uso della stereolitografia per la realizzazione di elementi strutturali progettazione tramite metodo

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE Facoltà di Architettura Laurea in Architettura classe 04/S Dipartimento di Costruzioni A.A. 2011/2012 USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA Laureando: Kolja Reinhardt Relatore: Prof. Giovanna Ranocchiai Correlatori: Ing. Enrico Dini, Arch. Giuseppe Berti

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USE OF STEREOLITHOGRAPHY FOR THE REALIZATION OF STRUCTURAL ELEMTS: DESIGN THROUGH TNA METHODOLOGY Abstact this paper analyzes the possibility of using 3d printers in architectu- re, in particular, the d-shape technology. Based on the lessons of the great engineers and architects of the last century as torroya, nervi, Candela, according to which the raw material is arranged according to a geometry indicated by the static model, it has been noted that the physical and mechanical properties of the d-shape material are suita- ble for the construction of freeform shells, thus allowing to complete- ly eliminate the various difficulties associated with the realization of double-curved surfaces. An actual design process has been developed, characterized by an initial phase of form-finding, which follows the phase of materialization, in which switching from the digital model to the “real”, and finally concluded by the prototyping phase with d -shape. the results so far achieved show great possi

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZEFacoltà di Architettura

Laurea in Architettura classe 04/SDipartimento di Costruzioni

A.A. 2011/2012

USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI:

PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA

Laureando: Kolja Reinhardt

Relatore: Prof. Giovanna Ranocchiai

Correlatori: Ing. Enrico Dini,

Arch. Giuseppe Berti

Abstact

This paper analyzes the possibility of using 3D printers in architectu-re, in particular, the D-shape technology. Based on the lessons of the great engineers and architects of the last century as Torroya, Nervi, Candela, according to which the raw material is arranged according to a geometry indicated by the static model, it has been noted that the physical and mechanical properties of the D-shape material are suita-ble for the construction of freeform shells, thus allowing to complete-ly eliminate the various difficulties associated with the realization of double-curved surfaces. An actual design process has been developed, characterized by an initial phase of form-finding, which follows the phase of materialization, in which switching from the digital model to the “real”, and finally concluded by the prototyping phase with D -shape. The results so far achieved show great possibilities for the future.

The methodology described here can lead to a real prefabrication, to be understood not in the sense of a serial production of artifacts indif-ferent to the place in which they are placed, but in the literal meaning of pre-fabricated shells freeform, to be used in different constructive areas.

USE OF STEREOLITHOGRAPHY FOR THE REALIZATION OF STRUCTURAL ELEMTS:

DESIGN THROUGH TNA METHODOLOGY

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USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI:

PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA

Abstact

Il presente lavoro analizza la possibilità di utilizzare le stampanti 3d in ambito architettonico e, in particolare, la tecnologia D-shape. Sulla base della lezione dei grandi strutturisti del secolo scorso come Tor-roya, Nervi, Candela, secondo i quali la materia viene disposta se-condo una geometria indicata dal modello statico, si è visto come le caratteristiche fisiche meccaniche del materiale D-shape siano idonee per la costruzione di gusci free form, consentendo così di eliminare completamente le varie difficoltà legate alla realizzazione di superfici a doppia curvatura. È stato sviluppato un vero e proprio iter progettua-le, caratterizzato da una fase iniziale di form-finding, a cui segue la fase di materializzazione, nella quale si passa dal modello digitale a quello “reale”, e infine concluso dalla fase di prototipazione con D-shape. I risultati finora raggiunti prospettano grandi possibilità.

La metodologia qui descritta può portare a una vera e propria prefab-bricazione, da intendersi non nel senso di una produzione seriale di manufatti indifferenti al luogo in cui sono posti, bensì nel significato letterale di pre-fabbricazione di gusci freeform, da utilizzare in diversi ambiti costruttivi.

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INDICE

1. INTRODUZIONE 6

1.1 Introduzione 6 1.2 Effetto Bilbao 8 1.3 Il rapporto tra forma e struttura 9 1.3.1 Architettura tettonica e atettonica 9 1.3.2 Verso un’architettura atettonica 11 1.3.3 Rapid building: 3d printing construction 11

2. TECNOLOGIE ADDITIVE 13

2.1 Sostenibilità e prototipazione rapida

per l’industria edile 13 2.1.1 Introduzione 13 2.1.2 Costruzioni Sostenibili 13 2.1.3 Rapid Building 14 2.1.4 Prototipazione Virtuale 16 2.1.5 Conlusioni 18

2.2 D-shape 18

2.2.1 Premessa 18 2.2.2 Divario tra la tecnologia costruttiva e il nuovo linguaggio formale dell’architettura 20 2.2.3 D-shape la rivoluzione copernicana 21 2.2.4 Processo e prodotto 22 2.2.5 Il materiale 23 2.2.6 D-stone Bianco di Zanobbio 25 2.2.7 Descrizione del processo 26 2.2.8 Scheda tecnica 28

3. IL MODELLO STRUTTURALE 29

3.1 Introduzione 29

3.2 Portale 29

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3.3 Radiolaria 31

3.4 Caratteristiche del modello strutturale 31

3.4.1 Perchè un guscio a doppia curvatura? 32 3.4.2 Problema di form-finding 32 3.4.3 Il modello come ricerca formale 33 3.4.4 Riabilitazione della statica grafica 33

4. TNA 35

4.1 Thrust Network Analysis 35

4.1.1 Ipotesi 35 4.1.2 Nomenclatura 36 4.1.3 Figure reciproche 37 4.1.4 Carichi verticali 38 4.1.5 Reticoli indeterminati 41 4.1.6 Panoramica delle fasi principali 43

4.2 Modello del reticolo delle pressioni 45

4.2.1 Formulazione dei Vincoli 45 4.2.2 Linearizzazione dei vincoli 47

5. RHINOVAULT 49

5.1 Introduzione 49

5.2 Il software 50

5.2.1 Barra degli strumenti 50 5.2.2 Gestione dei dati attraverso i layer 52 5.2.3 I settaggi 52 5.2.3.1 Vault Height Scale 53 5.2.3.2 Angle Tollerance 53 5.2.3.3 Edge Min/Edge Max 54 5.2.3.4 Iteration and Step Size 54 5.2.3.5 High Precision/ Runge Kutta 4th Order 54 5.2.3.6 Show Color Analysis/Show Mesh/Show Pipes 55 5.2.4 Generate Form Diagram 55 5.2.5 Generate Dual Graph 55 5.2.6 Relax and Smoothen the Form Diagram 56 5.2.7 Modify Diagram 56

INDICE

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5.2.7.1 Move/Scale 2D/Scale 1D/Bend 57 5.2.7.2 Supports 58 5.2.7.3 Openings 58 5.2.7.4 Node Weight 59 5.2.8 Horizontal Equilibrium 59 5.2.9.Vertical Equilibrium 60

6. IL PROGETTO 61

6.1 Introduzione 61

6.2 Form-finding 61

6.2.1 Form-finding con RhinoVAULT 61 6.2.2 Verifica e costruzione geometrica del modello continuo 54

6.3 Materializzazione 66

6.3.1 Materializzazione 66 6.3.2 Pattern di taglio 66 6.3.3 Spessore 67

6.4 Analisi FEM 69

6.5 Concept 73

6.5.1 Ingegnerizzazione di un concio di pietra 73 6.5.2 Prototipazione con D-shape 74 6.5.3 Modalità di montaggio 78

7. CONCLUSIONI 82

7.1 Conclusioni 82

BIBLIOGRAFIA 84

INDICE

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 Introduzione

Ci siamo abituati a pensare al “freeform design” come quella tecnica in cui l’architetto intraprende una ricerca formale il cui obiettivo prici-pale consiste nella realizzazione, non di un’opera architettonica, bensì di un’opera d’arte. Invece, l’idea di fondo che si contrappone a questa impostazione si trova sintetizzata nella riflessione di Adolf Loos, quan-do sostiene che:

“La casa deve piacere a tutti. A differenza dell’opera d’arte che non ha biso-gno di piacere a nessuno”.

Il risultato del “freeform design” è una forma che stupisce l’osservatore, poiché solitamente sfida le leggi della fisica e della geometria. A ben vedere l’architetto mostra una grande sensibilità plastica. Infatti egli, ormai alienato dalla triade Vitruviana, appare sempre più simile a uno scultore. A tal proposito, memorabile è la scena del film documentario di Sydney Pollak dal titolo Frank Gehry-Creatore di sogni, nella quale si vede l’architetto Gehry immerso nel suo particolare e personale percor-so di ricerca formale. Egli si ferma ad osservare il modello di cartone di un suo progetto, ma non ne è ancora soddisfatto. Per esprimere la sua soddisfazione ricorre alle parole “funny” e “weird”. Si ritiene infine soddisfatto solo quando, dopo una serie di modifiche esclusivamente di carattere estetico, definisce la sua opera come “stupid looking”, non considerando affatto il materiale più adatto alla sua realizzazione. Sul-la questione Gehry si limita a dire: “I dont know yet …probably it will be metal”. Egli è assolutamente certo della possibilità di realizzare la sua creazione, dal momento che è sicuro del fatto che ormai l’evoluzione della tecnologia, della scienza e della tecnica delle costruzioni riesce a riprodurre tutto. Alla base della sua impostazione sembra esserci l’idea che, se è oggettivamente possibile costruire una determinata for-ma con un modello di cartone, allora ci sarà sicuramente anche una soluzione per farlo diventare una realtà, cioè un’opera architettonica. Dal film Gehry appare così sicuro della tecnologia che sembra essersi dimenticato della grande lezione di Galileo che nei suoi Dialoghi intor-no a due nuove scienze evidenzia il problema della scala delle strutture e dei materiali. Scrive infatti Galileo:

Fig. 1.1-1. Scene tratta dal film Krank Gehry - Creatore di sogni.

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“Or vegghino come dalle cose sin qui dimostrate apertamente si raccoglie l’im-possibilità del poter non solamente l’arte, ma la natura stessa, crescer le sue macchine a vastità immensa: sì che impossibil sarebbe fabbricar navilii, pa-lazzi o templi vastissimi, li cui remi, antenne, travamenti, catene di ferro, ed in somma le altre lor parti, consistessero; come anco non potrebbe la natura far alberi di smisurata grandezza, poiché i rami loro, gravati dal proprio peso, finalmente si fiaccherebbero; e parimente sarebbe impossibile far strutture di ossa per uomini, cavalli o altri animali, che potessero sussistere e far propor-zionatamente gli uffizii loro, mentre tali animali si dovesser agumentare ad altezze immense, se già non si togliesse materia molto più dura e resistente della consueta, o non si deformassero tali ossi, sproporzionatamente ingrossan-dogli, onde poi la figura ed aspetto dell’animale ne riuscisse mostruosamente grosso: il che forse fu avvertito dal mio accortissimo Poeta, mentre descrivendo un grandissimo gigante disse:

Non si può compatir quanto sia lungo, Sì smisuratamente è tutto grosso.

E per un breve esempio di questo che dico, disegnai già la figura di un osso allungato solamente tre volte, ed ingrossato con tal proporzione, che potesse nel suo animale grande far l’uffizio proporzionato a quel dell’osso minore nell’ani-mal più piccolo, e le figure son queste:

dove vedete sproporzionata figura che diviene quella dell’osso ingrandito. Dal che è manifesto, che chi volesse mantener in un vastissimo gigante le pro-porzioni che hanno le membra in un uomo ordinario, bisognerebbe o trovar materia molto più dura e resistente, per formarne l’ossa, o vero ammettere che la robustezza sua fusse a proporzione assai più fiacca che ne gli uomini di sta-tura mediocre; altrimente, crescendogli a smisurata altezza, si vedrebbono dal proprio peso opprimere e cadere. Dove che, all’incontro, si vede, nel diminuire i corpi non si diminuir con la medesima proporzione le forze, anzi ne i minimi crescer la gagliardia con proporzion maggiore: onde io credo che un piccolo cane porterebbe addosso due o tre cani eguali a sé, ma non penso già che un cavallo portasse né anco un solo cavallo, a se stesso eguale”.

Fig. 1.1-2. Disegno dell’osso di Galileo.

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1.2 Effetto Bilbao

La grande sensibilità plastica di alcuni degli architetti delle freeform ha reso possibile la creazione di oggetti architettonici che sono delle vere e proprie opere d’arte, laddove la “struttura” e la “funzione” assu-mono invece un ruolo del tutto marginale. In questi casi l’architetto si trasforma in un artista e l’opera architettonica in un’opera d’arte, capace di incantare il suo pubblico. Si tratta di un edificio talmente bello che gli utenti si dimenticano di tutte le difficoltà, degli svantag-gi, delle scomodità e dei costi di realizzazione.

Questo fenomeno ha preso il nome di “effetto Bilbao”, in quanto Frank Gehry con il suo Guggenhaim Museum, proprio grazie alle sue grandissime capacità artistiche, è riuscito ad incantare il mondo inte-ro, favorendo così la trasformazione e lo sviluppo di una città degra-data.

Se un tempo questo genere di architettura formale era riservato a coloro che avevano delle capacità plastiche e artistiche nettamente al di sopra della media, lentamente, con l’avvento dell’informatica si è assistito ad un processo di democratizzazione, cosicché in un primo momento è stato possible riprodurre delle imitazioni e poi, gradual-mente, si è andata radicando la convinzione che per avere una buona architettura si debba sempre ricercare la “forma strana”.

Di conseguenza la figura dell’architetto, nello sforzo di piacere e di conquistare il mercato, si è sempre più concentrato sulla ricerca di questo particolare linguaggio formale in grado di funzionare; in altre parole egli, pur di stupire, è arrivato al punto di abusare del mondo virtuale fino a venirne inglobato. Inoltre ha iniziato a rappresentare architetture utopiche, allontanandosi sempre più dall’architettura re-ale, la quale è composta non solo dal’ars (creatività), ma anche dalla téchne (conoscenze tecnico scientifiche).

Fig. 1.1-3. Museo Guggen-haim Bilbao. Fonte: http://www.nbcchicago.com

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1.3 Il rapporto tra forma e struttura

1.3.1 Architettura tettonica e atettonica

I progressi tecnologici nel settore dell’informatica hanno rivoluziona-to il modo di concepire un’opera architettonica: ricorrendo a potenti algoritmi di modellazione si riesce a definire qualsiasi forma tridimen-sionale, anche quelle che la mente umana non era in grado di conce-pire e contemporaneamente con la rivoluzione informatica sono stati generati dei modelli di calcolo capaci di risolvere i più complessi feno-meni fisici, dimenticando l’epoca semi-empirica dell’ingegneria.

“L’ideazione di un sistema resistente è atto creativo che solo in parte si basa su dati scientifici; la sensibilità statica che lo determina, se pure necessaria conseguenza dello studio dell’equilibrio e della resistenza dei materiali, resta, come la sensibilità estetica, una capacità puramente personale”. (Nervi).

Questo fenomeno ha rotto il rapporto che è sempre esistito tra forma e struttura, dando luogo a una diacronia. L’architetto è scoraggiato dalla grande complessità della “nuova ingegneria strutturale”, ma allo stesso momento può confidare nella sicurezza dell’esistenza di una so-luzione, così si sente libero di generare qualunque forma e, una volta terminato lo studio formale, affida a uno specialista l’onere di trovare una soluzione strutturale che garantisca la stabilità del suo oggetto. Come risultato si ha un’incoerenza tra le soluzioni formali e le esigen-ze strutturali (p.e. il Guggenhaim Museum e il Ponte Alamillo1).

A tal proposito scrive Nervi:

“...l’applicazione della ricerca teorica a base matematica allo studio dell’equi-librio interno dei sistemi resistenti, iniziata nel secolo scorso e via via ampliata fino a raggiungere l’attuale notevole sviluppo , se ha portato un formidabi-le aiuto alla soluzione dei problemi statici, ha inevitabilmente contribuito a inaridire le fonti dell’intuizione e della sensibilità statica, favorendo quel distacco tra mentalità matematico-tecnica e mentalità intuitivo-artistica che

1 Il ponte Alamillo di Siviglia è stato identificato come un falso strutturale da Massimo Majowiecki. Si veda per questo M. Majowiecki, ARCHITETTURA e STRUT-TURE: L’ETICA NEL FREE-FORM-DESIGN (FFD), IUAV (Venezia, Italia), in www.majowiecki.com/studio/wp-content/.../Filosofia-italiano.pdf

Fig. 1.1-3. Ponte Alamillo Sivi-glia. Fonte: www.floornature.it

Fig. 1.1-3. Struttura Guggen-haim Museum Bilbao. Fonte: http://www.photoree.com

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consacrato nella divisione scolastica e professionale tra ingegneri e architetti, va considerato come una delle cause non ultime della crisi in cui da diversi decenni si dibatte l’architettura.” (Nervi)

In passato la concezione strutturale ha influenzato drasticamente la creatività nell’ambito del percorso di ricerche formali, contribuendo a porre dei vincoli al fine di ottenere un risultato unitario. Questo me-todo ha difatti guidato l’architetto nel processo creativo e compositi-vo; “le nuove forme” sono state generate da nuovi modelli meccanico matematici.

I maestri del movimento moderno hanno interpretato in modo diver-so la relazione tra le componenti vitruviane, cercando una loro sintesi e un loro equilibrio, in particolare rispetto al rapporto tra forma e struttura. Si ha il caso in cui il linguaggio strutturale è evidente ed integrato in modo organico come nelle architetture di Wright, Mies e Aalto.

