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Università di Pisa Facoltà di Scienze Politiche Tesi di laurea Processi innovativi e consapevolezza organizzativa nella Pubblica Amministrazione Il caso dei Comuni della Valdera Relatore Chiar.mo Prof. Enrico Taliani Candidato Simona Arpaia a.a. 2003/2004

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Università di Pisa

Facoltà di Scienze Politiche

Tesi di laurea

Processi innovativi e consapevolezza organizzativa nella Pubblica Amministrazione Il caso dei Comuni della Valdera

Relatore

Chiar.mo Prof. Enrico Taliani Candidato Simona Arpaia

a.a. 2003/2004

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Processi innovativi e consapevolezza organizzativa nella Pubblica Amministrazione Il caso dei Comuni della Valdera

Introduzione ..........................................................................................4

1 Il New Public Management..............................................................7

1.1 Prospettive internazionali di management pubblico..........16 1.2 Gli innovatori nella pubblica amministrazione .................22

2 Applicazione delle logiche di NPM in Italia ................................31

2.1 I binari del percorso di evoluzione ....................................41 2.2 I tasselli della trasformazione ............................................49

2.2.1 Formazione..................................................................49 2.2.2 Organizzazione............................................................53 2.2.3 Tecnologia...................................................................55 2.2.4 Comunicazione............................................................60 2.2.5 Cultura del risultato.....................................................63 2.2.6 Controllo .....................................................................64

2.3 La situazione ......................................................................65

3 Il ruolo della dimensione locale ....................................................67 3.1 Sviluppo e innovazione nel “modello toscano”.................74 3.2 Il territorio e la realtà della Valdera...................................88

3.2.1 Il contesto provinciale.................................................89 3.2.2 Il Sistema Valdera.......................................................95

4 L’innovazione nei Comuni della Valdera..................................105

4.1 Metodologia di ricerca .....................................................119 4.2 Analisi dei dati .................................................................124

4.2.1 Atteggiamento nei confronti della Riforma ..............124 4.2.2 La situazione dei Comuni in Valdera .......................128 4.2.3 La formazione del personale.....................................132 4.2.4 Il management...........................................................134 4.2.5 Gli effetti sulle aspettative di ruolo...........................137 4.2.6 L’informatica ............................................................139 4.2.7 Il rapporto con l’utenza .............................................143 4.2.8 La realtà strutturale del territorio ..............................145 4.2.9 Regione e Unione Europea .......................................146 4.2.10 Conclusioni ...............................................................147

4.3 Prospettive analitiche .......................................................148

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Conclusioni .......................................................................................151

Appendice I Questionario e codifica dati..........................................156

I contatti iniziali .........................................................................157 Codifica dei dati .........................................................................169

Strumenti di lavoro............................................................................180

Glossario.....................................................................................181 Riferimenti bibliografici.............................................................184 Bibliografia tematica ..................................................................191 Riferimenti normativi.................................................................199 Link internet................................................................................202

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un’indagine sociologica tesa a fornire un quadro interpretativo del

fenomeno di sviluppo verso il New Public Management dei soggetti

apicali delle amministrazioni locali. L’attenzione è orientata a sondare

l’atteggiamento di concreti esponenti degli apparati amministrativi dei

Comuni del sistema locale Valdera, in provincia di Pisa, un contesto

socio-territoriale dislocato in un’area, fino a poco tempo fa, a declino

industriale e in ritardo nel cogliere l’importanza dell’innovazione.

Il rinvio a principi, norme e regole di diritto che legittimano l’agire

amministrativo non rappresenta il fulcro dell’analisi, ma un quadro di

riferimento contestuale.

Il lavoro si divide sostanzialmente in due parti. Nei primi due capitoli

si delinea il processo innovativo che ha interessato l’amministrazione

pubblica: si descrive il quadro teorico-concettuale del New Public

Management e il percorso di evoluzione amministrativa verso enti

pubblici più vicini ai cittadini, più efficaci e con maggiore capacità

operativa1.

Nei contesti interessati dall’applicazione degli approcci di

modernizzazione delineati si assiste alla nascita di un nuovo attore

amministrativo, innovativo e innovatore, elemento fondamentale per

la loro riuscita ed esempio di una nuova identità professionale

caratterizzante le amministrazioni pubbliche.

I successivi due capitoli analizzano il caso concreto dell’area Valdera,

ne portano in evidenza alcune criticità e propongono osservazioni e

1 Nella Pubblica Amministrazione italiana tale percorso è noto come Riforma, il cui avvio, comunemente, si identifica con l’introduzione delle cosiddette Leggi Bassanini, una serie di norme, emanate nel periodo 1997/99, in tema di riforma della Pubblica Amministrazione e di semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa. Ai fini della Riforma sono importanti anche altri interventi legislativi, quali, ad esempio, la Legge 7 agosto 1990, n. 241 in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi, o la Legge 7 agosto 2000, n. 150 che disciplina il sistema di comunicazione pubblica, o la Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 di modifica del titolo V della Costituzione, e molte altre.

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prospettive analitiche. L’indagine muove dal verificare l’impatto

prodotto dalle trasformazioni introdotte con nuove leggi, nuove

direttive e nuovi strumenti operativi, in primo luogo telematici,

utilizzati anche come strumento di indagine nella ricerca. Si cerca di

scoprire quanto questi cambiamenti siano reali e quanto influiscano

sulla richiesta di una nuova professionalità ai ruoli lavorativi

coinvolti; si cerca altresì di verificare se l’innovazione si presenta

come un insieme organico di inventiva tecnologico-organizzativa e

proiettività sociale o se, in realtà, l’adeguamento delle prospettive

sociali è molto più lento dell’introduzione delle innovazioni

tecnologiche ed organizzative.

Nel preparare la tesi la mia esperienza professionale mi è stata molto

utile. Lavoro per l’Università di Pisa nell’area amministrativa e la

prospettiva di impiegare nel mio lavoro le conoscenze acquisite con

gli studi che stavo facendo ha accresciuto l’entusiasmo e l’interesse

con cui ho approfondito le tematiche del New Public Management.

Questi anni di lavoro mi hanno messo in contatto con molte altre

Pubbliche Amministrazioni e mi hanno permesso sia di vedere

applicati sul campo, e talvolta di applicare io stessa, molti elementi di

innovazione, ma anche di assistere a situazioni “arretrate”

(burocratiche, non informatizzate, macchinose…) e, talvolta, a vere e

proprie chiusure al cambiamento. Le conoscenze acquisite in questa

esperienza mi hanno sicuramente consentito una migliore

comprensione del contesto pubblico e mi hanno permesso di

analizzare con più preparazione e consapevolezza i fenomeni in atto

delineati dai risultati dell’indagine.

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1 Il New Public Management

La Pubblica Amministrazione (PA) è lo strumento attraverso cui lo

Stato provvede alla concreta attuazione degli interessi collettivi che si

propone di perseguire1.

Ai sensi dell’articolo 1 comma 2 del Decreto Legislativo 30 marzo

2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle

dipendenze delle amministrazioni pubbliche” si designano come

Pubblica Amministrazione una pluralità di soggetti: Regioni,

Province, Comuni, Scuole, Università, Camere di Commercio, enti del

Servizio Sanitario Nazionale… sono strutture complesse, dislocate nel

territorio statale, articolate in uffici in cui operano degli attori

attraverso procedure impersonali regolate da norme.

Le amministrazioni pubbliche sono costituite per il perseguimento di

finalità di pubblico interesse e si manifestano in forme diverse, e in

continua evoluzione, in relazione alla varietà dei compiti affidati, ma

in qualunque forma la PA si presenti è comunque un insieme

organico, una somma di elementi che trascende l’insieme stesso

integrata da una fitta rete di relazioni e comunicazioni intrasistemiche,

nonché esterne al sistema.

1 I compiti che lo Stato si attribuisce variano con le epoche storiche, mutando, nel tempo, le scelte politiche che definiscono gli interessi collettivi di cui deve garantire il perseguimento e la tutela. Nel vigente assetto costituzionale lo Stato si prefigge, in via primaria, l’assolvimento di fini marcatamente sociali tra cui la cura della salute dei cittadini, la tutela ambientale, l’istruzione…

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Le finalità di tale strutturazione sono il perseguire una crescente

efficienza e il razionalizzare il costo del lavoro pubblico (cfr. art.1,

comma 1, D.Lgs. 165/01).

L’efficienza della PA può misurarsi assumendo come indicatore la

divergenza che risulta tra i modelli normativi, che ne delineano

organizzazione e funzionamento, e la realtà concreta in cui si trova ad

operare. Una marcata difformità è spesso indice di un’organizzazione

amministrativa troppo “rigida”, inadeguata per la società

contemporanea in cui fattori nuovi, come l’integrazione economica su

scala mondiale, la caduta dei costi della comunicazione e del trasporto

internazionale, lo sviluppo tecnologico, l’accelerazione della

deregolamentazione, la crescita della competitività internazionale, le

criticità sociali e le emergenze ambientali, richiedono sempre più

agilità nelle procedure, efficienza nei servizi, puntualità e certezza

nelle pratiche. Il processo di globalizzazione ha imposto una doppia

pressione allo Stato: da un lato deve divenire più forte per proteggere i

cittadini dalle trasformazioni introdotte dal nuovo corso

internazionale, dall’altro deve essere meno costoso e operare per

agevolare le imprese private che competono in campo internazionale.

L’inadeguatezza dell’assetto della PA risulta infatti anche dagli elevati

costi di funzionamento che lo Stato non riesce più a sostenere: il big

government continua a sovrintendere, coordinare, governare e dirigere

i processi di sviluppo nelle società avanzate, come anche nelle

economie in transizione e nei paesi emergenti, con un peso sempre

crescente2. La necessità di riduzione delle spese e rimozione degli

2 La centralità della mano visibile del big government è stata oggetto di un’inchiesta di The Economist: nei Paesi OCSE la quota del settore pubblico è arrivata a circa il 50% del prodotto interno lordo; nei paesi in via di sviluppo il peso del governo è pari al 25-30% (The Economist, 1997c, pp.17-18; id., 1997d, pp.8-11).

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sprechi dovrebbe indurre ad un rinnovamento piuttosto che al ricorso a

strategie generiche di indebolimento frequentemente adottate nelle

PA, quali tagli di budget indiscriminati nei servizi e sul personale3.

La globalizzazione e la necessità di riduzione dei costi di

funzionamento dell’apparato pubblico rivelano che la burocrazia

classica, adeguata a svolgere le attività esclusive dello Stato, ha

mostrato la sua inefficienza nella fornitura dei servizi che il cittadino-

cliente ha cominciato a chiedere dagli anni ‘80/‘90. Una società

sempre più complessa come quella contemporanea trova sempre meno

corrispondenza in un apparato statale organizzato in forma

autoreferenziale, formale e totalizzante, il cosiddetto “Stato-soggetto”.

In tali condizioni è decisivo per qualsiasi attività umana organizzata

possedere la capacità di trasformarsi e rinnovarsi, ed è per questo che

assumono importanza vitale elementi orientati all’innovazione come

la capacità di apprendimento, la ricerca della qualità, la valorizzazione

della risorsa umana. Per la società attuale è più adatto uno “Stato-

funzione”, cioè una struttura in cui siano presenti enti operativi

organizzati secondo una logica che tenga conto dell’attribuzione di

funzioni e servizi4.

La modernizzazione della PA costituisce un fattore propedeutico per

lo sviluppo socio-economico di qualsiasi Stato. A tale proposito è

sintomatica la considerazione che avanza il rapporto della Banca

Mondiale “The State in a Changing World”: “Una buona

3 In genere si opta per tagli ai servizi “non visibili al pubblico” come la manutenzione o la formazione del personale e si attua una graduale riduzione della forza lavoro ricorrendo a misure come il blocco delle assunzioni, il ricorso al part-time, la mancata sostituzione del personale vacante… Affinché l’adozione di tali misure non risulti dannosa per l’Amministrazione essa dovrebbe essere supportata da un piano di ristrutturazione dell’organizzazione che cerchi di salvaguardare la qualità dei servizi resi e di trattenere il personale migliore. 4 Nella Pubblica Amministrazione italiana il riferimento è alle autonomie funzionali quali Camere di Commercio, Università, ASL… o alle Agenzie di cui cominciano a dotarsi le Regioni.

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amministrazione pubblica non è un lusso ma una condizione

essenziale per lo sviluppo economico” (World Bank, 1997, p.15).

Uno sviluppo economico e sociale sostenibile richiede uno Stato

efficace che, come partner e agente catalizzatore, faciliti la crescita.

Ripensare lo Stato in un mondo che cambia è necessario per rendergli

un’effettiva capacità di azione nelle diverse aree territoriali e nei

diversi sistemi economici. Rebuilding the State è la parola d’ordine

del rapporto della Banca Mondiale5: significa operare una transizione

ad uno Stato che migliori il suo funzionamento e il rapporto con i

cittadini e agisca come regolatore per promuovere lo sviluppo sociale

ed economico. Solo strutture dotate di queste capacità, che si possono

definire governance, possono garantire la speranza di competere

efficientemente nei mercati globali.

L’impegno per migliorare l’efficienza amministrativa sollecita la

ricerca di soluzioni innovative attraverso una rete che coinvolge

decisioni politiche, progetti tecnici e organizzativi e, non ultimo,

apprendimento sociale. La prospettiva di un’organizzazione

amministrativa più creativa e flessibile, che opera secondo logiche

nuove, che apprende e si adatta, richiede un compito di re-invenzione

integrale: dai processi di lavoro e di decisione alle strutture

organizzative, dall’adozione di moderne tecnologie agli investimenti

in conoscenza e formazione, fino ad una diversa cultura professionale;

inoltre un nuovo modello si completa lentamente attraverso una

pratica dell’innovazione, da attuare nelle singole amministrazioni per

implementare le applicazioni teoriche.

In definitiva un cambiamento così profondo necessita di piani e

strategie di rinnovamento completi di cui vanno esplicitati gli obiettivi 5 In origine ne era anche il titolo, poi si optò per The State in a Changing World.

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e i valori di riferimento e di cui vanno indicati i passi, le risorse, gli

strumenti e i tempi; implica, inoltre, una profonda revisione dei ruoli,

del modo di dirigere, della cultura e dell’identità professionale delle

persone che si trovano, a vari livelli, coinvolte in questo nuovo corso.

L’intero processo di modernizzazione dell’Amministrazione richiede

elevata progettualità, adeguati investimenti, determinazione e

continuità nelle scelte che lo sostengono.

Si inserisce in questo contesto la prospettiva metodologica della nuova

progettualità, un orientamento concettuale ad un uso delle risorse

(umane, strumentali e materiali) che tende ad azzerare sprechi,

improduttività e inefficienza. Nella PA è una nuova professionalità

quella che tende a fare un “uso progettuale” delle risorse: è il

knowledge worker, il professionista della conoscenza, un’emergente

figura lavorativa della società contemporanea caratterizzata dalla

creatività funzionale, l’orientamento a fare un uso produttivo delle

conoscenze acquisite e ad organizzare in modo sinergico tutte le

potenzialità per ottimizzare i risultati e fronteggiare gli input del

contesto in cui opera (Taliani, 1997b, pp.46-50). Il knowledge worker

è il modello professionale sempre più richiesto in contesti interessati

da processi di ristrutturazione organizzativa, in quanto si presenta

come una professionalità estremamente versatile, in grado di mediare

tecnologia ed efficienza, di integrare le funzioni di innovazione e

sviluppo tecnico con quelle di governo dei processi e delle risorse

(Suttora, 1996, pp.57-60).

Il knowledge worker emerge come figura professionale chiave nel

fenomeno di re-engineering che attualmente interessa la PA anche in

Italia. Il processo di rinnovamento in atto si collega alle teorie di New

Public Management (NPM), una dottrina che sintetizza studi, idee ed

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tutte indicazioni riprese dalla dottrina che si identifica come New

Public Management.

Il paradigma del NPM è un possibile strumento di miglioramento per

la gestione della Pubblica Amministrazione, frutto della ricerca per

modificare le pratiche di lavoro nei risultati e nelle modalità di

perseguirli; la ricerca di una soluzione alla crisi dello Stato ha portato

a sostituire l’amministrazione burocratica con una manageriale: il

NPM è una proposta svincolata da specifiche ideologie politiche,

caratterizzata dall’introdurre nella PA interventi “tattici” ed un nuovo

atteggiamento professionale orientato a creare le condizioni per

risolvere problemi di efficienza e modernizzazione8. Come già

l’approccio del reinventing government, il NPM si occupa dell’aspetto

tecnico e non politico della Pubblica Amministrazione distaccandosi

dal cosiddetto wrong problems problem, il confondere ciò che il

governo dovrebbe fare con come dovrebbe fare per farlo bene (cfr.

Barzelay, 2001, p.156).

Indicazioni per definire ed applicare il NPM possono ricavarsi dal

cosiddetto “modello delle 5R” delineato da Lawrence Jones e Fred

Thompson (1997, pp.567-587) quale guida per l’innovazione ed il

cambiamento organizzativo. Secondo questo schema di riferimento i

principi alla base del NPM sono cinque: ristrutturare, riprogettare,

reinventare, riallineare e ripensare; i due autori illustrano anche gli

elementi fondamentali per l’applicazione di un modello di New Public

8 Alcuni autori hanno constatato che in concomitanza dell’introduzione dei principi di NPM si assiste anche ad “effetti collaterali” quali l’indebolimento degli “standard etici” cioè il facilitare comportamenti di malgoverno e corruzione (Greenaway, 1995, pp.357-374). L’interpretazione europea del paradigma di NPM cerca di contrastare questa tendenza puntando sullo sviluppo delle capacità di governance (cfr. paragrafo 1.1 Prospettive internazionali di management pubblico, p.16 ss.).

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Management, che dovrebbe portare a vantaggi tangibili dopo un

periodo di attuazione medio–lungo, presumibilmente 10 anni.

L’attuazione del NPM inizia con un’analisi dell’organizzazione: la

valutazione dell’ambito operativo dell’Amministrazione in oggetto,

l’identificazione dei servizi resi e l’individuare quali tra questi sono

prioritari, costituisce il presupposto per ristrutturare l’organizzazione,

eliminando ciò che non contribuisce al valore del servizio/prodotto

erogato9. La fase successiva è quella di realizzare un sistema più

efficiente: riprogettare i servizi che rimangono di propria competenza

puntando al miglioramento della performance e reinventare, cioè

sviluppare nuove modalità di rendere i servizi stessi attraverso un

approccio strategico basato sulla pratica10.

Il mutamento di strategie richiede un assetto organizzativo coerente

per ottenere gli obiettivi e motivare il personale, quindi, laddove

esistano disarmonie tra strategia e struttura, può essere necessario

riallineare la struttura organizzativa alla nuova strategia operativa

introducendo configurazioni per centri di responsabilità e di controllo

armoniche con i loro ambienti operativi e con i piani di assistenza

all’utenza. L’ultima fase è il ripensare cioè osservare per apprendere e

rivedere in termini creativi il lavoro, attuare meccanismi di analisi e

feedback sulla performance dei servizi e risolvere i problemi reali di

cui si viene a conoscenza.

9 I piani di ristrutturazione prevedono, in via prioritaria, la sostituzione di tecnologie obsolete e l’outsourcing, cioè esternalizzare molti servizi ai privati o al settore no profit. 10 Il riprogettare si traduce in incremento della qualità, diminuzione dei costi e dei cicli temporali di esecuzione attraverso strumenti come l’investire in nuove tecnologie e in formazione del personale per far funzionare efficacemente i nuovi processi. La reinvenzione, invece, parte dall’analisi della pratica: è un susseguirsi di osservare, orientare, decidere e agire. Gli obiettivi sono accrescere la soddisfazione dell’utente e migliorare la qualità del servizio aumentando l’efficienza.

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La realizzazione di tale modello richiede un’attenta e continua analisi

sui servizi resi ed una pianificazione strategica degli interventi; inoltre

l’applicazione del paradigma di NPM prevede una valutazione sul

come adottarne le logiche: se attraverso una strategia di diffusione

guidata dal Governo centrale (top-down) o lasciando piena autonomia

di iniziativa alle singole strutture del sistema amministrativo (bottom-

up). Questa seconda alternativa prevede comunque un ruolo

importante del Governo centrale nel sistema di incentivazione ad

alcune realtà pilota (trasferimento di risorse e offerta di servizi) e nel

promuovere il passaggio dei sistemi sviluppati da parte di questi enti

“pionieri” ad altre organizzazioni pubbliche. Entrambi gli approcci

hanno prodotto risultati positivi: come esempio di innovazione guidata

dal centro si può tenere conto del piano “Promouvoir l’innovation et

la qualitè dans l’Administration” del Ministero francese della

funzione pubblica nel 1988; come approccio bottom-up si possono

citare le esperienze positive verificatesi nel contesto italiano nei

sottosistemi del governo locale e del Servizio sanitario nazionale. In

Italia a tali modelli sperimentati dal basso si è aggiunto poi

l’intervento del Dipartimento della Funzione Pubblica per la

valorizzazione e la diffusione delle esperienze qualitativamente

rilevanti.

È forse ai processi di innovazione dal basso, più che agli interventi

top-down di un razionale ed organico progetto di riforma, che si deve

quel profondo mutamento culturale che interviene

nell’ammodernamento della Pubblica Amministrazione: è infatti dai

comportamenti di alcuni funzionari capaci di introdurre elementi di

novità nel proprio lavoro, sotto il profilo procedurale e contenutistico,

che nasce una cultura che favorisce il cambiamento.

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1.1

Prospettive internazionali di management pubblico

Nei paesi anglosassoni fin dagli anni ’80 si fa strada la tendenza a

correlare idee di public choice e di management. I referenti concreti di

questo trend sono stati Regno Unito, Nuova Zelanda e Australia.

Nel tempo, data la necessità di affrontare la crisi indotta dai processi

di globalizzazione, gli esecutivi politici di molti Stati hanno

dimostrato, in diverse occasioni, un crescente interesse per le scelte

che riguardano il public management, cioè le regole, l’organizzazione

e il funzionamento delle agenzie pubbliche. Il diffondersi di

commentari professionali in materia e di relative discussioni

all’interno degli Stati, nonché l’attenzione da parte di autorevoli centri

di ricerca internazionali, quali il Public Management Center (PUMA)

dell’OCSE11, hanno contribuito ad allargare ed implementare la

tendenza a collegare idee di management alla gestione delle

amministrazioni pubbliche. Le teorie di NPM costituiscono la

sistematizzazione di queste originarie tendenze.

Il New Public Management è divenuto il modello concettuale di

riferimento in tema di riforma del settore pubblico: è convinzione

comune nelle discussioni di molti teorici e “addetti ai lavori” che esso

sia un programma ampiamente applicabile nel disegno organizzativo 11 Il PUMA è il centro di ricerca dell’OCSE in tema di amministrazione pubblica. Si occupa di monitorare lo sviluppo delle politiche di semplificazione perseguite nei diversi Paesi OCSE, e di raccogliere e divulgare le principali tendenze in atto.

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del settore pubblico di qualunque Paese in quanto offre una risposta

comune alle problematiche analoghe che oggi gli Stati si trovano ad

affrontare (globalizzazione, bilanci sempre più ridotti, atteggiamento

ostile dei cittadini nei confronti del governo).

Tuttavia in Europa continentale si tende a considerare il NPM un

modello anglo-americano la cui rilevanza, al di fuori dei suoi confini

originari, è altamente discutibile (Hood, 1991, pp.3-19; Koiman, van

Vliet, 1993, pp.59-60). Secondo questo orientamento, la più severa

limitazione alla diffusione del paradigma di NPM risiede nella

ristrettezza del suo campo di applicazione in quanto l’identificazione

esclusiva con un approccio anglo–americano lo rende una formula

inutile su scala internazionale.

Queste considerazioni, valide per il trend in corso negli anni ’80 che

trovava applicazione solo in contesti anglosassoni simili (Regno

Unito, Nuova Zelanda e Australia e, successivamente, Stati Uniti),

oggi sono discutibili. L’esperienza di riforma del settore pubblico

riconducibile all’approccio del NPM interessa diversi Stati: oltre ai

Paesi già citati anche Svezia, Paesi Bassi, Italia, Germania,

Danimarca, Brasile… e, come si evince da Polidano (2001, pp.133-

147), pur con le loro peculiarità, riguarda anche diversi paesi in via di

sviluppo.

L’applicazione del NPM, pur non traducendosi in un movimento

globale ed uniforme, porta avanti valori di riferimento e obiettivi

comuni. D’altro canto è vero che il concetto di universalità del NPM è

sostenuto dall’osservazione che i componenti cardine del modello

(rottura degli ordini gerarchici verticali, adozione di sistemi di

contabilità basati sui risultati, introduzione di meccanismi di

contracting out, ridimensionamento degli apparati pubblici…)

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spiccano nel “vocabolario di tutti i processi di riforma delle PA nel

mondo” (Polidano, 2001, p.134) senza che questi si identifichino

esclusivamente con il modello NPM; resta da chiedersi se il nuovo

paradigma sia andato veramente al di là della retorica traducendo in

misure e azioni concrete i concetti che enfatizza.

Diverse organizzazioni internazionali hanno sviluppato inchieste e

rapporti sul tema della modernizzazione della pubblica

amministrazione e sulla necessità di lavorare per uno Stato più

efficace, con maggiore capacità operativa e più vicino ai cittadini. Un

esempio in proposito è costituito dalle considerazioni del rapporto

della Banca Mondiale del 1997 (World Bank, 1997), dedicato al

problema della modernizzazione della PA. Si deve tuttavia tenere

conto che l’adozione del modello di NPM, in qualunque Paese lo si

applichi, sarà sempre influenzata da fattori contingenti locali, diversi

da situazione a situazione (anche all’interno dello stesso Paese), che

giocano un ruolo chiave nel determinare effetti e risultati delle singole

iniziative di riforma. Contesti diversi possono pertanto richiedere

soluzioni radicalmente differenti per cui l’operato dei manager deve

ispirarsi alla massima apertura mentale. In tal senso ai tre fattori guida

degli innovatori di stampo NPM, riassumibili nelle 3E di Economicità,

Efficienza ed Efficacia, vanno aggiunti l’apertura alla sperimentazione

e all’eclettismo (Polidano, 2001, p.149). Se ne deduce quindi che non

esiste un unico modello di New Public Management che gli Stati

adottano nella sua totalità, ma esiste l’introduzione nelle logiche di

gestione di una certa percentuale di principi di NPM, spesso

differenziati, anche nei sistemi europei in cui si rileva la presenza di

significativi processi di trasformazione.

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L’OCSE con il Public Management Center è divenuta il catalizzatore

del paradigma del NPM. Il PUMA, nei suoi lavori, ha identificato in

pressioni di bilancio, nelle difficoltà a rispondere alle richieste degli

utenti, nell’esigenza di competere a livello mondiale,

nell’internazionalizzazione di problematiche che in precedenza erano

di pertinenza esclusiva di Governi nazionali (emigrazione,

cooperazione allo sviluppo, ambiente, terrorismo internazionale), le

spinte verso interventi di ridefinizione del ruolo delle amministrazioni

pubbliche, ed ha elencato le parole chiave e le principali aree di

applicazione di logiche NPM: riforma e semplificazione della

regolamentazione; decentramento di responsabilità; valutazione della

performance, benchmarking12 e miglioramento delle funzioni di

monitoraggio e controllo; ridimensionamento delle organizzazioni

pubbliche e inserimento di nuove formule gestionali; ricerca di

modalità più efficaci ed economiche per l’offerta di servizi;

orientamento all’utenza attraverso l’adozione di standard di qualità nei

servizi e miglioramento dell’informazione (Meneguzzo, 1997b,

p.588).

Tuttavia nel contesto europeo i contenuti del NPM sono stati

“ridimensionati” dall’emergere di un nuovo paradigma per la PA: il

public governance un modello che cerca di correggere quelle che, in

Europa continentale, sono ritenute le carenze del NPM e cioè l’essere

troppo vicino al mondo delle imprese private e il rivelarsi incapace di

12 Letteralmente è “il confronto con un indice”, indica il processo attraverso il quale un’organizzazione confronta i propri servizi, prodotti e procedure con esempi di qualità realizzati da altre organizzazioni (Fedele, 1998, p.127). L’attivazione di processi di emulazione avviene quando le amministrazioni più innovative divengono modello per altre amministrazioni che cercano a loro volta di fare meglio ed innovare su altri fronti, in tal senso il benchmarking può generare un processo virtuoso di miglioramento generale.

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evidenziare le specificità decisionali e gestionali delle amministrazioni

pubbliche (Hood, 1991, p.3; Meneguzzo 1997b, p.588).

Il modello europeo si discosta da quello anglosassone, considerato

meccanicista e poco critico, per una maggiore attenzione rivolta allo

sviluppo delle capacità di governance e, di conseguenza, per

l’attenzione verso le effettive capacità del governo di implementare e

mettere in pratica le decisioni che prende (Bresser Pereira, 1997,

p.621).

Il modello europeo, quindi, prevede un avvicinamento delle pubbliche

amministrazioni all’impresa privata solo dal punto di vista delle

logiche organizzative, senza perdere di vista le finalità istituzionali.

I principi di buona governance includono il rispetto per la legge;

l’apertura, la trasparenza e la responsabilità verso le istituzioni

democratiche; l’onestà e l’imparzialità nelle relazioni con i cittadini (il

che include meccanismi di consultazione e partecipazione); servizi

efficienti, regole trasparenti e applicabili, e alti standard di

comportamento etico. Una buona governance aiuta a rafforzare la

democrazia e i diritti umani, promuove la coesione sociale, favorisce

la prosperità economica e, non ultimo, consolida la fiducia

nell’amministrazione pubblica. Tali presupposti trasformano le

relazioni tra il governo e i cittadini e incidono sull’effettivo

funzionamento del governo stesso comportando attività di riforma

delle regole, management nel settore pubblico, e-government,

partecipazione dei cittadini, sviluppo sostenibile e lotta alla

corruzione.

Il paradigma europeo di public governance punta su

un’amministrazione orientata all’esterno, che intensifica le interazioni

con il contesto circostante attraverso un’accentuata cooperazione tra

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pubblico e privato e con il coinvolgimento nelle azioni pubbliche della

società civile, con conseguente crescita del settore no profit.

La Pubblica Amministrazione, soprattutto a livello locale, diviene il

coordinatore di un network sociale e attore promotore dello sviluppo

attraverso la sua capacità di progettazione, programmazione e

coordinamento tra i diversi soggetti protagonisti della crescita

economica. Per la PA diviene cruciale la capacità di creare spazi di

condivisione delle politiche di sviluppo e il mettere in relazione i

soggetti interessati allo scopo di coordinare le diverse azioni che

intervengono nei processi di sviluppo e di raccordare la molteplicità di

interessi che ricorrono su diversa scala territoriale (locale, provinciale,

regionale, nazionale ed europea). È pertanto sempre più frequente il

ricorso alla programmazione negoziata13, ovvero alla

regolamentazione, concordata tra soggetti pubblici e parti private, di

interventi con obiettivi di promozione dello sviluppo (Soda, 2000,

pp.112-114).

Ancora di più, in un tale contesto, la PA è chiamata ad esprimere

un’elevata qualità delle prestazioni e capacità progettuali e gestionali

di alto profilo, oltre a vedere aumentato il proprio livello di

responsabilità e di esposizione. Ancora di più, date queste

considerazioni, è necessario uno sviluppo verso il management dei

soggetti apicali degli enti pubblici.

13 Fra gli istituti di programmazione concertata vi sono: intese istituzionali di programma fra amministrazione centrale e Regioni per realizzare piani di intervento pluriennali; accordi di programma quadro tra amministrazione centrale o regionale ed enti locali e soggetti pubblici e privati per la definizione di programmi esecutivi di intervento, patti territoriali tra enti locali e soggetti pubblici e privati per l’attuazione di specifici programmi di intervento locali (cfr. capitolo 3 Il ruolo della dimensione locale, p.67 ss.).

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22

1.2

Gli innovatori nella pubblica amministrazione

L’adozione di una cultura manageriale innovativa per affrontare e

gestire i processi di cambiamento è “l’effetto professionale” dello

spirito riformatore che pervade il settore pubblico. La

modernizzazione del sistema amministrativo, modificato in modo

veloce e permanente soprattutto da interventi di semplificazione e

dall’introduzione di nuove tecnologie, comporta un processo di

sviluppo e riqualificazione professionale caratterizzato da abilità e

responsabilità diverse dal passato.

Il cambiamento in corso procede grazie a persone motivate e

professionalmente preparate che fondano la propria identità lavorativa

e il proprio ruolo sulla cultura dell'innovazione. Solo una sufficiente

adesione ai progetti di riforma può indurre a quella convergenza,

necessaria per l’attuazione delle innovazioni in stile NPM, tra finalità

istituzionali e motivazioni, interessi e intenti dei singoli. Il paradigma

illustrato infatti è un’istanza riformista che basa molto le sue

possibilità di successo sull’interiorizzazione individuale delle nuove

procedure, sull’adesione culturale agli obiettivi definiti e sull’effettiva

partecipazione di tutti i funzionari. La valorizzazione delle risorse

umane costituisce un importante elemento di discontinuità rispetto al

passato: il fattore umano assume una rilevanza cruciale, come

dimostra anche la crescente importanza dei programmi formativi

finalizzati a rendere disponibili nuove modalità di approccio quali il

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management, la telematica, l’orientamento al cliente, la gestione di

gruppi di lavoro… (CENSIS, 2002a, p.4).

Il potenziamento delle conoscenze e delle competenze delle risorse

umane costituisce un fattore strategicamente importante per realizzare

obiettivi di sviluppo economico e sociale: il vantaggio competitivo è

dato dal pieno utilizzo delle risorse potenziali, impedendo lo stallo

delle iniziative e lo spreco delle risorse disponibili.

