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FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi 154 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “CARLO BO’” URBINO Corso di “FINANZA E IMPRESA” Prof. Bruno Pirozzi Anno accademico 2007-2008 Riservato ad uso didattico con circolazione limitata ed autorizzata dall’estensore rel. 3 FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE Corso di laurea CL 4 Lingue e cultura per l’impresa

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FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi 154

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “CARLO BO’” URBINO

Corso di “FINANZA E IMPRESA”

Prof. Bruno Pirozzi

Anno accademico 2007-2008

Riservato ad uso didattico con circolazione

limitata ed autorizzata dall’estensore

rel. 3

FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

Corso di laurea CL 4

Lingue e cultura per l’impresa

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PROGRAMMA DEL CORSO

MODULO 1

1. l’azienda e il suo insieme: struttura e risorse e le interazioni con il mercato

pagg. 3-32 2. la rilevazione contabile delle operazioni di gestione; le capacità

segnaletiche del bilancio pagg. 33-102 3. La struttura finanziaria dell'Impresa; lo stato patrimoniale

riclassificato , l'analisi attraverso gli indicatori. Il Capitale circolante e la sua gestione.

pagg. 103 -123 4. Il fabbisogno finanziario dell’impresa: principi e modalità di calcolo

delle necessità finanziarie pagg. 124- 155

MODULO 2

5. Il mercato monetario e finanziario: intermediari finanziari e prodotti finanziari per le imprese e privati pagg. 156-199

6. Le fonti finanziarie correnti: i prestiti bancari a breve termine. Le operazioni di finanziamento alle imprese a lungo termine, le operazioni parabancarie. pagg. 200- 224

7. I capitale di rischio e gli investitori istituzionali: i fondi di investimento, il private equity Pagg. 225-244

8. L’internazionalizzazione delle imprese e le principali forme di regolamento e finanziamento nel commercio internazionale. Pagg. 245-282

9. I finanziamenti agevolati e la creazione di nuova imprenditorialità Pagg. 283-294

10. La valutazione del merito di credito alla luce della normativa i Basilea 2 Pagg. 295-313

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CAPITOLO 5

IL MERCATO MONETARIO E FINANZIARIO.

INTERMEDIARI FINANZIARI E PRODOTTI FINANZIARI

PER IMPRESE E PRIVATI

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5.1 Definizioni Un mercato finanziario è un luogo ideale nel quale sono scambiati strumenti finanziari di varia natura a medio o lungo termine. Un mercato finanziario consente il trasferimento del risparmio dai soggetti che lo accumulano (soprattutto le famiglie) ai soggetti che lo richiedono (imprese e stato). Questi ultimi sono definiti "soggetti in disavanzo finanziario" ed emettono strumenti finanziari (depositi bancari, azioni, Buoni Ordinari del Tesoro ecc.) che cedono ai soggetti in avanzo finanziario in cambio di moneta. Lo scambio tra strumenti finanziari e moneta consente la redistribuzione dei rischi economici, perché vengono assunti in parte dagli acquirenti degli strumenti finanziari. È possibile per questi ultimi cedere tali strumenti ad altri soggetti economici, scambiandoli nei mercati appositi. a. Tipi di mercato Esistono quindi mercati azionari, obbligazionari, dei derivati, delle opzioni, dei warrant, ecc. ognuno con proprie regole e proprie caratteristiche. Con riferimento alla natura degli strumenti finanziari si distingue solitamente tra mercato creditizio, mercato mobiliare e mercato assicurativo. Con riferimento alla durata degli stessi si distingue tra mercato monetario e mercato dei capitali. Infine, con riferimento al momento di emissione degli strumenti finanziari, si distingue tra mercato primario e mercato secondario. Altre distinzioni possono essere fatte fra mercati cash e mercati derivati, fra mercato ad asta e market maker, fra mercato fisico e mercato telematico, fra mercato pubblico e mercato privato, fra mercato regolamentato e mercato over the counter. b. Caratteristiche del mercato Un mercato è caratterizzato da: Regole sulle modalità di ammissione degli strumenti finanziari e degli operatori, sullo svolgimento degli scambi; Supervisione : spesso è attribuita alla società che organizza il mercato, che collabora con l'autorità di controllo (in Italia è la Consob). La prima è più attrezzata per il controllo e fa segnalazioni alla seconda. Microstruttura : regole di dettaglio dell'operatività. c. Operatori che partecipano al mercato Un mercato è il punto di incontro di tre attori diversi: Investitori , che acquistano e vendono strumenti finanziari emittenti Intermediari finanziari , che facilitano gli scambi. d. Funzioni del mercato I mercati hanno fondamentalmente 5 funzioni: Finanziamento , cioè permettere agli emittenti di cercare denaro sul mercato Pricing dei titoli : offrire in via continuativa un prezzo ai titoli Liquidità dei titoli : offrire la possibilità di uscire dall'investimento

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Riduzione dei costi di transazione : la competizione spinge i mercati ad essere più efficienti e quindi a diminuire il prezzo della transazione Trasferimento del controllo delle spa , che avviene tipicamente con un'Offerta Pubblica di Acquisto. e. Efficienza del mercato Si distinguono tre forme di efficienza: Tecnica : capacità di avere bassi costi di transazione Funzionale : capacità di far incontrare domanda e offerta. Informativa : capacità di riflettere sui prezzi tutte le informazioni disponibili. Se tutti avessero le stesse informazioni, modalità di interpretazione e propensione al rischio si arriverebbe a un punto deterministico, ma non è così. Un mercato efficiente deve quindi assicurare che nessuno abbia informazioni privilegiate, per questo esistono norme che colpiscono gli insider trading e i market abuse. In base all'efficienza informativa, è possibile distinguere fra Mercati con efficienza debole (in cui i prezzi riflettono solo informazioni storiche), Mercati con efficienza semiforte (in cui i prezzi riflettono tutte le informazioni pubbliche, anche prospettiche) Mercati con efficienza forte (in cui i prezzi riflettono tutte le informazioni, anche quelle private). In sintesi nella definizione di sistema finanziario comprendiamo l’insieme organizzato di mercati, intermediari e strumenti finanziari. Il mercato finanziario , a sua volta, è l’insieme degli scambi finanziari che si realizzano mediante la negoziazione degli strumenti e con l’intervento più o meno rilevante di operatori specializzati definiti Intermediari Finanziari. Di seguito si riporta uno schema sui mercati finanziari che si suddividono in • Mercati Primari e Mercati Secondari • Mercati Monetari e Mercati Finanziari • Mercati Valutari Esaminiamo la definizione di Mercati Primari. Il mercato finanziario primario è il luogo dove sono trattati gli strumenti finanziari di nuova emissione. Cioè il mercato in cui i prenditori di fondi (per esempio, le imprese industriali o le amministrazioni centrali) raccolgono fondi emettendo strumenti finanziari (per esempio, azioni e obbligazioni. Infatti, sono collocate nuove azioni provenienti da un aumento di capitale o da un'offerta pubblica iniziale, obbligazioni di nuova emissione da parte delle società o da parte del Ministero dell'Economia (nel caso dei titoli di Stato).Praticamente sul mercato primario viene raccolta la prima operazione di ogni specifico strumento finanziario, che passa poi a quotarsi sul mercato finanziario secondario Esaminiamo la definizione di Mercati Secondari. Il mercato finanziario secondario è il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza.

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È logicamente contrapposto al mercato finanziario primario: ogni titolo nasce sul mercato primario e dopo l'emissione e il collocamento passa al secondario, in cui gli strumenti finanziari collocati vengono negoziati tra gli investitori (per esempio MTA, MOT. Per questo motivo la dimensione del mercato secondario sarà chiaramente molto maggiore. I due mercati sono logicamente contrapposti, ma trattano la stessa merce, perciò una maggiore liquidità del secondario permette di accogliere più titoli nel primario. Esaminiamo la definizione di Mercato Monetario È definito mercato monetario l'insieme di negoziazioni aventi per oggetto strumenti finanziari con durata inferiore ai 12-18 mesi. Esso si differenzia quindi dal mercato dei capitali nel quale sono contrattati strumenti con scadenza superiore. La finalità di questa parte di mercato è quella di gestire la liquidità; infatti, data la breve durata dei contratti e la presenza di un mercato secondario, l'investitore ha la possibilità di investire temporanee eccedenze di fondi e l'imprenditore può risolvere temporanei fabbisogni con la possibilità di smobilitare a breve termine l'investimento (per esempio BOT, fondi interbancari, cambiali finanziarie). Esaminiamo la definizione di Mercato finanziario.

E’ definito mercato finanziario quello in cui si negoziano titoli a medio e lungo termine. Esso comprende sia i titoli di credito rappresentativi di capitali investiti nelle imprese (azioni), sia i titoli di debito emessi dalle imprese, dal settore pubblico e dagli altri intermediari finanziari (titoli di Stato e obbligazioni). Il mercato finanziario, e ancor più il comparto azionario, è tipicamente un mercato secondario il cui funzionamento ha significato economico nella misura in cui è condizione per l’esistenza di un solido mercato primario, il quale consente alle imprese e al settore pubblico di ottenere nuove risorse finanziarie a medio e lungo termine.

5.2 LE NORME CHE REGOLANO IL MERCATO

5.2.1. Lo schema generale e i mercati

Lo schema di funzionamento dei mercati regolamentati è un sistema complesso, composto da istituzioni con compiti di vigilanza e società private con compiti di gestione , che ha il fine di garantire la correttezza e la credibilità dei mercati stessi Per comprendere il sistema e il funzionamento dei mercati finanziari italiani è necessario conoscere i soggetti che organizzano e regolamentano i mercati stessi e quelli preposti a vigilare sul comportamento degli operatori. Parlando di mercati si intenderanno i mercati regolamentati; precisazione necessaria in quanto il testo unico ha ammesso anche la possibilità della creazione di mercati non regolamentati, istituiti nella forma di sistemi di scambi organizzati di strumenti finanziari. In merito ai mercati regolamentati, il Testo unico della finanza (TUF) ha stabilito che l’attività di organizzazione e gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari abbia carattere di impresa. Le società di gestione sono quindi soggetti privati che devono soddisfare stringenti requisiti organizzativi per ottenere l’autorizzazione ad operare. La Consob, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, è l’istituzione incaricata di vigilare su tali società al fine di assicurare la trasparenza, l’ordinato

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svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. Tra i suoi compiti rientra anche quello di valutare se il regolamento che disciplina le modalità di contrattazione, deliberato dalla società di gestione, sia conforme ai requisiti stabiliti dalla Consob stessa. La Consob, inoltre, tiene un albo con iscritti i mercati regolamentati riconosciuti. Tali mercati sono: il Mercato telematico azionario (MTA), il Mercato telematico dei Securitised derivatives (SeDeX), i Mercati After Hours (TAH e TAHX), il Mercato telematico delle obbligazioni (MOT), il Mercato Espandi, il Mercato MTAX e il Mercato degli strumenti derivati (IDEM) gestiti dalla società Borsa Italiana S.p.A. società nata dalla privatizzazione della Borsa Valori italiana; il Mercato all’ingrosso dei titoli di Stato (MTS), il Mercato Bondvision e il Mercato all’ingrosso delle obbligazioni non governative gestiti dalla società MTS S.p.A. il Mercato TLX gestito dalla società TLX S.p.A.

Le società di gestione, al fine di essere considerate tali, devono principalmente predisporre le strutture e fornire i servizi necessari per creare un mercato regolamentato; devono poi adottare tutti gli atti necessari per garantire il buon funzionamento del mercato, verificando il rispetto del regolamento da parte degli operatori, e adottare le disposizioni e gli atti necessari a prevenire e identificare abusi di informazioni privilegiate e manipolazioni del mercato, comunicando alla Consob le violazioni di cui hanno notizia. Infine, devono provvedere alla gestione e alla diffusione al pubblico delle informazioni e dei documenti di interesse generale relativi alle contrattazioni. La Consob è quindi l’organo deputato a vigilare sulla correttezza dei comportamenti degli operatori al fine di salvaguardare i piccoli investitori e deve coordinare i suoi interventi con la Banca d’Italia, che, però ha competenze di vigilanza in tema di solidità patrimoniale degli intermediari; ad essa sono, infatti, attribuiti i compiti di stabilire le norme prudenziali in ambito di contenimento del rischio nelle attività di investimento degli intermediari. Il TUF ha inoltre previsto, al fine di garantire gli investitori, l’istituzione di sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni su strumenti finanziari. Tali sistemi prevedono che la società gestrice del servizio assuma le posizioni contrattuali in proprio, garantendo così i singoli dal rischio di controparte. Tale servizio è svolto dalla società Cassa di Compensazione e Garanzia, società facente parte del gruppo Borsa Italiana, per i contratti trattati nei mercati gestiti da Borsa Italiana e MTS. La Cassa di Compensazione e Garanzia al fine di assicurare l’integrità dei mercati si pone come controparte centrale e garante dell’esecuzione dei contratti. La Cassa diviene, in pratica, controparte di ogni intermediario che immette ordini nel sistema. Infine, a completamento del quadro, non rimane che parlare della società Monte Titoli. La Monte Titoli, anch’essa società del gruppo Borsa Italiana, svolge l’importante ruolo di depositario centrale dei titoli dematerializzati, gestendo i servizi di liquidazione e regolamento.

5.2.2 . La Consob e il regolamento operativo

Nel Regolamento e nelle relative Istruzioni sono raccolte tutte le disposizioni che disciplinano i mercati gestiti da Borsa Italiana S.p.A. e sono relative ai criteri per l'ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni, alle modalità di negoziazione, alla partecipazione degli operatori e ai servizi strumentali alle negoziazioni Il documento di riferimento sia per chi intende investire nei mercati di Borsa Italiana sia per le società che intendono quotare i propri strumenti finanziari in questi mercati, ossia il documento dove poter reperire tutte le informazioni sulle

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modalità operative di ammissione e di negoziazione degli strumenti finanziari, è costituito dal Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A. corredato dalle relative Istruzioni. Dalla data della sua prima approvazione, 4 dicembre 1998, a oggi, Regolamento e Istruzioni hanno subito numerose modifiche e revisione, al fine di soddisfare le nuove esigenze del mercato e adattarsi ai cambiamenti di una normativa in costante evoluzione. Il Regolamento, per ogni mercato gestito, disciplina:

• Le condizioni richieste per l’ammissione degli strumenti finanziari, stabilendo i requisiti degli strumenti stessi e dei relativi emittenti;

• Il ruolo e il compito di operatori come sponsor, specialisti e listing partner; • La procedura di ammissione; • La sospensione e la revoca dalle negoziazioni; • Gli obblighi degli emittenti, relativamente ai rapporti con altri emittenti, al Codice

di Comportamento, agli obblighi informativi e alle comunicazioni al pubblico; • La modalità di diffusione delle informazioni al mercato; • La partecipazione degli operatori alle contrattazioni; • Le modalità, le fasi e le proposte di negoziazione; • La determinazione dei prezzi; • La conclusione e la registrazione dei contratti; • I servizi strumentali alle negoziazioni, ossia i servizi di riscontro delle operazioni,

i sistemi di garanzia dei contratti e la comunicazione delle operazioni eseguite fuori dal mercato;

• La trasparenza del mercato, ovvero le informazioni che devono essere fornite al pubblico.

5.2.3 Il Testo Unico Finanziario TUF La norma principale del nostro ordinamento in materia di mercati e intermediari finanziari è senza dubbio costituita dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, detto anche semplicemente Testo unico della finanza o Tuf ovvero decreto Draghi, dal nome dell’allora Direttore generale del Tesoro e attuale Governatore della Banca d’Italia, padre della riforma Il Tuf rappresenta il punto di svolta della normativa italiana di settore, poiché ha riunificato in una trattazione organica e moderna, in linea con le direttive comunitarie, la precedente regolamentazione, frammentata in numerosi atti normativi. Dalla sua entrata in vigore, 1° luglio 1 998, il Tuf ha subito diverse revisioni, l’ultima delle quali risale alle modifiche introdotte dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262, nota anche come legge sulla tutela del risparmio. Nella sua versione attuale, il Tuf regolamentando l’attività degli intermediari disciplina gli aspetti operativi e quelli di vigilanza relativi ai cosiddetti soggetti abilitati. 5.2.4 Gli intermediari finanziari L’espressione intermediari finanziari indica tutti quei soggetti che si interpongo tra investitori e mercato per l’esecuzione delle scelte finanziarie. Fino a qualche anno fa il discorso era limitato alla distinzione tra banche e intermediari finanziari non bancari in generale, mentre dall’approvazione del Testo unico della finanza il quadro si è arricchito di nuovi soggetti, ognuno con proprie competenze ed ambito di operatività ossia: le imprese di investimento, le società di gestione del risparmio (Sgr), le società di gestione armonizzate, le società di investimento a capitale variabile (Sicav), gli

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intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del Testo unico bancario (Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), ossia intermediari che svolgono un’elevata attività finanziaria, e le banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento. Da non dimenticare poi altre due categorie di soggetti che rientrano tra gli attori dell’intermediazione: gli agenti di cambio e i promotori finanziari. Per imprese di investimento si intendono le società di intermediazione mobiliare (Sim), le imprese di investimento comunitarie e le imprese di investimento extracomunitarie e sono società autorizzate a svolgere i servizi di investimento, ossia operazioni di negoziazione su strumenti finanziari. Le società di gestione del risparmio, le società di gestione armonizzata e le Sicav sono i soggetti a cui è riservata l’attività di gestione collettiva del risparmio. Il comportamento di tutti questi è sottoposto a stringenti regole di vigilanza che hanno per scopo la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistema finanziario. La Consob con l’atto R. 11522/1998, regolamenta l’attività dei soggetti che prestano servizi di investimento a terzi assicurando le relative tutele ai sottoscrittori. 5.2.5 La vigilanza La vigilanza è affidata a Banca d’Italia, competente per quanto riguarda il contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale e Consob, competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti, che esercitano i poteri di vigilanza ognuna sulle materie di competenza, operando, però, in modo coordinato e dandosi reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate. L’attività di vigilanza di Consob e Banca d’Italia si sviluppa a tre livelli: regolamentare, informativa e ispettiva. La vigilanza regolamentare riguarda il compito di disciplinare con regolamento l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio, ossia l’obbligo di diversificare gli investimenti finanziari, l’organizzazione amministrativa e contabile, i controlli interni, le modalità di deposito e di sub-deposito degli strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela, i criteri e i divieti relativi all’attività di investimento, gli schemi e le modalità di redazione dei prospetti contabili, i criteri e le modalità per la valutazione dei beni e dei valori in cui è investito il patrimonio, il comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori e gli obblighi informativi nella prestazione dei servizi. La vigilanza informativa riguarda la possibilità da parte di Banca d’Italia e Consob di chiedere ai soggetti abilitati la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti. Infine, la vigilanza ispettiva riguarda la possibilità di Banca d’Italia e Consob di effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso i soggetti abilitati, comunicandosi l’un l’altra le ispezioni disposte affinché l’altra possa chiedere accertamenti su profili di propria competenza. La Banca d’Italia e la Consob possono inoltre chiedere alle autorità competenti di uno Stato comunitario di effettuare accertamenti presso succursali di Sim, di Sgr e di banche stabilite sul territorio di detto Stato. Un ultimo aspetto su cui porre l’attenzione è il possesso, da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo aziendali, dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, stabiliti dal Ministro dell’Economia e delle Finanze. Infatti, il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica, che viene dichiarata dal consiglio di amministrazione.

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5.3 LA BORSA VALORI E GLI INTERMEDIARI MOBILIARI

Nell’ambito del mercato finanziario particolare rilievo assume il "mercato mobiliare " che si caratterizza proprio per l’attitudine dei titoli negoziati alla circolazione e, quindi, al passaggio da un soggetto economico all’altro, con il conseguente trasferimento della titolarità del credito. La più alta espressione del mercato mobiliare è rappresentata dalla borsa valori, ossia dal mercato organizzato e funzionante secondo regole formali, in cui vengono scambiate azioni di società - per la cui quotazione sono richiesti determinati requisiti - obbligazioni e altri titoli a reddito fisso.

5.3.1 Organizzazione della Borsa Valori

La Borsa è il mercato regolamentato dove si realizzano gli affari di compravendita finanziaria, ossia è il mercato organizzato per la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni e derivati) ad un determinato prezzo, che scaturisce dall’incontro effettivo tra domanda ed offerta. Un mercato regolamentato è l’insieme di tutte le emissioni e delle negoziazioni di titoli rappresentativi di prestiti monetari e di finanziamenti: è un mercato mobiliare basato su una determinata regolamentazione relativa all’organizzazione e al funzionamento del mercato stesso. Secondo la disciplina comunitaria, un mercato può essere considerato regolamentato se possiede specifici requisiti: • La regolarità di funzionamento, ossia gli scambi devono avvenire secondo

modalità predefinite, sia riguardo la fissazione del prezzo, sia riguardo il pagamento e/o il trasferimento del bene oggetto dello scambio.

• Il rispetto degli obblighi di trasparenza definiti dalla direttiva 93/22/CEE, oltre all’iscrizione, da parte dell’autorità di vigilanza, dello stesso in un apposito albo (come stabilito dalla disciplina comunitaria).

• L’approvazione, da parte dell’organo di vigilanza, delle regole e delle condizioni di accesso alle modalità di funzionamento.

La regolamentazione del mercato riguardo gli operatori ammessi alle transazioni, gli strumenti trattati, gli obblighi informativi a cui sono sottoposti i soggetti operanti, il meccanismo di determinazione del prezzo, le modalità di negoziazione, le procedure di liquidazione, hanno come obiettivo fondamentale quello di assicurare un’uniformità organizzativa e la standardizzazione degli strumenti utilizzati. Il mercato regolamentato italiano per eccellenza è la Borsa Italiana S.p.A. 5.3.2 Evoluzione dei mercati regolamentati in Itali a e costituzione della Borsa Italiana s.p.a. Attraverso la legge n. 1 del 2 gennaio 1991 è stato istituito il Consiglio di Borsa (divenuto operativo nel febbraio 1993) con il compito di gestire il MERCATO MOBILIARE nel suo complesso; tutte le competenze organizzative, tecniche e consultive dei precedenti organi locali sono state accentrate nell’unico organo di "autogoverno pubblicistico" creato, mentre l’attività di vigilanza, gestione e organizzazione dei mercati è rimasta in capo alla CONSOB. Con il Decreto Legislativo EUROSIM, n.415 del 23 luglio 1996, l’attività di organizzazione e gestione dei mercati regolamentati è passata dal controllo di organismi pubblici, ad attività d’impresa privata esercitata da società per azioni (art. 46): questo è stato il segnale della trasformazione dei mercati regolamentati da pubblici a privati. La gestione dei

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mercati regolamentati già esistenti (Borsa valori, il Mercato Ristretto, l’IDEM, l’MTS, e il MIF) è stata affidata a due società di gestione opportunamente costituite e controllate da intermediari finanziari: BORSA ITALIANA S.p.A., MTS S.p.A. Il 7 febbraio 1997 il Consiglio di Borsa ha costituito, dopo approvazione della CONSOB, una società per azioni denominata BORSA ITALIANA S.p.A. il cui azionariato è composto da Banche, SIM, associazioni di emittenti ed altri attori del mercato, e contemporaneamente sono state chiuse le preesistenti Borse valori sul territorio nazionale italiano e tutti gli scambi sono stati concentrati presso la sede di Milano, diventata Borsa valori italiana. A partire dal 1° g ennaio 1998 la Borsa Italiana S.p.A. è divenuta una società di gestione dei mercati operativa a tutti gli effetti dal 1° settembre 1998 e retta da uno specifico regolamento (Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.). Attualmente la Borsa Italiana S.p.A. gestisce i mercati mobiliari italiani, svolgendo attività organizzative, produttive, commerciali e promozionali per assicurare la competitività e lo sviluppo dei mercati da essa gestiti, con l’obiettivo di massimizzare nel tempo la possibilità per i vari soggetti di negoziare alle migliori condizioni di liquidità, trasparenza e competitività e di sviluppare servizi per la comunità finanziaria, perseguendo la massima efficienza e redditività. In particolare, svolge le seguenti funzioni : • Definizione dell’organizzazione e del funzionamento dei mercati, delle modalità

di accesso degli intermediari, nonché attività di vigilanza e di gestione delle situazioni di crisi;

• Definizione della disciplina dei requisiti per l’ammissione a quotazione, della sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari e revoca della stessa;

• Gestione delle procedure e dei rapporti con gli emittenti per i contratti di quotazione; Definizione dei profili organizzativi e stesura del codice di comportamento dei soggetti operanti sui mercati.

Fino al 1991 l’attività di negoziazione è stata esercitata esclusivamente dagli agenti di cambio, anno in cui sono state istituite le Società di Intermediazione Immobiliare (SIM). Oggi, in base all’articolo 3.1.1 del Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A. "possono partecipare alle negoziazioni nei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa italiana: • gli agenti di cambio; • le banche nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo

svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o di terzi ai sensi del Testo Unico della finanza;

• le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto di terzi ai sensi del Testo Unico della finanza;

• i locals (soggetti che svolgono esclusivamente attività di negoziazione per conto proprio e che aderiscono indirettamente agli organismi di compensazione e di liquidazione, nonché di compensazione e garanzia) con sede legale in uno stato comunitario ed autorizzati a negoziare su un mercato comunitario".

Sempre nel 1991 (il 25 novembre) è stato creato il sistema di contrattazione telematico esteso, nel febbraio 1996, a tutti gli strumenti finanziari quotati. In tale data è stato definitivamente abbandonato il tradizionale meccanismo di contrattazione "alle grida" (o a chiamata): la contrattazione di un titolo avveniva in un determinato momento della seduta di Borsa, durante la quale gli intermediari, intorno ad un recinto (corbeille) gridavano i prezzi ai quali erano disposti a vendere o ad

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acquistare finché non si trovava una controparte che accettasse la vendita o l’acquisto a quel determinato prezzo. Oggi tutti gli strumenti finanziari vengono negoziati attraverso il sistema telematico della Borsa valori, costituito da una rete di elaboratori e terminali, che permette di gestire automaticamente l’incrocio tra la domanda e l’offerta. Per vendere ed acquistare non è più necessario recarsi in un luogo specifico: lo scambio si perfeziona nel momento in cui una proposta di acquisto, immessa nel sistema telematico tramite un programma elettronico particolare, combaci con una proposta di vendita, anch’essa immessa con lo stesso sistema. In Borsa, oggi, le transazioni si realizzano senza che i venditori e gli acquirenti si parlino o si conoscano e visto che non ci si trova più in un luogo fisico, è possibile riversare nello stesso istante nel sistema borsistico telematico molteplici offerte di vendita e di acquisto, ciascuna relativa ad uno qualsiasi degli strumenti finanziari trattati sul mercato: il programma elettronico provvede a mettere in ordine tutte le proposte, distinguendo quelle di acquisto da quelle di vendita e incrociando quelle coincidenti di segno opposto. Premesso che ci sono diverse modalità per investire nel mercato di borsa: • Investire direttamente, prendendo le decisioni personalmente; • Affidarsi ad un intermediario per una gestione personalizzata dei propri risparmi; • Investire in fondi pensione, assicurazioni vita, affidando ai gestori tutte le scelte

e le decisioni; L’acquisto o la vendita di azioni e più in generale di tutti gli strumenti finanziari, non può essere fatta dal singolo investitore, o dalla generica impresa ma solo dagli intermediari finanziari o dalle SIM autorizzate, questo al fine di garantire la massima sicurezza e trasparenza delle transazioni. La Borsa Italiana S.p.A. gestisce diversi mercati al fine di fornire un efficiente canale di finanziamento adatto a tutte le tipologie di valori quotati; in linea di principio per ogni strumento c’è un mercato diverso. Ad un primo livello, la Borsa Italiana può essere suddivisa in CINQUE grossi segmenti: 1. IL MERCATO AZIONARIO , nel quale si negoziano tutti i tipi di azioni, le

obbligazioni convertibili, i diritti d’opzione, i warrant, i cover warrant e i certificati rappresentativi di quote di fondi chiusi mobiliari ed immobiliari.

2. IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS , nel quale si negoziano i Covered Warrant (su azioni, titoli di Stato, tassi di interesse, valute, indici e merci) e dei certificates quotati in Borsa.

3. IL MERCATO AFTER HOURS , nel quale si effettua la negoziazione di strumenti finanziari in orari successivi alla chiusura del mercato diurno.

4. IL MERCATO DEL REDDITO FISSO , ossia il mercato telematico delle obbligazioni e dei Titoli di Stato

5. MERCATO DEI DERIVATI , nel quale sono negoziati contratti futures e di opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici.

1: IL MERCATO AZIONARIO DI BORSA ITALIANA si articola in tre mercati: il Mercato Telematico Azionario (Mta), il Mercato Ristretto e il Nuovo Mercato.

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IL MERCATO TELEMATICO AZIONARIO (MTA): è il comparto della Borsa valori italiana in cui si negoziano azioni (ordinarie, privilegiate e di risparmio), obbligazioni convertibili, warrant, diritti d’opzione e certificati rappresentativi di quote di fondi mobiliari e immobiliari chiusi quotati in Borsa (art.1.3 del regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.). L’Mta è gestito dalla Borsa Italiana S.p.A. (società di gestione) secondo le norme previste nel regolamento deliberato dall’Assemblea ordinaria della stessa società il 20 dicembre 1999 e approvato dalla CONSOB con delibera n. 12324 del 19 gennaio 2000. Dal 1991 il mercato azionario è divenuto un mercato telematico, e l’adozione di tale modalità di contrattazione ha sostituito quella "alle grida", inizialmente, per una rosa ristretta di azioni, successivamente (aprile 1994), per tutto il listino azionario. L’Mta è un mercato ad asta, in cui le negoziazione e gli scambi degli strumenti finanziari avvengono attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio si compie tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. I titoli sono scambiati attraverso un meccanismo a doppio lato (two side): le offerte di prezzo vengono fatte sia dagli acquirenti che dai venditori delle azioni. Il sistema telematico, gestito dalla SIA, visualizza le proposte di negoziazione all’interno di un libro (book) che compare sui terminali degli operatori autorizzati. A partire dal 2 aprile 2001, con l’avvio dell’operatività del segmento STAR, il Mercato Telematico Azionario è stato suddiviso in base alla capitalizzazione degli strumenti negoziati, nei seguenti segmenti: BLUE CHIPS , è il segmento dedicato alle azioni con capitalizzazione superiore ad un livello attualmente stabilito in 800 milioni di euro, in cui sono comprese tutte le società inserite del Mib30 (i 30 principali titoli per capitalizzazione e liquidità), e le società del Midex (le 25 società successive per capitalizzazione a quelle comprese nel Mib30). STAR, è il segmento che riguarda le aziende con capitalizzazione medio – piccola, inferiore a 800 milioni di euro, che operano nei settori più tradizioali dell’economia; tali aziende, per incrementare la visibilità e la qualità della propria immagine sul mercato e rientrare nel target degli investitori istituzionali, si impegnano a soddisfare requisiti più pressanti legati al flottante, alla trasparenza dell’informativa societaria, al sostegno della liquidità da parte di uno specialista. SEGMENTO DI BORSA ORDINARIO , nel quale sono presenti società che non rientrano nei segmenti precedenti, esso è suddiviso a sua volta in due classi in funzione della loro liquidità, misurata in termini di frequenza e controvalore medio giornaliero degli scambi. MTF, è il segmento su cui si negoziano ETF (Exchange – Traded Funds) e Funds (Aperti indicizzati, SICAV Indicizzate, Fondi chiusi Immobiliari e Mobiliari). Il MERCATO RISTRETTO: è il mercato nel quale si negoziano contratti di compravendita relativi ad azioni, obbligazioni, warrant e diritti d’opzione con requisiti meno stringenti rispetto a quelli previsti per l’ammissione sull’Mta o comunque legati a condizioni particolari, come clausole di prelazione e gradimento. I titoli quotati su tale mercato sono emessi da società di dimensione mediamente inferiore rispetto a quelle presenti sull’Mta; esso svolge funzione di banco di prova sia per l’emittente dei titoli sia per l’investitore. E’ stato istituito nel 1977, dopo l’approvazione della legge n.° 49 del 23 febbraio 1977, che ne ha originariame nte disciplinato il meccanismo di funzionamento. La sua istituzione aveva una precisa finalità: consentire la quotazione e la negoziazione di strumenti finanziari non ancora "maturi" per essere ammessi sulla Borsa ufficiale, pur facendo registrare numerosi scambi o essendo legati a clausole particolare di prelazione e gradimento, tali da non consentire il

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regolare svolgimento delle negoziazioni di Borsa. In realtà oggi il Mercato Ristretto non rispecchia le finalità previste dal legislatore e dell’originale previsione mantiene solamente le regole di funzionamento e i requisiti di ammissione semplificati rispetto agli altri mercati. IL NUOVO MERCATO: è il mercato regolamentato organizzato e gestito dalla Borsa Italiana S.p.A., in cui si negoziano, per qualsiasi quantitativo, azioni ordinarie, obbligazioni convertibili, warrants e diritto d’opzione di emittenti nazionali ed esteri con elevate potenzialità di crescita operanti sia in settori innovativi, sia tradizionali purchè caratterizzate da innovazioni di prodotto, servizio o processo ("high growth companies"). Il Nuovo Mercato è stato costituito nel maggio del 1999 al fine di creare un segmento borsistico per rispondere alle specifiche esigenze di finanziamento delle imprese operanti in settori molto dinamici, innovativi e ad alto potenziale di sviluppo. Si tratta di imprese operanti in settori ad alto sviluppo tecnologico, di imprese operanti in settori "tradizionali" ma che puntano sull’innovatività dei processi e dei prodotti, società giovani (start – up) che necessitano di capitali per sviluppare i propri progetti, società già quotate su altri mercati esteri che desiderano allargare la propria base azionaria. I requisiti di ammissione al Nuovo Mercato sono meno stringenti rispetto a quelli del listino principale; basta la pubblicazione ed il deposito di un solo bilancio d’esercizio, senza nessun vincolo minimo di utile, fatturato o dimensione dell’attivo; offerta minima pari al 20% del capitale, con deroga in caso di doppia quotazione (quotazione su 2 o più mercati); l’offerta minima di azioni deve avere un controvalore di almeno 5 milioni di euro (quasi 10 miliardi di lire); patrimonio netto non inferiore a 1,5 milioni di euro. Al Nuovo Mercato generalmente si rivolgono sia società già esistenti e che hanno progetti di espansione, sia società che hanno da poco iniziato l’attività con delle idee da finanziare, ma fatturati ridotti (anche se con forti prospettive di crescita) e forti perdite (legate al sostenimento dei costi di avvio dell’attività). Dal punto di vista operativo il Nuovo Mercato segue gli stessi orari e procedure di negoziazione del segmento principale di borsa, solamente che a differenza di questo non esistono lotti minimi di negoziazione: è possibile acquistare o vendere anche una sola azione, questo allo scopo di facilitare la partecipazione agli investimenti anche al piccolo risparmiatore. In tal senso il Nuovo Mercato offre vantaggi sia alle aziende, le quali hanno una procedura di quotazione più semplice, sia agli investitori, i quali hanno la possibilità di impegnare somme di denaro anche contenute con le stesse garanzie di trasparenza che caratterizza la borsa tradizionale. 2. IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS è il comparto della Borsa valori italiana sul quale sono negoziati covered warrants (su azioni, titoli di stato, tassi d’interesse, valute, indici e merci) e Certificates quotati in Borsa, per quantitativi minimi (lotto minimo) o loro multipli. Esso è un mercato ad asta, in cui la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari avvengono attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio si effettua tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. Con lo scopo ultimo di rendere più facilmente consultabile il listino dei covered warrant è stata introdotta una segmentazione che, pur non avendo nessuna differenza nelle modalità di negoziazione, ripartisce gli strumenti in classi omogenee per tipologia di struttura: segmento plain vanilla, benchmark, certificates e segmento strutturati/esotici. Possono essere ammessi a quotazione sul MCW (in base all’art.2.2.15 del Regolamento dei mercati organizzati) i covered warrant emessi da: società o enti nazionali o esteri sottoposti a vigilanza prudenziale; Stati o enti

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sovranazionali; società o enti per i quali i rapporti obbligatori connessi all’emissione siano garantiti da un soggetto (garante) che presenti i requisiti specificati nello stesso regolamento. 3. IL MERCATO AFTER HOURS Dal 15 maggio 2000 la Borsa italiana ha dato vita ad una fase di negoziazione serale (Trading After Hours, TAH); questa ha inizio alle ore 18.00 (30 minuti dopo la conclusione della fase diurna) e termina alle 20.30 ( a regime, vi sarà l’estensione di tale orario fino alle 22.00). Attualmente, in tale mercato sono negoziati solo una parte dei titoli quotati alla Borsa italiana e soprattutto solo quelli più liquidi, cioè quelli che fanno parte dell’indice Mib30 e del Midex, ed alcune azioni e covered warrant del Nuovo Mercato. La negoziazione degli strumenti finanziari avviene attraverso un meccanismo ad asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio ha luogo tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. Il progetto della Borsa serale è stato creato sulla base delle nuove esigenze espresse dagli investitori italiani e stranieri ed ha incontrato anche il consenso degli intermediari che possono così ampliare l’offerta dei servizi a risparmiatori ed investitori. Tuttavia la fase serale della Borsa italiana presenta vincoli più restrittivi rispetto a quelli in vigore durante la fase diurna: visto l’aspetto ancora sperimentale di questo mercato e i timori di illiquidità degli scambi (scarsità delle proposte di acquisto e vendita possono causare un’elevata volatilità dei prezzi) la Borsa italiana ha deciso di fissare a +/- 3,5% l’oscillazione massima dei prezzi di contrattazione al prezzo di riferimento registrato durante la fase diurna che fa scattare la sospensione del titolo. Tale vincolo, nonostante sia posto a protezione del risparmiatore, ha limitato il successo di questo mercato in quanto oscillazioni troppo limitate dei prezzi costituiscono un vero e proprio freno all’operatività dei trader. 4. IL MERCATO DEL REDDITO FISSO Il Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato (MOT) è il comparto della Borsa Italiana S.p.A. in cui si negoziano obbligazioni diverse dalle obbligazioni convertibili e Titoli di Stato, in quantitativi minimi (lotti minimi) o lo multipli (art.4.4.1 del regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.); la Borsa Italiana stabilisce i quantitativi minimi negoziabili bilanciando, le esigenze di funzionalità del mercato, l’agevolazione all’accesso al mercato stesso da parte degli investitori istituzionali e l’economicità nell’esecuzione degli ordini. Il MOT è un mercato finanziario al dettaglio, nato nel luglio del 1994 dall’unificazione in un unico mercato telematico delle 10 borse valori italiane. Esso è un mercato ad asta, in cui il sistema di negoziazione è strutturato in maniera da accoppiare gli ordini sulla base del prezzo (la priorità è data a chi è disposto a pagare di più) e delle quantità e, a parità di prezzo, si da la precedenza all’ordine emesso per primo. Le transazioni scaturiscono dall’incrocio di proposte di negoziazioni (PDN); le PDN sono ordinate automaticamente per ciascun strumento in ordine di prezzo, decrescente se in acquisto e crescente se in vendita. Gli strumenti finanziari negoziati sul MOT sono suddivisi in quattro segmenti di mercato, in base alla natura dell’emittente e del tipo di interesse: • BOT, BTP, CTE, CTZ; • CCT e CTO; • Obbligazioni denominate in euro; • Obbligazioni denominate in altre valute estere.

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Inoltre, l’art.4.4.2 del Regolamento stabilisce una ulteriore ripartizione degli strumenti di ogni segmento sulla base di indicatori rilevati periodicamente quali il tipo, valore nominale e la liquidità. Gli orari di negoziazione sono diversi per ciascun segmento: la Borsa stabilisce limiti alle variazioni massime di prezzo e altre condizioni per assicurare il massimo ordine nello svolgimento delle negoziazioni. Inoltre queste avvengono in due fasi successive: L’asta di apertura, che ha l’obiettivo di selezionare gli strumenti finanziari negoziabili e di determinare un prezzo iniziale (prezzo di apertura). La negoziazione in continua, che ha il compito di rendere rapido ed efficiente lo svolgimento delle transazioni. Ogni giorno la Borsa Italiana invia e diffonde, tramite supporto informatico, il Listino Ufficiale. 5. MERCATO DEI DERIVATI Il Mercato Italiano dei derivati si suddivide in due segmenti: Il Mercato Italiano dei Derivati Azionari (IDEM – Italian Derivatives Market) Il Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di Interess e (MIF) L’IDEM è il mercato regolamentato gestito dalla Borsa Italiana S.p.A., in cui vengono negoziati contratti futures e contratti d’opzione che hanno come attività sottostante indici e singoli titoli azionari. L’IDEM è nato il 28 novembre 1994, con l’avvio delle negoziazioni telematiche sul FIB 30 (future sull’indice MIB30). Le modalità di negoziazione avvengono in un’unica fase "in continua", dalle 9.15 alle 17.40, in cui avviene anche la conclusione dei contratti. Le proposte di negoziazione sono immesse nel "book" in forma anonima e devono contenere specifiche informazioni circa lo strumento oggetto della negoziazione, la quantità , il tipo di operazione, il tipo di conto e le condizioni offerte. Caratteristica principale di questo mercato è che gli scambi possono essere effettuati attraverso la presenza di operatori chiamati "market makers" (iscritti nell’apposito albo), al fine ultimo di garantire la liquidità degli strumenti negoziati. Essi, infatti, sono degli intermediari finanziari che si impegnano a fornire in via continuativa proposte di acquisto e vendita su uno o più strumenti finanziari, quotati sui mercati regolamentati, per un ammontare minimo fissato di tali strumenti. Un investitore che desidera operare sugli strumenti finanziari negoziati sull’IDEM deve rivolgersi ad un intermediario, che confermi la sua adesione come clearing member alla Cassa di Compensazione e Garanzia; in particolare i soggetti abilitati ad operare sull’IDEM sono: • Imprese d’investimento: SIM e imprese d’investimento comunitarie ed extra-

comunitarie; Banche, se autorizzate dalla Banca d’Italia; • Agenti di cambio ancora in carica, operanti solo come broker, immettendo ordini

solo per i loro clienti e non propri. I contratti conclusi sono registrati in un apposito archivio elettronico, indicando una serie di informazioni (numero progressivo del contratto, l’ora di inserimento della proposta, la quantità e il prezzo unitario ecc.): tali informazioni sono inviate automaticamente dal sistema di riscontro e rettifica giornalieri al sistema di compensazione e garanzia. Il Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di inter esse (MIF), è il mercato regolamentato sul quale si negoziano i futures e le opzioni aventi come attività sottostante Titoli di Stato e tassi di interesse (future sul BTP a 10 anni, future sul BTP a 30 anni, future sul tasso EURIBOR a 1 mese e opzione sul BTP future). Il MIF è stato istituito il 18 febbraio 1992 con un decreto del Ministero del Tesoro, abrogato e sostituito dal nuovo decreto del 24 febbraio 1994 con il quale si è sancita una convenzione per il funzionamento e si è costituito un Comitato di Gestione. A seguito

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della privatizzazione dei mercati avvenuta con il decreto legislativo del 23 luglio 1996, nell’anno 1997 è stata costituita la società per azioni MIF S.p.A. , ceduta alla Borsa Italiana S.p.A. nel maggio del 1998. Il funzionamento, l’organizzazione e la gestione del MIF sono disciplinati da un Regolamento che stabilisce: • Le condizioni di ammissione; • L’esclusione e la sospensione dei contratti e degli operatori; • Le modalità di svolgimento delle negoziazioni, • Gli obblighi degli operatori; • La pubblicazione e la diffusione delle informazioni. In base all’articolo 3.1.1 del Regolamento del MIF si stabilisce che possono partecipare alle negoziazioni: Gli agenti di cambio autorizzati alla negoziazione per conto terzi (Testo Unico della Finanza); Le banche nazionali, comunitarie, ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto terzi (Testo Unico della finanza); Le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto terzi (Testo Unico della Finanza); I locals, con sede legale in uno stato comunitario ed autorizzati a negoziare su un mercato comunitario; La Banca d’Italia, ammessa di diritto alle negoziazioni.

Dal prossimo mese di ottobre 2007 dovrebbe partire un nuovo mercato denominato Mercato Alternativo dei Capitali ( MAC) destinato ad agevolare l’accesso dei capitali di rischio da parte delle PMI italiane.

Ad agosto 2007 è stata poi annunciata l’operazione di fusione fra la società di gestione della Borsa Italiana (BORSA SPA )con quella della Borsa di Londra; tale operazione darà al più grande mercato borsistico europeo .

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5.4 GLI INTERMEDIARI FINANZIARI

5.4.1 Inquadramento generale Dopo il quadro normativo occorre ricordare che sotto l’aspetto funzionale , il sistema finanziario assolve a tre compiti di natura 1. Monetaria : attraverso la creazione e la movimentazione dei mezzi di

pagamento; 2. Creditizia : attraverso il trasferimento delle risorse finanziarie dalle unità

economiche in avanzo finanziario a quelle in disavanzo; 3. di politica monetaria attraverso la trasmissione della politica economica Analizzeremo ora in particolare i principali intermediari finanziar i presenti sul mercato effettuando una distinzione “grossolana” in funzione dell’attività svolta . A intermediari abilitati ad offrire servizi d'investimento a privati e persone

giuridiche: (per servizi di investimento si intende l’offerta di prodotti finanziari a terzi al fine di raccogliere disponibilità finanziarie)

• società di intermediazione mobiliare (sim) italiane: possono essere autorizzate

dalla Consob ad offrire tutti i servizi di investimento. Una verifica può essere fatta nella sezione Intermediari del sito Consob; E' previsto dall'art. 20 del d.lgs. n. 58/1998 e contiene:- elenco Simm; sezione imprese extracomunitarie; e sezione speciale società fiduciarie All'albo è allegato l'elenco delle imprese di investimento comunitarie:- con succursale in Italia e- senza succursale

banche italiane: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad offrire tutti i servizi di investimento;

società di gestione del risparmio (sgr) italiane: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia all'esercizio dell'attività di gestione individuale di patrimoni; la verifica può essere fatta sul sito della banca d’italia sezione Funzioni di Vigilanza;

intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'art. 107 del Testo Unico bancario e tenuto dalla Banca d'Italia: possono essere autorizzati solo alla negoziazione in conto proprio di strumenti finanziari derivati e al collocamento

banche di paesi comunitari : possono offrire i servizi per i quali sono state autorizzate dall'autorità di vigilanza del paese d'origine; la verifica può essere fatta presso gli uffici della Banca d'Italia;

imprese di investimento di paesi comunitari : possono offrire i servizi per i quali sono state autorizzate dall'autorità di vigilanza del paese d'origine; la verifica può esser fatta nella sezione Intermediari del sito Consob;

banche extracomunitarie : possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad offrire tutti i servizi di investimento; la verifica può essere fatta presso gli uffici della Banca d'Italia;

agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale tenuto dal Ministero del tesoro: possono svolgere l'attività di negoziazione per conto terzi, collocamento, gestione individuale e ricezione e trasmissione di ordini nonchè mediazione; la verifica può essere fatta presso il Ministero del tesoro

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I soggetti abilitati operano normalmente presso le loro sedi e dipendenze, dove il risparmiatore si reca per effettuare investimenti. A volte, però, la promozione ed il collocamento di servizi di investimento o prodotti finanziari viene svolta "fuori sede",e quindi anche presso il domicilio del risparmiatore. Il nostro ordinamento ha ritenuto che in questi casi il risparmiatore deve essere particolarmente tutelato, prevedendo che:

• i soggetti abilitati si avvalgono di promotori finanziari, iscritti, dopo aver superato un esame, in un albo tenuto dalla Consob consultabile nella sezione "Intermediari " del sito, dove il risparmiatore può verificare l'effettiva iscrizione del promotore;

• il risparmiatore ha 7 giorni di tempo dalla sottoscrizione per esercitare la facoltà di ripensamento e recedere dal contratto senza spese.