“La forma è davvero uno scopo? Non è piuttosto il risultato del processo del dare forma? Non è il processo essenziale? Una piccola modifica delle condizio-ni non ha come conseguenza un altro risultato? Un’altra forma? Io non mi oppongo alla forma in sè, ma soltanto alla forma intesa esclusivamente come scopo del lavoro. Lo faccio sulla base di una serie di esperienze e di convinzioni da queste derivate. La forma come scopo porta sempre al formalismo”. (Lu-dwig Mies van der Rohe)

Poi il caso dove ci sia una totale integrazione di tutte le componenti Khan, Ando e Ito.

“... l’Ordine è ... progettare e comporre forme in Ordine. La forma emerge da un sistema costruttivo. Crescita è costruzione...e se chiedete al mattone cosa vuole, risponderà: ”Bé vorrei essere un arco”.(Luis Khan)

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e infine il caso dove il linguaggio formale coincide con il linguaggio strutturale Torroya,Nervi,Candela.

“La soluzione naturale di un problema costruttivo – frutto di arte senza ar-tificio – che risponde compiutamente alle condizioni imposte, colpisce come una rivelazione e soddisfa, ad un tempo, i requisiti del tecnico e le esigenze dell’artista. La nascita di un complesso strutturale, risultato di un processo creativo, fusione di arte e di tecnica, d’ingegno e di ricerca, d’immaginazione e di sensibilità, va oltre il regno della logica pura per varcare le arcane frontie-re dell’ispirazione. Gli schemi di calcolo sono preceduti e dominati dall’idea che modella il materiale in forma resistente e lo adegua alla sua funzione”. (Eduardo Torroja)

1.3.2 Verso un’architettura atettonica

Con il passare del tempo si è andato completando il processo di scis-sione tra ars e téchne ed ora è la tecnologia che si adatta alle forme ca-suali ideate da sofisticati software di modellazione. Nelle realizzazioni dei giorni nostri dominano ponti scultura, coperture a forma libera, grattacieli a spirale. C’è dunque una contrapposizione tra come l’ar-chitettura sembra, rispetto a come essa sia in realtà. In effetti la forma non ha nulla a che fare con i principi strutturali. Il modus operandi di personaggi come Eiffel,Torroja,Nervi e altri, che associavano la bel-lezza di una forma alla sua struttura, è un ricordo lontano. Gli attuali esempi di architettura dimostrano molte incertezze sia tecnologiche, sia strutturali, causando pertanto un enorme spreco di materiali, di energia e di risorse umane. Gli architetti hanno una grande responsa-bilità in tal senso: è stato calcolato che quasi il 50% dell’inquinamen-to globale è dovuto ad attività connesse al mondo delle costruzioni. Questo approccio non è più tollerabile, si avverte la necessità di ag-giungere una nuova componente alla triade vitruviana: la sostenibilità ambientale.

1.3.3 Rapid building: 3d printing construction

Le attuali ricerche, volte ad elaborare nuove tecnologie costruttive e a trovare nuovi materiali, stanno cercando inoltre di colmare il “gap”

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tra il nuovo linguaggio formale dell’architettura generato dai software e le tecniche costruttive. La tecnologia più promettente per realizzare free-forms sembra essere quella della stereolitografia, conosciuta anche come stampa 3d; essa viene già utilizzata per la prototipazione rapi-da.

L’ogetto di questo lavoro consiste nell’analizzare la tecnologia di ste-reolitografia D-Shape e di realizzare un elemento strutturale freeform, avendo a disposizione due macchine con un’infinita capacità forma-le (quella per disegnare e quella per dare forma), l’obbiettivo non è quello di generare una “forma strana” per cercare lo stupore, ma al contrario di capire i vincoli della tecnologia D-shape e, una volta capiti, generare un processo progettuale etico. Intendo per processo progettuale etico un processo che sviluppi la libertà progettuale nel rispetto delle necessità del sistema (società, economia, ambiente) e che raccolga la sfida della sostenibilità, contrastando il modus operandi di certa architettura contemporanea. “Ogni materiale possiede un linguaggio formale che gli appartiene e nessun materiale può avocare a sé le forme che corrispondono ad un altro materiale. Perchè le forme si sono sviluppate a par-tire dalla possibilità di applicazione e dal processo costruttivo proprio di ogni singolo materiale.” (A. Loos)

“Nessun materiale consente una intromissione nel proprio repertorio di for-me.” (A. Loos).

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CAPITOLO 2

TECNOLOGIE ADDITIVE

2.1 Sostenibilità e Prototipazione Rapida

per l’Industria Edile

2.1.1 Introduzione

Non importa con quale nome la si voglia chiamare: Direct Digital Ma-nufacturing, Additive Production, Additive Freeform Fabrication, Solid Free-form Fabrication, Rapid Prototyping, Production Levels, 3D Printing or Ste-reolithography Technology. Tutti questi appellativi diversi accomunano una tecnologia additiva che riesce a costruire fisicamente delle forme realizzate e concepite con modellatori tridimensionali CAD 3d.Sviluppatasi a metà degli anni 80, conosciuta con il nome di Prototi-pazione Rapida è stata usata per la realizzazione di prototipi, in quan-to non necessita di investimenti di tempo e di capitale per definire la metodologia e il sistema costruttivo.

Negli ultimi anni la Prototipazione Rapida è emersa dal suo settore di nicchia, diventando competitiva alle tecnologie tradizionali in termini di prezzo, velocità, affidabilità e costi di gestione. Essa sta rivoluzio-nando il modo di fabbricare piccoli oggetti con una vasta gamma di materiali, includendo plastiche resistenti e titanio; vengono prodotti giocattoli, gioielli, mobili e componenti meccanici. Secondo alcuni questa metodologia creerà i fondamenti per la terza rivoluzione indu-striale.

2.1.2 Costruzioni sostenibili

Gli standard di vita occidentali e i suoi relativi sprechi stanno lenta-mente conquistando il mondo, basti pensare all’aumento di consumo di energia da parte dei cosiddetti paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina). L’industria edile consuma una grande quantità di materie pri-me ed è una delle maggiori cause globali di spreco energetico.

E’ stato stimato che il 45% dell’energia prodotta in Europa viene uti-lizzata nel settore edilizio; il 50% dell’inquinamento atmosferico in Europa è prodotto dal settore edilizio; il 50% delle risorse sottratte alla natura sono destinate all’industria edilizia; il 50% dei rifiuti prodotti annualmente in Europa proviene dal settore edilizio. (rock wall)

Fig. 2.1-1. Partendo dalla prototipazione rapida si giunge al pezzo finito. Fonte: http://www.cemsrl.com/progetti_detta-glio.php?id=20

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USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA. CAPITOLO 2

Dinanzi a questi dati così allarmanti sicuramente si sente la necessità di cercare delle soluzioni che consentano al settore edilizio di raggiun-gere una sostenibilità ancora lontana. Questa non deve essere sola-mente richiesta al prodotto finito con tecnologie che garantiscano un edificio a basse emissioni. Ma si deve pensare a come poter abbattere i consumi, al fine di ottenere materiali ad alte prestazioni, cercando di ripensare tutta la filiera edile e tutte le tecnologie costruttive.

2.1.3 Rapid building

A partire dagli anni 90 sono inziati degli studi per applicare il sistema di Prototipazione Rapida all’industria edile con il termine di Rapid Building. Sicuramente il Rapid Building può indirizzare l’industria edile verso un abbattimento dello spreco di energia per produrre i vari ma-teriali e componenti edili.Basti pensare a come il Rapid Building sia una tecnologia additiva ov-vero necessita solamente dell’energia e del materiale di produzione. Il processo genera solo la parte desiderata; ciò contrasta con i meto-di tradizionali che, ad esempio, per la lavorazione dei metalli hanno bisogno di un grande quantitativo di energia per fondere le materie prime e, successivamente, per dare loro la forma desiderata attraverso varie fasi di lavorazione, che spesso comportano la rimozione di una quantità notevole di materiale in eccesso e con ciò un enorme spreco. Si vanno così a produrre molti rifiuti i quali necessitano grandi con-centrazioni di energia per il loro smaltimento.

Countour Crafting -

Contour Crafting è stata sviluppata dall’università della California dal Dr. Khoshnevis; si tratta di una macchina di deposizione che usa il calcestruzzo con l’aggiunta di resine chimiche per controllare la vi-scosità e il tempo di stagionatura del materiale. L’augello d’estrusione deposita il materiale con una mestola robotica, la quale controlla il profilo, garantendo una superficie levigata. Contour Crafting deposita due strati di materiale paralleli tra di loro, lasciando un’intercapedi-ne, la quale viene riempita con un materiale voluminoso. In quanto al processo di costruzione questo sistema garantisce tempi rapidi e un minimo utilizzo di casseforme che faranno parte della struttura

Fig. 2.1-2. Augello d’estrusione Countour Crafting. Fonte: http://www.contourcrafting.org/

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USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA. CAPITOLO 2

ultimata.

Concrete Printing -

Concrete Printing è stata sviluppata dal gruppo di ricerca di produ-zione additiva presso l’Università di Loughborough UK. Il suo fun-zionamento è molto simile al Counter Craftig: un augello deposita il materiale selettivamente; la differenza sta nel fatto che questo può variare la sua risoluzione in modo tale da essere più preciso nelle parti più complesse.

D-shape -

D-shape è stata sviluppata da Enrico Dini e si differenzia di molto ri-spetto alle tecnologie descritte precedentemente. D-shape si comporta come una vera e propria stampante, depositando selettivamente un li-quido inorganico sopra uno strato di sabbia, la cui altezza può variare dai 5-10 mm. Il liquido a contatto con la sabbia e con un catalizzatore mischiato ad essa genera una reazione chimica, trasformando la sab-bia in una sorta di pietra artificiale.

Fig. 2.1-3. Countour Crafting.Fonte: http://www.con-tourcrafting.org/

Fig. 2.1-4. Augello d’estrusio-ne Concrete Printing. Fonte: http://www.rationaloptimist.com/blog/print-your-own-organs

Fig. 2.1-5. Concrete Printing.Fonte:http://www.buildfree-form.com/index.php

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Al contrario della tecnologia Contour Crafting e Concrete Printing que-sto metodo ha molti vantaggi in quanto la sabbia che non viene “soli-dificata” funge da supporto, permettendo la produzione di curve com-plesse non solamente sul piano dove viene depositato il materiale xy, ma anche sui piani xz e yz. Il metodo D-shape può realmente generare qualunque forma.

2.1.4 Prototipazione Virtuale

Con il termine prototipazione virtuale si vuole indicare una metodo-logia che impiega le tecniche di Software di modellazione tridimensio-nali e di simulazione numeriche per sviluppare un prodotto in modo da ridurre la costruzione di prototipi fisici e, quindi, risparmiare tem-pi e costi di produzione.

Negli ultimi anni il mondo dell’architettura e dell’ingegneria ha ini-ziato ad occuparsi concretamente delle problematiche relative al rag-giungimento di una progettazione sostenibile, non soltanto cercando di utilizzare materiali con bassi costi di produzione e non nocivi, ma utilizzando le stesse tecnologie del settore aerospaziale per ridurre no-tevolmente l’uso di materiale attraverso l’utilizzo di software computa-zionali, parametrici e algoritmi di ottimizzazione.

Il Water Cube, costruito per le olimpiadi del 2008, è un chiaro esempio

Fig. 2.1-6. Augelli D-shape.Fonte:

Fig. 2.1-8. Boing 777 è stato il primo aereoplano progettato e preassemblato in formato di-gitale. Fonte:http-//www.boeing.com/commercial/777family/

Fig. 2.1-7. D-shape.Fonte:

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di come vadano operando tali software. L’ottimizzazione della struttu-ra è stata realizzata sfruttando le proprietà sulle superfici delle bolle di sapone, le membrature portanti sono state sistemate sugli spigoli esterni di ogni “bolla”, formando conseguentemente una complessa sovrastruttura tridimensionale con comportamento alla Vierendeel. Un ulteriore sviluppo dell’algoritmo creato per il Water Cube è visi-bile sulla struttura dell’AAMI Park Stadium a Melbourne: la copertura è sorretta da una serie di archi a profilo di catenaria ed elementi a guscio; il processo di ottimizzazione ha permesso il risparmio del 10% di acciaio. L’ottimizzazione strutturale ha un grandissimo potenziale nell’industria edile, specialmente se essa viene utilizzata in concerto con dei software fem.

Gli algoritmi di ottimizzazione strutturale sono stati sviluppati nel mondo da diverse Università. L’Innovative Structure Group dell’Univer-sità di Melbourne, basandosi sulle ricerche dei professori Mike Xie e Grant Steven, è riuscito a sviluppare un algoritmo Bi-directional Evolu-tionary Structural Optimization che, oltre ad ottimizzare delle forme eli-minando il materiale meno sollecitato nella struttura superflua, riesce anche ad aggiungerlo laddove sia necessario. Seguendo un processo iterativo si arriva ad avere un risultato “full stressed” in cui tutti gli ele-menti sopportano la stessa tensione massima.

Le tipologie architettoniche ottenute con un processo iterativo di ot-timizzazione strutturale risultano essere delle forme che si adattano perfettamente alle tecnologie di Rapid Building, in quanto le forme generate possono essere classificate come forme organiche e, pertanto, risultano di difficile realizzazione con metodi costruttivi tradizionali. Ma se realizzate con il Rapid Building, dove i costi di produzione sono relativi soltanto al tempo e alla materia utilizzata e non alla comples-sità delle forme geometriche, allora i forti contrasti tra le soluzioni

Fig. 2.1-9. Water Cube. Fonte:http://champchina-mojo2012.blogspot.it/2012/11/normal-0-false-false-false-en-us-x-none.html

Fig. 2.1-10. AAMI Park Stadium. Fonte:Arup Journal

Fig. 2.1-11. Procedimento B.E.S.O. Fonte:Arup Journal

Fig. 2.1-12. Ingresso Qa-tar National Convention. Fonte:http://qatarconvention.com

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formali date dal software e le difficoltà degli architetti ed ingegneri di realizzarle verrebbero eliminate.

2.1.5 Conclusioni

Da questo lavoro si evidenzia che, benché le tecnologie di Rapid Bu-ilding siano, in verità, molto recenti, esse possiedono già tutte le ca-ratteristiche fondamentali affinché in un futuro non molto lontano possano essere impiegate nell’ambito di architetture assolutamente competitive con gli altri sistemi edilizi. Si va delineando, inoltre, sem-pre con maggiore evidenza, che le varie tecnologie di Rapid Building potrebbero essere non soltanto un nuovo strumento per soddisfare la creatività formale degli architetti, ma attraverso la prototipazione vir-tuale esse potrebbero anche offrirci una realtà costruttiva finalmente sostenibile.

Tra le varie tecnologie di Rapid Building analizzate, quella del D-shape sembra essere la più promettente, essendo basata su tecnologie sempli-ci e realmente ecosostenibili.

2.2 D-shape

2.2.1 Premessa

Questo paragrafo introduce e illustra la tecnologia D-shape.Tuttavia, prima di procedere ad un’analisi dettagliata della tecnologia D-shape, è necessario fare alcune premesse, volte a una comprensione più approfondita dei suoi limiti e delle sue grandi potenzialità, senza cadere quindi in errori di valutazione che potrebbero derivare invece da un’indagine superficiale.

La prima impressione che si ha osservando D-shape è quella di avere semplicemente a che fare con una stampante stereolitografica ingran-dita Fig. 2.2.1 . In effetti il funzionamento delle due tecnologie è pres-soché lo stesso; l’unico aspetto che non hanno in comune è ravvisabile nell’ordine di grandezza. Inoltre, quando si osservano le forme genera-te da D-shape, si può rimanere delusi dalla loro definizione, in quanto

Fig. 2.2-1 Una stampante stereolitografica Z-Corp, basata sul brevetto MIT della fine degli anni ‘80. Fonte: http://www.zcorp.com

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“l’oggetto creato non è stato scalato” e pertanto la sua superficie si presenta ruvida e le sue curve sono un po’ incerte rispetto all’altissima definizione dell’oggetto digitale. Se dal punto di vista delle dimensio-ni i due oggetti creati sono scalabili, questo non accade invece per altri fattori, quali la velocità di stampa e la densità dei materiali utilizzati “sabbia e legante”. Ci troviamo dunque di fronte a una serie di pro-blematiche molto simili a quelle relative al già citato esempio dell’osso di Galileo.

Immaginiamo adesso di stampare lo stesso oggetto come in Fig. 2.2-3 con una stampante 3d e con D-shape: l’oggetto stampato con la stam-pante 3d avrà una dimensione di 10x10x10cm, mentre lo stesso og-getto stampato con D-shape avrà una dimensione di 100x100x100cm. Per avere la stessa risoluzione dei due oggetti rispetto all’occhio umano dobbiamo guardarli da una distanza diversa. Infatti, se guardiamo il primo oggetto da una distanza di 1m, dobbiamo osservare il secondo da una distanza di 10 m. Sicuramente questo margine di errore tra file 3d e oggetto reale sarà uno dei vincoli per sviluppare il nostro progetto free-form con l’idea di costruibilità.

2.2.2 Divario tra la tecnologia costruttiva e il nuovo linguaggio formale dell’architettura

A partire dal XIX secolo l’industria edile ha usato come materiale da

Fig. 2.2-2 D-shape. Fonte:

Fig. 2.2-3 Differenza di risolu-zione tra D-shape (destra) e una stampante Z-corp (sinistra).

