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Voci dal Mediterraneo Riflessi d’Oriente Atti della rassegna a cura di Andrea Duranti Matteo Tuveri

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Voci dal MediterraneoRiflessi d’Oriente

Atti della rassegna

a cura diAndrea DurantiMatteo Tuveri

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Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2705–9

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2009

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Indice Introduzione di Andrea Duranti e Matteo Tuveri ........................ 13 Calendario della rassegna ............................................................. 17

Parte prima Il senza nome: Tiziano Terzani e l’Oriente

Sulle strade d’Oriente con l’uomo tutto vestito di bianco: l’Asia e le molte Asie di Terzani di Annamaria Baldussi ................................................................. 23

«O si cambia, o tutto si ripete»: il messaggio di Tiziano Terzani di Angela Terzani Staude e Matteo Tuveri ................................... 97 Anam: il Senzanome di Mario Zanot ............................................................................. 103

Parte seconda Conflitti del silenzio: L’Africa, i paesi dimenticati e le guerre del potere

Buongiorno Africa di Raffaele Masto ......................................................................... 109 Massacri e saccheggi nella regione dei Grandi Laghi di Enrico Pili ................................................................................ 117

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Indice

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Parte terza Estasi divina: il sufismo, risvolti e particolarità

Messaggi Sonori: la filosofia di Mevlânâ nella musica turca contemporanea di Valeria Ferraro ........................................................................ 133 La scienza dei cuori: le vie del sufismo tra oriente e occidente di Alessandra Marchi ................................................................... 157 Il misticismo islamico: storia di un percorso di Annamaria Martelli .................................................................. 177 Il samâ’ “audizione, ascolto, concerto spirituale” in Mevlâna Jalâl-ud-Dîn Rûmî e nella confraternita sufi mevlevîye di Giovanni De Zorzi ................................................... 191

Parte quarta Stelle del Mediterraneo: Maria Carta e Umm Kulthum

Prefazione di Antonio Carta ......................................................... 221 Umm Kulthum: il canto della storia di Nasser Ahmed Ismahil .............................................................. 223 Maria Carta. Un incontro di Matteo Tuveri ........................................................................... 235 Maria Carta di Giacomo Serreli ....................................................................... 255

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Indice 11

Parte quinta “Qualcuno che non è come gli altri”... Il volto dell’Iran contemporaneo

Prefazione di Patrizia Manduchi .................................................................... 257 Gli Schindler di Persia di Farian Sabahi .......................................................................... 263 È solo la voce che resta: Forugh Farrokzhad di Andrea Duranti ........................................................................ 269 La rivoluzione del melograno. Sguardo alle donne scrittrici dell’Iran contemporaneo di Anna Vanzan ............................................................................ 281 Gli autori ...................................................................................... 296

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Indice

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Voci dal Mediterraneo, riflessi d’Oriente Edizione 2007

Calendario della rassegna 1) Il senza nome: Tiziano Terzani e l’Oriente

venerdì 6 luglio, ore 20 Teatro Alkestis - CONFERENZA

Incontro con ANGELA TERZANI STAUDE, MARIO ZANOT e ANNAMARIA BALDUSSI (Università di Cagliari)

Proiezione del film-documentario Anam. il Senzanome di MARIO ZANOT (2004) 2) Conflitti del silenzio. L’Africa, i paesi dimenticati e le guerre del potere martedì 10 luglio, ore 20 Teatro Alkestis - CONFERENZA

Incontro con RAFFAELE MASTO (Radiopopolare Network), NZEYIMANA (rifugiata politica) e ANDREA DURANTI (Dottoran-do di ricerca Università di Cagliari)

Presentazione migliori Papers: Antiche catene per nuove schiavitù: i conflitti del silenzio nell’Africa contemporanea mercoledì 11 luglio, ore 21 Centro Culturale ExMà - CONCERTO

Tinariwen (MALI) in Aman Iman

3) Estasi divina: il sufismo, risvolti e particolarità

venerdì 14 settembre, ore 20 Teatro Alkestis - CONFERENZA

Incontro con VALERIA FERRARO (Dottoranda di ricerca L’Orientale di Napoli), ALESSANDRA MARCHI (Dottoranda di ri-cerca all’Ecole des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi), MASSIMO MICHITTU, PATRIZIA MANDUCHI (Università di Ca-gliari)

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Calendario della rassegna

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Presentazione dei migliori papers: “Molte strade portano a Dio, io ho scelto quella della danza e della musica...“ (Mevlana) - La strada sublime della danza e della musica nel divino mondo del sufismo. sabato 15 settembre, ore 21 Conservatorio della Musica “P. da Pale-strina”- CONCERTO

Ensemble Mehr (IRAN) in GHAZA’- YE – RUH: il nutrimento dello Spirito 4) Stelle del Mediterraneo: Maria Carta e Umm Kulthum martedì 16 ottobre, ore 20.30 Teatro Alkestis - PROIEZIONE

La Cecilia di JEAN LOUIS COMOLLI (Francia/Italia1976 - colo-re110’) con MARIA CARTA, MASSIMO FOSCHI e VITTORIO MEZZOGIORNO