Nel parlare di servizi d’investimento si focalizza l’attenzione su soggetti che intendono investire le loro attività finanziarie . Poiché nella decisione d’investimento entrano in gioco sia fattori oggettivi che soggettivi standardizzare è difficile per cui è opportuno capire quali fattori vanno tenuti presenti nella scelta di un investimento . B intermediari abilitati ad offrire altri servizi finanziari In questa categoria rientrano tutti gli intermediari finanziari che possono esercitare: le seguenti attività previste dall’art. 106 del T.U.: – assunzione di partecipazioni; – concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma; – prestazione di servizi di pagamento (carte di credito) – intermediazione in cambi; – soggetti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di concessione di

finanziamenti nei confronti del pubblico nella forma del rilascio di garanzie tutto svolto con le caratteristiche professionali In realtà gli intermediari creditizi veri e propri sono quelli orientati al margine da interesse per cui troviamo banche, soc. di credito al consumo,di leasing,di factoring, mentre altri intermediari orientati alle commissioni ma che svolgono attività creditizia sono emittenti carte ,confidi, merchant bank C intermediari abilitati ad offrire servizi monetari e di pagamento L’art. 114-bis del Testo unico bancario ha riservato l’emissione della moneta elettronica alle banche e agli IMEL, prevedendo per questi ultimi una specifica disciplina. Essa è volta a favorire lo sviluppo della moneta elettronica, attraverso l’introduzione di un quadro normativo neutro rispetto alle soluzioni tecnologiche prescelte per la sua realizzazione, e a preservare l’affidabilità degli IMEL attraverso l’adozione di un regime di vigilanza prudenziale calibrato sulle specificità di tali intermediari e ispirato al paradigma della sana e prudente gestione. L’IMEL esercita in via esclusiva l’attività di emissione della moneta elettronica attraverso la trasformazione immediata delle somme ricevute in moneta elettronica. In relazione all’esercizio di tale attività, l’IMEL cura altresì la gestione degli investimenti consentiti a fronte della moneta elettronica emessa. L’IMEL può, inoltre, svolgere attività connesse e strumentali a quella principale nonché prestare taluni servizi di pagamento; ad esso è comunque preclusa la concessione di crediti sotto qualsiasi forma. La moneta elettronica è un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente, memorizzato su un dispositivo elettronico; essa rappresenta

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uno strumento di pagamento accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall’emittente. La moneta elettronica è emessa previa ricezione di somme di valore non inferiore al valore monetario emesso. La ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica non integra la fattispecie della raccolta del risparmio tra il pubblico. Le somme ricevute dall’IMEL a fronte della moneta elettronica emessa non costituiscono depositi della clientela;su di esse, pertanto, non sono corrisposti interessi e le stesse non sono coperte dai sistemi di garanzia dei depositi. Ulteriore caratteristica della moneta elettronica è il riconoscimento al detentore del diritto al rimborso della parte di essa non utilizzata. Il rimborso deve essere effettuato al valore nominale in moneta legale ovvero mediante versamento su un conto bancario, senza applicazione di ulteriori oneri e spese, fatta eccezione per quelli strettamente necessari per l’effettuazione dell’operazione. L’IMEL può prevedere che siano esclusi rimborsi per importi inferiori a 5 euro. La moneta elettronica si distingue sia dagli strumenti di accesso a distanza a depositi bancari sia da altri strumenti di pagamento, quali le carte di credito nonché le carte prepagate emesse da fornitori di beni e servizi e utilizzabili esclusivamente presso gli stessi. La moneta elettronica può avere caratteristiche tecniche e di funzionamento diverse, quali ad esempio: dispositivi basati sull’utilizzo di un supporto fisico o su software; strumenti nominativi o anonimi; ricaricabili o meno. Un caso particolarmente interessante è quello di MOBILMAT spa , primo operatore IMEL in Italia che emette carte prepagate ricaricabili. 5.4.2 I Principi base per l’investimento di attivi tà finanziarie In materia di risparmio e investimenti occorre tener sempre a mente tre criteri fondamentali: liquidità, sicurezza e rendimento . Naturalmente, l’ideale sarebbe poter conseguire risultati positivi per ciascuno di questi tre fattori, vale a dire ottenere redditi elevati in assoluta sicurezza potendo contare su una disponibilità costante. In realtà questi tre obiettivi sono inversamente proporzionali. Infatti, una maggiore sicurezza va a scapito del rendimento, mentre un rendimento più elevato richiede un compromesso in termini di durata e sicurezza. Solo con una strategia di investimento equilibrata i tre fattori sono equamente ripartiti a seconda della propensione al rischio dell’investitore e delle aspettative di rendimento. Investimenti e rischi Chi auspica un reddito elevato deve essere necessariamente disposto ad accettare maggiori rischi. L’andamento di un investimento è strettamente correlato all’orientamento specifico dell’investimento. I rischi maggiori si corrono investendo in azioni o in valute estere. Per superare indenni eventuali oscillazioni dei corsi, gli investitori devono puntare a un orizzonte temporale pluriennale. Man mano che aumenta la durata dell’investimento si riduce, ma non si esclude, il rischio di perdita. Infine occorre tener presente che i rendimenti passati non sono garanzia di rendimenti futuri

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. La figura riportata qui sopra illustra chiaramente il conflitto esistente tra rischio (sicurezza) e rendimento (redditività). È fondamentale sapere che il potenziale di rendimento è direttamente proporzionale al rischio. Rischio e rendimento Non tutte le soluzioni di investimento sono indicate in uguale misura per gli investitori privati. Conoscere la propria propensione al rischio rappresenta un presupposto assolutamente imprescindibile. Individuare la strategia di investimento ideale non è per niente facile. Un boom delle borse determina una maggiore propensione al rischio, mentre in una fase di stagnazione si propende verso investimenti sicuri. Per definire il proprio profilo di investimento e la propria propensione al rischio occorre porsi domande mirate e successivamente discuterne con il consulente o con l’intermediario finanziario. Al fine di garantire il privato dopo i vari fatti accaduti anche eclatanti come Parmalat e Cirio l’ABI (Associazione bancaria Italiana) ha promosso l’iniziativa “ Patti Chiari” . Tali norme di comportamento, poi adottate da tutti gli operatori prevedono che gli intermediari attraverso una intervista del cliente devono definire il profilo di rischio del cliente e monitorarlo nel tempo. Questo per tutelare il cliente da potenziali operazioni pericolose per il suo profilo .

: Profili

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Obiettivo d’investimento Descrizione Finalità Profilo di

rischio

Sicurezza

Investimenti del mercato monetario e obbligazioni; quota azionaria nulla

Mantenimento del valore con reddito regolare

Rischio minimo

Reddito In prevalenza obbligazioni; quota azionaria ridotta

Mantenimento del valore con reddito regolare e incremento del valore attraverso una quota azionaria ridotta

Rischio ridotto

Equilibrio Composizione del portafoglio equilibrata tra azioni e obbligazioni

Mantenimento del valore con reddito regolare e incremento del valore attraverso una modesta quota azionaria

Rischio medio

Crescita In prevalenza azioni; quota obbligazionaria ridotta

Incremento del valore a lungo termine attraverso una quota azionaria superiore alla media

Rischio superiore alla media

Utile di capitale In prevalenza azioni; quota obbligazionaria nulla

Incremento del valore a lungo termine attraverso una quota azionaria molto elevata

Rischio elevato

Strategia di investimento La strategia di investimento determina la diversificazione, vale a dire la ripartizione dell’investimento tra diverse categorie. Un portafoglio diversificato ha come obiettivo quello di ottimizzare il rapporto tra rischio e rendimento, ripartendo l’intero capitale investito su diverse classi di attività e singoli titoli: • Ripartizione tra diversi strumenti di investimento quali azioni, obbligazioni, titoli

del mercato monetario ecc. • Ripartizione tra diverse imprese, settori e Paesi • Ripartizione in base alla valuta Gli investimenti in azioni di società differenti saranno caratterizzati da una maggiore stabilità a livello dei corsi rispetto a quelli in azioni emesse da un’unica azienda. In tal modo il rischio specifico (o non sistematico) di un titolo si riduce. Altri fattori determinanti nella scelta della strategia di investimento sono la tolleranza al rischio, la durata dell’investimento, la fase della vita in cui si trova l’investitore e la sua situazione patrimoniale: Tolleranza al rischio In che misura si è disposti a correre un rischio? La tolleranza al rischio è determinata da due fattori che influiscono sulla scelta della strategia di investimento:

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Capacità di rischio Propensione al rischio La capacità di rischio è determinata da criteri oggettivi. Ponetevi le seguenti domande: Avrò bisogno del denaro nei prossimi 10 anni? Devo utilizzare il denaro per la previdenza di vecchiaia?

La propensione al rischio è determinata da criteri soggettivi. Ponetevi le seguenti domande: Sono disposto ad accettare consistenti oscillazioni dei corsi? Seguo attivamente l’andamento dell’economia? Quali sono le mie esperienze nell’ambito delle operazioni su titoli?

A seconda della tolleranza al rischio esiste un’adeguata strategia di investimento: Tolleranza al rischio elevata Tolleranza al rischio ridotta Strategia di investimento aggressiva: Orizzonte temporale: 5-10 anni Oscillazioni di valore elevate nel breve periodo Redditi complessivi superiori alla media nel lungo periodo

Strategia di investimento difensiva: Orizzonte temporale: 3-5 anni Oscillazioni di valore contenute nel breve periodo Redditi complessivi più contenuti nel lungo periodo

Durata dell’investimento Più lungo è l’orizzonte temporale, maggiore è la probabilità di raggiungere i propri obiettivi di rendimento. Optando per un investimento con un orizzonte piuttosto lungo è possibile far fronte a rischi più elevati sotto forma di oscillazioni dei corsi. Si corrono rischi elevati soprattutto scegliendo investimenti in azioni e in valute estere. Poiché le variazioni dei corsi possono determinare anche cadute, per gli investimenti più rischiosi gli investitori devono optare per un orizzonte temporale piuttosto lungo. Da alcuni studi è emerso che gli investitori che scelgono soluzioni rischiose con un orizzonte temporale di oltre 8 anni vengono poi ricompensati con rendimenti superiori alla media. Fase della vita L’evoluzione finanziaria può essere suddivisa in tre fasi: La prima fase è caratterizzata dalla costituzione del patrimonio; famiglia e carriera svolgono un ruolo fondamentale. La fase successiva è segnata dall’incremento del patrimonio; spesso si acquista la casa dei propri sogni e si prendono importanti decisioni a livello professionale. Durante la terza fase svolgono un ruolo di primo piano la pianificazione previdenziale e successoria nonché strategie di investimento mirate al mantenimento del valore del patrimonio accumulato. In tutte e tre le fasi le persone tendono a prendere decisioni in numerosi ambiti: dalle imposte agli investimenti patrimoniali, dalla carriera al finanziamento della proprietà d’abitazione, dalla costituzione di un’impresa all’educazione dei figli, senza tralasciare la pianificazione previdenziale, le assicurazioni, l’eredità, la pianificazione successoria, ecc. Situazione patrimoniale

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La scelta della strategia di investimento è legata anche alla propria situazione finanziaria presente e futura, in base alla quale si opta per la forma di investimento ideale (azioni, fondi, ecc.). È opportuno porsi le seguenti domande: Quali saranno la mia situazione patrimoniale e il mio reddito tra 3, 5 o 10 anni? Si prospettano spese ingenti o si prevede l’acquisto di una casa? Nel caso di una coppia in cui entrambe i partner percepiscono un reddito, esiste la possibilità che uno dei due abbandoni o riduca (provvisoriamente) l’attività lucrativa? Sono previste donazioni o eredità che potrebbero migliorare sensibilmente la situazione patrimoniale? Esiste una copertura assicurativa adeguata per i rischi d’invalidità e di decesso? In che modo influisce sul reddito e sul patrimonio? Scegliere la strategia di investimento ideale non è affatto semplice. È una decisione che andrebbe analizzata e discussa con uno specialista del settore. 5.5 Gli strumenti finanziari destinati agli investi tori Ai sensi del d. lgs. 58/98 per "strumenti finanziari" si intendono: a) azioni e altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; b) obbligazioni, titoli di Stato e altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali; c) quote di organismi di investimento collettivo (ossia quote di fondi comuni d'investimento); d) titoli normalmente negoziati sul mercato monetario; e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere, e i relativi indici; f) contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; g) contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; h) contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; i) contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; j) combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere. In realtà quanto sopra previsto è possibile classificare in quattro segmenti principali : A. le azioni ; B. le obbligazioni e i titoli di stato C. I fondi comuni e Sicav D. i contratti derivati come futures, swaps, opzioni A Azioni

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Le azioni rappresentano il capitale sociale della società. Il capitale che i soci versano per costituire una società viene diviso per il valore nominale o di emissione dell'azione così da determinare il numero di azioni in circolazione. Il valore di emissione non coincide con il valore di borsa, il quale è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di mercato che si ha su quel titolo. Il valore contabile di una azione si determina dividendo il patrimonio netto della società per il numero totale delle azioni in circolazione. Le azioni danno diritto (a chi le possiede) di partecipare alla divisione degli utili aziendali; è il consiglio di amministrazione a deliberare l'ammontare di utili da distribuire sotto forma di dividendi agli azionisti della società. All'azionista, in quanto portatore di capitale di rischio, non è assicurata alcuna distribuzione di utili, la quale dipende dall'andamento economico/finanziario della società e dalla volontà degli stessi amministratori. Per questo motivo le azioni sono considerate titoli a reddito variabile perché non garantiscono una remunerazione uguale e costante nel tempo. Ci sono diverse categorie di azioni, ognuna delle quali si differenzia dalle altre per i diritti (patrimoniali e amministrativi) e per i doveri ai quali l'azionista è tenuto ad attenersi. Si possono infatti riconoscere molteplici tipologie di azioni che possono essere emesse da una società quotata in borsa:1. Azioni ordinarie 2. Azioni di risparmio 3. Azion i Azioni ordinarie Le azioni ordinarie rappresentano la forma più tradizionale per partecipare al capitale dell'azienda. Le società quotate devono avere almeno il 50% del proprio capitale rappresentato da azioni ordinarie; nel caso in cui si scendesse al di sotto di tale soglia, si devono subito ripristinare gli equilibri, pena la chiusura della società. Oltre ai diritti patrimoniali di partecipare alla divisione degli utili ed alla liquidazione del capitale della società, chi possiede azioni ordinarie ha dei diritti amministrativi come la partecipazione e il diritto di voto alle assemblee ordinarie e straordinarie per la nomina degli amministratori, l'approvazione del bilancio, gli aumenti di capitale, le modifiche allo statuto della società e l'eventuale scioglimento della stessa. Ogni azione ordinaria da diritto ad un voto ma non esistono azioni con diritto di voto plurimo. In sostanza, le azioni ordinarie sono quelle che permettono di intervenire direttamente nella gestione della società, per questo motivo, nell'ottica di una scalata al capitale di una società, si devono acquistare sul mercato tali azioni nella misura del 50% più una consentendone il controllo Azioni di risparmio Le azioni di risparmio possono essere emesse solamente da società quotate in borsa. Insieme alle azioni privilegiate non possono rappresentare più del 50% del capitale sociale; se l'ammontare delle azioni di risparmio e privilegiate dovesse superare tale limite, questo dovrebbe essere ristabilito entro due anni mediante emissione di azioni ordinarie da attribuire ai possessori di azioni ordinarie. La società si scioglie se il rapporto fra azioni ordinarie e azioni senza voto o con voto limitato non è ristabilito entro i termini predetti. La caratteristica delle azioni di risparmio è quella di avere maggiori diritti patrimoniali a scapito di quelli amministrativi. Infatti, chi possiede azioni di risparmio ha il diritto di un dividendo minimo garantito del 5% (o almeno del 2% in più rispetto alle ordinarie) e, nel caso in cui non si verificassero utili nell'esercizio, è previsto il diritto di cumulo nell'anno seguente. E' anche vero che i possessori di questo titolo azionario non hanno il diritto di voto nelle assemblee ordinarie o straordinarie, quindi non possono partecipano attivamente alla gestione della società se non tramite un loro rappresentante che può assistere alle assemblee. Le azioni di risparmio possono essere al portatore purché siano interamente liberate.

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Azioni privilegiate Le azioni privilegiate garantiscono il diritto di voto alle assemblee straordinarie della società, ma non garantiscono lo stesso diritto nelle assemblee ordinarie. Ogni singola azione rappresenta un voto. La limitazione dei diritti amministrativi si traduce in una maggiorazione dei diritti patrimoniali anche se inferiori a quelli riservati ai possessori di azioni di risparmio. Infatti, chi detiene azioni privilegiate, nel momento di spartizione dei dividendi ha il diritto di ricevere almeno il 2% del valore nominale e, nel caso in cui non si verificassero utili, è previsto il diritto di cumulo per l'anno seguente. Le azioni privilegiate sono nominative come le azioni ordinarie; questa tipologia di azioni è ormai in disuso e la tendenza è di convertirle in ordinarie. Azioni postergate Le azioni postergate si differenziano dalle altre tipologie di azioni in quanto prevedono delle limitazioni sia nei diritti economici e patrimoniali che nel diritto di voto. Questo tipo di azioni non è ammesso alle contrattazioni di borsa ed inoltre non garantisce il diritto di voto in assemblea a meno che non sia esplicitamente B Obbligazioni L'obbligazione (spesso chiamata con il termine inglese bond ) è un titolo di credito emesso da società o enti pubblici che attribuisce al possessore il diritto al rimborso del capitale più un interesse. Lo scopo di un'emissione obbligazionaria (o prestito obbligazionario ) è il reperimento di liquidità. Di solito, il rimborso del capitale avviene alla scadenza al valore nominale e in un'unica soluzione, mentre gli interessi sono liquidati periodicamente (trimestralmente, semestralmente o annualmente). L'interesse corrisposto periodicamente è detto cedola perché in passato per riscuoterlo si doveva staccare il tagliando numerato unito al certificato che rappresentava l'obbligazione. Se l'emittente non paga una cedola (così come se è insolvente nei confronti delle banche o di creditori commerciali), un singolo obbligazionista può presentare istanza di fallimento. Le tipologie di obbligazioni offerte sul mercato possono essere schematizzate come segue

• Obbligazioni convertibili : sono obbligazioni che incorporano la facoltà di convertire, ad una scadenza prefissata, il prestito obbligazionario in azioni secondo un rapporto di cambio predeterminato.

• Obbligazioni a tasso fisso : sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di interesse fisso stabilito prima dell'emissione. All'interno della categoria delle obbligazioni a tasso fisso è tuttavia possibile distinguere almeno due diverse tipologie di obbligazioni, che prevedono che il tasso fisso prestabilito cresca o diminuisca durante la vita del titolo (si tratta, rispettivamente, delle obbligazioni "step up" e "step down").

• Obbligazioni a tasso variabile : sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di interesse variabile. Il tasso varia a determinate scadenze temporali seguendo i tassi di mercato.

• Obbligazioni Zero-Coupon (o Zero-Coupon Bonds, abbreviato ZCB): sono obbligazioni senza cedola (coupon) che quindi non liquidano periodicamente gli interessi ma li corrispondono unitamente al capitale alla scadenza del titolo. La duration di uno ZCB è uguale alla sua vita residua.

• Obbligazioni strutturate : sono obbligazioni il cui rendimento dipende dall'andamento di un'attività sottostante.

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• Rendite perpetue : sono obbligazioni che corrispondono perpetuamente una cedola predefinita. Tali obbligazioni non presuppongono nessun rimborso a termine

Senza addentrarci nella tecnica connessa alla valutazione delle obbligazioni ricordiamo che, trattandosi di un titolo di debito emesso da un soggetto giuridico (impresa privata o pubblica, banca o altro) è evidente che il rischio principale corso dal sottoscrittore è quello del mancato rimborso del capitale alla scadenza del prestito. Per cui quello che conta è la qualità (solvibilità) dell'emittente che viene espressa mediante una misura globalmente riconosciuta: il rating. Il rating esprime la classificazione della qualità degli emittenti di un titolo obbligazionario secondo determinati criteri che spaziano dalla solidità finanziaria alla potenzialità dell'emittente. Esistono istituti che propongono differenti notazioni concernenti la qualità dei debitori, tra i più noti vi sono Standard & Poor's e Moody's. Concretamente il rating è una sorta di punteggio ponderato che gli istituti attribuiscono ai differenti emittenti. Le obbligazioni con rating AAA esprimono il più alto grado di qualità dell'emittente. Bond con rating inferiori ingloberanno, nella loro quotazione, una riduzione del corso derivante dall'inferiore qualità dell'emittente I titoli di stato Trattasi di obbligazioni emesse dallo Stato che in Italia assumono le seguenti tipologie in funzione della durata e del tipo di calcolo del tasso di rendimento offerto al per il sottoscrittore. BOT I Bot (Buoni ordinari del Tesoro) sono titoli di credito all’ordine o al portatore emessi dal Tesoro Italiano per finanziare le esigenze di breve termine della spesa pubblica.Nell’ambito dei titoli emessi dallo Stato Italiano i Bot presentano la scadenza più breve (non possono superare i 13 mesi); le emissioni più comuni hanno durata pari a 3, 6 e 12 mesi, ma può essere espressa anche in giorni (non sono mancate emissioni straordinarie con durata mensile e bimestrale).I Buoni ordinari del Tesoro non possono essere collocati direttamente presso il pubblico dei risparmiatori in quanto, in sede di emissione, partecipano solo gli intermediari autorizzati dalla normativa vigente (Banche, SIM, SGR, le Poste Italiane, etc.).Il giorno successivo ad ogni asta di emissione, i titoli vengono negoziati sul Mot (mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di stato). L’importo minimo di sottoscrizione risulta pari a 1000 Euro in seguito alla ridenominazione in Euro dei titoli di Stato entrata in vigore dal 1° gennaio 1999. Per i cosiddetti “nettisti gli interessi corrisposti sui Bot sono tassati al 12,50% (imposta sostitutiva delle imposte sui redditi), mentre i “lordisti” (ossia coloro che non sono incisi dall’imposta sostitutiva) non subiscono alcun prelievo sempre che i titoli vengano depositati, direttamente o indirettamente, presso uno degli intermediari abilitati, per l’intero periodo di possesso. Anche le plusvalenze derivanti dalla vendita dei Bot sono soggette ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi del 12,50%; gli investitori privati possono scegliere fra tre diversi regimi di imposizione: il regime dichiarativo o ordinario, il regime del risparmio amministrato e infine il regime del risparmio gestito .

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BTP I Buoni del Tesoro poliennali (Btp) sono titoli rappresentativi del debito pubblico a medio/lungo termine emessi dal Tesoro. Possono essere sia titoli al portatore sia titoli all'ordine a seconda che vengano emessi rispettivamente dalla Tesoreria centrale o dalla direzione generale del Tesoro. Vengono collocati agli intermediari autorizzati dalla normativa vigente (Banche, Sim, Sgr, Poste italiane, etc.), seguendo il meccanismo di asta marginale (ossia vengono assegnati al minimo prezzo accolto in asta) e, in caso di domanda superiore all'offerta, vengono ripartiti proporzionalmente in base alle richieste. Una volta collocati i Btp vengono negoziati in Borsa, previa disposizione della Borsa Italiana, e precisamente sul Mot (mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato); la loro quotazione è espressa al cosiddetto "corso secco", ossia senza considerare i ratei di interessi già maturati. I Btp possono essere emessi alla pari (valore di emissione uguale al valore nominale) oppure sotto la pari (valore di emissione minore del valore nominale) e pagano cedole di interessi a scadenze e tassi fissi; le scadenze presentano lunghezze pari a 3, 5, 7, 10 e 30 anni e il taglio minimo di sottoscrizione è pari a 1000 Euro. Per quanto concerne la fiscalità, i Btp sono esenti dall'imposta successoria mentre sono gravati dall'imposta di donazione sui trasferimenti a titolo gratuito tra vivi e per la costituzione di dote del patrimonio familiare (si deve tenere conto, nel caso di donazioni, della franchigia pari a trecento milioni di lire).I redditi derivanti dai Btp vengono tassati diversamente in base alla natura degli stessi; il Dlgs. 461/97 (entrato in vigore il 1° luglio 1998) distingue fra: 1. Red diti da capitale 2. Redditi diversi di natura finanziaria .I redditi da capitale, come le cedole, non sono fra loro compensabili e vengono tassati al 12,50%; i redditi diversi come le plusvalenze (realizzate) sono fra loro compensabili e vengono tassati sempre ad una aliquota del 12,50%. Vale il discorso dei diversi regimi di imposizione così come mostrati per i Bot. CCT I Certificati di credito del Tesoro (Cct) sono titoli a medio/lungo termine emessi dal tesoro per finanziare il debito pubblico. Possono essere sia titoli al portatore che titoli all’ordine e presentano un rendimento variabile indicizzato al rendimento dei Bot semestrali. Il meccanismo di indicizzazione delle cedole è il seguente:Al momento dell’emissione viene fissato il tasso della prima cedola (che quindi non è variabile);per determinare il tasso delle ced0le successive si considera il tasso dei Bot semestrali registrato nel corso dell’ultima asta tenutasi il mese precedente rispetto alla decorrenza della prima cedola. Al tasso così ottenuto si aggiunge poi una percentuale che va dallo 0,30% all’1% (spread), in relazione alla durata del Cct. I Cct vengono emessi con scadenze pari a 5, 7 e 10 anni e possono essere sottoscritti per un importo minimo pari a 1000 Euro. Vengono assegnati agli intermediari autorizzati dalla legge vigente (Banche, Sim, Sgr, Poste Italiane etc.) seguendo il meccanismo d’asta marginale (ossia vengono assegnati tutti al minimo prezzo accolto in sede d’asta).Una volta ricevuto il decreto di emissione, la Borsa Italiana dispone l’ammissione alle quotazioni di Borsa, e precisamente nel Mot (mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato).I cct vengono quotati a “corso secco” ossia senza considerare la parte di interessi (rateo) già maturata dalla decorrenza della cedola in corso, e quindi il prezzo di acquisto si ottiene sommando al corso secco del titolo il relativo rateo d’interessi. Per quanto riguarda la fiscalità dei Cct, si rimanda a quanto detto per i Bot e per i Btp:- sono esenti dall’imposta di successione;- sono soggetti all’imposta di donazione per trasferimenti a titolo gratuito

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per atti fra vivi e per la costituzione di dote e del patrimonio familiare; sono soggetti ad una ritenuta pari al 12,50% sui redditi da capitale (cedole); sono soggetti ad un’aliquota del 12,50% sui redditi diversi come le plusvalenze realizzate tramite la negoziazione. CTZ I Certificati del Tesoro Zero Coupon (Ctz) sono, come i Bot, titoli a reddito fisso che non pagano cedole durante la loro vita, la quale presenta scadenze pari a 18 e 24 mesi. Ulteriore elemento distintivo fra i Ctz e i Bot riguarda il meccanismo di tassazione dello scarto di emissione.Nei Ctz l’imposta sullo scarto di emissione è applicata (soggetti residenti, persone fisiche) al momento del rimborso e quindi viene decurtato il valore nominale di rimborso di un importo pari al 12,50% dello scarto di emissione; mentre per quanto concerne i Bot l’aliquota del 12,50% va ad aggiungersi al prezzo di acquisto per determinare l’esborso complessivo iniziale (al netto di eventuali commissioni).Per quanto concerne tutte le altre caratteristiche dei Ctz, si rimanda a quanto detto per i Bot. Tra gli strumenti finanziari, di solito a breve termine, vanno inseriti anche i pronto contro termine che gli intermediari offrono alla clientela come investimento temporaneo di liquidità. Tale operazione classificata come un prestito di denaro che il cliente fa all’intermediario trova poi la sua configurazione contrattuale con una doppia operazione in titoli (di solito obbligazionari) PRONTI CONTRO TERMINE Il "pronti contro termine" è una operazione tramite la quale un soggetto compra (vende), da una controparte, un certo ammontare di titoli o di valuta a pronti, con l'impegno di vendere (comprare) a termine (ad un prezzo prestabilito) la stessa quantità di titoli o valuta, alla medesima controparte. Colui che vende a pronti ottiene, in pratica, un finanziamento dal compratore che, a sua volta, riceve un prestito di titoli o di valuta dal venditore. Tale tipo di operazione è nata in Italia nel 1979 per consentire alla Banca centrale il controllo sul quantitativo di base monetaria nel sistema; in seguito tali operazioni si sono diffuse anche presso le aziende e i risparmiatori. Sono operazioni che presentano durata variabile da uno a tre mesi e generalmente si basano sullo scambio di titoli trattati nel mercato monetario oppure di obbligazioni. Tale tipo di strumento viene utilizzato da diversi operatori e con diverse finalità: la banca centrale li utilizza per controllare la massa monetaria nel sistema ed anche come strumento per indirizzare i tassi di interesse; gli intermediari finanziari per gestire i propri impegni di tesoreria e come strumento finanziario per la clientela; le imprese per ottenere finanziamenti a brevissimo termine alle condizioni di tasso del mercato monetario; infine i risparmiatori come forma di investimento C. I fondi comuni e il risparmio gestito. Tra le categorie di strumenti finanziari quella di maggior ampiezza come tipologia è quella dei Fondi comuni Il primo fondo fu venduto in Italia nel 1968: era di diritto lussemburghese, si chiamava Fonditalia ed era commercializzato dalla rete Fideuram, l'anno dopo anche il Credito Italiano creò Capitalitalia sempre in Lussemburgo. Entrambi sono ancora sottoscrivibili. Fonditalia fu creato dall'americano Bernie Cornfield, il quale creò anche la rete di vendita piramidale di Fideuram, che nonostante varie vicessitudini rappresenta ancora oggi la prima rete di vendita in Italia. Fideuram era di proprietà

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della IOS (Investors Overseas Services) che a sua volta era di proprietà di Cornifield. Questo sino al 1972, data in cui entrò in crisi per delle scorrettezze contabili. Intervenne la Banca d'Italia in difesa dei risparmiatori italiani che avevano partecipato al fondo per 200 milioni di dollari e Fideuram passò all'Imi, che allora era una banca pubblica. Nel 1983 quando il legislatore dovette redigere una legge di permesso per i fondi di diritto italiano, si ispirò alla vicenda di Fonditalia. Anche Capitalitalia costituisce un'esperienza ultra decennale nel panorama italiano ed è stato capace di attraversare trent'anni di crisi, dal 69 al 99, riuscendo ad avere un rendimento medio annuo composto dell'11,2% contro un rendimento delle azioni italiane dell'8%. Fondi e sicav di diritto lussemburghese erano l'unica forma di investimento collettivo nel panorama del risparmio gestito venduti agli italiani prima della legge del 1983. Di questi ancora in Italia ce ne sono una cinquantina e sono del tutto identici ai fondi comuni di investimento di diritto italiano anche sul piano fiscale Il valore giornaliero della quota incorpora la tassazione fiscale del 12,5% -diversamente dalle quote delle sicav di diritto estero che sono al lordo e il prelievo fiscale viene attuato al momento della vendita se si è verificata una plusvalenza Fondi aperti I fondi comuni aperti sono così definiti perchè i suoi partecipanti o sottoscrittori, hanno il diritto di chiedere, in qualsiasi momento, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo. In un fondo aperto è facile entrare o uscire, in qualsiasi momento, visto che il valore delle quote viene riportato giornalmente anche sui principali quotidiani nazionali. I fondi comuni aperti sono divisi in categorie, la più riconosciuta è quella patrocinata da Assogestioni, come riportata di seguito: � Fondi azionari � Fondi settoriali o specializzati � Fondi flessibili � Fondi bilanciati � Fondi obbligazionari � Fondi monetari

Sulla scia dei Fondi Aperti oggi sono offerti sul mercato anche altri prodotti similari che sono Sicav SICAV – Società di Investimento a Capitale Variabile - società per azioni a capitale variabile, avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni. La principale differenza tra un fondo comune ed una Sicav è che per partecipare alla gestione, il risparmiatore, non deve acquistarne delle quote, ma delle azioni. Quindi, acquistando delle quote di una Sicav, si acquistano le azioni della società e di conseguenza si diventa soci della stessa, questa è la grande differenza: diventando soci si gode dei diritti acquisiti come l’esercizio del diritto di voto, sulle vicende sociali e sulla politica di investimento della società, facoltà che non viene mai esercitata dall’investitore-socio. Comunque sia, per il risparmiatore non cambia molto tra l’investimento in una Sicav ed in un Fondo Comune d’Investimento, tranne che per il trattamento fiscale. Infatti, nonostante siano fondi di diritto estero, pagano l’imposta prevista in Italia del 12,5% sulle plusvalenze, come per i fondi di diritto italiano, ma a differenza di quest’ultimi, per i quali il calcolo fiscale deve essere fatto giornalmente, con la possibilità di

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accantonare le perdite per controbilanciare le plusvalenze future, le quote delle sicav sono contabilizzate al lordo dell’imposta fiscale, la quale viene calcolata solamente al momento del riscatto da parte del cliente, se si sono verificati dei guadagni. E’ plausibile pensare che in certi momenti di mercato favorevole, le sicav possono – a parità di rendimento – avere risultati migliori rispetto i fondi di diritto italiano, in quanto non sono gravati del 12,5 % sulle plusvalenze e nel lungo periodo questa piccola differenza può incidere sul rendimento dell’intero capitale; nel senso che, le sicav godono della rivalutazione di quanto non sono tenuti a versare alle casse dell’erario giornalmente, come per i fondi di diritto italiani. Per chi volesse scegliere di investire in una sicav, non deve certo farsi influenzare da questa considerazione: la bravura del gestore è ben più importante che la possibilità di non pagare giornalmente il capital gain. Fondi chiusi I fondi chiusi sono l’alternativa ai fondi aperti. Nei fondi aperti si può uscire ed entrare in qualsiasi momento mentre è molto difficile uscire dai fondi chiusi, se non a scadenze predeterminate e nella maggior parte dei casi è penalizzante per l’investitore che volesse disinvestire nei primi anni dell’investimento. Un’altra differenza è che i fondi chiusi possono investire oltre l’80% del patrimonio in gestione in società che non sono quotate. I fondi chiusi possono essere immobiliari (investono solamente in beni immobili) e mobiliari. Questi ultimi si differenziano in fondi chiusi di venture capital, che investono in società in fase di start up, seguendole dalla costituzione della società alla realizzazione del progetto di business e quelli detti di private equity che hanno come fine quello di finanziare progetti già in essere per aiutarli a crescere fino raggiungere obiettivi importanti come la vendita della società a gruppi più grandi o alla quotazione della stessa in borsa. L’acquisto di questi fondi è consigliata a chi si può permettere di fare un investimento a lungo termine, almeno dieci anni. I fondi immobiliari chiusi sono adatti maggiormente e spesso sono riservati solamente agli investitori privati come banche, sim, agenti di cambio, fondi pensione, società di gestione del risparmio, fondazioni bancarie ecc..Agli investitori privati sono riservati i fondi chiusi Fondi immobiliari I fondi immobiliari possono essere solamente chiusi. Questa caratteristica fa sì che non sia molto facile uscirne, anche se ultimamente sono presenti sul mercato fondi immobiliari il cui valore delle quote sono giornalmente riportate nei giornali specializzati nonostante sia richiesta di legge solo una valorizzazione del patrimonio in gestione ogni sei mesi e la conseguente pubblicazione su almeno tre quotidiani nazionali. I fondi immobiliari investono principalmente in immobili (palazzi, uffici, terreni, ecc.) e sono particolarmente adatti a chi non avendo sufficienti soldi per un investimento in mattoni o il tempo di seguirne l’acquisto, la manutenzione e l’affitto, vuole comunque destinare parte del suo patrimonio al mercato immobiliare. E’ un investimento di lungo periodo, chi acquistasse le quote di un fondo immobiliare deve preventivare di lasciare i soldi nella gestione per almeno dieci anni.

Una particolare categoria di prodotti è quella compresa nelle GPM (sotto si riporta la definizione) con la quale l’investitore da pieno mandato all’intermediario di gestire le sue disponibilità dando solo delle linee guida ma lasciando totale libertà al gestore. Gestioni patrimoniali mobiliari

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Le gestioni patrimoniali mobiliari (gpm) sono delle gestioni individuali fatte dal gestore su mandato del cliente direttamente in titoli azionari e/o obbligazionari. Anche per le "gpm" bisogna individuare il profilo di rischio del cliente e scegliere tra le diverse linee che comunemente sono almeno tre: obbligazionaria, bilanciata e azionaria. All’interno della gestione ci possono essere anche quote di fondi comuni d’investimento, ma non necessariamente. La somma minima per accedere a questi tipi di servizi di solito parte da € 50.000 ma in realtà è indicata a chi ha un patrimonio liquido superiore. In quanto maggiore è la cifra maggiore per il gestore è la possibilità di muoversi nei diversi mercati internazionali applicando una corretta scelta dei titoli rispettando il concetto di diversificazione e del conseguente abbassamento del rischio. D i contratti derivati Quando si parla di strumenti derivati si fa riferimento a qualsiasi titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire altri strumenti finanziari come sottostante ed i relativi indici; alcuni esempi sono: � i contratti "futures " su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su

merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

� i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

� i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

ed infine le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

Forwards I Forwards sono contratti a termine per l'acquisto o la vendita di una attività a condizioni, quali il prezzo e la data di consegna, prestabilite. Non vengono trattati in una Borsa e quindi non presentano le caratteristiche standard tipiche dei Futures (anch'essi contratti a termine). In pratica un contratto Forward non è altro che un accordo privato fra due contraenti, dove uno si impegna a comprare una certa attività ad un prezzo e per consegna stabiliti contrattualmente, e l'altro ovviamente si impegna a vendere la stessa attività alle stesse condizioni contrattuali. La data di consegna viene scelta dai contraenti e generalmente è unica, contrariamente a quanto accade per i Futures. Altra peculiarità dei contratti Forwards risiede nel fatto che generalmente il contratto viene chiuso alla scadenza, con la consegna dell'attività negoziata, dietro pagamento della somma pattuita (non viene in pratica applicato il meccanismo di liquidazione giornaliera proprio dei contratti Futures, ossia il "Mark to Market"). I contratti forwards più comuni, sono i contratti forward su valute ed i contratti forward su tassi (Forward rate agreement "Fra"). Futures

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I Futures sono, come i Forwards, contratti a termine per l'acquisto o la vendita di una certa attività ad un prezzo prefissato al momento della stipula del contratto. Si differenziano dai contratti Forwards in quanto vengono trattati in mercati organizzati e centralizzati, e presentano caratteristiche di elevata standardizzazione come la definizione delle date di consegna e il taglio minimo del contratto. Altra peculiarità del mercato dei Futures è la presenza di una "Clearing House" che in Italia prende il nome di Cassa di Compensazione e Garanzia (CC&G), la quale ha il compito di eliminare il rischio di insolvenza della controparte ricoprendo la figura di contraente necessario in ogni transazione ed introducendo dei sistemi di garanzia quali il sistema dei margini e il meccanismo della liquidazione giornaliera delle posizioni (Mark to Market). A seconda della natura del bene sottostante al contratto, si distinguono due categorie di contratti Future: � I "Commodity Futures", ovvero i contratti aventi per oggetto merci; � I "Financial Futures", ovvero i contratti aventi per oggetto attività finanziarie Swaps Uno "swap" può essere definito come un contratto tramite il quale due contraenti si scambiano, per un certo periodo, dei flussi di cassa. Tale scambio avviene in mercati non regolamentati (over the counter), seguendo tempi e modalità stabiliti contrattualmente. Tali caratteristiche fan si che questo strumento finanziario possa essere considerato alla stregua di un insieme di contratti a termine (forward), ciascuno riferito ad ogni periodo nel quale avviene la regolazione dello scambio dei flussi. Sono strumenti molto utilizzati dagli operatori, in quanto sono molto utili nella gestione dei rischi finanziari. Le tipologie di swaps più utilizzate e quindi diffuse risultano essere gli Swaps su tassi di interesse (Irs) e gli Swaps su valute. Options Le opzioni appartengono alla categoria degli strumenti derivati in quanto derivano il loro valore da quello dell'attività su cui sono scritte. Esistono opzioni che garantiscono al loro acquirente la facoltà di acquistare l'attività sottostante (opzioni call), ed esistono anche opzioni che conferiscono all'acquirente la facoltà di vendere l'attività sottostante (opzioni put). Altri elementi che caratterizzano le opzioni sono il prezzo di esercizio (strike price), e la scadenza. Il primo rappresenta il prezzo al quale avrà luogo l'acquisto (call) o la vendita (put) dell'attività sottostante su cui è scritta l'opzione nel caso che quest'ultima venga esercitata; il secondo rappresenta invece la durata dell'opzione ossia il tempo di vita della stessa. E' importante distinguere fra opzioni che possono essere esercitate solo alla scadenza (opzioni di tipo europeo), oppure opzioni che possono essere esercitate in qualsiasi istante prima della scadenza (opzioni di tipo americano).Possiamo definire quindi le opzioni come strumenti finanziari mediante i quali l'acquirente assume la facoltà (non l'obbligo) di esercitare un diritto di acquisto o di vendita dell'attività sottostante ad un prezzo e ad una data prefissate. Per acquistare una opzione si paga un premio (prezzo dell'opzione) e questo è un fattore distintivo rispetto ai contratti derivati quali i "forwards" o i "futures" in quanto per questi ultimi l'unico esborso iniziale è dato dal versamento di un deposito di garanzia (margine iniziale).L'attività sottostante (su cui è scritta l'opzione), può avere natura finanziaria oppure reale; nel primo caso parleremo di opzioni su valute, su titoli azionari, su indici di Borsa, su tassi di interesse e su altri strumenti derivati, mentre nel secondo caso avremo a che fare con opzioni su attività reali. Le principali tipologie di strumenti finanziari trattati nei mercati Italiani che ricadono nella categoria generale delle opzioni sono:

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- Warrant - Covered Warrant - Opzioni (Iso- e Mibo30) - Mercato Premi

5.6 Prodotti finanziari per le imprese

1. Prodotti finanziari offerti dalle banche

2. Leasing 3. Fonti di capitale proprio

4. Factoring 5. Obbligazioni 6. Strumenti derivati In questa parte esamineremo solo i punti 3-5-6

3. Fonti di capitale proprio

Trattasi di strumenti finanziari destinati al reperimento delle risorse da parte delle imprese. Oltre ai finanziamenti a titolo di capitale di debito, che comportano una remunerazione predeterminata (interessi) e il rimborso del capitale, un’altra classica fonte di finanziamento per un’attività economica è quella a titolo di capitale proprio che può derivare da: conferimenti effettuati dal proprietario o dai soci e che portano un’iniezione di nuove risorse; utili conseguiti con la gestione non prelevati dal proprietario o non distribuiti ai soci; si tratta di una forma di autofinanziamento. Il finanziamento a titolo di capitale proprio(o di rischio) presenta le seguenti caratteristiche: a) non ha una scadenza prefissata: i capitali apportati da soci e proprietari rimangono investiti a lungo termine, fino alla cessazione dell'attività o fino alla cessione dell'azienda o delle quote possedute; b) non comporta l'obbligo di una remunerazione predeterminata: il capitale proprio è remunerato solo se la gestione genera utili e se questi utili non vengono destinati all'autofinanziamento; c) è soggetto al rischio d'impresa: se l’impresa dovesse andare in liquidazione in seguito a vicissitudini negative, i soci recupererebbero il capitale proprio solo subordinatamente al soddisfacimento dei creditori.

Nel caso di aziende aventi forma giuridica di società per azioni, il capitale sociale è costituito da azioni. Quest’ultime possono essere quotate e quindi negoziate sui mercati regolamentati, qualora la società rispetti le condizioni individuate dalla società gerente, ovvero, in Italia la Borsa Italiana S.p.A. Le PMI possono essere quotate su un mercato ad esse dedicato lo “STAR” (Segmento Titoli con Alti Requisiti). L’ammissione alla quotazione è subordinata al rispetto di determinati requisiti fissati dal Regolamento della Borsa Italiana:

� esistenza di un flottante pari ad almeno il 35% per l’accesso al segmento e al 20% per la permanenza;

� la nomina da parte delle società candidate di un soggetto “specialista” che assicuri liquidità al titolo (impegni quantitativi giornalieri e spread);

� l’obbligo di pubblicare i propri bilanci, le relazioni semestrali, le trimestrali e i comunicati sul proprio sito, fornendo anche una versione in inglese;

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� l’adesione ai principi di corporate governance esposti nel Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana;

� presenza nella società di un comitato per il controllo interno, composto da un numero adeguato di amministratori non esecutivi, con compito di analizzare problematiche e istruire pratiche rilevanti per il controllo delle attività aziendali;

� parte significativa della remunerazione dei dirigenti deve essere variabile in funzione dei risultati.

� nomina da parte della società di un Investor Relator interno che si occupi prevalentemente della gestione dei rapporti con investitori e intermediari.

5 Obbligazioni

Anche questa categoria è destinata al reperimento di risorse da terzi. Le obbligazioni infatti sono titoli rappresentativi del capitale di debito della società emittente. Con l’emissione di obbligazioni ordinarie , infatti, la società assume l’impegno di rimborsare il capitale preso a prestito ad una determinata scadenza e di remunerarlo periodicamente ad un tasso predeterminato, indipendentemente dagli utili aziendali. Il prezzo di emissione delle obbligazioni ordinarie può stabilirsi al valore nominale, oppure al di sotto o al di sopra dello stesso, il che implica nel primo caso un minor flusso finanziario in entrata e un maggior rendimento per i sottoscrittori contro un maggior flusso finanziario in entrata per l’impresa e un minor rendimento per i sottoscrittori nel secondo. La disciplina delle obbligazioni è contenuta nel codice civile agli articoli 2410–2420-ter. In Italia possono ricorrere al finanziamento obbligazionario solo le imprese costituite in forma società per azioni o in accomandita per azioni. Il valore complessivo delle obbligazioni in circolazione non deve superare il valore del capitale sociale versato, se non in presenza di garanzie reali.Con la riforma societaria del 2003 anche le Società a responsabilità limitata possono emettere “titoli di debito”, assimilabili per natura alle obbligazioni ma non soggetti alla loro disciplina; tali “titoli di debito” non possono essere collocati direttamente presso il pubblico dei risparmiatori, ma possono essere sottoscritti solo da investitori istituzionali (art.2483) Vi sono sul mercato alcune particolari tipologie di obbligazioni, tra cui le principali sono:

Obbligazioni indicizzate Le obbligazioni indicizzate consentono, in periodi di elevata inflazione, di limitare la perdita di potere di acquisto, legando, secondo diverse modalità contenute nel regolamento del prestito, il capitale o l’interesse, o entrambi ad un parametro che tiene conto della perdita di potere d’acquisto della moneta.

