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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PERUGIA FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA AZIENDA OSPEDALIERA DI PERUGIA

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UNIVERSITA� DEGLI STUDI DI PERUGIA

FACOLTA� DI MEDICINA E CHIRURGIA

AZIENDA OSPEDALIERA DI PERUGIA

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INDICE 1. Introduzione pag. 4

1.1. Metodologia di lavoro 4 1.2 Perché questa linea-guida? 5 1.3 Metodo per la ricerca bibliografica 6 1.4 Avvertenze 7 2. Composizione del gruppo di lavoro 8

3. Diagnostica del cancro del colon-retto e procedure di sorveglianza 11 nei soggetti a rischio

3.1 Scheda sinottica 15

4. Stadiazione 4.1 Stadiazione delle neoplasie del colon 17 4.2 Stadiazione delle neoplasie del retto 17 4.3 Scheda sinottica 19 5. Anatomia e istologia patologica

5.1 Diagnosi anatomopatologica delle biopsie endoscopiche 20 5.2 Procedure e criteri diagnostici anatomopatologici nelle resezioni 23 colo-rettali 5.3 Scheda sinottica 26 6. Trattamento

6.1 Terapia chirurgica 6.1.1 Terapia chirurgica del colon 27 6.1.2 Terapia chirurgica del retto 30 6.1.3 Scheda sinottica 34 6.2 Terapia adiuvante 6.2.1 Terapia adiuvante del cancro del colon 37 6.2.2 Terapia adiuvante del cancro del retto 38 6.2.3 Scheda sinottica 42 6.3 Terapia degli stadi avanzati 44 6.3.1 Scheda sinottica 45 6.4 Terapia delle recidive locoregionali del retto 6.4.1 Terapia chirurgica 46 6.4.2 Radioterapia 47 6.4.3 Chemioterapia 47 6.4.4 Scheda sinottica 48 7. Follow-up 49

7.1 Scheda sinottica 51

8. Bibliografia

8.1 Diagnostica 52 8.2 Stadiazione 52 8.3 Anatomia patologica 53 8.4 Terapia chirurgica 54

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8.5 Chemioterapia 56 8.6 Radioterapia 56 9. Appendici 9.1 Livelli di evidenza 60 9.2 Classificazione TNM e stadiazione dei tumori del colon-retto 61 9.3 ECOG scala del performance status 63 9.4 Anatomia Patologica 9.4.1 Biopsie endoscopiche 64 9.4.2 Resezioni colo-rettali 65 9.5 Note di tecnica chirurgica 66 9.6 Radioterapia e chemioterapia: dati tecnici 68 10. Legenda delle abbreviazioni 71

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1. INTRODUZIONE

Secondo la definizione ormai ritenuta classica (Institute of Medicine. Guidelines for clinical

practice: from their development to use. Washington DC: National Academic Press, 1992) le linee-

guida sono "raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte da un gruppo di lavoro

multidisciplinare e basate sulle migliori evidenze scientifiche, con lo scopo di assistere medici e

pazienti nel decidere quali siano le modalità assistenziali più appropriate in specifiche condizioni

cliniche".

Attributi di una linea-guida sono: validità, riproducibilità, applicabilità clinica, flessibilità clinica,

chiarezza, multidisciplinarietà, documentazione scientifica.

Queste linee-guida per la diagnostica ed il trattamento del cancro del colon-retto sono state

prodotte da un gruppo di lavoro multidisciplinare costituito da professionisti medici

dell'Azienda Ospedaliera di Perugia e della Università degli Studi di Perugia (oncologi medici,

chirurghi oncologi, radioterapisti oncologi, radiologi, gastroenterologi, anatomo-patologi).

1.1 METODOLOGIA DI LAVORO

Il gruppo di lavoro ha elaborato tali linee guida sulla base della revisione della letteratura aggiornata

a marzo 2002, inclusa la valutazione di linee guida su tale argomento prodotte da organismi

internazionali. I lavori scientifici recuperati sono stati successivamente classificati secondo il

livello di validità e rilevanza scientifica sulla base di criteri oggettivi che sono riportati

nell�Appendice 1 �Livelli di evidenza�.

All�interno del gruppo di lavoro è stato individuato un gruppo di redazione che ha elaborato una

bozza delle linee-guida. Il gruppo di lavoro si è riunito per esaminare la bozza del documento in

varie sedute durante le quali sono stati discussi aspetti specifici e, dove necessario, effettuate le

modifiche ritenute giustificate. Il documento opportunamente elaborato è stato riesaminato in

un�ultima seduta plenaria, prima di essere licenziato.

Le linee-guida saranno aggiornate ogni 3 anni. Il prossimo aggiornamento è previsto per giugno

2005.

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1.2 PERCHE� QUESTA LINEA GUIDA? Anche in Oncologia si assiste ad una notevole e talora inspiegabile variabilità di comportamenti

diagnostici, terapeutici o di follow-up relativamente allo stesso problema clinico, ampiamente

documentata dagli studi internazionali e dai sia pur pochi studi italiani pubblicati a proposito.

Questa notevole variabilità di comportamenti ha numerose implicazioni:

• indica una potenziale inappropriatezza degli interventi sanitari giacché, se numerosi sono gli

approcci praticati per lo stesso problema clinico, è molto probabile che almeno alcuni di questi

siano inappropriati, con conseguenti possibili conseguenze negative sugli outcomes clinici;

• di conseguenza implica un utilizzo inappropriato delle risorse professionali, economiche ed

organizzative;

• comporta una notevole difficoltà alla programmazione ed organizzazione dei servizi sanitari;

• disorienta gli utenti;

• tende a delegittimare la classe medica ed il Servizio Sanitario nel suo complesso.

L�elaborazione e l�implementazione di linee-guida clinico-organizzative basate sulle evidenze

scientifiche si sono rivelate, in studi clinici controllati e randomizzati ed in metanalisi di trias clinici

randomizzati, uno strumento efficace nell�indurre una modifica in senso migliorativo degli

interventi sanitari e, almeno in alcuni studi, degli outcomes clinici. Dal punto di vista organizzativo

e gestionale inoltre, le linee guida potrebbero costituire anche nella realtà italiana uno strumento per

indirizzare le scelte e le decisioni nel senso della efficacia ed appropriatezza ed uno strumento di

lavoro e di indirizzo programmatico a livello dipartimentale.

E� per tali motivi che i professionisti impegnati nelle attività di diagnosi, terapia e follow-up in

ambito oncologico hanno ritenuto opportuno riunirsi in un gruppo di lavoro multidisciplinare per

elaborare, sulla base delle migliori evidenze scientifiche, questa linea guida aziendale per la

diagnosi e terapia del cancro del colon-retto.

Dell�inizio di tale attività sono stati preventivamente informati i livelli aziendali (U.O. A. Controllo

di Gestione e di Qualità, Direzione medica, Direzione Generale) che hanno manifestato non solo il

loro assenso ma anche il loro interesse per la realizzazione del progetto.

L�iniziativa per la realizzazione di questa linea guida è stata promossa dalla Struttura Complessa di

Chirurgia Generale e Oncologica e dalla U.O. di Oncologia Medica dell�Ospedale Policlinico di

Perugia.

L�elaborazione della linea guida costituisce il primo passo del gruppo. Infatti è noto dalla letteratura

che è molto difficile indurre dei cambiamenti dei comportamenti clinici. Gli studi pubblicati

evidenziano come siano molteplici i fattori che possono influire sul comportamento e quindi

condizionare un tardivo trasferimento nella pratica dei risultati della ricerca clinica: fattori di tipo

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culturale, opinioni/attitudini professionali, il tipo di rapporto medico-paziente, fattori di tipo

ambientale. Talora inoltre uno stesso fattore può influenzare la pratica clinica in maniera opposta a

seconda dei vari studi.

Proprio per questa documentata difficoltà nell�indurre un cambiamento nei comportamenti clinici,

la sola elaborazione di una linea guida clinico-organizzativa non garantisce affatto che essa venga

applicata; la letteratura, al contrario, documenta come la sola elaborazione e diffusione di una linea

guida sia destinata per lo più al fallimento applicativo. Si rende pertanto necessaria la messa in atto

di attività volte a:

• favorire l�implementazione della linea guida;

• verificare il grado di applicazione della linea guida;

• misurare, attraverso indicatori adeguati ed oggettivi, gli outcomes clinici, organizzativi,

gestionali o di altro tipo considerati interessanti.

Le attività di cui ai punti precedenti devono essere intraprese sulla base dei risultati degli studi

relativi esistenti in letteratura e richiedono quindi competenze specifiche (oltre a quelle

professionali specifiche delle varie specialità coinvolte nelle attività di tipo oncologico sono

necessarie competenze di epidemiologia clinica, di farmacologia e di farmacologia clinica, di

metodologia della ricerca, di statistica medica, di ricerca sui servizi sanitari) nonché risorse e

collaborazione. Peraltro, sempre la letteratura conferma che senza questo tipo di attività di

implementazione, verifica e misurazione degli esiti, le linee guida sono destinate a rimanere del

tutto ignorate nella pratica clinica e quindi inefficaci.

L�intenzione del gruppo è quindi di avviare questo tipo di attività, contando sulla possibilità di

reperire un supporto anche presso i livelli aziendali interessati al progetto.

1.3 METODO PER LA RICERCA BIBLIOGRAFICA Ricerca su MedLine Ricerca su banche dati di linee guida Ricerca di revisioni sistematiche pertinenti pubblicate sulla Cochrane Library Documenti forniti dai componenti il Gruppo di lavoro

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1.4 AVVERTENZE

Le raccomandazioni contenute in queste linee guida vanno intese come indirizzi di comportamento, non come protocolli fissi che devono essere obbligatoriamente seguiti. Le evidenze scientifiche su cui tali raccomandazioni sono basate sono di livello variabile; in una scala decrescente di attendibilità scientifica, al livello I ci sono le evidenze di massima attendibilità con caratteristiche di rilevante valore scientifico, mentre al livello più basso appartengono le raccomandazioni frutto della opinione di professionisti esperti autorevoli nel campo. Inoltre, le raccomandazioni delle linee guida si applicano ad un paziente medio, non ad un singolo e specifico paziente; rimane compito e responsabilità del medico valutare l�appropriatezza di un determinato trattamento per un determinato paziente. Le linee guida pertanto non possono sostituire in alcun modo né la valutazione clinica, né il bagaglio culturale, né l'esperienza professionale del medico, né una corretta ed esauriente informazione del paziente, né il suo consenso informato e cioè quanto in termini di prudenza, diligenza e perizia viene richiesto al medico nel trattamento dello specifico paziente. Pertanto al medico curante rimane la responsabilità di verificare se le raccomandazioni formulate in tali linee guida risultino valide ed aggiornate in relazione al continuo avanzamento delle conoscenze medico-scientifiche, nonché appropriate per le condizioni cliniche del paziente specifico. Sempre al medico curante spetta la responsabilità di verificare se le dosi e/o le modalità di somministrazione di farmaci o di altri presidi terapeutici che fossero indicati in tali linee guida siano corrette nonché appropriate in relazione alle condizioni cliniche del paziente specifico. In sostanza si tiene a ribadire che le linee guida non sono per il medico norme da seguire né sono discriminanti della responsabilità professionale stante la normativa in atto, in cui l'operato del medico rimane gravato dal dovere di rispondere in termini di assoluta soggettività. Inoltre le linee guida non possono essere utilizzate nei confronti di chiunque (medico, paziente, organizzazione sanitaria) per obbligare, autorizzare, o impedire la scelta di un trattamento. Il gruppo che ha elaborato le linee guida declina pertanto ogni responsabilità per danni diretti o indiretti a persone o a cose che possano derivare dalla applicazione o dalla non applicazione delle raccomandazioni contenute in queste linee guida.

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2. COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO L�iniziativa per la realizzazione di queste linee guida è stata promossa dalla Struttura Complessa di

Chirurgia Generale e Oncologica e dalla U.O. di Oncologia Medica dell�Ospedale Policlinico di

Perugia che hanno promosso l�iniziativa.

Nel gruppo di lavoro sono rappresentate le seguenti Strutture Complesse/Unità Operative citate

in ordine alfabetico:

Anatomia Patologica I Anatomia Patologica II Chirurgia Generale e Oncologica (Policlinico Monteluce) Chirurgia Generale (Ospedale Silvestrini) Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Medicina Interna e Scienze Oncologiche Oncologia Medica Radiologia Radioterapia Oncologica

Di seguito, in ordine alfabetico, l�elenco dei componenti il GRUPPO DI LAVORO:

Bartoli Adriano (Direttore-Struttura Complessa di Chirurgia Generale e Oncologica)

Barzi Francesco (Dirigente Medico I° livello-Istituto di Radiologia)

Bucciarelli Emilio (Direttore-Istituto di Anatomia Patologica)

Bufalari Andrea (Dirigente Medico I° livello- Struttura Complessa di Chirurgia Generale e

Oncologica) (Coordinatore)

Castagnoli Paolo (Dirigente Medico I° livello-Struttura Complessa di Chirurgia Generale-Ospedale

Silvestrini)

Cavicchi Francesco (Dirigente Medico I° livello-Medicina Interna e Scienze Oncologiche)

Corgna Enrichetta (Dirigente Medico I° livello-Struttura Complessa di Oncologia Medica)

Correnti Stefano (Dirigente Medico I° livello-Struttura Complessa di Chirurgia Generale-Ospedale

Silvestrini)

Galuppo Carla (Dirigente Medico di I° livello-Istituto di Radiologia)

Latini Paolo (Direttore-Unità Operativa di Radioterapia-Cattedra di Radioterapia Oncologica)

Lupattelli Luciano (Professore Associato-Istituto di Radiologia)

Lupattelli Marco (Dirigente Medico I° livello-Unità Operativa di Radioterapia- Cattedra di

Radioterapia Oncologica)

Maranzano Ernesto (Dirigente Medico di I° livello-Radioterapia-Ospedale di Terni)

Mercati Ugo (Direttore-Struttura Complessa di Chirurgia Generale-Ospedale Silvestrini)

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Patoia Lucio (Dirigente Medico I° livello- Medicina Interna e Scienze Oncologiche)

(Coordinatore)

Perrucci Elisabetta (Dirigente Medico I° livello-Unità Operativa di Radioterapia-Cattedra di

Radioterapia Oncologica)

Regi Luca (Dirigente Medico I° livello-Istituto di Radiologia)

Ribacchi Rodolfo (Direttore-IIa Cattedra di Anatomia Patologica)

Ricci Enrica (Medico Specialista Interno-Struttura Complessa di Chirurgia Generale e Oncologica)

Santucci Luca (Dirigente Medico I° livello-Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva)

Sensi Beatrice (Funzionario Tecnico-Scientifico-Dipartimento di Scienze Chirurgiche) (Segreteria

Scientifica)

Servoli Alessandra (Dirigente Medico I° livello-Struttura Complessa di Chirurgia Generale e

Oncologica)

Sidoni Angelo (Professore Associato-Istituto di Anatomia Patologica)

Soldani Marcello (Dirigente Medico I° livello-Struttura Complessa di Oncologia Medica)

Tonato Maurizio (Direttore-Struttura Complessa di Oncologia Medica)

GRUPPO DI REDAZIONE (in ordine alfabetico):

Bufalari Andrea

Castagnoli Paolo

Corgna Errichetta

Galuppo Carla

Lupattelli Marco

Patoia Lucio

Regi Luca

Sensi Beatrice

Servoli Alessandra

Sidoni Angelo

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Frequentatori

Alemagni Pimpinelli Guido (Ospedale di Gualdo Tadino)

Barberini Francesco (Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale)

Bellavita Rita (Radioterapia Oncologica)

Bellezza Guido (Istituto di Anatomia Patologica)

Bussotti Claudia (Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale)

Cavazzoni Emanuel (Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale)

Ciaccarini Roberto (Struttura Complessa di Chirurgia Generale-Ospedale Silvestrini)

Frattegiani Alessandro (Scuola di Specializzazione in Radioterapia Oncologica)

Gerardi Andrea (Struttura Complessa di Chirurgia Generale-Ospedale Silvestrini)

Mariotti Ambra (Struttura Complessa di Chirurgia Generale-Ospedale Silvestrini)

Moriconi Emanuela (Struttura Complessa di Chirurgia Oncologica)

Pace Maria Paola (Scuola di Specializzazione in Radioterapia Oncologica)

Paganelli Teresa (Struttura Complessa di Chirurgia Generale-Ospedale Silvestrini)

Rondelli Fabio (Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale)

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3. DIAGNOSTICA DEL CANCRO DEL COLON-RETTO E PROCEDURE DI SORVEGLIANZA NEI SOGGETTI A RISCHIO In presenza di segni o sintomi sospetti per carcinoma del colon-retto è necessario procedere alla esecuzione di procedure diagnostiche quali l�esplorazione rettale e la pancolonscopia con eventuale prelievo bioptico. (Livello di evidenza: III) Infatti non esistono segni o sintomi con sensibilità e specificità adeguate a definire la diagnosi di carcinoma del colon-retto senza ulteriori procedure diagnostiche. I segni/sintomi in presenza dei quali è necessario procedere alla esplorazione rettale e alla pancolonscopia sono: anemia ferrocarenziale dovuta a perdite ematiche dal tratto gastroenterico, variazioni delle usuali abitudini dell�alvo (stipsi, stipsi alternata a diarrea) dolori addominali o tenesmo non spiegati da altre situazioni patologiche, rettorragia, documentazione di metastasi epatiche di origine non determinata, dimagrimento associato ad uno o più dei sintomi e/o dei segni precedenti, documentazione tramite clisma opaco a doppio mezzo di contrasto o rettosigmoidoscopia di lesioni polipoidi. Il rischio di insorgenza del carcinoma del colon-retto è piuttosto basso al di sotto dei 40 anni, comincia ad aumentare intorno ai 50 anni e sale bruscamente intorno ai 60 anni per raggiungere un picco intorno ai 75 anni. Non ci sono differenze di incidenza tra i due sessi. L�associazione di rettosigmoidoscopia con strumento flessibile e di clisma opaco con doppio mezzo di contrasto è una scelta alternativa nei paesi anglosassoni, ma l�esecuzione della sola pancolonscopia assicura sensibilità (circa il 94%) e specificità (circa il 100%) elevate sia per la diagnosi di carcinoma che di adenoma, consente (a differenza della sigmoidoscopia) l�esecuzione di biopsie lungo tutto il grosso intestino e può risultare curativa in un unico tempo nel caso di lesioni piccole di natura benigna. Inoltre, almeno in Italia, mancano analisi comparative di costo-efficacia tra le due tecniche; per tali motivi il panel che ha prodotto questa linea guida raccomanda l�esecuzione di una pancolonscopia nel caso di sospetto diagnostico di carcinoma del colon-retto. La pancolonscopia deve consentire la visualizzazione dell�intero colon e del cieco e nel referto dovrebbero essere riportati sia il livello fino a cui è stato possibile condurre l�esame che il giudizio dell�operatore sulle condizioni di pulizia. (Livello di evidenza: III) L�indagine presenta infatti dei limiti di sensibilità, correlati all�operatore, che possono ulteriormente aumentare in caso di condizioni tecniche non adeguate. Qualora, a giudizio dell�operatore, le condizioni di pulizia siano da considerarsi insufficienti, l�esame dovrà essere ripetuto. In caso di difficoltà insormontabili all�esecuzione di una colonscopia di adeguata qualità, dovrà essere eseguito un altro accertamento quale ad esempio, il clisma opaco a doppio mezzo di contrasto. In presenza di soggetti a maggiore rischio di incidenza di carcinoma del colon-retto è necessaria l�attuazione di procedure di sorveglianza, allo scopo di effettuare una diagnosi precoce. (Livello di evidenza: III) Per procedure di sorveglianza s�intendono quelle da adottare per monitorare i pazienti che hanno un maggior rischio di insorgenza di polipi adenomatosi e/o di carcinoma del colon-retto sulla base della anamnesi familiare o personale patologica. In particolare, in questa linea guida, saranno trattate le procedure di sorveglianza consigliate ai:

• pazienti che hanno parenti di primo grado cui è stato diagnosticato un polipo adenomatoso o un carcinoma del colon-retto;

• pazienti con anamnesi familiare patologica di poliposi adenomatosa familiare (FAP) o di sindrome di Gardner;

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• pazienti con anamnesi familiare patologica positiva per carcinoma del colon-retto ereditario non polipotico (HNPCC);

• pazienti con anamnesi personale patologica positiva per polipi adenomatosi; • pazienti con anamnesi personale patologica positiva per carcinoma del colon-retto

pregresso; • pazienti con anamnesi personale patologica per malattia infiammatoria del colon.

