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Pretendere dignità nelle favelas del Brasile

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Page 1: Uno scenario di morte da cambiare

UNO SCENARIO DI MORTEDA CAMBIAREPRETENDERE DIGNITÀ NELLE FAVELAS DEL BRASILE

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Il 27 giugno 2007, le favelas che formano ilComplexo do Alemão, nella zona settentrionaledi Rio de Janeiro, sono state il teatro di una“megaoperazione” lanciata contro i trafficanti didroga, a cui hanno preso parte 1350 agenti dipolizia. Le autorità hanno dato grande risalto alsuccesso di questo intervento, annunciandol’uccisione di 19 presunti trafficanti e ilsequestro di 13 armi da fuoco e di qualchechilogrammo di stupefacenti. L’operazione èstata l’apice di una serie di incursioni condottenei mesi precedenti ai Giochi panamericani del2007.

A tutt’oggi, le bande di narcotrafficanticontinuano a controllare le vite di più di 180.000abitanti del Complexo do Alemão. Migliaia didonne e bambini rischiano gravi traumipsicologici a causa delle continue sparatorie.Case e attività commerciali sono state distrutte.Per lunghi periodi le scuole e gli asili sonorimasti chiusi, le comunità sono state private diacqua, energia elettrica e raccolta dei rifiuti. Lagente del Complexo do Alemão, ancora unavolta abbandonata dallo stato, porterà su di sé isegni dell’incursione per gli anni a venire. Inmigliaia di favelas in tutto il Brasile, interecomunità vivono intrappolate nella povertà edescluse da tutta una serie di servizi. Anni dinoncuranza da parte dello stato hanno creatoun vuoto che è stato riempito dalle bandecriminali. Oggigiorno sono queste a controllarela vita quotidiana in molte comunità: impongonoil coprifuoco, stabiliscono multe e punizioni,decidono chi può e chi non può avere lavoro,abitazione, cure mediche e istruzione.

L’apparizione delle milicias – gruppiparapolizieschi composti da agenti di polizia

fuori servizio, guardie carcerarie, ex soldati evigili del fuoco – in alcune delle comunità piùpovere di Rio de Janeiro ha peggiorato i giàinsopportabili livelli di insicurezza e violenza.Nelle comunità abbandonate dallo stato, lemilicias sfidano le bande di narcotrafficantiper il controllo del territorio. Un’inchiestaparlamentare del 2008 sul loro ruolo ha rivelatol’esistenza di un racket per la protezione, broglielettorali e vasti collegamenti tra agenti di poliziacorrotti e politici statali e comunali.

Le autorità federali e statali hanno ammesso chele modalità d’azione della pubblica sicurezzadevono essere riformate. Tuttavia, nonostante visiano prove evidenti che il mantenimentodell’ordine con la violenza non sia il mezzo piùefficace per garantire la sicurezza, le promessedi riforma svaniscono rapidamente non appenauna piccola parte dell’opinione pubblica esigemaniere più forti. I governi di alcuni staticontinuano ad appoggiare insistentementecomportamenti repressivi e violenti da partedella polizia, che rappresentano un rischio pergli abitanti e inaspriscono l’aggressività,

l’alienazione e la privazione. Incursioni nellecomunità da parte di poliziotti pesantementearmati sono controproducenti e costose intermini di vite umane. Inoltre, quando la poliziasi ritira, le bande di narcotrafficanti sono liberedi riaffermare il proprio controllo sul territorio.

Molte famiglie di vittime di sparatorie, già inperenne lotta per la sopravvivenza, vengonoulteriormente trascinate nella povertà dallamorte o dall’invalidità del figlio o del padre dacui dipendono. Nei colloqui avuti con AmnestyInternational, alcune donne, i cui parenti sonostati uccisi nel corso di operazioni antidrogadella polizia, si affannavano a precisare che illoro caro era un “operaio” o uno “studente” enon un delinquente. Queste donne lottano

Amnesty International maggio 2009

“Una settimana di sparatorie significa una, forse duesettimane senza lavoro. Qualche volta ci hanno anchetagliato l’elettricità e l’acqua. Non sai mai quando inizianoa sparare… Non sai da quale parte scappare. L’unicoposto davvero sicuro è il bagno… Perché dobbiamosopportare tutto questo?”Maria Lúcia Almedia, Complexo do Alemão, aprile 2008.

“Siamo arrivati al punto in cuidobbiamo chiedere aiuto. Nonpossiamo più sopportare diperdere altri amici, parenti efigli a causa della violenzaarmata. È urgente cambiarequesto scenario di morte.”Hércules Mendes, presidente dell’associazione deiresidenti di Caracol, Complexo de Penha, Rio de Janeiro,marzo 2007.