Obbligazioni convertibili L’obbligazione convertibile presenta un profilo finanziario analogo a quello dell’obbligazione tradizionale, ma è presente a favore del sottoscrittore un’opzione di conversione del titolo obbligazionario in titolo azionario. L’opzione, esercitabile secondo tempi e modi stabiliti, consente al sottoscrittore di trasformare la natura dell’investimento, i relativi diritti e il proprio status, divenendo finanziatore a titolo di capitale di rischio. Per l’impresa emittente l’esercizio dell’opzione comporterà un allargamento della compagine societaria.

Obbligazioni con warrant Sono obbligazioni che presentano uno schema contrattuale analogo a quello delle obbligazioni convertibili, in quanto presentano un’opzione che nel caso specifico garantisce il diritto di sottoscrivere un determinato

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numero di azioni, ad un prezzo predefinito ed entro un termine prestabilito. Il “warrant” vive in genere autonomamente dal titolo principale, nel senso che può essere negoziato. In Italia i titoli obbligazionari che rispettano determinati requisiti possono essere negoziati sul MOT (Mercato Obbligazionario Telematico) gestito da Borsa Italiana S.p.A. Le modalità di quotazione sono disciplinate dall’art. 2.2.5 del Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A.

6. Strumenti derivati L’impresa può avere a disposizione degli strumenti derivati che, secondo una corretta logica di gestione aziendale, dovrebbero essere destinati all’attenuazione o alla copertura del rischio connesso ad altri strumenti finanziari in essere quali contratti di finanziamento, mutui, leasing, di vendita o acquisto. Il termine Strumenti Derivati viene utilizzato per indicare particolari categorie di contratti a termine che “derivano” da attività sottostanti (reali o finanziarie), dalle quali dipende il prezzo dello strumento. Tali contratti appartengono alla categoria dei contratti differenziali, in quanto alla scadenza vengono solitamente conclusi con la semplice regolazione monetaria della differenza tra il prezzo indicato in contratto ed il prezzo corrente. La loro utilizzazione oltre che per fini speculativi e di arbitraggio, viene sovente posta in essere dagli operatori economici per fronteggiare rischi di natura finanziaria e valutaria , così definiti:

Rischio di tasso Il rischio di tasso di interesse consiste nella possibile variazione di valore di un’attività o passività finanziaria al variare dei tassi. Ad esempio nel caso di finanziamenti a tasso variabile lo strumento derivato consente all’operatore economico di definire il futuro costo complessivo dei finanziamenti mediante la copertura del rischio di variazione del tasso di interesse. La copertura dal rischio di tasso consente quindi di stabilizzare la componente di oneri finanziari in capo all’azienda o comunque di fissarne un tetto massimo.

Rischio di cambio Il rischio di cambio è legato a variazioni avverse dei prezzi della valuta estera nella quale si detiene una qualsiasi attività o passività finanziarie. Le imprese operanti in divisa estera sono esposte a possibili fluttuazioni dei cambi e conseguentemente al rischio che ne deriva. Sulla base della propria esposizione al rischio valutario, e compatibilmente col grado di propensione al rischio è possibile impostare un’opportuna strategia di copertura al fine di ottimizzare il proprio profilo di rischio-rendimento. La negoziazione degli strumenti derivati può avvenire sui mercati regolamentati, ove si stipulano contratti standardizzati le cui regole di contrattazione sono ben definite, oppure sul mercato over the counter dove invece il prezzo non sempre è trasparente e dove vi è una quasi totale assenza di controllo, di regole di negoziazione e di procedure standardizzate.I due mercati regolamentati più importanti sono il LIFFE di Londra e il MATIF di Parigi. In Italia operano il MIF (Mercato Italiano Future) e l’IDEM (Italian Derivates Market). Gli strumenti derivati che hanno maggiore diffusione sono Swap, Opzioni, Forward e Futures

Swap

Lo swap è un contratto col quale due parti si scambiano flussi di cassa a date certe, secondo una modularità predefinita tra di esse. I flussi di cassa possono essere espressi nella stessa valuta oppure in valute differenti. La determinazione della

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quantità di flussi da scambiarsi richiede la definizione di una variabile sottostante. Le tipologie di swap maggiormente utilizzate dalle imprese sono: Interest Rate Swap. E’ il contratto mediante il quale due parti si impegnano a scambiarsi, a date prestabilite, flussi di cassa, secondo uno schema convenuto. Un tipico schema è quello in cui una parte A s'impegna a pagare all'altra parte, B, flussi di cassa pari agli interessi calcolati ad un prefissato tasso fisso su un capitale nominale, per un certo numero di anni. Contemporaneamente, B, si impegna a pagare ad A flussi di cassa pari agli interessi calcolati ad un tasso variabile sullo stesso capitale nominale, per lo stesso periodo di tempo. Currency Swap Tale forma contrattuale prevede che il capitale e gli interessi espressi in una divisa siano scambiati contro capitale ed interessi espressi in un'altra divisa. Sebbene siano molteplici le possibilità di adoperare gli swap nonché gli obiettivi perseguiti, generalmente, gli swap sono usati per ricoprire o modificare posizioni di rischio e per adeguare un determinato flusso finanziario ad una struttura desiderata.

Forward – Future Il forward è un contratto a termine con cui due controparti si impegnano ad acquistare o vendere, ad una data futura, una determinata quantità di merce o attività finanziaria ad un prezzo prefissato. Una particolare tipologia di contratto forward utilizzato per la copertura del rischio derivante da possibili variazioni del tasso di interesse è il Forward Rate Agreement .

Il FRA è’ un contratto con il quale due soggetti si impegnano a trasferirsi flussi d’interessi facenti riferimento ad importi convenzionali che non vengono trasferiti né all’inizio né alla fine della transazione. Il regolamento degli interessi dovuti avviene in via differenziale:chi acquista un FRA riceverà la differenza, se negativa, fra un tasso d’interesse predeterminato (tasso base) ed un tasso di riferimento; chi vende un FRA pagherà la differenza, se positiva, tra un tasso d’interesse che costituisce la base, ed un tasso di mercato che costituisce il tasso di riferimento. Le imprese che si sono indebitate ad un tasso variabile e che prevedono un forte aumento dei tassi di interresse nel breve periodo, mediante l’acquisto di un forward possono riuscire a fissare il tasso di interesse ad un livello giudicato vantaggioso. I future presentano lo stesso schema contrattuale dei forward ma a differenza di questi ultimi, hanno caratteristiche standard e sono scambiati su mercati regolamentati (in Italia il MIF) nei quali appositi organi di garanzia vigilano sul corretto adempimento delle controparti. Anche per i future l’attività sottostante può essere una merce (commodity futures) o un’attività finanziaria (financial futures). I financial future possono essere a loro volta distinti in: Currency Future Sono contratti che impegnano a vendere o a comprare a termine valuta ad un tasso di cambio prefissato. La posizione si chiude con l’effettivo ritiro o consegna della valuta a scadenza del contratto, oppure tramite la vendita o l’acquisto dei contratti entro tale data. Interest Rate Future E’ un contratto che rappresenta l’impegno alla cessione o all’acquisto a termine di titoli a reddito fisso o depositi in eurodivise a tasso fisso con caratteristiche determinate ad un prezzo prefissato. La posizione degli operatori si chiude con l’effettiva consegna o l’effettivo ritiro dei titoli in questione alla data di scadenza, oppure tramite la vendita o l’acquisto dei contratti entro tale data.

Option Le Opzioni sono contratti finanziari che – contro il pagamento di un premio – conferiscono il diritto, ma non l’obbligo, di acquisire (call option) o di vendere (put option) una attività reale o finanziaria ad un prezzo determinato (strike price) ad una certa data predeterminata (opzione europea) oppure entro un certo periodo di tempo

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prefissato (opzione americana). L’operazione vede la presenza necessaria di due soggetti: colui che acquista il diritto ad esercitare l’opzione (chiamato holder) contro il pagamento di un premio – definito prezzo dell’opzione – ed un soggetto che vende tale diritto (definito writer). Le attività finanziarie sottostanti ad un option sono generalmente le seguenti: titoli, tassi di interesse, divise estere, future.

5.7 Gli Organi di controllo sul sistema finanziari o

Gli organi di controllo sui mercati finanziari sono vari, forse anche troppi, in quanto sono accaduti fatti in cui il mancato controllo si è verificato proprio per un conflitto di competenze. Di seguito si riporta un prospetto di riepilogo.

Organo funzioni

C.I.C.R organo di vertice con poteri di indirizzo e di regolamentazione Presidente del C.i.C.R (Ministro Economia e Finanza)

Ministero dell’economia e finanze (MEF)

responsabile della spesa e controllo funzioni di emissione di Bankitalia

BANKITALIA emissione moneta e governo del credito vigilanza sugli intermediari creditizi e mobiliari

U.I.C attuazione della politica valutaria e monitoraggio operazioni

CONSOB regolamentazione e controllo dei mercati mobiliari ISVAP/COVIP vigilanza sulle assicurazioni private/fondi pensione ANTITRUST autorità garante della concorrenza Il CICR Istituito nel 1947, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio è composto dal Ministro dell’economia e delle finanze, nella qualità di presidente, e dai titolari dei dicasteri aventi competenze economiche. In particolare, ai sensi dell’art. 2 del TUB (d.lgs. n. 385/1993) essi sono: il Ministro delle attività produttive, il Ministro delle politiche agricole e forestali, il Ministro delle infrastrutture e trasporti e il Ministro per le politiche comunitarie. Alle sedute del CICR partecipa anche il Governatore della Banca d’Italia. Il presidente può invitare altri ministri a intervenire a singole riunioni. Il CICR è validamente costituito con la presenza della maggioranza dei suoi membri e delibera con il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Il direttore generale del Ministero dell’economia e delle finanze svolge funzioni di segretario. Il CICR determina le norme concernenti la propria organizzazione e il proprio funzionamento. Per l'esercizio delle proprie funzioni il CICR si avvale della Banca d'Italia: ciò esclude la possibilità da parte del Comitato di effettuare interventi diretti sulle banche o su altri intermediari finanziari. Al CICR compete l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio, di cui sono destinatari le banche, i gruppi bancari e gli intermediari finanziari. I criteri ispiratori dell’azione del CICR, così come quelli sanciti per le altre autorità di vigilanza creditizie, fanno riferimento “alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario, nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia”. Per quanto concerne la natura degli atti posti in essere dal CICR, si distinguono atti

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amministrativi e provvedimenti amministrativi: i primi rappresentano dei pareri, i secondi dei veri e propri provvedimenti di tipo normativo, di natura regolamentare, che il Comitato è chiamato a emanare. Ad esempio il CICR stabilisce limiti e criteri, anche con riguardo all'attività e alla forma giuridica dei soggetti, in base ai quali non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico quella effettuata presso soci e dipendenti o presso società controllanti, controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e presso controllate da una stessa controllante. Al CICR sono inoltre conferiti poteri decisionali in ordine ai reclami contro provvedimenti adottati dalla Banca d’Italia nell’esercizio dei poteri di vigilanza.

Il Ministero dell'economia e delle finanze (ex Ministero del tesoro) Al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) sono attribuite competenze nei settori della politica economica, finanziaria e di bilancio, da esercitare anche in funzione del rispetto dei vincoli di convergenza e di stabilità derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea dell’Italia. In termini di politica economica e finanziaria il MEF ha competenze in materia di problemi economici, monetari e finanziari nazionali e internazionali, vigilanza sui sistemi finanziari e sul sistema creditizio. In particolare, nell’ambito bancario il MEF, oltre a convocare e presiedere il CICR, propone l’oggetto delle deliberazioni non di esclusiva competenza della Banca d’Italia e può, in caso di urgenza, sostituirsi al CICR stesso. Più operativi, tuttavia, sono gli interventi del Ministero in tema di: determinazione dei requisiti di onorabilità e professionalità dei soci e degli esponenti aziendali delle banche (art. 25-26 TUB), nonché di quelli dei soci e degli esponenti aziendali delle società di intermediazione mobiliare (SIM), delle società di gestione del risparmio (SGR), delle società di gestione dei mercati regolamentati e dei promotori finanziari; apertura, con decreto, dei procedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta delle banche, nonché delle SIM, delle SGR e delle società di investimento a capitale variabile (SICAV); determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento con riguardo all'oggetto dell'investimento, alle categorie di investitori cui è destinata l'offerta delle quote, alle modalità di partecipazione ai fondi aperti e chiusi con particolare riferimento alla frequenza di emissione e rimborso delle quote, all'eventuale ammontare minimo delle sottoscrizioni e alle procedure da seguire, all'eventuale durata minima e massima, alle condizioni e alle modalità con le quali devono essere effettuati gli acquisti o i conferimenti dei beni (sia in fase costitutiva sia in fase successiva alla costituzione del fondo) nel caso di fondi che investano esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari (decreto 228/1999); individuazione di ulteriori soggetti da sottoporre alle norme relative alla trasparenza bancaria (art. 115 TUB);applicazione di sanzioni amministrative previste per gli esponenti aziendali; individuazione delle caratteristiche dei mercati all’ingrosso (art. 61 TUF). La Banca d’Italia La Banca d’Italia rappresenta sicuramente l’autorità di vigilanza più importante nel panorama del nostro paese. Si tratta di una istituzione che avuto origine nel 1893 della fusione di tre dei sei istituti di emissione allora operanti (Banca nazionale nel Regno d’Italia, Banca nazionale toscana e Banca toscana di credito per le industrie

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e il commercio d’Italia). Nel 1926 si giunse poi alla definitiva unificazione della funzione di emissione in seno alla sola Banca d’Italia. Le funzioni della Banca d’Italia «Credibilità, indipendenza e responsabilità, così come espresso dalla stessa istituzione sul suo sito, sono i valori base della tradizione istituzionale e organizzativa della Banca d’Italia, che da oltre un secolo si pone al servizio dell’Italia con l’intento di contribuire al suo sviluppo economico e sociale». Nello svolgimento dei suoi compiti l’Istituto agisce in condizioni di autonomia e indipendenza. Concorre ad assicurare la stabilità del valore della moneta e opera per l’efficienza del sistema finanziario, obiettivi irrinunciabili di uno Stato moderno e democratico. L’equilibrio delle azioni di politica economica presuppone l’indipendenza della banca centrale, rafforzata dalla norma costituzionale a protezione del risparmio, funzione coerentemente affidata alla Banca d’Italia. Ma quali sono concretamente le principali funzioni (per un più ampio esame si rimanda al sito www.bancaditalia.it) della Banca d’Italia? Bisogna innanzitutto osservare che la tradizionale funzione di politica monetaria è stata ceduta a partire dal 1° gennaio 1999 a favore del Sistema europeo de lle banche centrali (SEBC); la Banca d’Italia, nel nuovo contesto istituzionale, è chiamata a svolgere un duplice compito che prevede da un lato la partecipazione al processo decisionale e alle determinazioni del SEBC, e dall’altro, secondo il principio di sussidiarietà, gli interventi in ambito nazionale. In pratica, sul mercato italiano, la Banca d’Italia dà attuazione alle decisioni prese dal Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) in materia di politica monetaria e del cambio, di gestione delle riserve in valuta, di sorveglianza e gestione del sistema dei pagamenti, di emissione delle banconote. La Banca d’Italia resta però impegnata nell’esercizio di talune funzioni già svolte in passato; in particolare essa vigila sulla sana e prudente gestione e sulla stabilità sistemica delle banche e degli intermediari finanziari in generale, tutela la concorrenza tra banche e vigila sul sistema interbancario e su quello dei titoli di Stato, svolge il servizio di Tesoreria dello Stato. La politica monetaria e del cambio nel quadro istit uzionale europeo I compiti di politica monetaria sono quelli che più direttamente evocano la banca centrale. Con l’adesione al Sistema europeo di banche centrali (SEBC), il ruolo della Banca d’Italia in difesa della stabilità monetaria si inscrive nel contesto istituzionale europeo. La Banca concorre, con la presenza del Governatore nel Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE), a determinare le decisioni di politica monetaria per l’intera area dell’euro; attua nel mercato nazionale, in linea con i princìpi di decentramento e di sussidiarietà stabiliti a livello europeo, le decisioni assunte dal Consiglio direttivo; partecipa, con propri rappresentanti a vari livelli, ai numerosi Comitati e Gruppi di lavoro costituiti nell’ambito del SEBC per l’analisi delle questioni attinenti ai compiti istituzionali del Sistema. Il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) è composto dalle Banche centrali nazionali (BCN) degli Stati membri dell’Unione europea e dalla Banca centrale europea (BCE). L’Eurosistema è costituito dalle BCN dei paesi che hanno adottato l’euro, tra cui l’Italia, e dalla BCE. L’organo di vertice dell’Eurosistema è il Consiglio direttivo, composto dai Governatori delle BCN e dai membri del Comitato esecutivo della BCE. L’Eurosistema ha il compito di definire la politica monetaria unica. Il capitale della BCE è sottoscritto

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dalle BCN. Secondo quanto stabilito dal Trattato di Maastricht, gli obiettivi della politica monetaria sono, in primo luogo, il mantenimento della stabilità dei prezzi e, in subordine, il sostegno alle politiche economiche generali nell’area dell’euro. Nel perseguimento di questi obiettivi, le BCN e la BCE devono restare indipendenti dalle istituzioni e dagli organi comunitari, dalle autorità nazionali e da qualsiasi altro organismo. Le decisioni riguardanti la politica monetaria dell’Eurosistema vengono attuate dalle BCN, secondo il principio del decentramento operativo, attraverso una vasta gamma di strumenti. Tra questi figurano le operazioni di rifinanziamento principali, quelle a più lungo termine, le operazioni attivabili su iniziativa delle controparti (istituzioni finanziarie), quelle di fine tuning, la riserva obbligatoria. Gli interventi sul mercato dei cambi possono essere eseguiti dalla Banca d’Italia e dalle altre BCN. Per lo svolgimento di compiti attuativi della gestione delle riserve ufficiali nazionali in valuta, la Banca d’Italia si avvale anche dell’Ufficio italiano dei cambi (UIC), ente strumentale della Banca stessa. Per quanto attiene ai compiti di vigilanza creditizia e finanziaria, il quadro disciplinare è stabilito, innanzitutto, dagli artt. 4 e 5 TUB e dall’art. 5 del TUF, nei quali sono specificate le finalità che devono presiedere all’esercizio della vigilanza. Al riguardo, come osservato, è aperto il dibattito sull’ampiezza dei compiti di vigilanza della Banca d’Italia, e ciò anche in ragione del fatto che nel nostro paese le funzioni di vigilanza e di supervisione da essa svolte si sovrappongono talora ai compiti di istituzioni già esistenti quali la CONSOB, con cui, peraltro, la Banca d’Italia deve collaborare. In particolare, la cosiddetta vigilanza per finalità, che attribuisce responsabilità distinte ad Autorità diverse, non trova ancora coerente e completa applicazione. Ciò è dovuto anche alla crescente integrazione operativa tra i diversi intermediari presenti sul territorio: banche operanti nel settore assicurativo, assicurazioni che costituiscono una banca all’interno del proprio gruppo, società di intermediazione e società finanziarie di vario genere che si trasformano in banche sono ormai all’ordine del giorno. Collaborazione tra autorità di vigilanza e segreto di ufficio Ai sensi dell’art. 4 del TUF, la Banca d'Italia, la CONSOB, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, l'ISVAP e l'Ufficio italiano dei cambi collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Dette autorità non possono reciprocamente opporsi al segreto d'ufficio. La Banca d'Italia e la CONSOB collaborano, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti dell'Unione Europea e dei singoli Stati comunitari, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Al medesimo fine, la Banca d'Italia e la CONSOB possono cooperare, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti degli Stati extracomunitari. La Banca d'Italia e la CONSOB possono scambiare informazioni con autorità amministrative e giudiziarie nell'ambito di procedimenti di liquidazione o di fallimento, in Italia o all'estero, relativi a soggetti abilitati; con gli organismi preposti all'amministrazione dei sistemi di indennizzo; con gli organismi preposti alla compensazione o al regolamento delle negoziazioni dei mercati; con le società di gestione dei mercati, al fine di garantire il regolare funzionamento dei mercati da esse gestiti. Anche l’art. 7 del TUB, pur dichiarando che tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell’economia e delle finanze, presidente del CICR, stabilisce che la Banca d'Italia, la CONSOB, la COVIP, l'ISVAP e l'UIC collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine

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di agevolare le rispettive funzioni. Per quanto attiene alle finalità della vigilanza, l’art. 5 del TUF stabilisce che sui mercati finanziari la Banca d'Italia è competente per quanto riguarda il contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale, mentre la CONSOB è competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli operatori. La Banca d'Italia e la CONSOB esercitano i poteri di vigilanza nei confronti dei soggetti abilitati; ciascuna vigila sull'osservanza delle disposizioni regolanti le materie di competenza. La Banca d'Italia e la CONSOB operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati e si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate nell'esercizio dell'attività di vigilanza. Come osservato, la vigilanza sull’attività bancaria persegue gli obiettivi della sana e prudente gestione degli intermediari, della stabilità complessiva, dell’efficienza e della competitività del sistema, dell’osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Nell’ambito delle Autorità creditizie, la Banca d’Italia esercita, quale organo di vigilanza, un ruolo centrale, sul piano sia della normazione secondaria sia dell’esercizio dei controlli: emana regolamenti, impartisce istruzioni e assume provvedimenti nei confronti degli intermediari. Svolge una funzione propositiva nei confronti del CICR, alle cui sedute partecipa il Governatore; in questo contesto fornisce, tra l’altro, elementi di risposta al Ministro dell’Economia e delle Finanze, in quanto presidente del CICR, per lo svolgimento di atti di sindacato ispettivo parlamentare in materia creditizia. La vigilanza nel settore dell’intermediazione finanziaria riguarda, in specie, le imprese di investimento e gli organismi di investimento collettivo del risparmio. Si prefigge il rispetto dei criteri di trasparenza, correttezza dei comportamenti, sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, per assicurare la stabilità, la competitività e il buon funzionamento del sistema finanziario. In tale ambito, la competenza della Banca d’Italia concerne gli aspetti del contenimento del rischio e della stabilità degli intermediari. Alla CONSOB, invece, spetta di vigilare sul rispetto delle norme poste a presidio della trasparenza e della correttezza dei comportamenti. L’evoluzione delle forme di vigilanza Per comprendere appieno il ruolo svolto dalla Banca d’Italia, è inoltre opportuno osservare come la “filosofia” di intervento della stessa si sia modificata nel corso del tempo. Per oltre cinquant’anni, a partire dal 1936, l’azione della Autorità si è ispirata in sostanza al modello della banca centrale “regista” del mercato finanziario, ossia di chi decideva “le scene e i movimenti degli operatori”. La Banca d’Italia agiva cioè, prevalentemente, secondo un’ottica di vigilanza strutturale, modellando la struttura e l’operato dei soggetti controllati in funzione degli obiettivi generali della politica creditizia, e in special modo perseguendo la stabilità del sistema bancario, spesso a discapito della concorrenza tra intermediari. Le forme di controllo adottate erano dunque di stampo prevalentemente discrezionale e autorizzativo; occorreva ad esempio una specifica autorizzazione per aprire nuove banche o semplicemente nuovi sportelli. A partire dalla fine degli anni 1970 si è assistito a una revisione del modello di vigilanza che ha condotto alla progressiva affermazione di controlli di tipo prudenziale, richiedenti cioè il rispetto da parte dei soggetti vigilati di generali regole di comportamento che costituiscono la cornice entro cui ogni intermediario può svolgere in piena autonomia la propria attività, senza richiedere preventive autorizzazioni. La Banca d’Italia diviene, allora, “arbitro” (e non più regista) della partita. L’azione di supervisione viene ad assumere la veste di attività volta a

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prevedere, e se possibile prevenire, le irregolarità nelle gestioni bancarie, attraverso strumenti di tipo conoscitivo e adeguate capacità di valutazione. All’obiettivo della stabilità, a cui rispondevano i controlli strutturali, si affiancano allora obiettivi di competitività ed efficienza del sistema bancario/finanziario. Nell’ambito di tale evoluzione si inseriscono le tre tipiche forme di vigilanza svolte dalla Banca d’Italia (e ai sensi dell’art. 5 e seguenti del TUF anche dalla CONSOB): la vigilanza informativa, la vigilanza regolamentare e la vigilanza ispettiva. La vigilanza informativa consiste nella messa a disposizione della Banca d’Italia di un flusso continuo di informazioni sui dati, contabili ed extra-contabili degli enti creditizi. Ai sensi dell’art. 51 del TUB le banche inviano alla Banca d'Italia, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci con le modalità e nei termini stabiliti dalla Banca d'Italia. La stessa norma viene ripresa dall’art. 8 del TUF, dove si afferma che la Banca d'Italia e la CONSOB possono chiedere, per le materie di rispettiva competenza, ai soggetti abilitati la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalità e nei termini dalle stesse stabiliti. La vigilanza regolamentare (art. 53 TUB) prevede che la Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto, in relazione alle banche: l'adeguatezza patrimoniale; il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni; le partecipazioni detenibili; l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni. Inoltre la Banca d'Italia può: convocare gli amministratori, i sindaci e i dirigenti delle banche per esaminare la situazione delle stesse; ordinare la convocazione degli organi collegiali delle banche, fissandone l'ordine del giorno, e proporre l'assunzione di determinate decisioni; procedere direttamente alla convocazione degli organi collegiali delle banche; adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singole banche per le materie di competenze. Anche in questo caso, la stessa forma di vigilanza viene ripresa dal TUF, dove si specifica che la Banca d'Italia, sentita la CONSOB, disciplina con regolamento (per quanto riguarda i soggetti abilitati nello svolgimento di servizi di investimento e del servizio di gestione collettiva): l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni; le modalità di deposito e di sub-deposito degli strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela; particolari regole applicabili agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR). Infine, per quanto attiene alla vigilanza ispettiva, è previsto che la Banca d’Italia possa acquisire informazioni sulle banche anche tramite ispezioni presso le stesse, richiedendo l’esibizione dei documenti e degli atti necessari all’espletamento della funzione di monitoraggio. Anche la vigilanza ispettiva, ampliata alla attività della CONSOB, viene ripresa dal TUF (art. 10), dove si ribadisce che la Banca d'Italia e la CONSOB possono, per le materie di rispettiva competenza e in armonia con le disposizioni comunitarie, effettuare ispezioni e richiedere l'esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso i soggetti abilitati (qui non solo banche ma anche altri intermediari che possono svolgere servizi di investimento). Ciascuna autorità comunica le ispezioni disposte all'altra autorità, la quale può chiedere accertamenti su profili di propria competenza. La Banca d'Italia e la CONSOB possono, inoltre, chiedere alle autorità competenti di uno Stato comunitario di effettuare accertamenti presso succursali di SIM e di banche, stabilite sul territorio di detto Stato ovvero concordare altre modalità per le verifiche. Viceversa, le autorità competenti di uno Stato comunitario, dopo aver informato la Banca d'Italia e la

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CONSOB, possono ispezionare, anche tramite loro incaricati, le succursali di imprese di investimento e di banche comunitarie dalle stesse autorizzate, stabilite nel territorio della Repubblica. Se le autorità di uno Stato comunitario lo richiedono, la Banca d'Italia e la CONSOB, nell'ambito delle rispettive competenze, procedono direttamente agli accertamenti ovvero concordano altre modalità per le verifiche. La Banca d'Italia e la CONSOB possono concordare, per le materia di rispettiva competenza, con le autorità competenti degli Stati extracomunitari modalità per l'ispezione di succursali di imprese di investimento e di banche insediate nei rispettivi territori. Ricordiamo poi che, ai sensi dell’art. 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, la Banca d’Italia è l’Autorità garante della concorrenza nel settore del credito, ossia svolge il ruolo di Antitrust nel sistema bancario. La concorrenza viene tutelata e promossa quale condizione necessaria di efficienza e di solidità del sistema bancario e finanziario. Nell’ambito di questa attribuzione, la Banca d’Italia dispone di strumenti specifici sia per evitare che le operazioni di concentrazione costituiscano o rafforzino posizioni dominanti nei mercati nazionale e locali, sia per intervenire nei casi di abuso di posizione dominante e di collusione fra intermediari. Le decisioni della Banca d’Italia per la tutela della concorrenza sono tuttavia assunte tenuto conto del parere espresso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. La Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi (UIC), inoltre, sono impegnati, anche in sede internazionale, a contrastare il riciclaggio dei capitali attraverso il sistema bancario e finanziario. L’ordinamento attribuisce alla Banca d’Italia e all’UIC i compiti di: analizzare sotto il profilo finanziario le operazioni sospette; effettuare studi e analisi del fenomeno del riciclaggio ai fini della prevenzione; collaborare, per gli aspetti di competenza, con l’autorità giudiziaria per la repressione dei fatti illeciti. In tale ambito, la Banca d’Italia emana istruzioni per gli intermediari bancari e finanziari che contengono le regole organizzative e procedurali in materia di antiriciclaggio, nonché una casistica delle operazioni e dei comportamenti anomali da segnalare all’UIC. La Banca d’Italia collabora con gli organi dello Stato nella prevenzione e nella repressione del fenomeno dell’usura. A tal fine, effettua insieme con l’UIC una rilevazione trimestrale del “tasso effettivo globale medio” praticato dalle banche e dagli intermediari finanziari per diversi tipi di operazioni. LE ALTRE AUTORITÀ DI VIGILANZA Commissione nazionale per le società e la borsa (CO NSOB) La CONSOB è stata istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216. È un'autorità amministrativa indipendente con il compito di controllare il mercato degli strumenti finanziari italiano. La sua attività è rivolta alla tutela degli investitori, all'efficienza e alla trasparenza del mercato. La Commissione è un organo collegiale, composto da un presidente e da quattro membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. Per quanto attiene più specificamente al funzionamento dei mercati regolamentati italiani, la CONSOB approva il regolamento delle società mercato (Borsa Italiana spa e TLX spa) per l'ammissione, l'esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari dal mercato regolamentato.

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Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni priva te e di interesse collettivo (ISVAP) L'ISVAP è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ed è stato istituito con legge 12 agosto 1982, n. 576, per l'esercizio di funzioni di vigilanza nei confronti delle imprese di assicurazione e riassicurazione nonché di tutti gli altri soggetti sottoposti alla disciplina sulle assicurazioni private, compresi gli agenti e i mediatori di assicurazione. L'ISVAP svolge le sue funzioni sulla base delle linee di politica assicurativa determinate dal Governo. Organi dell'ISVAP sono il Presidente, che oltre ai poteri di rappresentanza esercita anche le funzioni di direttore generale, e il Consiglio, le cui attribuzioni riguardano sia l'ambito organizzativo interno sia quello dei rapporti esterni. La normativa ha attribuito all'ISVAP funzioni di controllo e di regolamentazione, qualificando l'Istituto come un'amministrazione indipendente, dotata di autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa e gestionale, che dispone di specifica competenza tecnica e ampi strumenti operativi. L'obiettivo dell’ISVAP è quello di assicurare la stabilità del mercato e delle imprese nonché la solvibilità e l'efficienza degli operatori, a garanzia degli interessi degli assicurati-consumatori e in generale dell'utenza. Funzione primaria dell'Istituto è, dunque, l'esercizio della vigilanza nei confronti delle imprese di assicurazione, che si esercita attraverso il controllo sulla loro gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile, verificandone la rispondenza alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti. In particolare, l'ISVAP provvede ad autorizzare le imprese all'esercizio e all'estensione in altri rami dell'attività assicurativa nonché a svolgere tutte le attività connesse con il rilascio di tale autorizzazione, verificando la sussistenza delle previste condizioni di esercizio. Nell'ambito dei compiti di supervisione prudenziale demandati all'ISVAP e volti a garantire la sana e prudente gestione dell'impresa assicurativa, assume un rilievo particolare la vigilanza finanziaria, che consiste nel costante controllo della situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa, con riguardo, in particolare, al possesso del margine di solvibilità e di riserve tecniche sufficienti in rapporto all'insieme dell'attività svolta nonché di attivi congrui alla loro integrale copertura. Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) è un organismo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, istituito dalla legge con lo scopo di perseguire la corretta e trasparente amministrazione e gestione dei fondi pensione per la funzionalità del sistema di previdenza complementare. La COVIP esercita l'attività di vigilanza sui fondi pensione e in tale ambito: autorizza l'esercizio dell'attività dei fondi pensione; approva gli statuti e i regolamenti dei fondi, nonché le relative modifiche; autorizza le convenzioni per la gestione delle risorse dei fondi con gli intermediari abilitati; valuta l'attuazione dei principi di trasparenza nei rapporti con i partecipanti ai fondi; esercita il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei fondi, anche mediante ispezioni; pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza della materia della previdenza complementare. La Commissione, istituita nella sua attuale configurazione agli inizi del 1996, è un organo collegiale formato dal Presidente e da quattro commissari. Le deliberazioni della Commissione sono adottate a maggioranza dei votanti e comunque con non meno di tre voti favorevoli.

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Il dibattito in corso sulle autorità di vigilanza L’analisi dei ruoli e dei compiti svolti dalle principali autorità di vigilanza presenti nel sistema bancario e finanziario italiano ha messo in luce – così come nelle parole usate dal Ministro dell’economia e delle finanze nella sua relazione al Parlamento sull’attività della CONSOB – che «l’attuale frammentazione delle competenze e le modalità del loro esercizio inducono a una riflessione sulla necessità di ricondurre i poteri a un’unica autorità preposta alla tutela del risparmio». Ecco dunque rispuntare il dibattito sull’unificazione delle funzioni/autorità di vigilanza, teso a ridimensionare il ruolo di alcune di esse, in particolar modo della Banca d’Italia. Le affermazioni del Ministro Giulio Tremonti hanno ovviamente scatenato una serie di reazioni da parte di chi, da un lato, sostiene (anche all’interno della maggioranza) il ruolo storico della Banca d’Italia, e di chi, dall’altro, pretendendo “giustizia” per il risparmio truffato dai recenti scandali finanziari, invoca una revisione dell’impalcatura che regola e vigila sui comportamenti degli operatori bancari/finanziari. Sono dunque in cantiere diverse proposte di legge che prevedono una ridefinizione dei compiti di vigilanza e un nuovo ruolo per la Banca d’Italia: alcuni propongono la creazione di un’unica Authority competente su banche, assicurazioni, promotori e fondi pensione; altri chiedono semplicemente di ricondurre all’Antitrust la tutela della concorrenza nel credito lasciando invariato l’attuale assetto della Banca d’Italia (si veda al riguardo Un’Autorità unica per il risparmio, in Il Sole 24 Ore del 23 ottobre 2003). Nel dibattito in corso, peraltro, non sono decisivi le scelte compiute in altri paesi europei e negli Stati Uniti: sembra infatti non esservi un trend preciso, almeno allo stato attuale, sulla conformazione ideale della vigilanza sui mercati finanziari e sugli intermediari che in essi sono attivi. Ad esempio, in Inghilterra si è optato per un modello di regolamentazione estremamente piramidale e integrato sotto il cappello della “onnipotente” FSA (Financial Services Authority), e similmente sembra accadere in Francia con la creazione della Authoritè des marchès financiers. Negli Usa invece operano più organi (SEC, Federal Riserve, New York Stock Exchange, Office of the Comptroller of the Currency ecc.) incaricati del controllo di diversi operatori finanziari, contemperati però da un maggior ricorso all’autoregolamentazione. Qualunque sia la scelta (per forza di cose politica) a cui si dovesse e volesse arrivare, è a nostro avviso necessario che la discussione non scada, come spesso accade in Italia, in uno scontro di poteri istituzionali e in una conseguente soluzione di compromesso che salvi lo status quo. Alcuni aspetti essenziali della normativa attualmente in vigore, specie quelli inerenti l’integrazione del settore bancario/assicurativo/finanziario, richiedono una veloce chiarificazione. Ciò anche al fine di meglio tutelare l’interesse dei risparmiatori-investitori e di rendere più fluido il funzionamento e l’operatività degli intermediari.

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CAPITOLO 6

LE FONTI FINANZIARIE CORRENTI: I PRESTITI BANCARIE A BREVE TERMINE,LE OPERAZIONI DI FINANZIAMENTO ALLE

IMPRESE A LUNGO TERMINE. LE OPERAZIONI PARABANCARIE.

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6.1 Le esigenze finanziarie dell’impresa Nel capitolo 4 abbiamo visto come determinare il fabbisogno finanziario di un’impresa nel corso del suo funzionamento. Dobbiamo ora chiederci se tale modalità di calcolo possa essere utilizzata anche per una nuova azienda e quali esigenze informative debbano essere soddisfatte per poter acquisire capitali sul mercato da finanziatori terzi. Per richiedere un finanziamento ad una banca o altro intermediario oppure un contributo in conto capitale a un soggetto pubblico, occorre fornire non solo la situazione storica dell’azienda ma soprattutto quella prospettica. Questa prassi è ancor più importante nelle tre fasi tipiche della vita aziendale quali: � La fase di start up iniziale � La fase di crescita � Il turnaround ovvero la ristrutturazione. A tal fine è necessario predisporre un Business plan dell’iniziativa. Di seguito si riporta uno schema di Business Plan che pone in evidenza come le informazioni siano di natura quantitativa i bilanci passati e le previsioni future, con conto economico che stato patrimoniale e fabbisogno finanziario atteso con la relativa modalità copertura). Natura qualitativa quali le informazioni sul mercato, il prodotto, i soci, Le Funzione del business plan Il business plan ha tra le sue funzioni quelle di: 1. Stimolare l’imprenditore a riflettere sulla propria idea di business, nonché sulle

risorse da utilizzare e sul mercato in cui operare; 2. Valutare preventivamente la fattibilità del progetto; 3. Facilitare la presentazione dell’idea imprenditoriale all’esterno; 4. Permettere controllo e monitoraggio. Si può comprendere pertanto quale sia l’importanza di mostrare ai terzi sia che finanziatori che potenziali soci il business dell’impresa e i suoi punti di forza. Il progetto d’impresa Nel caso della nascita di una nuova impresa la medesima nasce da un’idea, da un intuizione: quale la scoperta di una nuova tecnologia, l’espansione della domanda di un prodotto/servizio, la modificazione dei gusti e delle propensioni di acquisto dei consumatori, il successo di altre imprese, l’individuazione di un bisogno e di una carenza del mercato. Da questa intuizione dell’imprenditore, deve partire un processo organizzato di verifica dell’idea. Questo processo di analisi porta alla redazione del piano di fattibilità o business plan per verificare se l’idea imprenditoriale ha un mercato e se il prodotto/servizio può essere acquistato dal consumatore e a che prezzo. In dettaglio si riportano le caratteristiche che da questo progetto di impresa emergeranno: � le caratteristiche tecniche che avrà il prodotto/servizio � le tecnologie/attrezzature necessarie � il tipo di mercato che si intende servire � l’immagine che si vuole dare all’impresa le politiche promozionali che si

intendono attivare � le politiche di prezzo � il capitale necessario per avviare e gestire l’impresa

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� i soci/collaboratori da coinvolgere � La forma giuridica più adeguata � Gli adempimenti burocratici da espletare Per un’azienda in fase di crescita che magari ha la necessità di finanziare o trovare soci per una nuova iniziativa o uno sviluppo dell’attuale business, il progetto sarà più focalizzato su determinati aspetti essendo l’azienda già operante. Di seguito in sintesi si riportano gli aspetti salienti da riportare nel Business Plan. Definizione della missione aziendale Attraverso l’illustrazione dell’idea imprenditoriale, lo stato di avanzamento del progetto, le motivazioni, i caratteri distintivi e gli eventuali elementi di innovazione Definizione della formula imprenditoriale Va evidenziata il sistema di prodotto/servizio offerto, quale sia il mercato di riferimento, i clienti potenziali o attuali, i concorrenti, l’attività commerciale che sarà svolta, la struttura organizzativa (risorse, organizzazione dell’attività, forma di gestione, ecc) le caratteristiche professionali dei promotori e le loro precedenti esperienze imprenditoriali ( aspetto molto importante nel caso di nuove iniziative). Definizione dei numeri attesi Questo aspetto è di particolare importanza perché tocca la fase quantitativa del Business Plan. I potenziali investitori o finanziatori si attendono una previsione dei numeri aziendali sia come ricavi che risultato economico atteso, ma soprattutto vogliono capire come sarà finanziato il piano degli investimenti e quali saranno le risorse finanziarie che i soci promotori dell’iniziativa apporteranno al progetto. Sarà necessario quindi definire il piano degli investimenti, la loro destinazione, Il loro ammortamento al fine di determinare il pay out del medesimo. L’azienda dovrà predisporre anche un Budget analitico dei costi di prodotto al fine di determinare il punto di pareggio nonché un Preventivo del conto economico, con relativa previsione delle entrate e delle uscite e del Fabbisogno finanziario di breve, medio e, lungo periodo con le relative fonti di copertura. In ultima analisi si dovrà dimostrare all’investitore che cosa si offre e che cosa si chiede in cambio. Di seguito si riportano alcuni esempi di tabelle che evidenziano i dati aziendali.

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6.2 LA BANCA E IL MERCATO DI RIFERIMENTO La legge Bancaria, l. 385. introdotta dal 1/1/1993, connessa alla graduale liberalizzazione dei mercati imposta dalla CEE ha portato il sistema bancario aduna profonda modificazione. Infatti, fino a tale data l'ordinamento dei sistema bancario era basato sul concetto della specializzazione e sulla netta separazione fra Banca e Impresa. La normativa era volta ad evitare le problematiche registrate dopo la prima guerra mondiale, quando si erano prodotte devastanti crisi bancaria conseguenti alla troppo stretta connessione fa le banche e le imprese clienti. La Legge Bancaria dei 1936 aveva negato alla Banche di partecipare al capitale di rischio delle imprese e aveva specializzato il credito in quello a breve termine e in quello a medio- lungo termine. Poiché il mercato europeo stava operando in senso difforme la Banca di Italia con la revisione della legge Bancaria ha reso possibile un’unitarietà di modalità operative nell'ambito della Cee. Pertanto le Banche italiane possono partecipare al capitale di rischio con determinati limiti (15% dei propri fondi e/o 60% dei propri fondi per cumulo di partecipazioni) e soprattutto oggi operano tranquillamente nell'impiego a medio- lungo termine pur con limitazioni correlate al patrimonio e alla durata della propria raccolta. Queste limitazioni sono imposte per mantenere un equilibrio nelle fonti finanziamento delle banche. Quanto sopra connesso alla possibilità di ampliare l'operatività anche nel parabancario e alla liberalizzazione totale degli sportelli ha determinato una profonda modificazione dei sistema bancario. Infatti, oggi ci troviamo di fronte ai seguenti fenomeni principali:

� accorpamento di istituti di credito con razionalizzazione delle reti di sportelli � individuazione di player nazionali ed internazionali nel settore delle banche � forte espansione nel retail � ampliamento dei canali distributivi e del numero degli intermediari � forte espansione degli impieghi a medio lungo termine (soprattutto nei privati)

con conseguente sviluppo delle operazioni di securitation. � rilevanza sempre inferiore nei conti economici bancari dei margine interesse. Si è verificato un cambiamento dello scenario operativo delle banche in conseguenza dei mutamenti strutturali imputabili a: � deregolamentazione � mutamento della natura dei vincoli operativi e di vigilanza � disintermediazione A tale cambiamento le banche hanno fronte con � Nuove metodologie di valutazione del merito di credito allineate a Basilea 2. � nuovi strumenti operativi, � modelli di segmentazione della clientela � Nuove strutture organizzative (retail, corporate, private).

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Ottenendo così un miglioramento di processo e del proprio business ponendone il focus sulla relazione con il cliente. 6.2.1 La segmentazione della clientela e il mutamen to organizzativo L’attività creditizia delle banche, in conseguenza dei mutamenti del mercato e dei processi d’accorpamento del settore, ha subito profonde modificazioni. Infatti, il modello commerciale tradizionale, basato sugli sportelli e sulla copertura di tutte le possibili esigenze rivenienti dal cliente, si è modificato rivolgendo la massima attenzione al “valore “ rappresentato dalla clientela. A tal fine sono stati introdotti nuovi modelli organizzativi e distributivi. � Organizzativi Suddivisione della clientela in TARGET: RETAIL (con possibili ulteriori divisioni), rappresentata dalle famiglie produttrici di reddito, liberi professionisti e piccole imprese CORPORATE (con possibili ulteriori divisioni su base dimensionale) rappresentata dalle imprese Tale suddivisione consente una razionalizzazione delle strutture organizzative dedicate a seguire i vari target (gestori di relazione). � Distributivi Al fine di raggiungere il maggior numero di clientela potenziale e seguire al meglio quella esistente, le banche hanno avviato canali distributivi alternativi e complementari alla tradizionale struttura rappresentata dagli sportelli. Pertanto il prodotto bancario è collocato per mezzo di una struttura multicanale quale: � Rete di sportelli � Promotori e Private Bankers � Negozi e/o punti vendita in franchising � Internet, con rete distributiva dedicata In base a quanto sopra riportiamo in dettaglio la matrice dei prodotti creditizi suddivisi per Target di clientela. CORPORATE Aperture di credito Affidamenti smobilizzo crediti e factoring. Operazioni a medio- termine e leasing Crediti di firma Operazioni di copertura rischi tasso, cambio etc. Finanza d’Azienda (start up, finanziamenti in pool). Emissione/sottoscrizione obbligazioni

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RETAIL-PRIVATE Aperture di credito Crediti di firma Prestiti a medio termine Mutui Operazioni connesse ad operatività in derivati e titoli. 6.3 Le “ regole bancarie” nella valutazione e conce ssione del

credito. 6.3.1 Definizioni L’attività creditizia quantunque “deregolamentata” necessita di una classificazione in base alla scadenza , alla tipologia, al rischio e al target di riferimento della clientela. Scadenza Finanziamenti a breve termine Gli interventi tendono a soddisfare due tipi d’esigenze tra loro molto diverse: � Esigenze di natura finanziaria saltuaria e non connesse a piani programmati. � Fabbisogno finanziario programmato secondo esigenze prospettiche già

definite.

Nel primo caso significa poter disporre di strumenti elastici in grado di garantire disponibilità di risorse finanziarie in tempi brevi, tipico esempio è l’apertura di credito in conto corrente, lo sconto, l’accredito salvo buon fine e lo smobilizzo crediti, nel secondo caso lo sconto di pagherò diretti, l’anticipazione su beni, il factoring, il riporto di banca, la polizza di credito commerciale, l’accettazione bancaria e la cambiale finanziaria.

Finanziamenti a medio- lungo termine La funzione dei finanziamenti a medio- lungo termine è quella di coprire esigenze finanziarie durature, connesse all’investimento in immobilizzazioni o al consolidamento di passività a breve termine. L’ottenimento di tali finanziamenti richiede tempi spesso non brevi e presuppone la concessione d’adeguate garanzie (in genere ipotecarie). Gli strumenti più diffusi sono il mutuo, il leasing e l’emissione di titoli obbligazionari. Tipologia OPERAZIONI PER CASSA Sono gli interventi che consentono al cliente di avere a disposizione una somma di denaro; pertanto le varie forme tecniche tradizionali sono da considerare interventi per cassa.