In questa linea guida non tratteremo invece delle procedure di screening, intese come le procedure da applicare alla popolazione non esposta a rischi particolari quali quelli in precedenza menzionati, allo scopo di aumentare il tasso di diagnosi precoci. Ai pazienti che hanno parenti di primo grado cui è stato diagnosticato un polipo adenomatoso o un carcinoma del colon-retto in età inferiore a 60 anni, previa spiegazione adeguata, può essere consigliato di eseguire, a partire dall�età di 40 anni: - la determinazione del sangue occulto fecale su tre campioni prelevati in giorni diversi, una volta l�anno; - la pancoloscopia una volta ogni 3 anni nella fascia di età 40-65 anni, una volta ogni cinque anni, nella fascia di età superiore a 65 anni. (Livello di evidenza: IV) In effetti, evidenze derivanti da studi di coorte e caso controllo indicano che i soggetti che hanno un parente di primo grado che ha sofferto di carcinoma del colon-retto hanno un rischio relativo pari a 1,7, mentre se i parenti di primo grado sono due, il rischio sale a 2,75. Peraltro, l�aumento di rischio è limitato alla fascia di età compresa tra i 40 ed i 59 anni e per ogni fascia di età il rischio appare maggiore nei soggetti il cui parente ha sviluppato il tumore ad una età più giovane. Ci sono inoltre evidenze che i parenti di primo grado di pazienti che hanno sviluppato un polipo adenomatoso prima dei 60 anni hanno un rischio aumentato di sviluppare un carcinoma del colon-retto. Per questa popolazione le linee guida dell�American Gastroenterologist Association raccomandano l�esecuzione delle stesse procedure consigliate nello screening, e cioè la determinazione del sangue occulto fecale una volta l�anno e la esecuzione di una sigmoidoscopia una volta ogni cinque anni. Per questi accertamenti eseguiti singolarmente esistono evidenze molto forti circa la loro efficacia nel ridurre la mortalità da cancro del colon-retto, mentre per il loro uso combinato non esistono dimostrazioni altrettanto consistenti, anche se la maggiore efficacia di tale associazione è teoricamente plausibile. Da ultimo, la scelta dell�intervallo di tempo per la ripetizione della colonscopia tiene conto di uno studio randomizzato che evidenzia come la colonscopia sia ugualmente efficace se eseguita a 1 anno o a 1 e 3 anni e di studi osservazionali che evidenziano come solo una piccola percentuale di polipi si formano e progrediscono a carcinoma in un intervallo di 5 anni. Sulla base di questi dati, le linee guida dell�American Gastroenterologist Association consigliano di ripetere la colonscopia ogni 5 anni; peraltro il panel di esperti che ha elaborato questa linea guida ha deciso indicare un intervallo di tre anni nella fascia di età 40-65 anni (la fascia di massima incidenza della neoplasia) e di 5 anni nelle età successive. I pazienti con anamnesi familiare o anamnesi personale positiva o sospetta per poliposi adenomatosa familiare (FAP) o per sindrome di Gardner dovrebbero ricevere una consulenza genetica e prendere in considerazione la possibilità di eseguire gli accertamenti genetici necessari a identificare i portatori della anomalia. (Livello di evidenza: IV) In effetti, i parenti di pazienti con FAP o sindrome di Gardner hanno una probabilità elevata di essere portatori della anomalia genetica, dal momento che questa viene trasmessa con meccanismo autosomico dominante. Poiché i test genetici disponibili sono adeguati a chiarire tale possibilità, si può consigliare ai pazienti la loro esecuzione anche perché la loro probabilità di sviluppare un cancro del colon-retto è pari a quasi il 100%. La consulenza genetica potrà essere inoltre molto utile

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nel decidere, nei casi positivi e d�accordo con il paziente, come procedere nel tempo, tenendo conto che la sola strategia di prevenzione possibile è la proctocolectomia totale. Nei soggetti con test risultato positivo o indeterminato dovrebbe essere eseguita la pancolonscopia una volta l�anno, iniziando dalla età pubere. In alternativa, può essere presa in considerazione, dopo adeguata informazione del paziente, l�opportunità di eseguire la proctocolectomia totale. Nel caso che un soggetto risulti negativo al test genetico, la diagnosi di FAP può essere esclusa solo se almeno uno dei familiari presenta una anomalia genica compatibile con la diagnosi di FAP. (Livello di evidenza: IV) Infatti, qualora tutti i membri del gruppo familiare fossero negativi per anomalie geniche in presenza di una storia compatibile con FAP, la diagnosi non può essere esclusa con certezza ed il risultato del test deve essere considerato indeterminato. In caso di presenza di polipi dovrebbe essere proposta al paziente l�esecuzione della colectomia totale. I pazienti con anamnesi familiare patologica positiva per carcinoma del colon-retto ereditario non polipotico (HNPCC) (per la definizione vedi legenda) dovrebbero ricevere una consulenza genetica e prendere in considerazione la possibilità di eseguire gli accertamenti genetici necessari a identificare i portatori della anomalia. (Livello di evidenza: IV) I criteri di Amsterdam per la diagnosi di HNPCC sono piuttosto restrittivi e pertanto, a discrezione del medico, può essere consigliata la valutazione genetica anche a soggetti che non soddisfano completamente tali criteri. Nei soggetti con test risultato positivo o indeterminato dovrebbe essere eseguita la pancolonscopia una volta l�anno, iniziando dall�età di 20 anni. Inoltre nelle donne dovrebbe essere eseguita una visita ginecologica annuale a partire dai 18 anni e, a partire dai 25 anni, anche una ecografia transvaginale. Inoltre in tutti i soggetti dovrebbero essere eseguiti, una volta all�anno, una ecografia dell�apparato urinario, una visita dermatologica completa e una endoscopia superiore, se nella famiglia si sono avuti casi di cancro gastrico. (Livello di evidenza: IV) Infatti, il rischio di sviluppare il tumore aumenta a partire dai 21 anni, con un picco di incidenza intorno ai 40. E� necessario esplorare sempre l�intero colon a causa della prevalente localizzazione del tumore e dei polipi a carico del colon destro e del trasverso. Non ci sono studi che indicano l�intervallo ottimale tra le colonscopie, e l�intervallo consigliato si basa sul riscontro della rapida trasformazione maligna dei polipi, anche se di piccole dimensioni. • I pazienti con anamnesi positiva per rimozione endoscopica di polipo adenomatoso di

diametro inferiore a 1 cm dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo dopo 5 anni;

• i pazienti con anamnesi positiva per rimozione endoscopica di polipo adenomatoso superiore a 1 cm o di più polipi dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo tre anni dopo la prima colonscopia ;

• i pazienti con anamnesi positiva per asportazione endoscopica di polipi multipli dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo dopo 1 anno;

• in tutti i casi sopra elencati, qualora la pancolonscopia di controllo risulti negativa o positiva per un polipo singolo, piccolo, con istologia di adenoma tubulare, la colonscopia

va ripetuta dopo 5 anni; in tutti gli altri casi va ripetuta dopo altri tre anni.

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(Livello di evidenza: IV) In tutti i casi in cui viene effettuata la rimozione endoscopica di un polipo, dovrebbe essere effettuato il tatuaggio della zona ove è stata effettuata la polipectomia. I pazienti con anamnesi positiva per adenomi sessili piuttosto grandi o adenomi numerosi asportati endoscopicamente dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo sei mesi dopo e successivamente ogni 2-3 anni, a giudizio del medico, in assenza di dati. (Livello di evidenza: IV) Esiste, infatti, la dimostrazione che la polipectomia per via endoscopica seguita da colonscopie di sorveglianza è in grado di ridurre l�incidenza di carcinoma del colon. La scelta dell�intervallo di tempo per la ripetizione della colonscopia tiene conto di uno studio randomizzato che evidenzia come la colonscopia sia ugualmente efficace se eseguita ogni anno o a 1 e 3 anni e da studi osservazionali che evidenziano come solo una piccola percentuale di polipi si formano e progrediscono in un carcinoma in un intervallo inferiore a 5 anni. Per quanto riguarda le procedure di sorveglianza da eseguire nei pazienti con anamnesi personale patologica positiva per carcinoma del colon-retto pregresso, si veda il paragrafo relativo al follow-up. Pazienti con anamnesi personale patologica per malattia infiammatoria del colon dovrebbero eseguire delle colonscopie di sorveglianza con biopsie multiple ad intervalli di uno-due anni a partire da otto anni dopo la prima diagnosi. (Livello di evidenza: IV) Infatti il rischio di incidenza di carcinoma del colon si correla con la durata e l�estensione della malattia infiammatoria; peraltro il rischio associato alla malattia di Crohn è inferiore a quello associato alla colite ulcerativa. La proctite ulcerativa non appare associata ad aumentato rischio di sviluppare tumore e nei pazienti con colite ulcerativa a sola localizzazione sinistra, il rischio è ritardato nel tempo. L�utilità della sorveglianza con colonscopie ripetute nelle malattie infiammatorie del colon è ancora oggetto di studio e pertanto le raccomandazioni sopra riportate riflettono unicamente il parere degli esperti. La colonscopia deve prevedere anche l�esecuzione di biopsie multiple random al fine di evidenziare aree di displasia. La documentazione istopatologica di aree di displasia (anche di grado lieve) costituisce una indicazione alla colectomia profilattica. (Livello di evidenza: IV) Infatti, in corso di malattia infiammatoria del colon, la presenza di displasia può essere associata con un carcinoma del colon fino al 50-60% dei casi.

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3.1 SCHEDA SINOTTICA

DIAGNOSI DEL CANCRO DEL COLON-RETTO E PROCEDURE DI SORVEGLIANZA NEI SOGGETTI A RISCHIO

• In presenza di segni o sintomi sospetti per carcinoma del colon-retto è necessario procedere alla esecuzione di procedure diagnostiche quali l�esplorazione rettale e la pancolonscopia con eventuale prelievo bioptico.

(Livello di evidenza: III) • La pancolonscopia deve consentire la visualizzazione dell�intero colon e del cieco e nel

referto dovrebbero essere riportati sia il livello fino a cui è stato possibile condurre l�esame che il giudizio dell�operatore sulle condizioni di pulizia.

(Livello di evidenza: III) • In presenza di soggetti a maggiore rischio di incidenza di carcinoma del colon-retto è

necessaria l�attuazione di procedure di sorveglianza, allo scopo di effettuare una diagnosi precoce.

(Livello di evidenza: III) • Ai pazienti che hanno parenti di primo grado cui è stato diagnosticato un polipo

adenomatoso o un carcinoma del colon-retto in età inferiore a 60 anni, previa spiegazione adeguata, può essere consigliato di eseguire, a partire dall�età di 40 anni: la determinazione del sangue occulto fecale su tre campioni prelevati in giorni diversi, una volta l�anno; la pancoloscopia una volta ogni 3 anni nella fascia di età 40-65 anni, una volta ogni cinque anni, nella fascia di età superiore a 65 anni. (Livello di evidenza: IV)

• I pazienti con anamnesi familiare o anamnesi personale positiva o sospetta per poliposi

adenomatosa familiare (FAP) o per sindrome di Gardner dovrebbero ricevere una consulenza genetica e prendere in considerazione la possibilità di eseguire gli accertamenti genetici necessari a identificare i portatori della anomalia.

(Livello di evidenza: IV) • Nei soggetti con test risultato positivo o indeterminato dovrebbe essere eseguita la

pancolonscopia una volta l�anno, iniziando dalla età pubere. In alternativa, può essere presa in considerazione, dopo adeguata informazione del paziente, l�opportunità di eseguire la proctocolectomia totale.

(Livello di evidenza: IV) • Nel caso che un soggetto risulti negativo al test genetico la diagnosi di FAP può essere

esclusa solo se almeno uno dei familiari presenta una anomalia genica compatibile con la diagnosi di FAP.

(Livello di evidenza: IV) • In caso di presenza di polipi dovrebbe essere proposta al paziente l�esecuzione della

colectomia totale.

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I pazienti con anamnesi familiare patologica positiva per carcinoma del colon-retto ereditario non polipotico (HNPCC) (per la definizione vedi legenda) dovrebbero ricevere una consulenza genetica e prendere in considerazione la possibilità di eseguire gli accertamenti genetici necessari a identificare i portatori della anomalia. (Livello di evidenza: IV)

• Nei soggetti con test risultato positivo o indeterminato dovrebbe essere eseguita la

pancolonscopia una volta l�anno, iniziando dall�età di 20 anni. Inoltre nelle donne dovrebbe essere eseguita una visita ginecologica annuale a partire dai 18 anni, ed una ecografia transvaginale a partire dai 25 anni.

(Livello di evidenza: IV) • In tutti i soggetti dovrebbero essere eseguite, una volta all�anno, una ecografia

dell�apparato urinario, una visita dermatologica completa e una endoscopia superiore, se nella famiglia si sono avuti casi di cancro gastrico.

(Livello di evidenza: IV) • I pazienti con anamnesi positiva per rimozione endoscopica di polipo adenomatoso di

diametro inferiore a 1 cm dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo dopo 5 anni; i pazienti con anamnesi positiva per rimozione endoscopica di polipo adenomatoso superiore a 1 cm o di più polipi dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo tre anni dopo la prima colonscopia; i pazienti con anamnesi positiva per asportazione endoscopica di polipi multipli dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo dopo 1 anno; in tutti i casi sopra elencati, qualora la pancolonscopia di controllo risulti negativa o positiva per un polipo singolo, piccolo, con istologia di adenoma tubulare, la colonscopia va ripetuta dopo 5 anni; in tutti gli altri casi va ripetuta dopo altri tre anni. (Livello di evidenza: IV)

• I pazienti con anamnesi positiva per adenomi sessili piuttosto grandi o adenomi numerosi asportati endoscopicamente dovrebbero essere sottoposti a pancolonscopia di controllo sei mesi dopo e successivamente ogni 2-3 anni, a giudizio del medico, in assenza di dati. (Livello di evidenza: IV)

• Pazienti con anamnesi personale patologica per malattia infiammatoria del colon

dovrebbero eseguire delle colonscopie di sorveglianza con biopsie multiple ad intervalli di uno-due anni a partire da otto anni dopo la prima diagnosi.

(Livello di evidenza: IV) • La documentazione istopatologica di aree di displasia (anche di grado lieve) costituisce

una indicazione alla colectomia profilattica. (Livello di evidenza: IV)

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4. STADIAZIONE DELLE NEOPLASIE DEL COLON-RETTO PROCEDURE DI STADIAZIONE La stadiazione delle neoplasie del colon e del retto verte sulla valutazione della invasione locale (T), della presenza di linfonodi (N) e di metastasi a distanza (M). 4.1 STADIAZIONE DELLE NEOPLASIE DEL COLON Il procedimento terapeutico di scelta è la resezione chirurgica, pertanto non si ritengono necessarie procedure diagnostiche particolari riguardanti l�invasione locale (T). Ultrasonografia L�ecografia addominale ha una bassa sensibilità per la diagnosi di metastasi epatiche. (Livello di evidenza: III) Essa è del 48-78%. La procedura è operatore-dipendente e condizionata dalla collaborazione e dalla costituzione fisica del paziente. Essa è tuttavia ampiamente diffusa sul territorio e di basso costo perciò può essere utile per una valutazione preliminare. L�ecografia intraoperatoria (IOUS) può rappresentare un�indagine complementare che innalza la sensibilità al 95% per il riconoscimento delle metastasi epatiche, ma va eseguita solo in casi selezionati. (Livello di evidenza: III) Essa è tuttavia operatore-dipendente e non ripetibile. Tomografia Computerizzata (TC) e/o Tomografia Computerizzata spirale (sTC) Sono gli esami di scelta per la stadiazione N ed M e per la valutazione dell�infiltrazione degli organi vicini (T4). (Livello di evidenza: II) Si effettua lo studio dell�addome e della pelvi senza e con mezzo di contrasto iodato. La TC spirale (sTC) ha una maggiore sensibilità per il riconoscimento delle metastasi epatiche e linfonodali ed è preferibile ove possibile. Per le metastasi epatiche maggiori di 1 cm. la sTC ha una sensibilità del 68-79%. L�accuratezza per le metastasi linfonodali è di circa il 60%. Risonanza Magnetica (RM) La RM non ha un potere diagnostico superiore rispetto alla TC per ciò che riguarda la stadiazione N e M e quindi non va eseguita di routine. (Livello di evidenza: III) Si utilizza perciò come problem solving. Viene effettuato lo studio del parenchima epatico prima e dopo iniezione di mezzo di contrasto paramagnetico. E� ancora in fase di studio l�utilizzo di mezzi di contrasto epatospecifici che potrebbero aumentare la sensibilità per la diagnosi di metastasi epatiche. 4.2 STADIAZIONE DELLE NEOPLASIE DEL RETTO L�approccio terapeutico al tumore del retto è molteplice sia dal punto di vista della scelta chirurgica sia dal punto di vista chemio e radioterapico. Si rende necessaria perciò una accurata stadiazione T. (Livello di evidenza: III) Le metastasi da cancro del retto possono, per via emorroidaria, saltare il filtro epatico e raggiungere direttamente il polmone. Questo rende necessario estendere anche al torace le indagini di stadiazione.