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costruzione il cemento Portland colato in casseformi contenenti arma-ture in acciaio e per realizzare murature ha usato pietre e mattoni. Malgrado l’utilizzo di macchinari da costruzione come gru, pompe, be-toniere e “stampi” l’industria edile attualmente si serve dell’interven-to manuale di costruttori professionali che, con la loro manodopera, traducono il progetto dell’architetto in realtà. La tecnologia costrut-tiva di oggi non permette sempre di creare le free-form ottenute con i più avanzati software di modellazione. In effetti questi nuovi software 3D permettono all’architetto di concepire e progettare la sua idea di costruzione facilmente, ma gli esistenti metodi di costruzione impedi-scono di raggiungere la piena potenzialità che può essere espressa dai nuovi software di modellazione. I materiali esistenti, come cemento armato e acciaio, sono troppo costosi e non escono dalla logica co-struttiva del portale. Per esempio, per costruire una superficie com-plessa (nurbs) sarebbe necessario la realizzazione di stampi o costose casseforme a perdere munite di apposite armature complesse.

La stereolitografia, conosciuta anche come stratificazione o stampa 3D, permette la creazione di oggetti tridimensionali provenienti da file CAD e viene già utilizzata per la prototipazione rapida. Oggi vie-ne utilizzata per la fabbricazione di piccoli oggetti. Questi modelli di edifici in scala sono stati creati da una stampante Z-Corp 3D, la quale utilizza questo metodo, si ha l’illusione che per creare lo stesso edifi-cio in scala reale si necessita solamente di una stampante dalle giuste dimensioni e un buon legante.

Con l’introduzione della tecnologia D-shape Dini ha dato il via all’ap-plicazione di questo processo su ampia scala. Con il D-shape faremo in modo che gli architetti possano realizzare le costruzioni progetta-te utilizzando una macchina robotica che si serve della tecnologia di progettazione CAD-CAE-CAM e che è in grado di costruire opere ar-chitettoniche. Questo permetterà un livello di precisione e di libertà mai avuto prima e le limitazioni dei costruttori e dei muratori non saranno più d’intralcio alla visione degli architetti.

2.2.3 D-shape la rivoluzione copernicana

Fig. 2.2-4 Oggetto stampato con una stampante Z-corp. Fonte:

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La Fig. 2.2-6 mostra come «Radiolaria» è apparsa proprio dopo il pro-cesso «di stampa» durato due settimane e dopo la rifinitura manuale di una settimana. Si tratta di una struttura monolitica di sabbia stampata usando strati di sabbia, tenuti insieme da un nuovo e rivoluzionario legante inorganico. Si tratta in assoluto del primo esempio di stereoli-tografia classica applicata all’industria edile e rappresenta una grande innovazione, sia del prodotto, sia del processo. Questo gazebo è stato progettato dall’architetto londinese Andrea Morgante ispirandosi a un piccolo microorganismo chiamato «Radiolaria» ed è stato stampato (scala 1:4 rispetto alla dimensione finale) con la stampante 3D svilup-pata dall’ingegnere italiano Enrico Dini. Il materiale di cui è fatto il gazebo costa solo £ 60 (sabbia e collante). L’effetto di questa invenzio-ne nell’industria edile potrebbe essere paragonato a quello prodotto

dall’introduzione di stampanti al posto di macchine da scrivere negli uffici o all’invenzione dell’automobile. La prima Daimler costruita in serie di 12 esemplari nel 1892 aveva una cilindrata di 1076 CC, una potenza di 2,8 cavalli e una velocità massima di 18 km/h, meno che la metà della velocità di un cavallo in corsa. Oggi una Daimler Smart della stessa cilindrata sviluppa una potenza di 85 cavalli e una velocità di 145 km/h max. Queste due macchine, oltre ad avere quattro ruote, hanno un aspetto in comune, peraltro molto importante: un motore interno a combustione. Probabilmente la stampante concepita da Dini si trova a un livello analogo a quello raggiunto dai pionieri del settore automobilistico oltre un secolo fa, ma l’inventore ritiene che almeno due concetti si ritroveranno ancora nelle stampanti del futuro.

Fig. 2.2-5 Prima Daimler del 1892 e Smart. Fonte:

Fig. 2.2-6 Radiolaria. Fonte:

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Il principio di usare collanti ecologici e inorganici a basso prez- -zo come un getto d’inchiostro opera su un foglio di carta.

Il principio di stampare una struttura di contenimento dal -momento che questo renda l’oggetto leggero e di facile assemblaggio.

Dini ritiene inoltre che, supportato da investimenti adeguati e da partner giusti, lo sviluppo sarà rapido e punta a sviluppare una stam-pante da cantiere e non da laboratorio. Una macchina resistente e affidabile; sofisticata ma facile da usare; con un rapido avviamento meccanico, elettrico, elettronico, di minimo ingombro e luce; di faci-le assemblaggio e smontaggio; con un funzionamento a costi ridotti, con la possibilità di usare collanti ecologici e sabbie locali per ridurre l’impatto ambientale; una macchina modulare in grado di stampa-re costruzioni grandi e piccole e, in quanto basata su una tecnologia aperta a grandi margini di miglioramento, essa potrà essere sviluppata dai futuri ricercatori grazie alla semplicità dell’idea di fondo; una macchina capace di stampare strutture sbalorditive e resistenti. Una tecnologia concepita per garantire un giusto equilibrio tra il genere umano e l’ambiente grazie alla sua ecosostenibilità e alla sua bellezza ottenuta con costi ridotti.

Questa tecnologia potrebbe rivoluzionare il modo di progettare e di costruire degli architetti.

2.2.4 Processo e prodotto

Dopo 4 anni di ricerca e sviluppo Dini ha recentemente testato con successo un prototipo che garantisce una capacità di stampa 6X6 m. Questo permette la realizzazione di veri edifici di sabbia solidificata, costruiti senza l’intervento umano ma usando una stampante 3D che necessita di sabbia e di un legante inorganico. Vista dall’esterno D-Shape appare come una grande struttura in alluminio al cui interno verrà realizzata la costruzione. Il CAD-CAM software guida il mac-chinario durante il processo di realizzazione e questa struttura sorreg-ge il braccio di stampa che è il cuore di questa nuova tecnologia. La macchina è composta da un piano rigido di dimensioni 6X6 m che si solleva lungo 4 colonne. Queste possono avere una lunghezza che

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può raggiungere i 12 metri. Ogni angolo del piano è munito di un motore di sollevamento elettro-pneumatico controllato da un decoder con una risoluzione di 0,1 mm. Il piano sorregge una trave che a sua volta sorregge la testa della stampante composta da 300 valvole che spruzzano un “inchiostro” che solidifica la sabbia. Gli augelli sono posizionati con un’interasse di 20 mm. e possono creare un tracciato di stampa, la cui larghezza dipende dalla velocità con cui si muove il braccio di stampa, dalla pressione con cui viene spruzzato il legante e dal diametro degli augelli. Malgrado le sue dimensioni la struttura è leggera , di facile trasporto e assemblaggio: può essere assemblata e disassemblata da due operai. L’area di stampa che attualmente è di 6X6 m potrebbe essere indefinita in quanto essa dipende dal limite strutturale della struttura che sorregge la testa della stampante. La ve-locità di stampa del braccio può variare da 0 a 500 mm/sec. Essa può scorrere lateralmente fino a 20 mm per coprire il vuoto lasciato tra un augello e l’ altro. Questo significa che per stampare la sezione comple-ta, la testa della stampante deve essere spostata in avanti o indietro di 20 mm per coprire l’intera area di stampa.

2.2.5 Il materiale

D-salt “l’inchiostro”: è composto da un liquido con una bassa visco-sità a base di cloruro.

D-sand “il foglio”: è composto da qualsiasi “materiale granulare” e un catalizzatore

All’inizio della ricerca Dini ha brevettato un sistema basato sull’uso di

Fig. 2.2-7 Augelli D-shape. Fonte:

Fig. 2.2-8 Griglia di deposizio-ne augelli. Fonte:

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una resina epossidica spruzzata da un augello su uno strato di sabbia depositato su di un perimetro chiuso. Subito ha ottenuto ottimi risul-tati in termini di risoluzione di stampa, ma il risultato finale era un oggetto costoso, infiammabile e molto inquinante. Inoltre la macchi-na operava lentamente e gli augelli venivano sottoposti ad una forte e costosa manutenzione dovuta al deterioramento della parte organica della miscela. Le resine epossodiche e poliuretane possono fungere perfettamente da legante, ma non sono ecosostenibili, sia per ragioni di produzione, sia per gli sprechi durante la lavorazione; producono una materia finale infiammabile e rilasciano un gas tossico. Le resi-ne necessitano anche di un preciso rapporto tra il legante e il mate-riale granulare, che aumentano notevolmente i costi di produzione delle testine che depositano il legante. Inoltre, le resine necessitano di un’accurata e frequente manutenzione, di pulizia e di una sostitu-zione periodica delle componenti, nelle quali si mescolano i leganti. Un altro svantaggio dell’uso di resine come legante consiste nel basso modulo di Elasticità del conglomerato finale, il quale causa una forte deformabilità della struttura. Così Dini, abbandonato questo metodo, ha iniziato la ricerca di un legante che potesse soddisfare la sua idea di materiale perfetto ovvero: inorganico, economico, ecologico e con una bassa viscosità, in modo da poterlo utilizzare come inchiostro e capace di dare le giuste caratteristiche meccaniche al conglomerato. Dini non è stato in grado di trovare niente di simile sul mercato pron-to all’uso, ma ha trovato qualcosa di simile per i suoi scopi nell’in-dustria delle pietre artificiali. Aiutato da chimici esperti, è stato svi-luppato un “inchiostro strutturale”, con bassa viscosità, alta tensione superficiale e con straordinarie capacità reticolari con l’aggiunta di un catalizzatore. Nel nuovo legante liquido-solido inorganico, la parte liquida è rilasciata dagli augelli e la parte solida si trova mescolata con la sabbia. Il catalizzatore è un materiale solido ridotto in polvere, il quale viene mischiato con la parte granulare del legante. In particola-re il catalizzatore ha una granulometria minore rispetto a quella della materia granulare. Questo fattore aiuta ad aumentare la resistenza del conglomerato ottenuto, in quanto il catalizzatore occupa gli spazi vuo-ti lasciati dalla parte solida del legante. La parte liquida del legante ha una bassa viscosità, inoltre, il liquido ha un’alta resistenza tensionale superficiale. Questa permette una rapida apertura e chiusura degli augelli. Il materiale granulare può avere una granulometria tra gli 0,01 mm e 0,65 mm. I materiali con questo range di granulometria si pos-sono trovare facilmente, sia da pietre calcaree, sia da materiali di scar-

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to di altre produzioni. Il materiale granulare non è inerte durante la reazione di catalisi, ma al contrario è coinvolto attivamente e profon-damente. Perciò il materiale ottenuto da questo procedimento non è un comune calcestruzzo, cioè un materiale con una bassa resistenza a trazione dove l’inerte è tenuto insieme fragilmente, ma al contrario si crea un materiale che richiama la struttura di una pietra micro-cristallina, la quale dimostra una forte resistenza, anche a trazione, dovuta alla sua struttura interna. Inoltre la reazione di catalisi è così rapida che permette al conglomerato di maturare in breve tempo e di acquisire quasi fin da subito una resistenza vicina al suo valore ultimo. Questo permette di velocizzare il percorso di costruzione.

2.2.6 D-stone Bianco di Zandobbio

Questo materiale è stato formulato per essere utilizzato con la stam-pante D-shape, ma può anche essere colato in uno stampo.

Caratteristiche fisiche e meccaniche (materiale stampato)

�  la densità apparente e porosità totale aperta (UNI EN 1936:2007):

3]

R 2 2

2

�   -6

Fig. 2.2-9 D-sand Bianco di Zandobbio. Fonte:

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R 2

-

2

Caratteristiche fisiche e meccaniche (materiale colato in uno stampo)

1936:2007):

3

R 2

2

2.2.7 Descrizione del processo

Il processo di costruzione inizia con l’architetto che progetta la forma utilizzando un CAD 3D. Il file 3D viene poi convertito in un STL file (SteroLitography), poi viene importato nel programma che controlla D-Shape. Per dimostrare come D-Shape sia la parte mancante, capace di mettere in relazione le idee del mondo architettonico con quelle relative al mondo del fare costruzioni, riportiamo il progetto dell’ar-chitetto Andrea Morgante, il primo ad utilizzare questa tecnologia. L’oggetto del progetto è un gazebo a forma di Radiolaria. Il processo di costruzione con D-Shape è simile a quello di stampa, dal momento che si procede con una stesura di legante su di uno strato di sabbia.

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Il processo avviene in un’unica sessione non-stop, partendo dalle fon-dazioni ed arrivando fino al tetto, senza tralasciare le scale, le partizio-ni interne dei muri, le superfici concave e convesse, i bassorilievi, le colonne, le statue e le cavità per i vari impianti. Durante il processo di stampa di ogni sezione le testine depositano l’inchiostro strutturale

sulla sabbia. Il processo di solidificazione dura 24 ore. La stampante inizia dal basso della costruzione e si solleva di volta in volta di 5-10 mm.

2.2.8 Scheda tecnica

Fig. 2.2-11 Processo di “stam-pa”. Fonte:

Fig. 2.2-10 La forma in forma-to digitale. Fonte:

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-

Fig. 2.2-12 Planimetria D-shape. Fonte:

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CAPITOLO 3

IL MODELLO STRUTTURALE

3.1 Introduzione

Nel capitolo precedente sono state analizzate le caratteristiche fisiche e meccaniche del materiale e i limiti tecnologici di D-shape. Tuttavia, prima di procedere alla definizione della struttura freeform, è neces-sario soffermarsi brevemente sulle difficoltà che hanno portato alla temporanea interruzione dei due progetti architettonici più impor-tanti concepiti ricorrendo alla tecnologia D-shape: Villa delle Rocce e Radiolaria.

3.2 Portale

In base alle caratteristiche del materiale è stata generata una geome-tria veramente complicata da analizzare. A riprova di questo fatto gli

ingegneri del gruppo Arup hanno suggerito di effettuare delle prove di carico direttamente sulla struttura, per testare la sua resistenza, poiché il problema presenta troppe variabili. La struttura non è stata otte-nuta attraverso un processo di ottimizzazione strutturale, cosa fon-damentale viste le caratteristiche del materiale D-shape, bensì, dopo aver definito la forma esterna in maniera diretta, la struttura è stata alleggerita come per simulare le microstrutture all’interno delle ossa con un processo numerico dopo essere stata modellata. Tutti questi fattori hanno comportato una complicazione ulteriore del problema e non ad una sua semplificazione:

Fig. 3.2-2 Portale Villa delle Rocce. Fonte:

Fig. 3.2-1 Schema statico Portale Villa delle rocce.

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1) Lo schema statico sviluppato Fig.3.2-1 non risulta idoneo alle carat-teristiche meccaniche del materiale, infatti alcune parti, che formano il portale, saranno soggette a flessione.

2) Il portale è stato diviso in 4 parti, che risultano difficilmente spo-stabili, in quanto il materiale non è isotropo ed è etereogeneo. Questo comporta che, se le tensioni assumono una direzione parallela ai layer di stampa, il materiale può manifestare una resistenza insufficiente. Cosa che potrebbe verificarsi durante lo spostamento.

3) La continuità del portale nei punti A e B Fig.3.2-2 è garantita da delle piastre in acciaio Fig. 3.2-3 (sinistra); sempre per le caratteristi-che sopra citate si potrebbero avere delle rotture locali tra i perni delle piastre e il materiale D-shape.

4) In alcune parti Fig.3.2-2 l’alleggerimento dell’interno del materiale potrebbe aver causato un indebolimento della struttura e non il con-trario.

Fig. 3.2-3 Piastra di collega-mento (sinistra), errore accu-mulato durante il montaggio di Radiolaria (destra).

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3.3 Radiolaria

Nel progetto di Radiolaria non emergono grandi problemi statici, infatti ci troviamo di fronte ad una struttura per lo più compressa sotto perso proprio Fig.3.3-1. Tuttavia le difficoltà sono emerse da un punto di vista geometrico relativamente alla sua messa in opera, dal momento che non sono state studiate delle modalità capaci di guidare il montaggio di tutti i pezzi che compongono Radiolaria Fig. 3.2-3 (de-stra) e lentamente, pezzo dopo pezzo, le tolleranza geometriche hanno prodotto un errore troppo grande da gestire.

3.4 Caratteristiche del modello strutturale

In conclusione, conoscendo le caratteristiche meccaniche del mate-riale D-shape e analizzando le varie esperienze progettuali, la nostra struttura freeform dovrà avere le seguenti proprietà: assecondare le caratteristiche del materiale, essere composta da pezzi di dimensio-ni tali da permettere un facile spostamento, e le varie parti devono avere un margine d’errore tale da permettere la costruibilità della struttura.

Si può dunque affermare che il problema mostra molte analogie con i problemi strutturali delle costruzioni in pietra.

Fig. 3.3-1 Radiolaria. Fonte:

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Viste e analizzate tutte le problematiche e le opportunità della tecno-logia D-shape, la migliore soluzione strutturale consiste nella realiz-zazione di una struttura resistente per forma, in particolar modo un guscio, nel nostro caso un guscio freeform a doppia curvatura.

3.4.1 Perché un guscio a doppia curvatura?

Allo stato attuale della ricerca la realizzazione di un guscio freeform a doppia curvatura e composto da elementi con geometria non ripeti-bile sembra essere un progetto idoneo per la tecnologia D-shape. Il modello formale “superficie freeform a doppia curvatura” risulta essere difficile e costoso da realizzare con le tecnologie tradizionali, ma di facile realizzazione con D-shape. Il modello strutturale si adatta per-fettamente alle caratteristiche del materiale D-shape: una superficie soggetta solamente a compressione con stati tensionali bassi.

