viaggio perfetto - hadramaut inventory office.pdf · 2018-10-14 · di freya stark parlerò di...
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Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Yemen
Il Viaggio perfetto
Dedicato a mia moglie Rosa
e a tutti coloro che amano l’Hadramaut
e la musica di Abou Baker Salem Bel Faqih
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Dal momento che è tramontato definitivamente l’epoca d’oro dei veri viaggiatori
britannici (uomini e donne) che descrivevano le proprie avventure con dei buoni libri,
pur non essendo un viaggiatore, anch’io ho ceduto al bisogno di descrivere quella parte
dello Yemen da me frequentata a cavallo dei due millenni. Ammetto come sia difficile
resistere alla tentazione di sparare sciochezze estemporanee sui costumi degli altri
popoli.
Sana’a - Bab El Yemen, la porta Sud del Suq (Foto di Marcello Rossini)
Decisi di approfondire la conoscenza del Paese che mi apprestavo a raggiungere per
motivi di lavoro e mi misi a sfogliare le uniche due guide turistiche pubblicate in lingua
italiana allora disponibili insieme a una copia della ristampa del libro di Renzo
Manzoni. Costui, che era anche nipote in linea diretta del grande Alessandro, era
geografo e botanico, aveva imparato la lingua araba per viaggiare in Yemen, era
vissuto a Sana’a dal 1877 al 1878, scattando moltissime fotografie. Ritornato in Italia,
senza mai più allontanarsene, aveva scritto un libro ben fatto che risulta a tutt’oggi un
testo fondamentale per la conoscenza della città di Sana’a e dei suoi abitanti del XIX
secolo. Il testo è arricchito da molte e belle illustrazioni e da un interessante rilievo
dell'attuale “centro storico” che allora costituiva di fatto l'ingombro dell'intera città di
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Sana’a. Si tratta di uno di quei libri preziosissimi che sono tuttavia veramente gustosi
solo se letti dopo essere stati negli stessi posti esotici, altrimenti, se letti prima,
risultano del tutto incomprensibili e indigesti.
Per meglio comprendere quanto da me visto e vissuto in Yemen, sulle osservazioni di
Renzo ho trascorso un tempo superiore a quello da me dedicato a suo tempo ai Promessi
Sposi. Riporterò spesso e volentieri interi brani del libro di Renzo e devo precisare da
subito che la posizione della sua punteggiatura è stata riprodotta con estrema cura da
parte mia: credo che suo nonno Alessandro si sarebbe inquietato parecchio, sia per l’uso
estemporaneo delle virgole che per l’aver sistematicamente infranto proprio la “regola
manzoniana” della “d” eufonica!
La Pianta di Sana’a realizzata da Renzo Manzoni nel 1879
A me, ogni volta che prendevo fra le mani il libro1 di Manzoni, veniva in mente sempre
la stessa frase: «Lo Yemen? Ma dove Diavolo si trova lo Yemen? avrebbe detto don
Abbondio.»
Le fotografie scattate da Renzo Manzoni furono inviate alla rivista “Il Viaggiatore” per
ricavarne i disegni che illustrano il libro e, malauguratamente, sono andate tutte
disperse. Spero che le ricerche per ritrovarle siano state effettuate con impegno, a
iniziare dalla stessa casa editrice, o da quello che ne resta. Di contro tutte le fotografie
1 Nell’edizione EDT del 1991 nella collana “Viaggi e Avventura”.
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scattate in Hadramaut da Freya Stark sono in vendita in Internet e sono state da me
acquistate.
Francesca Sanvitale, nella lunga e bella
introduzione al libro del Manzoni, definendolo un
“libero benpensante”, ha coniato un gustoso ossimoro.
La Sanvitale faceva notare che, per una strana legge
del contrappasso, a Sana’a adesso ignorano del tutto
l’esistenza del nonno Alessandro, mentre qualcuno
ricorda il nipote Renzo dal momento che il libro in
questione, rilievi e illustrazioni comprese, è una
minuziosa descrizione di Sana’a e dei suoi abitanti
della seconda metà dell’Ottocento, redatta da un
giovane geografo e botanico, con un certo talento
demo-etno-antropologico. Inoltre ricordava come
Renzo Manzoni fosse praticamente sconosciuto in
Patria, dal momento che a lei risultava che fosse
citato pochissimo e ricordava, come unico caso,
quello di Paolo Costa2.
Paolo Costa, l’archeologo che chiamai in Yemen come consulente del mio Progetto,
aveva avuto la ventura di vivere a Sana’a all’inizio degli anni Settanta del secolo
scorso, inviato dal governo italiano con il compito di aiutare gli Yemeniti ad allestire il
museo archeologico nella capitale quando l’intera città coincideva con quella rilevata
da Renzo Manzoni esattamente 100 anni prima.
Anche Farian Sabahi cita Renzo Manzoni ne “La storia dello Yemen” (Bruno
Mondadori, 2010), un ottimo libro per avvicinarsi alla conoscenza di questo Paese.
2 Il professore Paolo Costa cita Manzoni in un saggio sulla Grande Moschea di Sana’a (Annali dell’Istituto
Orientale di Napoli, 1974) con riferimento alla pianta della città di Sana’a. Parlerò del mio amico Paolo in
questa prima parte, mentre nella seconda parte utilizzerò il suo contributo per meglio descrivere l’Hadramaut
ai miei lettori.
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Le guide turistiche All’inizio del secolo le guide dello Yemen erano poche
Per quanto riguarda le malattie sarebbe bastato non mangiare roba cruda e non farsi
curare i denti (una delle mie guide turistiche suggeriva di «non farsi mai mettere dei ferri
in bocca»). Tutte le guide consigliavano, ovviamente, di bere solo acqua imbottigliata.
In Hadramaut Freya Stark 70 anni prima, aveva bevuto dalla ciotola a disposizione
di tutti l’acqua di una siqaya che ella chiese a un bel ragazzo riccioluto e, sembra di
capire, che bevesse normalmente l’acqua dei pozzi e delle siqaya. Non era un
comportamento sconsiderato: semplicemente fin a pochi anni fa si viaggiava così.
Sana’a
L’allegra insegna di un dentista nel Suq
l furto era una pratica sconosciuta in Yemen e l’autore della guida EDT, semmai,
consigliava «di guardarsi dai propri compagni di viaggio». Questa osservazione spiritosa
mi mise di buon umore e mi dispose bene verso quel popolo che mi apprestavo a
conoscere e che avrei frequentato poi assiduamente per i successivi due lunghissimi
anni. Nella stessa guida un detto popolare yemenita aveva attirato la mia attenzione:
«Uno straniero dovrebbe avere buone maniere». Decisi che, sotto questo aspetto, mai avrei
deluso i miei futuri ospiti. A quel punto mi ricordai che io, le guide turistiche e i
racconti di viaggio, riesco a leggerli solo “dopo” e non “prima”. Misi da parte le due
guide e mi misi a leggere dei fogli che avevo con me e che avevo quasi dimenticato.
La raccolta della spazzatura Ho scritto questo pezzo prima che Napoli fosse riconosciuta capitale mondiale della monnezza
Nel 1999, al tempo del mio primo viaggio in Yemen, il Paese era ancora letteralmente
sommerso dalla spazzatura e le guide mettevano sull'avviso i viaggiatori, presentando
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questo come un male atavico e quasi del tutto connaturato con il paesaggio yemenita.
Ma non è stato sempre così dal momento che nel 1877 Renzo Manzoni trovò una città
diversa: «Le larghe e le belle strade sono pulitissime». E aggiunge del tutto soddisfatto
«Quando mi trovo nel quartiere dei caffè turchi e delle botteghe greche, mi pare di essere in
una borgata europea».
Per motivi a me sconosciuti all’epoca del mio soggiorno la città era letteralmente
inondata di spazzatura. Fortunatamente le case erano collegate dall’interno alla rete
fognaria, mentre Renzo Manzoni era rimasto colpito dal fatto che «… i canali nelle case
per lo scolo delle materie liquide, le acque delle cucine, dei lavabo, ecc. sono esterni o appena
(incavati nel muro) a fior fior esso, ma sempre aperti. … Tutte le case di Sana’a hanno
delle fascie bianche che segnano i detti canali sui muri e si vede al centro dei medesimi colare
le materie liquide dall’alto particolarmente al basso, dove una specie di vasca le raccogle, per
poi, per mezzo di un piccolo condotto, eliminarle sottoterra. Non vidi mai cosa più sconcia e
nauseante, che oltre l’impestar l’aria, fa uno strano e brutto contrasto colla leggiadra
ornamentazione delle case.» E questo sistema colpiva molto «…il nuovo arrivato
Europeo…».
Nel corso del secondo viaggio io e il mio amico Ridha, l’ingegnere italo-tunisino,
prendemmo finalmente coscienza del fatto che in tutta la città non esisteva un solo
cestino e neanche un cassonetto della spazzatura. Tutti i rifiuti venivano abbandonati
per strada, immediatamente, appena prodotti dagli abitanti. Non è proprio come da
“noi altri» in Italia dove in certe aree periurbane e nell'alveo dei corsi d'acqua e su
alcune spiagge si accumulano sacchetti di plastica, copertoni ed elettrodomestici: a
Sana'a la spazzatura era distribuita omogeneamente per le strade e le piazze dell'intera
città.
Noi tuttavia non avevamo l'animo di gettare per terra le inevitabili due bottigliette
vuote d'acqua minerale e le cartacce che producevamo nel corso dell'intera giornata.
Allora, a turno, uno dei due conservava in una busta tutti i rifiuti di entrambi,
portandoli con sé in giro per tutta la città, in taxi, sino alla camera del nostro albergo.
Nel corso del secondo viaggio avevamo cambiato albergo: adesso alloggiavamo a Sud
della città. Ogni sera gettavamo nel cestino del bagno l'intero involucro che avevamo
prodotto durante il giorno. Naturalmente sapevamo bene che tutti i rifiuti dell'albergo
veniva depositati presso alcuni grossi mucchi a una certa distanza dall'ingresso sul
quale Ridha aveva riconosciuto uno dei nostri sacchetti e, tuttavia, non riuscivamo a
comportarci diversamente. Ecco la forza straordinaria delle buone abitudini: sai che
stai vivendo una situazione surreale, ma non riesci a trovare una soluzione che ti salvi
dal ridicolo…
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Shibām
Un recinto per la notte presso
la grande Moschea posta a
soli 50 metri in linea d’aria.
Alcune centinaia di animali
concimano in continuazione
le strade della splendida
cittadina dai cinquecento
grattacieli di fango.
A Shibām, in Hadramaut, da tempo immemorabile le feci delle capre e dei somari erano
depositate direttamente per le strade dagli animali che lì si aggiravano liberamente e da
dove venivano raccolte per fertilizzare i grandi palmeti contigui alla città. Anche le feci
umane prodotte all'interno dei 500 grattacieli della città di fango, non venivano
disperse, ma venivano anch'esse dconvogliate nei campi circostanti. Quindi la città
veniva in continuazione ripulita. Dentro le mura di Shibām non ho mai visto cani, ma
non perché il Profeta li abbia stimmatizzati, ma perché le loro feci sisgustose
assomigliano a quelle umane.
A Sana’a non ricordo di aver visto mai un cane per strada: di certo le automobili li
avevano prima schiacciati e poi scacciati nell’area periurbana. Manzoni a Sana’a: «Vedo
molti cani in ogni strada, e specialmente nelle piazze, accovacciati nel mezzo di esse e al
sole». Adesso mi sembra di ricordare che, appena superata Bab el Yèmen, nella vasta
piazza che non c’era ai tempi del rilievo del Manzoni, sostano tutt’ora diversi cani così
come descritti 120 anni prima e, se così non fosse, allora sono stato suggestionato dalla
lettura del libro di Renzo.
L'esistenza della spazzatura per le strade in wadi Hadramaut è certificata da Freya
Stark che ne parlava già negli anni trenta del secolo scorso. La viaggiatrice inglese non
si dilunga a descriverne la composizione, ma dobbiamo supporre che quella attuale sia
profondamente diversa: adesso ovunque galleggiano i sacchetti di plastica, i tappi, le
bottiglie, i pezzi di cartone e tutto il resto. Di Freya Stark parlerò di nuovo e a lungo
nella seconda parte di questo reportage, avendo ella realizzato negli anni Trenta un
lungo viaggio in solitudine nell’Hadramaut, viaggio narrato poi in uno splendido libro
(Le porte dell'Arabia, Guanda Editore).
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Le comunità sono state prese alla sprovvista e quindi non esiste ancora nessuna figura
che assomigli a un «operatore ecologico», fatto salvo forse nella capitale dove dal 2000
la quantità di spazzatura sembra diminuita dal giorno dei festeggiamenti del decennale
dell'unificazione del Paese. Certe innovazioni a Sana'a vengono introdotte con una
velocità enorme confrontata con la lentezza con cui mutano da noi i costumi:
esattamente nel 2000, nell'arco di pochi giorni Sana'a passò sotto i nostri occhi a in
livello di pulizia confrontabile a quello del centro storico di Firenze. All'improvviso, in
occasione dei festeggiamenti del decennale della unificazione del Paese fra Nord e Sud,
centinaia di uomini con piccolissime scope e con altri mezzi di fortuna hanno
letteralmente fatto sparire tutta la spazzatura della capitale che doveva ricevere alcune
decine di ospiti illustri (dall'Italia il presidente della camera, Luciano Violante). Da
allora e per due anni, almeno finché noi non partimmo, misteriosamente la città rimase
accettabilmente pulita.
Questo è il modo molto yemenita di rispondere alla modernità. Si raccoglie la
spazzatura nella capitale (per adesso solo lì), ma la raccolta presenta aspetti
paradossali: gli addetti si procurano per la strada fra la spazzatura un pezzo di cartone
su quale raccolgono rifiuti di qualsiasi genere, usando scope con il manico lungo una
trentina di centimetri. Questa tecnica molto elementare li condanna a una posizione
prona e a una bassissima produttività.