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OPERAZIONI DI FIRMA Tali operazioni presuppongono l’assunzione di un impegno di firma da parte della Banca a favore di terzi nell’interesse del proprio cliente. I principali crediti di firma possono essere così classificati: � Credito di fideiussione � Credito di avallo � Credito di accettazione � Credito documentario � Operazioni connesse a coperture finanziarie (opzioni, I.R.S). Rischio Le operazioni creditizie sono suddivise secondo categorie di rischio che tengono conto dell’organizzazione della Banca e delle segnalazioni obbligatorie di vigilanza. Il criterio di classificazione adottato in quattro categorie può così essere riassunto:

prima Operazioni che non consentono il controllo dell'utilizzo e senza una specifica fonte rimborso

Operazioni che non consentono il controllo dell'utilizzo.

Operazioni con un’identificata fonte di rimborso ma con incasso non certo.

Operazioni di smobilizzo crediti ad una sola firma

Operazioni a fronte delle quali il patrimonio responsabile è solo quello del richiedente.

seconda Operazioni di smobilizzo crediti con doppia firma, con cessione del credito

terza Operazioni con garanzia reale, ipotecaria e su altri beni.

quarta Operazioni con garanzia reale su denaro, titoli di stato o equiparabili, fideiussione di primaria banca

6.3.2 La metodologia L’ISTRUTTORIA L’attività consiste nell’acquisizione e nell’analisi della documentazione necessaria, da parte dei gestori della clientela (addetti della rete e della Direzione Generale al fine di: � Effettuare un'adeguata valutazione del merito creditizio del richiedente sotto il

profilo reddituale, finanziario e patrimoniale; � Determinare una corretta remunerazione del rischio assunto.

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Di seguito sono specificati i principi generali d'approccio alla fase istruttoria. Occorre fare una differenziazione fra persone fisiche (privati o produttrici di reddito come da classificazione Bankit) e persone giuridiche Documentazione Persone fisiche: Privati � Identificazione (documento di identità e codice fiscale ) � Situazione personale Con dettaglio delle proprietà personali, degli

affidamenti presso il sistema e degli impegni per mutui leasing, stato civile e regime patrimoniale

� Richiesta con indicazione della destinazione dell’affidamento. � Dichiarazioni fiscali modello unico o mod. 730 del richiedente e/o dei garanti Liberi professionisti � Indicazione sull’appartenenza ad albo professionale e descrizione dell’attività.

artigiani � Indicazione sull’attività � Modello unico � bilancio

La richiesta dovrà essere sottoscritta dalla persona fisica, Nel caso di richieste avanzate da: • Minori di età • interdetti • inabilitati • procuratori dovranno essere effettuate valutazioni specifiche di carattere legale. Persone giuridiche: � atto costitutivo e statuto sociale con aggiornamenti al fine di determinare i poteri

di firma � visura della Camera di Commercio � presentazione dell’attività aziendale e del management � richiesta con indicazione della destinazione dell’affidamento � bilanci approvati degli ultimi 3 esercizi � budget previsionale � dichiarazioni fiscali � affidamenti presso il sistema � situazione degli impegni a medio termine ( mutui, finanziamenti,leasing ecc.) � appartenenza a gruppi societarie

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� business plan analitico (per nuove iniziative o per progetti di investimento poliennale o di importo considerevole rispetto alle dimensioni aziendali o poliennali).

Ulteriori informazioni Da fonti esterne � visure ipo-catastali tramite professionisti incaricati dalla Banca � protesti e Bilanci tramite il collegamento con CERVED � 1° informazione Centrale Rischi, utilizzando la Pr ocedura � analisi del settore di appartenenza � perizie di stima su immobile tramite di professionisti incaricati dalla Banca Da fonti interne � eventuali richieste declinate in precedenza e problematiche pregresse � situazione dell’andamento del rapporto (per clienti della Banca) � informazioni sui collegamenti giuridico -economico con altri soggetti affidati LA VALUTAZIONE In questa fase sulla scorta del sopracitato quadro informativo, da approfondirsi con la validazione e l’interpretazione delle informazioni assunte, si accerta la capacità di rimborso del richiedente il fido, in relazione alla potenzialità economica e reddituale e alla sua capienza patrimoniale. Pertanto dovranno essere presi in considerazione per � le dichiarazioni fiscali � la busta paga � il patrimonio responsabile, personale o dei garanti � la coerenza dell’importo, della forma tecnica e della durata in correlazione alla

capacità di rimborso del richiedente e alla destinazione del finanziamento Persone giuridiche � i progetti di investimento e i programmi futuri � le capacità di reddito � i fabbisogni finanziari attuali e prospettici � la situazione finanziaria e patrimoniale � l’esposizione diretta e indiretta degli obbligati, nei confronti della banca e del

sistema tenuto conto dell’’andamento del settore economico di appartenenza � l’esposizione verso il sistema bancario -finanziario � le informazioni presenti nel sistema informativo della banca � l’eventuale appartenenza ad un gruppo e la relativa esposizione � le indicazioni del business plan L’analisi potrà differenziarsi secondo la natura giuridica del richiedente, privati, imprese o gruppi economici. Per quanto riguarda le aziende, la valutazione sotto il

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profilo economico - finanziario dovrà considerare il posizionamento sul mercato e l’andamento del settore economico d'appartenenza correlato ai dati di bilancio.

Altri aspetti da considerare nella valutazione del merito creditizio sono i seguenti: � Vincoli posti dalla normativa di Vigilanza; (gruppo d'appartenenza e limite sui

Grandi Rischi). � Rilievi e segnalazioni interne; � Dati di lavoro precedenti; � Entità dell’esposizione; � Risultanze della Centrale dei Rischi; � Garanzie offerte. L’importo, la forma tecnica e la durata dell’affidamento devono risultare congruenti con le finalità dichiarate ed in linea con la capacità di rimborso determinata.

La fase di valutazione trova completamento nella PROPOSTA che rifletterà: � I risultati dell’attività svolta durante l’istruttoria, � le condizioni essenziali per la gestione del rapporto, � le eventuali motivazioni strategiche o commerciali sottese alla relazione, legate

alle opportunità di mercato e agli effetti indotti dal radicamento del rapporto. � il rischio dell’affidamento misurato con le metodologie definite dalla Direzione e

approvate dal Consiglio d'Amministrazione. La Delibera L’organo referente in materia deliberativa su tutto il sistema della concessione di credito è il Consiglio d'Amministrazione, il quale, ai sensi di quanto disposto dallo statuto sociale, può delegare parte delle proprie attribuzioni ad altri organi o funzioni aziendali. Questa materia è disciplinata con specifiche delibere, avuto riguardo ai profili di rischio, alle esigenze organizzative e alle competenze operative delle unità delegate. Le Garanzie, Il Perfezionamento E L’erogazione Le garanzie Le garanzie che la Banca potrà acquisire a tutela del rischio assumendo sono normalmente suddivisibili in due categorie: Garanzie REALI Pegno Ipoteca Privilegio Garanzie PERSONALI

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Fidejussione Avallo Esiste un’ulteriore tipologia di tutele intermedie normalmente connesse ad un’operazione specifica: Altre GARANZIE Cessione del credito Delegazione di pagamento Lettera di patronage Il perfezionamento e l’erogazione Le linee di credito concesse e deliberate diventeranno operative solo ad avvenuto perfezionamento di quanto previsto nella delibera. A tal fine il servizio competente provvederà direttamente o tramite il gestore della relazione ad acquisire le garanzie previste utilizzando la specifica modulistica e predisporrà lo schema contrattuale richiesto dalla specifica forma tecnica d'erogazione e dalla natura del contraente; coerenti con quelli della delibera di concessione dell’affidamento. A perfezionamento avvenuto la linea di credito sarà messa disposizione per cassa o per firma nella forma tecnica deliberata.

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6.4 Le esigenze di finanziamento del cliente e le f orme tecniche

Il ruolo fondamentale di sostegno finanziario alle imprese è svolto dalle banche, le quali rappresentano i tradizionali “prestatori di fondi” nel sistema economico. Il sistema bancario affianca il tessuto produttivo attraverso una politica del credito di ampia liquidità, volta a finanziare sia gli investimenti che il capitale circolante. Le banche hanno, negli anni, sviluppato un’ampia offerta di prodotti capaci di soddisfare le diverse necessità che le imprese incontrano sia nella fase di start up che nella fase di sviluppo in particolare è possibile classificare i tradizionali prodotti finanziari offerti dalle banche sulla base degli obiettivi gestionali e strategici che essi soddisfano:

• finanziamenti del circolante • finanziamenti per lo sviluppo • finanziamenti per operazioni con l’estero • crediti di firma

Una volta emersa dall'istruttoria, comunque condotta, l'affidabilità del richiedente sarà quindi essenziale approfondire con. Il potenziale cliente le necessità aziendali ed orientare la successiva fase di esame in rapporto alle esigenze prospettate. Sono comunque anche numerosi i casi in cui sia lo stesso funzionario della banca a dover orientare il richiedente verso la giusta risposta alle sue generiche necessità di credito, e ciò in base all'esame della struttura patrimoniale dell'azienda, della sua capacità di reddito, della sua situazione finanziaria. L' azienda richiedente potrà avere delle necessità di investimento in immobilizzi di varia natura, oppure manifestare esigenze di liquidità immediate. Nel primo caso sarà necessario intervenire con operazioni a medio e lungo termine (cioè oltre l'anno), nel secondo si interviene con il credito a breve. INTERVENTI A BREVE Sono destinati al finanziamento dell'attività corrente di produzione e vendita dell'azienda. Esaminiamo le principali forme tecniche e la loro destinazione. 1 –Apertura di credito in conto corrente. E' la forma più diffusa e in genere gradita dal cliente ma è anche la più pericolosa per la banca e la più onerosa per il cliente. La forma tecnica è destinata a finanziare gli squilibri temporali che si producono nel processo di lavorazione e vendita dei prodotto, e, più precisamente tra il momento dell'esborso di cassa sostenuto per il pagamento della materia prima e il momento dell'incasso dei crediti dal proprio cliente, o, più frequentemente, di smobilizzo presso la banca del credito verso i clienti formatesi con la vendita del prodotto. ESEMPIO Supponiamo di avere un'azienda con un fatturato di 6 milioni di euro annui, che abbia un periodo di lavorazione e immagazzinamento delle merci medio di 80 giorni, un pagamento delle materie prime a 60 gg. e un incasso dei crediti mediamente a 90 gg. In questo caso vi sarà una necessità di copertura finanziaria per 110 giorni (cioè tempi di lavorazione -tempo di pagamento della materia prima + tempo di incasso dei crediti) che, se si ricorrerà allo smobilizzo del credito mediante sconto o anticipo su

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fatture sarà sostenuto per circa 90 giorni dalle linee di credito specifiche per smobilizzo crediti e per circa 20 gg dall'apertura di credito in c/c. Questo cliente quindi dovrebbe necessitare presso il sistema, ipotizzando un andamento delle vendite distribuito regolarmente nel corso dell'esercizio, di fidi in c/c per circa € 300.000 e commerciali per circa € 1.500.000. Il calcolo è valido, quando vi è corrispondenza esatta tra capitale circolante e l’esposizione debitoria a breve, cioè, quando tutta l'attività corrente dell'azienda è finanziata con capitali di prestito a breve. Se una parte è finanziata con mezzi propri o con prestiti oltre il breve, invece, il fabbisogno in c/c diminuirà. Ma se la situazione tra passivo a breve e attivo di realizzo è pressoché in equilibrio, non devono risultare consistenti differenze negli utilizzi in CR rispetto al calcolo sopra esposto; se risultano maggiori utilizzi in c/c, vuoi dire che l'azienda utilizza lo scoperto per finanziare gli immobilizzi, o, peggio, per coprire perdite in corso di esercizio; se invece risultano eccessivi utilizzi per smobilizzo di crediti, può essere il segno di irregolarità nell'emissione di portafoglio o di anticipi su fatture. 2 – Apertura di credito straordinarie e sovvenzioni cam biarie . Sono operazioni di finanziamento equivalenti alle aperture di credito ordinarie in c/c, ma destinate al finanziamento di esigenze straordinarie e stagionali; hanno scadenza fissa, anziché a revoca. Quelle cambiarie, in verità ormai desuete, possono offrire il vantaggio di avere a disposizione in caso di mancato rientro alla scadenza un titolo esecutivo scaduto da azionare, rendendo più spedito l'avvio di eventuali azioni esecutive; per la clientela più sprovveduta, inoltre, assumono forma più cogente per il rispetto della scadenza, non essendo a tutti noto che i titoli diretti non sono protestati, vista l'assenza di firme di girata. 3 - Finanziamenti all'importazione In genere l'acquisto di materie prime dall'estero non consente all'acquirente il ricorso a dilazioni di pagamento, per la difficoltà di una conoscenza diretta tra i due soggetti della vendita; è pertanto richiesto alla banca o un credito di firma per garantire un pagamento dilazionato (aperture di credito all'importazione), oppure di effettuare con fondi propri il pagamento all'estero delle merci acquistate così da consentire all'azienda acquirente di effettuare la lavorazione dei materiali e la vendita del prodotto derivato. Spesso si interviene con entrambi le linee di credito, concretizzando in una prima fase un intervento per credito di firma e trasformandolo poi per cassa all'atto del pagamento. Una volta effettuata la vendita del prodotto trasformato, comunque, il finanziamento deve rientrare o per contanti, se la vendita è avvenuta con pagamento immediato, o mediante l'anticipo del credito cui la vendita ha dato origine. Pertanto la durata del finanziamento deve essere rapportata, nella media, ai tempi consueti per la lavorazione e commercializzazione del prodotto. Le eccezioni devono essere giustificate. 4 - Sconto E' l'operazione classica di anticipo su crediti, da tempo in realtà divenuta meno consueta per il costo del bollo sui titoli di credito. Il ricorso alla circolazione cambiaria oggi avviene prevalentemente nei casi in cui la più comune forma di pagamento, la ricevuta, non è onorata dal debitore; ciò è particolarmente vero per le accettazioni,

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che in genere sono sottoscritte da nominativi in altro modo insolventi. Accanto a questa forma legale è andata sempre più sviluppandosi quella illegale dell'assegno postdatato, che nei fatti evade l'imposta dì bollo, e sulla quale nessuna operazione è possibile. Nel caso dello sconto avviene una regolare cessione del credito tra cliente e banca mediante l'apposizione della firma di gira sui titoli scontati; se si tratta di accettazioni o di tratte accettate, la cessione è anche opponibile al debitore. 5 - Anticipi di crediti non assistiti da titoli di cred ito. La forma più comune è l'anticipo sbf di ricevute , cartacee o elettroniche. L'operazione è completamente in bianco per la banca la quale tutt'al più può richiedere per controllo copia delle fatture a fronte delle quali sono state emesse le ricevute. L'operazione avviene tecnicamente con modalità diverse; in alcuni casi l'importo della presentazione viene accreditato sul c/c ordinario del cliente con valuta a scadere; si produce così una scopertura per valuta sui prelevamenti che il cliente effettua prima del maturare della valuta, ad un tasso stabilito; in altri casi l'accredito sul conto ordinario del cliente avviene con valuta corrente, mentre la scopertura si produce su apposito conto di servizio, anche solo dì evidenza, per l'intero importo o per gli importi richiesti dal cliente secondo le sue necessità, in modo che il c/c ordinario risulta sempre coperto per valuta; altra possibilità è quella di applicare il fido sbf sul conto unico ove è incardinata l'apertura di credito, cumulando su di esso i due affidamenti e stabilendo tassi differenziati a seconda dei loro limiti. Oggi si è anche molto diffuso l'anticipo a fronte di fatture , generalmente a carico di primari nominativi che pagano a rimessa diretta; il credito deve essere canalizzato sulla banca che anticipa o tramite mandato all'incasso o tramite cessione del credito. Procedure praticamente analoghe, dopo la liberalizzazione del commercio internazionale, seguono gli anticipi all'esportazione. Per commesse consistenti, prevalentemente estere ma anche nazionali, si può intervenire, naturalmente in percentuali ridotte, anche per finanziare contratti di un certo importo, allo scopo di fornire al cliente accompagnamento finanziario nell'esecuzione di grosse commesse che richiedono tempi di realizzazione notevoli e corrispondente impegno finanziario. Può anche accadere che le imprese ricorrano, pur in presenza di liquidità propria, al finanziamento in valute diverse dall’euro di operazioni di esportazione, a volte anche richiedendo la misura del 100%; tali richieste sono dettate in tal caso dalla volontà di assicurare il ricavo contro il rischio di cambio relativo al periodo di dilazione concesso all'acquirente estero Anche per lo sconto e gli anticipi su crediti l'entità delle linee di credito complessive offerte dal sistema bancario dovrà essere rapportato al fatturato e alla media dei tempi di incasso dei crediti (es. fatturato 1.000 mensile; velocità rotazione crediti 90 gg.; esigenze di fidi di smobilizzo 1000 x3 = 3.000). 6 – Aperture di credito ipotecaria in conto corrent e L'A/c ipotecaria vera e propria, da distinguersi dalla semplice apertura di credito in c/c assistita da garanzia ipotecaria, consiste in una linea di credito pluriennale, in genere di importo decrescente, da utilizzarsi in c/c specifico ove non possono consentirsi eccedenze. La durata massima è di dieci anni, l'addebito degli interessi trimestrale, la revisione del tasso annuale. La decurtazione dell'a/c è di nonna semestrale, ad importi fissi o crescenti. E' un'operazione oltre il breve per le banche, ma date le caratteristiche di elasticità di utilizzo del c/c, assume per le imprese forme

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assimilabili al credito a breve. E' sempre possibile il rimborso anticipato, ma la cancellazione dell'ipoteca deve essere accordata solo nel caso che non si corrano rischi di revocatoria del pagamento. Il trattamento fiscale dell'operazione è favorevole prevedendo solo un'imposta sostitutiva dell'imposta di bollo e di registro. L'ipoteca, se rispetta le caratteristiche previste dagli articoli 38 e segg. della legge 385, assume le caratteristiche dell'ipoteca fondiaria. 7 - Riporti. La banca si impegna a finanziare il cliente acquistando a pronti titoli di sua proprietà, mentre il cliente si assume l'obbligo di riacquistare a termine titoli della stessa specie a un prezzo maggiorato degli interessi. 8 -Altri strumenti di finanziamento (operazioni in pool). Per clientela di elevata rispondenza e standing sono in uso anche operazioni di finanziamento più complesse e con modalità operative più raffinate. Intanto hanno una certa diffusione le operazioni in pool ove numerose banche concorrono pro-quota ad un'unica operazione di finanziamento organizzata e gestita dalla banca capogruppo; questa, in cambio di una commissione, si occupa della fase gestoria dell'operazione e della sua regolarizzazione contabile, ripartendo i profitti tra le partecipanti. Ciascuna banca partecipa anche per importo differenziato. I tassi possono essere uguali prefissati con rivedibilità in genere trimestrale e ancoraggio a precisi parametri. A volte il tasso fra le banche partecipanti è diverso; in questo caso la società affidata in pool preavvisa una traenza di un determinato importo alla banca capogruppo, la quale utilizza le linee di credito delle banche aderenti partendo da quella che ha offerto il tasso più basso e proseguendo in ordine di tasso crescente, per cui le banche con tassi più elevati potranno non ricevere utilizzi o riceverli in misura ridotta (clausola bid-line, cioè con opzione di offerta). Spesso tali linee di credito comportano anche la clausola che un gruppo di banche, dette sottoscriventi, si impegnano comunque a erogare il finanziamento alla società ad un tasso predeterminato nel caso in cui le banche partecipanti, che costituiscono il secondo gruppo, non offrano tassi più vantaggiosi per assicurarsi l'utilizzo; le sottoscriventi, però, ricevono in questo caso una commissione di mancato utilizzo del credito. Ovviamente le offerte di tasso pervengono singolarmente alla capofila che si impegna a non portarle a conoscenza delle altre banche aderenti all'operazione. Nelle operazioni in pool il rischio è ripartito pro-quota tra le banche aderenti, ciascuna delle quali si impegna a non avviare azioni di recupero senza preavvisare le altre o concordarlo con loro; per l'impresa si ha il vantaggio di un rapporto con più banche amministrato come se fosse un unica linea di credito e con il tasso medio più favorevole disponibile. Le operazioni di questo tipo, ma anche linee di credito consistenti erogate singolarmente dalle banche in unica tranche prefissata, possono essere integrate da clausole particolari che rendono lo strumento più flessibile; tali clausole sono: � stand-by che è la possibilità di graduazione di utilizzo con predeterminazione

del tasso, ancorato a parametri precisi, preavviso e commissione di mancato utilizzo;

� evergreen che prevede la possibilità di rimborsi e riutilizzi, sempre con preavviso.

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9 -1 crediti di firma Per fidejussioni passive si intendono le garanzie fidejussorie prestate dalla banca a favore di un terzo nell'interesse di un cliente della banca stessa. Due sono le forme diffuse nell'operatività; fidejussioni a garanzia della solvenza e fidejussione a prima richiesta, o automatiche. Nel primo dei due casi, la banca si rende solo garante della solvibilità del suo cliente. Se ne danno due casi: nel primo, perché la banca sia chiamata a rispondere dovrà prima accertarsi l'insufficienza patrimoniale del cliente, che andrà quindi preventivamente escusso. Nel secondo, più frequente, non è pattuito il beneficio della preventiva escussione; anche in questo secondo caso, comunque, se vi dovesse essere contestazione del credito, la banca si asterrà dal pagare fino alla pronuncia di sentenza avversa al proprio cliente. E' anzi meglio sottolineare con apposita clausola questa circostanza. In pratica fidejussioni di questo tipo richiedono come unica indispensabile valutazione quella circa il merito creditizio del cliente che ne fa richiesta; se esso è sufficiente, e considerando che viene, assunta analoga controgaranzia nei confronti della banca, non dovrebbero esserci particolari problemi. Tra l'altro il rilascio di controgaranzia non è nient'altro che un rafforzamento della previsione di legge relativa all'azione di regresso e non costituisce un vero e proprio impegno fideiussorio correlato al primo, per cui il termine controfidejussione, d'uso comune, è improprio. Sotto il profilo tecnico si è soliti classificare il credito di firma in due categorie, secondo la loro natura: � crediti di firma che assistono obbligazioni di fare del cliente, destinati, in

sostanza, a sostituire i depositi cauzionali richiesti da terzi; � crediti di firma che facilitano al cliente il soddisfacimento del fabbisogno

finanziario, e che pertanto sono sostitutivi di affidamenti per cassa (es. garanzie a terzi per un finanziamento).

Alcuni crediti della prima categoria sono impegni di firma che hanno in realtà solo l'apparenza del credito di firma, per la loro trasformabilità immediata e certa in esborsi di cassa; tali sono i crediti documentari irrevocabili con pagamento a vista, sui quali la traenza è sotto la potestà di terzi. La banca può assumere nelle operazioni di firma la veste di obbligato diretto, come appunto nei crediti documentari o nelle accettazioni bancarie, o di coobbligato, come nelle fidejussioni, molte delle quali, però, essendo a prima richiesta, hanno praticamente caratteristiche analoghe all'obbligo diretto. Di quest'ultimo tipo sono anche le obbligazioni di avallo. Cerchiamo ora di chiarire più in dettaglio le caratteristiche di queste obbligazioni, partendo dalle più diffuse che sono appunto le fidejussioni passive. L'atto è comunque importante, in quanto in esso il cliente dichiara di prendere attenta, nota dei suoi impegni correlati alla operazione, per cui è di fondamentale importanza che venga esattamente riportato il testo della fidejussione richiesta alla banca e che venga pattuita la durata dell'impegno fino alla restituzione dell'atto rilasciato dalla banca o alla lettera di scarico da parte del garantito. Anche l'atto di controgaranzia è atto impegnativo del patrimonio, e va quindi sottoscritto dall'organo competente per la straordinaria amministrazione. Purtroppo la fidejussione a garanzia della semplice solvenza è andata progressivamente rarefacendosi in favore dell'altra forma, la cosiddetta fidejussione automatica o a prima richiesta, che comporta ben altra problematica. Tale forma di garanzia è molto diffusa anche nelle operazioni con

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l'estero; i rapporti intervengono in questo caso, di norma, tra due banche corrispondenti perciò l'impegno fideiussorio è preso nei confronti di banca estera. GLI INTERVENTI OLTRE IL BREVETERMINE: IL CREDITO FO NDIARIO INTERVENTI E MEDIO E LUNGO TERMINE Sono costituiti da mutui dì credito fondiario , in genere a privati, e da operazioni industriali verso imprese. Si ricorda che per la loro durata essi richiedono la presenza di garanzie reali, in genere ipoteca, più raramente, per le imprese, privilegio speciale su macchinari. Per esse finanziano investimenti di lungo respiro (stabilimenti, impianti, talora macchinari) che richiedono notevoli esborsi liquidi immediati ma che produrranno benefici reddituali graduali, divisi in più esercizi. Fondamentale per la concessione di questi finanziamenti non è tanto la capienza della copertura ipotecaria (che pure è necessaria) quanto l'analisi della capacità di rimborso, data dalle prospettive di reddito futuro dell'azienda in relazione all'investimento programmato. Nel caso di privati, invece, occorrerà tener conto dei redditi prodotti per valutare la sostenibilità delle rate. A tale scopo, all'esame dei bilanci pregressi dell'azienda richiedente, andrà affiancato quello dei budget futuri, contenenti previsioni attendibili circa gli sviluppi del reddito d'impresa e quindi dei flussi di cassa (cash-flow), dai quali dovranno pervenire i fondi necessari al pagamento delle rate semestrali del mutuo. Ai privati, oltre alla certificazione dei redditi prodotti, si chiederà di indicare le spese mensili e gli eventuali introiti di diversa provenienza, per valutare l'effettiva liquidità disponibile per far fronte agli impegni delle rate. Il credito fondiario è materia per la quale la più recente legislazione ha innovato in modo particolarmente significativo, trasformando radicalmente l'impianto tecnico tradizionale. Le vecchie leggi, infatti, distinguevano tra credito fondiario e credito edilizio; il primo era relativo all'acquisto dei beni immobili già esistenti, il secondo, invece, alla costruzione di nuovi immobili. Il credito fondiario prevedeva la forma tecnica del mutuo ad ammortamento rateale, di norma semestrale, e dell'anticipazione fondiaria a scadenza unica fissa dal 18° mese in poi. L'erogazione di operazioni della specie era demandata ad Istituti di Credito Speciale e alle Sezioni Speciali di banche di diritto pubblico; alla specializzazione degli impieghi oltre il breve termine corrispondeva analoga caratteristica sul versante della raccolta. Alle banche di credito ordinario non era del tutto precluso il comparto operativo oltre il breve termine, ma le loro erogazioni non rientravano nella specifica normativa prevista dal fondiario e, in particolare, non si aveva il consolidamento agevolato, in 10 giorni, dell'ipoteca. La 385 (nuova legge bancaria), come è noto, si basa sul presupposto della despecializzazione bancaria, allineando la normativa italiana a quella dominante nell'Unione Europea e, in particolare, al sistema creditizio tedesco. La despecializzazione consente l'operatività nel settore fondiario a tutte le banche, senza più alcuna distinzione, e, di conseguenza, allarga ai vecchi Istituti di Credito Speciale l'operatività nel settore del breve. La LEGGE 385 ha previsto anche una nuova normativa fondiaria, aggiornando e semplificando le vecchie procedure consolidatesi negli anni e prevedendo anche l'abrogazione della normativa precedente incompatibile.La semplificazione conseguita, però, ha determinato, e tuttora determina, non pochi problemi interpretativi, su molti dei quali, tra l'altro, non è ancora possibile fornire un'interpretazione sicura, mancando pronunciamenti della giurisprudenza.Per quanto attiene al fondiario, dunque, esso è un credito speciale in senso debole, non prevedendo la legge una particolare destinazione del

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finanziamento. Al suo interno, però, è presente la sottofigura del credito edilizio, questo sì vero credito di scopo.La prima domanda da porsi è cosa deve ora intendersi per credito fondiario. La risposta sembra essere la seguente: si tratta di un finanziamento, svincolato da precise forme tecniche, ma caratterizzato da durata oltre il breve (cioè oltre i 18 mesi), assistito da garanzia ipotecaria, di importo non superiore a quello determinato dalla Banca d'Italia (80% del valore, elevabile al 100% in presenza di garanzie integrative), con contestualità tra acquisizione della garanzia e concessione del finanziamento. Non è più richiesto che l'iscrizione sia di primo grado, purché si rispetti tra la nuova erogazione e la somma del capitale residuo delle precedenti il limite di finanziabilità sopra ricordato.Per quanto attiene alle garanzie integrative che consentono l'elevamento del limite di finanziabilità dall'80% al 100%, esse sono al momento individuate in fidejussioni bancarie e assicurative, garanzie rilasciate da fondi pubblici di garanzia o da consorzi e cooperative di garanzia fidi, cessioni di credito verso lo Stato, cessioni di annualità o contributi a carico dello stato o di enti pubblici, pegni in titoli di Stato.ltro non è richiesto, perciò l'erogazione è ammessa a qualsiasi soggetto proprietario di immobili, anche imprese, indipendentemente dalla destinazione della somma erogata. Salta subito all'occhio il problema della conflittualità di una tale normativa con le esigenze della tutela dei creditori in sede di fallimento e quindi con l'esercizio della revocatoria sulla garanzia ipotecaria.Prima di esaminare più in dettaglio le altre innovazioni normative che riguardano il fondiario, è però opportuno rammentare che la legge 385 ha introdotto per il finanziamento a medio e lungo termine alle imprese un nuovo privilegio previsto dall'art. 46 della 385 come ulteriore garanzia reale.La previsione normativa dell'art. 46 risponde all'esigenza di introdurre nel ns. ordinamento un tipo di garanzia reale che è già presente in altri diritti europei e che ha la funzione di ampliare notevolmente la platea dei beni disponibili per le aziende come garanzia da offrire a sostegno del proprio bisogno di credito. Il privilegio può essere costituito a garanzia di qualsiasi finanziamento oltre il breve, indipendentemente dalla sua forma tecnica. E' speciale, cioè individua chiaramente i beni su cui grava; deve risultare da atto scritto anche diverso dal contratto di finanziamento; richiede come pubblicità costitutiva la trascrizione nel registro dei macchinari (art. 1524 c.c.) e la pubblicazione sul FAL; si colloca in grado elevato (solo dopo le spese di giustizia e i super-privilegi); in caso il bene risulti venduto a terzo acquirente in buona fede, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo. Torniamo ora al credito fondiario, riportando le altre caratteristiche specifiche che la legge 385 ha attribuito ad esso. Esiste una serie di deroghe al diritto comune e previsioni normative particolari che sono: � facoltà per la banca di eleggere domicilio in circoscrizione di Tribunale diversa

da quella ove si trova il bene; � consolidamento accelerato dell'ipoteca; � esonero dei pagamenti da revocatoria fallimentare; � procedimento esecutivo derogato e avvantaggiato; � possibilità di modificare il tasso di interesse nel caso in cui si ricorra al doppio

contratto (condizionato e atto di quietanza); � possibilità di inserire clausole di indicizzazione, con adeguamento automatico

dell'ipoteca; � diritto per, il mutuatario di ottenere riduzione e restrizione dell'ipoteca; � diritto alla suddivisione in caso di ipoteca gravante su complessi condominiali; � tariffa notarile di favore; � possibilità di estinzione anticipata;

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� disciplina particolare del rapporto tra ritardato pagamento e risoluzione del contratto (il pagamento entro 30 giorni non è ritardo; la banca deve accettare il pagamento fino al 180° giorno; la risoluzione potrà essere da essa richiesta solo dopo il 180° giorno o dopo il sesto pagamento, anch e non consecutivo, avvenuto tra il 300 e il 180° giorno dalla scadenza ).

� prevalenza dell'ipoteca sul privilegio del promittente acquisito con compromesso registrato, se il finanziamento fondiario è stato oggetto di accollo o se è stato utilizzato per l'acquisto del bene compromesso.

Non poche di queste previsioni specifiche comportano problematiche interpretative assai complesse e tutt'altro che definite, la più rilevante delle quali è relativa al consolidamento accelerato dell'ipoteca. La mancata caratterizzazione del credito fondiario come credito di scopo fa sorgere infatti non pochi problemi sulla difendibilità del consolidamento accelerato dell'ipoteca fondiaria. Infatti, stabilito che un'operazione a medio e lungo termine assistita da garanzia ipotecaria contestuale, di grado primo o successivo, con rapporto tra valore del cespite ed entità dell'erogazione mantenuto nei parametri fissati dalla Banca d'Italia, deve qualificarsi come un'operazione fondiaria appare evidente che anche un finanziamento ad imprese che abbia queste caratteristiche e che rivesta però un intento evidentemente finanziario, utilizzando l'immobile preesistente solo come mero mezzo per ottenere liquidità, si può considerare come beneficiata di tutti i vantaggi che la caratterizzazione di fondiario comporta. Fatta questa premessa, resta però da chiedersi se un erogazione di tipo fondiario, come previsto dalla 385, concessa ad un'impresa per il ripianamento delle proprie passività a breve verso la banca erogante sia davvero inattaccabile. Intanto è chiaro che il ripianamento dell’esposizione c/c, se avvenuto entro l'anno dal fallimento, è certamente soggetto a revocatoria; resta da valutare se è davvero eliminato il rischio del mancato consolidamento dell'ipoteca sul mutuo concesso e quindi del conseguente duplicarsi dell'esposizione in bianco a seguito dell'esercizio della revocatoria fallimentare. Infatti, non sono mancate sentenze anche autorevoli che, nel caso in cui l'erogazione del mutuo sia servita alla banca per ripianare precedenti esposizioni in bianco contestualmente o posteriormente revocate, abbiano considerato tale operazione come simulata, per cui alla garanzia ipotecaria sia stata reputata mancante una delle caratteristiche essenziali per essere ritenuta fondiaria, cioè la contestualità con l'erogazione, dovendosi individuare il momento dell'erogazione stessa con quello dell'originaria concessione del fido in bianco. Secondo quest'ottica, l'ipoteca verrebbe a consolidarsi secondo le modalità ordinarie (cioè, considerandosi a fronte di credito preesistente non revocato, in due anni - Cass 12342 del 18-11-92). Da rilevare anche che una sentenza di Cassazione, la 12123 del 21-12-90, ha esteso a due anni la revocatoria fallimentare sui rientri solutori in c/c effettuati con accrediti di mutui erogati dalla banca stessa, considerandoli come pagamenti avvenuti con mezzi anormali. Ultima avvertenza è quella di non incorrere mai nell'errore di procedere all'addebito di rate di mutui incapienti in c/c; difatti l'addebito della rata in c/c determina la perdita, per novazione del credito, della garanzia ipotecaria. Sul concetto di novazione si vedano gli articoli 1230 e segg. del codice civile; in pratica quando ad un credito se ne sostituisce un altro si vengono a perdere tutti gli accessori che assistevano il primo: nel caso specifico sostituendo alla rata impagata del mutuo un debito in c/c si perde la garanzia ipotecaria. IL CREDITO FONDIARIO. RIEPILOGO SINOTTICO

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GARANZIE INTEGRATIVE: � FIDEIUSSIONI BANCARIE E ASSICURATIVE � FIDEIUSSIONI RILASCIATE DA FONDI PUBBLICI DI GARANZIA � FIDEIUSSIONI RILASCIATE DA CONSORZI E COOPERATIVE DI

GARANZIA FIDI � CESSIONI DI CREDITI VERSO LO STATO � CESSIONI DI ANNUALITÀ' O CONTRIBUTI A CARICO DELLO STATO O DI

ENTI PUBBLICI � PEGNI IN TITOLI DI STATO GLI INTERVENTI OLTRE IL BREVE. IL LEASING A -Tipologie di leasing . Come è noto la legge 385, nuova legge bancaria, ha esteso a tutte le banche la possibilità operativa nel campo del leasing, attività finanziaria prima esercitata tramite collegate. Tale possibilità, insieme con un generale ridimensionamento del comparto, collegato anche ad una normativa fiscale meno favorevole in materia, ha spinto molte banche a incorporare le finanziarie di leasing appositamente costituite, molte delle quali gravate da perdite di bilancio, e ad esercitare direttamente tale attività. In altri casi, invece, si è preferito mantenere l'autonomia delle finanziarie, inserite nel modello del gruppo polifunzionale; in altri ancora le società di leasing, essendo collegate a più istituti di credito, o avendo raggiunto un rilievo dimensionale notevole, hanno, in forza di ciò, mantenuto una propria struttura indipendente e autonoma. Il leasing in senso moderno è nato negli USA nel 1952, con la nascita della "United States Leasing" ideata da D.P.Boothe Jr. industriale del settore alimentare, per le esigenze di utilizzo di macchinari connesse ad una grossa fornitura commissionatagli dall'esercito; l'attività ebbe subito un notevole successo e un rapido sviluppo. In Europa l'attività fu importata a partire dal 1960 in Gran Bretagna; il paese dove si è raggiunto il maggiore sviluppo tra quelli europei è tuttavia la Francia, dove l'attività ha avuto un notevole impulso per iniziativa del governo anche per le agevolazioni ad essa collegate e per il regime fiscale favorevole anche alle operazioni immobiliari. Con il termine leasing , comunque, si intendono due attività abbastanza diverse tra loro, che costituiscono due sottotipi chiaramente individuabili. Essi sono: - il leasing operativo , forma primitiva, che può essere considerato un contratto di noleggio di beni strumentali di breve durata senza la previsione della possibilità di acquisto da parte del locatario alla scadenza; nel contratto sono compresi tutti i servizi collaterali; di norma tale contratto è stipulato col produttore; - il leasing finanziario ha invece per oggetto qualsiasi bene mobile o immobile occorrente all'azienda locataria per un periodo che, di solito, corrisponde alla durata economica del bene stesso. L'ammontare dei canoni corrisposti è superiore al valore del bene locato, per cui viene stabilita la possibilità di acquisto ad un modesto valore residuo. I servizi collaterali non sono inclusi nel canone. L'operazione si realizza, in genere, mediante una terzo soggetto che ha la veste di acquirente del bene dal produttore e di locante dello stesso all'utilizzatore. In questi ultimi due anni sta prendendo sempre più piede, soprattutto in campo automobilistico, il contratto vero e proprio di Noleggio a Lungo termine (Long rental) in sostituzione del leasing su autoveicoli. Tale operazione che non rientra nella fattispecie del leasing ha un risultato finale molto simile, in quanto l’utilizzatore finale (azienda) usufruisce

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dell’auto come in full leasing corrispondendo un canone comprensivo di tutti gli oneri accessori dell’auto (bollo- assicurazione-manutenzione ecc). La dottrina, a proposito di operazioni di leasing finanziario, ha ormai pacificamente acquisito che l'operazione ha appunto la natura di finanziamento a medio e lungo termine e non quella di un contratto di vendita rateale o di locazione. Le caratteristiche che individuano appunto le operazioni della specie si possono così riassumere: � tipica operazione di finanziamento, con tutte le spese e gli oneri relativi a carico

del locatario; � durata oltre il breve; � oggetto del contratto: beni mobili o immobili specializzati; � presenza di un intermediario finanziario; � contratto di locazione irrevocabile (salvo il caso che il locatario corrisponda tutti i

canoni residui al momento del recesso); � canoni periodici commisurati al costo del bene; � opzioni alla scadenza: rinnovazione della locazione a canoni molto ridotti,

restituzione del bene, acquisto alla somma pattuita ab origine. All'interno del leasing propriamente detto si sono sviluppati nella realtà internazionale numerosi settori: leasing automobilistico, aeronautico, agricolo, azionario (non consentito dalle norme civilistiche italiane, consiste nella delibera da parte della società utilizzatrice di un aumento di capitale che viene sottoscritto dalla società finanziaria che stipula con l'emittente delle nuove azioni un contratto di leasing che attribuisce ad essa il godimento delle azioni stesse a fronte della corresponsione di canoni concordati, con patto di riscatto al termine. Alla fine del contratto le azioni, trasferite all'emittente, vengono in genere annullate; in tal modo la società finanziata incrementa il capitale di rischio con frazionamento nel tempo dell'onere e senza alterare l'assetto proprietario); leasing di container; leasing immobiliare,leasing nautico, di aeromobili. Nel settore immobiliare sta incontrando un certo favore da, quando è stata riconosciuto come operazione fiscalmente consentita, una particolare forma di leasing detta "sale and lease-back" o, più semplicemente, lease-back. Questo contratto consiste nella cessione alla società di leasing di un immobile in uso all'azienda; tale immobile è successivamente locato in leasing alla stessa azienda che l’ha in uso, con riscatto finale al termine del periodo di locazione. Il contratto è caratterizzato in genere da un prezzo di vendita solitamente inferiore al valore di mercato, da un unico complesso contratto ove è definito sia l'aspetto di vendita che quello di locazione, da una durata e importo di canoni correlata al prezzo pagato per l'acquisto, con modico canone di riscatto finale, dal carico al locatario di tutte le spese di manutenzione e oneri accessori, tasse comprese, relative all'immobile. I vantaggi sono notevoli per il venditore-locatario, che riesce a smobilizzare finanziariamente un proprio consistente immobilizzo di non sempre facile commerciabilità e comunque in uso all'azienda, conseguendo vantaggi finanziari e, in genere, anche fiscali. Date queste caratteristiche, in sostanza, l'operazione si presenta come un finanziamento a medio e lungo termine che assume a base di garanzia un immobile strumentale; è, in sostanza, un'operazione alternativa al mutuo ipotecario. Proprio per queste caratteristiche il lease-back immobiliare è caduto in Italia sotto il tiro incrociato dell'amministrazione finanziaria e della magistratura. L'amministrazione finanziaria, infatti, ha assimilato l'operazione al mutuo, non consentendo né l'ammortamento da parte della finanziaria acquirente del bene

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immobile, né la deducibilità completa dei canoni all'utilizzatore. La magistratura tributaria, però, non ha condiviso in sede di giudizio soprattutto la riqualificazione interpretativa del contratto volta ad escludere l'ammortamento del cespite da parte della società locante. La magistratura ordinaria, dal canto suo, ha addirittura talvolta interpretata l'operazione come un'operazione illecita assimilandola ad un mutuo ipotecario con violazione del patto commissorio, prevedendo l’attribuzione della proprietà del cespite al finanziatore in caso di inadempienza del finanziato. Tale illiceità è stata però esclusa dalla Cassazione con una sentenza del 1989, mentre permangono i rilievi in merito alla lesione del principio della par-condicio che tale, operazione comporterebbe. Sotto il profilo giuridico, che ha dato adito a non pochi problemi interpretativi, la Corte di Cassazione ha distinto tra due differenti tipologie di leasing; la prima s'inquadra, secondo la volontà delle parti, in una funzione di finanziamento e godimento del bene, per cui i canoni costituiscono il corrispettivo di tale godimento; la seconda, invece, prevede che il bene, data la sua natura, conservi alla scadenza un valore apprezzabile, per cui il trasferimento di esso in proprietà del locatario non è una eventualità accessoria ma è proprio il contratto ad avere "ab origine" natura traslativa. Ora per il leasing di godimento, contratto di durata, trova applicazione l'art 1458 c.c. per cui in caso di inadempienza dell'utilizzatore e di apprensione del bene da parte del locante, i canoni restano a quest'ultimo; il leasing traslativo, invece, ha una natura che lo rende assimilabile alla vendita rateale, per cui ad esso si applica quanto previsto dall'art. 1526 cc., con conseguente restituzione, dopo la risoluzione del contratto per inadempienza del locatario, dei canoni percepiti dal locante, salvo il giusto compenso previsto. PARTICOLARI FORME DI CREDITO. IL FACTORING Con il termine factoring si definisce un contratto mediante il quale un imprenditore (cedente) si impegna a cedere ad un altro (factor ) tutti i crediti derivanti o derivanti dall'esercizio della sua impresa o da una particolare fornitura dietro corrispettivo; il factor, a sua volta, si impegna a fornire una serie di servizi differenziati, come la gestione, la contabilizzazione, l'incasso dei crediti ceduti, la garanzia dell'eventuale inadempimento, la concessione di anticipi parziali o totali. Non tutti i servizi sono collegati ai singoli contratti, non essendo sempre richiesta la garanzia all'inadempimento o l'anticipo. Come si vede il rapporto di factoring giuridicamente integra la fattispecie di un contratto atipico misto , basato sulla prestazione di servizi; la cessione del credito non rappresenta la finalità dell'accordo ma solo lo strumento dell'erogazione dei servizi; non si tratta pertanto di un contratto di garanzia o di sconto di crediti. La cessione è in genere pro-solvendo , cioè senza garanzia dell'incasso; nel caso che avvenga pro-soluto il factoring assume anche la funzione assicurativa dei credito; l'accredito al cedente può essere anticipato, per cui l'operazione ha natura di finanziamento, o avvenire alla scadenza o a una certa data successiva alla scadenza. Come si vede i vantaggi che possono derivare all'impresa cedente sono numerosi, per la possibilità di gestire in modo ottimale la propria creditoria, assicurare i rischi di insolvenza o di ritardo degli incassi, acquisire tramite il factor più facilmente informazioni commerciali sugli acquirenti, economizzare la gestione. Se il factoring non implica la concessione di anticipi, esso viene chiamato "maturità factoring"; diversamente viene detto "credit-cash factoring". Le fatture del cedente possono recare o no la notifica della cessione al factor del credito; in tal caso si parla di "notification factoring". In genere caratteristiche dei contratto di factoring sono:

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� clausola di esclusiva: non sempre presente, che comporta l'obbligo del cedente a non porre in essere altri rapporti di factoring;

� obblighi del cedente a trasferire i documenti probatori dei credito, a trasferire le garanzie e, gli accessori, a sottoporre ad approvazione preventiva del factor le operazioni;

� obblighi del factor a esaminare preventivamente i crediti e a fornire eventuali servizi collaterali richiesti, quali informazioni commerciali o ricerche di mercato;

� clausola che riconosce al factor la potestà di ridurre o di revocare le approvazioni del credito;

� clausola eventuale che consente al factor il controllo sulle scritture, contabili del cedente;

� clausola di reciproca rescissione del contratto. Il factor è remunerato, oltre che con gli interessi sugli eventuali anticipi concessi, con una commissione in genere oscillante tra il l% e il 3%; i rapporti si svolgono in c/c. I contratti sono regolati dalle norme sulla trasparenza.Sulla materia è intervenuta la legge 52 del 1991 che ha dato una regolamentazione specifica alla cessione dei crediti di impresa, modificando la disciplina civilistica della cessione dei crediti; non ha tuttavia introdotto nel nostro sistema una disciplina strutturata organica del factoring. La legge si applica alle seguenti condizioni: � il cedente deve essere imprenditore; � i crediti devono sorgere da contratti stipulati nell'esercizio dell'impresa; � il cessionario deve avere personalità giuridica e l'acquisto dei crediti deve

essere espressamente, previsto dall'oggetto sociale e il fondo di dotazione non deve essere inferiore a 10 volte il capitale minimo delle Spa.