In genere gli studi sui funzionari pubblici mettono in evidenza i loro

comportamenti difensivi, le resistenze al cambiamento e i tentativi di

mantenere lo status quo; nella migliore delle ipotesi l’atteggiamento

prevalente di fronte alla possibilità di innovazione è costituito dal

disincanto e dallo scetticismo. In un contesto di sfiducia generalizzata

solo una piccola minoranza ha qualche attesa di miglioramento

(Cerase, 1998, p.226). Si è cercato tuttavia di riconoscere,

circoscrivere ed analizzare la figura degli innovatori nei servizi

collettivi, tentando di delinearne caratteri ed identità, grazie ad una

ricerca condotta a cura del CENSIS per conto del Dipartimento della

Funzione Pubblica (CENSIS, 2002a). Dall’indagine emerge un

universo, in crescita costante, di coloro che all’interno dell’apparato

burocratico italiano, anticipano il cambiamento innovando servizi e

procedure. Coloro che hanno pienamente recepito l’esigenza di

rinnovamento, che ne hanno la cultura di fondo e che, invece di

attendere il sedimentarsi di regole e procedure a cui conformarsi,

tentano fughe in avanti a tratti caratterizzate da veri e propri episodi di

insofferenza per un dettato normativo ormai obsoleto, in tal senso è

indicativa l’affermazione secondo cui l’innovazione è una

“disubbidienza riuscita” (CENSIS, 2002a, p.5). L’elemento che

maggiormente sembra caratterizzare gli innovatori è l’attitudine a

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concentrare l’attenzione sugli obiettivi e i risultati, piuttosto che sulle

procedure formali (che comunque non possono essere totalmente

disattese), e ciò trova forte corrispondenza nell’evoluzione intrapresa

dall’organizzazione Pubblica Amministrazione da “Stato-soggetto” a

“Stato-funzione” trattata all’inizio del presente capitolo.

Gli innovatori sono coloro che, di fronte al cambiamento, si

propongono come soggetti attivi, attori e agenti dell’innovazione che

contribuiscono alla definizione delle nuove regole di funzionamento

della PA (Borgonovi, 2001a, p.1). Chi intende innovare, però, deve

sapere che non è facile passare dalla progettazione alla realizzazione

di nuove modalità di funzionamento: indubbiamente gli innovatori

delle nuove amministrazioni pubbliche hanno il vantaggio di poter

disporre di strumenti di gestione, collaudati dalle imprese,

tecnicamente avanzati, ma devono sempre tenere presente il rispetto di

finalità di interesse pubblico.

Individuare e sviluppare le competenze di leadership in ambiente

pubblico è fondamentale per agevolare questo momento di forte

trasformazione per la realizzazione del NPM. La definizione e lo

sviluppo dell’identità professionale della figura del manager pubblico

attraverso la costruzione e l’individuazione del significato del lavoro,

sono il primo passo per l’attuazione concreta e stabile dei

cambiamenti e per il superamento delle criticità causate dal ricoprire

un ruolo sollecitato moltissimo in termini di aspettative, ma di cui non

sono chiaramente definiti né missione né valori di riferimento.

L’assenza di un sapere precodificato che insegni come diventare nuovi

manager pubblici e un contesto di pratiche emergenti che cercano di

affrontare al meglio, per via di approssimazioni successive, i

cambiamenti, danno al singolo attore uno spazio di discrezionalità per

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costruire, attraverso la propria esperienza, sapere e abilità

professionalmente validi. Sicuramente in questo processo di

costruzione sono indispensabili determinate caratteristiche individuali

dei singoli soggetti, ma altrettanto fondamentale è il contesto culturale

in cui l’innovatore potenziale si trova ad operare: uno scenario

favorevole non crea di per sé l’innovatore, ma sicuramente ne

favorisce l’emersione fornendo la legittimazione per il suo agire.

Le nuove competenze richieste prevedono soggetti che abbiano

capacità di controllo e coordinazione dei processi ed una visione

sistemica nella gestione, dunque una maggiore e diversa preparazione

rispetto a quella tradizionale. L’incarico manageriale comporta la

direzione di strutture complesse attraverso la programmazione, il

coordinamento e il controllo delle attività degli uffici sottoposti,

nonché la definizione dei loro obiettivi, di prestazioni e di standard di

qualità per mezzo dell’organizzazione e della gestione delle risorse

umane, strumentali ed economiche.

A ben vedere la conoscenza richiesta a questa nuova figura

professionale per contribuire in modo determinante al miglioramento

della qualità del sistema a cui si applica, è un insieme di

qualificazione ed esperienza. Qualificazione intesa come compresenza

integrata di sapere e saper fare, cioè come insieme di nozioni

possedute e abilità concreta di tradurle in pratica per produrre un

risultato, ed esperienza intesa come quell’insieme di competenze che

derivano dal concreto svolgimento del lavoro (Soda, 2000, pp.15-20).

Nella pratica professionale quotidiana dei manager pubblici seguire la

traccia della Riforma significa anche operare per sviluppare,

valorizzare e diffondere progetti e significative esperienze di

cambiamento dell’amministrazione e dei servizi locali. I knowledge

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worker della PA devono sostenere le sperimentazioni in atto, farle

conoscere, esportarne le soluzioni, produrre know-how, utilizzare le

conoscenze e la cultura che ne derivano per “fare scuola” e adoperarsi

perché le singole esperienze, sia i successi che i fallimenti, diventino

patrimonio comune. È perciò importante costituire un sistema inter-

relazionale fra i manager pubblici per confrontare le pratiche

professionali, mettere in comune le esperienze e fornire una

percezione del ruolo in termini di senso del lavoro.

Gli innovatori sono frequentatori di seminari e di convegni tematici,

prendono parte a corsi di formazione, riferiscono in pubblico delle

proprie esperienze lavorative e ne scrivono rapporti informativi: per

loro lo scambio delle informazioni, per non disperdere le energie e il

lavoro svolto, è all’ordine del giorno come metodo di lavoro. Una

diffusa attività di scambio e relazione ed un intenso attivismo sono

indicatori di un processo di invenzione sociale e della sua progressiva

codificazione in pratiche canoniche e in procedure consolidate. Il

sistema relazionale in cui l’innovatore opera è caratterizzato sia dal

crescente utilizzo di internet e delle community14 del web, che da

eventi, sempre più frequenti, volti a valorizzare le singole iniziative e

a favorire lo scambio di informazioni e soluzioni (cfr. Tabella 1.1).

Questi nuovi strumenti di confronto e interazione favoriscono

l’emersione di processi innovativi già innescati, ne stimolano di nuovi

e aiutano l’incontro ed il confronto con altre risorse attive sugli stessi

ambiti. Un sistema di relazioni ben intergrato consente di sperimentare

le condizioni necessarie per l’applicabilità e la trasferibilità del NPM

in diversi contesti, ne verifica le reali possibilità di realizzazione e ne

14 Gruppi virtuali di persone accomunate da uno stesso interesse, un valido aiuto per la crescita personale e professionale.

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valuta gli effettivi risultati conseguiti in termini di miglioramento

della qualità dei servizi e di contenimento dei costi.

Strumenti Modalità operative Processi innescati Premi e classifiche

Città digitali – organizzato da Censis, valuta i siti della pubblica amministrazione locale analizzandone i punti di forza e debolezza. Ragionando – premio per le eccellenze nelle amministrazioni regionali. Cento progetti al servizio del cittadino – organizzato dal Dipartimento della Funzione Pubblica.

Sono tra gli strumenti più semplici e diffusi, rappresentano un meccanismo di legittimazione del lavoro svolto dall’innovatore e costituiscono uno strumento di confronto e scambio.

Fiere e mostre ComPA – Roma. Salone della comunicazione pubblica e dei servizi al cittadino. ForumPA – Roma. Dire&Fare – Firenze. EuroPA – Rimini.

Appuntamenti annuali occasione per dare fisicità agli scambi di informazioni e di idee che avvengono prevalentemente on-line. Costituiscono importanti momenti di confronto e approfondimento dei temi emergenti.

Comunità professionali on line

URP degli URP – promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica. ANCI – Associazione Nazionale dei Comuni italiani. UPI – Unione Province italiane. Formez – Centro di Formazione Studi. Cantieri – organizzato dal Dipartimento della Funzione Pubblica.

Sono il luogo informale in cui è possibile scambiarsi opinioni e soluzioni in merito a problemi comuni. Attraverso di esse si costruisce l’identità dell’innovatore e si rompe l’isolamento condividendo obiettivi e metodologie.

Formazione e aggiornamento

POR Piani Operativi Regionali – attivati per l’adeguamento delle competenze della PA. Piano e-government – stanzia fondi per la formazione telematica. RIPAM Riqualificazione Pubbliche Amministrazioni – migliora la qualità del personale con selezione, formazione e reclutamento di personale attraverso procedure di corso-concorso.

La formazione nella PA diviene uno strumento in grado di assecondare la domanda di relazionalità e di scambio di esperienze.

Tabella 1.1 – Gli ambiti di relazionalità dell’innovatore15 (elaborazione da dati CENSIS, 2002a, p.20).

Una tale costruzione sociale realizza inoltre un processo di

identificazione collettiva che dà vita ad una comunità di pratica tra gli

operatori della PA, un importante luogo per la costruzione

15 La tabella offre una panoramica solo della situazione italiana, ma molte sono le occasioni relazionali anche a livello internazionale; fra queste il già citato Public Management Center (PUMA) dell’OCSE, divenuto un importante agente di promozione di interventi e di diffusione di conoscenze, sapere e metodologie operative; o anche l’International Public Management Network, un circuito promosso da studiosi e ricercatori di varie istituzioni anglosassoni ed europee; fra i premi per l’innovazione, a livello internazionale, si ricorda l’iniziativa statunitense Innovation in government.

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dell’identità professionale che consente di superare l’isolamento

organizzativo e di scaricare le frustrazioni e le difficoltà di chi tenta di

contribuire ai processi di cambiamento vivendone le contraddizioni.

Una comunità di pratica è un’aggregazione informale definita dal

modo condiviso in cui i suoi membri svolgono le loro attività e

interpretano gli eventi. Si costituisce dallo scambio di esperienze e

dalla necessità di codifica delle pratiche di lavoro, per legittimarle e

fondare un “sapere” necessario alla realizzazione di un processo di

identità professionale collettiva (Gherardi, Lippi, 1999, pp.83-85). Le

comunità di pratica prendono forma attraverso relazioni sociali ed

esperienze individuali, esse non sono semplici dispensatrici di

informazione, ma strumenti che creano partecipazione e discussione

sui contenuti, che mettono in comunicazione le persone dando vita ad

un circolo virtuoso che si alimenta attraverso lo scambio di

conoscenze e competenze.

È in corso un processo di apertura delle organizzazioni amministrative

verso l’adozione di una logica di network e di cooperazione grazie alla

crescita della relazionalità e alla messa a punto di azioni comuni

all’interno e tra le amministrazioni. La visibilità di questo processo

tuttavia è ancora scarsa, gli stessi siti delle pubbliche amministrazioni

comunicano spesso all’esterno un’immagine istituzionale

sostanzialmente statica, fatta di funzioni ed uffici piuttosto che

orientata al soddisfacimento delle domande provenienti da cittadini e

imprese.

Il contesto in cui si muove questo nuovo attore amministrativo alla

ricerca di identità è denso di relazioni e canali comunicativi,

informativi, associativi, un network di negoziazioni complesse in

grado di fornire gli elementi e le risorse per la sua

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“professionalizzazione”. La figura del nuovo manager è proiettata

verso l’esterno dell’ambito amministrativo di appartenenza, verso una

dimensione collettiva e relazionale del proprio lavoro, per

implementare, attraverso la comunità di pratica, l’idea guida di una

nuova professionalità introdotta dal processo di modernizzazione

amministrativa.

L’organizzazione che questo soggetto sembra richiedere a supporto

non è la Pubblica Amministrazione tradizionale di tipo verticistico, ma

un modello di rete in cui la comunicazione e lo scambio di

informazioni giocano un ruolo strategico per razionalizzare e rendere

più efficace l’azione pubblica, un sistema in cui più individui

coordinano il proprio lavoro attraverso la comunicazione per

raggiungere obiettivi comuni.

A parte le dovute eccezioni tipiche dei sistemi complessi, in Italia le

prime spinte innovative si sono manifestate nei punti di contatto più

diretto con la società, cioè negli enti locali (che svolgono

principalmente funzioni di erogazione di servizi alla comunità) e,

successivamente, nelle Regioni e amministrazioni centrali dello Stato

che per lo più esercitano funzioni legislative, regolatorie e potestative

(Borgonovi, 2001a, p.1). A livello di enti locali (e in particolare di

Comuni che costituiranno l’oggetto della ricerca del presente lavoro)

la realizzazione del NPM si traduce spesso in un lavoro di

riqualificazione del personale al fine di promuovere un processo di

apprendimento verso una nuova cultura gestionale in funzione non

solo della norma ma anche dei risultati.

La figura del funzionario generico, di formazione prevalentemente

giuridica, si avvia a ridimensionare il suo ruolo. Si riduce lo spazio

degli atti formali autoritativi come elemento cardine dell’attività degli

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uffici pubblici ed emergono altre caratteristiche metagiuridiche. Le

funzioni delle amministrazioni pubbliche, soprattutto di quelle locali,

divengono infatti sempre di più un flusso di attività cooperativa con

altri attori sociali (si pensi agli accresciuti livelli di interdipendenza tra

amministrazioni nel governo del territorio o alle attività di

concertazione sociale o alle funzioni di soddisfazione dell’utenza che

impongono un continuo monitoraggio di domande e preferenze dei

cittadini).

Nelle piccole realtà della nostra pubblica amministrazione locale non

sempre è la figura del dirigente, che spesso manca, a svolgere tali

funzioni. Responsabilità ed incarichi sono di solito assegnati a figure

professionali di Categoria inferiore, comunque coinvolte in maniera

diretta, per il lavoro che svolgono, nella discussione sull’adozione di

una nuova cultura gestionale per l’ente pubblico16.

16 A seguito di questa considerazione per la ricerca “Processi innovativi e aspettative professionali nella Pubblica Amministrazione”, condotta tra i Comuni della Valdera, enti locali di piccole dimensioni, si è deciso di adottare il concetto di “figura dirigenziale” in senso esteso, identificando come destinatari dell’indagine gli Amministratori e il personale responsabile di strutture complesse, anche se non di Categoria dirigenziale (cfr. Appendice I Questionario e codifica dati, p.156 ss.).

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2 Applicazione delle logiche di NPM in Italia

Una società fortemente differenziata come quella contemporanea

presenta molteplici fini da perseguire di fronte ai quali, almeno fino

agli anni ’80, in Italia si è risposto con il proliferare in misura

esponenziale di nuove organizzazioni pubbliche con il conseguente

moltiplicarsi della burocrazia. Questa tendenza alla diversificazione ha

complicato le forme organizzative dell’amministrazione pubblica

assoggettandole ad un continuo processo di mutamento (Melis, 1998,

p.31; Battini, 2001, p.320).

Talvolta, però, si assiste a fenomeni di “assenza di flessibilità” che

paralizzano l’apparato pubblico. Il blocco dell’apparato burocratico

deriva da un atteggiamento di eccessiva aderenza ai regolamenti, una

sorta di devozione che tende a renderli assoluti e non strumenti

strettamente utili per la realizzazione di determinati scopi. Questo

comportamento genera mentalità conservatrice e tecnicismo ed

ostacola sia la pronta percezione di situazioni particolari non

contemplate dalle regole che la relativa capacità di adattamento.

Pertanto in presenza di situazioni particolari si genera inefficienza,

quando invece, in condizioni normali, tale aderenza porterebbe

all’efficienza. La situazione in cui le capacità professionali, in mutate

condizioni del contesto, risultano inappropriate e possono agire come

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ostacoli è una condizione nota come “incapacità addestrata” (Merton,

1968, pp.407-408).

In un contesto globale, come quello della società postindustriale,

decentrato, turbolento e soggetto a continui mutamenti anche

imprevedibili, le organizzazioni devono rielaborare la loro struttura,

divenire flessibili, creative, avere reazioni rapide e lavoratori motivati:

si tratta per certi versi di arricchire la sfera della razionalità formale di

elementi che le sono normalmente estranei, ma bisogna essere

consapevoli che nelle organizzazioni questo avviene con estrema

lentezza.

Per quel che riguarda le organizzazioni pubbliche il vecchio modello

di Stato non è più attuale e si è venuto progressivamente

destrutturando, almeno inizialmente, senza una precisa capacità di

aderire alla realtà in mutamento e al nuovo sistema socio-economico

molecolarizzato e fortemente territoriale, con nuove geografie di

riferimento locale trasversali (CENSIS, 2002b, pp.182-183).

In tale contesto un’amministrazione pubblica che divenga una risorsa

e non più un costo, completamente rivista nelle regole e nella concreta

capacità di interpretare, decidere e realizzare si pone come una

questione centrale per lo sviluppo civile ed economico-competitivo

della comunità nazionale.

L’aderenza dell’attività della pubblica amministrazione ad una società

in trasformazione comporta conoscenza del contesto, flessibilità

dell’intervento e partnership con privati e terzo settore per snellire la

propria organizzazione. Rinnovare l’amministrazione pubblica

comporta anche interventi sul personale orientati a far conseguire sia

la capacità di riconoscere nuove e particolari condizioni che le

competenze per riuscire a combinare al meglio le risorse disponibili

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per adattarsi ai nuovi contesti nel modo più efficiente. In un certo

senso si potrebbe dire, rovesciando il concetto di Merton, che gli

interventi sulle risorse umane cercano di introdurre nell’ambito della

pubblica amministrazione una “capacità addestrata”, un nuovo

modello di azione che metta gli attori nelle condizioni di essere

operativi, con efficienza, anche in contesti nuovi e diversi.

Queste azioni dovrebbero contribuire a contrastare la scarsissima

propensione per l’innovazione ed i rigidi schemi culturali tipici degli

impiegati della Pubblica Amministrazione italiana e fonte di molti

suoi problemi. Infatti, la caratteristica tipicamente attribuita alla nostra

Pubblica Amministrazione è sempre stata la troppa rigidità, la carenza

di una certa “fluidità” che è causa del mancato adattamento ai

mutamenti della realtà e della perdita di contatto con la società cui si

riferisce. Già da tempo quindi l’organizzazione PA del nostro Paese si

trova nella situazione di dover raggiungere un diverso grado di

razionalità per poter gestire in modo efficiente la società in cui opera.

Da anni è iniziato un percorso di trasformazione degli Enti Pubblici

per cercare di dare risposta alle disfunzioni che il sistema presenta di

fronte alle sempre più inderogabili domande di servizi, diritti e

opportunità. La storia della nostra amministrazione pubblica, però, si

distingue per la quasi totale assenza di cambiamenti radicali, infatti

spesso trasformazioni profonde si sono prodotte per effetto di

cambiamenti normativi apparentemente di scarso rilievo, oppure in

conseguenza della modifica di prassi consolidate e a seguito del

diverso ruolo che la burocrazia stessa ha saputo interpretare di fronte a

situazioni nuove. Tuttavia in questi ultimi anni la PA italiana è stata

destinataria di interventi di ristrutturazione interna e innovazione

organizzativa, punto di partenza per la ridefinizione della propria

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missione e dei propri valori al fine di realizzare il passaggio dal ruolo

tradizionale di amministrazione atto al ruolo innovativo di

amministrazione conoscenza, caratterizzata da nuove modalità di

funzionamento in cui i saperi, le competenze e le professionalità

divengono elementi strategici di sviluppo senza prescindere da quelle

garanzie costituzionali a cui le PA sono comunque tenute a

conformarsi1 (Soda, 2000, p.12).

Il processo in atto presenta tre fasi successive: la generazione

dell’innovazione, la sua diffusione ed il consolidamento del nuovo

modello di amministrazione (Borgonovi, 2001a, p.3).

Per quel che riguarda la prima fase, l’innovazione si genera laddove

esistono soggetti che propongono nuove modalità di organizzazione

dei sistemi amministrativi mettendo in discussione assetti ritenuti

insoddisfacenti. L’innovazione non consiste nel semplice

trasferimento alle amministrazioni pubbliche delle soluzioni migliori

individuate in altre realtà, che siano pubbliche o private, giudicate più

avanzate, ma nel costruire soluzioni ad hoc per ogni amministrazione

partendo da alcuni principi e criteri di carattere generale e comune.

Innovare comporta nuove conoscenze (tecnologiche, organizzative,

gestionali, contabili, ecc.) e adattamento al contesto, nel caso specifico

la Pubblica Amministrazione, un’istituzione che deve produrre valore

di interesse collettivo.

Il reingeneering delle organizzazioni pubbliche si sostanzia nella

riprogettazione di prodotti e servizi e nella riqualificazione

professionale del personale. Lo sviluppo di prodotti e servizi deve

tenere conto di una nuova attenzione per l’utenza e di esigenze di 1 Il riferimento è ai principi enunciati agli articoli 97 e 98 della Costituzione: l’amministrazione pubblica è un organismo sottoposto alla legge la cui azione, improntata a regole di buon andamento e imparzialità, è vista in funzione della collettività (Battini, 2001, pp.307-308).

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economicità in ordine al rapporto costi/benefici. La riqualificazione

professionale del personale punta a perfezionare il “capitale

intellettuale” della PA creando nuove figure operative esperte di

comunicazione, informatica e gestione: si attenua il peso di funzionari

generici a prevalente formazione giuridica.

Nell’adozione delle logiche di NPM e nella messa in atto di interventi

di riqualificazione manageriale, il contesto italiano è caratterizzato da

un ritardo temporale di circa 10 anni rispetto al trend internazionale

occidentale, in cui interventi di tipo NPM sono iniziati già dagli anni

‘80/‘90 (Meneguzzo, 1997b, p.590).

L’adozione accelerata delle logiche di NPM, basata in gran parte

sull’emanazione di numerosi provvedimenti normativi, ha consentito

di “recuperare posizioni” ed ha messo in evidenza la coesistenza, nel

caso italiano, di interventi di modernizzazione imposti e portati avanti

per legge (la cosiddetta Riforma) e di importanti processi promossi e

gestiti dal basso, sostenuti da alcuni dei sottosistemi in cui si articola

la nostra amministrazione pubblica. La presenza di tali “centri di

eccellenza” che spiccano nel panorama amministrativo pubblico

italiano porta a constatare che, accanto a realtà decisamente

all’avanguardia, convivono apparati burocratici ancora di vecchio

stampo che presentano diffidenza e difficoltà nel cogliere a pieno i

vantaggi del rinnovamento.

L’analisi di questo quadro contraddittorio mostra che, generalmente, i

“ritardi” sono presenti a livello centrale e in alcuni enti locali di

dimensioni molto ridotte in cui le tematiche di innovazione mal si

coniugano con le resistenze del sistema. Esistono apparati

amministrativi in cui l’innovazione è veicolata esclusivamente da

imposizioni normative e dall’adozione di tecnologie il cui uso è ormai

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imprescindibile negli uffici (si pensi al computer), ma che non

presentano, negli attori che li conducono, l’interesse e la volontà di

potenziare gli strumenti dell’innovazione stessa a vantaggio

dell’organizzazione. Permane in queste strutture una mentalità poco

creativa, manca l’intenzione di fare un uso progettuale delle risorse a

disposizione e si perpetua, quasi con inerzia, un sistema burocratico

tutto sommato di vecchio stampo. La resistenza culturale alle

innovazioni, chiamata anche cultural gap, si presenta come un

meccanismo spontaneo di difesa nei confronti dei cambiamenti e

appare più forte laddove la natura del singolo è timorosa, la

formazione è conservatrice e le regole organizzative sono rigide (De

Masi, 1999, p.54). Spesso le resistenze provengono dal ceto dirigente

che vede nell’innovazione un impegno aggiuntivo per la necessità di

adeguamento della propria cultura professionale ed una minaccia

all’autorità acquisita (Soda, 2000, p.64). Ciò sottolinea ancora di più

la necessità urgente di “svecchiare” il nostro settore pubblico e

procedere allo sviluppo di una nuova cultura professionale orientata

all’innovazione.

Il termine Riforma designa gli interventi normativi (nazionali,

comunitari e i relativi regolamenti attuativi) che introducono il

cambiamento nelle amministrazioni pubbliche. L’approvazione di

molte leggi nel campo della semplificazione, della delegificazione e

dello snellimento dell’attività amministrativa ha accelerato i processi

innovativi della gestione pubblica in tante realtà caratterizzate

comunque dalla presenza di persone disposte all’innovazione e

dall’esistenza di strumenti idonei a realizzarla. Tutte le esperienze in

atto per la costruzione di un’amministrazione più efficiente e meno

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37

burocratica2 dimostrano che non è sufficiente la sola applicazione di

progetti di intervento top-down tecnicamente ben strutturati e diretti se

le risorse umane dell’apparato amministrativo non interiorizzano

valori e obiettivi della Riforma.

Per avviare il cambiamento è certo indispensabile ammodernare gli

uffici attraverso nuove tecnologie informatiche, risparmiare sulle

spese, semplificare le procedure e ridurre il carico burocratico, ma non

basta soltanto individuare e applicare la soluzione tecnico-operativa

ottimale, che sia una nuova procedura, un management capace, un

servizio meglio strutturato o una soluzione informatica più

appropriata, occorre anche l’avvio di un percorso orientato allo

sviluppo di una nuova cultura amministrativa che sostenga gli

operatori nell’affrontare nuove responsabilità e nell’interiorizzare

diverse modalità di lavoro, altrimenti l’innovazione innescata

esclusivamente da un obbligo di legge “a fare” rischia di produrre

adempimenti solo formali e non rinnovamenti.

La condivisione delle nuove finalità da parte di tutte le componenti

che operano nell’amministrazione è una risorsa decisiva che si

sviluppa in gran parte attraverso l’esperienza e l’applicazione delle

pratiche, non soltanto come esito meccanico di un processo formativo

ad hoc.

I “centri di eccellenza” sono caratterizzati da logiche di gestione

manageriali coerenti con le linee di evoluzione della public

governance. Sono spesso realtà a livello locale, le istituzioni più

partecipi della vita del cittadino e dei suoi bisogni, che mettono in atto

2 “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” è il nome e lo slogan del progetto della Regione Toscana in merito alla Riforma dell’amministrazione pubblica. L’analisi del caso toscano, cornice di riferimento per l’area Valdera, sarà trattata successivamente nel paragrafo 3.1 Sviluppo e innovazione nel “modello toscano”, p.74 ss..

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38

concreti meccanismi innovativi che migliorano le performance

dell’ente e ottimizzano le risorse. L’incentivazione, lo sviluppo e la

diffusione di tali esperienze e dei metodi di lavoro che le supportano

costituisce la migliore garanzia per il successo di interventi di

modernizzazione amministrativa. In questa fase di reinventing

government è infatti molto importante stimolare il confronto,

l’imitazione e il trasferimento di esperienze di innovazione fra gli enti

e, al loro interno, fra i diversi uffici3.

I processi imitativi e di confronto delle esperienze di rinnovamento

(benchmarking) possono moltiplicare e diffondere la Riforma, per

questo è utile promuovere una rete stabile di relazioni fra le istituzioni

pubbliche e favorire una sinergia, non episodica, fra enti pubblici e

sedi di ricerca sul cambiamento dell’amministrazione locale.

L’istituzione di questo tipo di reti stimola proficui confronti sulle

politiche adottate ed una logica di ricerca della best practice da

imitare. I vantaggi immediati sono l’utilizzo di know-how comune,

minori tempi di introduzione per le innovazioni già sperimentate,

contenimento di costi e investimenti, e la diffusione di una

determinata cultura professionale di condivisione e miglioramento4.

La costituzione di network di amministrazioni orientate

all’innovazione, ad esempio le reti civiche unitarie, che scambiano le

reciproche esperienze, e quindi si rafforzano a vicenda, è un aspetto

prezioso della diffusione dell’innovazione, seconda fase del processo

in atto precedentemente delineato (Borgonovi, 2001a, p.3). Questo

aspetto suggerisce la crescente rilevanza che assumono le relazioni

3 Si veda in proposito il paragrafo 1.2 Gli innovatori nella pubblica amministrazione, p.22 ss.. 4 Un esempio concreto frutto dell’adozione di questa tendenza sta nella diffusione del ricorso ai prodotti open source, applicazioni software gratuite che consentono alle PPAA di utilizzare programmi riducendo in modo drastico e rapido i costi di acquisizione e gestione.

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orizzontali tra soggetti (negoziazione, concertazione, confronto…) nei

processi di definizione e formazione della decisione pubblica.

La fase della diffusione per essere rapida ed efficace richiede

sostanzialmente due condizioni: eliminazione degli ostacoli, specie nei

sistemi nei quali sono presenti molte norme obsolete e superate, ed

incentivi, individuali e collettivi, economici e non (ad esempio

motivazionali), perché l’esperienza insegna che se ad un maggior

lavoro non si accompagna una gratificazione anche i più volenterosi

abbandonano il campo (Borgonovi, 2001a, p.4). In altre parole

richiede specifici investimenti e la costituzione di gruppi di lavoro che

abbiano il compito di interpretare le leggi in modo non restrittivo e, in

questo contesto, le reti rivestono un’importanza straordinaria. Alla

diffusione contribuiscono soggetti del mondo della ricerca, della

formazione e della consulenza che possono adattare i modelli generali

di gestione aziendale alle specificità istituzionali delle

amministrazioni pubbliche e possono formare le competenze del

personale su come guidare il cambiamento in modo efficace.

La terza fase, quella del consolidamento, si realizza quando si è

dimostrata l’efficacia dei nuovi modelli amministrativi, in sostanza

quando si è concretizzato, in misura abbastanza estesa, il passaggio da

una logica amministrativa di tipo burocratico ad una di tipo aziendale

e manageriale. Si ha consolidamento quando la nuova logica si è

imposta e si è sostituita alla vecchia, quando funzionalità, efficienza

ed efficacia, nel rispetto della legalità, sono diventate la norma e la

legalità fine a se stessa è diventata l’eccezione (Borgonovi, 2001a,

p.4).

Riassumendo il cambiamento nella nostra amministrazione pubblica

dovrebbe avvenire secondo tre passaggi successivi: la generazione

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dell’innovazione, la sua diffusione ed il consolidamento delle

modifiche intervenute. Caratteristica di questo processo è la sinergia

tra l’introduzione normativa delle innovazioni e l’interiorizzazione da

parte degli operatori dei concetti di modernizzazione amministrativa.

Quest’ultima è una condizione fondamentale per la realizzazione del

cambiamento nella PA, il presupposto per un’applicazione non

formale ma sostanziale delle leggi. A questo si affianca la

considerazione che è a livello locale, a livello delle istituzioni più

vicine ai cittadini, che sono presenti maggiori opportunità di sviluppo

di una nuova amministrazione proprio perché un’accresciuta

autonomia, maggiori responsabilità e la prossimità all’utenza

stimolano migliori performance ed una maggiore attenzione all’uso

delle risorse5.

In questo contesto la diffusione dell’innovazione si avvale di un

sistema di rete che mette in relazione le diverse strutture e i loro

componenti stimolando ed incentivando il confronto, la collaborazione

e la condivisione. Lo sviluppo di questo sistema porterà al diffondersi

sempre maggiore delle nuove pratiche anche nei centri più restii al

cambiamento, ammortizzandone i costi di applicazione e portando

verso il consolidamento il nuovo modello amministrativo.

Le relazioni fra innovatori, le relazioni con il territorio per attuare un

modello di governance, le relazioni con i cittadini in una logica di

customer satisfation… lo slogan del rinnovamento potrebbe

sintetizzarsi nel titolo di un intervento presentato a ComPA, il Salone

della Comunicazione della Pubblica Amministrazione, nel settembre

5 Si veda a tale proposito il capitolo 3 Il ruolo della dimensione locale, p.67 ss., e in particolare il principio di sussidiarietà.

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41

2003: “Costruire relazioni per governare il cambiamento” (Bonaretti,

2003).

2.1

I binari del percorso di evoluzione

In Italia negli anni ottanta, e in parte anche prima, l’innovazione nelle

amministrazioni pubbliche è stata determinata principalmente dalle

scelte illuminate e anticipatorie di alcuni gruppi particolarmente

sensibili ai segnali provenienti dalla società. Nonostante sia stata

fortemente ostacolata dai vincoli di una normativa arretrata,

l’innovazione è partita soprattutto negli enti locali e non si è

caratterizzata come un processo diffuso ma piuttosto in termini di

esperienze pilota. Gli innovatori di allora hanno dovuto dedicare

molto del loro tempo a combattere i vincoli legislativi, le resistenze di

comportamenti burocratici consolidati, lo scetticismo di considerare

l’efficienza, l’efficacia e l’economicità principi validi per le imprese e

per il mercato, ma non coerenti con la natura delle Amministrazioni

Pubbliche. Nonostante le difficoltà, già prima delle innovazioni per

legge, diversi enti pubblici locali avevano imboccato la strada del

rinnovamento amministrativo sviluppando elementi coerenti con

ambiti di intervento caratteristici del NPM come l’adozione di

standard di risultato, sistemi di controllo dei costi, politiche di

comunicazione pubblica, azioni di marketing e orientamento

all’utente.