Un guscio può essere facilmente suddiviso in varie sottoparti, ovvero si tratta di un guscio non monolitico, bensì di un guscio creato da dei conci freeform a doppia curvatura. Il vincolo che unisce i conci e che ben si adatta al materiale è garantito dall’attrito e dalle sollecitazioni interne. Inoltre i problemi strutturali ( form-finding e verifiche strutturali) e tec-nologici connessi alla costruibilità ( studio della tipologia del vincolo e garanzia di un margine di errore basso tra i conci) possono essere risolti separatamente.

3.4.2 Problema di Form-Finding

Il problema di trovare una superficie resistente per forma è un pro-blema molto diffuso nella pratica strutturale, infatti, fin dall’antichità queste strutture, oltre ad avere molti vantaggi pratici, hanno affascina-to l’intelletto umano, basti pensare ai grandissimi sforzi che sono stati spesi per creare enormi strutture voltate nel corso dei secoli.

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Se bidimensionalmente attraverso la statica grafica il problema risulta essere di facile risoluzione, grazie al poligono funicolare, al contrario, se si cerca di risolvere un problema tridimensionale, ovvero di cercare una “superficie funicolare”, il problema risulta essere molto comples-so, dal momento che è difficile e macchinoso da rappresentare grafi-camente.

3.4.3 Il modello come metodo di ricerca formale

È noto che la frase di Robert Hooke “ut pender continuum flexile, sic stabit contiguum rigidum inversum” abbia ispirato Poleni per la costruzione del modello di funicolare, al fine di analizzare i problemi strutturali della cupola di San Pietro. Grazie al fenomeno della funi-colare, nel momento in cui si vanno a costruire dei modelli fisici si possono esplorare superfici funicolari; molti sono gli esempi in propo-sito, tra i più noti possiamo citare: il modello dei fili appesi di Gaudì e il modello dell’inversione della membrana Heinz Isler.

-scio’ di funi e tessuti che ripropone quello voltato; alle funi vengono applicati pesi proporzionali ai carichi, che si assume siano sopportati su ogni nodo.

-nimento di uno stato di pura trazione di una superficie elastica priva di alcuna rigidezza flessionale. Una volta raggiunta la configurazione funicolare del carico, si inverte la superficie in modo da avere una sollecitazione di compressione uniforme.

3.4.4 Riabilitazione della statica grafica

La statica grafica è un potente mezzo per la risoluzione di problemi

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statici relativi all’equilibrio di una struttura ed è stata trattata in modo sistematico ed esauriente per la prima volta da Cullmann.Successivamente sviluppata da Luigi Cremona, è stata principalmente utilizzata per la risoluzione di strutture reticolari. Con l’avvento dei calcolatori questo sistema è sembrato vecchio ed obsoleto.

Negli ultimi anni la statica grafica sta ritagliando di nuovo intorno a se un grande interesse, grazie ai software parametrici di modellazione, che in particolar modo riescono a visualizzare i vettori con assoluta precisione, anche in uno spazio tridimensionale. Tale rinnovato inte-resse verso la statica grafica ha dimostrato le potenzialità e l’attendi-bilità di questo sistema risolutivo.Il Gruppo di ricerca nato attorno a Philippe Block ha sviluppato uno strumento di form-finding, il plug-in Rhinovault basato su alcuni concetti della statica grafica.

Sicuramente questo strumento può risultare utile per il nostro proces-so di form finding.

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CAPITOLO 4

TNA

4.1 Thrust Network Analysis

Questo capitolo introduce il Thrust Network Analysis (TNA), teoria sulla quale si basa il plugin RhinoVAULT. Propone una metodologia tridimensionale di analisi estendendo la metodologia bidimensionale per trovare la curva delle pressioni. Qui di seguito è stata tradotta una parte della tesi di Dottorato di Philippe Block dal titolo Thrust Network Analysis.

4.1.1 Ipotesi

Per sviluppare il Thrust Network Analysis bisogna formulare quattro ipotesi. Le ipotesi b) e c) sono specifiche per le strutture in muratura.

a) Le azioni strutturali sono rappresentate da un reticolo discreto di forze, dove sui nodi sono applicati i carichi anch’essi discreti.

La discretizzazione del problema permette di visualizzare con chiarezza il possibile percorso dei carichi applicati e, utilizzando diagrammi re-ciproci, la distribuzione interna delle forze. […]

b) Se esiste una linea delle pressioni contenuta all’interno della geo-metria strutturale, essa rappresenta una soluzione valida, cioè in equi-librio.

Il teorema statico è stato sviluppato da Jacques Heyman nel “the ma-sonry arch”; per comprovare questa teoria Heyman ha introdotto le tre ipotesi presenti al punto (c). Per dimostrare la stabilità di una volta in muratura, l’analista deve trovare un reticolo di forze in compres-sione, in equilibrio con i carichi applicati e deve essere totalmente contenuto all’interno del volume della volta. Se si riesce a individuare tale reticolo di forze e le ipotesi in c) sono verificate, allora il “safe theorem” garantisce la stabilità della struttura, anche se non necessa-riamente il percorso delle reazioni interne sia effettivamente quello trovato dall’analista.

c) La muratura non reagisce a trazione, non può avvenire rottura a

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scorrimento e le sollecitazioni interne sono inferiori ai limiti di rottu-ra del materiale, in modo tale da avere un collasso della struttura solo con una perdita di equilibrio.

La prima ipotesi di non resistenza alla trazione è conservativa. Anche se la pietra, la muratura e la malta hanno una certa resistenza alla tra-zione, a causa del comportamento fragile del materiale e l’eterogeneità osservata in tutte le strutture storiche, è meglio trascurare tali contri-buti. Le ultime due ipotesi sono non conservative, ma non irragione-voli. Hanno bisogno di essere controllate localmente.

Da quanto ipotizzato sopra, il reticolo deve avere le seguenti proprie-tà:

esterni applicati;

Dal momento che le soluzioni sono funicolari, nel nostro caso di sola compressione, ciò comporta l’impossibilità delle aste a ripiegarsi su se stesse. Qualora invece le aste si potessero flettere, ciò significherebbe che alcune di esse sono in tensione. Si noti che non vi sono vincoli sulla lunghezza delle aste o la planarità delle sfaccettature della solu-zione.

d) I carichi applicati devono essere verticali.

Questa è un’ipotesi molto vincolante. La ragione di essa sarà discussa nel paragrafo 4.4.

5.1.2 Nomenclatura

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La Fig. 4.1-1 mostra la relazione tra il primo reticolo che rap-presenta la proiezione orizzontale del reticolo tridimensionale G,

soluzione funicolare in equilibrio, e il secondo reticolo di forzeil quale rappresenta il diagramma reciproco del primo reticolo Quando ci riferiremo a elementi o proprietà del secondo reticolo

l’asterisco verrà posposto agli elementi.

Con questa metodologia intendiamo ricercare l’equilibrio delle strut-ture, riferito a strutture funicolari in compressione, cioè a strutture in equilibrio con carichi esterni e solo con forze assiali in compressione

con la totale assenza di momento flettente.

4.1.3 Figure Reciproche

Le figure reciproche sono geometricamente correlate in modo che lati corrispondenti dei reticoli sono paralleli e lati concorrenti in un nodo

Fig. 4.1-2. Il reticolo prima-

rio e il reticolo secondario

sono relazionati da una

relazione reciproca. L’equilibrio

di un nodo è garantito da un

poligono chiuso nell’altro retico-

lo e viceversa. L’etichettatura è

quella usata da Bow [Zalewski

e Allen, 1998; Bow, 1873].

Fig. 4.1-1.Relazione tra la forma funicolare in equilibrio, il reticolo delle pressioni (G), la sua proiezione orizzontale

(reticolo primario ) e il diagramma reciproco (reticolo

secondario ).

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in uno dei reticoli formano un poligono chiuso nell’altro e viceversa [Maxwell, 1864 in Thrust Network Analysis Exploring Three-dimensional Equilibrium, P. Block]. Se applicati alla meccanica strutturale i poligoni chiusi della figura reciproca rappresentano l’equilibrio statico rispetto ai nodi della figura originale e la lunghezza dei lati sono proporzionali alle forze assiali presenti nella figura originale Fig.4.1-2.Per una chiara visione d’insieme sulla storia dello sviluppo e delle applicazioni delle figure reciproche, visionare l’edizione del 1911 della Enciclopedia Bri-tannica [LoveToKnow, 2006,in Thrust Network Analysis Exploring Three-dimensional Equilibrium, P. Block]. I metodi grafici, come ad esempio la Statica Grafica utilizzata per la risoluzione di problemi di analisi strutturale, sono metodi che si basano sul concetto di figure recipro-che [Cremona, 1879, 1890, in Thrust Network Analysis Exploring Three-dimensional Equilibrium, P. Block].

La soluzione G dovrebbe essere soggetta solamente a compressione. Come vedremo nel prossimo paragrafo, questo è vero quando la pro-iezione orizzontale è interamente compressa. L’equilibrio statico di

è rappresentato dalla figura chiusa reciproca . e soddisfano la definizione di figura reciproca di Maxwell. La definizione è vera in generale, ma non garantisce la totale compressione del reticolo , per garantirla [Williams, 1986, in Thrust Network Analysis Exploring Three-dimensional Equilibrium, P. Block] aggiunse il seguente limite al reticolo

Fig. 4.1-3 (a): i poligoni chiusi rappresentanti l’equilibrio (in com-pressione) dei nodi di sono formati da vettori che girano in senso orario Fig. 4.1-3 (b) (concordi al verso in cui si gira attorno al nodo di cui si impone l’equilibrio).

4.1.4 Carichi Verticali

Fig. 4.1-3. (a) Superfici reci-

proche di Wlliams [1986], e (b)

poligoni chiusi rappresentanti

l’equilibrio (in compressione)

dei nodi di sono formati

da vettori che girano in senso

orario.

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Dalla geometria descrittiva sappiamo che se un insieme di vettori è in equilibrio nello spazio allora la loro proiezione lungo una direzio-ne qualsiasi su un piano sarà anche in equilibrio [Henrici e Tuner, 1903, in Thrust Network Analysis Exploring Three-dimensional Equilibrium, P. Block] Fig. 4.1-4.

Consideriamo prima il caso in cui è nota la geometria del reticolo 3-D e G in equilibrio, cioè con tutte le aste in compressione, con una serie di carichi verticali. Questo equilibrio potrebbe, per esempio, essere stato trovato invertendo la forma risultante di un modello appeso for-mato da cavi e carchi distribuiti uniformemente sui nodi. Il reticolo G

mostrato in Fig.4.1-1 è funicolare per carichi uguali applicati ad ogni nodo.

Poiché il reticolo 3-D di forze è in equilibrio, sicuramente anche la sua proiezione ortogonale ai carichi esterni sarà in equilibrio. Pos-siamo avere conferma di questo costruendo il reticolo reciproco , che rappresenta le componenti orizzontali delle reazioni che si hanno all’interno delle aste del reticolo 3-D.

Proiettando questo sistema di forze su un piano orizzontale, che sia perpendicolare ai carichi esterni (ipotesi d), questi nella proiezione planare si ridurranno in un punto Fig. 4.1-4 b. Costruendo il dia-gramma reciproco , dal momento che non sono presenti i carichi esterni per fornire una scala al diagramma reciproco, la reciproca rela-zione geometrica tra e , come definito nel paragrafo 5.1.3, è vera indipendentemente dalla dimensione di . In questo caso, poiché la geometria di G si presume nota e in equilibrio con i carichi applicati, la dimensione, rappresentata dal fattore di scala di , è univoca-mente definita ed è legata alla geometria (profondità) di quella solu-zione specifica. Le forze del sistema possono essere facilmente trovate misurando le lunghezze delle aste corrispondenti nella griglia duale moltiplicate per il fattore di scala e mediante la trigonometria.

Piuttosto che cercare le azioni interne a una forma funicolare tridi-mensionale, la metodologia qui presentata può essere utilizzata per trovare la geometria di G, in equilibrio con un dato insieme di carichi verticali. Partendo dal reticolo in Fig. 4.1-1, che è la proiezione oriz-zontale della forma funicolare tridimensionale non ancora conosciuta

G, si ha un corrispondente triangolato, la cui geometria è univo-

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camente definita, ma non la sua scala . Il fattore di scala è l’unico parametro variabile del sistema.

Scegliendo un fattore di scale si ha un’unica soluzione. Aumentando il fattore di scala si aumenta la dimensione delle aste di e contem-poraneamente si diminuirà la profondità della geometria funicolare che stiamo cercando Fig. 4.1-4 (b).

L’altezza di ogni nodo di due soluzioni con il coefficiente di scala diverso rispetto alla superficie chiusa planare è inversamente propor-zionale alla spinta in ogni sistema, rappresentata dal fattore di scala delle figure reciproche . Se una soluzione in equilibrio G

(0) con una altezza del nodo z

(0) e fattore di scala (0)

è stata trovata, allora un’in-tera famiglia di soluzioni può essere trovata, sfruttando la relazione di proporzionalità. Un possibile equilibrio per lo stesso insieme di carichi, G(j), è in relazione con G

(0) come segue:

(4.1)

Allora dalla (4.1) possiamo vedere che con un parametro, il fattore di scala la procedura può generare un numero infinito di soluzioni. La differenza di altezza – misurata dalla superficie chiusa fino all’al-tezza dei nodi – di queste soluzioni con gli stessi carici applicati e la distribuzione interna delle forze sono inversamente proporzionali alle dimensioni del reticolo secondario . La relazione è valida fino a quando tutti i carichi esterni sono verticali. Possiamo rapportare questo aspetto al fatto che in un sistema funicolare piano spostiamo il polo in una direzione parallela alla linea che chiude il poligono funi-colare Fig. 4.1-5 (b).

Fig. 4.1-4 (a) Henrici e Turner

[1903] dimostrano come la

proiezione di un insieme di

vettori in equilibrio lungo

una direzione qualsiasi nello

spazio è ancora in equilibrio (b)

Proiettando il sistema di forze

su un piano orizzontale, che

sia perpendicolare ai carichi

esterni P, questi nella proiezio-

ne planare si ridurranno in

un punto.

funicolare tridimensionale non ancora conosciuta G, si ha un corrispondente * triangolato, la cui geometria è univocamente definita, ma non la sua scala . Il fattore di scala è l’unico parametro variabile del sistema.

Scegliendo un fattore di scale si ha un’unica soluzione. Aumentando il fattore di scala si aumenta la dimensione delle aste di * e contemporaneamente si diminuirà la profondità della geometria funicolare che stiamo cercando (figura x.xx).

L’altezza di ogni nodo di due soluzioni con il coefficiente di scala diverso rispetto alla superficie chiusa planare è inversamente proporzionale alla spinta in ogni sistema, rappresentata dal fattore di scala delle figure reciproche . Se una soluzione in equilibrio G(0) con una altezza del nodo z(0) e fattore di scala (0) è stata trovata, allora un’intera famiglia di soluzioni può essere trovata, sfruttando la relazione di proporzionalità. Un possibile equilibrio per lo stesso insieme di carichi, G(j), è in relazione con G(0) come segue

( j )

(0)

zi( j )

zi(0 ) i (3.1)

Allora dalla (3.1) possiamo vedere che con un parametro, il fattore di scala , la procedura può generare un numero infinito di soluzioni. La differenza di altezza – misurata dalla superficie chiusa fino all’altezza dei nodi – di queste soluzioni con gli stessi carici applicati e la distribuzione interna delle forze sono inversamente proporzionali alle dimensioni del reticolo secondario *. La relazione è valida fino a quando tutti i carichi esterni sono verticali. Possiamo rapportare questo aspetto al fatto che se in un sistema funicolare spostiamo il polo in una direzione parallela alla linea di applicazione???????????????????

figura 3.4 – (a) Henrici e Turner [1903] dimostrano come la proiezione di un insieme di vettori in equilibrio lungo una direzione qualsiasi nello spazio è ancora in equilibrio (b) Proiettando il sistema di forze su un piano orizzontale, che sia perpendicolare ai carichi esterni P, questi nella proiezione planare si ridurranno in un punto.

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4.1.5 Reticoli indeterminati

Il reticolo G, o la sua proiezione planare , in Fig. 4.1-1 è particolare, tutti i nodi sono trivalenti, cioè tre aste convergono in ogni nodo. Nello spazio trivalente le forze sono unicamente definite. Questo è chiaramente rappresentato nel diagramma reciproco : perché è triangolato, esso è bloccato e univocamente definito, tranne che per il fattore di scala Fig. 4.1-2. Un reticolo tridimensionale trivalente è staticamente determinato rispetto al suo caricamento funicolare spe-cifico.

Un reticolo staticamente indeterminato, cioè con un numero di aste che convergono sullo stesso nodo maggiore di tre, ha diversi dia-grammi reciproci possibili. Ciò significa che possiamo avere diversi stati di sollecitazioni interne, ovvero le forze hanno diverse possibilità di distribuzione in ogni asta. Maxwell [1864, in Thrust Network Analysis Exploring Three-dimensional Equilibrium, P. Block] afferma che se le forze

Fig. 4.1-5 (a) Diminuendo il

fattore del reticolo secondario le

componenti orizzontali delle for-

ze saranno minori e quindi la

soluzione funicolare avrà una

curvatura maggiore. (b) Questo

è equivalente a spostare il polo

di un poligono funicolare lungo

la linea che chiude il poligono.

Fig. 4.1-6 (a) Reticolo indeter-

minato, (b-c) possibili reticoli

secondari che dipendono dalla

distribuzione delle forze interne.