La legge prevede: - possibilità della cessione anche per i crediti futuri, anche in massa e anche per

contratti non stipulati ma che si stipuleranno nei due anni successivi, in deroga alla normativa civilistica che prevede solo i crediti futuri derivanti da rapporti già esistenti al momento della cessione;

- se la cessione è pro-solvendo, la garanzia di solvenza del cedente vale solo nei limiti del corrispettivo (anticipo) pattuito; il cessionario può rendere la cessione opponibile ai terzi, oltre che con la procedura di notifica prevista dal codice civile, anche in seguito al semplice pagamento in data certa del corrispettivo pattuito, anche se in minima misura, dal cessionario al cedente, cioè con l'effettuazione dell'anticipo;

- il trasferimento del credito ha effetto sul terzo ceduto a prescindere da qualsiasi comunicazione, per cui il factor può pretendere il pagamento alla scadenza; in assenza di comunicazione, però, il pagamento effettuato al cedente è liberatorio per il debitore ceduto; il debitore può opporre al cessionario tutte le eccezioni che derivano dai rapporti precedenti alla cessione, salvo l'incedibilità convenzionale del credito, se non provando che il factor ne era a conoscenza al tempo della cessione.

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CAPITOLO 7

IL CAPITALE DI RISCHIO E GLI INVESTITORI ISTITUZIONALI: I FONDI DI INVESTIMENTO,IL PRIVATE

EQUITY

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7.1 I n t r od uz i o n e L’eccessivo indebitamento limita non solo il tasso di sviluppo ma anche la capacità netta di autofinanziamento e tutte le leve competitive e finanziarie successivamente attivabili. Le tardive operazioni di ristrutturazione finanziaria non potranno, dopo che si è caduti nella “trappola del debito”, creare dal nulla tutto il valore che in precedenza tale tipo di crescita ha portato a perdere. Ne deriva, quindi, la necessità di impiegare capitale qualitativamente, oltre che quantitativamente, idoneo: strada che in fin dei conti solo il capitale di rischio può garantire. I canali di finanziamento dello sviluppo attraverso capitale di rischio sono, attualmente, assai più articolati che in passato. Agli inizi degli anni Ottanta, con il termine venture capital si definiva l'apporto di capitale azionario, o la sottoscrizione di titoli convertibili in azioni, da parte di operatori specializzati, in un'ottica temporale di medio-lungo termine, effettuato nei confronti di imprese non quotate e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o servizi, nuove tecnologie, nuove concezioni di mercato. Nell'ambito di tale definizione, la partecipazione veniva generalmente intesa come temporanea, minoritaria e finalizzata, attraverso il contributo congiunto di know how non solo finanziario, allo sviluppo dell'impresa, all'aumento del suo valore ed alla possibilità di realizzazione di un elevato capital gain in sede di dismissione. Nel corso degli anni, pur rimanendo invariati i presupposti di fondo, le caratteristiche dell'attività di investimento istituzionale nel capitale di rischio sono mutate, diversificandosi in funzione del sistema imprenditoriale di riferimento e del grado di sviluppo dei diversi mercati e offrendo, oggi, una più variegata gamma di possibilità di intervento. Di fatto, il comune denominatore rimane l'acquisizione di partecipazioni significative in imprese, in ottica di medio lungo-termine, e il conseguente obiettivo di sviluppo finalizzato al raggiungimento di una plusvalenza sulla vendita delle azioni, ma la presenza delle ulteriori caratteristiche ha assunto connotati molto variabili. 7.2 Le più recenti evoluzioni terminologiche Da un punto di vista strettamente terminologico, il concetto di investimento istituzionale nel capitale di rischio ha assunto, in passato, connotati differenti fra Stati Uniti ed Europa. Negli USA, questo concetto, definito della sua globalità "attività di private equity", è distinto, in funzione della tipologia di operatore che pone in essere il finanziamento, tra venture capital e buy out. Alla prima categoria corrispondono due tipologie specifiche di investimenti: - l'early stage financing, ovvero l'insieme dei finanziamenti (seed financing e start up financing) a sostegno delle imprese nei primi stadi di vita; - l'expansion financing, ovvero quella serie di interventi effettuati in imprese già esistenti che necessitano di capitali per consolidare e accelerare la crescita in atto. Al contrario, in Europa, il termine venture capital era in passato esclusivamente riferito alle operazioni finalizzate a sostenere la nascita di nuove imprese, mentre con il termine private equity si intendeva l'insieme delle operazioni poste in essere per sviluppare attività esistenti o risolvere problemi connessi con la proprietà di un'impresa, incluso il fenomeno del passaggio generazionale. Oggi, a seguito di un processo di standardizzazione metodologica, anche in Europa e in Italia si aderisce alla definizione utilizzata negli Stati Uniti.

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7.3 Il ruolo dell'investimento in capitale di risc hio in un moderno

sistema finanziario Il ruolo che l'investimento in capitale di rischio ha in un moderno sistema finanziario è rilevante sotto numerosi profili. Innanzitutto, sul fronte dell'impresa, la possibilità di far riscorso ad operatori specializzati nel sostegno finanziario finalizzato alla creazione di valore, consente alle stesse di reperire capitale "paziente", che può essere utilizzato per sostenere la fase di start up, piuttosto che piani di sviluppo, nuove strategie, acquisizioni aziendali, passaggi generazionali o altri processi critici del loro ciclo di vita. In particolare, tale capitale può essere utilizzato dall'impresa per sviluppare nuovi prodotti e nuove tecnologie, per espandere il circolante, per finanziare acquisizioni, o per rafforzare la struttura finanziaria di una società. Il private equity può anche essere impiegato per risolvere problemi connessi con la proprietà di un'impresa o con il fenomeno del passaggio generazionale. Inoltre, è lo strumento privilegiato per la realizzazione di operazioni di buy out / buy in, effettuate da manager esperti. Poiché, inoltre, il supporto dell'investitore istituzionale non si esaurisce nella mera fornitura di capitale di rischio, un ulteriore vantaggio deriva dalla disponibilità di know how manageriale che l'investitore mette a disposizione dell'impresa per il raggiungimento dei suoi obietti di sviluppo. Ciò si traduce anche nella possibilità di supporto alla crescita esterna, attraverso contatti, investimenti, collaborazioni ed altro, con imprenditori dello stesso o di altri settori. Spesso la crescita attraverso fusioni e/o acquisizione offre sensibili vantaggi in virtù della tempestività con la quale è possibile entrare in nuovi settori o guadagnare nuove quote di mercato. Il socio istituzionale possiede una profonda esperienza basata su una moltitudine di realtà imprenditoriali diverse e, pertanto, gode di un invidiabile esperienza cui la società può accedere. L'investitore istituzionale nel capitale di rischio ha, per esempio, solitamente esperienza anche in tema di accompagnamento alla quotazione, capacità preziosa in tale delicato processo e che può essere d'aiuto nel definire il timing e le procedure interne ottimali. È poi comprovato che alle imprese partecipate da investitori istituzionali siano riconducibili performance economiche superiori rispetto alle altre realtà imprenditoriali, apportando un beneficio a livello di sistema. L'attività di investimento nel capitale di rischio contribuisce, dunque, notevolmente allo sviluppo del sistema industriale e dell'economia nel suo complesso, selezionando imprese a rapido tasso di crescita e fornendo loro il capitale necessario per svilupparsi. 7.4 Gli obiettivi dell'investitore istituzionale L'obiettivo dell'investitore istituzionale è quello di realizzare, nel medio termine, un importante guadagno di capitale (capital gain ) attraverso la cessione della partecipazione acquisita. Per guadagno di capitale si intende l'incremento di valore della partecipazione maturato dal momento dell'assunzione della partecipazione a quello della cessione e monetizzazione della stessa. In generale, il buon esito dell'intervento è determinato dalla capacità dell'investitore di contribuire a creare valore all'interno dell'impresa, generando, così, nella maggior parte dei casi, ricchezza anche per l'intero tessuto economico e imprenditoriale del Paese.

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L'investitore istituzionale nel capitale di rischio è, per definizione, un socio temporaneo, seppur di medio -lungo termine, che, come tale, dovrà prima o poi cedere la partecipazione acquisita per realizzare il proprio obiettivo. 7.5 Le imprese target dell’investitore istituziona le L'investitore istituzionale concentra la sua attenzione sui progetti caratterizzati da un elevato potenziale di sviluppo, cioè su iniziative per le quali l'apporto di capitale e di competenza professionale da parte sua possa accelerare il processo di creazione di valore. L'investitore, in particolare, tenderà a privilegiare: � imprese con un valido progetto di sviluppo e con prospettive di crescita sia

dimensionale, che reddituale. Si tratta quindi di imprese con un prodotto/servizio di successo, caratterizzato da scarsa imitabilità e bassa sostitituibilità rispetto ai prodotti concorrenti, il cui mercato di riferimento presenti ancora elevate potenzialità di espansione;

� imprese guidate da un imprenditore valido , che si dimostri determinato, ambizioso e corretto nella realizzazione del progetto di sviluppo. L'imprenditore deve quindi perseguire obiettivi di sviluppo dell'impresa e di affermazione personale impegnativi, ma realistici, tali da suscitare fiducia nell'investitore;

� imprese con un buon management , formato da persone con consolidata esperienza e con conoscenza specifica del settore;

� imprese per le quali sia possibile prevedere in prospettiva una modalità di disinvestimento , che consenta di facilitare il realizzo del capital gain.

7.5.1 I criteri di selezione Oltre agli strumenti utilizzati nelle operazioni tradizionali di finanziamento (analisi dei bilanci, modelli di analisi finanziaria, analisi d'azienda), l'investitore nel capitale di rischio: � giudica innanzitutto la competenza dell'imprenditore e del management,

investendo nel team che ha maggiori capacità di realizzare un progetto di sviluppo, piuttosto che nel progetto stesso;

� valuta l'andamento del mercato e le reazioni della domanda all'introduzione di una nuova tecnologia o di un prodotto/servizio innovativo, al fine di capirne lo sviluppo potenziale;

� cerca di stimare le tendenze, osservando con attenzione l'evoluzione dei settori più competitivi e ascoltando le opinioni degli esperti. L'obiettivo è di selezionare le iniziative imprenditoriali "vincenti", che consentano di realizzare un guadagno elevato nel medio termine.

7.5.2 Il rapporto tra investitore e impresa L’investitore istituzionale partecipa alle scelte strategiche dell'azienda, limitando il suo intervento alle decisioni che possono modificare la combinazione prodotto/mercato/tecnologia su cui si basa l'azienda e alle decisioni di investimento più significative . Lascia al socio imprenditore e/o al gruppo dirigente piena autonomia nella gestione operativa quotidiana dell'azienda; nel rapporto con

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l'imprenditore, vuole la disponibilità ad un colloquio leale, aperto e costruttivo, ed una totale trasparenza, nell'interesse dello sviluppo aziendale. A differenza delle tradizionali forme di finanziamento, come il ricorso al capitale di debito, la partecipazione al capitale di rischio di investitori istituzionali richiede uno stretto rapporto di collaborazione tra l'imprenditore e l'investitore i stituzionale che condivide il rischio d'impresa ed è cointeressato al successo dell'impresa. Oltre al capitale, l'investitore apporta competenze professionali strategiche , finanziarie, di marketing, di organizzazione, manageriali e offre una rete di contatti utili, finanziari e non, in ambito nazionale e internazionale. Il rapporto costruttivo tra imprenditore ed investitori istituzionali è fondamentale per esaltare queste competenze. L'apertura del capitale di un'impresa ad un socio istituzionale , determina, generalmente, una serie di cambiamenti importanti , specialmente nel caso di imprese a carattere famigliare. Per raggiungere il suo obiettivo, infatti, l'investitore eserciterà un'azione tendente ad elevare la trasparenza e la qualità nella comunicazione dell'impresa , a professionalizzarne la gestione e l'organizzazione, a far introdurre od evolvere sistemi di pianificazione e controllo e di monitoraggio dei risultati aziendali. Sarà necessario, magari gradualmente, realizzare: � la netta separazione tra il patrimonio famigliare e quello aziendale; � la revisione del bilancio; � l'introduzione di sistemi di budgeting e di controllo di gestione; � la predisposizione di relazioni periodiche sulla performance dell'impresa. Oltre agli apporti più strettamente finanziari, per l’impresa vi sono alcuni specifici vantaggi che possono essere ottenuti grazie alla partecipazione al capitale di un investitore istituzionale: � collaborazione nel tracciare una strategia di sviluppo e nel perseguirla,

sfruttando le occasioni di crescita esterna, attraverso acquisizioni, fusioni, concentrazioni, joint venture con altre imprese del settore;

� maggiore funzionalità della compagine sociale, che facilita anche la eventuale liquidazione dei soci che non sono più interessati a partecipare all'impresa, senza drenare risorse dalla società;

� un contributo alla realizzazione di una gestione più professionale e manageriale, attraverso l'attenuazione degli eventuali condizionamenti che provengono dalla sfera degli interessi personali e familiari e, comunque, la migliore o più professionale regolamentazione dei rapporti impresa-famiglia;

� crescita del potere contrattuale dell'impresa, grazie alla presenza dell'investitore come azionista di rilievo;

� miglioramento dell'immagine dell'impresa nei confronti delle banche e del mercato finanziario, che eleva l'affidabilità finanziaria dell'impresa e agevola il reperimento di finanziamenti anche per lo sviluppo del capitale circolante;

� maggior capacità di attrarre management capace ed esperto. 7.6 Le forme di finanziamento a confronto All'imprenditore sono generalmente note le "regole" del finanziamento di tipo tradizionale, ottenibile, ad esempio, da un istituto di credito. Egli sa, dunque, che la

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capacità di ripagare il debito, sottoforma di quote di capitale e di interessi, è garantita dal patrimonio aziendale e, talora, dai suoi beni personali. Nel caso in cui risulti impossibile il rimborso del prestito, la banca può chiedere che l'azienda venga messa in liquidazione e può rivalersi sul suo attivo. L'investitore nel capitale di rischio, invece, non chiede garanzie, ma si accolla una parte del rischio di impresa come gli altri azionisti. Le banche, d'altra parte, in qualità di fornitori di capitale di debito, non sono direttamente interessate al processo di creazione di valore dell'impresa, ma solo alla solvibilità finanziaria, mentre l'investitore, che condivide con l'imprenditore l'incremento di valore della partecipazione, farà di tutto per aiutare la crescita

Capitale di rischio Capitale di debito

Finanziamento a medio e lungo termine

Finanziamento a breve, medio e lungo termine

Non prevede scadenze di rimborso ed il disinvestimento avviene di norma con cessione al mercato od a terzi, senza gravare l'impresa

Prevede precise scadenze di rimborso a prescindere dall'andamento dell'impresa e nel caso di finanziamento a breve è revocabile a vista

È una fonte flessibile di capitali, utile per finanziare processi di crescita

È una fonte rigida di finanziamento, la cui possibilità di accesso è vincolata alla presenza di garanzie e alla generazione di cash flow

La remunerazione del capitale dipende dalla crescita di valore dell'impresa e dal suo successo

Il debito richiede il pagamento regolare degli interessi a prescindere dall'andamento dell'azienda ed è garantito da mantenimento del valore degli attivi

L'investitore nel capitale di rischio rappresenta un partner che può fornire consulenza strategica e finanziaria

L'assistenza fornita è di tipo accessorio al finanziamento

7.7 Le modalità di accesso ad una operazione di ven ture capital Sebbene non esista un imprenditore ideale, vi sono alcuni aspetti legati al suo carattere e alla sua esperienza che costituiscono dei prerequisiti indispensabili per attrarre l'attenzione dell'investitore: � la credibilità del proponente l'iniziativa; � il know how maturato nel settore in cui vuole operare; � la capacità di leadership; � il commitment nel progetto imprenditoriale; � la disponibilità ad un discorso leale, aperto e trasparente. Di seguito si riportano le ipotesi principali in cui un imprenditore si può avvicinare ad un’operazione sul capitale di rischio. 7.7.1 Sviluppare un'attività esistente

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Le imprese già esistenti possono ricorrere all'investimento in capitale di rischio per espandere il proprio business , con l'obiettivo, ad esempio, di aumentare la capacità produttiva o di consolidare l'immagine del proprio prodotto/servizio attraverso l'ampliamento della propria quota di mercato e al fine di rimanere competitive in Europa e globalmente. L'ampliamento della pressione competitiva, anche a livello geografico, richiede, infatti, sempre più il raggiungimento di dimensioni adeguate al contesto internazionale. In questi casi (expansion financing ), l'investitore sarà interessato ad intervenire solo se ritiene che esistano buone prospettive per tale espansione in termini economicamente interessanti. In questa fase, l'azienda ha già dimostrato di riuscire a competere sul mercato con profitto, perciò il rischio di insuccesso, quantomeno totale, è più basso. È quindi più facile "convincere" l'investitore, offrendogli informazioni di tipo storico, oltre che previsionale, utili per meglio capire e valutare le potenzialità dell'azienda nella quale egli si accinge a Le esigenze finanziarie dell'impresa in funzione di un progetto di sviluppo, determinano la necessità di procedere ad un aumento di capitale so ciale, sottoscritto, in tutto o in parte, dall'investitore istituzionale. 7.7.2 Liquidare i vecchi soci Nelle fasi di espansione e maturità la continuità dello sviluppo aziendale richiede, talora, la riorganizzazione dell'azionariato. In questi casi l'investitore istituzionale può sostituirsi, temporaneamente, a uno o più soci uscenti (replacement capit al). In questo modo, si evita che alcuni soci, non più soddisfatti dall'orientamento strategico dell'impresa, o desiderosi di disinvestire per un qualche motivo, frenino lo sviluppo aziendale. L'investitore istituzionale si sostituisce ai soci uscenti sulla base di un nuovo patto di sviluppo, e senza che l'uscita del socio depauperi ed indebolisca l'impresa. 7.7.3 Rilevare l'azienda di famiglia Nel corso della vita di un'impresa famigliare, può avvenire che uno dei membri della famiglia decida di rilevarla, anche alla luce dell'eventuale calo motivazionale nel progetto imprenditoriale da parte degli altri componenti. In questo caso l'investitore istituzionale può rappresentare un partner ideale per la realizzazione dell'operazione di acquisizione (family buy out), non limitando il suo apporto alle sole risorse finanziarie, ma fornendo anche un rilevante contributo di tipo manageriale ed organizzativo. L'investitore istituzionale, preoccupandosi anche della strutturazione tecnica dell'operazione, si occuperà direttamente degli aspetti negoziali con gli azionisti uscenti. 7.7.4 Acquistare l'impresa per cui si lavora In alcuni casi, la continuità dello sviluppo aziendale è subordinata al mutamento della responsabilità imprenditoriale e all'individuazione di una nuova guida. Ecco allora, che l'investitore istituzionale può organizzare l'operazione di finanziamento dell'acquisto della maggioranza dell'impresa da parte del management della stessa (management buy out) o, addirittura, da un più folto gruppo di dipendenti (employee buy out). Spesso, il management può essere interessato ad acquisire rami di azienda non considerati più "strategici" dalla proprietà, ma che possono essere redditizi come attività autonome. La funzione di sostegno si concretizza,

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allora, nell'agevolare il cambiamento parziale della struttura proprietaria e nell'aiutare il management a reperire le risorse necessarie per l'acquisizione. L'investitore può anche supportare un gruppo di manager esperti estranei all'impresa nell'acquisto della maggioranza della stessa (management buy in ). 7.7.5 Risanare un'azienda in perdita In questi casi, l'investitore finanziario si inserisce in una situazione di crisi aziendale (turnaround financing ), sostituendo chi non è più in grado di proseguire nell'attività e gestendo direttamente tutte le fasi connesse alla ristrutturazione e al rilancio dell'attività. Soprattutto in queste operazioni, l'investitore tende a preferire l'assunzione, almeno temporanea, di quote di maggioranza, per poter prendere decisioni fondamentali per la sopravvivenza dell'impresa (come, per esempio, la sostituzione del management che ha contribuito all'insorgere della crisi). 7.7.6. Gli investitori istituzionali Avviare un'attività, farla crescere, rilevarla, richiede una disponibilità di capitale di rischio non sempre disponibili al soggetto coinvolto. L'individuazione della fonte più appropriata risulta pertanto fondamentale per realizzare il progetto. Esistono diverse tipologie di investitori istituzionali, che si distinguono per la struttura giuridica e organizzativa, per le strategie di raccolta e di investimento dei capitali e per le correlate scelte operative. Un imprenditore che sia alla ricerca di capitale di rischio può trovare numerosi investitori pronti a finanziare il suo progetto imprenditoriale. Tale varietà, se offre opportunità di scelta, può anche determinare difficoltà di scelta. È bene dunque che l'imprenditore si sforzi di individuare l'alternativa più adatta al suo caso, informandosi sulle caratteristiche e sulle preferenze in tema di investimento di ciascun operatore in modo da aumentare le probabilità di riuscita della trattativa. In questa scelta, prezioso può essere il ruolo di professionisti e consulenti. Le società di Venture Capital e Private Equity Diversi sono, dunque, i soggetti che svolgono professionalmente l'attività di investimento nel capitale di rischio. Diverse sono le loro emanazioni, le loro forme organizzative, e, talora, il loro campo d'azione. Le principali categorie degli investitori presenti in Italia sono le seguenti: � operatori di emanazione bancaria; � fondi chiusi italiani; � fondi chiusi ed altri operatori internazionali; � finanziarie di partecipazione di emanazione privata o industriale; � operatori di emanazione pubblica. Ognuna di queste categorie presenta delle caratteristiche particolari, soprattutto in termini di tipologie di investimenti preferenziali e atteggiamento nei confronti dell'impresa partecipata. Conoscere alcuni di questi particolari, quindi, rappresenta un primo passo verso la scelta dell'interlocutore più adatto. Il fondo chiuso è uno strumento finanziario che raccoglie capitali presso investitori istituzionali (quali imprese, fondazioni, compagnie assicurative, fondi pensione) e presso privati, per investirli in imprese non quotate ad alto potenziale di sviluppo.

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Il fondo viene definito "chiuso" perché non è concesso ai sottoscrittori delle quote di riscattare queste in qualsiasi momento, ma solo ad una scadenza predefinita. Né è consentito a nuovi sottoscrittori del fondo di entrare nello stesso, una volta che la raccolta del capitale programmata è completata. Ciò garantisce ai gestori del fondo la disponibilità di un determinato ammontare di capitali per un periodo di tempo predeterminato e di durata medio-lunga, in modo da poter investire "con tranquillità" in aziende medio-piccole e non quotate. In prossimità della data di scadenza (in genere con un certo anticipo) i gestori provvedono a liquidare gli investimenti precedentemente effettuati, per poi procedere al rimborso delle quote maggiorate dell'eventuale rendimento. I business angels Una categoria particolare di investitori, da tempo presente in altri paesi e da qualche tempo anche in Italia, è rappresentata dai cosiddetti business angels, cioè imprenditori, ex titolari di impresa o ex manager che dispongono di mezzi finanziari (anche limitati), di una buona rete di conoscenze e di una solida capacità gestionale da impiegare in piccole e medie imprese. Tali investitori sono per lo più interessati al finanziamento di start up tecnologici, che coinvolgano un ammontare medio di risorse non superiore ai € 300.000 e la cui sede operativa sia, generalmente, vicina all'area dove operano e risiedono. 7.7.8 Il Business Plan Il business plan è il piano nel quale il progetto viene sviluppato in termini di linguaggio aziendale. Esso è la base per la richiesta del capitale di rischio e quindi è, spesso, per l'imprenditore il primo strumento di contatto con l'investitore istituzionale. È quindi necessario dedicare cure ed attenzione all'elaborazione di questo documento che rappresenta il biglietto di presentazione dell'imprenditore, dell'impresa e del progetto. Il processo di preparazione del business plan deve coinvolgere tutta l'azienda e deve esplicitare, in termini quantitativi, gli obiettivi da raggiungere e la loro compatibilità con le risorse (finanziarie, tecnologiche, conoscitive e umane) di cui l'impresa dispone o vorrebbe disporre, tenendo conto delle caratteristiche dell'ambiente competitivo in cui l'impresa si misura e del mercato al quale si rivolge. La realizzazione di un business plan da sottoporre a investitori istituzionali nel capitale di rischio, necessita di una particolare attenzione perché: sulla base delle informazioni contenute nel business plan, l'interlocutore deciderà se andare a fondo nell'esame del progetto o se scartarlo; coloro che andranno a discutere il business plan si troveranno di fronte ad attenti e preparati interlocutori, che cercheranno di individuare i punti di debolezza o le eventuali incoerenze presenti nel documento. Nella stesura del business plan il management dovrà quindi considerare che i potenziali finanziatori giudicheranno il lavoro svolto con criteri diversi rispetto a quelli utilizzati dalla direzione aziendale. L'enfasi sarà infatti sulla capacità del business plan di creare valore per l'investitore, e di facilitare la sua successiva uscita dall'investimento. Non poca attenzione sarà inoltre dedicata dall'investitore alla comprensione delle modalità di elaborazione del business plan e alle competenze del management. In questo senso, costituiranno punti di forza non indifferenti:

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l'aver concepito il business plan come sintesi di una analisi di più scenari possibili (ad esempio, ottimistico - medio - pessimistico) a ciascuno dei quali è stata attribuita una probabilità di verificarsi; l'aver coinvolto l'organizzazione aziendale nel processo di business planning nei termini già discussi e il fatto che sia presente un management motivato, compatto, capace di fare gioco di squadra, con un track record di successo e con competenze riconosciute nel settore.

7.8 Dal contatto all'investimento 7.8.1 I contatti e i tempi dell’esame Dopo avere individuato un investitore che potrebbe essere interessato al proprio progetto di sviluppo, l'imprenditore può contattarlo telefonicamente o per lettera. Se si riscontra una ragionevole disponibilità, è bene far pervenire immediatamente un succinto progetto, preliminare al vero e proprio business plan. Di rado, infatti, la selezione delle proposte parte dall'esame di una documentazione fornita dall'imprenditore. Quasi sempre si avvia un colloquio fra le parti e i primi contatti avvengono sulla base di una proposta scarsamente formalizzata. È consigliabile, dunque, inviare inizialmente una sorta di estratto del business plan, che sintetizzi il piano aziendale, piuttosto che l'intero documento, per aumentare la probabilità di ricevere attenzione e non abusare della disponibilità dell'investitore. Se il primo contatto non va a buon fine, si può provare con altre società. È opportuno però riflettere sui motivi del mancato avvio del colloquio ed, eventualmente, ripensare il progetto, rivedendo in chiave critica la sua impostazione e la sua presentazione. Nel caso venga iniziata la trattativa, si deve tenere presente che, generalmente, passano dai tre ai sei mesi dal momento della presentazione del business plan alla decisione da parte dell'investitore di finanziarlo. Tali tempi si restringono in funzione della chiarezza e della completezza dei dati forniti dall'imprenditore, nonché della complessità del business. 7.8.2 Gli accordi Nella fase di stipula del contratto preliminare le parti sottoscrivono un accordo di riservatezza che le impegna a non diffondere le informazioni aziendali se non a quei consulenti esterni, che è necessario coinvolgere per valutare alcuni aspetti dell'investimento. L'impegno sottoscritto riguarda ovviamente le informazioni strettamente aziendali e non quelle inerenti il più vasto mercato su cui l'azienda opera ed il settore in cui compete. L'imprenditore deve impostare la trattativa in modo da massimizzare la probabilità di successo, dal momento che, in caso di fallimento, nulla impedisce all'investitore, né giuridicamente né moralmente, di attivare una ricerca su aziende concorrenti, attive nello stesso settore. Se dalla lettura del documento di presentazione dell'iniziativa l'investitore trae il convincimento di trovarsi di fronte ad una buona opportunità, sottopone all'imprenditore una prima serie di quesiti per approfondire alcuni aspetti chiave dell'operazione in esame. Se, poi, da questa successiva fase emerge una concreta possibilità di accordo, si passa alla firma di una lettera di intenti nella quale vengono definiti gli aspetti economici, legali e societari salienti che dovranno essere ripresi e rielaborati in dettaglio nel contratto di investimento. Tale lettera deve esplicitare tutti gli aspetti che entrambe le parti ritengono essenziali per concludere in modo soddisfacente l'accordo, tra i quali: il valore dell'azienda, la

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presenza dell'investitore nel Consiglio di Amministrazione, gli obblighi informativi ai quali l'imprenditore deve impegnarsi in caso di investimento e le eventuali clausole previste per il disinvestimento. La lettera condiziona la firma del contratto definitivo ad una serie di accertamenti, aventi natura sia formale che sostanziale, che fanno parte delle analisi e delle verifiche (due diligence) condotte dall'investitore, tipicamente con il concorso di consulenti esterni alla sua organizzazione. 7.8.3 Dalla due diligence al contratto Durante la fase di valutazione dell'opportunità di investimento viene svolta quella che è comunemente definita "due diligence". Il termine, mutuato dalla terminologia anglosassone, può essere definito come quell'insieme di attività, svolte dall'investitore, necessarie per giungere ad una valutazione finale, analizzare lo stato attuale dell'azienda (compresi i rischi potenziali e le eventuali cause di fallimento dell'operazione o "deal breakers") e le sue potenzialità future. Gli investitori istituzionali investono solitamente capitali di terzi che l'attività di due diligence contribuisce a tutelare. L'attività di due diligence, seppur presente durante tutta l'attività di negoziazione, s'intensifica durante la fase che segue la firma della lettera di intenti, fino alla stipulazione del contratto vero e proprio. La due diligence può essere svolta direttamente dall'investitore istituzionale oppure, tramite professionisti di sua fiducia che si occuperanno di specifiche aree aziendali e di business. Un buon andamento della due diligence è una garanzia per entrambe le parti di una chiusura della negoziazione in maniera rapida e permette all'investitore di venire in possesso di quelle informazioni necessarie ad effettuare l'investimento in maniera professionale. Inoltre, la due diligence tende ad evitare che, dopo la firma del contratto, insorgano contestazioni o contenziosi. L'attività necessaria per la due diligence richiede un forte impegno sia da parte dell'investitore e dei suoi professionisti che da parte dell'impresa: imprenditore, management (dirigenti e quadri) ma anche, molto spesso, personale esecutivo, saranno tutti coinvolti in prima persona nel collaborare al processo e nel far fronte alle necessarie richieste.Se le analisi effettuate dall'investitore hanno dato esito positivo, si giunge alla firma del contratto che definisce in dettaglio i termini dell'accordo tra la società ed i suoi azionisti da una parte e l'investitore dall'altra. Il contratto di acquisto prevederà le normali clausole a garanzia dell'acquirente sulla correttezza e completezza dei dati e dei fatti rappresentati e sull'inesistenza di passività occulte, nonché le procedure di risoluzione delle controversie. Alcuni accordi che regolano i rapporti tra gli azionisti vengono normalmente inclusi nel contratto d'investimento, che svolge così anche funzione di patto parasociale tra gli azionisti originari e quelli entranti. Tali forme di accordo possono riguardare: � la "corporate governance". Quest'area comprende le regole per la nomina ed il

funzionamento degli organi sociali, per il funzionamento del controllo di gestione, per le maggioranze qualificate richieste per atti particolari (come acquisto e cessione di azioni e/o di partecipazioni);

� il disinvestimento. Si tratta di accordi sulle regole di disinvestimento e sull'esercizio dei diritti di opzione.

Una volta raggiunto l'accordo sul prezzo e sull'entità della partecipazione da assumere e sugli altri aspetti regolati dal contratto finale , l'operazione si concretizza con il trasferimento delle azioni, il pagamento del prezzo, il rilascio delle garanzie, l'eventuale sostituzione degli amministratori e la firma di eventuali contratti accessori. Da questo momento in poi investitore e imprenditore sono a tutti gli effetti soci della stessa

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iniziativa e devono cominciare a lavorare insieme per massimizzare la creazione di valore. 7.9 Le forme tecniche di intervento e il periodo su ccessivo L' investitore istituzionale fornisce capitale sulla base di un "pacchetto" finanziario, composto in funzione delle varie esigenze di controllo e redditività che si vogliono soddisfare. L'acquisizione di quote azionarie di nuova emissione o vendute da soci preesistenti rappresenta la modalità tecnica di investimento più frequente. In alternativa, si possono utilizzare forme di finanziamento "intermedie" tra il debito e l'equity con un mix tra le varie forme. 7.9.1 I principali strumenti di finanziamento Equity : definito anche "capitale di rischio", rappresenta il capitale proprio dell'azienda, versato, generalmente, attraverso la sottoscrizione di titoli azionari. La sua remunerazione dipende, pertanto, dalla redditività e dal successo dell'iniziativa, sia in termini di utile prodotto e distribuito agli azionisti tramite dividendi, sia in termini di aumento di valore delle azioni. Prestito obbligazionario convertibile : capitale di debito raccolto attraverso l'emissione di particolari obbligazioni, convertibili, entro determinati lassi di tempo e in base a rapporti di cambio prefissati, in azioni della stessa società emittente o di altre società. Le obbligazioni convertibili, pertanto, offrono al loro sottoscrittore la facoltà di rimanere creditore della società emittente (quindi di conservare lo status di obbligazionista), e di ricevere i proventi attraverso il pagamento degli interessi, assumendo, solo in un secondo momento, lo status di azionista attraverso la conversione in azioni delle obbligazioni. Finanziamento mezzanino (mezzanine financing) : si tratta di un insieme di strumenti finanziari che presentano caratteristiche tecniche differenti e sono generalmente riconducibili a forme articolate di debito e obbligazioni, il cui rendimento è in parte fisso o comunque determinato (tasso di interesse) e in parte legato all'apprezzamento del valore della società alla quale questo prestito è destinato. Debito subordinato (subordinated debt) : si tratta di un finanziamento a titolo di capitale di debito e a medio-lungo termine. Il suo rimborso è privilegiato rispetto al capitale proprio, ma postergato rispetto alle altre forme di debito. Senior debt : rappresenta la forma più classica di capitale di debito a medio-lungo termine, privilegiato, nel rimborso, rispetto a tutte le altre forme di finanziamento. 7.9.2 Il monitoraggio dell'investimento Tale attività è quella che qualifica in modo più specifico l'intervento dell'investitore istituzionale nel capitale di rischio e la sua capacità di collaborare alla creazione di valore per l'impresa. Dopo avere assunto la partecipazione, infatti, l'investitore richiede, di norma, un'informativa dettagliata e costante per poter tenere sotto controllo l'andamento della società e individuare con tempestività i problemi. Il monitoraggio dell'investimento viene effettuato su gran parte degli aspetti che caratterizzano la vita aziendale, sia attraverso l'analisi costante di alcuni indicatori economico-reddituali, sia attraverso la partecipazioni alle riunioni del Consiglio di Amministrazione, alle quali rappresentanti dell'investitore, di norma, partecipano. È importante ricordare che l'investitore non si sostituisce all'imprenditore e quasi mai pretende di partecipare alle scelte operative del management, mentre vuole essere parte attiva nell'ambito

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delle scelte di carattere strategico e nella verifica dell'andamento, tramite la presenza nel Consiglio di Amministrazione. In realtà, in funzione di alcune variabili (tipologia di investitore, tipologia di operazione, problemi interni all'azienda), l'investitore può assumere un atteggiamento più o meno incisivo nella conduzione aziendale, partecipando in misura maggiore o minore alla vita della stessa. 7.9.3 Il disinvestimento L'investitore istituzionale nel capitale di rischio rappresenta un socio temporaneo dell' imprenditore, interessato a monetizzare il proprio investimento ed a realizzare un guadagno di capitale attraverso la vendita della partecipazione, una volta raggiunti gli obiettivi prefissati. Il disinvestimento consiste, dunque, nella cessione, totale o parziale, della partecipazione detenuta dall'investitore, che, in alcuni casi, può anche decidere di conservare una minima quota di capitale nell'impresa in via più duratura. Il momento dell'uscita dell'investitore dal capitale dell'impresa non è quasi mai predeterminato, ma è funzione dello sviluppo della società. Sempre più spesso, tuttavia, gli investitori cercano di prevedere, al momento dell'acquisto della partecipazione, gli eventuali canali di uscita ed i tempi di realizzo, al fine di pianificare al meglio anche questa fase finale dell'operazione. Nei casi di successo, si disinveste quando l'azienda ha raggiunto il livello di sviluppo previsto ed il valore della società, e quindi della partecipazione, si è conseguentemente incrementato. Nell'eventualità in cui l'iniziativa fallisca, perché, ad esempio, il nuovo prodotto o la nuova tecnologia non riescono ad affermarsi sul mercato, si disinveste quando matura la convinzione che non è più possibile risolvere la situazione di crisi che si è creata. In entrambe le situazioni, i tempi e le modalità del disinvestimento sono definiti, di norma, con l'accordo di tutti i soci. Diverse sono le modalità di disinvestimento, dipendenti sia dalla tipologia di impresa e di operazione precedentemente posta in essere, che dai risultati raggiunti. I tipici canali utilizzati dagli investitori per cedere le azioni in loro possesso sono: � la quotazione in Borsa dei titoli dell'impresa partecipata; � la vendita dei titoli ad un'altra impresa industriale o ad un altro investitore

istituzionale; � il riacquisto della partecipazione da parte del gruppo imprenditoriale

originario. � la vendita a nuovi e vecchi soci, risultanti da un'operazione di concentrazione tra

diverse imprese del settore nel frattempo realizzata. È ovviamente da mettere in previsione anche l'ipotesi che tutta l'operazione non vada a buon fine e che, quindi, non si verifichi un vero e proprio disinvestimento, ma un azzeramento del valore della partecipazione. Ciò è più frequente soprattutto nelle operazioni di "start up" di imprese tecnologiche. La quotazione in Borsa Il canale più ambito di disinvestimento è la quotazione in Borsa dei titoli della società partecipata. Dal momento che in Borsa è possibile collocare anche una minoranza del capitale dell'impresa, tale strada permette, all'investitore, di cedere con profitto il proprio pacchetto di azioni, ed all'imprenditore di mantenere il controllo della società. Inoltre, avere un investitore istituzionale come socio nel capitale di rischio vuole dire avere già fatto un percorso importante verso la trasparenza e quindi essere già abbastanza pronti ad affrontare la quotazione. La presenza dell'investitore istituzionale, anticipando molti dei passaggi necessari, contribuisce a mitigare i rischi e gli svantaggi

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derivanti dal processo di quotazione. Il significato e l'ampiezza dei vantaggi specifici legati alla quotazione e dei relativi oneri dipendono dal soggetto interessato. La cessione delle quote ad un'altra impresa industr iale Oltre alla quotazione esistono altre modalità di smobilizzo, e il caso di cessione della partecipazione a un'altra azienda è una delle vie maggiormente seguite. L'offerta di acquisto può presentarsi in modo spontaneo, oppure viene attentamente costruita, cercando potenziali imprese interessate, dall'investitore di comune accordo con l'imprenditore. Questo canale apre una prospettiva di sviluppo per l'impresa, dal momento che l'acquirente può essere un altro gruppo imprenditoriale interessato a sviluppare la propria area di business realizzando sinergie operative e strategiche. La scelta di vendere ad un solo acquirente, inoltre, comporta un impegno di persuasione più ristretto rispetto alla necessità di convincere l'intero mercato e, generalmente, tempi più ristretti. Uno degli svantaggi più rilevanti del trade sale può essere l'opposizione del management, che teme di perdere la propria indipendenza a seguito del cambiamento dei vertici della società. È sempre più frequente, tuttavia, il caso in cui l'azienda acquirente voglia mantenere la stessa struttura organizzativa (e a volte lo stesso imprenditore originario, seppur con quote di minoranza) per non perdere i vantaggi competitivi e le conoscenze maturate nel tempo. La cessione delle quote ad un altro investitore ist ituzionale In alcuni casi il processo di disinvestimento può essere realizzato attraverso il "passaggio del testimone" da un investitore ad un altro. Ciò si verifica soprattutto quando l'impresa non è ancora pronta ad essere affidata al mercato, ma necessita di ulteriori capitali e conoscenze per proseguire il suo processo di crescita. Al tempo stesso, l'investitore originario, potrebbe considerare esaurito il suo compito, preferendo cedere la partecipazione ad un nuovo operatore, magari maggiormente specializzato nelle fasi successive di sviluppo. Il riacquisto delle quote da parte del gruppo impre nditoriale originario L'imprenditore può riacquistare la quota ceduta originariamente all'investitore istituzionale nel capitale di rischio. Tale eventualità può essere prevista contrattualmente fin dall'inizio dell'intervento, affidandone l'attivazione all'imprenditore (call) o all'investitore (put). In tali casi l'investitore istituzionale rappresenta un partner temporaneo che si impegna a "traghettare" l'intera compagine sociale, e non solo l'impresa, verso una dimensione o una struttura più adeguata alle esigenze del mercato. Il riacquisto può però anche essere causato da una performance insoddisfacente, che non rende quindi l'impresa sufficientemente attraente per altri potenziali acquirenti, così come può essere provocato dall'opposizione, da parte dei soci non finanziari, all'intervento di nuovi soggetti nella compagine azionaria. Il default L'attività di venture capital e private equity, come detto, comporta la piena partecipazione al rischio di impresa da parte dell'investitore istituzionale. Quindi, qualora l'iniziativa imprenditoriale fallisca, l'investitore non potrà far altro che annotare la perdita di valore della partecipazione, fino al suo totale azzeramento. 7.10 Le attività dell’investitore 7.10.1 Raccolta

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Il processo di raccolta è una fase, oltre che estremamente delicata, molto impegnativa dal punto di vista delle risorse e del tempo; generalmente l'attività di fund raising impegna gli investitori per un periodo di circa un anno. Sulla base di una schematizzazione realizzata dall'European Private Equity and Venture Capital Association (EVCA), è possibile suddividere il processo di raccolta in sette fasi: 1. identificazione del mercato target;2. pre-marketing;3. strutturazione del fondo;4. preparazione e distribuzione del materiale di marketing;5. incontri con i potenziali investitori;6. preparazione della documentazione legale;7. chiusura. Nella fase di identificazione del mercato target, prima di procedere ai contatti con i potenziali investitori, l'operatore identifica quali sono i mercati strategicamente più appetibili per la sua raccolta. È importante che, prima di rivolgersi a investitori internazionali, l'operatore acquisti stima e riscontri positivi presso il proprio mercato nazionale. Successivamente è possibile dare avvio alla fase di pre-marketing, rappresentata da un naturale prolungamento di quanto esposto in precedenza. La scelta dei primi investitori cui rivolgersi, infatti, viene realizzata soprattutto per attrarne altri di dimensioni maggiori e originare così un circolo virtuoso. Esistono anche particolari soggetti, i cosiddetti gatekeepers, che per i fondi chiusi di piccola dimensione rappresentano, spesso, l'unica via per accedere ad alcuni mercati geograficamente lontani dal proprio. Questi soggetti, infatti, sono consulenti, gestori di portafogli di fondi e manager di grandi investitori istituzionali e rappresentano a loro volta un alto numero di investitori. La buona accoglienza presso alcuni di questi soggetti dà una sorta di "marchio di garanzia" per altri potenziali investitori. Tale garanzia è data, in parte, dall'esperienza maturata da costoro e, in parte, dalle rigorose e standardizzate procedure di due diligence che essi, data la loro dimensione, possono mettere in atto. Preparandosi al fund raising, che ci si avvalga o meno di una rete di advisors, è necessario che il promotore strutturi il proprio fondo nei minimi dettagli, sotto il profilo tecnico, legale e fiscale. Una volta strutturato il fondo secondo tutte le direttrici, occorre preparare un documento di presentazione (il placement memorandum) che, come una sorta di business plan, costituisce il biglietto da visita dell'operatore. In molti casi il memorandum si rivela non solo la prima, ma anche l'ultima opportunità per attrarre nuovi investitori: un piano di marketing sbagliato può indurre gli investitori a tralasciare un progetto d'investimento buono, ma mal presentato (e quindi non compreso). Nel documento, il management del fondo deve riuscire a sintetizzare ciò che è stato fatto in passato, con le relative performance ottenute, come pensa di agire per mantenere o migliorare tali risultati e quale è il proprio vantaggio competitivo rispetto ad altri soggetti (ciò che dovrebbe indirizzare la scelta verso il proprio fondo). Un esauriente placement memorandum deve, in primo luogo, contenere la descrizione di tutti i termini e delle condizioni, includendo, quindi, dati e prospetti a proposito di: - dimensione del fondo;- dimensione delle quote di partecipazione;- durata del fondo;- politiche di distribuzione dei proventi;- management fee;- costi di organizzazione e struttura;- altri costi;- attività di report verso gli investitori. Quanto realizzato fino a questo punto è ovviamente finalizzato all'incontro con gli investitori, durante il quale essi valutano se proseguire i contatti o se interromperli, nel caso non siano soddisfatti da quanto offerto, o non lo comprendano a fondo. Infine, deve essere predisposta la documentazione legale, rappresentata da tutti gli atti e i contratti necessari per la conclusione dell'investimento, quando ormai la scelta dell'investitore è pressoché fatta e siglati i quali l'attività di fund raising può definirsi conclusa. Tradizionalmente, i principali

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soggetti erogatori di capitale nel settore del private equity e del venture capital sono, essi stessi, investitori istituzionali. Trattasi, per lo più, di fondi pensione (in particolare nei mercati anglosassoni) e istituzioni bancarie (Europa continentale, Italia compresa), impossibilitati a svolgere direttamente tale attività ma, al tempo stesso, interessati ai ritorni ottenibili nel medio -lungo periodo. Un ruolo via via crescente all'interno del panorama dei soggetti "fornitori" di risorse finanziarie per il mercato del capitale di rischio internazionale lo stanno assumendo i cosiddetti fondi di fondi. Si tratta di veri e propri fondi con disponibilità di capitali molto ingenti, spesso lanciati da banche di investimento, che impiegano le risorse da loro raccolte prevalentemente in quote di altri fondi di private equity e venture capital, invece che direttamente in partecipazioni di imprese. 7.10.2 Le valutazioni dell’investitore sull’investi mento L'approccio classico La più classica e diffusa segmentazione del mercato del capitale di rischio, le cui categorie, seppur con minimi adattamenti geografici, sono internazionalmente adottate dagli operatori, dalle associazioni e dai centri di ricerca, anche ai fini statistici, classifica le tipologie di investimento, sostanzialmente, a seconda delle diverse fasi del ciclo di vita dell'impresa target. In tale ottica, si parla di seed (finanziamento dell'idea) e start up financing per individuare gli interventi cosiddetti di early stage, volti cioè a finanziare le primissime fasi di avvio dell'impresa. Successivamente, qualora l'investimento sia finalizzato a supportare la crescita e l'implementazione di programmi di sviluppo di aziende già esistenti, vengono utilizzati i termini expansion financing o development capital, mentre si parla di replacement capital (capitale di sostituzione) per riferirsi ad interventi che, senza andare ad incrementare il capitale sociale dell'impresa, si pongono l'obiettivo di sostituire parte dell'azionariato non più coinvolto nell'attività aziendale. Ancora, tutte le operazioni orientate al cambiamento totale della proprietà dell'impresa, sia a favore di manager interni alla stessa società (management buy out) che di manager esterni (management buy in), con il frequente uso della leva finanziaria come strumento di acquisizione (leveraged buy out), vengono generalmente raggruppate nella categoria dei "buy out"; così come si parla di turnaround per indicare gli investimenti di ristrutturazione di imprese in crisi e di bridge financing con riferimento agli interventi finalizzati, sin dal momento della loro realizzazione, nell'accompagnare l'impresa in Borsa. All'interno delle dette categorie sono, a loro volta, individuabili ulteriori tipologie di investimento, a seconda della specifica fase aziendale e dello specifico tipo d'intervento Una evoluzione La crescente complessità dei settori "merceologici" e delle peculiari problematiche ad ognuno di essi riconducibile (si pensi all'ampio comparto dell'Information Technology ed a quanto sta avvenendo nei sistemi economici più avanzati, dove aziende "neonate" sono già pronte alla quotazione in Borsa) fa sì che, in determinati casi, lo stadio di sviluppo delle diverse imprese, e le esigenze finanziarie ad esso collegate, poco si prestino ad una schematizzazione classica. In più, gli operatori nel capitale di rischio sviluppano di continuo avanzati strumenti di ingegneria finanziaria, sempre più complessi e sofisticati, attraverso i quali si fa uso contemporaneo di diverse leve e che, per questo motivo, sono difficilmente

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catalogabili. Alla luce di ciò, oggi si adotta una più corretta classificazione, basata sulla macro ripartizione tra le diverse esigenze strategiche dell'impresa, le problematiche ad esse riconducibili e gli obiettivi di soddisfacimento di queste che si pone l'investitore. In tale ottica, gli interventi degli investitori istituzionali nel capitale di rischio possono essere raggruppati, classificati e caratterizzati sulla base di tre principali tipologie: � finanziamento dell'avvio; � finanziamento dello sviluppo; � finanziamento del cambiamento/ripensamento. la prima categoria viene ricondotta l'attività propriamente detta di venture capital, mentre la seconda e la terza rientrano nel segmento del private equity. Di seguito vengono riportate le tre categorie in dettaglio Figura 1: le principali categorie di investimento nel capitale di rischio Fonte: A. Gervasoni, F.L. Sattin, Private Equity e Venture Capital, manuale di investimento nel capitale di rischio, Guerini e Ass ociati, Milano 2004 .