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Agli inizi degli anni novanta il quadro di riferimento è cambiato in

modo abbastanza significativo e l’innovazione è stata stimolata, e poi

via via sostenuta, da scelte legislative generali e settoriali che hanno

introdotto formalmente il modello aziendale, hanno fatto riferimento a

principi di funzionalità e professionalità ed hanno diffuso

esplicitamente criteri di efficienza, efficacia ed economicità. Il

cambiamento si è esplicato principalmente attraverso la revisione

degli assetti organizzativi in direzione di modelli più flessibili,

sperimentando nuove modalità di gestione dei servizi e ricorrendo

all’affidamento esterno. Gli interventi normativi adottati possono

essere distinti in processi orizzontali, che hanno avuto impatto sui

diversi sottosistemi in cui si articola la PA, e processi verticali, che

hanno introdotto modifiche sugli assetti istituzionali e le modalità di

funzionamento di specifici sottosistemi (Meneguzzo, 1997b, p.596).

Hanno avuto impatto orizzontale la Legge 241/1990 sulla

semplificazione delle procedure e sulla trasparenza amministrativa, il

D.Lgs. 29/1993 sulla riforma del pubblico impiego, le leggi Bassanini

L. 59/1997 e L. 127/1997 che prevedono meccanismi di snellimento

dell’attività amministrativa e avviano processi di decentramento di

compiti e funzioni dallo Stato a Regioni ed enti locali in applicazione

del principio di sussidiarietà. Altra azione ad effetto orizzontale è stata

la creazione di Authorities di regolamentazione, organi pubblici con

funzioni di tutela degli interessi collettivi. Tra i processi verticali si

ricordano la Legge 142/1990 e il D.Lgs. 77/1995 sulla riforma del

governo locale, e gli interventi di progressiva trasformazione del

Servizio Sanitario Nazionale verso un sistema di servizi regionale con

ampia discrezionalità di programmazione e finanziamento.

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43

La tabella 2.1 sintetizza l’esperienza italiana di adozione delle logiche

di NPM correlando le principali leve di manovra dei processi di

innovazione ai contenuti qualificanti della Riforma in atto a partire

dall’inizio degli anni ’90 attraverso numerosi provvedimenti

normativi. Da quegli anni la politica di riforma dell’amministrazione

diviene asse della politica complessiva della compagine di governo

(Melis, 1998, p.88) e si introduce il principio di creare

“un’amministrazione al servizio del cittadino e degli utenti” come

bussola necessaria per rimettere in sesto l’amministrazione, idea guida

introdotta al V ForumPA (aprile 1994) da Sabino Cassese, allora

ministro della Funzione Pubblica (da notare che la priorità data ai

cittadini era una novità assoluta).

In un periodo di tempo relativamente breve sono state messe in atto

riforme di ampia portata per mezzo un quadro normativo che ha

definito principi generali di riferimento ed ha conferito legittimità ad

atti e comportamenti, spesso già in uso, necessari per cambiare.

Come si evince dalla tabella 2.1, l’innovazione guidata da legge si è

concentrata principalmente su tre leve di azione del NPM: l’adozione

di modelli organizzativi più flessibili, l’inserimento di meccanismi

“tipo mercato” e l’attuazione di sistemi di gestione attenti ai risultati e

orientati alla soddisfazione dell’utenza.

All’inizio si è trattato di una normativa con forti elementi di

contraddizione in cui principi nuovi coesistevano con vincoli

tradizionali, tuttavia le nuove norme hanno favorito il diffondersi di

sperimentazioni, anche se lentamente e in modo non coordinato né

organico. Lo scenario della pubblica amministrazione italiana, pur con

difficoltà e lentezze, è comunque cambiato, anche se si sono avute

risposte differenti tra le diverse aree territoriali e tra le diverse

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tipologie di organizzazione pubblica (l’impatto dell’innovazione

sembra essere stato modesto sulla pubblica amministrazione centrale,

ma rilevante negli enti pubblici periferici dislocati nel territorio).

leve manovra new public management

Contenuti qualificanti delle riforme italiane Riferimenti normativi

decentramento organizzativo downsizing burocrazie pubbliche

nuovi modelli organizzativi, riprogettazione macrostruttura formule istituzionali (imprese,

fondazioni) accorpamento ministeri

L. 142/1990 riforma enti locali L. 59/1997 federalismo amministrativo

meccanismi tipo mercato contracting out imprese private e

organizzazioni no profit contracting in

1990 riforma governo locale

tecniche e sistemi gestione imprese private

contabilità economica governo locale e sanità pubblica centri di responsabilità

amministrativa e unità previsionali di bilancio sistemi controllo gestione e

budgeting contratti tempo determinato e

privatistici (city manager, country manager, direttori generali di Comuni, Province, Regioni) sistemi gestione flessibile

personale comunicazione ed orientamento

all’utente trasparenza amministrativa semplificazione procedure e

autocertificazione sistemi di incentivazione e

valutazione dirigenza pubblica

D.Lgs. 77/1995 contabilità EL L. 142/1990 riforma enti locali L. 241/1990 semplificazione trasparenza procedure L. 127/1997 semplificazione amministrativa D.Lgs. 29/1993 riforma pubblico impiego 1994 carta dei servizi e URP

performances measurement standard di risultato espliciti e misurabili

contabilità economica governo locale e settore sanitario pubblico sistemi di controllo dei costi e

piano economico gestione (enti locali) pianificazione strategica, budget

e controllo di gestione nuclei valutazione

L. 142/1990 riforma enti locali D. Lgs. 29/1993 nuclei valutazione

Tabella 2.1 – Leve di manovra dei processi di NPM e interventi di modernizzazione della pubblica amministrazione italiana (elaborazione da Meneguzzo, 1997b p.595).

Alla fine degli anni novanta si assiste al completamento del quadro

normativo nel settore e quindi all’eliminazione di una serie di

contraddizioni e vincoli del passato, inoltre emergono stimoli sempre

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più forti dall’esterno nei confronti delle amministrazioni pubbliche, i

già citati fattori storici, come la globalizzazione dell’economia,

l’integrazione sovranazionale, le esigenze di ristrutturazione degli

apparati pubblici per motivi di contenimento dei costi, che hanno dato

luogo a privatizzazioni e cessioni nell’erogazione dei servizi.

Anche in quest’ultima fase, nonostante il quadro legislativo

maggiormente favorevole, si può dire che l’innovazione si è

sviluppata in molti casi in un contesto poco disponibile nel quale

tuttora domina in buona parte la cultura della legalità formale e della

burocrazia e non si è ancora affermata la cultura dell’amministrazione

“aperta” che esercita le proprie funzioni partendo dall’analisi dei

bisogni a cui rispondere con modalità tali da realizzare il miglior

rapporto tra risultati e risorse.

L’imporsi nell’ordinamento di valori profondamente estranei alla

tradizione burocratica italiana classica, come la trasparenza,

l’accessibilità ai documenti, la responsabilità del funzionario,

l’indipendenza dalla politica, ha costituito un fattore di profonda crisi

ed ha generato un acuto senso di spaesamento negli attori

dell’amministrazione, testimoniato dall’ostilità inizialmente opposta al

nuovo orientamento dovuta forse al timore di perdere piccoli ma

consolidati privilegi (Melis, 1998, pp.92-99). Le politiche di riforma

hanno quindi dovuto fare i conti con la resistenza di un mondo

burocratico in cui la stratificazione negli anni di norme, prassi,

consuetudini e linguaggi specialistici oppone oggettivamente, al di là

forse della stessa volontà dei singoli, un’insormontabile barriera al

nuovo.

L’irruenza che anima le politiche di Riforma si è trovata di fronte lo

spessore, a prima vista impenetrabile, di una burocrazia che non

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voleva cambiare. L’innovazione è comunque diventata un processo

sempre più organico e diffuso, ma è rimasto uno squilibrio tra la

progettualità, spesso di qualità molto elevata ed avanzata, gli

strumenti, molte volte invece inadeguati alla complessità dei progetti

innovativi, e la capacità attuativa dei progetti stessi legata alla

professionalità degli operatori che è rimasta a bassi livelli.

Fino a pochi anni fa si individuavano solo poche esperienze

innovative, oggi invece si assiste ad una larga diffusione di iniziative

di rinnovamento. È evidente però che molte di esse non sono

realmente radicate negli enti, ma sono il frutto di iniziative personali

di gruppi che non sempre hanno un peso rilevante nel processo

decisionale (Borgonovi, 2001a, p.5). Tuttavia le sperimentazioni

pilota degli anni ottanta e quelle sempre più numerose degli anni

novanta, al di là dei concreti risultati ottenuti, hanno contribuito a

creare e a diffondere anche nel settore pubblico una nuova cultura

amministrativa che sta alla base dell’accelerazione dell’innovazione

manifestatasi alla fine degli anni novanta. Fino ad allora spesso non

venivano riconosciute né valorizzate innovazioni che pure esistevano,

mentre da alcuni anni si assiste ad una specie di “euforia

dell’innovazione” (Borgonovi, 2001a, p.7), sembra quasi che tutto il

sistema sia percorso da fremiti innovativi: leggi che introducono

principi in alcuni casi addirittura più avanzati rispetto al mondo delle

imprese (per esempio sofisticati sistemi di retribuzione per posizioni o

per risultati, o sistemi molto articolati di misurazione delle

performance...); gruppi di studio e lavoro per lo sviluppo

dell’innovazione; premi all’innovazione nelle Amministrazioni

Pubbliche sempre più numerosi; costituzione di network degli

innovatori…

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47

Questo atteggiamento, sicuramente più positivo ed efficace di quello

precedente, sottostima tuttavia che il processo di innovazione è

complesso e si muove in un ambito ristretto tra vecchie abitudini

burocratiche che spesso sopravvivono ai cambiamenti e ai

comportamenti semplicistici di chi crede che sia sufficiente applicare

logiche e strumenti del privato nel pubblico per mutare radicalmente

le cose, o che siano sufficienti nuove politiche per modificare i

comportamenti reali e ottenere diversi risultati finali.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, l’organo centrale preposto

alla diffusione dell’innovazione, è comunque impegnato in una serie

di azioni volte ad assicurare l’attuazione delle riforme amministrative

avviate. Per sostenere le amministrazioni impegnate nei processi di

innovazione il Dipartimento ha avviato una serie di progetti focalizzati

su questioni di rilevanza strategica per la realizzazione del disegno

riformatore, tali progetti riguardano infatti il decentramento

amministrativo, il miglioramento della gestione, la semplificazione e

la qualità della regolamentazione. L’obiettivo generale è il fornire un

insieme di servizi reali alle amministrazioni pubbliche monitorando e

valutando la situazione dei processi riformatori per determinare

eventuali scostamenti rispetto agli scopi ed individuare le possibili

leve di aggiustamento, anche normativo, attraverso le quali

intervenire. Si vuole così sperimentare modalità innovative ed

esemplari per il governo dei processi di riforma al fine di realizzare un

nuovo modo di lavorare per programmi e progetti.

Per il raggiungimento degli scopi prefissi il Dipartimento della

Funzione Pubblica ha affiancato agli strumenti di attuazione

tradizionali (norme, circolari, direttive) nuove modalità di intervento

che riguardano il monitoraggio delle iniziative di riforma, la

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valorizzazione e la diffusione delle migliori esperienze attuate in tema

di innovazione, la sollecitazione delle realtà con maggiori difficoltà e

l’attuazione di progetti volti a superare le resistenze al cambiamento6.

Il monitoraggio dell’attuazione delle iniziative di riforma avviene

sulla base dell’osservazione di un numero significativo di casi con

particolare attenzione agli effetti che le riforme generano in termini di

qualità dei servizi e di livello di gradimento da parte dei cittadini.

L’individuazione e la diffusione delle migliori esperienze di

attuazione (best practices) e il benchmarking consentono una

comparazione fra le esperienze realizzate nelle diverse aree

territoriali. Inoltre la valorizzazione delle iniziative assunte dalle

amministrazioni che meglio hanno operato ne legittima i modelli

gestionali e consente una raccolta dei casi eccellenti al fine di mettere

a disposizione del sistema delle amministrazioni pubbliche un

patrimonio di iniziative con cui confrontarsi per riflettere sulle

opportunità esistenti e per sollecitare le realtà con maggiori difficoltà.

Infine il Dipartimento della Funzione Pubblica promuove iniziative di

sensibilizzazione per superare le resistenze al cambiamento e

accompagnare i processi reali di innovazione, senza proporre modelli

standard ma aiutando le amministrazioni a riflettere sulle proprie

esigenze e a scegliere le soluzioni di intervento più opportune.

6 Fra i progetti innovativi lanciati dal Dipartimento della Funzione Pubblica che più hanno avuto seguito si cita il progetto AIR-Analisi di impatto della regolazione (introdotto dall’art.5 della L.50/99), un’indagine volta a valutare l’impatto della regolamentazione nei confronti dei soggetti destinatari dei provvedimenti con l’obiettivo di promuovere una cultura della regolazione più consapevole e attenta ai risultati. L’analisi si svolge attraverso la consultazione ex ante ed ex post di cittadini e imprese con lo scopo di bilanciare costi e benefici della regolazione e di evitare gli eccessi quali norme troppo numerose, inutilmente dettagliate, invadenti e troppo restrittive della libertà di azione.

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2.2

I tasselli della trasformazione

La Riforma potrà dirsi compiuta quando le singole amministrazioni

saranno in grado di progettare, governare e realizzare i processi di

innovazione che la società richiede. È comunque in atto un

movimento di innovazione dei servizi pubblici che cerca di

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l’elemento cardine dello sviluppo (cfr. il concetto di rivoluzione

cognitiva in MIUR, 2000).

La formazione ambisce ad introdurre svolte culturali, motivazione,

crescita e aggiornamento professionale: elementi per la condivisione

di riforme e innovazioni, fondamentali per il successo di ogni

rinnovamento. La formazione assume quindi un ruolo di supporto

fondamentale nei processi di innovazione in atto in quanto, nello

specifico, oltre a conoscenze e abilità operative, fornisce la chiave di

lettura dei cambiamenti in atto trasmettendo elementi di conoscenza

del contesto e attitudine al cambiamento, due risorse importanti per

rigenerare le organizzazioni.

La conoscenza del contesto consente di rimanere in sintonia con la

società e i suoi processi di trasformazione e rappresenta una dote

essenziale per qualificare le professionalità allineandole alle effettive

istanze ed evoluzioni del mondo del lavoro. Un’adeguata conoscenza

del contesto si mantiene grazie ad una formazione permanente e ad un

aggiornamento continuo, attività regolari nel tempo e non una tantum,

concepite in relazione al target di utenza e alle esigenze di efficacia e

flessibilità da soddisfare in modo tale da valorizzare e potenziare

esperienze e competenze maturate.

L’azione formativa è inoltre il mezzo con cui si trasmette la capacità

ad orientarsi in contesti in cambiamento: essa favorisce l’acquisizione

di una cultura dell’innovazione e sorregge il processo di

modernizzazione del sistema introducendo criteri di flessibilità,

sviluppo del pensiero critico e crescita delle competenze necessarie ad

adottare elementi di innovazione quali il reingegnering delle

procedure, nuove metodologie di lavoro, innovazioni tecnologiche,

misurazione delle performance e una cultura di gestione per risultati.

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Oggi la formazione nella amministrazione pubblica è sia stabilita per

legge che negoziata contrattualmente e non può più essere sporadica e

occasionale, dettata da esigenze del momento, ma deve svilupparsi

secondo programmi pluriennali. Affinché le riforme richiamate in

precedenza producano cambiamento, innovazione e progresso, devono

necessariamente essere trasferite in conoscenze, prestazioni, abilità,

comportamenti e soprattutto valori che divengano patrimonio comune

delle risorse umane dell’organizzazione, pertanto la formazione del

personale si configura come leva strategica per sostenere e sviluppare

il cambiamento in seno all’organizzazione, con piani di adeguamento

e sviluppo delle professionalità e delle competenze.

In effetti non è pensabile una riforma dell’amministrazione pubblica

senza adeguati interventi di formazione sulle risorse umane. L’attività

formativa, fornendo la chiave di lettura dei cambiamenti in atto,

consente spesso di recuperare una motivazione professionale frustrata

dal disincanto e dall’appiattimento dell’attività lavorativa.

Il nostro sistema pubblico ha un urgente bisogno di investire nello

sviluppo di nuove conoscenze e professionalità delle persone. Questo

tipo di investimento avviene in parte attraverso politiche di

reclutamento e attivazione di competenze esterne7, ma soprattutto

avviene attraverso la formazione e la riqualificazione del personale in

servizio verso profili innovativi. Tuttavia nella nostra pubblica

amministrazione l’intervento formativo è ancora insufficiente, sia in 7 Il reclutamento del personale nelle Pubbliche Amministrazioni diviene un fattore determinante per la modernizzazione e l’innovazione del sistema. Oltre al tradizionale concorso pubblico oggi ci si avvale di nuovi sistemi di assunzione più flessibili come l’attivazione di collaborazioni, il ricorso al lavoro interinale, le selezioni pubbliche specifiche. Inoltre il processo di ristrutturazione delle professionalità alle dipendenze della Pubblica Amministrazione lascia prevedere la ricerca e l’ingresso di funzionari con culture legate alla sociologia, alla psicologia del lavoro, alla comunicazione, al marketing, alla statistica… culture professionali differenti dalla formazione giuridico-economica classica che ha da sempre caratterizzato la PA (Soda, 2000, pp.32-34; Cerase, 1998, pp.197-199).

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termini quantitativi che qualitativi: è necessario incrementare le

risorse destinate alla formazione, che attualmente sono inferiori

all’1% della spesa totale per il personale prevista dai contratti

collettivi (Soda, 2000, p.22). Ed è altresì necessario adottare nuove

metodologie formative e investire in nuove discipline per una

maggiore aderenza agli obiettivi della Riforma.

Le metodologie formative dovranno essere volte a stimolare la

partecipazione e l’iniziativa personale, agevolando lo scambio di

esperienze e il confronto finalizzato all’apprendimento. Il nuovo

processo formativo dovrà accompagnare l’andamento reale

dell’amministrazione, configurandosi come un processo on the job,

infatti i nuovi metodi formativi sono caratterizzati da una natura più

operativa rispetto alla formazione cattedratica classica che si esauriva

nel mero trasferimento di nozioni. È la cosiddetta formazione in

azione, una metodologia formativa basata su esperienza e pratica che

valorizza l’analisi diretta delle situazioni e la verifica sul campo dei

problemi8.

Per quel che riguarda i contenuti emerge l’esigenza di sviluppare

competenze nuove accanto alle tematiche classiche relative

all’aggiornamento normativo, l’argomento principale a cui erano

dedicate le ore di formazione fino a qualche anno fa. I nuovi

fabbisogni formativi nella pubblica amministrazione riguardano, oltre

a competenze professionali specifiche settore per settore, competenze

trasversali come le conoscenze informatiche, il controllo di gestione,

lo sviluppo di sistemi di qualità e rilevazione del gradimento dei 8 La formazione in azione si avvale di: studi di caso riferiti a concrete esperienze di management pubblico, simulazioni per sperimentare le capacità manageriali, affiancamento consulenziale cioè attività di studio con i destinatari dell’intervento formativo su un problema reale dell’amministrazione, aule virtuali e videoconferenze (elementi di e-learning) per quel che riguarda l’applicazione di strumenti tecnologici ai processi formativi (Soda, 2000, pp.25-28).

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servizi, le relazioni con organismi internazionali, la comunicazione

pubblica (Soda, 2000, pp.28-29).

2.2.2 Organizzazione

L’organizzazione è un’altra voce determinante della Riforma, indica i

cambiamenti nei compiti, nella gestione e nelle responsabilità per un

migliore impiego delle risorse umane ed economiche. Si esplica

nell’adozione di un nuovo modello di Stato e in nuove modalità di

funzionamento della Pubblica Amministrazione improntate a principi

di funzionalità e semplificazione.

I criteri guida del processo di ri-organizzazione comportano il

diversificare i modelli organizzativi, in modo che ogni

amministrazione sia gestita nel modo più idoneo all’ottimale

svolgimento delle sue funzioni istituzionali (è la citata funzionalità), e

il dare più spazio all’organizzazione orizzontale per determinare, di

conseguenza, nuovi schemi relazionali tra le articolazioni

dell’amministrazione. Data la mutevolezza dei contesti socio-

economici in cui operano le pubbliche amministrazioni si tratta di

criteri dinamici, soggetti a continua verifica, che impegnano, pertanto,

al monitoraggio continuo delle attività.

In funzione della ri-organizzazione è stato avviato un cospicuo

processo di delegificazione per contrastare gli eccessivi formalismi

dovuti alla presenza di leggi che regolavano l’azione amministrativa

fin nei minimi dettagli e per conferire al sistema maggiore flessibilità.

Questa azione non solo elimina il soprannumero di leggi, ma veicola

anche una cultura dell’innovazione orientata a favorire la

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responsabilizzazione del management pubblico, incaricato di colmare

il vuoto normativo con le proprie scelte e decisioni.

È poi iniziato un iter orientato alla separazione tra indirizzo politico e

gestione per evitare che il potere politico condizionasse la gestione

tecnico-manageriale della dirigenza. Secondo questa tendenza il ruolo

degli organi di decisione politica deve esplicarsi in funzioni di

indirizzo, programmazione, assegnazione delle risorse, controllo e

valutazione, e deve mantenersi distinto dalle attività di gestione,

organizzazione delle risorse e realizzazione degli obiettivi previsti che

sono competenza dei dirigenti, i quali divengono gli esclusivi titolari

dell’azione amministrativa e si assumono le relative responsabilità in

ordine ai risultati della gestione9.

Autonomia, responsabilità, separazione tra politica e amministrazione

indicano che il rinnovamento della dirigenza pubblica è un aspetto di

primaria importanza nella nuova organizzazione della Pubblica

Amministrazione: ai dirigenti spettano funzioni e responsabilità prima

sconosciute, hanno poteri di gestione finanziaria, tecnica ed

amministrativa che esercitano mediante autonomia di spesa e

organizzazione delle risorse. L’intero processo concede al

management maggiore autonomia, più rapidità ed un certo grado di

incontestabilità nelle decisioni e nell’uso dei poteri gestionali, l’unico

limite sono il rispetto della legge, degli atti che definiscono le linee

generali di organizzazione degli uffici e delle norme contrattuali che

regolano i rapporti di lavoro. Qualsiasi decisione assunta nel rispetto

di questi limiti è pienamente legittima in quanto riconducibile al 9 La responsabilità manageriale consiste nel rendere conto dei risultati raggiunti nella gestione delle risorse relative all’incarico ed è qualcosa di più di una responsabilità formale legata alla correttezza giuridico-amministrativa del comportamento. In caso di mancato raggiungimento dei risultati la responsabilità del dirigente può avere effetti sulla sua retribuzione o sul rinnovo dell’incarico e, nei casi più gravi, può comportare la sospensione o il recesso.

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potere del dirigente di scegliere la strategia manageriale più idonea al

raggiungimento degli obiettivi assegnati, eventualmente ne risponderà

in sede di valutazione dei risultati (Soda, 2000, pp.48-50). La

trasformazione in atto comporta una ridefinizione dello status del

dirigente pubblico: il sistema degli incarichi a termine e della

valutazione per risultati sono una forte spinta verso la creazione di

veri e propri professionisti nella gestione dei servizi e delle strutture

pubbliche.

Riassumendo, autonomia e responsabilità sono i termini più

rappresentativi dell’evoluzione dei modelli organizzativi. Del pari

questa evoluzione conferisce all’organizzazione una struttura

operativa più agile e la capacità di adattamento ai contesti, cioè una

maggiore flessibilità per rispondere in maniera efficace e rapida alle

mutazioni dell’ambiente in cui opera.

2.2.3 Tecnologia

La parola chiave tecnologia identifica le moderne tecnologie

dell’informazione e della comunicazione (in primo luogo internet, ma

anche il telefono e altri mezzi), un elemento distintivo e pervasivo

della società contemporanea.

La diffusione capillare delle nuove tecnologie telematiche (che si

traduce soprattutto nel diritto di accesso e nelle possibilità di utilizzo

del computer, di internet e della posta elettronica) consente migliore

efficienza e maggiore velocità nei processi di lavoro, inoltre offre

opportunità di inclusione sociale, riduzione del digital divide e

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sviluppo della partecipazione democratica, cioè maggiore trasparenza

e più semplici possibilità di intervento attivo dei cittadini10.

La carica di trasformazione insita nelle nuove tecnologie rappresenta

un fattore di accelerazione determinante per il processo di

rinnovamento della Pubblica Amministrazione.

L’attuazione del governo elettronico (e-government) comporta

l’utilizzo delle nuove tecnologie per cambiare il modo di erogare i

servizi pubblici: integrare scambi oggi frammentati, semplificare la

burocrazia, dare accesso a distanza e senza vincoli di orario e luogo ai

servizi… in pratica rendere più facile il rapporto tra cittadini e

Pubblica Amministrazione e ridurre i costi di quest’ultima. Tuttavia in

Italia l’amministrazione telematica resta un obiettivo in gran parte

ancora da realizzare: nel settore pubblico l’informatizzazione, dove ha

agito, si è per lo più limitata ad aspetti tecnici, come la

meccanizzazione di procedure standardizzate e ripetitive, trascurando

gli elementi organizzativi, culturali e sociali. Si assiste perciò al

mancato sfruttamento delle potenzialità di snellimento ed efficacia: il

personale spesso non ha formazione adeguata, manca il collegamento

fra gli enti per incoraggiare la cooperazione e lo scambio, e solo in

casi limitati si favorisce l’accesso ai servizi attraverso procedure

telematiche11. L’introduzione dell’informatica nella Pubblica

10 Il digital divide (divario digitale) è l’effetto di disuguaglianza che si crea tra coloro che hanno gli strumenti informatici e le conoscenze per utilizzarli e coloro che non hanno né possibilità né capacità di accesso alle nuove tecnologie. Nella società dell’informazione si può generare sviluppo e progresso concreti e tangibili se si realizza la diffusione a livello individuale dei benefici dell’innovazione tecnologica. La realizzazione della rivoluzione tecnologica contribuirà al mutare dei concetti di centro e periferia: nei sistemi di rete la periferia dovuta ad una “posizione oggettiva” nel sistema non esiste. La perifericità tende a divenire esclusione dai processi per un fatto legato a scelte o a emarginazione. Combattere il digital divide contribuirà a creare una cittadinanza consapevole che divenga interlocutrice della PA e sua partner nel processo di reinventing government. 11 Questo dato emerge anche dall’indagine condotta nel territorio Valdera: pur essendo ben delineata la tendenza all’uso delle nuove tecnologie informatiche esistono ancora realtà locali, in genere di piccole e medie dimensioni, in cui l’informatizzazione dei processi non è avvenuta in

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Amministrazione continua sostanzialmente ad incontrare il problema

già rilevato da altri studi precedenti: diffusa acquisizione di strumenti

informatici, impegno di ingenti risorse ma mancata progettazione di

sistemi in grado di colloquiare, con risultati limitati per lo più alla

meccanizzazione di procedure standardizzate e ripetitive (Fantigrossi,

1993, p.192).

Il Piano di Azione di e-government, approvato dal Governo il 22

giugno 2000, disegna uno scenario del rapporto tra cittadini e

amministrazioni totalmente nuovo e ancora irrealizzato, per quanto il

quadro normativo per attuare le innovazioni previste (firma digitale,

documento informatico, gare e acquisti on line…) sia completo, le

regole tecniche per garantire che i diversi sistemi informatici possano

interoperare con sicurezza e qualità siano in gran parte definite e le

risorse siano state stanziate (MIT, 2002, p.18). Il Piano di e-

government prevede una serie di azioni, tecniche e normative, volte ad

informatizzare l’erogazione delle prestazioni di modo che si potrà

ottenere un servizio pubblico a cui si ha diritto presso una qualsiasi

amministrazione di front office (identificata prioritariamente con il

Comune), indipendentemente da vincoli di competenza territoriale o

residenza, fornendo solo le informazioni relative all’identificazione

personale12.

Per accelerare lo sviluppo digitale dei Paesi membri anche la

Commissione Europea ha definito dei piani di azione: eEurope 2002,

nel giugno 2000, e successivamente eEurope 2005. Con questi piani

l’Unione definisce un insieme di misure ed azioni che gli Stati devono maniera capillare e la realizzazione dell’e-government è ancora un progetto pressoché sconosciuto (cfr. Capitolo 4 L’innovazione nei Comuni della Valdera, p.105 ss.). 12 Gli obiettivi specifici del Piano di Azione di e-government sono: mettere in rete fra loro tutte le PPAA, garantire qualità, sicurezza facilità e precisione nelle comunicazioni e nello scambio dati tra PPAA, dotare le PPAA di sistemi informatici adeguati e competenze operative spendibili.

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adottare al fine di trarre il massimo vantaggio dalle opportunità che le

nuove tecnologie offrono, le priorità dei piani sono il promuovere

l’utilizzo di internet garantendo adeguate misure formative ed un

accesso più economico, più rapido e sicuro, e l’implementare i servizi

pubblici on line sfruttando l’esperienza delle buone prassi realizzate in

questo settore in tutta Europa.

Guardando alla normativa e alle dichiarazioni di intenti dovremmo

essere già oltre rispetto all’automatizzazione informatica degli uffici e

tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero preoccuparsi della

realizzazione del governo telematico del proprio territorio, ma

purtroppo, come ho già detto, la realtà delle cose non è questa. Molte

amministrazioni devono ancora investire in e-government e in

interventi volti a favorire la crescita delle competenze e delle capacità

di utilizzo delle tecnologie da parte dei dipendenti e dei cittadini.

Addirittura alcune amministrazioni devono ancora riconoscere l’e-

government come un fondamentale agente di semplificazione,

un’occasione importante di sviluppo economico del territorio e un

fattore rilevante per aumentare l’interattività di amministratori e

cittadini. A conti fatti sono poche le pubbliche amministrazioni che

utilizzano internet al di là della “rappresentazione di sé stesse”, che

cioè hanno superato la cosiddetta fase autoreferenziale in cui la

presenza sulla rete risponde unicamente ad un’esigenza di visibilità.

Molti siti di amministrazioni pubbliche, infatti, non sono

assolutamente orientati a favorire l’uso della rete per accedere ai

servizi e a incoraggiare la partecipazione, la cooperazione e lo

scambio fra utenti e soggetti pubblici13 (CENSIS, 2002a, p.24).

13 Un esempio di queste amministrazioni è dato dai siti di molti Comuni della Valdera i cui indirizzi web sono reperibili al paragrafo Link internet, p.202 ss..

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Risulta quindi un dato importante constatare, al di là delle

amministrazioni, il “muoversi della società” nella richiesta di e-

government: nel 2003 i siti della PA centrale e locale sono stati visitati

da oltre 9.000.000 di utenti, il 53% dei “navigatori” totali, con un

incremento del 13% rispetto al 2002 (MIT, 2004, p.57; MIT, 2002,

p.61); il crescente gradimento dei cittadini per i siti pubblici potrà

essere un traino ed uno stimolo sostanziale per la realizzazione

dell’amministrazione telematica.

La rivoluzione informatica non consiste solo nell’introduzione degli

strumenti tecnologici nei processi, ma anche nella sedimentazione

della cultura che vi si riferisce: l’obiettivo è acquisire la tecnologia

informatica non solo come strumento operativo ma anche come

orizzonte culturale di riferimento. A tale proposito le linee guida per

lo sviluppo della Società dell’Informazione, previste dall’AIPA,

l’Autorità Informatica per la Pubblica Amministrazione, e dal

Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, per l’utilizzo della

tecnologia informatica nei servizi delle amministrazioni pubbliche,

sono volte, attraverso una serie di progetti, a rendere condivisa e

quanto più possibile omogenea la cultura dell’innovazione14 (MIT,

2002). Si può dire quindi che prioritariamente si tende a realizzare un

contesto orientato “non solo a lavorare informaticamente ma anche a

pensare informaticamente” (Soda, 2000, p.69).

È piuttosto curioso considerare che dal punto di vista normativo il

nostro Paese è all’avanguardia: ad esempio l’Italia è stato il primo

14 Fra i progetti più conosciuti: la RUPA Rete Unitaria delle Pubbliche Amministrazioni, è una rete delle reti che favorisce lo scambio di informazioni e atti; il Catasto informatico, che permetterà l’interscambio informativo sulle proprietà immobiliari tra l’amministrazione delle Finanze e i Comuni; i Sistemi Informativi Territoriali, riguardano le attività nel settore della cartografia e della risorsa territorio; la Carta d’identità elettronica, documento magnetico in cui possono essere registrati tutti i dati personali rilevanti e le cui potenzialità non sono ancora del tutto attivate.

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paese al mondo a dare piena validità giuridica ai documenti elettronici

(art.15, L. 59/97), tendenza innovativa confermata dalla successiva

introduzione della firma digitale (D.P.R. 513/97), strumento in grado

di assicurare l’integrità e la provenienza dei documenti informatici. E

tuttavia buona parte degli interventi formativi nella PA, circa il 20%,

pur riguardando il trasferimento di competenze informatiche, si

limitano ad una formazione di livello medio-basso ristretta alle

modalità di funzionamento del computer o di qualche software, e non

riguardano le innovative potenzialità dell’informatica in relazione

all’organizzazione, al reingeneering dei processi, all’aumento

dell’efficienza e della produttività (Soda, 2000, pp.64-65).

2.2.4 Comunicazione

Anche la comunicazione, come la tecnologia, è un elemento

caratterizzante sia della società contemporanea che dell’attuale

processo di rinnovamento a cui è interessata la Pubblica

Amministrazione.

La comunicazione comprende l’insieme delle modalità di circolazione

delle informazioni, che oggi, grazie all’ausilio delle tecnologie

informatiche, riescono ad essere a disposizione in tempo reale e in

moltissimi luoghi contemporaneamente. È uno strumento

determinante per il funzionamento delle organizzazioni, utile, e spesso

necessario, per raggiungere gli obiettivi che ci si pone, per

implementare la qualità dei modelli organizzativi interni, per veicolare

i valori delle politiche perseguite e per infondere motivazione, senso

di appartenenza e di identificazione. Chiaramente assume ancora più

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importanza in una fase di cambiamento perpetuo come quella

contemporanea in quanto agevola la diffusione, la promozione e

l’attuazione delle innovazioni.