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sono indeterminate, allora per determinare la soluzione del sistema dobbiamo conoscere più di una forza, oppure dobbiamo conoscere alcune relazioni tra loro, ad esempio l’elasticità delle aste. La soluzione elastica rappresenta una delle infinite soluzioni possibili di equilibrio per un reticolo staticamente indeterminato.

Nella Fig. 4.1-6 sono mostrate due possibili griglie reciproche rispetto al reticolo . In (1), le lunghezze delle aste sono all’incirca uguali, questo significa che le forze avranno una distribuzione uniforme in tutte e due le direzioni. In (2) le dimensioni delle aste sono diverse, questo significa che abbiamo scelto una direzione preferenziale per il flusso delle forze. La soluzione risultante dal secondo diagramma reciproco attrarrà le forze lungo le aste più lunghe. Ciò comporterà per la nostra forma funicolare una minore pendenza in quella dire-zione, come è chiaramente dimostrato nell’esempio con quattro aste Fig. 5.1-7.

L’idea, che gli infiniti stati tensionali di un indeterminato traliccio planare potessero essere analizzati graficamente, è stata di Kilian and Ochsendorf [2005, in Thrust Network Analysis Exploring Three-dimensio-nal Equilibrium, P. Block] Fig. 4.1-8.

Fig. 4.1-7 Due nodi indetermi-

nati composti da quattro aste

con lo stesso carico P, reticolo

primario e profondità della

struttura ma con due reticoli

secondari diversi. Il reticolo

secondario in (b) presenta aste

di lunghezza doppia verso una

direzione rispetto al reticolo in

(a), questo comporterà nella

nostra soluzione finale una

forma funicolare diversa.

Fig. 4.1-8 Per il ben noto problema indeterminato di un peso su tre barre, (a), (b) e (c) si mostrano differenti possibili stati di sollecitazioni interne di questo sistema. Caso (a) corrisponde con la soluzio-ne elastico lineare. (d) mo-stra il poligono reciproco indeterminato delle forze di questo problema.

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4.1.6 Panoramica delle fasi principali

La sezione seguente fornisce una panoramica delle principali fasi del metodo.

a)Costruzione del reticolo primario

L’azione strutturale della forma è rappresentata da una rete discreta di forze. Le aste rappresentano percorsi di carico possibile in tutta la struttura. In pianta, è costruita una possibile topologia schematica del percorso delle forze. Questa è la griglia primordiale in Fig. 4.1-9 (a) che è la proiezione orizzontale della soluzione finale G.

b) Formulazione dell’altezza nodale dei vincoli ZLB e Z

UB

Le possibili soluzioni devono appartenere a un dominio spaziale. Tale contorno può essere associato a un intradosso e un estradosso è otte-nuto dalla geometria della forma. Questo inserisce un limite superiore e inferiore rispettivamente Z

LB e Z

UB rispetto alla nostra soluzione

finale G.

c) Attribuzione dei carichi nodali p

La nostra discretizzazione della forma ci obbliga a discretizzare anche i relativi carichi. Questi possono essere suddivisi per tipologia di carico

Fig. 4.1-9 Input per il TNA:

(a) Un possibile reticolo

primario , definito sul

piano orizzontale; e (b) i limiti

dell’intradosso e estradosso della

volta in muratura; (c) il carico

applicato sui nodi, composto

dal peso proprio della struttura

e altri carichi esterni; (d) Una

possibile soluzione generata

dal reticolo primario

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e non si necessita la loro distribuzione uniforme, l’unico vincolo con-siste nella perpendicolarità.

d) Formulazione del vincolo sui nodi per l’equilibrio verticale

Tutte le reazioni delle aste che convergono su un nodo devono essere in equilibrio con il carico esterno. L’equilibrio verticale è scritto come una funzione che associa la lunghezza delle aste presenti nel reticolo primario , le forze orizzontali (incognite) delle aste di G e le altezze nodali z.

e) Creazione del reticolo secondario

Un reticolo secondario è prodotto dal reticolo primario seguen-do le indicazioni per ottenere un diagramma reciproco, come è stato definito al paragrafo 5.1.3 Fig. 4.1-9 (d). Questo reticolo , molti-plicato per un fattore di scala (ancora sconosciuto), rappresenta l’equilibrio delle componenti orizzontali appartenenti a una possibile soluzione G.

f) Linearizzazione dei vincoli

Utilizzando il reticolo secondario , i vincoli verticali non lineari possono essere linearizzati attraverso una funzione dell’altezza nodale z e il fattore di scala . Le lunghezze delle aste sono proporzionali alle forze delle aste del reticolo , quindi anche alle componenti orizzon-tali di G.

g) Risoluzione di G utilizzando l’ottimizzazione lineare

Utilizzando il reticolo primario e quello secondario , i carichi esterni e le condizioni di dominio, il problema può essere risolto at-traverso un’iterazione lineare. Sono così risolte simultaneamente l’al-tezza nodale di G e il fattore di scala del reticolo secondario . Le componenti orizzontali delle forze in G possono essere trovate misu-rando la lunghezza delle aste nel reticolo secondario e moltiplicate per il fattore di scala

h) Aggiornamento del reticolo secondario

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L’uso del reticolo secondario G generato automaticamente non sem-pre fornisce una soluzione fattibile o soddisfacente. Nel caso di un reticolo primario indeterminato, cioè che abbia una valenza superiore a tre, la distribuzione delle forze può essere alterata manipolando il reticolo secondario. I vincoli sono quindi aggiornati con le nuove lunghezze delle aste e pertanto si avrà una nuova soluzione G. Le fasi (h) e (g) sono ripetute fino a quando non si ottiene un risultato sod-disfacente.

4.2 Modello del reticolo delle pressioni

4.2.1 Formulazione dei vincoli

Il primo gruppo di vincoli è formato dall’equilibrio statico di tutti i nodi. L’equilibrio verticale di un nodo i come mostrato in Fig. 4.2-1 è dato da :

FV

ji + F

V

ki + F

V

li = P

i (4.2)

dove FVji sono le componenti verticali delle forze che convergono nel

nodo i , e Pi , sono i carichi esterni applicati sul nodo i.

Il sistema è composto da ni equazioni (4.2), una per ogni nodo inter-

no del reticolo primario . Il numero dei nodi interni ni è dato dalla

differenza tra il numero totale dei nodi n e il numero dei nodi nb che

generano il contorno (ni = n – n

b).

E’ sufficiente descrivere l’equilibrio verticale dei nodi di G in quanto

Fig. 4.2-1 Formulazione dei

vincoli: (a) equilibrio statico

di tutti i nodi con il carico

esterno; e (b) i limiti risultanti

dai vincoli di altezza.

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le coordinate x, y sono definite dalla scelta del reticolo primario L’equilibrio orizzontale del reticolo tridimensionale è garantito quan-do si trova una figura reciproca in compressione e quindi un reticolo secondario .

Possiamo descrivere la (4.2) come una funzione di FHji, le componenti

orizzontali delle forze e la geometria del reticolo tridimensionale G

Fig. 4.1-9.

Le lunghezze delle aste ji nel reticolo primario sono definite come

LH

ji.

(4.4)

L’equazione 4.3 diventa

(4.5)

Per trovare un reticolo G in equilibrio, ovvero un reticolo con tutte le aste in compressione sotto i carichi P

i, tutti i nodi n

i devono soddisfare

l’equazione (4.5). Dal momento che le altezze nodali zi e le compo-

nenti orizzontali delle forze assiali nel reticolo G sono sconosciute, le equazioni non sono lineari.

Un secondo gruppo di vincoli derivante dai limiti dell’altezza nodale è introdotto. La soluzione deve giacere tra i limiti, zLB

i e zUB

i, definiti da

un intradosso e un estradosso.

zLB

i i

UB

i (4.6)

3.4 Modello del reticolo delle pressioni 3.4.1 Formulazione dei vincoli

Il primo gruppo di vincoli è formato dall’equilibrio statico di tutti i nodi. L’equilibrio verticale di un nodo i come mostrato in figura 3.10 è dato da :

FVji + FV

ki + FVli = Pi (3.2)

dove FVji sono le componenti verticali delle forze che convergono nel nodo i ,e Pi , sono i carichi

esterni applicati sul nodo i.

Il sistema è composto da ni equazioni (3.2), una per ogni nodo interno del reticolo primario . Il numero dei nodi interni ni è dato dalla differenza tra il numero totale dei nodi n e il numero dei nodi nb che generano il contorno (ni = n – nb ).

E’ sufficiente descrivere l’equilibrio verticale dei nodi di G in quanto le coordinate x, y sono definite dalla scelta del reticolo primario . L’equilibrio orizzontale del reticolo tridimensionale è garantito quando si trova una figura reciproca in compressione e quindi un reticolo secondario *.

Possiamo descrivere (3.2) come una funzione di FHji, le componenti orizzontali delle forze e la

geometria del reticolo tridimensionale G (figura 3.9a).

FjiH (zi z j )

(xi x j )2 + (yi yj )

2+Fki

H (zi zk )(xi xk )

2 + (yi yk )2

+FliH (zi zl )

(xi xl )2 + (yi yl )

2= Pi

(3.3)

Le lunghezze delle aste ji nel reticolo primario sono definite come LHji.

LHji = (xi x j )

2 + (yi yj )2

(3.4)

L’equazione 3.3 diventa

FjiH (zi z j )

LjiH +Fki

H (zi zk )LkiH Fli

H (zi zl )LliH = Pi (3.5)

Per trovare un reticolo G in equilibrio, ovvero un reticolo con tutte le aste in compressione sotto i carichi Pi , tutti i nodi ni devono soddisfare l’equazione 3.5. Dal momento che le altezze nodali zi e le componenti orizzontali delle forze assiali nel reticolo G sono sconosciute le equazioni non sono lineari.

(4.3)

3.4 Modello del reticolo delle pressioni 3.4.1 Formulazione dei vincoli

Il primo gruppo di vincoli è formato dall’equilibrio statico di tutti i nodi. L’equilibrio verticale di un nodo i come mostrato in figura 3.10 è dato da :

FVji + FV

ki + FVli = Pi (3.2)

dove FVji sono le componenti verticali delle forze che convergono nel nodo i ,e Pi , sono i carichi

esterni applicati sul nodo i.

Il sistema è composto da ni equazioni (3.2), una per ogni nodo interno del reticolo primario . Il numero dei nodi interni ni è dato dalla differenza tra il numero totale dei nodi n e il numero dei nodi nb che generano il contorno (ni = n – nb ).

E’ sufficiente descrivere l’equilibrio verticale dei nodi di G in quanto le coordinate x, y sono definite dalla scelta del reticolo primario . L’equilibrio orizzontale del reticolo tridimensionale è garantito quando si trova una figura reciproca in compressione e quindi un reticolo secondario *.

Possiamo descrivere (3.2) come una funzione di FHji, le componenti orizzontali delle forze e la

geometria del reticolo tridimensionale G (figura 3.9a).

FjiH (zi z j )

(xi x j )2 + (yi yj )

2+Fki

H (zi zk )(xi xk )

2 + (yi yk )2

+FliH (zi zl )

(xi xl )2 + (yi yl )

2= Pi

(3.3)

Le lunghezze delle aste ji nel reticolo primario sono definite come LHji.

LHji = (xi x j )

2 + (yi yj )2

(3.4)

L’equazione 3.3 diventa

FjiH (zi z j )

LjiH +Fki

H (zi zk )LkiH Fli

H (zi zl )LliH = Pi (3.5)

Per trovare un reticolo G in equilibrio, ovvero un reticolo con tutte le aste in compressione sotto i carichi Pi , tutti i nodi ni devono soddisfare l’equazione 3.5. Dal momento che le altezze nodali zi e le componenti orizzontali delle forze assiali nel reticolo G sono sconosciute le equazioni non sono lineari.

3.4 Modello del reticolo delle pressioni 3.4.1 Formulazione dei vincoli

Il primo gruppo di vincoli è formato dall’equilibrio statico di tutti i nodi. L’equilibrio verticale di un nodo i come mostrato in figura 3.10 è dato da :

FVji + FV

ki + FVli = Pi (3.2)

dove FVji sono le componenti verticali delle forze che convergono nel nodo i ,e Pi , sono i carichi

esterni applicati sul nodo i.

Il sistema è composto da ni equazioni (3.2), una per ogni nodo interno del reticolo primario . Il numero dei nodi interni ni è dato dalla differenza tra il numero totale dei nodi n e il numero dei nodi nb che generano il contorno (ni = n – nb ).

E’ sufficiente descrivere l’equilibrio verticale dei nodi di G in quanto le coordinate x, y sono definite dalla scelta del reticolo primario . L’equilibrio orizzontale del reticolo tridimensionale è garantito quando si trova una figura reciproca in compressione e quindi un reticolo secondario *.

Possiamo descrivere (3.2) come una funzione di FHji, le componenti orizzontali delle forze e la

geometria del reticolo tridimensionale G (figura 3.9a).

FjiH (zi z j )

(xi x j )2 + (yi yj )

2+Fki

H (zi zk )(xi xk )

2 + (yi yk )2

+FliH (zi zl )

(xi xl )2 + (yi yl )

2= Pi

(3.3)

Le lunghezze delle aste ji nel reticolo primario sono definite come LHji.

LHji = (xi x j )

2 + (yi yj )2

(3.4)

L’equazione 3.3 diventa

FjiH (zi z j )

LjiH +Fki

H (zi zk )LkiH Fli

H (zi zl )LliH = Pi (3.5)

Per trovare un reticolo G in equilibrio, ovvero un reticolo con tutte le aste in compressione sotto i carichi Pi , tutti i nodi ni devono soddisfare l’equazione 3.5. Dal momento che le altezze nodali zi e le componenti orizzontali delle forze assiali nel reticolo G sono sconosciute le equazioni non sono lineari.

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USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA. CAPITOLO 4

Le intersezioni con l’intradosso e l’estradosso, delle rette perpendico-lari che partono dai nodi del reticolo primario danno rispettivamente

zI

i e z

E

i Fig. 4.2-1 (b). Per le strutture in muratura, cerchiamo soluzioni

all’interno della volta. In tal caso

zLB

i = zI

i (4.7a)

zUB

i = z

E

i (4.7b)

Per garantire che la sezione sia in compressione senza nessun fenome-no di pressoflessione, la soluzione può essere ancor più limitata nel medio terzo della sezione.

(4.8a)

(4.8b)

Le equazioni (4.8) aggiungono 2n vincoli, allora in totale avremo ni+

2n vincoli per il raggiungimento dell’equilibrio del reticolo tridimen-sionale G.

4.2.2 Linearizzazione dei vincoli

Visto che il reticolo primario e il secondario sono reciproci, le forze assiali del reticolo primario e quindi anche le componenti orizzontali delle forze assiali in G, sono uguali alla lunghezza delle aste corrispondenti del reticolo secondario, moltiplicati per il fattore di scala ancora sconosciuto.

(4.9)

dove le lunghezze delle aste sono definite anche esse come una fun-zione dei nodi appartenenti al reticolo secondario.

(4.10)

Un secondo gruppo di vincoli derivante dai limiti dell’altezza nodale è introdotto. La soluzione deve giacere tra i limiti, zLB

i e zUBi, definiti da un intradosso e un estradosso.

zLBi zi zUB

i (3.6)

Le intersezioni con l’intradosso e l’estradosso, delle rette perpendicolari che partono dai nodi del reticolo primario danno rispettivamente zI

i e zEi (figura 3.10b). Per le strutture in muratura,

cerchiamo soluzioni all’interno della volta. In tal caso

zLBi = zI

i (3.7a)

zUBi = zE

i (3.7b)

Per garantire che la sezione sia in compressione senza nessun fenomeno di pressoflessione, la soluzione può essere ancor più limitata nel medio terzo della sezione.

ziLB = zi

I +13(zi

E ziI ) (3.8a)

ziUB = zi

E 13(zi

E ziI ) (3.8b)

Le equazioni (3.8) aggiungono 2n vincoli, allora in totale avremo ni + 2n vincoli per il raggiungimento dell’equilibrio del reticolo tridimensionale G.

3.4.2 Linearizzazione dei vincoli Visto che il reticolo primario e il secondario * sono reciproci, le forze assiali Fji

H del reticolo

primario e quindi anche le componenti orizzontali delle forze assiali in G, sono uguali alla lunghezza delle aste corrispondenti Lji

H * del reticolo secondario, moltiplicati per il fattore di scala

ancora sconosciuto.

FjiH Lji

H * (3.9)

dove le lunghezze delle aste LjiH * sono definite anche esse come una funzione dei nodi appartenenti

al reticolo secondario.

LjiH * (xi

* x j*)2 + ( ji

* yj*)2 (3.10)

Usando l’equazione (3.9), e sostituendola nell’ equazione di equilibrio nodale (3.5), dopo aver diviso entrambi i lati per si ha

Un secondo gruppo di vincoli derivante dai limiti dell’altezza nodale è introdotto. La soluzione deve giacere tra i limiti, zLB

i e zUBi, definiti da un intradosso e un estradosso.

zLBi zi zUB

i (3.6)

Le intersezioni con l’intradosso e l’estradosso, delle rette perpendicolari che partono dai nodi del reticolo primario danno rispettivamente zI

i e zEi (figura 3.10b). Per le strutture in muratura,

cerchiamo soluzioni all’interno della volta. In tal caso

zLBi = zI

i (3.7a)

zUBi = zE

i (3.7b)

Per garantire che la sezione sia in compressione senza nessun fenomeno di pressoflessione, la soluzione può essere ancor più limitata nel medio terzo della sezione.

ziLB = zi

I +13(zi

E ziI ) (3.8a)

ziUB = zi

E 13(zi

E ziI ) (3.8b)

Le equazioni (3.8) aggiungono 2n vincoli, allora in totale avremo ni + 2n vincoli per il raggiungimento dell’equilibrio del reticolo tridimensionale G.