7.10.3 Il finanziamento dell'avvio All'interno di tale categoria sono ricondotti tutti gli interventi il cui obiettivo è quello di supportare la nascita di una nuova iniziativa imprenditoriale, sia essa ancora nella fase embrionale, che nelle primissime fasi di avvio. Dal punto di vista della domanda (impresa), la richiesta di intervento è generalmente riconducibile a un imprenditore - o aspirante tale - intenzionato a sviluppare una nuova invenzione, o a migliorare/implementare un prodotto/processo produttivo esistente. Prima che la commercializzazione del nuovo prodotto sia avviata e consegua i primi successi, servono spesso ricerche (di base, di mercato, ecc…) o altre attività, le quali richiedono investimenti a volte onerosi. Inoltre, ciò di cui il portatore della nuova idea imprenditoriale ha spesso grande bisogno è un apporto in termini di capacità imprenditoriale, di competenze aziendali e manageriali. Nelle operazioni di avvio, o

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di early stage, l'uomo necessita spesso, più che di un mero contributo in termini di capitali, di un aiuto nella definizione della formula imprenditoriale e nella riflessione sulla propria posizione competitiva. Al tempo stesso, l'investitore deve necessariamente avere fiducia non solo nelle potenzialità del business, ma anche negli uomini che con lui lo condurranno. Una distinzione deve poi essere effettuata tra il lancio di prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico (high tech) e attività di tipo più tradizionale. La necessità di conoscenze altamente specializzate e ancora non particolarmente consolidate (specie nei paesi dell'Europa continentale), unita alla rapidità di obsolescenza dei prodotti e dei processi tipica dei settore tecnologici, caratterizzano gli investimenti effettuati in tale comparto, soprattutto in termini di necessità di valutazione delle capacità imprenditoriali più che reddituali dell'impresa e di diminuzione dei tempi di permanenza del socio istituzionale nella compagine azionaria 7.10.4 Il finanziamento dello sviluppo La seconda macro categoria di interventi effettuati da investitori istituzionali nel capitale di rischio è riconducibile a tutte quelle situazioni nelle quali, a diverso titolo e secondo diverse modalità, l'impresa si trovi di fronte a problematiche connesse al suo sviluppo. Lo sviluppo di un'attività imprenditoriale che ha già raggiunto un determinato livello di maturità, può essere generalmente perseguito attraverso l'aumento o la diversificazione diretta della capacità produttiva (sviluppo per vie interne), l'acquisizione di altre aziende o rami di azienda (sviluppo per vie esterne), oppure l'integrazione con altre realtà imprenditoriali, fermo restando un elevato grado di autonomia operativa delle singole unità (sviluppo "a rete"). Nel primo caso, il contributo dell'investitore nel capitale di rischio sarà prevalentemente di natura finanziaria, anche se, essendo generalmente presenti ancora molte aree di sviluppo inesplorate, soprattutto in termini di diversificazione produttiva e geografica, l'elemento consulenziale potrà rilevarsi estremamente prezioso. Nel caso si intendessero perseguire gli obiettivi di sviluppo attraverso una crescita per vie esterne, particolare importanza è assunta dal network internazionale che l'investitore è in grado di attivare per l'individuazione del partner ideale. In virtù di ciò, questo genere di interventi risulta particolarmente congeniale agli operatori che dispongono di una consolidata esperienza di carattere internazionale e una notevole rete di conoscenze in seno a realtà economiche e industriali di paesi diversi. Nel terzo caso, infine, si fa riferimento ad una tipologia di intervento finalizzata al raggruppamento (cluster) di più società operative indipendenti, integrabili verticalmente od orizzontalmente e caratterizzate da considerevoli similitudini in termini di prodotti, mercati e tecnologie, possedute da una holding svolgente un ruolo di coordinamento strategico e dove la maggioranza è detenuta da una o più società di investimento. 7.10.5 Il finanziamento del cambiamento La terza categoria di interventi in capitale di rischio è finalizzata al finanziamento di processi di cambiamento interni all'azienda, che, seppur fondati su motivi differenti, spesso portano ad una modifica, più o meno profonda, dell'assetto proprietario della stessa. Si tratta della categoria maggiormente indipendente, rispetto alle altre, dallo stadio di sviluppo raggiunto dall'impresa, che invece colloca la necessità di ricorso ad un investitore istituzionale nell'esigenza di un suo "ripensamento". Le motivazioni che si pongono alla base del cambiamento

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possono risiedere tanto nel cosciente raggiungimento, da parte dell'impresa, di una fase anagrafica, strategica o patrimoniale di "stallo", per il cui superamento è necessario una modifica del suo assetto, quanto nel verificarsi involontario di eventi negativi. 7.10.6 Il disinvestimento La fase dello smobilizzo costituisce la parte finale della sequenza del processo di investimento, una fase estremamente delicata perché è in questo stadio che può realizzarsi un guadagno di capitale, che rappresenta lo scopo ultimo dell'investitore istituzionale nel capitale di rischio. Tale operatore, infatti, non rimane per sua natura legato troppo a lungo alle imprese finanziate (se così non fosse si trasformerebbe in holding di partecipazione), visto che si propone come partner temporaneo e che il suo obiettivo finale è quello di realizzare un capital gain nel medio-lungo periodo. Riassumendo le modalità di disinvestimento in uno schema, esse possono essere distinte nel modo seguente: 1. la vendita delle azioni sul mercato borsistico; 2. la cessione della partecipazione a un socio di natura industriale (trade sale); 3. la cessione della partecipazione a un altro operatore di private equity o venture capital (replacement e secondary buy out) 4. il riacquisto della partecipazione da parte del socio originario (buy back); 5. l'azzeramento della partecipazione a seguito di fallimento (write off). La scelta del canale di disinvestimento, seppur indicativamente già definita al momento della negoziazione, deriva da una serie di fattori legati alla tipologia dell'impresa target (dimensioni, settore di attività, caratteristiche organizzative ecc.), ai risultati raggiunti attraverso la collaborazione tra investitore e imprenditore, a elementi congiunturali, nonché alle specifiche volontà e preferenze di tutti gli shareholders. Di fatto, nessuna delle vie sopra indicate è realmente programmabile con un grado di certezza assoluta: tutto dipende dalla qualità del lavoro svolto e dal suo successo. La quotazione dei titoli della società partecipata su un mercato regolamentato rappresenta, nella maggior parte dei casi, la più ambita via di dismissione della partecipazione da parte dell'investitore istituzionale. I principali vantaggi riconducibili alla dismissione tramite IPO sono attribuibili ai seguenti fattori: � la possibilità di spuntare un prezzo più alto (estremamente dipendente da

elementi esogeni); � la maggior facilità di incontrare le preferenze del management dell'impresa; � la possibilità di un guadagno ulteriore derivante dall'incremento del valore,

post quotazione, delle azioni rimaste in portafoglio dell'investitore istituzionale Sul fronte opposto, i principali svantaggi sono rappresentati da: a la dimensione dei costi, maggiore rispetto ad altre alternative di dismissione; b le clausole di lock up che impediscono agli investitori presenti nella compagine azionaria prima della quotazione di cedere immediatamente tutte le partecipazioni detenute; c- l'illiquidità di molti mercati europei; d la necessità, affinchè l'IPO vada a buon fine, di attrarre un vasto numero di investitori; e il fatto che tale opzione sia, in realtà, impercorribile per alcune piccole imprese. Allo stesso tempo, tuttavia, l'ammissione al listino ufficiale di Borsa non è un processo semplice per le imprese minori e, quindi, tale canale può essere inserito in un'ottica di medio-lungo termine, come modalità avente un ragionevole grado di certezza, solo per quelle società che hanno già raggiunto un certo

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sviluppo e una certa maturità. Nell'ambito della gamma delle possibilità di disinvestimento, la modalità internazionalmente più diffusa è comunque rappresentata dalla cessione delle quote della partecipata a nuovi soci industriali, o dalla fusione con altre società. I principali vantaggi riconducibili a questa tipologia di dismissione sono attribuibili ai seguenti fattori: 1) gli acquirenti possono pagare un prezzo maggiore, riconducibile al premio attribuibile all'importanza strategica che ha per loro l'acquisto dell'impresa target; 2) è possibile liquidare immediatamente il 100% della partecipazione posseduta; 3) si tratta di un'operazione più economica, veloce e semplice rispetto a un IPO; 4) a volte è l'unica opzione per alcune imprese minori; 5) è necessario convincere un solo soggetto acquirente, anziché l'intero mercato. In termini di svantaggi, invece, si sottolineano i seguenti: - spesso il management dell'impresa target è contrario all'operazione; - in alcuni paesi non ci sono molti trade buyers; - alcuni investitori istituzionali non sono disposti a concedere le garanzie tipicamente richieste dagli acquirenti. Oltre alla possibilità di quotazione in Borsa dell'impresa partecipata e al trade sale, altre importanti tipologie di disinvestimento sono rappresentate dalla vendita a un'altra istituzione finanziaria e dal riacquisto delle quote da parte del management o degli altri azionisti. L'azzeramento (write off) della partecipazione a seguito della sua totale perdita di valore non rappresenta di fatto una vera e propria modalità di disinvestimento, in quanto non contiene alcun elemento discrezionale da parte dell'investitore. Il caso di cessione ad altro investitore istituzionale, situazione in passato poco frequente, rappresenta di fatto una tipologia di way out che si sta diffondendo sempre di più, in particolar modo nelle ipotesi di secondary buy out, quando, cioè, è una quota di maggioranza o addirittura l'intera azienda che passa di mano da un investitore a un altro. Il riacquisto della quota dell'investitore istituzionale nel capitale di rischio da parte dell'imprenditore è, invece, una modalità di cessione della partecipazione spesso prevista contrattualmente fin dall'inizio dell'intervento partecipativo, affidandone l'attivazione all'imprenditore (call) o all'investitore (put) e può rappresentare un'alternativa offerta all'imprenditore qualora questi non voglia intraprendere un processo di quotazione o cessione della propria quota. Il materiale del Presente capitolo è tratto dal material ottenuto dall’AIFI che si ringrazia per la collaborazione.

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CAPITOLO 8

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE E LE PRINCIPALI FORME DI REGOLAMENTO E

FINANZIAMENTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

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8. 1 IL COMMERCIO CON L’ESTERO 8.1.1 Esportare o Importare: come fare? Esportare o importare beni e servizi, comporta una serie di problemi di tipo economico, normativo e valutario, a volte semplici ed a volte più complessi. Un piano di esportazione consiste principalmente di due fasi: una fase informativa ed una fase operativa. Per quanto riguarda la fase informativa è innanzitutto necessario compiere una valutazione preliminare delle aree potenzialmente più interessanti per il prodotto da esportare. A tal fine si possono utilizzare per esempio i dati relativi ai flussi commerciali per prodotto e per area geografica disponibile presso l'ISTAT e l'UIC. Nella fase di tipo informativo è essenziale reperire quante più informazioni è possibile in tempi brevi ed a costi accessibili. Per questo motivo, il ruolo dei servizi all’internazionalizzazione per sistemi di imprese, erogati dal mercato privato o da strutture pubbliche o rappresentative di interessi aggregati, è andato fortemente crescendo negli ultimi anni, in connessione e parallelamente con i processi di internazionalizzazione e di mondializzazione dell’economia e con gli sviluppi del processo di integrazione dell’Europa comunitaria. Il problema principale del settore dei servizi all’internazionalizzazione, pur nel contesto della sua crescente rilevanza per i sistemi di impresa, sta ancora oggi nei limiti di visibilità e di definizione. Infatti, esso si colloca molto spesso nel quadro di strutture di servizio più generali, che erogano una molteplicità di servizi, fra i quali, e spesso in misura ancora marginale, quelli all’internazionalizzazione (questo accade ad esempio per le banche o per le società di pubblicità o ancora per la maggior parte degli studi professionali). Le stesse strutture di servizio pubbliche o associative, presentano in molti casi una caratteristica simile, cioè offrono servizi all’internazionalizzazione (e in misura limitata) solo nel contesto di funzioni più generali. Questo fatto rende il settore dei servizi all’internazionalizzazione ancora poco visibile e trasparente. In altre parole, questi servizi, sembrano collocarsi in un mercato per più aspetti “imperfetto” dove domanda ed offerta hanno non poche difficoltà a riconoscersi e quindi ad incontrarsi proficuamente. In particolare, sembra ancora molto debole, un’esplicita domanda di servizi all’internazionalizzione da parte delle PMI. Esse tendono ad esprimere una domanda esplicita, solo se sollecitate da soggetti “visibili” ed “attraenti”. In un contesto, sostanzialmente di mercato ancora in costruzione, il ruolo delle strutture di offerta pubbliche e delle strutture rappresentative di interessi aggregati (associazioni ed anche consorzi di export) appare particolarmente importante e per certi aspetti strategico. Le organizzazioni che offrono un apporto all’internazionalizzazione delle imprese per quanto riguarda l’offerta pubblica sono: � le Regioni, � i centri esteri delle Camere di commercio, � le banche dati (tra queste ricordiamo: ITIS, Mark, IBIS, STEN, NODO) � l’Istituto Nazionale per il Commercio con l’estero. 8.2 Analisi di un mercato estero Vediamo ora nel dettaglio come si fa l’analisi di un mercato estero.

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Per vendere all’estero un prodotto il primo passo che le imprese devono compiere è quello di procedere ad un’attenta analisi dei mercati esteri, al fine di raggiungere due obiettivi principali: - individuare nuovi mercati - seguire costantemente i mercati nei quali l’impresa già opera ed individuare

tempestivamente eventuali variazioni della domanda. Poiché inoltre, l’ingresso in un mercato comporta sempre il sostenimento di costi, prima di trovare una forma di penetrazione commerciale all’estero occorre trovare un metodo per selezionare i mercati che hanno una domanda potenziale superiore ad una soglia minima accettabile. Per individuarli bisogna passare attraverso tre fasi: 1. Selezione dei mercati con maggiore potenziale; 2. Analisi “a tavolino”; 3. Analisi in profondità: Rapporto prodotto/mercato. Va poi sottolineato che quando l’impresa è già entrata su un mercato ed ha già sviluppato una certa politica commerciale è comunque necessario continuare a fare analisi molto attente per più ragioni: la domanda cambia costantemente, i concorrenti propongono prodotti nuovi e le prospettive di lungo termine possono cambiare. In questo caso la ricerca si deve limitare non solo a quanto è avvenuto o sta avvenendo, ma si deve spingere a previsioni di breve e medio periodo. E’ necessario quindi predisporre un sistema di analisi dei sintomi che preannunciano i cambiamenti della situazione economica, sociale e politica, occorre seguire costantemente le strategie adottate dalla concorrenza, l’evoluzione dei gusti del consumatore per quanto riguarda i beni di consumo e le esigenze dei potenziali compratori per quanto riguarda i beni strumentali. 8.3 L'attività doganale negli scambi con l'estero L’intervento dello stato negli scambi internazionali di merci è provocato principalmente da due esigenze: la necessità di regolare l’attività commerciale e l’interesse a procurarsi un flusso di entrate tributarie. Tale intervento è attuato attraverso l’azione delle dogane, che costituiscono per tale ragione, gli organi di politica commerciale ed economica della Stato. La loro attività non attiene solo agli aspetti economici e tributari, ma anche ai settori sanitario, fitopatologico, di difesa del patrimonio artistico, di polizia e di statistica. L’attività economica internazionale, che ha assunto un rilievo sempre maggiore negli ultimi anni, è stata regolata ed istituzionalizzata mediante accordi e organizzazioni internazionali. Particolare importanza nel contesto della cooperazione internazionale, ai fini della progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali, ha assunto l’attività che si è sviluppata a seguito della conclusione il 30 Ottobre 1947 a Ginevra, dell’accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt). Sull'attività doganale hanno avuto un forte impatto la creazione della Ceca nel 1951 e della Cee e Ceca nel 1957. Ai sensi dell’articolo XXIV del Gatt, nell’ “unione doganale” si ha la sostituzione di un solo territorio doganale a due o più territori doganali in modo che: • dazi doganali ed altre norme restrittive degli scambi commerciali siano

eliminati nel complesso dei territori costitutivi dell’unione;

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• dazi doganali identici, e altre norme pure identiche, siano applicati da ciascuno dei membri dell’unione al commercio con i territori che non fanno parte della stessa.

Gli Stati dell’unione doganale, a differenza di quelli della “zona di libero scambio”, applicano nei confronti degli Stati terzi, una tariffa doganale e una politica commerciale comune. Vige inoltre al suo interno il principio della “libera pratica” e non il principio dell’origine. Questo significa che possono circolare liberamente all’interno dell’unione sia i prodotti originari degli Stati membri, sia quelli provenienti da Paesi terzi per i quali siano state adempiute in uno degli Stati membri le formalità di importazione e riscossi i dazi doganali e che non abbiano beneficiato di un ristorno totale o parziale dei dazi. In particolare nella Comunità europea, la libera circolazione delle merci è consentita alle merci originarie della comunità stessa ed alle merci terze per le quali sono stati assolti, in un paese membro i dazi previsti dalla tariffa esterna comune, e le altre formalità previste all’importazione per le merci extracomunitarie, venendo così a trovarsi in una posizione simile a quella delle merci comunitarie, che è definita di libera pratica dal trattato. 8.4 accordi con gli Stati terzi Essi vanno suddivisi in base alla reciprocità o meno del trattamento preferenziale. Si avranno quindi: accordi basati sull’istituzione progressiva di un’unione doganale o di una zona di libero scambio ai sensi delle regole del Gatt; accordi che stabiliscono trattamenti preferenziali da parte della Comunità, senza obbligo di reciprocità, a taluni Paesi a titolo di “aiuti allo sviluppo”, accettati dal Gatt come compatibili con le regole dell’accordo medesimo. Con alcuni Paesi non membri esistono particolari accordi che facilitano il commercio internazionale. Si parla in questi casi di :

Accordi preferenziali reciproci TURCHIA L’accordo in questione prevede l’istituzione di un’unione doganale.Gli scambi avvengono sulla base di una nozione di “libera pratica” diversa da quella in vigore per gli scambi all’interno dell’unione doganale comunitaria, in quanto ne sono escluse le merci importate nella Comunità o in Turchia da Paesi terzi con un regime doganale particolare, a causa della loro origine o provenienza per esempio da Paesi legati ad accordi preferenziali. Le merci in questione non possono considerarsi in libera pratica quando vengono riesportate nell’altra parte contraente. La loro ammissione al beneficio delle disposizioni previste dall’accordo è subordinata alla riscossione, nello Stato di esportazione, di un prelievo di compensazione. CIPRO E MALTA L’obiettivo degli accordi con questi Paesi è realizzare un’unione doganale. Negli scambi con i Paesi terzi Cipro e Malta non adottano per ora la tariffa doganale della Comunità europea e, quindi, la circolazione delle merci è disciplinata come negli accordi per l’istituzione di una zona di libero scambio. Vengono applicate tariffe agevolate solo alle merci considerate “originarie” delle parti contraenti, in base alle regole stabilite dagli accordi medesimi. Sono invece interamente aboliti, tranne che per un ristretto numero di prodotti agricoli, per i quali è prevista una riduzione progressiva, i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente. Paesi Efta

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Quando tre dei Paesi facenti parte dell’Efta entrarono a far parte delle Comunità europee, al fine di mantenere il regime preferenziale già esistente tra questi e i Paesi Efta non aderenti, la Comunità stipulò con ciascuno di questi accordi che rappresentano altrettante zone di libero scambio limitatamente ai prodotti industriali classificati nei capitoli dal 25 al 99 della tariffa doganale. Evoluzione di tali accordi è la creazione dal 1° Gennaio 1994 del lo Spazio Economico Europeo tra l’Unione europea e i Paesi già facenti parte dell’Efta, esclusa la Svizzera che non lo ha ratificato. L’accordo comporta una maggiore integrazione dei Paesi in questione con la Comunità, ma non l’abolizione delle formalità doganali. Polonia, Ungheria, Rep.Ceca, Slovacchia,Bulgaria e Romania Gli scambi con questi Paesi sono regolati da accordi aventi come obiettivo la realizzazione di altrettante zone di libero scambio. Viene realizzato l’abbattimento daziario per tappe successive, per taluni prodotti nell’ambito di contingenti o massimali annuali. Il trattamento è applicato ai prodotti considerati originari in base alle regole di origine stabilite in ciascun accordo. Con l’allargamento previsto tutti gli accordi verranno eliminati Israele Anche l’accordo con questo Paese ha come obiettivo la realizzazione di una zona di libero scambio. L’abbattimento daziario è completo tranne che per un certo numero di prodotti agricoli. E’ applicato ai prodotti considerati originari in base alle regole stabilite dall’accordo.

Accordi preferenziali non reciproci Maghreb-Machrak Hanno come obiettivo la realizzazione da parte della Cee della politica mediterranea. I prodotti originari di questi Paesi sono ammessi all’importazione nella Comunità in esenzione da dazi e senza restrizioni quantitative. L’origine è attestata da certificati di circolazione. Ex Iugoslavia L’accordo, sottoscritto quando si trattava ancora di un unico Paese, spingeva al miglioramento delle condizioni di accesso dei prodotti di questo al mercato comunitario, attraverso l’abolizione dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative, facendo eccezione per alcuni prodotti. Partendo dalle differenze nelle condizioni di sviluppo la Cee non ha preteso reciprocità di trattamento. Dopo la separazione del Paese in Stati indipendenti, il trattamento preferenziale previsto dall’accordo è per ora riservato a Bosnia- Erzegovina, Croazia, Slovenia e alla Repubblica iugoslava di Macedonia. Stati Acp Gli scambi commerciali con questi Paesi sono regolati dalla Terza convenzione di Lomè conclusasi l’8 dicembre 1984.All’interno dell’accordo è tra l’altro stabilito il libero accesso nella Comunità, in esenzione da dazi e senza restrizioni quantitative, di alcuni prodotti industriali e agricoli, che rientrano nella politica agricola comune e che sono considerati originari degli Stati Acp in base alle regole di origine stabilite dalla convenzione.

Trattamenti preferenziali concessi in via unilatera le Paesi e territori d’oltremare (Ptom) Attraverso decisioni rinnovate dalla Comunità europea ogni cinque anni e secondo l’art.131 del trattato di Roma e la relativa convenzione allegata, tali Paesi sono associati automaticamente alla Comunità. Gli scambi commerciali sono regolati facendo riferimento alla regolamentazione stabilita per i Paesi Acp. Paesi in via di sviluppo (Pvs)

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La Comunità europea accorda a tali Paesi, in via unilaterale, concessioni tariffarie che vanno sotto il nome di “preferenze tariffarie generalizzate”. Queste sono rinnovate di anno in anno e sono concesse con delle limitazioni: � per alcuni prodotti agricoli: esenzione dai dazi per le importazioni dai Pvs

meno progrediti; riduzione parziale dei dazi per le importazioni dagli altri Pvs; � per i prodotti tessili: esenzione dai dazi nell’ambito di massimali o di

contingenti nel rispetto dell’accordo Multifibre; � per prodotti semilavorati e finiti del settore industriale: esenzione dai dazi

nell’ambito di contingenti per ogni singolo Paese fornito e di massimali (oltre i quali i dazi possono essere reintrodotti).

Non possono però essere imputate le importazioni che beneficiano già di esenzioni daziarie ai sensi di un altro regime preferenziale concesso dalla Comunità. 8.5 Applicazione delle tariffe doganali La tariffa doganale rappresenta lo strumento primario con il quale un Paese regola, nell’ambito della propria politica economica, gli scambi commerciali con il resto del mondo. Si tratta di una raccolta sistematica, per settori merceologici, di posizioni nelle quali trovano collocazione le merci oggetto di scambi internazionali. Per ogni merce, attraverso la tariffa doganale vengono stabilite: l’imposta doganale, cioè i dazi o altri diritti di effetto equivalente, a cui le merci devono essere assoggettate all’atto dell’importazione. Per quanto riguarda la Comunità economica europea, dal 1968, momento in cui ha avuto attuazione l’unione doganale, i Paesi membri hanno adottato un’unica tariffa doganale verso l’esterno, sia per quanto riguarda la nomenclatura sia per l’imposizione daziaria. L’entrata in vigore del sistema armonizzato ha determinato un adeguamento della tariffa doganale comunitaria. Il passaggio al nuovo sistema non è avvenuto con la semplice trasposizione dal vecchio al nuovo codice, in quanto la Commissione delle Comunità europee ha, con l’occasione, riordinato il suo sistema di classificazione numerico. Partendo dal Sa la Comunità ha istituito una “nomenclatura combinata (Nc)” che ha sostituito unificandoli i due documenti precedentemente utilizzati al fine sia di attribuire le aliquote daziarie ai prodotti considerati (tariffa doganale comune) sia di rilevare le statistiche del commercio fra gli Stati membri della stessa (Nimexe). La tariffa esterna della Comunità, oltre a coprire le aliquote dei dazi autonomi e convenzionali applicabili alle importazioni dei Paesi terzi, prevede una gamma molto ampia di dazi preferenziali, a seconda del Paese di origine delle merci e di altre misure specifiche. Per gestire tutte queste misure non sarebbero state sufficienti le 9500 linee della NC. Per tale ragione la Commissione ha provveduto a introdurre a partire dalla NC le suddivisioni comunitarie complementari necessarie per la designazione delle merci che formano oggetto di tali misure, con ulteriori due cifre del codice che si aggiungono al codice Nc. Nasce in questo modo la Tariffa integrata comunitaria (Taric) che contiene circa 13.000 voci identificate da un codice ad 11 cifre.Oltre al dazio previsto dalla tariffa esterna comune, sono applicati all’importazione altri diritti doganali che non vengono stabiliti a livello comunitario e che continuano ad essere gestiti autonomamente dagli Stati membri; ci si riferisce in particolare all’imposta sul valore aggiunto ed alle accise. Per l’applicazione della tariffa doganale, il Ministero delle Finanze, in Italia ha strutturato sulla base della tariffa integrata comunitaria, la tariffa nazionale d’uso integrata che comprende, oltre alle misure comunitarie stabilite dalla Taric, anche le relative misure nazionali.

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8.6 Operazione doganale Nel rapporto doganale vanno distinti un soggetto attivo ed un soggetto passivo. Sono i soggetti passivi che devono provvedere al compimento delle operazioni doganali secondo una delle seguenti modalità: • in proprio, o anche attraverso propri dipendenti muniti di appositi poteri e

agenti sotto la responsabilità del proprietario; • rappresentanza diretta, riservata agli spedizionieri doganali iscritti nell’albo

professionale istituiti con la legge 22 dicembre 1960 n.1612, i quali agiscono in nome e per conto del proprietario;

• rappresentanza indiretta, riservata: agli spedizionieri iscritti negli elenchi di cui alla legge 14 novembre 1941, n.1442; alle imprese esercenti attività di trasporto, per le merci dalle stesse trasportate; a coloro che esercitano attività di deposito, per le merci destinate a essere depositate nei loro locali, aree o magazzini. Essi agiscono in nome proprio e per conto del proprietario, e possono agire a mezzo di propri dipendenti muniti degli appositi poteri.

Da quanto detto deriva che non esiste l’obbligo che l’operazione doganale sia effettuata in nome e/o per conto dell’effettivo proprietario della merce. Va però sottolineato che alcune destinazioni doganali fanno sorgere in capo al “dichiarante” una serie di diritti ed obblighi specifici: in questi casi è necessario che la bolletta doganale sia intestata all’acquirente o, rispettivamente, al venditore verso l’estero. L’attività doganale e i relativi istituti sono disciplinate principalmente dalle norme di funzionamento dell’Unione doganale comunitaria. La legislazione di base che si applica agli scambi tra i dodici Paesi membri e i Paesi terzi, è contenuta nel “Codice doganale comunitario” entrato in vigore il 1° Gennaio 1994 e successivi aggiornamenti La legislazione doganale è invece contenuta principalmente nel “Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale”, le cui norme si applicano in quanto non incompatibili con quelle comunitarie, considerata comunque la prevalenza della norma comunitaria su quella nazionale. Nei testi menzionati non sono comunque contenuti tutti i provvedimenti applicabili agli scambi. Ne sono in particolare escluse le disposizioni tariffarie, applicabili prodotto per prodotto, per le quali occorre consultare la Tariffa doganale e le misure preferenziali derivanti da accordi commerciali con Paesi terzi. Le procedure doganali che disciplinano gli scambi con le merci hanno subito notevoli modifiche a partire dal 1° Gennaio 1993. La regola generale da allora applicata è che per le merci comunitarie scambiate fra i Paesi membri sono stati completamente aboliti i controlli e le formalità doganali, fatte salve alcune eccezioni; di conseguenza i termini “importazione” ed “esportazione” sono riferiti esclusivamente agli scambi con i Paesi terzi. Analizziamo ora le fasi della procedura doganale normale, ovvero applicabile alla generalità degli operatori: • presentazione alla dogana delle merci e della dichiarazione doganale; • registrazione della dichiarazione, con l’indicazione del numero e della data; • pagamento dei diritti, o annotazione nel conto di debito se l’operatore è

ammesso al pagamento periodico e/o differito; • controllo della dichiarazione e dei documenti ad essa allegati; • eventuale verifica fisica della merce; • rilascio della merce.

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Esistono anche procedure più agevoli di quella normale sopra descritta. Queste possono essere utilizzate dagli operatori appositamente autorizzati dalla pubblica Amministrazione. Loro caratteristica comune è la possibilità di prescindere dalla presentazione alla dogana delle merci che devono formare oggetto di operazioni doganali relative ad alcuni regimi doganali: importazione definitiva, temporanea importazione, reimportazione e introduzione in deposito, per le merci provenienti dall’estero; esportazione definitiva e temporanea, riesportazione o transito, per le merci destinate all’estero. 8.7 I Mezzi di Pagamento Internazionali Quando si parla di regolamenti valutari delle operazioni con l’estero, ci si riferisce al pagamento dei debiti ed alla riscossione dei crediti in contropartita con i non residenti. Per operazioni valutarie si intendono invece le operazioni relative al trasferimento di valuta estera e/o di lire in esecuzione di operazioni con l’estero. I mezzi di pagamento sono gli strumenti tecnici attraverso i quali si effettuano i trasferimenti di valuta tra debitori e creditori residenti in Paesi diversi. Le cose sono notevolmente cambiate con la liberalizzazione valutaria, in quanto essa ha introdotto il principio della “libertà” delle relazioni economiche e finanziarie con l’estero. In particolare i residenti sono autorizzati a: · detenere valuta estera sotto qualsiasi forma in Italia ed all’estero; · intrattenere liberamente conti in lire e/o valuta estera presso banche in Italia

ed all’estero; · regolare le operazioni con l’estero attraverso: a- operazioni canalizzate : eseguite cioè attraverso il canale bancario e l’amministrazione postale; b - operazioni decanalizzate : eseguite mediante il passaggio diretto della valuta tra residente e non residente.Le valute utilizzabili per effettuare i pagamenti con l’estero sono le valute convertibili. 8.8 I mezzi di pagamento Le forme tecniche di regolamento delle operazioni con l’estero sono: 1-·LA RIMESSA DIRETTA con: a) bonifico bancario b) assegno c) banconote a- Bonifico Bancario Si tratta di un trasferimento di fondi ordinato da un debitore a favore di un creditore ed effettuato tramite una o più banche. I soggetti che intervengono in tali operazioni sono: - l’ordinante - il beneficiario - la banca dell’ordinante - la banca del beneficiario Il bonifico può essere effettuato in vari modi: - via Swift

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- via lettera - via telegramma - via telex

Il bonifico può inoltre essere fatto: 1. - in via anticipata 2. - in via posticipata Il bonifico è uno strumento di pagamento estremamente semplice ed è il meno costoso ma implica sempre che uno dei due partner rimanga in rischio. Per il debitore esiste infatti il rischio di inadempienza dell’esportatore, mentre per il creditore esiste il rischio di insolvenza del debitore, al quale si aggiunge il rischio Paese. La banca prima di formalizzare il bonifico al beneficiario lo sottopone ad una serie di controlli per accertare: · l’autenticità dell’ordine · l’eseguibilità dell’ordine in relazione all’esatta identificazione e reperibilità del beneficiario ed all’assenza di disposizioni o istruzioni speciali che vincolino l’accredito a formalità che la banca non è in grado né vuole espletare. Dal punto di vista valutario, per effetto della liberalizzazione, le banche non hanno più nessun obbligo di accertamento ma devono fornire all’Uic, per fini statistici, le informazioni e i dati di flusso concernenti le operazioni con l’estero. Il bonifico avviene su input del beneficiario. Gli elementi indispensabili per eseguirlo sono: · i dati identificativi del beneficiario · la banca del beneficiario · il motivo del pagamento · la scelta del mezzo di trasmissione · l’importo del bonifico. L’ordine del bonifico va firmato dall’ordinante (o da una persona da lui delegata) se è una persona fisica; o da chi ha i poteri di firma a norma di statuto, se l’ordinante è una società. b-Assegno L’assegno è un titolo di credito, astratto, formale e completo, che contiene l’ordine incondizionato, diretto ad una banca, di pagare a vista una determinata somma, all’ordine di una persona o al portatore. Per i pagamenti internazionali vengono usati vari tipi di assegni tra cui: · assegno bancario · assegno piazzato · International Money Order Nel nostro Paese l’assegno è considerato valuta estera quando è espresso in moneta avente corso legale all’estero oppure in euro. In tal caso l’assegno deve sottostare alle seguenti norme: · emissione: è libera l’emissione in lire o valuta da parte di residenti · circolazione: la consegna di assegni espressi in lire o valuta in Italia e

all’estero è libera ma bisogna tener conto che l’importazione o esportazione di assegni o altri titoli di credito è soggetta ad alcuni vincoli

· inquadramento dell’operazione: il pagamento o l’introito che avviene a mezzo assegno va considerato operazione decanalizzata

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· segnalazioni statistiche: in conseguenza del punto precedente il residente, per importi superiori a 20 milioni deve segnalare l’operazione all’Uic.

Chi riceve l’assegno può sia utilizzarlo come mezzo di pagamento (girandolo), sia presentarlo alla propria banca per la negoziazione. c-banconote Un’operazione con l’estero può essere regolata tramite banconote anche se il loro utilizzo è vincolato dall’art. 3 della legge 227 del 4 agosto 1990. E' questa una delle ragioni per cui il loro utilizzo è assolutamente marginale rispetto al totale dei pagamenti internazionali. L’operatore che riceve in pagamento banconote estere può decidere se detenerle o cederle ad una banca abilitata per il successivo utilizzo. Se vuole cambiarle deve tenere conto del fatto che il “cambio banconota” è diverso dal cambio commerciale “cable” e compensa la banca dei giorni di valuta necessari per ottenere la trasformazione delle banconote in fondi liquidi presso la banca centrale e delle spese sostenute per la loro custodia e sicurezza. 2-·L’INCASSO CONTRO DOCUMENTI E’ quella formula di pagamento che prevede il regolamento della compravendita all’atto del trasferimento al compratore dei documenti rappresentativi della merce. In compratore per ricevere i documenti che gli consentono il ritiro della merce deve provvedere all’adempimento dei suoi obblighi contrattuali. La stessa formula di pagamento può essere utilizzata anche quando si è in presenza di documenti non rappresentativi della merce, di documenti finanziari o di documenti attestanti l’erogazione di un servizio. Sono state predisposte, a questo proposito, dalla Camera di Commercio internazionale una serie di disposizioni denominate “Norme uniformi relative agli incassi (Nui)” che disciplinano ruoli, responsabilità e procedure relative all’incasso di effetti e/o di documenti. Le norme in questione sono autonome dalle varie legislazioni e sono vincolanti per tutte le parti che intervengono. L’incasso, indipendentemente dai documenti inviati potrà essere: semplice o documentario . A seconda delle prestazioni richieste al debitore si avranno differenti forme di incasso: · documenti contro pagamento (D/P) · documenti contro accettazione (D/A) · documenti contro trust receipt (impegno pagamento banca) Un aspetto molto importante dell’incasso contro documenti è rappresentato dalla bollatura degli effetti, ovvero dall’aspetto fiscale. Infatti quando una rimessa documentaria contiene uno o più titoli di credito, gli effetti per poter esercitare i diritti giuridici relativi all’esecutività del titolo stesso, devono aver assolto agli obblighi previsti dalle norme fiscali italiane, ed in particolare: le cambiali devono essere sottoposte alla bollatura prima dell’accettazione; le cambiali e le ricevute, a carico di importatori italiani, sono soggette all’imposta di bollo solo in caso d’uso. L’incasso contro documenti sembra rappresentare una forma di pagamento senza rischi in quanto vincola entrambi i partner ad adempiere agli obblighi contrattuali.

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Nella realtà esistono delle aree di elevata critici tà che portano ai seguenti rischi. Per l’esportatore :

· mancato ritiro dei documenti giunti presso la banca presentatrice da parte dell’importatore per rifiuto della merce

· mancato ritiro dei documenti perché l’importatore è per qualche motivo già riuscito a sdoganare la merce

· insolvenza dell’importatore che alla scadenza non onora gli effetti accettati; · rischio Paese L’esportatore che vuole utilizzare questa formula di pagamento deve verificare alcune condizioni: accertarsi del grado di solvibilità, della serietà ed onestà commerciale

dell’acquirente estero; accertare se il prodotto venduto è un prodotto di largo consumo, facilmente

collocabile anche presso eventuali acquirenti nel luogo di destino; accertarsi di quali siano nel Paese di destinazione le procedure per

l’ottenimento di visti, licenze o permessi di importazione, e quali documenti sono necessari per lo sdoganamento;

concordare con l’acquirente che deve accollarsi le spese e le commissioni bancarie che di norma vengono ripartite tra i due contraenti;

accertarsi di quali siano le norme relative all’eventuale protesto per mancata accettazione e/o per mancato pagamento dell’effetto, per poter trasmettere alla banca trasmittente istruzioni dettagliate e precise in merito;

controllare il grado di rischiosità del Paese dove si va ad esportare. Per l’importatore: · pagare o impegnarsi a farlo senza aver potuto esaminare la merce (N.B.); · rischi ed oneri per la sosta in dogana della merce che arriva prima che i

documenti giungano alla banca presentatrice. Un ruolo fondamentale in queste operazioni hanno le banche che devono attenersi in maniera estremamente scrupolosa alle istruzioni ricevute in merito alla gestione dei documenti e alla consegna degli stessi all’importatore trassato, alle procedure da osservare per il trasferimento dei fondi ed alle azioni da intraprendere in caso di mancato ritiro dei documenti o di insolvenza del debitore, così come stabilito nelle Norme. Le banche non si assumono però alcun obbligo né alcuna responsabilità relativamente al buon fine dell’operazione. Quando si è in presenza di vendite con grosse dilazioni di pagamento, viene generalmente utilizzata la cambiale internazionale, mezzo di pagamento regolato dalla convenzione di Ginevra del 1930 in vigore nei Paesi che l’ hanno sottoscritta. Il titolo di credito in questione ha le caratteristiche di autonomia, astrattezza e letteralità: il debitore sottoscrive con l’emissione della cambiale un impegno di pagamento inderogabile, che assume una propria fisionomia giuridica indipendente dalla buona esecuzione del contratto sottostante. Il beneficiario per tale ragione non deve più dimostrare la validità della transazione che ha originato l’obbligazione: è sufficiente il possesso del titolo. Il creditore può inoltre richiedere che l’effetto venga garantito da un avvallante solitamente rappresentato da una banca primaria o da un organismo equivalente, nel Paese dell’importatore. In tal modo il beneficiario potrà in seguito smobilizzare

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il proprio credito vendendo i titoli, con una cessione pro-soluto o pro-solvendo, sul mercato finanziario internazionale. Per utilizzare le cambiali internazionali è necessario avvalersi degli appositi moduli redatti in lingua inglese e francese e predisposti per l’utilizzo nel commercio internazionale. Essi sono completi di tutti i requisiti formali richiesti dalle leggi per i titoli di credito. Sotto il profilo fiscale esse devono rispettare le leggi vigenti in Italia in merito alla bollatura degli effetti. Crediti documentari. La Camera di Commercio Internazionale di Parigi ha elaborato le "Norme ed Usi Uniformi" che disciplinano i crediti documentari, prevedendo ruoli, responsabilità e procedure per le parti interessate.Il credito documentario, lo strumento più diffuso per il pagamento del corrispettivo dei contratti internazionali, consiste nell'impegno assunto da una banca, su istruzioni dell'acquirente/importatore, ad effettuare una certa prestazione a favore del venditore, contro presentazione dei documenti richiesti, nei limiti di una somma prestabilita ed entro una scadenza fissata. Titoli di credito. Si tratta di mezzi di pagamento regolamentati dalla Convenzione di Ginevra del 1930, tutt'oggi in vigore per i paesi aderenti. Il titolo di credito presenta le caratteristiche di autonomia, astrattezza e letteralità. Il debitore, sottoscrivendo l'impegno, assume una obbligazione inderogabile indipendentemente dal contratto di fornitura sottostante. La cambiale internazionale può assumere la forma di promissory note o bill of exchange. Altri sistemi di pagamento La progressiva deregulation valutaria, che tende ad abbattere le barriere normative tra gli Stati, e l'incremento degli accordi di collaborazione tra le banche a livello mondiale, hanno consentito negli ultimi tempi l'espansione di sistemi di pagamento internazionali sempre più raffinati e perfezionati, che, grazie a circuiti elettronici, garantiscono un notevole abbattimento dei costi ed un miglioramento dell'efficienza nel trattamento delle operazioni commerciali internazionali. Tra questi sistemi di pagamento rientrano: il Lock Box System , mediante il quale l'esportatore si fa pagare tramite assegno dai propri clienti ed i pagamenti affluiscono ad una casella postale gestita da una banca di sua fiducia nel paese del compratore; il Check Disbursement System , che consiste nell'effettuazione via Swift di un ordine di bonifico ad una banca estera e l'emissione di assegni internazionali a valere sul bonifico stesso; il Sistema RID , caratterizzato da una esazione automatizzata, per conto del creditore, di incassi di natura diversa, mediante addebito preautorizzato sul conto del debitore; il Banklastscrift , che consente all'esportatore/creditore di poter incassare i suoi crediti con semplice richiesta di pagamento indirizzata alla banca del debitore, a questo scopo precedentemente autorizzata dal debitore stesso. il “Cash on delivery” (Cod). E’ una formula di incasso che avviene tramite il vettore, che può consegnare la merce all’importatore soltanto dopo che quest’ultimo ha assolto ai suoi obblighi di

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pagamento o rilascio di un effetto accettato. E’ diffuso soprattutto nell’ambito della Cee, dove le distanze relativamente brevi ed il sistema di trasporto via camion consentono la consegna delle merci in tempi brevi. Con la crescita del traffico internazionale tale formula dovrebbe essere diffusa anche a Paesi extra-europei. Anche con questa formula non viene in alcun modo tutelato il rischio Paese. 8.9 L'ASSISTENZA CREDITIZIA NELL'INTERSCAMBIO CON

L'ESTERO

8.9.1 Premessa La globalizzazione dei mercati é la conseguenza della progressiva internazionalizzazione che investe tutte le principali aree economiche del mondo. Tale evoluzione é ancor più vivace nel contesto europeo ove la realizzazione del Mercato Unico, dell'Unione Economica e di quella monetaria hanno dato luogo ad un sistema economico aperto e orientato verso un mercato molto competitivo. In questo contesto e, a fronte di questa prospettiva, le imprese italiane si trovano esposte alla concorrenza crescente sia di aziende extraeuropee sia di quelle degli altri paesi dell'Europa in fase d’ingresso nella UE. Le aziende italiane seppur tradizionalmente presenti sui mercati non domestici scontano purtroppo una carenza ed una discontinuità di presenza su tali mercati.In particolare ciò è maggiormente vero per le piccole e medie imprese la cui attività di import export non è sostenuta da adeguate politiche commerciali capaci di contrastare le frequenti fluttuazioni della domanda internazionale. Le imprese di minori dimensioni (tra l'altro riconosciute dalla Comunità come il motore dello sviluppo economico) si trovano nella necessità di dover definire adeguate strategie industriali commerciali e finanziarie atte a sostenere i processi di internazionalizzazione sopraricordati. Abbisognano quindi di assistenza, di consulenza di carattere tecnico,giuridico, commerciale e finanziario; a tale bisogno le banche ed, in particolare quelle di maggiori dimensioni e vocazione internazionale ,rispondono fornendo il loro sostegno .I servizi offerti in generale possono variare da Banca a Banca e dovrà essere l'operatore che effettuerà la sua scelta in base alle sue esigenze. Per fornire una chiave di lettura più semplice possibile i servizi offerti sono stati suddivisi in due Macro Aree : A- SERVIZI COMMERCIALI Si riferisce a quelli offerti dalle Banche per agevolare la penetrazione commerciale delle imprese sui mercati esteri, B-SERVIZI FINANZIARI Riguarda i più tradizionali supporti alla gestione finanziaria dell'attività internazionale dell'azienda. Di seguito vedremo in dettaglio le due aree. 8.9.2 Il Contesto Normativo

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L'attuale contesto in cui le imprese e le banche si trovano ad operare, se confrontato con quello di alcuni anni fa (fine anni 80) in scenari completamente modificati. Infatti, l'adozione di norme di tipo " europeo" ha radicalmente modificato il modo di operare delle aziende, ma soprattutto ha inciso profondamente nell'attività delle banche.Il passaggio da un regime valutario "controllato" basato su norme rigide ad uno completamente aperto ha avuto profonde conseguenze nel modo di operare delle aziende favorendone appunto la progressiva internazionalizzazione. Le norme prevedono ai fini valutari solo n. 2 categorie di operatori � residenti (persone fisiche e/o giuridiche) � non residenti

e disciplinano: a) Operazioni con l'estero operazioni Correnti • importazioni • esportazioni • transito • cessioni di merci allo stato estero • prestazioni di servizi o beni immateriali • transazioni invisibili Investimenti diretti (all'estero) Operazioni di natura finanziaria b) Operazioni valutarie (trasferimento di divise in dipendenza di operazioni con l'estero) c) Operazioni in cambi Le conseguenze più significative che si sono verificate negli ultimi anni sono state : eliminazione del monopolio dei cambi dell'UIC i residenti possono aprire conti all'estero e conti in divisa con le banche italiane libera circolazione delle merci e dei capitali come: • eliminazione delle dogane alle frontiere • liberta di insediamento per gli intermediari finanziari e riconoscimento

reciproco delle norme di regolamento e controllo del paese di origine • armonizzazione fiscale con l'adozione di trattati contro la doppia imposizione,

con la normativa "madre figlia" regolante i rapporti fiscali tra società… controllate e /o branches estere

Introduzione di un sistema di monitoraggio fiscale • volto a monitorare i movimenti di capitale • volto a contrastare il riciclaggio di denaro sporco 8.9.3 Monitoraggio Fiscale DL. 28/6/1990 N. 167 CONVERTITO NELLA LEGGE N. 27 DEL 4/8/90 E Succ. INTEGRAZIONI

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La normativa attuale si muove lungo due direttrici e riguarda le movimentazioni tra l’Italia e l’area dei paesi UE di fatto quasi coincidente con area euro: a) Fiscale attraverso il monitoraggio dei movimenti di capitale, dall'estero e per l'estero, effettuati dai residenti non soggetti ad obblighi di bilancio con un limite minimo di € 75.000.(organismo delegato Banca d’Italia attraverso la sezione Uic) b) non tributario mirante a contenere, per quanto possibile, l'uso del denaro contante nelle transazioni (ponendo precisi vincoli alla possibilità di effettuare importazioni ed esportazioni di denaro, titoli e valori mobiliari ) onde evitare eventuali operazioni di riciclaggio proveniente da operazioni illecite Il monitoraggio fiscale delle operazioni, da e per l'estero, si sostanzia in realtà in una serie di obblighi e adempimenti che possono interessare: - solamente le banche abilitate e gli altri intermediari che si interpongono

nell'esecuzione delle operazioni - solamente i soggetti che effettuano le operazioni stesse (persone fisiche, enti

non commerciali, società semplici, società di persone, società di armamento e associazioni fra professionisti.

