università di pisa - il portale giuridico online per i ... · università di pisa facoltà di...
TRANSCRIPT
Università di Pisa
Facoltà di Scienze Politiche
Tesi di laurea
Processi innovativi e consapevolezza organizzativa nella Pubblica Amministrazione Il caso dei Comuni della Valdera
Relatore
Chiar.mo Prof. Enrico Taliani Candidato Simona Arpaia
a.a. 2003/2004
Processi innovativi e consapevolezza organizzativa nella Pubblica Amministrazione Il caso dei Comuni della Valdera
Introduzione ..........................................................................................4
1 Il New Public Management..............................................................7
1.1 Prospettive internazionali di management pubblico..........16 1.2 Gli innovatori nella pubblica amministrazione .................22
2 Applicazione delle logiche di NPM in Italia ................................31
2.1 I binari del percorso di evoluzione ....................................41 2.2 I tasselli della trasformazione ............................................49
2.2.1 Formazione..................................................................49 2.2.2 Organizzazione............................................................53 2.2.3 Tecnologia...................................................................55 2.2.4 Comunicazione............................................................60 2.2.5 Cultura del risultato.....................................................63 2.2.6 Controllo .....................................................................64
2.3 La situazione ......................................................................65
3 Il ruolo della dimensione locale ....................................................67 3.1 Sviluppo e innovazione nel “modello toscano”.................74 3.2 Il territorio e la realtà della Valdera...................................88
3.2.1 Il contesto provinciale.................................................89 3.2.2 Il Sistema Valdera.......................................................95
4 L’innovazione nei Comuni della Valdera..................................105
4.1 Metodologia di ricerca .....................................................119 4.2 Analisi dei dati .................................................................124
4.2.1 Atteggiamento nei confronti della Riforma ..............124 4.2.2 La situazione dei Comuni in Valdera .......................128 4.2.3 La formazione del personale.....................................132 4.2.4 Il management...........................................................134 4.2.5 Gli effetti sulle aspettative di ruolo...........................137 4.2.6 L’informatica ............................................................139 4.2.7 Il rapporto con l’utenza .............................................143 4.2.8 La realtà strutturale del territorio ..............................145 4.2.9 Regione e Unione Europea .......................................146 4.2.10 Conclusioni ...............................................................147
4.3 Prospettive analitiche .......................................................148
Conclusioni .......................................................................................151
Appendice I Questionario e codifica dati..........................................156
I contatti iniziali .........................................................................157 Codifica dei dati .........................................................................169
Strumenti di lavoro............................................................................180
Glossario.....................................................................................181 Riferimenti bibliografici.............................................................184 Bibliografia tematica ..................................................................191 Riferimenti normativi.................................................................199 Link internet................................................................................202
5
un’indagine sociologica tesa a fornire un quadro interpretativo del
fenomeno di sviluppo verso il New Public Management dei soggetti
apicali delle amministrazioni locali. L’attenzione è orientata a sondare
l’atteggiamento di concreti esponenti degli apparati amministrativi dei
Comuni del sistema locale Valdera, in provincia di Pisa, un contesto
socio-territoriale dislocato in un’area, fino a poco tempo fa, a declino
industriale e in ritardo nel cogliere l’importanza dell’innovazione.
Il rinvio a principi, norme e regole di diritto che legittimano l’agire
amministrativo non rappresenta il fulcro dell’analisi, ma un quadro di
riferimento contestuale.
Il lavoro si divide sostanzialmente in due parti. Nei primi due capitoli
si delinea il processo innovativo che ha interessato l’amministrazione
pubblica: si descrive il quadro teorico-concettuale del New Public
Management e il percorso di evoluzione amministrativa verso enti
pubblici più vicini ai cittadini, più efficaci e con maggiore capacità
operativa1.
Nei contesti interessati dall’applicazione degli approcci di
modernizzazione delineati si assiste alla nascita di un nuovo attore
amministrativo, innovativo e innovatore, elemento fondamentale per
la loro riuscita ed esempio di una nuova identità professionale
caratterizzante le amministrazioni pubbliche.
I successivi due capitoli analizzano il caso concreto dell’area Valdera,
ne portano in evidenza alcune criticità e propongono osservazioni e
1 Nella Pubblica Amministrazione italiana tale percorso è noto come Riforma, il cui avvio, comunemente, si identifica con l’introduzione delle cosiddette Leggi Bassanini, una serie di norme, emanate nel periodo 1997/99, in tema di riforma della Pubblica Amministrazione e di semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa. Ai fini della Riforma sono importanti anche altri interventi legislativi, quali, ad esempio, la Legge 7 agosto 1990, n. 241 in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi, o la Legge 7 agosto 2000, n. 150 che disciplina il sistema di comunicazione pubblica, o la Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 di modifica del titolo V della Costituzione, e molte altre.
6
prospettive analitiche. L’indagine muove dal verificare l’impatto
prodotto dalle trasformazioni introdotte con nuove leggi, nuove
direttive e nuovi strumenti operativi, in primo luogo telematici,
utilizzati anche come strumento di indagine nella ricerca. Si cerca di
scoprire quanto questi cambiamenti siano reali e quanto influiscano
sulla richiesta di una nuova professionalità ai ruoli lavorativi
coinvolti; si cerca altresì di verificare se l’innovazione si presenta
come un insieme organico di inventiva tecnologico-organizzativa e
proiettività sociale o se, in realtà, l’adeguamento delle prospettive
sociali è molto più lento dell’introduzione delle innovazioni
tecnologiche ed organizzative.
Nel preparare la tesi la mia esperienza professionale mi è stata molto
utile. Lavoro per l’Università di Pisa nell’area amministrativa e la
prospettiva di impiegare nel mio lavoro le conoscenze acquisite con
gli studi che stavo facendo ha accresciuto l’entusiasmo e l’interesse
con cui ho approfondito le tematiche del New Public Management.
Questi anni di lavoro mi hanno messo in contatto con molte altre
Pubbliche Amministrazioni e mi hanno permesso sia di vedere
applicati sul campo, e talvolta di applicare io stessa, molti elementi di
innovazione, ma anche di assistere a situazioni “arretrate”
(burocratiche, non informatizzate, macchinose…) e, talvolta, a vere e
proprie chiusure al cambiamento. Le conoscenze acquisite in questa
esperienza mi hanno sicuramente consentito una migliore
comprensione del contesto pubblico e mi hanno permesso di
analizzare con più preparazione e consapevolezza i fenomeni in atto
delineati dai risultati dell’indagine.
7
1 Il New Public Management
La Pubblica Amministrazione (PA) è lo strumento attraverso cui lo
Stato provvede alla concreta attuazione degli interessi collettivi che si
propone di perseguire1.
Ai sensi dell’articolo 1 comma 2 del Decreto Legislativo 30 marzo
2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche” si designano come
Pubblica Amministrazione una pluralità di soggetti: Regioni,
Province, Comuni, Scuole, Università, Camere di Commercio, enti del
Servizio Sanitario Nazionale… sono strutture complesse, dislocate nel
territorio statale, articolate in uffici in cui operano degli attori
attraverso procedure impersonali regolate da norme.
Le amministrazioni pubbliche sono costituite per il perseguimento di
finalità di pubblico interesse e si manifestano in forme diverse, e in
continua evoluzione, in relazione alla varietà dei compiti affidati, ma
in qualunque forma la PA si presenti è comunque un insieme
organico, una somma di elementi che trascende l’insieme stesso
integrata da una fitta rete di relazioni e comunicazioni intrasistemiche,
nonché esterne al sistema.
1 I compiti che lo Stato si attribuisce variano con le epoche storiche, mutando, nel tempo, le scelte politiche che definiscono gli interessi collettivi di cui deve garantire il perseguimento e la tutela. Nel vigente assetto costituzionale lo Stato si prefigge, in via primaria, l’assolvimento di fini marcatamente sociali tra cui la cura della salute dei cittadini, la tutela ambientale, l’istruzione…
8
Le finalità di tale strutturazione sono il perseguire una crescente
efficienza e il razionalizzare il costo del lavoro pubblico (cfr. art.1,
comma 1, D.Lgs. 165/01).
L’efficienza della PA può misurarsi assumendo come indicatore la
divergenza che risulta tra i modelli normativi, che ne delineano
organizzazione e funzionamento, e la realtà concreta in cui si trova ad
operare. Una marcata difformità è spesso indice di un’organizzazione
amministrativa troppo “rigida”, inadeguata per la società
contemporanea in cui fattori nuovi, come l’integrazione economica su
scala mondiale, la caduta dei costi della comunicazione e del trasporto
internazionale, lo sviluppo tecnologico, l’accelerazione della
deregolamentazione, la crescita della competitività internazionale, le
criticità sociali e le emergenze ambientali, richiedono sempre più
agilità nelle procedure, efficienza nei servizi, puntualità e certezza
nelle pratiche. Il processo di globalizzazione ha imposto una doppia
pressione allo Stato: da un lato deve divenire più forte per proteggere i
cittadini dalle trasformazioni introdotte dal nuovo corso
internazionale, dall’altro deve essere meno costoso e operare per
agevolare le imprese private che competono in campo internazionale.
L’inadeguatezza dell’assetto della PA risulta infatti anche dagli elevati
costi di funzionamento che lo Stato non riesce più a sostenere: il big
government continua a sovrintendere, coordinare, governare e dirigere
i processi di sviluppo nelle società avanzate, come anche nelle
economie in transizione e nei paesi emergenti, con un peso sempre
crescente2. La necessità di riduzione delle spese e rimozione degli
2 La centralità della mano visibile del big government è stata oggetto di un’inchiesta di The Economist: nei Paesi OCSE la quota del settore pubblico è arrivata a circa il 50% del prodotto interno lordo; nei paesi in via di sviluppo il peso del governo è pari al 25-30% (The Economist, 1997c, pp.17-18; id., 1997d, pp.8-11).
9
sprechi dovrebbe indurre ad un rinnovamento piuttosto che al ricorso a
strategie generiche di indebolimento frequentemente adottate nelle
PA, quali tagli di budget indiscriminati nei servizi e sul personale3.
La globalizzazione e la necessità di riduzione dei costi di
funzionamento dell’apparato pubblico rivelano che la burocrazia
classica, adeguata a svolgere le attività esclusive dello Stato, ha
mostrato la sua inefficienza nella fornitura dei servizi che il cittadino-
cliente ha cominciato a chiedere dagli anni ‘80/‘90. Una società
sempre più complessa come quella contemporanea trova sempre meno
corrispondenza in un apparato statale organizzato in forma
autoreferenziale, formale e totalizzante, il cosiddetto “Stato-soggetto”.
In tali condizioni è decisivo per qualsiasi attività umana organizzata
possedere la capacità di trasformarsi e rinnovarsi, ed è per questo che
assumono importanza vitale elementi orientati all’innovazione come
la capacità di apprendimento, la ricerca della qualità, la valorizzazione
della risorsa umana. Per la società attuale è più adatto uno “Stato-
funzione”, cioè una struttura in cui siano presenti enti operativi
organizzati secondo una logica che tenga conto dell’attribuzione di
funzioni e servizi4.
La modernizzazione della PA costituisce un fattore propedeutico per
lo sviluppo socio-economico di qualsiasi Stato. A tale proposito è
sintomatica la considerazione che avanza il rapporto della Banca
Mondiale “The State in a Changing World”: “Una buona
3 In genere si opta per tagli ai servizi “non visibili al pubblico” come la manutenzione o la formazione del personale e si attua una graduale riduzione della forza lavoro ricorrendo a misure come il blocco delle assunzioni, il ricorso al part-time, la mancata sostituzione del personale vacante… Affinché l’adozione di tali misure non risulti dannosa per l’Amministrazione essa dovrebbe essere supportata da un piano di ristrutturazione dell’organizzazione che cerchi di salvaguardare la qualità dei servizi resi e di trattenere il personale migliore. 4 Nella Pubblica Amministrazione italiana il riferimento è alle autonomie funzionali quali Camere di Commercio, Università, ASL… o alle Agenzie di cui cominciano a dotarsi le Regioni.
10
amministrazione pubblica non è un lusso ma una condizione
essenziale per lo sviluppo economico” (World Bank, 1997, p.15).
Uno sviluppo economico e sociale sostenibile richiede uno Stato
efficace che, come partner e agente catalizzatore, faciliti la crescita.
Ripensare lo Stato in un mondo che cambia è necessario per rendergli
un’effettiva capacità di azione nelle diverse aree territoriali e nei
diversi sistemi economici. Rebuilding the State è la parola d’ordine
del rapporto della Banca Mondiale5: significa operare una transizione
ad uno Stato che migliori il suo funzionamento e il rapporto con i
cittadini e agisca come regolatore per promuovere lo sviluppo sociale
ed economico. Solo strutture dotate di queste capacità, che si possono
definire governance, possono garantire la speranza di competere
efficientemente nei mercati globali.
L’impegno per migliorare l’efficienza amministrativa sollecita la
ricerca di soluzioni innovative attraverso una rete che coinvolge
decisioni politiche, progetti tecnici e organizzativi e, non ultimo,
apprendimento sociale. La prospettiva di un’organizzazione
amministrativa più creativa e flessibile, che opera secondo logiche
nuove, che apprende e si adatta, richiede un compito di re-invenzione
integrale: dai processi di lavoro e di decisione alle strutture
organizzative, dall’adozione di moderne tecnologie agli investimenti
in conoscenza e formazione, fino ad una diversa cultura professionale;
inoltre un nuovo modello si completa lentamente attraverso una
pratica dell’innovazione, da attuare nelle singole amministrazioni per
implementare le applicazioni teoriche.
In definitiva un cambiamento così profondo necessita di piani e
strategie di rinnovamento completi di cui vanno esplicitati gli obiettivi 5 In origine ne era anche il titolo, poi si optò per The State in a Changing World.
11
e i valori di riferimento e di cui vanno indicati i passi, le risorse, gli
strumenti e i tempi; implica, inoltre, una profonda revisione dei ruoli,
del modo di dirigere, della cultura e dell’identità professionale delle
persone che si trovano, a vari livelli, coinvolte in questo nuovo corso.
L’intero processo di modernizzazione dell’Amministrazione richiede
elevata progettualità, adeguati investimenti, determinazione e
continuità nelle scelte che lo sostengono.
Si inserisce in questo contesto la prospettiva metodologica della nuova
progettualità, un orientamento concettuale ad un uso delle risorse
(umane, strumentali e materiali) che tende ad azzerare sprechi,
improduttività e inefficienza. Nella PA è una nuova professionalità
quella che tende a fare un “uso progettuale” delle risorse: è il
knowledge worker, il professionista della conoscenza, un’emergente
figura lavorativa della società contemporanea caratterizzata dalla
creatività funzionale, l’orientamento a fare un uso produttivo delle
conoscenze acquisite e ad organizzare in modo sinergico tutte le
potenzialità per ottimizzare i risultati e fronteggiare gli input del
contesto in cui opera (Taliani, 1997b, pp.46-50). Il knowledge worker
è il modello professionale sempre più richiesto in contesti interessati
da processi di ristrutturazione organizzativa, in quanto si presenta
come una professionalità estremamente versatile, in grado di mediare
tecnologia ed efficienza, di integrare le funzioni di innovazione e
sviluppo tecnico con quelle di governo dei processi e delle risorse
(Suttora, 1996, pp.57-60).
Il knowledge worker emerge come figura professionale chiave nel
fenomeno di re-engineering che attualmente interessa la PA anche in
Italia. Il processo di rinnovamento in atto si collega alle teorie di New
Public Management (NPM), una dottrina che sintetizza studi, idee ed
13
tutte indicazioni riprese dalla dottrina che si identifica come New
Public Management.
Il paradigma del NPM è un possibile strumento di miglioramento per
la gestione della Pubblica Amministrazione, frutto della ricerca per
modificare le pratiche di lavoro nei risultati e nelle modalità di
perseguirli; la ricerca di una soluzione alla crisi dello Stato ha portato
a sostituire l’amministrazione burocratica con una manageriale: il
NPM è una proposta svincolata da specifiche ideologie politiche,
caratterizzata dall’introdurre nella PA interventi “tattici” ed un nuovo
atteggiamento professionale orientato a creare le condizioni per
risolvere problemi di efficienza e modernizzazione8. Come già
l’approccio del reinventing government, il NPM si occupa dell’aspetto
tecnico e non politico della Pubblica Amministrazione distaccandosi
dal cosiddetto wrong problems problem, il confondere ciò che il
governo dovrebbe fare con come dovrebbe fare per farlo bene (cfr.
Barzelay, 2001, p.156).
Indicazioni per definire ed applicare il NPM possono ricavarsi dal
cosiddetto “modello delle 5R” delineato da Lawrence Jones e Fred
Thompson (1997, pp.567-587) quale guida per l’innovazione ed il
cambiamento organizzativo. Secondo questo schema di riferimento i
principi alla base del NPM sono cinque: ristrutturare, riprogettare,
reinventare, riallineare e ripensare; i due autori illustrano anche gli
elementi fondamentali per l’applicazione di un modello di New Public
8 Alcuni autori hanno constatato che in concomitanza dell’introduzione dei principi di NPM si assiste anche ad “effetti collaterali” quali l’indebolimento degli “standard etici” cioè il facilitare comportamenti di malgoverno e corruzione (Greenaway, 1995, pp.357-374). L’interpretazione europea del paradigma di NPM cerca di contrastare questa tendenza puntando sullo sviluppo delle capacità di governance (cfr. paragrafo 1.1 Prospettive internazionali di management pubblico, p.16 ss.).
14
Management, che dovrebbe portare a vantaggi tangibili dopo un
periodo di attuazione medio–lungo, presumibilmente 10 anni.
L’attuazione del NPM inizia con un’analisi dell’organizzazione: la
valutazione dell’ambito operativo dell’Amministrazione in oggetto,
l’identificazione dei servizi resi e l’individuare quali tra questi sono
prioritari, costituisce il presupposto per ristrutturare l’organizzazione,
eliminando ciò che non contribuisce al valore del servizio/prodotto
erogato9. La fase successiva è quella di realizzare un sistema più
efficiente: riprogettare i servizi che rimangono di propria competenza
puntando al miglioramento della performance e reinventare, cioè
sviluppare nuove modalità di rendere i servizi stessi attraverso un
approccio strategico basato sulla pratica10.
Il mutamento di strategie richiede un assetto organizzativo coerente
per ottenere gli obiettivi e motivare il personale, quindi, laddove
esistano disarmonie tra strategia e struttura, può essere necessario
riallineare la struttura organizzativa alla nuova strategia operativa
introducendo configurazioni per centri di responsabilità e di controllo
armoniche con i loro ambienti operativi e con i piani di assistenza
all’utenza. L’ultima fase è il ripensare cioè osservare per apprendere e
rivedere in termini creativi il lavoro, attuare meccanismi di analisi e
feedback sulla performance dei servizi e risolvere i problemi reali di
cui si viene a conoscenza.
9 I piani di ristrutturazione prevedono, in via prioritaria, la sostituzione di tecnologie obsolete e l’outsourcing, cioè esternalizzare molti servizi ai privati o al settore no profit. 10 Il riprogettare si traduce in incremento della qualità, diminuzione dei costi e dei cicli temporali di esecuzione attraverso strumenti come l’investire in nuove tecnologie e in formazione del personale per far funzionare efficacemente i nuovi processi. La reinvenzione, invece, parte dall’analisi della pratica: è un susseguirsi di osservare, orientare, decidere e agire. Gli obiettivi sono accrescere la soddisfazione dell’utente e migliorare la qualità del servizio aumentando l’efficienza.
15
La realizzazione di tale modello richiede un’attenta e continua analisi
sui servizi resi ed una pianificazione strategica degli interventi; inoltre
l’applicazione del paradigma di NPM prevede una valutazione sul
come adottarne le logiche: se attraverso una strategia di diffusione
guidata dal Governo centrale (top-down) o lasciando piena autonomia
di iniziativa alle singole strutture del sistema amministrativo (bottom-
up). Questa seconda alternativa prevede comunque un ruolo
importante del Governo centrale nel sistema di incentivazione ad
alcune realtà pilota (trasferimento di risorse e offerta di servizi) e nel
promuovere il passaggio dei sistemi sviluppati da parte di questi enti
“pionieri” ad altre organizzazioni pubbliche. Entrambi gli approcci
hanno prodotto risultati positivi: come esempio di innovazione guidata
dal centro si può tenere conto del piano “Promouvoir l’innovation et
la qualitè dans l’Administration” del Ministero francese della
funzione pubblica nel 1988; come approccio bottom-up si possono
citare le esperienze positive verificatesi nel contesto italiano nei
sottosistemi del governo locale e del Servizio sanitario nazionale. In
Italia a tali modelli sperimentati dal basso si è aggiunto poi
l’intervento del Dipartimento della Funzione Pubblica per la
valorizzazione e la diffusione delle esperienze qualitativamente
rilevanti.
È forse ai processi di innovazione dal basso, più che agli interventi
top-down di un razionale ed organico progetto di riforma, che si deve
quel profondo mutamento culturale che interviene
nell’ammodernamento della Pubblica Amministrazione: è infatti dai
comportamenti di alcuni funzionari capaci di introdurre elementi di
novità nel proprio lavoro, sotto il profilo procedurale e contenutistico,
che nasce una cultura che favorisce il cambiamento.
16
1.1
Prospettive internazionali di management pubblico
Nei paesi anglosassoni fin dagli anni ’80 si fa strada la tendenza a
correlare idee di public choice e di management. I referenti concreti di
questo trend sono stati Regno Unito, Nuova Zelanda e Australia.
Nel tempo, data la necessità di affrontare la crisi indotta dai processi
di globalizzazione, gli esecutivi politici di molti Stati hanno
dimostrato, in diverse occasioni, un crescente interesse per le scelte
che riguardano il public management, cioè le regole, l’organizzazione
e il funzionamento delle agenzie pubbliche. Il diffondersi di
commentari professionali in materia e di relative discussioni
all’interno degli Stati, nonché l’attenzione da parte di autorevoli centri
di ricerca internazionali, quali il Public Management Center (PUMA)
dell’OCSE11, hanno contribuito ad allargare ed implementare la
tendenza a collegare idee di management alla gestione delle
amministrazioni pubbliche. Le teorie di NPM costituiscono la
sistematizzazione di queste originarie tendenze.
Il New Public Management è divenuto il modello concettuale di
riferimento in tema di riforma del settore pubblico: è convinzione
comune nelle discussioni di molti teorici e “addetti ai lavori” che esso
sia un programma ampiamente applicabile nel disegno organizzativo 11 Il PUMA è il centro di ricerca dell’OCSE in tema di amministrazione pubblica. Si occupa di monitorare lo sviluppo delle politiche di semplificazione perseguite nei diversi Paesi OCSE, e di raccogliere e divulgare le principali tendenze in atto.
17
del settore pubblico di qualunque Paese in quanto offre una risposta
comune alle problematiche analoghe che oggi gli Stati si trovano ad
affrontare (globalizzazione, bilanci sempre più ridotti, atteggiamento
ostile dei cittadini nei confronti del governo).
Tuttavia in Europa continentale si tende a considerare il NPM un
modello anglo-americano la cui rilevanza, al di fuori dei suoi confini
originari, è altamente discutibile (Hood, 1991, pp.3-19; Koiman, van
Vliet, 1993, pp.59-60). Secondo questo orientamento, la più severa
limitazione alla diffusione del paradigma di NPM risiede nella
ristrettezza del suo campo di applicazione in quanto l’identificazione
esclusiva con un approccio anglo–americano lo rende una formula
inutile su scala internazionale.
Queste considerazioni, valide per il trend in corso negli anni ’80 che
trovava applicazione solo in contesti anglosassoni simili (Regno
Unito, Nuova Zelanda e Australia e, successivamente, Stati Uniti),
oggi sono discutibili. L’esperienza di riforma del settore pubblico
riconducibile all’approccio del NPM interessa diversi Stati: oltre ai
Paesi già citati anche Svezia, Paesi Bassi, Italia, Germania,
Danimarca, Brasile… e, come si evince da Polidano (2001, pp.133-
147), pur con le loro peculiarità, riguarda anche diversi paesi in via di
sviluppo.
L’applicazione del NPM, pur non traducendosi in un movimento
globale ed uniforme, porta avanti valori di riferimento e obiettivi
comuni. D’altro canto è vero che il concetto di universalità del NPM è
sostenuto dall’osservazione che i componenti cardine del modello
(rottura degli ordini gerarchici verticali, adozione di sistemi di
contabilità basati sui risultati, introduzione di meccanismi di
contracting out, ridimensionamento degli apparati pubblici…)
18
spiccano nel “vocabolario di tutti i processi di riforma delle PA nel
mondo” (Polidano, 2001, p.134) senza che questi si identifichino
esclusivamente con il modello NPM; resta da chiedersi se il nuovo
paradigma sia andato veramente al di là della retorica traducendo in
misure e azioni concrete i concetti che enfatizza.
Diverse organizzazioni internazionali hanno sviluppato inchieste e
rapporti sul tema della modernizzazione della pubblica
amministrazione e sulla necessità di lavorare per uno Stato più
efficace, con maggiore capacità operativa e più vicino ai cittadini. Un
esempio in proposito è costituito dalle considerazioni del rapporto
della Banca Mondiale del 1997 (World Bank, 1997), dedicato al
problema della modernizzazione della PA. Si deve tuttavia tenere
conto che l’adozione del modello di NPM, in qualunque Paese lo si
applichi, sarà sempre influenzata da fattori contingenti locali, diversi
da situazione a situazione (anche all’interno dello stesso Paese), che
giocano un ruolo chiave nel determinare effetti e risultati delle singole
iniziative di riforma. Contesti diversi possono pertanto richiedere
soluzioni radicalmente differenti per cui l’operato dei manager deve
ispirarsi alla massima apertura mentale. In tal senso ai tre fattori guida
degli innovatori di stampo NPM, riassumibili nelle 3E di Economicità,
Efficienza ed Efficacia, vanno aggiunti l’apertura alla sperimentazione
e all’eclettismo (Polidano, 2001, p.149). Se ne deduce quindi che non
esiste un unico modello di New Public Management che gli Stati
adottano nella sua totalità, ma esiste l’introduzione nelle logiche di
gestione di una certa percentuale di principi di NPM, spesso
differenziati, anche nei sistemi europei in cui si rileva la presenza di
significativi processi di trasformazione.
19
L’OCSE con il Public Management Center è divenuta il catalizzatore
del paradigma del NPM. Il PUMA, nei suoi lavori, ha identificato in
pressioni di bilancio, nelle difficoltà a rispondere alle richieste degli
utenti, nell’esigenza di competere a livello mondiale,
nell’internazionalizzazione di problematiche che in precedenza erano
di pertinenza esclusiva di Governi nazionali (emigrazione,
cooperazione allo sviluppo, ambiente, terrorismo internazionale), le
spinte verso interventi di ridefinizione del ruolo delle amministrazioni
pubbliche, ed ha elencato le parole chiave e le principali aree di
applicazione di logiche NPM: riforma e semplificazione della
regolamentazione; decentramento di responsabilità; valutazione della
performance, benchmarking12 e miglioramento delle funzioni di
monitoraggio e controllo; ridimensionamento delle organizzazioni
pubbliche e inserimento di nuove formule gestionali; ricerca di
modalità più efficaci ed economiche per l’offerta di servizi;
orientamento all’utenza attraverso l’adozione di standard di qualità nei
servizi e miglioramento dell’informazione (Meneguzzo, 1997b,
p.588).
Tuttavia nel contesto europeo i contenuti del NPM sono stati
“ridimensionati” dall’emergere di un nuovo paradigma per la PA: il
public governance un modello che cerca di correggere quelle che, in
Europa continentale, sono ritenute le carenze del NPM e cioè l’essere
troppo vicino al mondo delle imprese private e il rivelarsi incapace di
12 Letteralmente è “il confronto con un indice”, indica il processo attraverso il quale un’organizzazione confronta i propri servizi, prodotti e procedure con esempi di qualità realizzati da altre organizzazioni (Fedele, 1998, p.127). L’attivazione di processi di emulazione avviene quando le amministrazioni più innovative divengono modello per altre amministrazioni che cercano a loro volta di fare meglio ed innovare su altri fronti, in tal senso il benchmarking può generare un processo virtuoso di miglioramento generale.
20
evidenziare le specificità decisionali e gestionali delle amministrazioni
pubbliche (Hood, 1991, p.3; Meneguzzo 1997b, p.588).
Il modello europeo si discosta da quello anglosassone, considerato
meccanicista e poco critico, per una maggiore attenzione rivolta allo
sviluppo delle capacità di governance e, di conseguenza, per
l’attenzione verso le effettive capacità del governo di implementare e
mettere in pratica le decisioni che prende (Bresser Pereira, 1997,
p.621).
Il modello europeo, quindi, prevede un avvicinamento delle pubbliche
amministrazioni all’impresa privata solo dal punto di vista delle
logiche organizzative, senza perdere di vista le finalità istituzionali.
I principi di buona governance includono il rispetto per la legge;
l’apertura, la trasparenza e la responsabilità verso le istituzioni
democratiche; l’onestà e l’imparzialità nelle relazioni con i cittadini (il
che include meccanismi di consultazione e partecipazione); servizi
efficienti, regole trasparenti e applicabili, e alti standard di
comportamento etico. Una buona governance aiuta a rafforzare la
democrazia e i diritti umani, promuove la coesione sociale, favorisce
la prosperità economica e, non ultimo, consolida la fiducia
nell’amministrazione pubblica. Tali presupposti trasformano le
relazioni tra il governo e i cittadini e incidono sull’effettivo
funzionamento del governo stesso comportando attività di riforma
delle regole, management nel settore pubblico, e-government,
partecipazione dei cittadini, sviluppo sostenibile e lotta alla
corruzione.
Il paradigma europeo di public governance punta su
un’amministrazione orientata all’esterno, che intensifica le interazioni
con il contesto circostante attraverso un’accentuata cooperazione tra
21
pubblico e privato e con il coinvolgimento nelle azioni pubbliche della
società civile, con conseguente crescita del settore no profit.
La Pubblica Amministrazione, soprattutto a livello locale, diviene il
coordinatore di un network sociale e attore promotore dello sviluppo
attraverso la sua capacità di progettazione, programmazione e
coordinamento tra i diversi soggetti protagonisti della crescita
economica. Per la PA diviene cruciale la capacità di creare spazi di
condivisione delle politiche di sviluppo e il mettere in relazione i
soggetti interessati allo scopo di coordinare le diverse azioni che
intervengono nei processi di sviluppo e di raccordare la molteplicità di
interessi che ricorrono su diversa scala territoriale (locale, provinciale,
regionale, nazionale ed europea). È pertanto sempre più frequente il
ricorso alla programmazione negoziata13, ovvero alla
regolamentazione, concordata tra soggetti pubblici e parti private, di
interventi con obiettivi di promozione dello sviluppo (Soda, 2000,
pp.112-114).
Ancora di più, in un tale contesto, la PA è chiamata ad esprimere
un’elevata qualità delle prestazioni e capacità progettuali e gestionali
di alto profilo, oltre a vedere aumentato il proprio livello di
responsabilità e di esposizione. Ancora di più, date queste
considerazioni, è necessario uno sviluppo verso il management dei
soggetti apicali degli enti pubblici.
13 Fra gli istituti di programmazione concertata vi sono: intese istituzionali di programma fra amministrazione centrale e Regioni per realizzare piani di intervento pluriennali; accordi di programma quadro tra amministrazione centrale o regionale ed enti locali e soggetti pubblici e privati per la definizione di programmi esecutivi di intervento, patti territoriali tra enti locali e soggetti pubblici e privati per l’attuazione di specifici programmi di intervento locali (cfr. capitolo 3 Il ruolo della dimensione locale, p.67 ss.).
22
1.2
Gli innovatori nella pubblica amministrazione
L’adozione di una cultura manageriale innovativa per affrontare e
gestire i processi di cambiamento è “l’effetto professionale” dello
spirito riformatore che pervade il settore pubblico. La
modernizzazione del sistema amministrativo, modificato in modo
veloce e permanente soprattutto da interventi di semplificazione e
dall’introduzione di nuove tecnologie, comporta un processo di
sviluppo e riqualificazione professionale caratterizzato da abilità e
responsabilità diverse dal passato.
Il cambiamento in corso procede grazie a persone motivate e
professionalmente preparate che fondano la propria identità lavorativa
e il proprio ruolo sulla cultura dell'innovazione. Solo una sufficiente
adesione ai progetti di riforma può indurre a quella convergenza,
necessaria per l’attuazione delle innovazioni in stile NPM, tra finalità
istituzionali e motivazioni, interessi e intenti dei singoli. Il paradigma
illustrato infatti è un’istanza riformista che basa molto le sue
possibilità di successo sull’interiorizzazione individuale delle nuove
procedure, sull’adesione culturale agli obiettivi definiti e sull’effettiva
partecipazione di tutti i funzionari. La valorizzazione delle risorse
umane costituisce un importante elemento di discontinuità rispetto al
passato: il fattore umano assume una rilevanza cruciale, come
dimostra anche la crescente importanza dei programmi formativi
finalizzati a rendere disponibili nuove modalità di approccio quali il
23
management, la telematica, l’orientamento al cliente, la gestione di
gruppi di lavoro… (CENSIS, 2002a, p.4).
Il potenziamento delle conoscenze e delle competenze delle risorse
umane costituisce un fattore strategicamente importante per realizzare
obiettivi di sviluppo economico e sociale: il vantaggio competitivo è
dato dal pieno utilizzo delle risorse potenziali, impedendo lo stallo
delle iniziative e lo spreco delle risorse disponibili.
In genere gli studi sui funzionari pubblici mettono in evidenza i loro
comportamenti difensivi, le resistenze al cambiamento e i tentativi di
mantenere lo status quo; nella migliore delle ipotesi l’atteggiamento
prevalente di fronte alla possibilità di innovazione è costituito dal
disincanto e dallo scetticismo. In un contesto di sfiducia generalizzata
solo una piccola minoranza ha qualche attesa di miglioramento
(Cerase, 1998, p.226). Si è cercato tuttavia di riconoscere,
circoscrivere ed analizzare la figura degli innovatori nei servizi
collettivi, tentando di delinearne caratteri ed identità, grazie ad una
ricerca condotta a cura del CENSIS per conto del Dipartimento della
Funzione Pubblica (CENSIS, 2002a). Dall’indagine emerge un
universo, in crescita costante, di coloro che all’interno dell’apparato
burocratico italiano, anticipano il cambiamento innovando servizi e
procedure. Coloro che hanno pienamente recepito l’esigenza di
rinnovamento, che ne hanno la cultura di fondo e che, invece di
attendere il sedimentarsi di regole e procedure a cui conformarsi,
tentano fughe in avanti a tratti caratterizzate da veri e propri episodi di
insofferenza per un dettato normativo ormai obsoleto, in tal senso è
indicativa l’affermazione secondo cui l’innovazione è una
“disubbidienza riuscita” (CENSIS, 2002a, p.5). L’elemento che
maggiormente sembra caratterizzare gli innovatori è l’attitudine a
24
concentrare l’attenzione sugli obiettivi e i risultati, piuttosto che sulle
procedure formali (che comunque non possono essere totalmente
disattese), e ciò trova forte corrispondenza nell’evoluzione intrapresa
dall’organizzazione Pubblica Amministrazione da “Stato-soggetto” a
“Stato-funzione” trattata all’inizio del presente capitolo.
Gli innovatori sono coloro che, di fronte al cambiamento, si
propongono come soggetti attivi, attori e agenti dell’innovazione che
contribuiscono alla definizione delle nuove regole di funzionamento
della PA (Borgonovi, 2001a, p.1). Chi intende innovare, però, deve
sapere che non è facile passare dalla progettazione alla realizzazione
di nuove modalità di funzionamento: indubbiamente gli innovatori
delle nuove amministrazioni pubbliche hanno il vantaggio di poter
disporre di strumenti di gestione, collaudati dalle imprese,
tecnicamente avanzati, ma devono sempre tenere presente il rispetto di
finalità di interesse pubblico.
Individuare e sviluppare le competenze di leadership in ambiente
pubblico è fondamentale per agevolare questo momento di forte
trasformazione per la realizzazione del NPM. La definizione e lo
sviluppo dell’identità professionale della figura del manager pubblico
attraverso la costruzione e l’individuazione del significato del lavoro,
sono il primo passo per l’attuazione concreta e stabile dei
cambiamenti e per il superamento delle criticità causate dal ricoprire
un ruolo sollecitato moltissimo in termini di aspettative, ma di cui non
sono chiaramente definiti né missione né valori di riferimento.