Introduzione di ANTIOCO FLORIS (Università di Cagliari)

mercoledì 17 ottobre, ore 20.30 Teatro Alkestis - PROIEZIONE Il reietto dele isole di GIORGIO MOSER (RAI 1978) con MARIA

CARTA, SERGIO FANTONI e MASSIMO GIROTTI Introduzione di ANTIOCO FLORIS (Università di Cagliari)

giovedì 18 ottobre, ore 20 Teatro Alkestis - CONFERENZA

Incontro con NASSER AHMED ISMAIL (Dottore di ricerca Uni-versità di Cagliari), MATTEO TUVERI (Dottorando di ricerca Uni-versità di Cagliari), LEONARDO MARRAS (Presidente Fondazione Maria Carta) venerdì 19 ottobre, ore 20 Teatro Alkestis - INCONTRI

Maria Carta: Immagini e Pensieri - incontro con la famiglia Carta, GIACOMO SERRELI (Giornalista), ANTONIO CARTA (Comitato scientifico Fondazione Maria Carta) e WALTER PORCEDDA (Gior-nalista) sabato 20 ottobre, ore 21 Conservatorio di Musica “P. da Palestrina” - TEATRO

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Omaggio a Maria e Umm Kulthum (PRODUZIONE TEATRO LABORATORIO ALKESTIS) con ELETTRA CUBEDDU, MAR-WA NAGY ABDE ELSAMEDE e con la partecipazione di ORNEL-LA D’AGOSTINO 5) Qualcuno che non è come gli altri... Il volto dell’Iran contempora-neo venerdì 16 novembre, ore 19 e ore 20 Teatro Alkestis - MOSTRA e CONVEGNO

I - r - a - n - i - c - a, personale fotografica di IVO PIRISI (con versi di FORUGH FARROKHZAD scelti da ANDREA DURANTI e MATTEO TUVERI)

Incontro con FARIAN SABAHI (Università di Torino), PATRIZIA MANDUCHI (Università di Cagliari) e ANDREA DURANTI (Dotto-rando di ricerca Università di Cagliari)

Proiezione del film La Casa è nera di FORUGH FARROKHZAD Presentazione dei migliori papers: Scrittrici, poetesse e intellettuali

nell’Iran contemporaneo sabato 17 novembre, ore 21 Teatro Alkestis - TEATRO

TEATRO DELL’ARGINE in Un ventre gonfio di assenza, regia di MASSIMO TOMASELLO con DEBORA FORTINI. Musiche dal vi-vo eseguite da DARIOUSH MADANI (setar-tombak-tarDena) e GORGIA-PUR (voce, tombak). Scene e video di DARIO ZANASI, Costumi di CRISTINA GAMBERINI

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Il senza nome: Tiziano Terzani e l’Oriente

© Foto by A. Lando per spazioeventi.net

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Sulle strade d’Oriente con l’uomo tutto vestito di bianco: l’Asia e le molte Asie di Terzani

Annamaria Baldussi

Qualcosa è nascosto. Vai a cercarlo. Cerca al di là del-le vette…

(R. Kipling) Anche un viaggio di diecimila leghe comincia con un primo passo.

(proverbio cinese) Basta avere un filo da seguire per capire il mondo.

(T.Terzani) L’essere umano non vive solo di pane, non vive solo di mito, vive di poesia. Vive di musica, di contemplazioni, di fiori, di sorrisi.

(E. Morin)

Per raccontare Terzani e l’Asia ho scelto di utilizzare uno stru-

mento “in sintonia”: un diario-atlante, un facsimile di taccuino di viaggio e di vita fatto di pagine che non ingialliscono per il tempo che scorre.

Il tempo, gli eventi, i sentimenti li ho fatti scorrere senza un prima e un poi, senza una rigida scansione cronologica, se non forse quella delle stagioni della vita, dall’ardore giovanile alla prudenza dei trent’anni, alla maturità dell’età di mezzo, alla delusione-riflessione e infine alla sensibilità meditativa dell’età che avanza.

Non mi ha punto vaghezza di comporre un saggio critico né di for-mulare un’analisi psico-letteraria, sono stata mossa soltanto dalla vo-glia di rileggere i suoi scritti e dalla fantasia nostalgica di ritrovare certe strade che anch’io ho avuto la ventura di percorrere.

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Una storia lunga una vita

Terzani e l’Asia: una relazione sentimentale saldata dalla passione, un legame intellettuale forgiato dallo studio e dalla conoscenza, un vincolo razionale fortificato dalle difficoltà, dalle differenze, dai con-trasti. L’Asia è “dentro” Terzani. L’Asia – dopo Angela – è la sua compagna di vita. La sua scuola e il suo lavoro. L’ha scelta ed è stato scelto; l’ha assorbita e lo ha assorbito. Il più contraddittorio e miste-rioso dei continenti che, al di là della leggenda e dei profumi amma-lianti dell’esotismo, resta in gran parte ancora sconosciuto nella varie-tà dei suoi mille volti, uomini, paesaggi, modi di vita, religioni e ideo-logie, grattacieli e capanne sull’acqua lo ha rapito, conquistato, fatto figlio. E come ogni figlio, Tiziano ama la madre, la guarda, l’osserva, l’ammira, la rispetta, ma anche la studia, la contesta, la critica, ne di-svela il carattere, ne scruta lo stile di vita, ne sottolinea le contraddi-zioni, e infine ne traccia il profilo, ne compone la biografia, ne raccon-ta le storie. Un novello asiate che in questa terra d’Asia si perde e vi spende la sua vita

Così dell’Asia scorrono gli eventi capitali di trent’anni, i grandi i-deali che l’hanno formata e i protagonisti della sua metamorfosi; così prende forma l’immagine di un Oriente vero, non condizionato dagli stereotipi, non osservato dall’esterno, ma vissuto nella sua quotidiani-tà, nei piccoli espedienti che consentono alla gente comune di non soccombere, negli uomini e nelle donne che incarnano la sua natura più autentica.

