Università degli Studi di CagliariFacoltà di Scienze economiche, giuridiche e politiche

Corso di laurea in Scienze politiche

STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE

a.a. 2013/2014

Immanuel Kant

Vita e opereKant nasce a Königsberg, il 22 aprile 1724, da una famiglia di umili origini. Riceve un'educazione profondamente religiosa, impartitagli dalla madre. Nel 1740 si iscrive all'università e, una volta terminati gli studi, si dedica all'attività di precettore presso famiglie agiate. Nel 1770 ottiene nella sua città natale la cattedra di logica e metafisica. Nel 1781 pubblica, dopo undici anni di meditazione, la sua opera principale, la Critica della ragion pura. Dà alle stampe l'ultimo suo lavoro, intitolato Conflitto delle facoltà, nel 1798. La sua salute diviene cagionevole, tanto che nel 1801 si ritira dall'insegnamento. Muore a Königsberg il 12 febbraio del 1804.

Kant e la Rivoluzione francese

Un atteggiamento ambivalente

Kant assunse un atteggiamento di piena difesa sia della Rivoluzione americana che della Rivoluzione francese. In piena polemica con il modello costituzionale inglese, accusato d'ingannare il popolo propinando un'idea di Parlamento come limite ai poteri reali de facto inesistente, egli esalta il popolo francese e il suo impavido e fiero tentativo di trasformarsi in Stato. Di realizzare un tutto ove ogni singolo membro sarà visto non come mezzo, sibbene come scopo.

“Confesso che non riesco a riconoscermi nell'espressione: un certo popolo (che sta per realizzare la sua libertà giuridica) non è maturo per la libertà; servi della gleba di un proprietario terriero non sono maturi per la libertà; e così gli uomini in generale non sono maturi per la libertà religiosa. Ma, con questo presupposto, la libertà non arriverà mai, perché non si può diventare maturi per essa, se prima non ci si è posti nella libertà (occorre essere liberi per potersi servire delle proprie forze liberamente, secondo fini ragionevoli)” (I. Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, 1793).

“Sotto l'incalzare degli avvenimenti, e difronte allo sgomento che l'intera Europa prova per il Terrore, Kant non solo non ritira il proprio appoggio alla Rivoluzione […] ma radicalizza la propria posizione, sino ad affermare che si può diventare maturi per la libertà solo se la si conquista, solo se ci si colloca sul terreno della libertà medesima, solo se ci si serve liberamente delle proprie forze” (Bedeschi, Kant, 1994).

Tuttavia Kant condannerà fermamente il regicidio di Luigi XVI definendolo nei Principî metafisici della dottrina del diritto “un delitto che rimane eterno e che non può mai essere espiato”. Nell'atto di questo abominio si materializza un vero e proprio rovesciamento dei principi che regolano il rapporto tra sovrano e popolo.

Esiste un superiore (il sovrano) e un inferiore (il popolo). Quando il secondo vuol sostituirsi al primo si macchia d'un crimine imperdonabile, punibile con la pena di morte. L'uccisione di Luigi XVI rappresenta il “suicidio dello Stato”.

L'unica strada per cambiare la costituzione dovrebbe essere quella del riformismo: un cambiamento per mezzo di riforme promosse dallo stesso sovrano.

E se il popolo fa la rivoluzione cambiando con la forza il sistema politico come dovranno reagire i sudditi al nuovo stato di cose?

Dovranno accettarlo, pur nell'illegalità della sua origine; non potendo rifiutarsi d'obbedire all'autorità che detiene il potere.

Tra rivoluzione e conservatorismo

Con la decisione di convocare gli Stati generali è stato lo stesso Luigi XVI a spogliarsi dei suoi poteri. Il passaggio verso l'Assemblea nazionale è stato quindi dettato da una sospensione d'autorità, grave errore di giudizio del re francese.

Risposta alla domanda:Che cos'è l'Illuminismo? (1784)

“L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo”.

“Senonché a questo Illuminismo non occorre altro che la libertà, e la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi” (Ivi).

Cosa significa fare pubblico uso della propria ragione?

“Intendo per uso pubblico della propria ragione l'uso che uno ne fa come studioso davanti all'intero pubblico dei lettori”.

Es. Tasse. Il cittadino non può rifiutarsi di pagarle come soggetto privato, sarebbe uno “scandalo” per Kant se non lo facesse; tuttavia “egli non opera contro il dovere di cittadino se, come studioso, manifesta apertamente il suo pensiero sulla sconvenienza o anche sulla iniquità di queste imposizioni”.