L’assenza di un sapere precodificato che insegni come diventare nuovi
manager pubblici e un contesto di pratiche emergenti che cercano di
affrontare al meglio, per via di approssimazioni successive, i
cambiamenti, danno al singolo attore uno spazio di discrezionalità per
25
costruire, attraverso la propria esperienza, sapere e abilità
professionalmente validi. Sicuramente in questo processo di
costruzione sono indispensabili determinate caratteristiche individuali
dei singoli soggetti, ma altrettanto fondamentale è il contesto culturale
in cui l’innovatore potenziale si trova ad operare: uno scenario
favorevole non crea di per sé l’innovatore, ma sicuramente ne
favorisce l’emersione fornendo la legittimazione per il suo agire.
Le nuove competenze richieste prevedono soggetti che abbiano
capacità di controllo e coordinazione dei processi ed una visione
sistemica nella gestione, dunque una maggiore e diversa preparazione
rispetto a quella tradizionale. L’incarico manageriale comporta la
direzione di strutture complesse attraverso la programmazione, il
coordinamento e il controllo delle attività degli uffici sottoposti,
nonché la definizione dei loro obiettivi, di prestazioni e di standard di
qualità per mezzo dell’organizzazione e della gestione delle risorse
umane, strumentali ed economiche.
A ben vedere la conoscenza richiesta a questa nuova figura
professionale per contribuire in modo determinante al miglioramento
della qualità del sistema a cui si applica, è un insieme di
qualificazione ed esperienza. Qualificazione intesa come compresenza
integrata di sapere e saper fare, cioè come insieme di nozioni
possedute e abilità concreta di tradurle in pratica per produrre un
risultato, ed esperienza intesa come quell’insieme di competenze che
derivano dal concreto svolgimento del lavoro (Soda, 2000, pp.15-20).
Nella pratica professionale quotidiana dei manager pubblici seguire la
traccia della Riforma significa anche operare per sviluppare,
valorizzare e diffondere progetti e significative esperienze di
cambiamento dell’amministrazione e dei servizi locali. I knowledge
26
worker della PA devono sostenere le sperimentazioni in atto, farle
conoscere, esportarne le soluzioni, produrre know-how, utilizzare le
conoscenze e la cultura che ne derivano per “fare scuola” e adoperarsi
perché le singole esperienze, sia i successi che i fallimenti, diventino
patrimonio comune. È perciò importante costituire un sistema inter-
relazionale fra i manager pubblici per confrontare le pratiche
professionali, mettere in comune le esperienze e fornire una
percezione del ruolo in termini di senso del lavoro.
Gli innovatori sono frequentatori di seminari e di convegni tematici,
prendono parte a corsi di formazione, riferiscono in pubblico delle
proprie esperienze lavorative e ne scrivono rapporti informativi: per
loro lo scambio delle informazioni, per non disperdere le energie e il
lavoro svolto, è all’ordine del giorno come metodo di lavoro. Una
diffusa attività di scambio e relazione ed un intenso attivismo sono
indicatori di un processo di invenzione sociale e della sua progressiva
codificazione in pratiche canoniche e in procedure consolidate. Il
sistema relazionale in cui l’innovatore opera è caratterizzato sia dal
crescente utilizzo di internet e delle community14 del web, che da
eventi, sempre più frequenti, volti a valorizzare le singole iniziative e
a favorire lo scambio di informazioni e soluzioni (cfr. Tabella 1.1).
Questi nuovi strumenti di confronto e interazione favoriscono
l’emersione di processi innovativi già innescati, ne stimolano di nuovi
e aiutano l’incontro ed il confronto con altre risorse attive sugli stessi
ambiti. Un sistema di relazioni ben intergrato consente di sperimentare
le condizioni necessarie per l’applicabilità e la trasferibilità del NPM
in diversi contesti, ne verifica le reali possibilità di realizzazione e ne
14 Gruppi virtuali di persone accomunate da uno stesso interesse, un valido aiuto per la crescita personale e professionale.
27
valuta gli effettivi risultati conseguiti in termini di miglioramento
della qualità dei servizi e di contenimento dei costi.
Strumenti Modalità operative Processi innescati Premi e classifiche
Città digitali – organizzato da Censis, valuta i siti della pubblica amministrazione locale analizzandone i punti di forza e debolezza. Ragionando – premio per le eccellenze nelle amministrazioni regionali. Cento progetti al servizio del cittadino – organizzato dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
Sono tra gli strumenti più semplici e diffusi, rappresentano un meccanismo di legittimazione del lavoro svolto dall’innovatore e costituiscono uno strumento di confronto e scambio.
Fiere e mostre ComPA – Roma. Salone della comunicazione pubblica e dei servizi al cittadino. ForumPA – Roma. Dire&Fare – Firenze. EuroPA – Rimini.
Appuntamenti annuali occasione per dare fisicità agli scambi di informazioni e di idee che avvengono prevalentemente on-line. Costituiscono importanti momenti di confronto e approfondimento dei temi emergenti.
Comunità professionali on line
URP degli URP – promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica. ANCI – Associazione Nazionale dei Comuni italiani. UPI – Unione Province italiane. Formez – Centro di Formazione Studi. Cantieri – organizzato dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
Sono il luogo informale in cui è possibile scambiarsi opinioni e soluzioni in merito a problemi comuni. Attraverso di esse si costruisce l’identità dell’innovatore e si rompe l’isolamento condividendo obiettivi e metodologie.
Formazione e aggiornamento
POR Piani Operativi Regionali – attivati per l’adeguamento delle competenze della PA. Piano e-government – stanzia fondi per la formazione telematica. RIPAM Riqualificazione Pubbliche Amministrazioni – migliora la qualità del personale con selezione, formazione e reclutamento di personale attraverso procedure di corso-concorso.
La formazione nella PA diviene uno strumento in grado di assecondare la domanda di relazionalità e di scambio di esperienze.
Tabella 1.1 – Gli ambiti di relazionalità dell’innovatore15 (elaborazione da dati CENSIS, 2002a, p.20).
Una tale costruzione sociale realizza inoltre un processo di
identificazione collettiva che dà vita ad una comunità di pratica tra gli
operatori della PA, un importante luogo per la costruzione
15 La tabella offre una panoramica solo della situazione italiana, ma molte sono le occasioni relazionali anche a livello internazionale; fra queste il già citato Public Management Center (PUMA) dell’OCSE, divenuto un importante agente di promozione di interventi e di diffusione di conoscenze, sapere e metodologie operative; o anche l’International Public Management Network, un circuito promosso da studiosi e ricercatori di varie istituzioni anglosassoni ed europee; fra i premi per l’innovazione, a livello internazionale, si ricorda l’iniziativa statunitense Innovation in government.
28
dell’identità professionale che consente di superare l’isolamento
organizzativo e di scaricare le frustrazioni e le difficoltà di chi tenta di
contribuire ai processi di cambiamento vivendone le contraddizioni.
Una comunità di pratica è un’aggregazione informale definita dal
modo condiviso in cui i suoi membri svolgono le loro attività e
interpretano gli eventi. Si costituisce dallo scambio di esperienze e
dalla necessità di codifica delle pratiche di lavoro, per legittimarle e
fondare un “sapere” necessario alla realizzazione di un processo di
identità professionale collettiva (Gherardi, Lippi, 1999, pp.83-85). Le
comunità di pratica prendono forma attraverso relazioni sociali ed
esperienze individuali, esse non sono semplici dispensatrici di
informazione, ma strumenti che creano partecipazione e discussione
sui contenuti, che mettono in comunicazione le persone dando vita ad
un circolo virtuoso che si alimenta attraverso lo scambio di
conoscenze e competenze.
È in corso un processo di apertura delle organizzazioni amministrative
verso l’adozione di una logica di network e di cooperazione grazie alla
crescita della relazionalità e alla messa a punto di azioni comuni
all’interno e tra le amministrazioni. La visibilità di questo processo
tuttavia è ancora scarsa, gli stessi siti delle pubbliche amministrazioni
comunicano spesso all’esterno un’immagine istituzionale
sostanzialmente statica, fatta di funzioni ed uffici piuttosto che
orientata al soddisfacimento delle domande provenienti da cittadini e
imprese.
Il contesto in cui si muove questo nuovo attore amministrativo alla
ricerca di identità è denso di relazioni e canali comunicativi,
informativi, associativi, un network di negoziazioni complesse in
grado di fornire gli elementi e le risorse per la sua
29
“professionalizzazione”. La figura del nuovo manager è proiettata
verso l’esterno dell’ambito amministrativo di appartenenza, verso una
dimensione collettiva e relazionale del proprio lavoro, per
implementare, attraverso la comunità di pratica, l’idea guida di una
nuova professionalità introdotta dal processo di modernizzazione
amministrativa.
L’organizzazione che questo soggetto sembra richiedere a supporto
non è la Pubblica Amministrazione tradizionale di tipo verticistico, ma
un modello di rete in cui la comunicazione e lo scambio di
informazioni giocano un ruolo strategico per razionalizzare e rendere
più efficace l’azione pubblica, un sistema in cui più individui
coordinano il proprio lavoro attraverso la comunicazione per
raggiungere obiettivi comuni.
A parte le dovute eccezioni tipiche dei sistemi complessi, in Italia le
prime spinte innovative si sono manifestate nei punti di contatto più
diretto con la società, cioè negli enti locali (che svolgono
principalmente funzioni di erogazione di servizi alla comunità) e,
successivamente, nelle Regioni e amministrazioni centrali dello Stato
che per lo più esercitano funzioni legislative, regolatorie e potestative
(Borgonovi, 2001a, p.1). A livello di enti locali (e in particolare di
Comuni che costituiranno l’oggetto della ricerca del presente lavoro)
la realizzazione del NPM si traduce spesso in un lavoro di
riqualificazione del personale al fine di promuovere un processo di
apprendimento verso una nuova cultura gestionale in funzione non
solo della norma ma anche dei risultati.
La figura del funzionario generico, di formazione prevalentemente
giuridica, si avvia a ridimensionare il suo ruolo. Si riduce lo spazio
degli atti formali autoritativi come elemento cardine dell’attività degli
30
uffici pubblici ed emergono altre caratteristiche metagiuridiche. Le
funzioni delle amministrazioni pubbliche, soprattutto di quelle locali,
divengono infatti sempre di più un flusso di attività cooperativa con
altri attori sociali (si pensi agli accresciuti livelli di interdipendenza tra
amministrazioni nel governo del territorio o alle attività di
concertazione sociale o alle funzioni di soddisfazione dell’utenza che
impongono un continuo monitoraggio di domande e preferenze dei
cittadini).
Nelle piccole realtà della nostra pubblica amministrazione locale non
sempre è la figura del dirigente, che spesso manca, a svolgere tali
funzioni. Responsabilità ed incarichi sono di solito assegnati a figure
professionali di Categoria inferiore, comunque coinvolte in maniera
diretta, per il lavoro che svolgono, nella discussione sull’adozione di
una nuova cultura gestionale per l’ente pubblico16.
16 A seguito di questa considerazione per la ricerca “Processi innovativi e aspettative professionali nella Pubblica Amministrazione”, condotta tra i Comuni della Valdera, enti locali di piccole dimensioni, si è deciso di adottare il concetto di “figura dirigenziale” in senso esteso, identificando come destinatari dell’indagine gli Amministratori e il personale responsabile di strutture complesse, anche se non di Categoria dirigenziale (cfr. Appendice I Questionario e codifica dati, p.156 ss.).
31
2 Applicazione delle logiche di NPM in Italia
Una società fortemente differenziata come quella contemporanea
presenta molteplici fini da perseguire di fronte ai quali, almeno fino
agli anni ’80, in Italia si è risposto con il proliferare in misura
esponenziale di nuove organizzazioni pubbliche con il conseguente
moltiplicarsi della burocrazia. Questa tendenza alla diversificazione ha
complicato le forme organizzative dell’amministrazione pubblica
assoggettandole ad un continuo processo di mutamento (Melis, 1998,
p.31; Battini, 2001, p.320).
Talvolta, però, si assiste a fenomeni di “assenza di flessibilità” che
paralizzano l’apparato pubblico. Il blocco dell’apparato burocratico
deriva da un atteggiamento di eccessiva aderenza ai regolamenti, una
sorta di devozione che tende a renderli assoluti e non strumenti
strettamente utili per la realizzazione di determinati scopi. Questo
comportamento genera mentalità conservatrice e tecnicismo ed
ostacola sia la pronta percezione di situazioni particolari non
contemplate dalle regole che la relativa capacità di adattamento.
Pertanto in presenza di situazioni particolari si genera inefficienza,
quando invece, in condizioni normali, tale aderenza porterebbe
all’efficienza. La situazione in cui le capacità professionali, in mutate
condizioni del contesto, risultano inappropriate e possono agire come
32
ostacoli è una condizione nota come “incapacità addestrata” (Merton,
1968, pp.407-408).
In un contesto globale, come quello della società postindustriale,
decentrato, turbolento e soggetto a continui mutamenti anche
imprevedibili, le organizzazioni devono rielaborare la loro struttura,
divenire flessibili, creative, avere reazioni rapide e lavoratori motivati:
si tratta per certi versi di arricchire la sfera della razionalità formale di
elementi che le sono normalmente estranei, ma bisogna essere
consapevoli che nelle organizzazioni questo avviene con estrema
lentezza.
Per quel che riguarda le organizzazioni pubbliche il vecchio modello
di Stato non è più attuale e si è venuto progressivamente
destrutturando, almeno inizialmente, senza una precisa capacità di
aderire alla realtà in mutamento e al nuovo sistema socio-economico
molecolarizzato e fortemente territoriale, con nuove geografie di
riferimento locale trasversali (CENSIS, 2002b, pp.182-183).
In tale contesto un’amministrazione pubblica che divenga una risorsa
e non più un costo, completamente rivista nelle regole e nella concreta
capacità di interpretare, decidere e realizzare si pone come una
questione centrale per lo sviluppo civile ed economico-competitivo
della comunità nazionale.
L’aderenza dell’attività della pubblica amministrazione ad una società
in trasformazione comporta conoscenza del contesto, flessibilità
dell’intervento e partnership con privati e terzo settore per snellire la
propria organizzazione. Rinnovare l’amministrazione pubblica
comporta anche interventi sul personale orientati a far conseguire sia
la capacità di riconoscere nuove e particolari condizioni che le
competenze per riuscire a combinare al meglio le risorse disponibili
33
per adattarsi ai nuovi contesti nel modo più efficiente. In un certo
senso si potrebbe dire, rovesciando il concetto di Merton, che gli
interventi sulle risorse umane cercano di introdurre nell’ambito della
pubblica amministrazione una “capacità addestrata”, un nuovo
modello di azione che metta gli attori nelle condizioni di essere
operativi, con efficienza, anche in contesti nuovi e diversi.
Queste azioni dovrebbero contribuire a contrastare la scarsissima
propensione per l’innovazione ed i rigidi schemi culturali tipici degli
impiegati della Pubblica Amministrazione italiana e fonte di molti
suoi problemi. Infatti, la caratteristica tipicamente attribuita alla nostra
Pubblica Amministrazione è sempre stata la troppa rigidità, la carenza
di una certa “fluidità” che è causa del mancato adattamento ai
mutamenti della realtà e della perdita di contatto con la società cui si
riferisce. Già da tempo quindi l’organizzazione PA del nostro Paese si
trova nella situazione di dover raggiungere un diverso grado di
razionalità per poter gestire in modo efficiente la società in cui opera.
Da anni è iniziato un percorso di trasformazione degli Enti Pubblici
per cercare di dare risposta alle disfunzioni che il sistema presenta di
fronte alle sempre più inderogabili domande di servizi, diritti e
opportunità. La storia della nostra amministrazione pubblica, però, si
distingue per la quasi totale assenza di cambiamenti radicali, infatti
spesso trasformazioni profonde si sono prodotte per effetto di
cambiamenti normativi apparentemente di scarso rilievo, oppure in
conseguenza della modifica di prassi consolidate e a seguito del
diverso ruolo che la burocrazia stessa ha saputo interpretare di fronte a
situazioni nuove. Tuttavia in questi ultimi anni la PA italiana è stata
destinataria di interventi di ristrutturazione interna e innovazione
organizzativa, punto di partenza per la ridefinizione della propria
34
missione e dei propri valori al fine di realizzare il passaggio dal ruolo
tradizionale di amministrazione atto al ruolo innovativo di
amministrazione conoscenza, caratterizzata da nuove modalità di
funzionamento in cui i saperi, le competenze e le professionalità
divengono elementi strategici di sviluppo senza prescindere da quelle
garanzie costituzionali a cui le PA sono comunque tenute a
conformarsi1 (Soda, 2000, p.12).
Il processo in atto presenta tre fasi successive: la generazione
dell’innovazione, la sua diffusione ed il consolidamento del nuovo
modello di amministrazione (Borgonovi, 2001a, p.3).
Per quel che riguarda la prima fase, l’innovazione si genera laddove
esistono soggetti che propongono nuove modalità di organizzazione
dei sistemi amministrativi mettendo in discussione assetti ritenuti
insoddisfacenti. L’innovazione non consiste nel semplice
trasferimento alle amministrazioni pubbliche delle soluzioni migliori
individuate in altre realtà, che siano pubbliche o private, giudicate più
avanzate, ma nel costruire soluzioni ad hoc per ogni amministrazione
partendo da alcuni principi e criteri di carattere generale e comune.
Innovare comporta nuove conoscenze (tecnologiche, organizzative,
gestionali, contabili, ecc.) e adattamento al contesto, nel caso specifico
la Pubblica Amministrazione, un’istituzione che deve produrre valore
di interesse collettivo.
Il reingeneering delle organizzazioni pubbliche si sostanzia nella
riprogettazione di prodotti e servizi e nella riqualificazione
professionale del personale. Lo sviluppo di prodotti e servizi deve
tenere conto di una nuova attenzione per l’utenza e di esigenze di 1 Il riferimento è ai principi enunciati agli articoli 97 e 98 della Costituzione: l’amministrazione pubblica è un organismo sottoposto alla legge la cui azione, improntata a regole di buon andamento e imparzialità, è vista in funzione della collettività (Battini, 2001, pp.307-308).
35
economicità in ordine al rapporto costi/benefici. La riqualificazione
professionale del personale punta a perfezionare il “capitale
intellettuale” della PA creando nuove figure operative esperte di
comunicazione, informatica e gestione: si attenua il peso di funzionari
generici a prevalente formazione giuridica.
Nell’adozione delle logiche di NPM e nella messa in atto di interventi
di riqualificazione manageriale, il contesto italiano è caratterizzato da
un ritardo temporale di circa 10 anni rispetto al trend internazionale
occidentale, in cui interventi di tipo NPM sono iniziati già dagli anni
‘80/‘90 (Meneguzzo, 1997b, p.590).
L’adozione accelerata delle logiche di NPM, basata in gran parte
sull’emanazione di numerosi provvedimenti normativi, ha consentito
di “recuperare posizioni” ed ha messo in evidenza la coesistenza, nel
caso italiano, di interventi di modernizzazione imposti e portati avanti
per legge (la cosiddetta Riforma) e di importanti processi promossi e
gestiti dal basso, sostenuti da alcuni dei sottosistemi in cui si articola
la nostra amministrazione pubblica. La presenza di tali “centri di
eccellenza” che spiccano nel panorama amministrativo pubblico
italiano porta a constatare che, accanto a realtà decisamente
all’avanguardia, convivono apparati burocratici ancora di vecchio
stampo che presentano diffidenza e difficoltà nel cogliere a pieno i
vantaggi del rinnovamento.
L’analisi di questo quadro contraddittorio mostra che, generalmente, i
“ritardi” sono presenti a livello centrale e in alcuni enti locali di
dimensioni molto ridotte in cui le tematiche di innovazione mal si
coniugano con le resistenze del sistema. Esistono apparati
amministrativi in cui l’innovazione è veicolata esclusivamente da
imposizioni normative e dall’adozione di tecnologie il cui uso è ormai
36
imprescindibile negli uffici (si pensi al computer), ma che non
presentano, negli attori che li conducono, l’interesse e la volontà di
potenziare gli strumenti dell’innovazione stessa a vantaggio
dell’organizzazione. Permane in queste strutture una mentalità poco
creativa, manca l’intenzione di fare un uso progettuale delle risorse a
disposizione e si perpetua, quasi con inerzia, un sistema burocratico
tutto sommato di vecchio stampo. La resistenza culturale alle
innovazioni, chiamata anche cultural gap, si presenta come un
meccanismo spontaneo di difesa nei confronti dei cambiamenti e
appare più forte laddove la natura del singolo è timorosa, la
formazione è conservatrice e le regole organizzative sono rigide (De
Masi, 1999, p.54). Spesso le resistenze provengono dal ceto dirigente
che vede nell’innovazione un impegno aggiuntivo per la necessità di
adeguamento della propria cultura professionale ed una minaccia
all’autorità acquisita (Soda, 2000, p.64). Ciò sottolinea ancora di più
la necessità urgente di “svecchiare” il nostro settore pubblico e
procedere allo sviluppo di una nuova cultura professionale orientata
all’innovazione.
Il termine Riforma designa gli interventi normativi (nazionali,
comunitari e i relativi regolamenti attuativi) che introducono il
cambiamento nelle amministrazioni pubbliche. L’approvazione di
molte leggi nel campo della semplificazione, della delegificazione e
dello snellimento dell’attività amministrativa ha accelerato i processi
innovativi della gestione pubblica in tante realtà caratterizzate
comunque dalla presenza di persone disposte all’innovazione e
dall’esistenza di strumenti idonei a realizzarla. Tutte le esperienze in
atto per la costruzione di un’amministrazione più efficiente e meno
37
burocratica2 dimostrano che non è sufficiente la sola applicazione di
progetti di intervento top-down tecnicamente ben strutturati e diretti se
le risorse umane dell’apparato amministrativo non interiorizzano
valori e obiettivi della Riforma.
Per avviare il cambiamento è certo indispensabile ammodernare gli
uffici attraverso nuove tecnologie informatiche, risparmiare sulle
spese, semplificare le procedure e ridurre il carico burocratico, ma non
basta soltanto individuare e applicare la soluzione tecnico-operativa
ottimale, che sia una nuova procedura, un management capace, un
servizio meglio strutturato o una soluzione informatica più
appropriata, occorre anche l’avvio di un percorso orientato allo
sviluppo di una nuova cultura amministrativa che sostenga gli
operatori nell’affrontare nuove responsabilità e nell’interiorizzare
diverse modalità di lavoro, altrimenti l’innovazione innescata
esclusivamente da un obbligo di legge “a fare” rischia di produrre
adempimenti solo formali e non rinnovamenti.
La condivisione delle nuove finalità da parte di tutte le componenti
che operano nell’amministrazione è una risorsa decisiva che si
sviluppa in gran parte attraverso l’esperienza e l’applicazione delle
pratiche, non soltanto come esito meccanico di un processo formativo
ad hoc.
I “centri di eccellenza” sono caratterizzati da logiche di gestione
manageriali coerenti con le linee di evoluzione della public
governance. Sono spesso realtà a livello locale, le istituzioni più
partecipi della vita del cittadino e dei suoi bisogni, che mettono in atto
2 “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” è il nome e lo slogan del progetto della Regione Toscana in merito alla Riforma dell’amministrazione pubblica. L’analisi del caso toscano, cornice di riferimento per l’area Valdera, sarà trattata successivamente nel paragrafo 3.1 Sviluppo e innovazione nel “modello toscano”, p.74 ss..
38
concreti meccanismi innovativi che migliorano le performance
dell’ente e ottimizzano le risorse. L’incentivazione, lo sviluppo e la
diffusione di tali esperienze e dei metodi di lavoro che le supportano
costituisce la migliore garanzia per il successo di interventi di
modernizzazione amministrativa. In questa fase di reinventing
government è infatti molto importante stimolare il confronto,
l’imitazione e il trasferimento di esperienze di innovazione fra gli enti
e, al loro interno, fra i diversi uffici3.
I processi imitativi e di confronto delle esperienze di rinnovamento
(benchmarking) possono moltiplicare e diffondere la Riforma, per
questo è utile promuovere una rete stabile di relazioni fra le istituzioni
pubbliche e favorire una sinergia, non episodica, fra enti pubblici e
sedi di ricerca sul cambiamento dell’amministrazione locale.
L’istituzione di questo tipo di reti stimola proficui confronti sulle
politiche adottate ed una logica di ricerca della best practice da
imitare. I vantaggi immediati sono l’utilizzo di know-how comune,
minori tempi di introduzione per le innovazioni già sperimentate,
contenimento di costi e investimenti, e la diffusione di una
determinata cultura professionale di condivisione e miglioramento4.
La costituzione di network di amministrazioni orientate
all’innovazione, ad esempio le reti civiche unitarie, che scambiano le
reciproche esperienze, e quindi si rafforzano a vicenda, è un aspetto
prezioso della diffusione dell’innovazione, seconda fase del processo
in atto precedentemente delineato (Borgonovi, 2001a, p.3). Questo
aspetto suggerisce la crescente rilevanza che assumono le relazioni
3 Si veda in proposito il paragrafo 1.2 Gli innovatori nella pubblica amministrazione, p.22 ss.. 4 Un esempio concreto frutto dell’adozione di questa tendenza sta nella diffusione del ricorso ai prodotti open source, applicazioni software gratuite che consentono alle PPAA di utilizzare programmi riducendo in modo drastico e rapido i costi di acquisizione e gestione.
39
orizzontali tra soggetti (negoziazione, concertazione, confronto…) nei
processi di definizione e formazione della decisione pubblica.
La fase della diffusione per essere rapida ed efficace richiede
sostanzialmente due condizioni: eliminazione degli ostacoli, specie nei
sistemi nei quali sono presenti molte norme obsolete e superate, ed
incentivi, individuali e collettivi, economici e non (ad esempio
motivazionali), perché l’esperienza insegna che se ad un maggior
lavoro non si accompagna una gratificazione anche i più volenterosi
abbandonano il campo (Borgonovi, 2001a, p.4). In altre parole
richiede specifici investimenti e la costituzione di gruppi di lavoro che
abbiano il compito di interpretare le leggi in modo non restrittivo e, in
questo contesto, le reti rivestono un’importanza straordinaria. Alla
diffusione contribuiscono soggetti del mondo della ricerca, della
formazione e della consulenza che possono adattare i modelli generali
di gestione aziendale alle specificità istituzionali delle
amministrazioni pubbliche e possono formare le competenze del
personale su come guidare il cambiamento in modo efficace.
La terza fase, quella del consolidamento, si realizza quando si è
dimostrata l’efficacia dei nuovi modelli amministrativi, in sostanza
quando si è concretizzato, in misura abbastanza estesa, il passaggio da
una logica amministrativa di tipo burocratico ad una di tipo aziendale
e manageriale. Si ha consolidamento quando la nuova logica si è
imposta e si è sostituita alla vecchia, quando funzionalità, efficienza
ed efficacia, nel rispetto della legalità, sono diventate la norma e la
legalità fine a se stessa è diventata l’eccezione (Borgonovi, 2001a,
p.4).
Riassumendo il cambiamento nella nostra amministrazione pubblica
dovrebbe avvenire secondo tre passaggi successivi: la generazione
40
dell’innovazione, la sua diffusione ed il consolidamento delle
modifiche intervenute. Caratteristica di questo processo è la sinergia
tra l’introduzione normativa delle innovazioni e l’interiorizzazione da
parte degli operatori dei concetti di modernizzazione amministrativa.
Quest’ultima è una condizione fondamentale per la realizzazione del
cambiamento nella PA, il presupposto per un’applicazione non
formale ma sostanziale delle leggi. A questo si affianca la
considerazione che è a livello locale, a livello delle istituzioni più
vicine ai cittadini, che sono presenti maggiori opportunità di sviluppo
di una nuova amministrazione proprio perché un’accresciuta
autonomia, maggiori responsabilità e la prossimità all’utenza
stimolano migliori performance ed una maggiore attenzione all’uso
delle risorse5.
In questo contesto la diffusione dell’innovazione si avvale di un
sistema di rete che mette in relazione le diverse strutture e i loro
componenti stimolando ed incentivando il confronto, la collaborazione
e la condivisione. Lo sviluppo di questo sistema porterà al diffondersi
sempre maggiore delle nuove pratiche anche nei centri più restii al
cambiamento, ammortizzandone i costi di applicazione e portando
verso il consolidamento il nuovo modello amministrativo.
Le relazioni fra innovatori, le relazioni con il territorio per attuare un
modello di governance, le relazioni con i cittadini in una logica di
customer satisfation… lo slogan del rinnovamento potrebbe
sintetizzarsi nel titolo di un intervento presentato a ComPA, il Salone
della Comunicazione della Pubblica Amministrazione, nel settembre
5 Si veda a tale proposito il capitolo 3 Il ruolo della dimensione locale, p.67 ss., e in particolare il principio di sussidiarietà.
41
2003: “Costruire relazioni per governare il cambiamento” (Bonaretti,
2003).
2.1
I binari del percorso di evoluzione
In Italia negli anni ottanta, e in parte anche prima, l’innovazione nelle
amministrazioni pubbliche è stata determinata principalmente dalle
scelte illuminate e anticipatorie di alcuni gruppi particolarmente
sensibili ai segnali provenienti dalla società. Nonostante sia stata
fortemente ostacolata dai vincoli di una normativa arretrata,
l’innovazione è partita soprattutto negli enti locali e non si è
caratterizzata come un processo diffuso ma piuttosto in termini di
esperienze pilota. Gli innovatori di allora hanno dovuto dedicare
molto del loro tempo a combattere i vincoli legislativi, le resistenze di
comportamenti burocratici consolidati, lo scetticismo di considerare
l’efficienza, l’efficacia e l’economicità principi validi per le imprese e
per il mercato, ma non coerenti con la natura delle Amministrazioni
Pubbliche. Nonostante le difficoltà, già prima delle innovazioni per
legge, diversi enti pubblici locali avevano imboccato la strada del
rinnovamento amministrativo sviluppando elementi coerenti con
ambiti di intervento caratteristici del NPM come l’adozione di
standard di risultato, sistemi di controllo dei costi, politiche di
comunicazione pubblica, azioni di marketing e orientamento
all’utente.
42
Agli inizi degli anni novanta il quadro di riferimento è cambiato in
modo abbastanza significativo e l’innovazione è stata stimolata, e poi
via via sostenuta, da scelte legislative generali e settoriali che hanno
introdotto formalmente il modello aziendale, hanno fatto riferimento a
principi di funzionalità e professionalità ed hanno diffuso
esplicitamente criteri di efficienza, efficacia ed economicità. Il
cambiamento si è esplicato principalmente attraverso la revisione
degli assetti organizzativi in direzione di modelli più flessibili,
sperimentando nuove modalità di gestione dei servizi e ricorrendo
all’affidamento esterno. Gli interventi normativi adottati possono
essere distinti in processi orizzontali, che hanno avuto impatto sui
diversi sottosistemi in cui si articola la PA, e processi verticali, che
hanno introdotto modifiche sugli assetti istituzionali e le modalità di
funzionamento di specifici sottosistemi (Meneguzzo, 1997b, p.596).
Hanno avuto impatto orizzontale la Legge 241/1990 sulla
semplificazione delle procedure e sulla trasparenza amministrativa, il
D.Lgs. 29/1993 sulla riforma del pubblico impiego, le leggi Bassanini
L. 59/1997 e L. 127/1997 che prevedono meccanismi di snellimento
dell’attività amministrativa e avviano processi di decentramento di
compiti e funzioni dallo Stato a Regioni ed enti locali in applicazione
del principio di sussidiarietà. Altra azione ad effetto orizzontale è stata
la creazione di Authorities di regolamentazione, organi pubblici con
funzioni di tutela degli interessi collettivi. Tra i processi verticali si
ricordano la Legge 142/1990 e il D.Lgs. 77/1995 sulla riforma del
governo locale, e gli interventi di progressiva trasformazione del
Servizio Sanitario Nazionale verso un sistema di servizi regionale con
ampia discrezionalità di programmazione e finanziamento.
43
La tabella 2.1 sintetizza l’esperienza italiana di adozione delle logiche
di NPM correlando le principali leve di manovra dei processi di
innovazione ai contenuti qualificanti della Riforma in atto a partire
dall’inizio degli anni ’90 attraverso numerosi provvedimenti
normativi. Da quegli anni la politica di riforma dell’amministrazione
diviene asse della politica complessiva della compagine di governo
(Melis, 1998, p.88) e si introduce il principio di creare
“un’amministrazione al servizio del cittadino e degli utenti” come
bussola necessaria per rimettere in sesto l’amministrazione, idea guida
introdotta al V ForumPA (aprile 1994) da Sabino Cassese, allora
ministro della Funzione Pubblica (da notare che la priorità data ai
cittadini era una novità assoluta).
In un periodo di tempo relativamente breve sono state messe in atto
riforme di ampia portata per mezzo un quadro normativo che ha
definito principi generali di riferimento ed ha conferito legittimità ad
atti e comportamenti, spesso già in uso, necessari per cambiare.
Come si evince dalla tabella 2.1, l’innovazione guidata da legge si è
concentrata principalmente su tre leve di azione del NPM: l’adozione
di modelli organizzativi più flessibili, l’inserimento di meccanismi
“tipo mercato” e l’attuazione di sistemi di gestione attenti ai risultati e
orientati alla soddisfazione dell’utenza.
All’inizio si è trattato di una normativa con forti elementi di
contraddizione in cui principi nuovi coesistevano con vincoli
tradizionali, tuttavia le nuove norme hanno favorito il diffondersi di
sperimentazioni, anche se lentamente e in modo non coordinato né
organico. Lo scenario della pubblica amministrazione italiana, pur con
difficoltà e lentezze, è comunque cambiato, anche se si sono avute
risposte differenti tra le diverse aree territoriali e tra le diverse
44
tipologie di organizzazione pubblica (l’impatto dell’innovazione
sembra essere stato modesto sulla pubblica amministrazione centrale,
ma rilevante negli enti pubblici periferici dislocati nel territorio).
leve manovra new public management
Contenuti qualificanti delle riforme italiane Riferimenti normativi
decentramento organizzativo downsizing burocrazie pubbliche
nuovi modelli organizzativi, riprogettazione macrostruttura formule istituzionali (imprese,
fondazioni) accorpamento ministeri
L. 142/1990 riforma enti locali L. 59/1997 federalismo amministrativo
meccanismi tipo mercato contracting out imprese private e
organizzazioni no profit contracting in
1990 riforma governo locale
tecniche e sistemi gestione imprese private
contabilità economica governo locale e sanità pubblica centri di responsabilità
amministrativa e unità previsionali di bilancio sistemi controllo gestione e
budgeting contratti tempo determinato e
privatistici (city manager, country manager, direttori generali di Comuni, Province, Regioni) sistemi gestione flessibile
personale comunicazione ed orientamento
all’utente trasparenza amministrativa semplificazione procedure e
autocertificazione sistemi di incentivazione e
valutazione dirigenza pubblica
D.Lgs. 77/1995 contabilità EL L. 142/1990 riforma enti locali L. 241/1990 semplificazione trasparenza procedure L. 127/1997 semplificazione amministrativa D.Lgs. 29/1993 riforma pubblico impiego 1994 carta dei servizi e URP
performances measurement standard di risultato espliciti e misurabili
contabilità economica governo locale e settore sanitario pubblico sistemi di controllo dei costi e
piano economico gestione (enti locali) pianificazione strategica, budget
e controllo di gestione nuclei valutazione
L. 142/1990 riforma enti locali D. Lgs. 29/1993 nuclei valutazione
Tabella 2.1 – Leve di manovra dei processi di NPM e interventi di modernizzazione della pubblica amministrazione italiana (elaborazione da Meneguzzo, 1997b p.595).
Alla fine degli anni novanta si assiste al completamento del quadro
normativo nel settore e quindi all’eliminazione di una serie di
contraddizioni e vincoli del passato, inoltre emergono stimoli sempre
45
più forti dall’esterno nei confronti delle amministrazioni pubbliche, i
già citati fattori storici, come la globalizzazione dell’economia,
l’integrazione sovranazionale, le esigenze di ristrutturazione degli
apparati pubblici per motivi di contenimento dei costi, che hanno dato
luogo a privatizzazioni e cessioni nell’erogazione dei servizi.
Anche in quest’ultima fase, nonostante il quadro legislativo
maggiormente favorevole, si può dire che l’innovazione si è
sviluppata in molti casi in un contesto poco disponibile nel quale
tuttora domina in buona parte la cultura della legalità formale e della
burocrazia e non si è ancora affermata la cultura dell’amministrazione
“aperta” che esercita le proprie funzioni partendo dall’analisi dei
bisogni a cui rispondere con modalità tali da realizzare il miglior
rapporto tra risultati e risorse.