Lo Yemen fino a poco tempo fa non aveva praticamente spazzatura non riciclabile,
quando all'improvviso il Paese è stato invaso dalla plastica e da tutto il resto. Pensate
che praticamente ogni confezione giornaliera di qat viene avvolta in un mesto sacchetto
di plastica scura del quale ci si disfa, poco dopo, al momento del consumo. Quante
saranno le dosi giornaliere vendute in questo modo: un milione, due milioni, tre milioni?
Un’italo-americana a Sana’a Una vera viaggiatrice
Io andai in Yemen la prima volta alla fine del 1999, mentre il mio ultimo viaggio risale
all'inizio del 2003. A Sana'a ho conosciuto quasi subito Patricia che proprio all'inizio
del 1999 era arrivata da Washington, dove viveva da venticinque anni, e alla fine del
2002 sarebbe ritornata negli Stati Uniti. Il suo periodo di permanenza in Yemen
coincide praticamente con l'arco di tempo dei miei molti viaggi in quel Paese. Era la
«moglie di» Gianni Brizzi, il più alto funzionario della Banca Mondiale a Sana’a. Se non
ricordo male la Banca investiva ogni anno in Yemen circa 300 milioni di dollari, una
cifra enorme per quel Paese.
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Il ruolo del responsabile della sede della Banca Mondiale a Sana’a era equiparato a
quello di ambasciatore e questo dava a Patricia, in quanto sua moglie, una posizione in
città che le permetteva di frequentare praticamente tutte le altre “mogli di”
ambasciatori e di alti funzionari, sino alle più importanti cariche dello stato e,
contemporaneamente, questa posizione le dava l'opportunità di assistere a eventi
preclusi ad altre che non fossero del suo stesso rango. Come donna poi, in Yemen,
poteva partecipare a tutti quei riti affatto negati agli uomini e, quindi, ella ha potuto
parlare con le Yemenite a viso scoperto durante i matrimoni o masticando qat nei
mafrash riservati alle sole donne. I miei due conoscenti che col tempo sarebbero
diventati amici, vivevano nel centro della città in una bella casa con un ampio giardino,
quella che una volta era stata la residenza dell'ambasciatore inglese, e io lì ero invitato
spesso a cena.
Approfittavamo di quelle serate per parlare delle nostre impressioni sul Paese che ci
ospitava e sui suoi abitanti. Come si addiceva a degli Italiani che vivono all’estero, noi
mangiavamo quasi sempre pasta, spesso condita con il parmigiano che prima di ogni
partenza io compravo a Reggio Emilia.
Alla fine di ogni pasto, arrivava il caffè, anche questo rigorosamente italiano, benché
fossimo nel Paese del caffè che lì, però, è ricavato dalla buccia dei chicchi3 ed è sempre
corretto con un pizzico di zenzero.4
3 Essi usano il pericarpo del frutto (el ghèscier), come annotava Renzo Manzoni, mentre vendono i
chicchi (hubùb el bùn): «Nei paesi caldi si usa torrefare un pochino il ghèscier e, grossolanamente
macinata, lo si mette nell’acqua bollente …; e vi si aggiungono forti dosi di spezie (cannella, noce moscata,
chiodi di garofani, zenzero)».
4 «Facemmo il caffè, un liquido chiaro, bollito con le bucce delle bacche e con zenzero, che risulta
sgradevole finché non lo si beve nella notte fredda dello Jōl, allorché il suo calore è di enorme conforto per
gente per lo più vestita di solo indaco.» Freya Stark, Le porte dell’Arabia, Guanda Editore.
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Hadramaut Valle di profeti, di santi e della famiglia Bin Laden
In questa seconda parte del mio reportage descriverò il nostro lavoro di
documentazione del patrimonio architettonico e archeologico nel Sud dello Yemen (fine
1999 – inizio 2002). Negli otto wadi nella Regione dell’Hadramaut abbiamo ripercorso
le medesime tappe della nota viaggiatrice della prima metà del secolo scorso, Freya
Stark, la quale era alla ricerca nell’Arabia Felix di un improbabile città perduta (il sito
di Madabun a 3 km da Horeida?).
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Ho potuto confrontare i luoghi e i monumenti da me visitati settanta anni dopo con le
descrizioni e le fotografie della giovane donna inglese: ella usava la macchina
fotografica come strumento di compendio alla sua splendida penna con la quale
descriveva i paesaggi in modo magistrale (vedi in seguito: wadi Dow’an). Riporterò
inoltre le mie conversazioni serali con Badran nei vari funduq della valle che usavamo,
di volta in volta, come basi operative. Per gli argomenti spesso affrontati da noi dopo
cena, questa parte del racconto presenterà dei risvolti filosofeggianti.
I grandi viaggiatori-scrittori come Freya Stark, nei propri racconti, riescono a
procedere linearmente secondo la sequenza spazio-temporale con la quale i fatti si sono
svolti e i loro racconti, giorno per giorno, sono sempre ricchi di osservazioni intelligenti
e argute. Nel libro “Le porte dell'Arabia” la nostra viaggiatrice-scrittrice inglese descrive
il proprio viaggio realizzato proprio in Hadramaut negli anni Trenta del secolo scorso.
Ella parlava l’arabo, mentre io ho utilizzato, di volta in volta, tre tunisini, un
palestinese con passaporto giordano e un pisano che aveva studiato ad Amman. Con il
mio factotum a Sana’a parlavo direttamente in francese.
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Il viaggio di Freya Stark in Hadramaut http://www.asolo.it/ITA/schede_personaggi.php
Negli Anni Trenta del secolo scorso Freya Stark visitò la valle dell'Hadramaut,
descrivendo quell'esperienza in uno dei suoi fortunati libri di viaggi, “Le porte
dell'Arabia”. Attraversò nell'arco di qualche mese quella parte nel Sud dello Yemen,
da poco incorporato nel protettorato inglese di Aden. Freya Stark sarebbe vissuta
altri sessanta anni per spegnersi in Veneto, ad Asolo, agli inizi degli Anni Novanta del
secolo scorso alla veneranda età di 100 anni. Era la terza occidentale ad attraversare
quelle contrade, ma non era mai successo che una donna per esplorare l’area alla ricerca
di tesori archeologici ancora da scoprire venisse da sola (in realtà era accompagnata da
una specie di guardia del corpo affidatale dal governatore di Mukalla e da una guida
hadramita, ma in queste cose i locali non contano).
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Freya Stark maneggia una antica
jambiya dal manico di corno di
rinoceronte e dal fodero d’argento.
Non sono certo che anche la foto a
sinistra, ritrovata in Internet,
rappresenti una giovane Freya
Stark.
Credo che la ricerca di una misteriosa città perduta fosse solo un obbiettivo alla moda e,
nella fattispecie, fosse anche un artificio letterario per dare uno scopo al viaggio e,
quindi, al suo racconto. Ella ne accenna raramente e anch’io non mi dilungherò su
questo punto anche se credo di aver individuato il sito archeologico. Noi invece
eravamo lì in Hadramaut solo per catalogare siti e monumenti e quindi non avevamo la
fretta dei turisti o l'ansia dei viaggiatori che hanno da fare sempre molta strada e si
sforzano di descrivere ciò che vedono e ciò che sentono, piuttosto che riportare le parole
e i pensieri della gente del posto. Questo non è certo il caso della Stark che, per il fatto
di essere donna e di parlare perfettamente l'arabo, aveva il privilegio dei veri
viaggiatori di comunicare direttamente e liberamente sia con gli uomini che con le
donne. La Stark era ben attrezzata per capire gli abitanti del luogo: nei suoi racconti
c'è un perfetto equilibrio fra i paesaggi e le architetture, il contenuto delle conversazioni
con uomini e donne, le sue sensazioni e le opinioni di giovane donna inglese curiosa e
intraprendente. Ella annotava tutto con estrema precisione per poi riportare nel suo
libro tutto, ma proprio tutto, persino il prezzo pagato dal suo servo Selim per
acquistare la propria moglie: 60 talleri (4 sterline e 10) perché era vergine, altrimenti il
prezzo sarebbe crollato e avrebbe pagato soltanto 30 talleri.
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Dopo settanta anni dal viaggio di Freya Stark,
avendo noi molto tempo a disposizione e l'animo
leggero perché sgombro da pregiudizi, ai numerosi
quesiti che ogni giorno ci ponevamo sugli usi e sui
costumi del popolo che ci ospitava, in due anni e
preferibilmente a tavola, ci siamo dati anche
alcune risposte, ragionando con pacatezza per non
saltare subito alle conclusioni. Quando avevo
qualche curiosità mi intrattenevo piacevolmente
con il giovane archeologo Hussein Alaidarous,
nobile discendente del capo spirituale del X secolo,
Ahmed Bin ‘Isa, a sua volta discendente della
Figlia del Profeta (questa genealogia non è uno
scherzo). Oppure durante gli spostamenti in
Toyota chiacchieravo con Mubarak, sindaco di
Maduda, piccola e graziosa cittadina a Nord-Ovest
di Saiun e, contemporaneamente, nostro esperto
autista conoscitore di tutte le piste e da tutti
riconosciuto. Nelle mie lunghe conversazioni con
gli amici yemeniti ero aiutato dai miei
collaboratori tunisini, Ridha e Badran, a volte
anche da Mohàmmed, il restauratore palestinese
con passaporto giordano.
Il mio factotum, l’ineffabile Nabil
Poi, ogni Venerdì, Nabil - il mio navigatissimo factotum - di ritorno dalla preghiera,
con il prezioso me’waz che gli cingeva la vita, veniva a rimpinzare di dollari la cassa
della spedizione che egli svuotava sistematicamente durante la settimana con le
“piccole spese” delle quali mi portava una nota redatta diligentemente in arabo e in
inglese. Si trattava di foglietti di carta pieni di scarabocchi che io avrei poi portato con
me per consegnarli a Reggio Emilia alla sempre più esterefatta amministrazione della
mia società. Nabil si fermava a prendere il mio caffè italiano che egli trovava
disgustoso, ma che sorbiva educatamente, chiacchierando amabilmente sul fascino delle
giovani donne yemenite con i miei collaboratori arabi. Nabil, come quasi tutti i
collaboratori yemeniti, era sempre arrapato.
È cambiato l'Hadramaut dopo il governo socialista e negli ultimi dieci anni di
unificazione politica e amministrativa con il Nord del Paese? A questa domanda ho
provato a rispondere nel corso del mio viaggio negli stessi luoghi visitati dalla solitaria
viaggiatrice inglese amante della fotografia.
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Una sosta obbligata lungo la tratta in autobus Sana’a - Saiun: un gommista,
un meccanico, una rivendita di ricambi, un funduk con trattoria e con i servizi igienici.
Ho acquistato via Internet un
centinaio di sue foto scattate nel corso
del suo viaggio in Hadramaut: sto
rintracciando fra le mie foto scattate
70 anni dopo gli stessi palazzi, le stesse
moschee e persino le stesse piccole
siqaya per la distribuzione dell'acqua
ai viaggiatori. Si tratta solo di un
gioco che appassiona solo me e che non
interessa a nessuno che io conosca.
Freya Stark, in un modo o
nell’altro, ci accompagnerà per tutto il
nostro viaggio in Hadramaut.
Ogni volta che ci penso concludo come quella sia stata sicuramente un'esperienza
formidabile e irripetibile. Oggi io posso dire di essere un uomo fortunato perché ho
viaggiato a lungo e perché con gli abitanti dei vari luoghi ho potuto parlare sugli
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argomenti più disparati. In fondo Freya Stark, potendo parlare con i suoi ospiti nella
loro lingua, la sera quando metteva giù i suoi appunti lo faceva da giovane inglese colta
e curiosa, ma in solitudine. Io invece ho avuto la fortuna di avere, nei rapporti con gli
Yemeniti, la mediazione dei miei intelligenti amici arabi che sistematicamente
complicavano sia le domande che le risposte e così essi non mi hanno mai permesso di
valutare le cose da solo, ma mi hanno costretto, con la loro cultura magrebina e con il
punto di vista palestinese, ad arricchire ogni osservazione, anche la più banale, sul quel
pezzetto di Mondo arabo sorprendente e affascinante anche per loro.
A Sud il Terrorista, a Est il Profeta preislamico
Nel suo racconto Freya Stark, provenendo da Mukalla, descrive il percorso che i
viaggiatori effettuano ancora oggi. Ella penetrò in wadi Daw’an, proseguì in wadi
Hadramaut per poi spingersi a Est, verso Al Qatn, e poi verso Shibām (la città dei
grattacieli di fango), quindi verso Saiun (il vivace capoluogo della regione) e alla fine
verso Tarīm (la religiosissima città dallo stupefacente “barocco javanese”) per non
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procedere oltre, verso Est, in wadi Masila. Poi tornò indietro verso Ovest all’estremità
di wadi Hadramaut, per visitare da ultimo in wadi ‘Adm la bella città di Horeida dalle
architetture armoniose e del tutto esclusa dal modestissimo circuito turistico che
interessava allora l’Hadramaut. Io invece non ricordo neanche più quante volte ho
percorso la valle in lungo e in largo e, quindi, al solo fine di dare una trama alle mie
memorie di viaggio, ho dovuto scegliere un percorso e, quindi, il mio racconto inizierà
esattamente lì dove la Stark aveva iniziato il suo, proprio in wadi Dow’an,
provenendo dal porto di Mukalla. Se giorno per giorno in Hadramaut anch’io avessi
tenuto un diario vero e proprio, fissando con una data precisa ogni evento e le relative
emozioni suscitate in me, allora il riordino dei ricordi sarebbe durato molto meno tempo
e di sicuro avrei potuto raccontare agevolmente i fatti così come si erano effettivamente
svolti nello spazio e nel tempo. Tuttavia, alla fine, il mio sarebbe diventato il racconto
di una dozzina di viaggi effettuati in Yemen nel corso di 3 anni e il tutto avrebbe
assunto un aspetto un po’ zig-zagante che avrebbe reso piuttosto faticosa la scrittura,
la lettura e, quindi, anche la comprensione degli avvenimenti sarebbe risultata difficile.
Anche per questo motivo ho cercato di dare al racconto
la veste di un unico lungo viaggio. Descriverò gli otto
wadi iniziando ogni volta dall’imbocco proprio come se
ogni volta noi partissimo dal wadi Hadramaut, il wadi
principale che da il nome a tutta la regione.