3.4.2 Linearizzazione dei vincoli Visto che il reticolo primario e il secondario * sono reciproci, le forze assiali Fji

H del reticolo

primario e quindi anche le componenti orizzontali delle forze assiali in G, sono uguali alla lunghezza delle aste corrispondenti Lji

H * del reticolo secondario, moltiplicati per il fattore di scala

ancora sconosciuto.

FjiH Lji

H * (3.9)

dove le lunghezze delle aste LjiH * sono definite anche esse come una funzione dei nodi appartenenti

al reticolo secondario.

LjiH * (xi

* x j*)2 + ( ji

* yj*)2 (3.10)

Usando l’equazione (3.9), e sostituendola nell’ equazione di equilibrio nodale (3.5), dopo aver diviso entrambi i lati per si ha

Un secondo gruppo di vincoli derivante dai limiti dell’altezza nodale è introdotto. La soluzione deve giacere tra i limiti, zLB

i e zUBi, definiti da un intradosso e un estradosso.

zLBi zi zUB

i (3.6)

Le intersezioni con l’intradosso e l’estradosso, delle rette perpendicolari che partono dai nodi del reticolo primario danno rispettivamente zI

i e zEi (figura 3.10b). Per le strutture in muratura,

cerchiamo soluzioni all’interno della volta. In tal caso

zLBi = zI

i (3.7a)

zUBi = zE

i (3.7b)

Per garantire che la sezione sia in compressione senza nessun fenomeno di pressoflessione, la soluzione può essere ancor più limitata nel medio terzo della sezione.

ziLB = zi

I +13(zi

E ziI ) (3.8a)

ziUB = zi

E 13(zi

E ziI ) (3.8b)

Le equazioni (3.8) aggiungono 2n vincoli, allora in totale avremo ni + 2n vincoli per il raggiungimento dell’equilibrio del reticolo tridimensionale G.

3.4.2 Linearizzazione dei vincoli Visto che il reticolo primario e il secondario * sono reciproci, le forze assiali Fji

H del reticolo

primario e quindi anche le componenti orizzontali delle forze assiali in G, sono uguali alla lunghezza delle aste corrispondenti Lji

H * del reticolo secondario, moltiplicati per il fattore di scala

ancora sconosciuto.

FjiH Lji

H * (3.9)

dove le lunghezze delle aste LjiH * sono definite anche esse come una funzione dei nodi appartenenti

al reticolo secondario.

LjiH * (xi

* x j*)2 + ( ji

* yj*)2 (3.10)

Usando l’equazione (3.9), e sostituendola nell’ equazione di equilibrio nodale (3.5), dopo aver diviso entrambi i lati per si ha

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USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA. CAPITOLO 4

Usando l’equazione (4.9), e sostituendola nell’equazione di equilibrio nodale (4.5), dopo aver diviso entrambi i lati per si ha:

(4.11)

riorganizzandola si ha:

(4.12)

dove r è l’inverso del fattore di scala incognito . Possiamo riscrivere l’equazione (4.12) come:

(4.13)

dove le costanti sono una funzione delle lunghezze delle aste del reticolo primario e secondario.

Le equazioni di equilibrio dei nodi (4.13) sono scritte come una com-binazione lineare di , altezze dei nodi, e r, l’inverso del fattore di scala

del reticolo secondario . Con le informazioni del reticolo secon-dario e considerando r come una variabile, le equazioni di vincolo non lineari sono linearizzate. Questa formulazione garantisce che tutte le soluzioni di G saranno solo di compressione.

LjiH *

zi z jLjiH + Lki

H * zi zkLkiH + Lli

H * zi zlLliH =

1 Pi (3.11)

riorganizzandola si ha

LjiH *LjiH +

LkiH *LkiH +

LliH *LliH zi

LjiH *LjiH z j

LkiH *LkiH zk

LliH *LliH zl Pi r = 0 (3.12)

dove r è l’inverso del fattore di scala incognito . Possiamo riscrivere l’equazione (3.12) come

dii zi + dji z j + dki zk + dli zl Pi r = 0 (3.13)

dove le costanti dni sono una funzione (delle lunghezze delle aste del reticolo primario e

secondario.)?

Le equazioni di equilibrio dei nodi (3.13) sono scritte come una combinazione lineare di zi altezze

dei nodi, e r, l’inverso del fattore di scala del reticolo secondario *. Con le informazioni del reticolo secondario * (3.9) e considerando r come una variabile, le equazioni di vincolo non lineari sono linearizzate. Questa formulazione garantisce che tutte le soluzioni di G saranno solo di compressione.

3.4.2 Struttura di TNA La figura 3.12 riassume la metodologia TNA. I passaggi 2, 3, e 6 necessitano di dati di input

LjiH *

zi z jLjiH + Lki

H * zi zkLkiH + Lli

H * zi zlLliH =

1 Pi (3.11)

riorganizzandola si ha

LjiH *LjiH +

LkiH *LkiH +

LliH *LliH zi

LjiH *LjiH z j

LkiH *LkiH zk

LliH *LliH zl Pi r = 0 (3.12)

dove r è l’inverso del fattore di scala incognito . Possiamo riscrivere l’equazione (3.12) come

dii zi + dji z j + dki zk + dli zl Pi r = 0 (3.13)

dove le costanti dni sono una funzione (delle lunghezze delle aste del reticolo primario e

secondario.)?

Le equazioni di equilibrio dei nodi (3.13) sono scritte come una combinazione lineare di zi altezze

dei nodi, e r, l’inverso del fattore di scala del reticolo secondario *. Con le informazioni del reticolo secondario * (3.9) e considerando r come una variabile, le equazioni di vincolo non lineari sono linearizzate. Questa formulazione garantisce che tutte le soluzioni di G saranno solo di compressione.

3.4.2 Struttura di TNA La figura 3.12 riassume la metodologia TNA. I passaggi 2, 3, e 6 necessitano di dati di input

LjiH *

zi z jLjiH + Lki

H * zi zkLkiH + Lli

H * zi zlLliH =

1 Pi (3.11)

riorganizzandola si ha

LjiH *LjiH +

LkiH *LkiH +

LliH *LliH zi

LjiH *LjiH z j

LkiH *LkiH zk

LliH *LliH zl Pi r = 0 (3.12)

dove r è l’inverso del fattore di scala incognito . Possiamo riscrivere l’equazione (3.12) come

dii zi + dji z j + dki zk + dli zl Pi r = 0 (3.13)

dove le costanti dni sono una funzione (delle lunghezze delle aste del reticolo primario e

secondario.)?

Le equazioni di equilibrio dei nodi (3.13) sono scritte come una combinazione lineare di zi altezze

dei nodi, e r, l’inverso del fattore di scala del reticolo secondario *. Con le informazioni del reticolo secondario * (3.9) e considerando r come una variabile, le equazioni di vincolo non lineari sono linearizzate. Questa formulazione garantisce che tutte le soluzioni di G saranno solo di compressione.

3.4.2 Struttura di TNA La figura 3.12 riassume la metodologia TNA. I passaggi 2, 3, e 6 necessitano di dati di input

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USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

CAPITOLO 5

RhinoVAULT

5.1 Introduzione

Questa è una breve guida del plug-in RhinoVAULT Beta Versione 0.2 compatibile con il software di modellazione Rhinoceros sviluppato dal BLOCK Research Group - ETH di Zurigo.

Nello specifico si tratta di uno strumento di form-finding per progettare intuitivamente strutture voltate soggette per peso proprio solamente a compressione. Può essere visto come un modello di funicolari ma, grazie alla sua interattività, sicuramente è molto più semplice e flessi-bile. Il software è basato sulla metodologia TNA esposta nel capitolo precedente. E’ stato dimostrato come tale metodo trovi le soluzioni di equilibrio possibili sotto un carico gravitazionale all’interno di un contorno definito. Utilizzando diagrammi reciproci e un processo di ottimizzazione lineare, esso fornisce un metodo grafico intuitivo, adot-tando gli stessi vantaggi della statica grafica, ma offre una possibile strada per la risoluzione di problemi tridimensionali. RhinoVAULT dà al progettista un elevato livello di controllo, ma, contemporaneamen-te una grande libertà formale, potendo arrivare alla scoperta di nuove forme “strutturali”.

La risoluzione del problema di form-finding avviene attraverso i due elementi fondamentali della statica grafica:

Il diagramma della forma. -

Fig. 5.1-2. Modello di funi-colare effettuado da Gaudi per determinare la forma della Colonia Guell.

Fig. 5.1-3. Diagramma della forma (sinistra) e diagramma delle forze (destra).

Fig. 5.1-1. Modello di funico-lare effettuato da Gaudi per determinare la forma della Colonia Guell.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

Il diagramma delle forze. -

Il diagramma delle forze e quello della forma risultano essere in equilibrio orizzontale, quando le aste corrispondenti dei due diversi diagrammi sono parallele e orientate correttamente. Basandosi sulla configurazione di entrambi i diagrammi, viene calcolato l’equilibrio verticale, che risulta essere una “Superficie delle pressioni”, la quale rappresenta una superficie compressa.

Semplificando il problema , il diagramma della forma definisce la pro-iezione del perimetro e le direzioni delle forze nella struttura. Invece il diagramma delle forze definisce l’equilibrio delle componenti orizzon-tali delle forze (intensità) e come esse sono distribuite all’interno della struttura. RhinoVAULT è stato sviluppato per generare forme soggette solamente a compressione a causa del peso proprio, le quali possono essere modificate effettuando modifiche sui due diagrammi recipro-ci.

5.2 Il Software

5.2.1 Barra degli strumenti

Questo paragrafo descrive i comandi del plug-in RhinoVAULT in ordine di come appaiono sulla barra degli strumenti da sinistra verso destra Fig.5.2-1. L’ordine dei comandi è dato dalla risoluzione del problema di form-finding tramite la metodologia TNA. Disegnato il diagramma della forma, il software calcola l’equilibrio orizzontale attraverso la

Fig. 5.1-4. “Superficie delle Pressioni”.

Fig. 5.2-1. Barra degli stru-menti RhinoVAULT.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

Fig. 5.2-2. Le fasi principali per risolvere un problema di form-finding attraverso Rhino-VAULT.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

rappresentazione del diagramma delle forze e dopo si appresta a calco-lare l’equilibrio verticale per determinare la configurazione finale del-la forma. Nel caso in cui venissero fatte delle modifiche a qualunque dei due diagrammi, si deve procedere di nuovo al calcolo dell’equili-brio orizzontale e poi di quello verticale. Il software avvertirà automa-ticamente se l’ordine della procedura viene violato. La figura della pagina precedente (Fig.5.2.2) mostra i passi principali per risolvere un problema di form-finding attraverso RhinoVAULT.

5.2.2 Gestione dei dati attraverso i layer

Tutti i singoli oggetti che RhinoVAULT genera sono salvati in layers di-versi Fig.5.2-3. Il processo è controllato automaticamente dal plug-in e assicura la continuazione di un progetto salvato in Rhino (*.3dm). E’ molto importante mantenere intatta la struttura dei layers e non gene-rare con essi elementi non connessi alla procedura di form-finding.

5.2.3 I settaggi

I vari settaggi necessitano di essere modificati in relazione alla complessità, alle dimensioni e alla densità dei due diagrammi reciproci. La maggior parte dei parametri hanno un’influenza

sull’uniformità “smooth” dei vari diagrammi e della superficie finale. Nella maggior parte dei casi possono essere usati i valori di default Fig.5.2-4 , ma in alcuni casi l’aggiustamento dei vari parametri richie-de una conoscenza base della statica grafica e della progettazione di

Fig. 5.2-3. Layers generati da RhinoVAULT in ambiente RHINOCEROS.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

strutture.

5.2.3.1 Vault Height Scale

Il fattore di scala definisce l’altezza complessiva della superficie in compressione, cioè della soluzione in equilibrio. Un numero mag-giore aumenterà l’altezza finale della volta. Il medesimo risultato si ottiene ridimensionando uniformemente sul piano xy il diagramma delle forze.

5.2.3.2 Angle Tollerance

Questo valore definisce la massima deviazione che le aste corrispon-denti del diagramma della forma e delle forze possono avere. Il proces-so iterativo che trova la configurazione finale delle aste tra loro paral-lele e orientate nel giusto verso si fermerà solamente quando il valore della deviazione di tutte le aste è minore rispetto a quello impostato o quando si raggiunge il numero massimo delle iterazioni. Per l’equi-librio orizzontale una deviazione che varia tra i 5°-10° risulta accetta-bile per una progettazione iniziale. Un valore più piccolo aumenta di molto i tempi di calcolo, ma garantisce una soluzione più accurata e precisa. Questo valore rappresenta il margine d’errore concesso.

Fig. 5.2-4. Finestra Settaggi di Rhino Vault.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

5.2.3.3 EdgeMin / EdgeMax

La lunghezza minima e massima di tutte le aste in entrambi i diagram-mi possono essere limitate. Questi valori possono essere utilizzati per evitare forze estreme locali e conflitti numerici causati dalla lunghezza delle aste molto piccole durante il calcolo dell’equilibrio orizzontale. I valori descrivono la proporzione consentita tra la minima e la massi-ma lunghezza del bordo di ciascuno schema singolarmente.

5.2.3.4 Iterations and Step Size – Control the Max Iterations and Step Size of Iterative Procedures

Questo valore definisce un processo iterativo per trovare un diagram-ma della forma rilassato, ovvero una configurazione orientata corret-tamente e con tutte le aste parallele dei due diagrammi in equilibrio orizzontale, e per trovare la superficie della pressione tridimensiona-le in equilibrio verticale. Il processo si fermerà soltanto quando avrà raggiunto il numero di iterazioni massime possibili (oppure se viene raggiunto il valore massimo della tolleranza angolare). Il calcolo per trovare l’equilibrio orizzontale e verticale risulta essere molto pesante, questo può rallentare drasticamente i tempi di risoluzione . Il massi-mo numero di iterazioni dipende dalla complessità del diagramma e non deve normalmente essere molto superiore a 600. Se per la riso-luzione del problema si necessità un numero maggiore di iterazioni si preferisce ripetere il comando di nuovo.

Il valore di passo visivo definisce il numero di iterazioni passate fino al momento in cui lo schermo viene aggiornato. Per aumentare la velocità di calcolo questo valore può essere impostato ad un numero superiore al numero massimo di iterazioni. Tuttavia, esso è utile per visualizzare il processo di progettazione.

5.2.3.5 High Precision/Runge Kutta 4th Order – Changing the Type of Solver

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

Abilitando questa opzione si modifica il metodo di calcolo iterativo per trovare l’equilibrio verticale. Utilizzando il metodo Runge Kutta si velocizzano i tempi di calcolo ma si possono verificare delle instabilità da parte del software.

5.2.3.6 Show color Analysis/Show Mesh/Show Pipes - Visualize the Three-Dimensional Result

Il risultato ottenuto della struttura tridimensionale viene visualizzato da un reticolo spaziale di linee. Abilitando la funzione show color analy-sis si visualizza una combinazione di colori che mostra la grandezza delle forze in proporzione. La distribuzione delle forze, oltre ad essere visualizzata con aste tridimensionali di colore diverso, può essere vi-sualizzata con aste di diverso diametro in proporzione alle loro solle-citazioni interne.

5.2.4 Generate Form Diagram -rvForm

Il diagramma della forma definisce la proiezione del perimetro e la distribuzione delle forze nella struttura. La topologia della struttura può essere scelta liberamente. Le aste terminali ap-

partenenti ad un reticolo a maglia aperta definiscono gli appoggi della struttura. Il diagramma della forma può essere disegnato manualmen-te, generandolo con l’ausilio di Rhino oppure con il comando rvForm di RhinoVAULT. Il diagramma della forma generato manualmmente o da RhinoVAULT non deve avere aste sovrapposte o intersecate e deve essere assegnato al layer 01 FormEdges.

5.2.5 Generate Dual Graph - rvDual

Per generare un possibile diagramma forza basato sul diagram-ma forma, bisogna prima generare il reticolo secondario dal diagramma della forma. Questo è ruotato di 90° e rappresen-

ta il diagramma forza ancora non in equilibrio, ciò significa che le aste corrispondenti non sono ancora parallele e che non sono ancora orientate nel verso giusto. Le aste che non sono in equilibrio avranno

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

dei numeri di colore rosso, i quali indicano la deviazione angolare.

5.2.6 Relax and smoothen the Form Diagram - rv Relax

Questa opzione ridisegna il diagramma forma in modo da mi-nimizzare la lunghezza di tutte le aste del reticolo. L’opzione

rilassa il reticolo, di solito garantendo una soluzione più uniforme. L’opzione NodeWeight all’interno del comando rvModify può essere usato per dare una certa inerzia a dei nodi durante il processo di ri-lassamento.

5.2.7 Modify Diagram - rvModify

Questo comando aiuta l’utente ad attuare diverse modifiche

Fig. 5.2-5. Diagrammi dellaforma e delle forze mal distribuiti e disordinati.

Fig. 5.2-6. Diagrammi forma e forze dopo l’utilizzazione del comando rv “Relax”.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

sui reticoli ed anche sul reticolo tridimensionale.Le varie modifiche sono: Move, Scale 2D, Scale 1D, Bend, Support, Openings, NodeWeight.

