verità e interpretazione (donald davidson)

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 a WV uine st ne quo non I , . Donald Davidson ' 1 · ; 1 l ~ l l 1 l l I I I I ..., . erita e interpretazione ~ ; ) ·  /~? . . : ? ~  ~ ~ a a u a d ~ ~ ~ f . · \ · ~ < G :.; t\ .:::_  ~.: ~ Societa editrice l Mulino

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Verita

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  • a WV. Quine st'ne quo non

    ! I ,! . Donald Davidson ' I 1

    ; 1 l ~ l l 1 l l I I

    I I ! ...,

    . Verita e interpretazione

    ~~;) . /~?' . ' .. ,:'?~\ (~ ~ a:auad:~~ ~ .f . ....... - ) \. :~

  • 9. Interpretazione radicale

    Kurt pronuncia le parole Es regnet e, in condizioni op-portune, sappiamo che ha detto ~he pio:'e. Av~ndo identificato il suo profenmento come proferlmento mtenz1onale e di carat-tere linguistico, possiamo procedere a interpretare le sue pa-role: possiamo dire che cosa significavano le sue parole in quella particolare occasione. Che cosa potremmo sapere per essere in grado di dir cio? In che modo potremmo venirlo a sa-pere? La prima domanda non equivale a chiedersi che cosa di fatto sappiamo per essere in grado d'interpretare le parole al-trui. E infatti possibile che ci sia qualcosa che potremmo sa-pere ma che non sappiamo, qualcosa la cui conoscenza sa-rebbe sufficiente per l'interpretazione; e d'altra parte none del tutto chiaro che vi sia qualcosa che effettivamente sappiamo e che ricopra un ruolo essenziale nell'interpretazione. La se-conda domanda - come potremmo conseguire quella cono-scenza che servirebbe per produrre delle interpretazioni -non riguardl!, ovviamente, la storia concreta dell'acquisizione linguistica. E quindi una domanda doppiamente ipotetica: data una teoria che rendesse possibile l'interpretazione, quali prove plausibilmente ~s~oni~ili a un. potenziale interprete sorreggerebbero la teona m rmsura ragionevole? Nelle pagine che seguono, tenter

  • 196 INTEJU>RETAZIONE RADICALE

    Per ragioni del tutto diverse, l'interpretazione radicale non - puo sperare di utilizzare come evidenze per comprendere il si~ gnificato di un enunciate un resoconto delle intenzioni com-plesse e sottilmente diff erenziate con le quali I' enunciato viene proferito nei casi tipici. Non e facile vedere come una simile ..... ,,.,:3!l1~,, ...... impostazione possa affrontare il carattere strutturale e ricor-sivo del linguaggio, carattere che si rivela essenziale per spie-gare come sia possibile comprendere nuovi enunciati. Ma la difficolta principale e che non possiamo sperare di dare un senso all' attribuzione di intenzioni finemente differenziate in-dipendentemente dall'interpretazione del discorso. Cio non perche non si possano porre le domande necessarie, ma per-che l'interpretazione delle intenzioni di un agente, quella del-le sue credenze e quella delle sue parole sono tutte parti di un unico progetto e nessuna di esse puo essere considerata com-pleta prima che lo siano le altre. Se e vero questo, non pos-siamo assumere tutto il corredo delle intenzioni e delle cre-denze come evidenza di base per una teoria dell'interpreta-zione radicale.

    Siamo ora in grado di dire qualcosa di piu su cio che puo servire a rendere possibile l'interpretazione. L'interprete deve poter comprendere qualunque enunciate fra gli infiniti che il parlante potrebbe dire. Se vogliamo formulare esplicitamente che cosa l'interprete potrebbe sapere per essere in grado di far cio, dobbiamo specicarlo in forma finita2 E se vogliamo sod-disfare questo requisite, occorre abbandonare ogni speranza di trovare un metodo universale d'interpretazione. IJ massimo che ci si puo aspettare e una spiegazione di come un interprete potrebbe interpretare gli enunciati proferiti dai parlanti di una singo]a lingua (o di un numero finito di lingue): non ha senso richiedere una teoria in grado di produrre un'interpretazione esplicita di qualunque proferimento in qualunque lingua (pos-sibile).

    None ancora chiaro, ovviamente, che cosa voglia dire che una teoria e in grado di produrre un'interpretazione esplicita di un proferimento. La fonnulazione del problema sembra in-vitare a concepire la teoria come la speci:ficazione di una fun-zione che assuma i proferimenti come argomenti e che abbia

    2 Si veda il saggio 1.

    INTERPRETAZIONE RAD!CALE 197

    interpretazioni come valori. ~a . allora ~e !nt~rpre.tazioni n_c;n - arebbero in una posizione rrugliore de1 s1gnificau e~ pr~pno ~ome questi, sarebbero entita di. qua1che gener~ ~tenoso.

    Sembra quindi consigli~bile ?~~cn_ve~e 9uel ~e s1 n~ede alla teoria senza riferimentl espliati at s1gnifica~ o all~ mterpreta: zioni: chi conosce la teoria sa interpretare i proferunentl a cm essa si applica. . . ,.

    Il Secondo requisite generale di una teona d.ell mterpret~zione e quello di pater essere conf~rma~a .~ verific~ta da evi

    . denze probatorie plausibilmente disporubi? a un mterprete. Dal momenta che la teoria e. gc:n~rale. - ooe. d~ve val ere per un numero potenzialmente infinite di enunc1atl - _ve;rebb~ naturale concepire le prove a suo favore come esemp1 di par1:1-colari interpretazioni riconosciute corrette. E nat:iralmente questa situazione si presenta e.ffettivamen~~ per un mterprett che abbia ache fare con una lingua che gia co~osce. Norma -mente ii parlante di una lingua ~on_ e capace d1 produrre una teoria finita esplicita per la propna lingua, ma puo mettere all~ prova una teoria che venga pr?p~sta, dal moment? che PU? dire se la teoria dia interpretazioru esatte quando viene appli-cata a proferimenti specifi.ci. . . .