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TC spirale di torace, addome e pelvi (sTC) La TC spirale del torace, dell�addome e della pelvi, eseguita senza e con mdc iodato, rappresenta l�esame di prima scelta per la stadiazione del cancro del retto. (Livello di evidenza: II) La sensibilità della sTC per l�invasione perirettale (T2 vs T3) è del 48-55%. L�accuratezza per il riconoscimento dei linfonodi perirettali è del 62-64%. Risonanza Magnetica (RM) La RM può essere impiegata per una più precisa valutazione della T ma la sua esecuzione non va fatta di routine e va concordata con il collega radiologo. (Livello di evidenza: III) L�esame viene effettuato con infusione di mdc paramagnetico. La RM ha una accuratezza per il T e per l�N analoga alla sTC. Utilizzando bobine di superficie (phased-array) si incrementa la accuratezza per la valutazione dell�invasione locale al 67-83% con buona valutazione del mesoretto e delle strutture pelviche circostanti. L�utilizzo delle bobine endorettali (con risoluzione spaziale di 2 mm.) incrementa l�accuratezza per la T al 79-92% e per la N al 78%. Il limite è rappresentato dalle masse neoplastiche voluminose e dalle stenosi serrate che non consentono il posizionamento della bobina. Essa può essere maltollerata con conseguenti artefatti da movimento. Inoltre per il limitato campo di vista offre una ridotta valutazione della fascia mesorettale, del mesoretto e delle strutture pelviche circostanti. Ecografia endoscopica (EUS) Questa tecnica può essere utile nel valutare il grado di invasione parietale ma ha valori di specificità non ottimali; pertanto non va eseguita di routine, ma solo in casi selezionati. (Livello di evidenza: III) L�accuratezza diagnostica è analoga a quella della RM (64-94%). D�altro canto la specificità nel distinguere tra pazienti con lesioni T1-T2 e pazienti con lesioni T3-T4 è dell�83-88% a seconda delle casistiche; c�è quindi un rischio concreto di sovrastadiazione. L�accuratezza diagnostica per la stadiazione di N è del 58-81%, ma la specificità per N è ancora bassa (28% se il cut-off è fissato a 5 mm, 62% se il cut-off è fissato a 7 mm). Inoltre questa tecnica richiede molta esperienza soprattutto per le lesioni stenosanti, per le masse molto voluminose e per le lesioni ultrabasse. E� tuttavia una metodica �real time� quindi è meno disturbata dagli artefatti rispetto alla RM.

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4.3 SCHEDA SINOTTICA STADIAZIONE Neoplasie del colon • L�ecografia addominale ha una bassa sensibilità per la diagnosi di metastasi epatiche. (Livello di evidenza: III) • L�ecografia intraoperatoria può rappresentare un�indagine complementare che innalza la

sensibilità al 95% per il riconoscimento delle metastasi epatiche, ma va eseguita solo in casi selezionati.

(Livello di evidenza: III) • La TC e/o la TC spirale sono gli esami di scelta per la stadiazione N ed M e per la

valutazione dell�infiltrazione degli organi vicini (T4). (Livello di evidenza: II) • La RM non presenta una superiorità rilevante rispetto alla TC per ciò che riguarda la

stadiazione N e M e pertanto non va eseguita di routine. (Livello di evidenza: III) Neoplasie del retto • L�approccio terapeutico al tumore del retto è molteplice sia dal punto di vista della scelta

chirurgica sia dal punto di vista chemio e radioterapico. Si rende necessaria perciò una accurata stadiazione T.

(Livello di evidenza: III) • La TC spirale del torace, dell�addome e della pelvi senza e con mdc iodato rappresenta

l�esame di prima scelta per la stadiazione del cancro del retto. (Livello di evidenza: II) • La RM può essere impiegata per una più precisa valutazione della T ma la sua esecuzione

non va fatta di routine e va concordata con il collega radiologo. (Livello di evidenza: III) • L� ecografia endoscopica (EUS) può essere utile nel valutare il grado di invasione parietale

ma ha valori di specificità non ottimali; pertanto non va eseguita di routine, ma solo in casi selezionati.

(Livello di evidenza: III)

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5. ANATOMIA E ISTOLOGIA PATOLOGICA 5.1 DIAGNOSI ANATOMOPATOLOGICA DELLE BIOPSIE ENDOSCOPICHE Il Prelievo I prelievi bioptici endoscopici possono essere condotti su mucosa macroscopicamente sana, con segni di flogosi, ulcerazione o con presenza di lesioni sporgenti sul piano mucoso (c.d. "polipi"). Ognuna di queste condizioni richiede un adattamento metodologico per quanto attiene il numero e la sede dei prelievi. Per quanto riguarda i "polipi", è indispensabile, quando tecnicamente possibile, la polipectomia endoscopica. Infatti i giudizi diagnostici su biopsie di formazioni polipose (frammenti di polipo) possono essere incompleti in quanto riguardanti i soli frammenti in esame e non applicabili a tutta l'estensione della neoplasia che di per sè può essere molto eterogenea. (Livello di evidenza: III) Pertanto, nel caso di prelievi bioptici condotti sulla testa di un polipo, anche se multipli, il giudizio diagnostico dovrà essere forzatamente limitato ad elementi descrittivi dei campioni in esame (per es: "Frammenti superficiali di adenoma tubulare con displasia lieve"). (Livello di evidenza: III) Le lesioni ulcerate richiedono un accurato campionamento dei bordi e del fondo, tenendo presente che quest'ultimo, specialmente se molto necrotico, fornisce generalmente materiale poco idoneo. (Livello di evidenza: III-IV) Non esiste consenso sul numero minimo di prelievi per garantire una diagnosi di certezza (soprattutto per evitare i falsi negativi in caso di carcinoma), tuttavia la corretta cooperazione tra endoscopista e patologo garantisce la migliore accuratezza diagnostica. (Livello di evidenza: IV) Modalità di conservazione e invio al laboratorio di anatomia patologica e procedimenti tecnici anatomopatologici (App. 9.4.1) Diagnosi istopatologica I requisiti diagnostici minimi concernono: 1) la definizione di istotipo: distinguere gli adenomi (neoplasie) dai polipi giovanili, dai polipi amartomatosi (Peutz-Jeghers), da quelli iperplastici, dagli pseudopolipi, e dalle forme miste iperplastico-adenomatose. 2) In caso di adenomi devono essere caratterizzati: 2a - il tipo istologico architetturale (tubulare, villoso, tubulovilloso) 2b - il grado di displasia 2c - la presenza di carcinoma (adenoma cancerizzato), specificando la presenza di invasione. 2a Tipo istologico I criteri di riferimento sono quelli proposti nella ultima edizione dell�"Histological Typing of Intestinal Tumors'' edita dal WHO. La rigorosa valutazione degli aspetti istologici architetturali è finalizzata al riconoscimento di una significativa componente villosa, essendo tale tipo di architettura correlata al potenziale di trasformazione maligna del polipo e, soprattutto, di sviluppo di lesioni adenomatose colorettali

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sincrone e/o metacrone. In base ai criteri sopra citati si possono distinguere le seguenti tipologie di architetture istologiche: a. Tubulare: ≥ 80% architettura tubulare b. Villoso: ≥ 80% architettura villosa c. Tubulo-villoso: due componenti, ciascuna<80% Istotipi relativamente infrequenti derivano dalla commistione, in una singola formazione poliposa, di componenti adenomatose con cripte iperplastiche (polipi misti iperplastico/adenomatosi) o da aspetti architetturali di tipo iperplastico associati a caratteristiche cito-cariologiche tipicamente displastiche (c.d. adenomi serrati). 2b Grado della displasia Negli adenomi colorettali la displasia è graduata in lieve, moderata e grave. a. Displasia lieve. Architettura generale relativamente conservata, con tubuli ghiandolari solo

lievemente allungati o tortuosi ed iniziali accenni alla gemmazione; perdita del gradiente di differenziazione cellulare dalla base della cripta alla superficie. Nuclei allungati, ingranditi, polarizzati e stratificati.

b. Displasia moderata. Le caratteristiche morfologiche sono intermedie tra quelle della lieve e della grave.

c. Displasia grave. Cripte con ramificazioni e gemmazioni irregolari, variamente coalescenti. Nuclei francamente ipercromici, tondeggianti od ovali, marcatamente ingranditi, nucleolati, per lo più privi di orientamento polare. Le cellule, stratificate, hanno citoplasma omogeneamente denso, senza differenziazione mucipara.

Strutture epiteliali complesse (aspetti cribriformi, crescita back-to-back) costituite da cellule meno differenziate e più polimorfe di quelle della displasia grave sono spesso riportate come �Carcinoma in situ�. Sicura infiltrazione neoplastica limitata alla tonaca propria o che dissocia, ma senza superarla, la muscolaris mucosae viene da molti patologi riferita come �carcinoma intramucoso del colon�. Dal punto di vista istologico entrambe le definizioni sono corrette, ma siccome il carcinoma in situ e, nel grosso intestino, anche il carcinoma intramuco sono privi di potenzialità metastatica, se ne sconsiglia l'uso nella diagnosi finale, comprendendo entrambe le lesioni nella dizione di displasia grave. In uno stesso adenoma sono presenti pressochè costantemente differenti gradi di displasia, il grado diagnostico è basato sulla componente più altamente displastica osservabile, indipendentemente dalla sua estensione nel tessuto adenomatoso. 2c Adenoma cancerizzato Adenoma comprendente area di carcinoma invasivo che supera la muscolaris mucosae e si estende alla tonaca sottomucosa; costituisce la forma più precoce di carcinoma, dotato di potenzialità metastatiche. I1 rischio di metastasi linfonodali è complessivamente del 10%. Si possono tuttavia, sulla base delle caratteristiche patologiche, suddividere due gruppi: uno a basso rischio ed uno ad alto rischio. Tale distinzione é utile al fine di programmare le successive scelte terapeutiche (resezione chirurgica vs follow-up clinico-endoscopico). Parametri istologici predittivi del rischio di metastasi linfonodali 1. Livello di infiltrazione del peduncolo: terzo superficiale, medio e profondo (per definizione il livello negli adenomi cancerizzati ad estrinsecazione sessile é da considerarsi ''profondo''). 2. Stato del margine di resezione endoscopica: specificare se indenne, adenomatoso o carcinomatoso. Quest'ultima evenienza si realizza effettivamente quando si identifichino cellule carcinomatose a meno di 1 mm dal margine, oppure nel contesto della banda di diatermocoagulazione, o ancora entro un campo ad alto ingrandimento da essa.

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3. Grado istologico di differenziazione del carcinoma (Grado I e Il versus III; il carcinoma a cellule ad anello con castone è equiparato al Grado III); segnalazione di eventuale componente anaplastica anche minima. 4. Embolizzazione neoplastica (linfatica e/o venosa) 5. Rapporto quantitativo tra tessuto adenomatoso/carcinoma. Lesioni con piccoli focolai di carcinoma invasivo hanno un potenziale metastatico più basso dei polipi costituiti in prevalenza da carcinoma invasivo. Una lesione poliposa costituita interamente da carcinoma infiltrante la sottomucosa in assenza di residui di tessuto adenomatoso viene classificata come "Carcinoma polipoide": la terapia ed il follow-up dipendono dagli stessi parametri prognostici dell'adenoma cancerizzato. A seguito di ripetute torsioni cui vanno incontro, prevalentemente ma non esclusivamente, gli adenomi con lungo peduncolo, può verificarsi la dislocazione o la erniazione nella sottomucosa di isole di tessuto adenomatoso (c.d. Pseudoinvasione). Se il tessuto distopico è ad alto grado di displasia la diagnosi differenziale con il carcinoma invasivo è piuttosto impegnativa. Caratteristiche a favore della pseudoinvasione sono: - Assenza di reazione desmoplastica nello stroma - Mantello connettivale con le caratteristiche della lamina propria attorno alle ghiandole displastiche - Depositi emosiderinici Carcinoma Valgono tutti i requisiti ed i criteri visti per le biopsie. I prelievi, se molto superficiali e limitati possono rendere impossibile la distinzione tra displasia grave e adenocarcinoma e rendere poco affidabile la definizione del grado di differenziazione.

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5.2 PROCEDURE E CRITERI DIAGNOSTICI ANATOMOPATOLOGICI NELLE RESEZIONI COLO-RETTALI Premessa Un accurato esame anatomopatologico dei pezzi operatori, ottenuti nel corso di interventi per carcinomi del colon-retto è condizione irrinunciabile per stabilire il profilo prognostico relativo al singolo paziente, per adottare eventuali terapie adiuvanti, per ricostruire la storia naturale della malattia e per valutare nel lungo periodo gli effettivi risultati del trattamento. Lo stadio patologico del carcinoma del colon-retto secondo i criteri di Dukes e/o del sistema TNM è un parametro che conserva costantemente un valore prognostico indipendente. Appare pertanto fondamentale l'utilizzo di procedure comunemente condivise al fine di poter rendere confrontabili le varie casistiche. Gli anatomopatologi dispongono già di una qualificata manualistica alla quale fanno riferimento routinariamente; le note riportate qui di seguito sono coerenti con le raccomandazioni contenute in queste pubblicazioni. Conservazione e invio al Laboratorio di Anatomia Patologica (App. 9.4.2) Descrizione macroscopica e campionamento

- Descrivere come è stato inviato il campione (fresco, in formalina, aperto etc.), verificando la corrispondenza tra quanto indicato nel modulo di richiesta, quanto riportato nelle etichette dei contenitori e quanto contenuto nei recipienti.

- Identificare anatomicamente il pezzo operatorio e il tipo di resezione eseguita, descrivere e misurare ciascun segmento anatomico, ivi comprese altre strutture (per es. ileo terminale, canale anale) o altri organi inviati.

- Aprire longitudinalmente il tratto intestinale (se non già fatto) seguendo una tenia ed evitando, se possibile, di tagliare la neoplasia.

- Descrivere la neoplasia: - sede - distanza dal margine di resezione più vicino e da altri riferimenti anatomici, se presenti (per es. linea pettinata, punti di riflessione peritoneale etc.) - sottotipo macroscopico (polipoide, stenosante, ulcerato, infiltrativo) - dimensioni ( 3 se possibili) - profondità dell'infiltrazione

- rapporti ed aspetto della sierosa adiacente al tumore (per es. retratta) - specificando se la neoplasia affiora su un tratto peritonealizzato o su uno privo di

rivestimento sieroso (per es. colon ascendente, retto extraperitoneale etc) - Descrivere gli altri reperti

- presenza di segni di ostruzione (dilatazione prossimale) - presenza di perforazione - stato del rimanente tratto intestinale ( polipi, diverticoli etc.) - stato dei linfonodi - altri organi asportati

- Campionamento I prelievi tissutali da avviare allo studio istopatologico sono finalizzati alla stadiazione, alla ricerca dei fattori prognostici e alla documentazione della radicalità oncologica dell'intervento. Tumore: - almeno due sezioni che comprendano il livello di massima infiltrazione (con l'eventuale sierosa) e la transizione con la mucosa sana circostante. Margini:

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- margini distale e/o prossimale (prelievi circonferenziali) solo se distano meno di 2,5 cm dal bordo della neoplasia. Nel caso di neoplasie molto vicine al margine si eseguono prelievi longitudinali previa inchiostratura del margine di resezione. Per le neoplasie del retto è necessario effettuare sempre un prelievo che comprenda la zona in cui il tumore arriva più vicino al margine di resezione radiale detto anche circonferenziale o laterale (*), anche in questi casi è raccomandabile l'inchiostratura dei piani di resezione chirurgica. Linfonodi: tutti quelli reperiti Altri processi patologici colorettali (polipi, diverticoli, anomalie mucose etc) Altri organi inviati - Procedure opzionali Fotografia del pezzo operatorio Fotocopiatura del pezzo operatorio per documentare i prelievi effettuati Prelievi di mucosa sana Prelievi seriati della parte per lo studio della diffusione intramurale Prelievi per studi speciali (microscopia elettronica, citometria, biologia molecolare, etc.)

(*) Per margine radiale s�intende, nel retto, il piano dei tessuti molli perirettali, lungo il quale è stata condotta la resezione chirurgica.