L’imporsi nell’ordinamento di valori profondamente estranei alla
tradizione burocratica italiana classica, come la trasparenza,
l’accessibilità ai documenti, la responsabilità del funzionario,
l’indipendenza dalla politica, ha costituito un fattore di profonda crisi
ed ha generato un acuto senso di spaesamento negli attori
dell’amministrazione, testimoniato dall’ostilità inizialmente opposta al
nuovo orientamento dovuta forse al timore di perdere piccoli ma
consolidati privilegi (Melis, 1998, pp.92-99). Le politiche di riforma
hanno quindi dovuto fare i conti con la resistenza di un mondo
burocratico in cui la stratificazione negli anni di norme, prassi,
consuetudini e linguaggi specialistici oppone oggettivamente, al di là
forse della stessa volontà dei singoli, un’insormontabile barriera al
nuovo.
L’irruenza che anima le politiche di Riforma si è trovata di fronte lo
spessore, a prima vista impenetrabile, di una burocrazia che non
46
voleva cambiare. L’innovazione è comunque diventata un processo
sempre più organico e diffuso, ma è rimasto uno squilibrio tra la
progettualità, spesso di qualità molto elevata ed avanzata, gli
strumenti, molte volte invece inadeguati alla complessità dei progetti
innovativi, e la capacità attuativa dei progetti stessi legata alla
professionalità degli operatori che è rimasta a bassi livelli.
Fino a pochi anni fa si individuavano solo poche esperienze
innovative, oggi invece si assiste ad una larga diffusione di iniziative
di rinnovamento. È evidente però che molte di esse non sono
realmente radicate negli enti, ma sono il frutto di iniziative personali
di gruppi che non sempre hanno un peso rilevante nel processo
decisionale (Borgonovi, 2001a, p.5). Tuttavia le sperimentazioni
pilota degli anni ottanta e quelle sempre più numerose degli anni
novanta, al di là dei concreti risultati ottenuti, hanno contribuito a
creare e a diffondere anche nel settore pubblico una nuova cultura
amministrativa che sta alla base dell’accelerazione dell’innovazione
manifestatasi alla fine degli anni novanta. Fino ad allora spesso non
venivano riconosciute né valorizzate innovazioni che pure esistevano,
mentre da alcuni anni si assiste ad una specie di “euforia
dell’innovazione” (Borgonovi, 2001a, p.7), sembra quasi che tutto il
sistema sia percorso da fremiti innovativi: leggi che introducono
principi in alcuni casi addirittura più avanzati rispetto al mondo delle
imprese (per esempio sofisticati sistemi di retribuzione per posizioni o
per risultati, o sistemi molto articolati di misurazione delle
performance...); gruppi di studio e lavoro per lo sviluppo
dell’innovazione; premi all’innovazione nelle Amministrazioni
Pubbliche sempre più numerosi; costituzione di network degli
innovatori…
47
Questo atteggiamento, sicuramente più positivo ed efficace di quello
precedente, sottostima tuttavia che il processo di innovazione è
complesso e si muove in un ambito ristretto tra vecchie abitudini
burocratiche che spesso sopravvivono ai cambiamenti e ai
comportamenti semplicistici di chi crede che sia sufficiente applicare
logiche e strumenti del privato nel pubblico per mutare radicalmente
le cose, o che siano sufficienti nuove politiche per modificare i
comportamenti reali e ottenere diversi risultati finali.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, l’organo centrale preposto
alla diffusione dell’innovazione, è comunque impegnato in una serie
di azioni volte ad assicurare l’attuazione delle riforme amministrative
avviate. Per sostenere le amministrazioni impegnate nei processi di
innovazione il Dipartimento ha avviato una serie di progetti focalizzati
su questioni di rilevanza strategica per la realizzazione del disegno
riformatore, tali progetti riguardano infatti il decentramento
amministrativo, il miglioramento della gestione, la semplificazione e
la qualità della regolamentazione. L’obiettivo generale è il fornire un
insieme di servizi reali alle amministrazioni pubbliche monitorando e
valutando la situazione dei processi riformatori per determinare
eventuali scostamenti rispetto agli scopi ed individuare le possibili
leve di aggiustamento, anche normativo, attraverso le quali
intervenire. Si vuole così sperimentare modalità innovative ed
esemplari per il governo dei processi di riforma al fine di realizzare un
nuovo modo di lavorare per programmi e progetti.
Per il raggiungimento degli scopi prefissi il Dipartimento della
Funzione Pubblica ha affiancato agli strumenti di attuazione
tradizionali (norme, circolari, direttive) nuove modalità di intervento
che riguardano il monitoraggio delle iniziative di riforma, la
48
valorizzazione e la diffusione delle migliori esperienze attuate in tema
di innovazione, la sollecitazione delle realtà con maggiori difficoltà e
l’attuazione di progetti volti a superare le resistenze al cambiamento6.
Il monitoraggio dell’attuazione delle iniziative di riforma avviene
sulla base dell’osservazione di un numero significativo di casi con
particolare attenzione agli effetti che le riforme generano in termini di
qualità dei servizi e di livello di gradimento da parte dei cittadini.
L’individuazione e la diffusione delle migliori esperienze di
attuazione (best practices) e il benchmarking consentono una
comparazione fra le esperienze realizzate nelle diverse aree
territoriali. Inoltre la valorizzazione delle iniziative assunte dalle
amministrazioni che meglio hanno operato ne legittima i modelli
gestionali e consente una raccolta dei casi eccellenti al fine di mettere
a disposizione del sistema delle amministrazioni pubbliche un
patrimonio di iniziative con cui confrontarsi per riflettere sulle
opportunità esistenti e per sollecitare le realtà con maggiori difficoltà.
Infine il Dipartimento della Funzione Pubblica promuove iniziative di
sensibilizzazione per superare le resistenze al cambiamento e
accompagnare i processi reali di innovazione, senza proporre modelli
standard ma aiutando le amministrazioni a riflettere sulle proprie
esigenze e a scegliere le soluzioni di intervento più opportune.
6 Fra i progetti innovativi lanciati dal Dipartimento della Funzione Pubblica che più hanno avuto seguito si cita il progetto AIR-Analisi di impatto della regolazione (introdotto dall’art.5 della L.50/99), un’indagine volta a valutare l’impatto della regolamentazione nei confronti dei soggetti destinatari dei provvedimenti con l’obiettivo di promuovere una cultura della regolazione più consapevole e attenta ai risultati. L’analisi si svolge attraverso la consultazione ex ante ed ex post di cittadini e imprese con lo scopo di bilanciare costi e benefici della regolazione e di evitare gli eccessi quali norme troppo numerose, inutilmente dettagliate, invadenti e troppo restrittive della libertà di azione.
49
2.2
I tasselli della trasformazione
La Riforma potrà dirsi compiuta quando le singole amministrazioni
saranno in grado di progettare, governare e realizzare i processi di
innovazione che la società richiede. È comunque in atto un
movimento di innovazione dei servizi pubblici che cerca di
50
l’elemento cardine dello sviluppo (cfr. il concetto di rivoluzione
cognitiva in MIUR, 2000).
La formazione ambisce ad introdurre svolte culturali, motivazione,
crescita e aggiornamento professionale: elementi per la condivisione
di riforme e innovazioni, fondamentali per il successo di ogni
rinnovamento. La formazione assume quindi un ruolo di supporto
fondamentale nei processi di innovazione in atto in quanto, nello
specifico, oltre a conoscenze e abilità operative, fornisce la chiave di
lettura dei cambiamenti in atto trasmettendo elementi di conoscenza
del contesto e attitudine al cambiamento, due risorse importanti per
rigenerare le organizzazioni.
La conoscenza del contesto consente di rimanere in sintonia con la
società e i suoi processi di trasformazione e rappresenta una dote
essenziale per qualificare le professionalità allineandole alle effettive
istanze ed evoluzioni del mondo del lavoro. Un’adeguata conoscenza
del contesto si mantiene grazie ad una formazione permanente e ad un
aggiornamento continuo, attività regolari nel tempo e non una tantum,
concepite in relazione al target di utenza e alle esigenze di efficacia e
flessibilità da soddisfare in modo tale da valorizzare e potenziare
esperienze e competenze maturate.
L’azione formativa è inoltre il mezzo con cui si trasmette la capacità
ad orientarsi in contesti in cambiamento: essa favorisce l’acquisizione
di una cultura dell’innovazione e sorregge il processo di
modernizzazione del sistema introducendo criteri di flessibilità,
sviluppo del pensiero critico e crescita delle competenze necessarie ad
adottare elementi di innovazione quali il reingegnering delle
procedure, nuove metodologie di lavoro, innovazioni tecnologiche,
misurazione delle performance e una cultura di gestione per risultati.
51
Oggi la formazione nella amministrazione pubblica è sia stabilita per
legge che negoziata contrattualmente e non può più essere sporadica e
occasionale, dettata da esigenze del momento, ma deve svilupparsi
secondo programmi pluriennali. Affinché le riforme richiamate in
precedenza producano cambiamento, innovazione e progresso, devono
necessariamente essere trasferite in conoscenze, prestazioni, abilità,
comportamenti e soprattutto valori che divengano patrimonio comune
delle risorse umane dell’organizzazione, pertanto la formazione del
personale si configura come leva strategica per sostenere e sviluppare
il cambiamento in seno all’organizzazione, con piani di adeguamento
e sviluppo delle professionalità e delle competenze.
In effetti non è pensabile una riforma dell’amministrazione pubblica
senza adeguati interventi di formazione sulle risorse umane. L’attività
formativa, fornendo la chiave di lettura dei cambiamenti in atto,
consente spesso di recuperare una motivazione professionale frustrata
dal disincanto e dall’appiattimento dell’attività lavorativa.
Il nostro sistema pubblico ha un urgente bisogno di investire nello
sviluppo di nuove conoscenze e professionalità delle persone. Questo
tipo di investimento avviene in parte attraverso politiche di
reclutamento e attivazione di competenze esterne7, ma soprattutto
avviene attraverso la formazione e la riqualificazione del personale in
servizio verso profili innovativi. Tuttavia nella nostra pubblica
amministrazione l’intervento formativo è ancora insufficiente, sia in 7 Il reclutamento del personale nelle Pubbliche Amministrazioni diviene un fattore determinante per la modernizzazione e l’innovazione del sistema. Oltre al tradizionale concorso pubblico oggi ci si avvale di nuovi sistemi di assunzione più flessibili come l’attivazione di collaborazioni, il ricorso al lavoro interinale, le selezioni pubbliche specifiche. Inoltre il processo di ristrutturazione delle professionalità alle dipendenze della Pubblica Amministrazione lascia prevedere la ricerca e l’ingresso di funzionari con culture legate alla sociologia, alla psicologia del lavoro, alla comunicazione, al marketing, alla statistica… culture professionali differenti dalla formazione giuridico-economica classica che ha da sempre caratterizzato la PA (Soda, 2000, pp.32-34; Cerase, 1998, pp.197-199).
52
termini quantitativi che qualitativi: è necessario incrementare le
risorse destinate alla formazione, che attualmente sono inferiori
all’1% della spesa totale per il personale prevista dai contratti
collettivi (Soda, 2000, p.22). Ed è altresì necessario adottare nuove
metodologie formative e investire in nuove discipline per una
maggiore aderenza agli obiettivi della Riforma.
Le metodologie formative dovranno essere volte a stimolare la
partecipazione e l’iniziativa personale, agevolando lo scambio di
esperienze e il confronto finalizzato all’apprendimento. Il nuovo
processo formativo dovrà accompagnare l’andamento reale
dell’amministrazione, configurandosi come un processo on the job,
infatti i nuovi metodi formativi sono caratterizzati da una natura più
operativa rispetto alla formazione cattedratica classica che si esauriva
nel mero trasferimento di nozioni. È la cosiddetta formazione in
azione, una metodologia formativa basata su esperienza e pratica che
valorizza l’analisi diretta delle situazioni e la verifica sul campo dei
problemi8.
Per quel che riguarda i contenuti emerge l’esigenza di sviluppare
competenze nuove accanto alle tematiche classiche relative
all’aggiornamento normativo, l’argomento principale a cui erano
dedicate le ore di formazione fino a qualche anno fa. I nuovi
fabbisogni formativi nella pubblica amministrazione riguardano, oltre
a competenze professionali specifiche settore per settore, competenze
trasversali come le conoscenze informatiche, il controllo di gestione,
lo sviluppo di sistemi di qualità e rilevazione del gradimento dei 8 La formazione in azione si avvale di: studi di caso riferiti a concrete esperienze di management pubblico, simulazioni per sperimentare le capacità manageriali, affiancamento consulenziale cioè attività di studio con i destinatari dell’intervento formativo su un problema reale dell’amministrazione, aule virtuali e videoconferenze (elementi di e-learning) per quel che riguarda l’applicazione di strumenti tecnologici ai processi formativi (Soda, 2000, pp.25-28).
53
servizi, le relazioni con organismi internazionali, la comunicazione
pubblica (Soda, 2000, pp.28-29).
2.2.2 Organizzazione
L’organizzazione è un’altra voce determinante della Riforma, indica i
cambiamenti nei compiti, nella gestione e nelle responsabilità per un
migliore impiego delle risorse umane ed economiche. Si esplica
nell’adozione di un nuovo modello di Stato e in nuove modalità di
funzionamento della Pubblica Amministrazione improntate a principi
di funzionalità e semplificazione.
I criteri guida del processo di ri-organizzazione comportano il
diversificare i modelli organizzativi, in modo che ogni
amministrazione sia gestita nel modo più idoneo all’ottimale
svolgimento delle sue funzioni istituzionali (è la citata funzionalità), e
il dare più spazio all’organizzazione orizzontale per determinare, di
conseguenza, nuovi schemi relazionali tra le articolazioni
dell’amministrazione. Data la mutevolezza dei contesti socio-
economici in cui operano le pubbliche amministrazioni si tratta di
criteri dinamici, soggetti a continua verifica, che impegnano, pertanto,
al monitoraggio continuo delle attività.
In funzione della ri-organizzazione è stato avviato un cospicuo
processo di delegificazione per contrastare gli eccessivi formalismi
dovuti alla presenza di leggi che regolavano l’azione amministrativa
fin nei minimi dettagli e per conferire al sistema maggiore flessibilità.
Questa azione non solo elimina il soprannumero di leggi, ma veicola
anche una cultura dell’innovazione orientata a favorire la
54
responsabilizzazione del management pubblico, incaricato di colmare
il vuoto normativo con le proprie scelte e decisioni.
È poi iniziato un iter orientato alla separazione tra indirizzo politico e
gestione per evitare che il potere politico condizionasse la gestione
tecnico-manageriale della dirigenza. Secondo questa tendenza il ruolo
degli organi di decisione politica deve esplicarsi in funzioni di
indirizzo, programmazione, assegnazione delle risorse, controllo e
valutazione, e deve mantenersi distinto dalle attività di gestione,
organizzazione delle risorse e realizzazione degli obiettivi previsti che
sono competenza dei dirigenti, i quali divengono gli esclusivi titolari
dell’azione amministrativa e si assumono le relative responsabilità in
ordine ai risultati della gestione9.
Autonomia, responsabilità, separazione tra politica e amministrazione
indicano che il rinnovamento della dirigenza pubblica è un aspetto di
primaria importanza nella nuova organizzazione della Pubblica
Amministrazione: ai dirigenti spettano funzioni e responsabilità prima
sconosciute, hanno poteri di gestione finanziaria, tecnica ed
amministrativa che esercitano mediante autonomia di spesa e
organizzazione delle risorse. L’intero processo concede al
management maggiore autonomia, più rapidità ed un certo grado di
incontestabilità nelle decisioni e nell’uso dei poteri gestionali, l’unico
limite sono il rispetto della legge, degli atti che definiscono le linee
generali di organizzazione degli uffici e delle norme contrattuali che
regolano i rapporti di lavoro. Qualsiasi decisione assunta nel rispetto
di questi limiti è pienamente legittima in quanto riconducibile al 9 La responsabilità manageriale consiste nel rendere conto dei risultati raggiunti nella gestione delle risorse relative all’incarico ed è qualcosa di più di una responsabilità formale legata alla correttezza giuridico-amministrativa del comportamento. In caso di mancato raggiungimento dei risultati la responsabilità del dirigente può avere effetti sulla sua retribuzione o sul rinnovo dell’incarico e, nei casi più gravi, può comportare la sospensione o il recesso.
55
potere del dirigente di scegliere la strategia manageriale più idonea al
raggiungimento degli obiettivi assegnati, eventualmente ne risponderà
in sede di valutazione dei risultati (Soda, 2000, pp.48-50). La
trasformazione in atto comporta una ridefinizione dello status del
dirigente pubblico: il sistema degli incarichi a termine e della
valutazione per risultati sono una forte spinta verso la creazione di
veri e propri professionisti nella gestione dei servizi e delle strutture
pubbliche.
Riassumendo, autonomia e responsabilità sono i termini più
rappresentativi dell’evoluzione dei modelli organizzativi. Del pari
questa evoluzione conferisce all’organizzazione una struttura
operativa più agile e la capacità di adattamento ai contesti, cioè una
maggiore flessibilità per rispondere in maniera efficace e rapida alle
mutazioni dell’ambiente in cui opera.
2.2.3 Tecnologia
La parola chiave tecnologia identifica le moderne tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (in primo luogo internet, ma
anche il telefono e altri mezzi), un elemento distintivo e pervasivo
della società contemporanea.
La diffusione capillare delle nuove tecnologie telematiche (che si
traduce soprattutto nel diritto di accesso e nelle possibilità di utilizzo
del computer, di internet e della posta elettronica) consente migliore
efficienza e maggiore velocità nei processi di lavoro, inoltre offre
opportunità di inclusione sociale, riduzione del digital divide e
56
sviluppo della partecipazione democratica, cioè maggiore trasparenza
e più semplici possibilità di intervento attivo dei cittadini10.
La carica di trasformazione insita nelle nuove tecnologie rappresenta
un fattore di accelerazione determinante per il processo di
rinnovamento della Pubblica Amministrazione.
L’attuazione del governo elettronico (e-government) comporta
l’utilizzo delle nuove tecnologie per cambiare il modo di erogare i
servizi pubblici: integrare scambi oggi frammentati, semplificare la
burocrazia, dare accesso a distanza e senza vincoli di orario e luogo ai
servizi… in pratica rendere più facile il rapporto tra cittadini e
Pubblica Amministrazione e ridurre i costi di quest’ultima. Tuttavia in
Italia l’amministrazione telematica resta un obiettivo in gran parte
ancora da realizzare: nel settore pubblico l’informatizzazione, dove ha
agito, si è per lo più limitata ad aspetti tecnici, come la
meccanizzazione di procedure standardizzate e ripetitive, trascurando
gli elementi organizzativi, culturali e sociali. Si assiste perciò al
mancato sfruttamento delle potenzialità di snellimento ed efficacia: il
personale spesso non ha formazione adeguata, manca il collegamento
fra gli enti per incoraggiare la cooperazione e lo scambio, e solo in
casi limitati si favorisce l’accesso ai servizi attraverso procedure
telematiche11. L’introduzione dell’informatica nella Pubblica
10 Il digital divide (divario digitale) è l’effetto di disuguaglianza che si crea tra coloro che hanno gli strumenti informatici e le conoscenze per utilizzarli e coloro che non hanno né possibilità né capacità di accesso alle nuove tecnologie. Nella società dell’informazione si può generare sviluppo e progresso concreti e tangibili se si realizza la diffusione a livello individuale dei benefici dell’innovazione tecnologica. La realizzazione della rivoluzione tecnologica contribuirà al mutare dei concetti di centro e periferia: nei sistemi di rete la periferia dovuta ad una “posizione oggettiva” nel sistema non esiste. La perifericità tende a divenire esclusione dai processi per un fatto legato a scelte o a emarginazione. Combattere il digital divide contribuirà a creare una cittadinanza consapevole che divenga interlocutrice della PA e sua partner nel processo di reinventing government. 11 Questo dato emerge anche dall’indagine condotta nel territorio Valdera: pur essendo ben delineata la tendenza all’uso delle nuove tecnologie informatiche esistono ancora realtà locali, in genere di piccole e medie dimensioni, in cui l’informatizzazione dei processi non è avvenuta in
57
Amministrazione continua sostanzialmente ad incontrare il problema
già rilevato da altri studi precedenti: diffusa acquisizione di strumenti
informatici, impegno di ingenti risorse ma mancata progettazione di
sistemi in grado di colloquiare, con risultati limitati per lo più alla
meccanizzazione di procedure standardizzate e ripetitive (Fantigrossi,
1993, p.192).
Il Piano di Azione di e-government, approvato dal Governo il 22
giugno 2000, disegna uno scenario del rapporto tra cittadini e
amministrazioni totalmente nuovo e ancora irrealizzato, per quanto il
quadro normativo per attuare le innovazioni previste (firma digitale,
documento informatico, gare e acquisti on line…) sia completo, le
regole tecniche per garantire che i diversi sistemi informatici possano
interoperare con sicurezza e qualità siano in gran parte definite e le
risorse siano state stanziate (MIT, 2002, p.18). Il Piano di e-
government prevede una serie di azioni, tecniche e normative, volte ad
informatizzare l’erogazione delle prestazioni di modo che si potrà
ottenere un servizio pubblico a cui si ha diritto presso una qualsiasi
amministrazione di front office (identificata prioritariamente con il
Comune), indipendentemente da vincoli di competenza territoriale o
residenza, fornendo solo le informazioni relative all’identificazione
personale12.
Per accelerare lo sviluppo digitale dei Paesi membri anche la
Commissione Europea ha definito dei piani di azione: eEurope 2002,
nel giugno 2000, e successivamente eEurope 2005. Con questi piani
l’Unione definisce un insieme di misure ed azioni che gli Stati devono maniera capillare e la realizzazione dell’e-government è ancora un progetto pressoché sconosciuto (cfr. Capitolo 4 L’innovazione nei Comuni della Valdera, p.105 ss.). 12 Gli obiettivi specifici del Piano di Azione di e-government sono: mettere in rete fra loro tutte le PPAA, garantire qualità, sicurezza facilità e precisione nelle comunicazioni e nello scambio dati tra PPAA, dotare le PPAA di sistemi informatici adeguati e competenze operative spendibili.
58
adottare al fine di trarre il massimo vantaggio dalle opportunità che le
nuove tecnologie offrono, le priorità dei piani sono il promuovere
l’utilizzo di internet garantendo adeguate misure formative ed un
accesso più economico, più rapido e sicuro, e l’implementare i servizi
pubblici on line sfruttando l’esperienza delle buone prassi realizzate in
questo settore in tutta Europa.
Guardando alla normativa e alle dichiarazioni di intenti dovremmo
essere già oltre rispetto all’automatizzazione informatica degli uffici e
tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero preoccuparsi della
realizzazione del governo telematico del proprio territorio, ma
purtroppo, come ho già detto, la realtà delle cose non è questa. Molte
amministrazioni devono ancora investire in e-government e in
interventi volti a favorire la crescita delle competenze e delle capacità
di utilizzo delle tecnologie da parte dei dipendenti e dei cittadini.
Addirittura alcune amministrazioni devono ancora riconoscere l’e-
government come un fondamentale agente di semplificazione,
un’occasione importante di sviluppo economico del territorio e un
fattore rilevante per aumentare l’interattività di amministratori e
cittadini. A conti fatti sono poche le pubbliche amministrazioni che
utilizzano internet al di là della “rappresentazione di sé stesse”, che
cioè hanno superato la cosiddetta fase autoreferenziale in cui la
presenza sulla rete risponde unicamente ad un’esigenza di visibilità.
Molti siti di amministrazioni pubbliche, infatti, non sono
assolutamente orientati a favorire l’uso della rete per accedere ai
servizi e a incoraggiare la partecipazione, la cooperazione e lo
scambio fra utenti e soggetti pubblici13 (CENSIS, 2002a, p.24).
13 Un esempio di queste amministrazioni è dato dai siti di molti Comuni della Valdera i cui indirizzi web sono reperibili al paragrafo Link internet, p.202 ss..
59
Risulta quindi un dato importante constatare, al di là delle
amministrazioni, il “muoversi della società” nella richiesta di e-
government: nel 2003 i siti della PA centrale e locale sono stati visitati
da oltre 9.000.000 di utenti, il 53% dei “navigatori” totali, con un
incremento del 13% rispetto al 2002 (MIT, 2004, p.57; MIT, 2002,
p.61); il crescente gradimento dei cittadini per i siti pubblici potrà
essere un traino ed uno stimolo sostanziale per la realizzazione
dell’amministrazione telematica.
La rivoluzione informatica non consiste solo nell’introduzione degli
strumenti tecnologici nei processi, ma anche nella sedimentazione
della cultura che vi si riferisce: l’obiettivo è acquisire la tecnologia
informatica non solo come strumento operativo ma anche come
orizzonte culturale di riferimento. A tale proposito le linee guida per
lo sviluppo della Società dell’Informazione, previste dall’AIPA,
l’Autorità Informatica per la Pubblica Amministrazione, e dal
Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, per l’utilizzo della
tecnologia informatica nei servizi delle amministrazioni pubbliche,
sono volte, attraverso una serie di progetti, a rendere condivisa e
quanto più possibile omogenea la cultura dell’innovazione14 (MIT,
2002). Si può dire quindi che prioritariamente si tende a realizzare un
contesto orientato “non solo a lavorare informaticamente ma anche a
pensare informaticamente” (Soda, 2000, p.69).
È piuttosto curioso considerare che dal punto di vista normativo il
nostro Paese è all’avanguardia: ad esempio l’Italia è stato il primo
14 Fra i progetti più conosciuti: la RUPA Rete Unitaria delle Pubbliche Amministrazioni, è una rete delle reti che favorisce lo scambio di informazioni e atti; il Catasto informatico, che permetterà l’interscambio informativo sulle proprietà immobiliari tra l’amministrazione delle Finanze e i Comuni; i Sistemi Informativi Territoriali, riguardano le attività nel settore della cartografia e della risorsa territorio; la Carta d’identità elettronica, documento magnetico in cui possono essere registrati tutti i dati personali rilevanti e le cui potenzialità non sono ancora del tutto attivate.
60
paese al mondo a dare piena validità giuridica ai documenti elettronici
(art.15, L. 59/97), tendenza innovativa confermata dalla successiva
introduzione della firma digitale (D.P.R. 513/97), strumento in grado
di assicurare l’integrità e la provenienza dei documenti informatici. E
tuttavia buona parte degli interventi formativi nella PA, circa il 20%,
pur riguardando il trasferimento di competenze informatiche, si
limitano ad una formazione di livello medio-basso ristretta alle
modalità di funzionamento del computer o di qualche software, e non
riguardano le innovative potenzialità dell’informatica in relazione
all’organizzazione, al reingeneering dei processi, all’aumento
dell’efficienza e della produttività (Soda, 2000, pp.64-65).
2.2.4 Comunicazione
Anche la comunicazione, come la tecnologia, è un elemento
caratterizzante sia della società contemporanea che dell’attuale
processo di rinnovamento a cui è interessata la Pubblica
Amministrazione.
La comunicazione comprende l’insieme delle modalità di circolazione
delle informazioni, che oggi, grazie all’ausilio delle tecnologie
informatiche, riescono ad essere a disposizione in tempo reale e in
moltissimi luoghi contemporaneamente. È uno strumento
determinante per il funzionamento delle organizzazioni, utile, e spesso
necessario, per raggiungere gli obiettivi che ci si pone, per
implementare la qualità dei modelli organizzativi interni, per veicolare
i valori delle politiche perseguite e per infondere motivazione, senso
di appartenenza e di identificazione. Chiaramente assume ancora più
61
importanza in una fase di cambiamento perpetuo come quella
contemporanea in quanto agevola la diffusione, la promozione e
l’attuazione delle innovazioni.
Negli enti pubblici le strategie comunicative incidono direttamente sul
rapporto con gli utenti: essere informati e ricevere comunicazioni
affidabili, chiare, controllabili da tutti costituisce un diritto di
cittadinanza sempre più importante ribadito dalla L.150/00 e dalla
successiva normativa. Contemporaneamente informare e comunicare
con efficienza sono un dovere di quanti hanno il compito di erogare
servizi e prestazioni essenziali ai cittadini.
Grazie all’adozione di una comunicazione di tipo interattivo, in cui
l’istituzione informa, propone ma anche ascolta, si favorisce
l’evoluzione verso un modello di amministrazione trasparente e
condiviso, che riduce il suo potenziale autoritario e favorisce
l’instaurasi di una relazione con i cittadini più democratica e
partecipativa (Rugge, 1997, p.325). Lo strumento principale di questo
nuovo corso è l’attuazione di costanti meccanismi di feedback e
monitoraggio nei confronti dell’utenza che permettono di avere una
conoscenza adeguata del contesto, di mantenere un legame attivo con
la società e, quindi, di riconoscerne le esigenze, modulare i servizi e
correggere eventuali errori.
La soddisfazione dell’utenza diviene uno degli elementi principali che
ispirano l’attività amministrativa e uno degli obiettivi più importanti
da perseguire. Si afferma una versione pubblica della customer
satisfation delle imprese private che, per far fronte al giudizio dei
cittadini rispetto ai servizi di cui fruiscono, impone sempre più di
conoscere l’utenza, di progettare servizi pubblici e modalità di
62
fruizione adeguati alle molteplici esigenze ed aspettative, e di
rispettare standard di qualità delle prestazioni offerte15.
Un esempio di attuazione della nuova logica di customer satisfation
nella PA sono le carte dei servizi, documenti con cui le
amministrazioni fissano i diritti dei cittadini-utenti e gli standard di
erogazione e qualità dei servizi offerti16. In Italia la Carta dei servizi
pubblici, emanata dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 27 gennaio 1994 “Principi sull’erogazione dei servizi
pubblici”, definisce i principi fondamentali di erogazione del servizio
pubblico: uguaglianza e parità di trattamento, imparzialità, continuità,
efficienza, efficacia, diritto di scelta da parte dell’utente, garanzia
della partecipazione dei cittadini attraverso il diritto di accesso e la
possibilità di avanzare suggerimenti e valutazioni.
Il front office strategico di collegamento tra utenza e amministrazione
è l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP), un servizio previsto dalla
legge (D.Lgs. 29/93; L. 150/00) per facilitare l’accesso dei cittadini,
garantire la trasparenza della PA, promuovere la comunicazione
pubblica. L’URP costituisce il punto di ingresso primario del cittadino
nelle sue interazioni con l’amministrazione, è incaricato di fornire
informazioni finalizzate ad agevolare la fruizione dei servizi da parte
del cittadino-utente e di cogliere i suggerimenti e le critiche per
migliorare le prestazioni dell’amministrazione. È l’asse portante di
una moderna politica di comunicazione pubblica, infatti non è solo un
servizio che consente un passaggio di informazioni dall’ente al suo
pubblico e un punto d’ascolto di proteste e reclami, ma è il luogo in 15 La semplificazione del linguaggio amministrativo è uno degli aspetti più immediati dei processi comunicativi orientati alla qualità delle prestazioni degli enti. 16 Il Codice Europeo di Buona Condotta Amministrativa è il documento europeo, approvato dal Parlamento dell’Unione il 6 settembre 2001, che contiene i principi generali che gli amministratori ed i funzionari devono rispettare nelle proprie relazioni con il pubblico.
63
cui la comunicazione diventa qualità, in cui la PA dà sostanza e
contenuto a parole come accesso e trasparenza.
2.2.5 Cultura del risultato
La cultura del risultato è un altro concetto chiave del processo di
Riforma: consiste nella tendenza al raggiungimento degli obiettivi
programmati attraverso una gestione delle risorse orientata
all’efficacia e all’efficienza e, a questo scopo, si avvale anche di premi
retribuitivi legati al risultato.
La cultura del risultato vuole anche contrastare gli eccessi delle
procedure burocratiche e indurre negli attori della nostra pubblica
amministrazione la consapevolezza del fine effettivo della propria
prestazione lavorativa. Nella nostra PA infatti è minima la coscienza
del processo produttivo globale a cui si partecipa, mentre è molto
pronunciata la consapevolezza del sistema di regole formali che
guidano il lavoro: in molti casi la procedura giuridico-formale si è
sostituita al fine sostanziale a cui era preordinata, diventando essa
stessa il fine dell’attività lavorativa. L’eccessiva regolamentazione
delle attività, la necessità di un’applicazione rigida delle norme, il
“culto del precedente” hanno creato le condizioni per confondere i
mezzi con il fine, per realizzare la cosiddetta trasposizione dei fini in
cui il valore strumentale diventa valore finale e la soddisfazione della
regola si sostituisce al raggiungimento degli scopi (Merton, 1968,
pp.409-411; Soda, 2000, pp.92-94).
La condivisione di un modello di attività “per risultati” coinvolge sia
le professionalità della PA (e in primis la dirigenza, che è valutata
64
sulla base dei risultati ottenuti), che l’utenza nelle aspettative e nei
contributi che può dare alla governance locale stimolando il soggetto
pubblico ad una maggiore efficienza.
2.2.6 Controllo
Infine come azione strategica di implementazione delle scelte adottate
con la Riforma vi è l’insieme delle attività designate con il termine
controllo.
Nell’ambito dell’innovazione della Pubblica Amministrazione il
sistema dei controlli non è inteso tanto come attività di verifica della
corrispondenza degli atti dell’amministrazione alle norme (legalità
formale), quanto come funzione attiva di riscontro delle scelte
pubbliche sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e
dell’economicità (controllo di gestione); di valutazione della
congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti
(controllo strategico); e di valutazione delle prestazioni del personale
dirigenziale (valutazione dei dirigenti).
Il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286 introduce per le pubbliche
amministrazioni un nuovo sistema di controlli che affianca ai controlli
di regolarità amministrativa e contabile, strumenti idonei a verificare
l’azione amministrativa in sintonia con i concetti veicolati dalla
cultura del risultato. Si dovrà quindi tener conto non solo della
legalità formale, ma anche della legalità sostanziale, cioè
dell’adeguatezza degli atti a raggiungere gli obiettivi previsti.
Il nuovo sistema è concepito come forma di verifica collaborativa e
non repressiva o sanzionatoria, ed è volto ad assicurare che la PA
65
migliori la qualità delle sue performance. In quest’ottica promuove
anche norme a favore del controllo interno piuttosto che esterno e una
cultura dell’autovalutazione che verifichi le ricadute qualitative delle
scelte adottate sull’organizzazione del lavoro, sull’erogazione dei
servizi e sui rapporti con il cittadino.
2.3
La situazione
La Pubblica Amministrazione sta subendo profonde trasformazioni
per accrescere in modo sostanziale la qualità e l’efficienza delle
proprie azioni. Nuovi modelli organizzativi, maggiore partecipazione
nei momenti della pianificazione e della programmazione e,
soprattutto, nuovi ruoli e maggiori responsabilità stanno delineando
un’amministrazione che abbandona le funzioni tradizionali di gestione
e ne attiva altre di regolazione ed indirizzo, più moderne e innovative,
in sintonia con l’evoluzione del quadro produttivo. In tale contesto
spiccano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione che
non sono più semplici strumenti operativi, ma costituiscono un nuovo
modo di pensare alle cose, di stabilire relazioni e di pensare ai
cambiamenti.
La Riforma cerca di realizzare uno Stato nuovo vicino ai cittadini e
centrato sulla capacità di fornire servizi di qualità. È un cambiamento
importantissimo, per quanto siano ancora pochi coloro che ne hanno
preso coscienza sia sul fronte dell’amministrazione che dell’utenza. Si
66
stanno comunque moltiplicando, e non potrebbe essere altrimenti, gli
innovatori veri, interessati e capaci di cogliere ed applicare i
cambiamenti e, al tempo stesso, lentamente ma gradualmente, si
afferma nei cittadini la consapevolezza di nuovi diritti nei confronti
della Pubblica Amministrazione e cresce la richiesta di prestazioni
migliori e tempestive.
67
3 Il ruolo della dimensione locale
L’innovazione si manifesta, in genere, nelle amministrazioni di
servizio quelle a più diretto contatto con il cittadino. Spesso si
lanciano piani e programmi di rinnovamento a livello di sistema,
nazionale o regionale, ma sono solo degli input per lo sviluppo: la
diffusione dell’innovazione avviene nei singoli enti dislocati nel
territorio. È infatti a livello locale, nelle istituzioni più vicine ai
cittadini, che sono presenti maggiori opportunità di sviluppo di una
nuova amministrazione proprio perché un’accresciuta autonomia,
maggiori responsabilità e la prossimità dell’utenza esortano a
interpretare nel miglior modo possibile i bisogni dei cittadini,
generano una maggiore attenzione all’uso delle risorse e stimolano
performance migliori tese a far coincidere la qualità erogata con
quella attesa dagli utenti.