    Nell'interpretazione radicale, pero, la teona ha il cor:ip1to di fornirci una comprensione di profe~enti partic~l~ che none disponibile in anticip~; I?ercio _l'evidenza .de~ova. per la teoria non puo essere costltmta da mterpreta21oru-camp1one corrette. Per avere un valore generale l' evidenza deve esser~ tale da risu1tare accessibile anche a chi non sa gia interpret~e ~ proferimenti che la teoria. e destinata .a indudere; de~~ qwn?i trattarsi di evidenza che s1 possa specificare senza ut:ll1Zzare m modo essenziale concetti linguistici come quelli di significato, interpretazione, sinonimi~ e simili. . . f

    Prima di dire quaJ e ii genere di teona che Secondo me a-rebbe al caso nostro, vorrei discutere un'ultima pro~s~a altedI nativa: quella per cui la teoria che ci occorre no.n e ruente pill che un rnetodo di traduzione dalla lingua da mterpretare a quella dell'interprete. Una teoria. simile consisterebbe nell~ specicazione di un metodo effettl~o per pass~e da un enun ciato arbitrariamente scelto della lingua straruera a un e~~ciato della lingua nota; la teoria soddisfe~ebbe cosl il ~equ~~ato che prevede un metodo finitamente specicato e appli~abile a qualsiasi enunciate. Ma non credo che un manuale di tradu-

  • 194 INT.ERPRETAZION:?: RADICALE

    terpretazione radicale. Ma, affinche i presupposti non passino inosservati, sara bene concentrarci SU Casi in Cui e piu evidente l'esigenza di un'interpretazione: vale a dire i casi di interpreta-zione di una lingua in un' altra 1

    Che genere di conoscenza e richiesta per l'interpretazione? Si potrebbe rispondere concisamente: la conoscenza del signi-ficato di ciascuna espressione significativa. In tedesco le parole pronunciate da Kurt significano che piove, e Kurt parlava in tedesco. Dunque, pronunciando le parole Es regnet, Kurt ha detto che piove. La risposta non e una semplice riproposi-zione del problema, come potrebbe sembrare di primo ac-chito. Essa infatti indica che, per passare da una descrizione che non interpreta (il suo proferimento delle parole Es re-gnet) a una descrizione interpretativa (l' aver egli detto che piove), dobbiarno introdurre un sistema di parole ed espres-sioni (che possono essere esemplificate o meno in proferimenti effettivi); e si tratta di un'indicazione importante. La risposta non ci offre tuttavia altro aiuto, in quanta non dice in che cosa consiste ii sapere che cosa un'espressione significa.

    In realta e presente anche l'idea che a ciascuna espressione signifi.cativa corrisponda un'entita, ii suo significato. Tale idea, anche se non errata, si e rivelata scarsamente proficua; essa, tutt' al piu, non fa che ipostatizzare ii problema.

    La disillusione nei confronti dei signicati, intesi come mezzi per ottenere una spiegazione accettabile della comunica-zione o dell'interpretazione, puo servire a comprendere come mai alcuni filosafi abbiano cercato di fare a meno non solo dei significati, ma di qualunque teoria seria. Quando i concetti su cui facciamo assegnamento nel tentativo di spiegare l'interpre-tazione si rivela.110 ancor pill enigmatici di cio che dovrebbero spiegare, si e tentati di pensare che la comunicazione lingui-stica, in fondo, non sia altro che una serie di complicate vibra-zioni dell' aria, che formano un legame causale tra le attivita non linguistiche degli agenti umani. Ma sebbene i discorsi in terpretabili non siano che (cioe siano identici a) azioni com-

    1 II. tennine irlterpretazione radicale e teso a suggerire una forte affinitil con la traduzione radicale di Quine. L'affinita non e pero identita, e una delle differenze e segnalata proprio dal tennine interpretazione al posto di traduzione: nel primo caso, si ha una maggiore accentuazione dell'aspetto esplicitamente semantico.

    JNTERPRETAZ!Ot-rE RADICJ\LE 195

    piute sulla base di svariate intenzioni non linguistiche (mettere in guardia, controllare, divertire, distrarre, insultare), e seb-bene queste azioni a loro volta non siano che (cioe siano identi-che a) movimenti intenzionali delle labbra e della laringe, que-sta osservazione non ci fa affatto progredire verso una spiega-zione generale e intelligibile di che cosa dovremmo sapere per essere in. grado di ridescrivere dei proferimenti non interpre-tati tr.asformandoli in proferirnenti interpretati del genere ap-propnato.

    . n richiamo ai significati ci conduce, rispetto al punto da cui eravamo partiti, ancor piu lontano dagli accadimenti non linguistici che devono fornire l' evidenza probatoria per l' inter-pretazione; I' atteggiamento del nient' altro che non ci offre alcun indizio per capire la relazione fra tale evidenza e cio che senza dubbio essa comprova.