Formulazione della diagnosi istopatologica La diagnosi finale oltre a riportare i dati dell'esame macroscopico deve contenere le seguenti informazioni diagnostiche obbligatorie: Tipo istologico secondo la classificazione WHO - Adenocarcinoma non altrimenti specificato (NAS) - Carcinoma mucinoso o colloide (>50% del tumore costituito da componente mucoide) - Carcinoma a cellule ad anello con castone (>50% del tumore costituito da cellule ad anello con astone) - Carcinoma adenosquamoso - Carcinoma indifferenziato a piccole cellule - Carcinoma indifferenziato - Altri istotipi (specificare) Grado di differenziazione - Ben differenziato - Moderatamente differenziato - Scarsamente differenziato Profondità di infiltrazione La maggior parte degli Autori concorda nell�opportunità di adottare la classificazione TNM o di utilizzare una terminologia che consenta un facile riferimento ad essa:(*) - Contenuto entro la sottomucosa (pT1) - Infiltrante la muscolare (pT2) - Infiltrante fino alla sottosierosa o al tessuto adiposo non peritonealizzato (pT3) - Infiltrante il peritoneo o gli organi adiacenti (pT4) (*) Per i motivi già discussi nella prima parte, la maggior parte degli Autori non raccomanda l'uso della categoria Tis (carcinoma in situ) includendo questa forma nella displasia grave. Adeguatezza dei margini Specificare se i margini distale, prossimale e radiale sono liberi da proliferazioni neoplastiche, nel caso del margine radiale delle neoplasie rettali è consigliabile riportare la distanza millimetrica minima della neoplasia rispetto ad esso. Stato dei linfonodi regionali Specificare il numero di linfonodi esaminati e il numero di linfonodi metastatici. Per assegnare con certezza un paziente alla categoria pN0 devono essere esaminati almeno12 linfonodi regionali. Metastasi a distanza Altre patologie significative

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Specificare le motivazioni della eventuale mancata valutazione di uno o più fattori prognostici tra quelli elencati. Sono da considerarsi informazioni diagnostiche facoltative le seguenti: - Modalità di accrescimento della neoplasia (espansiva o infiltrativa) - Presenza di infiltrato infiammatorio peritumorale - Invasione vascolare linfatica - Invasione perineurale - Invasione venosa extramurale - Presenza di componente adenomatosa residua - Stadiazione secondo specifici sistemi (per es. TNM. Astler e Coller, AJCC/UICC etc) - Risultati di studi speciali e ancillari (per. es. DNA-ploidia in citometria a flusso o statica, microsatelliti o altre tecniche di biologia molecolare etc.) - Specificazione anatomica delle stazioni linfonodali.

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5.3 SCHEDA SINOTTICA

ANATOMIA E ISTOLOGIA PATOLOGICA

• Per quanto riguarda i "polipi", è indispensabile, quando tecnicamente possibile, la polipectomia endoscopica. Infatti i giudizi diagnostici su biopsie di formazioni polipose (frammenti di polipo) possono essere incompleti in quanto riguardanti i soli frammenti in esame e non applicabili a tutta l'estensione della neoplasia che di per se può essere molto eterogenea. (Livello di evidenza: III)

• Pertanto, nel caso di prelievi bioptici condotti sulla testa di un polipo, anche se

multipli, il giudizio diagnostico dovrà essere forzatamente limitato ad elementi descrittivi dei campioni in esame (per es: "Frammenti superficiali di adenoma tubulare con displasia lieve").

(Livello di evidenza: III)

• Le lesioni ulcerate richiedono un accurato campionamento dei bordi e del fondo, tenendo presente che quest'ultimo, specialmente se molto necrotico, fornisce generalmente materiale poco idoneo.

(Livello di evidenza: III-IV)

• Non esiste consenso sul numero minimo di prelievi per garantire una diagnosi di certezza (soprattutto per evitare i falsi negativi in caso di carcinoma), tuttavia la corretta cooperazione tra endoscopista e patologo garantisce la migliore accuratezza diagnostica.

(Livello di evidenza: IV)

• Un accurato esame anatomopatologico dei pezzi operatori, ottenuti nel corso di interventi per carcinomi del colon-retto, è condizione irrinunciabile per stabilire il profilo prognostico relativo al singolo paziente, per adottare eventuali terapie adiuvanti, per ricostruire la storia naturale della malattia e per valutare nel lungo periodo gli effettivi risultati del trattamento.

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6. TRATTAMENTO 6.1 TERAPIA CHIRURGICA 6.1.1 TERAPIA CHIRURGICA DEL COLON

La chirurgia in elezione

L�esplorazione laparotomica dell�addome è la prima manovra da eseguirsi. Essa consente di evidenziare versamenti peritoneali di lieve entità (prelievo per esame citologico), piccole nodularità peritoneali o della superficie epatica (prelievo per esame istologico), segni di carcinosi peritoneale, che in genere non sono riscontrabili con esame TC. Il lavaggio peritoneale in assenza di versamento peritoneale nel cancro del colon non appare di utilità clinica. L�attenta palpazione bimanuale dei lobi epatici consente di apprezzare eventuali lesioni ripetitve epatiche intraparenchimali. La specificità dell�esame palpatorio epatico nel dimostrare la presenza di metastasi epatiche è del 50% (inferiore a quello di Eco o TC). (Livello di evidenza: III) L�esecuzione di una ecografia epatica intraoperatoria (indispensabile per una corretta stadiazione della malattia se non si esegue la TC ) è in grado di rilevare lesioni ripetitive intraepatiche (anche di diametro < 1 cm) nel 10% dei casi di TC preoperatorie negative. (Livello di evidenza: III) Metastasi epatiche singole inattese, in aree periferiche (conferma con esame eco intraoperatorio e esame estemporaneo) possono essere trattate nel corso dell�intervento chirurgico programmato per resezione colica con resezioni atipiche (weedge) o con segmentectomie con rischio aggiuntivo accettabile. Per lesioni inattese di maggiori dimensioni, per lesioni multiple < 4 unilobari o per lesioni situate in sedi particolari, per le quali è necessaria una resezione epatica più consistente (plurisegmentectomia o lobectomia), la resezione epatica dovrebbe essere differita ad una seconda procedura terapeutica sia perché il rischio operatorio risultante dalla combinazione dei due interventi (resezione colica+resezione epatica) non preventivato è troppo elevato (consenso informato), sia perché è possibile eseguire terapie neoadiuvanti o terapie combinate (resezione + radiofrequenza) che possono migliorare la resecabilità o il risultato a distanza. E� inoltre possibile che si manifestino ulteriori lesioni ripetitive (micrometastasi) durante il periodo di trattamento. La resezione colica deve seguire i classici principi della chirurgia oncologica: a. Resezione del settore di colon interessato dal tumore con margini di sicurezza. Al fine di minimizzare il rischio di recidiva locale anastomotica, si ritiene che sia accettabile un margine di sicurezza di circa 5 cm ad ogni lato del tumore. (Livello di evidenza: III) La lunghezza dell�ileo da resecare, in caso di emicolectomia destra, non sembra invece influire sulla recidiva locale. Invece si deve cercare di resecare il minor tratto possibile di ileo terminale per ridurre l�incidenza di malassorbimento. I pazienti con tumori multipli a livello di diversi tratti di colon possono essere candidati alla esecuzione di colectomia totale con ileo-retto anastomosi. Poiché la lunghezza di colon da resecare è dipendente dal suo supporto vascolare e del corrispondente drenaggio linfatico, altri ritengono un margine di sicurezza da comprendersi tra 5 e 10 cm da ogni lato del tumore, soprattutto per garantire una completa asportazione delle stazioni epi- e paracolici dell�arcata vascolare marginale.

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Resezioni coliche segmentarie sono raramente indicate: non riducono la mortalità o la morbilità, compromettono la radicalità chirurgica e la stadiazione patologica. (Livello di evidenza: III) In circa il 10% dei casi il tumore interessa la parete colica a tutto spessore e si estende per continuità a organi o strutture limitrofe (T4). Questa situazione rappresenta uno dei fattori prognostici indipendenti più sfavorevoli, in grado di aumentare il rischio di decesso di 2,6 volte. La rimozione dell�organo o della struttura infiltrati non sembra modificare la sopravvivenza a 5 o 10 anni. Tuttavia, la resezione dell�organo può essere utile per differenziare all�esame patologico la infiltrazione da una situazione aderenziale infiammatoria, mentre, in un piccolo sottogruppo di neoplasie che non mostrano tendenza a dare metastasi a distanza (M0, N0), la resezione in blocco del colon e del viscere interessato può dare sopravvivenze a 5 anni anche del 70%. b. Exeresi dei peduncoli vascolari principali all�origine per la linfoadenectomia delle stazioni

tributarie. Una linfoadenectomia appropriata necessita di una dissezione linfonodale en bloc portata a livello dell�origine dei vasi nutritizi. (Livello di evidenza: III) Se il tumore primitivo risulta equidistante da due assi vascolari nutritizi, entrambi i vasi e la porzione corrispondente di colon devono essere asportati. Per i tumori a carico del colon sinistro, l�arteria mesenterica inferiore dovrebbe essere sezionata alla sua origine. Tuttavia non vi sono strette evidenze circa il vantaggio oncologico di tale procedura rispetto alla sezione dei vasi sigmoidei; inoltre va tenuto in considerazione la possibilità che la porzione di retto residuo da sede dell�anastomosi possa avere un deficit di irrorazione vascolare (dalle emorroidarie medie) che potrebbe compromettere la tenuta della anastomosi. Linfoadenectomie estese (linfonodi aorto-cavali) non sono generalmente indicate. (Livello di evidenza: III) Non vi è infatti un risultato in senso curativo di tali linfoadenectomie (l�interessamento dei linfonodi aorto-cavali è considerato metastasi a distanza M1); vi può essere una utilità in termini stadiativi (sampling linfonodale se linfoadenectomie sospette). Colectomie laparoscopiche La chirurgia resettiva con intento di radicalità delle neoplasie maligne del colon eseguita per via laparoscopica, allo stato attuale, deve essere eseguita solo nell�ambito di trials clinici. (Livello di evidenza: III) Vi sono dei punti di discussione ancora non risolti in termini di efficacia comparativa rispetto all�approccio classico per via laparotomica e tra questi l�elevata incidenza di recidive nei punti di ingresso dei trocars rimane uno dei principali. Cancro del colon in urgenza Si è sempre più consolidata sulla base delle esperienze cliniche la tendenza a trattare il cancro del colon in urgenza con resezioni radicali ed anastomosi in prima istanza ricorrendo sempre meno ad interventi derivativi (in tre tempi: colostomia � resezione anastomosi � chiusura colostomia) o resettivi-derivativi (Hartmann: resezione e colostomia � anastomosi) anche se va considerata l�assenza di studi prospettici e le riserve presentate da alcuni esperti. (Livello di evidenza: III-IV). Il cancro del colon si presenta in circa il 15%-30% dei casi con un quadro clinico d�urgenza: ostruzione � ileo 75% perforazione � peritonite 15% occlusione + perforazione 10%

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In queste condizioni la mortalità postoperatoria è maggiore che non in condizioni di elezione, oscillando dal 6% al 38% a seconda delle varie casistiche. In generale la mortalità è maggiore per le perforazioni che per gli stati occlusivi in relazione alla maggiore compromissione sistemica delle prime. Il picco di mortalità (40%) si raggiunge per quelle condizioni di perforazione colica a monte di un cancro occludente. In realtà le riserve (resistenze) di alcuni autori riguardano la diffusione dell�approccio in tempo unico di resezione-anastomosi estesa a tutte le condizioni d�urgenza in maniera indiscriminata in assenza di parametri oggettivi di rischio con un giudizio che viene lasciato all�operatore. Tuttavia alcune discriminazioni possono essere fatte. 1) Ostruzione del colon destro. Un intervento di emicolectomia destra (standard o allargata)

anastomosi in tempo unico è l�intervento univocamente considerato di scelta. 2) Occlusione del colon sinistro. E� necessario valutare l�entità della distensione colica:

a. distensione lieve o moderata: resezione anastomosi in tempo unico con due modalità tecniche: - colectomia sub-totale ed anastomosi ileo-colica o ileo-rettale; - emicolectomia sinistra ed anastomosi colo-colica o colo-rettale ed irrigazione colica.

b. distensione severa: colostomia decompressiva seguita a distanza di 10-15 giorni da intervento resettivo definitivo.

3) Perforazione colon destro. Se la perforazione è causata da - tumore localizzato a destra l�intervento di scelta è una emicolectomia destra con anastomosi in unico tempo; - sovradistensione da tumore occludente del colon sinistro l�intervento di scelta dovrebbe essere una colectomia sub-totale con anstamosi ileo-colica (o ileo-rettale in tempo unico).

4) Perforazione del colon sinistro. E� la condizione in cui il giudizio clinico e la scelta terapeutica sono di maggiore incertezza. Se da un lato la resezione colica è da preferirsi poiché elimina la sorgente di contaminazione settica e il possibile seeding neoplastico, la anastomosi appare a maggior rischio di deiscenza e la mortalità appare la più elevata. In questi casi la valutazione dello stato fisiologico e della entità della peritonite possono aiutare nella discriminazione dei singoli casi. a. Perforazione tipo I e II Hinchey con APACHE II score 10 � 15 ➔ resezione anstomosi in

tempo unico (anastomosi colo-colica o colo-rettale e colostomia-ileostomia di protezione oppure colectomia subtotale con anastomosi ileocolica o ileo rettale).

b. Perforazione tipo III e IV di Hinchey con APACHE score <10 ➔ resezione anastomosi in tempo unico.

c. Perforazione tipo III e IV di Hinchey con APACHE score > 10 ➔ intervento di Hartmann.

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6.1.2 TERAPIA CHIRURGICA DEL RETTO Margini di resezione Il limite del margine di resezione distale ideale è ≥ 2cm a partire dal bordo inferiore macroscopico della neoplasia. In considerazione della localizzazione del retto e della necessità di risparmiare gli sfinteri nell�intervento resettivo, per i tumori localizzati a meno di 5 cm dall�orificio anale, la distanza minima del margine di resezione accettabile è di 1 cm. (Livello di evidenza: III) La regola dei 5 cm, stabilita sulla base del lavoro di Grinnell e che prevedeva un margine di sicurezza del livello di resezione distale di almeno 5 cm dal bordo inferiore del tumore, è stata successivamente criticata e rivista sia in considerazione della necessità di procedere ad interventi chirurgici di salvataggio degli sfinteri, sia sulla base di studi patologici che hanno dimostrato come la diffusione intramurale distale sia un evento raro andando oltre 1 cm solo nel 4-10% dei pazienti. Pertanto sia la sopravvivenza a distanza che il tasso di recidiva locale sono considerati accettabili con margini distali di soli 2 cm. In genere, se vi è una diffusione intramurale distale oltre 1,5 cm., essa si associa a tumori scarsamente differenziati con prognosi non buona ed indipendente dalla diffusione distale. Per stabilire la lunghezza del margine di resezione distale, il pezzo va misurato a fresco dopo averlo aperto e disteso. In caso di pezzo operatorio disteso e fissato su tavoletta e formalinizzato, va applicato un fattore correttivo + 12% rispetto al valore ottenuto e corrispondente alla retrazione subita dai margini. In caso di pezzo operatorio fissato in formalina ma non preparato su tavoletta il fattore correttivo dovrà essere + 50%. La lunghezza del margine di resezione prossimale dovrà essere ≥ 5 cm e dovrà essere influenzata principalmente da criteri di appropriato supporto vascolare in relazione al livello di legatura vascolare. (Livello di evidenza: III) Legatura linfovascolare prossimale Il livello di legatura e resezione linfo-vascolare prossimale minimo in caso di neoplasia del retto è localizzato all�origine della arteria rettale superiore, subito al di sotto dell�origine della arteria colica sinistra. (Livello di evidenza: II-III) Il livello della sezione dei vasi e dei linfatici deve comprendere la origine dei vasi che supportano la vascolarizzazione del tratto di colon-retto interessato. Eseguire un livello di resezione linfo-vascolare più alto, come ad esempio la legatura dell�arteria mesenterica inferiore all�origine, anche se è procedura non scorretta da un punto vista tecnico chirurgico, non sembra migliorare la sopravvivenza a distanza, come risulta anche da uno studio multicentrico randomizzato francese. Tuttavia uno studio successivo americano ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti sottoposti a legatura alta del peduncolo vascolare, limitatamente per gli stadi II. Con un livello di sezione portato all�origine della arteria mesenterica inferiore si otterrebbe un miglioramento della stadiazione linfonodale della malattia, con conseguente migliore previsione prognostica, senza tuttavia miglioramento della sopravvivenza. Escissione mesorettale La chirurgia exeretica delle neoplasie rettali deve comprendere l�asportazione di tutto il tessuto mesorettale comprensivo delle strutture vascolari, linfatiche e nervose ivi comprese. Una ampia resezione -�wide anatomic resection�- del tessuto mesorettale deve essere considerata come procedura standard nel cancro del retto. (Livello di evidenza: III)

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Il concetto di resezione anatomica ampia include la dissezione presacrale e radiale del mesoretto, sotto diretta visualizzazione, conservazione della integrità della fascia mesorettale propria, estesa ≥ 4 cm distalmente al limite inferiore del tumore. Questa opzione chirurgica differisce dalla escissione mesorettale totale (TME) che prevede un analogo procedimento tecnico chirurgico ma eseguito sempre, in ogni caso, fino al piano degli elevatori. Ciò comporta invariabilmente l�esecuzione di una anastomosi colo-anale, anche per tumori localizzati al retto superiore ed al retto medio. La diffusione tumorale al mesoretto avviene sia per estensione diretta, sia per interessamento linfonodale o perineurale, sia come depositi mesenterici isolati. Essa rappresenta un importante indicatore della gravità della malattia, così come la corretta asportazione del mesoretto rappresenta una variabile clinica importante. Dati provenienti da valutazioni patologiche su pezzi operatori indicano che un�asportazione del mesoretto eseguita a 4 cm distalmente al tumore può essere considerata sufficiente. Controversa risulta l�indicazione alla esecuzione della escissione mesorettale totale di principio in tutti i cancri del retto non essendo ancora stati pubblicati studi randomizzati che confermino la superiorità in termini di recidiva locale e di sopravvivenza a distanza nei confronti di una escissione �wide�. E� controversa inoltre la proposta degli assertori della escissione mesorettale totale di non eseguire una radioterapia postostoperatoria nei pazienti T3 o N+, confidando sulla completa clearance chirurgica e sul tasso di recidiva locale particolarmente ridotto che risulta dalle loro casistiche. Dissezione linfonodale laterale estesa Allo stato attuale non esistono studi controllati che abbiano dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza per i pazienti sottoposti a linfectomia pelvica laterale. (Livello di evidenza: IV) L�evidenza non è sufficiente per poter raccomandare tale dissezione linfonodale nei pazienti senza sospetto clinico di diffusione metastatica in tale sede. Strategia e tecnica chirurgica La strategia e la tecnica chirurgica per il trattamento dei carcinomi del retto dipendono principalmente dalla sede e dall'estensione della neoplasia e dall�intento presuntivo dell�intervento radicale o palliativo. Nella linea guida viene presa in considerazione la sola opzione radicale, lasciando a valutazioni caso per caso, non standardizzabili, la scelta degli interventi palliativi. La sede della neoplasia è il primo fattore da valutare per determinare il tipo di intervento da eseguire. Carcinoma del giunto retto sigma e del retto intraperitoneale L'intervento di scelta è la resezione anteriore del sigma retto con legatura e sezione della vena mesenterica inferiore al bordo inferiore del pancreas. (Livello di evidenza: III) Per la legatura dell'arteria mesenterica inferiore valgono gli stessi principi e considerazioni enunciate per le resezioni del colon sinistro e del sigma. La sezione all'origine dell'arteria facilita l'abbassamento della flessura splenica per l'anastomosi con il moncone rettale ma espone al rischio di lesioni del plesso nervoso ipogastrico. Essendo stata dimostrata la possibilità di diffusione tumorale in senso distale nel tessuto linfoadiposo del cosiddetto mesoretto fino a 4 cm, ai fini della radicalità oncologica, è necessario che il retto venga isolato e sezionato almeno 4 cm al di sotto del margine macroscopico inferiore della neoplasia. (Livello di evidenza: III)