È l’Asia, laboratorio sociale, che si propone con l’offerta di sprazzi di verità sui popoli, sulle loro differenze etniche, religiose, sulle guer-re e sulle povertà, sugli ideali e sulle miserie; col desiderio di conosce-re a fondo le cose, senza fermarsi all’esotismo o ai luccichii delle pa-gode1; con l’urgenza di parlare della sua natura più viscerale, fatta di strade percorse soltanto dai suoi abitanti, di villaggi nascosti, di magia e di profezie, che tanta importanza hanno nella vita e nella storia delle genti d’Asia.

1 «Partendo dalle cose nelle quali le persone decidono di credere e dalle tensioni

che questo può comportare con i propri governi e, a volte, con i paesi confinanti». I. M. SALA, Il dio dell’Asia, Il Saggiatore, Milano 2006.

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L’Asia, filo conduttore di una vita che si annoda al flusso della sto-ria (storia grande e piccola): la guerra in Viet Nam, i khmer rossi in Cambogia, il progetto rivoluzionario maoista e il suo fallimento, la morte di Mao e l’ascesa di Deng Xiaoping, il boom economico del Giappone, la povertà della Corea del Nord e l’opulenza di quella del Sud, la dittatura coniugale dei Marcos e l’opposizione degli Aquino nelle Filippine, la ribellione per la democrazia soffocata in Birmania, l’assassinio di Rajiv Ghandi in India, il terrore in Pakistan, le Tigri Tamil in Sri Lanka, l’addio delle ultime colonie e la vita perigliosa dei giovani Stati.

Genesi

In una ipotetica premessa al diario-atlante una domanda, apparen-temente ovvia e banale, salta fuori per prima: perché l’Asia?

Perché l’Asia sulla quale riversare tutte le attenzioni e le energie? Perché l’Asia in un momento storico in cui la distanza tra l’Europa, inserita nella sfera d’influenza statunitense, e l’Asia, impegnata in e-sperimenti di ingegneria politico-sociale di matrice comunista, è al suo massimo? Perché l’Asia in un periodo in cui un mondo non ancora globalizzato e con evidenti barriere spazio-temporali nelle comunica-zioni accresce il distacco tra le due realtà? Forse il desiderio di verifi-care di persona ciò che, a causa della distanza fisica-politica-culturale, arriva in maniera parziale e filtrata? O forse è la convinzione di poter costruire qualcosa di nuovo rispetto ad un passato non sempre ammi-revole? O semplicemente perché l’Asia è lontana e dà l’impressione di una terra in cui c’è ancora qualcosa da scoprire? Forse è la curiosità intellettuale per un mondo anticamente misterioso, con una storia e una cultura millenarie, scoperte sui libri, eppure così nuovo nel suo vivere uno dei grandi cambiamenti epocali ciclicamente riproposti dal-la storia?

Le risposte potrebbero essere affermative per ciascuno degli inter-rogativi, però mi piace pensare che la risposta vera la si può prendere in prestito dal protagonista de Gli Asiatici, il bel libro di Frederic Pro-kosch: «Mi bastava sentire questo nome – Asia – perché il cuore mi battesse più in fretta».

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Certo non è l’Asia degli esploratori dei secoli passati, è quella dell’ultimo quarto del XX secolo, di quel secolo breve (del coloniali-smo, del fascismo, del comunismo, degli stermini, dei genocidi) che per molti popoli e molte terre di questo continente è stato lunghissimo. L’Asia di quegli anni si è lasciata alle spalle la decolonizzazione e propone nuove forme di società applicate a milioni di uomini, la pro-spettiva di poterle vedere messe in atto genera una tensione emotiva e propositiva unica rendendo imperdibile l’occasione di “andare a vede-re”, di “andare a capire”: la Cina di Mao, l’India di Gandhi, due mo-delli alternativi per cambiare la storia.

Ho in serbo anche una seconda domanda: è Terzani a raccontare l’Asia, oppure è l’Asia a raccontare l’uomo curioso che osserva e re-gistra? Chi muove il lungo appassionato racconto fatto di paesaggi proteiformi, di sfaccettature sociali, di complessi giochi politici, di tragedie e orrori, di ombre e di luci, di vicende che hanno cambiato la vita di milioni di persone, di tre decenni di storia, del nuovo ruolo che l’Asia si ritaglia nella storia contemporanea e negli equilibri glo-bali?

In questo caso non trovo una risposta certa, tuttavia ho un’im-magine nella mente: due figure che camminano fianco a fianco, una è tutta vestita di bianco, l’altra è vestita di ombra e di luce.