    Altre possibili proposte per colmare ii divario risultano in vari modi insufficienti. Le teorie causali di Ogden e Ri-chards e di Charles Morris tentavano di analizzare il significato degli enunciati, prendendoli uno alla volta, sulla base di dati comportamentali. Anche se queste teorie avessero funzionato per gli enunciati piu semplici (ed e chiaro che non funzio nano), esse lasciavano intatto ii problema di estendere ii me-todo a enunciati di complessita maggiore e di superiore livello cl' astrattezza. Un altro tipo di teoria parte dal tentativo di col-l~gare le parole, anziche gli enunciati, coi fatti non linguistici. E un tentativo che lascia ben sperare, perche il numero delle parole e finito, a differenza di quello degli enunciati, e nondi-meno ogni enunciate non e altro che una concatenazione di parole: cio apre uno spiraglio a una teoria che interpreti ognuno degli infiniti enunciati impiegando unicamente risorse finite. Tuttavia simili teorie non riescono a far i conti con l' evi-denza disponibile, poiche appare chiaro che le caratteristiche delle parole non possono essere spiegate direttamente sulla base di fenomeni non linguistici. Il motivo e semplice: i feno-meni a cui dobbiamo rivolgerci sono gli interessi e le attivita e:malinguistiche al cui servizio si trova ii linguaggio, un servi zio che puo essere svolto dalle parole solo nella misura in cui queste si trovano incorporate. negli enunciati ( oppure, occasio-nalmente, costituiscono esse stesse degli enunciati). Ma allora nori c' e speranza di dare una spiegazione fondazionale delle parole prima di averne data una degli enunciati.

  • 198 INl'ERPRETAZ!ONE RADICAU

    zione sia la forma migliore che una teoria dell'interpretazione __ = possa assumere'.

    Se il nostro scopo e l'interpretazione, il metodo di tradu-zione si occupa del tema sbagliato, cioe della relazione tra due lingue, mentre quel che vogliamo e l'interpretazione di una lin-gua (in un'altra, naturalmente: ma questo va da Se,. giacche ogni teoria e espressa in qualche lingua). Non poss1amo -senza creare confusione - considerare la lingua usata per for-mulare la teoria come parte dell'oggetto trattato dalla teoria, salvo che questa scelta venga esplicitata. N el caso generale, una teoria della traduzione chiama in causa tre lingue: il linguaggio oggetto, il linguaggio d'arrivo e il metalinguaggio (cioe, rispet-tivamente, i linguaggi di partenza e d' arrivo della traduzione, e il linguaggio della teoria che dice quali espressioni del linguag-gio soggetto traducono le espressioni del linguaggio oggetto). E, in questo caso generale, possiamo sapere quali enunciati del linguaggio d' arrivo traducono quail enunciati de! linguaggio oggetto senza sapere che cosa significa un enunciato qualsiasi di uno dei due linguaggi (perlomeno in qualunque senso che permetterebbe a chi comprendesse la teoria d'interpretare gli enunciati del linguaggio oggetto). Se per caso il linguaggio d'arrivo e identico al linguaggio deUa teoria, colui che com-prende la teoria puo senza dubbio usare il manuale di tradu-zione per interpretare proferimenti della lingua straniera; ma cio accade perche egli si avvale di due fatti di cui egli e a cono-scenza e che la teoria non enuncia: il fatto che il linguaggio -d' arrivo e la sua lingua madre, e la sua conoscenza del modo in cui s~ interpretano i proferimenti in questa lingua.

    E macchinoso cercare di rendere esplicita l'ipotesi che un enunciato menzionato appartenga alla lingua dello specifico parlante. Per esempio potremmo tentare: Nella lingua di Kurt, "Es regnet" si traduce come "Piove" nella mia, ma l'au-

    3 L'idea di un manuale di traduzione con opportune restrizioni empiri-che, come mezzo per studiare, certi problerru di filosofia del linguaggio, pro viene, ovviamente, da Quine. E un'idea che ha ispirato gran parte delle mie ri-flessioni in proposito, e per importanti aspetti Ia mia proposta si avvicina molto a quella di Quine. Poiche Quine non aveva intenzione di rispondere alle domande che ho posto, I' affermazione per cui il metodo della traduzione non rappresenta una soluzione adeguata al problema dell'interpretazione radicale non e in akun modo una critica alle tesi di Quine.

    INnRPRETAZIONE RADICAI.E 199

    toriferimento indessicale e fuori luogo in una teoria che do-vrebbe funzionare per qualunque interprete. Se decidiamo di accettare questa difficolta, resta sempre il fatto che il metodo di tradU2ione non dice, anzi pone al di la della portata della teoria cio che dobbiamo sapere per essere in grado d'interpre-tare la nostra lingua. Una teoria della traduzione deve ravvisare negli enunciati una qualche struttura, ma non c'e ragione d'a-spettarsi che cl faecia capire il modo in cui i significati degli enunciati dipendono dalla struttura.

    U?a teoria soddisfacente per interpretare i proferimenti di una lingua, compresa la nostra, dovra mettere in luce una struttura semantica significativa: per esempio I'interpretazione dei proferirnenti di enunciati complessi dipendera sistematica-ment~ ?all'interp.retazione dei profenmenti di enunciati piu semplici. Supporuamo di aggiungere a una teoria della tradu-zione una soddisfacente teoria dell'interpretazione per la no-stra madrelingua. Avremmo allora esattamente quel che vole-vamo, ma in forma inutilmente ingombrante. Per ciascun

    enunci~to della lingua da tradurre, il manuale di traduzione confez10na un enunciate della lingua de! traduttore; la teoria dell'interp_retazione da poi l'interpretazione di questi enunciati arnili:i1i E'. chiaro che il riferimento alla lingua madre e super-fluo, e un mtermediario non richiesto fra l'interpretazione e la lingua straniera. Le uniche espressioni che una teoria dell'in-terpretazione deve menzionare sono quelle appartenenti alla lingua da interpretare.

    , Una teoria dell'interpretazione per un linguaggio oggetto puo dunque essere pensata come il risultato dell'unione di una teoria dell'interpretazione rivelatrice di struttura e di un si-

    stem~ di traduzione dalla lingua sconosciuta in quella nota. L'uruone fa sl che ogni riferimento alla lingua nota sia ozioso quando si lascia cadere tale riferimento rimane una teoria del~ l'interpretazione strutturalmente rivelatrice per il linguaggio oggetto, ~vviamente espressa in parole familiari. Teorie de! ge-nere! a nuo parere, sono rappresentate dalle teorie della verita del tlpo che Tarski per primo ciha insegnato a costruire~.