L’avanzata della dimensione locale, nell’ottica di una più estesa
partecipazione dei cittadini ai processi decisionali, è uno degli
obiettivi principali perseguiti dall’Unione Europea come dimostra il
principio di sussidiarietà, introdotto dal Trattato di Maastricht del 7
68
febbraio 1992 quale strategia fondamentale da osservare nel
conferimento di funzioni agli enti locali1.
Il principio di sussidiarietà consiste nello spostamento di competenze
e risorse pubbliche verso le autorità territorialmente e funzionalmente
più prossime ai cittadini interessati.
La cosiddetta sussidiarietà verticale (o istituzionale) riguarda la
distribuzione di competenze tra Stato e autonomie locali con lo scopo
di valorizzare e stimolare le capacità di autogoverno per avvicinare il
più possibile i centri decisionali ai destinatari delle decisioni
migliorando il rapporto tra cittadini e istituzioni. Secondo il principio
di sussidiarietà verticale l’esercizio delle funzioni e dei servizi deve
essere dislocato ad un livello di governo il più possibile prossimo alla
cittadinanza, lasciando alle strutture amministrative sovraordinate le
competenze incompatibili con la dimensione locale2 e la possibilità di
intervento in caso di mancato esercizio da parte degli enti territoriali.
Al concetto verticale di sussidiarietà si affianca il concetto di
sussidiarietà orizzontale (o sociale) che consiste nell’attribuire,
secondo lo stesso principio di prossimità all’utenza, compiti e funzioni
a soggetti diversi dalle istituzioni e cioè ad associazioni, volontariato,
imprese. La sussidiarietà orizzontale sottolinea la dimensione
relazionale tra i soggetti che compongono la sfera pubblica e quelli
della sfera privata, favorisce la partecipazione attiva della società
civile che aumenta la sua capacità di rispondere in modo autonomo ad
un numero crescente di bisogni, in precedenza coperti dalle istituzioni 1 Il principio secondo il quale il livello locale è quello in cui la partecipazione democratica dei cittadini trova la propria espressione più diretta e l’affermazione per cui l’esercizio delle responsabilità pubbliche deve incombere di preferenza sull’autorità più vicina ai cittadini erano già stati introdotti dalla Carta Europea dell’Autonomia Locale, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985 e resa esecutiva in Italia con la legge n. 439/89. 2 Ad esempio quelle relative alla difesa, alla giustizia, alla sicurezza, alla moneta e al sistema bancario, alla ricerca scientifica…
69
(Borgonovi, 2000, p.146). La sussidiarietà orizzontale assume un
pieno rilievo nel passaggio dal Welfare State alla Welfare society, un
modello in cui lo Stato promuove le autonomie sociali e nel quale il
benessere è primariamente compito della società civile (Giddens,
1999, p.116).
L’applicazione del principio di sussidiarietà realizza un nuovo
sviluppo locale in cui ogni attore del contesto territoriale può
contribuire, secondo le sue specificità e vocazioni, a promuovere la
crescita economica e la ricostruzione del tessuto sociale della sua
regione. Questa è, al tempo stesso, una scommessa sulle potenzialità
della società civile e un’idea di portata dirompente che mira allo
sviluppo della capacità progettuale a livello locale.
L’importanza assunta dalle specifiche esigenze dei singoli bacini
territoriali comporta una differenziazione dei percorsi di crescita sulla
base delle diverse caratteristiche dei sistemi locali. La progettazione
locale, cioè la crescita in loco delle competenze per ideare e attuare gli
interventi di riqualificazione o riconversione necessari, è un disegno di
sviluppo che presuppone un’attenzione nuova per il territorio e le sue
peculiarità, piuttosto che per i settori di intervento. Caratteristica
peculiare della strategia di programmazione locale è la prassi della
concertazione, cioè l’esistenza di un rapporto costante e proficuo tra
istituzioni e soggetti del territorio. Lo sviluppo locale infatti è legato
all’iniziativa e alla cooperazione di una pluralità di attori presenti in
quell’area che, sulla base della conoscenza diretta del contesto,
guidano la crescita ed indirizzano interventi e finanziamenti. La
progettazione locale prevede quindi come presupposti l’integrazione
fra le componenti del territorio e il decentramento come condizione di
realizzabilità, in linea con l’enunciato del principio di sussidiarietà.
70
L’evoluzione successiva delle strategie di sviluppo è il passaggio ad
una coprogettazione multi-localizzata, cioè alla possibilità di
estendere, per lo più in prospettiva europea, le innovazioni nate dagli
interventi di progettazione locale. Infatti pur consapevoli del carattere
esclusivo di ogni area territoriale, dovuto ad esperienze e
stratificazioni storiche non replicabili, esistono elementi di “tecnologia
dell’intervento” trasportabili in contesti diversi da quelli che li hanno
generati, e in questo tipo di progettazione la trasferibilità diventa un
risultato esplicitamente e consapevolmente perseguito (SSSA, 2002).
A livello internazionale significativi processi di diffusione di modelli
di intervento, ad esempio in materia di Parchi scientifici e tecnologici
o di servizi alle imprese, hanno effettivamente avuto luogo.
Il principio di sussidiarietà, nella sua duplice accezione verticale e
orizzontale, tende alla realizzazione di un modello multisoggettuale e
reticolare caratterizzato dal policentrismo istituzionale, esito della
sussidiarietà verticale, e da una poliarchia compiuta, in sostanza la
governance, un tipo di governo “cooperativo” che coinvolge i
cittadini, esito della sussidiarietà orizzontale. Si profila un modello di
Stato “leggero” che mantiene solo alcune funzioni considerate non
decentrabili e lascia alle comunità locali ampi margini di autogoverno.
Questo modello dovrebbe consentire una gestione più razionale delle
risorse e migliorare la qualità delle prestazioni erogate grazie ad un
controllo diretto da parte dei cittadini dell’attività dei servizi pubblici.
Inoltre dovrebbe introdurre nuove forme di governabilità: creare uno
Stato più vicino ai cittadini e rendere l’ente locale il centro di
coordinamento strategico di una rete di soggetti di sviluppo.
Il principio di sussidiarietà è stato recepito nel nostro ordinamento
dalla Legge 59/97 (cd Bassanini 1) ed è divenuto uno degli elementi
71
cardine dell’intero processo di Riforma. Dal punto di vista
organizzativo ha comportato la devoluzione di poteri e competenze
dal centro alle autonomie locali.
Il passaggio dall’amministrazione unitaria al pluralismo
amministrativo attraverso il conferimento alle Regioni e agli enti
locali di maggiori poteri, funzioni e competenze si è realizzato in
tappe successive. Inizialmente è stato attuato il cosiddetto federalismo
amministrativo a costituzione invariata esito dell’applicazione del
dettato costituzionale degli articoli 5, 118 e 1283. Successivamente le
nuove disposizioni costituzionali riguardanti la forma di governo delle
Regioni (L.Cost. n. 1/1999) e i nuovi rapporti tra gli enti costitutivi
della repubblica (L.Cost. n. 3/2001) hanno ridefinito le relazioni tra
enti locali, Regioni e Stato concedendo molti poteri amministrativi
alle autonomie locali e modificando l’architettura istituzionale dello
Stato in senso federalista.
L’obiettivo era creare forme nuove e più efficienti di amministrazione
che avessero come riferimento il livello di governo rappresentato dal
sistema delle autonomie locali (Regioni, Province e Comuni). Il nuovo
sistema delineato dal disegno legislativo attua un cambiamento
radicale dei tradizionali assetti istituzionali consolidati negli anni4. Le
Regioni, dotate di nuovi e consistenti poteri legislativi, divengono il
centro propulsore e di coordinamento dell’intero sistema delle
3 L’articolo 5 Cost. asserisce il pieno riconoscimento e la promozione delle autonomie locali e del decentramento amministrativo. L’articolo 118 Cost., in precedenza, attribuiva alle Regioni le funzioni amministrative in tutta una serie di materie elencate nella Costituzione (articolo 117 Cost.) o previste per legge; a seguito della riforma del Titolo V (L.Cost. 3/2001), il nuovo articolo 118 Cost. stabilisce che le funzioni amministrative siano attribuite ai Comuni sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, debbano essere conferite agli enti sovraordinati. L’articolo 128 Cost. è stato abrogato dalla riforma del Titolo V citata, in origine stabiliva l’autonomia di Province e Comuni. 4 Attualmente è in fase di discussione al Parlamento un nuovo assetto del Titolo V della Costituzione (Ddl costituzionale La Loggia).
72
autonomie locali, hanno infatti il compito di definire la
programmazione e gli standard di sviluppo del territorio. Alle
Province è assegnata una funzione di snodo tra la programmazione
regionale e la programmazione locale, nonché un compito di supporto
che si esplica nella realizzazione di interventi di assistenza e
formazione. I Comuni, infine, titolari della generalità delle funzioni
amministrative, assumono il ruolo operativo di front office globale
della Pubblica Amministrazione.
Si assiste all’arretramento dello “Stato gestore” e al rafforzamento
dello “Stato regolatore” in favore dell’autonomia dei governi locali
che affrontano una crescita di responsabilità e possibilità di azione e
assumono un ruolo attivo nel promuovere lo sviluppo economico e
sociale del loro territorio. Questo assetto, unito alla crescita della
consapevolezza degli amministratori pubblici, offre alle autonomie
locali l’opportunità di ridisegnare l’istituzione attraverso la ricerca di
un’organizzazione dei servizi migliore. In questo contesto gli organi
centrali preposti alla diffusione dell’innovazione (come il
Dipartimento della Funzione Pubblica o il FORMEZ), assumono la
funzione di promotori della Riforma: forniscono supporto tecnico
attraverso la predisposizione di linee guida e manuali, attivano
strumenti di diffusione (raccolte di casi eccellenti, premi
all’innovazione e alla qualità), eliminano vincoli ed ostacoli.
La territorializzazione degli interessi e la devoluzione comportano una
configurazione funzionale del potere pubblico che risalta nel crescente
ruolo svolto da tutte quelle autonomie, tipiche della nostra società
policentrica, che proliferano in una dimensione prevalentemente
orizzontale. Si tratta delle cosiddette autonomie funzionali (Camere di
Commercio, Università e autonomie scolastiche, ASL, autorità
73
portuali…), entità organizzate giuridicamente rilevanti che, in regime
di autonomia, esercitano funzioni e servizi su una gamma di
competenze differenziate e, attraverso la loro opera, promuovono e
moltiplicano lo sviluppo socioeconomico del territorio (CENSIS,
2002b, p.187).
Il processo di attuazione del nuovo ordinamento è orientato alla
costruzione di un’architettura distribuita dei poteri che realizzi una
sorta di osmosi tra istituzioni e società. Avrà successo se ricorrerà al
dialogo, al confronto paritario e allo spirito pattizio tra le varie
autonomie, secondo un approccio poliarchico distante da logiche di
tipo gerarchico o corporativo (CENSIS, 2002b, p.182). Dovrà inoltre
favorire gli agenti dell’integrazione, quei punti di contatto con la
società civile che consentono all’agire pubblico di garantire standard
di qualità e prestazioni migliori. Si muovono in questa direzione gli
strumenti di programmazione negoziata (per esempio patti territoriali
e intese istituzionali di programma) e il ricorso, da parte delle
autonomie locali, a meccanismi di mercato per l’affidamento di servizi
e attività di supporto5. Molti Comuni sono divenuti così centri di
coordinamento strategico di una rete locale formata da numerose
organizzazioni, non solo pubbliche.
5 I patti territoriali sono una formula di cooperazione a livello locale tra diversi attori pubblici e privati finalizzata allo sviluppo economico e sociale dell’area. Le intese istituzionali di programma sono accordi tra l’amministrazione centrale, che mette a disposizione risorse finanziare per investimenti e programmi di sviluppo, e Regioni o enti locali che si impegnano a conseguire determinati obiettivi o a realizzare specifici programmi di intervento. Fra i meccanismi di mercato adottati dalle Pubbliche Amministrazioni: contracting out, affidamento dei servizi locali (energia elettrica, rifiuti, distribuzione gas, trasporti…) e delle attività di supporto (pulizia, custodia e sicurezza degli edifici…) a imprese private o a capitale misto pubblico/privato; contracting in, l’attivazione di forme di cooperazione e collaborazione tra diverse organizzazioni pubbliche per l’attribuzione di servizi (di polizia locale, informatica o altro) ad un unico ente del comprensorio; fondazioni e associazioni in campo culturale, educativo e socio-assistenziale che coinvolgono il settore no profit.
74
Questa tendenza evolutiva non è però esente da critiche. Innanzi tutto
gli enti locali lamentano la mancanza di una reale autonomia
finanziaria: contemporaneamente alla crescita delle responsabilità c’è
stata una diminuzione delle risorse e dei trasferimenti statali. Inoltre
temono, dato il forte potere di programmazione assegnato alle
Regioni, il realizzarsi di un neo-centralismo di stampo regionale, in
sostituzione del centralismo statale, a negazione del principio di
sussidiarietà.
Infine, tra le critiche più forti a questo sistema di devoluzione, si
segnala il timore, avanzato da più parti, di assistere ad un moltiplicarsi
delle spese e di creare disparità troppo forti tra le Regioni a discapito
dell’interesse nazionale.
3.1
Sviluppo e innovazione nel “modello toscano”
Il progetto di autonomia ha come corollario una riforma della Pubblica
Amministrazione regionale che sia orientata ad investire nello
sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza per
instaurare un nuovo insieme di regole e modalità di collaborazione tra
le varie istanze della società.
È una Pubblica Amministrazione che punta alla qualità di sistema
come elemento di garanzia e che, pertanto, deve riuscire a
semplificare i procedimenti, ad eliminare tutti i passaggi
amministrativi superflui, a riorientare la propria azione a sostegno
75
dello sviluppo del proprio territorio e a reinventare il modo di
rapportarsi con cittadini e imprese (Regione Toscana, 2001a, pp.7-8).
Si tratta di avvicinare il sistema della pubblica amministrazione al
mondo economico e sociale e ai singoli cittadini rimovendo il carico
burocratico in eccesso. In Toscana l’obiettivo è realizzare “Una
Toscana più efficiente e meno burocratica” come recita il progetto
della Regione in tema di rinnovamento della Pubblica
Amministrazione.
Il progetto, elaborato dalla Giunta regionale sulla base delle
indicazioni di carattere politico contenute nel programma di governo
“Un patto per la Toscana”, è stato presentato al Consiglio regionale
all’inizio della presente legislatura e approvato dalla Giunta Regionale
il 12 febbraio 20016. Si articola in una serie di Azioni sviluppate in
Interventi in un arco di riferimento temporale che copre l’intero
periodo della legislatura.
Le Azioni e gli Interventi nascono dal confronto con i soggetti interni
ed esterni alla Regione secondo una rinnovata logica di crescita e
partecipazione che mira alla combinazione delle operazioni,
indispensabile per raggiungere un risultato qualitativo unitario.
Tutte le Azioni, schematizzate nelle successive Tabelle 3.1a, 3.1b e
3.1c, prevedono iniziative formative e la valorizzazione
dell’innovazione tecnologica, risorsa che attraversa quasi tutti i
6 “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” è uno dei quattro progetti specifici previsti dal programma di governo della Giunta Regionale per modernizzare il sistema regionale. Il programma di governo assegna a questo progetto le risorse previste dal Fondo Sociale Europeo per il periodo 2000-2006 per l’adeguamento della Pubblica Amministrazione. Il programma, presentato dalla Giunta Regionale il 12 febbraio 2001, ha avuto necessità di una verifica per due eventi che ne hanno influenzato fortemente le modalità di attuazione: la riforma costituzionale e il piano d’azione per l’e-government. Le modifiche e le integrazioni sono state approvate dalla Giunta Regionale con delibera del 14 ottobre 2002. Gli altri progetti di governo sono: “Giovani”, “Una Toscana più sicura”, “La Toscana dell’informazione e della conoscenza” (Regione Toscana, 2000).
76
progetti ed agisce in maniera particolarmente significativa su alcuni di
essi. La diffusione delle nuove tecnologie è il punto focale sia del
rinnovamento dell’amministrazione che del processo di costruzione
dell’e-government. La sfida principale del percorso intrapreso dalla
Regione Toscana è infatti l’abbattimento del digital divide, tenuto
conto che il 55% delle famiglie toscane non ha ancora un computer e
non ha intenzione di acquistarne uno nel prossimo futuro (Delibera
G.R.T. n.445/04). Pertanto, accanto ad un’ampia campagna di
istruzione e informazione, la Regione sta progettando una rete di
“punti di accesso assistito ai servizi” che, progressivamente,
renderanno l’uso del computer non più un atto della vita privata, ma
un momento ordinario della vita associata. In quest’ottica le iniziative
formative previste si prefigurano quasi come un’azione di recupero
tesa a contrastare la “disoccupazione tecnologica”.
L’elaborazione di nuovi servizi telematici traccia la strada che
conduce alla realizzazione dei concetti fondanti della società
dell’informazione: partecipazione, uguaglianza, superamento del
digital divide. Parlare di e-government non comporta solo un
potenziamento della Rete, ma introduce soprattutto un rafforzamento
ed un miglioramento del rapporto fra chi governa e chi è governato7.
Per le autonomie locali l’e-government svolge un ruolo di primaria
importanza: lentamente stiamo assistendo ad una Pubblica
Amministrazione locale che si sta dotando di siti internet, li
arricchisce di contenuti e servizi e migliora i processi interni, come
l’organizzazione di dati e il dialogo tra uffici, attraverso le tecnologie
informatiche. 7 In Toscana il fenomeno di diffusione dell’e-government è monitorato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa che, a seguito di una convenzione con la Regione, ha realizzato un catalogo delle buone prassi di e-government nel territorio (Regione Toscana, 2004).
78
pratiche AIR aggiornato in corso d’opera sulla base degli esiti delle
analisi via via completate (Delibera G.R.T. n.445/04).
Con l’Azione 2 si punta a contrastare l’eccesso di normazione
limitando nuove procedure legislative episodiche, escludendo
normative di dettaglio, predisponendo testi unici e leggi coordinate e
abrogando le leggi regionali, o parti di esse, non più utilizzate. Gli
obiettivi specifici che la Regione si prefigge con questi Interventi sono
accrescere la conoscenza del decisore pubblico, ampliare il consenso
con una precisa informazione e ridurre le norme regionali vigenti. Per
evitare l’irrazionale proliferazione delle leggi sono stati adottati criteri
di razionalizzazione della produzione normativa ed è stato introdotto
lo strumento di programmazione annuale dell’attività normativa
(agenda normativa). Al 13/12/2003 erano state interamente abrogate
583 leggi e 11 regolamenti. Le leggi operanti interessate da
abrogazione parziale, cioè abrogazione di singoli articoli non più
applicabili, sono state 50. Alla stessa data erano in vigore 497 leggi
regionali (Delibera G.R.T. n.445/04).
Il raggiungimento dell’obiettivo previsto dall’Azione 3 necessita
dell’acquisizione di una cultura della semplificazione da parte del
sistema amministrativo pubblico toscano e della capacità di questo
sistema a comunicare. A questo scopo sono diversi i settori in cui
agire, ma la Regione punta in particolare sulle linee di intervento
relative allo snellimento delle procedure, alla formazione continua dei
dipendenti, al collegamento telematico tra gli enti pubblici finalizzato
allo scambio celere ed efficace delle informazioni. Lo scopo è creare
una cultura della semplificazione nel sistema regionale della pubblica
amministrazione e predisporre i necessari supporti normativi,
tecnologici e procedurali. Lo stato di avanzamento per gli interventi
79
dell’Azione 3 al maggio 2004 contempla, fra i vari risultati,
l’attivazione di servizi per lo scambio di dati anagrafici tra
Amministrazioni, la riduzione degli adempimenti nei processi
amministrativi, soprattutto tramite l’eliminazione di alcuni obblighi
documentali, e la formazione continua dei dipendenti in materia di
semplificazione (Delibera G.R.T. n.445/04).
Programma di governo: Un patto per la Toscana
Progetto: Una Toscana più efficiente e meno burocratica
Azioni Interventi
4. Completare la riorganizzazione della macchine regionale, sostenendo, anche con adeguate azioni formative, i necessari cambiamenti culturali, tecnologici, organizzativi ed amministrativi
1. Flessibilità nell’organizzazione del lavoro – telelavoro
2. Protocollo elettronico 3. Semplificazione degli scambi informativi tra
gli enti, la Regione, il livello centrale 4. Eliminazione del cartaceo nelle
comunicazioni interne alla Regione 5. Sistema telematico per l’acquisizione di beni
e servizi 6. Riordino di norme in materia di
procedimenti amministrativi, diritto di accesso e privacy
7. Riorganizzazione servizi offerti dal BURT 8. Qualità dei processi della Regione 9. La programmazione regionale in una logica
di qualità 10. Creazione di un sistema di knowledge
management 11. Formazione a distanza 12. Riorganizzazione della macchina regionale
5. Realizzare la nuova sede del centro direzionale della Regione
Tabella 3.1b “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” – Le azioni progettuali (elaborazione da Regione Toscana, 2001a, pp.39-62)
L’Azione 4 punta a valorizzare al massimo le potenzialità offerte dalle
nuove tecnologie, pratica la logica di orientamento all’utenza e fa del
miglioramento continuo uno standard di gestione. Nell’ambito di
questa Azione la Regione ha avviato un piano per la realizzazione di
un’Amministrazione toscana in rete potenziando la rete telematica
regionale, adottando e diffondendo la firma elettronica, riducendo i
80
flussi cartacei, sviluppando piattaforme tecnologiche per il rapporto
con cittadini ed imprese e per l’acquisto di beni e servizi. Si cerca così
di rendere più efficiente l’organizzazione regionale adeguandola,
attraverso le nuove tecnologie e una cultura gestionale improntata al
raggiungimento dei risultati e alla qualità dei prodotti, ai mutamenti in
corso nella società civile e al nuovo quadro di competenze delineato
dalle recenti riforme normative. Tra i risultati raggiunti in questa
Azione si segnala l’avviamento di attività in telelavoro e l’erogazione
di corsi in modalità FAD nei settori dell’informatica di base e
dell’apprendimento delle lingue europee (Delibera G.R.T. n.445/04).
Si legano a questa Azione e divengono, come accennato, lo strumento
per l’attuazione concreta dell’intero progetto nei suoi contenuti di
innovazione tecnologia, i processi di implementazione dell’e-
government. La strategia regionale di e-government si esplica nello
sviluppo della Rete Telematica Regionale Toscana (RTRT) e
nell’attuazione del piano e.Toscana, il programma per la realizzazione
della società dell’informazione regionale approvato dalla Giunta
Regionale il 20 maggio 2002.
La RTRT è un ambiente telematico che si propone di promuovere e
favorire la comunicazione, la cooperazione, lo scambio, l’erogazione
di servizi fra i cittadini e tutti i soggetti che costituiscono una
comunità locale (associazioni, enti pubblici, aziende). È quindi una
rete di soggetti e servizi nata nel 1997, gestita e sviluppata dalla
Regione e condivisa da oltre 500 enti e associazioni del territorio. La
RTRT prevede un’infrastruttura tecnologica di ampie capacità e
diffusione e realizza un modello organizzativo fondato sui concetti di
condivisione, cooperazione e compartecipazione tra i soggetti aderenti
per produrre e sostenere i processi di innovazione.
81
La Rete Toscana contribuisce a costituire ed aggregare un’utenza
consapevole e attiva, capace di sfruttare i servizi offerti
dall’amministrazione e in grado di contribuire al suo
“alleggerimento”. Gli obiettivi della Rete sono: migliorare l’efficienza
e trasparenza degli enti e semplificarne i procedimenti amministrativi;
avvicinare il cittadino alla pubblica amministrazione e coinvolgerlo
nelle scelte nonché formarlo alle opportunità offerte dalle nuove
tecnologie informatiche; creare le condizioni per una maggiore
competitività del sistema di impresa locale e aumentare l’occupazione;
creare un forum permanente di confronto e proposta sull’innovazione
in cui coinvolgere in primis le categorie economiche e professionali,
cerniera importante nel dialogo con la Pubblica Amministrazione.
Il piano e.Toscana prevede progetti di innovazione tecnologica al
servizio della società toscana e definisce gli interventi idonei alla
realizzazione di un sistema regionale per la comunicazione, la
cooperazione e l’interazione tra i diversi soggetti, pubblici e non, del
territorio. E.Toscana è sicuramente un concreto esempio della capacità
della Regione di sviluppare, in una logica di collaborazione paritetica
con gli altri livelli istituzionali, una progettualità condivisa: vi
partecipano oltre 150 enti impegnati su vari progetti di servizi
innovativi per i cittadini, le imprese e il sistema della Pubblica
Amministrazione8. Tecnicamente il piano è orientato alla creazione di
sistemi in rete e banche dati che consentano di coordinare e 8 Progetto rete degli URP, sportelli per migliorare il rapporto fra istituzione, cittadino, imprese, enti; Progetto IDOL per il lavoro, incontro domanda/offerta; Progetto SANItàinRETE, un canale di comunicazione fra chi organizza i servizi e chi li usa; Progetto SITAg, sistema informativo turismo e agriturismo; Progetto FINimp per le imprese, per finanziare lo sviluppo; Progetto COM per il commercio, per semplificare le pratiche; Progetto meC-piR, meno carta più rete; Progetto SAI, sistema per gli archivi anagrafici interoperanti; Progetto CART, più cooperazione meno barriere tecnologiche; Progetto TIX, più infrastrutture telematiche per la Toscana. Sono inoltre ammessi i progetti presentati dai Comuni compresi nelle aree Obiettivo 2 e Phasing out (Regione Toscana, 2003; Delibera G.R.T. n.445/04).
82
semplificare l’attività degli attori interagenti e, a tal fine, prevede di
fornire sia gli strumenti di integrazione e validazione delle
informazioni che le infrastrutture di comunicazione necessarie
all’operatività del sistema.
Programma di governo: Un patto per la Toscana
Progetto: Una Toscana più efficiente e meno burocratica
Azioni Interventi
6. Sostenere i processi di cambiamento e di modernizzazione del sistema degli enti locali, con l’obiettivo di una vera e propria eccellenza di sistema
1. Trasferimento funzioni e personale agli enti locali
2. Incentivazione finanziaria alla gestione associata dei servizi nei comuni
3. Studio finalizzato alla misurazione della domanda, della produzione e della qualità dei servizi erogati da enti regionali e locali
4. Sito autonomie locali 5. Supporto allo sviluppo delle capacità e
competenze degli operatori del sistema degli enti locali
6. Diffusione a livello delle autonomie locali delle conoscenze necessarie per la gestione delle nuove funzioni trasferite ex legge 59/97 e supporto all’integrazione
7. Formazione a distanza 8. Rete degli URP 9. Rete delle scuole 10. Rete dei centri per l’impiego 11. Rete delle biblioteche 12. Carta dell’agricoltore 13. Integrazione SUAP 14. Accesso telematico ai quadri conoscitivi per la
pianificazione del territorio 15. Autoverifica dei cittadini e delle aziende della
propria posizione all’interno degli archivi regionali
16. Sistema di comunicazione per l’invalidità civile 17. Assistenza agli enti per l’accesso ai servizi
pubblici 18. Comunità degli appalti 19. Progetto PERLA 20. Semplificazione procedimenti amministrativi
EE.LL. legati ai servizi ai cittadini
Tabella 3.1c “Una Toscana più efficiente e meno burocratica” – Le azioni progettuali (elaborazione da Regione Toscana, 2001a, pp.63-83)
Con l’Azione 6 l’amministrazione regionale si propone di sostenere il
processo di decentramento grazie ad interventi di carattere normativo,
83
finanziario e formativo volti a supportare il trasferimento delle
funzioni e a sostenere la modernizzazione organizzativa e tecnologica
del sistema degli enti locali. Il dibattito ancora in atto sulla devolution
ha in parte inciso sull’attuazione di questa Azione lasciando in
sospeso alcuni interventi.
Attualmente è terminata con successo l’incentivazione alla gestione
associata dei servizi nei comuni per abbattere i costi nascosti che
gravano sulla PA legati ad una organizzazione frammentata dei servizi
che non è in grado di cogliere i possibili vantaggi derivanti da
economie di scala. Attraverso corsi di formazione si è provveduto alla
diffusione delle conoscenze necessarie per la gestione delle nuove
competenze da parte dell’ente locale e sono stati sviluppati servizi di
rete che collegano URP, centri per l’impiego e SUAP della Toscana
(Delibera G.R.T. n.445/04). Questi interventi prevedono il
coinvolgimento, oltre che delle istituzioni pubbliche locali, anche dei
soggetti economici e delle parti sociali.
Far diventare sistema le relazioni collaborative già esistenti è una
premessa importante per lo sviluppo di una progettualità condivisa da
parte di tutti i soggetti di un distretto territoriale. Un esempio di
progettualità locale condivisa promossa dalla Regione sono, tra gli
altri, i Progetti Integrati di Sviluppo Locale, piani per la gestione degli
incentivi comunitari, finanziati a partire dal 2003, costituiti attraverso
un percorso di programmazione negoziata condotto dalle Province con
le istituzioni locali e le rappresentanze economiche e sociali del
territorio. La progettazione integrata territoriale è un nuovo strumento
di governo delle politiche di sviluppo avviato con il DocUP Toscana
2000-2006 e finalizzato a risolvere problemi di sviluppo di una
porzione circoscritta di territorio attraverso al concentrazione degli
84
interventi e la loro contestuale realizzazione (Regione Toscana, 2003a,
p.3).
La Regione Toscana, a fronte dei problemi di burocratizzazione ed
accentramento, ha quindi deciso di giocare una sfida sui piani della
modernizzazione, dell’integrazione e della semplificazione delle
pubbliche amministrazioni e del loro rapporto con i cittadini e le
imprese, ricercando le leve per migliorare e rendere stabile il processo
di sviluppo della competitività del sistema Toscana. Con il progetto
“Una Toscana più efficiente e meno burocratica” punta a realizzare un
ente virtuale e virtuoso, cioè un’amministrazione pubblica che,
integrata dalle nuove tecnologie, si presenti come un’unica
organizzazione trasparente ed efficace, che sia in grado di rispondere a
tutti i bisogni di cittadini, imprese e altri soggetti operanti nella società
civile toscana e li aiuti ad uscire dal labirinto della burocrazia.
L’intero modello di sviluppo delineato è orientato, grazie ad un
comune impegno di tutti gli attori del sistema, alla costruzione di
luoghi ad elevata qualità ambientale e sociale. Alludere ad un
“modello toscano” significa declinare le azioni di sviluppo sui
caratteri peculiari della Regione e credere in una particolare qualità
toscana radicata nel territorio che ne esalti i valori distintivi come il
“fare sistema” e il creare “innovazione e qualificazione sulla base
della sostenibilità dello sviluppo” (Regione Toscana, 2003a; Id.,
2003b).
Il “fare sistema” promuove le politiche che rafforzano l’unitarietà
dell’identità Toscana e l’integrazione fra i diversi settori in un’ottica
di ottimizzazione delle risorse locali. Questa strategia prende atto del
fatto che il contesto produttivo della Toscana è caratterizzato da
un’ampia varietà di sistemi economici e percorsi locali di sviluppo,
85
una composita articolazione territoriale contraddistinta dalla
compresenza di sistemi locali a specializzazione manifatturiera, di
realtà agricole e rurali, di aree dove dominano le attività terziarie e di
zone a prevalente caratterizzazione turistica (Regione Toscana, 2003a,
pp.5-6). In Toscana esistono quindi diversi motori di sviluppo talvolta
complementari, talvolta conflittuali e la programmazione regionale
privilegia gli interventi che incrementano le relazioni e la
concertazione tra i sistemi locali e le diverse filiere produttive.
L’attuazione del principio guida “innovazione e qualificazione sulla
base della sostenibilità dello sviluppo” valorizza la competitività delle
produzioni regionali e implica, per la sostenibilità dello sviluppo, un
ventaglio di innovazioni che vanno dai processi produttivi ai
comportamenti soggettivi. Il governo di questi processi comporta
profondi rinnovamenti nei modelli organizzativi e decisionali delle
istituzioni. Si tratta, innanzitutto, di perseguire un’innovazione di
sistema che presupponga un impegnativo sforzo di coerenza nella
progettazione e nella messa in atto di politiche per la promozione delle
innovazioni nei processi produttivi e nei prodotti, per il rafforzamento
delle attività di ricerca e sviluppo9 e per lo snellimento dei meccanismi
amministrativi (Regione Toscana, 2001b, p.131).
I finanziamenti per gli interventi di sviluppo della Regione
provengono, in parte, dai Fondi Strutturali dell’Unione Europea.
I Fondi Strutturali sono gli strumenti finanziari con cui l’Unione
supporta le azioni volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle
varie regioni degli Stati membri (cfr. Taliani, 1997a, Mulazzani,
9 Le innovazioni nei processi produttivi devono tendere a ridurre le pressioni ambientali ed i consumi di risorse ed energia. Le innovazioni dei prodotti tendono a creare nuovi mercati e quindi nuova occupazione. Il rafforzamento delle attività di ricerca e sviluppo deve tendere a garantire una maggiore ricaduta sul sistema delle PMI.
87
strumento che rende utilizzabili i Fondi Europei. Il DocUP si
suddivide in assi prioritari, che definiscono le linee strategiche di
sviluppo regionale, ripartiti a loro volta in misure che definiscono gli
interventi in settori specifici. Il Complemento di programmazione,
frutto della concertazione tra regioni ed enti locali, è il documento di
attuazione della strategia presentata nel DocUP e ne comprende gli
elementi dettagliati a livello di misure.
Il DocUP 2000-2006 della Regione Toscana interviene, in maniera
diversificata, in tutte le province della regione nelle aree con problemi
dovuti al declino industriale, in quelle rurali dove ci sono limitate
opportunità di sviluppo e in quelle metropolitane con un alto indice di
disoccupazione, cioè aree ricomprese nelle zone Obiettivo 2 e Phasing
out12.
Sono beneficiari del DocUP le imprese private, le associazioni no
profit e gli enti pubblici, secondo un metodo di assegnazione che
premia la concertazione e il partenariato. I contributi del DocUP 2000-
2006 sono attivabili per i settori relativi ai 3 assi prioritari identificati
nel documento: “Sviluppo e rafforzamento delle imprese”,
“Qualificazione territoriale” e “Ambiente”. Nelle sue linee strategiche
il DocUP interseca altri piani di sviluppo della Regione Toscana, ossia
il Piano Operativo Regionale, concepito per incrementare
12 L’Obiettivo 2 interessa le aree che affrontano difficoltà socio-economiche all’interno di regioni il cui livello di sviluppo sia vicino alla media comunitaria. Sono zone industriali, rurali, urbane o dipendenti dalla pesca in difficoltà in cui il tasso di occupazione è inferiore al tasso comunitario e in regresso. In queste aree sono attivati piani di riconversione per sanare situazioni di disagio sociale e occupazionale ed è sostanzialmente in corso un processo di ristrutturazione economica e sociale per contrastare gli elevati livelli di povertà e criminalità, il basso grado di istruzione, una situazione ambientale degradata. Le aree phasing out dall’Obiettivo 2 sono zone in sostegno transitorio cioè aree destinate ad uscire progressivamente dall’Obiettivo 2 perché non ne presentano più le condizioni strutturali in quanto mostrano un più avanzato processo di riconversione economica e sociale. Al fine di non compromettere e consolidare i risultati ottenuti e sostenere la fine dei processi di riconversione, per questi territori è previsto un sostegno transitorio decrescente (i contributi termineranno nel 2005, ma potranno essere spesi fino al 2007).
88
l’occupazione, e il Piano di Sviluppo Rurale, in tema di sostenibilità
ambientale.
3.2
Il territorio e la realtà della Valdera
La programmazione regionale suddivide il territorio in Sistemi
Economici Locali (SEL), cioè contesti geograficamente definiti ricchi
di relazioni e interazioni sociali, culturali ed economiche.
Il territorio della Provincia di Pisa è suddiviso in quattro SEL: Area
Pisana, Valdera, Valdarno inferiore e Valdicecina; comprende in tutto
39 Comuni di cui 14, di differente dimensione territoriale ed entità di
popolazione, costituiscono l’area Valdera (SEL 12 nella
programmazione regionale).
Il Sistema Economico Valdera è pari
a circa ¼ dell’intera provincia sia per
estensione territoriale che per
popolazione residente. Comprende i
Comuni di Bientina, Buti, Calcinaia,
Capannoli, Casciana Terme, Chianni,
Crespina, Lajatico, Lari, Palaia,
Peccioli, Ponsacco, Pontedera e
Terricciola (cfr. Figura 3.1 e Tabella
3.2, p.95).
Figura 3.1 – Provincia di Pisa e SELValdera.