Il diario-atlante che cerco di mettere insieme vuole percorrere

quest’Asia di Terzani, che di quel continente finisce per conoscere la storia, la politica, la filosofia, le religioni, e che in esso ha fatto un cammino alla ricerca «dell’Asia che fu per capire l’Asia che è».

Prende forma nel raccontare una storia dell’Asia, per evidenti ra-gioni limitata nello spazio e nel tempo, seguendo il filo dei suoi viag-gi, rileggendo le vicende storiche che hanno portato il continente a mutare negli ultimi anni nel profondo del suo modo d’essere e nella percezione che ne ha l’Occidente.

Tenta di farlo sbarrando la strada all’esotismo, infilando una colla-na di storie importanti e di storie qualsiasi, inanellando la Storia e le storie, la ragione e i sentimenti, nel rispetto di un viaggio iniziato alla ricerca del diverso, dell’Altro, con la manifesta volontà di capire l’uomo, di comprendere come si possa creare una società in cui gli uomini siano liberi di creare individualmente la propria felicità pur in-

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seriti in un contesto collettivo2. Un viaggio, nel quale Terzani ha dovu-to misurarsi con realtà spesso opposte all’immagine idealizzata che si portava dentro. Viaggio della ragione e dell’anima, scomodo, duro, difficile, che produrrà una profonda crisi interiore.

Le prime piaghe all’osservatore itinerante le procura l’Indocina, ma si usciva dalla guerra e si potevano inventare giustificazioni lenitive. Meno giustificabili le altre piaghe che gli procurano la Cina e il Giap-pone. Paradosso delle circostanze! Vivere nei due grandi mondi cultu-rali e scoprire che due sistemi, frutto di opposte utopie, hanno delinea-to un medesimo orizzonte: la spersonalizzazione della società e la ne-gazione assoluta dell’individuo.

L’impatto durissimo con le due realtà fa germinare il disincanto. L’allontanamento dai due paesi, che in maggior misura hanno fatto

la storia dell’Asia nell’ultimo mezzo secolo, è in entrambi i casi trau-matico: la voglia di essere libero e di rifiutare le veline informative del regime di Pechino lo rendono “elemento sgradito”, mentre lo strania-mento provato in Giappone, alienante e alienato stato-industria, lo fanno sentire un depresso “elemento estraneo”.

Ma, parafrasando Prokosch, l’Asia a guardarla da vicino ha molte cose che sconcertano. Non bisogna lasciarsene spaventare. Per Terzani così è stato.

L’Asia della prima volta, un incontro sentimentale

La prima volta in Asia è il Giappone. Un albergo per manager nel 1965, ed essere sommerso dal moderno che rende tutto piatto, ma an-che dalla curiosità nello scoprire costumi e modi così diversi, il cibo e le bacchette, i festeggiamenti per l’inizio dell’anno con le strade ag-ghindate di paglia di riso e le donne con il kimono della festa, gli ide-ogrammi che possono rivelarsi una forma elegantissima di decorazio-ne che conferisce ad ogni oggetto un’aria misteriosa.

2 Per Chatwin, per esempio, il viaggio era lo strumento per ritrovare la radice del

proprio essere, la risposta al disagio esistenziale provocato dalla moderna civilizza-zione di massa.

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Un mese e mezzo di soggiorno giapponese e poi sulla via di ritorno Hong Kong, Singapore, Delhi, e la decisione è presa: nel suo futuro c’è l’Asia; il sogno da realizzare, la Cina. E per questo si prepara.

Quasi sei anni di preparazione, ma il sogno non è ancora realizzabi-le. La Cina… Vuole andare nella Cina rossa di Pechino, perché Tai-wan, l’altra Cina, è un’alternativa improponibile3, da ciò la decisione di andare a vivere tra i cinesi della Terza Cina, la Cina della diaspora4, che – per quanto meticciata e dispersa – mantiene una cinesità che non cambia, che sopravvive sotto ogni regime, che conserva anche nei det-tagli della vita quotidiana una certa antica nobiltà culturale, come i suoi templi mantengono una strana raffinatezza nel connubio tra le-gno, rosso e oro che sanno di impero. La prima metropoli cinese fuori della madrepatria è Singapore, così all’inizio del 1972 l’intera fami-glia parte per l’isola città-stato.

A Singapore, dunque, in una “Cina” che ha vestito all’inglese ma che sui marciapiedi di Sago Lane, la strada dei funerali, continua a ve-dere montagne di oggetti di carta che i cinesi bruciano per i morti5, per trovare la prima casa asiatica «in un parco pieno di colori e di suoni tropicali»6, punteggiato di vecchie ville coloniali bianche, senza auto e senza cani ad abbaiare, dove il caldo pesante e il cielo pieno di pioggia non fanno dimenticare che si è all’equatore.

Da questa “Cina” comincia a fare la spola fra il Laos, la Cambogia

e il Vietnam, i mitici paesi tenuti insieme da un fiume, il Mekong, e ora incendiati dalla guerra di una incandescente penisola indocinese. Sono infatti gli anni della post-decolonizzazione, all’indomani di

3 T. TERZANI, Un indovino mi disse, Longanesi, Milano 1998, p. 190. 4 Sono i cinesi della diaspora a finanziare i “draghi”, sono loro il motore della lo-

comotiva economica cinese. Sono loro che, anni prima, visti come possibili quinte colonne della Cina maoista, erano destinatari di repressioni e massacri; ora che la Cina si avvia ad essere una grande potenza possono sentirsi potenti e riaffermare la loro identità. Vedi: T. TERZANI, Un indovino mi disse, cit., pp. 116, 118.

