible en la cual reluce, en el profundo, el misterio de la dinámica esencial del actuar creativo. En la relación hermenéutica con este cuerpo se desvela, quizás, el lugar más radical en el cual adentrarse para entender los movimientos de cada praxis generativa: aquí encuentra de hecho la expresión el nacimiento, el hacerse uno con el orden inmanente al completo Cosmos.

La exégesis del texto sagrado debe entonces comenzar desde el hecho de que no es posible ni legítimo afrontarlo como dogma in-pensado, ni buscar en él una evidencia unívoca de significado; y eso porque su contenido efectivo constitutivo es, como atestigua la rica tradición crítica Judeo-Cristiana, la infinita interpretabilidad. Igualmente, la creación que se desarrolla en él, no se puede reducir a la reificación de la capacidades creadoras de un Dios legislador, ulterior a su obra, a la imposición imprescindible de un orden externo que solidifique una forma dada en estática objetivación, casi un término, un punto final del proceso creativo. La criatura, como el texto, no se resuelve en la institución normativa de una estructura cerrada en la repetición de lo siempre Idéntico, reino mineral de caminos establecidos de una vez por todas, condenado a relaciones inertes entre los elementos mutuamente indiferentes, abandonados por el empuje creativo: un resultado final que no podría ser otro que Muerte.

Eso es por lo que imponerse como inevitable un actuar consciente, un laborar sobre el texto-criatura, eminentemente alegórico, en posición de descomponer, mezclar su detestable encierro en el dato cumplido, su fijarse eternamente a una existencia inmóvil e inmutable. El alegorista debe trabajar sin parar sobre el cuerpo visible de Dios, no renunciar a un cierto esfuerzo o violación para hacer emerger en ello el Invisible, el inexpresable nombre de Dios: hacer emerger del interior del cuerpo de la criatura la fuerza creadora que constituye la auténtica sustancia. Esta tarea infinita, inagotable, de liberación de la materia criatural de su extrínseca estáticidad motiva desde el interior el orden formal de la acción creadora de González d’Egara: la composición no reproduce la abstractividad inorgánica de un espacio geométrico, puro cálculo algebraico de relaciones externas, sino que con dulce violencia anatomiza la creación para demostrar su organicidad, radiografiando sus tensiones internas, sus deslizamientos, su pulsiones vitales. Con su mirada pensante el mundo entero se descubre movimiento inexhausto del nacimiento, esencialmente nunca terminado, sino vivo proceso de generación, de producción de eso que es siempre Nuevo. El vivificante actuar del principio creador no cesa, sino que recorre la criatura; su etérea concretización constituye su verdadera Naturaleza: desde lo profundo el

«Vida coetània»Rodrigo Pérez García

Xavier González d’Ègara s’abandona a les pulsions d’un món convuls i feroç transmetent a les seves obres, mitjançant el foc i la violència, la potencialitat misteriosa del perfum d’una nit tan fosca que no pot sinó convidar a l’alba. Les seves creacions, amb fosques morfologies antròpiques, esquinçadores línies del destí, paisatges irrecognosciblement familiars, es presenten com una explosió del seu propi ser, de la lluita de l’existència, i per l’existència, del diàleg intim de la seva ànima amb la veritat.

El microcosmos de la seva pintura comprèn la universalitat de la física en la mesura que el seu llenguatge pictòric transmet vibracions, canvis d’estat, turbulències internes i una força estructural comparable a la música de John Coltrane a ‘A Love Supreme’. González d’Ègara crea immers en l’exaltació de la seva potència creativa per les seves pròpies visions, més que per l’estructuració d’una norma, expandint en una lúcida improvisació els confins de l’home i de la cultura.

Primer dia de primavera, 2011

La gènesi és l’acte pel qual la paraula divina es fa creacióAndrea Barale

La gènesi és l’acte pel qual la paraula divina es fa creació, la manifestació sensible per què brilla en les profunditats el misteri de la dinàmica essencial de l’acció creativa. En la relació hermenèutica amb aquest cos es desclou potser el lloc més radical on es pot davallar per fer comprensius els moviments de cada praxi generativa: de fet, és aquí que s’expressa el naixement, el fet mateix d’integrar-se en l’ordre immanent del cosmos sencer.