    L' elemento caratterizzante di una . teoria della verita alla

    ~ Cfr. A. Tarski, The Concept o/Tmth in Formalized lAnguages, cit.

  • 200 INTERPRErA2IONE llAD!CALE

    Tars~ e il fatto che essa ~plica, per ogni enunciato e del Jin_ ,;F guagg:io oggetto, un enunoato della forma seguente:

    e e vero (nel linguaggio oggetto) se e solo se p.

    . Un caso particolare della formula (il caso che chiameremo d_e1 V-enunc.iati) .si ottiene rimpiazzando e con una descri-zione c~no?lca die e P con una traduzione die. La nozione

    s~mru;tica unportant~ ~on definita dalla teoria e quella di sod-disfac:mento ch~ st~?ilis~e m;a relazione tra enunciati aperti 0

    chius~ e success1oru infinite d oggetti che possono essere consi-d~ratl come appart~ne~ti ~ dominio delle variabili del linguag-g10 o~getto: Gli asstollll, di numero finito, sono di due specie:

    ~cum espnmo~o le condizioni alle quali una successione sod-disfa un enunciato complesso sulla base delle condizioni di

    sod~~a~ento di .e~unciati piu semplici; altri esprimono le c~;icliz10~ ~e qu~ ns~tano soddisfatti gli enunciati (aperti) pm semplici. La venta viene definita per enunciati chiusi sulla base della nozione di soddisfacimento. Come dirnostra Tarski

    . . . ' una teona ncors1va come questa puo essere trasformata in una d~finiziom: esplicita secondo modalita note, purche il lin-guagg:io della teoria contenga una quantita sufficiente di teo-ria deg~ insiemi; noi pero non ci occuperemo di quest' altro passaggto.

    Ab?i~o po~ ult~ri~ri complicazioni se i nomi ?ropri e le espress1oru funz1onali nsultano essere caratteristiche irriduci-bili de! ~gua~~ .oggett;o. ~iu delicata e la questione riguar-dante ~ disJ?OSl?~ 1?dess1c~. A T.ars~ m:eressavano linguaggi formalizzatl pn'? di aspettl mdess1cali o dimostrativi. Per que-sto poteva cons1derare gli enunciati come i veicoli della verita: estendere la teoria ai proferimenti e in tal caso banale. Ma le lingue naturali contengono inevitabilmente elementi indessi-cali a profusione - ad esempio i tempi verbali - e pertanto i loro enunciati possono variare quanta a valore di verita a se-c.onda del te~po e del parlante. TI rimedio e quello di caratte-nzzare la venta per una lingua relativamente a un tempo e ad

    ~ parlante. Anche qui l'estensione ai proferimenti e automa-ttca5.

    5 Per una discussione dei modi in cui una teoria della verita puo affron-

    ~ :.$;.

    "INTERPRE1:AZ!ONE RADICALE 201

    - Quanta segue e una difesa deJa tesi secondo la quale una t~~ria della veritil. modicata in vista dell' applicazione a una lingua naturale puo essere usata come teoria dell'interpreta-

    .. zione. La difesa sara costituita dal ;entativo di rispondere a tre domande:

    1. E ragionevole pensare che per una lingua naturale possa essere fornita una teoria della verita del tipo descritto?

    2. Basandosi sull'evidenza plausibilmente disponibile a un interprete privo di precedenti conoscenze della lingua da inter-pretare, sarebbe possibile dire se ua tale teoria sia corretta?

    3. Se fosse nota la verita della teoria, sarebbe possibile in-terpretare i proferimenti dei parlanti della lingua?

    La prima domanda riguarda l'ipotesi per cui e possibile dare una teoria della ver::ta per una lingua naturale; la seconda domanda e la terza si chiedono se una simile teoria soddisfe-rebbe gli altri requisiti ~1e abbiarno impasto a una teoria del-1'interpretazione.

    1. Si puo elaborare una teoria deila verita per una lingua natu-rale?

    Per comprendere il problema, tomera utile prendere bre-vemente in considerazione il caso in cui un frammento signili-cativo di una lingua (insieme a uno o due predicati semantici) viene usato per formu}are una teoria della verita per quel fram-mento stesso. Secondo ]a Convenzione V di Tarski, il fatto che una teoria implichi logicamente tutti i V-enunciati rappresenta una verifica della sua ::.deguatezza. A quanta sembra questo esame non puo essere superato senza assegnare agli enunciati della lingua una forma che somiglia molto a quella della quan-tificazione standard e senza far appello, entro la teoria, a una nozione relazionale di soddisfacimento 6 Ma a proposito dei V-enunciati, cio che colpisce e il fatto che, qualunque sia l' appa-

    tare la questione dei dimostrativi e delle conseguenti modifiche della Conven-zione V, cfr. S. Weinstein, Truth and Demonstratives, cit.

    6 Si veda J. Wallace, On the Frame cf &ference, cit.; cfr. inoltre, sopra, il saggio 3.

  • 200 INTERPRETAZIONE MDICALE

    Tars~ e il fatto che essa ~plica, per ogni enunciato e del lin.- guaggio oggetto, un enunciate della forma seguente:

    e e vero (nel linguaggio oggetto) se e solo se p.