La filosofia della storia

“fare filosofia della storia significa, di fronte a un evento o una serie di eventi, porsi il problema del ʻsensoʼ, secondo una concezione finalistica (o teologica), della storia (e ciò vale non solo per la storia umana ma anche per quella naturale), considerando il corso storico nel suo complesso, dalla sua origine al suo compimento, come diretto a un fine, a un telos” (N. Bobbio, L'età dei diritti, 1990).

Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, 1784

“Singoli individui ed anche interi popoli non pongono mente al fatto che, pur perseguendo i loro particolari fini, ognuno a suo modo e spesso in contrasto con gli altri, procedono in realtà inavvertitamente secondo il filo conduttore di un disegno della natura e promuovono quell'avanzamento che essi stessi ignorano e al quale, se anche lo conoscessero, non farebbero gran caso”.

Congetture sull'origine della storia, 1786

“bisogna essere soddisfatti della Provvidenza e del corso generale delle cose umane, le quali, lungi dal procedere dal bene al male, progrediscono a poco a poco dal peggio al meglio. A questo progresso ciascuno è chiamato dalla natura stessa a contribuire per la sua parte e secondo le sue forze”.

Primo supplemento sulla garanzia della pace perpetua, 1795

“Ciò che fornisce questa garanzia è niente di meno che la grande artefice natura (natura daedela rerum), dal cui corso meccanico si vede brillare la finalità che dalla discordia tra gli uomini fa sorgere la concordia anche contro la loro volontà”.

Lo stato di natura kantiano

Lo stato di natura kantiano è, in termini generali, a metà strada tra Hobbes e Locke. Non coincide, come in Hobbes, con lo stato di guerra (bellum omnium contra omnes), tuttavia, non essendovi un'autorità superiore alla quale appellarsi, che non sia la mera legge di natura - la ragione -, può degenerare, piuttosto facilmente, in stato di guerra.

“Lo stato di pace tra gli uomini, che vivono gli uni a fianco degli altri, non è uno stato naturale (status naturalis), il quale è piuttosto uno stato di guerra, ossia anche se non sempre si ha uno scoppio delle ostilità, c'è però la loro costante minaccia” (I. Kant, Per la pace perpetua, 1795).

La insocievole socievolezza(Die ungesellige Geselligkeit)

TESI QUARTA. - Il mezzo di cui la natura si serve per attuare lo sviluppo di tutte le sue disposizioni, è il loro antagonismo nella società, in quanto però tale antagonismo sia da ultimo la causa di un ordinamento civile della società stessa.

“L'uomo ha un'inclinazione ad associarsi, poiché egli nello stato di società si sente maggiormente uomo, cioè sente di poter meglio sviluppare le sue naturali disposizioni. Ma egli ha anche una forte tendenza a dissociarsi, poiché egli ha del pari in sé la qualità antisociale di voler tutto rivolgere solo al proprio interesse, per cui si aspetta resistenza da ogni parte e sa ch'egli deve da parte sua tendere a resistere contro altri” (I. Kant, Idea di una storia universale, 1784).

“Solo nel chiuso recinto della società civile anche siffatti impulsi dànno il migliore effetto, così come gli alberi in un bosco, per ciò che ognuno cerca di togliere aria e sole all'altro, si costringono reciprocamente a cercare l'una e l'altro al di sopra di sé e perciò crescono belli e diritti, mentre gli alberi che in libertà e lontani tra loro mettono rami a piacere, crescono storpi, storti e tortuosi” (Ivi).

La dottrina della proprietà privata

La proprietà privata occupa un posto centrale nel pensiero politico kantiano. La priorità di Kant è quella di assicurare all'individuo la più ampia sfera di libertà possibile, compatibilmente con le libertà altrui. Ora, il tema della libertà non si può separare da quello della proprietà. L'individuo è veramente libero, infatti, solo nella misura in cui riesce, attraverso il proprio lavoro, la propria diligenza, a conquistarsi un ambito nel quale non dipende da nessuno, che gli permette di vivere secondo i suoi desideri, le sue inclinazioni, il suo carattere.

“Il mio esterno è quello che si trova all'infuori di me, riguardo al quale qualunque cosa che me ne impedisse il libero uso mi danneggerebbe (offenderebbe la mia libertà, che può sussistere colla libertà di ogni altro secondo una legge generale)”.