89
3.2.1 Il contesto provinciale
Dall’analisi del territorio presentata nel DocUP 2000-2006 la
provincia di Pisa presenta, all’inizio del 2000, una sostanziale tenuta
dei livelli occupazionali nelle proprie strutture produttive, un tessuto
produttivo di tipo distrettuale decisamente competitivo sui mercati
internazionali, un forte sviluppo delle attività di servizio, una
situazione sostanzialmente positiva del mercato del lavoro (seppure in
presenza di una certa difficoltà ad assorbire l’offerta di lavoro
disponibile13) ed una buona dotazione di infrastrutture sociali alla
quale si contrappone un’insufficiente dotazione di infrastrutture
economiche (Regione Toscana, 2001b, pp.42-44).
I principali punti di forza della struttura produttiva provinciale vanno
identificati nell’industria conciaria del distretto di Santa Croce
sull’Arno che, in una fase di profonda riorganizzazione strutturale,
riesce a mettere a segno una crescita occupazionale, nella tenuta degli
altri comparti principali del settore manifatturiero (mezzi di trasporto,
metallurgia e meccanica), nella crescita delle attività dei servizi,
nell’alto tasso di attività del mercato del lavoro, nella favorevole
dislocazione geografica e nella presenza di infrastrutture per il
trasporto (quali l’Aeroporto di Pisa) di primaria importanza per lo
sviluppo dell’area. I punti di debolezza sono invece legati alla
difficoltà di alcuni comparti tradizionali della manifattura (tessile-
abbigliamento, lavorazione dei minerali non metalliferi, industria del
legno), all’eccessiva monosettorialità di importanti sistemi locali (ad
esempio il già citato distretto di Santa Croce sull’Arno), ai problemi 13 La provincia presentava un tasso di attività superiore di un punto percentuale alla media regionale (49,6%) e un tasso di disoccupazione piuttosto elevato (8%), indicatore di una certa difficoltà della struttura produttiva ad assorbire la consistente offerta di lavoro locale.
90
ambientali connessi allo svolgimento di alcune attività produttive
(concia) e da un tasso di disoccupazione ancora superiore rispetto a
quello delle aree più dinamiche del paese (Regione Toscana, 2001b,
pp.96-97).
In sintesi la comunità provinciale pisana presenta opportunità di
sviluppo ravvisate in un patrimonio diffuso di competenze
tecnologiche e imprenditoriali e in una struttura produttiva piuttosto
solida, costituita per una parte rilevante da piccole e medie imprese,
oltre che in una buona dotazione di risorse reali e potenziali, come la
favorevole dislocazione geografica, la presenza di importanti
infrastrutture di trasporto, la disponibilità di ricchezze ambientali e
culturali. Deve però fronteggiare le possibili minacce provenienti
innanzitutto dal ridimensionamento dei comparti produttivi secondari
causato dalla difficoltà a sostenere la pressione concorrenziale di
sistemi extraregionali e stranieri (Regione Toscana, 2001b, pp.96-97).
Fra i punti di forza della provincia va segnalato un distretto di alta
formazione fra i più importanti costituito dalla compresenza
dell’Università di Pisa, della Scuola Normale Superiore, della Scuola
Superiore di Studi Universitari Sant’Anna, del Consiglio Nazionale di
Ricerche (CNR), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e
dell’Ente per le Nuove tecnologie per l’Energia e l’Ambiente (ENEA).
La concentrazione, nel territorio, di queste istituzioni caratterizza
l’area come un importante polo internazionale di produzione e
irradiazione della conoscenza, potenzialmente capace di attrarre grossi
investimenti.
Un’altra particolarità strutturale del distretto pisano è la presenza di
diverse imprese innovative operanti in vari settori dell’alta tecnologia,
comparto nel quale la Provincia si presenta come una delle zone più
92
Un progetto di sviluppo di questo tipo, che travalica la dimensione
provinciale, è l’Area Vasta Costiera un distretto territoriale trasversale
obiettivo di un’intesa siglata l’8 Luglio 2002 tra le Province di Pisa,
Livorno, Lucca e Massa Carrara e i Comuni dei loro territori (tranne il
Comune di Lucca). Il progetto, che interessa circa 1 milione e 250
mila toscani, è conseguenza della constatazione dell’esistenza di una
forte convergenza di interessi tra le aree interessate e risponde alla
volontà di costruire un sistema integrato di risorse e strutture in cui
possano esprimersi compiutamente le diverse potenzialità della
Toscana tirrenica. Con la realizzazione dell’Area Vasta ci si propone
di collegare centri di produzione e centri di elaborazione tecnologica
attraverso una ben articolata rete di infrastrutture e potenziando i
servizi e le relazioni fra istituzioni pubbliche, imprese e territorio15.
Il progetto Area Vasta prospetta un’intensificazione dei rapporti di
relazione e integrazione fra le varie componenti strutturali del distretto
e costituisce il punto di partenza per una gestione ottimale del
territorio. Sperimenta nuove modalità di collaborazione tra le realtà
locali del litorale toscano e rappresenta l’occasione concreta attraverso
la quale sarà possibile costruire una reale integrazione delle economie
della Toscana nord-occidentale al fine di raggiungere un vantaggio
competitivo per tutta l’area grazie alla valorizzazione delle risorse,
alla circolazione della conoscenza e al suo trasferimento nei processi
innovativi.
15 Gli enti firmatari, con la partecipazione della Regione Toscana, si sono impegnati ad attuare interventi di sviluppo dell’intera area. Tra questi si segnalano la realizzazione di un’efficiente rete infrastrutturale per un valido sistema di mobilità per persone, merci ed informazioni; il potenziamento della capacità ricettiva della zona per sfruttare al meglio la sua molteplice offerta turistica; l’informatizzazione collegando in rete i numerosi soggetti istituzionali del territorio; lo sviluppo e la riorganizzazione delle aziende con attenzione alle nuove tecnologie per elevarne l’efficienza e l’efficacia (Provincia di Pisa, 2001, pp.49-50).
93
Nel complesso la strategia di crescita adottata nella provincia è molto
radicata nel territorio e presta attenzione alle sue differenti vocazioni
di sviluppo. Questa modalità di lavoro, che affianca denominatori
comuni dello sviluppo (come qualificazione e innovazione) a
peculiarità locali, è stimata e promossa dalla Regione in quanto
presupposto base per realizzare un progresso stabile ed attendibile
nelle varie realtà locali della Toscana.
Negli ultimi anni la Provincia si è mossa con misure concrete per la
costruzione di uno sviluppo del territorio locale che, coinvolgendo
tutti i soggetti interessati (amministrazioni, imprese, Università,
associazioni…), trovasse soluzioni per incentivare gli investimenti,
sostenere l’occupazione e promuovere la diversificazione industriale e
dei servizi. Il territorio, nell’attuale periodo di programmazione dei
Fondi comunitari (1 gennaio 2000 – 31 dicembre 2006), risulta una
zona quasi totalmente a sostegno transitorio, phasing out
dall’Obiettivo 2, tranne pochi territori, pari al 5% della popolazione
provinciale, in Obiettivo 2. È, pertanto, destinatario dei Fondi
Strutturali comunitari, gli strumenti finanziari con cui l’Unione
Europea supporta le azioni volte a ridurre il divario tra i livelli di
sviluppo delle varie regioni degli Stati membri.
Nel periodo di programmazione precedente la provincia di Pisa aveva
messo a buon frutto gli aiuti comunitari registrando nel suo territorio
la maggiore concentrazione degli interventi effettuati in Toscana: 650
su 1955, pari al 34%16 (Regione Toscana, 2001b, pp.111-112).
Relativamente alle tipologie di intervento i fondi sono stati utilizzati
per lo sviluppo ed il rafforzamento delle PMI (le province di Pisa e 16 Segue la provincia di Prato (29%). Le province di Massa (13%), Livorno (10%) e Pistoia (8%) si posizionano ad un livello intermedio. Infine Firenze (4%) e Grosseto (2%) che hanno visto la realizzazione di un minor numero di progetti (Regione Toscana, 2001b, p.112).
94
Prato hanno registrato oltre il 64% delle realizzazioni relative a questa
tipologia di intervento che ha rappresentato l’80% circa del totale dei
progetti realizzati), per la rivalutazione e promozione dei settori
turistico e culturale (pari al 12% dei progetti realizzati, e Pisa è
sempre fra le province che più ne ha fatto uso, insieme a Livorno e
Massa), per progetti nel settore dell’innovazione tecnologica (che
hanno rappresentato il 4% circa delle realizzazioni e si sono
concentrati soprattutto nelle province di Pisa e Massa), per il settore
ambientale (poco più del 2% del totale dei progetti realizzati, si sono
concentrati nelle province di Pisa e Livorno) e per la riqualificazione
territoriale e del sistema portuale (anche qui la provincia di Pisa ha
fatto riscontrare il maggior numero di progetti: 21 su un totale di 35).
Concludendo, dai documenti analizzati traspare un ultimo aspetto su
cui il sistema Pisa dovrebbe fare leva per proseguire efficacemente la
direzione di sviluppo intrapresa. Si tratta di un maggiore impegno
sulle attività di promozione finanziaria: è necessario migliorare le
relazioni fra il sistema provinciale e gli istituti di credito, così da
portare a conoscenza le banche degli strumenti di governo del
territorio adottati e della localizzazione di nuove aree destinate a futuri
insediamenti produttivi in modo da consentire proposte di
finanziamento, attente al territorio e alle prospettive assicurate dai
piani industriali, utili ad incoraggiare investimenti imprenditoriali
(Provincia di Pisa, 2001, pp.25-29).
95
3.2.2 Il Sistema Valdera
La Valdera si presenta come un’area che da una situazione di crisi e
debolezza economico-produttiva è passata ad una fase di rilancio
puntando sugli elementi di forza in sua dotazione, come la presenza di
un tessuto industriale diversificato e il contatto con strutture di ricerca
scientifica e tecnologica.
COMUNE Area Km² Popolazione ab. Densità Sito internet
BIENTINA 29,2 6.115 209,1 www.comune.bientina.pi.it
BUTI 23,1 5430 235,3 www.comune.buti.pi.it
CALCINAIA 15 8.608 574,3 www.comune.calcinaia.pi.it
CAPANNOLI 22,7 5.105 225,2 www.comune.capannoli.pi.it
CASCIANA TERME 36,4 3.538 97,1
CHIANNI 62 1.563 25,2 www.comune.chianni.pi.it
CRESPINA 27 3.744 138,8 www.comune.crespina.pi.it
LAJATICO 72,3 1.389 19,2 www.comune.lajatico.pi.it
LARI 45,1 8.084 179,1 www.comune.lari.pi.it
PALAIA 73,5 4.522 61,5 www.comune.palaia.pi.it
PECCIOLI 92,5 4.831 52,2 www.comune.peccioli.pi.it
PONSACCO 19,9 12.580 632,2 www.comune.ponsacco.pi.it
PONTEDERA 45,9 26.012 566,8 www.comune.pontedera.pi.it
TERRICCIOLA 43,4 3.925 90,5 www.cld.it/terricciola.html
TOTALI 608 95.446 157
PROVINCIA PISA 2444,6 381.119 155,9 www.provincia.pisa.it
Tabella 3.2 – Comuni della Valdera: estensione territoriale, popolazione residente, densità per km² (elaborazione da dati ISTAT - Censimento 2001).
È un territorio che raggruppa Comuni molto diversi tra loro per classe
dimensionale: si va da realtà che amministrano 1.300 abitanti ad altre
che ne riguardano invece 26.000, ci sono territori comunali di 15 km²
ed altri che sono quasi 5 volte tanto, più di 70 km² (cfr. Tabella 3.2).
Ed anche per quel che riguarda la densità abitativa i dati sono
estremamente differenziati: dal minimo di Lajatico (19,2 ab/km²) al
96
massimo di Ponsacco (632,2 ab/km²). Il Comune di Pontedera per
dimensioni, importanza economica e posizione strategica svolge il
ruolo di Comune capofila del Sistema Economico.
Queste differenze si riscontrano indubbiamente anche nella gestione
dei singoli Enti essendo ben diverse le esigenze alle quali fare fronte,
ma l’area si presenta comunque come un sistema in cui i diversi
Comuni operano per uno sviluppo condiviso e, per quanto possibile,
omogeneo.
La Valdera appare come un contesto organizzativo fortemente
integrato sia dal punto di vista economico-sociale, come sarà illustrato
più avanti, che dal punto di vista amministrativo, e concepire lo
sviluppo in termini di area si è dimostrata la strada vincente per la
crescita dell’intero sistema.
La gestione associata dei servizi, per esempio, è una forma di
collaborazione tra i Comuni per il governo del territorio al quale l’area
Valdera si rivolge già da anni. Ne esistono molti esempi: il Consorzio
Sviluppo Valdera, il Parco Alta Valdera, la gestione associata dello
Sportello Unitario per le Attività Produttive (SUAP)17. La gestione
associata è una strategia di governo soddisfacente in quanto permette,
attraverso l’aggregazione di risorse e competenze, di rendere servizi
più efficienti ed economicamente sostenibili, e per molti Comuni di
piccole dimensioni è una scelta quasi obbligata.
Dal punto di vista economico, nella mappatura comunitaria i Comuni
del territorio Valdera sono tutti in phasing out dall’Obiettivo 2 e 17 Il Consorzio Sviluppo Valdera è orientato allo sviluppo economico integrato e organizzato del territorio, ne fanno parte i Comuni di Pontedera, Ponsacco, Lari e Calcinaia. Il Parco Alta Valdera comprende i Comuni di Peccioli, Capannoli, Chianni, Lajatico, Palaia e Terricciola che hanno optato per la gestione associata dei servizi di polizia locale, dei servizi tributari, del SUAP, della raccolta dei rifiuti. I Comuni di Pontedera, Ponsacco e Calcinaia hanno adottato una gestione associata del servizio SUAP, l’ufficio comunale al quale rivolgersi per tutti gli adempimenti previsti per le attività produttive di beni e servizi.
97
pertanto destinatari di fondi europei decrescenti per stabilizzare i
risultati di riconversione strutturale del territorio, colpito in passato da
una grave crisi industriale. Nel quadro generale del buon utilizzo da
parte della Provincia di Pisa dei fondi strutturali (cfr. pp.93-94), il
sistema delle imprese della Valdera si è segnalato come
particolarmente attivo in ordine al conseguimento di tutte quelle
opportunità attraverso le quali si sono finanziati nel territorio
investimenti di rilievo: oltre agli investimenti fissi in strutture
immobili e macchinari, si è proceduto all’ammodernamento in
generale delle tecniche di produzione attraverso interventi mirati in
ordine alla qualità di prodotto e di processo, all’innovazione
tecnologica (stimolata da nuovi ambiti di rapporto con il mondo della
ricerca scientifica), alla sicurezza nei luoghi di lavoro,
all’internazionalizzazione, alla compatibilità ambientale, al design,
agli interventi sulla filiera produttiva (Terreni, 2002).
Attualmente la capacità produttiva della Valdera è costituita per lo più
da artigianato e piccole imprese ed è molto elevata, pari al 35% della
capacità produttiva provinciale. Analizzando nello specifico la
situazione strutturale dell’area si riscontra un’alta concentrazione
degli occupati nel comparto della meccanica, molto importante risulta
anche il settore tecnologico, soprattutto per l’alta qualità della sua
produzione (Regione Toscana, 2001b, pp.42-44).
Le tabelle 3.3 e 3.4 e i grafici della figura 3.2, elaborati sulla base dei
dati del Censimento 2001, forniscono una stima della situazione
economica della zona.
Le Unità Locali per settore, cioè le unità di rilevazione censuaria in
cui si esercitano attività di produzione di beni e servizi, sono, in
percentuale, più o meno ugualmente distribuite sia in Valdera che
98
nell’intera provincia, con una leggera preponderanza in Valdera per il
settore industriale e nell’insieme della provincia per il campo dei
servizi.
Industria Commercio Altri servizi COMUNE
U.L. Addetti U.L. Addetti U.L. Addetti
BIENTINA 263 1921 207 512 179 541
BUTI 114 492 99 199 99 262
CALCINAIA 329 2520 251 858 178 1043
CAPANNOLI 123 404 99 288 132 217
CASCIANA TERME 108 368 81 152 97 336
CHIANNI 39 75 25 34 28 36
CRESPINA 111 463 74 148 92 261
LAJATICO 28 114 31 72 38 106
LARI 477 2078 292 669 196 635
PALAIA 96 266 115 197 97 243
PECCIOLI 128 654 109 210 116 298
PONSACCO 431 1538 428 957 358 1074
PONTEDERA 462 6116 745 2155 827 3037
TERRICCIOLA 121 428 94 240 96 247
TOTALI 2830 17437 2650 6691 2533 8336
PROVINCIA PISA 9844 53960 9671 22532 10588 36890
Tabella 3.3 – Comuni della Valdera: unità locali e numero di addetti per settore (elaborazione da dati ISTAT - Censimento 2001).
Totale Unità Locali Totale Addetti
SEL VALDERA 8013 26,6% 32464 28,6%
PROVINCIA PISA 30103 100% 113382 100%
Tabella 3.4 – Incidenza, per unità locali e numero di addetti, del SEL Valdera nel Sistema economico della Provincia (elaborazione da dati ISTAT - Censimento 2001).
Per quel che riguarda gli addetti, invece, si nota una decisa
preponderanza, più marcata in Valdera che nell’insieme della
provincia, del comparto industriale, che si rivela il settore trainante
dell’intero distretto.
100
loro specifica autonomia. Nel mentre il tessuto produttivo costituito da
artigianato e piccole e medie imprese si era sviluppato in modo del
tutto disarticolato e individualistico, senza servizi né infrastrutture
sufficienti, e pertanto non era in grado di reggere le crisi dell’area
affrontando esso stesso un progressivo aggravio dei costi di
produzione ed una complessiva perdita di competitività (Vita, 2002).
La critica situazione della Piaggio, la crisi dell’indotto, il calo di
produzione, la necessità di una revisione dell’organizzazione
produttiva ed il negativo impatto sul versante occupazionale hanno
decretato un crollo economico dell’area che rischiava di intaccare nel
profondo anche il funzionamento del sistema sociale. Per forza di cose
si imponeva un rinnovamento: il territorio si trovava di fronte alla
necessità di reinventarsi economicamente per non cedere anche
socialmente. Dopo anni di dipendenza, l’area ha saputo reagire e
risollevarsi ricercando una nuova qualificazione strutturale.
Il momento della svolta, che ha segnato l’affrancamento del territorio
dalla Piaggio e l’inizio di una nuova fase di sviluppo per la Valdera, si
è attuato nel corso degli anni ’90. Ad una nuova crisi della Piaggio nel
1992 gli imprenditori, le associazioni e gli enti locali si sono mossi per
attivare e promuovere nuove opportunità che consentissero di evolvere
e guadagnare maggiore autonomia attraverso la ricerca di nuovi
sbocchi produttivi e di mercato. Il Progetto Pontedera, la Cittadella
della Ricerca e dei Servizi, i Piani di Insediamento Produttivo… sono
alcuni fra i vari esempi di un nuovo corso intrapreso nella direzione
della professionalità, della qualità e dell’aggiornamento.
A seguito della diversificazione e riqualificazione della filiera
produttiva oggi l’industria metalmeccanica legata alla produzione
delle due ruote costituisce una quota sempre meno consistente
101
dell’occupazione e dell’attività industriale dei Comuni della Valdera.
Si è provveduto a consolidare settori di specializzazione dell’area
(metalmeccanico, conciario/calzaturiero, mobiliero) e si è incoraggiato
la crescita dei settori emergenti (come l’high-tech e il ramo del
terziario avanzato) ed intermedi (come il campo farmaceutico e quello
della componentistica per auto).
A partire da una ristrutturazione industriale volta a diversificare
l’economia ed il tessuto produttivo sono state create le condizioni per
uno sviluppo duraturo, inoltre si è puntato sugli strumenti necessari
per creare i presupposti dell’innovazione, come nuove infrastrutture,
servizi alle imprese, con particolare riguardo all’innovazione
tecnologica e ai nuovi investimenti, e sapere diffuso per una
riqualificazione delle risorse umane.
Sinteticamente la formula su cui si è scommesso, e si continua a
puntare ancora oggi, per il rilancio dell’area Valdera è costituita dallo
sviluppo simultaneo di diversificazione economica, sapere e servizi.
In questo contesto nasce il “Progetto Pontedera”, un intervento
promosso da una rete di attori istituzionali ed economici locali allo
scopo di creare un supporto al sistema produttivo del territorio per
sostenere il processo di riqualificazione e sviluppo. Il progetto
favorisce contatti ed interazioni tra le imprese e il settore della
formazione e della ricerca al fine di sostenere la preparazione
professionale e l’introduzione di prodotti di avanzata tecnologia.
Prevede inoltre opere di riqualificazione territoriale orientate al
recupero di aree dimesse, abbandonate e degradate per realizzare
102
nuovi e diversificati insediamenti produttivi e per una migliore
mobilità18.
All’interno del progetto si colloca la “Cittadella della Ricerca e dei
Servizi”, un’area di laboratori per la ricerca e lo sviluppo delle attività
connesse, che opera nel campo delle tecnologie avanzate19. È una
struttura d’avanguardia costruita per coniugare il settore della ricerca
scientifica e il settore economico-produttivo del territorio. Svolge un
ruolo di interfaccia tra il mondo delle università e della ricerca e
quello delle imprese attraverso attività di formazione professionale,
riqualificazione, innovazione e sviluppo tecnologico per le PMI e
funzione incubatore di nuove imprese caratterizzate da contenuti
tecnologici innovativi (Bartoli, 2002).
Un altro strumento adottato per il rilancio dell’area Valdera sono i
Piani di Insediamento Produttivo (PIP), progetti per creare zone
completamente attrezzate per gli insediamenti produttivi. Nei PIP
l’ente locale individua le aree di insediamento, si occupa della loro
riqualificazione urbanistica ed ambientale e promuove al loro interno
l’offerta di servizi alle imprese20.
18 È in fase di realizzazione il recupero urbano del “Dente Piaggio”, una struttura di ex officine di proprietà del Comune di Pontedera in cui è prevista la collocazione di servizi (ufficio delle entrate, centro per l’impiego e la formazione professionale, banca, biblioteca) e di un centro universitario (uffici amministrativi, segreteria, alloggi universitari, aule didattiche). È stata avviata la riqualificazione dell’area dell’ex aeroporto Piaggio. Sono stati realizzati i collegamenti stradali fra le zone industriali e la SGC FI-PI-LI (Bartoli, 2002). 19 È un’iniziativa sviluppata da Scuola Superiore Sant’Anna, Piaggio, Provincia di Pisa, Comune di Pontedera. Si estende su una superficie complessiva di 6.300 mq. suddivisa tra laboratori, officine ed attrezzature scientifiche, aule didattiche e un’area residenziale. Impiega stabilmente 106 persone fra ricercatori e personale tecnico. È gestita dalla società Pontech Srl, un’agenzia di sviluppo che opera come centro di servizi all’impresa e al territorio, costituita da soggetti pubblici (tra cui diversi enti locali della Valdera) e privati. La Cittadella insieme al polo tecnologico di Piccioli, che opera nel campo delle tecnologie avanzate per l’assistenza ai disabili, anch’esso situato in Valdera, è uno dei poli del Parco Scientifico e Tecnologico della Toscana Occidentale, struttura che opera per integrare bisogni innovativi delle imprese e opportunità offerte dal mondo della ricerca. 20 Attualmente i PIP sono stati sviluppati nel territorio di Pontedera e nelle aree limitrofe. È già stato realizzato il PIP1; è in fase di completamento il PIP2; il PIP3 è gestito dal Consorzio
103
Negli ultimi anni nella realtà locale Valdera si è assistito alla
creazione di nuove realtà imprenditoriali e all’ampliamento di altre
realtà, già esistenti, autonome rispetto alla Piaggio. Si è visto che per
favorire gli insediamenti nel territorio divengono questioni centrali lo
sviluppo dei servizi, della telematica, della comunicazione ed una
generale ripresa dei lavori pubblici (strade, recupero del patrimonio
ambientale e culturale, aree industriali).
La vitalità economica dell’area dipende in larga misura
“dall’efficienza dell’Amministrazione Pubblica; dal funzionamento
dei servizi di supporto (trasporti, banche, servizi finanziari); dalla
capacità di creare energie moltiplicatrici (come la scuola, l’università,
la ricerca); da un contesto normativo che agevoli la voglia di
intraprendere; dalla capacità di accedere alle risorse nazionali e della
Comunità Europea” (Vita, 2002).
L’attuazione di queste azioni e i costanti miglioramenti nell’economia
e nella qualità della vita ai quali si è assistito negli ultimi anni
presuppongono una concertazione delle politiche di sviluppo locale e
la collaborazione e cooperazione fra le diverse realtà territoriali del
sistema per consolidare i risultati ottenuti, ottimizzare i servizi e
garantire infrastrutture adeguate così da rendere concreto, stabile e
proficuo il percorso di crescita intrapreso. In linea con le indicazioni
di livello provinciale e regionale si promuove perciò la realizzazione
di reti di integrazione e sinergie che pongano in relazione stabile e non
episodica il territorio, l’economia e la ricerca, sistemi che vanno
collegati attraverso lo sviluppo di politiche concordate, di
infrastrutture viarie e di comunicazioni telematiche.
Sviluppo Valdera per conto dei Comuni di Pontedera e Lari; è in fase di progettazione il PIP4 che interesserà la zona a sud di Pontedera (Batoli, 2002).
104
I diversi soggetti operanti nel territorio si stanno adoperano per
utilizzare al meglio le risorse e le opportunità in dotazione e in questo
processo le amministrazioni locali svolgono un ruolo di primo piano.
Si potrebbe pensare che un’area socio-economica dinamica e
innovativa stimoli le istituzioni di quello stesso luogo a dotarsi di
strumenti di governo e gestione all’avanguardia, ma, come apparirà
dai risultati della ricerca esposti nel prossimo capitolo, sono presenti, e
talvolta ben radicate, sacche di resistenza al rinnovamento. È
spiazzante verificare come in Valdera esistano enti locali in cui l’uso
del computer come strumento di organizzazione, razionalizzazione e
comunicazione non è una pratica di lavoro quotidiana, o in cui
interventi e progetti innovativi di enti gerarchicamente superiori (dalla
Provincia alla Regione, alla Comunità Europea) sono accolti ma non
stimolano a porsi come protagonisti attivi o promotori di altri progetti
ispirati agli stessi principi.
105
4 L’innovazione nei Comuni della Valdera
L’innovazione negli enti locali della Pubblica Amministrazione è in
atto in diversi settori con modalità e velocità differenti, ma con lo
stesso obiettivo di raggiungere un apparato amministrativo snello ed
efficiente che produca valore e sia in grado di rispondere e gestire le
diverse esigenze di un’utenza eterogenea costituita da cittadini,
associazioni, imprese. I conduttori e coordinatori di tale processo di
innovazione sono i quadri direttivi amministrativi e gli amministratori
politici coinvolti direttamente nei processi innovativi e chiamati a
reinventarsi come manager pubblici impegnati ad adoperare la propria
professionalità per migliorare il rapporto risultati/risorse impiegate
nella Pubblica Amministrazione.
Il rafforzamento dell’autonomia delle amministrazioni regionali e
locali, insieme alla contemporanea riduzione dei trasferimenti
economici, comportano una “sfida gestionale” per l’ente locale, il
quale, oltre ad una maggiore possibilità di intervento in relazione alle
concrete e specifiche esigenze del territorio, viene ad assumere anche
responsabilità tecniche ed economiche del tutto nuove.
L’indagine conoscitiva condotta nei Comuni del territorio Valdera
cerca di rilevare la percezione che i quadri direttivi hanno del
fenomeno di rinnovamento in atto negli enti locali e si propone di
106
cogliere il grado di innovazione, realizzato e in atto, negli stessi
Comuni con particolare attenzione alla nuova professionalità che è
richiesta dai reali cambiamenti in corso.
L’innovazione della Pubblica Amministrazione è stata introdotta da un
percorso normativo che ne ha indicato la direzione ed i parametri di
riferimento (autonomia, semplificazione, snellimento…), ma la
realizzazione in concreto della nuova fase di sviluppo è rimessa alle
singole amministrazioni locali.
Per l’attuazione della Riforma è un fondamento indispensabile lo
sviluppo della dimensione locale nella direzione di una crescente
responsabilizzazione e di un più alto livello di cooperazione tra le
forze economiche, politiche e sociali che operano in una determinata
area territoriale. La gestione del cambiamento è quindi demandata agli
amministratori, politici e tecnici, a livello locale, e presuppone, da
parte loro, un processo di maturazione in riferimento alla conoscenza
del percorso di innovazione: occorre che gli amministratori siano in
grado di percepire dalle norme la direzione verso cui andare ed
abbiano la capacità, la volontà ed il coraggio di “aggiustare il tiro” se
la gestione della loro struttura si discosta dalla strada da percorrere.
Adottare una strategia di sviluppo che privilegi la dimensione locale
può garantire al territorio una crescita reale e duratura, dato che offre
la possibilità di parametrare e bilanciare le trasformazioni secondo le
effettive esigenze e particolarità dell’area. Inoltre questo sistema di
crescita rende i soggetti apicali degli enti dei protagonisti attivi nella
realizzazione di una Pubblica Amministrazione snella ed efficiente, e
ciò dovrebbe creare un più forte senso di appartenenza, aumentarne lo
spirito di servizio, la soddisfazione e la motivazione professionale
contrastando il senso di frustrazione, il disincanto e la delusione di chi
108
anche Segretari Comunali e Direttori Generali) più attento alle linee di
indirizzo adottate nella gestione dell’ente, e il Questionario B
indirizzato ai responsabili tecnico-amministrativi di settore e di
servizio che ha privilegiato l’analisi dell’aspetto pratico della gestione
dell’innovazione. I modelli di rilevazione sono comunque stati
strutturati in modo tale da consentire la sovrapponibilità dei dati fra
politici e personale tecnico-amministrativo, trattano infatti i medesimi
argomenti nello stesso ordine, con l’unica differenza di un diverso
approfondimento per l’uno o l’altro gruppo a seconda dei temi
affrontati (cfr. Appendice I Questionario e codifica dati, p.156 ss.). In
questo modo è stato possibile indagare in maniera distinta degli aspetti
che sarebbero stati affrontati diversamente dai rispondenti a seconda
delle loro competenze politiche o tecnico-amministrative; alcune
domande però sono uguali in entrambi i questionari per confrontare
direttamente eventuali somiglianze o differenze di percezione nei due
campioni.
La struttura dei questionari è la seguente: entrambi sono suddivisi in
nove aree tematiche ed uno spazio per le conclusioni. Ogni sezione
comprende al massimo 3/4 domande (salvo alcune parti un po’ più
lunghe nel Questionario B) tese ad indagare un aspetto caratterizzante,
o almeno ritenuto tale, della Riforma. Si è cercato di porre, per ogni
settore, almeno una domanda aperta piuttosto generica, in modo da
lasciare agli intervistati la possibilità di esprimere al riguardo ciò che
pensavano. Dove possibile, comunque, si è optato per domande chiuse
o comunque condizionate, per facilitare sia la compilazione che la
codificazione.
Dopo un breve introduzione sui principali passi mossi in tema di
innovazione nella Pubblica Amministrazione in cui si fa cenno agli
109
estremi legislativi delle più importanti modifiche intervenute sul
versante organizzativo e alla nuova gestione pubblica che ogni
Comune deve affrontare, entrambi i questionari si aprono con alcune
domande su ciò che l’intervistato pensa della cosiddetta Riforma. Si
vuole cercare di scoprire ciò che significa “innovare” nell’ambito
della Pubblica Amministrazione, così da capire qual è, da parte degli
Amministratori, l’obiettivo prioritario da perseguire per mezzo dei
cambiamenti intervenuti e a venire. Nel questionario indirizzato al
personale tecnico-amministrativo (Questionario B) si indagano
esplicitamente, secondo l’esperienza diretta degli intervistati, gli
effetti della Riforma e le modifiche concretamente realizzate. Agli
amministratori politici (Questionario A) si richiede, invece, un
giudizio sul significato e la portata degli aspetti che il processo di
innovazione ha innescato.
La seconda sezione riguarda la realizzazione della Riforma
nell’ambito del Comune di appartenenza. In entrambi i questionari si
chiede di indicare quali siano le innovazioni effettivamente affrontate
dall’Amministrazione locale e a che livello siano realizzate, anche in
confronto con l’operato dei Comuni limitrofi. Con gli amministratori
politici viene anche affrontato il tema degli investimenti del Comune
su concreti progetti di rinnovamento. Infine si cerca di conoscere, in
ambedue i questionari, attraverso quali strumenti l’ente coinvolge i
suoi dipendenti nei percorsi di innovazione. Questa domanda, che
funge da collegamento con la sezione successiva dedicata alla
formazione, fornisce un dato importante relativamente alla
consapevolezza dei membri dell’organizzazione, condizione
fondamentale per realizzare con successo qualunque misura di
cambiamento.
110
La sezione dedicata alla formazione approfondisce il tema soprattutto
per i responsabili del settore tecnico-amministrativo in quanto ho
ritenuto che la formazione rivestisse un ruolo basilare per lo
svolgimento delle funzioni di gestione e coordinamento che tale
personale è chiamato a svolgere. Per gli Amministratori l’ho reputata
meno importante confidando che il ruolo ricoperto dal settore politico
è orientato verso le caratteristiche di indirizzo piuttosto che ai processi
che interessano la gestione pratica dell’ente. In questa sezione ho
cercato di estrapolare la presenza nei Comuni di elementi che
indichino un tipo di gestione orientata all’efficienza attraverso lo
strumento della formazione e la presenza di figure di livello
dirigenziale, o comunque responsabile, orientate all’acquisizione di
una professionalità manageriale nella conduzione della pubblica
amministrazione.
La sezione successiva è, conseguentemente, quella che approfondisce
la tematica del management. Sia nel Questionario A che nel
Questionario B si chiede quali siano i requisiti più importanti per
svolgere il ruolo di dirigente e si cerca di indagare se questo tipo di
professionalità è presente o meno nel Comune, come eventualmente
possa ottenersi e se sia un ruolo ugualmente accessibile a uomini e
donne.
La tematica seguente riguarda il ruolo: si indaga il rapporto che, a
seguito delle riforme, si è venuto a creare tra le componenti di
governo politica e tecnico-amministrativa dell’ente locale. Fra gli
obiettivi della Riforma vi era quello di realizzare una separazione tra
queste due sfere a livello dirigenziale demandando all’una la
definizione delle linee e degli indirizzi di governo, e all’altra la
gestione pratica, ovviamente secondo gli indirizzi politici. In ambedue
112
e durature che portino un solido beneficio per l’intera comunità e non
un exploit estemporaneo che non lasci piattaforme per il futuro.
I questionari si concludono con una domanda aperta che, alla fine del
percorso logico seguito, richiede una valutazione sull’esperienza di
rinnovamento condotta nell’Amministrazione di appartenenza e
un’indicazione sulle attese per il prossimo futuro in ordine al processo
di riforma delle strutture di governo pubblico locale.
La ricerca ha interessato 14 Comuni all’interno dei quali sono state
identificate 224 unità di rilevazione2. I questionari inviati invece sono
stati 160 molti meno delle posizioni individuate, questo perché più di
sessanta destinatari non avevano un recapito e-mail al quale
indirizzare il questionario3. Questo dato non era per niente
incoraggiante e già dava un’indicazione su quel che stavo indagando,
a maggior ragione tenuto conto del fatto che i recapiti mancanti erano
all’80% di politici, in particolare di Assessori, l’organico che avrebbe
dovuto avere più visibilità nei confronti dell’utenza e che invece, alla
prova dei fatti, risultava il più inaccessibile al cittadino. Questo dato
ha comportato anche che interi Comuni, come Buti e Crespina, non
potessero essere contattati nella loro parte politica e che molti di essi
lo siano stati solo nella persona del Sindaco (e talvolta di un unico
Assessore), salvo il contatto di Direttore Generale e/o Segretario
Comunale che c’è stato per tutti i Comuni.
Alla fine i destinatari del Questionario A sono stati solo 42 dei 94
previsti, così suddivisi: 10 Sindaci, 22 tra Assessori e Vicesindaci, 10
Segretari comunali e Direttori generali. I contattati per il Questionario 2 In realtà le unità identificate sarebbero state 231, ma in più di un caso ci sono state persone che svolgevano diversi ruoli direttivi nella stessa amministrazione oppure lo stesso ruolo per più Comuni, per cui sono stati considerati una volta sola. 3 Precisamente 56 non avevano indirizzo e-mail e 8 lo avevano presumibilmente intasato dalla posta non letta (il messaggio di errore ricevuto recitava: “this address no longer accepts mail”).