Negli enti pubblici le strategie comunicative incidono direttamente sul

rapporto con gli utenti: essere informati e ricevere comunicazioni

affidabili, chiare, controllabili da tutti costituisce un diritto di

cittadinanza sempre più importante ribadito dalla L.150/00 e dalla

successiva normativa. Contemporaneamente informare e comunicare

con efficienza sono un dovere di quanti hanno il compito di erogare

servizi e prestazioni essenziali ai cittadini.

Grazie all’adozione di una comunicazione di tipo interattivo, in cui

l’istituzione informa, propone ma anche ascolta, si favorisce

l’evoluzione verso un modello di amministrazione trasparente e

condiviso, che riduce il suo potenziale autoritario e favorisce

l’instaurasi di una relazione con i cittadini più democratica e

partecipativa (Rugge, 1997, p.325). Lo strumento principale di questo

nuovo corso è l’attuazione di costanti meccanismi di feedback e

monitoraggio nei confronti dell’utenza che permettono di avere una

conoscenza adeguata del contesto, di mantenere un legame attivo con

la società e, quindi, di riconoscerne le esigenze, modulare i servizi e

correggere eventuali errori.

La soddisfazione dell’utenza diviene uno degli elementi principali che

ispirano l’attività amministrativa e uno degli obiettivi più importanti

da perseguire. Si afferma una versione pubblica della customer

satisfation delle imprese private che, per far fronte al giudizio dei

cittadini rispetto ai servizi di cui fruiscono, impone sempre più di

conoscere l’utenza, di progettare servizi pubblici e modalità di

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fruizione adeguati alle molteplici esigenze ed aspettative, e di

rispettare standard di qualità delle prestazioni offerte15.

Un esempio di attuazione della nuova logica di customer satisfation

nella PA sono le carte dei servizi, documenti con cui le

amministrazioni fissano i diritti dei cittadini-utenti e gli standard di

erogazione e qualità dei servizi offerti16. In Italia la Carta dei servizi

pubblici, emanata dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei

Ministri del 27 gennaio 1994 “Principi sull’erogazione dei servizi

pubblici”, definisce i principi fondamentali di erogazione del servizio

pubblico: uguaglianza e parità di trattamento, imparzialità, continuità,

efficienza, efficacia, diritto di scelta da parte dell’utente, garanzia

della partecipazione dei cittadini attraverso il diritto di accesso e la

possibilità di avanzare suggerimenti e valutazioni.

Il front office strategico di collegamento tra utenza e amministrazione

è l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP), un servizio previsto dalla

legge (D.Lgs. 29/93; L. 150/00) per facilitare l’accesso dei cittadini,

garantire la trasparenza della PA, promuovere la comunicazione

pubblica. L’URP costituisce il punto di ingresso primario del cittadino

nelle sue interazioni con l’amministrazione, è incaricato di fornire

informazioni finalizzate ad agevolare la fruizione dei servizi da parte

del cittadino-utente e di cogliere i suggerimenti e le critiche per

migliorare le prestazioni dell’amministrazione. È l’asse portante di

una moderna politica di comunicazione pubblica, infatti non è solo un

servizio che consente un passaggio di informazioni dall’ente al suo

pubblico e un punto d’ascolto di proteste e reclami, ma è il luogo in 15 La semplificazione del linguaggio amministrativo è uno degli aspetti più immediati dei processi comunicativi orientati alla qualità delle prestazioni degli enti. 16 Il Codice Europeo di Buona Condotta Amministrativa è il documento europeo, approvato dal Parlamento dell’Unione il 6 settembre 2001, che contiene i principi generali che gli amministratori ed i funzionari devono rispettare nelle proprie relazioni con il pubblico.

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cui la comunicazione diventa qualità, in cui la PA dà sostanza e

contenuto a parole come accesso e trasparenza.

2.2.5 Cultura del risultato

La cultura del risultato è un altro concetto chiave del processo di

Riforma: consiste nella tendenza al raggiungimento degli obiettivi

programmati attraverso una gestione delle risorse orientata

all’efficacia e all’efficienza e, a questo scopo, si avvale anche di premi

retribuitivi legati al risultato.

La cultura del risultato vuole anche contrastare gli eccessi delle

procedure burocratiche e indurre negli attori della nostra pubblica

amministrazione la consapevolezza del fine effettivo della propria

prestazione lavorativa. Nella nostra PA infatti è minima la coscienza

del processo produttivo globale a cui si partecipa, mentre è molto

pronunciata la consapevolezza del sistema di regole formali che

guidano il lavoro: in molti casi la procedura giuridico-formale si è

sostituita al fine sostanziale a cui era preordinata, diventando essa

stessa il fine dell’attività lavorativa. L’eccessiva regolamentazione

delle attività, la necessità di un’applicazione rigida delle norme, il

“culto del precedente” hanno creato le condizioni per confondere i

mezzi con il fine, per realizzare la cosiddetta trasposizione dei fini in

cui il valore strumentale diventa valore finale e la soddisfazione della

regola si sostituisce al raggiungimento degli scopi (Merton, 1968,

pp.409-411; Soda, 2000, pp.92-94).

La condivisione di un modello di attività “per risultati” coinvolge sia

le professionalità della PA (e in primis la dirigenza, che è valutata

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sulla base dei risultati ottenuti), che l’utenza nelle aspettative e nei

contributi che può dare alla governance locale stimolando il soggetto

pubblico ad una maggiore efficienza.

2.2.6 Controllo

Infine come azione strategica di implementazione delle scelte adottate

con la Riforma vi è l’insieme delle attività designate con il termine

controllo.

Nell’ambito dell’innovazione della Pubblica Amministrazione il

sistema dei controlli non è inteso tanto come attività di verifica della

corrispondenza degli atti dell’amministrazione alle norme (legalità

formale), quanto come funzione attiva di riscontro delle scelte

pubbliche sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e

dell’economicità (controllo di gestione); di valutazione della

congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti

(controllo strategico); e di valutazione delle prestazioni del personale

dirigenziale (valutazione dei dirigenti).

Il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286 introduce per le pubbliche

amministrazioni un nuovo sistema di controlli che affianca ai controlli

di regolarità amministrativa e contabile, strumenti idonei a verificare

l’azione amministrativa in sintonia con i concetti veicolati dalla

cultura del risultato. Si dovrà quindi tener conto non solo della

legalità formale, ma anche della legalità sostanziale, cioè

dell’adeguatezza degli atti a raggiungere gli obiettivi previsti.

Il nuovo sistema è concepito come forma di verifica collaborativa e

non repressiva o sanzionatoria, ed è volto ad assicurare che la PA

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migliori la qualità delle sue performance. In quest’ottica promuove

anche norme a favore del controllo interno piuttosto che esterno e una

cultura dell’autovalutazione che verifichi le ricadute qualitative delle

scelte adottate sull’organizzazione del lavoro, sull’erogazione dei

servizi e sui rapporti con il cittadino.

2.3

La situazione

La Pubblica Amministrazione sta subendo profonde trasformazioni

per accrescere in modo sostanziale la qualità e l’efficienza delle

proprie azioni. Nuovi modelli organizzativi, maggiore partecipazione

nei momenti della pianificazione e della programmazione e,

soprattutto, nuovi ruoli e maggiori responsabilità stanno delineando

un’amministrazione che abbandona le funzioni tradizionali di gestione

e ne attiva altre di regolazione ed indirizzo, più moderne e innovative,

in sintonia con l’evoluzione del quadro produttivo. In tale contesto

spiccano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione che

non sono più semplici strumenti operativi, ma costituiscono un nuovo

modo di pensare alle cose, di stabilire relazioni e di pensare ai

cambiamenti.

La Riforma cerca di realizzare uno Stato nuovo vicino ai cittadini e

centrato sulla capacità di fornire servizi di qualità. È un cambiamento

importantissimo, per quanto siano ancora pochi coloro che ne hanno

preso coscienza sia sul fronte dell’amministrazione che dell’utenza. Si

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stanno comunque moltiplicando, e non potrebbe essere altrimenti, gli

innovatori veri, interessati e capaci di cogliere ed applicare i

cambiamenti e, al tempo stesso, lentamente ma gradualmente, si

afferma nei cittadini la consapevolezza di nuovi diritti nei confronti

della Pubblica Amministrazione e cresce la richiesta di prestazioni

migliori e tempestive.

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3 Il ruolo della dimensione locale

L’innovazione si manifesta, in genere, nelle amministrazioni di

servizio quelle a più diretto contatto con il cittadino. Spesso si

lanciano piani e programmi di rinnovamento a livello di sistema,

nazionale o regionale, ma sono solo degli input per lo sviluppo: la

diffusione dell’innovazione avviene nei singoli enti dislocati nel

territorio. È infatti a livello locale, nelle istituzioni più vicine ai

cittadini, che sono presenti maggiori opportunità di sviluppo di una

nuova amministrazione proprio perché un’accresciuta autonomia,

maggiori responsabilità e la prossimità dell’utenza esortano a

interpretare nel miglior modo possibile i bisogni dei cittadini,

generano una maggiore attenzione all’uso delle risorse e stimolano

performance migliori tese a far coincidere la qualità erogata con

quella attesa dagli utenti.

L’avanzata della dimensione locale, nell’ottica di una più estesa

partecipazione dei cittadini ai processi decisionali, è uno degli

obiettivi principali perseguiti dall’Unione Europea come dimostra il

principio di sussidiarietà, introdotto dal Trattato di Maastricht del 7

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febbraio 1992 quale strategia fondamentale da osservare nel

conferimento di funzioni agli enti locali1.

Il principio di sussidiarietà consiste nello spostamento di competenze

e risorse pubbliche verso le autorità territorialmente e funzionalmente

più prossime ai cittadini interessati.

La cosiddetta sussidiarietà verticale (o istituzionale) riguarda la

distribuzione di competenze tra Stato e autonomie locali con lo scopo

di valorizzare e stimolare le capacità di autogoverno per avvicinare il

più possibile i centri decisionali ai destinatari delle decisioni

migliorando il rapporto tra cittadini e istituzioni. Secondo il principio

di sussidiarietà verticale l’esercizio delle funzioni e dei servizi deve

essere dislocato ad un livello di governo il più possibile prossimo alla

cittadinanza, lasciando alle strutture amministrative sovraordinate le

competenze incompatibili con la dimensione locale2 e la possibilità di

intervento in caso di mancato esercizio da parte degli enti territoriali.

Al concetto verticale di sussidiarietà si affianca il concetto di

sussidiarietà orizzontale (o sociale) che consiste nell’attribuire,

secondo lo stesso principio di prossimità all’utenza, compiti e funzioni

a soggetti diversi dalle istituzioni e cioè ad associazioni, volontariato,

imprese. La sussidiarietà orizzontale sottolinea la dimensione

relazionale tra i soggetti che compongono la sfera pubblica e quelli

della sfera privata, favorisce la partecipazione attiva della società

civile che aumenta la sua capacità di rispondere in modo autonomo ad

un numero crescente di bisogni, in precedenza coperti dalle istituzioni 1 Il principio secondo il quale il livello locale è quello in cui la partecipazione democratica dei cittadini trova la propria espressione più diretta e l’affermazione per cui l’esercizio delle responsabilità pubbliche deve incombere di preferenza sull’autorità più vicina ai cittadini erano già stati introdotti dalla Carta Europea dell’Autonomia Locale, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985 e resa esecutiva in Italia con la legge n. 439/89. 2 Ad esempio quelle relative alla difesa, alla giustizia, alla sicurezza, alla moneta e al sistema bancario, alla ricerca scientifica…

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(Borgonovi, 2000, p.146). La sussidiarietà orizzontale assume un

pieno rilievo nel passaggio dal Welfare State alla Welfare society, un

modello in cui lo Stato promuove le autonomie sociali e nel quale il

benessere è primariamente compito della società civile (Giddens,

1999, p.116).

L’applicazione del principio di sussidiarietà realizza un nuovo

sviluppo locale in cui ogni attore del contesto territoriale può

contribuire, secondo le sue specificità e vocazioni, a promuovere la

crescita economica e la ricostruzione del tessuto sociale della sua

regione. Questa è, al tempo stesso, una scommessa sulle potenzialità

della società civile e un’idea di portata dirompente che mira allo

sviluppo della capacità progettuale a livello locale.

L’importanza assunta dalle specifiche esigenze dei singoli bacini

territoriali comporta una differenziazione dei percorsi di crescita sulla

base delle diverse caratteristiche dei sistemi locali. La progettazione

locale, cioè la crescita in loco delle competenze per ideare e attuare gli

interventi di riqualificazione o riconversione necessari, è un disegno di

sviluppo che presuppone un’attenzione nuova per il territorio e le sue

peculiarità, piuttosto che per i settori di intervento. Caratteristica

peculiare della strategia di programmazione locale è la prassi della

concertazione, cioè l’esistenza di un rapporto costante e proficuo tra

istituzioni e soggetti del territorio. Lo sviluppo locale infatti è legato

all’iniziativa e alla cooperazione di una pluralità di attori presenti in

quell’area che, sulla base della conoscenza diretta del contesto,

guidano la crescita ed indirizzano interventi e finanziamenti. La

progettazione locale prevede quindi come presupposti l’integrazione

fra le componenti del territorio e il decentramento come condizione di

realizzabilità, in linea con l’enunciato del principio di sussidiarietà.

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L’evoluzione successiva delle strategie di sviluppo è il passaggio ad

una coprogettazione multi-localizzata, cioè alla possibilità di

estendere, per lo più in prospettiva europea, le innovazioni nate dagli

interventi di progettazione locale. Infatti pur consapevoli del carattere

esclusivo di ogni area territoriale, dovuto ad esperienze e

stratificazioni storiche non replicabili, esistono elementi di “tecnologia

dell’intervento” trasportabili in contesti diversi da quelli che li hanno

generati, e in questo tipo di progettazione la trasferibilità diventa un

risultato esplicitamente e consapevolmente perseguito (SSSA, 2002).

A livello internazionale significativi processi di diffusione di modelli

di intervento, ad esempio in materia di Parchi scientifici e tecnologici

o di servizi alle imprese, hanno effettivamente avuto luogo.

Il principio di sussidiarietà, nella sua duplice accezione verticale e

orizzontale, tende alla realizzazione di un modello multisoggettuale e

reticolare caratterizzato dal policentrismo istituzionale, esito della

sussidiarietà verticale, e da una poliarchia compiuta, in sostanza la

governance, un tipo di governo “cooperativo” che coinvolge i

cittadini, esito della sussidiarietà orizzontale. Si profila un modello di

Stato “leggero” che mantiene solo alcune funzioni considerate non

decentrabili e lascia alle comunità locali ampi margini di autogoverno.

Questo modello dovrebbe consentire una gestione più razionale delle

risorse e migliorare la qualità delle prestazioni erogate grazie ad un

controllo diretto da parte dei cittadini dell’attività dei servizi pubblici.

Inoltre dovrebbe introdurre nuove forme di governabilità: creare uno

Stato più vicino ai cittadini e rendere l’ente locale il centro di

coordinamento strategico di una rete di soggetti di sviluppo.

Il principio di sussidiarietà è stato recepito nel nostro ordinamento

dalla Legge 59/97 (cd Bassanini 1) ed è divenuto uno degli elementi

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cardine dell’intero processo di Riforma. Dal punto di vista

organizzativo ha comportato la devoluzione di poteri e competenze

dal centro alle autonomie locali.

Il passaggio dall’amministrazione unitaria al pluralismo

amministrativo attraverso il conferimento alle Regioni e agli enti

locali di maggiori poteri, funzioni e competenze si è realizzato in

tappe successive. Inizialmente è stato attuato il cosiddetto federalismo

amministrativo a costituzione invariata esito dell’applicazione del

dettato costituzionale degli articoli 5, 118 e 1283. Successivamente le

nuove disposizioni costituzionali riguardanti la forma di governo delle

Regioni (L.Cost. n. 1/1999) e i nuovi rapporti tra gli enti costitutivi

della repubblica (L.Cost. n. 3/2001) hanno ridefinito le relazioni tra

enti locali, Regioni e Stato concedendo molti poteri amministrativi

alle autonomie locali e modificando l’architettura istituzionale dello

Stato in senso federalista.

L’obiettivo era creare forme nuove e più efficienti di amministrazione

che avessero come riferimento il livello di governo rappresentato dal

sistema delle autonomie locali (Regioni, Province e Comuni). Il nuovo

sistema delineato dal disegno legislativo attua un cambiamento

radicale dei tradizionali assetti istituzionali consolidati negli anni4. Le

Regioni, dotate di nuovi e consistenti poteri legislativi, divengono il

centro propulsore e di coordinamento dell’intero sistema delle

3 L’articolo 5 Cost. asserisce il pieno riconoscimento e la promozione delle autonomie locali e del decentramento amministrativo. L’articolo 118 Cost., in precedenza, attribuiva alle Regioni le funzioni amministrative in tutta una serie di materie elencate nella Costituzione (articolo 117 Cost.) o previste per legge; a seguito della riforma del Titolo V (L.Cost. 3/2001), il nuovo articolo 118 Cost. stabilisce che le funzioni amministrative siano attribuite ai Comuni sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, debbano essere conferite agli enti sovraordinati. L’articolo 128 Cost. è stato abrogato dalla riforma del Titolo V citata, in origine stabiliva l’autonomia di Province e Comuni. 4 Attualmente è in fase di discussione al Parlamento un nuovo assetto del Titolo V della Costituzione (Ddl costituzionale La Loggia).

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72

autonomie locali, hanno infatti il compito di definire la

programmazione e gli standard di sviluppo del territorio. Alle

Province è assegnata una funzione di snodo tra la programmazione

regionale e la programmazione locale, nonché un compito di supporto

che si esplica nella realizzazione di interventi di assistenza e

formazione. I Comuni, infine, titolari della generalità delle funzioni

amministrative, assumono il ruolo operativo di front office globale

della Pubblica Amministrazione.

Si assiste all’arretramento dello “Stato gestore” e al rafforzamento

dello “Stato regolatore” in favore dell’autonomia dei governi locali

che affrontano una crescita di responsabilità e possibilità di azione e

assumono un ruolo attivo nel promuovere lo sviluppo economico e

sociale del loro territorio. Questo assetto, unito alla crescita della

consapevolezza degli amministratori pubblici, offre alle autonomie

locali l’opportunità di ridisegnare l’istituzione attraverso la ricerca di

un’organizzazione dei servizi migliore. In questo contesto gli organi

centrali preposti alla diffusione dell’innovazione (come il

Dipartimento della Funzione Pubblica o il FORMEZ), assumono la

funzione di promotori della Riforma: forniscono supporto tecnico

attraverso la predisposizione di linee guida e manuali, attivano

strumenti di diffusione (raccolte di casi eccellenti, premi

all’innovazione e alla qualità), eliminano vincoli ed ostacoli.

La territorializzazione degli interessi e la devoluzione comportano una

configurazione funzionale del potere pubblico che risalta nel crescente

ruolo svolto da tutte quelle autonomie, tipiche della nostra società

policentrica, che proliferano in una dimensione prevalentemente

orizzontale. Si tratta delle cosiddette autonomie funzionali (Camere di

Commercio, Università e autonomie scolastiche, ASL, autorità

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portuali…), entità organizzate giuridicamente rilevanti che, in regime

di autonomia, esercitano funzioni e servizi su una gamma di

competenze differenziate e, attraverso la loro opera, promuovono e

moltiplicano lo sviluppo socioeconomico del territorio (CENSIS,

2002b, p.187).

Il processo di attuazione del nuovo ordinamento è orientato alla

costruzione di un’architettura distribuita dei poteri che realizzi una

sorta di osmosi tra istituzioni e società. Avrà successo se ricorrerà al

dialogo, al confronto paritario e allo spirito pattizio tra le varie

autonomie, secondo un approccio poliarchico distante da logiche di

tipo gerarchico o corporativo (CENSIS, 2002b, p.182). Dovrà inoltre

favorire gli agenti dell’integrazione, quei punti di contatto con la

società civile che consentono all’agire pubblico di garantire standard

di qualità e prestazioni migliori. Si muovono in questa direzione gli

strumenti di programmazione negoziata (per esempio patti territoriali

e intese istituzionali di programma) e il ricorso, da parte delle

autonomie locali, a meccanismi di mercato per l’affidamento di servizi

e attività di supporto5. Molti Comuni sono divenuti così centri di

coordinamento strategico di una rete locale formata da numerose

organizzazioni, non solo pubbliche.

5 I patti territoriali sono una formula di cooperazione a livello locale tra diversi attori pubblici e privati finalizzata allo sviluppo economico e sociale dell’area. Le intese istituzionali di programma sono accordi tra l’amministrazione centrale, che mette a disposizione risorse finanziare per investimenti e programmi di sviluppo, e Regioni o enti locali che si impegnano a conseguire determinati obiettivi o a realizzare specifici programmi di intervento. Fra i meccanismi di mercato adottati dalle Pubbliche Amministrazioni: contracting out, affidamento dei servizi locali (energia elettrica, rifiuti, distribuzione gas, trasporti…) e delle attività di supporto (pulizia, custodia e sicurezza degli edifici…) a imprese private o a capitale misto pubblico/privato; contracting in, l’attivazione di forme di cooperazione e collaborazione tra diverse organizzazioni pubbliche per l’attribuzione di servizi (di polizia locale, informatica o altro) ad un unico ente del comprensorio; fondazioni e associazioni in campo culturale, educativo e socio-assistenziale che coinvolgono il settore no profit.

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Questa tendenza evolutiva non è però esente da critiche. Innanzi tutto

gli enti locali lamentano la mancanza di una reale autonomia

finanziaria: contemporaneamente alla crescita delle responsabilità c’è

stata una diminuzione delle risorse e dei trasferimenti statali. Inoltre

temono, dato il forte potere di programmazione assegnato alle

Regioni, il realizzarsi di un neo-centralismo di stampo regionale, in

sostituzione del centralismo statale, a negazione del principio di

sussidiarietà.

Infine, tra le critiche più forti a questo sistema di devoluzione, si

segnala il timore, avanzato da più parti, di assistere ad un moltiplicarsi

delle spese e di creare disparità troppo forti tra le Regioni a discapito

dell’interesse nazionale.

3.1

Sviluppo e innovazione nel “modello toscano”

Il progetto di autonomia ha come corollario una riforma della Pubblica

Amministrazione regionale che sia orientata ad investire nello

sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza per

instaurare un nuovo insieme di regole e modalità di collaborazione tra

le varie istanze della società.

È una Pubblica Amministrazione che punta alla qualità di sistema

come elemento di garanzia e che, pertanto, deve riuscire a

semplificare i procedimenti, ad eliminare tutti i passaggi

amministrativi superflui, a riorientare la propria azione a sostegno

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dello sviluppo del proprio territorio e a reinventare il modo di

rapportarsi con cittadini e imprese (Regione Toscana, 2001a, pp.7-8).

Si tratta di avvicinare il sistema della pubblica amministrazione al

mondo economico e sociale e ai singoli cittadini rimovendo il carico

burocratico in eccesso. In Toscana l’obiettivo è realizzare “Una

Toscana più efficiente e meno burocratica” come recita il progetto

della Regione in tema di rinnovamento della Pubblica

Amministrazione.

Il progetto, elaborato dalla Giunta regionale sulla base delle

indicazioni di carattere politico contenute nel programma di governo

“Un patto per la Toscana”, è stato presentato al Consiglio regionale

all’inizio della presente legislatura e approvato dalla Giunta Regionale

il 12 febbraio 20016. Si articola in una serie di Azioni sviluppate in

Interventi in un arco di riferimento temporale che copre l’intero

periodo della legislatura.

Le Azioni e gli Interventi nascono dal confronto con i soggetti interni

ed esterni alla Regione secondo una rinnovata logica di crescita e

partecipazione che mira alla combinazione delle operazioni,

indispensabile per raggiungere un risultato qualitativo unitario.

Tutte le Azioni, schematizzate nelle successive Tabelle 3.1a, 3.1b e

3.1c, prevedono iniziative formative e la valorizzazione

dell’innovazione tecnologica, risorsa che attraversa quasi tutti i

6 “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” è uno dei quattro progetti specifici previsti dal programma di governo della Giunta Regionale per modernizzare il sistema regionale. Il programma di governo assegna a questo progetto le risorse previste dal Fondo Sociale Europeo per il periodo 2000-2006 per l’adeguamento della Pubblica Amministrazione. Il programma, presentato dalla Giunta Regionale il 12 febbraio 2001, ha avuto necessità di una verifica per due eventi che ne hanno influenzato fortemente le modalità di attuazione: la riforma costituzionale e il piano d’azione per l’e-government. Le modifiche e le integrazioni sono state approvate dalla Giunta Regionale con delibera del 14 ottobre 2002. Gli altri progetti di governo sono: “Giovani”, “Una Toscana più sicura”, “La Toscana dell’informazione e della conoscenza” (Regione Toscana, 2000).

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progetti ed agisce in maniera particolarmente significativa su alcuni di

essi. La diffusione delle nuove tecnologie è il punto focale sia del

rinnovamento dell’amministrazione che del processo di costruzione

dell’e-government. La sfida principale del percorso intrapreso dalla

Regione Toscana è infatti l’abbattimento del digital divide, tenuto

conto che il 55% delle famiglie toscane non ha ancora un computer e

non ha intenzione di acquistarne uno nel prossimo futuro (Delibera

G.R.T. n.445/04). Pertanto, accanto ad un’ampia campagna di

istruzione e informazione, la Regione sta progettando una rete di

“punti di accesso assistito ai servizi” che, progressivamente,

renderanno l’uso del computer non più un atto della vita privata, ma

un momento ordinario della vita associata. In quest’ottica le iniziative

formative previste si prefigurano quasi come un’azione di recupero

tesa a contrastare la “disoccupazione tecnologica”.

L’elaborazione di nuovi servizi telematici traccia la strada che

conduce alla realizzazione dei concetti fondanti della società

dell’informazione: partecipazione, uguaglianza, superamento del

digital divide. Parlare di e-government non comporta solo un

potenziamento della Rete, ma introduce soprattutto un rafforzamento

ed un miglioramento del rapporto fra chi governa e chi è governato7.

Per le autonomie locali l’e-government svolge un ruolo di primaria

importanza: lentamente stiamo assistendo ad una Pubblica

Amministrazione locale che si sta dotando di siti internet, li

arricchisce di contenuti e servizi e migliora i processi interni, come

l’organizzazione di dati e il dialogo tra uffici, attraverso le tecnologie

informatiche. 7 In Toscana il fenomeno di diffusione dell’e-government è monitorato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa che, a seguito di una convenzione con la Regione, ha realizzato un catalogo delle buone prassi di e-government nel territorio (Regione Toscana, 2004).

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78

pratiche AIR aggiornato in corso d’opera sulla base degli esiti delle

analisi via via completate (Delibera G.R.T. n.445/04).

Con l’Azione 2 si punta a contrastare l’eccesso di normazione

limitando nuove procedure legislative episodiche, escludendo

normative di dettaglio, predisponendo testi unici e leggi coordinate e

abrogando le leggi regionali, o parti di esse, non più utilizzate. Gli

obiettivi specifici che la Regione si prefigge con questi Interventi sono

accrescere la conoscenza del decisore pubblico, ampliare il consenso

con una precisa informazione e ridurre le norme regionali vigenti. Per

evitare l’irrazionale proliferazione delle leggi sono stati adottati criteri

di razionalizzazione della produzione normativa ed è stato introdotto

lo strumento di programmazione annuale dell’attività normativa

(agenda normativa). Al 13/12/2003 erano state interamente abrogate

583 leggi e 11 regolamenti. Le leggi operanti interessate da

abrogazione parziale, cioè abrogazione di singoli articoli non più

applicabili, sono state 50. Alla stessa data erano in vigore 497 leggi

regionali (Delibera G.R.T. n.445/04).

Il raggiungimento dell’obiettivo previsto dall’Azione 3 necessita

dell’acquisizione di una cultura della semplificazione da parte del

sistema amministrativo pubblico toscano e della capacità di questo

sistema a comunicare. A questo scopo sono diversi i settori in cui

agire, ma la Regione punta in particolare sulle linee di intervento

relative allo snellimento delle procedure, alla formazione continua dei

dipendenti, al collegamento telematico tra gli enti pubblici finalizzato

allo scambio celere ed efficace delle informazioni. Lo scopo è creare

una cultura della semplificazione nel sistema regionale della pubblica

amministrazione e predisporre i necessari supporti normativi,

tecnologici e procedurali. Lo stato di avanzamento per gli interventi

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dell’Azione 3 al maggio 2004 contempla, fra i vari risultati,

l’attivazione di servizi per lo scambio di dati anagrafici tra

Amministrazioni, la riduzione degli adempimenti nei processi

amministrativi, soprattutto tramite l’eliminazione di alcuni obblighi

documentali, e la formazione continua dei dipendenti in materia di

semplificazione (Delibera G.R.T. n.445/04).

Programma di governo: Un patto per la Toscana

Progetto: Una Toscana più efficiente e meno burocratica

Azioni Interventi

4. Completare la riorganizzazione della macchine regionale, sostenendo, anche con adeguate azioni formative, i necessari cambiamenti culturali, tecnologici, organizzativi ed amministrativi

1. Flessibilità nell’organizzazione del lavoro – telelavoro

2. Protocollo elettronico 3. Semplificazione degli scambi informativi tra

gli enti, la Regione, il livello centrale 4. Eliminazione del cartaceo nelle

comunicazioni interne alla Regione 5. Sistema telematico per l’acquisizione di beni

e servizi 6. Riordino di norme in materia di

procedimenti amministrativi, diritto di accesso e privacy

7. Riorganizzazione servizi offerti dal BURT 8. Qualità dei processi della Regione 9. La programmazione regionale in una logica

di qualità 10. Creazione di un sistema di knowledge

management 11. Formazione a distanza 12. Riorganizzazione della macchina regionale

5. Realizzare la nuova sede del centro direzionale della Regione

Tabella 3.1b “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” – Le azioni progettuali (elaborazione da Regione Toscana, 2001a, pp.39-62)

L’Azione 4 punta a valorizzare al massimo le potenzialità offerte dalle

nuove tecnologie, pratica la logica di orientamento all’utenza e fa del

miglioramento continuo uno standard di gestione. Nell’ambito di

questa Azione la Regione ha avviato un piano per la realizzazione di

un’Amministrazione toscana in rete potenziando la rete telematica

regionale, adottando e diffondendo la firma elettronica, riducendo i

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flussi cartacei, sviluppando piattaforme tecnologiche per il rapporto

con cittadini ed imprese e per l’acquisto di beni e servizi. Si cerca così

di rendere più efficiente l’organizzazione regionale adeguandola,

attraverso le nuove tecnologie e una cultura gestionale improntata al

raggiungimento dei risultati e alla qualità dei prodotti, ai mutamenti in

corso nella società civile e al nuovo quadro di competenze delineato

dalle recenti riforme normative. Tra i risultati raggiunti in questa

Azione si segnala l’avviamento di attività in telelavoro e l’erogazione

di corsi in modalità FAD nei settori dell’informatica di base e

dell’apprendimento delle lingue europee (Delibera G.R.T. n.445/04).

Si legano a questa Azione e divengono, come accennato, lo strumento

per l’attuazione concreta dell’intero progetto nei suoi contenuti di

innovazione tecnologia, i processi di implementazione dell’e-

government. La strategia regionale di e-government si esplica nello

sviluppo della Rete Telematica Regionale Toscana (RTRT) e

nell’attuazione del piano e.Toscana, il programma per la realizzazione

della società dell’informazione regionale approvato dalla Giunta

Regionale il 20 maggio 2002.

La RTRT è un ambiente telematico che si propone di promuovere e

favorire la comunicazione, la cooperazione, lo scambio, l’erogazione

di servizi fra i cittadini e tutti i soggetti che costituiscono una

comunità locale (associazioni, enti pubblici, aziende). È quindi una

rete di soggetti e servizi nata nel 1997, gestita e sviluppata dalla

Regione e condivisa da oltre 500 enti e associazioni del territorio. La

RTRT prevede un’infrastruttura tecnologica di ampie capacità e

diffusione e realizza un modello organizzativo fondato sui concetti di

condivisione, cooperazione e compartecipazione tra i soggetti aderenti

per produrre e sostenere i processi di innovazione.

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La Rete Toscana contribuisce a costituire ed aggregare un’utenza

consapevole e attiva, capace di sfruttare i servizi offerti

dall’amministrazione e in grado di contribuire al suo

“alleggerimento”. Gli obiettivi della Rete sono: migliorare l’efficienza

e trasparenza degli enti e semplificarne i procedimenti amministrativi;

avvicinare il cittadino alla pubblica amministrazione e coinvolgerlo

nelle scelte nonché formarlo alle opportunità offerte dalle nuove

tecnologie informatiche; creare le condizioni per una maggiore

competitività del sistema di impresa locale e aumentare l’occupazione;

creare un forum permanente di confronto e proposta sull’innovazione

in cui coinvolgere in primis le categorie economiche e professionali,

cerniera importante nel dialogo con la Pubblica Amministrazione.