Esattamente come Locke, anche Kant sostiene l'esistenza della proprietà fin dallo stato di natura. La proprietà esiste già nello stato di natura, ma in una forma provvisoria, in quanto non protetta da un ordinamento giuridico contro la prepotenza altrui. Proprio per garantire la proprietà (il mio e il tuo esterni) gli uomini abbandonano lo stato di natura per entrare nella società civile. Qui il possesso non è più provvisorio ma perentorio (pienamente garantito dalle leggi).

Possesso empirico e razionale

● Possesso empirico: è il possesso fisico immediato.

● Possesso razionale: è il possesso giuridico che prescinde dal possesso fisico immediato.

Il possesso empirico, o sensibile, consiste nella detenzione della cosa. Io posso occupare un terreno e detenerlo, esercitando possesso senza esserne il proprietario.

Il possesso razionale, invece, consiste nel rapporto giuridico che lega il titolare alla cosa, prescindendo dall'esercizio della detenzione.

L'uomo può appropriarsi delle cose poiché egli è il vero scopo della natura, la quale ha voluto nell'uomo l'essere superiore. Non esistono res nullius – cose di nessuno – per definizione. Ogni cosa al mondo, animali compresi, sono per Kant un mero mezzo che la natura offre in abbondanza all'uomo affinché egli se ne serva secondo i suoi scopi. Solo gli uomini tra di loro non possono considerarsi come mezzi, ma come eguali partecipanti ai doni della natura. Ogni uomo deve essere visto come un fine in sé.

La proprietà come rapporto sociale

Il fondamento della proprietà è dato da due elementi:

1. Il diritto originario che gli uomini vantano sulle cose del mondo.

2. Il riconoscimento, o consenso, che ricevo da tutti gli altri quando prendo possesso di una cosa. L'essenza della proprietà, in quanto concetto giuridico, non è né la cosa stessa né il mio rapporto con essa, bensì il mio rapporto con gli altri uomini. Qui sta la sua natura intersoggettiva.

Locke deduce la proprietà dal lavoro. Originariamente le cose non sono di nessuno, ma diventano di proprietà degli uomini nel momento in cui essi trasferiscono in esse l'unica cosa di cui sono pienamente proprietari: la forza lavoro. Lavorando un pezzo di terra io ne acquisto la proprietà perché ci trasferisco il mio lavoro. Per Locke è fondamentale il rapporto uomo-cosa, l'oggettivarsi dell'uomo nella cosa. Non serve nessun consenso da parte degli altri individui, anzi, dice Locke, “Se fosse stato necessario un consenso del genere (l'uomo) sarebbe morto di fame”.

Kant critica la teoria lockiana della proprietà: se chi lavora un terreno ne ottiene la proprietà, cosa accade se uno lavora un terreno che è proprietà di un altro? Esiste una sostanza (il terreno) e un accidente (la lavorazione del terreno): la proprietà deve riguardare la sostanza, non l'accidente (Bedeschi).

I momenti dell'acquisto della proprietà sono tre:

1. L'apprensione di un oggetto che non appartiene a nessuno.

2. La dichiarazione che io voglio possedere la cosa e ne proibisco l'uso altrui.

3. L'appropriazione, attraverso la quale il possesso dell'oggetto diventa puramente giuridico.

Il contratto come “semplice idea della ragione”

Una costituzione civile universalmente giuridica tra gli uomini si può fondare solo su un contratto originario, come unione di tutte le volontà particolari e private di un popolo in una volontà pubblica comune. Ma, dice Kant, “non è punto necessario presupporlo come un fatto (come tale non sarebbe neppure possibile)” (I. Kant, Sopra il detto comune, 1793).

“Questo contratto è invece una semplice idea della ragione, ma che ha indubbiamente la sua realtà (pratica): cioè la sua realtà consiste nell'obbligare ogni legislatore a far leggi come secome se esse dovessero derivare dalla volontà comune di tutto un popolo e nel considerare ogni suddito, in quanto vuol essere cittadino, come secome se egli avesse dato il suo consenso a una tale volontà”.

Lo Stato di diritto

Cos'è il diritto?

“Il diritto è la limitazione della libertà di ciascuno alla condizione del suo accordo con la libertà di ogni altro” (I. Kant, 1793)

Rifiuto della visione paternalistica del bene comune

Il diritto esterno ha a che fare con l'esercizio della libertà nei rapporti esterni che si esplicano tra gli uomini. Non riguarda né la felicità né i mezzi atti a conseguirla.