La popolazione di São Paulo è esplosa negli anni’60 e ’70, quando lo sviluppo industriale harichiamato immigrati da tutto il paese. Lamancanza di pianificazione e di misure per unasistemazione dignitosa di queste comunitàsignifica che la città continua a dover fronteggiareuna crisi abitativa. Circa metà della popolazionevive precariamente nelle favelas della periferia, neicasermoni popolari o in case occupateabusivamente. Secondo il Relatore speciale delleNazioni Unite per un’abitazione adeguata, ogninotte circa 10.000 persone dormono nelle strade diSão Paulo.

In questo contesto, tra il 2002 e il 2007l’occupazione dell’edificio Prestes Maia (rimastovuoto per più di 10 anni) è divenuta il centro dellaprotesta delle famiglie senza casa e delleOrganizzazioni non governative che cercano dispingere le autorità a prendere provvedimenti.

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Amnesty International maggio 2009

DIRITTI UMANI = MENO POVERTÀ

contro l’indifferenza e la discriminazione di granparte della società brasiliana, che marchia comecriminali le persone che vivono nelle favelas, peril solo fatto che vi abitano. È questo pregiudizioradicato che permette alla polizia di commettereviolazioni impunemente e rende ancora piùardua la fuga dal circolo vizioso della violenza edella privazione. I fattori che contribuiscono aperpetuare l’esclusione di chi vive nelle favelassono numerosi.

Le condizioni abitative sono forse l’accusa piùovvia e schiacciante verso il governo per comeha abdicato alle proprie responsabilità neiconfronti di queste comunità. Le case sonomisere, inadeguate e insicure. Anche quandosono stati costruiti nuovi alloggi, la mancanza di

standard abitativi e servizi adeguati in alcuni casidimostra quanto poco si sia pensato alle vite dicoloro che li avrebbero occupati. A causa dellepaure e dei pregiudizi, gli operatori sanitari sonospesso riluttanti a entrare nelle favelas, limitandocosì l’accesso dei residenti a servizi essenziali.Una delle conseguenze di tale atteggiamento èil livello estremamente basso dell’assistenzaprenatale e materna: le donne delle comunitàsocialmente escluse, in particolare se di origineafro-brasiliana, rischiano in misura moltomaggiore rispetto alle altre di morire di parto.

L’accesso all’istruzione è un elementofondamentale per aiutare le persone a usciredalla povertà. Tuttavia, ampie ricerche condottedall’Unesco hanno rivelato che le scuole

brasiliane sono luoghi estremamente violenti.Anche fuori, sulle strade, i pericoli che corronoi minori delle favelas sono spaventosi. Pare chei narcotrafficanti impieghino come messaggeri(aviãozinhos) anche bambini di soli cinque anni,iniziandoli così molto presto alla cultura dellebande. In queste comunità praticamente nonesistono strutture di assistenza per l’infanzia.

La risposta dello stato ai bisogni di chi vive nellefavelas rivela una radicata discriminazione. Iservizi e le misure di sicurezza sono stati impostisenza consultare gli interessati, il che forsespiega perché sono così inefficaci.

Alcuni dei pochi progetti realizzati per lasicurezza delle comunità hanno avuto qualche

Ivaneti de Araujo, una coordinatrice del Mstc, parla agli

abitanti che occupano l’edificio Prestes Maia, 2007.

“Laggiù, nella parte ricca dellacittà, è diverso. Loro pensanoveramente che la polizia debbainvadere, uccidere, eliminaretutto quello che succedequaggiù. Non capiscono proprioche questa è una comunità congente che lavora e bambini chestudiano.”Lúcia Cabral, Complexo do Alemão, aprile 2008.

Nonostante la costante minaccia di sgombero, lefamiglie di Prestes Maia hanno creato una comunitàmolto vivace. Mettendo insieme i loro scarsi fondi,hanno organizzato un asilo, una biblioteca, uncinema ed eventi culturali. Sotto l’egida delMovimento dei senza tetto del centro di São Paulo(Mstc), i nuovi residenti hanno rimosso l’immondizia,caricandola su circa 300 camion, e hanno ripulito leparti dell’edificio che erano sommerse da un metrodi acque putride.

A dispetto delle minacce e degli ostacoli, talvoltaapparentemente insormontabili, l’occupazione diPrestes Maia è stata un successo straordinario.Grazie a un’intensa campagna nazionale einternazionale, a tutti i residenti è stata promessauna nuova abitazione in città.

Copertina: Rio de Janeiro,

2005: una coppia con un

neonato abbandona la

propria casa mentre un

agente della polizia

militare procede con

cautela lungo un vicolo

durante un’importante

operazione di polizia a

Rocinha, una delle favelas

più grandi del Brasile.