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Carcinoma del retto extraperitoneale (retto medio e inferiore) Le strategie indicate per il trattamento radicale delle neoplasie del retto extraperitoneale sono: * la resezione anteriore con conservazione dell'apparato sfinterico * l'amputazione del retto addomino-perineale sec.Miles Tra i diversi fattori che condizionano la scelta, di particolare importanza sono: 1. Stadio della neoplasia E� dimostrato che, a parità di stadio, l�amputazione addomino-perineale del retto non riduce il rischio di recidiva locale rispetto alla resezione anteriore del retto. (Livello di evidenza: II) 2. Distanza della neoplasia dal margine anale Generalmente la resezione anteriore del retto, utilizzando le diverse procedure di anastomosi colorettale o colo-anale, è consigliabile nelle neoplasie situate ad almeno 2-3 cm dalla linea dentata (5 cm circa dal margine anale), per le quali è possibile ottenere un margine di clearance distale di almeno 2 cm. (Livello di evidenza: II) Nei casi sottoposti a radioterapia preoperatoria ad alte dosi con buona risposta al trattamento può essere ritenuto sufficiente un margine di clearance distale di 1,5 cm a condizione che tutto il mesoretto venga comunque correttamente asportato (TME). 3. La funzione dell�apparato sfinterico, eventualmente valutata con la manometria Gli interventi di salvataggio dello sfintere debbono essere proposti a pazienti con una funzione sfinterica adeguata a garantire una continenza soddisfacente. (Livello di evidenza: III) Data la elevata età media dei pazienti ed il possibile ricorso a terapie adiuvanti post-operatorie è raccomandato, nei casi dubbi, uno studio funzionale dello sfintere anale, discriminante per la scelta dell�intervento. 4. Il desiderio espresso dal paziente, debitamente informato, di evitare una colostomia definitiva L'amputazione del retto addomino-perineale sec. Miles è consigliabile in tutti quei casi nei quali è controindicata la resezione anteriore con conservazione dell'apparato sfinterico, vale a dire: * nelle neoplasie situate a meno di 2-3 cm dalla linea dentata; * nelle neoplasie fisse alle pareti della pelvi o infiltranti organi attigui quali la prostata o la vagina; * in caso di insufficienza funzionale dell'apparato sfinterico. (Livello di evidenza: III) Escissione locale dei tumori del retto inferiore L'escissione locale per via transanale con metodiche tradizionali o con TEM, (l'escissione transfinterica sec. Mason, o transacrale sec. Localio o transcoccigea sec. Kraske) trova indicazione solo in pazienti ad elevato rischio chirurgico o in pazienti che rifiutano l�intervento tradizionale purchè la neoplasia sia mobile, occupante meno di un terzo della circonferenza inferiore a 3 cm, altamente o moderatamente differenziata e stadiata come T1 all'ecografia transanale. (Livello di evidenza: III-IV)

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Infatti tale tipo di approccio chirurgico è gravato da un rischio di ripresa di malattia neoplastica superiore all�approccio tradizionale; è pertanto indispensabile una chiara e corretta informazione ed il consenso del paziente. Per limitare i rischi di recidiva locale può essere utile la radioterapia postoperatoria. L'escissione locale, associata a radioterapia adiuvante delle neoplasie allo stadio T2, deve essere considerata come trattamento ad intento palliativo. L�escissione locale seguita da radioterapia post-operatoria associata o meno alla chemioterapia, non può essere considerata un trattamento standard nei pazienti affetti da cancro del retto inferiore, a prescindere dalla sua estensione (T1-T3). In questo sottogruppo di pazienti, il trattamento convenzionale è rappresentato dalla chirurgia convenzionale e pertanto l�approccio conservativo va valutato soltanto nell�ambito di studi clinici. (Livello di evidenza: II-III) I dati pubblicati in letteratura, derivanti da studi di fase II, suggeriscono che l�escissione locale seguita da terapia adiuvante (radioterapia ± 5FU per 2-6 cicli) potrebbe essere una alternativa ragionevole alla chirurgia radicale in pazienti selezionati. Questo trattamento dovrebbe essere limitato a pazienti con neoplasia infiltrante la muscolare parzialmente (T2) oppure limitata a mucosa/sottomucosa (T1) ma con fattori prognostici negativi. Nonostante la percentuale di recidive locali sia doppia rispetto a quella ottenuta con chirurgia radicale, circa metà dei fallimenti terapeutici possono essere recuperati dalla chirurgia di salvataggio. In conclusione i risultati pubblicati sono incoraggianti, ma studi randomizzati sono necessari per stabilire se l�approccio conservativo abbia le stesse percentuali di controllo locale e sopravvivenza della chirurgia radicale.

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6.1.3 SCHEDA SINOTTICA TERAPIA CHIRURGICA Terapia chirurgica del colon

• La specificità dell�esame palpatorio epatico nel dimostrare la presenza di metastasi epatiche è del 50% (inferiore a quello di Eco o TC).

(Livello di evidenza: III)

• L�esecuzione di un�ecografia epatica intraoperatoria (indispensabile per una corretta stadiazione della malattia se non si esegue la TC ) è in grado di rilevare lesioni ripetitive intraepatiche (anche di diametro < 1 cm) nel 10% dei casi di TC preoperatorie negative.

(Livello di evidenza: III)

• La resezione colica deve seguire i classici principi della chirurgia oncologica. Resezione del settore di colon interessato dal tumore con margini di sicurezza: al fine di minimizzare il rischio di recidiva locale anastomotica, si ritiene che sia accettabile un margine di sicurezza di circa 5 cm ad ogni lato del tumore.

(Livello di evidenza: III)

• Resezioni coliche segmentarie sono raramente indicate: non riducono la mortalità o la morbilità, compromettono la radicalità chirurgica e la stadiazione patologica.

(Livello di evidenza: III)

• Exeresi dei peduncoli vascolari principali all�origine per la linfoadenectomia delle stazioni tributarie.

Una linfoadenectomia appropriata necessita di una dissezione linfonodale en bloc portata a livello dell�origine dei vasi nutritizi. (Livello di evidenza: III)

• Linfoadenectomie estese (linfonodi aorto-cavali) non sono generalmente indicate.

(Livello di evidenza: III)

• Colectomie laparoscopiche: la chirurgia resettiva con intento di radicalità delle neoplasie maligne del colon, allo stato attuale, deve essere compresa nell�ambito di trials clinici.

(Livello di evidenza: III)

• Si è sempre più consolidata sulla base delle esperienze cliniche la tendenza a trattare il cancro del colon in urgenza con resezioni radicali ed anastomosi in prima istanza ricorrendo sempre meno ad interventi derivativi (in tre tempi: colostomia � resezione anastomosi � chiusura colostomia) o resettivi-derivativi (Hartmann: resezione e colostomia � anastomosi) anche se va considerata l�assenza di studi prospettici e le riserve presentate da alcuni esperti.

(Livello di evidenza: III-IV)

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Terapia chirurgica del retto • Margini di resezione: il limite del margine di resezione distale ideale è ≥ 2cm a partire

dal bordo inferiore macroscopico della neoplasia. In considerazione della localizzazione del retto e della necessità di risparmiare gli sfinteri nell�intervento resettivo, per i tumori localizzati a meno di 5 cm dall�orificio anale, la distanza minima del margine di resezione accettabile è di 1 cm. (Livello di evidenza: III)

• La lunghezza del margine di resezione prossimale dovrà essere ≥ 5 cm e dovrà essere influenzata principalmente da criteri di appropriato supporto vascolare in relazione al livello di legatura vascolare.

(Livello di evidenza: III)

• Legatura linfovascolare prossimale: il livello di legatura e resezione linfo-vascolare prossimale minimo in caso di neoplasia del retto è localizzato all�origine della arteria rettale superiore, subito al di sotto dell�origine della arteria colica sinistra.

(Livello di evidenza: II-III)

• La chirurgia exeretica delle neoplasie rettali deve comprendere l�asportazione di tutto il tessuto mesorettale comprensivo delle strutture vascolari, linfatiche e nervose ivi comprese. Una ampia resezione -�wide anatomic resection�- del tessuto mesorettale deve essere considerata come procedura standard nel cancro del retto.

(Livello di evidenza: III)

• Dissezione linfonodale laterale estesa: allo stato attuale non esistono studi controllati che abbiano dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza per i pazienti sottoposti a linfectomia pelvica laterale.

(Livello di evidenza: IV)

• Carcinoma del giunto retto sigma e del retto intraperitoneale: l'intervento di scelta è la resezione anteriore del sigma retto con legatura e sezione della vena mesenterica inferiore al bordo inferiore del pancreas.

(Livello di evidenza: III)

• Essendo stata dimostrata la possibilità di diffusione tumorale in senso distale nel tessuto linfoadiposo del cosiddetto mesoretto fino a 4 cm, ai fini della radicalità oncologica, è necessario che il retto venga isolato e sezionato almeno 4 cm al di sotto del margine macroscopico inferiore della neoplasia.

(Livello di evidenza: III)

• Carcinoma del retto extraperitoneale (retto medio e inferiore): le strategie indicate per il trattamento radicale delle neoplasie del retto extraperitoneale sono la resezione anteriore con conservazione dell'apparato sfinterico e l'amputazione del retto addomino-perineale sec. Miles.

• Stadio della neoplasia: è dimostrato che, a parità di stadio, l�amputazione addomino-

perineale del retto non riduce il rischio di recidiva locale rispetto alla resezione anteriore del retto.

(Livello di evidenza: II)

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• Distanza della neoplasia dal margine anale: generalmente la resezione anteriore del retto, utilizzando le diverse procedure di anastomosi colorettale o colo-anale, è consigliabile nelle neoplasie situate ad almeno 2-3 cm dalla linea dentata (5 cm circa dal margine anale), per le quali è possibile ottenere un margine di clearance distale di almeno 2 cm.

(Livello di evidenza: II)

• La funzione dell�apparato sfinterico, eventualmente valutata con la manometria: gli interventi di salvataggio dello sfintere debbono essere proposti a pazienti con una funzione sfinterica adeguata a garantire una continenza soddisfacente.

(Livello di evidenza: III)

• Il desiderio espresso dal paziente debitamente informato, di evitare una colostomia definitiva. L'amputazione del retto addomino-perineale sec. Miles è consigliabile in tutti quei casi nei quali è controindicata la resezione anteriore con conservazione dell'apparato sfinterico, vale a dire nelle neoplasie situate a meno di 2-3 cm dalla linea dentata; nelle neoplasie fisse alle pareti della pelvi o infiltranti organi attigui quali la prostata o la vagina; in caso di insufficienza funzionale dell'apparato sfinterico. (Livello di evidenza: III)

• Escissione locale dei tumori del retto inferiore: l'escissione locale per via transanale

con metodiche tradizionali o con TEM, (l'escissione transfinterica sec. Mason, o transacrale sec. Localio o transcoccigea sec. Kraske) trova indicazione solo in pazienti ad elevato rischio chirurgico o in pazienti che rifiutano l�intervento tradizionale purchè la neoplasia sia mobile, occupante meno di un terzo della circonferenza inferiore a 3 cm, altamente o moderatamente differenziata e stadiata come T1 all'ecografia transanale.

(Livello di evidenza: III-IV)

• L�escissione locale seguita da radioterapia post-operatoria associata o meno alla chemioterapia, non può essere considerata un trattamento standard nei pazienti affetti da cancro del retto inferiore, a prescindere dalla sua estensione (T1-T3). In questo sottogruppo di pazienti, il trattamento convenzionale è rappresentato dalla chirurgia convenzionale e pertanto l�approccio conservativo va valutato soltanto nell�ambito di studi clinici.

(Livello di evidenza: II-III)

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6.2 TERAPIA ADIUVANTE 6.2.1 TERAPIA ADIUVANTE DEL CANCRO DEL COLON La chemioterapia adiuvante va proposta a tutti i pazienti con stadio III (stadio C di Dukes) in quanto si è dimostrata in grado di migliorare la sopravvivenza (Livello di evidenza: I) Lo schema chemioterapico standard è rappresentato dalla combinazione di fluorouracile e acido folinico a basse dosi per 6 mesi. (Livello di evidenza: I) Le più importanti informazioni prognostiche nella neoplasia del colon derivano dalla stadiazione patologica chirurgica del tumore primitivo operato. I pazienti con malattia localmente avanzata stadio di Dukes B2, B3, C o stadio TNM II e III del grosso intestino hanno un elevato rischio di ripresa di malattia dopo la sola chirurgia. Nei pazienti con stadio C di Dukes o stadio III (linfonodi positivi) il rischio di morte da cancro nei primi cinque anni, dopo chirurgia, è del 50-70%. Per tale motivo l�aggiunta di una terapia che possa prevenire la ripresa di malattia ha suscitato un grande interesse. Questo approccio al trattamento post-chirurgico chiamato �terapia adiuvante� ha lo scopo di distruggere le metastasi microscopiche e quindi prevenire idealmente la morte per cancro metastatico. Nell�aprile �90 sulla base dei risultati di uno studio multicentrico condotto negli Stati Uniti, la Consensus Conference dell�NCI raccomandava il trattamento precauzionale con fluorouracile e levamisolo somministrato per 12 mesi nei pazienti con carcinoma del colon operato stadio III. Pertanto negli studi successivi veniva eliminato il braccio di controllo con la sola chirurgia e la combinazione di 5FU e levamisolo rappresentava il trattamento standard con cui confrontare i successivi regimi di chemioterapia. Tra questi il primo ad essere valutato è stato il regime a base di fluorouracile e acido folinico. Una meta-analisi eseguita nei pazienti con malattia metastatica mostrava un incremento significativo della risposta, ma non un aumento della sopravvivenza se confrontato con il fluorouracile in monochemioterapia. Recenti pubblicazioni hanno dimostrato che sei mesi di terapia con 5FU e acido folinico hanno un�efficacia simile a dodici mesi di terapia con 5FU e levamisolo. La tossicità può essere considerata simile nei due schemi. Un altro studio tedesco recentemente pubblicato ha messo a confronto il levamisolo e l�acido folinico associati al fluorouracile. Nei pazienti trattati (stadio III), è stata registrata una significativa superiorità della combinazione contenente acido folinico, tanto in termini di prolungamento della sopravvivenza libera da malattia che di riduzione della mortalità. La tollerabilità è apparsa soddisfacente con entrambi i regimi di trattamento. Infine uno studio inglese QUASAR ha confrontato la diversa efficacia di vari regimi. Invece l�efficacia della terapia adiuvante nello stadio II, in cui la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti operati è di circa l�80%, non è ancora dimostrata. Attualmente si sta cercando di identificare sottogruppi di pazienti con stadio II ad alto rischio di ripresa di malattia in base a fattori clinici patologici (perforazione, occlusione, invasione o adesione viscerale, infiltrazione linfatica o venosa o infiltrazione perineurale, grading) e fattori genetici molecolari (mutazioni e/o alterazioni nei proto-oncogeni e nei geni soppressori). Per tale motivo può essere utile inserire i pazienti in studi prospettici randomizzati.