5 Sono i regali che i vivi fanno ai morti, così il morto arriva nella sua nuova sede ultramondana accompagnato dai segni della sua ricchezza terrena e dalla venerazio-ne dei suoi congiunti, pronto per diventare un Antenato.

6 A. STAUDE TERZANI, “Introduzione” a Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia, Longanesi & Co., Milano 2008.

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guerre che i paesi dell’Africa e dell’Asia hanno combattuto per libe-rarsi dal giogo occidentale. Sono gli anni della guerra fredda che divi-de il mondo in due blocchi: quello liberale e liberista guidato dagli Stati Uniti e l’altro socialista dietro la cortina di ferro, guidato dal-l’Unione Sovietica. In Asia, sono gli anni di una nuova guerra d’In-docina7, che tutti chiamano “guerra del Vietnam”, ma che dal 1970 coinvolge anche i due confinanti, Laos e Cambogia.

Sono gli anni Settanta, gli anni dei vietcong, dei khmer rossi e dei pathet lao; gli anni del mito dei guerriglieri, delle rivoluzioni, della pa-lingenesi sociale, che infiammano la migliore gioventù di casa nostra.

Terzani decide che vuole interessarsi del conflitto in Indocina, di quella che si crede l’ultima guerra di liberazione dei popoli: nasce così il corrispondente dall’Asia. Lo sarà per oltre trent’anni.

Reportages, cronaca di eventi, racconti di paesi, il senso della reli-gione, la storia con il suo ieri, oggi e domani di quei tanti paesi asiati-ci, la cui geografia è quasi sconosciuta in Occidente.

Attraversare quei paesi negli istanti in cui la storia rivolta le cam-pagne, passa per le strade, serpeggia per le città, fa sentire il puzzo di morte. Guerre e rivoluzioni: descrivere le battaglie e gli orizzonti visi-bili e celati delle lotte, ma anche le speranze in quelle lotte, e purtrop-po anche ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.

Dell’Asia vuole rivelare gli aspetti positivi, i lati da nascondere, le virtù e le debolezze. Genti, luoghi, accadimenti, abitudini quotidiane, sensazioni: dalla fredda modernità del Giappone al calore dell’India, dal misticismo del Tibet al dolore delle tragedie in Vietnam e Cambo-gia, passando per l’amata-odiata Cina, la Russia asiatica, le Filippine, Taiwan, Hong Kong, il Pakistan, il Nepal e lo Sri Lanka. Un racconto in movimento di quasi mezzo secolo di storia, la cronaca di una lunga stagione fitta di avvenimenti epocali: la caduta di Saigon, le morti di

7 Nel 1954, Vietnam, Laos e Cambogia ottennero l’indipendenza dopo una lunga guerra combattuta contro i francesi. Gli Accordi di Ginevra mettevano fine a quella prima guerra d’Indocina, ma lasciavano il Vietnam diviso tra Nord comunista, con capitale Hanoi e presidente Ho Chi Minh, e Sud anticomunista, con capitale Saigon e presidente Ngo Dinh Diem. La guerra fra le due parti, entrambe decise a riunifica-re il paese sotto la propria guida, cominciò già alla fine degli anni Cinquanta e di-venne una guerra americana quando nel 1965 il presidente Johnson mandò i primi marines nel Sud Vietnam “per arrestare l’avanzata del comunismo nel mondo”.

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Mao, di Hirohito, di Deng, gli assassinii di Ninoy Aquino e di Rajiv Gandhi, la dittatura del silenzio della Birmania, il “soffocamento” di piazza Tienanmen, il ritorno di Hong Kong alla madrepatria.

Accanto ancora scorrono le cose semplici della vita di ciascun piccolo uomo tra campi, templi, fabbriche, scuole, strade, piazze, mercati. E tutto il caleidoscopio di rane – grilli – cicale – bufali d’acqua color onice – tar-tarughe simbolo del cosmo – alberi di jacaranda e tamarindo – fiori di lo-to – siepi di bambù e di ibisco – grandi alberi di neem per proteggere le case dal sole – banyan popolati da corvi gracchianti – sciarpe color zaffe-rano intorno alle statue di Buddha – tetti colorati dei palazzi reali – la ter-ra rossa e le zolle erbose delle sponde dei fiumi – la stagione delle grandi piogge – la quasi cantilena del “francese d’Indocina” – gli acchiappamor-ti – le scatoline a forma di animali dello zodiaco cinese – la luce tremo-lante di lampade al burro – i dolcetti della luna con l’ideogramma della longevità – i negozietti di libri usati – i camion ornati di dèi e amuleti, so-vraccarichi di gente e di cose – le pozzanghere fangose nelle strade piene di buche – sandali di gomma da asceta itinerante o da guerrigliero di ri-saia – la marea assordante dei motorini del dopo-comunismo.