    . Un caso .!Yc3:rtic_olar~ dell~ fo~ula (il caso che . chiameremo d_e1 V-enunc_1at1.) _s1 ottlene nmpiazzando e con una descri-zione c~no~ca die e P con una traduzione die. La nozione

    s~mru;i.t1ca tmportante non definita dalla teoria e quella di sod-dis(a~mento ch~ st~?ilis~e ~a re1azione tra enunciati aperti 0

    chius~ e success1om infinite d oggetti che possono essere consi-d~ratt come ap.?art~ne~ti ~ dominio delle variabili del linguag-g10 o~gett~. Gli ass1onu, di numero finito, sono di due specie:

    ~cum espruno~o le condizioni alle quali una successione sod-disfa un enunciato complesso sulla base delle condizioni di sod~s~a~ento di .e~unciati pill semplici; altri esprimono le c?;idiz10~ ~e qu~ ns~tano soddisfatti gli enunciati (aperti) pm semplia. La venta viene definita per enunciati chiusi sulla base della nozione di soddisfacimento. Come dirnostra Tarski una teoria ricorsiva come questa puo essere trasformata ~ una d~finizione esplicita secondo modalita note, purche il lin-

    ~aggio della teona contenga una quantita sufficiente di teo-na deg~ insiemi; noi pero non ci occuperemo di quest' altro passaggio.

    Ab~~o po~ ult~ri~ri complicazioni se i nomi propri e le espress1oru funz1onali nsultano essere caratteristiche irriduci-bili d~ ~gua~!Pc:> _ogget1;0. ~iu delica:a e la questione riguar-dante ~ disi:os1~~ mdess1cali. A Tarski interessavano linguaggi formalizzatt pnvi di aspetti indessicali o dimostrativi. Per que-sto poteva considerare gli enunciati come i veicoli della verita: ~stendere la teoria ai proferimenti e in tal caso banale. Ma le lingue naturali contengono inevitabilmente elementi indessi-cali a pro~si~ne - ad ese~pio i tempi verbali - e pertanto i loro enunaatt possono vanare quanto a valore di verita a se-c_onda del tempo e del parlante. n rimedio e quello di caratte-nzzare la verita per una lingua relativarnente a un tempo e ad

    ~ parlante. Anche qui l' estensione ai proferimenti e automa-tlca5.

    5 Per una discussione dei modi in cui una teoria della verita puo affron

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    'JNTERPRT,12JONE RADICALE 201

    -- Quanto segue e una difesa_ de~a tesi s~con~o l~ quale una Orla della verita modificata m vista dell applicaz1one a una

    re . d ll'" lingua naturale puo esse~e _usata come _teon_a . e mterpreta zione. La difesa sara costmuta dal tentauvo di nspondere a tre dornande:

    1. E ragionevole pensare che per una lingua naturale possa ssere fornita una teoria della verita del tipo descritto?

    e 2. Basandosi sull' evidenza plausibilmente disponibile a un jnterprete privo di precedenti conoscenze della lingua da inter-pretare, sarebbe possibile dire se una tale teoria sia corretta?

    3. Se fosse nota la verita della teoria, sarebbe possibile in-terpretare i proferimenti dei parlanti della lingua?

    La prima domanda riguarda l'ipotesi per cui e possibile dare una teoria della verita per una lingua naturale; la seconda domanda e la terza si chiedono se una simile teoria soddisfe-rebbe gli altri requisiti che abbiamo impasto a una teoria del-l'interpretazione.

    l. Si puo elaborare una teoria della verita per una lingua natu-rale?

    Per comprendere il problema, tornera utile prendere bre-vemente in considerazione il caso in cui un frammento signifi-cativo di una lingua (insieme a uno o due predicati semantici) viene usato per formulare una teoria della verita per quel fram mento stesso. Secondo la Convenzione V di Tarski, il fatto che una teoria implichi logicamente tutti i V-enunciati rappresenta una verifica della sua adeguatezza. A quanto sembra questo esame non puo essere superato senza assegnare agli enunciati della lingua una forma che somiglia molto a quella della quan-tificazione standard e senza far appello, entro la teoria, a una nozione relazionale di soddisfacimento 6 Ma a proposito dei V-enunciati, cio che colpisce e il fatto che, qualunque sia l' appa-

    tare la questione dei dimostrativi e delle conse~enti ~odifiche della Conven-zione V cfr. S. Weinstein, Truth and Demonstrattves, at.

    0 SI veda J. Wallace, On the Frame of Reference, cit.; cfr. inoltre, sopra, il saggio 3.

  • 202 !NTERPRETAZIONE RAD!CALE

    rato che deve esser messo all' opera per produrli e quali che sia.- . no gli. ingranaggi ontologici necessari, in ultirna analisi % . V-enunciato formula le condizioni di verita di un enunciato ... senza impiegare risorse piu ricche di quelle dell' enunciato . stesso, poiche impiega in effetti le stesse risorse. Se l' enunciato . originario non fa menzione di rnondi possibili, entita intensio-nali, proprieta o proposizioni, neppure lo fara la formulazione delle sue conclizioni di verita.

    . Non esiste un modo altrettanto semplice per dire qualcosa di analogo per una lingua straniera senza far ricorso (come Tarski) a una nozione non analizzata di traduzione. Ma cio che possiamo fare per la nostra lingua dobbiamo esser in grado di farlo anche per un'altra; il problema - come si vedra - e sa-pere che lo stiarno facendo.

    La restrizione imposta esigendo una teoria che sodd.isfi la Convenzione V appare considerevole; nell' osservanza di que-sta restrizione, non conosciamo a tutt'oggi un metodo general-mente accettato per trattare un gran numero di problemi: per esempio gli enunciati che imputano atteggiamenti, le modalita gli asserti causali generali, i controfattuali, gli aggettivi attribu: tivi, quanticatori come la maggior parte di>> e cosl via. D'al-tro canto assistiamo a progressi che mi paiono assai imponenti. Per fare qualche esempio, ci sono le ricerche di Tyler Burge sui n?mi propri7, quelle di Gilbert Harman sul dovere 8, quelle di John Wallace sui termini-massa e i comparativi9 e quelle condotte da me sulle attribuzioni di atteggiamenti e sui perfor-mativi 10, sugli avverbi, gli even ti, gli asserti causali singolari H e sulla citazione 12.