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6.2.2 TERAPIA ADIUVANTE DEL CANCRO DEL RETTO Trattamenti adiuvanti Nonostante il 75% dei casi affetti da cancro del retto venga sottoposto a chirurgia radicale, la sopravvivenza a 5 anni è di circa il 50% a causa della recidiva locale e/o sistemica della malattia. La recidiva locale è presente in circa il 95% dei pazienti con ripresa della malattia e in un 50% di questi rappresenta l�unica sede di malattia. L�incidenza della recidiva locale è correlata allo stadio di malattia; risulta < 5% nello stadio I, 25-40% nello stadio II e 30-70% nello stadio III. D�altra parte la metastasi a distanza può rappresentare la prima evidenza di malattia in circa il 25% dei pazienti. Pertanto questi dati rappresentano un giusto razionale all�uso del trattamento adiuvante nei pazienti affetti da cancro del retto localmente avanzato radicalmente operato e ad alto rischio di recidiva (stadio II-III). Stadio O, Stadio I, non è necessaria alcuna terapia adiuvante. La radio-chemioterapia concomitante post-operatoria è il trattamento di riferimento nei pazienti operati radicalmente per cancro del retto localmente avanzato (stadio T3-T4 o N+). Infatti tale trattamento combinato ha determinato il miglioramento della sopravvivenza globale e libera da malattia. (Livello di evidenza: II) Due studi randomizzati Nordamericani (GITSG 7175, NCCTG) hanno dimostrato il miglioramento del controllo locale e a distanza e di conseguenza della sopravvivenza rispetto alla sola chirurgia e alla associazione chirurgia-radioterapia combinando alla radioterapia la chemioterapia con 5FU e metil-CCNU rispettivamente per 18 e 6 mesi. Questi studi sono stati utilizzati come standard di riferimento nel documento pubblicato dalla NIH Consensus Conference nell�aprile 1990 nel quale è stato stabilito che la radio-chemioterapia adiuvante migliora la sopravvivenza nei pazienti affetti da cancro del retto localmente avanzato radicalmente operato (stadio II-III). La dimostrazione che il coinvolgimento neoplastico del margine circonferenziale è un fattore prognostico importante nel condizionare la recidiva locale ha portato all�applicazione, nella pratica clinica, dell�asportazione totale del mesoretto. A tale proposito, studi retrospettivi hanno dimostrato il miglioramento del controllo locale. Dall�analisi delle casistiche chirurgiche pubblicate, comunque, risulta che mentre la recidiva locale si verifica in circa il 5% dei casi che non hanno linfonodi metastatici (N0) (17, 18), la percentuale sale al 20-25% nei pazienti con linfonodi coinvolti dalla neoplasia (N1-2) (19, 20). Inoltre tale pratica chirurgica può essere associata ad un aumento della morbilità. Pertanto studi ulteriori sono necessari per definire gli eventuali sottogruppi di pazienti che possono non richiedere un trattamento radio-chemioterapico post-operatorio. Il trattamento chemioterapico dovrebbe iniziare entro 45-60 giorni dall�intervento chirurgico. Il farmaco di riferimento nella chemioterapia post-operatoria concomitante la radioterapia è rappresentato dal 5FU somministrato in infusione continua o in bolo e soltanto durante il periodo di trattamento radioterapico. (Livello di evidenza: II) La somministrazione di 5FU soltanto durante la radioterapia non modifica la sopravvivenza rispetto allo schema convenzionale (6 cicli), viceversa consente di ridurre la tossicità del trattamento e di migliorare la �compliance� del paziente al programma terapeutico stabilito. (Livello di evidenza: III) Successivamente alle raccomandazioni della NIH Consensus Conference dell�aprile 1990, sono stati pubblicati due studi che hanno testato il ruolo del metil-CCNU. Le esperienze condotte dal GITSG e dall�Intergroup non hanno dimostrato alcun vantaggio dall�uso della nitrosourea ma solo un aumento della tossicità; pertanto il 5FU è stato considerato il farmaco di scelta come trattamento adiuvante (22, 23). L�obiettivo principale degli studi condotti in seguito nella terapia adiuvante del cancro del retto è stato quello di definire il metodo di somministrazione più efficace del 5FU e il ruolo eventuale della sua modulazione farmacologica. A tale proposito lo studio dell�Intergroup ha

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dimostrato il beneficio dell�infusione continua del 5FU somministrato durante l�intero corso della radioterapia rispetto al farmaco somministrato in bolo in termini di sopravvivenza globale, libera da malattia e percentuale di metastasi a distanza, mentre l�esperienza dell�Intergroup 0114 non ha determinato alcun vantaggio dell�associazione farmacologica rispetto al 5FU da solo nè sulla sopravvivenza né sulle caratteristiche delle recidive, viceversa è stata documentata un aumento della tossicità. Complessivamente negli studi pubblicati di terapia adiuvante combinata, la �compliance� del paziente al trattamento proposto è stata del 65-80%, mentre la tossicità acuta severa (≥ grado 3 sec. WHO) è stata registrata in un 10-60% dei casi. In particolare, l'analisi della tossicità effettuata nell'ambito dello studio randomizzato di terapia adiuvante Mayo/NCCTG ha dimostrato che i pazienti che hanno ricevuto radio-chemioterapia hanno presentato una più alta percentuale di diarrea severa (grado III-IV) rispetto a quella di coloro che sono stati sottoposti alla sola radioterapia. Tossicità ed efficacia del trattamento sono stati gli obiettivi principali di due studi randomizzati di recente pubblicazione. Il gruppo cooperativo Norvegese confrontando chirurgia da sola verso chirurgia seguita da radio-chemioterapia, ha ottenuto un duplice risultato: miglioramento della sopravvivenza globale e libera da malattia nel braccio di combinazione e minima tossicità sia acuta che cronica. Questi risultati sono stati ottenuti somministrando il 5FU in bolo soltanto durante la radioterapia (I e V settimana). Lo studio condotto dal gruppo cooperativo Ellenico ha dimostrato che l�aggiunta della chemioterapia con 5FU ed acido folinico alla radio-chemioterapia concomitante postoperatoria con il 5FU in bolo non ha migliorato la sopravvivenza globale e libera da malattia, viceversa ha determinato l�aumento statisticamente significativo della tossicità. In considerazione di questi dati relativi a tossicità e �compliance� del paziente al trattamento adiuvante convenzionale con 5FU e radioterapia, sono stati condotti numerosi studi tesi a valutare fattibilità e efficacia dell�impiego di nuovi farmaci in associazione alla radioterapia, i cui risultati sono da considerare ancora preliminari. Nei pazienti sottoposti a chirurgia radicale per cancro del retto allo stadio II-III, la sola radioterapia post-operatoria può ridurre l�incidenza delle recidive locali rispetto alla sola chirurgia, ma non consente nessun beneficio sulla sopravvivenza globale e libera da malattia e non può quindi essere considerato il trattamento standard. (Livello di evidenza: II) Dagli studi randomizzati pubblicati in letteratura (NSABP R-01, MRC III, EORTC, Danish, GITSG 7175, Dutch Study) si evince che l�impatto della radioterapia postoperatoria sul controllo locale è risultato statisticamente superiore al braccio di controllo (chirurgia) soltanto nello studio del Medical Research Council Rectal Cancer Working Party e ai limiti della significatività statistica in quello condotto dal NSABP R-01. La sola chemioterapia post-operatoria non può essere il trattamento standard nei pazienti affetti da cancro del retto localmente avanzato radicalmente operato (stadio II-III). (Livello di evidenza: III) Tra circa 20 studi pubblicati in letteratura, solo due trials condotti dal NSABP (R-01, R-02) hanno dimostrato quanto segue: - stessi risultati della chemioterapia rispetto alla radioterapia in termini di sopravvivenza (R-01), - stessi risultati della chemioterapia rispetto alla radio-chemioterapia in termini di sopravvivenza

e di recidive a distanza della malattia (R-02). Studi ulteriori, pertanto, sono necessari per definire il ruolo della chemioterapia adiuvante e i sottogruppi di pazienti meritevoli di tale trattamento. La radioterapia pre-operatoria non può essere considerata un trattamento standard del cancro del retto localmente avanzato (stadio II-III).

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Tale approccio, attualmente, determina il miglioramento del controllo locale rispetto alla sola chirurgia nei pazienti affetti da cancro del retto resecabile (T1-T3). (Livello di evidenza: II-III) Lo Swedish Rectal Cancer Trial è stato il primo studio randomizzato di radioterapia preoperatoria (�short-course�:25 Gy/5 frazioni/1 settimana) che ha dimostrato un aumento statisticamente significativo della sopravvivenza globale nel cancro del retto resecabile (T1-T3). Recentemente sono stati pubblicati i risultati del Dutch CKVO 95-04 trial che ha esaminato nel cancro del retto resecabile (T1-T3), il ruolo del medesimo schema di radioterapia �short-course� prima della chirurgia con escissione totale del mesoretto. Ad un follow-up di 24 mesi, la radioterapia pre-operatoria ha determinato la riduzione statisticamente significativa delle recidive locali ma non il miglioramento della sopravvivenza globale. L�impatto della radioterapia pre-operatoria sul controllo locale di malattia e non sulla sopravvivenza è stato dimostrato anche in altri studi randomizzati e in una recente meta-analisi. L�analisi dettagliata dello studio Svedese e Danese ha consentito di definire che sono stati trattati prevalentemente pazienti con neoplasie ad uno stadio iniziale (T1-T2), la tossicità e la morbilità del trattamento è stata rilevante, la radioterapia �short-course� non può essere utilizzata con la finalità di conservare lo sfintere anale e non può eventualmente essere associata alla chemioterapia per il rischio elevato di tossicità. Pertanto i dati dello studio Svedese e Danese necessitano di conferme ulteriori. La radio-chemioterapia pre-operatoria non può essere considerata un trattamento standard nel cancro del retto resecabile. (Livello di evidenza: II-III) Viceversa, nel cancro del retto non resecabile o marginalmente resecabile (T4), quantunque rappresenti una categoria estremamente eterogenea per la mancanza di una definizione uniforme di resecabilità, la radio-chemioterapia pre-operatoria viene considerata l�opzione terapeutica di scelta. (Livello di evidenza: III-IV) In letteratura è stato pubblicato un solo studio randomizzato, condotto dall�EORTC in cui la radioterapia pre-operatoria è stata confrontata con l�associazione radio-chemioterapica. Quantunque criticato per la dose e la modalità di somministrazione della radioterapia, lo studio non ha documentato alcuna differenza di sopravvivenza tra i due schemi di trattamento. Successivamente questa associazione è stata valutata soltanto nell�ambito di studi clinici non randomizzati in pazienti affetti da cancro del retto extraperitoneale localmente avanzato (cT3-4). La radio-chemioterapia pre-operatoria ha riportato un aumento delle remissioni complete patologiche (15-29% vs 10-12%), minor percentuale di recidive locali (2-5%), e aumento della sopravvivenza globale a 3-5 anni di circa l�80-90% rispetto alla sola radioterapia pre-operatoria. Inoltre è stato documentato il �downstaging� della malattia nel 75% circa dei casi, aumento del numero degli interventi conservativi dello sfintere, aumento del tasso di radicalità nella exeresi di neoplasie giudicate inizialmente non resecabili. La radio-chemioterapia pre-operatoria ha determinato una minore incidenza di tossicità acuta severa (21-28%) e cronica rispetto al trattamento combinato post-operatorio. In considerazione di quanto sopra, sono iniziati sia in Europa che negli Stati Uniti, alcuni trials clinici allo scopo di definire la migliore sequenza terapeutica. Alcuni di questi studi (INT 0147 e NSABP R-03) sono stati chiusi precocemente per problemi connessi all�accrual, mentre altri sono tuttora in corso (EORTC) o hanno completato da poco l�arruolamento previsto ("German and Italian studies").

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Il farmaco di riferimento nella chemioterapia pre-operatoria concomitante la radioterapia è rappresentato dal 5FU somministrato in infusione continua o in bolo. (Livello di evidenza: III) Gli studi pubblicati in letteratura prevedono l�utilizzo del 5FU in associazione o meno all�acido folinico, cisplatino o mitomicina. La numerosità delle casistiche (40-80 pazienti per studio) e la mancanza di studi randomizzati (studio dell�EORTC in corso) non consentono di definire la modalità di somministrazione più efficace del 5FU (bolo vs infusione continua). Trials clinici di fase I-II sono in corso per valutare la fattibilità e l�efficacia dell�uso di nuovi agenti chemioterapici (raltitrexed, oxaliplatino, UFT, CPT 11, capecitabina) in associazione alla radioterapia. Esistono molti aspetti del trattamento multimodale del cancro del retto localmente avanzato (stadio II-III) che sono in discussione. La sequenza ottimale di chirurgia, radioterapia e chemioterapia non è stata ancora definita ed è questo l�obiettivo principale degli studi clinici randomizzati in corso. In considerazione dei dati pubblicati, riteniamo che la radio-chemioterapia post-operatoria possa essere considerata il trattamento di elezione in pazienti affetti da cancro del retto localmente avanzato ad alto rischio di recidiva (stadio II-III). Viceversa, la radio-chemioterapia pre-operatoria può essere considerata il trattamento di scelta nei pazienti affetti da cancro del retto localmente avanzato non resecabile o marginalmente resecabile oppure in pazienti con neoplasia del retto extraperitoneale localmente avanzato (cT3-4) nei quali l�obiettivo principale sia rappresentato dalla preservazione dello sfintere. Presso l′Azienda Ospedaliera di Perugia sono stati attivati due protocolli di studio, rispettivamente di radiochemioterapia preoperatoria nei pazienti affetti da cancro del retto extraperitoneale resecabile e di radiochemioterapia postoperatoria nei pazienti affetti da cancro del retto radicalmente operati e ad alto rischio di recidiva (stadio II/III) Nei pazienti con neoplasia del retto inferiore (T1-T2), l'escissione locale seguita da radioterapia post-operatoria associata o meno alla chemioterapia va effettuata soltanto nell'ambito di uno studio clinico.

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6.2.3. SCHEDA SINOTTICA TERAPIA ADIUVANTE Cancro del colon

• La chemioterapia adiuvante va proposta a tutti i pazienti con stadio III (stadio C di Dukes) in quanto si è dimostrata in grado di migliorare la sopravvivenza

(Livello di evidenza: I) • Lo schema chemioterapico standard è rappresentato dalla combinazione di

fluorouracile e acido folinico a basse dosi per 6 mesi. (Livello di evidenza: I) Cancro del retto

• La radio-chemioterapia concomitante post-operatoria è il trattamento di riferimento nei pazienti operati radicalmente per cancro del retto localmente avanzato (stadio T3-T4 o N+). Infatti tale trattamento combinato ha determinato il miglioramento della sopravvivenza globale e libera da malattia.

(Livello di evidenza: II)

• Il trattamento chemioterapico dovrebbe iniziare entro 45-60 giorni dall�intervento chirurgico. Il farmaco di riferimento nella chemioterapia post-operatoria concomitante la radioterapia è rappresentato dal 5FU somministrato in infusione continua o in bolo e soltanto durante il periodo di trattamento radioterapico.

(Livello di evidenza: II)

• La somministrazione di 5FU soltanto durante la radioterapia non modifica la sopravvivenza rispetto allo schema convenzionale (6 cicli), viceversa consente di ridurre la tossicità del trattamento e di migliorare la �compliance� del paziente al programma terapeutico stabilito.

(Livello di evidenza: III)

• Nei pazienti sottoposti a chirurgia radicale per cancro del retto allo stadio II-III, la sola radioterapia post-operatoria può ridurre l�incidenza delle recidive locali rispetto alla sola chirurgia, ma non consente nessun beneficio sulla sopravvivenza globale e libera da malattia e non può quindi essere considerato il trattamento standard.

(Livello di evidenza: II)

• La sola chemioterapia post-operatoria non può essere il trattamento standard nei pazienti affetti da cancro del retto localmente avanzato radicalmente operato (stadio II-III).

(Livello di evidenza: III)

• La radioterapia pre-operatoria non può essere considerata un trattamento standard del cancro del retto localmente avanzato (stadio II-III).

Tale approccio, attualmente, determina il miglioramento del controllo locale rispetto alla sola chirurgia nei pazienti affetti da cancro del retto resecabile (T1-T3). (Livello di evidenza: II-III)

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• La radio-chemioterapia pre-operatoria non può essere considerata un trattamento

standard nel cancro del retto resecabile. (Livello di evidenza: II-III)

• Viceversa, nel cancro del retto non resecabile o marginalmente resecabile (T4), quantunque rappresenti una categoria estremamente eterogenea per la mancanza di una definizione uniforme di resecabilità, la radio-chemioterapia pre-operatoria viene considerata l�opzione terapeutica di scelta.

(Livello di evidenza: III-IV)

• Il farmaco di riferimento nella chemioterapia pre-operatoria concomitante la radioterapia è rappresentato dal 5FU somministrato in infusione continua o in bolo.

(Livello di evidenza: III)

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6.3 TERAPIA DEGLI STADI AVANZATI Il trattamento standard di I linea è al momento rappresentato dalla chemioterapia con CPT-11 in combinazione con fluorouracile e acido folinico. (Livello di evidenza: I) La prognosi dei pazienti con neoplasia del colon-retto avanzata rimane infausta, nonostante la chemioterapia abbia determinato un prolungamento della sopravvivenza ed un miglioramento della qualità della vita rispetto alla sola terapia di supporto. Fino a qualche anno fa le possibilità terapeutiche erano limitate all�uso del fluorouracile (5FU). Circa il 20% dei pazienti trattati con questo farmaco potevano ottenere una remissione parziale di malattia (riduzione >al 50% delle lesioni misurabili). Nel tempo è stato osservato che modificazioni nella modalità di somministrazione del fluorouracile e la modulazione biochimica del 5FU con acido folinico miglioravano le percentuali di risposta. Per quanto riguarda il primo aspetto, alcuni studi controllati e alcune meta-analisi hanno suggerito che il 5FU in infusione continua, anche se più costoso, produce una maggiore percentuale di risposte rispetto alla somministrazione in bolo. In ogni caso non si dimostravano differenze significative in sopravvivenza tra le due modalità di somministrazione. Riguardo al secondo aspetto, una meta-analisi di nove studi randomizzati che confrontavano il 5FU e acido folinico con il solo 5FU ha rilevato un aumento delle risposte ma non un vantaggio in sopravvivenza. Possiamo concludere che negli anni �90 il 5FU e acido folinico ha rappresentato il trattamento standard per i pazienti affetti da carcinoma avanzato del colon-retto. Negli ultimi anni sono stati sperimentati nuovi agenti citotossici tra i quali gli inibitori delle topoisomerasi, i nuovi composti del platino, il raltitrexed e le nuove formulazioni orali delle fluoropirimidine. Il CPT-11 (irinotecan) combinato con 5FU e acido folinico sia in infusione che in bolo, è risultato superiore al solo 5FU+acido folinico sia in termini di risposta obiettiva, di tempo alla progressione e di sopravvivenza globale. In base a tali risultati l�FDA ha registrato questo farmaco per l�impiego in prima linea nel trattamento del colon retto avanzato. Se i pazienti hanno ricevuto il trattamento standard la II linea potrebbe prevedere l�uso di oxaliplatino. (Livello di evidenza: II) Non esistono studi di confronto tra la terapia di supporto ed una III linea di chemioterapia: pertanto i pazienti candidati ad ulteriori trattamenti dopo due linee di chemioterapia, dovrebbero essere inseriti in protocolli clinici. Il raltitrexed e le nuove formulazioni orali delle fluoropirimidine (capecitabina, l�UFT e l�etiniluracile) hanno dimostrato in studi clinici controllati, di avere un�efficacia ed una tossicità simile al 5FU in infusione continua e al 5FU+acido folinico. Tali farmaci sono molto costosi e pertanto devono essere eseguiti analisi costo-utilità rispetto a trattamenti standard per poter valutare il loro utilizzo nella pratica clinica. Al momento sono in corso studi in cui tali farmaci vengono associati all�irinotecan e all�oxaliplatino. Una seconda linea di chemioterapia dovrebbe considerare il trattamento eseguito in prima linea.