“Nei riguardi della felicità, poiché ognuno la ripone in ciò che vuole, gli uomini la pensano del tutto diversamente e la loro volontà non può ricondursi ad alcun principio comune e quindi neppure ad alcuna legge esterna, che si concilii con la libertà di ciascuno” (Ivi).

Lo stato civile, considerato solo come stato giuridico, è fondato sui seguenti principi a priori:

● La libertàlibertà di ogni membro della società, in quanto uomo.

● L'uguaglianzauguaglianza di esso con ogni altro, in quanto suddito.

● L'indipendenzaindipendenza di ogni membro di un corpo comune, in quanto cittadino.

Lo stato civile, considerato solo come stato giuridico, è fondato sui seguenti principi a priori:

● La libertàlibertà di ogni membro della società, in quanto uomo.

● L'uguaglianzauguaglianza di esso con ogni altro, in quanto suddito.

● L'indipendenzaindipendenza di ogni membro di un corpo comune, in quanto cittadino.

La libertà

“Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo (come cioè egli si immagina il benessere degli altri uomini), ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro” (I. Kant, Sopra il detto comune, 1793).

L'uguaglianza

“Ogni membro dello Stato ha verso gli altri diritti coattivi, dai quali solo il sovrano è escluso (poiché egli non è membro dello Stato, ma lo crea o lo conserva). Solo il sovrano ha il potere di costringere, senza essere egli stesso sottoposto a una legge coattiva” (Ivi).

L'indipendenza

“Ora, colui che ha il diritto di voto in questa legislazione si chiama cittadino. La qualità che a ciò si esige, oltre quella naturale (che non sia un bambino né una donna), è questa unica: che egli sia padrone di sé (sui iuris) e quindi abbia una qualche proprietà (e in questa può essere compresa ogni attività, manuale, professionale, artistica, scientifica), che gli procuri i mezzi di vivere” (Ivi).

Le forme di Stato (civitas)Secondo la differenza delle persone che detengono il potere statale supremo: forma del dominio (forma imperii).

● Autocrazia

● Aristocrazia

● Democrazia

Secondo il modo in cui il popolo è governato dalla sua autorità suprema: forma del governo (forma regiminis).

● Repubblicanismo

● Dispotismo

“Il repubblicanismo è il principio politico della separazione del potere esecutivo (governo) dal potere legislativo; il dispotismo è il principio politico dell'autonoma esecuzione, da parte dello Stato, di leggi che lo Stato stesso ha promulgato” (I. Kant, Per la pace perpetua, 1795).

● La forma di governo deve essere rappresentativa.

● Più è ristretto il personale del potere politico, più grande è la capacità rappresentativa.

Lo Stato - “la riunione di un certo numero di uomini sotto leggi giuridiche” - contiene in sé tre poteri.

● Il potere sovrano - la sovranità -, che risiede nella persona del legislatore.

● Il potere esecutivo nella persona che governa (conformemente alla legge).

● Il potere giudiziario – che assegna a ciascuno il suo secondo la legge – nella persona del giudice.

Il potere legislativo

“Il potere legislativo può spettare soltanto alla volontà collettiva del popolo” (I. Kant, Principî metafisici della dottrina del diritto, 1798).

I cittadini (uomini e indipendenti economicamente) possono votare (elettorato attivo) ed essere eletti (elettorato passivo) al fine di costituire l'Assemblea legislativa che detiene il potere sovrano.

Potere esecutivo

“Il reggitore dello Stato (rex, princeps) è quella persona che è investita del potere esecutivo (potestas executoria)” (Ivi).

● Agisce, conformemente alla legge, attraverso ordinanze, o decreti, con i quali dirige l'attività di governo servendosi di ministri e funzionari amministrativi.

● Non può essere legislatore perché altrimenti lo Stato sarebbe dispotico, non prevedendo la separazione dei poteri.

● Può essere deposto dal potere sovrano, ma non punito.

Potere giudiziario

“Finalmente né il sovrano dello Stato né quello che lo governa possono giudicare, ma soltanto istituire giudici come magistrati. Il popolo si giudica da sé per mezzo di quei suoi concittadini, che egli nomina a questo effetto, con una libera scelta, come suoi rappresentanti, per ogni atto particolare” (Ivi).