    Se siamo inclini al pessimismo riguardo a quanto ancora resta da fare (o a qualche aspetto di quanto e gia stato fatto!), dovremrno rarnmentare la splendida irnpresa portata a compi-

    7 T. Burge, Reference and Proper Names, in Journal of Philosophy, 70 (1973), pp. 425-429.

    8 G. Harman, Moral Relativism De/ended, in Philosophical RevieW, 84 (1975), pp. 3-22.

    9 J. Wallace, Positive, Comparative, Superlative, in Journal of Philoso-phy, 69 (1972), pp. 773-782.

    1 Cfr. i saggi 7 e 8. 11 Si vedano i saggi 6-10 diAzioni ed eventi. 12 Cfr. il saggio 6.

    !?ll'ERPRETAZIONE RADICALE 203

    .. to da Frege quando riusd a mettere sotto controllo quella di~ Dummett chiama generalita multi~lan. ~rege, no~ pen-sava a una teoria della verita nel senso di Tarski, ma e e"'.1d~nt~ che i1 genere di struttur:e che egli cercava, e che i:~vo, e di

    .. quelli per cui puo essere costruita una teoria dell_:a venta. . , n compito di applicare nei dettagli una teona ~ella v7nta. a

    una lingua naturale si articolera quasi certamente, m pratl.~a, m due fasi. Nella prima si caratterizzera la ~erit~ non per la lin~a intera ma per una parte attentamente rrre~e~tata della Ur:-

    . gua. Benche indubbiamen~e g~~a d~ Pt.l;11to di ~s~a gramma~cale, questa parte conterra un infinit~ di enunoau che esaur1-sce le capacita espressive dell'inter~ ~~a. La ~econda fa~e dovra associare ognuno degli enunc1au nm.anen~ a. un~ o (m caso di ambiguita) piu degli enunciati per 1. quali s~a .~a stata caratterizzata la verita. Possiamo pensare agli enunoatl mteres-satl dalla prima fase come ad enunciati che es~rimono la forma logica o struttura profonda di tutti gli enunciati.

    2. Si puo verificare una t~oria delta verita media~te_ !' aprllo al-l' evidenza disponibile prima che ab;ia avuto imzzo l mterpre-tazione? La Convenzione V dice che una teoria della verita e soddi-

    sfacente se genera un V-enunciato per cias~ enunciato. ~e,l linguaggio oggetto. Per dirnostrare che un~ teona ~ella venta ~ empiricamente corretta, dunque, e suffioe.nte verificare che t V-enunciati siano veri (in pratica un camp1one ad~g:iato c~nfermera la teoria in misura ragionevole). I V-enuno~tl menz1~nano unicamente gli enunciati chiusi della lingua, s1cche l':v:-denza decisiva potra essere costituita esclusiv~ent~ da fat~ i;.-guardanti il comportamento e gli atteggiamentl. de1 p~lantt ~ rapporto agli enunciati (certamente roll.a base di pro~erunen~): Una teoria utilizzabile deve ovviamente trattare gli ~nun~tatl come concatenazioni di espressioni aventi lunghezza it;f ei:iore a quella di un enunciate; deve inoltre intr~dw;re noztoru se-mantiche come quelle di soddisfacimento e ~enmen~o, e ~ev~ far appello a un' ontologia di sequenze e di oggetu ordinatt

    n Cfr. M. Dummett, Frege: Philosopby of Language, cit.

  • 204 lNTERPRETAZIONE RADICALE INTERPRETAZIONE RADICALE 205

    dalle successioni. Tutto questo apparato va inteso propria .. ~

  • 206 . INTERPRETAZIONE RADICAl.E

    pero a ritenere .che tutto questo genere di evidenza si possa -. compendiare nel reputare vero un enunciate. .--.,,,,~~

    Supponiamo dunque che ]' evidenza disponibile consista semplicemente in questo: i parlanti della lingua da interpretare reputano veri svariati enunciati in certi momenti e in circo-stanze specificate. Come utilizzare. questa evidenza per dare sostegno a una teoria della verita? Da una parte abbiamo dei V-enunciati. della forma:

    (V) Es regnet e vero-in-tedesco quando e detto da x al tempo t se e solo se sta piovendo nei pressi di x at.

    Dall' altra abbiamo 1' evidenza, che ha la forma seguente:

    (E) Kurt appartiene alla comunita linguistica germanofona e Kurt reputa vero Es regnet>> a mezzogiorno di sabato e sta piovendo nei pressi di Kurt a mezzogiorno di sabato.

    Io penso che si debba considerare (E) come evidenza della verita di (V). Poiche (V) e un condizionale quantificato univer-salmente, il primo passo sara quello di raccogliere ulteriori prove per confermare la tesi seguente:

    (GE) (x)(t) (sex appartiene alla comunita linguistica germano-fona allora (x reputa vero Es regnet a t se e solo se sta piovendo nei pressi dix at)).

    II richiamo a una comunita linguistica e una scorciatoia ma non e circolare: dei parlanti appartengono alla medesima co-munita linguistica se per essi valgono le stesse teorie dell'inter-pretazione.

    L'obiezione piu ovvia e quella per cui Kurt o chiunque al-tro potrebbe sbagliarsi circa il fatto che stia piovendo nelle sue vicinanze. E questa, naturalmente, e una ragione per non assu-mere (E) come prova conclusiva per (GE) o per (V), nonche una ragione per non aspettarsi che generalizzazioni come (GE) siano piu che genericamente vere. Il metodo consiste, piutto-sto, nell'ottenere il miglior adattamento possibile. Noi vo-gliamo una teoria che soddisfi le restrizioni formali poste al1a teoria della verita e che massimizzi l' accordo, nel senso di far sl che Kurt ( e gli altri) sia nel giusto il piu spesso possibile per quanto ci consta. II concerto di massimizzazione non puo es-