Quello strano mestiere

Che cosa vuol dire per Terzani essere corrispondente dall’Asia? Ho

cercato una definizione nei suoi scritti, non ne ho trovato una catego-rica, ma ho trovato tante frasi, ciascuna rafforzante le altre. Ne elenco qualcuna, a mio parere sono illuminanti.

«Viaggiare per il mondo alla ricerca della verità». Il che significa garantire la precisione dei fatti al di là delle opinioni politiche. Ma non è abbastanza: andare alla ricerca della verità significa anche immer-gersi e mescolarsi con il luogo quasi a volerne diventare parte. L’innamoramento per i luoghi contemplati (penso ad Angkor) che di-viene la costante di una vita.

«Poter essere in prima fila là dove avvengono le cose […] mettere il piede in tutte le porte» perché «i fatti non registrati non esistono», cioè «la storia esiste solo se qualcuno la racconta»8. «Non si può parla-

8 T. TERZANI, Un indovino mi disse, cit., pp. 60-61.

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re, scrivere di questa o di un’altra guerra, se non la si va a vedere, se non si è disposti a condividerne i rischi». Insomma bisogna «saltare nella minestra per sapere se è salata o meno». Il che significa indagare gli eventi passando per il loro “odore e sapore”, come dice Goffredo Parise. Cercare i vivi e contare i morti.

«Essere gli occhi, le orecchie, il naso, a volte anche il cuore di quelli che non possono essere lì». Ma anche porsi sempre il compito di rappresentare il punto di vista degli altri: nelle fila dei vietcong così come in un campo di addestramento di mujaheddin9.

Tenere a mente che i luoghi hanno una storia, un’identità socio-politica e una identità culturale. «Vivere in ogni parte del mondo con-fondendosi con tutte le varianti della razza umana» e capire – come scrive una sua collega – «cosa c’è sotto il pavimento della civiltà mo-derna»10.

Riassumendo: ogni inviato è prima di tutto un viaggiatore con oc-chi che vogliono vedere, cuore che ama sentire, intelletto che vuol comprendere e stupore che vuol accontentare. In più animato da «quella strana febbre che colpisce quelli del mio mestiere ogni volta che la Storia ci passa vicina e non si può resistere al desiderio di starle dietro, di seguirla, anche solo per poterne raccontare un dettaglio»11. Una febbre che continua a colpire da quel primo William Russel che se ne andò in Crimea a metà dell’Ottocento12, a Luigi Barzini della ri-volta dei Boxer e della guerra russo-giapponese, a John Reed della Ri-voluzione d’Ottobre, a Ettore Mo, per il quale «il vero giornalismo si fa con la suola delle scarpe»13, e a tanti altri del passato e del presente.

Quello strano mestiere – incontenibile, invadente, esaltante – che offre a noi “viaggi di carta” e riserva per sé viaggi scomodi su strade mal ridotte, deserte o troppo affollate. Per questo strano mestiere (che è già modo di vivere), infatti, si paga anche un prezzo: «Non si può assistere per anni a rivoluzioni fallite, delitti irrisolti, speranze deluse

9 ID., In Asia, Longanesi, Milano 1998, p. 324. 10 I.M. SALA, op. cit. 11 T. TERZANI, Buonanotte Signor Lenin, Tea, Milano 1994. 12 W. H. RUSSEL, Russell’s despatches from the Crimea, 1854-1856, A. Deutsch,

London 1966. 13 E. MO, I disperati, Rizzoli, Milano 2003.

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[…] sempre cadaveri, gente che scappa […] la convinzione che niente serve a niente e che il momento della giustizia non arriverà mai»14.

Comunque, andare. Andare. Con il viaggio Terzani ha un rapporto esclusivo. Sin da ragazzo ha

sentito un’“ardente bramosia” di viaggiare, una “smania di essere sempre altrove”15: «Viaggiare mi esaltava, mi ricaricava, mi dava da pensare, mi faceva vivere»16. E il viaggio lo comunica con tutti i cin-que sensi, il suo documentare è anche creare un ambiente, un’atmo-sfera; il suo raccontare è l’immedesimarsi in una realtà. Una scrittura viaggiante17 in cui si ritrovano «suoni, luci, odori, immagini… C’era, in tutto quello che avevo attorno, qualcosa di profondamente autenti-co, di vero»18. Forse per tutto ciò si trova a fare un lavoro di integra-zione culturale: per esempio, solo vivendo con chi la religione la re-spira nei gesti quotidiani perviene a capire la devozione filiale e il ri-spetto dell’ordine sociale confuciano o la rassegnazione buddhista nell’accettazione del destino, magari crudele, quale scotto per colpe pregresse.

Andare, vedere, guardare, sentire, ascoltare, senza preconcetti e senza presunzione, con umiltà nel riconoscere che gli unici veri viag-giatori sono i pellegrini, perché hanno rispetto e venerano i luoghi in cui vanno.