Il piano e.Toscana prevede progetti di innovazione tecnologica al

servizio della società toscana e definisce gli interventi idonei alla

realizzazione di un sistema regionale per la comunicazione, la

cooperazione e l’interazione tra i diversi soggetti, pubblici e non, del

territorio. E.Toscana è sicuramente un concreto esempio della capacità

della Regione di sviluppare, in una logica di collaborazione paritetica

con gli altri livelli istituzionali, una progettualità condivisa: vi

partecipano oltre 150 enti impegnati su vari progetti di servizi

innovativi per i cittadini, le imprese e il sistema della Pubblica

Amministrazione8. Tecnicamente il piano è orientato alla creazione di

sistemi in rete e banche dati che consentano di coordinare e 8 Progetto rete degli URP, sportelli per migliorare il rapporto fra istituzione, cittadino, imprese, enti; Progetto IDOL per il lavoro, incontro domanda/offerta; Progetto SANItàinRETE, un canale di comunicazione fra chi organizza i servizi e chi li usa; Progetto SITAg, sistema informativo turismo e agriturismo; Progetto FINimp per le imprese, per finanziare lo sviluppo; Progetto COM per il commercio, per semplificare le pratiche; Progetto meC-piR, meno carta più rete; Progetto SAI, sistema per gli archivi anagrafici interoperanti; Progetto CART, più cooperazione meno barriere tecnologiche; Progetto TIX, più infrastrutture telematiche per la Toscana. Sono inoltre ammessi i progetti presentati dai Comuni compresi nelle aree Obiettivo 2 e Phasing out (Regione Toscana, 2003; Delibera G.R.T. n.445/04).

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semplificare l’attività degli attori interagenti e, a tal fine, prevede di

fornire sia gli strumenti di integrazione e validazione delle

informazioni che le infrastrutture di comunicazione necessarie

all’operatività del sistema.

Programma di governo: Un patto per la Toscana

Progetto: Una Toscana più efficiente e meno burocratica

Azioni Interventi

6. Sostenere i processi di cambiamento e di modernizzazione del sistema degli enti locali, con l’obiettivo di una vera e propria eccellenza di sistema

1. Trasferimento funzioni e personale agli enti locali

2. Incentivazione finanziaria alla gestione associata dei servizi nei comuni

3. Studio finalizzato alla misurazione della domanda, della produzione e della qualità dei servizi erogati da enti regionali e locali

4. Sito autonomie locali 5. Supporto allo sviluppo delle capacità e

competenze degli operatori del sistema degli enti locali

6. Diffusione a livello delle autonomie locali delle conoscenze necessarie per la gestione delle nuove funzioni trasferite ex legge 59/97 e supporto all’integrazione

7. Formazione a distanza 8. Rete degli URP 9. Rete delle scuole 10. Rete dei centri per l’impiego 11. Rete delle biblioteche 12. Carta dell’agricoltore 13. Integrazione SUAP 14. Accesso telematico ai quadri conoscitivi per la

pianificazione del territorio 15. Autoverifica dei cittadini e delle aziende della

propria posizione all’interno degli archivi regionali

16. Sistema di comunicazione per l’invalidità civile 17. Assistenza agli enti per l’accesso ai servizi

pubblici 18. Comunità degli appalti 19. Progetto PERLA 20. Semplificazione procedimenti amministrativi

EE.LL. legati ai servizi ai cittadini

Tabella 3.1c “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” – Le azioni progettuali (elaborazione da Regione Toscana, 2001a, pp.63-83)

Con l’Azione 6 l’amministrazione regionale si propone di sostenere il

processo di decentramento grazie ad interventi di carattere normativo,

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finanziario e formativo volti a supportare il trasferimento delle

funzioni e a sostenere la modernizzazione organizzativa e tecnologica

del sistema degli enti locali. Il dibattito ancora in atto sulla devolution

ha in parte inciso sull’attuazione di questa Azione lasciando in

sospeso alcuni interventi.

Attualmente è terminata con successo l’incentivazione alla gestione

associata dei servizi nei comuni per abbattere i costi nascosti che

gravano sulla PA legati ad una organizzazione frammentata dei servizi

che non è in grado di cogliere i possibili vantaggi derivanti da

economie di scala. Attraverso corsi di formazione si è provveduto alla

diffusione delle conoscenze necessarie per la gestione delle nuove

competenze da parte dell’ente locale e sono stati sviluppati servizi di

rete che collegano URP, centri per l’impiego e SUAP della Toscana

(Delibera G.R.T. n.445/04). Questi interventi prevedono il

coinvolgimento, oltre che delle istituzioni pubbliche locali, anche dei

soggetti economici e delle parti sociali.

Far diventare sistema le relazioni collaborative già esistenti è una

premessa importante per lo sviluppo di una progettualità condivisa da

parte di tutti i soggetti di un distretto territoriale. Un esempio di

progettualità locale condivisa promossa dalla Regione sono, tra gli

altri, i Progetti Integrati di Sviluppo Locale, piani per la gestione degli

incentivi comunitari, finanziati a partire dal 2003, costituiti attraverso

un percorso di programmazione negoziata condotto dalle Province con

le istituzioni locali e le rappresentanze economiche e sociali del

territorio. La progettazione integrata territoriale è un nuovo strumento

di governo delle politiche di sviluppo avviato con il DocUP Toscana

2000-2006 e finalizzato a risolvere problemi di sviluppo di una

porzione circoscritta di territorio attraverso al concentrazione degli

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interventi e la loro contestuale realizzazione (Regione Toscana, 2003a,

p.3).

La Regione Toscana, a fronte dei problemi di burocratizzazione ed

accentramento, ha quindi deciso di giocare una sfida sui piani della

modernizzazione, dell’integrazione e della semplificazione delle

pubbliche amministrazioni e del loro rapporto con i cittadini e le

imprese, ricercando le leve per migliorare e rendere stabile il processo

di sviluppo della competitività del sistema Toscana. Con il progetto

“Una Toscana più efficiente e meno burocratica” punta a realizzare un

ente virtuale e virtuoso, cioè un’amministrazione pubblica che,

integrata dalle nuove tecnologie, si presenti come un’unica

organizzazione trasparente ed efficace, che sia in grado di rispondere a

tutti i bisogni di cittadini, imprese e altri soggetti operanti nella società

civile toscana e li aiuti ad uscire dal labirinto della burocrazia.

L’intero modello di sviluppo delineato è orientato, grazie ad un

comune impegno di tutti gli attori del sistema, alla costruzione di

luoghi ad elevata qualità ambientale e sociale. Alludere ad un

“modello toscano” significa declinare le azioni di sviluppo sui

caratteri peculiari della Regione e credere in una particolare qualità

toscana radicata nel territorio che ne esalti i valori distintivi come il

“fare sistema” e il creare “innovazione e qualificazione sulla base

della sostenibilità dello sviluppo” (Regione Toscana, 2003a; Id.,

2003b).

Il “fare sistema” promuove le politiche che rafforzano l’unitarietà

dell’identità Toscana e l’integrazione fra i diversi settori in un’ottica

di ottimizzazione delle risorse locali. Questa strategia prende atto del

fatto che il contesto produttivo della Toscana è caratterizzato da

un’ampia varietà di sistemi economici e percorsi locali di sviluppo,

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una composita articolazione territoriale contraddistinta dalla

compresenza di sistemi locali a specializzazione manifatturiera, di

realtà agricole e rurali, di aree dove dominano le attività terziarie e di

zone a prevalente caratterizzazione turistica (Regione Toscana, 2003a,

pp.5-6). In Toscana esistono quindi diversi motori di sviluppo talvolta

complementari, talvolta conflittuali e la programmazione regionale

privilegia gli interventi che incrementano le relazioni e la

concertazione tra i sistemi locali e le diverse filiere produttive.

L’attuazione del principio guida “innovazione e qualificazione sulla

base della sostenibilità dello sviluppo” valorizza la competitività delle

produzioni regionali e implica, per la sostenibilità dello sviluppo, un

ventaglio di innovazioni che vanno dai processi produttivi ai

comportamenti soggettivi. Il governo di questi processi comporta

profondi rinnovamenti nei modelli organizzativi e decisionali delle

istituzioni. Si tratta, innanzitutto, di perseguire un’innovazione di

sistema che presupponga un impegnativo sforzo di coerenza nella

progettazione e nella messa in atto di politiche per la promozione delle

innovazioni nei processi produttivi e nei prodotti, per il rafforzamento

delle attività di ricerca e sviluppo9 e per lo snellimento dei meccanismi

amministrativi (Regione Toscana, 2001b, p.131).

I finanziamenti per gli interventi di sviluppo della Regione

provengono, in parte, dai Fondi Strutturali dell’Unione Europea.

I Fondi Strutturali sono gli strumenti finanziari con cui l’Unione

supporta le azioni volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle

varie regioni degli Stati membri (cfr. Taliani, 1997a, Mulazzani,

9 Le innovazioni nei processi produttivi devono tendere a ridurre le pressioni ambientali ed i consumi di risorse ed energia. Le innovazioni dei prodotti tendono a creare nuovi mercati e quindi nuova occupazione. Il rafforzamento delle attività di ricerca e sviluppo deve tendere a garantire una maggiore ricaduta sul sistema delle PMI.

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strumento che rende utilizzabili i Fondi Europei. Il DocUP si

suddivide in assi prioritari, che definiscono le linee strategiche di

sviluppo regionale, ripartiti a loro volta in misure che definiscono gli

interventi in settori specifici. Il Complemento di programmazione,

frutto della concertazione tra regioni ed enti locali, è il documento di

attuazione della strategia presentata nel DocUP e ne comprende gli

elementi dettagliati a livello di misure.

Il DocUP 2000-2006 della Regione Toscana interviene, in maniera

diversificata, in tutte le province della regione nelle aree con problemi

dovuti al declino industriale, in quelle rurali dove ci sono limitate

opportunità di sviluppo e in quelle metropolitane con un alto indice di

disoccupazione, cioè aree ricomprese nelle zone Obiettivo 2 e Phasing

out12.

Sono beneficiari del DocUP le imprese private, le associazioni no

profit e gli enti pubblici, secondo un metodo di assegnazione che

premia la concertazione e il partenariato. I contributi del DocUP 2000-

2006 sono attivabili per i settori relativi ai 3 assi prioritari identificati

nel documento: “Sviluppo e rafforzamento delle imprese”,

“Qualificazione territoriale” e “Ambiente”. Nelle sue linee strategiche

il DocUP interseca altri piani di sviluppo della Regione Toscana, ossia

il Piano Operativo Regionale, concepito per incrementare

12 L’Obiettivo 2 interessa le aree che affrontano difficoltà socio-economiche all’interno di regioni il cui livello di sviluppo sia vicino alla media comunitaria. Sono zone industriali, rurali, urbane o dipendenti dalla pesca in difficoltà in cui il tasso di occupazione è inferiore al tasso comunitario e in regresso. In queste aree sono attivati piani di riconversione per sanare situazioni di disagio sociale e occupazionale ed è sostanzialmente in corso un processo di ristrutturazione economica e sociale per contrastare gli elevati livelli di povertà e criminalità, il basso grado di istruzione, una situazione ambientale degradata. Le aree phasing out dall’Obiettivo 2 sono zone in sostegno transitorio cioè aree destinate ad uscire progressivamente dall’Obiettivo 2 perché non ne presentano più le condizioni strutturali in quanto mostrano un più avanzato processo di riconversione economica e sociale. Al fine di non compromettere e consolidare i risultati ottenuti e sostenere la fine dei processi di riconversione, per questi territori è previsto un sostegno transitorio decrescente (i contributi termineranno nel 2005, ma potranno essere spesi fino al 2007).

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88

l’occupazione, e il Piano di Sviluppo Rurale, in tema di sostenibilità

ambientale.

3.2

Il territorio e la realtà della Valdera

La programmazione regionale suddivide il territorio in Sistemi

Economici Locali (SEL), cioè contesti geograficamente definiti ricchi

di relazioni e interazioni sociali, culturali ed economiche.

Il territorio della Provincia di Pisa è suddiviso in quattro SEL: Area

Pisana, Valdera, Valdarno inferiore e Valdicecina; comprende in tutto

39 Comuni di cui 14, di differente dimensione territoriale ed entità di

popolazione, costituiscono l’area Valdera (SEL 12 nella

programmazione regionale).

Il Sistema Economico Valdera è pari

a circa ¼ dell’intera provincia sia per

estensione territoriale che per

popolazione residente. Comprende i

Comuni di Bientina, Buti, Calcinaia,

Capannoli, Casciana Terme, Chianni,

Crespina, Lajatico, Lari, Palaia,

Peccioli, Ponsacco, Pontedera e

Terricciola (cfr. Figura 3.1 e Tabella

3.2, p.95).

Figura 3.1 – Provincia di Pisa e SELValdera.

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89

3.2.1 Il contesto provinciale

Dall’analisi del territorio presentata nel DocUP 2000-2006 la

provincia di Pisa presenta, all’inizio del 2000, una sostanziale tenuta

dei livelli occupazionali nelle proprie strutture produttive, un tessuto

produttivo di tipo distrettuale decisamente competitivo sui mercati

internazionali, un forte sviluppo delle attività di servizio, una

situazione sostanzialmente positiva del mercato del lavoro (seppure in

presenza di una certa difficoltà ad assorbire l’offerta di lavoro

disponibile13) ed una buona dotazione di infrastrutture sociali alla

quale si contrappone un’insufficiente dotazione di infrastrutture

economiche (Regione Toscana, 2001b, pp.42-44).

I principali punti di forza della struttura produttiva provinciale vanno

identificati nell’industria conciaria del distretto di Santa Croce

sull’Arno che, in una fase di profonda riorganizzazione strutturale,

riesce a mettere a segno una crescita occupazionale, nella tenuta degli

altri comparti principali del settore manifatturiero (mezzi di trasporto,

metallurgia e meccanica), nella crescita delle attività dei servizi,

nell’alto tasso di attività del mercato del lavoro, nella favorevole

dislocazione geografica e nella presenza di infrastrutture per il

trasporto (quali l’Aeroporto di Pisa) di primaria importanza per lo

sviluppo dell’area. I punti di debolezza sono invece legati alla

difficoltà di alcuni comparti tradizionali della manifattura (tessile-

abbigliamento, lavorazione dei minerali non metalliferi, industria del

legno), all’eccessiva monosettorialità di importanti sistemi locali (ad

esempio il già citato distretto di Santa Croce sull’Arno), ai problemi 13 La provincia presentava un tasso di attività superiore di un punto percentuale alla media regionale (49,6%) e un tasso di disoccupazione piuttosto elevato (8%), indicatore di una certa difficoltà della struttura produttiva ad assorbire la consistente offerta di lavoro locale.

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90

ambientali connessi allo svolgimento di alcune attività produttive

(concia) e da un tasso di disoccupazione ancora superiore rispetto a

quello delle aree più dinamiche del paese (Regione Toscana, 2001b,

pp.96-97).

In sintesi la comunità provinciale pisana presenta opportunità di

sviluppo ravvisate in un patrimonio diffuso di competenze

tecnologiche e imprenditoriali e in una struttura produttiva piuttosto

solida, costituita per una parte rilevante da piccole e medie imprese,

oltre che in una buona dotazione di risorse reali e potenziali, come la

favorevole dislocazione geografica, la presenza di importanti

infrastrutture di trasporto, la disponibilità di ricchezze ambientali e

culturali. Deve però fronteggiare le possibili minacce provenienti

innanzitutto dal ridimensionamento dei comparti produttivi secondari

causato dalla difficoltà a sostenere la pressione concorrenziale di

sistemi extraregionali e stranieri (Regione Toscana, 2001b, pp.96-97).

Fra i punti di forza della provincia va segnalato un distretto di alta

formazione fra i più importanti costituito dalla compresenza

dell’Università di Pisa, della Scuola Normale Superiore, della Scuola

Superiore di Studi Universitari Sant’Anna, del Consiglio Nazionale di

Ricerche (CNR), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e

dell’Ente per le Nuove tecnologie per l’Energia e l’Ambiente (ENEA).

La concentrazione, nel territorio, di queste istituzioni caratterizza

l’area come un importante polo internazionale di produzione e

irradiazione della conoscenza, potenzialmente capace di attrarre grossi

investimenti.

Un’altra particolarità strutturale del distretto pisano è la presenza di

diverse imprese innovative operanti in vari settori dell’alta tecnologia,

comparto nel quale la Provincia si presenta come una delle zone più

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92

Un progetto di sviluppo di questo tipo, che travalica la dimensione

provinciale, è l’Area Vasta Costiera un distretto territoriale trasversale

obiettivo di un’intesa siglata l’8 Luglio 2002 tra le Province di Pisa,

Livorno, Lucca e Massa Carrara e i Comuni dei loro territori (tranne il

Comune di Lucca). Il progetto, che interessa circa 1 milione e 250

mila toscani, è conseguenza della constatazione dell’esistenza di una

forte convergenza di interessi tra le aree interessate e risponde alla

volontà di costruire un sistema integrato di risorse e strutture in cui

possano esprimersi compiutamente le diverse potenzialità della

Toscana tirrenica. Con la realizzazione dell’Area Vasta ci si propone

di collegare centri di produzione e centri di elaborazione tecnologica

attraverso una ben articolata rete di infrastrutture e potenziando i

servizi e le relazioni fra istituzioni pubbliche, imprese e territorio15.

Il progetto Area Vasta prospetta un’intensificazione dei rapporti di

relazione e integrazione fra le varie componenti strutturali del distretto

e costituisce il punto di partenza per una gestione ottimale del

territorio. Sperimenta nuove modalità di collaborazione tra le realtà

locali del litorale toscano e rappresenta l’occasione concreta attraverso

la quale sarà possibile costruire una reale integrazione delle economie

della Toscana nord-occidentale al fine di raggiungere un vantaggio

competitivo per tutta l’area grazie alla valorizzazione delle risorse,

alla circolazione della conoscenza e al suo trasferimento nei processi

innovativi.

15 Gli enti firmatari, con la partecipazione della Regione Toscana, si sono impegnati ad attuare interventi di sviluppo dell’intera area. Tra questi si segnalano la realizzazione di un’efficiente rete infrastrutturale per un valido sistema di mobilità per persone, merci ed informazioni; il potenziamento della capacità ricettiva della zona per sfruttare al meglio la sua molteplice offerta turistica; l’informatizzazione collegando in rete i numerosi soggetti istituzionali del territorio; lo sviluppo e la riorganizzazione delle aziende con attenzione alle nuove tecnologie per elevarne l’efficienza e l’efficacia (Provincia di Pisa, 2001, pp.49-50).

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93

Nel complesso la strategia di crescita adottata nella provincia è molto

radicata nel territorio e presta attenzione alle sue differenti vocazioni

di sviluppo. Questa modalità di lavoro, che affianca denominatori

comuni dello sviluppo (come qualificazione e innovazione) a

peculiarità locali, è stimata e promossa dalla Regione in quanto

presupposto base per realizzare un progresso stabile ed attendibile

nelle varie realtà locali della Toscana.

Negli ultimi anni la Provincia si è mossa con misure concrete per la

costruzione di uno sviluppo del territorio locale che, coinvolgendo

tutti i soggetti interessati (amministrazioni, imprese, Università,

associazioni…), trovasse soluzioni per incentivare gli investimenti,

sostenere l’occupazione e promuovere la diversificazione industriale e

dei servizi. Il territorio, nell’attuale periodo di programmazione dei

Fondi comunitari (1 gennaio 2000 – 31 dicembre 2006), risulta una

zona quasi totalmente a sostegno transitorio, phasing out

dall’Obiettivo 2, tranne pochi territori, pari al 5% della popolazione

provinciale, in Obiettivo 2. È, pertanto, destinatario dei Fondi

Strutturali comunitari, gli strumenti finanziari con cui l’Unione

Europea supporta le azioni volte a ridurre il divario tra i livelli di

sviluppo delle varie regioni degli Stati membri.

Nel periodo di programmazione precedente la provincia di Pisa aveva

messo a buon frutto gli aiuti comunitari registrando nel suo territorio

la maggiore concentrazione degli interventi effettuati in Toscana: 650

su 1955, pari al 34%16 (Regione Toscana, 2001b, pp.111-112).

Relativamente alle tipologie di intervento i fondi sono stati utilizzati

per lo sviluppo ed il rafforzamento delle PMI (le province di Pisa e 16 Segue la provincia di Prato (29%). Le province di Massa (13%), Livorno (10%) e Pistoia (8%) si posizionano ad un livello intermedio. Infine Firenze (4%) e Grosseto (2%) che hanno visto la realizzazione di un minor numero di progetti (Regione Toscana, 2001b, p.112).

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Prato hanno registrato oltre il 64% delle realizzazioni relative a questa

tipologia di intervento che ha rappresentato l’80% circa del totale dei

progetti realizzati), per la rivalutazione e promozione dei settori

turistico e culturale (pari al 12% dei progetti realizzati, e Pisa è

sempre fra le province che più ne ha fatto uso, insieme a Livorno e

Massa), per progetti nel settore dell’innovazione tecnologica (che

hanno rappresentato il 4% circa delle realizzazioni e si sono

concentrati soprattutto nelle province di Pisa e Massa), per il settore

ambientale (poco più del 2% del totale dei progetti realizzati, si sono

concentrati nelle province di Pisa e Livorno) e per la riqualificazione

territoriale e del sistema portuale (anche qui la provincia di Pisa ha

fatto riscontrare il maggior numero di progetti: 21 su un totale di 35).

Concludendo, dai documenti analizzati traspare un ultimo aspetto su

cui il sistema Pisa dovrebbe fare leva per proseguire efficacemente la

direzione di sviluppo intrapresa. Si tratta di un maggiore impegno

sulle attività di promozione finanziaria: è necessario migliorare le

relazioni fra il sistema provinciale e gli istituti di credito, così da

portare a conoscenza le banche degli strumenti di governo del

territorio adottati e della localizzazione di nuove aree destinate a futuri

insediamenti produttivi in modo da consentire proposte di

finanziamento, attente al territorio e alle prospettive assicurate dai

piani industriali, utili ad incoraggiare investimenti imprenditoriali

(Provincia di Pisa, 2001, pp.25-29).

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95

3.2.2 Il Sistema Valdera

La Valdera si presenta come un’area che da una situazione di crisi e

debolezza economico-produttiva è passata ad una fase di rilancio

puntando sugli elementi di forza in sua dotazione, come la presenza di

un tessuto industriale diversificato e il contatto con strutture di ricerca

scientifica e tecnologica.

COMUNE Area Km² Popolazione ab. Densità Sito internet

BIENTINA 29,2 6.115 209,1 www.comune.bientina.pi.it

BUTI 23,1 5430 235,3 www.comune.buti.pi.it

CALCINAIA 15 8.608 574,3 www.comune.calcinaia.pi.it

CAPANNOLI 22,7 5.105 225,2 www.comune.capannoli.pi.it

CASCIANA TERME 36,4 3.538 97,1

CHIANNI 62 1.563 25,2 www.comune.chianni.pi.it

CRESPINA 27 3.744 138,8 www.comune.crespina.pi.it

LAJATICO 72,3 1.389 19,2 www.comune.lajatico.pi.it

LARI 45,1 8.084 179,1 www.comune.lari.pi.it

PALAIA 73,5 4.522 61,5 www.comune.palaia.pi.it

PECCIOLI 92,5 4.831 52,2 www.comune.peccioli.pi.it

PONSACCO 19,9 12.580 632,2 www.comune.ponsacco.pi.it

PONTEDERA 45,9 26.012 566,8 www.comune.pontedera.pi.it

TERRICCIOLA 43,4 3.925 90,5 www.cld.it/terricciola.html

TOTALI 608 95.446 157

PROVINCIA PISA 2444,6 381.119 155,9 www.provincia.pisa.it

Tabella 3.2 – Comuni della Valdera: estensione territoriale, popolazione residente, densità per km² (elaborazione da dati ISTAT - Censimento 2001).

È un territorio che raggruppa Comuni molto diversi tra loro per classe

dimensionale: si va da realtà che amministrano 1.300 abitanti ad altre

che ne riguardano invece 26.000, ci sono territori comunali di 15 km²

ed altri che sono quasi 5 volte tanto, più di 70 km² (cfr. Tabella 3.2).

Ed anche per quel che riguarda la densità abitativa i dati sono

estremamente differenziati: dal minimo di Lajatico (19,2 ab/km²) al

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massimo di Ponsacco (632,2 ab/km²). Il Comune di Pontedera per

dimensioni, importanza economica e posizione strategica svolge il

ruolo di Comune capofila del Sistema Economico.

Queste differenze si riscontrano indubbiamente anche nella gestione

dei singoli Enti essendo ben diverse le esigenze alle quali fare fronte,

ma l’area si presenta comunque come un sistema in cui i diversi

Comuni operano per uno sviluppo condiviso e, per quanto possibile,

omogeneo.

La Valdera appare come un contesto organizzativo fortemente

integrato sia dal punto di vista economico-sociale, come sarà illustrato

più avanti, che dal punto di vista amministrativo, e concepire lo

sviluppo in termini di area si è dimostrata la strada vincente per la

crescita dell’intero sistema.

La gestione associata dei servizi, per esempio, è una forma di

collaborazione tra i Comuni per il governo del territorio al quale l’area

Valdera si rivolge già da anni. Ne esistono molti esempi: il Consorzio

Sviluppo Valdera, il Parco Alta Valdera, la gestione associata dello

Sportello Unitario per le Attività Produttive (SUAP)17. La gestione

associata è una strategia di governo soddisfacente in quanto permette,

attraverso l’aggregazione di risorse e competenze, di rendere servizi

più efficienti ed economicamente sostenibili, e per molti Comuni di

piccole dimensioni è una scelta quasi obbligata.

Dal punto di vista economico, nella mappatura comunitaria i Comuni

del territorio Valdera sono tutti in phasing out dall’Obiettivo 2 e 17 Il Consorzio Sviluppo Valdera è orientato allo sviluppo economico integrato e organizzato del territorio, ne fanno parte i Comuni di Pontedera, Ponsacco, Lari e Calcinaia. Il Parco Alta Valdera comprende i Comuni di Peccioli, Capannoli, Chianni, Lajatico, Palaia e Terricciola che hanno optato per la gestione associata dei servizi di polizia locale, dei servizi tributari, del SUAP, della raccolta dei rifiuti. I Comuni di Pontedera, Ponsacco e Calcinaia hanno adottato una gestione associata del servizio SUAP, l’ufficio comunale al quale rivolgersi per tutti gli adempimenti previsti per le attività produttive di beni e servizi.

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pertanto destinatari di fondi europei decrescenti per stabilizzare i

risultati di riconversione strutturale del territorio, colpito in passato da

una grave crisi industriale. Nel quadro generale del buon utilizzo da

parte della Provincia di Pisa dei fondi strutturali (cfr. pp.93-94), il

sistema delle imprese della Valdera si è segnalato come

particolarmente attivo in ordine al conseguimento di tutte quelle

opportunità attraverso le quali si sono finanziati nel territorio

investimenti di rilievo: oltre agli investimenti fissi in strutture

immobili e macchinari, si è proceduto all’ammodernamento in

generale delle tecniche di produzione attraverso interventi mirati in

ordine alla qualità di prodotto e di processo, all’innovazione

tecnologica (stimolata da nuovi ambiti di rapporto con il mondo della

ricerca scientifica), alla sicurezza nei luoghi di lavoro,

all’internazionalizzazione, alla compatibilità ambientale, al design,

agli interventi sulla filiera produttiva (Terreni, 2002).

Attualmente la capacità produttiva della Valdera è costituita per lo più

da artigianato e piccole imprese ed è molto elevata, pari al 35% della

capacità produttiva provinciale. Analizzando nello specifico la

situazione strutturale dell’area si riscontra un’alta concentrazione

degli occupati nel comparto della meccanica, molto importante risulta

anche il settore tecnologico, soprattutto per l’alta qualità della sua

produzione (Regione Toscana, 2001b, pp.42-44).

Le tabelle 3.3 e 3.4 e i grafici della figura 3.2, elaborati sulla base dei

dati del Censimento 2001, forniscono una stima della situazione

economica della zona.

Le Unità Locali per settore, cioè le unità di rilevazione censuaria in

cui si esercitano attività di produzione di beni e servizi, sono, in

percentuale, più o meno ugualmente distribuite sia in Valdera che

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nell’intera provincia, con una leggera preponderanza in Valdera per il

settore industriale e nell’insieme della provincia per il campo dei

servizi.

Industria Commercio Altri servizi COMUNE

U.L. Addetti U.L. Addetti U.L. Addetti

BIENTINA 263 1921 207 512 179 541

BUTI 114 492 99 199 99 262

CALCINAIA 329 2520 251 858 178 1043

CAPANNOLI 123 404 99 288 132 217

CASCIANA TERME 108 368 81 152 97 336

CHIANNI 39 75 25 34 28 36

CRESPINA 111 463 74 148 92 261

LAJATICO 28 114 31 72 38 106

LARI 477 2078 292 669 196 635

PALAIA 96 266 115 197 97 243

PECCIOLI 128 654 109 210 116 298

PONSACCO 431 1538 428 957 358 1074

PONTEDERA 462 6116 745 2155 827 3037

TERRICCIOLA 121 428 94 240 96 247

TOTALI 2830 17437 2650 6691 2533 8336

PROVINCIA PISA 9844 53960 9671 22532 10588 36890

Tabella 3.3 – Comuni della Valdera: unità locali e numero di addetti per settore (elaborazione da dati ISTAT - Censimento 2001).

Totale Unità Locali Totale Addetti

SEL VALDERA 8013 26,6% 32464 28,6%

PROVINCIA PISA 30103 100% 113382 100%

Tabella 3.4 – Incidenza, per unità locali e numero di addetti, del SEL Valdera nel Sistema economico della Provincia (elaborazione da dati ISTAT - Censimento 2001).

Per quel che riguarda gli addetti, invece, si nota una decisa

preponderanza, più marcata in Valdera che nell’insieme della

provincia, del comparto industriale, che si rivela il settore trainante

dell’intero distretto.

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loro specifica autonomia. Nel mentre il tessuto produttivo costituito da

artigianato e piccole e medie imprese si era sviluppato in modo del

tutto disarticolato e individualistico, senza servizi né infrastrutture

sufficienti, e pertanto non era in grado di reggere le crisi dell’area

affrontando esso stesso un progressivo aggravio dei costi di

produzione ed una complessiva perdita di competitività (Vita, 2002).

La critica situazione della Piaggio, la crisi dell’indotto, il calo di

produzione, la necessità di una revisione dell’organizzazione

produttiva ed il negativo impatto sul versante occupazionale hanno

decretato un crollo economico dell’area che rischiava di intaccare nel

profondo anche il funzionamento del sistema sociale. Per forza di cose

si imponeva un rinnovamento: il territorio si trovava di fronte alla

necessità di reinventarsi economicamente per non cedere anche

socialmente. Dopo anni di dipendenza, l’area ha saputo reagire e

risollevarsi ricercando una nuova qualificazione strutturale.

Il momento della svolta, che ha segnato l’affrancamento del territorio

dalla Piaggio e l’inizio di una nuova fase di sviluppo per la Valdera, si

è attuato nel corso degli anni ’90. Ad una nuova crisi della Piaggio nel

1992 gli imprenditori, le associazioni e gli enti locali si sono mossi per

attivare e promuovere nuove opportunità che consentissero di evolvere

e guadagnare maggiore autonomia attraverso la ricerca di nuovi

sbocchi produttivi e di mercato. Il Progetto Pontedera, la Cittadella

della Ricerca e dei Servizi, i Piani di Insediamento Produttivo… sono

alcuni fra i vari esempi di un nuovo corso intrapreso nella direzione

della professionalità, della qualità e dell’aggiornamento.

A seguito della diversificazione e riqualificazione della filiera

produttiva oggi l’industria metalmeccanica legata alla produzione

delle due ruote costituisce una quota sempre meno consistente

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dell’occupazione e dell’attività industriale dei Comuni della Valdera.

Si è provveduto a consolidare settori di specializzazione dell’area

(metalmeccanico, conciario/calzaturiero, mobiliero) e si è incoraggiato

la crescita dei settori emergenti (come l’high-tech e il ramo del

terziario avanzato) ed intermedi (come il campo farmaceutico e quello

della componentistica per auto).

A partire da una ristrutturazione industriale volta a diversificare

l’economia ed il tessuto produttivo sono state create le condizioni per

uno sviluppo duraturo, inoltre si è puntato sugli strumenti necessari

per creare i presupposti dell’innovazione, come nuove infrastrutture,

servizi alle imprese, con particolare riguardo all’innovazione

tecnologica e ai nuovi investimenti, e sapere diffuso per una

riqualificazione delle risorse umane.

Sinteticamente la formula su cui si è scommesso, e si continua a

puntare ancora oggi, per il rilancio dell’area Valdera è costituita dallo

sviluppo simultaneo di diversificazione economica, sapere e servizi.

In questo contesto nasce il “Progetto Pontedera”, un intervento

promosso da una rete di attori istituzionali ed economici locali allo

scopo di creare un supporto al sistema produttivo del territorio per

sostenere il processo di riqualificazione e sviluppo. Il progetto

favorisce contatti ed interazioni tra le imprese e il settore della

formazione e della ricerca al fine di sostenere la preparazione

professionale e l’introduzione di prodotti di avanzata tecnologia.

Prevede inoltre opere di riqualificazione territoriale orientate al

recupero di aree dimesse, abbandonate e degradate per realizzare

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nuovi e diversificati insediamenti produttivi e per una migliore

mobilità18.

All’interno del progetto si colloca la “Cittadella della Ricerca e dei

Servizi”, un’area di laboratori per la ricerca e lo sviluppo delle attività

connesse, che opera nel campo delle tecnologie avanzate19. È una

struttura d’avanguardia costruita per coniugare il settore della ricerca

scientifica e il settore economico-produttivo del territorio. Svolge un

ruolo di interfaccia tra il mondo delle università e della ricerca e

quello delle imprese attraverso attività di formazione professionale,

riqualificazione, innovazione e sviluppo tecnologico per le PMI e

funzione incubatore di nuove imprese caratterizzate da contenuti

tecnologici innovativi (Bartoli, 2002).