Quindi per primo wadi Daw’an, per concludere il
viaggio in wadi Masila, passando dal luogo che ricorda
maggiormente il Disordine al luogo che rappresenta
l'Armonia, dalla Discordia all’Unione, dalla Guerra alla
Pace. Infatti per una straordinaria asimmetria, ai due
estremi della valle ci sono due luoghi dai significati
metaforici opposti.
Nel villaggio posto più a Sud ha avuto le proprie origini Osama Bin Laden, colui che
oggi maggiormente si adopera per recidere per sempre queste profonde radici comuni,
mentre nell'ultimo villaggio (dove il nostro viaggio sul terreno terminerà) è sepolto il
simbolo dell'unità delle tre religioni monoteiste, il profeta preislamico Hud.
Proverbio italiano che secondo la Stark si attaglia al modo di pensare degli Hadramiti
“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”
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Hadramat - Hussein Alaidarous in piedi sulla parete a strapiombo del wadi.
Questa foto mi richiama alla mente la copertina del libro di Freya Stark.
La strada è costellata da qubbe e da mausolei
Secondo Renzo Manzoni in Yemen c’erano pochissimi santi in confronto a quanti ce ne
fossero in alcuni paesi del Mondo Arabo da lui visitati precedentemente: «Differenza di
somma importanza fra questo paese e il Marocco e l’Algeria, ove sono più i santi che gli
abitanti, e più le qùbe5 seminate ovunque, che le case dei contadini». Secondo Renzo
Manzoni questo fatto ritornava a onore degli Yemeniti perché altrove le donne e gli
uomini santi, ritenuti tali per acclamazione popolare, secondo la procedura invalsa nel
mondo islamico è “indegnamente abusata” e per questo motivo “ve ne sono di
troppo.”
Tuttavia questa rappresentazione certamente esagerata, ma efficace, non viene
rispettata nel lontano Hadramaut, dove gli uomini santi (wali) sono venerati in misura
5 “Qùba” per Renzo Manzoni, mentre io scriverò “Qubba”: traslitterazione dal modo arabo di
chiamare la copertura a cupola del piccolo edificio che funziona da tomba. Si chiama invece mausoleo
se il sepolcro sorge presso una moschea.
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maggiore che in ogni altra parte del Sud dello Yemen, dove il culto è presente in molti
siti. In Hadramaut ho potuto calcolare, con un calcolo approssimativo, una densità
pari a una tomba ogni 25 km di strada di fondovalle. Qui una moltitudine di fedeli si
reca ogni anno per onorare la memoria di questi santi uomini. I fedeli lì riescono a fare a
meno di affreschi con la rappresentazioni dei miracoli del santo, degli ex-voto, delle
medagliette e dei santini.
Per quanto possa sembrare stravagante ai nostri occhi, essi riescono a comunicare con i
loro santi senza vedere neanche un simulacro dell’oggetto della loro devozione e,
pertanto, non hanno immagini che li rappresentino.
Insomma: essi non posseggono statue di cartapesta con lunghi capelli veri! Abbiamo
visitato innumerevoli mausolei e qubbe e, cosa in qualche modo straordinaria nel mondo
islamico, almeno come lo percepivo io, abbiamo trovato persino la tomba di una santa
donna, Bint Ahmed, esposta alla venerazione dei fedeli. A fronte del mio stupore per
aver trovato delle sante in una zona dove nelle moschee le donne pregano in spazi
rigidamente separati da quello degli uomini, il mio amico Badran, consapevole della
nostra profonda ignoranza in materia di culto islamico e della sua storia, non ha perso
l’occasione per rendere edotti noi Italiani su quello che a me era sembrata una vera e
propria anomalia.
«I santi e le sante – secondo i racconti di Badran, il quale cercava, come poteva di
alleviare la nostra profonda ignoranza del mondo arabo - sono molto comuni nel mondo
musulmano: la figura più venerata nel Sahel è proprio una donna, Lalla Um Ezzine,
mentre in Egitto è Assayida Zineb. D’altro canto, solo in Yemen le donne pregano in
spazi separati e c’è da sottolineare che anche nella santa moschea di al Qa’ba non c'é
separazione fra i sessi.»
Provavo lo stesso senso di insoddisfazione per la sobrietà delle
decorazioni e della mancanza assoluta di immagini nelle qubbe e
nei mausolei. Avvertivo la mancanza nei loro bellissimi cimiteri
degli angeli in pietra a tutto tondo, dei bassorilievi, del ferro
battuto, dei lumini e delle fotografie dei defunti, per non parlare
dell’assenza delle tombe evocative (per intenderci: avete
presente la piccola piramide in ricordo dell’Aida nel cimitero di
Porta Marina a Recanati dove è tumulato Beniamino Gigli?).
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
20
Dunque anche l’Islam ha le proprie sante e queste, per numero, surclassano addirittura
i santi. Da non crederci! Adesso queste pillole quotidiane di notizie sull’islam distribuite
dai miei amici arabi mi mancano persino.
Nonostante la loro sobrietà, i fedeli dell’Hadramaut sono considerati alla stregua di veri
e propri pagani e oggetto di vituperazione da parte dei wahhabiti, i membri della setta
religiosa protetta dalla casa regnante saudita, e nel recente passato sono stati oggetto di
veri e propri attentati dinamitardi. Trattandosi di santi, di reliquie, di processioni e di
feste popolari naturalmente noi Italiani sentivamo istintivamente i Wahhabiti come
degli estranei e li temevamo anche noi come nostri nemici: in quanto Salentino, mi
sentivo vicinissimo agli Shafiiti e ai loro luoghi di culto, anche se li ritenevo, come ho
già detto, troppo sobri e austeri.
Contenitori di profumi dell’Hadramaut
Freya Stark aveva notato presso Saiun la tomba di Sheika Sultana e aveva chiesto al
proprio servo Selim, lo stesso che aveva pagato cara la verginità di sua moglie, per
quale motivo quella donna fosse considerata santa. Selim, parlando con una donna, non
aveva potuto dire che Sheika Sultana “era morta vergine” e aveva preferito la versione
“perché non si era mai sposata”. La nostra viaggiatrice, che proprio allora stava per
uscire da una grave indisposizione, chiese al suo servo hadramita cosa sarebbe successo
se ella stessa fosse morta e se fosse stata sepolta lì in Hadramaut. Sarebbe diventata
santa anche lei? A quel punto Selim non rispose più a tono perché incominciò a
sospettare con preoccupazione che la sua gentile metafora non fosse stata afferrata.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
21
In realtà a Selim sfuggiva lo spirito autoironico della giovane donna inglese la quale
aveva voluto dire che se le cose stavano così, allora la santità era alla sua portata.
Hadramaut
Un altro animale legato al tronco di un albero
praticamente senza fogliame e quindi senza
ombra.
Solo adesso noto la presenza in alto sui rami di
qualcosa che assomiglia alla testa di un
capretto.
Il viaggio in Hadramaut inizia in wadi Daw’an
Niente paura: non vi parlerò di tutti i 300 villaggi che abbiamo visitato e dei 1.000
monumenti che abbiamo documentato, ma mi soffermerò solo su quei luoghi – e sono
tanti – dove vale la pena attardarsi almeno qualche minuto: una siqaya con l’acqua
fresca che non converrà bere, una fortezza abbandonata che si sta sgretolando sotto i
nostri occhi, un bellissimo cimitero pieno di qubbe dove non potremo entrare, una
modesta moschea socchiusa presidiata da bambine sorridenti, un suq minuscolo e
irresistibile, un funduq spartano e senza vetri alle finestre, un palmeto con l’acqua che
scorre nei minuscoli canali. Particolare attenzione dedicherò nel riconoscere tutti i
luoghi descritti da Freya Stark circa 70 anni prima, nella speranza che questo sforzo
possa interessare, almeno un pochino, a qualcuno dei miei lettori inglesi.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
22
Hadramaut - Hasan Eideed documenta pitture rupestri su un masso staccatosi dalla parete del wadi
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
23
wadi Daw’an Il territorio di wadi Daw’an è
governato dalla Mudiriya di
Horeida (a Nord) e la Mudiriya di
wadi Daw’an (a Sud). Questo wadi
raccoglie nel suo lungo percorso
verso Nord, prima di confluire in
wadi Hadramaut, diversi wadi
immissari:
wadi Manwa (Sud-Nord),
wadi Hamuzha (Sud-Nord),
wadi An Naby (Ovest-Est),
wadi Tansiba (Ovest-Est),
wadi Shetna (Sud-Nord),
wadi Ligrat (Sud-Nord),
wadi Sar (Ovest-Est),
wadi Laisar (Sud-Nord),
wadi Fil (Est-Ovest),
wadi Qaydun (Ovest-Est),
wadi Labba (Est-Ovest),
wadi Al Ghabr (Ovest-Est),
wadi Mikh (Sud-Nord).
Nel wadi Daw’an e nei piccoli wadi
immissari ci sono 85 villaggi (ben 77
sono stati da noi schedati), alcuni di
notevoli dimensioni, per un totale di
circa 6.864 edifici (1977) i quali
dovrebbero corrispondere ad
altrettante unità immobiliari per
altrettante famiglie “allargate”:
anziani genitori con le figlie piccole
ancora da maritare, con tutti i figli
maschi con le loro mogli e i loro
piccoli.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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L’insediamento in wadi Daw’an
Ci troviamo di fronte all’area più fragile di tutto il comprensorio: in realtà tutto wadi
Daw’an e gli immissari dovrebbero essere sottoposti a un unico piano di recupero e di
tutela. Si segnalano alcune aree di particolare valore:
- Il villaggio di Ribât
- 4 villaggi: Al Masna'a, Ar Rashid, Al Mashriqi, Al Qarin
- L’area dei villaggi di Buzha e di Husn Abdes Samed
- L’area dei villaggi di Sīf e di Qaydun
- L’area dei villaggi di Al Hagarayn, di Nakhula, di Al Gadfara, di Al Qizza, di Sila’
e di Kharikhar
- Il villaggio di Hîd al Gazîl, in fondo a wadi Laysar.
Moltissime sono le cose da fare nel wadi, ma ne indicheremo solo alcune, quelle ritenute
più importanti ed emblematiche:
❑ Impedire la scomparsa del villaggio di Hîd al Gazîl inserendolo nei circuiti
turistici.
❑ Incentivare il processo di risanamento dei nuclei antichi, eliminando le macerie
e aiutando le famiglie a restare mediante manutenzione straordinaria delle
abitazioni.
❑ Incentivare la costruzione di un hotel all’altezza di Buzha: si potrà dormire e il
giorno dopo si potrà visitare con la necessaria calma la parte più bella del
wadi.
❑ Incentivare il restauro del Castello di Masna'at Ba Sorra: si potrà realizzare
uno dei più bei punti panoramici della valle con una sosta per il tè.
❑ Organizzare la manutenzione permanente delle molte e belle siqaye. In tutto il
wadi sono state contate ben 39 originarie e molte ancora in discrete condizioni.
Tutti coloro che visitano wadi Daw’an provano immancabilmente fortissime emozioni
e poi, la sera in albergo o a casa, una volta in Patria, molti di loro tenteranno di
descrivere con la scrittura quello che nessun paesaggio aveva loro mai comunicato. Dal
momento che questi luoghi sono talmente fotogenici per cui è davvero difficile sbagliare
anche un solo scatto, alla fine si accontenteranno delle belle foto realizzate in
abbondanza.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
25
Anch’io, a distanza di molto tempo, per comunicare al meglio quello che ho visto e
sentito le molte volte che ho attraversato wadi Daw’an 6 per non misurarmi
inevitabilmente con Freya Stark, ho deciso di utilizzare le sue parole dal momento che
questa donna ha descritto in modo insuperabile ciò che ha provato e le sue sensazioni
comprendono tutte le mie. Leggete con lentezza e poi chiudete gli occhi:
«… Il Fiume delle Palme, chiuso fra pareti adamantine, tenuto, per così dire, in una
fessura dello Jōl, ha un aspetto così intrepido e prolifico, così ottimista, così pieno di ricoveri
e di ombre, come la stessa vita nelle braccia dell’eternità.»
YouTube https://www.youtube.com/watch?v=r5m18SjA9Co
Ho già accennato altrove alla situazione imbarazzante che si è venuta a creare: dopo
circa trent’anni di ricerche archeologiche su tutto il territorio, da Nord a Sud. I molti
report che le missioni di scavo o di ricognizione hanno consegnato (o che avrebbero
dovuto consegnare) al Museo Archeologico di Sana’a sono utilizzabili solo in minima
parte. I miei collaboratori hanno dovuto “ritrovare” praticamente quasi tutti i siti già
studiati dalle missioni straniere.
Ritenni che non valesse la pena collaudare il lavoro degli archeologi e quindi ci
risparmiammo la faticosa ricerca di tutti i 125 siti archeologici che poco tempo prima
6 “wadi Do’an”per Freya Stark, mentre io scriverò “wadi Daw’an”.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
26
erano stati già individuati dall’unità operativa che avevo predisposto allo scopo di
schedare i siti presenti negli otto wadi e già studiati dalle missioni straniere. Avremmo
visitato solo i siti prioritari.
In futuro in Hadramaut i viaggiatori interessati, se accompagnati da un funzionario del
Museo Archeologico di Saiun che dovranno ospitare nella loro Toyota, potranno
raggiungere i 7 siti archeologici presenti in wadi Daw’an, dei quali Raybun è di sicuro il
più suggestivo.
Il fenomeno del rinnovo del patrimonio edilizio, con l’inevitabile abbandono dei vecchi
edifici, che una volta vuoti non trovano più inquilini e ben presto cadono in rovina, è
presente anche in quest’area. Qui le macerie rimangono per anni in mezzo agli altri
edifici senza che nessuna autorità o privato provveda alla loro rimozione. In molti
villaggi la situazione ha raggiunto livelli insostenibili, crediamo. Almeno così sembra a
un osservatore esterno. Solo in alcuni casi, come in wadi Laysar nel villaggio di Hûfa,
gli abitanti hanno trasformato le macerie in “resti archeologici”, lasciando in piedi le
quinte edilizie costituite dai muri portanti esterni. La popolazione che ha abbandonato
le vecchie case ha occupato nuovi edifici costruiti in aderenza al vecchio nucleo. I nuovi
edifici, nella maggior parte dei casi, ben si inseriscono nel contesto ambientale.