L’exegesi del text sagrat, tanmateix, ha de partir de la premissa que no és possible ni legítim rebre’l com un dogma impensat, buscar-hi una evidència unívoca de significat; i això perquè el seu contingut constitutiu efectiu és, com mostra la rica tradició crítica judeocristiana, d’una interpretació infinita. De la mateixa manera, la creació que s’hi desenvolupa no pot ser reduïda a la reïficació de la capacitat creadora d’un Déu legislador, ulterior a la seva obra, a la imposició imprescindible d’un ordre extern que solidifiqui una forma donada en objectivació estàtica, gairebé un terme, un punt final del procés creatiu. La creació, com el text, no es resol en la institució normativa d’una estructura tancada en la repetició d’allò sempre Idèntic, regne mineral dels camins establerts d’una vegada per sempre, condemnat a relacions inertes entre uls elements mútuament indiferents, abandonats per l’impuls creador: un resultat final que només produiria Mort.

Per això s’imposa de forma imprescindible una actuació conscient, una intervenció en el text-creació eminentment al·legòrica, susceptible de descompondre, de desestabilitzar el seu fals tancament en la dada acomplerta, la seva fixació eterna a una existència immòbil i immutable. L’al·legorista ha de treballar sense descans sobre el cos visible de Déu, no renunciar a cap esforç ni violació per fer-hi sorgir l’invisibile, l’inexpressable nom de Déu: fer sorgir de l’interior del cos de la creació la força creadora que en constitueix l’autèntica substància. Justament aquesta tasca infinita, inesgotable, d’alliberament de la matèria creacional del seu extrínsec estaticisme motiva des de l’interior l’ordre formal de l’acció creadora de González d’Égara: la composició no reprodueix l’abstracció inorgànica d’un espai geomètric, pur càlcul algebraic de relacions externes, sinó que amb dolça violència anatomitza la creació per mostrar-ne l’organicitat, radiografiant les seves tensions internes, les seves derives, les seves pulsions vitals. A través de la seva mirada reflexiva, el món sencer es descobreix com un moviment inexhaust de naixement, mai acomplert per essència car és un procés viu de generació, de producció del que és sempre Nou. L’actuació vivificant del principi creador no s’atura,doncs, recorre la creació, la seva etèria concreció en constitueix la seva veritable Naturalesa: des de les profunditats, el pur alè del Pneuma és la unitat indivisible d’ordres astrals i cel·lulars en l’existència de l’Espirit, la Vida fent-se, que es revela ara com la Llibertat mateixa d’una acció creadora contínua.

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Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 20

puro soplo del Pneuma es la unidad indivisible de órdenes astrales y celulares en la existencia del Espíritu: el hacerse de la Vida se revela ser nada más que la Libertad misma de una acción creadora continua.

El obrar alquímico de González d’Ègara se hace cargo de la inerte realidad de los elementos, en vista de una transformación que permita que vuelvan a resurgir de su principio más auténtico: hacer para discurrir la creación en la vida, de tal manera que la vida de la criatura se libere en esa creatividad intrínseca que constituye su esencia. Esta acción manipulante no tiene nada de externo, no impone un dominio, sino que colabora, se introduce internamente en el curso de la creación. Y como cada práctica alquímica no alcanza exclusivamente a modificar o salvar el material en el cual uno labora, sino que conlleva una transformación profunda en el alma misma del laborante. El artista transmite su crear, participa del mismo proceso que está liberando, y en las vísceras de esta tensión generativa instaura una nueva comunión, un diálogo, la armonía de un intimismo sacro: el todo es la mutua pertenencia al desprisionamiento de un acto de amor, dulce gesto del erotismo divino en la creación en la cual nada se excluye. Y es sólo con éste insondable fluir sin resolución, que la Génesis, vibrante, puede invitarnos a Su sonrisa también a Nosotros.

“Sólo el estupor conoce” (Gregorio de Niza)Carmine Benincasa

Nos complace hablar de Xavier González d’Égara, un joven pintor, cuya obra en el último decenio comprende piezas que pueden ser consideradas entre las más elevadas de la pintura europea de las últimas décadas. González d’Ègara ha dado a la pintura la amplitud de dimensiones cognoscitivas y militantes como ya hizo Picasso. Conjuga ideal y real, Dante y Manzoni. Tiene una visión unitaria y al mismo tiempo policéntrica. Conoce el mundo real así como el humano.