Un altro strumento adottato per il rilancio dell’area Valdera sono i

Piani di Insediamento Produttivo (PIP), progetti per creare zone

completamente attrezzate per gli insediamenti produttivi. Nei PIP

l’ente locale individua le aree di insediamento, si occupa della loro

riqualificazione urbanistica ed ambientale e promuove al loro interno

l’offerta di servizi alle imprese20.

18 È in fase di realizzazione il recupero urbano del “Dente Piaggio”, una struttura di ex officine di proprietà del Comune di Pontedera in cui è prevista la collocazione di servizi (ufficio delle entrate, centro per l’impiego e la formazione professionale, banca, biblioteca) e di un centro universitario (uffici amministrativi, segreteria, alloggi universitari, aule didattiche). È stata avviata la riqualificazione dell’area dell’ex aeroporto Piaggio. Sono stati realizzati i collegamenti stradali fra le zone industriali e la SGC FI-PI-LI (Bartoli, 2002). 19 È un’iniziativa sviluppata da Scuola Superiore Sant’Anna, Piaggio, Provincia di Pisa, Comune di Pontedera. Si estende su una superficie complessiva di 6.300 mq. suddivisa tra laboratori, officine ed attrezzature scientifiche, aule didattiche e un’area residenziale. Impiega stabilmente 106 persone fra ricercatori e personale tecnico. È gestita dalla società Pontech Srl, un’agenzia di sviluppo che opera come centro di servizi all’impresa e al territorio, costituita da soggetti pubblici (tra cui diversi enti locali della Valdera) e privati. La Cittadella insieme al polo tecnologico di Piccioli, che opera nel campo delle tecnologie avanzate per l’assistenza ai disabili, anch’esso situato in Valdera, è uno dei poli del Parco Scientifico e Tecnologico della Toscana Occidentale, struttura che opera per integrare bisogni innovativi delle imprese e opportunità offerte dal mondo della ricerca. 20 Attualmente i PIP sono stati sviluppati nel territorio di Pontedera e nelle aree limitrofe. È già stato realizzato il PIP1; è in fase di completamento il PIP2; il PIP3 è gestito dal Consorzio

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103

Negli ultimi anni nella realtà locale Valdera si è assistito alla

creazione di nuove realtà imprenditoriali e all’ampliamento di altre

realtà, già esistenti, autonome rispetto alla Piaggio. Si è visto che per

favorire gli insediamenti nel territorio divengono questioni centrali lo

sviluppo dei servizi, della telematica, della comunicazione ed una

generale ripresa dei lavori pubblici (strade, recupero del patrimonio

ambientale e culturale, aree industriali).

La vitalità economica dell’area dipende in larga misura

“dall’efficienza dell’Amministrazione Pubblica; dal funzionamento

dei servizi di supporto (trasporti, banche, servizi finanziari); dalla

capacità di creare energie moltiplicatrici (come la scuola, l’università,

la ricerca); da un contesto normativo che agevoli la voglia di

intraprendere; dalla capacità di accedere alle risorse nazionali e della

Comunità Europea” (Vita, 2002).

L’attuazione di queste azioni e i costanti miglioramenti nell’economia

e nella qualità della vita ai quali si è assistito negli ultimi anni

presuppongono una concertazione delle politiche di sviluppo locale e

la collaborazione e cooperazione fra le diverse realtà territoriali del

sistema per consolidare i risultati ottenuti, ottimizzare i servizi e

garantire infrastrutture adeguate così da rendere concreto, stabile e

proficuo il percorso di crescita intrapreso. In linea con le indicazioni

di livello provinciale e regionale si promuove perciò la realizzazione

di reti di integrazione e sinergie che pongano in relazione stabile e non

episodica il territorio, l’economia e la ricerca, sistemi che vanno

collegati attraverso lo sviluppo di politiche concordate, di

infrastrutture viarie e di comunicazioni telematiche.

Sviluppo Valdera per conto dei Comuni di Pontedera e Lari; è in fase di progettazione il PIP4 che interesserà la zona a sud di Pontedera (Batoli, 2002).

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104

I diversi soggetti operanti nel territorio si stanno adoperano per

utilizzare al meglio le risorse e le opportunità in dotazione e in questo

processo le amministrazioni locali svolgono un ruolo di primo piano.

Si potrebbe pensare che un’area socio-economica dinamica e

innovativa stimoli le istituzioni di quello stesso luogo a dotarsi di

strumenti di governo e gestione all’avanguardia, ma, come apparirà

dai risultati della ricerca esposti nel prossimo capitolo, sono presenti, e

talvolta ben radicate, sacche di resistenza al rinnovamento. È

spiazzante verificare come in Valdera esistano enti locali in cui l’uso

del computer come strumento di organizzazione, razionalizzazione e

comunicazione non è una pratica di lavoro quotidiana, o in cui

interventi e progetti innovativi di enti gerarchicamente superiori (dalla

Provincia alla Regione, alla Comunità Europea) sono accolti ma non

stimolano a porsi come protagonisti attivi o promotori di altri progetti

ispirati agli stessi principi.

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105

4 L’innovazione nei Comuni della Valdera

L’innovazione negli enti locali della Pubblica Amministrazione è in

atto in diversi settori con modalità e velocità differenti, ma con lo

stesso obiettivo di raggiungere un apparato amministrativo snello ed

efficiente che produca valore e sia in grado di rispondere e gestire le

diverse esigenze di un’utenza eterogenea costituita da cittadini,

associazioni, imprese. I conduttori e coordinatori di tale processo di

innovazione sono i quadri direttivi amministrativi e gli amministratori

politici coinvolti direttamente nei processi innovativi e chiamati a

reinventarsi come manager pubblici impegnati ad adoperare la propria

professionalità per migliorare il rapporto risultati/risorse impiegate

nella Pubblica Amministrazione.

Il rafforzamento dell’autonomia delle amministrazioni regionali e

locali, insieme alla contemporanea riduzione dei trasferimenti

economici, comportano una “sfida gestionale” per l’ente locale, il

quale, oltre ad una maggiore possibilità di intervento in relazione alle

concrete e specifiche esigenze del territorio, viene ad assumere anche

responsabilità tecniche ed economiche del tutto nuove.

L’indagine conoscitiva condotta nei Comuni del territorio Valdera

cerca di rilevare la percezione che i quadri direttivi hanno del

fenomeno di rinnovamento in atto negli enti locali e si propone di

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106

cogliere il grado di innovazione, realizzato e in atto, negli stessi

Comuni con particolare attenzione alla nuova professionalità che è

richiesta dai reali cambiamenti in corso.

L’innovazione della Pubblica Amministrazione è stata introdotta da un

percorso normativo che ne ha indicato la direzione ed i parametri di

riferimento (autonomia, semplificazione, snellimento…), ma la

realizzazione in concreto della nuova fase di sviluppo è rimessa alle

singole amministrazioni locali.

Per l’attuazione della Riforma è un fondamento indispensabile lo

sviluppo della dimensione locale nella direzione di una crescente

responsabilizzazione e di un più alto livello di cooperazione tra le

forze economiche, politiche e sociali che operano in una determinata

area territoriale. La gestione del cambiamento è quindi demandata agli

amministratori, politici e tecnici, a livello locale, e presuppone, da

parte loro, un processo di maturazione in riferimento alla conoscenza

del percorso di innovazione: occorre che gli amministratori siano in

grado di percepire dalle norme la direzione verso cui andare ed

abbiano la capacità, la volontà ed il coraggio di “aggiustare il tiro” se

la gestione della loro struttura si discosta dalla strada da percorrere.

Adottare una strategia di sviluppo che privilegi la dimensione locale

può garantire al territorio una crescita reale e duratura, dato che offre

la possibilità di parametrare e bilanciare le trasformazioni secondo le

effettive esigenze e particolarità dell’area. Inoltre questo sistema di

crescita rende i soggetti apicali degli enti dei protagonisti attivi nella

realizzazione di una Pubblica Amministrazione snella ed efficiente, e

ciò dovrebbe creare un più forte senso di appartenenza, aumentarne lo

spirito di servizio, la soddisfazione e la motivazione professionale

contrastando il senso di frustrazione, il disincanto e la delusione di chi

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anche Segretari Comunali e Direttori Generali) più attento alle linee di

indirizzo adottate nella gestione dell’ente, e il Questionario B

indirizzato ai responsabili tecnico-amministrativi di settore e di

servizio che ha privilegiato l’analisi dell’aspetto pratico della gestione

dell’innovazione. I modelli di rilevazione sono comunque stati

strutturati in modo tale da consentire la sovrapponibilità dei dati fra

politici e personale tecnico-amministrativo, trattano infatti i medesimi

argomenti nello stesso ordine, con l’unica differenza di un diverso

approfondimento per l’uno o l’altro gruppo a seconda dei temi

affrontati (cfr. Appendice I Questionario e codifica dati, p.156 ss.). In

questo modo è stato possibile indagare in maniera distinta degli aspetti

che sarebbero stati affrontati diversamente dai rispondenti a seconda

delle loro competenze politiche o tecnico-amministrative; alcune

domande però sono uguali in entrambi i questionari per confrontare

direttamente eventuali somiglianze o differenze di percezione nei due

campioni.

La struttura dei questionari è la seguente: entrambi sono suddivisi in

nove aree tematiche ed uno spazio per le conclusioni. Ogni sezione

comprende al massimo 3/4 domande (salvo alcune parti un po’ più

lunghe nel Questionario B) tese ad indagare un aspetto caratterizzante,

o almeno ritenuto tale, della Riforma. Si è cercato di porre, per ogni

settore, almeno una domanda aperta piuttosto generica, in modo da

lasciare agli intervistati la possibilità di esprimere al riguardo ciò che

pensavano. Dove possibile, comunque, si è optato per domande chiuse

o comunque condizionate, per facilitare sia la compilazione che la

codificazione.

Dopo un breve introduzione sui principali passi mossi in tema di

innovazione nella Pubblica Amministrazione in cui si fa cenno agli

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estremi legislativi delle più importanti modifiche intervenute sul

versante organizzativo e alla nuova gestione pubblica che ogni

Comune deve affrontare, entrambi i questionari si aprono con alcune

domande su ciò che l’intervistato pensa della cosiddetta Riforma. Si

vuole cercare di scoprire ciò che significa “innovare” nell’ambito

della Pubblica Amministrazione, così da capire qual è, da parte degli

Amministratori, l’obiettivo prioritario da perseguire per mezzo dei

cambiamenti intervenuti e a venire. Nel questionario indirizzato al

personale tecnico-amministrativo (Questionario B) si indagano

esplicitamente, secondo l’esperienza diretta degli intervistati, gli

effetti della Riforma e le modifiche concretamente realizzate. Agli

amministratori politici (Questionario A) si richiede, invece, un

giudizio sul significato e la portata degli aspetti che il processo di

innovazione ha innescato.

La seconda sezione riguarda la realizzazione della Riforma

nell’ambito del Comune di appartenenza. In entrambi i questionari si

chiede di indicare quali siano le innovazioni effettivamente affrontate

dall’Amministrazione locale e a che livello siano realizzate, anche in

confronto con l’operato dei Comuni limitrofi. Con gli amministratori

politici viene anche affrontato il tema degli investimenti del Comune

su concreti progetti di rinnovamento. Infine si cerca di conoscere, in

ambedue i questionari, attraverso quali strumenti l’ente coinvolge i

suoi dipendenti nei percorsi di innovazione. Questa domanda, che

funge da collegamento con la sezione successiva dedicata alla

formazione, fornisce un dato importante relativamente alla

consapevolezza dei membri dell’organizzazione, condizione

fondamentale per realizzare con successo qualunque misura di

cambiamento.

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110

La sezione dedicata alla formazione approfondisce il tema soprattutto

per i responsabili del settore tecnico-amministrativo in quanto ho

ritenuto che la formazione rivestisse un ruolo basilare per lo

svolgimento delle funzioni di gestione e coordinamento che tale

personale è chiamato a svolgere. Per gli Amministratori l’ho reputata

meno importante confidando che il ruolo ricoperto dal settore politico

è orientato verso le caratteristiche di indirizzo piuttosto che ai processi

che interessano la gestione pratica dell’ente. In questa sezione ho

cercato di estrapolare la presenza nei Comuni di elementi che

indichino un tipo di gestione orientata all’efficienza attraverso lo

strumento della formazione e la presenza di figure di livello

dirigenziale, o comunque responsabile, orientate all’acquisizione di

una professionalità manageriale nella conduzione della pubblica

amministrazione.

La sezione successiva è, conseguentemente, quella che approfondisce

la tematica del management. Sia nel Questionario A che nel

Questionario B si chiede quali siano i requisiti più importanti per

svolgere il ruolo di dirigente e si cerca di indagare se questo tipo di

professionalità è presente o meno nel Comune, come eventualmente

possa ottenersi e se sia un ruolo ugualmente accessibile a uomini e

donne.

La tematica seguente riguarda il ruolo: si indaga il rapporto che, a

seguito delle riforme, si è venuto a creare tra le componenti di

governo politica e tecnico-amministrativa dell’ente locale. Fra gli

obiettivi della Riforma vi era quello di realizzare una separazione tra

queste due sfere a livello dirigenziale demandando all’una la

definizione delle linee e degli indirizzi di governo, e all’altra la

gestione pratica, ovviamente secondo gli indirizzi politici. In ambedue

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112

e durature che portino un solido beneficio per l’intera comunità e non

un exploit estemporaneo che non lasci piattaforme per il futuro.

I questionari si concludono con una domanda aperta che, alla fine del

percorso logico seguito, richiede una valutazione sull’esperienza di

rinnovamento condotta nell’Amministrazione di appartenenza e

un’indicazione sulle attese per il prossimo futuro in ordine al processo

di riforma delle strutture di governo pubblico locale.

La ricerca ha interessato 14 Comuni all’interno dei quali sono state

identificate 224 unità di rilevazione2. I questionari inviati invece sono

stati 160 molti meno delle posizioni individuate, questo perché più di

sessanta destinatari non avevano un recapito e-mail al quale

indirizzare il questionario3. Questo dato non era per niente

incoraggiante e già dava un’indicazione su quel che stavo indagando,

a maggior ragione tenuto conto del fatto che i recapiti mancanti erano

all’80% di politici, in particolare di Assessori, l’organico che avrebbe

dovuto avere più visibilità nei confronti dell’utenza e che invece, alla

prova dei fatti, risultava il più inaccessibile al cittadino. Questo dato

ha comportato anche che interi Comuni, come Buti e Crespina, non

potessero essere contattati nella loro parte politica e che molti di essi

lo siano stati solo nella persona del Sindaco (e talvolta di un unico

Assessore), salvo il contatto di Direttore Generale e/o Segretario

Comunale che c’è stato per tutti i Comuni.

Alla fine i destinatari del Questionario A sono stati solo 42 dei 94

previsti, così suddivisi: 10 Sindaci, 22 tra Assessori e Vicesindaci, 10

Segretari comunali e Direttori generali. I contattati per il Questionario 2 In realtà le unità identificate sarebbero state 231, ma in più di un caso ci sono state persone che svolgevano diversi ruoli direttivi nella stessa amministrazione oppure lo stesso ruolo per più Comuni, per cui sono stati considerati una volta sola. 3 Precisamente 56 non avevano indirizzo e-mail e 8 lo avevano presumibilmente intasato dalla posta non letta (il messaggio di errore ricevuto recitava: “this address no longer accepts mail”).

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113

B sono stati invece 118, un dato che si discosta non di molto dalla

previsione iniziale di 130 unità e un indice confortante, dopo la

pessimistica impressione avuta dalla parte politica, del fatto che il

management della Valdera, almeno formalmente, non si tira fuori dal

circuito dell’e-government.

La tabella 4.1 mostra i dati relativi all’invio articolati per Comune e

questionario; va tenuto presente che ci sono persone titolari di più

posizioni per lo stesso ente e altre (a volte le stesse) che svolgono lo

stesso ruolo per più Comuni: questi casi sono stati considerati come

un unico contatto4.

COMUNE Quest. A Quest. B TOTALE distribuzione invii su totale

BIENTINA 2 13 15 9,38% BUTI 1 3 4 2,50% CALCINAIA 5 12 17 10,63% CAPANNOLI 2 6 8 5,00% CASCIANA TERME 1 3 4 2,50% CHIANNI 2 6 8 5,00% CRESPINA 0 9 9 5,63% LAJATICO 1 3 4 2,50% LARI 6 13 19 11,88% PALAIA 1 8 9 5,63% PECCIOLI 8 3 11 6,88% PONSACCO 2 22 24 15,00% PONTEDERA 9 13 22 13,75% TERRICCIOLA 2 4 6 3,75%

TOTALI 42 118 160 100,00%

Tabella 4.1 – Questionari inviati.

Da questa tabella si evince un altro dato significativo: nonostante le

defezioni per i mancati indirizzi e-mail è stata ugualmente garantita

un’adeguata rappresentatività del campione, infatti più della metà dei

questionari è stata inviata nei Comuni più popolosi del territorio:

4 È questo il motivo per cui il Comune di Crespina apparentemente non ha avuto invii di Questionari A. In realtà il suo Segretario Comunale/Direttore Generale è lo stesso di Casciana Terme, Comune dove è anche responsabile di settore e in cui è stato conteggiato.

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114

Calcinaia, Lari, Ponsacco e Pontedera che insieme amministrano ben

il 58% della popolazione residente in Valdera (cfr. Tabella 3.2, p.95),

e di conseguenza hanno un numero più elevato di rappresentanti

politici e tecnico-amministrativi.

Sono stati codificati i dati di 31 questionari (11 Questionari A, 20

Questionari B). Il tasso medio di risposta, sul totale dei questionari

inviati, è stato del 19,38%, decisamente più elevato tra i politici

(26,19%) che tra il personale tecnico-amministrativo (16,95%).

Quest’ultima considerazione è però condizionata dal fatto che non è

stato possibile contattare più della metà dei destinatari individuati per

il Questionario A, mentre è stato possibile raggiungere più del 90%

delle unità identificate per il Questionario B. Alla fine se ne desume

che la parte politica, seppur più difficile da contattare, è probabilmente

più propensa a questo tipo di indagini, forse per il ruolo più

“comunicativo” che ricopre, o forse anche perché il Questionario A

era decisamente più breve del Questionario B.

Credo che la lunghezza del questionario sia stata un fattore

determinante nel tasso di risposta: un test breve all’apparenza è meno

impegnativo, richiede meno tempo, fatica e interesse e quindi

predispone a rispondere molto di più di una lunga serie di domande,

soprattutto quando si usa una metodologia self interviewing, che lascia

la compilazione esclusivamente al rispondente senza l’aiuto

dell’intervistatore.

La Tabella 4.2 visualizza i dati dei questionari ricevuti disaggregati

per Comune evidenziando le risposte ottenute in relazione all’invio e

la loro distribuzione. Il Comune che in assoluto ha risposto più degli

altri è stato Pontedera, ma in proporzione al numero dei questionari

inviati sono Cascina Terme e Lajatico, con il 75% di risposte, gli enti

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115

che più hanno partecipato all’indagine. Si evidenzia anche come 4

Comuni (Buti, Chianni, Lari e Palaia) siano rimasti del tutto fuori

dall’indagine, non rinviando alcun questionario seppur ne siano stati

contattati numerosi rappresentanti (soprattutto a Lari, cfr. Tabella 4.1,

p.113).

COMUNE Quest. A Quest. B TOTALE distribuzione ricevuti su totale

% ricevuti su inviati

BIENTINA 0 3 3 9,68% 20,00% BUTI 0 0 0 0,00% 0,00% CALCINAIA 2 1 3 9,68% 17,65% CAPANNOLI 0 1 1 3,23% 12,50% CASCIANA TERME 0 3 3 9,68% 75,00% CHIANNI 0 0 0 0,00% 0,00% CRESPINA 0 1 1 3,23% 11,11% LAJATICO 0 3 3 9,68% 75,00% LARI 0 0 0 0,00% 0,00% PALAIA 0 0 0 0,00% 0,00% PECCIOLI 6 0 6 19,35% 54,55% PONSACCO 1 2 3 9,68% 12,50% PONTEDERA 2 5 7 22,58% 31,82% TERRICCIOLA 0 1 1 3,23% 16,67%

TOTALI 11 20 31 100,00%

Tabella 4.2 – Questionari ricevuti.

Nei grafici esposti nelle figure 4.1a e 4.1b è evidenziata la

distribuzione per sesso delle unità di rilevazione chiamate a

collaborare all’indagine e di quelle che hanno risposto.

0

10

20

30

40

contatti risposte

Questionario A

MF

0

20

40

60

80

contatti risposte

Questionario B

Figura 4.1a – Distribuzione per sesso, per questionario.

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116

Delle 160 unità di rilevazione

contattate il 62,5%, pari a 100

contatti, erano uomini e il 37,5%,

60 contatti, donne.

Il Questionario A è stato inviato

42 persone: 34 uomini e 8 donne.

È netta la preponderanza maschile

nelle cariche politiche (Sindaco e

Assessore) distribuite per più dell’80% a uomini (il rapporto è 27:5).

La situazione esposta è “mitigata” dalla condizione del settore dei

Segretari Comunali e Direttori Generali (non esplicitata dal grafico

perché ricompresa nei dati del Questionario A) in cui il rapporto

uomini/donne è di circa 2:1. Meno marcato è lo stacco nelle posizioni

dei resposabili di settore e servizio (Questionario B) dove, anche se

prevale la componente maschile, la situazione è più equilibrata: i 118

questionari inviati sono stati indirizzati a 66 uomini (il 55,93%) e 52

donne (il 44,07%).

Per quel che riguarda la distribuzione per sesso nelle risposte si può

dire che, sia in numero assoluto che in percentuale, hanno risposto

molto di più gli uomini che le donne: ci sono stati 23 questionari

compilati da uomini, pari al 23% degli uomini contattati, e 8

questionari femminili, pari al 13,33% delle donne contattate.

Disaggregato per questionario il dato si mantiene più o meno

omogeneno per gli uomini: hanno collaborato il 26,47% degli uomini

contattati per il Questionario A e il 21,21% di quelli contattati per il

Questionario B. Mentre per le donne è più marcata la differenza fra

Amministratrici e responsabili: al Questionario A ha risposto il 25%

delle contattate e al Questionario B solo l’11,53%, per quanto in

020406080

100

contatti risposte

TOTALE A + B

MF

Figura 4.1b – Distribuzione per sesso, totale.

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117

numero assoluto le rispondenti del Questionario B siano state 3 volte

quelle del Questionario A (6:2).

Questi dati sembrano confermare la tendenza ad una supremazia

maschile nelle cariche di responsabilità. Supremazia decisamente

schiacciante per quel che riguarda i vertici politici considerati, i cui

incarichi si ottengono per elezione e per nomina da parte del Sindaco e

dove va comunque considerato che come candidati, in genere, si

presentano meno donne che uomini. Supremazia non schiacciante ma

sicuramente netta nell’area tecnico-amministrativa, e questo è un fatto

degno di attenzione considerato che è sempre più marcata la presenza

di personale femminile nelle pubbliche amministrazioni.

Un’interpretazione diffusa rinvia ad una presunta preferenza

femminile per l’impiego pubblico in quanto, soprattutto in ragione

dell’orario di lavoro, faciliterebbe il continuare a farsi carico degli

impegni domestici (Cerase, 1998, p.190); seguendo lo stesso filone

interpretativo si potrebbe desumere che incarichi di maggiore

responsabilità, comportando più impegno e maggiore presenza, non

siano appetiti dalle donne e quindi siano ricoperti dagli uomini che

hanno maggiori aspirazioni di crescita professionale. Si potrebbe però

anche ipotizzare che la situazione complessivamente più favorevole

per gli uomini sia dovuta a forme di discriminazione più o meno

esplicite (Cerase, 1998, pp.216-217).

La figura 4.2 visualizza la distribuzione per classi di età solo dei

rispondenti, dato che non si è cercato a priori la classe di appartenenza

delle unità contattate. I più rappresentati sono i quarantenni, anche se

nei rispondenti al Questionario A è preponderante la classe di età più

giovane, quella dei trentenni. Forse non sono dati sufficienti per capire

se i comuni della Valdera sono enti giovani o meno, ma sono dati che

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118

inducono ad una considerazione: a parte il picco dei quarantenni nel

Questionario B, dal grafico è visivamente evidente la tendenza ad una

classe dirigente più giovane nel settore politico e ad una più matura in

quello tecnico-amministrativo.

È probabilmente azzardato

pensare ad un rinnovamento

“giovanile” della classe

politica della Valdera, i

numeri ottenuti non sono

sufficienti a confermarlo, ma

una tendenza del genere,

considerato il potenziale

creativo e la maggiore

dimestichezza con le nuove tecnologie da parte dei giovani, potrebbe

significare orientamenti di governo potenzialmente diretti allo

sviluppo di politiche di governance e e-government.

Un’interpretazione più legata ai dati effettivamente ottenuti invita però

a tenere conto del fatto che presumibilmente nel ridotto campione

contattato per il Questionario A c’erano molti più giovani che meno

giovani, proprio in ragione del fatto che per la citata dimestichezza

con le nuove tecnologie data dall’età è forse stato più facile reperire i

loro indirizzi e-mail piuttosto che quelli di altri Amministratori, e

questo spiega perchè ci siano state più risposte dalla fascia di età dei

trentenni che da altre.

Infine un dato curioso è che mentre tutti i rispondenti del Questionario

B hanno dichiarato la loro età, il 45% dei rispondenti del Questionario

A non l’ha dichiarata.

0123456789

Quest. A Quest. B

<3030-3940-4950-59>=60

Figura 4.2 Distribuzione per classi di età delle unità di rilevazione che hanno risposto.

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119

4.1

Metodologia di ricerca

L’aspetto metodologico caratterizzante della ricerca è l’aver utilizzato

una tecnica di rilevazione e gestione dell’indagine interamente

computer assisted: la trasmissione dei questionari, la loro

compilazione e l’acquisizione dei dati sono avvenute esclusivamente

attraverso la mediazione di strumenti telematici.

Per mezzo della posta elettronica sono stati tenuti contatti con gli

intervistati e si è trasmesso, come allegato, il questionario redatto in

formato Word-Office2000. I destinatari dell’indagine avrebbero

dovuto compilarlo direttamente sul computer e rinviarlo come

allegato.

Il modulo di compilazione era composto da una serie di domande (28

per il Questionario A, 40 per il Questionario B) suddivise per area

tematica senza commenti introduttivi per evitare possibili influenze

nelle risposte.

La struttura del questionario prevedeva un’alternanza di domande

chiuse a risposta prefissata e domande aperte, e permetteva al

rispondente di digitare testo, immettere una x oppure assegnare un

voto, esclusivamente negli spazi predisposti5. Le domande a risposta

vincolata avrebbero dovuto agevolare la compilazione rendendola più 5 Per facilitare le operazioni di compilazione i file inviati sono stati predisposti come moduli. Nell’applicativo Word un modulo è un documento con campi di inserimento vincolato, in cui si possono immettere delle informazioni senza modificare il layout o gli elementi standard del file. In un modulo protetto è quindi possibile scrivere solo nelle aree attive che possono prevedere campi di testo, check box e caselle di riepilogo a discesa.

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semplice, veloce e meno impegnativa e avrebbero anche facilitato la

successiva fase di codifica dei dati. Le domande aperte, invece,

avrebbero dato all’intervistato la possibilità di esprimersi liberamente

senza limiti di spazio, bilanciando eventuali condizionamenti derivanti

da risposte codificate e consentendo la possibilità di fornire nuovi dati

non esplicitamente richiesti.

Tra i vari metodi di data capturing attuati con l’ausilio del computer,

la metodologia adottata è forse la più elementare accessibile a

chiunque abbia una conoscenza base dell’uso del PC.

Presupposto di partenza per l’adozione di questa tecnica di ricerca era

che le unità di rilevazione avessero l’accesso alla rete internet e che, a

seguito di un contatto preventivo, fossero disponibili ad utilizzarla per

l’indagine. Il primo limite con cui si è scontrata questa premessa è

stato il constatare che non tutti gli intervistati avevano, presso la

struttura di appartenenza, un elaboratore collegato alla rete e/o un

recapito e-mail personale (cfr. la citata condizione degli Assessori e

gli emblematici casi dei Comuni di Buti e Crespina). Inoltre, avendo

adottato una tecnica di rilevazione di tipo CASI-Computer Assisted

Self Interviewing (Fabbris, 2000) in cui il questionario elettronico è

compilato dal rispondente senza ricorrere all’intervistatore,

l’eventuale disponibilità di mezzi informatici adeguati non

comportava automaticamente la capacità degli intervistati di gestire

efficacemente la rilevazione per quanto fosse resa il più semplice

possibile.

Adottare una metodologia di tipo CASI può comportare errori di

digitazione, di distrazione e di lettura e, soprattutto, basse garanzie di

sicurezza che il questionario sia compilato effettivamente dall’unità di

rilevazione individuata e senza condizionamenti di altre persone.

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121

Queste sono comunque tutte eventualità che presentano anche altre

modalità di invio dei questionari come la posta o il fax. Rispetto ai

metodi tradizionali, però, l’utilizzo di metodologie informatiche

presenta maggiori vantaggi relativi alla riduzione degli errori di data

entry, cioè gli errori di lettura o distrazione che si compiono nella fase

di compilazione e in quella di registrazione dei dati, e alla

diminuzione dei valori anomali, in quanto alcuni campi di inserimento

prevedono esclusivamente risposte predeterminate o in un formato

vincolato6. Inoltre nei questionari in formato elettronico la fase di

rilevazione agevola le fasi successive in quanto i dati si presentano già

su un supporto informatico pronti per la fase di codifica.

Un’altra prerogativa di questo tipo di contatto è quella di dare

all’intervistato la possibilità di gestire autonomamente la rilevazione.

L’onere dell’indagine dovrebbe essere alleviato dalla comodità di

compilare il questionario nel momento ritenuto migliore, senza la

presenza di estranei, dedicandogli il tempo che si vuole e potendolo

riprendere in più momenti successivi.

Ma il vantaggio indubbiamente più grande dato dall’adozione di una

metodologia CASI è stato il raggiungere ben 160 intervistati senza

spostamenti né appuntamenti nelle varie sedi oggetto della ricerca

ottenendo un notevole risparmio economico e di tempo. Uno dei

migliori pregi delle indagini di rilevazione computer assisted è infatti

quello di rendere meno cogente rispetto ad un metodo di ricerca

tradizionale il vincolo della numerosità delle unità di rilevazione in

quanto consente di contattare campioni anche molto numerosi

aggirando eventuali condizionamenti temporali ed economici.

6 L’esempio caratteristico è quello del campo “età” in cui si prevede esclusivamente un valore di due caratteri.

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Nell’indagine effettuata, però, il risparmio di tempo e costi ottenuto

non è stato compensato da un adeguato numero di risposte, pari a poco

più del 19% dei contatti.

Credo che le cause del modesto tasso di risposta conseguito possano

essere attribuite essenzialmente a due fattori: la mancanza di

dimestichezza con la tecnica di rilevazione adottata ed il basso grado

di coinvolgimento da parte degli intervistati. Questi svantaggi

avrebbero potuto forse essere circoscritti ricorrendo ad una tecnica di

indagine più tradizionale.

Attualmente un rischio frequente delle tecniche CASI sono le possibili

difficoltà da parte dell’intervistato nei confronti dello strumento

informatico, dovute magari alla poca familiarità nell’uso del personal

computer.

Nel caso specifico dell’indagine presso i Comuni della Valdera per

superare questo inconveniente ho cercato di rendere il questionario

accessibile a tutti i livelli di alfabetizzazione informatica che era

possibile incontrare. Il documento era semplice tecnicamente e curato

graficamente, con argomenti ben definiti e, per quanto possibile, breve

(anche se, a posteriori, ritengo che sarebbe stato meglio renderlo

ancora più breve). Inoltre ho cercato di conferirgli un aspetto chiaro,

gradevole e che trasmettesse l’idea di un documento di veloce

compilazione.

La difficoltà più grossa da affrontare è stata quella di invogliare i

destinatari a rispondere. Un sistema di comunicazione mediato dal

computer ovviamente non crea un’interazione diretta tra rilevatore e

soggetti rispondenti e questo, accanto al vantaggio di non provocare il

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124

4.2

Analisi dei dati

L’analisi delle risposte ottenute è stata condotta per sezione secondo la

struttura dei questionari. Le risposte dei due campioni sono state

esaminate insieme salvo la segnalazione di eventuali differenze

riscontrate.

Dall’analisi dei dati suddivisi per questionario si riscontra una

caratteristica ricorrente nelle risposte: gli amministratori contattati con

il questionario A tendono ad essere più ottimisti, a dare giudizi più

favorevoli e voti più alti. Il personale intervistato con il questionario B

invece si mostra più cauto nei giudizi e più critico, anche quando fa

delle valutazioni positive spesso constata delle cose da migliorare su

cui è necessario continuare a lavorare.

4.2.1 Atteggiamento nei confronti della Riforma

Globalmente il giudizio sulla Riforma Amministrativa avviata è

positivo per quasi tutti gli intervistati. La Riforma è ampia e

diversificata e non tutte le sue componenti sono ugualmente

apprezzate, ma solo il 9,7% del campione ne ha un parere

completamente negativo, soprattutto perché la reputa “scollegata dalla

realtà” e spesso “arrangiata”.