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6.3.1 SCHEDA SINOTTICA TERAPIA DEGLI STADI AVANZATI

• Il trattamento standard di I linea è al momento rappresentato dalla chemioterapia con CPT-11 in combinazione con fluorouracile e acido folinico.

(Livello di evidenza: I)

• Se i pazienti hanno ricevuto il trattamento standard, la II linea potrebbe prevedere l�uso di oxaliplatino.

(Livello di evidenza: II)

• Non esistono studi di confronto tra la terapia di supporto ed una III linea di chemioterapia: pertanto i pazienti candidati ad ulteriori trattamenti dopo due linee di chemioterapia, dovrebbero essere inseriti in protocolli clinici.

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6.4 TERAPIA DELLE RECIDIVE LOCOREGIONALI DEL RETTO Il trattamento delle recidive locali del cancro del retto dipende: dall�estensione della recidiva, dalla presenza o meno di metastasi a distanza, dai pregressi trattamenti, dalle condizioni generali del paziente e dalla sintomatologia riferita dal paziente. (Livello di evidenza: III) 6.4.1 TERAPIA CHIRURGICA Non esistono studi clinici comparativi e randomizzati che dimostrano una efficacia dell�intervento chirurgico di asportazione della recidiva locale di cancro del retto nel migliorare la sopravvivenza. In casi selezionati è possibile ottenere un miglioramento della qualità della vita. (Livello di evidenza: IV) Al fine di rendere più omogenea e standardizzabile la definizione e la terapia delle recidive locali, viene riportata la classificazione interdisciplinare proposta da Wanebo nel 1999: TR 1-2 Locale minima

Anastomotica TR 3 Full-thickness ( = T3 ) + grasso peri-rettale TR 4 Infiltrazione di organi adiacenti:

• Anteriore: VAGINA-UTERO VESCICA-PROSTATA VESCICHETTE SEMINALI

• Posteriore: TESSUTO PERI-SACRALE non fisso TR 5* Infiltrazione estesa della pelvi ( pareti scavo pelvico, sacro)

• tipica dopo Amputazione Addomino-Perineale (AAP) Il trattamento chirurgico può avere intento curativo o palliativo. La percentuale di resecabilità delle recidive locali varia dal 20-87% dei casi, con un 7-50% dei casi in cui è possibile eseguire un intervento curativo. (Livello di evidenza: IV) Il tipo di chirurgia dipende dalla estensione della recidiva, dal tipo di chirurgia precedentemente eseguita e dalle eventuali precedenti terapie adiuvanti (quando non eseguite dovrebbero sempre precedere un reintervento). Le forme TR 1-2-3 tipiche dopo interventi di resezione anteriore del retto e dopo TEM (escissione trans-sfinterica secondo Mason) possono essere sottoposte a chirurgia con intento radicale. Si propone un intervento di resezione anteriore del retto se l�anastomosi colo-rettale precedente era alta, o in alternativa una AAP. Le forme TR4 anteriori e posteriori sono raramente suscettibili di chirurgia curativa. Gli interventi proposti sono l�amputazione addomino-perineale o in alternativa l�exenteratio pelvica o la resezione addomino-sacrale. Tenuto conto della morbilità e mortalità per questo tipo di intervento è opportuna una accurata valutazione dei criteri di operabilità generale e locale, oltre che un�accurata informazione del paziente. La chirurgia palliativa delle recidive locali prevede l�esecuzione di colostomie vs laserterapia endoscopica o stent, solo in caso di complicanze occlusive. (Livello di evidenza: IV)

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6.4.2 RADIOTERAPIA La radioterapia, associata o meno alla chemioterapia, viene impiegata nel trattamento delle recidive pelviche da cancro del retto, sia come terapia adiuvante alla chirurgia che come terapia esclusiva a scopo palliativo nei casi inoperabili. A tutt�oggi comunque, al di fuori di studi clinici, non è stato definito uno standard terapeutico e il trattamento multimodale (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) è da considerarsi ancora investigazionale. (Livello di evidenza: III) Nonostante non esistano delle informazioni disponibili in letteratura, è opinione comune che la radioterapia da sola possa offrire un discreto contributo al controllo dei sintomi (70-80% dei casi) e in particolare del dolore, anche se per un periodo limitato. Incerto è il suo ruolo nel prolungamento della sopravvivenza. I migliori risultati sembrano comunque ottenibili mediante l�integrazione della radioterapia con la chemioterapia concomitante, che consentirebbe di ricondurre alla resecabilità la recidiva pelvica in analogia con quanto emerso nel trattamento dei tumori primitivi localmente avanzati. Esperienze condotte nei Centri dove più attiva è la collaborazione fra specialisti e dove sono presenti protocolli di trattamento, hanno evidenziato la possibilità di ottenere nei pazienti resecati sopravvivenze a 5 anni superiori al 50%. La mancanza di una classificazione delle recidive rende difficoltoso il confronto fra le varie esperienze pubblicate in letteratura e la programmazione di trattamenti modulati sull�estensione della malattia. Rare sono le proposte di stadiazione; esse sono definite in funzione della resecabilità della lesione e si basano sulla sede della recidiva o sul numero delle pareti pelviche infiltrate. La classificazione proposta da Suzuki distingue le recidive locali in 5 sottogruppi:

F0 non contatto pelvico (anastomosi) F1 contatto su un lato pelvico F2 contatto su due lati pelvici F3 contatto su tre lati pelvici F4 infiltrazione ossea (sacro-coccige)

In mancanza di dati di letteratura che possano definire lo standard terapeutico delle recidive pelviche da cancro del retto, la classificazione di Suzuki rappresenta un tentativo di identificare sottogruppi di pazienti a prognosi diversa (da F0 a F4) in base alla possibilità di effettuare una chirurgia radicale. Pertanto nei casi F0, categoria a prognosi migliore, la chirurgia può rappresentare lo standard terapeutico; nei casi F4, categoria a prognosi peggiore, la radioterapia esclusiva con intento palliativo può costituire l�opzione di scelta e infine nei casi F1-F3, definiti �borderline� (il sottogruppo più rappresentativo) la radiochemioterapia preoperatoria potrebbe essere utilizzata per ricondurre la malattia all�operabilità. In attesa di studi clinici che possano confermare la correttezza di tale algoritmo terapeutico, il trattamento deve essere adeguato alle caratteristiche del paziente come frutto della collaborazione tra i singoli specialisti. 6.4.3. CHEMIOTERAPIA Per quanto attiene al trattamento adiuvante delle recidive del cancro del retto, si rimanda alla terapia delle forme avanzate.

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6.4.4 SCHEDA SINOTTICA TERAPIA DELLE RECIDIVE LOCOREGIONALI DEL RETTO

• Il trattamento delle recidive locali del cancro del retto dipende: dall�estensione della recidiva, dalla presenza o meno di metastasi a distanza, dai pregressi trattamenti, dalle condizioni generali del paziente e dalla sintomatologia riferita dal paziente.

(Livello di evidenza: III) Terapia chirurgica

• Non esistono studi clinici comparati randomizzati che dimostrano una efficacia in termini di sopravvivenza, nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per recidiva locale del cancro del retto.

In casi selezionati è possibile ottenere un miglioramento della qualità della vita. (Livello di evidenza: IV)

• Il trattamento chirurgico può avere intento curativo o palliativo. La percentuale di resecabilità delle recidive locali varia dal 20-87% dei casi, con un 7-50% dei casi in cui è possibile eseguire un intervento curativo.

(Livello di evidenza: IV)

• La chirurgia palliativa delle recidive locali prevede l�esecuzione di colostomie vs laserterapia endoscopica o stent, solo in caso di complicanze occlusive.

(Livello di evidenza: IV) Radioterapia

• La radioterapia, associata o meno alla chemioterapia, viene impiegata nel trattamento delle recidive pelviche da cancro del retto, sia come terapia adiuvante alla chirurgia che come terapia esclusiva a scopo palliativo nei casi inoperabili.

A tutt�oggi comunque, al di fuori di studi clinici, non è stato definito uno standard terapeutico e il trattamento multimodale (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) è da considerarsi ancora investigazionale. (Livello di evidenza: III)

Chemioterapia

• Per quanto attiene al trattamento adiuvante delle recidive del cancro del retto, si rimanda alla terapia delle forme avanzate.

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7. FOLLOW-UP Nei pazienti affetti da cancro del colon e del retto studi clinici prospettici randomizzati e metanalisi non sono stati in grado di dimostrare un effetto positivo in termini di sopravvivenza nei pazienti sottoposti a programma di follow-up intensivo. (Livello di evidenza: I-II) Il follow-up del cancro colo-rettale è ancora argomento dibattuto. Le principali discussioni riguardano la necessità di eseguire o no un follow-up e quale tipo di follow-up eseguire. I principali obiettivi di un follow up sono: - diagnosticare precocemente (in fase sub-clinica) il maggior numero di metastasi/recidive o di

seconde neoplasie allo scopo di eseguire un trattamento che influisca sulla sopravvivenza del paziente;

- controllare a distanza il risultato del trattamento eseguito; - informare il paziente sulla evoluzione della malattia. Allo stesso tempo un programma di follow-up comporta alcune problematiche: - costi - possibilità di provocare stati di stress e ansietà al paziente - difficoltà nel documentare precocemente la presenza di recidiva o di metastasi - difficoltà nel provare un reale vantaggio clinico nei pazienti sottoposti a follow-up anche stretto. I dati riassuntivi dei trials randomizzati sono riassunti nella tabella I che mostra come non vi sia differenza statisticamente significativa in termini di sopravvivenza a distanza tra pazienti sottoposti a follow-up intensivo nei confronti dei pazienti sottoposti ad un follow-up minimo o convenzionale o, addirittura, dei pazienti non sottoposti ad alcun follow-up. AUTORE ANNO N°CASI DURATA GRUPPI SOPRAVV.5 A. p Ohlsson 1995 107 6,8 anni Intensivo vs non follow-up 75% vs 67% ns Makela 1995 106 >5 anni Intensivo vs convenzionale 59% vs 54% ns Kjeldsen 1997 597 >5 anni Intensivo vs non intensivo 70% vs 68% ns Schoemaker 1998 325 >5 anni Intensivo vs standard 78% vs 72% ns I dati dei trials randomizzati sono stati confermati da una successiva metanalisi i cui dati riassuntivi sono riportati di seguito: AUTORE ANNO N°CASI GRUPPI SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI* Rosen 1998 2005 2 trials, 3 studi comparativi a

coorte 1,16%

6641 14 studi di singole coorti 1,13% * per il gruppo a follow up intensivo

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Pertanto viene proposto il seguente iter di esami diagnostici per il follow-up ed i tempi relativi: In caso di segni o sintomi o dati clinico-strumentali sospetti di recidive /metastasi si avviano tutte le procedure diagnostiche necessarie (TC, RM, biopsie, etc.) FOLLOW-UP

Mesi 6 9 12 15 18 21 24 30 36 42 48 54 60 Esame clinico X X X X X X X X Esami ematochimici X X X X X X X X CEA X X X X X X X X X X X X X Ecografia X X X X X X X Colonscopia* X TC Rx Torace * Se negativa ad 1 anno, si ripete dopo 3 anni

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7.1 SCHEDA SINOTTICA

FOLLOW-UP

• Nei pazienti affetti da cancro del colon e del retto studi clinici prospettici randomizzati e metanalisi non sono stati in grado di dimostrare un effetto positivo in termini di sopravvivenza nei pazienti sottoposti a programma di follow-up intensivo.

(Livello di evidenza: I-II)

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8.3 Anatomia e istologia patologica

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9.1 Appendice 1 LIVELLI DI EVIDENZA

Livello Tipo di evidenza

I

Evidenza ottenuta da più studi clinici randomizzati, controllati, di

disegno adeguato e dimensioni tali da assicurare un basso rischio di

risultati falsi positivi o falsi negativi; oppure evidenza ottenuta da

meta-analisi di studi clinici delle caratteristiche sopra descritte

II

Evidenza ottenuta da almeno uno studio randomizzato di disegno

adeguato, oppure da più studi randomizzati di bassa potenza (rischio

elevato di falsi positivi o falsi negativi)

III Evidenza ottenuta da studi clinici non randomizzati, studi controllati,

studi coorte, studi caso-controllo, �cross sectional�, serie di casi

IV

Basata sull�opinione di esperti autorevoli o di concomitanti esperti

come indicato in linee-guida o consensus conferences pubblicate

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9.2 Appendice 2

CLASSIFICAZIONE TNM E STADIAZIONE DEI TUMORI DEL COLON-RETTO

Classificazione clinica TNM

T Tumore primitivo

T Tumore primitivo

TX Tumore primitivo non definibile

T0 Tumore primitivo non evidenziabile

Tis Carcinoma in situ: intraepiteliale o invasione della lamina propria1

T1 Tumore che invade la sottomucosa

T2 Tumore che invade la muscolare propria

T3 Tumore con invasione attraverso la muscolare propria nella sottosierosa o nei tessuti pericolici

o perirettali non ricoperti dal peritoneo

T4 Tumore che invade direttamente altri organi o strutture2 e/o perfora il peritoneo viscerale

Note: 1. Tis comprende le cellule tumorali confinate all�interno della membrana basale ghiandolare

(intraepiteliale) o della lamina propria (intramucosa) che non raggiungono, attraverso la

muscolaris mucosae, la sottomucosa.

2. L�invasione diretta in T4 comprende l�invasione di altri segmenti del colon-retto

attraverso la sierosa: per esempio, l�invasione del colon sigmoideo da un carcinoma del

ceco.

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N Linfonodi regionali

NX Linfonodi regionali non valutabili

N0 Linfonodi regionali liberi da metastasi

N1 Metastasi in 1-3 linfonodi regionali

N2 Metastasi in 4 o più linfonodi regionali

Note: Un nodulo neoplastico con un diametro maggiore di 3 mm nel tessuto adiposo perirettale o

pericolico, senza evidenza istologica di tessuto linfatico residuo, viene classificato come

metastasi linfatica regionale. Tuttavia un nodulo neoplastico di diametro massimo di 3 mm

viene classificato nella categoria T come una diffusione neoplastica discontinua, vale a dire

T3.

M Metastasi a distanza

MX Metastasi a distanza non accertabili

M0 Metastasi a distanza assenti

M1 Metastasi a distanza presenti

Classificazione patologica pTNM

Le categorie pT, pN e pM corrispondono alle categorie T, N e M.

pNO L�esame istologico di un pezzo operatorio di linfoadenectomia regionale include di norma

12 o più linfonodi.

Raggruppamento in stadi

T N M

Stadio 0 Tis N0 M0

Stadio I T1 N0 M0

T2 N0 M0

Stadio II T3/T/4 N0 M0

Stadio III Any T N1/N2 M0

Stadio IV Any T Any N M1

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9.3 Appendice 3

ECOG SCALA DEL PERFORMANCE STATUS

Grado Criteri

0

Pienamente attivo, capace di portare avanti tutte le attività pre-

malattia senza restrizioni (Karnofsky 90-100)

1

Con restrizioni nelle attività fisiche faticose ma in grado di

camminare e capace di intraprendere attività lavorative di natura

leggera o sedentaria, per esempio, lavori di casa leggeri o lavori

d�ufficio (Karnofsky 70-80)

2 In grado di camminare e di prendersi cura di sé ma incapace di

qualsiasi attività lavorativa.