Con perfecta fusión úne en sus obras el estilo narrativo y la cosa narrada. Exalta el entero universo material como si lo mirase con un espíritu panteístico. En su pintura se reencuentran los orígenes históricos e inmanentisticos del Renacimiento con el ánimo protoromántico de un Hegel o Shelling. En su cultura conviven Gailei, T.Campanella, P. Scarpi, Giambattista Vico. Con ímpetu y pasión escruta, observa, cuenta, toma distancia o se identifica con lo que narra. A la pasión une ciencia y método, recapitulando a Descartes, Bacon, Pascal y Locke. Persigue las calidades estéticas del relato, a las cuales sin embargo une libertad, tensiones ideales. Su pintura es una memoria que se convierte en promesa de futuro. Sus colores tienen soltura y teatralidad formal, a las cuales une dinamismo sintáctico, agudeza crítica y comunicación moderna. Transforma la pintura en una arquitectura para una narración histórica.Hijo de una España oprimida por la impotencia política de Franco, González narra con la serie de obras titulada “Génesis” un futuro social y político para construir. Es como si en él viviesen Leopardi y Manzoni, Ilustración y metafísica, Gadda y Montale, Pasolini y Calvino, un antimoderno y un racionalista. La España de hoy vive una utopía democrática con un exceso de laicismo positivista y eso da a su obra una actualidad inquietante y un sabor de in-actualidad temática. González hace de su pintura una nación democrática que vigila una ci udadela sitiada por un furioso laicismo y por una vaga ausencia de religiosa moralidad.

Realismo, alegoría, intelectualismo, conciencia ética, narración polémica, agresividad, escenas de teatralidad pura, E. Auerbach, T.S. Eliot, W.H. Auden, se conjugan en su conciencia poética y pictórica. Energía primordial y pura inventiva formal y temática se entrelazan en su obra con una conciencia profundamente personalista. Su pintura recupera la cultura mítica de la infancia y de los ideales, antropizando la cultura. La pintura se transforma en mitología autobiográfica.

Critica la sociedad, la mentira, el poder pero se salva del pesimismo con una creatividad exorbitante e inquieta, hasta el punto en el cual hace de su obra una alegoría físico-metafísica a la E. Montale: porque procede por relámpagos, epifanías, revelaciones, iluminaciones a la Rimbaud, para hacer explotar en cada cuadro un símbolo y una metáfora. Si a veces dramatiza, inmediatamente después sonríe; a la libertad expresiva conjuga la justicia social, a la pluralidad regional la globalidad del mensaje.

Roma, Pascua 2011

La intervenció alquímica de Gonzalez d’Égara es fa càrrec de la documentalitat inert dels elements amb vista a una transformació que els permeti ressorgir del seu principi més autèntic: insuflar la creació en la vida, de tal manera que la vida de la criatura s’alliberi en aquesta creativitat intrínseca que en constitueix l’essència. Aquesta acció manipuladora no té res d’extern, no imposa un domini, sinó que col·labora, s’introdueix internament en el procés de la creació. I com tota pràctica alquímica no aconsegueix únicament modificar o salvar el material sobre el qual s’exercita, sinó que acompleix més aviat una transformació profunda en l’ànima mateixa de l’exercitant. L’artista transmet el seu crear, és partícep del mateix procés que està alliberant, i en les vísceres d’aquesta tensió generativa s’instaura una nova comunió, un diàleg, l’harmonia d’una intimitat sagrada: tot pertany mútuament a l’efusió d’un acte d’amor, dolç gest de l’erotisme diví en plena creació del qual res no és exclòs. I és només per aquest insondable fluir sense solució de continuïtat que la Gènesi, vibrant, pot convidar-nos fins i tot a Nosaltres al seu somriure.