Ecco, il rispetto. Dei luoghi e del loro tempo passato. Più in genera-le l’amore e il rispetto per la storia. La conoscenza del passato è fon-damentale per capire che cosa accade nel presente e perché «il passato è un’indispensabile guida per chi vuole visitare il presente o immagi-narsi il futuro»19. Da ciò l’importanza di chi lo ha preceduto in quello stesso percorso e degli amati libri, custoditi nell’inseparabile sacca. Quanto si porta dietro nei suoi resoconti dei viaggi di Marco Polo, di Antonio Pigafetta, di Ludovico di Varthema, di Niccolò de’ Conti, delle missioni di Matteo Ricci e di Alessandro Valignano, delle spedi-

14 T. TERZANI, Un indovino mi disse, cit., p. 259. 15 ID., Un indovino mi disse, cit., p. 56. 16 ID., Un altro giro di giostra, Longanesi, Milano 2004, p. 196. 17 È il “giornalismo viaggiante”, come lo definisce S. ZANGRANDI, A servizio

della realtà, Unicopli, Milano 2003, p. 21. 18 T. TERZANI, Un altro giro di giostra, cit., pp. 395-396. 19 ID., La porta proibita, Tea, Milano 2000, p. 9.

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zioni di Giuseppe Tucci, dei reportages di Elio Modigliani, dei Barzini senior e junior, di Mario Appelius, delle contaminazioni letterarie di Fosco Maraini, e di altri viaggiatori e scrittori che hanno scoperto l’Asia, l’India e la sua Cina: Fortini, Cassola, Malaparte, Parise, Paso-lini, Moravia, Todisco e tanti altri ancora? Quanto la sua idea di O-riente è forgiata nella lettura di Robert Byron, Hesse, Conrad, Sven Hedin, Ginzberg?

Quale, dunque, la definizione? «Prepararsi a partire, andare, scri-verne»20 – dopotutto per andare a vedere il maoismo con i suoi occhi decide di studiare il cinese – mettendoci dentro tutto: emozioni, sen-timenti, curiosità, mestiere, cataste di morti, e lo stupore della vita.

Mille modi di viaggiare

«Viaggiare è un’arte. Bisogna praticarla con passione, con amo-re»21.

All’inizio il suo viaggio è un passaggio da un luogo all’altro, poi, a mano a mano che si immerge nell’Asia e ne apprende la logica del “piegarsi”22 vivendo a Singapore, Hong Kong, Cina, Giappone, Ban-gkok, India, il viaggio avviene sempre più nel suo Io, che guarda e in-terpreta il mondo. Si tratta sempre di un’esplorazione di luoghi23 ma anche di un’apertura maggiore alla contaminazione, dalla cronaca sempre più verso un viaggio interiore24. Procedendo nel tempo si ha l’impressione che il corrispondente di guerra abbia sempre più voglia di raccontarsi raccontando il mondo: «Ma non è così, sempre, la vita? Si corre nella speranza di qualcosa che, una volta ottenuto, non è mai così bello com’è stato tutto quel correre con la speranza!»25.

Il viaggio è vissuto come “esperienza mentale” che riconosce che «il senso della ricerca sta nel cammino fatto e non nella meta; il fine

20 ID., Un altro giro di giostra, cit., p. 196. 21 ID., Un indovino mi disse, cit., p. 136. 22 Ivi, p. 9. 23 “Viaggiando nel Delta, di questi tempi, uno si ricorda a malapena di essere in

un paese in guerra”, T. TERZANI, Pelle di leopardo, Feltrinelli, Milano 1973, p. 90. 24 S. ZANGRANDI, op. cit., p.19. 25 T. TERZANI, Un indovino mi disse, cit., p.335.

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del viaggiare è il viaggiare stesso e non l’arrivare»26. In questo senso il vero viaggio è quello che avviene dentro di sé, in quel mondo spiritua-le che a noi occidentali sembra un labirinto27. Ecco il vero volto dell’Oriente, che da sempre e prima di tutto a questa ricerca si è dedi-cato, influenzando ed affascinando – nel passato e ancora oggi – i pensatori occidentali.

Oriente e Occidente, due mondi contrapposti? In realtà, tra Oriente e Occidente ci sono meno differenze di quelle che riteniamo; esiste un continuo dialogo, che conduce a volte verso reciproche comprensioni, ed a volte s’arresta dinanzi ad invisibili confini di pensiero28.

Per entrare viaggiatore nei vari mondi dell’Oriente contano

l’atteggiamento e la predisposizione d’animo, e contano perfino i mezzi di trasporto, a seconda dei quali cambia in maniera radicale il modo di sentire i luoghi29, il tempo di guardare: il piacere di avvicinar-si lentamente alle città e ai villaggi «entrando con lento pudore nelle bocche dei loro fiumi», scoprire una umanità «che si sposta carica di pacchi e di bambini»30.

Andare, in treno, in bus, a piedi, è piegarsi ai ritmi di vita del conti-nente. È l’Asia di Un indovino mi disse, non è già più quella del corri-spondente di guerra.

Ora si va alla ricerca di un’altra Asia e la si osserva da una prospet-tiva inedita: si recupera il giusto metro delle cose e si scopre un Orien-te invisibile a coloro che vogliono vedere unicamente quello della ver-tiginosa crescita economica, dell’urbanizzazione impressionante, della globalizzazione omogeneizzante.