5.2.7.1 Move/Scale2D/Scale1D/Bend - Manipulate the Form and Force Diagram to change the Thrust Network

Modifiche sui rispettivi diagrammi (forma, forza) sul piano xy influisco-no sul reticolo tridimensionale. Ridimensionando o spostando parti del diagramma delle forze si ha una ridistribuzione delle sollecitazio-ni all’interno della struttura, causando delle modifiche geometriche. Modificando il diagramma forma, per lo più si ottiene una modifica del perimetro; questa provocherà una modifica globale della struttura.

I due reticoli sono correlati in modo tale che le aste corrispondenti siano sempre parallele tra di loro e sempre orientate nel verso giusto; solo la lunghezza può variare. Questa condizione è importante, per una soluzione strutturalmente corretta, per lo più sarà garantita dal

Fig. 5.2-7. Modifiche al Dia-gramma delle forze; aste grigie configurazione iniziale.

Fig. 5.2-8. I numeri colo-rati indicano la deviazione angolare.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

software utilizzando il comando rvHorizontal. Spostamenti o ridimen-sionamenti delle parti dei diagrammi devono essere fatti in modo che la maggior parte delle aste siano solo allungate, senza causare una de-viazione importante di direzione rispetto alla configurazione iniziale.

5.2.7.2 Supports - Manipulate the Supports

Utilizzando la funzionalità supporto, l’utente può manipolare l’altezza dei supporti individuali. Usando la prospettiva o una vista laterale si ha un controllo maggiore per verificare l’altezza corretta. Si utilizza

MoveVertical se si desidera spostare supporti individuali nella direzio-ne z, o il comando Project se si desidera proiettare nodi di supporto selezionati su una superficie esistente o mesh.

5.2.7.3 Openings - Define one or more Oculus

Le aperture laterali ovvero gli archi di bordo vengono rilevati auto-maticamente e presi in considerazione per il calcolo dell’equilibrio verticale. Il comando Aperture viene utilizzato per la definizione delle

Fig. 5.2-9. I nodi di appoggio della struttura possono essere spostati verticalmente (sinistra).Nodi interni con la funzione di appoggio (destra).

Fig. 5.2-10. Utilizzo del comando “opening”.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

aperture nella struttura. Cambiano sostanzialmente i carichi applicati dei nodi che circondano l’apertura. L’attivazione della funzione Mo-stra Mesh nella finestra delle impostazioni aiuta a identificare le aper-ture nella struttura.

5.2.7.4 NodeWeight - Change the Inertia of Nodes

L’opzione NodeWeight può essere utilizzata per controllare l’inerzia dei singoli nodi. Questa influenza il rvRelax e il comando rvHorizontal. Per

ogni nodo del diagramma forma e forza si può inserire un valore com-preso tra 0 (fisso) e 1 (libero). Il valore predefinito è 1, fatta eccezione per tutti i nodi di supporto iniziale del diagramma forma.

5.2.8 Horizontal Equilibrium - rvHorizontal

L’equilibrio orizzontale garantisce che le aste corrisponden-ti dei due diagrammi siano sempre parallele e correttamente orientate. Dal momento che entrambi i diagrammi sono in-

terdipendenti, le modifiche influenzeranno sempre tutti e due i dia-grammi.

Per ponderare l’influenza che uno schema ha sulla sua controparte, l’utente è invitato a pesare l’influenza tra i due diagrammi. Ad esem-pio, impostando il valore neutro, entrambi i diagrammi si regoleran-no per trovare una soluzione media. Se si vuole che il diagramma

Fig. 5.2-11.Non è stata trovata una confihurazione in equilibrio orizzontale; i numeri colorati indicano la divergenza angolare.

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CAPITOLO 5USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

delle forze si adatti completamente in base alla direzione delle aste del diagramma della forma, si dovrebbe scegliere Force100. Il valore di deviazione angolare nella finestra delle impostazioni definisce la deviazione massima tra le aste corrispondenti dei due diagrammi. Una deviazione di 5 ° -10 ° è generalmente accettabile per la fase di progettazione. Un valore più basso aumenterà il tempo di calcolo. Le deviazioni specifiche corrispondenti delle aste vengono visualizzate in gradi, se l’equilibrio orizzontale non può essere calcolato all’interno dei parametri della deviazione dell’angolo definito e del numero di iterazioni. Se alcune topologie e configurazioni specifiche fossero mol-to vincolanti, rendendo impossibile trovare un equilibrio soddisfacen-te orizzontale, si potrebbero provare queste metodologie: -

Usare il comand rvHorizontal ripetitivamente -

Rilassare di nuovo il diagramma forma usando il comando - rvRe-lax.

Permettere ai nodi del diagramma di muoversi liberamente - rvMo-dify Nodeweight.

Aumentare il valore - Min/Max Form and Force Edge nella finestra settaggi.

Aggiustare manualmente aree del diagramma problematiche - rv-Modify Move.

Iniziare di nuovo con una topologia meno vincolante. -

5.2.9 Vertical Equilibrium - rvVertical

Il risultato generato viene aggiornato da un approccio iterativo basato sull’equilibrio orizzontale dei due diagrammi reciproci. L’equilibrio verticale assicura una soluzione di sola compressio-

ne sotto un carico uniformemente distribuito. La soluzione può essere visualizzata da una rete di linee,aste tridimensionali oppure da una mesh continua. Se il processo iterativo non avrà trovato la soluzione la mesh sarà di colore rosso. In questo caso si utilizza utilizza di nuovo il comando rvVertical.

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USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.USO DELLA STEREOLITOGRAFIA PER LA REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI: PROGETTAZIONE TRAMITE METODOLOGIA TNA.

CAPITOLO 6

IL PROGETTO

6.1 Introduzione

Prima di procedere con lo studio di fattibilità per realizzare un gu-scio freeform con la tecnologia D-shape, è necessario affrontare una fase progettuale. Tuttavia questo lavoro si concentra principalmente su una ricerca di tipo strutturale e non vuole entrare nei dettagli di un’analisi progettuale più completa, la quale richiederebbe ben altro spazio. La forma in questione è stata quindi semplicemente pensata come una grande copertura e, in quanto tale, potrebbe trovare vari impieghi. Per esempio, potrebbe essere un padiglione per un’esposi-zione temporanea o uno spazio pubblico coperto da inserire in diversi contesti urbani.

L’ingombro della struttura sarà all’incirca di 10mx30m.

6.2 Form-finding

6.2.1 Form-finding con RhinoVAULT

Le varie fasi del processo di fom-finding da parte di RhinoVAULT sono state ampiamente descritte nel capitolo precedente. Qui di seguito si ha, invece, una descrizione sommaria delle fasi più importanti, volte a definire la superficie funicolare.

Il percorso di ricerca formale, con cui si ottiene una superficie (fre-eform) soggetta solamente a compressione, inizia dal rettangolo che stabilisce l’ingombro dimensionale della struttura.

Una volta disegnato l’ingombro si definisce la proiezione a terra del-la forma. Questa fase risulta essere molto importante per determina-re l’aspetto formale della struttura, cosicchè laddove la proiezione è composta da curve convesse la struttura si appoggia a terra, mentre laddove le curve della proiezione sono concave la struttura presenta degli archi Fig.6.2-2.

Una volta definita la proiezione, ha inizio il processo di form-finding da parte di Rhino-VAULT: calcolo del diagramma della forma, cal-

Fig. 6.2-1. Rettangolo che sta-bilisce l’ingombro dimensionale della struttura.

Fig. 6.2-2. Proiezione a terra della forma.

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colo dell’equilibrio orizzontale attraverso il diagramma delle forze e successivamente l’equilibrio verticale attraverso la linearizzazione del problema.

Per capire pienamente la metodologia di form-finding, si consiglia la rilettura del capitolo 4 e 5.

Fig. 6.2-3. Diagramma della forma e il suo relativo diagram-ma delle forze ancora non in equilibrio (destra), lo si vede dai numeri colorati che rappresen-tano la deviazione angolare tra le varie aste (alto).

Fig. 6.2-4. Diagramma della forma e il suo relativo diagram-ma delle forze in equilibrio, i colori rappresentano intensità delle forze.

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Fig. 6.2-5. Pianta e prospetti della forma definitiva, la mesh colorata indica l’intensità delle forze .

Fig. 6.2-6. Viste tridimensio-nali della forma definitiva;

può anche essere visualizzata

con aste di diverso diametro in

proporzione alle loro sollecita-

zioni interne.

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6.2.2 Verifica e costruzione geometrica del modello continuo

Nel capitolo 5 si è visto come il metodo TNA attua una discretizza-zione del problema, creando un reticolo di forze dove sui nodi ven-gono applicati carichi anch’essi discreti; vale a dire che la soluzione fornitaci da RhinoVAULT è una struttura reticolare tridimensionale caricata proporzionalmente dal peso proprio sui nodi Fig. 6.2-7.

Prima di procedere si è sentita la necessità di fare una verifica prelimi-nare con un software fem (Straus 7) trasformando la nostra superficie reticolare in una superficie continua, in modo tale da verificare se veramente tutta la superficie risulta essere compressa; ciò è stato fatto riempiendo i vuoti tra le aste con elementi plates/shells eliminando tui i gradi di liberà Fig. 6.2-7.

I risultati ci hanno dato la conferma che la superficie trovata, sotto peso proprio, è realmente soggetta solamente a compressione infatti le tensioni princiali variano tra i valori di -0,8 kg/cm2 a -10 kg/cm2.

Fig. 6.2-7. Struttura discretiz-zata.

Fig. 6.2-7. Soluzione modello f.e.m.

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Una volta ottenuta tale conferma, il modelllo geometrico del retico-lo strutturale è stato tasformato in una superficie continua NURBS (Non Uniform Rational Basis-Splines) Fig. 6.2-12, creando così una

rete di curve passanti per i nodi della superficie reticolare Fig. 6.2-11. Il margine di errore che si è venuto a creare tra la superficie reticolare

Fig. 6.2-9. Margine d’errore tra la superficie continua e il modello del reticolo strutturale.

Fig. 6.2-10. Modello geometri-co del reticolo strutturale.

Fig. 6.2-11. Rete di curve passanti per i nodi del modello del reticolo strutturale.

Fig. 6.2-12. Modello continuo superficie NURBS.

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e la superficie continua Fig.6.2.9 sicuramente non comporterà modi-fiche alle sue caratteristiche statiche, poiché, una volta dato un certo spessore alla superficie reticolare, la superficie continua sarà intera-mente contenuta nel suo terzo medio, fattore di garanzia.

6.3 Materializzazione

6.3.1 Materializzazione

Allo stato attuale abbiamo una superficie continua NURBS che sod-disfa le nostre esigenze statiche. Con i seguenti processi si attuerà una materializzazione della forma mediante la definizione del pattern di taglio, per suddividere la nostra superficie continua in vari conci e, successivamente, si attribuirà loro un determinato spessore.

6.3.2 Pattern di taglio

In generale il Pattern di taglio per suddividere strutture voltate di-pende dalla geometria della forma, dall’aspetto formale del pattern e dalle caratteristiche fisiche del materiale. Tutte queste problematiche sono comprese nell’ambito della scienza della stereotomia. Nel nostro caso le problematiche si semplificano notevolmente, visto che i no-stri conci sono creati con una tecnologia additiva che può generare qualunque forma. Non si presenta, dunque, la necessità di studiare la stereotomia della forma, ma nel nostro caso le problematiche si riducono solamente a quelle relative alla creazione di un pattern che risponda correttamente alle sollecitazioni della struttura e a quelle di montaggio.

La scelta che ci è parsa più idonea è stata quella di realizzare un pat-tern esagonale dal momento che questa forma risponde meglio alla necessità di trasmettere le sollecitazioni in tutte le direzioni della su-perficie, senza creare direzioni preferenziali. Inoltre la forma esagonale del pattern garantisce un aspetto molto piacevole. Al fine di adattare il pattern bidimensionale sulla superficie continua tridimensionale, si è

Fig. 6.2-13. Poligono esago-nale.

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utilizzato il comando “proietta” riferito alla superficie media: in modo tale le superfici di contatto tra i conci sono piane e localmente per-pendicolari alla superficie media. Questo è stato fatto per due motivi specifici che saranno sviluppati in seguito:

1) Facilitare il montaggio della struttura.

2) Diminuire il margine d’errore tra il modello reale e il modello Fem.

6.3.3 Spessore

Una volta proiettato il pattern sulla superficie e dopo aver suddiviso la superficie stessa, utilizzando il comando “offset solid”, si è assegnato uno spessore costante di 20 cm a tutti i conci. Questo garantisce che le facce di contatto tra i conci siano localmente perpendicolari alla superficie. Di solito le strutture resistenti per forma sono molto sottili, in particolar modo i gusci in calcestruzzo, ma in questo caso, avendo a che fare con un materiale più simile alla pietra che al calcestruzzo e inoltre non trattandosi di un guscio monolitico, si è preferito dargli uno spessore che impedisca perdite di equilibrio locali. Con quest’ul-timo passaggio si è conclusa la parte volta a definire gli aspetti formali della struttura. Riepilogando, si può dire che è stato creato un guscio freeform avente una luce massima di all’incirca 30 m, un’ altezza mas-sima di 6 m, composta da 512 conci diversi tra loro e di un ingombro totale su terra di 195 m2.

Fig. 6.2-13. Pattern applicato alla proiezione della struttura

Fig. 6.2-14. Costruzione pattern usando come griglia di riferimento il diagramma del diagramma della forma.

Fig. 6.2-15. Pattern sovrappo-sto al risultato f.e.m.

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Fig. 6.2-16. Viste guscio freeform.

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6.4 Analisi FEM

L’analisi fem è stata effettuata per verificare, sotto il carico del peso proprio della struttura, se le sollecitazioni interne alla struttura stessa sono inferiori al carico di rottura a compressione del materiale D-shape e per verificare l’assenza di tensioni positive.

Per la discretizzazione del modello la strategia più idonea è risultata quella di generare in Rhino un modello composto da porzioni di su-perfici discrete piane, che si avvicinasse il più possibile al modello ma-terializzato composto da conci. Sulla superficie media, dove avevamo proiettato il pattern esagonale, si sono poi proiettati i vari baricentri degli esagoni appartenenti al pattern bidimensionale. Così facendo, i vari conci a doppia curvatura sono stati ridotti in conci formati da una mesh composta da 6 porzioni di superfici triangolari quindi piani Fig. 6.3-2. Con questa operazione la superficie NURBS è stata ap-prossimata con una discretizzazione di porzioni triangolari piane e il margine d’errore relativo a tale operazione ci è sembrato accettabile. Una volta copiate le linee che formano il pattern esagonale in un altro layer, abbiamo esportato il modello in formato DXF composto da due layer, l’uno costituito da mesh triangolari, l’altro dai lati che formano il pattern esagonale.

Dopo aver importato il modello nel software fem, i vari triangoli sono stati sostituiti con elementi plates/shells e bloccati tra di loro elimi-

Fig. 6.3-1. Pattern bidimensio-nale con i punti baricentrici.

Fig. 6.3-2. Pattern sovrapposto al risultato f.e.m.

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nando tutti i gradi di libertà, ai quali sono state assegnate le proprietà fisiche e meccaniche dei conci e del materiale D-shape, così da creare un corpo unico. In seguito, usando l’altro layer come guida ai lati di contatto tra i vari conci, abbiamo rimosso i vincoli lasciando dei vincoli cerniera alle interfacce tra gli esagoni. Il risultato conseguito consiste in una superficie generata da conci esagonali incernierati tra loro. Il vincolo cerniera ci è sembrato quello più opportuno al fine delle nostre verifiche, in quanto non trasmette momento flettente. I risultati trovati ci hanno confermato che la superficie composta dai conci esagonali risulta essere totalmente compressa, sia sull’estradosso sia sull’intradosso; solo localmente si presentano delle piccole zone in trazione, forse dovute alla discretizzazione del modello. Le sollecitazio-ni interne sono di gran lunga inferiori al carico di rottura a compres-sione del materiale D-shape.

Poi, eliminando i vincoli cerniera e connettendo tra loro i vari conci, abbiamo verificato di nuovo il modello come un oggetto monolitico. Anche in questo caso l’oggetto risulta essere totalmente compresso sia sull’estradosso sia sull’intradosso. Solo localmente si presentano delle piccole zone in trazione, quindi possiamo escludere la presenza del momento flettente.

Modello fem S p o s t a m e n t i

(max)

Tensioni Princi-

pali estradosso

(max)

Tensioni Principali

intradosso (max)

Conci sconnessi -0,008 m -15 kg/cm2 -14 kg/cm2

Conci connessi -0,008 m -11 kg/cm2 -10 kg/cm2

I valori massimi delle tensioni principali sono leggermente diverse, ma qualitativamente la distribuzione è uguale.

Si ricorda che il carico a rottura a compressione del materiale D-shape “stampato” è di 256 kg/cm2.

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Modello a elementi sconnessi

Fig. 6.3-3. Risultati del software fem modello sconnes-so. Dall’ alto: lo spostamento verticale massimo ( -0,008m); tensioni principali all’estrados-so (valore max. -15 kg/cm2); tensioni principali sull’intrados-so (valore max. -14kg/cm2). Da notare le zone sull’estradosso in trazione (colore viola).

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Modello a elementi disconnessi

Fig. 6.3-3. Risultati del software fem modello connesso. Dall’ alto: lo spostamento verticale massimo ( -0,008m); tensioni principali all’estrados-so (valore max. -11 kg/cm2); tensioni principali all’intrados-so (valore max. -10kg/cm2). Da notare le zone sull’estradosso in trazione (colore viola).