«Només l’estupor coneix» (Gregori de Nissa)Carmine Benincasa

Hem de parlar aquí de Xavier Gonzalez d’Égara, un jove pintor l’obra del qual ha donat en els últims anys alguns dels quadres més interessants de la pintura europea dels darrers decennis. González d’Ègara ha donat a la pintura l’amplitud de les dimensions cognoscitiva i militant que li havia donat Picasso. Conjuga l’ideal i el real, Dante i Manzoni. Té una visió unitària i alhora policèntrica. Coneix tant el món natural com el món humà. Uneix en les seves obres, amb una fusió perfecta, estil narratiu i cosa narrada. Exalta l’univers material sencer com si el mirés amb esperit panteista. La seva pintura retroba els orígens històrics i immanents del Renaixement amb l’ànim protoromàntic d’un Hegel o d’un Schelling. En la seva cultura conviuen Galilei, Campanella, Sarpi, Vico. Indaga, mira, conta, es manté a distància o s’endinsa en allò que narra amb ímpetu i passió. Conjuga la passió amb la ciència i el mètode tot recapitulant Descartes, Bacon, Pascal i Locke. Persegueix les qualitats estètiques de la narració però hi afegeix la llibertat, tensions ideals. La seva pintura és una memòria que esdevé promesa de futur. Els seus colors són fluids i plens de teatralitat formal, i hi uneix dinamisme sintàctic, agudesa crítica i comunicació moderna. Transforma la pintura en una forma d’arquitectura per a una narració històrica.

Fill d’una Espanya oprimida per la impotència política de Franco, narra un futur social i polític en construcció amb una sèrie d’obres titulades “Gènesi”. És com si en González d’Ègara visquessin Leopardi i Manzoni, il·lustració i metafísica, Gadda i Montale, Pasolini i Calvino, un antimodern i un racionalista. Espanya viu avui una utopia democràtica amb un excés de laïcisme positivista i això dóna a la seva obra una actualitat inquietant i un regust de temàtica ultrapassada. González fa de la seva pintura una nació democràtica que vetlla per la ciutadella assetjada per un laïcisme furibund i una vaga absència de religiosa moralitat.

Realisme, al·legoria, intel·lectualisme, cosciència ètica, narració polèmica, agressivitat, escenes de teatralitat pura, Auerbach, T.S. Eliot, W.H. Auden, es conjuguen en la seva consciència poètica i pictòrica. Energia primordial i pura invenció formal i temàtica s’entrellacen en la seva obra amb una consciència profundament personalista. La seva pintura recupera la civilitat mítica de la infantesa i dels ideals, antropitzant la cultura. La pintura es trasforma en mitologia autobiogràfica.

Critica la societat, la mentida, el poder, però se salva del pessimisme amb una creativitat exuberant i inquieta fins a fer de la seva obra una al·legoria fisicometafísica a la Montale: perquè són llamps, epifanies, revelacions, il·luminacions a la Rimbaud que fan explotar en cada quadre un símbol i una metàfora. Si de vegades dramatitza, somriu de seguida a continuació; conjuga la llibertat d’expressió amb la justícia social, la pluralitat regional i la globalitat del missatge.

Roma, Pasqua 2011

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In occasione della pubblicazione di questo catalogo voglio qui manifestare la mia profonda gratitudine a tutti coloro che mi sono stati accanto lungo il mio cammino di pittore, in modo particolare ringrazio gli amici che hanno reso meno triste la mia solitudine concedendo alla mia anima di poter esprimere sempre il mio affetto. Alcuni mi sono stati accanto economicamente, altri con i loro preziosi consigli, accogliendo con comprensione il mio difficile carattere. Ringrazio soprattutto coloro che mi sono stati vicino con la certezza di avermi dato poco a livello personale. La pittura è libertà, e nessuno può riconoscere in essa se non ciò che gli appartiene. Devo dire che più mi dedico alla pittura più sento che questo spirito di sacrificio verso di essa mi fa sentire che tutte le cose mi appartengono. Parlo della luce. Non ho nemici, ed è per questo che non trascrivo i nomi di coloro che mi sono stati particolarmente accanto. Sono consapevole che la pittura è sempre incompiuta e mai la potremmo possedere. Nel mondo dell’arte non si sta ma si è. L’arte è vita. Una cosa è vivere dell’arte, altro è vivere nell’arte. Xavier González Arnau

L’artista Xavier González d’Ègara

«A dins dels punys, les mans obertes»«Dentro ai pugni, le mani aperte»poesia di Ramon Bosch Boada

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