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    INTIRPRETAZIONE RADICALE 207

    sere preso qui troppo alla lettera, dal momento che gli enun-ciati sono infiniti; e comunque, una volta che la teoria cominci a prendere forma, e sensate accettare gli errori intelligibili e te-ner conto della probabilita relativa di vari tipi d'erroreis.

    n processo d' elaborazione di una teoria della verita per una lingua ignota potrebbe presentarsi, molto schematica-mente, nel modo seguente. Anzitutto cerchiamo il modo mi-gliore per adattare la nostra logica ill.a nuova Ht:~ nella mi-sura necessaria per ottenere una teona che soddisfi la Conven-

    . zione V; do puo implicare l'individuazione di una struttura lo-gica della teoria della quantificazione del primo ordine (con identita) nella lingua, senza prendere le costanti logiche una per una, ma considerando questo segmento di logica come gri-glia da adattare al linguaggio in una sola mossa. Il materiale probatorio e costituito qui da classi di enunciati invariabil-mente reputati veri (o falsi) da quasi tutti i parlanti in quasi ogni circostanza (verita logiche potenziali) e da schemi d'infe-renza. La prima fase e l'identificazione di predicati, termini singolari, quantillcatori, connettivi e identita; in teoria, questa fase dirime le questioni di forma logica. La seconda fase si con-centra sugli enunciati contenenti termini indessicali, doe que-gli enunciati reputati talora veri, talora falsi, a seconda di certi mutamenti evidenziabili nel mondo. Questa fase, insieme con la prima, limita le possibilita d'interpretazione dei singoli pre-dicati. L'ultima fase si occupa degli enunciati restanti, quelli su cui non c' e accordo uniforme o quelli i cui valori di verita re-putati non dipendono sisternaticamente da mutamenti. ambien-tali 16.

    1' Per ulteriori osservazioni sul miglior adattamento si vedano i saggi 10-12.

    16 Il lettore che avverta I' affinita tra questa spiegazione e quella della tra-duzione radicale, offerta da Quine nel secondo capitolo di Word and Object, notera anche le di.fferenze. La restrizione semantica presente nel mio metodo impone una struttura quantificazionale alla lingua da interpretare, struttura che, probabilmente, non lasda spazio alcuno per l'indeterminatezza della forma logica. La nozione di signicato stimolo non ha alcun ruolo nel mio me-todo; il suo posto e preso pero dal riferimento alle caratteristiche oggettive del mondo, che mutano di conserva coi mutarnenti di atteggiamento nei confronti della verita degli enunciati. Il Principio di carita, che Quine mette in rilievo solo in connessione coll'identificazione dei connettivi enunciativi (puri), e in-vece da me applicato a tutto campo.

  • 208 JNTEKPIETAZIONE RADICALE

    Questa metodo mira a risolvere il problema dell'interdi-pendenza tra credenza e significato mantenendo quanto piu possibile costante la credenza e ricavando i1 significato. Cio si effettua assegnando agli enunciati stranieri condizioni di verita tali da rendere corretti i parlanti nativi ogni qual volta sia plau-sibile farlo naturalmente secondo la nostra concezione della correttezz;. Cio che giustilica la procedura e il fatto che l' ac-cordo e il disaccordo sono parimenti intelligibili solo sullo sfondo di un ampio accordo. Applicato al linguaggio, questo principio suona cosl: quanti piu enuncia~ ~onveniai;:-o. d 'accet-tare o respingere (con o senza la mediazione dell mterpreta-zione), tanto meglio comprendiamo i rimanenti, sia che ci tro-viamo d' accordo su di essi oppure no.

    Il principio metodologico di interpretare in modo da otti-mizzare l' accordo non deve essere concepito come fondato su un presupposto di indulgenza nei confronti dell'intelligenza um.ana, presupposto che potrebbe rivelarsi false. Se non riu-sciamo a trovare un modo per interpretare i proferimenti e al- . tri comportamenti di un essere come rivelatori di un insieme di credenze ampiamente coerenti e vere secondo i nostri criteri, non abbiamo motive di considerare razionale quell'essere, ne di considerarlo in grado di avere credenze o di dire alcunche.

    Vorrei interporre qui iin'osservazione sulla metodologia della mia proposta. In filosofia siamo avvezzi all'uso di defini-zioni, analisi e riduzioni. Queste cose mirano tipicamente a condurci da concetti di cui abbiamo una comprensione chiara, o migliore, o piu fondamentale dal punto di vista epistemolo-gico 0 ontologico, ad altri con~etti ~e desideri~o capire. n 1' metodo che ho delineato non nentra m nessuna di queste cate-gorie. Quella che ho proposto e una relazione meno rigida tra i I concetti da chiarire e quelli relativamente piu elementari. Al I centre del quadro si trova una teoria formale, una teoria della verita, che impone una struttura complessa a enunciati conte- I nenti le nozioni primitive di verita e soddisfacimento. Tali no- .i'. zioni trovano applicazione :in base alla forma della teoria e alla natura dell' evidenza. Il risultato e una teoria parzialmente :in- ~

    ' terpretata. n vantaggio di questo metodo non e tanto nel suo t libero richiamo alla nozione di conferma in base a prove, ma j nell'idea di una teoria potente interpretata nel punto pill van- l taggioso. Questo ci consente di riconciliare l' esigenza di una i struttura semanticamente articolata con una teoria che risulta !

    I i

    INTERPRETAZIONE RADICAI.E 209

    esaminabile solo al livello enunciativo. Un vantaggio piu sottile e il fatto che un insieme molto ridotto di prove a conf erma di ciascuna ipotesi (di cui vi e un numero potenzialmente infi-nito) puo produrre risultati significativi, anche rispetto all'ipo-tesi stessa. Conoscendo unicamente le condi.z:ioni alle quali i parlanti reputano veri gli enunciati possiamo, data una teoria soddisfacente, ottenere un'interpretazione di ciascun enun-ciato. Non resta che corroborare quest'ultima affermazione. La teoria, di per se, puo dare tutt' al piu delle condizioni di ve-

    . rita. Occorre ora dimostrare che, se tale teoria soddisfa le con-dizioni che abbiamo specificato, puo essere utilizzata per pro-durre interpretazioni.