113
B sono stati invece 118, un dato che si discosta non di molto dalla
previsione iniziale di 130 unità e un indice confortante, dopo la
pessimistica impressione avuta dalla parte politica, del fatto che il
management della Valdera, almeno formalmente, non si tira fuori dal
circuito dell’e-government.
La tabella 4.1 mostra i dati relativi all’invio articolati per Comune e
questionario; va tenuto presente che ci sono persone titolari di più
posizioni per lo stesso ente e altre (a volte le stesse) che svolgono lo
stesso ruolo per più Comuni: questi casi sono stati considerati come
un unico contatto4.
COMUNE Quest. A Quest. B TOTALE distribuzione invii su totale
BIENTINA 2 13 15 9,38% BUTI 1 3 4 2,50% CALCINAIA 5 12 17 10,63% CAPANNOLI 2 6 8 5,00% CASCIANA TERME 1 3 4 2,50% CHIANNI 2 6 8 5,00% CRESPINA 0 9 9 5,63% LAJATICO 1 3 4 2,50% LARI 6 13 19 11,88% PALAIA 1 8 9 5,63% PECCIOLI 8 3 11 6,88% PONSACCO 2 22 24 15,00% PONTEDERA 9 13 22 13,75% TERRICCIOLA 2 4 6 3,75%
TOTALI 42 118 160 100,00%
Tabella 4.1 – Questionari inviati.
Da questa tabella si evince un altro dato significativo: nonostante le
defezioni per i mancati indirizzi e-mail è stata ugualmente garantita
un’adeguata rappresentatività del campione, infatti più della metà dei
questionari è stata inviata nei Comuni più popolosi del territorio:
4 È questo il motivo per cui il Comune di Crespina apparentemente non ha avuto invii di Questionari A. In realtà il suo Segretario Comunale/Direttore Generale è lo stesso di Casciana Terme, Comune dove è anche responsabile di settore e in cui è stato conteggiato.
114
Calcinaia, Lari, Ponsacco e Pontedera che insieme amministrano ben
il 58% della popolazione residente in Valdera (cfr. Tabella 3.2, p.95),
e di conseguenza hanno un numero più elevato di rappresentanti
politici e tecnico-amministrativi.
Sono stati codificati i dati di 31 questionari (11 Questionari A, 20
Questionari B). Il tasso medio di risposta, sul totale dei questionari
inviati, è stato del 19,38%, decisamente più elevato tra i politici
(26,19%) che tra il personale tecnico-amministrativo (16,95%).
Quest’ultima considerazione è però condizionata dal fatto che non è
stato possibile contattare più della metà dei destinatari individuati per
il Questionario A, mentre è stato possibile raggiungere più del 90%
delle unità identificate per il Questionario B. Alla fine se ne desume
che la parte politica, seppur più difficile da contattare, è probabilmente
più propensa a questo tipo di indagini, forse per il ruolo più
“comunicativo” che ricopre, o forse anche perché il Questionario A
era decisamente più breve del Questionario B.
Credo che la lunghezza del questionario sia stata un fattore
determinante nel tasso di risposta: un test breve all’apparenza è meno
impegnativo, richiede meno tempo, fatica e interesse e quindi
predispone a rispondere molto di più di una lunga serie di domande,
soprattutto quando si usa una metodologia self interviewing, che lascia
la compilazione esclusivamente al rispondente senza l’aiuto
dell’intervistatore.
La Tabella 4.2 visualizza i dati dei questionari ricevuti disaggregati
per Comune evidenziando le risposte ottenute in relazione all’invio e
la loro distribuzione. Il Comune che in assoluto ha risposto più degli
altri è stato Pontedera, ma in proporzione al numero dei questionari
inviati sono Cascina Terme e Lajatico, con il 75% di risposte, gli enti
115
che più hanno partecipato all’indagine. Si evidenzia anche come 4
Comuni (Buti, Chianni, Lari e Palaia) siano rimasti del tutto fuori
dall’indagine, non rinviando alcun questionario seppur ne siano stati
contattati numerosi rappresentanti (soprattutto a Lari, cfr. Tabella 4.1,
p.113).
COMUNE Quest. A Quest. B TOTALE distribuzione ricevuti su totale
% ricevuti su inviati
BIENTINA 0 3 3 9,68% 20,00% BUTI 0 0 0 0,00% 0,00% CALCINAIA 2 1 3 9,68% 17,65% CAPANNOLI 0 1 1 3,23% 12,50% CASCIANA TERME 0 3 3 9,68% 75,00% CHIANNI 0 0 0 0,00% 0,00% CRESPINA 0 1 1 3,23% 11,11% LAJATICO 0 3 3 9,68% 75,00% LARI 0 0 0 0,00% 0,00% PALAIA 0 0 0 0,00% 0,00% PECCIOLI 6 0 6 19,35% 54,55% PONSACCO 1 2 3 9,68% 12,50% PONTEDERA 2 5 7 22,58% 31,82% TERRICCIOLA 0 1 1 3,23% 16,67%
TOTALI 11 20 31 100,00%
Tabella 4.2 – Questionari ricevuti.
Nei grafici esposti nelle figure 4.1a e 4.1b è evidenziata la
distribuzione per sesso delle unità di rilevazione chiamate a
collaborare all’indagine e di quelle che hanno risposto.
0
10
20
30
40
contatti risposte
Questionario A
MF
0
20
40
60
80
contatti risposte
Questionario B
Figura 4.1a – Distribuzione per sesso, per questionario.
116
Delle 160 unità di rilevazione
contattate il 62,5%, pari a 100
contatti, erano uomini e il 37,5%,
60 contatti, donne.
Il Questionario A è stato inviato
42 persone: 34 uomini e 8 donne.
È netta la preponderanza maschile
nelle cariche politiche (Sindaco e
Assessore) distribuite per più dell’80% a uomini (il rapporto è 27:5).
La situazione esposta è “mitigata” dalla condizione del settore dei
Segretari Comunali e Direttori Generali (non esplicitata dal grafico
perché ricompresa nei dati del Questionario A) in cui il rapporto
uomini/donne è di circa 2:1. Meno marcato è lo stacco nelle posizioni
dei resposabili di settore e servizio (Questionario B) dove, anche se
prevale la componente maschile, la situazione è più equilibrata: i 118
questionari inviati sono stati indirizzati a 66 uomini (il 55,93%) e 52
donne (il 44,07%).
Per quel che riguarda la distribuzione per sesso nelle risposte si può
dire che, sia in numero assoluto che in percentuale, hanno risposto
molto di più gli uomini che le donne: ci sono stati 23 questionari
compilati da uomini, pari al 23% degli uomini contattati, e 8
questionari femminili, pari al 13,33% delle donne contattate.
Disaggregato per questionario il dato si mantiene più o meno
omogeneno per gli uomini: hanno collaborato il 26,47% degli uomini
contattati per il Questionario A e il 21,21% di quelli contattati per il
Questionario B. Mentre per le donne è più marcata la differenza fra
Amministratrici e responsabili: al Questionario A ha risposto il 25%
delle contattate e al Questionario B solo l’11,53%, per quanto in
020406080
100
contatti risposte
TOTALE A + B
MF
Figura 4.1b – Distribuzione per sesso, totale.
117
numero assoluto le rispondenti del Questionario B siano state 3 volte
quelle del Questionario A (6:2).
Questi dati sembrano confermare la tendenza ad una supremazia
maschile nelle cariche di responsabilità. Supremazia decisamente
schiacciante per quel che riguarda i vertici politici considerati, i cui
incarichi si ottengono per elezione e per nomina da parte del Sindaco e
dove va comunque considerato che come candidati, in genere, si
presentano meno donne che uomini. Supremazia non schiacciante ma
sicuramente netta nell’area tecnico-amministrativa, e questo è un fatto
degno di attenzione considerato che è sempre più marcata la presenza
di personale femminile nelle pubbliche amministrazioni.
Un’interpretazione diffusa rinvia ad una presunta preferenza
femminile per l’impiego pubblico in quanto, soprattutto in ragione
dell’orario di lavoro, faciliterebbe il continuare a farsi carico degli
impegni domestici (Cerase, 1998, p.190); seguendo lo stesso filone
interpretativo si potrebbe desumere che incarichi di maggiore
responsabilità, comportando più impegno e maggiore presenza, non
siano appetiti dalle donne e quindi siano ricoperti dagli uomini che
hanno maggiori aspirazioni di crescita professionale. Si potrebbe però
anche ipotizzare che la situazione complessivamente più favorevole
per gli uomini sia dovuta a forme di discriminazione più o meno
esplicite (Cerase, 1998, pp.216-217).
La figura 4.2 visualizza la distribuzione per classi di età solo dei
rispondenti, dato che non si è cercato a priori la classe di appartenenza
delle unità contattate. I più rappresentati sono i quarantenni, anche se
nei rispondenti al Questionario A è preponderante la classe di età più
giovane, quella dei trentenni. Forse non sono dati sufficienti per capire
se i comuni della Valdera sono enti giovani o meno, ma sono dati che
118
inducono ad una considerazione: a parte il picco dei quarantenni nel
Questionario B, dal grafico è visivamente evidente la tendenza ad una
classe dirigente più giovane nel settore politico e ad una più matura in
quello tecnico-amministrativo.
È probabilmente azzardato
pensare ad un rinnovamento
“giovanile” della classe
politica della Valdera, i
numeri ottenuti non sono
sufficienti a confermarlo, ma
una tendenza del genere,
considerato il potenziale
creativo e la maggiore
dimestichezza con le nuove tecnologie da parte dei giovani, potrebbe
significare orientamenti di governo potenzialmente diretti allo
sviluppo di politiche di governance e e-government.
Un’interpretazione più legata ai dati effettivamente ottenuti invita però
a tenere conto del fatto che presumibilmente nel ridotto campione
contattato per il Questionario A c’erano molti più giovani che meno
giovani, proprio in ragione del fatto che per la citata dimestichezza
con le nuove tecnologie data dall’età è forse stato più facile reperire i
loro indirizzi e-mail piuttosto che quelli di altri Amministratori, e
questo spiega perchè ci siano state più risposte dalla fascia di età dei
trentenni che da altre.
Infine un dato curioso è che mentre tutti i rispondenti del Questionario
B hanno dichiarato la loro età, il 45% dei rispondenti del Questionario
A non l’ha dichiarata.
0123456789
Quest. A Quest. B
<3030-3940-4950-59>=60
Figura 4.2 Distribuzione per classi di età delle unità di rilevazione che hanno risposto.
119
4.1
Metodologia di ricerca
L’aspetto metodologico caratterizzante della ricerca è l’aver utilizzato
una tecnica di rilevazione e gestione dell’indagine interamente
computer assisted: la trasmissione dei questionari, la loro
compilazione e l’acquisizione dei dati sono avvenute esclusivamente
attraverso la mediazione di strumenti telematici.
Per mezzo della posta elettronica sono stati tenuti contatti con gli
intervistati e si è trasmesso, come allegato, il questionario redatto in
formato Word-Office2000. I destinatari dell’indagine avrebbero
dovuto compilarlo direttamente sul computer e rinviarlo come
allegato.
Il modulo di compilazione era composto da una serie di domande (28
per il Questionario A, 40 per il Questionario B) suddivise per area
tematica senza commenti introduttivi per evitare possibili influenze
nelle risposte.
La struttura del questionario prevedeva un’alternanza di domande
chiuse a risposta prefissata e domande aperte, e permetteva al
rispondente di digitare testo, immettere una x oppure assegnare un
voto, esclusivamente negli spazi predisposti5. Le domande a risposta
vincolata avrebbero dovuto agevolare la compilazione rendendola più 5 Per facilitare le operazioni di compilazione i file inviati sono stati predisposti come moduli. Nell’applicativo Word un modulo è un documento con campi di inserimento vincolato, in cui si possono immettere delle informazioni senza modificare il layout o gli elementi standard del file. In un modulo protetto è quindi possibile scrivere solo nelle aree attive che possono prevedere campi di testo, check box e caselle di riepilogo a discesa.
120
semplice, veloce e meno impegnativa e avrebbero anche facilitato la
successiva fase di codifica dei dati. Le domande aperte, invece,
avrebbero dato all’intervistato la possibilità di esprimersi liberamente
senza limiti di spazio, bilanciando eventuali condizionamenti derivanti
da risposte codificate e consentendo la possibilità di fornire nuovi dati
non esplicitamente richiesti.
Tra i vari metodi di data capturing attuati con l’ausilio del computer,
la metodologia adottata è forse la più elementare accessibile a
chiunque abbia una conoscenza base dell’uso del PC.
Presupposto di partenza per l’adozione di questa tecnica di ricerca era
che le unità di rilevazione avessero l’accesso alla rete internet e che, a
seguito di un contatto preventivo, fossero disponibili ad utilizzarla per
l’indagine. Il primo limite con cui si è scontrata questa premessa è
stato il constatare che non tutti gli intervistati avevano, presso la
struttura di appartenenza, un elaboratore collegato alla rete e/o un
recapito e-mail personale (cfr. la citata condizione degli Assessori e
gli emblematici casi dei Comuni di Buti e Crespina). Inoltre, avendo
adottato una tecnica di rilevazione di tipo CASI-Computer Assisted
Self Interviewing (Fabbris, 2000) in cui il questionario elettronico è
compilato dal rispondente senza ricorrere all’intervistatore,
l’eventuale disponibilità di mezzi informatici adeguati non
comportava automaticamente la capacità degli intervistati di gestire
efficacemente la rilevazione per quanto fosse resa il più semplice
possibile.
Adottare una metodologia di tipo CASI può comportare errori di
digitazione, di distrazione e di lettura e, soprattutto, basse garanzie di
sicurezza che il questionario sia compilato effettivamente dall’unità di
rilevazione individuata e senza condizionamenti di altre persone.
121
Queste sono comunque tutte eventualità che presentano anche altre
modalità di invio dei questionari come la posta o il fax. Rispetto ai
metodi tradizionali, però, l’utilizzo di metodologie informatiche
presenta maggiori vantaggi relativi alla riduzione degli errori di data
entry, cioè gli errori di lettura o distrazione che si compiono nella fase
di compilazione e in quella di registrazione dei dati, e alla
diminuzione dei valori anomali, in quanto alcuni campi di inserimento
prevedono esclusivamente risposte predeterminate o in un formato
vincolato6. Inoltre nei questionari in formato elettronico la fase di
rilevazione agevola le fasi successive in quanto i dati si presentano già
su un supporto informatico pronti per la fase di codifica.
Un’altra prerogativa di questo tipo di contatto è quella di dare
all’intervistato la possibilità di gestire autonomamente la rilevazione.
L’onere dell’indagine dovrebbe essere alleviato dalla comodità di
compilare il questionario nel momento ritenuto migliore, senza la
presenza di estranei, dedicandogli il tempo che si vuole e potendolo
riprendere in più momenti successivi.
Ma il vantaggio indubbiamente più grande dato dall’adozione di una
metodologia CASI è stato il raggiungere ben 160 intervistati senza
spostamenti né appuntamenti nelle varie sedi oggetto della ricerca
ottenendo un notevole risparmio economico e di tempo. Uno dei
migliori pregi delle indagini di rilevazione computer assisted è infatti
quello di rendere meno cogente rispetto ad un metodo di ricerca
tradizionale il vincolo della numerosità delle unità di rilevazione in
quanto consente di contattare campioni anche molto numerosi
aggirando eventuali condizionamenti temporali ed economici.
6 L’esempio caratteristico è quello del campo “età” in cui si prevede esclusivamente un valore di due caratteri.
122
Nell’indagine effettuata, però, il risparmio di tempo e costi ottenuto
non è stato compensato da un adeguato numero di risposte, pari a poco
più del 19% dei contatti.
Credo che le cause del modesto tasso di risposta conseguito possano
essere attribuite essenzialmente a due fattori: la mancanza di
dimestichezza con la tecnica di rilevazione adottata ed il basso grado
di coinvolgimento da parte degli intervistati. Questi svantaggi
avrebbero potuto forse essere circoscritti ricorrendo ad una tecnica di
indagine più tradizionale.
Attualmente un rischio frequente delle tecniche CASI sono le possibili
difficoltà da parte dell’intervistato nei confronti dello strumento
informatico, dovute magari alla poca familiarità nell’uso del personal
computer.
Nel caso specifico dell’indagine presso i Comuni della Valdera per
superare questo inconveniente ho cercato di rendere il questionario
accessibile a tutti i livelli di alfabetizzazione informatica che era
possibile incontrare. Il documento era semplice tecnicamente e curato
graficamente, con argomenti ben definiti e, per quanto possibile, breve
(anche se, a posteriori, ritengo che sarebbe stato meglio renderlo
ancora più breve). Inoltre ho cercato di conferirgli un aspetto chiaro,
gradevole e che trasmettesse l’idea di un documento di veloce
compilazione.
La difficoltà più grossa da affrontare è stata quella di invogliare i
destinatari a rispondere. Un sistema di comunicazione mediato dal
computer ovviamente non crea un’interazione diretta tra rilevatore e
soggetti rispondenti e questo, accanto al vantaggio di non provocare il
124
4.2
Analisi dei dati
L’analisi delle risposte ottenute è stata condotta per sezione secondo la
struttura dei questionari. Le risposte dei due campioni sono state
esaminate insieme salvo la segnalazione di eventuali differenze
riscontrate.
Dall’analisi dei dati suddivisi per questionario si riscontra una
caratteristica ricorrente nelle risposte: gli amministratori contattati con
il questionario A tendono ad essere più ottimisti, a dare giudizi più
favorevoli e voti più alti. Il personale intervistato con il questionario B
invece si mostra più cauto nei giudizi e più critico, anche quando fa
delle valutazioni positive spesso constata delle cose da migliorare su
cui è necessario continuare a lavorare.
4.2.1 Atteggiamento nei confronti della Riforma
Globalmente il giudizio sulla Riforma Amministrativa avviata è
positivo per quasi tutti gli intervistati. La Riforma è ampia e
diversificata e non tutte le sue componenti sono ugualmente
apprezzate, ma solo il 9,7% del campione ne ha un parere
completamente negativo, soprattutto perché la reputa “scollegata dalla
realtà” e spesso “arrangiata”.
La quasi totalità del campione comunque ne ravvisava la necessità per
“svecchiare” il sistema ed allinearsi agli standard di efficienza ed
efficacia richiesti da una nuova concezione di Pubblica
125
Amministrazione che ritiene l’ente locale erogatore di servizi, vicino
al cittadino e sempre più professionale e svincolato dalle pressioni
politiche. La maggioranza degli intervistati pensa che la Riforma sia
basata su concetti validi ed innovativi come la ristrutturazione
dell’ente secondo canoni aziendali (approccio manageriale ai
problemi, efficienza, elevata qualità dei servizi erogati, abbandono dei
lacci burocratici) ma che, proprio a causa delle novità che introduce,
essa implichi, per il superamento dei vecchi modelli operativi, radicali
cambiamenti procedurali, organizzativi e, soprattutto, nella mentalità
di dipendenti e amministratori. A quest’ultimo proposito un dirigente
del Comune di Pontedera ha citato nella sua risposta un passo
significativo di J.M. Keynes: “[…] la difficoltà non sta nelle idee
nuove, ma nell’evadere dalle idee vecchie, le quali, per coloro che
sono stati educati come lo è stata la maggioranza di noi, si ramificano
in ogni angolo della mente”.
Gli intervistati sono coscienti del fatto che la realizzazione della
Riforma è un processo che comporta delle difficoltà, che è ancora da
completare e che necessita, per essere assimilato, di tempo. Fra le
risposte ottenute si evince che lo strumento principale da attuare per
produrre il cambiamento è innanzitutto formativo: studio e
aggiornamento sono necessari per superare i vecchi modelli operativi
e le resistenze alla riorganizzazione e alla ridefinizione della mission.
Tra le domande di questa sezione si indicavano, come esiti primari
dell’applicazione della Riforma, la riorganizzazione interna degli enti
e il rapporto con l’utenza.
In merito al primo risultato le risposte sono concordi riguardo alla
necessità di una riorganizzazione dell’ente e alla modalità con cui
condurla. La linea guida di attuazione è stata quella di riuscire ad
126
articolare la struttura in relazione ai servizi che intende offrire,
secondo un’attribuzione più chiara di compiti e responsabilità per
agevolare un efficiente funzionamento. Compatibilmente con le
difficoltà, date da carenze di dotazione organica e finanziaria, i
Comuni hanno cercato di introdurre i principali elementi di novità
indicati legislativamente senza mutamenti radicali, ma non tutti sono
pienamente soddisfatti dei risultati ottenuti. Il 12,9% del campione
ritiene che il processo di rinnovamento organizzativo abbia incontrato
dei limiti nella competenza professionale degli incaricati per servizio,
ritengono infatti la riorganizzazione dell’ente niente di più che una
ridistribuzione di responsabilità spesso “a manager di nome ma non di
fatto”. La maggioranza del campione, però, la considera una
potenziale fonte di miglioramento e constata che è un processo
dinamico, soggetto a frequenti aggiustamenti e correzioni anche per
evitare il rischio che nei piccoli enti comporti l’aumento della
burocratizzazione.
Fra le modifiche che più hanno inciso a livello organizzativo ricorrono
più frequentemente le risposte relative alla crescita di responsabilità di
gestione, a ruota quelle connesse alla trasparenza dell’ente e ad un
miglior servizio per il cittadino. In una posizione intermedia gli
intervistati citano l’esclusione dei politici dalla gestione, e quindi una
maggiore autonomia per settori e servizi, e le misure relative
all’incremento dell’efficienza dell’ente, quali la necessità di
programmazione, il rispetto della tempistica, la semplificazione dei
procedimenti. Sono residuali le misure intervenute in merito ad una
struttura orizzontale che consente una maggiore collaborazione tra gli
uffici, al decentramento delle competenze e all’introduzione di una
nuova metodologia di lavoro.
127
In questo processo l’attenzione per gli utenti ha un ruolo centrale, è
giudicata dalla totalità del campione l’aspetto prioritario del processo
di rinnovamento. Tra i risultati ottenuti su questo versante gli
intervistati richiamano più frequentemente la trasparenza e la
semplificazione dei procedimenti. Ancora da ottenere è invece un
adeguato grado di efficienza.
Sul rapporto PA-cittadini c’è però ancora da lavorare: solo una parte
minoritaria dell’utenza ha percepito un cambiamento nel sistema, in
genere si riscontra una sfiducia a priori frutto di pregiudizi radicati nel
tempo.
L’ultima domanda della sezione chiedeva agli intervistati il significato
che avesse per loro la parola “innovare” nell’ambito della Pubblica
Amministrazione. Le risposte ottenute dal 42% del campione sono
relative all’attuazione di procedure di semplificazione ed efficienza
finalizzate ad un migliore rapporto con l’utenza. Il primo significato
dato a innovare è quindi l’attenzione per le esigenze della collettività
amministrata, obiettivo finale di ogni miglioramento; si conferma
nuovamente la centralità che assume l’utenza in questa fase di
rinnovamento per gli apparati comunali.
Al secondo posto innovare è sviluppare capacità gestionali. Gli
intervistati fanno riferimento alla creatività e allo sviluppo di strategie
di funzionamento estranee al diritto amministrativo (tecniche di
marketing, comunicazione, analisi dei processi, controllo di gestione,
valorizzazione delle risorse umane, project management, etc.), per
dare un volto nuovo all’attività amministrativa, tenendo ben presente
che si tratta di una funzione pubblica e quindi che non vi può essere
un travaso acritico dall’esperienza della sfera privata.
128
Infine il concetto di innovazione è affiancato al conseguimento della
piena autonomia, ma è interessante notare che è una risposta indicata
esclusivamente dai politici (Questionario A) per un 27,3%, pari a solo
il 9,7% dell’intero campione.
4.2.2 La situazione dei Comuni in Valdera
Questa sezione analizza il coinvolgimento dei Comuni della Valdera
nel rinnovamento in atto. Le domande indagano separatamente quattro
aspetti dell’innovazione (procedure, tecnologia, organizzazione ed
utenza) richiedendo agli intervistati quali cambiamenti sono in corso
nel loro Comune e come valutano la propria situazione per ognuno di
questi temi. Il livello di eccellenza nell’innovazione dovrebbe
raggiungersi attraverso uno sviluppo integrato dei quattro aspetti
citati, ma questa correlazione non sempre accade8.
Dai dati analizzati i Comuni intervistati reputano di essere più o meno
allo stesso livello di innovazione. Però, relativamente alle innovazioni
tecnologiche, si segnala in tutti gli intervistati una tendenza a
giudicare l’operato del proprio Comune innovativo (35,5%) se non
addirittura all’avanguardia (25,8%), fatto che sembra smentito dalle
premesse di questa indagine vista la difficoltà ad attivare e mantenere
efficaci relazioni telematiche. Un’altra particolarità è data dalla
valutazione relativa all’innovazione organizzativa: è l’unico ambito in
cui si è avuto un giudizio negativo, il 12,9% del campione ha indicato
“per niente innovativo” l’operato del proprio Comune relativamente
8 Ad esempio per esplicare al meglio i suoi effetti la semplificazione procedurale dovrebbe essere supportata da innovazioni in campo tecnologico (introduzione di nuove metodologie e strumenti di lavoro) ed organizzativo (chiara individuazione dei responsabili dei processi).
129
all’organizzazione, tra l’altro uno dei settori in cui i Comuni
intervistati investono di più9.
Dalla codifica del Questionario A si evince infatti che gli investimenti
innovativi in Valdera sono orientati innanzitutto alla razionalizzazione
dell’organizzazione della propria struttura per adeguarsi alla nuova
autonomia e ai nuovi compiti di front office assegnati. Seguono poi gli
investimenti finalizzati alla “centralità dell’utenza” (per cui attività di
comunicazione, informazione, semplificazione…) e quelli in tema di
e-government (a partire dall’adeguamento informatico).
L’innovazione procedurale riguarda per lo più azioni attente alla
semplificazione delle procedure e all’alleggerimento burocratico
secondo i recenti indirizzi legislativi. Fra le misure attuate ricorrono
frequentemente la realizzazione del SUAP, regolamenti più semplici,
la gestione in forma associata dei servizi, l’adozione di una
modulistica uniforme e generalizzata reperibile anche da internet,
l’adozione di standard di gestione condivisi da più uffici... Le
innovazioni segnalate hanno prodotto un miglioramento del lavoro
riscontrato soprattutto nella riduzione dei tempi di processo. Tuttavia
il cambiamento, per quanto sensibile, copre solo parte del lavoro
svolto, non è né omogeneo né generalizzato ed è affrontato dai
Comuni senza un’operazione sistematica di reingeneering delle
procedure ai fini del loro snellimento.
In campo di cambiamenti tecnologici internet e l’informatizzazione
“estensiva” del Comune costituiscono l’innovazione principale.
L’aggiornamento e la diffusione degli strumenti informatici sono
condizioni iniziali e imprescindibili per la realizzazione di pratiche di 9 È significativo che questo giudizio provenga esclusivamente da rispondenti del Questionario B. La riorganizzazione in atto è analizzata anche nella precedente sezione del questionario (cfr. paragrafo 4.2.1 Atteggiamento nei confronti della Riforma, p.124 ss.).
130
e-government, ma indicano anche che, al contrario di quel che
valutano gli intervistati, la condizione dei Comuni in Valdera in tema
di innovazione tecnologica non è affatto innovativa.
Indubbiamente l’informatizzazione di tutti gli uffici, l’aggiornamento
di macchinari e programmi e la realizzazione di siti internet hanno
costituito un grosso lavoro per impegno e risorse, ma i risultati, seppur
discreti e riconoscibili subito in un innalzamento della qualità del
lavoro e delle risposte date ai cittadini, necessitano di ulteriori
adeguamenti. Solo alcuni Comuni (Pontedera, Bientina e Calcinaia)
hanno già iniziato ad attivare le prime sperimentazioni in campo di e-
government: rapporti con i cittadini attraverso le nuove forme di
comunicazione, modulistica in rete, adesione alla rete civica,
attivazione di call center.
Il settore organizzativo è quello in cui si riscontrano maggiori
difficoltà di cambiamento sia per resistenze di ordine culturale che per
la necessità di operare compatibilmente alle risorse economiche e di
organico in dotazione. È il punto che è apparso più complesso
nell’intera gestione dell’innovazione probabilmente per l’interazione
tra componente politica, dirigenziale e personale dipendente e per le
difficoltà connesse al rispetto dei ruoli. Nei Comuni si è assistito a
varie operazioni10, non sempre valutate positivamente, alla ricerca di
un’organizzazione razionale e flessibile per ottenere un migliore
risultato in termini di efficienza.
Le domande relative all’innovazione nei confronti dell’utenza
confermano il ruolo di primo piano riservato ai cittadini nel “nuovo
10 Redistribuzione delle mansioni e dei compiti della struttura, istituzione di nuove figure professionali, individuazione di figure apicali dotate di autonomia e responsabilità gestionale, accorpamento di alcuni uffici, gestione in forma associata di alcuni servizi.
131
volto” della PA. Le misure adottate sono di vario tipo11 e puntano
essenzialmente a creare un rapporto migliore con l’utenza. Fra le tante
mi sembra interessante, ed è frequente nelle risposte, il riferimento
alla realizzazione di un URP “allargato”, uno sportello polivalente con
funzioni di front office del Comune che riduce i referenti
dell’amministrazione e ottiene così una semplificazione per il
cittadino che potrà rivolgersi esclusivamente ad un ufficio (è lo stesso
criterio logico che le imprese trovano applicato nel SUAP).
L’ultima domanda della sezione, infine, indaga il mezzo con cui, nelle
Amministrazioni studiate, sono veicolati i cambiamenti tra i
dipendenti.
62%13%
0%
24%
1% 0% corsi di formazione / convegni
periodico dell'ente
mailing list
gruppi di lavoro
nessuna misura
altro
Figura 4.3 – Strumenti di diffusione dell’innovazione.
Era possibile dare una risposta multipla, le variabili più segnalate sono
le attività formative (il campione indica al 90% i corsi di formazione,
al 52% i convegni) e i gruppi di lavoro eterogenei finalizzati al
raggiungimento di determinati obiettivi (indicati dal 55% del
campione). Una parte residuale riveste la diffusione di un periodico
dell’Amministrazione, citato dal 29% degli intervistati soprattutto
rispondenti del Questionario A, mentre risulta totalmente assente una 11 Ad esempio attenzione alla semplificazione e accessibilità degli atti, maggiore chiarezza di informazioni, promozione dell’utilizzo dell’autocertificazione, orario di apertura esteso, riduzione dei referenti nell’ambito dell’amministrazione, apertura di nuovi e molteplici canali di comunicazione (sito web, televideo regionale, periodico dell’amministrazione alle famiglie…).
132
comunicazione via mail finalizzata a questo scopo. La figura 4.3
indica la distribuzione degli strumenti di diffusione dell’innovazione
segnalati.
4.2.3 La formazione del personale
La formazione del personale di livello apicale svolge un ruolo
essenziale ai fini dell’implementazione dell’innovazione. Essa è
importante non solo per l’aggiornamento sulle specifiche materie di
competenza, ma anche perché è lo strumento principale attraverso il
quale si coordinano i cambiamenti e si recepiscono mentalità e
modelli di comportamento nuovi per gli enti pubblici.
Fra gli intervistati, però, ben il 32% dichiara di non aver frequentato
corsi di formazione durante l’ultimo anno e un 10% non risponde
(Figura 4.4). Il 58% di coloro che hanno partecipato ad azioni
formative è costituito per massima parte dal personale tecnico-
amministrativo (il 70% dei rispondenti del Questionario B ha
dichiarato di aver partecipato a corsi di formazione). Questo dato
evidenzia che la componente politica, in genere, non è destinataria di
attività formative, infatti ha partecipato a corsi di formazione solo un
36% dei rispondenti del Questionario A, costituito principalmente da
Segretari Comunali e Direttori Generali. Dall’analisi delle risposte alle
domande aperte di questa
sezione emerge un dato
molto interessante: tra i
rispondenti del Questionario
A risalta l’opinione che Figura 4.4 – Partecipazione a corsi di formazione.
10%
58%32%
sinonon risponde
133
sarebbe necessario coinvolgere di più la parte politica nei percorsi
formativi in modo che, nell’indipendenza dei ruoli, ci possa essere
maggiore condivisione di idee, competenze e azioni con la parte
gestionale del Comune.
I rispondenti del Questionario B risultano per il 65% soddisfatti e
abbastanza soddisfatti di come la formazione svolge il suo ruolo. Le
carenze individuate sono di tre tipologie: innanzitutto gli intervistati
segnalano che andrebbero aumentate le azioni formative, ma si
rendono conto che la limitatezza dell’organico, combinata alla
necessità di garantire i servizi e ridurre le disfunzioni nel processo
lavorativo, la rendono una cosa difficoltosa. Un secondo ordine di
critiche constata che, talvolta, mancano le risorse sufficienti per
realizzare ciò che si è appreso a livello teorico per cui i vantaggi
formativi non hanno ricadute pratiche nell’organizzazione dei servizi
comunali. Infine alcuni fruitori segnalano che spesso si utilizzano
moduli formativi preconfezionati che certe volte non sono aderenti
alle peculiarità del proprio Comune e, in parallelo, i responsabili della
formazione rilevano la mancanza di un’attiva collaborazione fra le
componenti dirigenziali nella predisposizione di piani formativi
adeguati alle esigenze dell’ente.
Gli intervistati ritengono che per il personale direttivo vadano
sviluppate attraverso apposite azioni formative per prima cosa le
tematiche relative alle nuove competenze di ruolo (gestione risorse
umane e management). Segue l’esigenza di un tipo di preparazione
“pratica”, immediatamente spendibile, relativa alle procedure
informatiche ed all’aggiornamento legislativo. La programmazione
formativa degli enti pare concorde alle esigenze del personale,
giacché, a detta degli intervistati, si focalizza primariamente sullo
134
sviluppo delle nuove attitudini dei ruoli apicali attivando corsi in tema
di management e, in particolare, di gestione delle risorse umane.
Tuttavia i corsi più frequentemente indicati dalla quota del campione
che ha partecipato ad attività formative sono quelli relativi alle
competenze informatiche.
4.2.4 Il management
I requisiti caratterizzanti la figura del manager pubblico sono ravvisati
principalmente nelle competenze professionali di settore, nelle
capacità di gestione delle risorse umane e, in subordine, in doti e
qualità personali. Per diventare manager pubblico occorre dunque
tener conto sia delle condizioni di contesto che delle caratteristiche
individuali dei singoli soggetti.
La professionalità è la competenza che emerge nettamente sulle altre,
include abilità tecniche e culturali adeguate per il ruolo e attenzione
per i cambiamenti e l’innovazione. Il primo aspetto è frutto di
esperienza e formazione che consentono conoscenza del contesto,
elevata preparazione tecnica, informatizzazione e aggiornamento
normativo. Il secondo aspetto prevede la volontà e la capacità di
gestire l’innovazione ed un orientamento alla flessibilità.
Le competenze relative alla capacità di gestione delle risorse umane si
possono articolare in attitudini organizzative e capacità direttive. Il
primo aspetto attiene all’ambito relazionale e comunicativo, si
manifesta nella capacità di stimolare la collaborazione, di creare un
clima di team e di coinvolgere il personale sull’importanza di
raggiungere un obiettivo in modo che ciascuno lo faccia proprio così
135
da avere collaboratori idonei e preparati. Il secondo aspetto invece
lambisce le doti personali, infatti attiene alla sfera della leadership che
comporta sia preparazione tecnica al ruolo e consapevolezza della
propria funzione che attitudine personale.
Il ruolo di leader comporta abilità nell’affrontare le situazioni e
prendere le decisioni, capacità di analisi e sintesi, attitudine a rendersi
autorevoli e capacità di comando, propensione all’assunzione di
responsabilità. Queste caratteristiche possono essere aiutate da una
certa predisposizione mentale e caratteriale, e qui si inserisce l’elenco
delle doti personali utili allo svolgimento del ruolo indicate dagli
intervistati: innanzitutto doti relazionali (disponibilità di ascolto,
predisposizione all’interazione, capacità di mediazione), poi un
atteggiamento sereno e positivo verso i problemi da affrontare.
La quasi totalità del campione reputa l’adozione di una cultura
gestionale nella conduzione degli enti pubblici una risorsa positiva per
l’innovazione. Tuttavia gli intervistati ritengono che sia necessario
ancora del tempo prima che si possa parlare di una specifica
professionalità manageriale da parte dei dipendenti pubblici.