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© Tatiana Cardeal

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effetto nell’aiutare a spezzare il circolo vizioso diprivazione e violenza. Tuttavia, tali iniziative sonoun’eccezione. La condotta della maggior partedegli agenti di pubblica sicurezza continua aessere violenta e provocatoria. I bisogni deimilioni di persone che vivono in comunitàsocialmente svantaggiate non sono presi inconsiderazione: chi detiene il poteresemplicemente non ascolta i loro timori e le loroaspirazioni.

Di questi bisogni e rivendicazioni a lungoignorati continuano a farsi portavoce ledinamiche organizzazioni che promuovono idiritti delle persone senza casa e di chi vive ininsediamenti abitativi precari. A fronte di enorminegligenze e della violenza diffusa, essechiedono accesso a servizi come acqua,fognature, cure mediche, assistenza infantile eistruzione, alloggi idonei e sicuri e interventidella polizia che aiutino a sradicare la violenzae il crimine, piuttosto che consolidarliulteriormente.

Le prove sono schiaccianti. Qualunque strategiabasata sulla criminalizzazione di interecomunità non può originare una sicurezzasostenibile. Impegnarsi attivamente con lecomunità per affrontare la privazione sociale,l’esclusione e la violenza criminale e della poliziaè il presupposto essenziale per proteggere idiritti umani, assicurare la giustizia e tutelare laloro dignità. Amnesty International haripetutamente chiesto alle autorità federali estatali del Brasile di lavorare con le comunitàlocali e non contro di loro, al fine di affrontare iproblemi della violenza, della privazione edell’esclusione nelle favelas.

“Non serve a nulla investire solo nella sicurezzapubblica e smantellare le strutture se, al loroposto, non si crea una scuola o un ambulatorio.”Relatore nazionale per l’istruzione, ottobre 2007

Ottobre 2006: gli abitanti del Complexo do Alemão si

incontrano per protestare contro la violenza della polizia

e le violazioni dei diritti umani commesse durante le

incursioni. Sullo striscione alle loro spalle è scritto:

“La polizia deve trattare la popolazione di Complexo do

Alemão con rispetto e uguaglianza perché anche gli

abitanti delle favelas pagano le tasse”.

È NECESSARIO AGIREIMMEDIATAMENTE!Amnesty International chiede ai governi di:

• garantire che le persone che vivono negliinsediamenti abitativi precari abbiano accessoequo ad abitazioni e servizi pubblici adeguati. Igoverni devono combattere la discriminazionediretta e indiretta contro chi vive negliinsediamenti abitativi precari. Leggi edisposizioni con effetto discriminatorio devonoessere riformate, emendate o abrogate. I governidevono garantire che tutte le comunità abbianopari accesso ad acqua, servizi igienici, assistenzamedica, istruzione e che vengano stabiliti precisiobiettivi per la fornitura di tali servizi. Devonoessere istituite procedure e politiche chegarantiscano agli abitanti degli insediamentiabitativi precari l’accesso alle informazioni e aiprocessi che li riguardano, così che possanoinfluenzare le decisioni che ricadono,direttamente o indirettamente, sulle loro vite;

• fare in modo che il controllo dell’ordinepubblico sia fondato sui diritti umani e siagarantita la partecipazione attiva di chi vivenegli insediamenti abitativi precari allo sviluppoe all’attuazione di piani per la sicurezza. Igoverni devono adottare meccanismi credibili edefficaci per indagare in merito alle denunce sugliabusi della polizia ai danni di comunitàsvantaggiate ed escluse. Devono introdurrecodici che regolamentino le leggi e le prassi, pergarantire che il controllo dell’ordine pubblicosia fondato sugli standard internazionali deidiritti umani, in particolare sul Codice delleNazioni Unite sulla condotta delle forze di poliziae sui Principi di base delle Nazioni Unite sull’usodella forza e delle armi da fuoco da parte degliagenti di pubblica sicurezza. I governi devonoanche garantire l’eliminazione delle barriere cheimpediscono a chi vive negli insediamentiabitativi precari di partecipare attivamente allacreazione di piani generali sull’ordine pubblico,per la protezione dei diritti umani.

Amnesty International è un’organizzazione non governativa fondata nel 1961,presente in oltre 150 paesi e territori con 2,2 milioni di soci e sostenitori (80.000in Italia). Attraverso campagne globali e altre attività, Amnesty International sibatte per un mondo in cui ogni persona goda di tutti i diritti umani sanciti dallaDichiarazione universale dei diritti umani e da altri standard internazionali suidiritti umani. Amnesty International è indipendente da governi, ideologiepolitiche, interessi economici o fedi religiose ed è finanziata essenzialmente daipropri soci e dalle donazioni del pubblico.

DIRITTI UMANI = MENO POVERTÀ

Via Giovanni Battista De Rossi, 10 00161 RomaTel: (+39) 06 44901 Fax: (+39) 06 4490222www.amnesty.it [email protected]. 03031110582

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