Attivo 50%> delle ore di veglia (Karnofsky 50-60)

3

Capace di limitata cura di sé, confinato su sedia a rotelle o a letto

50%> delle ore di veglia (Karnofsky 30-40)

4

Completamente disabile, incapace di qualsiasi tipo di cura di sé

totalmente confinato a letto o su sedia a rotelle (Karnofsky 10-20)

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9.4 Appendice 4

ANATOMIA PATOLOGICA 9.4.1.MODALITÀ DI CONSERVAZIONE E INVIO AL LABORATORIO DI ANATOMIA PATOLOGICA E PROCEDIMENTI TECNICI ANATOMOPATOLOGICI. BIOPSIE ENDOSCOPICHE 1. Conservazione e invio al laboratorio di Anatomia Patologica I prelievi bioptici e le polipectomie devono essere: 1. raccolti con la massima cura evitando traumatismi meccanici. 2. (auspicabilmente) orientati adagiandoli su carta da filtro o su supporto equivalente 3. immersi sollecitamente in liquido fissativo (formalina tamponata al 4%) allo scopo di evitare essiccamenti e fenomeni autolitici. 4. identificati chiaramente e, se relativi ad aree anatomiche diverse, inviati in contenitori separati. Nel caso delle polipectomie può essere opportuna l'identificazione del margine di resezione mediante colorante vitale o idoneo repere applicati dall'endoscopista prima della fissazione. 2. Notizie cliniche indispensabili a. Dati anagrafici completi b.Storia personale: precedenti adenomi/carcinomi del grosso intestino, malattie infiammatorie del grosso intestino, neoplasie intestinali ed extraintestinali c. Storia familiare allargata: FAP, HNPCC, di adenomi/carcinomi del grosso intestino, d. Esami clinico strumentali: endoscopici, laboratoristici, radiologici e. Diagnosi clinica f. Tipo e data della procedura endoscopica: 1. Biopsie (numero e sede) 2. Polipectomia (numero e sede) 3. Procedimenti tecnici e diagnostici nel laboratorio di Anatomia Patologica Biopsie I prelievi bioptici, quando multipli, vanno orientati (cfr. punto B), inclusi sullo stesso piano nel blocchetto di paraffina e sezionati micrometricamente a più livelli. La colorazione di routine con ematossilina-eosina consente la diagnosi nella maggioranza dei casi. Polipectomie Esame macroscopico a. definizione degli aspetti macroscopici (sessile, peduncolato, piatto) b. dimensioni: vengono definite dal maggior diametro e, se significativi, dai due diametri minori, escludendo dalle misurazioni i segmenti di pertinenza del peduncolo, ove macroscopicamente identificabili c. presenza (misurazione di lunghezza e diametro) / assenza di peduncolo d. margine di resezione endoscopica. La sua identificazione, agevole nelle lesioni peduncolate appena resecate, può diventare problematica dopo fissazione in formalina (cfr. punto B). Se non già marcato dall�endoscopista può essere utilmente evidenziato con inchiostro di china dall�anatomopatologo. Campionamento E� finalizzato alla corretta valutazione di: a. margine di resezione

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b. rapporti tra epitelio ed asse stromale. Il metodo più sicuro consiste nella separazione delle due calotte laterali del polipo dalla porzione centrale. Le sezioni istologiche di quest'ultima porzione garantiscono che l'interfaccia epitelio/stroma sia valutata su una ampia superficie. Ulteriori sezioni parallele al taglio sagittale sono auspicabili pr i polipi di diametro trasversale superiore ai 2 cm. La settorializzazione della sezione medio-sagittale é prevista per polipi di dimensioni tali da non potere essere inclusi in un unico blocchetto. 9.4.2. CONSERVAZIONE E INVIO AL LABORATORIO DI ANATOMIA PATOLOGICA. RESEZIONI COLO-RETTALI Il chirurgo dovrebbe astenersi dal praticare tagli o incisioni sul materiale asportato in modo da non compromettere il successivo esame macroscopico, dovrà invece apporre idonei punti di repere per il corretto orientamento del materiale con particolare riferimento ai margini di resezione, specialmente quando questi vengono inviati separatamente sottoforma di anelli ottenuti con suturatrice meccanica o nel caso di problematiche particolari quali il c.d. mesoretto. Anche se non indispensabile può essere utile l'identificazione dei peduncoli vascolari ai fini di una più agevole localizzazione delle stazioni linfonodali. I tratti di intestino devono essere, di norma, inviati sollecitamente e non fissati in contenitori idonei che ne impediscano l'essiccamento.(*) Nell'impossibilità dell'invio allo stato fresco, si consiglia di collocare il pezzo in recipienti di ampiezza adeguata con abbondante fissativo (formalina tamponata al 4%) avendo cura che lo stesso penetri, anche mediante iniezione, nel lume intestinale. La fissazione in formalina deve protrarsi per 12-24 ore prima di procedere ai prelievi. Il materiale dovrà pervenire al laboratorio di Anatomia Patologica corredato di un modulo di richiesta nel quale siano riportate tutte le notizie anagrafiche e cliniche indispensabili per il conseguimento di una diagnosi accurata (vedasi punto C della prima parte) oltre alla indicazione del tipo di intervento praticato. (*) L'invio allo stato fresco rappresenta anche la modalità più agevole per consentire all'anatomopatologo la distensione e il fissaggio del tratto intestinale su un supporto di sughero prima dell'immersione in fissativo. Questa procedura consente i migliori rilievi macroscopici ed i campionamenti più adeguati.

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9.5 Appendice 5

NOTE DI TECNICA CHIRURGICA Indipendentemente dal tipo di intervento, convervativo o demolitivo, la chirurgia, nelle neoplasie del retto extra-peritoneale, deve garantire al paziente: • a) la radicalità oncologica • b) il più basso rischio possibile di sequele neurologiche sull�apparato genito- urinario (c.d nerve

sparing), compatibilmente con il criterio di radicalità • c) la migliore qualità di vita possibile come esito della exeresi del retto. Ai fini della radicalità oncologica, alcuni studi sembrano evidenziare che l'exeresi di tutto il tessuto linfoadiposo delimitato dalla fascia viscerale pelvica " il cosiddetto mesoretto " consente di ridurre significativamente il tasso di recidive pelviche. La linfectomia pre-aortica ed inter-aortico cavale non dimostra alcun vantaggio in termini di rischio di recidiva locale e sopravvivenza nelle neoplasie del retto extra-peritoneale, mentre può aumentare l�incidenza di lesione del plesso ipogastrico. Il sampling di linfonodi in questa sede va eseguito al solo fine di staging. La linfectomia allargata � di principio� ai vasi iliaci e alle stazioni otturatorie, preconizzata da Autori giapponesi, non ha mostrato vantaggi in termini di sopravvivenza in altri studi clinici controllati e aumenta in modo significativo l�incidenza di complicazioni post-operatorie e sequele neurologiche. Non va intesa quindi come procedura chirurgica standard. Sembra dimostrare comunque un aumento della sopravvivenza a 5 anni negli stadi più avanzati (T3-4, N+ ). Nella chirurgia demolitiva del retto extra-peritoneale è necessario individuare e preservare, per quanto possibile, le strutture nervose deputate alla innervazione autonoma della vescica e dell�apparato genitale. Si raccomanda quindi, nella fase di dissezione del retto, di prestare particolare attenzione nel: • sezionare l�arteria mesenterica inferiore ad almeno 1 cm dall�origine, • evitare la linfectomia estesa pre-aortica • individuare i nervi ipogastrici destro e sinistro prima di procedere alla TME • eseguire la TME lungo il piano di clivaggio corretto preservando la fascia pre-sacrale ( possibili

lesioni radici S2, S3, S4 parasimpatiche) • evitare la legatura all�origine della art. emorroidaria media (lesione accidentale del plesso

pelvico para ed ortosimpatico). • Eseguire la preparazione dalla parete anteriore del retto al di sotto della fascia del Denonvillers

(lesione dei nervi erigentes) È però dimostrato che vi è un rischio elevato di recidiva locale se il margine di clearance laterale, fra infiltrazione neoplastica e foglietto viscerale pelvico, è nullo o inferiore a 1 mm. Questa condizione si verifica frequentemente nelle neoplasie localmente avanzate ( T3 voluminosi e T4). In questi casi, anche se la prognosi è influenzata dal rischio di comparsa di metastasi a distanza, può essere giustificata l'exeresi allargata a tutto il tessuto linfoadiposo della pelvi (linfoadenectomia allargata) che comporta il sacrificio del plesso nervoso destinato all'innervazione dell'apparato genito-urinario. Quando l'infiltrazione neoplastica interessa solo un'emicircoferenza del retto è consigliabile la linfoadenectomia allargata mono laterale con conservazione controlaterale del plesso nervoso.

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Nelle anastomosi colo-anali i risultati funzionali, per quanto riguarda la frequenza dell'alvo, l'urgenza, il soiling notturno e la necessità di ricorrere a farmaci antidiarroici, sono migliori nei pazienti con pouch colica a J di circa 8-10 cm. Le differenze funzionali, rispetto ai pazienti con anastomosi colo-anali dirette, sono significative almeno nei primi due anni. Nelle anastomosi colo-anali, allo scopo di ridurre le complicanze di eventuali fistole anastomotiche, è raccomandabile una stomia di protezione temporanea.

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9.6 Appendice 6

RADIOTERAPIA e CHEMIO-RADIOTERAPIA: DATI TECNICI

Dati relativi alla chemioterapia • Lo schema convenzionale di chemioterapia postoperatoria prevede la somministrazione di 5FU

500 mg/mq/ev/bolus/die per 5 gg, cicli ogni 4 settimane, per un totale di 6 cicli. Il III-IV ciclo vengono somministrati durante la radioterapia alla stessa dose ma per 3 gg (i primi 3 gg della I e V settimana di radioterapia). Qualora il 5FU venga somministrato in infusione venosa protratta per tutta la durata della radioterapia la dose consigliata è di 225-300 mg/mq/die (7 giorni/settimana).

• Lo schema convenzionale di chemioterapia preoperatoria prevede la somministrazione di 5FU alla dose di 225-300 mg/mq/die (week-ends compresi) per tutta la durata della radioterapia o alla dose di 1000 mg/mq/die per 5 gg durante la I e V settimana della radioterapia. Nella somministrazione in bolo la dose è di 350 mg/mq/die per 5 gg durante la I e V settimana della radioterapia associato o meno all�acido folinico a basse dosi (10-20 mg/mq per 5 gg durante la I e la V settimana).

• DATI TECNICI DI RADIOTERAPIA Valutazione del rischio iatrogeno. Sono considerati organi a rischio in base ai criteri ICRU 50 (55) l�intestino tenue (classe I), i genitali e le teste femorali (classe II), le vie urinarie e la cute (classe III). Il rischio iatrogeno è correlato a fattori dipendenti dal paziente, dalla chirurgia e dalla radioterapia (56). Un paziente in buone condizioni generali (PS ECOG ≤ 1) e di età non superiore a 70-75 anni è prevedibile che tollererà meglio la radioterapia adiuvante a prescindere da altri fattori legati al paziente stesso che sono di certo meno importanti quali la presenza di patologie concomitanti come arteriosclerosi, ipertensione arteriosa e diabete mellito. Per quanto concerne il danno iatrogeno legato alla radioterapia, va ricordato che nel cancro del retto le dosi tumoricide sono relativamente alte anche nella malattia microscopica. Si esamineranno brevemente gli accorgimenti da mettere in atto per realizzare un�adeguata radioterapia adiuvante precisando che si userà una terminologia coerente con il documento ICRU 50 (55, 57). Prevenzione della tossicità radioindotta. Il requisito minimo di apparecchiature richieste in radioterapia sono: simulatore tradizionale, conformatore per profilo manuale, sistema per piani di trattamento computerizzato 2-D, schermi personalizzati con taglia blocchi tradizionale, acceleratore lineare di energia ≥ 6 MV (la telecobaltoterapia è ammessa purchè si usi la �box-technique�), laser per allineamento del paziente su 3 punti di riferimento (57). La tecnica di trattamento ottimale richiede terapia giornaliera di tutti i campi, dosi giornaliere di 1,8-2 Gy, campi multipli e non due campi contrapposti antero-posteriori neppure nel sovradosaggio, schermature dei campi e una dose al tenue ≤ 50 Gy (57-60). I 3 campi (posteriore e latero-laterali) andrebbero preferiti alla �box technique� (4 campi) nei casi che seguono: - paziente maschio con genitali compresi nel campo di trattamento; - ampio volume di tenue nella pelvi anteriore; - colostomia proiettata nel campo di trattamento (60). Una stretta correlazione fra mortalità iatrogena e tecnica di irradiazione è stata dimostrata negli studi svedesi di radioterapia pre-operatoria (58). Per la prevenzione dell�ileite da raggi ci preme ricordare l�importanza di opacizzazione intestinale, riempimento vescicale, posizionamento del paziente e dieta ipolipidica e priva di scorie (57-60). Definizione del volume bersaglio clinico (CTV). Il volume bersaglio clinico o Clinical Target Volume (CTV) nei tumori del retto sottoposti a chirurgia conservativa (resezione anteriore del retto)

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è rappresentato dall�intero volume pelvico che comprende la sede della neoplasia primitiva e le stazioni linfonodali pararettali, presacrali e iliache interne (CTV1). Nei tumori con aderenze alla parete posteriore della pelvi, è opportuno comprendere il canale sacrale. L�irradiazione parziale o totale del perineo è prevista dopo chirurgia demolitiva (amputazione addomino-perineale). Se la malattia infiltra gli organi circostanti (T4) può essere utile irradiare anche le catene iliache esterne. L�irradiazione delle stazioni linfonodali inguinali è consigliata nei casi in cui la neoplasia infiltra il canale anale (57, 59, 60). Nella radioterapia pre-operatoria il CTV è rappresentato dalla neoplasia primitiva con un margine circostante di 3-5 cm. Il perineo viene incluso nel CTV solo quando l�intervento chirurgico previsto è l�amputazione addomino-perineale. E� possibile effettuare un sovradosaggio (CTV2): - radioterapia post-operatoria: sulla sede pregressa di malattia individuata dalla presenza di clips

metalliche, dai punti della suturatrice meccanica, tramite clisma opaco e/o TC oppure sull�eventuale sede di persistenza della malattia definita in base alla documentazione clinico-strumentale pre-operatoria;

- radioterapia pre-operatoria: sulla sede di malattia individuata dalle indagini clinico-strumentali (57, 59, 60).

Definizione del volume bersaglio programmato (PTV). Nella determinazione del volume bersaglio possono essere definiti dei limiti anatomici di riferimento o può essere identificato un volume bersaglio programmato o Planning Target Volume (PTV). Limiti anatomici di riferimento. I limiti convenzionali per i campi antero-posteriori e postero-anteriori sono: lateralmente, 1-2 cm oltre la parete mediale pelvica; superiormente, 1-2 cm al di sopra del promontorio sacrale; inferiormente, in corrispondenza del limite inferiore dei forami otturatori o delle tuberosità ischiatiche. I limiti dei campi latero-laterali sono: anteriormente, il margine posteriore della sinfisi pubica; posteriormente, 1,5-2 cm dietro il margine anteriore del sacro. Se si irradiano anche i linfonodi iliaci esterni, occorre estendere i campi laterali fino al margine anteriore della sinfisi pubica. Se vi è aderenza alla parete posteriore della pelvi, è opportuno estendere il margine posteriore dei campi laterali al canale sacrale. Si raccomanda di marcare con repere radiopaco l�orificio anale esterno così come di utilizzare reperi radiopachi per la delimitazione del perineo. Il sovradosaggio sulla sede di persistenza o di pregressa malattia comprende il CTV con un adeguato margine di sicurezza circostante (2-3 cm). I margini per la determinazione del PTV devono tenere conto oltre che della tecnica di trattamento adottata, delle caratteristiche dell�unità di trattamento impiegata, della penombra di fasci, del movimento degli organi bersaglio e dell�incertezza geometrica del trattamento, valutata, dai dati del set-up effettuato. Tecniche radioterapiche. Sono raccomandate la tecnica statica multiportale isocentrica a 3 o 4 campi e l�uso, dove indicato, di schermature personalizzate. Quando si effettua il sovradosaggio sulla sede di malattia deve essere evitata la tecnica a due campi contrapposti AP/PA; si consiglia l�utilizzo di una tecnica multiportale (3 campi) o 2 campi latero-laterali. Prescrizione della dose. Radioterapia post-operatoria: si raccomanda l�erogazione di una dose pari a 45 Gy/25 frazioni (5 settimane) e successivo sovradosaggio sulla sede pregressa di malattia di 5,4-9 Gy per una dose totale di 50,4-54 Gy (6 settimane circa). Il sovradosaggio può essere effettuato previa completa esclusione dell�intestino tenue dal CTV. E� opportuno che l�intervallo fra la chirurgia e l�inizio della radioterapia sia inferiore ai 90 giorni. Radioterapia pre-operatoria: si raccomanda l�erogazione di una dose pari a 45 Gy/25 frazioni ed eventuale sovradosaggio sulla sede di malattia di 5,4 Gy per una dose totale di 50,4 Gy (51/2 settimane). L�intervallo tra la fine della radioterapia e l�intervento chirurgico è di 4-8 settimane, a seconda delle dimensioni e sede del tumore e del grado di regressione neoplastica riscontrata.

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Nonostante sia consigliato il regime di frazionamento convenzionale della dose, può essere ammesso un frazionamento non convenzionale (�short-course�) con dosi singole di 5 Gy sino a 25 Gy in 5 giorni, seguito dopo una settimana dalla chirurgia (58). Tale strategia non è suggerita nei casi in cui l�obiettivo del trattamento pre-operatorio sia la conservazione dello sfintere anale (57). Registrazione della dose. Per ogni paziente la dose deve essere registrata e riportata ad un punto (Punto ICRU di prescrizione della dose) (55, 57). Il calcolo della distribuzione di dose va fatto sul piano centrale o meglio si raccomanda di riportare la dose minima e la dose massima assorbita nel PTV che deve rimanere compreso nella variazione prevista dall�ICRU 50 (+ 7/ - 5%) (55, 57). E� auspicabile l�identificazione e la registrazione della dose assorbita dagli organi a rischio. Piano di trattamento e simulazione. E� raccomandato: - posizione prona o in procubito del paziente, salvo nei casi in cui la posizione supina può

risultare più confortevole e riproducibile, - l�utilizzazione di un sistema di immobilizzazione personalizzato che contribuisce alla riduzione

dell�errore nel set-up del paziente e alla migliore dislocazione del tenue fuori dal PTV, - l�utilizzazione di sistemi di dislocazione del tenue, - la somministrazione di mezzo di contrasto per os all�atto della simulazione, per visualizzare le

anse del tenue: solo così potrà essere valutata l�efficacia dei vari sistemi di protezione e di mobilizzazione del tenue fuori dal PTV (pieno riempimento vescicale, variazione di decubito, compressione ipogastrica, open table top, belly board e sue varianti).

La simulazione può essere effettuata con il metodo convenzionale (Rx grafie di centraggio nelle proiezioni ortogonali) con l�ausilio eventuale della TC (3D). Verifica del trattamento. Prima dell�inizio della radioterapia devono essere effettuate le verifiche portali di tutti i campi di trattamento. Dal confronto fra le radiografie di centraggio al simulatore e quelle di verifica all�unità di trattamento, il limite di tolleranza accettabile deve essere inferiore o uguale a 10 mm. Tossicità. Si raccomanda la registrazione della tossicità acuta/cronica, possibilmente con l�adozione della scala WHO/LENT-SOMA. Per la riduzione della tossicità enterica (enteropatia coleretica) è suggerita l�adozione, per tutta la durata della radioterapia, di schemi dietologici ipolipidici e a basso contenuto in fibre.

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10. Legenda delle abbreviazioni

AAP Amputazione addomino-perineale

NPCC Cancro del colon-retto ereditario non polipotico

Criteri di Amsterdam per la diagnosi di HNPCC - Almeno 3 parenti con cancro del colon-retto, di cui 1 deve essere un parente di primo grado

degli altri due; - coinvolgimento di almeno due generazioni; - almeno una diagnosi di cancro del colon prima dei 50 anni di età; - deve essere inclusa una FAP e ci deve essere la verifica istologica della diagnosi di cancro

del colon. Vasen HF, Mecklin JR, Khan PM et al. The International Collaborative Group of Hereditary Non-Polyposis Colorectal Cancer (ICG-HNPCC). Dis Colon Rectum 1991; 34:424-425.

EUS Ecografia endoscopica

FAP Poliposi adenomatosa familiare

IOUS Ecografia intraoperatoria

RM Risonanza Magnetica

sTC TC spirale

TC Tomografia Computerizzata

US Ultrasonografia

VLS Videolaparoscopia

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