La quasi totalità del campione comunque ne ravvisava la necessità per

“svecchiare” il sistema ed allinearsi agli standard di efficienza ed

efficacia richiesti da una nuova concezione di Pubblica

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Amministrazione che ritiene l’ente locale erogatore di servizi, vicino

al cittadino e sempre più professionale e svincolato dalle pressioni

politiche. La maggioranza degli intervistati pensa che la Riforma sia

basata su concetti validi ed innovativi come la ristrutturazione

dell’ente secondo canoni aziendali (approccio manageriale ai

problemi, efficienza, elevata qualità dei servizi erogati, abbandono dei

lacci burocratici) ma che, proprio a causa delle novità che introduce,

essa implichi, per il superamento dei vecchi modelli operativi, radicali

cambiamenti procedurali, organizzativi e, soprattutto, nella mentalità

di dipendenti e amministratori. A quest’ultimo proposito un dirigente

del Comune di Pontedera ha citato nella sua risposta un passo

significativo di J.M. Keynes: “[…] la difficoltà non sta nelle idee

nuove, ma nell’evadere dalle idee vecchie, le quali, per coloro che

sono stati educati come lo è stata la maggioranza di noi, si ramificano

in ogni angolo della mente”.

Gli intervistati sono coscienti del fatto che la realizzazione della

Riforma è un processo che comporta delle difficoltà, che è ancora da

completare e che necessita, per essere assimilato, di tempo. Fra le

risposte ottenute si evince che lo strumento principale da attuare per

produrre il cambiamento è innanzitutto formativo: studio e

aggiornamento sono necessari per superare i vecchi modelli operativi

e le resistenze alla riorganizzazione e alla ridefinizione della mission.

Tra le domande di questa sezione si indicavano, come esiti primari

dell’applicazione della Riforma, la riorganizzazione interna degli enti

e il rapporto con l’utenza.

In merito al primo risultato le risposte sono concordi riguardo alla

necessità di una riorganizzazione dell’ente e alla modalità con cui

condurla. La linea guida di attuazione è stata quella di riuscire ad

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articolare la struttura in relazione ai servizi che intende offrire,

secondo un’attribuzione più chiara di compiti e responsabilità per

agevolare un efficiente funzionamento. Compatibilmente con le

difficoltà, date da carenze di dotazione organica e finanziaria, i

Comuni hanno cercato di introdurre i principali elementi di novità

indicati legislativamente senza mutamenti radicali, ma non tutti sono

pienamente soddisfatti dei risultati ottenuti. Il 12,9% del campione

ritiene che il processo di rinnovamento organizzativo abbia incontrato

dei limiti nella competenza professionale degli incaricati per servizio,

ritengono infatti la riorganizzazione dell’ente niente di più che una

ridistribuzione di responsabilità spesso “a manager di nome ma non di

fatto”. La maggioranza del campione, però, la considera una

potenziale fonte di miglioramento e constata che è un processo

dinamico, soggetto a frequenti aggiustamenti e correzioni anche per

evitare il rischio che nei piccoli enti comporti l’aumento della

burocratizzazione.

Fra le modifiche che più hanno inciso a livello organizzativo ricorrono

più frequentemente le risposte relative alla crescita di responsabilità di

gestione, a ruota quelle connesse alla trasparenza dell’ente e ad un

miglior servizio per il cittadino. In una posizione intermedia gli

intervistati citano l’esclusione dei politici dalla gestione, e quindi una

maggiore autonomia per settori e servizi, e le misure relative

all’incremento dell’efficienza dell’ente, quali la necessità di

programmazione, il rispetto della tempistica, la semplificazione dei

procedimenti. Sono residuali le misure intervenute in merito ad una

struttura orizzontale che consente una maggiore collaborazione tra gli

uffici, al decentramento delle competenze e all’introduzione di una

nuova metodologia di lavoro.

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127

In questo processo l’attenzione per gli utenti ha un ruolo centrale, è

giudicata dalla totalità del campione l’aspetto prioritario del processo

di rinnovamento. Tra i risultati ottenuti su questo versante gli

intervistati richiamano più frequentemente la trasparenza e la

semplificazione dei procedimenti. Ancora da ottenere è invece un

adeguato grado di efficienza.

Sul rapporto PA-cittadini c’è però ancora da lavorare: solo una parte

minoritaria dell’utenza ha percepito un cambiamento nel sistema, in

genere si riscontra una sfiducia a priori frutto di pregiudizi radicati nel

tempo.

L’ultima domanda della sezione chiedeva agli intervistati il significato

che avesse per loro la parola “innovare” nell’ambito della Pubblica

Amministrazione. Le risposte ottenute dal 42% del campione sono

relative all’attuazione di procedure di semplificazione ed efficienza

finalizzate ad un migliore rapporto con l’utenza. Il primo significato

dato a innovare è quindi l’attenzione per le esigenze della collettività

amministrata, obiettivo finale di ogni miglioramento; si conferma

nuovamente la centralità che assume l’utenza in questa fase di

rinnovamento per gli apparati comunali.

Al secondo posto innovare è sviluppare capacità gestionali. Gli

intervistati fanno riferimento alla creatività e allo sviluppo di strategie

di funzionamento estranee al diritto amministrativo (tecniche di

marketing, comunicazione, analisi dei processi, controllo di gestione,

valorizzazione delle risorse umane, project management, etc.), per

dare un volto nuovo all’attività amministrativa, tenendo ben presente

che si tratta di una funzione pubblica e quindi che non vi può essere

un travaso acritico dall’esperienza della sfera privata.

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Infine il concetto di innovazione è affiancato al conseguimento della

piena autonomia, ma è interessante notare che è una risposta indicata

esclusivamente dai politici (Questionario A) per un 27,3%, pari a solo

il 9,7% dell’intero campione.

4.2.2 La situazione dei Comuni in Valdera

Questa sezione analizza il coinvolgimento dei Comuni della Valdera

nel rinnovamento in atto. Le domande indagano separatamente quattro

aspetti dell’innovazione (procedure, tecnologia, organizzazione ed

utenza) richiedendo agli intervistati quali cambiamenti sono in corso

nel loro Comune e come valutano la propria situazione per ognuno di

questi temi. Il livello di eccellenza nell’innovazione dovrebbe

raggiungersi attraverso uno sviluppo integrato dei quattro aspetti

citati, ma questa correlazione non sempre accade8.

Dai dati analizzati i Comuni intervistati reputano di essere più o meno

allo stesso livello di innovazione. Però, relativamente alle innovazioni

tecnologiche, si segnala in tutti gli intervistati una tendenza a

giudicare l’operato del proprio Comune innovativo (35,5%) se non

addirittura all’avanguardia (25,8%), fatto che sembra smentito dalle

premesse di questa indagine vista la difficoltà ad attivare e mantenere

efficaci relazioni telematiche. Un’altra particolarità è data dalla

valutazione relativa all’innovazione organizzativa: è l’unico ambito in

cui si è avuto un giudizio negativo, il 12,9% del campione ha indicato

“per niente innovativo” l’operato del proprio Comune relativamente

8 Ad esempio per esplicare al meglio i suoi effetti la semplificazione procedurale dovrebbe essere supportata da innovazioni in campo tecnologico (introduzione di nuove metodologie e strumenti di lavoro) ed organizzativo (chiara individuazione dei responsabili dei processi).

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all’organizzazione, tra l’altro uno dei settori in cui i Comuni

intervistati investono di più9.

Dalla codifica del Questionario A si evince infatti che gli investimenti

innovativi in Valdera sono orientati innanzitutto alla razionalizzazione

dell’organizzazione della propria struttura per adeguarsi alla nuova

autonomia e ai nuovi compiti di front office assegnati. Seguono poi gli

investimenti finalizzati alla “centralità dell’utenza” (per cui attività di

comunicazione, informazione, semplificazione…) e quelli in tema di

e-government (a partire dall’adeguamento informatico).

L’innovazione procedurale riguarda per lo più azioni attente alla

semplificazione delle procedure e all’alleggerimento burocratico

secondo i recenti indirizzi legislativi. Fra le misure attuate ricorrono

frequentemente la realizzazione del SUAP, regolamenti più semplici,

la gestione in forma associata dei servizi, l’adozione di una

modulistica uniforme e generalizzata reperibile anche da internet,

l’adozione di standard di gestione condivisi da più uffici... Le

innovazioni segnalate hanno prodotto un miglioramento del lavoro

riscontrato soprattutto nella riduzione dei tempi di processo. Tuttavia

il cambiamento, per quanto sensibile, copre solo parte del lavoro

svolto, non è né omogeneo né generalizzato ed è affrontato dai

Comuni senza un’operazione sistematica di reingeneering delle

procedure ai fini del loro snellimento.

In campo di cambiamenti tecnologici internet e l’informatizzazione

“estensiva” del Comune costituiscono l’innovazione principale.

L’aggiornamento e la diffusione degli strumenti informatici sono

condizioni iniziali e imprescindibili per la realizzazione di pratiche di 9 È significativo che questo giudizio provenga esclusivamente da rispondenti del Questionario B. La riorganizzazione in atto è analizzata anche nella precedente sezione del questionario (cfr. paragrafo 4.2.1 Atteggiamento nei confronti della Riforma, p.124 ss.).

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e-government, ma indicano anche che, al contrario di quel che

valutano gli intervistati, la condizione dei Comuni in Valdera in tema

di innovazione tecnologica non è affatto innovativa.

Indubbiamente l’informatizzazione di tutti gli uffici, l’aggiornamento

di macchinari e programmi e la realizzazione di siti internet hanno

costituito un grosso lavoro per impegno e risorse, ma i risultati, seppur

discreti e riconoscibili subito in un innalzamento della qualità del

lavoro e delle risposte date ai cittadini, necessitano di ulteriori

adeguamenti. Solo alcuni Comuni (Pontedera, Bientina e Calcinaia)

hanno già iniziato ad attivare le prime sperimentazioni in campo di e-

government: rapporti con i cittadini attraverso le nuove forme di

comunicazione, modulistica in rete, adesione alla rete civica,

attivazione di call center.

Il settore organizzativo è quello in cui si riscontrano maggiori

difficoltà di cambiamento sia per resistenze di ordine culturale che per

la necessità di operare compatibilmente alle risorse economiche e di

organico in dotazione. È il punto che è apparso più complesso

nell’intera gestione dell’innovazione probabilmente per l’interazione

tra componente politica, dirigenziale e personale dipendente e per le

difficoltà connesse al rispetto dei ruoli. Nei Comuni si è assistito a

varie operazioni10, non sempre valutate positivamente, alla ricerca di

un’organizzazione razionale e flessibile per ottenere un migliore

risultato in termini di efficienza.

Le domande relative all’innovazione nei confronti dell’utenza

confermano il ruolo di primo piano riservato ai cittadini nel “nuovo

10 Redistribuzione delle mansioni e dei compiti della struttura, istituzione di nuove figure professionali, individuazione di figure apicali dotate di autonomia e responsabilità gestionale, accorpamento di alcuni uffici, gestione in forma associata di alcuni servizi.

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volto” della PA. Le misure adottate sono di vario tipo11 e puntano

essenzialmente a creare un rapporto migliore con l’utenza. Fra le tante

mi sembra interessante, ed è frequente nelle risposte, il riferimento

alla realizzazione di un URP “allargato”, uno sportello polivalente con

funzioni di front office del Comune che riduce i referenti

dell’amministrazione e ottiene così una semplificazione per il

cittadino che potrà rivolgersi esclusivamente ad un ufficio (è lo stesso

criterio logico che le imprese trovano applicato nel SUAP).

L’ultima domanda della sezione, infine, indaga il mezzo con cui, nelle

Amministrazioni studiate, sono veicolati i cambiamenti tra i

dipendenti.

62%13%

0%

24%

1% 0% corsi di formazione / convegni

periodico dell'ente

mailing list

gruppi di lavoro

nessuna misura

altro

Figura 4.3 – Strumenti di diffusione dell’innovazione.

Era possibile dare una risposta multipla, le variabili più segnalate sono

le attività formative (il campione indica al 90% i corsi di formazione,

al 52% i convegni) e i gruppi di lavoro eterogenei finalizzati al

raggiungimento di determinati obiettivi (indicati dal 55% del

campione). Una parte residuale riveste la diffusione di un periodico

dell’Amministrazione, citato dal 29% degli intervistati soprattutto

rispondenti del Questionario A, mentre risulta totalmente assente una 11 Ad esempio attenzione alla semplificazione e accessibilità degli atti, maggiore chiarezza di informazioni, promozione dell’utilizzo dell’autocertificazione, orario di apertura esteso, riduzione dei referenti nell’ambito dell’amministrazione, apertura di nuovi e molteplici canali di comunicazione (sito web, televideo regionale, periodico dell’amministrazione alle famiglie…).

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comunicazione via mail finalizzata a questo scopo. La figura 4.3

indica la distribuzione degli strumenti di diffusione dell’innovazione

segnalati.

4.2.3 La formazione del personale

La formazione del personale di livello apicale svolge un ruolo

essenziale ai fini dell’implementazione dell’innovazione. Essa è

importante non solo per l’aggiornamento sulle specifiche materie di

competenza, ma anche perché è lo strumento principale attraverso il

quale si coordinano i cambiamenti e si recepiscono mentalità e

modelli di comportamento nuovi per gli enti pubblici.

Fra gli intervistati, però, ben il 32% dichiara di non aver frequentato

corsi di formazione durante l’ultimo anno e un 10% non risponde

(Figura 4.4). Il 58% di coloro che hanno partecipato ad azioni

formative è costituito per massima parte dal personale tecnico-

amministrativo (il 70% dei rispondenti del Questionario B ha

dichiarato di aver partecipato a corsi di formazione). Questo dato

evidenzia che la componente politica, in genere, non è destinataria di

attività formative, infatti ha partecipato a corsi di formazione solo un

36% dei rispondenti del Questionario A, costituito principalmente da

Segretari Comunali e Direttori Generali. Dall’analisi delle risposte alle

domande aperte di questa

sezione emerge un dato

molto interessante: tra i

rispondenti del Questionario

A risalta l’opinione che Figura 4.4 – Partecipazione a corsi di formazione.

10%

58%32%

sinonon risponde

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sarebbe necessario coinvolgere di più la parte politica nei percorsi

formativi in modo che, nell’indipendenza dei ruoli, ci possa essere

maggiore condivisione di idee, competenze e azioni con la parte

gestionale del Comune.

I rispondenti del Questionario B risultano per il 65% soddisfatti e

abbastanza soddisfatti di come la formazione svolge il suo ruolo. Le

carenze individuate sono di tre tipologie: innanzitutto gli intervistati

segnalano che andrebbero aumentate le azioni formative, ma si

rendono conto che la limitatezza dell’organico, combinata alla

necessità di garantire i servizi e ridurre le disfunzioni nel processo

lavorativo, la rendono una cosa difficoltosa. Un secondo ordine di

critiche constata che, talvolta, mancano le risorse sufficienti per

realizzare ciò che si è appreso a livello teorico per cui i vantaggi

formativi non hanno ricadute pratiche nell’organizzazione dei servizi

comunali. Infine alcuni fruitori segnalano che spesso si utilizzano

moduli formativi preconfezionati che certe volte non sono aderenti

alle peculiarità del proprio Comune e, in parallelo, i responsabili della

formazione rilevano la mancanza di un’attiva collaborazione fra le

componenti dirigenziali nella predisposizione di piani formativi

adeguati alle esigenze dell’ente.

Gli intervistati ritengono che per il personale direttivo vadano

sviluppate attraverso apposite azioni formative per prima cosa le

tematiche relative alle nuove competenze di ruolo (gestione risorse

umane e management). Segue l’esigenza di un tipo di preparazione

“pratica”, immediatamente spendibile, relativa alle procedure

informatiche ed all’aggiornamento legislativo. La programmazione

formativa degli enti pare concorde alle esigenze del personale,

giacché, a detta degli intervistati, si focalizza primariamente sullo

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sviluppo delle nuove attitudini dei ruoli apicali attivando corsi in tema

di management e, in particolare, di gestione delle risorse umane.

Tuttavia i corsi più frequentemente indicati dalla quota del campione

che ha partecipato ad attività formative sono quelli relativi alle

competenze informatiche.

4.2.4 Il management

I requisiti caratterizzanti la figura del manager pubblico sono ravvisati

principalmente nelle competenze professionali di settore, nelle

capacità di gestione delle risorse umane e, in subordine, in doti e

qualità personali. Per diventare manager pubblico occorre dunque

tener conto sia delle condizioni di contesto che delle caratteristiche

individuali dei singoli soggetti.

La professionalità è la competenza che emerge nettamente sulle altre,

include abilità tecniche e culturali adeguate per il ruolo e attenzione

per i cambiamenti e l’innovazione. Il primo aspetto è frutto di

esperienza e formazione che consentono conoscenza del contesto,

elevata preparazione tecnica, informatizzazione e aggiornamento

normativo. Il secondo aspetto prevede la volontà e la capacità di

gestire l’innovazione ed un orientamento alla flessibilità.

Le competenze relative alla capacità di gestione delle risorse umane si

possono articolare in attitudini organizzative e capacità direttive. Il

primo aspetto attiene all’ambito relazionale e comunicativo, si

manifesta nella capacità di stimolare la collaborazione, di creare un

clima di team e di coinvolgere il personale sull’importanza di

raggiungere un obiettivo in modo che ciascuno lo faccia proprio così

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da avere collaboratori idonei e preparati. Il secondo aspetto invece

lambisce le doti personali, infatti attiene alla sfera della leadership che

comporta sia preparazione tecnica al ruolo e consapevolezza della

propria funzione che attitudine personale.

Il ruolo di leader comporta abilità nell’affrontare le situazioni e

prendere le decisioni, capacità di analisi e sintesi, attitudine a rendersi

autorevoli e capacità di comando, propensione all’assunzione di

responsabilità. Queste caratteristiche possono essere aiutate da una

certa predisposizione mentale e caratteriale, e qui si inserisce l’elenco

delle doti personali utili allo svolgimento del ruolo indicate dagli

intervistati: innanzitutto doti relazionali (disponibilità di ascolto,

predisposizione all’interazione, capacità di mediazione), poi un

atteggiamento sereno e positivo verso i problemi da affrontare.

La quasi totalità del campione reputa l’adozione di una cultura

gestionale nella conduzione degli enti pubblici una risorsa positiva per

l’innovazione. Tuttavia gli intervistati ritengono che sia necessario

ancora del tempo prima che si possa parlare di una specifica

professionalità manageriale da parte dei dipendenti pubblici.

Nei Comuni contattati la presenza di una competenza professionale

manageriale è, in linea di massima, di recente acquisizione (come

indica il 48% del campione). Gli intervistati ritengono che possa

svilupparsi principalmente attraverso la formazione in presenza di

determinate qualità personali. Da notare che, al fine di sviluppare

professionalità apicali dotate di caratteristiche manageriali, i

rispondenti del Questionario B puntano, più della componente

politica, sull’importanza delle doti personali, e che i rispondenti del

Questionario A considerano molto più dei tecnici-amministrativi

l’importanza del ricorso alla collaborazione ed alla comunicazione con

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altre amministrazioni pubbliche probabilmente per condividere

esperienze, concertare i percorsi di innovazione e stimolare pratiche di

benchmarking.

Infine questa sezione indaga il tema

della pari opportunità di accesso al

ruolo di manager pubblico (figura 4.5).

Alcune considerazioni in proposito

sono già state fatte in merito alla

composizione del campione (cfr.

pp.115-116). Ovviamente è garantita

una parità di trattamento fra i generi,

ma per il 16% del campione

rispondente (5 su 31, tutte donne tranne

uno) non sempre è praticata. L’analisi

della situazione dei Comuni di

appartenenza riporta un 10% di

intervistati che ritiene ci siano

discriminazioni sessuali nell’ente in cui lavora (3 su 31, due

rispondenti non confermano la risposta precedente per il proprio ente).

Credo che si possa far confluire la quota del 32% dei non rispondenti

a questa domanda fra coloro che ritengono che esistano pari

opportunità per l’accesso ai ruoli apicali della pubblica

amministrazione. Ciò perché questi intervistati hanno risposto

positivamente alla precedente domanda che indagava l’argomento a

livello generale ed anche perché alcuni hanno ritenuto, a commento

della loro mancata risposta, che si trattasse di una domanda inutile e

datata.

generale

84%

16%

nel Comune

58%

10%

32%

si no non risponde

sisi

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Non è messa in discussione l’uguaglianza di capacità e di

preparazione al ruolo che possono avere uomini e donne, ma si

constata che, in genere, nella distribuzione delle cariche di vertice è

preferito un uomo. Chi non ritiene che ci siano delle disparità di

trattamento fa notare che sono offerte analoghe possibilità non sempre

colte dal personale femminile e che nella distribuzione delle cariche di

vertice sono determinanti la preparazione e le capacità e non il genere,

inoltre constata che le presenze femminili nella Pubblica

Amministrazione sono maggiori di quelle maschili per cui

potenzialmente le donne hanno più opportunità. Chi invece pensa che

esistano delle discriminazioni, o comunque degli ostacoli ad una parità

di trattamento nella distribuzione delle cariche di vertice, le attribuisce

al fatto che è tuttora diffusa l’opinione che il “peso” della famiglia

renda una donna meno affidabile sul lavoro.

4.2.5 Gli effetti sulle aspettative di ruolo

Nel questionario si affronta anche il rapporto tra gestione

amministrativa e piano politico nell’ente locale, con lo scopo di capire

se esiste un confine tra le rispettive aree di competenza.

Nelle intenzioni della Riforma era prevista una separazione della

programmazione politica dalla gestione amministrativa, nella realtà

indagata il cambiamento riscontrato è parziale: si assiste ad un

maggiore sforzo, rispetto al passato, nel mantenere distinte le due

sfere di influenza, ma permangono comunque intrusioni del piano

politico nella gestione amministrativa.

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I ruoli apicali che si occupano della gestione dell’ente hanno maggiori

responsabilità e autonomia operativa, ma oltre a doversi confrontare

con lo staff politico – come è giusto – per il raggiungimento degli

obiettivi che questi ultimi fissano, continuano a subirne le interferenze

sul piano di lavoro. Il permanere di queste ingerenze è attribuito, dagli

intervistati, alla difficoltà per i politici di abbandonare il ruolo finora

ricoperto12, anche perché si riconosce che gli strumenti e le procedure

scelti ed utilizzati nel management non sempre sono politicamente

neutri rispetto ai risultati attesi, comportano delle scelte vale a dire il

privilegiare alcuni interessi piuttosto che altri, per cui gli

amministratori non possono non occuparsi anche della gestione, sia

pure indirettamente. Inoltre un’altra giustificazione ad una stretta

commistione tra politica e gestione è fornita dalla constatazione che

nei centri di piccole dimensioni, quali i Comuni della Valdera, è

strictu sensu forte la compenetrazione ed è difficile mantenere una

netta distinzione dei ruoli.

In ogni modo, nonostante le difficoltà, l’insieme dei responsabili

contattati per il Questionario B afferma a maggioranza (l’80%) di

essere soddisfatto dei cambiamenti intervenuti perché sono aumentati i

compiti, ma ha maggiori possibilità di organizzare e gestire il lavoro

autonomamente.

In genere nei contesti locali la leadership politica mantiene rapporti

funzionali con le tecnostrutture consentendo ai funzionari più motivati

di operare con sufficienti gradi di libertà nell’ambito di programmi di

lavoro concordati (CENSIS, 2002a, p.15). Nonostante ciò i nuovi

compiti di mediazione tra lo staff politico e la line tecnica sono molto

12 È stato chiamato il “ruolo di prima donna”, di diretto responsabile e referente delle istanze del cittadino-elettore.

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delicati e il responsabile gestionale deve cercare di tradurre in azione

le volontà politiche portando l’amministratore a valutare attentamente

le varie soluzioni che si presentano e a comprendere le eventuali

difficoltà operative, spesso ignorate o sottovalutate dalla parte politica.

Un’altra ripercussione sul ruolo delle figure apicali si riscontra nel

rinnovato senso di appartenenza all’ente e nella stimolante condizione

di sentirsi parte attiva nella gestione dell’innovazione (come afferma

l’80% degli intervistati). Lavorare per creare una pubblica

amministrazione efficiente e valorizzare il servizio pubblico e la

soddisfazione per i miglioramenti che si ottengono in questo senso

accrescono la motivazione professionale e fungono da stimolo per

ulteriori progressi. Al tempo stesso, però, le realizzazione lavorativa è

bilanciata da fattori che costituiscono motivo di amarezza e

malcontento, quali il sovraccarico delle incombenze e la mancanza di

un adeguato riconoscimento economico a seguito dell’assunzione di

nuovi compiti e responsabilità.

4.2.6 L’informatica

Nell’ambito della Riforma l’informatizzazione della pubblica

amministrazione è forse l’immagine migliore da contrapporre all’idea

di un’amministrazione burocratica, cupa ed ingolfata. La rivoluzione

tecnologica ha decisamente innalzato il livello di qualità del lavoro

degli enti pubblici, ma, salvo indirizzi e dichiarazioni d’intenti, ancora

non sono in atto, in tutti i Comuni, quegli indispensabili mutamenti

organizzativi per cogliere interamente le opportunità che

l’informatizzazione e la rete possono produrre in termini di libera

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circolazione delle informazioni, semplificazione e velocizzazione dei

procedimenti amministrativi, riduzione dei costi, innovazione e

miglioramento della comunicazione interna ed esterna

all’amministrazione.

Dall’indagine condotta è parso evidente che esistono marcate

differenze in questo settore fra i 14 Comuni contattati: accanto ad

amministrazioni tecnologicamente all’avanguardia, ci sono enti che

non hanno né sito web né indirizzi ufficiali di posta elettronica per le

comunicazioni con i cittadini, e mancano anche di un collegamento ad

internet per tutti i dipendenti. Tutto questo ha indubbiamente

condizionato il lavoro di ricerca giustificandone, in parte, sia i ritardi

rispetto ai tempi convenuti, che il basso tasso risposta.

Relativamente ai dati codificati si evince che tutti i rispondenti hanno

modo di utilizzare, con regolarità e per qualsiasi necessità, internet e

la posta elettronica.

Per quanto riguarda il livello di informatizzazione del Comune di

appartenenza, valutato tenendo conto delle conoscenze informatiche

del personale, del rapporto computer collegati alla rete/dipendenti, di

quanto internet è utilizzato come strumento di lavoro, dell’effettivo

utilizzo della tecnologia informatica nei servizi dell’Amministrazione,

gli intervistati ritengono a maggioranza, salvo poche eccezioni pari a

meno del 13%, che il loro ente possegga un grado di

informatizzazione medio-elevato. Va comunque ricordato, per questa

risposta forse più che per le altre, che si tiene conto solo di poco più

del 19% dei contatti, che non risultano rappresentati i comuni di Buti,

Chianni, Lari e Palaia e che si presume che in buona parte le ragioni di

questi mancati contatti siano da assegnare alla metodologia di ricerca

adottata, che presupponeva un grado di informatizzazione, relativa

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141

non solo agli strumenti e alle competenze, ma anche alla “familiarità”

con il mezzi telematici, di un buon livello.

Quasi all’unanimità (al 93,5%) il campione ritiene che il processo di

informatizzazione abbia valorizzato l’attività dell’ente, principalmente

riducendo i tempi di azione, riqualificando comunicazione e

informazione, e fornendo un migliore servizio all’utenza attraverso

misure che hanno avvicinato il cittadino all’amministrazione. L’unica

risposta negativa a questo argomento (l’altra è una mancata risposta)

rimanda a resistenze culturali che indubbiamente ancora permangono

non solo negli enti contattati ma in tutta la società, nello specifico fa

riferimento al valore che ancora ha la “carta”, tuttora non sostituita da

documenti virtuali seppur di piena validità giuridica13.

Si è poi indagato in merito all’applicazione di concrete misure di e-

government: ai primi posti tra le risposte risultano l’attivazione del

sito internet del Comune e l’avvio di rapporti telematici con altre

pubbliche amministrazioni (Figura 4.6).

Molto alta è anche l’indicazione dell’adesione alla Rete Civica

Unitaria della Valdera (e del Valdarno), un progetto, inserito nel

circuito della Rete Telematica regionale, grazie al quale gli enti

aderenti renderanno disponibili a cittadini e imprese molteplici e

differenti prestazioni: servizi di informazione (su gare e concorsi, su

pratiche, autorizzazioni, eventi culturali, opportunità turistiche del

territorio), servizi anagrafici (certificazioni elettroniche), servizi

13 A tale proposito l’intervistato rende bene l’idea con questa affermazione: “non sono superati (superabili?) i consueti schemi comportamentali: la carta è qualcosa di fisico che si vede e si tocca!”. Io stessa nel mio lavoro posso constatare la stessa condizione: mi sto occupando di accertamenti sulle dichiarazioni sostitutive ai sensi del DPR 445/00 e pertanto ho attivato diversi canali di comunicazione telematica (come consente la legge) con tantissime pubbliche amministrazioni e ditte private. Mi rendo conto che molte amministrazioni, soprattutto Comuni di piccole dimensioni e scuole, non usano o, nel migliore dei casi, non ritengono valida o ufficiale la comunicazione telematica e pretendono richieste e danno risposte esclusivamente per fax e lettera.

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sanitari (prenotazione prestazioni, pagamento ticket), servizi comunali

(pagamento servizi scolastici, multe), servizi per le aziende pubbliche

(pagamento bollette, attivazione utenze), servizi per l’istruzione

(iscrizione a asili comunali, scuole, università), servizi tributari

(interrogazione sulla situazione contributiva personale, pagamento

tributi), servizi di mobilità (rilascio di permessi ZTL, pagamento

parcheggi, abbonamento mezzi di trasporto) e servizi di

comunicazione (posta elettronica, gruppi di discussione, accesso a

banche dati).

27%

19%

24%

10%

2%

3%

8%

5%2%

0%0%

Sito ComuneRete civicaRapporti PAComunicazione utenteCarta identità elettronicaFirma digitaleTelelavoroTeleformazionePotocollo InformaticoPortale SUAPCall center

Figura 4.6 – Interventi di e-government in Valdera.

Sono in fase di prima realizzazione il protocollo informatico e la

realizzazione di una comunicazione di rete interattiva, e non più solo

informativa, con l’utenza. Si presentano invece in una fase ancora di

studio passi importanti per la realizzazione dell’e-government come

l’attivazione della carta di identità elettronica e della firma digitale.

Infine nei Comuni contattati non sono contemplati progetti innovativi

di telelavoro e teleformazione.

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143

4.2.7 Il rapporto con l’utenza

In seguito a modifiche organizzative sostanziali, come la creazione ed

il potenziamento di appositi uffici per l’utenza (quali l’URP o il

SUAP) e le maggiori funzioni attribuite a seguito delle riforme

legislative e costituzionali, i Comuni hanno decisamente aumentato i

loro compiti e migliorato i loro rapporti nei confronti della

cittadinanza. L’espansione dei servizi è stata perfezionata da una

nuova attenzione per il cittadino, l’amministrazione mostra maggiore

interesse agli input ed ai feedback provenienti dall’utenza ed alla sua

soddisfazione, ma non sempre i cittadini percepiscono la portata

dell’innovazione in corso: pur essendo aumentata la consapevolezza

delle attenzioni e dei diritti di cui godono permane un certo disincanto

nei rapporti con le amministrazioni pubbliche.

Ai rispondenti del Questionario B è stato chiesto di individuare le

competenze e le caratteristiche del personale che ritengono più

importanti per migliorare i servizi (Figura 4.7).

I risultati indicano al primo posto la capacità di adattamento dei

dipendenti ai cambiamenti di servizio, è poi data importanza

all’apporto individuale reso all’interno di un gruppo di lavoro, alla

qualità dei rapporti con i colleghi e ai risultati conseguiti dal gruppo.

Da queste indicazioni emerge l’importanza del sapersi adattare ai

mutamenti organizzativi (la flessibilità) e del saper lavorare in team.

Da questi risultati l’individualità professionale non ne esce sminuita,

bensì emerge come valore aggiunto al lavoro di gruppo.

È interessante notare che fra le qualità indicate l’anzianità di servizio è

decisamente all’ultimo posto, indice che gli intervistati non ritengono

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assolutamente necessaria una lunga esperienza di servizio per dare

prestazioni efficienti all’utenza.

0123456789

10

adatt

amen

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appo

rto in

divid.

..

rappo

rti co

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uppo

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lemati

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prese

nza

Figura 4.7 – Media valori per variabili di miglioramento di servizio.

Nella stessa sezione si indaga la valutazione delle prestazioni.

L’adozione di misure di rilevazione della performance può essere un

modo per affrontare i problemi dell’amministrazione, in particolare

può rappresentare un potente meccanismo di conoscenza dei processi

e di apprendimento organizzativo che può servire a stimolare

miglioramenti, a spingere alla riduzione dei costi e a creare le

condizioni per elevare le motivazioni (Cerase, 1998, p.71).

La valutazione delle prestazioni è considerata dal 93% degli

intervistati uno degli strumenti utili per un migliore funzionamento del

Comune. Gli intervistati infatti riconoscono che, se svolta con rigore e

professionalità, permette di monitorare l’organizzazione dei servizi e

delle procedure e di verificare sia il raggiungimento degli obiettivi che

la qualità del percorso attuato mettendo in luce eventuali nodi da

correggere o potenziare. Il campione tende anche a sottolinearne le

potenzialità di stimolo al miglioramento delle performance, ma

qualcuno ne riconosce pure le difficoltà di applicazione considerando

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che l’attività di valutazione è una materia delicata soggetta al rischio

di condizionamenti personali. Rischio reale, tuttavia va ricordato che

per cercare di evitare il rischio di un uso persecutorio della

valutazione, il procedimento è ispirato ai seguenti principi: diretta

conoscenza dell’attività del valutato, doppio grado di valutazione e

partecipazione al procedimento (o accettazione) da parte del valutato

(Soda, 2000, p.123).