- entrambi le categorie di soggetti Il monitoraggio fiscale delle operazioni da e per l'estero si sostanzia in una serie di obblighi e adempimenti in relazione a: 1- trasferimenti effettuati attraverso intermediari bancari e non 2- trasferimenti effettuati attraverso non residenti 3- trasferimenti effettuati informa diretta.,attraverso l'importazione o l'esportazione al seguito ovvero mediante plico postale di denaro titoli e valori mobiliari 1- trasferimenti effettuati attraverso intermediari ( bancari e non ) Adempimenti delle Banche - istituzione di un archivio e obbligo di segnalazione di movimenti superiori a € 75.000 effettuate dalle persone fisiche e assimilate sopradescritte in relazione ad investimenti all'estero e o in attività finanziarie estere Adempimenti dei soggetti interessati al provvedimen to: obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi gli investimenti all'estero e le attività finanziarie estere superiori ai € 75.000,nonché l'ammontare dei trasferimenti da e per l'estero sempre di importo superiore ai € 12.500,00 e relativi agli investimenti e attività finanziarie estere detenute e /o acquistate 2- trasferimenti effettuati attraverso non residenti (con o senza il tramite delle banche e degli intermediari ) obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi l'ammontare dei trasferimenti da e per l'estero sempre di importo superiore ai € 12.500,00 e relativi agli investimenti e attività finanziarie estere detenute e /o acquistate attraverso tali canale. 3- trasferimenti effettuati in forma diretta ,

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attraverso l'importazione o l'esportazione al seguito ovvero mediante plico postale di denaro Importazione/esportazione: Libero sino a € 12.500,00 per somme in valuta e titoli al portatore Per importi superiori a € 12.500,00 dichiarazione in dogana 8.9.4. I servizi Bancari

A- . AREA DI INTERVENTO DEI SERVIZI COMMERCIALI Come ricordato in precedenza le strategie commerciali di penetrazione nei mercati esteri sono la base per quell'internazionalizzazione che i mercati globali richiedono, pertanto le imprese, per avere un quadro di riferimento delle opportunità offerte dai mercati esteri e dei possibili sviluppi di relazioni, possono usufruire dalle banche di servizi del seguente tipo: Servizi a Supporto delle Strategie Commerciali sui Mercati Esteri 1- servizi per l'identificazione di canali potenziali di commercializzazione 2- servizi di informazione di gare ,appalti ecc, promossi da organismi multilaterali internazionali ecc 3- servizi di consulenza valutaria, doganale, societaria, fiscale 4- servizi di assistenza nella gestione di polizze assicurative sui crediti all'esportazione a) Identificazione sbocchi commerciali Per poter sfruttare le possibilità aperte dalla internazionalizzazione dei mercati è necessario conoscere la realtà dei vari paesi.A tal fine un servizio offerto dalle Banche è quello delle schede paese che possono essere semplici reports su un paese oppure studi più approfonditi che possano permettere all'operatore di prendere le sue decisioni.I punti salienti di un buon report sarebbero: -dati macroeconomici -andamento economia reale e ipotesi di sviluppo previsti -mercato interno -valutazione economica finanziaria del paese -problematiche societarie e fiscali Esigenze più specifiche possono essere soddisfatte da -ricerche di mercato su specifici settori merceologici -ricerche di partners La ricerca di partners è un supporto all'azienda offerto dalle banche attraverso i canali di interscambio usuali con le corrispondenti. Questo canale informativo,oggi, con la diffusione informatici è molto diffuso anche fuori dal settore bancario,in particolare nell'area europea è diventato una prerogativa delle CCIIA, degli eurosportelli e di tutti quegli organismi operanti in tale settore. La ricerca di partners può interessare tre aree: -COMMERCIALE collaborazione nella distribuzione di prodotti e servizi

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-TECNICO INDUSTRIALE collaborazione che investe un settore più ampio con scambio di licenze, know how, le operazioni di partnership hanno lo scopo di verificare possibili intese senza effettuare investimenti nella ricerca -FINANZIARIO L'evoluzione principalmente in tale settore è manifestata in modo precipuo verso i paesi a basso costo di manodopera al fine di permettere una delocalizzazione delle attività. La partnership i tal caso riguarda sia acquisizioni sia joint-ventures con partner locali. In tal caso oltre all'impegno finanziario alla società che intende investire normalmente viene richiesto un impegno tecnologico. a) Servizi di informazione di gare, appalti ecc promos si da organismi

multilaterali internazionali ecc In tale settore le banche, piucchè fornire un supporto informativo su GARE E APPALTI all'estero, settore abbondantemente coperto dagli organismi istituzionali, sono maggiormente presenti nell'assistenza attraverso l'emissione di garanzie di firma . Tali garanzie possono essere rilasciate direttamente dalla Banca (magari in pool per diminuire il rischio) ma soprattutto sono emesse da banche del paese ove la gara si svolge per conto delle banche italiane: -BID BOND Garanzia per la partecipazione alla gara di solito in percentuale dell'importo dell'appalto -TENDER BOND Garanzia di mantenimento dell'offerta per il periodo di tempo in cui la gara è indetta (di solito abbinata al bid bond)

Questa è la fase di partecipazione, qualora il cliente italiano risultasse aggiudicatario dovranno essere rilasciate altre garanzie quali -PERFORMANCE BOND Garanzia a tutela della mancata esecuzione della prestazione da parte dell'impresa appaltante -RETENTION BOND Garanzia sostitutiva del deposito cauzionale (decimi di garanzia) Qualora la stazione appaltante effettuasse pagamenti anticipati sarebbe necessaria anche -ADVANCE PAYMENT BOND Garanzia per la restituzione delle somme anticipate Le garanzie sopra riportate sono chiaramente una linea di credito concessa dalla banca italiana al suo cliente. Tali garanzie,in moltissimi paesi, per vincoli contrattuali dovranno essere emesse obbligatoriamente da parte di una banca locale. Le richieste di escussione sono normalmente a first demand e quindi le garanzie sono escutibili dal beneficiario con una semplice dichiarazione di mancato pagamento da parte del cliente italiano. Sempre collegati agli appalti ci sono i servizi di informazione sulle :

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AGEVOLAZIONI FINANZIARIE CONCESSE DA ISTITUZIONI IT ALIANE E/O ESTERE destinate ad investitori italiani in determinati paesi. Esistono,oltre ad agevolazioni per investimenti in particolari aree europee (di solito zone con settori in crisi o deindustrializzate) esistono ampi piani di intervento per i PVS, paesi in via di sviluppo. Normalmente le opportunità sono offerte o da organismi internazionali(BIRS, IDA, IFC; BANCA ASIATICA PER LO SVILUPPO, BANCA MONDIALE ecc)o da europei (FONDO Sociale ecc)o da programmi interni. Di particolare interesse sono i crediti di Aiuto ai PVS , di fatto dei regali ai paesi poveri destinati al finanziamento di programmi di intervento infrastrutturale realizzati da un’azienda italiana. Altra fonte di intervento sono i finanziamenti agevolati per la costituzione di joint ventures all'estero in paesi in via di sviluppo o insufficientemente sviluppati. Da ultimo ricordiamo i fondi agevolati destinati allo smobilizzo di crediti a medio lungo termine sorti in dipendenza di forniture o lavori, se garantiti da banca del paese estero. c) servizi di consulenza valutaria, doganale, socie taria, fiscale Le Banche di maggiori dimensioni e con stabile presenza all'estero mettono a disposizione degli operatori una serie di servizi riguardante la consulenza valutaria in particolare. Infatti, per non incorrere in inadempienze derivanti dalla mancata conoscenza della normativa valutaria e doganale le aziende debbono poter utilizzare supporti informativi in materia, e, infatti, le banche unitamente agli organismi internazionali sono piuttosto presenti. Un ulteriore forma di assistenza agli operatori può essere fornita sia nel campo della contrattualistica sia soprattutto nell'insediamento di una branch estera dell'azienda. Sì può affermare che un’effettiva assistenza dovrebbe fornire: - -il quadro di insieme delle problematiche connesse all'iniziativa - gli adempimenti e i vincoli per la realizzazione - -i costi da sostenere e il piano economico finanziario - -le eventuali possibilità agevolative - -i riferimenti in loco per l'assistenza Per completezza di informazione va ricordato che esistono delle possibilità di finanziamento per piani di penetrazione commerciale all'estero. d) Servizi di assistenza nella gestione di polizze assicurative sui crediti

all'esportazione Uno dei problemi che l'operatore con l'estero deve fronteggiare, soprattutto quando affronta rapporti commerciali nuovi e significativi in rapporto al fatturato dell'azienda è quello delle garanzie di pagamento del credito derivanti dalla concessione di dilazioni alla controparte. Parlare di assicurazioni per l'operatore significa essenzialmente tutelarsi dai rischi di mancata insolvenza dovuto sia a rischi commerciali sia politici, rischi imputabili sia a eventi politici, catastrofici, modificazioni di leggi, impossibilità di trasferimenti valutari etc. Questi rischi sono normalmente coperti da SACE ex società di emanazione pubblica che si occupa di coprire appunto tali rischi. Il principale settore di intervento della Sace è la copertura dei rischi di insolvenza per gli eventi sopra ricordati di crediti sorti in dipendenza di operazioni dilazionate (anche di vari anni) soprattutto in PVS. Pertanto c'è una valutazione del paese, il rischio di mancato pagamento dello

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stesso, la Sace opera a valere sui fondi messi a disposizione dallo Stato attraverso il Mediocredito Centrale (l.227), copertura del 70 % e i crediti sono normalmente assistiti da garanzie bancarie o avallo su effetti da parte di enti statali Altro settore è quello della copertura dei rischi di insolvenza commerciali a breve, in tale settore è presente fortemente la Euler--Siac che provvede ad assicurare sia tutti i crediti verso un determinato paese che verso un singolo debitore attraverso la concessione di plafonds. Di fatto tale operatività è assimilabile a quella delle società di factoring internazionale.

B - SERVIZI A SUPPORTO DELLA GESTIONE FINANZIARIA L'internazionalizzazione sempre più spinta e la gestione dei rischi valutari insiti nell'attività dell’impresa inserita in un mercato globale, la finanziarizzazione progressiva della gestione aziendale con lo sviluppo delle transazioni finanziarie in modo più marcato della stesse transazioni commerciali. La gestione delle operazioni commerciali in valuta fa si che le aziende di maggiori dimensioni, con largo interscambio con l’estero o con società estere, si trovano a gestire una tesoreria multivaluta con la necessità di affrontare il problema della copertura dei rischi di cambio connessi alle transazioni. e ciò è ancor più vero in funzione delle dimensioni aziendali. In questo settore la Banche, vuoi per una connotazione naturale di appoggio, vuoi per ricercare canali di sbocco per le proprie attività, possono concretamente svolgere un’azione di supporto alle piccole e medie aziende. Tale operatività si svolge in tre macro aree: a- sistemi di pagamento e di incasso b- linee di credito e servizi finanziari c- assistenza e gestione della tesoreria A--SISTEMI DI PAGAMENTO E DI INCASSI Nell'esaminare la prima area dobbiamo prima ricordare quali siano le modalità… corrente di incasso e pagamento con l'estero. Se consideriamo un’analogia con il mercato domestico il regolamento di un’esportazione o importazione può essere 1-a vista 2-a scadenza 1-REGOLAMENTO A VISTA Il regolamento a vista a sua volta può essere: � a mezzo bonifico bancario � rimessa diretta di assegni Il bonifico bancario , in analogia con il mercato domestico, viene effettuato in rete ma attraverso una rete internazionale particolare che è lo swift, sia in euro che in altra valuta. Una precisazione va fatta sulla opportunità di emissione della fattura in euro o in altra valuta, dipendendo la stessa dai rapporti commerciali esistenti con la controparte estera con l'emissione in valuta il nostro operatore domestico non avrà rischi di cambio trasferendo al cliente estera tale onere. Operando in valuta la fatturazione potrà essere multivaluta in funzione dei mercati di sbocco. Ritornando

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al regolamento in termini pratici la Banca riceverà dall'estero un importo che sarà accreditato al cliente che a sua volta provvederà ad indicare la causale per permettere (in caso di importo superiore a €12.500 ) la comunicazione valutaria statistica all' Ufficio Italiano dei cambi. Anche con il regolamento a mezzo assegno si ha una analogia con il mercato domestico in quanto gli assegni possono essere : � emessi direttamente dal cliente � emessi come assegni circolari dalla Banca Nel primo caso si hanno i rischi ordinari di accettazione di un pagamento a mezzo assegni .Possono essere in euro o in altra valuta ed essere tratti direttamente dal cliente sul proprio conto .Da tenere presente che tali assegni in caso di mancato pagamento non hanno la possibilità,come previsto dalla legge italiana, di svolgere una funzione esecutiva .Diverso è l'assegno emesso da una banca cioè un assegno circolare, anche in questo caso il titolo viene emesso in euro o divisa. L'unico rischio,peraltro molto modesto in quanto tale controllo è demandato alla banca italiana, è che l'assegno sia irregolarmente emesso dalla Banca estera. Pertanto anche in questo caso l'accettazione come modalità di pagamento ha il solo rischio insito nella negoziazione di assegni circolari. Una parola va infine spesa per gli incassi dell'estero a favore di non residenti; infatti il concetto di residente ai fini valutari è legato alla produzione di un reddito in Italia ,pertanto un non residente può avere tranquillamente un conto estero in Italia. Tali conto soggetti alle norme dei conti bancari in Italia possono essere alimentati da fondi provenienti dall'estero (in qualsiasi forma lecita). La banca può agevolare il cliente attraverso la Negoziazione sbf degli assegni esteri. Infatti il rischio che viene assunto dalla Banca è analogo a quello dell'accoglimento di un versamento da parte del cliente di assegni emessi su banche italiane in Italia. I problemi da non sottovalutare sono: � il diverso tempo per la compensazione dell'assegno e quindi il tempo

necessario per ottenere l'esito del pagato o meno � la diversa valenza giuridica del titolo in funzione della normativa italiana

sull'assegno. Infatti gli assegni esteri non sono generalmente titoli di credito pertanto non protestabili nè sono titoli esecutivi

2- REGOLAMENTO A SCADENZA Il regolamento a scadenza delle operazioni ordinarie non documentate puo' avvenire : � a mezzo ricevute bancarie � a mezzo rilascio di “pagherò internazionali'' Il regolamento a scadenza delle operazioni ordinarie documentate puo' avvenire attraverso � operazioni documentate semplici � documenti Contro pagamento o accettazione � crediti documentari o lettere di credito operazioni ordinarie non documentate Tale forma di regolamento, in analogia ad operazioni commerciali nel paese residente, può essere effettuato con emissione di ricevute bancarie inviate all’incasso (ad esempio tale sistema è piuttosto efficiente in Francia ove le ricevute

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provenienti da altri paesi vengono gestite attraverso il sistema centralizzato di incassi ). Altra forma abbastanza usata in vari paesi è l'emissione di pagherò internazionali BILLS. Anche in questo caso le problematiche di rischio riguardano la solvibilità del sottoscrittore il titolo, in molti casi, a garanzia della solvibilità del debitore, tali titoli vengono accettati da banche del luogo o internazionali o da primarie società finanziarie. Tale modalità è tipica per il pagamento dilazionato di forniture legate ad accordi internazionali tra l’Italia e il paese estero (di solito in via di sviluppo)e pertanto si ha una accettazione degli effetti da parte della banca centrale. operazioni ordinarie documentate Tra le varie modalità di pagamento o incasso previste nell'interscambio con l'estero un peso ancora elevato è quello mantenuto dalle operazioni con regolamento assistito da documenti. Le operazioni si suddividono in: � Operazioni di documenti contro pagamento (D/P) � operazioni di documenti contro accettazione (D/A) La prima tipologia prevede l'intervento di quattro soggetti: ESPORTATORE e/o IMPORTATORE IN ITALIA BANCA ITALIANA BANCA STRANIERA OPERATORE COMMERCIALE ESTERO L'esportatore italiano attraverso la Banca Italiana trasmette alla banca dell'operatore estero i documenti rappresentativi della merce, in pratica i documenti necessari a poter ritirare la merce, incaricando la Banca italiana non solo di incassare in sua vece ma di far rilasciare i documenti dalla banca estera all'operatore estero contro l'immediato pagamento dell'importo o attraverso l'accettazione di un effetto incassabile a scadenza. Il mandato conferito alla banca italiana è ben definito e quindi le istruzioni devono essere impartite in modo chiaro sia per quanto riguarda l'incasso parziale o totale della somma sia per il comportamento da tenere in caso di mancato pagamento . Questa tipologia di pagamento è molto usata soprattutto in presenza di documenti rappresentativi della merce come la polizza di carico o bill of lading sia marittima che aerea o la lettera di vettura per trasporti ferroviari o camionistici. Altri documenti comunemente usati sono:i certificati di assicurazione,provenienza,sanitari etc. .Questa modalità di regolamento di fatto comporta che il rischio di viaggio della merce sia a carico dell'esportatore italiano fino all'arrivo a destinazione, ove per

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poter essere acquisita in proprietà dall'importatore, deve essere espletata la clausola base del contratto di incasso documentario e precisamente la controprestazione che appunto può essere il pagamento o l'accettazione di un impegno di pagamento . E’ evidente che la presente forma di regolamento si basa su una reciproca fiducia tra i due partner commerciali, ma ciò non basta perché in moltissimi casi vuoi per la scarsa fiducia reciproca, vuoi per le usanze commerciali dei vari mercati si preferisce adottare lo strumento principe del commercio internazionale cioè il CREDITO DOCUMENTARIO. Storicamente la lettera di credito nasce con il colonialismo e precisamente con in traffici della Compagnia delle Indie, quando i mercanti per poter acquistare su mercati lontani si facevano rilasciare dalle Banche Londinesi, in primo luogo, delle Lettere di credito che erano pagabili ai presentatori in buona fede di tali documenti, pertanto anche ai venditori stranieri . Il presupposto dell'incasso documentario è che esiste una promessa della Banca di pagare al portatore della Lettera di credito o a terzi nel credito documentario. E' quindi una promessa condizionata di pagare, su ordine del cliente acquirente, direttamente al presentatore di tale documento subordinando il tutto all'espletamento di determinati clausole documentarie. Non è un vero rapporto astratto cartolare ma solo il rispetto di regole ben precise, infatti se il presentatore in buona fede adempie a tutte le clausole indicate per poter essere pagato, verrà regolarmente pagato dalla Banca promittente. E' evidentemente la forma piu' semplice di lettera di credito, ma già emerge una caratteristica fondamentale che è quella della sostituzione del debitore che diventa la Banca. Infatti la Banca pagherà se saranno soddisfatte le previste clausole di tipo documentario, non entrando nel merito del rapporto principale fra le due imprese. Per poter offrire ancora maggiori garanzie e opportunità per l'acquirente venne introdotta una forma più complessa. Il CREDITO DOCUMENTARIO. Il contesto giuridico del Credito documentario può esplicitarsi in vari modo con alcune modificazioni ma comunque i soggetti in gioco sono i seguenti: cliente estero

cliente italiano banca estera

banca italiana Il cliente estero apre un credito documentario a favore dell'esportatore italiano: 1^ fattispecie La banca estera, su mandato del suo cliente, mette a disposizione dell'esportatore una somma utilizzabile solo se verranno rispettate determinate condizioni di tipo documentale. La banca Italiana può eseguire il semplice mandato da parte della Banca estera di avvisare il cliente italiano che è stata messa a sua disposizione la somma.In tal caso siamo nella configurazione del mandato, l'esame della conformità o meno dei

documenti cliente estero

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documenti alle clausole contrattuali del Credito spetta alla Banca estera che assume in proprio l'obbligazione di pagare direttamente al cliente italiano non entrando nel merito del rapporto sottostante.La documentazione viene esaminata secondo standard conformi che sono le regole internazionali della CCI (Camera Commercio Internazionale), emanate a suo tempo per dare uniformità e omogeneità nei criteri di esame e di interpretazione.In questa prima configurazione l'obbligato principale è quindi la Banca estera. 2^fattispecie Questa prima configurazione può essere modificata con la banca estera che da mandato alla banca italiana di esaminare in sua vece i documenti e pagare se ritenuti conformi. E' evidente che in questo caso la tutela per il beneficiario è maggiore in quanto la decisione di pagamento si sposta alla banca italiana che paga in forza del mandato avuto. La struttura giuridica diventa una delegazione di pagamento ,in quanto la Banca italiana ha l'incarico di esaminare le formalità del credito e paga in sostituzione della Banca estera. 3^fattispecie Tale situazione diventa ancor più migliorativa per il cliente italiano qualora la Banca italiana appone la sua conferma al credito documentario, infatti secondo tale configurazione la banca italiana diventa obbligata principale nei confronti del cliente italiano. Riassumendo i tre livelli del credito documentario sono: � esame dei documenti e pagamento sulle casse della Banca ordinante � esame dei documenti e pagamento sulle casse della Banca italiana in forza

di preciso incarico � come nella fattispecie di cui sopra ,ma alla banca italiana viene richiesto di

coobbligarsi per il pagamento,per cui è utilizzabile presso le sue casse Nel primo e nel secondo caso il rischio per il cliente italiano, è solo l'insolvenza della banca straniera. Nel terzo caso, qualora la Banca italiana aggiunga la sua conferma al credito documentario, siamo in presenza di una vera e propria traslazione del rischio sulla Banca italiana. Nel parlare di crediti documentari occorre tener conto di altri due aspetti: 1- I crediti documentari sono irrevocabili 2- I crediti documentari sono soggetti a norme uniformi che permettono la standardizzazione delle formalità e del giudizio di merito nell'esame di tali formalità. Ciò comporta che il giudizio della banca italiana sia uniforme e perfettamente confrontabile ed equiparabile con quello della banca estera. Questa necessità di equiparabilità ha portato alla creazione di un contesto di regole universalmente accettate e riconosciute, la cui accettazione diventa strumento operativo dello stesso credito documentario. I crediti documentari, al pari delle altre forme di regolamento commerciale , possono quindi essere: A VISTA con pagamento del controvalore subito dopo l'esame dei documenti A SCADENZA dilazionato ad un certo n°. giorni dopo l'esame de i documenti. Gli elementi caratterizzanti del credito documentario sono: � l'ordinante

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� la somma messa a disposizione � il tempo entro cui tale disponibilità deve essere utilizzata � il tempo massimo per l'esecuzione contrattuale e quindi il tempo per la

spedizione etc. � la modalità di pagamento ( a vista o a scadenza). � la documentazione da presentare e quindi l'aspetto formale da assolvere � l'indicazione sulle casse di quale Banca sia pagabile il credito documentario. Oltre agli elementi di cui sopra, sempre presenti in ogni fattispecie, esistono varie forme di credito modellate su determinati usi commerciali quali : - il credito stand by (sostitutivo di una fideiussione bancaria, viene messa a disposizione dell’operatore italiano una certo plafond per un periodo di tempo determinato, utilizzabile più volte) - il credito revolving un credito documentario utilizzabile più volte con le stesse modalità - il credito trasferibile utilizzabile da più beneficiari A completamento di tutte le varie forme di incasso e pagamento vanno anche inseriti anche i conti in valuta accesi a residenti e non residenti . L'unica differenza fra le due tipologie sono le modalità di alimentazione .La opportunità di avere conti in divisa estera nasce dalla possibilità di poter utilizzare proprie disponibilità o linee di credito in maniera tale da ridurre o eliminare il rischio di cambio . B-LINEE DI CREDITO E SERVIZI FINANZIARI Il primo aspetto che si intende esaminare è quello delle : LINEE DI CREDITO SPECIFICHE L'azienda, che nel mercato domestico a fronte del proprio fatturato ha la possibilità di smobilizzare i propri crediti, vuoi attraverso l'anticipo sbf di ricevute, lo sconto di portafoglio o l'anticipo su fatture, ha analoghe possibilità anche operando sul mercato internazionale. Infatti le operazioni che possono essere effettuate vanno a coprire le esigenze finanziarie dell'operatore, - finanziamento non connesso ad operazioni commerci ali - finanziamento a fronte di importazioni La prima suddivisione che potremmo fare in questa disamina delle linee di credito è quella classica fra interventi di CASSA e di FIRMA. AFFIDAMENTI PER CASSA 1. APERTURE DI CREDITO E/O FINANZIAMENTI 1.1- finanziamento senza connessione con operazioni commerciali Trattasi in effetti di un finanziamento in divisa estera di durata a revoca ,o meglio di durata prefissata con possibilità di estinzioni o ripristini.

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La richiesta del cliente di tale forma di finanziamento normalmente è basata sulla presunzione di pagare un tasso di interesse ridotto, rispetto ad una apertura di credito in c/c . Quanto sopra può essere vero qualora i tassi per la valuta siano inferiori all’euro, ma al rischio creditizio o del finanziamento va aggiunto il rischio di cambio che il cliente potrebbe correre. 1.2 finanziamenti all'importazione Trattasi di linea di credito destinata al pagamento di importazioni e/o prestazioni di servizi . 1.3- finanziamento di fornitura 1.4- anticipo su contratti e/o lettere di credito o c rediti documentari a anticipo su contratto Trattasi del classico anticipo SU CONTRATTO, in bianco, che rientrerà progressivamente con l'anticipo sulle fatture mano a mano che verranno emesse . B -anticipo su lettera di credito o credito documen tario La differenza con quanto sopra è che il contratto di fatto è rappresentato dalla Lettera di credito o dal Credito documentario pertanto le modalità e la fonte di rimborso dell'anticipo sono conosciute .L'estinzione dell'anticipo avverrà con l'incasso della lettera di credito (se a vista ) o con anticipo sulle fatture emesse a valere sulla L/C o CREDOC qualora il pagamento sia previsto dilazionato . 2 .OPERAZIONI DI SMOBILIZZO DI CREDITI 2.1- anticipi all'esportazione In questo raggruppamento rientrano tutte le tipologie di finanziamento delle esportazioni . Vanno comunque effettuate delle distinzioni in dipendenza delle modalità di rientro e di incasso: 2.2-anticipo su fatture estere Tali fatture potrebbero essere incassate a mezzo bonifico (in tal caso il cliente dovrebbe indicare la sua banca come banca di appoggio) o a mezzo assegno ( modalità molto diffusa soprattutto in Europa) La soluzione ideale sarebbe quella che il cliente assicurasse i suoi crediti per non avere rischi di insolvenza commerciale. 2.3 anticipo su fatture emesse a fronte di documen ti inviati per l'incasso A differenza del caso sub 1 oltre alla fattura potrebbero esserci altri documenti quali effetti, documenti di spedizione etc . 2.4- anticipo su fatture emesse a fronte di lettere di credito con incasso

dilazionato o pagabili all'estero .

In questo caso esiste la certezza dell'incasso, qualora la lettera di credito fosse utilizzata sulle casse della banca del cliente, l'operazione diverrebbe garantita in quanto il debitore sarebbe la banca stessa. e- sconto effetti

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Trattasi di operazioni di smobilizzo di effetti (tratte accettate e/ promissory notes) rilasciati da non residenti a fronte di di operazioni all'esportazione 3- CREDITI DI FIRMA 3.f-rilascio di garanzie commerciali su estero Trattasi delle garanzie che la banca rilascia sia a fronte di una pagamento dilazionato che soprattutto a fronte di emissione di aperture di credito Import . In tale categoria rientrano anche le garanzie connesse alle operazioni di realizzazione di impiantistica all'estero come: � Tender bond (partecipazione a gara di appalto) � Bid bond (mantenimento dell'offerta per una gara ) � Performance bond (buona esecuzione) � Advance payment bond (restituzione dell'acconto) 3.2-rilascio garanzie finanziarie su estero Trattasi di rischi di firma concessi alla clientela a fronte di operazioni finanziarie o a fronte di operazioni di options, futures, outrights, swaps, etc. 4.LINEE DI CREDITO PARTICOLARI L'attuale offerta di servizi finanziari è molto ampia e le aziende di maggiori dimensioni possono ricorrere anche a -finanziamenti in pool e syndicated loans Trattasi di finanziamenti messi a disposizioni da un pool di banche, di cui una capofila che ha il mandato di trattare la linea di credito che poi verrà erogata secondo le quote di partecipazione al" sindacato". Tradizionalmente tali operazioni vengono effettuate sull'Euromercato con riferimento all’euroribor o al $ -credito fornitore Una delle forme più usate di finanziamento alle esportazioni con regolamento dilazionato è rappresentata appunto dal Credito Fornitore che si traduce in: Anticipazioni Prosolvendo della quota dilazionata di crediti insorti in dipendenza di una fornitura o più spesso di lavori etc. Non vengono assunti normalmente impegni circa il buon fine o meno dei crediti, gli interventi qualora non rientrino fra quelli previsti dal Mediocredito Centrale (agevolati) vengono effettuati ai tassi di mercato. Qualora ci sia l'intervento del Mediocredito Centrale lo stesso è effettuato in base ai tassi previsti dal "consensus" , accordo internazionale fra i vari paesi industrializzati. Intervento analogo è quello dello: Sconto Prosolvendo degli effetti avuti in pagamento dalla controparte estera, gli effetti di cui sopra possono essere altresì garantiti da società o banche del paese compratore.Le operazioni di cui sopra di fatto prendono in considerazione lo standing della controparte italiana in quanto la linea di credito è data all’esportatore. Lo Sconto Prosoluto o forfaiting mira a superare le limitazioni di quelle pro solvendo.

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Tale operazione si sostanzia nell'acquisto da parte di una società finanziaria di un portafoglio di effetti ottenuti in pagamento di una esportazione di beni e servizi con pagamento differito a medio termine, senza rivalsa verso il precedente possessore dei titoli. Alla base c'è quindi una esportazione di beni durevoli ( lavori) con pagamento dilazionato in più anni. Salvo nel caso che il debitore sia di importanza internazionale, l'istituto che procede al "forfaiting" richiede che il credito sia assistito da garanzia bancaria o sotto forma di avallo dei titoli di cambiari o di lettera di garanzia separata. Qualora l'operazione abbia i requisiti per la forfettizzazione i vantaggi per l'esportatore sono : � -smobilizzo di un credito differito � -eliminazione di rischi di insolvenza commerciale � -eliminazione dei rischi politici � -eliminazione dei rischi di cambio � -semplificazione delle procedure di incasso. I vantaggi di cui sopra sono in effetti caricati sul costo dell'operazione che in genere , se non rientra fra quelle agevolate dal mediocredito centrale, è abbastanza elevato. L'operazione di forfaiting può essere anche effettuata a valere sulle possibilità previste dalla Legge 227 (Ossola) che regolamenta le operazioni assicurando all'esportatore, in presenza di determinate condizioni, lo sconto a tasso agevolato.Le operazioni a valere sulla LEGGE 227 hanno la garanzia SACE (statale)sui rischi commerciali e politici . Una forma di intervento ancor più particolare è quella del: credito compratore (buyer's credit). Tali operazioni si traducono in un linea di credito concessa dallo Stato Italiano o da una banca italiana ad un paese estero (di solito in via di sviluppo) attraverso una banca di tale paese destinata al pagamento di forniture effettuate da esportatori Italiani .Pertanto vengono predeterminati importi, ambiti, condizioni per gli utilizzi di tali linee. Infatti gli interventi sono : closed destinati a finanziare una specifica fornitura open destinati a finanziare una serie ampia di esportazioni. Le particolari modalità di tali interventi, con l’utilizzo da parte del paese estero della linea di credito, consentono un rapido incasso da parte dell'operatore italiano Molto spesso tali crediti, in caso di mancato rimborso da parte del debitore estero, vengono trasformati dall’Italia in CREDITI DI AIUTO cioè a fondo perduto. Da ultimo parliamo di ulteriori forme di finanziamento ancor più particolari e precisamente: � Project Financing � Leasing Internazionale � Factoring internazionale Le caratteristiche del Project financing ne fanno uno strumento finanziario in fase di sviluppo ,in quanto è destinato in forma precipua alla realizzazione di grossi investimenti in infrastrutture o strutture produttive, si pensi all'EUROTUNNEL Ferroviario ad esempio. In tali casi insieme al progetto operativo, viene presentata la copertura finanziaria che può utilizzare il finanziamento a mezzo emissione di

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titoli sull' Euromercato, oppure un consorzio di finanziamento composte di banche internazionali etc. Il progetto esecutivo e la relativa copertura finanziaria vengono proposti chiavi in mano per realizzare un’opera che, per la caratteristica di infrastruttura potrebbe avere carattere pubblico, con la contropartita dello sfruttamento in forma privatistica dell'investimento per un certo numero di anni. Il Leasing Internazionale è una contratto di leasing a tutti gli effetti caratterizzato dal fatto che il proprietario e l'utilizzatore del bene locato, risiedono in paesi diversi Tali operazioni presentano solo particolarità dovute alle possibili asimmetrie tra le legislazioni e le norme tributarie correnti nei paesi delle società partecipanti all'operazione. Da ultimo ricordiamo il Factoring Internazionale , non dissimile da quello domestico fatto salvo che i creditori ceduti sono residenti in paesi esteri . La società di factoring acquisirà quindi i crediti e girerà questo credito ad un Factor corrispondente residente nel paese del debitore . Questo Factor svolgerà pertanto tutte le operazioni relative alla gestione di tali crediti per conto della società italiana a cui l'esportatore avrà ceduto il credito.

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C- ASSISTENZA NELLA GESTIONE DELLA TESORERIA

Le forme di intervento possono essere sintetizzate in due comparti : a) gestione dei flussi e dell'indebitamento in valu ta b) copertura dei rischi di cambio a) gestione dei flussi e dell'indebitamento in valu ta La GESTIONE dei FLUSSI derivanti dall'attività commerciale e quindi dai rapporti con le banche rappresentano il fulcro dell'attività finanziaria in valuta. Infatti la corretta gestione mirata all'ottimizzazione delle risorse finanziarie e al contenimento dei costi dei mezzi finanziari di terzi diventa un po' più complessa se le fonti sono in valuta e soprattutto multivaluta. Infatti in tal caso è compito della gestione operativa presiedere ai rischi di cambio e tasso connessi all'incasso e pagamenti in valuta. Una delle modalità per il contenimento dei rischi connessi alle attività in valuta è quella del bilanciamento della posizione mirante a fronteggiare passività ed attività in valuta con posizioni appunto bilanciate. Tipica applicazione è riscontrabile nelle multinazionali con una tesoreria centralizzata intergruppo che funga da clearing (compensazione ) fra flussi espressi in valute diverse. Quanto sopra trova di norma applicazione solo nelle multinazionali mentre la maggior parte degli operatori è rappresentata da Piccole e Medie Imprese, ove spesso è scarsamente presente la consapevolezza dei rischi valutari. b)copertura dei rischi di cambio Affinché possa essere perseguita in modo efficace una gestione dei flussi valutari è innanzitutto necessario definire quale sia il rischio che l'azienda intende assumersi. Infatti l'impresa che esporta può fatturare in euro, in valuta o in una combinazione dei due in funzione dei rapporti commerciali e contrattuali instaurati.La decisione di incassare o pagare in valuta appunto comporta l'assunzione del rischio di cambio, senza spesso aver precisa consapevolezza degli elementi interni ed esterni che lo influenzano.Si può ricordare tra gli elementi esterni le variabili macroeconomiche del paese la cui valuta si intenda utilizzare. Tali informazioni sono disponibili sul mercato ed è una caratteristica delle Banche specializzate nell'operatività in divisa fornire un servizio agli operatori. Tra gli elementi interni ricordiamo la situazione economica interna, la politica monetaria esistente e l'influenza sulla bilancia dei pagamenti . Alle imprese che vogliano predeterminare il livello del rischio cambio si offrono numerose possibilità di scelta quali: � Anticipo dei crediti nella medesima valuta in cui s i incasserà � Vendita/acquisto a termine della valuta � Domestic currency swaps � Option su currency 1-Anticipo crediti in divisa

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L'anticipo di crediti (fatture o altro) espressi in divisa è la forma più semplice di fissare il cambio sulle somme che saranno incassate in dipendenza dell'esportazione. L'indebitamento che viene creato rientrerà progressivamente con i vari incassi, qualora l'azienda non abbia necessità di utilizzo immediato delle somme ma può aspettare la maturazione effettiva dell'incasso, potrà procedere ad un investimento in euro della liquidità creata dall'indebitamento in valuta, al fine di sfruttare un eventuale differenziale positivo del tasso euro contro divisa . 2-Acquisto e vendita a termine di divisa Parallelamente alle transazioni a contanti esiste un mercato della divisa a termine destinato appunto a soddisfare le esigenze di copertura degli operatori. Gli acquisti e vendite a termine consistono in una compravendita di valuta a cambi concordati fra le parti ,la cui effettiva esecuzione dovrà avvenire in un momento successivo a scadenze concordate. Tecnicamente le operazioni a termine si distinguono in due tipologie : a- outright (termine secco) ovvero la compravendita a termine senza movimento dei fondi al momento della sottoscrizione del contratto ma solo a scadenza b- swap ovvero la doppia compravendita con cambio differente e regolamento a scadenza del solo differenziale fra i due cambi Entrambe le operazioni poggiano sullo scarto tra il cambio Spot (a pronti) e quello del termine derivante dal differenziale dei tassi fra le divise . 2a- outright (termine secco) Nella prima fattispecie l'operatore che intende tutelarsi da un rialzo della divisa (importatore) o da un ribasso della divisa (esportatore) effettuerà l'acquisto o la vendita della divisa estera oggetto della contrattazione con la Banca. L'operatore quindi si impegna a ritirare o consegnare alla scadenza la divisa estera relativa al contratto commerciale sottoscritto ( o all'attività finanziaria in suo possesso) ad cambio fissato . Il cambio concordato sarà : cambio a pronti + premio = cambio a termine(forward) Lo scarto a termine o premio (tassato con l'aliquota del 12,50%)è uguale a : (tasso euro-tasso divisa)*gg(periodo riferimento)* cambio pronti ------------------------------------------------------------------ 365 * 100 P Premio su base annua = premio* 365*100 -------------------------------------- gg(periodo rif.)* cambio pronti tale valore esprime la percentuale da calcolare sul cambio a pronti per avere il termine e determina in presenza di un finanziamento chiuso a scadenza con una operazione a termine il costo effettivo della copertura . Tale costo in linea di

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massima dovrebbe esprimere solo un differenziale fra due tassi ma in realtà esprime (anche se in misura minore delle opzioni) anche le aspettative sulla divisa. 2b-Swap Le operazioni di swap consistono in uno scambio fra due posizioni opposte (importatori con debiti in valuta ed esportatori con crediti in valuta ) incrociate fra loro da un intermediario .Tale scambio si basa sulla determinazione di un cambio alla scadenza pattuita che sia accettato da entrambe le controparti.Il cambio a scadenza viene cosi' determinato : M=C(1+(i-j))*gg/360 Cambio = cambio pronti*(1+(tasso euro -tasso divisa))* durata/360 a scadenza L'intermediario che stipula due contratti con le controparti assicura che alla scadenza della operazione avvenga lo scambio del differenziale fra il cambio concordato e il cambio a pronti :Le operazioni di Domestic Currency Swap sono state utilizzate in particolari momenti in alternativa alle operazioni a termine per motivi di semplificazione. 3-option su divise Uno strumento di copertura piu' sofisticato è l'utilizzo di option su currency. Si definisce Option il contratto stipulato tra un venditore (writer) e un compratore (holder) che conferisce al secondo il diritto, ma non l'obbligo,di acquistare (CALL)o di vendere (PUT) una determinata attività (divisa,titolo, futures etc)ad un prezzo determinato entro una data scadenza (tipo americano) o alla scadenza predeterminata (tipo europeo).Tale diritto è conferito all'acquirente dietro corresponsione di un premio al venditore, commisurato al rischio (volatilità/tempo) sopportato da quest'ultimo. Le call option costituiscono una opportunità per l'acquirente del diritto di poter comprare ad una scadenza fissa una determinata quantità di divisa ad un cambio predeterminato. Se alla scadenza di tale impegno : il cambio spot è minore del prezzo di esercizio l'operatore abbandonerà il diritto e comprerà la divisa sul mercato il cambio spot è superiore al prezzo di esercizio l'operatore eserciterà l'opzione E’evidente come tali operazioni si prestino ottimamente alla copertura di passività o di impegni di acquisto a termine effettuando una difesa in caso di incrementi del rapporto di cambio della lira sulla divisa oggetto della transazione. Le put option rappresentano opportunità esattamente contrarie in quanto costituiscono una opportunità per l'acquirente dell'option di vendere una quantità di divisa ad una scadenza predeterminata ad un cambio prefissato. Se alla scadenza di tale impegno : il cambio spot è minore del prezzo di esercizio l'operatore eserciterà l'opzione il cambio spot è superiore al prezzo di esercizio l'operatore abbandonerà il diritto e vendere la divisa sul mercato. E’evidente come tali operazioni si prestino ottimamente alla copertura di attività o di impegni di vendita a termine effettuando una difesa in caso di decrementi del rapporto di cambio della lira sulla divisa oggetto della transazione.

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L'acquirente della Call di fatto assume una posizione LUNGA cioè rialzista sul rapporto di cambio e pertanto vuole assicurarsi oltre alla copertura del rischio anche la possibilità di fare profitti in caso di rialzo e pertanto per tale facoltà paga un premio. L'acquirente della Put di fatto assume una posizione CORTA, cioè ribassista sul rapporto di cambio e pertanto vuole assicurarsi oltre alla copertura del rischio di cambio di poter beneficiare di eventuali profitti in caso di ribassi. Il premio abbiamo detto è calcolato attraverso complesse funzioni matematiche che tengono conto di : � differenziale tassi fra le divise prese � la durata dell'operazione � la volatilità, intesa come variabile che esprime una valutazione soggettiva del

writer sulla rischiosità teorica dell'operazione in funzione di una possibile evoluzione dello scenario .

Da ultimo ricordiamo per completezza di informazione un ulteriore strumento di copertura dai rischi di cambio che il FUTURE su divisa . Il financial future su divisa al pari di quelli su titoli e su indici si realizza attraverso contratti di acquisto o vendita standardizzati trattati in mercati regolamentati (LIFFE Londra ad esempio) per quantità standard e su scadenze standard. La quotazione future è una estrapolazione della quotazione a pronti e rapportata alla consegna differita. In effetti trattasi sempre di un mercato a termine con il vantaggio della standardizzazione dei contratti e della estrema liquidità del mercato che appunto ne permette una operatività ampia.

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Allegato : I CREDITI DOCUMENTARI COMMENTO a: Norme ed Usi Uniformi pubblicazione numero 500 rev. 1993 della Camera di Commercio Internazionale Introduzione I Crediti documentari sono stati e saranno ancora per molti anni uno strumento indispensabile per il buon andamento del commercio internazionale. Sono inoltre il segno indiscutibile che la comunità internazionale, di qualunque razza o religione, quali siano gli usi ed i costumi, nella necessità di una crescita della comunità, è in grado di giungere ad un accordo su qualsiasi problema. Questo testo, per ovvi motivi, riporta in lingua italiana i termini ed i nomi; quando però ne esiste anche una versione in altra lingua, o una abbreviazione, che risultano essere di uso comune, queste vengono riportate tra parentesi accanto alla terminologia italiana. Parte I° Uno dei principali compiti della Camera di Commercio Internazionale di Parigi (CCI) è facilitare i rapporti commerciali tra imprenditori di paesi diversi, contribuendo così all'espansione del commercio internazionale. L'attività della CCI, per portare a termine questo compito, consiste appunto nel preparare strumenti universali, riconosciuti ed accettati da tutti gli operatori del mondo, che consentano la sicurezza nelle transazioni commerciali. Le Norme ed Usi Uniformi n. 500 Rev. 1993, relative ai Crediti Documentari.

1. Le Norme ed Usi Uniformi n. 522 Rev. 1995, relative agli incassi. 2. Le ISP 98 n. 590, relative alle regole e prassi internazionali sulle Standby Letters of

Credit. 3. Le Norme ed Usi Uniformi n. 458, relative alle garanzie su domanda. 4. Le Norme ed Usi Uniformi n. 525, relative ai rimborsi fra banca e banca.