Nel wadi Dow’an e nei wadi immissari il cemento non ha ancora fatto la sua comparsa
in forze, se si escludono alcune preoccupanti esempi: valgano per tutti gli edifici alla
periferia del villaggio di Fil. Per adesso l’asfalto non ha procurato ancora danni
ambientali perché si è fermato poco a sud di Sif, ma la sua futura espansione verso Sud
pone enormi problemi perché per lunghi tratti l’attuale pista marcia all’interno
dell’alveo ghiaioso del wadi. Sarebbe sufficiente si arrestasse presso Buzha o al massimo
presso il villaggio di Rihâb, dove la strada poi si inerpica lungo la parete del wadi per
superare il dislivello di 300 metri per Mukalla.
A partire dall’imbocco di wadi Daw’an con wadi Hadramaut, l'asfalto si spinge verso
Sud per qualche km dopo la cittadina di Al Hagaryn, poi la strada si trasforma in una
pista e, da ultimo, occorre muoversi sul fondo del wadi, su grossi ciottoli di fiume.
Nel wadi, non essendoci alberghi con standard turistici, per pernottare si può scegliere
solo fra tre funduk: il primo a Sīf e gli altri due ad Al Khuraiba. Il wadi è inserito
obbligatoriamente i tutti i tour delle agenzie turistiche, ma benché rappresenti una
risorsa formidabile, per via della pessima ricettività, viene offerto solitamente solo per
una sola giornata e, raramente, non oltre l’altezza di Al Hagaryn (splendida cittadina
che visiteremo in seguito), quando non venga solo velocemente attraversato nel tragitto
verso Mukalla. Percorrere wadi Daw’an richiede diverse ore: questo perché, come ho già
detto, provenendo da Nord, l'asfalto si spinge solo per alcuni chilometri, poi la strada si
trasforma in una pista e, da ultimo, occorre muoversi sul fondo del wadi, su grossi
ciottoli di fiume. Questo tipo di percorso scoraggia molti viaggiatori (o, più
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
27
semplicemente, scoraggia gli autisti che non vogliono sfasciare le proprie preziosissime
Toyota), giacché, poco dopo essere arrivati in fondo al wadi, se non si vuole dormire in
uno dei due funduq di Al Khuraiba occorre ripartire subito per affrontare alla luce del
tramonto il lungo viaggio di ritorno che in nessun modo può essere affrontato al buio.
Nelle tre stanze disponibili a Sīf si dorme su stuoie per terra in ambienti senza alcun
arredo e l’energia elettrica viene erogata dalle 18 alle 24, non un secondo prima, non un
secondo dopo. Niente aria condizionata e piccolo bagno nel corridoio in comune. Nella
cittadina di Al Khuraiba, nell’unico funduk in qualche modo paragonabile a una
locanda “con 1 stella”, ci sono dei letti veri e propri “con 1 lenzuolo”, mentre l’energia
elettrica viene erogata dalle 18 sino alle 7 della mattina seguente. Niente aria
condizionata. Accanto al funduk sul primo edificio sulla destra compare la scritta
HOTEL, ma in quel posto si rifiutava di andare a dormire anche il nostro autista
hadramita, mentre al piano terra è in funzione una “trattoria”. È stato proprio lì, in
quel posto “non per turisti” che ho incominciato anch’io a mangiare con le mani, dopo
aver visto come e dove il gestore stava lavando la forchetta a me destinata e che io
avevo chiesto con molta insistenza.
Dormire in wadi Daw’an almeno una notte, oltre a vivere l’esperienza di un vero
funduq (molto spartano nell’arredo e nei servizi, come ho già detto), vi permetterà di
visitare con calma questa parte del comprensorio, a detta di tutti, fra i più belli in
assoluto. Qui il paesaggio naturale, il paesaggio agricolo e urbano raggiungano la
qualità più alta in tutta la regione. In realtà ne servirebbero almeno tre di giorni per
visitare con calma l’intero territorio, costituito da wadi Daw’an e dai suoi affluenti. Io
ci sono stato due settimane e ho potuto visitare tutti i villaggi, vedere e fotografare
tutte le moschee, le qubbe, le siqaya e i palazzi più importanti. Ma io sono un uomo
fortunato!
Per mangiare in tutto il wadi non ci sono problemi perché l’offerta è relativamente
abbondante. Il primo posto dove si può mangiare qualcosa è alla periferia di Al
Hagaryn, a un terzo del wadi, e poi nel villaggio di Sīf, a metà strada. Dopo pochi
chilometri si può mangiare presso il villaggio di Buzha e nei due funduq di Al
Khuraiba. Alla fine del wadi il suq di Rabat offre diverse soluzioni. Anche in wadi
Laisar, un piccolo wadi secondario, c’è un punto di ristoro ben visibile.
Per visitare tutto il wadi Daw’an utilizzammo come base d’appoggio il funduq alla
periferia di Sīf per il tratto a Nord del wadi e poi uno dei due funduq di Al Khuraiba
per il tratto a Sud.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
28
Consigli per i viaggiatori normali
I “viaggiatori normali” sono quelli con un tempo limitatissimo a disposizione e,
pertanto, per il “paradosso del turista”, essi, con l’aiuto delle agenzie di viaggio,
cercano nel Paese da visitare in pochi giorni (se non in poche ore), gli aspetti più belli
del paesaggio naturale, le opere architettoniche e i manufatti artistici più significativi.
Il paradosso consiste nel fatto che il turista è condannato, per definizione, a vedere solo
una parte delle emergenze del Paese e queste, a loro volta, rappresentano solo una parte
piccolissima di un Paese grande quanto la Francia e, quindi, due volte l’Italia.
Ai turisti consiglio di entrare tranquillamente dal terzo e comodo accesso, dopo aver
effettuato però una piccola incursione dal secondo ingresso per visitare un luogo caro a
Freya Stark (e anche a me): la coppia di palazzi adesso abbandonati della famiglia Âl
Buqri. Si tratta di una deviazione di soli 8 km. Sconsiglio il primo e il secondo ingresso
ai “viaggiatori normali” perché qui il paesaggio è costellato da “villaggi, oramai misere
macchie di fango” come li avrebbe definiti Freya Stark, se solo li avesse intravisti.
Finalmente in wadi Daw’an
Noi siamo entrati da Nord procedendo di villaggio in villaggio, ricordando e
commentando di volta in volta le soste e le osservazioni di Freya Stark, la quale
proveniva da Sud, da Mukalla, è arrivata in wadi Dow’an scendendo dal Jöl,
l’altopiano desertico, all’altezza del Castello di Al Masna'a quasi in fondo al wadi.
Quindi ella ha deviato verso Sud, visitando e pernottando a Ribat. Poi è risalita verso
Nord, fermandosi per un lungo periodo di malattia ospite dei Ba Surra, sempre presso il
Castello di Al Masna'a. Infine ha ripreso il viaggio, pernottando nel villaggio di Matruh
e poi a Sīf e, da ultimo, ha pernottato in uno dei due palazzi nel piccolo nucleo di Dâr
Âl Buqri.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
29
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
30
Nella mia narrazione io arrivo da Nord nei luoghi dove Freya Stark sta per giungere
da Sud. Io so sempre con esattezza quello penserà e che dirà la giovane inglese. Tutto
questo poteva accadere perché noi due avremmo viaggiato sulla stessa pista di
fondovalle, partendo dai due estremi posti a una distanza di 100 km, avendo iniziato
ognuno il proprio viaggio con 70 anni di differenza. Credo di aver inventato un modo di
descrivere i viaggiare del tutto originale che comporta notevoli difficoltà nella scrittura
e nella lettura.
Noi siamo entrati nel wadi da Nord e, dopo alcuni piccoli villaggi dallo scarso interesse
architettonico, abbiamo visitato prima Qa'ūzha, con alcuni imponenti palazzi di terra
dall’intonaco ormai cadente dal momento che già da tempo erano stati abbandonati.
Senza soluzione di continuità abbiamo visitato il villaggio di Azh Zhāhira, dove abbiamo
documentato il primo castello di terra abbandonato del wadi, il primo di moltissime
fortezze in disuso in tutta la regione.
Per visitare il primo dei luoghi cari a Freya Stark che s'incontrano in questo nostro
itinerario, abbiamo dovuto cercare sulla cartografia7 il piccolissimo nucleo di Dâr Âl
Buqri: il paesaggio è dominato da due alti palazzi costruiti in mezzo alla sabbia8.
Quando siamo arrivati nei pressi del sito, c’era una piccola tempesta di sabbia che ne
impediva la vista. Poi quella specie di nebbia scemò e apparvero due bellissimi palazzi
di fango, perturbanti per le grandi dimensioni nel più completo isolamento. Qui aveva
soggiornato Freya Stark nel corso nel suo viaggio in Hadramaut, quando i due
palazzi edificati dalla famiglia Âl Buqri, ricchi albergatori di Giava dove erano
emigrati in gioventù, erano pieni di vita.
Ai tempi del viaggio di Freya Stark questa famiglia era in continua lotta armata con
i vicini che abitavano un villaggio distante 3 km, posizionato sotto la parete del wadi a
meridione, mentre un villaggio posto sempre presso la parete del wadi, ma più a Nord
era alleato della famiglia Âl Buqri. Gli abitanti del primo villaggio, di tanto in tanto,
tentavano di assaltare i due palazzi fortificati, ponendovi l’assedio che risultava inutile
se non si disponeva di artiglieria. Contemporaneamente la famiglia Buqri possedeva
una torre sulla cima delle pareti del wadi da dove si poteva fare fuoco direttamente sul
villaggio nemico. Anni prima il villaggio nemico si era alleato con i beduini
7 Avevamo sempre con noi le copie delle preziosissime tavolette alla scala 1:25.000 realizzate dai
Sovietici come dono al governo della ex Repubblica democratica dello Yemen. 8 https://www.youtube.com/watch?v=H13m_EXgFGI&spfreload=10
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
31
dell’altopiano i quali di notte versavano paraffina sulle radici delle piante, uccidendole
e contribuendo alla desertificazione della valle.
La quantità di castelli e di scontri armati faceva dire all’arguta viaggiatrice inglese: «Se
è vero che il genere umano anela così intensamente alla pace, qui deve esserci qualche cosa
che non funziona.»
Ecco una delle jatture dell’Hadramaut: dal momento che i ricchi proprietari hanno
abbandonato le loro antiche dimore dopo aver costruito nuovi palazzi da qualche altra
parte nel wadi, magari meno belli, ma sicuramente più comodi (con l’acqua corrente in
ogni piano, i servizi igienici di porcellana italiana e le docce) questi immensi palazzi,
come i castelli, sono destinati a scomparire, sciogliendosi lentamente, ritornando
materie prime: terra e paglia. Oramai nessun sconvolgimento sociale ed economico
potrà fermare il lento degrado di queste architetture.
La coppia di palazzi della
famiglia Âl Buqri.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
32
Adesso, dopo 70 anni, la pace più assoluta regna su questo
pezzo di paradiso terrestre completamente abbandonato.
Mubarak, il mio autisto, davanti al portone di uno dei due palazzi.
Wadi Daw’an - La bella Moschea di Al Mashhad
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
33
Più a Sud ecco finalmente Al Hagarayn9, meta obbligata per tutti i turisti e anche per
noi che turisti non eravamo: qui si arriva di solito all’ora dei pasti. La sua posizione
offre allo sguardo del viaggiatore che si avvicina lungo la strada di fondovalle tutto il
fascino dell’architettura dell’Hadramaut, fatta di eleganti palazzi di fango. Il fascino di
questo villaggio è accresciuto dalla sua posizione quasi unica nella zona in quanto non è
stato edificato contro la scarpata di una delle due pareti laterali, ma su di uno sperone
di roccia rimasto isolato proprio in mezzo al wadi.
Abbiamo pranzato piacevolmente all’aperto, all’ombra di una tettoia davanti al
ristorante posto ai piedi della salita che porta in città. Badran e Mubarak hanno voluto
fare due tiri al narghilè che loro chiamavano šīša ("sciscia"). Era una cosa che facevano
ogni tanto dopo pranzo ed io mi soffermavo a guardarli annusando con sommo piacere
l’odore del fumo del tabacco, dal momento che avevo smesso di fumare da 20 anni e non
mi disturbava affatto il profumo delle prime boccate, anzi! Alla fine ci siamo inerpicati
su per la salita che porta al bellissimo villaggio di Al Hagarayn.
Lungo wadi Daw’an, provenendo da Sud, Freya Stark procedeva “in quel paesaggio
spietato” pensando “a quella fessura nella terra come a uno dei gironi danteschi”
immaginando “che sul bordo del loro Jöl, ci fossero dei beduini blu, con la forca in mano,
che danzavano con ricci e scialli svolazzanti. Si trattava solo di esibizioni letterarie per
impressionare i propri lettori: il wadi in quel punto è largo più di 3 km e la luce
dell’Hadramaut tiene lontano queste fantasie. “Il wadi divenne ancora più ampio. I suoi
campi erano terrazzati per evitare inondazioni, e qua e là si levavano alcuni alberi di ‘ilb,
meditabondi sulla propria ombra come una gallina sulle uova.”
9 Hajarain, per Freya Stark, ma si può chiamare anche: Al Hajjarayn, Al Hagrayn e Al
Hagraan. Io invece scriverò: Al Hagarayn. La cittadina aveva nel 1977 più di 2.000 abitanti.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
34
Ai piedi del notissimo villaggio di Al Hagarayn in wadi Daw’an, le pareti del wadi sullo
sfondo, i grandi palazzi di fango sullo sperone di roccia, la scarpata e, appoggiate al
muretto, le tre figure nere girate fra di loro a 90°, ognuna in attesa di qualcuno o di
qualcosa.