Nei Comuni contattati la presenza di una competenza professionale
manageriale è, in linea di massima, di recente acquisizione (come
indica il 48% del campione). Gli intervistati ritengono che possa
svilupparsi principalmente attraverso la formazione in presenza di
determinate qualità personali. Da notare che, al fine di sviluppare
professionalità apicali dotate di caratteristiche manageriali, i
rispondenti del Questionario B puntano, più della componente
politica, sull’importanza delle doti personali, e che i rispondenti del
Questionario A considerano molto più dei tecnici-amministrativi
l’importanza del ricorso alla collaborazione ed alla comunicazione con
136
altre amministrazioni pubbliche probabilmente per condividere
esperienze, concertare i percorsi di innovazione e stimolare pratiche di
benchmarking.
Infine questa sezione indaga il tema
della pari opportunità di accesso al
ruolo di manager pubblico (figura 4.5).
Alcune considerazioni in proposito
sono già state fatte in merito alla
composizione del campione (cfr.
pp.115-116). Ovviamente è garantita
una parità di trattamento fra i generi,
ma per il 16% del campione
rispondente (5 su 31, tutte donne tranne
uno) non sempre è praticata. L’analisi
della situazione dei Comuni di
appartenenza riporta un 10% di
intervistati che ritiene ci siano
discriminazioni sessuali nell’ente in cui lavora (3 su 31, due
rispondenti non confermano la risposta precedente per il proprio ente).
Credo che si possa far confluire la quota del 32% dei non rispondenti
a questa domanda fra coloro che ritengono che esistano pari
opportunità per l’accesso ai ruoli apicali della pubblica
amministrazione. Ciò perché questi intervistati hanno risposto
positivamente alla precedente domanda che indagava l’argomento a
livello generale ed anche perché alcuni hanno ritenuto, a commento
della loro mancata risposta, che si trattasse di una domanda inutile e
datata.
generale
84%
16%
nel Comune
58%
10%
32%
si no non risponde
sisi
137
Non è messa in discussione l’uguaglianza di capacità e di
preparazione al ruolo che possono avere uomini e donne, ma si
constata che, in genere, nella distribuzione delle cariche di vertice è
preferito un uomo. Chi non ritiene che ci siano delle disparità di
trattamento fa notare che sono offerte analoghe possibilità non sempre
colte dal personale femminile e che nella distribuzione delle cariche di
vertice sono determinanti la preparazione e le capacità e non il genere,
inoltre constata che le presenze femminili nella Pubblica
Amministrazione sono maggiori di quelle maschili per cui
potenzialmente le donne hanno più opportunità. Chi invece pensa che
esistano delle discriminazioni, o comunque degli ostacoli ad una parità
di trattamento nella distribuzione delle cariche di vertice, le attribuisce
al fatto che è tuttora diffusa l’opinione che il “peso” della famiglia
renda una donna meno affidabile sul lavoro.
4.2.5 Gli effetti sulle aspettative di ruolo
Nel questionario si affronta anche il rapporto tra gestione
amministrativa e piano politico nell’ente locale, con lo scopo di capire
se esiste un confine tra le rispettive aree di competenza.
Nelle intenzioni della Riforma era prevista una separazione della
programmazione politica dalla gestione amministrativa, nella realtà
indagata il cambiamento riscontrato è parziale: si assiste ad un
maggiore sforzo, rispetto al passato, nel mantenere distinte le due
sfere di influenza, ma permangono comunque intrusioni del piano
politico nella gestione amministrativa.
138
I ruoli apicali che si occupano della gestione dell’ente hanno maggiori
responsabilità e autonomia operativa, ma oltre a doversi confrontare
con lo staff politico – come è giusto – per il raggiungimento degli
obiettivi che questi ultimi fissano, continuano a subirne le interferenze
sul piano di lavoro. Il permanere di queste ingerenze è attribuito, dagli
intervistati, alla difficoltà per i politici di abbandonare il ruolo finora
ricoperto12, anche perché si riconosce che gli strumenti e le procedure
scelti ed utilizzati nel management non sempre sono politicamente
neutri rispetto ai risultati attesi, comportano delle scelte vale a dire il
privilegiare alcuni interessi piuttosto che altri, per cui gli
amministratori non possono non occuparsi anche della gestione, sia
pure indirettamente. Inoltre un’altra giustificazione ad una stretta
commistione tra politica e gestione è fornita dalla constatazione che
nei centri di piccole dimensioni, quali i Comuni della Valdera, è
strictu sensu forte la compenetrazione ed è difficile mantenere una
netta distinzione dei ruoli.
In ogni modo, nonostante le difficoltà, l’insieme dei responsabili
contattati per il Questionario B afferma a maggioranza (l’80%) di
essere soddisfatto dei cambiamenti intervenuti perché sono aumentati i
compiti, ma ha maggiori possibilità di organizzare e gestire il lavoro
autonomamente.
In genere nei contesti locali la leadership politica mantiene rapporti
funzionali con le tecnostrutture consentendo ai funzionari più motivati
di operare con sufficienti gradi di libertà nell’ambito di programmi di
lavoro concordati (CENSIS, 2002a, p.15). Nonostante ciò i nuovi
compiti di mediazione tra lo staff politico e la line tecnica sono molto
12 È stato chiamato il “ruolo di prima donna”, di diretto responsabile e referente delle istanze del cittadino-elettore.
139
delicati e il responsabile gestionale deve cercare di tradurre in azione
le volontà politiche portando l’amministratore a valutare attentamente
le varie soluzioni che si presentano e a comprendere le eventuali
difficoltà operative, spesso ignorate o sottovalutate dalla parte politica.
Un’altra ripercussione sul ruolo delle figure apicali si riscontra nel
rinnovato senso di appartenenza all’ente e nella stimolante condizione
di sentirsi parte attiva nella gestione dell’innovazione (come afferma
l’80% degli intervistati). Lavorare per creare una pubblica
amministrazione efficiente e valorizzare il servizio pubblico e la
soddisfazione per i miglioramenti che si ottengono in questo senso
accrescono la motivazione professionale e fungono da stimolo per
ulteriori progressi. Al tempo stesso, però, le realizzazione lavorativa è
bilanciata da fattori che costituiscono motivo di amarezza e
malcontento, quali il sovraccarico delle incombenze e la mancanza di
un adeguato riconoscimento economico a seguito dell’assunzione di
nuovi compiti e responsabilità.
4.2.6 L’informatica
Nell’ambito della Riforma l’informatizzazione della pubblica
amministrazione è forse l’immagine migliore da contrapporre all’idea
di un’amministrazione burocratica, cupa ed ingolfata. La rivoluzione
tecnologica ha decisamente innalzato il livello di qualità del lavoro
degli enti pubblici, ma, salvo indirizzi e dichiarazioni d’intenti, ancora
non sono in atto, in tutti i Comuni, quegli indispensabili mutamenti
organizzativi per cogliere interamente le opportunità che
l’informatizzazione e la rete possono produrre in termini di libera
140
circolazione delle informazioni, semplificazione e velocizzazione dei
procedimenti amministrativi, riduzione dei costi, innovazione e
miglioramento della comunicazione interna ed esterna
all’amministrazione.
Dall’indagine condotta è parso evidente che esistono marcate
differenze in questo settore fra i 14 Comuni contattati: accanto ad
amministrazioni tecnologicamente all’avanguardia, ci sono enti che
non hanno né sito web né indirizzi ufficiali di posta elettronica per le
comunicazioni con i cittadini, e mancano anche di un collegamento ad
internet per tutti i dipendenti. Tutto questo ha indubbiamente
condizionato il lavoro di ricerca giustificandone, in parte, sia i ritardi
rispetto ai tempi convenuti, che il basso tasso risposta.
Relativamente ai dati codificati si evince che tutti i rispondenti hanno
modo di utilizzare, con regolarità e per qualsiasi necessità, internet e
la posta elettronica.
Per quanto riguarda il livello di informatizzazione del Comune di
appartenenza, valutato tenendo conto delle conoscenze informatiche
del personale, del rapporto computer collegati alla rete/dipendenti, di
quanto internet è utilizzato come strumento di lavoro, dell’effettivo
utilizzo della tecnologia informatica nei servizi dell’Amministrazione,
gli intervistati ritengono a maggioranza, salvo poche eccezioni pari a
meno del 13%, che il loro ente possegga un grado di
informatizzazione medio-elevato. Va comunque ricordato, per questa
risposta forse più che per le altre, che si tiene conto solo di poco più
del 19% dei contatti, che non risultano rappresentati i comuni di Buti,
Chianni, Lari e Palaia e che si presume che in buona parte le ragioni di
questi mancati contatti siano da assegnare alla metodologia di ricerca
adottata, che presupponeva un grado di informatizzazione, relativa
141
non solo agli strumenti e alle competenze, ma anche alla “familiarità”
con il mezzi telematici, di un buon livello.
Quasi all’unanimità (al 93,5%) il campione ritiene che il processo di
informatizzazione abbia valorizzato l’attività dell’ente, principalmente
riducendo i tempi di azione, riqualificando comunicazione e
informazione, e fornendo un migliore servizio all’utenza attraverso
misure che hanno avvicinato il cittadino all’amministrazione. L’unica
risposta negativa a questo argomento (l’altra è una mancata risposta)
rimanda a resistenze culturali che indubbiamente ancora permangono
non solo negli enti contattati ma in tutta la società, nello specifico fa
riferimento al valore che ancora ha la “carta”, tuttora non sostituita da
documenti virtuali seppur di piena validità giuridica13.
Si è poi indagato in merito all’applicazione di concrete misure di e-
government: ai primi posti tra le risposte risultano l’attivazione del
sito internet del Comune e l’avvio di rapporti telematici con altre
pubbliche amministrazioni (Figura 4.6).
Molto alta è anche l’indicazione dell’adesione alla Rete Civica
Unitaria della Valdera (e del Valdarno), un progetto, inserito nel
circuito della Rete Telematica regionale, grazie al quale gli enti
aderenti renderanno disponibili a cittadini e imprese molteplici e
differenti prestazioni: servizi di informazione (su gare e concorsi, su
pratiche, autorizzazioni, eventi culturali, opportunità turistiche del
territorio), servizi anagrafici (certificazioni elettroniche), servizi
13 A tale proposito l’intervistato rende bene l’idea con questa affermazione: “non sono superati (superabili?) i consueti schemi comportamentali: la carta è qualcosa di fisico che si vede e si tocca!”. Io stessa nel mio lavoro posso constatare la stessa condizione: mi sto occupando di accertamenti sulle dichiarazioni sostitutive ai sensi del DPR 445/00 e pertanto ho attivato diversi canali di comunicazione telematica (come consente la legge) con tantissime pubbliche amministrazioni e ditte private. Mi rendo conto che molte amministrazioni, soprattutto Comuni di piccole dimensioni e scuole, non usano o, nel migliore dei casi, non ritengono valida o ufficiale la comunicazione telematica e pretendono richieste e danno risposte esclusivamente per fax e lettera.
142
sanitari (prenotazione prestazioni, pagamento ticket), servizi comunali
(pagamento servizi scolastici, multe), servizi per le aziende pubbliche
(pagamento bollette, attivazione utenze), servizi per l’istruzione
(iscrizione a asili comunali, scuole, università), servizi tributari
(interrogazione sulla situazione contributiva personale, pagamento
tributi), servizi di mobilità (rilascio di permessi ZTL, pagamento
parcheggi, abbonamento mezzi di trasporto) e servizi di
comunicazione (posta elettronica, gruppi di discussione, accesso a
banche dati).
27%
19%
24%
10%
2%
3%
8%
5%2%
0%0%
Sito ComuneRete civicaRapporti PAComunicazione utenteCarta identità elettronicaFirma digitaleTelelavoroTeleformazionePotocollo InformaticoPortale SUAPCall center
Figura 4.6 – Interventi di e-government in Valdera.
Sono in fase di prima realizzazione il protocollo informatico e la
realizzazione di una comunicazione di rete interattiva, e non più solo
informativa, con l’utenza. Si presentano invece in una fase ancora di
studio passi importanti per la realizzazione dell’e-government come
l’attivazione della carta di identità elettronica e della firma digitale.
Infine nei Comuni contattati non sono contemplati progetti innovativi
di telelavoro e teleformazione.
143
4.2.7 Il rapporto con l’utenza
In seguito a modifiche organizzative sostanziali, come la creazione ed
il potenziamento di appositi uffici per l’utenza (quali l’URP o il
SUAP) e le maggiori funzioni attribuite a seguito delle riforme
legislative e costituzionali, i Comuni hanno decisamente aumentato i
loro compiti e migliorato i loro rapporti nei confronti della
cittadinanza. L’espansione dei servizi è stata perfezionata da una
nuova attenzione per il cittadino, l’amministrazione mostra maggiore
interesse agli input ed ai feedback provenienti dall’utenza ed alla sua
soddisfazione, ma non sempre i cittadini percepiscono la portata
dell’innovazione in corso: pur essendo aumentata la consapevolezza
delle attenzioni e dei diritti di cui godono permane un certo disincanto
nei rapporti con le amministrazioni pubbliche.
Ai rispondenti del Questionario B è stato chiesto di individuare le
competenze e le caratteristiche del personale che ritengono più
importanti per migliorare i servizi (Figura 4.7).
I risultati indicano al primo posto la capacità di adattamento dei
dipendenti ai cambiamenti di servizio, è poi data importanza
all’apporto individuale reso all’interno di un gruppo di lavoro, alla
qualità dei rapporti con i colleghi e ai risultati conseguiti dal gruppo.
Da queste indicazioni emerge l’importanza del sapersi adattare ai
mutamenti organizzativi (la flessibilità) e del saper lavorare in team.
Da questi risultati l’individualità professionale non ne esce sminuita,
bensì emerge come valore aggiunto al lavoro di gruppo.
È interessante notare che fra le qualità indicate l’anzianità di servizio è
decisamente all’ultimo posto, indice che gli intervistati non ritengono
144
assolutamente necessaria una lunga esperienza di servizio per dare
prestazioni efficienti all’utenza.
0123456789
10
adatt
amen
to
appo
rto in
divid.
..
rappo
rti co
llegh
i
risult
ati gr
uppo
inf. te
lemati
ca
prese
nza
Figura 4.7 – Media valori per variabili di miglioramento di servizio.
Nella stessa sezione si indaga la valutazione delle prestazioni.
L’adozione di misure di rilevazione della performance può essere un
modo per affrontare i problemi dell’amministrazione, in particolare
può rappresentare un potente meccanismo di conoscenza dei processi
e di apprendimento organizzativo che può servire a stimolare
miglioramenti, a spingere alla riduzione dei costi e a creare le
condizioni per elevare le motivazioni (Cerase, 1998, p.71).
La valutazione delle prestazioni è considerata dal 93% degli
intervistati uno degli strumenti utili per un migliore funzionamento del
Comune. Gli intervistati infatti riconoscono che, se svolta con rigore e
professionalità, permette di monitorare l’organizzazione dei servizi e
delle procedure e di verificare sia il raggiungimento degli obiettivi che
la qualità del percorso attuato mettendo in luce eventuali nodi da
correggere o potenziare. Il campione tende anche a sottolinearne le
potenzialità di stimolo al miglioramento delle performance, ma
qualcuno ne riconosce pure le difficoltà di applicazione considerando
145
che l’attività di valutazione è una materia delicata soggetta al rischio
di condizionamenti personali. Rischio reale, tuttavia va ricordato che
per cercare di evitare il rischio di un uso persecutorio della
valutazione, il procedimento è ispirato ai seguenti principi: diretta
conoscenza dell’attività del valutato, doppio grado di valutazione e
partecipazione al procedimento (o accettazione) da parte del valutato
(Soda, 2000, p.123).
4.2.8 La realtà strutturale del territorio
Dal punto di vista socio-economico la Valdera è considerata da circa
la metà campione contattato (51,61%) una realtà dinamica in fase di
rilancio. La vocazione economica dell’insieme del territorio
maggiormente indicata è l’artigianato (caratteristici della zona sono il
settore del mobile ed il restauro). Seguono a ruota il turismo
(principalmente agriturismo ma anche termalismo a Casciana Terme)
e il commercio. Un po’ più distaccati sono l’industria e il settore dei
servizi. Almeno nelle percezioni degli intervistati, quindi, l’industria
non è più il solo settore trainante dell’economia della Valdera: è
ancora forte l’influenza della Piaggio e del suo indotto ma, nonostante
le problematiche di fondo legate al settore dell’industria, l’area è
riuscita a promuovere l’espansione di altre potenzialità economiche e
ad incrementare il grado di differenziazione produttiva della zona
grazie alla nascita di nuove opportunità derivanti da un diverso
utilizzo del territorio e dal progressivo sviluppo di nuove attività
altamente specializzate, dinamiche e flessibili (servizi alle imprese,
146
nuove tecnologie, assemblaggio e distribuzione computer… Cfr.
paragrafo 3.2.2 Il Sistema Valdera, p.95 ss.).
Riguardo agli interventi specifici che si ritiene utile intraprendere per
il territorio gli intervistati sottolineano, innanzitutto, la necessità di
marketing territoriale per attrarre imprese ed investimenti. Segue la
proposta di azioni e interventi infrastrutturali per il miglioramento
della viabilità e il collegamento con le grandi vie di comunicazione.
Infine segnalano un piano di sviluppo territoriale maggiormente
integrato tra i diversi settori, compatibile, concordato e condiviso con
tutte le comunità che compongono la Valdera: gli intervistati,
consapevoli che un più forte sviluppo passa sicuramente da un
migliore coordinamento delle risorse impegnate, sottolineano la
volontà di agire sempre più in forma di sistema.
4.2.9 Regione e Unione Europea
In quest’area tematica il questionario ha cercato di indagare quale
rilevanza avesse la Valdera sul piano delle strategie di sviluppo
regionali e comunitarie. In questa sezione pertanto sarebbe emerso il
livello di conoscenza del contesto da parte degli intervistati che però
non hanno approfondito molto le loro risposte, per cui, per una
trattazione più approfondita dell’argomento, si rimanda al capitolo 3 Il
ruolo della dimensione locale (p.67 ss.).
Per quel che riguarda la programmazione regionale i Comuni
partecipano ai processi di formazione dei piani attraverso le forme di
concertazione e consultazione attivate dalla Regione, con l’obiettivo
di favorire lo sviluppo del proprio territorio e di tutelare gli interessi
147
della propria comunità. Alcuni intervistati sottolineano il ruolo
strategico della Valdera (e di Pontedera) all’interno del sistema Area
Vasta Costiera.
Riguardo ai collegamenti con l’Unione europea si ricorda che l’area
studiata, essendo inserita fra le zone in sostegno transitorio (phasing
out), ha avuto la possibilità di ottenere fondi strutturali per
l’attuazione di progetti specifici di sviluppo.
4.2.10 Conclusioni
Alla fine dei questionari si è chiesto agli intervistati di formulare un
giudizio sul processo di Riforma in corso nelle pubbliche
amministrazioni. Il rinnovamento praticato è, tutto sommato, giudicato
favorevolmente anche se molte attese sono andate deluse ed il
cambiamento non è stato così radicale come da più parti si aspettava.
Secondo gli intervistati c’è ancora bisogno di lavorare al
completamento del processo e per la completa assimilazione dei nuovi
principi ai quali si riferisce ora l’amministrazione. La difficoltà sta nel
vincere le resistenze che frenano il processo di modernizzazione e
cercano di mantenere i vecchi modelli operativi; come soluzione gli
intervistati indicano essenzialmente tre strade: la diffusione della
Riforma, la valorizzazione delle risorse umane e il cambio
generazionale.
L’estensione del processo di rinnovamento a tutte le amministrazioni
pubbliche appare necessaria per la piena realizzazione del
cambiamento: solo una sinergia di tutte le amministrazioni verso lo
stesso fine può garantire il superamento degli ostacoli e
148
l’adeguamento a determinati standard delle componenti refrattarie alla
trasformazione.
La valorizzazione delle risorse umane è un investimento che gli enti
devono fare sulla professionalità dei loro dipendenti. Si traduce in
incentivi, penalizzazioni in caso di mancato adeguamento ma
soprattutto in formazione ed aggiornamento per veicolare un
mutamento di mentalità e far acquisire nuove capacità di gestione
manageriale.
Infine sarà importante il ricambio generazionale tra i dipendenti: per le
nuove leve sarà più facile adottare schemi professionali e concetti di
gestione innovativi.
4.3
Prospettive analitiche
L’innovazione è il processo tramite il quale si modificano
significativamente le forme di svolgimento di un’attività. Di fronte ai
fenomeni innovativi sono possibili tre tipi di atteggiamento: provare a
contrastarli, seguirli passivamente adattandosi a regole di
comportamento definite da altri, oppure proporsi come soggetti attivi,
attori e agenti del cambiamento, contribuendo alla definizione delle
nuove regole di funzionamento (Borgonovi, 2001a, p.1).
Il sistema analizzato propende tendenzialmente per la seconda
opzione, salvo eccezioni in un senso e nell’altro. Nel complesso
l’adattamento alla modernizzazione da parte dell’area Valdera risulta
149
piuttosto lento, soprattutto per quel che riguarda l’aspetto tecnologico
e formativo. È invece migliore la situazione che riguarda la
comunicazione ed il rapporto con gli utenti, sicuramente facilitata
dalle ridotte dimensioni degli enti locali del sistema.
La prospettiva di analisi che mi risulta più evidente dal complesso dei
dati raccolti, e da quello dei dati non ottenuti, è l’impressione che i
sistemi di gestione degli enti locali, al di là delle norme e dei
regolamenti, siano molto differenti tra loro. Il funzionamento
dell’organizzazione mi pare infatti che possa modificarsi,
nell’invarianza degli assetti organizzativi e del quadro giuridico di
riferimento, al variare delle figure che la compongono (a maggior
ragione se apicali), delle loro doti e dei loro orientamenti. Si potrebbe
dire che gli enti vivono per come sono capaci di farli vivere gli attori
(singoli amministratori, giunte, dirigenti, funzionari…), è perciò
fondamentale il ruolo che ogni soggetto svolge all’interno dell’ente e
la qualità dell’apporto che riesce a dare al di là dei meccanismi
formalmente stabiliti.
Agire sulle persone, il cosiddetto “capitale umano”, sembra quindi
essere la condizione più importante per realizzare effettivamente
l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione: è per le loro
molteplici esperienze, nate nell’ambito di una cultura che favorisce il
cambiamento, che passa l’innovazione. Quest’ultima considerazione
suggerisce un invito a non disperdere le energie e il lavoro svolto, a
costituire un progetto unitario di innovazione dove convogliare le
esperienze intraprese dai singoli enti, onde evitare che rimangano dei
fatti slegati tra loro privi di ripercussioni sull’intero sistema pubblico.
La logica conduce ai concetti già analizzati di condivisione, scambio,
relazionalità, comunità di pratica, best practices, benchmarking…
150
capisaldi delle teorie di rinnovamento dei sistemi amministrativi
pubblici.
151
Conclusioni
L’obiettivo dell’indagine condotta era cercare di capire se le
innovazioni della società contemporanea e i cambiamenti in atto nelle
Pubbliche Amministrazioni promuovessero forme di sviluppo nella
prospettiva dell’ente locale.
La domanda iniziale che ha dato l’avvio al lavoro è stata
essenzialmente il chiedersi se il Comune potesse essere una struttura
promotrice di innovazione per se stesso e per il proprio territorio. Il
filo conduttore della ricerca è stato assumere una chiave di lettura del
modo di intendere lo sviluppo su scala locale come capacità ideativa,
di intervento e progettuale.
A partire dalle premesse strategiche delineate nel lavoro preparatorio,
ed esposte nella prima parte del lavoro, ho cercato di verificare i
risultati di applicazione di diffusi orientamenti teorici, che ormai
investono il campo della Pubblica Amministrazione, per capire quale
dimensione di realtà e quali possibilità di sviluppo si realizzassero in
Valdera.
Investigare sull’effettiva diffusione del New Public Management ha
comportato condurre un’indagine in cui le risposte da cercare
rischiavano di predeterminare i risultati e di far cadere nel tranello del
“cerca e troverai”. Per questo, a conclusione del lavoro, occorre più
che mai definire con precisione i risultati ottenuti.
152
Si stanno effettivamente attivando riforme ispirate ai principi di New
Public Management: imposizioni normative, innovazioni tecnologiche
ed trasformazioni sociali delineano il percorso di innovazione della
Pubblica Amministrazione, e tutti gli enti, più o meno concordemente,
ne hanno intrapreso la strada.
Tante sono le disfunzioni di questo processo, soprattutto negli enti
locali di piccole dimensioni in cui spesso le scelte sono condizionate
da ridotte disponibilità finanziarie e di organico, e in cui, più che
altrove, si scontrano frontalmente innovatori e detrattori del processo,
scettici e ottimisti del cambiamento.
Per questo parlare di New Public Management ha forse poco senso nei
piccoli Comuni in cui limiti e resistenze risultano ben evidenti, ma è
indubbio che anche nelle loro realtà sono in atto cambiamenti alla
ricerca di maggiore efficienza e di riduzioni dei costi. Forse non in
tutti i Comuni alla stessa velocità, e all’interno dei Comuni non ancora
in tutti i servizi, ma si percepisce comunque un’evoluzione verso
logiche di public governance che vedono l’ente più vicino al cittadino
ridurre il numero dei servizi a gestione diretta e trasformarsi, nella
prospettiva di sviluppo locale, in un centro strategico di una rete
costituita da imprese, organizzazioni no profit e altre strutture
pubbliche1.
1 A livello locale i processi di New Public Management comunque esistono pur permanendo numerose contraddizioni ed improvvise accelerazioni. Le nostre esperienze sono tuttavia poco studiate a livello europeo soprattutto per la limitata diffusione in inglese dei relativi, interessanti, casi di studio (Meneguzzo, 1997a, p.565). Questa considerazione lancia una sfida all’internazionalizzazione, al cominciare a progettare e lavorare per diffondere e trasferire all’estero modelli teorici e soluzioni operative proprie delle nostre amministrazioni. Al momento la sfida è raccolta dal sito http://international.buoniesempi.it, sito internet in lingua inglese attivo dal Giugno 2004 che offre un’occasione di visibilità alle buone pratiche di innovazione promosse e realizzate dalle amministrazioni italiane e, insieme, costruisce uno spazio cooperativo per il contatto e lo scambio di esperienze nel contesto internazionale.
153
Gli enti locali inoltre si trovano al centro di un fermento legislativo
importante che richiede alle amministrazioni un significativo
cambiamento sul piano culturale prima ancora che organizzativo.
Gli elementi culturali chiave consistono nella separazione delle
funzioni politiche da quelle manageriali-gestionali, nell’individuare
figure responsabili della complessiva gestione e nell’investire nella
loro competenza e motivazione. Nonché nell’assimilare concetti
relativamente nuovi per il settore pubblico come la convinzione che in
un “mondo globale” le performance di un sistema dipendono anche
dalle capacità del settore pubblico di progettare interventi per lo
sviluppo e di erogare servizi adeguati alle esigenze dei cittadini e delle
imprese; e come il principio per cui i soggetti pubblici devono operare
con la massima prossimità possibile al cittadino-utente, in modo da
interpretarne al meglio i bisogni e da far coincidere la qualità attesa
con quella erogata.
Gli strumenti di cambiamento passano attraverso il recepimento di
criteri di efficacia ed efficienza e tramite lo snellimento e la
flessibilizzazione delle organizzazioni, ancora troppo lente e
burocratizzate. Il cambiamento deve coinvolgere, prima delle strutture
organizzative e dei processi operativi, l’insieme delle persone e della
loro cultura e deve dare spazio agli innovatori, che divengono una
risorsa del sistema, lo strumento per la diffusione di nuove categorie
interpretative e di conoscenze, pratiche e approcci innovativi.
L’esigenza prioritaria della nuova Pubblica Amministrazione è quella
di acquisire le capacità per un autonomo adattamento alle
modificazioni che emergono sempre più rapidamente dalla società. La
nuova dimensione della Pubblica Amministrazione è quindi quella del
cambiamento continuo che può essere garantito attraverso l’attuazione
154
di una nuova cultura professionale data dal miglioramento del
“capitale intellettuale”.
Il fattore umano assume perciò una rilevanza cruciale nel modello del
NPM come dimostrano le stesse istanze riformiste che basano il loro
successo su elementi come l’adesione culturale, l’interiorizzazione
individuale delle nuove norme e procedure e sull’effettiva
partecipazione. Tuttavia l’innovazione ancora non si presenta come un
insieme organico di inventiva tecnologico-organizzativa e proiettività
sociale: l’adeguamento delle prospettive sociali è molto più lento
dell’introduzione delle innovazioni, e il successo del cambiamento
sarà decretato solo dalla consapevolezza che i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche riusciranno a raggiungere.
Il profondo mutamento culturale innescato dal meccanismo di Riforma
ha ripercussioni anche nelle imprese e nei cittadini per ciò che attiene
al sistema delle attese. Regole nuove associate a comportamenti
vecchi creano una grande incertezza in coloro che hanno rapporti con
il sistema pubblico, mentre invece un nuovo modo di agire, legato alla
qualità dei risultati ottenuti, può contribuire a dare ai cittadini
garanzie, a stimolare la partecipazione e a scalfire la delegittimazione
della Pubblica Amministrazione conseguenza della tradizionale e
diffusa sfiducia dell’utenza nei suoi confronti.
Ritengo che una buona amministrazione pubblica sia un diritto di
cittadinanza essenziale e il preparare la tesi sulla ricerca di modalità e
sperimentazioni per valorizzare il servizio pubblico ha accresciuto
ancora di più la mia motivazione professionale, già forte perché gli
stessi argomenti che ho studiato erano alla base della mia scelta di
lavorare per il sistema pubblico. L’entusiasmo è aumentato alla
notizia, di poche settimane fa, di ammissione al master post-laurea in
155
“Comunicazione pubblica e politica”. L’Università di Pisa,
l’amministrazione per cui lavoro, mi dà l’opportunità di continuare gli
studi in uno dei settori principali del rinnovamento della Pubblica
Amministrazione, per cui il mio lavoro di tesi diventa il punto di
partenza per successivi, ulteriori approfondimenti di studio e
applicazione di pratiche.
156
Appendice I Questionario e codifica dati
Attraverso questa appendice si intende illustrare la ricerca nelle sue
fasi procedurali: la presentazione dell’indagine, i contatti iniziali con i
Comuni, i questionari inviati e le tabelle create per la codifica delle
risposte ottenute.
Prima di procedere sento di fare doverosi ringraziamenti al Comune di
Pontedera e al Sindaco Paolo Marconcini, presidente della Conferenza
dei Sindaci della Valdera, per la promozione della ricerca presso i
Comuni dell’area di riferimento, e soprattutto al dottor Giovanni Forte
per l’interessamento ed i buoni suggerimenti.
Ringrazio inoltre tutto il personale politico e tecnico-amministrativo
dei Comuni interpellati che ha contribuito alla raccolta dei dati ed alla
realizzazione dell’indagine.
Un ringraziamento particolare per il mio professore Enrico Taliani per
l’incoraggiamento che non è mai mancato e i preziosi consigli.
157
I contatti iniziali
L’indagine è stata presentata ai Sindaci della Valdera con una lettera a
firma dell’allora Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali
dell’Università di Pisa, professor Enrico Taliani, e del Presidente della
Conferenza dei Sindaci della Valdera, dottor Paolo Marconcini,
Sindaco di Pontedera (Figura AI.1).
Figura AI.1 – Lettera di presentazione (Comune di Pontedera, prot. n. 24066 del 15.05.2002).
158
Successivamente sono stati contattati per e-mail i Comuni coinvolti,
attraverso le Segreterie comunali e gli URP, per ottenere un
organigramma aggiornato con l’indicazione dei nominativi e dei
recapiti e-mail delle posizioni interessate all’indagine, e precisamente
di Sindaci, Vicesindaci, Assessori
159
Figura AI.2 – Mail per organigramma.
Figura AI.3 – Invio questionario.
160
Figura AI.4 – Documento di presentazione per gli intervistati.
161
*
*In entrambi i questionari la domanda 6 di prevede a fianco dei quattro settori elencati (procedure, tecnologia, organizzazione, rapporto con l’utenza) un menù a tendina con risposte predefinite tese a dare un giudizio sull’operato in proposito del proprio Comune. Le risposte possibili, per ognuno dei settori, sono: per niente innovativo, abbastanza innovativo, nella media con gli altri Comuni della zona, all’avanguardia.
162
163
164
165
166
167
168
169
Codifica dei dati2
La codifica dei dati è stata fatta attraverso fogli di lavoro Excel: sono
state ridotte a schema le domande chiuse per le quali esisteva già una
griglia di risposte predefinite, ma anche alcune domande aperte in cui
le descrizioni in testo libero hanno evidenziato delle regolarità che ne
hanno reso possibile la sintetizzazione schematica nella fase di
codifica. Questo metodo di semplificazione ha consentito un quadro
degli item di rapida lettura evidenziando eventuali ridondanze nelle
informazioni e possibili modalità di risposta impreviste; ha inoltre
permesso un agevole e immediato confronto dei dati, che poteva poi
essere approfondito rileggendo il testo libero delle risposte.
Le tabelle di codifica riportate sono distinte per questionario dalla
lettera affiancata al numero di domanda e ordinate, per uno scorrevole
confronto, secondo le sezioni dei questionari stessi.
In alcune domande era richiesto per ogni variabile un giudizio
espresso con un voto da 1 (meno favorevole) a 10 (più favorevole). In
questo caso sono stati riportati i dati riepilogativi della tendenza
centrale (media, moda e mediana3), ritenendoli più indicativi della
successione dei voti data dagli intervistati.
2 I dati di cui si è venuti a conoscenza nel corso della ricerca sono trattati esclusivamente ai fini dell’indagine stessa, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n.196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”. Nell’illustrazione della presente codifica ho ritenuto opportuno celare nominativi e Comuni di appartenenza. 3 La media indica il voto complessivo con cui, tra tutte le votazioni riportate dagli intervistati, è qualificata una variabile. La moda indica il valore più ricorrente. La mediana è il numero, per ogni
170
DATI ANAGRAFICI Distribuzione per sesso contatore valori A contatore valori B
Maschi 9 14 Femmine 2 6
Distribuzione per classi di età contatore valori A contatore valori B
< 30 0 1 30 – 39 3 4 40 – 49 2 9 50 – 59 1 6 > = 60 0 0
Non risponde 5 0
LA RIFORMA 1.A – 1.B DOMANDA APERTA
2.A media moda mediana
Federalismo amministrativo 7,3 7 7 E-government 7,3 8 8 Semplificazione 8,8 10 9 Centralità utente 8,7 10 10 Razionalizzazione 7,8 7 8
2.B media moda mediana
Semplificazione 5,8 6 6 Maggiore efficienza 6,5 6 7 Minori costi 4,7 7 6 Migliore servizio al cittadino 6,9 8 7 Motivazione professionale 6,2 6 6 Disorganizzazione e confusione ruoli 4,5 6 5 Minore efficienza 3,6 1 4 Maggiori costi 4,9 4 5 Scarsa informazione 8,0 ND 8
Nella domanda 2.B, relativa a quel che ha portato la Riforma, gli
intervistati hanno identificato nuove, interessanti, variabili come la
scarsa informazione, la sovrapposizione di competenze tra uffici e la
conflittualità latente tra sfera politica e tecnica, nell’analisi dei dati
variabile, che occupa la posizione centrale di un insieme di numeri, vale a dire che una metà dei numeri ha un valore superiore rispetto alla mediana, mentre l'altra metà ha un valore inferiore.
174
9.A-13.B argomento contatore valori A contatore valori B Informatica 2 8 Gestione risorse 1 3 Processi decisionali 1 0 Aggiornamento professionale 1 4 Auditing (revisione dei conti- controllo interno) 1 0 Gestire la modernizzazione 0 1 Management e direzione 0 3 Comunicazione 0 3
IL MANAGEMENT
10.A-14.B requisiti dirigente DOMANDA APERTA
11.A risorsa per l’innovazione contatore valori Si 9 No 0 Non risponde 2
12.A-15.B presenza professionalità contatore valori A contatore valori B Nuova acquisizione 8 7 Già presente 1 7 Non esiste 0 5 Non risponde 2 1
13.A acquisizione media moda mediana
Formazione 8,4 10 8 Incentivi 6,9 8 7 Collaborazione tra PA 7,5 8 8 Nuove professionalità 7,0 7 7 Doti personali 7,6 6 7
16.B acquisizione media moda mediana
Formazione 7,7 8 8 Incentivi 6,5 8 7 Collaborazione tra PA 6,5 6 6,5 Nuove professionalità 6,3 7 7 Doti personali 8,6 8 8
175
0123456789
10
Formazione Incentivi Collaborazione PA Nuoveprofessionalità
Doti personali
Quest A Quest B
Figura AI.5 – Modalità di acquisizione di professionalità manageriale, confronto Questionario A/Questionario B.