    .3. Sapendo 7he un~ ~eoria 4etla v~rita soddisfa t' crteri empin"ct' e formalz descnttt, posszamo mterpretare proferimenti della lingua per la qitale essa e una teoria?

    Una teoria della verita implica logicamente un V-enunciato per ciascun enunciate del linguaggio oggetto e un V-enunciato fornisce delle condizioni di verita. Si e percio tentati di dire semplicemente che un V-enunciato da il significat0>~ di un enunciate, e ovviamente non lo fa nominando o descrivendo un' entita che e un significato, ma semplicemente dicendo a quali condizioni e vero un proferimento dell'enunciato.

    Riflettendo meglio, tuttavia, diventa chiaro che un V-enun-ciato non da il significato del relativo enunciato : e vero che i V-enunciati fissano il valore di verita relativamente a certe condi-zioni, ma non dicono che l' enunciato del linguaggio oggetto e vero perche valgono tali condizioni. Tuttavia, se contassero solo i valori di verita, il V-enunciato relative a La neve e bianca potrebbe dire che questa frase e vera se e solo se la neve e bianca, ma anche se e solo se l' erba e verde o se e solo se 2 + 2 = 4. Forse possiamo nutrire fiducia nel fatto che una sod-disfacente teoria della verita non produrra simili V-enunciati anomali, ma questa fiducia non ci autorizza a sopravvalutare i V-enunciati.

    Potrebbe apparire utile affermare che non e il V-enunciato da solo, quanto piuttosto la dimostrazione canonica del Y-enunciato, a consentirci d'interpretare l' enunciate straniero. E facile costruire una dirnostrazione canonica, data una teoria

  • 210 INTERPRETAZlONE RADICALE

    della verita; essa infatti procede attraverso una successione di bicondizionali e, per l'unicita, non e richiesto altro che akune -.. ;; " :~. occasionali decisioni per regolare la precedenza a destra e a si- :;11. C . nistra. La dimostrazione riflette in effetti la forma logica asse- '!~ .. , gnata all' enunciato dalla teoria e, pertanto, si puo pensare che essa riveli qualcosa riguardo al significato. In realti., pero, se sapessimo solamente che una certa successione di enunciati e la dirnostrazione di un particolare V-enunciato, a partire da una qualche teoria vera, non ne sapremmo pill di prima su come procedere all'interpretazione.

    Sempre nella stessa direzione, si potrebbe infine suggerire che sia possibile interpretare un particolare enunciato cono-scendo una teoria della verita corretta che si applichi alla lin-gua in cui e espresso l' enunciato. In quel caso, inf at ti, conosce-remmo non solo il V-enunciato relativo all' enunciato da inter-pretare, ma conosceremmo anche i V-enunciati relativi a tutti gli altri enunciati; nonche, ovviamente, tutte le dimostra-zioni. Riusciremmo allora a vedere il posto spettante all' enun-ciato nel complesso della lingua, conosceremmo il ruolo di ognuna delle parti significative dell' enunciato e disporremmo di una conoscenza delle connessioni logiche tra questo enun-ciato e gli altri.

    Se sapessimo che rm V-enunciato soddisfa la Convenzione :.t V di Tarski, sapremmo che e vero e potremmo impiegarlo per :j interpretare un enunciate, in quanta sapremmo che il lato de- J. stro del bicondizionale e una traduzione dell' enunciate da in- -~'. terpretare. La difficolta . in cui ci troviamo scaturisce dal fatto che, nell'interpretazione radicale, non possiamo presupporre .... ~ che un V-enunciato soddisfi il criteria della traduzione. Tutta-via, ci e sfuggito finora il fatto che abbiamo individuato un cri-teria alternativo: tale criteria ci dice che il cornplesso dei V-enunciati deve adattarsi in modo ottimale (nel senso de-scritto sopra) all'evidenza riguardanti gli enunciati che i par-lanti nativi reputano veri. La nostra idea e questa: cio che Tar-ski semplicemente assumeva per ciascun V-enunciato puo es-sere determinato indirettamente, mediante l'imposizione di una restrizione di carattere olistico. Se la restriziane e ade-guata, ogni V-enunciato produrra di fatto un'interpretazione accettabile.

    Un V-enunciato appartenente a una tearia ernpirica della verita puo quindi essere utilizzato per interpretare un enun-

    INTERPRETAZIONE MD!CALE 211

    ciato, purche conosciamo anche la teoria che lo implica e sap-piamo che si tratta di una teoria che soddisfa i criteri empirici e formali 11. Infatti, se le restrizioni sono adeguate, il ventaglio di teorie accettabili sara tale che qualunque di esse produce una interpretazione corretta per ciascun proferimento potenziale. Per vedere come potrebbe procedere questo dispositivo, si ac-cetti per un momento l'assurda ipotesi per cui le restrizioni ri-ducano le teorie accettabili a una sola, che irnplichi il V-enun-ciato M discusso in precederua. Saremmo allora autorizzati a

    . usare questo V-enunciato per interpretare il proferimento di Es regnet da parte di Kurt dicendo che ha detto che piove. Data la natura flessibile delle restrizioni, e improbabile che tutte le teorie accettabili siano identiche. Una volta disponibile tutta l' evidenza, resteranno ancora da bilanciare - come ha sottolineato Quine - le credenze che attribuiamo a un par-lante e le interpretazioni che diamo alle sue parole. Ma l'inde-terminatezza che ne risulta non puo essere cosi grande da im-ped.ire a una teoria che superi I' esame di essere utilizzata per compiere interpretazioni.

    17 Si veda ii saggio 12 e la nota 11 de! saggio 2.