Dopo aver abbandonato lo sperone di roccia dove sorge questo villaggio dallo sky line
noto a tutti i visitatori dell’Hadramaut, abbiamo dedicato la nostra attenzione anche ai
villaggi meno noti che cingono la bellissima e notissima cittadina che carpisce quasi
tutta l’attenzione e il tempo che i frettolosi viaggiatori e i loro spietati autisti dedicano
a questo wadi. Abbiamo trascurato anche noi le poche case abbandonate di Al
Munhaidira, nascoste dietro lo sperone su cui sorge Al Hagarayn e Nakhula, proprio
davanti ad Al Hagarayn. Unica per la sua organizzazione urbanistica scenografica il
villaggio di Al Qizza, con i suoi palazzi piantati “a pettine” su due file parallele ben
distanziate in alto sulle rocce in fondo al piccolo wadi Al Ghabra, che incontriamo sulla
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
35
nostra destra Questo villaggio in alto, con un suggestivo sito archeologico in basso, è
nascosto alla vista di turisti sempre con poco tempo a disposizione in escursioni
organizzate a Sana’a da agenzie di viaggio che devono far dormire i propri ospiti nei
propri alberghi vicino a Saiun e lì bisogna tornare prima del tramonto per cenare e
pernottare.
I palazzi di Al Qizza sullo sperone di roccia.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
36
Il sito archeologico nei pressi del villaggio di Al Qizza 15°27'24.15"N 48°18'6.60"E
Sempre all’interno del piccolo wadi Al Ghabra, abbiamo visitato per il ultimo il
villaggio di Kharīkhar10 con i due imponenti palazzi di Bin Mahfuzh (1950–h 1370).
Dopo essere rientrati in wadi Dow’an e dopo aver lasciato sulla nostra destra il villaggio
di Sila’ abbiamo proceduto sino a sino a Sīf dove avremmo potuto cenare e dormire nel
funduk di cui parlerò a lungo in seguito. Nei 20 km circa che dividono Al Hagarayn da
Sīf noi visitammo tutti gli 11 villaggi che costellano questo tratto arido e assolato del
wadi e che la nostra esperta viaggiatrice inglese non degnò neanche di una sosta: per la
verità dopo averli degnati di uno sguardo definì proprio quei poverissimi villaggi
“oramai misere macchie di fango”. Se si escludono la bella moschea del piccolo villaggio
di Nasra e il funduk con punto di ristoro a Ghar As Sudan, gli altri 8 villaggi sino a Sīf
non contengono nulla che meriti una sosta: Masna’a, Lebba, Khalifa, An Namir, Al
Habr, Al ‘Adia, An Namir e Qarat Bin Salum.
10 Altre forme per Kharīkh: Al Ghabra Kherekhar e Khuraykhir.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
37
Dopo aver finalmente trovato un piccolo somarello da soma nel primo pomeriggio,
abbandonando la cittadina di Sīf per dirigersi verso wadi Hadramaut, Freya Stark
riesce a scorgere sulla sinistra in lontananza il verde intorno al villaggio di Qaydūn dove
c’è la tomba del sant’uomo e si rammarica di non disporre del tempo necessario per una
visita. Mentre la nostra viaggiatrice inglese abbandona Sīf per dirigersi verso Nord, noi
arriviamo da Nord nel tardo pomeriggio, in vista della cittadina, abbiamo deviato sulla
destra per visitare il piccolissimo wadi Qaydūn nella Moschea del villaggio omonimo di
Qaydūn abbiamo visitato la tomba del walī Shaykh Sa‘īd Bin ‘Isa al-‘Amūdī[morto nel
1855 - Ziyāra: 25 rajab - 1 sha‘bān]. Per una strana empatia con la viaggiatrice inglese
adesso io non riesco a ritrovare le immagini della tomba fra tutte le foto scattate e così
ne ho perso completamente la memoria.
Siamo arrivati a Sīf giusto in tempo per cenare e dormire. Sicuramente Sīf é meta
obbligata di ogni viaggiatore per la posizione strategica che questa cittadina occupa nel
wadi. Il suo funduq mantiene ancora tutti gli aspetti originali: nelle stanze niente
mobili, solo dei materassini da campeggio – quelli alti 3 centimetri - appoggiati
direttamente sulla moquette, mentre le lenzuola sono a carico degli ospiti (infatti
appartiene alla categoria “senza lenzuola”). Io mi ero portato anche il cuscino con la
federa. È praticamente l’ultima sosta prima dell’ultimo tratto sino ad Al Kuwaira, o la
prima vera sosta, a seconda del senso di marcia. Per questo motivo il ristorante al piano
terra è un vivace andirivieni di autisti yemeniti e di turisti per lo più francesi e italiani,
sulla strada per Mukalla che si prende sul fondo di wadi Laysar i cui imbocco è posto a
4-5 km più a Sud deviando a sinistra.
Il giorno dopo abbiamo visitato la cittadina di Sīf. Qui nel nucleo antico c’è la tomba
del walī Sayyid Ibn Ahmad [Ziyāra: 9-13 rabī‘ 2ª].
La cittadina presenta tutti i servizi necessari: suq, medical point, funduk e una taverna
con ristorazione locale. Non si può non concordare con Freya Stark sull’aspetto
insignificante della cittadina di Sīf: « … un mucchietto di case compresso nella rientranza
della rupe occidentale, sotto una torre in fango; e un anfiteatro di rocce furiosamente segnate
dalle intemperie, quasi la rupe oltre la città fosse affollata di gigantesche statue
semicancellate. È un luogo misero le cui case hanno l’aspetto di fortezze.»
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
38
Ma dove diavolo erano quelle
«gigantesche statue semicancellate»?
La giovane donna era in
convalescenza e il caldo nel wadi
può raggiungere temperature
notevoli.
Osservando le foto da noi scattate
adesso mi sembra di riconoscerle
«rocce furiosamente segnate dalle
intemperie». Certamente queste
visioni marcano la capacità della
Stark di notare dettagli banali
(rocce segnate dalle intemperie) e di
dare agli stessi un nome fantastico
(statue gigantesche semicancellate).
Noi non ci eravamo accorti di nulla: questi dettagli fanno la differenza fra i viaggiatori.
La mattina della partenza, al cambio dei somari, una piccola folla che era
assolutamente incontrollabile e che ribolliva di eccitazione, aspettava al varco la nostra
viaggiatrice. Freya Stark non si fa sfuggire di comunicare ai propri lettori che era
stato proprio a Sīf che «… von Wrede era stato depredato e i Bent erano stati quasi costretti
a tornare indietro, mentre la spedizione olandese, quattro anni prima vi aveva passato una
notte infelice.» Attenzione: frasi simili Freya Stark le ha già dette ad Al Khuraiba
dove arriveremo anche noi fra qualche giorno e le riascolteremo svelando un piccolo
segreto: la nostra viaggiatrice non ama gli abitanti di Al Khuraiba e, per questo, li
diffama alterando un pochino i fatti.
I piccoli wadi immissari sono belli e sconosciuti
Pochi chilometri a Sud di Sīf, sulla sinistra, c’è un wadi così minuscolo che è stato
possibile costruirvi solo un piccolo insediamento: il villaggio di Fil, dove molte case
erano nel 2001 in gravissimo stato di abbandono mentre era in costruzione un orribile
edificio in cemento armato (uno dei più brutti in assoluto della valle) circondato da
tradizionali edifici in mattoni di fango crudo.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Fil – Un vecchio edificio in mattoni di fango.
Fil – Un moderno edificio in blocchetti di cemento.
Wadi Laysar
Procedendo verso Sud si trova sulla sinistra wadi Laysar11 dove sono presenti una
dozzina di insediamenti piccoli, ma quasi tutti interessanti: dalla quantità e dalla
dimensione dei palazzi si conferma la ricchezza di questo piccolo wadi che a mio parere
merita come voto complessivo 10+: non so immaginare nessuna altra valle dove
ambiente naturale, paesaggio agrario e architettura siano così intensi ed equilibrati.
Quando Freya Stark giunse a questa altezza provenendo da Sud non aveva nel suo
programma la visita a questo wadi, chiese alla sua guida notizie della guerra locale e
sulle posizioni dei “nemici”. Le fu risposto che di fronte all’imbocco di wadi Laysar, sul
lato sinistro del wadi Daw’an, c’era il villaggio di Koka12 ancora in lotta mentre,
all’interno di wadi Laysar, le lotte fra villaggi vicini non si erano ancora spente. Noi lo
abbiamo percorso per intero alla giusta velocità e non mi è mai passato per la testa che
in quel wadi lungo e stretto così ricco di vegetazione e di colture, le popolazioni di
questi piccolissimi villaggi con imponenti palazzi, avessero guerreggiato per tanto
tempo e sino a pochissimi anni fa. Freya Stark, durante il soggiorno nei due palazzi
di Dâr Âl Buqri del quale abbiamo già parlato all’inizio, dopo aver attraversato wadi
Dow’an per tutta la sua lunghezza alla fine espresse un parere tranchant come sanno
fare gli inglesi e che adesso io ripeto: «Se è vero che il genere umano anela così
intensamente alla pace, qui deve esserci qualche cosa che non funziona.»
11 Wadi al-Aissar per Freya Stark, mentre per noi è wadi Laysar. 12 Koka per Freya Stark, mentre per noi è Kūkā.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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In mezzo al verde una siqaya recente in cemento direttamente collegata alla rete idrica.
In wadi Laysar abbiamo visitato per primo il villaggio di Al 'Arsama con il Palazzo di
Al 'Arsama (1839 - h 1255, restaurato nel 1945 - 1365) e la presenza di un Madical
point. Di seguito tutti i villaggi presenteranno il piccolo centro parzialmente
abbandonato: Al Gahy, ‘Ard Bā Qār, Al Gadīda, Ad Dūfa. L’ultimo di questi villaggi è
immerso nel verde e ha un piccolo suq. Di seguito vedemmo i grandi palazzi di fango,
fuori scala rispetto ai piccolissimi villaggi di Al Garīf, di Sibākh, con le due qubbe del
cimitero e di Al Husn. A metà del wadi incontreremo il piccolissimo villaggio di Khila
caratterizzato dalla presenza di due enormi palazzi, completamente ricoperti di
intonaco, colorati e, nell’insieme, molto suggestivi nella forma che sfrutta la misteriosa
forza architettonica del “duale”.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Un grande palazzo intonacato e dipinto nel minuscolo villaggio di Khila
Poi i villaggi di Al Mashqa', di Husn Bā Sahel, con il castello abbandonato, di Husn Bā
Sa'ed, di Dhary, di Tūlba, di Hūfa con l’omonima moschea. In fondo a wadi Laysar, su
uno sperone di roccia che costituisce una piattaforma panoramica mozzafiato
all’incrocio di tre strette valli, insiste Hîd al Gazîl con 2 qubba del cimitero (una delle
quali in rovina). Il villaggio è in completo abbandono: forse il luogo più suggestivo di
tutta l’area.
Il luogo è poco conosciuto anche dagli abitanti degli altri wadi e quindi suppongo che
pochi visitatori si siano spinti sin qui in passato, dal momento che neanche il nostro
autista, fra i più esperti della regione, lo conosceva. Su Google potrete trovare una
bellissima documentazione fotografica del prof. R.T. Mortel realizzata dall’alto, da uno
punto di vista panoramica mozzafiato.
Ci aggirammo per un un’ora fra le case abbandonate. Il luogo era animato da alcune
capre che qualcuno di tanto in tanto doveva venire a trovare per dare loro da mangiare.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Hîd al Gazîl - Dopo una ripida salita di un centinaio di metri si deve lasciare l’automobile
e progredire a piedi lungo una scalinata che costituisce l’unico accesso al villaggio.
Da ultimo abbiamo visitato il villaggio di Khalīf Bā 'Abūd, niente in confronto a quanto
visto prima nel wadi.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Da Sīf ad Al Khuraiba
Riprendemmo il nostro viaggio verso Sud, in wadi Dow’an, lungo la lunga strada che ci
separava dalla meta ci avrebbe riservato ancora molte prospettive fantastiche.
Appena entrati in wadi Dow’an
incontrammo il villaggio di Khidīsh 13
dove potemmo documentare la Moschea
di Khidish (1850 – h 1267), mentre sul
lato sinistro si vede il villaggio di Qarn
Māged14 in alto su uno sperone di roccia
l’omonimo castello abbandonato.
Di seguito: il villaggio di Bilād al Mā parzialmente abbandonato con la qubba del
cimitero. Procedemmo ancora verso Sud, sostando finalmente a Buzha15, dove si trova
la tomba del walī Ma‘rūf Bā Jammāl (Ziyāra:19-23 dhū’l-hijja). In questo splendido
villaggio – con un piccolo suq - che sorge dal verde e con le parti più basse immerse
nell’ombra delle palme, abbiamo ripreso con la telecamera una frenetica partita a
pallone giocata in un campo sportivo costituito da un lungo canalone largo tre metri e
profondo altrettanto: i giovanissimi giocatori delle due squadre erano distinguibili a
fatica attraverso la polvere e la sabbia che sollevavano e per di più indossavano le
maglie di almeno tre squadre: Juventus, Milan e Roma. Pasolini amava queste
partitelle e sono sicuro che ne sarebbe rimasto estasiato. Abbiamo ripreso anche un
giovane panettiere al lavoro. (YouTube Yemen - Hadramaut - Panettiere in wadi Daw'an)
13 Khidīsh, ma anche Khedesh e Khudaysh.
14 Solo Qarn per Fraya Stark. 15 Buzha, ma anche Budha
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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In un piccolissimo villaggio collocato in un wadi secondario e fuori da qualsiasi
itinerario turistico, dove ci eravamo recati per documentare la piccola moschea (era
questo l’unico edificio che poteva presentare un qualche interesse), un bimbo minuto,
quando capì che eravamo Italiani, esclamò eccitato: «Scaillaci, Scaillaci, Scaillaci». Io
guardai Badran il quale, sorpreso e divertito, mi disse che quel bambino non stava
parlando in arabo, ma stava storpiando il nome di Salvatore Schillaci. Quindi nel 2001
nel Sud dello Yemen un bambino che viveva in un posto incantato aveva ricevuto da
qualche adulto del suo villaggio informazioni su di un eroe italiano le cui gesta
risalivano a quando lui non era ancora nato: ma come avranno fatto i gol di Totò a
trasformarsi in un mito in un villaggio sperduto con una piccola moschea, senza energia
elettrica? Forse il miracolo era stato realizzato da una radiolina a transistor a pile e da
qualche foglio di giornale? Avrei potuto esclamare, parafrasando Pasolini: «Ecco la
scandalosa forza rivoluzionaria del calcio italiano.»