14.A-17.B pari opportunità contatore valori A contatore valori B Si 10 16 No 1 4 Non risponde 0 0
14.A-17.B pari opportunità Comune contatore valori A contatore valori B Si 9 9 No 0 3 Non risponde 2 8
18.B fattori da potenziare media moda mediana
Competenza 7,4 8 8 Autonomia 6,9 6 7 Responsabilità 6,9 8 7
IL RUOLO
19.B cambiamento compiti contatore valori Si 14 No 4 Non risponde 2
19.B aumento responsabilità contatore valori Si 15 No 3 Non risponde 2
176
20.B > impegno e responsabilità contatore valori Si 20 No 0
20.B contatore valori Soddisfazione 16 Amarezza 5
21.B parte attiva contatore valori Si 16 No 4
22.B DOMANDA APERTA
15.A-23.B rapporto amm.ne/politica contatore valori A contatore valori B Si 9 15 No 2 3 Non risponde 0 2
16.A-24.B > autonomia operativa contatore valori A contatore valori B Si 9 12 No 1 5 Non risponde 1 2
25.B mediatore staff/line contatore valori Si 9 No 7 Non risponde 4
L’INFORMATICA
26.B utilizzo internet contatore valori Si 20 No 0
17.A-27.B livello informatizzazione contatore valori A contatore valori B Basso 0 3 Discreto 1 0 Medio 4 13 Elevato 4 4
177
18.A interventi e-gov contatore valori Si 7 No 1 Non risponde 3
28.B interventi e-gov contatore valori
Sito Comune 17 Rete civica 12 Rapporti PA 15 Comunicazione utente 6 Carta identità elettronica 1 Firma digitale 2 Telelavoro 0 Teleformazione 0 Protocollo informatico 5 Portale SUAP 3 Call Center 1
19.A-29.B valore informatizzazione contatore valori A contatore valori B Si 11 18 No 0 1 Non risponde 0 1
IL RAPPORTO CON GLI UTENTI
30.B miglioramento servizi contatore valori Si 15 No 1 Non risponde 4
20.A servizi per l’utenza contatore valori
> servizi esterni 1 > servizi amministrativi 0 > entrambi 10 < servizi esterni 0 < servizi amministrativi 0 < entrambi 0 Nessuna variazione 0
21.A-31.B valutazione prestazioni contatore valori A contatore valori B Si 10 19 No 0 1 Non risponde 1 0
178
32.B adozione sistema valutazione contatore valori Si 19 No 0 Non risponde 1
33.B per migliori servizi media moda mediana
Puntualità 7,5 8 8 Presenza 6,8 8 7 Anzianità 4,1 1 4 Adattamento 9,1 10 9 Rapporti colleghi 8,4 8 8 Risultati gruppo 8,1 7 8 Apporto individuale 8,5 10 8,5 Informazione telematica 7,7 8 8 Onestà 9,0 ND 9 Motivazione 8,0 ND 8
LA REALTA’ STRUTTURALE DEL TERRITORIO
22.A-34.B vocazione economica contatore valori A contatore valori B Industria 5 7 Turismo-Agriturismo 6 11 Commercio 6 10 Servizi 7 7 Artigianato 9 12 Agricoltura 0 4
23.A-35.B situazione Area Valdera contatore valori A contatore valori B Crisi 1 1 Statica 2 5 In fase di rilancio 6 10 Avanguardia 2 3 Non risponde 0 1
24.A progetti di sviluppo DOMANDA APERTA
36.B rapporti con il territorio contatore valori Si 18 No 0 Non risponde 2
179
REGIONE E COMUNITA’ EUROPEA
26.A-38.B progr. regionale DOMANDA APERTA
27.A-39.B progetti UE contatore valori A contatore valori B Si 10 4 No 0 5 Non risponde 1 11
CONCLUSIONI
28.A-40.B giudizio rinnovamento DOMANDA APERTA
180
Strumenti di lavoro
In questa sezione si radunano gli strumenti ritenuti utili per una
migliore consultazione del presente lavoro.
Nella prima parte è dato spazio al “Glossario” una raccolta di sigle e
termini nella loro accezione di uso comune in tema di rinnovamento
della Pubblica Amministrazione.
Nella parte successiva, “Riferimenti bibliografici”, vi è il rimando
classico, in elenco alfabetico per autore, ai testi e agli articoli
esaminati. Nella “Bibliografia tematica”, si riportano i suddetti testi di
riferimento suddivisi in relazione ai singoli temi trattati.
Vi è poi il rimando ai “Riferimenti normativi”, un elenco in ordine
cronologico delle norme richiamate nel corso della trattazione.
Infine la sezione “Link internet” indica una serie di siti internet utili
per approfondire le tematiche trattate. In merito si fa presente che i siti
internet sono soggetti a frequenti cambiamenti, pertanto gli indirizzi
segnalati potrebbero essere stati cambiati o disattivati.
181
Glossario
ACCOUNTABILITY – Responsabilità attiva, il far interiorizzare alle persone l’importanza di ciò che fanno in modo da farle sentire responsabili nei confronti dei destinatari delle proprie decisioni e azioni.
AIPA – Autorità Informatica per la Pubblica Amministrazione, organismo collegiale con il compito di promuovere, coordinare e pianificare lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi automatizzati all’interno delle amministrazioni pubbliche.
ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani.
BENCHMARKING – Letteralmente è “il confronto con un indice”, indica il processo attraverso il quale un’organizzazione confronta i propri servizi, prodotti e procedure con esempi di qualità realizzati da altre organizzazioni.
BEST PRACTICE / BUONA PRASSI – È un esempio di innovazione riuscita, un servizio nuovo, o riprogettato, che funziona ed è riusabile o è già riusato in altre realtà.
COMUNITÀ DI PRATICA – Gruppo di persone accomunato dallo stesso interesse su temi specifici di innovazione che trova nello strumento della community, finalizzato allo scambio di competenze e conoscenze, un valido aiuto per la propria crescita personale e professionale.
DECENTRAMENTO – Il delegare autorità e responsabilità ai livelli organizzativi inferiori di modo che le decisioni siano prese da coloro che hanno una maggiore conoscenza della situazione ed un maggiore interesse per i risultati.
DEVOLUZIONE – Processo di decentramento a favore delle autonomie locali (Regioni, Province, Comuni). Consiste nel
182
trasferimento di responsabilità e competenze dai governi centrali alle strutture periferiche più vicine ai cittadini secondo il principio di sussidiarietà.
DIGITAL DIVIDE – La disuguaglianza tra coloro che hanno gli strumenti informatici e le conoscenze per utilizzarli e coloro che non hanno né possibilità né capacità di accesso ai nuovi servizi. I divari digitali si riscontrano tra il centro e la periferia, tra gli enti grandi e gli enti piccoli, tra le aree forti e le aree deboli, tra i giovani e gli anziani.
DocUP Toscana / Documento Unico di Programmazione della Regione Toscana – È il piano che rende utilizzabili nel territorio regionale i fondi strutturali europei per il periodo 2000-2006. è stato approvato dalla Commissione europea con la Decisione del 27 settembre 2001 n.2001/2725/CE.
E-GOVERNMENT – Sistema di governo che utilizza la tecnologia digitale per fornire servizi agli utenti, per ridurre le spese ed eliminare la burocrazia.
ECONOMICITÀ – Indica la migliore allocazione e utilizzazione delle risorse secondo criteri di costo-opportunità. È la capacità di dare risposte adeguate a costi ottimali.
EFFICACIA – Indica la corrispondenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi prefissati.
EFFICIENZA – La capacità di raggiungere il risultato al minimo costo. Relaziona i costi sostenuti con il grado di aderenza all’obiettivo prefissato e induce ad ottimizzare tempi e risorse.
FAD / Formazione a Distanza – Modalità di erogazione dei corsi di formazione mediata dal computer, in condizioni di autoapprendimento.
GOVERNANCE – Tipologia di governo del territorio fondata su meccanismi che coinvolgono la molteplicità dei soggetti di un’area secondo un criterio di cooperazione e condivisione delle decisioni e in cui l’amministrazione esercita funzioni di coordinamento e indirizzo.
183
OECD / OCSE – Organization for Economic Cooperation and development / Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
OUTSOURCING – esternalizzare i servizi ai privati o al settore no profit.
PMI / Piccole e Medie Imprese – I parametri dimensionali per distinguerle sono i seguenti: è “piccola” l’impresa che ha meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 7 milioni di euro, o un bilancio annuo totale non superiore ai 5 milioni di euro ed è in possesso del requisito d’indipendenza. È “media” l’impresa, anch’essa indipendente, che non supera i 250 dipendenti e un fatturato annuo massimo di 40 milioni di euro, oppure un bilancio annuo totale non superiore a 27 milioni di euro.
PUMA / Public Management Center – Centro di ricerca dell’OCSE in tema di amministrazione pubblica. Il PUMA è incaricato di monitorare lo sviluppo delle politiche di semplificazione perseguite nei diversi Paesi OCSE e il loro grado di efficacia.
RIFORMA – Nel contesto della Pubblica Amministrazione italiana designa gli interventi normativi che hanno introdotto il cambiamento nelle amministrazioni pubbliche.
SUSSIDIARIETÀ – principio secondo il quale le competenze e le risorse pubbliche andrebbero assegnate alle autorità territorialmente e funzionalmente più prossime ai cittadini interessati.
UPI – Unione Province Italiane.
URP / Ufficio Relazioni con il Pubblico – Struttura prevista per ogni amministrazione pubblica al fine di garantire la piena attuazione del principio di trasparenza come regola dell’azione amministrativa. L’URP provvede a fornire servizi ed informazioni all’utenza, cura il diritto di accesso ai documenti amministrativi ed alla conoscenza dello stato dei procedimenti.
UTENZA – qualsiasi soggetto (cittadino, ufficio, impresa…) che attende una prestazione. Comprende un insieme di categorie differenti (giovani, anziani, studenti, lavoratori, imprese…) con esigenze ed aspettative diverse.
184
Riferimenti bibliografici
BALDUCCI M. (1997) Managerialità e sussidiarietà: due sfide per il governo locale, FrancoAngeli, Milano.
ID. (a cura di) (1999) Organizzazione e management dell’ente locale. Come organizzare e gestire in modo efficace ed efficiente l’ente locale, FrancoAngeli, Milano.
BAYLEY K.D. (1985) Metodi della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna.
BARTOLI R. (2002) Vice Sindaco Assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Pontedera, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
BARZELAY M. (2001) The New Public Management – Improving Research and Policy Dialogue, University of California Press, Berkeley.
BASSANINI F. (1997) Governo locale in Europa in “Azienda Pubblica”, n.5, settembre-ottobre.
BASSI L. (2002) Presidente Confcommercio Pontedera, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
BATTINI, S. (a cura di) (2001) Manuale di diritto pubblico, Giuffrè, Milano.
BELLINI N., LAZZERONI M., PICCALUGA A. (1998) Innovazione e ricerca nell’area pisana relazione presentata alla Conferenza Economica dell’Area Pisana, Pisa, 28-29 maggio, disponibile sul sito http://osservatorio.sssup.it.
BERTOK J. (2000) Getting the public ethics in “OECD Observer”, n.220, aprile.
BIANCHI M. (2003) Riforma / Controriforma. Il sistema di rinnovamento quale strumento di verifica delle tendenze evolutive del cambiamento della P.a. in “Azienda Pubblica”, n.4, luglio-agosto.
185
BINDI P.(2002) Responsabile CISL Valdera, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
BONARETTI M. (2003) Costruire relazioni per governare il cambiamento, intervento al ComPA 2003, Bologna, 19 settembre.
BORGONOVI E. (2000) Decentramento: un termine diversi contenuti in “Azienda Pubblica”, n.2/3, gennaio-aprile.
ID. (2001a) Le strategie di innovazione per la PA intervento al ForumPA 2001, Roma, 7-11 maggio.
ID. (2001b) Il concetto di valore pubblico in “Azienda Pubblica”, n.2/3, gennaio-aprile.
BORLINI B. (2004) Governance e governance urbana: analisi e definizione del concetto paper disponibile sul sito www.sociologia.unical.it.
BRACCI C. (2004) La semplificazione normativa tesi di laurea della Facoltà di Scienze Politiche, A.A. 2003/2004, Università di Pisa.
BRESSER PEREIRA L.C. (1997) Riforma dello Stato negli anni ’90: logica e meccanismi di controllo, edizione italiana a cura di M. Meneguzzo e M. Vario in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
BUTERA F., DONATI E., CESARIA R. (1997) I lavoratori della conoscenza. Quadri, middle management e alte professionalità tra professione e organizzazione, FrancoAngeli, Milano.
CENSIS (2002a) Gli innovatori nei servizi collettivi, indagine presentata il 19 giugno 2002 reperibile in “CENSIS – Note & Commenti”, n.10-11, ottobre-novembre.
ID. (2002b) Il ruolo della dimensione locale, indagine presentata il 25 giugno 2002 reperibile in “CENSIS – Note & Commenti”, n.10-11, ottobre-novembre.
CERASE F.P.(1998) Pubblica amministrazione – Un’analisi sociologica, Carocci Editore, Roma.
ID. (a cura di) (1999) La nuova dirigenza pubblica – Esperienze e percorsi di una riforma, Carocci Editore, Roma.
CIPOLLA C. (1995) Teoria della metodologia sociologica, FrancoAngeli, Milano.
186
COMMISSIONE EUROPEA – CE (1997) Agenda 2000 – Per un’Unione più forte e più ampia supplemento al Bollettino dell’Unione Europea n.5/97.
ID. (2001) Governance. Un libro bianco disponibile al sito www.europa.eu.
CRISTOFORETTI D., MALANCA M. (2001) La customer satisfation nell’ente comune in “Azienda Pubblica”, n.2/3, gennaio-aprile.
D’ATENA A. (2001) Costituzione e principio di sussidiarietà in “Quaderni Costituzionali”, n.1, aprile.
DE MASI D. (1999) Il futuro del lavoro. Fatica e ozio nella società postindustriale, Rizzoli, Milano.
DIIULIO J.J.Jr, GARVEY G., KETTL D.F. (1993) Improving Government Performance: An Owner’s Manual, Brookings, Washington.
ELJASSEN K.A., KOOIMAN J. (1993) Managing public organizations: Lessons from contemporary European experience, Sage, London.
FABBRIS L. (a cura di) (2000) Il questionario elettronico, CLEUP Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova, Padova.
FANTIGROSSI U. (1993) Automazione e pubblica amministrazione, Il Mulino, Bologna.
FEDELE M. (1998) Come cambiano le amministrazioni pubbliche, Editori Laterza, Roma.
GALLINO L. (1993) Dizionario di sociologia, TEA UTET, Torino. GHERARDI S., LIPPI A. (1999) Da burocrati a professionisti, in
Cerase (1999). GIDDENS A. (1999) La terza via. Manifesto per la rifondazione
della socialdemocrazia, Il Saggiatore, Milano. GORE A. (1993) From Red Tape to Results: Creating a Government
that Works Better and Costs Less, Times Books, New York. GREENAWAY J. (1995) Having the Bun and the Halfpenny: Can
Old Public Service Ethics Survive in the New Withehall? in “Public Administration”, vol. 73.
HOOD C. (1991) A Public Management for all seasons? in “Public Administration”, vol. 69.
187
INVERNIZZI E. (1997) La comunicazione per il cambiamento negli enti pubblici in “Amministrare”, n.3, dicembre.
ISTAT (2001), Istruzioni per il rilevatore, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.
LANZARA R., LAZZERONI M., PICCALUGA A. (2001) Processi di cambiamento e di innovazione territoriale. Alcune riflessioni sull’evoluzione dell’area Pisa-Pontedera e sul contributo del Piano Link paper al convegno Progetto Link, Roma, 16-17 gennaio, disponibile sul sito http://osservatorio.sssup.it.
LAZZERONI M., MEINI M. (2002) Pontedera. Una città industriale alla ricerca di una nuova identità in “L’universo”, n.5.
LAZZERONI M., PATRONO A., PICCALUGA A. (2004) Rapporto finale del progetto “Osservatorio sulle imprese high tech della Provincia di Pisa aprile 2004, disponibile sul sito http://osservatorio.sssup.it.
JONES L., THOMPSON F. (1997) The Strategic Implementation of the New Public Management – L’implementazione strategica del New Public Management, edizione italiana a cura di R. Mussari in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
KOOIMAN J, VAN VLIET M. (1993) Governance and public management in Eljassen (1997)
MELIS G., VARNI A. (a cura di) (1997) Le fatiche di monsù Travet. Per una storia del lavoro pubblico in Italia, Rosenberg & Sellier, Torino.
ID. (1998) La burocrazia. Da monsù Travet alle riforme Bassanini: vizi e virtù della burocrazia italiana, Il Mulino, Bologna.
MENEGUZZO M. (1997a) Prospettive internazionali di management pubblico in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
ID. (1997b) Ripensare la modernizzazione amministrativa e il New Public Management. L’esperienza italiana: innovazione dal basso e sviluppo della governance locale in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
MENEGUZZO M., DELLA PIANA B. (2002) Knowledge Management e p.a. Conciliare l’inconciliabile? in “Azienda Pubblica”, n. 4/5, luglio-ottobre.
189
REGIONE TOSCANA (2000) Un patto per la Toscana. Programma di governo della Giunta regionale per la legislatura 2000/2005, Firenze, maggio.
ID. (2001a) Una Toscana più efficiente e meno burocratica, Firenze, maggio.
ID. (2001b) DocUP Obiettivo 2 Anni 2000-2006 Toscana, Firenze, luglio.
ID. (2002) Progetto speciale Una Toscana più efficiente e meno burocratica. Modifiche ed integrazioni. Stato di realizzazione, Firenze, settembre.
ID. (2003a) DocUP 2000-2006: opportunità per un miliardo di euro, Firenze, gennaio.
ID. (2003b) e.Toscana Meno burocrazia più tecnologia, Firenze, aprile.
ID. (2004) Il catalogo delle buone prassi in Toscana, Firenze, febbraio.
ROBERTSON I. (1993) Sociologia, Zanichelli, Bologna. ROSINI R. (2002) Presidente Confesercenti Valdera Nord, intervento
alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
RUGGE F. (1997) L’amministrazione colloquiale in “Amministrare”, n.3, dicembre.
SCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA – SSSA (2002) Progetto Link documenti reperibili al sito http://centrolink.interfree.it.
SEPE S. (1997) Note sulle riforme amministrative in “Azienda Pubblica”, n.5, settembre-ottobre.
SODA L. (2000) L’innovazione nella pubblica amministrazione. Guida ai processi di cambiamento in sette parole chiave, Datanews, Bologna.
SUTTORA M. (1996) Il futuro? È dei colletti intelligenti in “Il Mondo”, dicembre.
TALIANI E. (1997a) Mutamento e progettualità: teorie, esperienze ipotesi, ETS, Pisa.
ID. (1997b) Risorse umane e nuova progettualità in Monasta (1997a).
190
TERRENI M. (2002) Presidente Provinciale Associazione Piccole e medie Imprese, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
THE ECONOMIST (1997a) The visibile hand. Big government is still in charge London, 20-27 settembre.
ID. (1997b) A survey of world economy. The future of the state inserto di The Economist (1997a).
ID. (1997c) The visibile hand in The Economist (1997a). ID. (1997d) Spend, spend, spend in The Economist (1997b). VITA G. (2002) Vicepresidente Provinciale CNA, intervento alla 1°
Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio. WORLD BANK (1997) World Development Report 1997: The State
in a Changing World, Oxford University Press, Inc., New York.
191
Bibliografia tematica
Su big government e necessità di modernizzazione PA: MENEGUZZO M. (1997a) Prospettive internazionali di
management pubblico in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
THE ECONOMIST (1997a) The visibile hand. Big government is still in charge London, 20-27 settembre.
ID. (1997b) A survey of world economy. The future of the state inserto di The Economist (1997a).
ID. (1997c) The visibile hand in The Economist (1997a). ID. (1997d) Spend, spend, spend in The Economist (1997b). WORLD BANK (1997) World Development Report 1997: The State
in a Changing World, Oxford University Press, Inc., New York. Su rivoluzione cognitiva, nuova progettualità e knowledge worker: BUTERA F., DONATI E., CESARIA R. (1997) I lavoratori della
conoscenza. Quadri, middle management e alte professionalità tra professione e organizzazione, FrancoAngeli, Milano.
MENEGUZZO M., DELLA PIANA B. (2002) Knowledge Management e p.a. Conciliare l’inconciliabile? in “Azienda Pubblica”, n. 4/5, luglio-ottobre.
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA – MIUR (2000) “Rivoluzione cognitiva” e nuova creatività. Il ruolo della conoscenza nelle società complesse, ricerca coordinata dal Prof. Enrico Taliani, documenti.
MONASTA A. (a cura di) (1997) Progettualità, sviluppo locale e formazione, La Nuova Italia Scientifica, Roma.
ID. (1997b) La formazione come investimento e progettualità in Monasta (1997a).
192
SUTTORA M. (1996) Il futuro? È dei colletti intelligenti in “Il Mondo”, dicembre.
TALIANI E. (1997a) Mutamento e progettualità: teorie, esperienze ipotesi, ETS, Pisa.
ID. (1997b) Risorse umane e nuova progettualità in Monasta (1997a).
Su Reinventing Government e New Public Management (presentazione dei principi guida e principali caratteristiche degli interventi in atto nei vari Stati): BARZELAY M. (2001) The New Public Management – Improving
Research and Policy Dialogue, University of California Press, Berkeley.
DIIULIO J.J.Jr, GARVEY G., KETTL D.F. (1993) Improving Government Performance: An Owner’s Manual, Brookings, Washington.
GORE A. (1993) From Red Tape to Results: Creating a Government that Works Better and Costs Less, Times Books, New York.
JONES L., THOMPSON F. (1997) The Strategic Implementation of the New Public Management – L’implementazione strategica del New Public Management, edizione italiana a cura di R. Mussari in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
OSBORNE D. (1988) Laboratories of Democracy, Harvard Business School Press, Boston.
OSBORNE D., GAEBLER T. (1992) Reinventing Government: How the Entrepreneurial Spirit is Transforming the Public Sector from Schoolhouse to Statehouse, City Hall to the Pentagon, Addison-Wesley, Reading, MA.
Su l’indebolimento degli standard etici: BERTOK J. (2000) Getting the public ethics in “OECD Observer”,
n.220, aprile. GREENAWAY J. (1995) Having the Bun and the Halfpenny: Can
Old Public Service Ethics Survive in the New Withehall? In “Public Administration”, vol. 73.
193
OECD (1998) Improving Ethical Conduct in the Public Service Recommendation of the OECD Council, 23 aprile, disponibile sul sito www.oecd.org.
PUMA OECD (1997) Ethics in the Public Service. Current Issues and Practice Public Management Occasional Paper, n.14.
Sul concetto di governance: BONARETTI M. (2003) Costruire relazioni per governare il
cambiamento, intervento al ComPA 2003, Bologna, 19 settembre. BORLINI B. (2004) Governance e governance urbana: analisi e
definizione del concetto paper disponibile sul sito www.sociologia.unical.it.
BRESSER PEREIRA L.C. (1997) Riforma dello Stato negli anni ’90: logica e meccanismi di controllo, edizione italiana a cura di M. Meneguzzo e M. Vario in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
COMMISSIONE EUROPEA – CE (2001) Governance. Un libro bianco disponibile al sito www.europa.eu.
Sulla discussione in proposito all’universalità del NPM: HOOD C. (1991) A Public Management for all seasons? in “Public
Administration”, vol.69. POLIDANO C. (2001) Il New Public Management nei paesi in via di
sviluppo, edizione italiana a cura di Danesi G. in “Azienda Pubblica”, n.1, gennaio.
Su public governance e peculiarità del “paradigma europeo”: ELJASSEN K.A., KOOIMAN J. (1993) Managing public
organizations: Lessons from contemporary European experience, Sage, London.
KOOIMAN J, VAN VLIET M. (1993) Governance and public management in Eljassen (1997)
MENEGUZZO M. (1997b) Ripensare la modernizzazione amministrativa e il New Public Management. L’esperienza
194
italiana: innovazione dal basso e sviluppo della governance locale in “Azienda Pubblica”, n.6, novembre-dicembre.
Sul management nella Pubblica Amministrazione: BORGONOVI E. (2001b) Il concetto di valore pubblico in “Azienda
Pubblica”, n.2/3, gennaio-aprile. CENSIS (2002a) Gli innovatori nei servizi collettivi, indagine
presentata il 19 giugno 2002 reperibile in “CENSIS – Note & Commenti”, n.10-11, ottobre-novembre.
CERASE F.P.(a cura di) (1999) La nuova dirigenza pubblica – Esperienze e percorsi di una riforma, Carocci Editore, Roma.
GHERARDI S., LIPPI A. (1999) Da burocrati a professionisti, in Cerase (1999).
Sulla Pubblica Amministrazione, un’analisi dei cambiamenti del caso italiano: BATTINI, S. (a cura di) (2001) Manuale di diritto pubblico, Giuffrè,
Milano. BIANCHI M. (2003) Riforma / Controriforma. Il sistema di
rinnovamento quale strumento di verifica delle tendenze evolutive del cambiamento della P.a. in “Azienda Pubblica”, n.4, luglio-agosto.
BORGONOVI E. (2001a) Le strategie di innovazione per la PA intervento al ForumPA 2001, Roma.
BRACCI C. (2004) La semplificazione normativa tesi di laurea della Facoltà di Scienze Politiche, A.A. 2003/2004, Università di Pisa.
CERASE F.P.(1998) Pubblica amministrazione – Un’analisi sociologica, Carocci Editore, Roma, 7-11 maggio.
CRISTOFORETTI D., MALANCA M. (2001) La customer satisfation nell’ente comune in “Azienda Pubblica”, n.2/3, gennaio-aprile.
FANTIGROSSI U. (1993) Automazione e pubblica amministrazione, Il Mulino, Bologna.
FEDELE M. (1998) Come cambiano le amministrazioni pubbliche, Editori Laterza, Roma.
195
INVERNIZZI E. (1997) La comunicazione per il cambiamento negli enti pubblici in “Amministrare”, n.3, dicembre.
SEPE S. (1997) Note sulle riforme amministrative in “Azienda Pubblica”, n.5, settembre-ottobre.
SODA L. (2000) L’innovazione nella pubblica amministrazione. Guida ai processi di cambiamento in sette parole chiave, Datanews, Bologna.
MELIS G., VARNI A. (a cura di) (1997) Le fatiche di monsù Travet. Per una storia del lavoro pubblico in Italia, Rosenberg & Sellier, Torino.
ID. (1998), La burocrazia. Da monsù Travet alle riforme Bassanini: vizi e virtù della burocrazia italiana, Il Mulino, Bologna.
MINISTERO PER L’INNOVAZIONE E LE TECNOLOGIE – MIT (2002) Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione nella legislatura, giugno, Roma.
ID. (2004) Rapporto statistico sulla Società dell’Informazione in Italia, giugno, Roma.
RUGGE F. (1997) L’amministrazione colloquiale in “Amministrare”, n.3, dicembre.
Sull’atteggiamento nei confronti dell’innovazione: DE MASI D. (1999) Il futuro del lavoro. Fatica e ozio nella società
postindustriale, Rizzoli, Milano. Sulle organizzazioni burocratiche: GALLINO L. (1993) Dizionario di sociologia, TEA UTET, Torino. MERTON R. K. (1968) Social Theory and Social Structure, The Free
Press, New York (prima edizione 1949). Edizione italiana Teoria e struttura sociale, Il Mulino, Bologna.
ROBERTSON I. (1993) Sociologia, Zanichelli, Bologna.
Sul principio di sussidiarietà: D’ATENA A. (2001) Costituzione e principio di sussidiarietà in
“Quaderni Costituzionali”, n.1, aprile.
196
GIDDENS A. (1999) La terza via. Manifesto per la rifondazione della socialdemocrazia, Il Saggiatore, Milano.
Sul ruolo della dimensione locale: BALDUCCI M. (1997) Managerialità e sussidiarietà: due sfide per il
governo locale, FrancoAngeli, Milano. ID. (a cura di) (1999) Organizzazione e management dell’ente locale.
Come organizzare e gestire in modo efficace ed efficiente l’ente locale, FrancoAngeli, Milano.
BASSANINI F. (1997) Governo locale in Europa in “Azienda Pubblica”, n.5, settembre-ottobre.
BORGONOVI E. (2000) Decentramento: un termine diversi contenuti in “Azienda Pubblica”, n.2/3, gennaio-aprile.
CENSIS (2002b) Il ruolo della dimensione locale, indagine presentata il 26 giugno 2002 reperibile in “CENSIS – Note & Commenti”, n.10-11, ottobre-novembre.
SCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA – SSSA (2002) Progetto Link documenti reperibili al sito http://centrolink.interfree.it.
Sul “modello toscano”: REGIONE TOSCANA (2000) Un patto per la Toscana. Programma
di governo della Giunta regionale per la legislatura 2000/2005, Firenze, maggio.
ID. (2001a) Una Toscana più efficiente e meno burocratica, Firenze, maggio.
ID. (2001b) DocUP Obiettivo 2 Anni 2000-2006 Toscana, Firenze, luglio.
ID. (2002) Progetto speciale Una Toscana più efficiente e meno burocratica. Modifiche ed integrazioni. Stato di realizzazione, Firenze, settembre.
ID. (2003a) DocUP 2000-2006: opportunità per un miliardo di euro, Firenze, gennaio.
ID. (2003b) e.Toscana Meno burocrazia più tecnologia, Firenze, aprile.
197
ID. (2004) Il catalogo delle buone prassi in Toscana, Firenze, febbraio.
Sui Fondi Strutturali dell’Unione Europea: COMMISSIONE EUROPEA – CE (1997) Agenda 2000 – Per
un’Unione più forte e più ampia supplemento al Bollettino dell’Unione Europea n.5/97.
MULAZZANI M. (2003) Finalità e principi dei fondi strutturali dell’Unione Europea in “Azienda Pubblica”, n.3, maggio-giugno.
TALIANI E. (1997a) Mutamento e progettualità: teorie, esperienze ipotesi, ETS, Pisa.
Su definizioni e spiegazioni dei dati demografici: ISTAT (2001), Istruzioni per il rilevatore, Istituto Poligrafico e Zecca
dello Stato, Roma. Sul territorio Valdera: BARTOLI R. (2002) Vice Sindaco Assessore allo Sviluppo
Economico del Comune di Pontedera, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
BASSI L. (2002) Presidente Confcommercio Pontedera, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
BELLINI N., LAZZERONI M., PICCALUGA A. (1998) Innovazione e ricerca nell’area pisana relazione presentata alla Conferenza Economica dell’Area Pisana, Pisa, 28 e 29 maggio, disponibile sul sito http://osservatorio.sssup.it.
BINDI L. (2002) Responsabile CISL Valdera, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
LANZARA R., LAZZERONI M., PICCALUGA A. (2001) Processi di cambiamento e di innovazione territoriale. Alcune riflessioni sull’evoluzione dell’area Pisa-Pontedera e sul contributo del Piano Link paper al convegno Progetto Link, Roma, 16-17 gennaio, disponibile sul sito http://osservatorio.sssup.it.
198
LAZZERONI M., MEINI M. (2002) Pontedera. Una città industriale alla ricerca di una nuova identità in “L’universo”, n.5.
LAZZERONI M., PATRONO A., PICCALUGA A. (2004) Rapporto finale del progetto “Osservatorio sulle imprese high tech della Provincia di Pisa aprile 2004, disponibile sul sito http://osservatorio.sssup.it.
PROVINCIA DI PISA (a cura di) (2001) L’economia pisana. Passato, presente e futuro, Atti della Conferenza Provinciale di Programmazione febbraio-novembre 2001, supplemento a Il Tirreno, edizione di Pontedera e Pisa, del 22 dicembre.
ROSINI R. (2002) Presidente Confesercenti Valdera Nord, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
SCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA – SSSA (2002) Progetto Link documenti reperibili al sito http://centrolink.interfree.it.
TERRENI M. (2002) Presidente Provinciale Associazione Piccole e medie Imprese, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
VITA G. (2002) Vicepresidente Provinciale CNA, intervento alla 1° Conferenza Economica Comunale, Pontedera (PI), 25 gennaio.
Sulla metodologia di ricerca sociale e le tecniche di rilevazione computer assisted: BAYLEY K.D. (1985) Metodi della ricerca sociale, Il Mulino,
Bologna. CIPOLLA C. (1995) Teoria della metodologia sociologica,
FrancoAngeli, Milano. FABBRIS L. (a cura di) (2000) Il questionario elettronico, CLEUP
Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova, Padova.
199
Riferimenti normativi
L. 8 giugno 1990, n. 142 “Ordinamento delle autonomie locali”
L. 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”
D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 – integrato e modificato da: L. 59/97; L. 127/97; D.Lgs. 396/97; D.Lgs. 59/98; D.Lgs. 80/98; D.Lgs. 387/98 “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione delle disciplina in materia di pubblico impiego”
Direttiva Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 “Principi sull’erogazione dei servizi pubblici”
L. 15 marzo 1997, n. 59 – legge Bassanini “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”
L. 15 maggio 1997, n. 127 – legge Bassanini bis “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e controllo”
D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513 “Regolamento contenente i criteri e le modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici a norma dell’articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59”
L. 16 giugno 1998, n. 191 – legge Bassanini ter “Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo 1997, n. 59, e 15 maggio 1997, n. 127, nonché norme in materia di formazione del
200
personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica”
L. Cost. 22 novembre 1999, n. 1 “Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni”
L. 8 marzo 1999, n. 50 – legge Bassanini quater “Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi. Legge di semplificazione 1998”
Reg. CE 21 giugno 1999, n. 1260 Regolamento della Comunità Europea per la ripartizione dei Fondi Strutturali per il periodo 2000-2006
D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286 “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”
L. 7 agosto 2000, n. 150 “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”
L. 24 novembre 2000, n. 340 “Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999”
Delibera Giunta Regionale Toscana 12 febbraio 2001, n. 152 Approvazione del progetto speciale del programma di governo “Una Toscana più efficiente e meno burocratica”
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”
L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”
Delibera Giunta Regionale Toscana 20 maggio 2002, n. 497 Approvazione della strategia regionale “e.Toscana”
201
Delibera Giunta Regionale Toscana 14 ottobre 2002, n. 1098 Approvazione di modifiche e integrazioni al progetto speciale “Una Toscana più efficiente e meno burocratica”
L. 29 luglio 2003, n. 229 “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001”
Delibera Giunta Regionale Toscana 17 maggio 2004, n. 445 Progetto speciale “Una Toscana più efficiente e meno burocratica”: approvazione del bilancio degli ultimi 18 mesi e del progetto di semplificazione del linguaggio amministrativo
202
Link internet
Siti sulla Pubblica Amministrazione: www.formez.it Centro di Formazione Studi
www.funzionepubblica.it Dipartimento della Funzione Pubblica
www.innovazione.gov.it Ministero dell’Innovazione e delle Tecnologie
www.oecd.org/puma Public Management Center (PUMA)
www.oecd.org Oragnization for Economic Cooperation and Development
Network tematici: www.anci.it Associazione Nazionale Comuni Italiani
www.anciform.it Società di formazione dell’ANCI nata per formare e riqualificare il personale degli enti locali
www.cipa.net
CIPA Coesione e Innovazione Pubbliche Amministrazioni. Progetto del Dipartimento della Funzione Pubblica per fornire alle amministrazioni locali strumenti e risorse per l’innovazione
www.buoniesempi.it Sito di riferimento per la diffusione delle “buone pratiche” di innovazione nella PA italiana. Versione internazionale in lingua inglese: http://international.buoniesempi.it
http://www.pianoegov.it Piano di Azione di e-government
Saloni, meeting, fiere:
www.compa.it Salone Europeo della Comunicazione Pubblica dei servizi al cittadino e alle imprese. Roma.
www.euro-pa.it Salone delle Amministrazioni Locali. Rimini.
www.forumpa.it Manifestazione sulla Pubblica Amministrazione. Roma.
204
www.comune.lajatico.pi.it Comune di Lajatico
www.comune.lari.pi.it Comune di Lari
www.comune.palaia.pi.it Comune di Palaia
www.comune.peccioli.pi.it Comune di Peccioli
www.comune.ponsacco.pi.it Comune di Ponsacco
www.comune.pontedera.pi.it Comune di Pontedera
www.cld.it/terricciola.html Comune di Terricciola
Dati Censimento 2001:
www.istat.it Il sito Istat è stato consultato per reperire i dati sulla popolazione residente (numero totale dei residenti, densità abitativa) nel contesto territoriale Pisa-Valdera
http://dawinci.istat.it
Sito del sistema informativo DaWInCI–Data Warehouse (magazzino di dati) su internet del Censimento Italiano. Da questo sito è stato possibile i reperire i dati riferiti ai risultati del Censimento 2001
Grazie Guido E grazie a chi ha insistito
Simona