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In generale si può affermare di aver progettato una forma veramen-te efficiente dal punto di vista strutturale, considerando che la luce massima della struttura è di 30 m. Infatti dalle immagini precedenti si può osservare come le tensioni siano distribuite in maniera suffi-cientemente uniforme e siano veramente basse. Questo tipo di strut-tura non pone assolutamente alcun problema al materiale D-shape, questo riesce a soddisfare i requisiti richiesti dalla struttura con cari-chi uniformi. Sicuramente andrebbe fatta un’analisi approfondita sul comportamento strutturale della struttura stessa sottoposta a carichi variabili come ad esempio neve, vento e azioni sismiche. Tuttavia tale analisi non verrà sviluppata nel presente lavoro, dal momento che il nostro interesse si focalizza principalmente su uno studio di fattibilità e costituisce uno studio ancora preliminare per successivi approfon-dimenti.

6.5 Concept

6.5.1 Ingegnerizzazione di un concio di pietra

Fino a questo punto si è visto come le caratteristiche fisiche e mecca-niche del materiale D-shape possono essere idonee per la creazione di conci a doppia curvatura. Una volta matura, la tecnologia additiva consentirà infinite possibilità. Qui di seguito verrà invece elaborato un concept per la realizzazione della forma precedentemente proget-tata; si analizzeranno i vari aspetti, tutti connessi all’idea iniziale di costruibilità e sostenibiltà. La tecnologia D-shape ci permette “l’inge-gnerizzazione di un concio di pietra”.

Con tale espressione si definiscono le varie caratteristiche geometriche e fisiche di un concio in grado di migliorare il processo costruttivo di

di incastro che migliorano le caratteristiche strutturali della struttura e che possono garantire un assemblaggio a secco con il minor uso di centine possibile, garantendo così una costruzione semplice e veloce. Lo scopo consiste nello sviluppare un processo tale da permetterci la prefabbricazione di gusci freeform, seguendo l’iter sviluppato in que-sto lavoro: formfinding, materializzazione ,verifica fem, prototipazione e montaggio.

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6.5.2 Prototipazione con D-shape

La tecnologia D-shape impone dei forti vincoli costruttivi, poiché non può ancora garantire una precisione tale da permettere un sistema costruttivo a secco. Inoltre le caratteristiche del materiale potrebbe-ro portare a rotture locali proprio su un ipotetico sistema di giunto maschio-femmina.

Grazie all’aiuto e alle conoscenze di Enrico Dini siamo riusciti a svi-luppare un sistema produttivo che con alcuni passaggi integrativi alla cosiddetta fase di stampa riesce a garantire i requisiti richiesti per ot-tenere un sistema di assemblaggio a secco. Questo è stato fatto sfrut-tando al massimo le caratteristiche di D-shape, cercando cioè una soluzione che non facesse perdere di mira l’obbiettivo principale di realizzare un’architettura in cui la forma coincidesse con la struttu-ra. Il risultato finale è stato strabiliante, infatti il processo produttivo concepito, oltre ad eliminare tutte le problematiche connesse all’idea di costruibilità, migliora anche la resistenza del concio. L’idea che ci ha permesso di trovare la soluzione appropriata si fonda sul fatto che ogni concio è inscrivibile all’interno di un tronco di piramide a base esagonale Fig.6.4-1, cosicché la soluzione più giusta è sembrata quella di confinare i conci in casseforme di lamiera a perdere formate dalle facce laterali dei vari tronchi di piramide e, poi, con un getto inte-grativo sempre con il materiale D-shape riempire il gap tra i conci e le lamiere. Questo deve essere fatto quando i conci non sono stati ancora spostati dall’area di stampa di D-shape, poiché essa ci dà delle informazioni molto importanti e alla fine del processo permette di eli-minare il materiale superfluo. La cosa è stata molto semplice da realiz-zare: le facce di contatto tra i vari conci formano quasi delle superfici piane e, facendo una media ponderata, si possono rimodellare tutte le facce di contatto con un bassissimo margine d’errore.

Per spiegare al meglio il sistema produttivo, si è preferito fare una simulazione con i conci caratterizzati da una maggiore curvatura, poi-ché questi sono anche i più difficili da realizzare e rappresentano il caso in cui si verifica un maggiore spreco di materiale. Qui di seguito potete osservare i vari passaggi:

Fig. 6.4-1. Concio circoscritto da un tronco di piramide.

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.

Il processo ha inizio con la preparazione dei vari file: l’operatore sele-ziona una quantità di conci tale da riempire l’intera area di stampa, posizionandoli all’interno di un rettangolo, che sta ad indicare tale spazio. È da notare che non si cerca di inserire il maggior numero di

conci all’interno dell’area di stampa, bensì di inserirli mantenendo la loro posizione reciproca Fig. 6.4-2.

Una volta posizionati i vari conci, segue il processo di planarizzazione delle facce di contatto, facendo una media tra i 4 spigoli che formano la superficie curvilinea. Il risultato consiste in una griglia esagonale formata dai vari tronchi di piramide che circoscrivono i conci e che sono di diverse altezze. Poi si procede nell’offset di 5 cm per ciascuna delle varie facce che formano la griglia e successivamente si tagliano i conci Fig. 6.4-3. L’obiettivo è quello di avere uno spazio di 10 cm tra i vari conci, il quale verrà riempito poi con il getto integrativo di materiale D-shape. Dal momento che il materiale D-shape, quando

Fig. 6.4-2. Selezione dei conci (Sinistra) e posizionamento sull’area di stampa (Destra).

Fig. 6.4-3. Processo di plana-rizzazione delle facce di contat-to (Sinistra) offset (Destra).

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viene colato ha caratteristiche fisiche meccaniche totalmente diverse, il carico di rottura aumenta fino a 455 kg/cm2, questo ci permette di alleggerire il concio Fig. 6.4-4.

Inoltre, prima di procedere con il getto, si potrebbe prendere in con-siderazione la possibilità di inserire dei corrugati, dove far passare in seguito dei cavi d’acciaio, al fine di rinforzare la struttura contro solle-citazioni di trazione, causate dai carichi variabili o dalle azioni sismi-che. Tuttavia tale metodologia necessita di ulteriori approfondimenti, ma sicuramente si tratta di una strada percorribile, poiché la nostra struttura deriva da un modello funicolare.

Arrivati a questo punto si può iniziare una progettazione del siste-ma di giunzione sulle lamiere. L’unico accorgimento sarà quello di disegnarlo all’altezza giusta. Una volta terminata la modellazione, si procede con l’invio del file alla ditta che si occuperà della produzione tramite lavorazione CNC (computer numerical control).

A questo punto siamo pronti per la fase di stampa.

Fig. 6.4-4. Risultato dell’offset (Sinistra)e alleggerimento conci (Destra).

Fig. 6.4-5. Casseforme in lamiera, le quali formano la griglia esagonale conposta dai lati dei rispettivi tronchi di piramide.

Fig. 6.4-6. Fasi di “stampa”.

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Terminata la fase di stampa, con un aspiratore si effettua la rimozione della sabbia sopra ai conci, in modo tale da poter inserire le cassefor-me con un carroponte; dal file conosciamo la posizione esatta Fig. 6.4-10.

Chiaramente le casseforme avranno altezze diverse, che seguiranno la

curvatura della superficie freeform.

Dopo il loro inserimento si procederà con il getto di completamento. Una volta portata a termine la stagionatura del materiale D-shape (24 ore), si procederà alla rimozione del materiale in eccesso.

Il risultato è un concio di pietra ingegnerizzato, dal momento che

Fig. 6.4-7. Rimozione sabbia.

Fig. 6.4-8. Sezione conci con la sabbia rimossa.

Fig. 6.4-9. Posizionamento delle casseforme.

Fig. 6.4-10. Posizionamento delle casseforme e realtivo getto di completamento (parti in giallo).

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il suo contorno è formato da una lamiera, che garantisce una giusta posa in opera e protegge le superfici di contatto delle giunzioni da

eventuali urti e dall’usura. La parte esterna del concio è formata da un materiale più resistente e pesante, mentre la parte interna, che potremmo definire di tamponamento, si presenta più leggera e meno resistente.

A una prima analisi il sistema produttivo sopra esposto risulta vincen-te, visto che è predisposto a una forte automazione e, inoltre, tutte le fasi preparotorie dei file digitali possono essere automatizzate da dei script creati ad hoc.

Fig. 6.4-12. Concio terminato: parte in giallo delimita la zona gettata, quindi più resistente.

Fig. 6.4-11. Rimozione attra-verso molatura dela lamiera e del getto.

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6.5.3 Modalità di montaggio

Prima di affrontare il sistema studiato per la modalità di montaggio, è necessario aprire una piccola parentesi sulle giunzioni, dal momen-to che i due argomenti risultano strettamente correlati, nella misura in cui dall’ordine di montaggio dei conci dipenderà quale tipologia del giunto (maschio-femmina) sarà presente sulle facce di contatto. A ben vedere l’argomento risulta essere molto complesso, poiché il giunto può influenzare molti aspetti correlati al progetto stesso. Se, ad esempio, creassimo un incastro a coda di rondine la struttura acquisi-rebbe una certa resistenza anche a trazione, stravolgendo così l’intero

modello strutturale fin qui concepito. Senza dimenticare inoltre i vari aspetti tecnologici che in questo lavoro non sono stati considerati, come ad esempio l’impermeabilizzazione di tale giunto. Non avendo approfondito le varie tematiche, la scelta è stata quella di verificare con un semplice giunto maschio-femmina la semplicità di montag-gio Fig. 6.4-13, senza stravolgere il funzionamento strutturale. Sicu-ramente questa parte necessita di studi ancora tutti da avviare, infatti un’analisi della questione in tutta la sua complessità potrebbe portare alla creazione di modelli strutturali diversi rispetto a quello ipotizzato in questo lavoro.

La modalità di montaggio risulta essere veramente molto semplice e veloce: una volta costruiti grazie all’ausilio di centine i due archi prin-cipali esterni Fig. 6.4-15, si potrà iniziare la costruzione di tutto il gu-scio, semplicemente seguendo l’ordine di montaggio stabilito in fase di progettazione Fig. 6.4-16, visto che ogni concio è autoportante ad eccezione dei conci di base, i quali però verranno ancorati alle fonda-

Fig. 6.4-13. Giunto maschio femmina sulle varie facce di contatto tra i vari conci.

Fig. 6.4-14. Inserimento di un concio, da notare come durante la fase di costruzione ogni concio è sorretto dai suoi conci adiacenti.

Fig. 6.4-15. Gli archi prin-cipali vengono costruiti con l’utilizzo di centine.

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Fig. 6.4-15. Ogni concio è stato numerato per stabilire un irdine di montaggio.

Fig. 6.4-17. Ordine di montag-gio dei vari conci; chiaramente sulla parte opposta si segue lo stesso ordine e gli stessi tempi.

zioni. Si ricorda, inoltre, che di solito la costruzione di gusci necessita grandi strutture di supporto (centine), che a volte raggiungono livelli di complessità maggiore rispetto al guscio stesso. Per verificare tale modalità di montaggio si è svolta un’analisi fem in senso contrario, ovvero dalla struttura ultimata abbiamo iniziato ad eliminare i vari conci seguendo l’ordine di montaggio e verificando a ogni passaggio lo stato tensionale e gli spostamenti Fig. 6.4-18. Inoltre con la costru-zione di un piccolo modello in scala sono state fatte delle supposizioni preliminari. E’ da notare, poi, come sul modello in scala siano stati usati dei cavi messi in tensione per sorreggere i due archi principali Fig. 6.4.19.

Quest’ultimo aspetto è molto importante, visto che potrebbe sempli-ficare le fasi di montaggio dell’intera struttura. Si potrebbe prendere in considerazione l’idea di assemblare i due archi principali con le centine per poi precomprimerli, e una volta precompressi eliminare le centine così da escludere la fase di scarico di una struttura voltata, operazione delicatissima e complessa.

Fig. 6.4-16. Ordine di mon-taggio (considerato che i conci di base e dell’arco siano già posizionati): 2AF, 4AF, 6AF, ...., 3AF, 5AF, 7AF,...., 2AE, 4AE, 6AE,...., 3AE, 5AE, 7AE,...., 2AD, 4AD, 6AD,...., 3AD, 5AD, 7AD,..............

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Fig. 6.4-18. Per ogni passag-gio della fase di montaggio è stata efettuata un’analisi fem per verificare le tensioni e i spostamenti locali. Gli archi principali sono stati trattati monoliticamente. (continua sulla pagina seguente)

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Fig. 6.4-19. Modello di studio. dalle immagini si evince come la metodologia di montaggio risulta funzionante, sugli archi principali sono stati inseriti dei cavi.

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CAPITOLO 7

CONCLUSIONI7.1 Conclusioni

Questo lavoro, adottando le più recenti tecnologie, ha sviluppato un possibile processo progettuale per costruire un elemento strutturale freeform, nel quale cioè la struttura coincide con la forma. Il rischio principale, che si è corso, è stato quello di perdere di vista l’obiettivo prefissato, in quanto è molto facile cadere nell’illusione di avere a di-sposizione macchine e tecnologie capaci di creare qualunque cosa, fa-cendo così dimenticare tutti i problemi connessi a una progettazione etica. Come si è visto, tale questione è diventata d’interesse generale, dal momento che, erroneamente, si è diffusa la credenza che l’archi-tettura, per essere considerata all’avanguardia, debba essere high-tech. In tal senso la tecnologia stereolitografica (utilizzata in modo non cor-retto) presenta tutte le caratteristiche per contribuire ancora di più alla diffusione di un tale approccio, poiché sembrerebbe la macchina perfetta per realizzare qualunque forma. Anche nel corso di questo la-voro a volte si è rischiato di perdere di vista il vero scopo del progetto. Tuttavia questo non si è verificato soprattutto grazie all’imposizione iniziale di forti vincoli, che garantissero la reale costruibilità del pro-getto e che, se a una prima analisi sono sembrati molto limitanti e vincolanti, lentamente si sono rivelati come delle vere e proprie gui-de, capaci di fornire suggerimenti per la risoluzione di vari problemi. Sicuramente il vincolo, che si è rivelato di maggior aiuto in questo percorso, è stato quello di voler utilizzare a tutti i costi il materiale D-shape come elemento stutturale e non come semplice rivestimento. Le caratteristiche meccaniche del materiale sono molto simili a quelle della pietra, la quale però viene generalmente considerata un materia-le appartenente a un processo compositivo antico e tecnologicamente obsoleto, mentre l’approfondimento delle varie tecnologie costruttive e i metodi di calcolo utilizzati si sono dimostrati di grande attuali-tà, in quanto possono essere considerate tecnologie intrinsecamente sostenibili e, inoltre, con l’ausilio delle nuove conoscenze acquisite dall’uomo possono rivelarsi veramente all’avanguardia. Si è visto, in-fatti, come la statica grafica (modello di calcolo prediletto per le co-struzioni in pietra), considerata ormai un modello di calcolo superato, laddove viene utilizzata con i nuovi software di modellazione, può essere invece un eccellente strumento di form-finding, che ci ha per-messo di costruire una forma realizzabile con il più avanzato sistema costruttivo. Questo lavoro ha generato una reale possibilità di usare la tecnologia D-shape in ambito architettonico, costruendo un vero e

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proprio iter progettuale, composto dalla fase iniziale di form-finding, nella quale grazie alla metodologia TNA si trova una superficie total-mente compressa sotto peso proprio; segue la fase di materializzazione nella quale si passa dal modello digitale a quello “reale” e, infine, si giunge alla fase di prototipazione con D-shape. I risultanti fin qui rag-giunti evidenziano grandi possibilità, in quanto, una volta sviluppato tutto il processo con ulteriori studi, la metodologia qui descritta può portare a una vera e propria prefabbricazione, da intendersi cioè non come una produzione seriale di manufatti indifferenti al luogo in cui sono posti, bensì nel senso letterale di pre-fabbricazione di gusci free-form, da utilizzare in diversi ambiti costruttivi.

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Fig. 1. Diagramma della forma (ancora non in equilibrio orizzontale); i colori indicano l’intensità delle forze che dipendono dal diagramma delle foze.

Fig. 2. Diagramma delle forma (in equilibrio orizzontale); i colori indi-cano l’intensità delle forze che dipendono dal diagramma delle forze.

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Fig. 3. Diagramma delle forze (ancora non in equilibrio orizzontale);i colori indicano l’intensità delle forze che dipendono dalla lunghezza delle aste.

Fig. 4. Diagramma delle forze (in equilibrio orizzontale);i colori indica-no l’intensità delle forze che dipendono dalla lunghezza delle aste

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Fig. 5. Vista dall’alto del guscio freeform.

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Fig. 6. Prospetto laterale del guscio freeform.

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Fig. 6. Spostamenti verticali (modello sconnesso). Fig. 7. Spostamenti verticali (modello connesso).

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Fig. 7. Tensioni principali all’intradosso (modello sconnesso). Fig. 8. Tensioni principali all’intradosso (modello connesso).

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Fig. 9. Tensioni principali durante una configurazione assunta dal guscio durante la fase di montaggio.

Fig. 10. Spostamenti durante una configurazione assunta dal guscio durante la fase di montaggio.

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Fig. 11. Modello di studio.

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Fig. 12. Modello di studio.

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Fig. 13. Viste prospettiche.

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Fig. 14. Viste prospettiche.

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Ringraziamenti

Ringrazio Enrico Dini per la sua disponibilità e per l’interesse dimo-strato nei confronti del mio lavoro che ha accompagnato sempre con consigli utili; il BLOCK Research Group della ETH di Zurigo per avermi dato conferma della fondatezza della mia tesi e per la facilità di consultazione delle loro ricerche e la Professoressa Giovanna Ranoc-chiai per aver accettato subito la mia proposta di tesi e per avermi se-guito con attenzione, ma anche per avermi dato fiducia nei momenti giusti.