Ho accennato nella prima parte di questo reportage del nostro primo incontro
all’Impruneta, presso Firenze, con l’unica famiglia proveniente da wadi Daw’an e
residente a Firenze da dove, allora, vagheggiavano di ritornare in Yemen. Alla fine i
nostri amici tosco-yemeniti si erano arresi e avevano deciso di rimanere in Italia e così
la seconda volta ci vedemmo a Reggio Emilia. Haifa ci disse che però più in là sarebbe
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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ritornata volentieri in wadi Daw’an per realizzare con i suoi risparmi un albergo per
aiutare il turismo in Hadramaut. Nel mio report finale per la Banca Mondiale io avevo
concluso che l’Hadramaut aveva bisogno di un hotel per turisti occidentali proprio in
wadi Daw’an. Lì, nel lunghissimo e stupefacente wadi pieno di palme come un immensa
Oasi, c’erano gli unici due funduq adatti al massimo ai gusti dei turisti francesi, ma non
certamente alle aspettative delle comitive italiane. Per la verità gli italiani che si recano
in Yemen sono un po’ diversi dallo stereotipo del turista italiano.
Nel report per la Banca Mondiale avevo individuato il villaggio di Bhuza quale sito
ideale per costruire l’albergo, esattamente a metà strada fra Sīf e Al Khuraiba.
Grandissima fu la mia sorpresa quando Haifa disse che aveva scelto anche lei il
villaggio di Bhuza per costruire il suo albergo. La mia stima per l’intelligenza di quella
donna raddoppiò, mentre anche alla mia autostima assegnai una mezza dozzina di
punti.
La cittadina di Buzha contro la parete del wadi
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Il conte Federico Ranuzzi, che quel giorno era con noi ed era addetto alle riprese con la
telecamera digitale, fu avvicinato per le strade di Buzha da un signore piuttosto
anziano che, avendo intuito la sua nazionalità, gli disse, in italiano, di essere stato un
Ascaro al servizio dell’esercito italiano in Eritrea (o in Etiopia?). Federico rimase
alquanto sorpreso perché, come la quasi totalità degli Italiani, ignorava anche lui come
il nostro esercito avesse fatto affidamento su questi combattenti yemeniti per
conquistare le sue colonie in Africa: anch’egli pensava che gli Ascari fossero tutti
Eritrei.
La tomba del profeta Hadūn nell’omonimo villaggio.
In sequenza: i palazzi del
villaggio di Husn Abdes
Samede del villaggio di Al
Gabīl16 [Gebel]; il villaggio di
Matrūh; i piccoli centri
parzialmente abbandonati dei
villaggi di Gheil Belkheir, di
Husn al Gubūb e di Khusūfar.
Visitammo poi il villaggio che
prende il nome da Hadūn, figlio
del profeta Hūd, dove si trova
la sua bianca e austera tomba
(Ziyāra: 17-18 sha‘bān).
Fra noi e la nostra meta serale c’erano diversi luoghi che meritavano una sosta:
Rihāb17 oltre a presentare un punto panoramico sulla strada di collegamento per
Mukalla, il villaggio risulta avere un suq, un funduq, una ristorazione locale e un
Medical point.
Allontanandosi da Buzha si incontra il minuscolo villaggio di Huwaira, completamente
abbandonato con la bella e solitaria Moschea di Huwaira edificata dal Gran Visir Al
Mehdhar (1902 - h 1321) accanto a un grande masso staccatosi dalla parete del canyon.
Incastrata sul fianco Nord Palaces la siqaya della moschea, realizzata in un’unica
16 Al Gabīl, ma anche Gebel. 17 Rihāb, maanche Shetna, oppure Ruhab.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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soluzione. Nel villaggio: la Moschea di Ahmed Mehdhar e la Moschea di Ash Sheikh
Fares, un suq q un Medical Point.
Poi attraversammo il villaggio di Al Qarīn18 con Al Game' Mosque e i soliti splendidi ai
quali non ci si abitua mai. Sul villaggio di Al Masna'a19 e il castello Masna'at Ba Sorra,
la cui terrazza fungeva anche da punto panoramico mi intratterrò un pochino in onore
di Freya Stark. Arrivati al Castello di Al Masna'a, poiché è abbandonato, mi dissi
che forse non sarebbe stato impossibile entrare per visitarlo e per poter osservare
dall’alto uno dei panorami più incantevoli con i quattro villaggi intorno al vastissimo
palmeto. Sarebbe stato come alzarsi in volo sul wadi. Io volevo visitare il castello e
prendemmo contatto con i proprietari: si mostrarono gentilissimi e disponibilissimi.
La bella Moschea di Huwaira
18 Al Qarīn, ma anche Al Qurayn.
19 Al Masna'a, ma anche 'Orra.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Freya Stark, la viaggiatrice solitaria, si era ammalata (sette giorni di febbre con le
prime tre notti in delirio, in tutto 12 giorni) all’inizio del suo viaggio dopo aver messo
piede in wadi Daw’an. La Stark fu infettata dal morbillo e nella bella fortezza di
Masna’a rimase sino alla guarigione, assistita amorevolmente da tutti i membri della
nobile famiglia dei due fratelli Ba Surra.
Io non fui colpito dal morbillo, ma da due peperoncini lavati con l’acqua del funduk
dove pernottavamo e anch’io mi ammalai nel wadi lontano da casa e in quelle
condizioni mi sentii molto vicino alla giovane viaggiatrice. Poche settimane prima di
ammalarmi mi ero trattenuto a lungo con i discendenti dei due fratelli che avevano
ospitato la Stark nella fortezza di Masna’a: essi mi avevano fatto visitare e fotografare
il castello con tutti gli ambienti descritti minuziosamente settant’anni prima dalla
viaggiatrice inglese ne “Le porte dell’Arabia” e adesso in completo stato di abbandono.
Riconobbi la stanza descritta dalla Stark con le finestre al livello del pavimento e con i
fori alle pareti, sempre a livello del pavimento, dove inserire le canne dei fucili per poter
sparare sugli assalitori. In altre stanze era ancora presente l’arredo di legno intarsiato
originale.
La fortezza di Masna’a dei Ba Surra
I miei due Ba Surra non erano fratelli, come i loro antenati che si erano preso cura della
viaggiatrice inglese ammalata, ma erano cugini e adesso non sapevano cosa farsene di
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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quello stupendo edificio costruito con grandi mattoni di fango piantato in mezzo al
wadi e circondato da alte palme. I due ricchi cugini Ba Surra erano arrivati
all’appuntamento sulla solita Toyota 4x4 – nuovissima e pulitissima - perché adesso
abitavano altrove nel wadi in un palazzo nuovo. Abbiamo parlato a lungo su come
avrebbero potuto utilizzare quell’edificio prima che l’acqua lo avesse sciolto
letteralmente. A nessuno dei presenti veniva in mente qualche cosa che alla fine non
assomigliasse a una specie di Bed & Breakfast: il luogo, molto romantico, sarebbe stato
frequentato da coppie, eterosessuali e non, di francesi con le physique du rôle di veri
viaggiatori e da comitive di Italiani senza le physique du rôle. Niente da fare: se voi non
vi sbrigate ad affrontare il viaggio della vostra vita, rischiate di non vedere mai più il
castello di Masna’a dalla vista sul palmeto sottostante delimitato dalle ripide pareti del
wadi.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
51
Wadi Daw’an - Questa bambina dopo poco avrebbe coperto il viso, le braccia,
le mani e i piedi, ma avrebbe continuato a dipingersi il corpo con l’hennè.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
52
Di questa visita, malauguratamente, ho smarrito tutta la documentazione fotografica
insieme a moltissime altre immagini digitali (o meglio le immagini mi furono rubate a
Milano davanti alla sede del Touring Club mentre realizzavamo l’Atlante culturale
dell’Hadramaut). Le preziosissime foto erano conservate in un HD all’interno di una
valigetta nell’automobile da me dimenticata aperta (si trattò di un furto senza scasso).
Mi immagino che il ladro abbia tentato inutilmente di vendere l’HD e che alla fine lo
abbia dimenticato su di uno scaffale in cantina con dentro le mie preziosissime
immagini. Se il ladro leggesse questo reportage è pregato di rintracciarmi: sono disposto
a riscattare il mio vecchio HD esterno. Trattiamo!
Vestita di rosso e con l’hennè potrà finalmente coprirsi
con il velo nero, come la mamma e le zie.
Abbandonata la fortezza attraversammo i villaggi di Ar Rashīd 20 e di Al Mashriqī.
Dunque, finalmente, siamo arrivati in quella che potremo considerare una piccola
cittadina per la sua storia, i suoi palazzi, il suq, i due funduq e i due ristoranti locali.
Procedendo verso Sud si incontra, infatti, Al Khuraiba21 dai bei palazzi di fango qui
20 Ar Rashīd, ma anche Rashid. 21 Al Khuraiba, ma anche Al Khuraybah.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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organizzati anche dal punto di vista urbanistico: altrove ogni palazzo mostra la propria
bellezza legata alle dimensioni, all’armonia dei vuoti e dei pieni, alle decorazioni. Ma
l’esibizione finisce qui dal momento che raramente le singole architetture cercano di
approfittare della bellezza che si sprigiona dalla somma di edifici armoniosi e della forza
che si moltiplica quando edifici armoniosi si organizzano in strade e piazze, allineandosi
in orizzontale e in verticale.
Gli Hadramiti hanno certamente compreso e sfruttato la bellezza del duale, vale a dire
delle coppie di palazzi e, in seguito, mostrerò alcuni fra gli esempi più belli. Ricordando
la spiacevole disavventura accorsa alla Stark proprio qui, ho percorso a lungo da solo
le vie semivuote di Al Khuraiba che come molti insediamenti in Hadramaut si
inerpicano lungo la ripida scarpata ai piedi della parete verticale dei wadi. Notai con
sorpresa come questa cittadina, particolare che avevo notato anche a Buzha, offriva al
visitatore vicoli, slarghi, piazzette e persino androni passanti, da farmi ricordare
piacevolmente l’ambiente urbano dei nostri centri storici. Per meglio comprendere
quanto sostengo sull’edilizia urbana di Al Khuraiba, basterà osservare la foto
successiva. Nel corso della mia permanenza in Yemen mi sono recato almeno tre volte
nella cittadina di Al Khuraiba e ricordo che la seconda volta accadde qualcosa che mi
procurò una profonda delusione nei confronti di uno degli abitanti della cittadina di Al
Kuraiba. Per via del fatto che mi sono imposto di amare sempre e comunque questo
popolo e non volendo mai mettere in cattiva luce neanche uno di loro, sorvolerò su
alcuni particolari, descrivendo quella disavventura come avrebbe fatto Jerome K.
Jerome, se solo io ne fossi capace.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
54
Al Khuraiba – La serie di bei palazzi di mattoni di fango visti dal terrazzo del nostro funduq.
Quando arrivammo in vista delle prime case della cittadina che si trova praticamente in
fondo a wadi Daw’an, eravamo al tramonto e quindi non potevamo più tornare indietro
lungo la pista impraticabile con il buio della notte, ma tramite Nabil, il mio factum a
Saiun, avevo prenotato per tempo un paio di stanze nell’unico dei due funduk dove era
possibile pernottare. Fu allora che incrociammo un'altra Toyota il cui autista, collega
del nostro Mubarak, si fermò pochi istanti chiedendogli che cosa facessimo lì a quell’ora
e dove avevamo l’intenzione di pernottare. Mubarak gli rispose che avevamo due stanze
che ci aspettavano nel funduk. L’espressione sardonica e fuori luogo del nostro amico
mise addosso a tutti noi una forte apprensione. Avremmo scoperto di lì a pochi minuti
che l’autista che avevamo incrociato aveva assistito poco prima sul terrazzo del
funduk, dove si prendevano tutti i pasti all’aperto, a un vero e proprio crimine: era
successo quello che in fondo al wadi non era mai successo prima. Dal momento che noi
tardavamo ad arrivare l’oste della malora – per pura avidità – aveva ceduto la stanza a
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
55
un gruppo di Italiani (per la precisione si trattava di padani, di quelli che popolano i
boschi e le pianure a Nord del Fiume Po), tutti maschi, che si era aggregato quel
pomeriggio a una comitiva di Francesi dove c’erano un paio di ragazze carine. Oppure
erano carini i quattro ragazzi francesi? Ero furioso e impotente. Mi recai nell’unico
posto dove c’era un telefono pubblico infestato da zanzare per protestare con Nabil, che
mi aveva prenotato le stanze da Saiun, perché intervenisse in qualche modo. La
telefonata, se così la vogliamo chiamare, non ebbe alcun esito: Nabil dall’altra parte del
filo faceva il pesce in barile. Decisi allora che il giorno dopo avrei trattato a lungo, fino
allo sfinimento dell’oste, sul prezzo delle due stanze che alla fine quella sera riuscimmo
a ottenere. La prima stanza era il dormitorio degli autisti locali che al buio, e senza
tante spiegazioni, furono estratti letteralmente dai loro giacigli dall’oste infame aiutato
dall’inserviente effeminato. La seconda stanza era una specie di sgabuzzino. Per farla
breve, io ho dormito su di un materasso gettato per terra.