4.2.8 La realtà strutturale del territorio

Dal punto di vista socio-economico la Valdera è considerata da circa

la metà campione contattato (51,61%) una realtà dinamica in fase di

rilancio. La vocazione economica dell’insieme del territorio

maggiormente indicata è l’artigianato (caratteristici della zona sono il

settore del mobile ed il restauro). Seguono a ruota il turismo

(principalmente agriturismo ma anche termalismo a Casciana Terme)

e il commercio. Un po’ più distaccati sono l’industria e il settore dei

servizi. Almeno nelle percezioni degli intervistati, quindi, l’industria

non è più il solo settore trainante dell’economia della Valdera: è

ancora forte l’influenza della Piaggio e del suo indotto ma, nonostante

le problematiche di fondo legate al settore dell’industria, l’area è

riuscita a promuovere l’espansione di altre potenzialità economiche e

ad incrementare il grado di differenziazione produttiva della zona

grazie alla nascita di nuove opportunità derivanti da un diverso

utilizzo del territorio e dal progressivo sviluppo di nuove attività

altamente specializzate, dinamiche e flessibili (servizi alle imprese,

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nuove tecnologie, assemblaggio e distribuzione computer… Cfr.

paragrafo 3.2.2 Il Sistema Valdera, p.95 ss.).

Riguardo agli interventi specifici che si ritiene utile intraprendere per

il territorio gli intervistati sottolineano, innanzitutto, la necessità di

marketing territoriale per attrarre imprese ed investimenti. Segue la

proposta di azioni e interventi infrastrutturali per il miglioramento

della viabilità e il collegamento con le grandi vie di comunicazione.

Infine segnalano un piano di sviluppo territoriale maggiormente

integrato tra i diversi settori, compatibile, concordato e condiviso con

tutte le comunità che compongono la Valdera: gli intervistati,

consapevoli che un più forte sviluppo passa sicuramente da un

migliore coordinamento delle risorse impegnate, sottolineano la

volontà di agire sempre più in forma di sistema.

4.2.9 Regione e Unione Europea

In quest’area tematica il questionario ha cercato di indagare quale

rilevanza avesse la Valdera sul piano delle strategie di sviluppo

regionali e comunitarie. In questa sezione pertanto sarebbe emerso il

livello di conoscenza del contesto da parte degli intervistati che però

non hanno approfondito molto le loro risposte, per cui, per una

trattazione più approfondita dell’argomento, si rimanda al capitolo 3 Il

ruolo della dimensione locale (p.67 ss.).

Per quel che riguarda la programmazione regionale i Comuni

partecipano ai processi di formazione dei piani attraverso le forme di

concertazione e consultazione attivate dalla Regione, con l’obiettivo

di favorire lo sviluppo del proprio territorio e di tutelare gli interessi

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della propria comunità. Alcuni intervistati sottolineano il ruolo

strategico della Valdera (e di Pontedera) all’interno del sistema Area

Vasta Costiera.

Riguardo ai collegamenti con l’Unione europea si ricorda che l’area

studiata, essendo inserita fra le zone in sostegno transitorio (phasing

out), ha avuto la possibilità di ottenere fondi strutturali per

l’attuazione di progetti specifici di sviluppo.

4.2.10 Conclusioni

Alla fine dei questionari si è chiesto agli intervistati di formulare un

giudizio sul processo di Riforma in corso nelle pubbliche

amministrazioni. Il rinnovamento praticato è, tutto sommato, giudicato

favorevolmente anche se molte attese sono andate deluse ed il

cambiamento non è stato così radicale come da più parti si aspettava.

Secondo gli intervistati c’è ancora bisogno di lavorare al

completamento del processo e per la completa assimilazione dei nuovi

principi ai quali si riferisce ora l’amministrazione. La difficoltà sta nel

vincere le resistenze che frenano il processo di modernizzazione e

cercano di mantenere i vecchi modelli operativi; come soluzione gli

intervistati indicano essenzialmente tre strade: la diffusione della

Riforma, la valorizzazione delle risorse umane e il cambio

generazionale.

L’estensione del processo di rinnovamento a tutte le amministrazioni

pubbliche appare necessaria per la piena realizzazione del

cambiamento: solo una sinergia di tutte le amministrazioni verso lo

stesso fine può garantire il superamento degli ostacoli e

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l’adeguamento a determinati standard delle componenti refrattarie alla

trasformazione.

La valorizzazione delle risorse umane è un investimento che gli enti

devono fare sulla professionalità dei loro dipendenti. Si traduce in

incentivi, penalizzazioni in caso di mancato adeguamento ma

soprattutto in formazione ed aggiornamento per veicolare un

mutamento di mentalità e far acquisire nuove capacità di gestione

manageriale.

Infine sarà importante il ricambio generazionale tra i dipendenti: per le

nuove leve sarà più facile adottare schemi professionali e concetti di

gestione innovativi.

4.3

Prospettive analitiche

L’innovazione è il processo tramite il quale si modificano

significativamente le forme di svolgimento di un’attività. Di fronte ai

fenomeni innovativi sono possibili tre tipi di atteggiamento: provare a

contrastarli, seguirli passivamente adattandosi a regole di

comportamento definite da altri, oppure proporsi come soggetti attivi,

attori e agenti del cambiamento, contribuendo alla definizione delle

nuove regole di funzionamento (Borgonovi, 2001a, p.1).

Il sistema analizzato propende tendenzialmente per la seconda

opzione, salvo eccezioni in un senso e nell’altro. Nel complesso

l’adattamento alla modernizzazione da parte dell’area Valdera risulta

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piuttosto lento, soprattutto per quel che riguarda l’aspetto tecnologico

e formativo. È invece migliore la situazione che riguarda la

comunicazione ed il rapporto con gli utenti, sicuramente facilitata

dalle ridotte dimensioni degli enti locali del sistema.

La prospettiva di analisi che mi risulta più evidente dal complesso dei

dati raccolti, e da quello dei dati non ottenuti, è l’impressione che i

sistemi di gestione degli enti locali, al di là delle norme e dei

regolamenti, siano molto differenti tra loro. Il funzionamento

dell’organizzazione mi pare infatti che possa modificarsi,

nell’invarianza degli assetti organizzativi e del quadro giuridico di

riferimento, al variare delle figure che la compongono (a maggior

ragione se apicali), delle loro doti e dei loro orientamenti. Si potrebbe

dire che gli enti vivono per come sono capaci di farli vivere gli attori

(singoli amministratori, giunte, dirigenti, funzionari…), è perciò

fondamentale il ruolo che ogni soggetto svolge all’interno dell’ente e

la qualità dell’apporto che riesce a dare al di là dei meccanismi

formalmente stabiliti.

Agire sulle persone, il cosiddetto “capitale umano”, sembra quindi

essere la condizione più importante per realizzare effettivamente

l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione: è per le loro

molteplici esperienze, nate nell’ambito di una cultura che favorisce il

cambiamento, che passa l’innovazione. Quest’ultima considerazione

suggerisce un invito a non disperdere le energie e il lavoro svolto, a

costituire un progetto unitario di innovazione dove convogliare le

esperienze intraprese dai singoli enti, onde evitare che rimangano dei

fatti slegati tra loro privi di ripercussioni sull’intero sistema pubblico.

La logica conduce ai concetti già analizzati di condivisione, scambio,

relazionalità, comunità di pratica, best practices, benchmarking…

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capisaldi delle teorie di rinnovamento dei sistemi amministrativi

pubblici.

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Conclusioni

L’obiettivo dell’indagine condotta era cercare di capire se le

innovazioni della società contemporanea e i cambiamenti in atto nelle

Pubbliche Amministrazioni promuovessero forme di sviluppo nella

prospettiva dell’ente locale.

La domanda iniziale che ha dato l’avvio al lavoro è stata

essenzialmente il chiedersi se il Comune potesse essere una struttura

promotrice di innovazione per se stesso e per il proprio territorio. Il

filo conduttore della ricerca è stato assumere una chiave di lettura del

modo di intendere lo sviluppo su scala locale come capacità ideativa,

di intervento e progettuale.

A partire dalle premesse strategiche delineate nel lavoro preparatorio,

ed esposte nella prima parte del lavoro, ho cercato di verificare i

risultati di applicazione di diffusi orientamenti teorici, che ormai

investono il campo della Pubblica Amministrazione, per capire quale

dimensione di realtà e quali possibilità di sviluppo si realizzassero in

Valdera.

Investigare sull’effettiva diffusione del New Public Management ha

comportato condurre un’indagine in cui le risposte da cercare

rischiavano di predeterminare i risultati e di far cadere nel tranello del

“cerca e troverai”. Per questo, a conclusione del lavoro, occorre più

che mai definire con precisione i risultati ottenuti.

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152

Si stanno effettivamente attivando riforme ispirate ai principi di New

Public Management: imposizioni normative, innovazioni tecnologiche

ed trasformazioni sociali delineano il percorso di innovazione della

Pubblica Amministrazione, e tutti gli enti, più o meno concordemente,

ne hanno intrapreso la strada.

Tante sono le disfunzioni di questo processo, soprattutto negli enti

locali di piccole dimensioni in cui spesso le scelte sono condizionate

da ridotte disponibilità finanziarie e di organico, e in cui, più che

altrove, si scontrano frontalmente innovatori e detrattori del processo,

scettici e ottimisti del cambiamento.

Per questo parlare di New Public Management ha forse poco senso nei

piccoli Comuni in cui limiti e resistenze risultano ben evidenti, ma è

indubbio che anche nelle loro realtà sono in atto cambiamenti alla

ricerca di maggiore efficienza e di riduzioni dei costi. Forse non in

tutti i Comuni alla stessa velocità, e all’interno dei Comuni non ancora

in tutti i servizi, ma si percepisce comunque un’evoluzione verso

logiche di public governance che vedono l’ente più vicino al cittadino

ridurre il numero dei servizi a gestione diretta e trasformarsi, nella

prospettiva di sviluppo locale, in un centro strategico di una rete

costituita da imprese, organizzazioni no profit e altre strutture

pubbliche1.

1 A livello locale i processi di New Public Management comunque esistono pur permanendo numerose contraddizioni ed improvvise accelerazioni. Le nostre esperienze sono tuttavia poco studiate a livello europeo soprattutto per la limitata diffusione in inglese dei relativi, interessanti, casi di studio (Meneguzzo, 1997a, p.565). Questa considerazione lancia una sfida all’internazionalizzazione, al cominciare a progettare e lavorare per diffondere e trasferire all’estero modelli teorici e soluzioni operative proprie delle nostre amministrazioni. Al momento la sfida è raccolta dal sito http://international.buoniesempi.it, sito internet in lingua inglese attivo dal Giugno 2004 che offre un’occasione di visibilità alle buone pratiche di innovazione promosse e realizzate dalle amministrazioni italiane e, insieme, costruisce uno spazio cooperativo per il contatto e lo scambio di esperienze nel contesto internazionale.

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Gli enti locali inoltre si trovano al centro di un fermento legislativo

importante che richiede alle amministrazioni un significativo

cambiamento sul piano culturale prima ancora che organizzativo.

Gli elementi culturali chiave consistono nella separazione delle

funzioni politiche da quelle manageriali-gestionali, nell’individuare

figure responsabili della complessiva gestione e nell’investire nella

loro competenza e motivazione. Nonché nell’assimilare concetti

relativamente nuovi per il settore pubblico come la convinzione che in

un “mondo globale” le performance di un sistema dipendono anche

dalle capacità del settore pubblico di progettare interventi per lo

sviluppo e di erogare servizi adeguati alle esigenze dei cittadini e delle

imprese; e come il principio per cui i soggetti pubblici devono operare

con la massima prossimità possibile al cittadino-utente, in modo da

interpretarne al meglio i bisogni e da far coincidere la qualità attesa

con quella erogata.

Gli strumenti di cambiamento passano attraverso il recepimento di

criteri di efficacia ed efficienza e tramite lo snellimento e la

flessibilizzazione delle organizzazioni, ancora troppo lente e

burocratizzate. Il cambiamento deve coinvolgere, prima delle strutture

organizzative e dei processi operativi, l’insieme delle persone e della

loro cultura e deve dare spazio agli innovatori, che divengono una

risorsa del sistema, lo strumento per la diffusione di nuove categorie

interpretative e di conoscenze, pratiche e approcci innovativi.

L’esigenza prioritaria della nuova Pubblica Amministrazione è quella

di acquisire le capacità per un autonomo adattamento alle

modificazioni che emergono sempre più rapidamente dalla società. La

nuova dimensione della Pubblica Amministrazione è quindi quella del

cambiamento continuo che può essere garantito attraverso l’attuazione

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di una nuova cultura professionale data dal miglioramento del

“capitale intellettuale”.

Il fattore umano assume perciò una rilevanza cruciale nel modello del

NPM come dimostrano le stesse istanze riformiste che basano il loro

successo su elementi come l’adesione culturale, l’interiorizzazione

individuale delle nuove norme e procedure e sull’effettiva

partecipazione. Tuttavia l’innovazione ancora non si presenta come un

insieme organico di inventiva tecnologico-organizzativa e proiettività

sociale: l’adeguamento delle prospettive sociali è molto più lento

dell’introduzione delle innovazioni, e il successo del cambiamento

sarà decretato solo dalla consapevolezza che i dipendenti delle

amministrazioni pubbliche riusciranno a raggiungere.

Il profondo mutamento culturale innescato dal meccanismo di Riforma

ha ripercussioni anche nelle imprese e nei cittadini per ciò che attiene

al sistema delle attese. Regole nuove associate a comportamenti

vecchi creano una grande incertezza in coloro che hanno rapporti con

il sistema pubblico, mentre invece un nuovo modo di agire, legato alla

qualità dei risultati ottenuti, può contribuire a dare ai cittadini

garanzie, a stimolare la partecipazione e a scalfire la delegittimazione

della Pubblica Amministrazione conseguenza della tradizionale e

diffusa sfiducia dell’utenza nei suoi confronti.

Ritengo che una buona amministrazione pubblica sia un diritto di

cittadinanza essenziale e il preparare la tesi sulla ricerca di modalità e

sperimentazioni per valorizzare il servizio pubblico ha accresciuto

ancora di più la mia motivazione professionale, già forte perché gli

stessi argomenti che ho studiato erano alla base della mia scelta di

lavorare per il sistema pubblico. L’entusiasmo è aumentato alla

notizia, di poche settimane fa, di ammissione al master post-laurea in

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155

“Comunicazione pubblica e politica”. L’Università di Pisa,

l’amministrazione per cui lavoro, mi dà l’opportunità di continuare gli

studi in uno dei settori principali del rinnovamento della Pubblica

Amministrazione, per cui il mio lavoro di tesi diventa il punto di

partenza per successivi, ulteriori approfondimenti di studio e

applicazione di pratiche.

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Appendice I Questionario e codifica dati

Attraverso questa appendice si intende illustrare la ricerca nelle sue

fasi procedurali: la presentazione dell’indagine, i contatti iniziali con i

Comuni, i questionari inviati e le tabelle create per la codifica delle

risposte ottenute.

Prima di procedere sento di fare doverosi ringraziamenti al Comune di

Pontedera e al Sindaco Paolo Marconcini, presidente della Conferenza

dei Sindaci della Valdera, per la promozione della ricerca presso i

Comuni dell’area di riferimento, e soprattutto al dottor Giovanni Forte

per l’interessamento ed i buoni suggerimenti.

Ringrazio inoltre tutto il personale politico e tecnico-amministrativo

dei Comuni interpellati che ha contribuito alla raccolta dei dati ed alla

realizzazione dell’indagine.

Un ringraziamento particolare per il mio professore Enrico Taliani per

l’incoraggiamento che non è mai mancato e i preziosi consigli.

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I contatti iniziali

L’indagine è stata presentata ai Sindaci della Valdera con una lettera a

firma dell’allora Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali

dell’Università di Pisa, professor Enrico Taliani, e del Presidente della

Conferenza dei Sindaci della Valdera, dottor Paolo Marconcini,

Sindaco di Pontedera (Figura AI.1).

Figura AI.1 – Lettera di presentazione (Comune di Pontedera, prot. n. 24066 del 15.05.2002).

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158

Successivamente sono stati contattati per e-mail i Comuni coinvolti,

attraverso le Segreterie comunali e gli URP, per ottenere un

organigramma aggiornato con l’indicazione dei nominativi e dei

recapiti e-mail delle posizioni interessate all’indagine, e precisamente

di Sindaci, Vicesindaci, Assessori

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Figura AI.2 – Mail per organigramma.

Figura AI.3 – Invio questionario.

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Figura AI.4 – Documento di presentazione per gli intervistati.

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*

*In entrambi i questionari la domanda 6 di prevede a fianco dei quattro settori elencati (procedure, tecnologia, organizzazione, rapporto con l’utenza) un menù a tendina con risposte predefinite tese a dare un giudizio sull’operato in proposito del proprio Comune. Le risposte possibili, per ognuno dei settori, sono: per niente innovativo, abbastanza innovativo, nella media con gli altri Comuni della zona, all’avanguardia.

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Codifica dei dati2

La codifica dei dati è stata fatta attraverso fogli di lavoro Excel: sono

state ridotte a schema le domande chiuse per le quali esisteva già una

griglia di risposte predefinite, ma anche alcune domande aperte in cui

le descrizioni in testo libero hanno evidenziato delle regolarità che ne

hanno reso possibile la sintetizzazione schematica nella fase di

codifica. Questo metodo di semplificazione ha consentito un quadro

degli item di rapida lettura evidenziando eventuali ridondanze nelle

informazioni e possibili modalità di risposta impreviste; ha inoltre

permesso un agevole e immediato confronto dei dati, che poteva poi

essere approfondito rileggendo il testo libero delle risposte.

Le tabelle di codifica riportate sono distinte per questionario dalla

lettera affiancata al numero di domanda e ordinate, per uno scorrevole

confronto, secondo le sezioni dei questionari stessi.

In alcune domande era richiesto per ogni variabile un giudizio

espresso con un voto da 1 (meno favorevole) a 10 (più favorevole). In

questo caso sono stati riportati i dati riepilogativi della tendenza

centrale (media, moda e mediana3), ritenendoli più indicativi della

successione dei voti data dagli intervistati.

2 I dati di cui si è venuti a conoscenza nel corso della ricerca sono trattati esclusivamente ai fini dell’indagine stessa, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n.196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”. Nell’illustrazione della presente codifica ho ritenuto opportuno celare nominativi e Comuni di appartenenza. 3 La media indica il voto complessivo con cui, tra tutte le votazioni riportate dagli intervistati, è qualificata una variabile. La moda indica il valore più ricorrente. La mediana è il numero, per ogni

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DATI ANAGRAFICI Distribuzione per sesso contatore valori A contatore valori B

Maschi 9 14 Femmine 2 6

Distribuzione per classi di età contatore valori A contatore valori B

< 30 0 1 30 – 39 3 4 40 – 49 2 9 50 – 59 1 6 > = 60 0 0

Non risponde 5 0

LA RIFORMA 1.A – 1.B DOMANDA APERTA

2.A media moda mediana

Federalismo amministrativo 7,3 7 7 E-government 7,3 8 8 Semplificazione 8,8 10 9 Centralità utente 8,7 10 10 Razionalizzazione 7,8 7 8

2.B media moda mediana

Semplificazione 5,8 6 6 Maggiore efficienza 6,5 6 7 Minori costi 4,7 7 6 Migliore servizio al cittadino 6,9 8 7 Motivazione professionale 6,2 6 6 Disorganizzazione e confusione ruoli 4,5 6 5 Minore efficienza 3,6 1 4 Maggiori costi 4,9 4 5 Scarsa informazione 8,0 ND 8

Nella domanda 2.B, relativa a quel che ha portato la Riforma, gli

intervistati hanno identificato nuove, interessanti, variabili come la

scarsa informazione, la sovrapposizione di competenze tra uffici e la

conflittualità latente tra sfera politica e tecnica, nell’analisi dei dati

variabile, che occupa la posizione centrale di un insieme di numeri, vale a dire che una metà dei numeri ha un valore superiore rispetto alla mediana, mentre l'altra metà ha un valore inferiore.

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9.A-13.B argomento contatore valori A contatore valori B Informatica 2 8 Gestione risorse 1 3 Processi decisionali 1 0 Aggiornamento professionale 1 4 Auditing (revisione dei conti- controllo interno) 1 0 Gestire la modernizzazione 0 1 Management e direzione 0 3 Comunicazione 0 3

IL MANAGEMENT

10.A-14.B requisiti dirigente DOMANDA APERTA

11.A risorsa per l’innovazione contatore valori Si 9 No 0 Non risponde 2

12.A-15.B presenza professionalità contatore valori A contatore valori B Nuova acquisizione 8 7 Già presente 1 7 Non esiste 0 5 Non risponde 2 1

13.A acquisizione media moda mediana

Formazione 8,4 10 8 Incentivi 6,9 8 7 Collaborazione tra PA 7,5 8 8 Nuove professionalità 7,0 7 7 Doti personali 7,6 6 7

16.B acquisizione media moda mediana

Formazione 7,7 8 8 Incentivi 6,5 8 7 Collaborazione tra PA 6,5 6 6,5 Nuove professionalità 6,3 7 7 Doti personali 8,6 8 8

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0123456789

10

Formazione Incentivi Collaborazione PA Nuoveprofessionalità

Doti personali

Quest A Quest B

Figura AI.5 – Modalità di acquisizione di professionalità manageriale, confronto Questionario A/Questionario B.

14.A-17.B pari opportunità contatore valori A contatore valori B Si 10 16 No 1 4 Non risponde 0 0

14.A-17.B pari opportunità Comune contatore valori A contatore valori B Si 9 9 No 0 3 Non risponde 2 8

18.B fattori da potenziare media moda mediana

Competenza 7,4 8 8 Autonomia 6,9 6 7 Responsabilità 6,9 8 7

IL RUOLO

19.B cambiamento compiti contatore valori Si 14 No 4 Non risponde 2

19.B aumento responsabilità contatore valori Si 15 No 3 Non risponde 2

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20.B > impegno e responsabilità contatore valori Si 20 No 0

20.B contatore valori Soddisfazione 16 Amarezza 5

21.B parte attiva contatore valori Si 16 No 4

22.B DOMANDA APERTA

15.A-23.B rapporto amm.ne/politica contatore valori A contatore valori B Si 9 15 No 2 3 Non risponde 0 2

16.A-24.B > autonomia operativa contatore valori A contatore valori B Si 9 12 No 1 5 Non risponde 1 2

25.B mediatore staff/line contatore valori Si 9 No 7 Non risponde 4

L’INFORMATICA

26.B utilizzo internet contatore valori Si 20 No 0

17.A-27.B livello informatizzazione contatore valori A contatore valori B Basso 0 3 Discreto 1 0 Medio 4 13 Elevato 4 4

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18.A interventi e-gov contatore valori Si 7 No 1 Non risponde 3

28.B interventi e-gov contatore valori

Sito Comune 17 Rete civica 12 Rapporti PA 15 Comunicazione utente 6 Carta identità elettronica 1 Firma digitale 2 Telelavoro 0 Teleformazione 0 Protocollo informatico 5 Portale SUAP 3 Call Center 1

19.A-29.B valore informatizzazione contatore valori A contatore valori B Si 11 18 No 0 1 Non risponde 0 1

IL RAPPORTO CON GLI UTENTI

30.B miglioramento servizi contatore valori Si 15 No 1 Non risponde 4

20.A servizi per l’utenza contatore valori

> servizi esterni 1 > servizi amministrativi 0 > entrambi 10 < servizi esterni 0 < servizi amministrativi 0 < entrambi 0 Nessuna variazione 0

21.A-31.B valutazione prestazioni contatore valori A contatore valori B Si 10 19 No 0 1 Non risponde 1 0

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32.B adozione sistema valutazione contatore valori Si 19 No 0 Non risponde 1

33.B per migliori servizi media moda mediana

Puntualità 7,5 8 8 Presenza 6,8 8 7 Anzianità 4,1 1 4 Adattamento 9,1 10 9 Rapporti colleghi 8,4 8 8 Risultati gruppo 8,1 7 8 Apporto individuale 8,5 10 8,5 Informazione telematica 7,7 8 8 Onestà 9,0 ND 9 Motivazione 8,0 ND 8

LA REALTA’ STRUTTURALE DEL TERRITORIO

22.A-34.B vocazione economica contatore valori A contatore valori B Industria 5 7 Turismo-Agriturismo 6 11 Commercio 6 10 Servizi 7 7 Artigianato 9 12 Agricoltura 0 4

23.A-35.B situazione Area Valdera contatore valori A contatore valori B Crisi 1 1 Statica 2 5 In fase di rilancio 6 10 Avanguardia 2 3 Non risponde 0 1

24.A progetti di sviluppo DOMANDA APERTA

36.B rapporti con il territorio contatore valori Si 18 No 0 Non risponde 2

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REGIONE E COMUNITA’ EUROPEA

26.A-38.B progr. regionale DOMANDA APERTA

27.A-39.B progetti UE contatore valori A contatore valori B Si 10 4 No 0 5 Non risponde 1 11

CONCLUSIONI

28.A-40.B giudizio rinnovamento DOMANDA APERTA

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Strumenti di lavoro

In questa sezione si radunano gli strumenti ritenuti utili per una

migliore consultazione del presente lavoro.

Nella prima parte è dato spazio al “Glossario” una raccolta di sigle e

termini nella loro accezione di uso comune in tema di rinnovamento

della Pubblica Amministrazione.

Nella parte successiva, “Riferimenti bibliografici”, vi è il rimando

classico, in elenco alfabetico per autore, ai testi e agli articoli

esaminati. Nella “Bibliografia tematica”, si riportano i suddetti testi di

riferimento suddivisi in relazione ai singoli temi trattati.

Vi è poi il rimando ai “Riferimenti normativi”, un elenco in ordine

cronologico delle norme richiamate nel corso della trattazione.

Infine la sezione “Link internet” indica una serie di siti internet utili

per approfondire le tematiche trattate. In merito si fa presente che i siti

internet sono soggetti a frequenti cambiamenti, pertanto gli indirizzi

segnalati potrebbero essere stati cambiati o disattivati.

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Glossario

ACCOUNTABILITY – Responsabilità attiva, il far interiorizzare alle persone l’importanza di ciò che fanno in modo da farle sentire responsabili nei confronti dei destinatari delle proprie decisioni e azioni.

AIPA – Autorità Informatica per la Pubblica Amministrazione, organismo collegiale con il compito di promuovere, coordinare e pianificare lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi automatizzati all’interno delle amministrazioni pubbliche.

ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani.

BENCHMARKING – Letteralmente è “il confronto con un indice”, indica il processo attraverso il quale un’organizzazione confronta i propri servizi, prodotti e procedure con esempi di qualità realizzati da altre organizzazioni.

BEST PRACTICE / BUONA PRASSI – È un esempio di innovazione riuscita, un servizio nuovo, o riprogettato, che funziona ed è riusabile o è già riusato in altre realtà.

COMUNITÀ DI PRATICA – Gruppo di persone accomunato dallo stesso interesse su temi specifici di innovazione che trova nello strumento della community, finalizzato allo scambio di competenze e conoscenze, un valido aiuto per la propria crescita personale e professionale.

DECENTRAMENTO – Il delegare autorità e responsabilità ai livelli organizzativi inferiori di modo che le decisioni siano prese da coloro che hanno una maggiore conoscenza della situazione ed un maggiore interesse per i risultati.

DEVOLUZIONE – Processo di decentramento a favore delle autonomie locali (Regioni, Province, Comuni). Consiste nel

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trasferimento di responsabilità e competenze dai governi centrali alle strutture periferiche più vicine ai cittadini secondo il principio di sussidiarietà.

DIGITAL DIVIDE – La disuguaglianza tra coloro che hanno gli strumenti informatici e le conoscenze per utilizzarli e coloro che non hanno né possibilità né capacità di accesso ai nuovi servizi. I divari digitali si riscontrano tra il centro e la periferia, tra gli enti grandi e gli enti piccoli, tra le aree forti e le aree deboli, tra i giovani e gli anziani.

DocUP Toscana / Documento Unico di Programmazione della Regione Toscana – È il piano che rende utilizzabili nel territorio regionale i fondi strutturali europei per il periodo 2000-2006. è stato approvato dalla Commissione europea con la Decisione del 27 settembre 2001 n.2001/2725/CE.

E-GOVERNMENT – Sistema di governo che utilizza la tecnologia digitale per fornire servizi agli utenti, per ridurre le spese ed eliminare la burocrazia.

ECONOMICITÀ – Indica la migliore allocazione e utilizzazione delle risorse secondo criteri di costo-opportunità. È la capacità di dare risposte adeguate a costi ottimali.

EFFICACIA – Indica la corrispondenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi prefissati.

EFFICIENZA – La capacità di raggiungere il risultato al minimo costo. Relaziona i costi sostenuti con il grado di aderenza all’obiettivo prefissato e induce ad ottimizzare tempi e risorse.

FAD / Formazione a Distanza – Modalità di erogazione dei corsi di formazione mediata dal computer, in condizioni di autoapprendimento.

GOVERNANCE – Tipologia di governo del territorio fondata su meccanismi che coinvolgono la molteplicità dei soggetti di un’area secondo un criterio di cooperazione e condivisione delle decisioni e in cui l’amministrazione esercita funzioni di coordinamento e indirizzo.

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OECD / OCSE – Organization for Economic Cooperation and development / Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

OUTSOURCING – esternalizzare i servizi ai privati o al settore no profit.

PMI / Piccole e Medie Imprese – I parametri dimensionali per distinguerle sono i seguenti: è “piccola” l’impresa che ha meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 7 milioni di euro, o un bilancio annuo totale non superiore ai 5 milioni di euro ed è in possesso del requisito d’indipendenza. È “media” l’impresa, anch’essa indipendente, che non supera i 250 dipendenti e un fatturato annuo massimo di 40 milioni di euro, oppure un bilancio annuo totale non superiore a 27 milioni di euro.

PUMA / Public Management Center – Centro di ricerca dell’OCSE in tema di amministrazione pubblica. Il PUMA è incaricato di monitorare lo sviluppo delle politiche di semplificazione perseguite nei diversi Paesi OCSE e il loro grado di efficacia.

RIFORMA – Nel contesto della Pubblica Amministrazione italiana designa gli interventi normativi che hanno introdotto il cambiamento nelle amministrazioni pubbliche.

SUSSIDIARIETÀ – principio secondo il quale le competenze e le risorse pubbliche andrebbero assegnate alle autorità territorialmente e funzionalmente più prossime ai cittadini interessati.

UPI – Unione Province Italiane.

URP / Ufficio Relazioni con il Pubblico – Struttura prevista per ogni amministrazione pubblica al fine di garantire la piena attuazione del principio di trasparenza come regola dell’azione amministrativa. L’URP provvede a fornire servizi ed informazioni all’utenza, cura il diritto di accesso ai documenti amministrativi ed alla conoscenza dello stato dei procedimenti.

UTENZA – qualsiasi soggetto (cittadino, ufficio, impresa…) che attende una prestazione. Comprende un insieme di categorie differenti (giovani, anziani, studenti, lavoratori, imprese…) con esigenze ed aspettative diverse.

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Delibera Giunta Regionale Toscana 12 febbraio 2001, n. 152 Approvazione del progetto speciale del programma di governo “Una Toscana più efficiente e meno burocratica”

D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”

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Delibera Giunta Regionale Toscana 20 maggio 2002, n. 497 Approvazione della strategia regionale “e.Toscana”

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Delibera Giunta Regionale Toscana 17 maggio 2004, n. 445 Progetto speciale “Una Toscana più efficiente e meno burocratica”: approvazione del bilancio degli ultimi 18 mesi e del progetto di semplificazione del linguaggio amministrativo

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www.oecd.org/puma Public Management Center (PUMA)

www.oecd.org Oragnization for Economic Cooperation and Development

Network tematici: www.anci.it Associazione Nazionale Comuni Italiani

www.anciform.it Società di formazione dell’ANCI nata per formare e riqualificare il personale degli enti locali

www.cipa.net

CIPA Coesione e Innovazione Pubbliche Amministrazioni. Progetto del Dipartimento della Funzione Pubblica per fornire alle amministrazioni locali strumenti e risorse per l’innovazione

www.buoniesempi.it Sito di riferimento per la diffusione delle “buone pratiche” di innovazione nella PA italiana. Versione internazionale in lingua inglese: http://international.buoniesempi.it

http://www.pianoegov.it Piano di Azione di e-government

Saloni, meeting, fiere:

www.compa.it Salone Europeo della Comunicazione Pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese. Roma.

www.euro-pa.it Salone delle Amministrazioni Locali. Rimini.

www.forumpa.it Manifestazione sulla Pubblica Amministrazione. Roma.

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www.comune.lajatico.pi.it Comune di Lajatico

www.comune.lari.pi.it Comune di Lari

www.comune.palaia.pi.it Comune di Palaia

www.comune.peccioli.pi.it Comune di Peccioli

www.comune.ponsacco.pi.it Comune di Ponsacco

www.comune.pontedera.pi.it Comune di Pontedera

www.cld.it/terricciola.html Comune di Terricciola

Dati Censimento 2001:

www.istat.it Il sito Istat è stato consultato per reperire i dati sulla popolazione residente (numero totale dei residenti, densità abitativa) nel contesto territoriale Pisa-Valdera

http://dawinci.istat.it

Sito del sistema informativo DaWInCI–Data Warehouse (magazzino di dati) su internet del Censimento Italiano. Da questo sito è stato possibile i reperire i dati riferiti ai risultati del Censimento 2001

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Grazie Guido E grazie a chi ha insistito

Simona