La nuova avventura muove in un mondo magico che si sovrappone e si intreccia con le influenze religiose dei paesi visitati, quasi a voler ribadire che il mondo per essere compreso va visto da innumerevoli e complementari punti di vista. Un viaggio nello spirito dei popoli, nella loro cultura, per sondare l’anima del luogo, per carpire valori e aspira-

26 ID., In Asia, cit., p. 334. 27 ID., Un altro giro di giostra, cit., p. 249. 28 F. MARAINI, Ore giapponesi, Corbaccio, Milano 2000. 29 T. TERZANI, Un indovino mi disse, cit., p. 136. 30 Ibidem, p. 13.

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zioni delle genti che vi abitano. Un viaggio in quel mondo che gli oc-cidentali chiamano superstizioso, ma che in Cina, in India, in Malesia o in Indonesia è ancora parte essenziale della vita di tutti i giorni. Dobbiamo pur riflettere: se nemmeno l’ideologia comunista è riuscita a sradicare un aspetto antropico così presente, significa che la sua enti-tà trascende la semplice superstizione popolare. Viceversa dobbiamo constatare che l’assalto distruttivo della razionale modernità a questo sentire, a questa intima patina dell’essere, è in atto ovunque. Guar-diamo emblematicamente la Cina che, votata ad un nuovo “Grande balzo in avanti” per la conquista della modernità, ha lanciato una sfida totale alla natura, allo spirito e alla tradizione; ha fatto assegnamento totale sulla tecnologia importata dall’Occidente e sul danaro, e così la modernità e progresso invadono le sue vecchie città, ne stravolgono il paesaggio.

Allora per quel sentire è giunta la fine? Forse non ancora là dove continua a respirare vitale una religione, tra i monaci del Tibet o del-la Birmania, fra i nomadi della Mongolia, nelle comunità musulmane delle oasi centrasiatiche. Forse nella “spirituale India”, forse… Per-ché in India l’uomo – pur se toccato dalla modernità – vive nella cer-tezza di un aldilà che gli è già familiare; perché l’India, lasciando scorrere la vita nel suo naturale caos, è ancora vivibile a misura d’uomo. Altrove, invece, che fine ha fatto l’uomo? È diventato un profugo, un senza terra.

Viaggiare attraverso l’Asia significa ora osservare il cambiamento senza anima di città che hanno perduto la loro essenza, di paesaggi trasformati dal cemento, di lembi di poesia stracciati dall’avidità dei potenti. Vuol dire muoversi in un continente straziato, lacerato, ferito, cancellato, dove guerra, violenza, abuso, corruzione, prostituzione, mercificazione, repressione sono la sua condanna a morte.

L’Asia del miracolo economico è consapevole di aver scelto il sui-cidio? «C’è qualcosa di tragico in questo continente che uccide se stesso»31. Un’Asia sempre più sciupata dal denaro, dal potere, dalla falsa politica, dalla modernità occidentale eretta a unico e solo dogma. Eppure dovrebbe essere inoppugnabile che ogni forma di sviluppo «non può che essere frutto di una cultura, di un’esperienza, di un pro-

31 Ibidem, p. 68.

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prio cammino»32. Invece, in Asia l’occidentalizzazione «strangola la sua cultura, mentre la passione del nuovo materialismo spezza i le-gami tradizionali, distrugge i vecchi schemi di valore e toglie la fi-ducia in tutto ciò che non è riconducibile al denaro»33. È un’incredibile nemesi: «L’Occidente rientra dalla finestra e conqui-sta finalmente l’Asia non più impossessandosi dei suoi territori, bensì della sua anima»34.

A colui che empaticamente osserva rimane soltanto una rivalsa. Il viaggio attraverso l’Asia gli consente di criticare «l’uomo del be-nessere e dei consumi», gli permette di compiangere l’uomo d’occidente che ha perso la «capacità di commuoversi e di indi-gnarsi»35; lo autorizza a stigmatizzare la modernizzazione che divo-ra l’autenticità dei luoghi e, generando ottusità e grettezza, consu-mismo e indifferenza, finisce per impoverire la civiltà; lo induce a lanciare anatemi contro la politica e l’arte asservite al mercato; lo incita ad un ritmo e ad uno stile di vita che rendano possibile “go-dere del silenzio”36; lo invita a parlare con ironia e rabbia di “quella roba chiamata globalizzazione”37 che cancella sempre più le diffe-renze culturali tra Oriente e Occidente.

Quanto si perde nel perdere le proprie diversità, nel diventare tutti uguali, nell’eliminare tutti i confini? Ben si sa, i confini – non soltanto barriera ma anche soglia – servono perché generano lo scam-bio in un mondo che «è un complicato mosaico di paesi, ciascuno con le sue frontiere da varcare»38.

32 ID., La porta proibita, cit., p. 10. 33 ID., Un indovino mi disse, cit., pp. 68-69. È la stessa disillusione di Goffredo

Parise (Guerre politiche) allorché deve prender atto che quando l’american way of life colonizza il mondo intero, saranno la crudele ricchezza tecnologica e il consumi-smo feroce a “vincere le guerre”.

34 T. TERZANI, Un indovino mi disse, cit., p. 69. 35 ID., Lettere contro la guerra, Longanesi, Milano 2002, pp.118-119. 36 ID., Un indovino mi disse, cit., pp. 260-261. 37 Ivi, p. 368. 38 Ivi, pp. p. 313, 392.