Proprio in quella cittadina Freya Stark era incappata nell’unica avventura
veramente sgradevole accadutale nel corso dell’intero viaggio, per non dire che si era
trattato di un episodio addirittura pericoloso per la sua incolumità. La quasi-tragedia
era iniziata quando il maggiorente della cittadina che doveva ospitarla risultò assente
(ella aveva per sayyid22 al-Bar di Al Kuraiba una lettera di presentazione) e Freya
Stark fu respinta dai figli e dalla moglie che non amavano i cristiani. La folla che
l’accompagnava da vicino con atteggiamento fino a quel momento amichevole,
incominciò a rumoreggiare: fu allora che l’accompagnatore della nostra viaggiatrice
iniziò ad arretrare e, sempre più velocemente, si precipitò lungo le strette stradine in
discesa, portandosi dietro la povera Ferangi.23 Arrivati nella parte più bassa della città,
la giovane donna inglese decise di smettere di fuggire e, per riprendere in mano la
situazione, si mise a scattare fotografie ai suoi inseguitori, chiedendo loro di mettersi in
posa. Di lì a poco poté abbandonare questa cittadina e i suoi odiosi abitanti, non senza
aver annotato che tutto era iniziato con uno spregio alle leggi dell’ospitalità, cosa che
non era mai capitata prima in Hadramaut e che non sarebbe mai più capitata in futuro
per tutta la durata del suo viaggio. Con arguzia la Stark nota come la vita dei
viaggiatori fosse completamente nelle mani di questi signori feudali, dal momento che
la sacralità dell’ospitalità poteva essere messa in discussione dai sottomessi che finivano
per imitare questi signori, sino all’esagerazione, come nel caso della mancata ospitalità
da parte della famiglia di un maggiorente a causa di un piccolo incidente (il sayyid era
22 I sayyid erano tutti discindenti dei primi missionari islamici provenienti dall’Iraq e che si
stabilirono in Hadramaut: non portavano armi e godevano il rispetto di tutti. 23 Ferangi era la parola utilizzata per chiamare gli occidentali.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
56
semplicemente assente momentaneamente). Mi sono dilungato su quest’unico episodio
accaduto alla Freya Stark da lei giudicato grave perché lì era stato infranto lo spirito
dell’accoglienza. Anche a me era accaduto un episodio simile, quando l’oste della
malora aveva dato via le due stanze che avevo prenotato per tempo nel suo funduq. E
tutti e due gli episodi erano accaduti nella stessa cittadina a distanza di circa settanta
anni! Ma Freya Stark non ci sta e la vuol far pagare cara a tutti gli abitanti di Al
Kuraiba ricorrendo all’Etimologia (il nome della cittadina significa “rovina”) e
rovistando nella Storia: essendo la città più importante dell’alto wadi, potrebbe essere
la Do’an citata da Tolomeo e anche da Hamdani, la capitale della Trami di Plinio.
«Comunque sia - conclude senza appello Freya Stark – si tratta di una vecchia città
compiaciuta di sé stessa, che vanta una purezza religiosa tendente alla violenza: fu infatti lo
sceicco di Khuraiba, nel 1843, a rimandare alla costa von Wrede, dopo averlo depredato sino
all’ultimo centesimo, e cinquant’anni dopo i Bent la evitarono in quanto sconsigliati dalle
loro guide».
Fatto! Ecco come si consegna alla Storia in via definitiva la fama di un’intera cittadina,
di tutti i suoi abitanti e dei suoi maggiorenti!
Ripreso il viaggio “con l’animo esacerbato”, Freya Stark raggiunse dopo una ventina
di minuti la vicina cittadina di Ribāt24 dove trascorrerà momenti di distensione, se non
proprio di felicità e la disavventura di Al Khuraiba fu presto dimenticata. Secondo i
miei calcoli fu proprio in quel periodo che Bin Laden padre aveva deciso di emigrare
verso Nord, in Arabia Saudita. In quello sperduto villaggio, Freya Stark apprese da
un vecchio signore che gli Italiani, che stavano preparando l’avventura in Abissinia,
non godevano di molte simpatie. A Massaua – ricordava il vecchio signore – tutti
dovevano salutare e cedere il passo agli Italiani che s’incontravano per strada, mentre
con gli Inglesi era possibile parlare da uomo a uomo. Ricordò che quando arrivò il Re
d’Italia e fu emanato l’ordine di prostrarsi d’avanti a lui per strada, quel giorno tutti gli
uomini liberi rimasero in casa. Uno dei presenti aggiunse all’elenco un’altra nefandezza
degli Italiani: issavano la loro bandiera anche sulle moschee!
A Ribāt la viaggiatrice inglese fu ricoperta di attenzioni e di regalie ne rimase
completamente conquistata. Freya Stark, in preda ai primi sentori di una grave
malattia che l’avrebbe afflitta di lì a poco, si mise in viaggio per raggiungere la fortezza
di Masna’a, distante 5 km più a Nord, di proprietà dei fratelli Ba Surra, grandi e
riconosciuti signori della valle. In quella fortezza, adesso completamente abbandonata,
io e Badran qualche giorno prima avevamo trascorso un paio d’ore in piacevole
24 Robãt, per Freya Stark, ma io scriverò Ribāt.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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compagnia dei discendenti dei fratelli Ba Surra che avevano ospitato la nostra
viaggiatrice inglese nel corso della lunga malattia.
A cena Freya Stark si era lamentata dei ragazzini di Al Khuraiba con i fratelli Ba
Surra i quali si mostrarono preoccupati e uno dei due promise che l’indomani avrebbe
dato loro una lezione, mettendone qualcuno in prigione. La nostra giovane viaggiatrice
inglese chiude il diario della faticosissima giornata con la speranza che il suo ospite il
giorno dopo realizzasse davvero quanto promessole.
Anche i grandi viaggiatori, a volte, si fanno prendere la mano aggiustando il resoconto
delle loro giornate tanto quanto basta per modificarne gli effetti a proprio vantaggio:
credo che in questo peccato veniale sia incorsa anche la nostra viaggiatrice.
Sulla strada per uscire da wadi Daw’an, proprio a Sīf, ella ci dirà più o meno le stesse
cose e occorrerà leggere e rileggere le due versioni per poterle salvare entrambe:
Al Khuraiba Sīf - qui si erano fermati anche gli Ingram
battendo il record del luogo per quanto
concerne l’ostilità nei confronti degli
stranieri;
- fu lo sceicco di Khuraiba, nel 1843, a
rimandare alla costa von Wrede, dopo
averlo depredato sino all’ultimo
centesimo;
- qui von Wrede era stato depredato;
- cinquant’anni dopo i Bent la evitarono
in quanto sconsigliati dalle loro guide;
- i Bent erano stati quasi costretti a tornare
indietro;
- la spedizione olandese, quattro anni prima vi
aveva passato una notte infelice.
Sembra certo che von Wrede sia stato depredato dallo sceicco nel 1843, ma il
deprecabile episodio avvenne a Sīf e non ad Al Khuraiba, come lascerebbe intendere
una prima lettura (che aveva tratto in inganno anche me). Da ultimo: per quanto
riguarda i Bent ad Al Khuraiba, non accadde proprio nulla perché i due non ci misero
mai piede, sconsigliati dalle loro guide. Conclusione: Freya Stark ha mescolato con
nonchalance e distrattamente più episodi accaduti in città diverse per vendicarsi della
popolazione di Al Khuraiba, quando in realtà era stato lo sceicco di questa città a
comportarsi malissimo e non la sua popolazione. Si tratta di cose molti diverse! Gli
Ingram e gli Olandesi ebbero dei problemi, non a Sīf, ma ad Al Khuraiba dove tutto
sommato le cose andarono bene alla Stark! Insomma: la Storia sembrerebbe assolvere
Al Khuraiba e i suoi abitanti, nonostante gli sforzi della giovane inglese …
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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La cittadina di Ribât La patria della famiglia Bin Laden
La mattina seguente, dopo un’abbondante colazione di tè, pane fresco e marmellata con
burro danese miracolosamente presente anche in quell’ultimo avamposto nel wadi,
iniziammo la documentazione della cittadina a partire proprio dalla qubba del cimitero
situato sotto il nostro albergo. Abbandonata Al Khuraiba ci arrampicammo su per le
stradine ripidissime del piccolo villaggio Qarn Ba Hakim. Mi smarrii fra quelle strade
senza vita (non un essere vivente: un bambino, un vecchio, un cane o un gatto …),
perdendo di vista i miei due compagni.
Ribât - La cittadina che diede i natali al padre di Bin Laden
Ebbi la certezza che nessun viaggiatore fosse salito fin lassù e che nessuno sarebbe
salito fin là dopo di noi: quello che stavo facendo aveva di sicuro uno scopo, ma il caldo
e la stanchezza mi impediva di vederne il senso. Il mio scoramento durò solo qualche
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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minuto, poi prese il sopravvento il mio buon carattere in grado di vedere il lato positivo
in quasi ogni situazione.
A metà mattinata, percorrendo faticosamente il fondo ghiaioso di wadi Daw’an fra le
palme, in certi punti a non più di 5 km all’ora, entrammo nella cittadina di Ribât.
Proprio qui, alla fine della strada di fondovalle, c’è la casa della famiglia di Osama. Da
qui partì Bin Laden padre per fare fortuna in Arabia Saudita, cosa che avvenne
puntualmente come a moltissimi altri Hadramiti sparsi nel Medio e nell’Estremo
Oriente.
Non riesco a togliermi dalla testa quella specie di asimmetria che domina l’intera valle:
ad Est, in wadi Masila, in un bel mausoleo che visiteremo alla fine del nostro viaggio, è
sepolto il profeta Hud che per primo nella regione aveva testimoniato la fede in un Dio
Unico, il Dio di Abramo, dalla quale nasceranno poi l’ebraismo, il cristianesimo e
l’islam. Mentre a Sud, in wadi Daw’an, incontriamo il villaggio di Ribât: il luogo dove
nasce il padre di Osama, il profeta del terrorismo che persegue nei fatti il progetto di
portare alle estreme conseguenze il percorso tragico di separazione delle tre religioni,
sino al punto di non ritorno.
L’attentato alla nave militare americana nel porto di Aden era già accaduto da alcuni
mesi e nessuno né qui né altrove (a Washington, per esempio) aveva capito la gravità di
quel segnale che adesso sembra così chiaro. Come tutti gli immigrati di successo anche
la famiglia Bin Laden, che di fortuna ne ha fatto davvero tanta in Arabia, ha
gratificato i propri concittadini con opere pubbliche: una parte della grande casa in
mattoni di fango ricoperti di intonaco bianco, adesso chiusa, è stata trasformata in
scuola; un acquedotto in costruzione porterà l'acqua in quella parte di wadi Daw'an
(per la verità metà dell’acquedotto che correva a mezza costa era crollata); una
moschea nuova è stata costruita al posto di quella vecchia (si tratta di un brutto edifico
in cemento e pietra a vista in sostituzione di quello costruito con tecniche tradizionali).
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Ribât – Il piccolo e piacevole suq
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Non so adesso – cioè dopo l’11 Settembre 2001 - ma allora nel raggio di diversi
chilometri tutti parlavano volentieri di questo loro famoso concittadino e la cosa era
più che comprensibile. Erano gli stessi abitanti a portare il discorso sulla famiglia Bin
Laden e, sorridendo sotto i baffi, sostenevano seriosamente che Osama più di una volta
si era recato in visita (sempre di notte) al villaggio che aveva dato i natali al padre.
Non ho altro da aggiungere su Ribât, ma voglio solo riportare quello che pensai
quando, sbucando dal fitto del palmeto, ebbi la visione di quei palazzi di fango
inerpicati sulla ripida parete del canyon: «Nella valle più bella dell’Hadramaut, questo di
sicuro è il villaggio più suggestivo.»
Ribât - La moschea moderna, costruita con il finanziamento dalla famiglia Bin Laden,
che ha sostituito la moschea della quale presto si perderà completamente la memoria.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Ribât - Il palazzo che non avrebbe attratto la nostra attenzione se
non fosse appartenuto ai Bin Laden.
Una parte della casa trasformata in
scuola i bambini del villaggio.
Freya Stark, qui giunta, pensò erroneamente che si trattasse dell’ultimo
insediamento in fondo a wadi Daw’an. Noi procedemmo oltre Ribât per raggiungere il
villaggio di Al Qorha. Noi ci andammo – siamo andati in tutti i villaggi – e quando lo
raggiungemmo la temperatura era molto alta (era il mese di Marzo del 2001) e, dopo
aver documentato la fortezza abbandonata che domina dall’alto le case e i palazzi di
fango ricoperto di intonaco bianco, accettammo volentieri l’invito di un giovane
conosciuto vicino ad un pozzo, incuriosito a sua volta dalla nostra presenza. Dopo
averci spiegato come il villaggio si rifornisse di acqua potabile attraverso pozzi urbani
molto profondi, ci invitò nella sua bella casa per un tè ristoratore, mentre io ne
fotografavo la struttura in legno.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Il villaggio di Al Qorha La stanza con le 4 colonne
Lasciando sulla destra il villaggio di Al Qorha raggiungemmo il villaggio di Gheil Ba
Hakum, ancora più minuscolo, nello strettissimo wadi Hamuzha, immissario di wadi
Daw’an, dove le pareti del canyon si restringono sino a pochi metri di larghezza e dove
difficilmente si spingono i visitatori. Qui le case del villaggio sembrano conficcate nelle
ripide pareti del canyon.
Adesso si poteva tornare indietro perché non ci sono più villaggi a Sud oltre Gheil Ba
Hakum: a questa altezza il wadi è in grado di sostenere solo qualche capra. Si poteva
procedere a piedi per raggiungere una vecchia moschea abbandonata, ma non ricordo
perché vi abbiamo rinunciato e così adesso mi rimane la voglia di ritornare in quel
posto per riprendere la strada interrotta quel giorno senza un vero motivo. A quel
punto ci dirigemmo verso Nord, avendo come meta il funduq di Sīf e, avendo tutto il
pomeriggio a disposizione, potevamo così visitare i villaggi collocati sull’altro versante
del wadi e che avevamo necessariamente saltato provenendo da Nord: Husn Bāsem con
la fortezza e i bei palazzi parzialmente abbandonati e Qarn Bā Hakīm [Garn Ba Hakim]
con l’Al Game' Moschea; Al Bassa [Al Hasuusah Tansiba] con i bei palazzi di fango; bei
palazzi anche a Ida con la Moschea Ash Sheikh Ahmed e la Qubba del cimitero e nel
villaggio di Sharq.
L’insediamento in wadi Al’Ain
Il wadi nel complesso presenta una notevole vivacità, sia nel tratto a Nord dove si
sentono sicuramente gli effetti del traffico che proviene dalla capitale, sia nel tratto a
Sud posto sulla direttrice per Mukalla, con la strada asfaltata di recente. Pertanto
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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l’abbandono dei nuclei antichi non è stato rilevato all’inizio del 2001 come un fenomeno
particolarmente accentuato, salvo alcuni casi come i tre villaggi a sud di Haura: ad Al
Bilad, As Sureig e Ard Bu Zeid i nuclei antichi, posti sulle pendici del canyon, sono
stati quasi completamente abbandonati. Nel resto del wadi, soprattutto a Sud, il
fenomeno è riconducibile a quanto si è verificato altrove: gli antichi edifici vengono
abbandonati per i nuovi più grandi e più confortevoli. Il caso più grave dal punto di
vista del presidio umano del patrimonio architettonico rimane tuttavia il nucleo antico
di Al 'Aglaniya, con il castello, i palazzi e le case che costituiscono un insieme di estremo
interesse architettonico, dove sono stati contati ormai non più di tre nuclei famigliari. Anche la cementificazione non è ancora un fenomeno evidente, a esclusione della zona
circostante il villaggio di Al 'Aglaniya, dove è sorta una lunga cortina di nuovi edifici
lungo la strada. Qui la situazione è molto grave e la cementificazione, oltre a disturbare
la vista del castello, tende a estendersi lungo la strada sia ad Est che ad Ovest. A pochi
metri dal castello, a Sud, lo scheletro di una costruzione in cemento armato dovrebbe
essere demolito. Tutto il territorio che si estende da Al Qatn sino ad Haura costituisce
uno dei comprensori ambientali e architettonici più interessanti dell’Hadramaut:
provenendo da Al Qatn e proseguendo verso Ovest lungo il tracciato della vecchia
strada per molti km il paesaggio sembra non abbia subito alcun disturbo. Le aree
interessate sono molto vaste: la tutela dovrebbe essere di tipo “rispetto stradale”, vale a
dire che bisognerebbe edificare solo alle spalle dei nuclei esistenti, il cui profilo non
costituisce in questo caso un bene a rischio, mentre dovrebbe essere inibita la
costruzione fra i villaggi e la strada. Segnalo di seguito le zone da non perdere:
• Il territorio circostante il Castello di Al 'Aglaniya in quanto territorio da tutelare
integralmente. Occorrerebbe salvare la prospettiva chiusa dal castello, sia che si
provenga da Sud (un recente ristorante in blocchetti di cemento ne minaccia la
visuale), sia che si provenga da Est dove sorgono decine di piccoli nuovi edifici,
modestissimi e molto brutti.
• Un altro territorio di indubbio fascino è stata individuata più a Sud intorno a
villaggi immersi nel verde dei palmeti e ricchi di splendidi palazzi: Al Khashab,
An Naq'a, Bâ Suweid, Bâ Qarn.
• E ancora più a Sud, i villaggi di Al Batina, Mankhub e Ghurab compongono un
territorio da proteggere integralmente.
Sono assolutamente da salvare: il Castello di Al 'Aglaniya (insieme al nucleo di edifici
che lo circondano) e il Castello di Haura. Per essi non è prevedibile alcuna destinazione
d’uso: è possibile pensare a un intervento di “imbalsamazione” delle strutture per
evitare il loro rapido degrado e poi l’inevitabile crollo con la totale scomparsa di questi
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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importanti esempio dell’insediamento fortificato in Hadramaut. Almeno una dozzina
dei più bei palazzi avrebbero bisogno di interventi di manutenzione straordinaria,
iniziando dal palazzo nel villaggio di An Naq'a e alcuni edifici nella cittadina di Haura.
Qui l’intervento dovrebbe insistere sul quartiere a Sud del Castello.
A partire da Sud, nel primo tratto, fino a poco prima del villaggio di Kei’an, non è stata
rilevata alcuna siqaya originale in quanto sono state tutte ricostruite in tempi recenti.
Si contano in tutto sette siqaya, per lo più in buone condizioni e solo sei necessitano di
interventi di manutenzione.
All’incrocio con la strada asfaltata che da Al Alaglāniya, in wadi Al’Ain, porta a Sana’a,
la Fulgida, da dove arrivano pochi turisti e molto qat. L’apertura di questa strada
asfaltata per Sana’a ha permesso l’arrivo del qat fresco ogni giorno da Nord,
favorendone la diffusione anche nel Sud. È questo forse il luogo più vivace di tutta la
regione, insieme al suq di Saiun e il centro di Al Qatn, con il mercato del pesce secco il
cui olezzo impregna tutta l’area urbana e oltre
Wadi Al ‘Ain si può visitare in una giornata piena: l’accesso si raggiunge facilmente da
Shibām e il fondovalle è servito da una strada completamente asfaltata in quanto
costituisce uno dei collegamenti fra Mukalla e l’Hadramaut. Non è possibile pernottare,
ma si può mangiare in più punti e rifornirsi di carburante. Se si proviene da Est, poco
dopo il villaggio di Al Aglaniya, all’altezza della deviazione per Sana’a, si può fare
rifornimento di carburante e avere un buon pasto yemenita potendo scegliere fra una
mezza dozzina di trattorie lì concentrate. Una volta entrati in wadi Al ’Ain bisognerà
arrivare sino all'altezza del piccolo wadi Tabqul, molto più a Sud, per trovare un altro
posto di ristoro.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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.
.
L’inserviente della locanda presso il
castello di Al Aglania, ha anche la
faccia del tifoso juventino, oltre alla
maglia. In realtà egli possedeva
anche le maglie del Milan e
dell’Inter.
.
All’ingresso del wadi Al ‘Ain, provenendo da Nord, il Castello di Al Aglaniya
rappresenta un buon sito da esplorare in santa pace per cercare di afferrare il fascino di
queste grandi architetture di fango che costellano gli otto wadi.25
Collocato in posizione strategica all’imbocco del wadi, è uno degli esempi più
interessanti di insediamento difensivo ancora visitabile, benché da tempo in completo
abbandono e in lenta agonia. Noi in tutti gli otto wadi abbiamo contato più di 80
castelli, quasi tutti abbandonati. Per secoli, sino alla prima metà del secolo scorso, qui
ci si sparava spesso e volentieri fra vicini dall’alto di castelli e di palazzi fortificati.
Come ho già ricordato in wadi Daw’an, questo comportamento fece esclamare a Freya
Stark: «Se è vero che il genere umano anela così intensamente alla pace, qui deve esserci
qualche cosa che non funziona.» Dall’alto del castello di Al 'Aglāniya si può vedere wadi
Al ’Ain che diventa wadi Hadramaut: dall’alto dei bastioni si può osservare il paesaggio
25 YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=K26D-Kwh3dg
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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che in questo tratto è particolarmente ampio. In questa zona dove la valle si dilata,
tutto cambia in modo radicale, tanto che nel descrivere wadi Al ‘Ain si deve parlare di
due aree ben distinte dal punto di vista del paesaggio e dell’insediamento per villaggi.
wadi Al ‘Ain - Il Castello di Al 'Aglāniya
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Wadi ‘Amd
è percorso da una strada asfaltata che si
spinge per soli 5 km oltre Horeida [nel
2001 erano in corso i lavori di
prolungamento] poi si utilizza la vecchia
strada acciottolata che spesso si
trasforma in pista. In questo wadi si
penetra venendo da Nord-Est,
percorrendolo interamente in poche ore,
ma l’imbocco si trova a diverse ore da
Saiun. Non esiste nessuna possibilità di
pernottamento e si può prendere un
pasto solo a Horeida, il centro principale.
Si può visitare il suq, ma oggi però la
città è fuori dai circuiti turistici.
L’insediamento in wadi ‘Amd
Nel wadi principale e nei wadi immissari, oltre alla bella e suggestiva cittadina di
Horeida ci sono 35 villaggi, quasi tutti di modeste dimensioni, per un totale di
circa 1.000 edifici nella metà degli anni Settanta. Sono stati da noi visitati tutti i
centri e fra questi sono stati documentati 20 villaggi e la cittadina di Horeida,
perché stimati di interesse vernacolare con alcune emergenze di interesse
artistico.
Se si escludono Shâmekh e Al Qarn, nuclei fortificati costruiti per ragioni
difensive sulle pendici scoscese del canyon e dove l’abbandono della parte antica è
quasi totale, nel resto dell’area, come negli altri wadi, praticamente tutti i
villaggi hanno subito il processo di rinnovo del vecchio patrimonio edilizio con il
relativo abbandono di molti edifici antichi. Sono stati censiti solo due siti
archeologico, fra cui quello di Madabum presso Horeida.
Il Viaggio Perfetto in Hadramaut
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Wadi ‘Amd e i suoi immissari sono stati studiati a partire dall’imbocco, a Nord,
sino al villaggio di Sharg Al Ali Bin Salim, a Sud. A partire da Sud, wadi 'Amd
raccoglie nel suo percorso verso Nord solo 3 immissari:
• Wadi Tabra‘a (da Ovest verso Est),
• Wadi Al Hamus (da Sud verso Nord),
• Wadi Nisim (da Sud verso Nord).
La tratta a Sud del wadi si trova nella Mudiriya di Horeida e, a Est, nella
Mudiriya di Haura e di wadi Al ‘Ain.
Anche in questo wadi (come in wadi Sar, nell’interno di wadi Bin’Ali e in molte
parti di wadi Daw’an) il cemento non è ancora comparso, se non in alcuni
sporadici episodi. Anche l’asfalto non rappresenta qui una presenza devastante.
Il wadi principale, con i suoi affluenti, presenta ampie aree desertiche e aree
agricole di rara armonia ancora incontaminate da salvaguardare con la politica
del “rispetto stradale” dove si suggerisce di costruire “contro” il villaggio, se non
“alle spalle”. Tuttavia l’attenzione si concentra in particolare in due punti della
valle dove operare con politiche più severe.
La cittadina di Horeida,26 con le sue case e i suoi monumenti posti a ventaglio
lungo le pendici del canyon, chiude la prospettiva a chi proviene da Nord lungo la
strada asfaltata. Per diversi chilometri verso Nord quest’area deve essere
salvaguardata.
Il nucleo antico di Al Qarn, ormai in abbandono, rappresenta secondo la
definizione della legge yemenita per le antichità, una vera e propria area
archeologica di notevole fascino dal punto di vista della documentazione del tipo
di insediamento fortificato: austere case-torri lungo un ripido pendio, ingentilite
da serramenti tinteggiati d’azzurro.
Ritengo che si debba operare in tre direzioni:
1 – il patrimonio dell’architettura monumentale di Horeida,
2 – le case-torri del villaggio di Al Qarn,
3 – il sistema delle siqaya.
Il wadi a Nord presenta dei piccoli villaggi inseriti nel paesaggio agricolo e
naturale. Armonia e tranquillità traspaiono dalle architetture e dagli abitanti nei
villaggi di As Safula, Al Lawsat e Dar Kurda. All'altezza del villaggio di Al Bid'a
26 Per Freya Stark: Huraidha
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si attraversa l'alveo e si passa sul lato sinistro del wadi, sabbioso e assolato per
visitare il villaggio di Oneibat con torri e case fortificate. Qui un tempo non
lontano tutto era difeso da mura e anche i semplici pozzi assumevano l'aspetto di
fortini.
La cittadina di Horeida, risulta essere fra i centri più interessanti non solo di
wadi ‘Amd, ma certamente di tutto il comprensorio dell'Hadramaut, per gli
innumerevoli monumenti e per l'effetto d'insieme accentuato dal digradare degli
edifici a ridosso delle pendici del canyon. In questo modo Horeida, più di
qualsiasi altro centro di quest'area, si propone al visitatore con una "scenografia"
realizzata con successo.
A Sud di Horeida, dopo il luogo fortificato di Diyar Ba Muzahim, il wadi cambia
velocemente aspetto e bisogna giungere nei villaggi di Al Qarn e di Shamekh per
ritrovare nella valle due esempi interessanti di antichi insediamenti fortificati,
costruiti su rocce in forte pendenza. Queste parti più antiche dei due villaggi,
venuta meno la necessità di difendersi, oggi sono in abbandono. Solo qui, nel
villaggio di Al Qarn, sono state notate alcune originali soluzioni architettoniche
addossate al prospetto principale di alcuni edifici: si tratta di ingressi
monumentali realizzati con vivaci decorazioni plastiche e pittoriche che tendono
indubbiamente a stupire il visitatore, arricchendo in questo modo edifici per il
resto abbastanza modesti anche nelle dimensioni. A pochi km da Horeida, il sito
archeologico del Tempio.
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Freya Stak racconta che qui in Horeida il signore locale del quale era ospite si
mise a sedere accanto a lei per verificare che i piatti e le posate che le donne le
passavano fossero pulite, dopo di che mandò a prendere dell’acqua in una ciotola
in cui era stato spruzzato dell’incenso per renderla pura. Anche qui, come in wadi
Dow’an, Freya Stak ebbe qualche problema di salute. A pensarci bene se
avessimo mangiato e bevuto come lei, tutta la mia équipe sarebbe stata
sterminata dalla dissenteria nel giro di un mese. Ella, dopo aver consultato il
libricino Hints to Travellers (Consigli ai viaggiatori) attribuì quegli attacchi
fortissimi di brividi alla malaria e sperò che fosse quella “semplice” che non era
mai fatale (sempre secondo il suo manualetto). Poi notò che “i canaletti di scolo si
protendevano riversando il loro contenuto sulla scarpata sottostante, uno sotto
ogni finestra, per cui poté gettare l’acqua del bagno fuori del salotto senza
preoccuparsi di aprire le imposte”. Era stanca e addolorata di non poter visitare
un sito archeologico a soli 3 km da Horeida. Credo si trattasse del sito di
MADABUN dove avrebbe visto ben poco oltre alle rovine del tempio.