Il Credito Documentario è il miglior strumento per le operazioni di export verso tutti quei paesi in cui esiste, oltre al normale rischio commerciale, legato a qualsiasi operazione, anche un rischio politico legato alle difficoltà economiche o alle tensioni sociali (c.d. rischio paese), che potrebbero creare difficoltà nel recupero delle somme dovute all'esportatore. Questa operazione, anche se un po' costosa, può poi essere messa in atto anche per assicurare quelle esportazioni verso paesi più sicuri, quando manca la fiducia nella controparte (per es. quando si entra in affari per la prima volta con un compratore sconosciuto di cui non si hanno informazioni commerciali). Il credito documentario è dunque uno strumento di regolamento garantito, che consiste in un impegno irrevocabile, assunto dalla banca estera del compratore a favore dell'esportatore, di pagare l'importo previsto dal credito contro la presentazione di documenti conformi. Una definizione molto asettica, ma chiara, la possiamo anche trovare nell'articolo 2 delle norme. Un principio base, che deve entrare nella mente di ogni persona che utilizza questi strumenti, è quello sancito dagli art. 3 e 4 - e cioè che tutta l'operazione è fondati sui documenti, e non sugli accordi sottostanti, siano essi contratti o semplici strette di mano. Sarà quindi l'esame dei documenti richiesti, e nient'altro, che permetterà alla banca incaricata di effettuare il pagamento o di rilasciare l'impegno di pagare alla scadenza. Un Credito Documentario deve essere chiaro, completo e preciso - Art. 5 - le banche, anche nel loro interesse, devono scoraggiare il tentativo di inserire nei crediti eccessivi dettagli, sia per quanto riguarda le istruzioni sia per quanto riguarda i documenti. Il beneficiario di un credito, ha comunque la possibilità di fare modificare quelle parti che non gradisce, sia richiedendo alla banca avvisante di intervenire sulla banca emittente (Via indiretta) sia contattando il cliente e richiedendo modifiche desiderate (Via diretta e solitamente più veloce). L'utilizzo di un credito è comunque un atto facoltativo, il beneficiario non è assolutamente obbligato

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a farlo, ma, se decide di utilizzarlo, dovrà sottostare alle norme che ne regolano l'operatività. Forma e Tipologia dei Crediti Documentari Nella forma un credito può essere revocabile o irrevocabile (Art. 6). In mancanza di esplicita indicazione nel testo il credito si intende irrevocabile.Con l'emissione di un Credito Documentario irrevocabile la banca emittente si impegna in maniera inderogabile nei confronti del beneficiario, a patto che tutte le condizioni siano correttamente rispettate(Art.9). Al contrario un credito revocabile può essere annullato o modificato in qualsiasi momento ed il beneficiario non può opporre alcuna eccezione, salvo pretendere il rimborso di documenti conformi presentati prima di ricevere l'avviso di annullamento o modifica (Art.8 ). L'accettare ed utilizzare un Credito Documentario revocabile espone il beneficiario ad un alto grado di rischio, che deve essere attentamente valutato. Un credito può essere avvisato direttamente dalla banca emittente, ma nella pratica questo non avviene quasi mai. La banca emittente si servirà invece di una banca avvisante, risiedente quanto più vicino possibile alla piazza di residenza del beneficiario. Questi può comunque indicare all'ordinante, preventivamente, quale è la sua banca preferita, o successivamente alla notifica, chiedere che il Credito venga appoggiato su altra banca più gradita. Tutto è più semplice quando il credito risulta "liberamente negoziabile" (available with any bank), questo significa che pur essendo stato avvisato dalla banca x, esso può essere utilizzato, presentandone il testo insieme ai documenti, presso qualunque banca gradita al beneficiario. Quando una banca avvisa un Credito Documentario al beneficiario significa anche che ha impiegato una ragionevole cura nel controllarne l'autenticità della provenienza.Se così non fosse la banca avvisata deve comunicare al beneficiario che non è stata in grado di controllarne l'autenticità, facendone chiara menzione all'atto dell'avviso. Sulla tipologia dei crediti documentari è ora neces sario fare una ulteriore distinzione (Art.9).

A) Crediti avvisati. - Nel credito avvisato l'intera responsabilità, vale a dire l'impegno irrevocabile (o revocabile) di pagamento ricade unicamente sulla banca emittente. Cosa vuol dire questo? Che a fronte di documenti conformi la banca emittente deve pagare senza eccezione (o rilasciare impegno di pagamento a scadenza o accettare le tratte emesse a suo carico).

B) Crediti confermati. - Nel credito confermato, un'altra banca (banca confermante) su autorizzazione della banca emittente, aggiunge il suo impegno inderogabile al pagamento, all'accettazione o al rilascio di impegno di pagare a scadenza. Questa aggiunta di conferma, quando avviene da parte di una banca del nostro paese, toglie al credito qualunque alea di rischio politico e commerciale, perché la banca italiana confermante eseguirà la prestazione di utilizzo dei documenti in Italia, dando all'esportatore la totale sicurezza che, a fronte di documenti conformi verrà pagato senza alcuna eccezione. Ovviamente questa conferma ha un costo: la commissione di conferma; che viene calcolata dalle banche in base a vari parametri, quali la rischiosità politica del paese dell'importatore, lo standing internazionale della banca emittente, la durata del credito, eventuali clausole particolari; in più, nel caso di pagamento a scadenza, sarà richiesta al beneficiario una commissione di "pagamento differito", che verrà calcolata in base agli stessi parametri. Queste commissioni si possono equiparare a tutti gli effetti a dei premi di assicurazione, che danno all'operatore la tranquillità assoluta sull'esito dell'esportazione.

L'art. 9 contiene ancora due importanti affermazion i:

1. Un credito può essere modificato; ma: A. è necessario l'accordo della banca emittente, della banca confermante e del

beneficiario. Queste modifiche vincolano le parti in momenti diversi:

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� a) per la banca emittente il vincolo nasce nel momento dell'emissione della modifica, cioè della sua comunicazione alle altre parti.

� b) Per la banca confermante nasce nel momento in cui avvisa la modifica al beneficiario. Detta banca potrebbe anche rifiutare di aggiungere la conferma alla modifica, ma in questo caso deve chiaramente specificarlo sia al beneficiario che alla banca emittente.

� c) Per il beneficiario la modifica è vincolante solo quando viene accettata; la presentazione di documenti conformi significa implicita accettazione della modifica.

B. non è corretto imporre al beneficiario un tempo limite per rifiutare la modifica, ma è bene che questi, per evitare confusioni, valuti subito la portata delle modifiche che gli vengono avvisate, e, se necessario, le rifiuti subito e per scritto.

C. Se con un unico avviso vengono comunicate più modifiche queste devono essere accettate o rifiutate in blocco, in quanto l'accettazione parziale non è consentita a nessuna delle parti.

2. Se un credito prevede l'emissione di tratte, queste dovrebbero essere emesse a carico della banca emittente o confermante , e non a carico dell'ordinante .

L'art. 10 continua la serie delle distinzioni sulla tipologia dei Crediti Documentari: infatti ogni credito deve chiaramente indicare se è utilizzabile per il pagamento a vista o a scadenza, per l'accettazione o la negoziazione. Un Credito Documentario può prevedere l'utilizzo dei documenti presso la stessa banca emittente, ma solitamente è previsto che ci sia una banca "designata", che è autorizzata a pagare, a rilasciare impegno di pagamento differito, ad accettare o negoziare tratte.Diversamente un credito può anche essere utilizzabile liberamente presso qualsiasi banca per negoziazione (any bank). Vediamo ora il significato dei termini di utilizzo. Un Credito Documentario può essere utilizzabile: - Per pagamento a vista (by payment). - Significa che la banca designata, contro la

presentazione di documenti conformi, paga in via liberatoria il beneficiario. è il tipo di pagamento più conveniente per l'esportatore, il quale viene pagato in via definitiva, ciò significa che, se anche i documenti, ad un successivo controllo, non fossero riscontrati in regola, questa contestazione non gli sarebbe più opponibile.

- Contro rilascio di impegno di pagamento differito ( by deferred payment). - significa che la banca designata, contro presentazione di documenti in ordine, è autorizzata a rilasciare un impegno scritto incondizionato di pagamento ad una scadenza già preventivamente stabilita nel testo del credito . anche in questo caso si tratta di una prestazione a carattere liberatorio; tutte le vicende del credito o dei documenti che accadono dopo il rilascio dell'impegno non riguardano più il beneficiario. Nella forma l'impegno di pagamento differito corrisponde solitamente ad una lettera della banca designata indirizzata al beneficiario, nella quale, dopo un preciso richiamo ai dati del Credito Documentario, viene enunciato l'impegno di pagare una determinata cifra ad una determinata scadenza. Nella sostanza si tratta di un documento che si potrebbe equiparare ad una cambiale (promessa di pagamento a scadenza) e di valore certamente alto visto l'elevato standing di chi l'ha rilasciata. La stessa banca emittente l'impegno è solitamente favorevole allo sconto del medesimo, quando il beneficiario ha la necessità di attualizzare il ricavo, ed il tasso di sconto è certamente favorevole data l'assenza di rischio.

- Per accettazione (by acceptance). - Il significato è uguale al precedente. La banca incaricata, in questo caso, a fronte di documenti in regola accetta una cambiale a scadenza emessa a suo carico ed a favore del beneficiario del credito. Bisogna dire

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che le banche italiane, normalmente rifiutano di accettare un effetto, e rilasciano invece un impegno scritto; questo conferma tutto quanto già detto al punto precedente.

- Per negoziazione (by negotiation). - Si intende in questo caso, il riconoscimento al beneficiario, da parte della banca negoziatrice, di un importo a fronte di documenti conformi. Questo riconoscimento è però effettuato "salvo buon fine" e non in via liberatoria; vale a dire che le vicende dei documenti, successive a questo riconoscimento di corrispettivo, investono il presentatore beneficiario, mettendolo in pericolo anche per eventuali "non conformità" dei documenti, sollevati dalle banche emittenti a volte anche in maniera pretestuosa.

Vi è poi una particolare tipologia di Credito Documentario, molto frequente nella pratica, che presente le seguenti condizioni:

• Utilizzo: per negoziazione presso una banca designata o qualsiasi banca. • Conferma: No. • Pagamento o rimborso: istruzioni di rimborso omesse; "a ricezione di documenti in

ordine la banca emittente provvederà direttamente a rimborsare la banca negoziatrice secondo le sue istruzioni.

Questa tipologia, particolarmente usata dalle banche dell'estremo oriente, è piuttosto pericolosa per il beneficiario, perché lo mette di fronte alla seguente situazione: - La banca negoziatrice esegue solo una semplice verifica dei documenti, non essendo

in grado di negoziarli effettivamente in quanto mancano, nel testo del Credito Documentario le istruzioni di rimborso; il vero esame definitivo, ed il successivo pagamento competono quindi alla banca emittente, che provvederà solo quando i documenti saranno giunti a destino e saranno stati controllati.

- l pagamento, anche se "a vista", sarà quindi dilazionato per il numero di giorni necessari al "viaggio" dei documenti ed al tempo occorrente per il loro controllo, sempre che, con pretestuosi cavilli, questo "tempo necessario", non venga artatamente dilazionato (per il tempo necessario al controllo dei documenti vedi il commento all'articolo 13).

- Il rischio di smarrimento dei documenti è a totale carico del beneficiario, che non verrà pagato se i documenti non perverranno alla banca emittente per qualsiasi motivo. Lo smarrimento o un disguido nel recapito dei documenti è un'evenienza che per fortuna si verifica raramente, ma va comunque tenuta presente nella valutazione dei rischi e dei costi dell'imprenditore.

Facciamo un esempio: Caio spedisce un carico di merci particolarmente ingombranti in oriente via mare; il pagamento avverrà a vista presso la banca emittente "a ricezione documenti in ordine".La banca designata verifica i documenti (senza impegno come servizio di consulenza) e, rilevandoli in ordine, li spedisce alla banca emittente via corriere espresso. Dopo due settimane dalla partenza la merce arriva a destino; l'ordinante del credito richiede con urgenza i documenti in quanto necessari per lo sdoganamento. La banca designata, dopo un controllo, appura che il corriere ha smarrito i documenti, e si rende necessario l'emissione di duplicati. Il tempo tecnico necessario è di circa una settimana.La merce, in sosta nei magazzini doganali del porto di destinazione, sempre che non sia deperibile, paga una tassa che può anche essere molto alta. A questo punto il compratore, se non è un filantropo, può rifiutare la merce se i documenti sono giunti in ritardo, e quindi non pagare il credito, oppure obbligare il venditore ad accettare una riduzione del prezzo almeno pari alle spese di sosta. Ne il venditore può tentare di rivalersi sul corriere, che, come recitano chiaramente le polizze di trasporto dei documenti, è responsabile al massimo per il valore materiale dei documenti trasportati (cioè il valore della carta), e non per il valore che essi rappresentano.

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Nella sostanza questi crediti documentari sono dunque delle semplici operazioni di invio documenti al dopo incasso, con la sola maggior sicurezza data dalla irrevocabilità del Credito Documentario. Diverso discorso sarebbe stato se si fosse trattato di un vero credito di negoziazione con clausola di rimborso. In questo caso la banca negoziatrice avrebbe infatti avvisato la banca emittente dell'utilizzo, e questa avrebbe lamentato il mancato arrivo dei documenti dopo pochi giorni e non dopo due settimane. Meglio ancora, nel caso di Credito Documentario confermato, il rischio di viaggio dei documenti ricade sulla banca emittente dal momento in cui questi le vengono spediti, e quindi l'attenzione è ancora maggiore. La trasmissione delle istruzioni Nella prassi ordinaria i Crediti Documentari sono trasmessi in forma telematica autenticata; è quindi normalmente esclusa la forma epistolare, e, se una conferma scritta venisse inviata, sarebbe comunque inutile e priva di effetto, a meno che il messaggio telematico non specifichi che i dettagli contenuti nella lettera costituiscano parte integrante ed operativa del credito (art. 11). Se una banca emittente si avvale di una determinata altra banca per avvisare il credito, dovrà avvalersi della stessa anche per avvisare le modifiche e le eventuali riserve. Il preavviso di emissione di un credito può essere revocabile o irrevocabile, in questo secondo caso la banca che lo invia sarà vincolata secondo i termini stabiliti nel preavviso. Le istruzioni impartite dalle banche emittenti devono essere chiare, complete e precise. Una banca incaricata di notificare o confermare un credito non è tenuta a fornire alcuna prestazione in caso di incertezza sulle istruzioni, ma al massimo può fornire al beneficiario un semplice avviso a titolo informativo nelle more di ricevere le dovute precisazioni (Articolo 12). criteri generali per l'esame dei documenti. Momento culminante nella vita del Credito Documentario è quello della presentazione dei documenti alla banca incaricata. Tale attività, tecnicamente denominata "utilizzo" consiste nell'esame dei documenti e nell'esecuzione della prestazione, vale a dire il pagamento, l'accettazione di una tratta a scadenza o il rilascio di un impegno di pagamento. Prima di approfondire la delicata casistica dei singoli docu menti, l'art. 13 fissa alcuni criteri generali per uniformare questa operazione in tutte le banche di tutto il mondo.

I. L'esame dei documenti deve essere eseguito con ragionevole cura per accertare la loro conformità formale al dettato del credito. Quindi le banche non devono fare un esame di carattere inquisitorio, sostituendosi agli organi finanziari o doganali, ma procedere con "ragionevole cura" ad un esame di carattere "formale".

II. Gli articoli delle Norme e Usi Uniformi stabiliscono una prassi bancaria internazionale; quindi l'esame dei documenti eseguito da banche italiane, coreane, marocchine, brasiliane o di qualunque altro paese, avviene secondo gli stessi criteri.

III. Esiste un "principio generale di concordanza dei documenti" che non è possibile trascurare, e che deve guidare tutta la procedura dell'esame.

Se vengono presentati documenti non richiesti le banche (nessuna delle banche coinvolte nel credito) non li esamineranno, e li respingeranno al presentatore, a meno che venga loro richiesto, senza responsabilità, ed al di fuori delle condizioni del credito, di inoltrarli all'ordinante. Ogni banca ha a disposizione un ragionevole periodo di tempo per esaminare i documenti presentati, ma questo periodo non può comunque eccedere i sette giorni lavorativi. Se un credito prevede una determinata condizione, ma non è richiesto nessun documento relativo a tale previsione, essa sarà ignorata dalle banche. Facciamo un esempio:

a. il beneficiario deve dare avviso di spedizione all'ordinante entro due giorni dalla data di partenza della nave. CONDIZIONE NON DOCUMENTALE

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b. il beneficiario deve dare avviso di spedizione via fax all'ordinante entro due giorni dalla data di partenza della nave, il report del fax deve essere allegato ai documenti. condizione documentale

Il buon senso comunque consiglia di chiedere all'ordinante una sollecita modifica del credito che cancelli la condizione non documentale o specifichi il documenta richiesto. documenti discordanti . A fronte di documenti conformi, presentati entro i termini previsti, la banca emittente o confermante è contrattualmente obbligata a rimborsare la banca designata e quindi il beneficiario (Art. 14). Bisogna tenere presente che, superato il termine di scadenza, cessano gli obblighi contrattuali delle banche operanti, che possono anche rifiutare i documenti nonostante il benestare dell'ordinante. Nei casi ordinari comunque, la banca designata, che rilevi documenti non conformi, è tenuta a darne avviso entro il termine stabilito di sette giorni lavorativi alla banca da cui li ha ricevuti o al beneficiario presentatore, specificando tutte le discordanze ed indicando se i documenti vengono resi o tenuti a disposizione. È importante ricordare che il beneficiario ha il diritto di sostituire i documenti non conformi con altri nuovi fino alla scadenza del credito; ed il nuovo esame potrà riguardare solo i nuovi documenti, mentre quelli riscontrati in ordine nel primo esame non potranno più essere contestati.

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CAPITOLO 9

I FINANZIAMENTI AGEVOLATI E LA CREAZIONE DI NUOVA IMPRENDITORIALITÀ

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9.1 LE AGEVOLAZIONI FINANZIARIE ALLE IMPRESE Come abbiamo visto i finanziamenti alle Imprese si suddividono in due categorie - • Finanziamenti ordinar! - • Finanziamenti agevolati

9.1. Definizioni di agevolazione Dei primi abbiamo già esaminato un ampio dettaglio, per i secondi occorre prima definire alcuni concetti base Attualmente il sistema di agevolazioni all'impresa si basa su due tipologie di intervento: a) finanziamenti agevolati (contributi su interessi ) b) contributi che tendono a ridurre il costo dell’' indebitamento per

l'impresa contributi in conto capitale) contributi che riducono il costo dell'investimento per l'impresa

c) Agevolazioni automatiche(solo nazionali) Trattasi di agevolazioni in termini di risparmio di imposta applicabile all’impresa che effettua investimenti (Tremonti, L. 341 etc)

Nota bene :La attuale politica del governo mira a ridurre sempre più i contributi a fondo perduto sostituendoli con contributi in conto interessi Le tre tipologie di cui sopra sono disciplinate da una serie di norme che, nel rispetto delle indicazioni delle UE, tendono a limitare le agevolazioni solo a casi ben determinati. d) Criteri di concessione Le agevolazioni sono concesse alle imprese : > a fronte di investimenti da effettuare o in alcuni casi effettuati(solo alcuni casi

di leggi regionali) > in base all'area territoriale in cui l'investimento è intrapreso > in base al settore in cui l'impresa opera(incentivi ed esclusioni) Ulteriore fondamentale distinzione è la suddivisione della provenienza dei fondi per cui abbiamo : Agevolazioni a carattere europeo Agevolazioni a carattere nazionale Agevolazioni a carattere regionale. In alcuni casi può esserci un mix fra i vari strumenti . Primo criterio è la definizione dello scopo per cui tali interventi sono finalizzati principalmente al finanziamento di progetti d’investimento per: � Creazione di nuove imprese � Costruzione di nuovi impianti � Sviluppo di attività economiche � Ampliamenti � Ammodernamenti

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� Ristrutturazioni � Riconversioni � Riattivazioni � Trasferimenti Secondo criterio è la suddivisione delle agevolazioni per nuovi investimenti per area. Infatti attualmente le agevolazioni sotto forma di contributi a fondo perduto sono utilizzabili solamente dalle imprese che effettuano investimenti nell'area "obiettivo 1" Scopo dell’Obiettivo 1 è di promuovere lo sviluppo e l’adattamento strutturale delle regioni a sviluppo arretrato. Le regioni ammissibili all’obiettivo 1 sono le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media comunitaria. L’ambito territoriale dell’obiettivo 1 comprende integralmente le regioni meridionali Le aree "ex obiettivo2" L'Obiettivo 2 (che raggruppa gli ex Obiettivi 2 e 5b del periodo 1994-1999, ma non comprende necessariamente gli stessi Comuni) mira a sostenere la riconversione economica e sociale delle zone caratterizzate da difficoltà strutturali (un ritardo nello sviluppo, o presentano disoccupazione forte o sono state oggetto di processi di riconversione industriale) Tali zone sono state suddivise in quattro tipi: industriali, rurali, urbane e dipendenti dalla pesca La suddivisione di cui sopra è importante in quanto è applicata a livello europeo per cui ogni Stato indica alla Cee le aree monitorandone poi le variazioni di parametro. Le aree in phasing out sono quelle in cui nel 2013 termineranno le agevolazioni ad. esempio il Molise, qualche comune in Abruzzo, nelle Marche e nel Lazio) In termini di agevolazioni territoriali vanno ricordati : Patti territoriali e/o contratti d'area (limitato ad un territorio promosso dagli enti locali competenti) che hanno l’obiettivo di incentivare gli investimenti delle imprese in una determinata e specifica area. Il terzo criterio applicabile è quello settoriale Infatti le norme determinano da un lato le agevolazioni rivolte ad un settore specifico, ad esempio la ricerca, la Pesca, l'artigianato, il turismo e dall’altro le esclusioni .Infatti alcuni settori (acciaio, automobili, navi etc ) non sono finanziabili in modo agevolato in nessun modo anche se magari è un nuovo investimento in un area depressa. In tal caso la soluzione viene trovata con i contratti d’area che possono derogare alle norme generali in funzione di un superiore interesse quale quello dell’occupazione in aree depresse. Il quarto criterio che subordina l’ammissibilità dei benefici e ne gradua in alcune zone l’entità, è quello della dimensione : Vengono considerate due tipologie di imprese : Piccole e medie imprese artigiane di produzione Grandi imprese di produzione A) Le PMI sono classificate con i seguenti parametri: occupati < 250

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fatturato < € 40 ml attivo investito < € 27 ml eventuale quota di partecipazione di grandi imprese < al 25% B) le grandi imprese superano i parametri di cui sopra . Ulteriore suddivisione può essere applicata (per graduare l’entità dell’agevolazione) individuando le Piccole imprese che debbono rispettare i seguenti limiti : occupati < 50 fatturato < € 7ml attivo investito < € 5 ml 9.2 Riepilogo delle norme attuali Nell'ambito del rispetto di tali normativa le Regioni possono poi porre ulteriori vincoli delimitando ancor più l'accessibilità delle risorse da parte delle imprese,in funzione delle priorità regionali. Le agevolazioni di tasso normalmente sono molto limitate e vengono concesse su a fronte di investimenti in settori specifici come ad esempio: l'acquisizione in proprietà o in leasing di macchinari ad alta tecnologia Di seguito si riportano le principali forme di agevolazioni basate su interventi comunitari e nazionali. Agevolazioni a carattere comunitario

Concessione di Garanzie Finanziarie FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti) a fronte di specifici programmi di investimento Fondi Strutturali C.E.E. Fondo Europeo di Sviluppo Regionale "F.E.S.R." Fondo Sociale Europeo "F.S.E." Fondo Europeo Agricolo Orientamento e Garanzia "F.E.A.O.G." Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca "S.F.O.P." Programma di Iniziativa Comunitaria "Pesca" Programma di Iniziativa Comunitaria "P.M.I." Programma di Iniziativa Comunitaria "Leader II" Finanziamenti di progetti di investimento nei paesi in via di sviluppo Finanziamenti di progetti di investimento nei paesi dell'Europa Centro Orientale

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Agevolazioni a carattere nazionale

Finanziamenti agevolati per l'acquisto di automezzi per trasporti specifici (legge 949/52) Sconto di effetti collegati alla compravendita o locazione finanziaria di macchine utensili o di produzione (Legge Sabatini) Finanziamenti agevolati per le operazioni di credito inerenti esportazioni ed esecuzione di lavori all'estero (Legge Ossola) Finanziamenti ai consorzi e società consortili tra PMI (Legge 240/81) Finanziamenti per la penetrazione commerciale all'estero (Legge 394/81) Agevolazioni finanziarie per la promozione e lo sviluppo della imprenditorialità giovanile (Legge De Vito) Finanziamenti per joint venture all'estero (Legge 100/90) Crediti d'imposta o contributi in c/capitale per la realizzazione di investimenti innovativi nell'industria e nei servizi (Legge 317/91) Spese di ricerca (Legge 317/91 art. 8) Finanziamenti agevolati e/o contributi in c/capitale per il sostegno dei consorzi di servizi (legge 317/91 artt. 17-22, 24) Agevolazioni a sostegno di società consortili miste (Legge 317/91 art. 27) Agevolazioni finanziarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria femminile (Legge 215/92) Nuovo "Intervento Ordinario" per la realizzazione di iniziative produttive nell'industria e nei servizi (Legge 488/92 Industria e Servizi) Agevolazioni per la realizzazione di iniziative produttive nel settore turistico (Legge 488/92 Turismo) Agevolazioni finanziarie per la promozione di nuove imprese giovanili nel settore dei servizi Finanziamenti agevolati per interventi destinati alla tutela ambientale Agevolazioni in forma automatica Fondo di garanzia crediti Agevolazioni fiscali a sostegno delle innovazioni nelle imprese industriali (Legge 341/95 art. 2)

Agevolazioni a carattere regionale Le regioni operano con agevolazioni mirate volte ad incentivare particolari attività come gli Agriturismi o settori come gli Artigiani o l’ attività di internazionalizzazione in linea con gli obiettivi di sviluppo regionale, per cui si è ritenuto non utile fare una disamina della normativa delle varie regioni. Un ultima considerazione da fare è quella che,salvo alcuni interventi specifici, le agevolazioni sono concedibili a fronte di una richiesta che deve essere presentata con una metodologia standard. Tale metodo prevede la : > realizzazione di uno specifico progetto >la predisposizione di uno specifico Business Pian >la richiesta all’ente gestore dei fondi Tale Ente (Regione, Provincia, Ministero o altro ) utilizzerà per l’ Istruttoria tecnico economica un soggetto terzo di solito una banca o una società specializzata.

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Una volta concesso il contributo verrà erogato a fronte delle documentazione di spesa presentata dalla ditta e già dalla medesima pagata. Pertanto la decisione imprenditoriale di avviare l'investimento dovrebbe essere presa indipendentemente dal contributo concedibile, in realtà questo non sempre avviene con ovvi problemi poi di gestione nell’impresa(soprattutto se di nuova costituzione). Brevemente e a titolo esemplificativo si riporta l’iter metodologico per la predisposizione del BUSINESS PLAN Definizione degli obiettivi e delle strategie dell' idea del business e elaborazione del piano di marketing Analisi del mercato e del settore di riferimento Analisi della concorrenza Collegamento tra analisi di mercato e piano di marketing Costruzione del piano di marketing: individuazione degli obiettivi, delle strategie e del target di clientela Leve operative del marketing: elementi caratteristici e loro impostazione gestionale Piano delle vendite Elaborazione del piano degli investimenti Piano degli investimenti e sua formazione Scelta degli impianti e macchinari: caratteristiche tecniche e tipologia di processo produttivo Piano di produzione Ciclo produttivo Piano della manodopera Elaborazione dei piani economico-finanziari Raccordo tra le scelte strategiche e gestionali ed i valori economico-patrimoniali di bilancio Formalizzazione delle previsioni economiche e finanziarie Costruzione dei valori di bilancio previsionali Piano di copertura dei fabbisogni economico-finanziari Redditività dell’impresa Bilanci previsionali ed il processo di elaborazione dei flussi di cassa

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9.3 LA CREAZIONE DI NUOVA IMPRESA Dopo l’analisi in via generale analizziamo due specifiche forme di intervento destinate alla Creazione di Nuova Impresa In particolare per donne e giovani. Le leggi attualmente esistenti, ma la pochezza dei fondi ne limita l’operativa , sono le seguenti: 9.3.1 L 95/95 (ex L 44/86) IMPRENDITORIA GIOVANIL E Obiettivo favorire lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nelle aree depresse (obiettivo 1) e a livello regionale ove recepita da specifica norma La legge 95/95 è rivolta esclusivamente all'imprenditoria giovanile. Questa riguarda solamente le società di giovani costituite, ma non attive. La norma si occupa dei finanziamenti verso gli investimenti in beni materiali ed immateriali e spese di gestione. Le facilitazioni in oggetto sono erogate con un contributo in conto capitale, in conto gestione, mutuo agevolato. I destinatari: Le imprese beneficiarie sono le società di persone e di capitale, (comprese le cooperative) costituite in maniera prevalente o totalitaria da giovani. Esistono però dei requisiti fondamentali per l'ottenimento di tali finanziamenti: L'impresa deve essere costituita e formata da d'età compresa tra i 18 ed i 29 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e di quote di partecipazione, oppure imprese composte esclusivamente da giovani di età compresa tra i 18 ed i 35 anni; in entrambi i casi i soci dovranno essere residenti nei Comuni compresi nelle zone di operatività della legge. Le attività devono avere per oggetto la produzione di beni in agricoltura, artigianato ed industria o la fornitura di servizi alle imprese. Le imprese devono essere già costituite all'atto della presentazione della domanda ma non ancora in attività. Le spese ammissibili : Le spese ammissibili (IVA esclusa) sono quelle relative agli investimenti in beni durevoli ed alle spese di gestione. A seconda dei generi di contributo sono agevolate le seguenti tipologie di spesa: Acquisto del terreno. Opere edilizie. Allacciamenti, macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica. Altri beni materiali ed immateriali durevoli. Studi di fattibilità comprensiva dell'analisi di mercato. Spese per acquisti di materie prime, semilavorati e prodotti finiti. Spese per prestazioni di servizi. Oneri finanziari, esclusi gli interessi relativi ai mutui agevolati concessi in base alla presente legge. Il Contributo : L'agevolazione si differenzia in base al tipo di spesa. Per le spese relative agli investimenti essa consiste in contributi a fondo perduto ed in un mutuo agevolato, calcolati secondo criteri e modalità fissati dall'Unione Europea che possono coprire una percentuale degli investimenti fino al 90% circa. Per le spese di gestione consiste, nei primi anni d'attività, in un contributo a fondo perduto secondo percentuali che variano in base ai territori d'ubicazione della sede operativa aziendale. Le percentuali di contributo variano a seconda del territorio in cui è ubicata la sede operativa dell'azienda.

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9.3.2 L 236/93 IMPRENDITORIA GIOVANILE (fornitura servizi) Obiettivo : fornire incentivi per lo sviluppo di nuove imprese giovanili nei settori dell'innovazione tecnologica, della tutela ambientale, della fruizione dei beni culturali, del turismo e della manutenzione di opere civili ed industriali. La legge 236/93 è rivolta a società o cooperative composte da giovani tra i 18 ed i 35 anni. I finanziamenti comprendono progetti relativi alla fornitura di servizi nei settori della fruizione di beni culturali, del turismo e della manutenzione di opere civili ed industriali, dell'innovazione tecnologica e della tutela ambientale. Anche se i fondi necessari sono minimi, in teoria sono previsti contributi in conto capitale, mutui a tasso agevolato, contributi per spese di gestione, assistenza tecnica (tutoraggio), formazione e qualificazione professionale. I destinatari: beneficiari di questi interventi sono tutte le Società o Cooperative composte esclusivamente da giovani tra i 18 ed i 35 anni o in alternativa le Società e le Cooperative composte prevalentemente da giovani tra i 18 ed i 29 anni che abbiano la maggioranza assoluta sia numerica che di quota sempre residente nei territori. Il contributo: Per i beneficiari di questa legge sono previsti diversi tipi d'intervento: Formazione e qualificazione professionale. Contributi per spese di gestione. Mutui a tasso agevolato. Contributo in conto capitale. Formazione e qualificazione professionale. A seconda del tipo di intervento che si adotta vengono definiti dei parametri che influenzano la percentuale di erogazione del contributo. Tali parametri sono in funzione dell'ubicazione territoriale e della tipologia di spesa. Le spese ammissibili: Le spese ammissibili sono quelle relative alla fornitura di servizi nella fruizione dei beni culturali, del turismo e della manutenzione d'opere civili ed industriali, dell'innovazione tecnologica e della tutela ambientale. Le spese che possono essere finanziate con questa legge sono: Acquisto del terreno necessario all'iniziativa; Opere d'edilizia (fino ad un massimo del 40% della spesa complessiva); Studio di fattibilità del progetto (fino ad un limite del 2% dell'investimento); Acquisto macchinari, impianti, attrezzature (il tutto deve necessariamente essere nuovo); o Allacciamenti; Acquisto di altri beni direttamente collegabili al ciclo produttivo; o Spese di gestione; Spese di formazione. I contributi per le spese di gestione vengono concessi per i primi quattro anni di attività e vengono ripartiti in funzione della suddivisione territoriale. L'attività d'impresa prevista nel progetto dovrà essere svolta per un periodo di almeno cinque anni. 9.3.3 L . 215/92 - IMPRENDITORIA FEMMINILE Obiettivo: fornire incentivi per lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali femminili o di imprese gestite in prevalenza da donne Attualmente vigono norme anche per facilitare lo sviluppo dell'imprenditoria al femminile. La legge 215 si rivolge a Piccole imprese a predominante partecipazione femminile. Questa norma facilita e contribuisce al finanziamento per investimenti in beni materiali ed immateriali e spese per acquisizione di servizi reali. I destinatari :

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I soggetti beneficiari sono le nuove imprese, gestite prevalentemente da donne, non facenti parte di gruppi e che rispondono alla definizione di piccola impresa. Possono essere ditte individuali, società di persone e cooperative (costituite per almeno il 60% da donne) e società di capitale (la composizione del capitale e degli organi amministrativi deve essere per i due terzi riservata a donne). Industria, agricoltura, artigianato, commercio, turismo, servizi sono i settori in cui tali entità devono operare secondo tre tipologie d'iniziative riguardanti la creazione di nuove od il miglioramento delle imprese esistenti, la formazione di nuove imprenditrici e la qualificazione professionale delle stesse. Il contributo : Le agevolazioni constano di contributi in conto capitale. Le percentuali a seconda della tipologia di investimento variano da zona a zona. Le spese ammissibili: Avvio di nuove attività: Progettazione e direzione lavori (per un massimo del 5% del costo totale). Impianti generali. Macchinari ed attrezzature. Brevetti e software. Acquisizione attività preesistenti: Impianti, macchinari ed attrezzature. Progettazione e studi di fattibilità. Brevetti e software. Personale adibito alla realizzazione del progetto 9.3.4 L . 608/96 - PRESTITO D'ONORE Obiettivo Fornire finanziamento e assistenza tecnica di progetti che prevedano la realizzazione di un'attività autonoma in forma individuale da parte di disoccupati I destinatari sono i disoccupati e gli inoccupati di età superiore ai 18 anni, residenti:. Cosa si può fare: Le iniziative possono riguardare qualsiasi settore (produzione di beni e fornitura di servizi). Sono agevolate solo le ditte individuali. Gli investimenti complessivi non possono superare i 25.500 euro. Le agevolazioni finanziarie: Gli investimenti sono finanziabili al 100%. Il 60%, fino a un massimo di € 15.500, viene erogato sotto forma di contributo a fondo perduto e il restante 40%, fino a un massimo di 10.916.euro, in forma di prestito agevolato, da restituire in 5 rate annuali posticipate. Al momento della stipula del contratto di agevolazione, è possibile avere un anticipo pari al 30% del totale degli investimenti ammessi. Per la gestione viene erogato un contributo a fondo perduto pari a un massimo di 10 milioni di lire per le spese ammissibili effettivamente sostenute nel corso del primo anno di attività. L'assistenza tecnica (tutoraggio): Nella fase di avvio dell'iniziativa sono previsti servizi totalmente gratuiti di consulenza/assistenza tecnica da parte di organismi specializzati (i cosiddetti "tutor"). La selezione/formazione: Per accedere alle agevolazioni occorre compilare l'apposito modulo di domanda illustrando sinteticamente la propria idea. Può essere presentata una sola domanda di agevolazione. Le domande regolarmente presentate sono esaminate in ordine cronologico e sottoposte a una prima selezione in base alle potenziali attitudini e capacità dei proponenti e all'esistenza di presupposti di fattibilità tecnica e redditività dell'idea. I soggetti selezionati sono invitati a partecipare alle attività di formazione - non retribuite e con frequenza obbligatoria - della durata di due mesi, al termine delle quali viene effettuata la selezione definitiva. Tali leggi sono in realtà rivolte solo alle aree depresse (obiettivo 1) e sono poi replicate in alcune regioni. Nell’ambito dell’attività Istituzionale di supporto alla creazione di occupazione un ruolo importante svolge SVILUPPO ITALIA, agenzia controllata dal Ministero Attività Economiche.

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9.3.5 La CREAZIONE NUOVA IMPRENDITORIALITÀ DA PARTE DI SVILUPPO ITALIA

Nuova imprenditorialità giovanile Le misure a favore delle imprese giovanili gestite da Sviluppo Italia sono dirette a favorire lo sviluppo di una nuova imprenditorialità giovanile nelle aree economicamente svantaggiate del Paese. Sviluppo Italia con l'erogazione diretta degli incentivi finanziari previsti dal Titolo I del D. Lgs. 185/00, promuove la creazione e lo sviluppo d'imprese costituite da gio vani nelle aree depresse del Paese attraverso quattro diverse misure: - produzione di beni e servizi alle imprese - cooperative sociali - subentro in agricoltura - fornitura di servizi. Sviluppo Italia rispetto a queste misure è impegnata nel: selezionare le proposte imprenditoriali e valutare i progetti d'impresa erogare direttamente gli incentivi finanziari sulla base degli investimenti realizzati monitorare le performance delle nuove imprese. I TERRITORI Le agevolazioni sono applicabili nei seguenti territori: le aree Obiettivo 1, 2 e “phasing out” dei Fondi Strutturali dell’Unione Europea le aree “in deroga” ai sensi del Trattato UE Si tratta di oltre 2.000 comuni del Sud (le intere regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) e di più di 3.600 comuni del Centro-Nord, pari complessivamente a più del 70% del totale dei comuni italiani. I RIFERIMENTI NORMATIVI Le agevolazioni per la creazione d’imprese giovanili gestite da Sviluppo Italia fanno capo al Titolo I “Autoimprenditorialità”del Decreto legislativo 185/2000, . Attualmente le agevolazioni per i giovani imprenditori sono disciplinate, oltre che dalla normativa UE applicabile, dalle seguenti Leggi e dai relativi Regolamenti di attuazione: legge 95/95 - Produzione di beni e servizi alle imprese legge 448/98 - Cooperative sociali legge 135/97 - Subentro in agricoltura legge 236/93 - Fornitura di servizi Microimpresa I destinatari sono le società in nome collettivo, semplici e in accomandita semplice (sono pertanto ESCLUSE le ditte individuali, le società di capitali, le cooperative, le società di fatto e le società aventi un unico socio) in cui almeno la metà numerica dei soci, che detenga almeno la metà delle quote di partecipazione, sia in possesso dei seguenti requisiti: maggiore età alla data di presentazione della domanda non occupazione nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda Si considerano occupati: i lavoratori dipendenti (a tempo determinato e indeterminato, anche part-time) i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa i liberi professionisti i titolari di partita IVA

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gli artigiani, gli imprenditori, i familiari e i coadiutori di imprenditori residenza alla data del 1° gennaio 2003 nei territo ri di applicazione della normativa (il solo requisito della residenza è relativo all'intero territorio di quei comuni che anche solo in parte ricadono nelle aree agevolabili). Nei medesimi territori deve essere ubicata la sede legale, amministrativa e operativa delle iniziative. Cosa si può fare produzione di beni,fornitura di servizi. Sono ESCLUSE le iniziative che si riferiscono a: produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli trasporti (di merci conto terzi e di persone in numero superiore a 9) commercio. Gli investimenti complessivi non possono superare i 129.114 euro. Le agevolazioni finanziarie Nella delibera CIPE del 9 maggio 2003, n. 16 - pubblicata sulla G.U. n. 156 dell’8 luglio 2003 - sono stati richiamati i principi di cui all’art. 72, comma 2 della legge 289 anche in merito alle gestione delle misure agevolative di cui al Titolo II del D. Lgs. 185/00; pertanto le agevolazioni concedibili per la misura Microimpresa comunque entro il limite de minimis - sono le seguenti: - contributo a fondo perduto e mutuo agevolato (restituibile in sette anni con le

modalità di cui all’art. 7 del DM 295 del 28 maggio 2001) a completa copertura dell’investimento presentato;

- contributo a fondo perduto sulle spese di gestione per il 1° anno. Attenzione: Il mix delle agevolazioni potrà, comunque, essere determinato in base alle specificità di ciascun progetto, e sempre nel rispetto dei criteri dell’art. 72 della Legge finanziaria 2003 e della regola del “de minimis”. Assistenza tecnica Nella fase di avvio dell'iniziativa è previsto un servizio gratuito di assistenza tecnica per un periodo massimo di un anno

Lavoro autonomo: franchisingfranchisingfranchisingfranchising I destinatari Le agevolazioni per il franchising sono rivolte a coloro che intendono avviare un’attività in qualità di franchisee (affiliati) con i franchisor (affilianti ) che hanno stipulato la Convenzione di accreditamento con Sviluppo Italia. Le iniziative possono essere proposte sia da singoli (sotto forma di ditta individuale) sia in gruppo (costituendosi nelle varie tipologie di società, ad esclusione delle cooperative e delle società di fatto). I requisiti soggettivi richiesti ai proponenti l'iniziativa in franchising (il titolare nel caso di ditte individuali, almeno la metà numerica dei soci, che detenga almeno la metà delle quote di partecipazione, nel caso di società) sono i seguenti: maggiore età alla data di presentazione della domanda non occupazione nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda. Si considerano occupati: i lavoratori dipendenti (a tempo determinato e indeterminato, anche part-time) i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa i liberi professionisti i titolari di partita IVA gli artigiani

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residenza alla data del 1° gennaio 2003 nei territo ri di applicazione della normativa (il solo requisito della residenza è relativo all'intero territorio di quei comuni che anche solo in parte ricadono nelle aree agevolabili). Nei medesimi territori deve essere ubicata la sede legale, amministrativa e operativa delle iniziative Cosa si può fare Sono agevolabili le attività di: commercializzazione di beni commercializzazione di servizi. Sono escluse le iniziative che si riferiscono a: trasporti (di merci conto terzi e di persone in numero superiore a 9) produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione di prodotti agricoli; in particolare sono escluse attività di presentazione e/o trasporto di prodotti agricoli al mercato (imballaggio, stoccaggio, movimentazione) e attività connesse all'esportazione Le agevolazioni finanziarie Ai sensi della delibera CIPE del 9 maggio 2003, n. 16 - pubblicata sulla G.U. n. 156 dell’8 luglio 2003 - sono stati richiamati i principi di cui all’art. 72, comma 2 della legge 289 anche in merito alle gestione delle misure agevolative di cui al Titolo II del D Lgs. 185/00; pertanto le agevolazioni concedibili per la misura Franchising – comunque entro il limite de minimis - sono le seguenti: un contributo a fondo perduto e mutuo agevolato (restituibile in un minimo di 5 anni e in un massimo di dieci anni con le modalità di cui all’art. 7 del DM 295 del 28 maggio 2001); un contributo a fondo perduto sulle spese di gestione (con le modalità previste all’art. 29 del D.M. 295 del 28 maggio 2001 e sue successive modifiche) Il mix delle agevolazioni potrà, comunque, essere determinato in base alle specificità di ciascun progetto, e sempre nel rispetto dei criteri dell’art. 72 della Legge finanziaria 2003 e della regola del “de minimis”. Nota Bene L’agevolazione sottoposta alla regola “De minimis “ è una agevolazione che viene erogata a favore del medesimo soggetto, anche a valere si vari strumenti, per un massimo di € 100.000 in tre anni.(si applica normalmente alle agevolazioni a carattere regionale) Materiale predisposto utilizzando le informazioni di Sviluppo Italia.

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CAPITOLO 10

LA VALUTAZIONE DEL MERITO DI CREDITO ALLA LUCE DELLA NORMATIVA DI BASILEA 2

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10.1-IL RUOLO DEL CAPITALE NELLE BANCHE E LA SUA REGOLAMENTAZIONE. Nelle politiche del sistema creditizio, nazionale e internazionale, il capitale assume un ruolo centrale. La disponibilità di capitale è fondamentale non solo per far fronte ad eventuali crisi ma anche perché fornisce alle banche un certo livello di flessibilità finanziaria che consente loro di sfruttare al meglio eventuali opportunità di crescita. Un sistema bancario adeguatamente capitalizzato è in grado di fornire credito alle imprese e finanziare opportunità d’investimento che incoraggiano la crescita, l’aumento dell’occupazione e contribuiscono a rendere più solida l’economia. L’importanza del capitale e il ruolo che esso svolge, viene recepito formalmente nel 1974 con la costituzione del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. Il Comitato opera in seno alla BRI, Banca dei Regolamenti Internazionali, con sede a Basilea, un organismo internazionale che ha lo scopo di promuovere la cooperazione fra le banche centrali, ed altre agenzie equivalenti, per perseguire la stabilità monetaria e finanziaria. Il Comitato è composto dai rappresentanti delle Autorità di Vigilanza dei paesi del G10 (Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Stati Uniti, Svezia e Svizzera).E’ un organismo che non possiede alcuna autorità sovranazionale e le sue conclusioni non hanno forza legale; le raccomandazioni sono formulate nell’aspettativa che le singole autorità nazionali redigano disposizioni operative che tengano conto delle realtà dei singoli stati. Nel luglio del 1988, dopo un processo di consultazione che ha interessato anche le Autorità di Vigilanza dei paesi non appartenenti al G10, il Comitato di Basilea ha proposto l’adozione di un sistema di requisiti minimi di capitale uniformi per le banche comunemente noto come “Accordo di Basilea sul capitale”. 10.2- L’ACCORDO DI BASILEA SUL CAPITALE DELLE BANCHE - OBIETTIVI Prima della ratifica dell’Accordo del 1988, effettuata da circa 150 paesi, ogni Stato regolava l’adeguatezza del capitale del sistema bancario secondo criteri propri. Negli Stati Uniti alle banche veniva richiesto di finanziare almeno il 5% delle loro attività (escluse le attività fuori bilancio), tralasciando del tutto il rischio; in Francia e nel Regno Unito, dalla fine degli anni 70, venivano introdotti dei sistemi di requisiti patrimoniali con la previsione di esplicite ponderazioni di rischio per le attività bancarie. Anche in Italia erano stati introdotti dal 1987 (delibera del CICR del 23 dicembre 1986) dei coefficienti patrimoniali correlati al rischio.I sistemi di regolamentazione adottati dai vari paesi presentavano comunque sostanziali differenze; queste creavano condizioni di disparità, in termini di concorrenza, tra i sistemi stessi soprattutto a causa del verificarsi, nel corso degli anni 80, di una crescente competizione internazionale fra le banche. L’Accordo di Basilea del 1988, per la prima volta ha stabilito delle regole precise sui requisiti di capitale, che “legano” gli stessi ai rischi creditizi delle banche. Gli obiettivi perseguiti erano principalmente due: • rafforzare la solidità e solvibilità del sistema bancario internazionale

attraverso l’introduzione di requisiti minimi di capitale correlati al rischio;

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• ridurre le differenze competitive fra le banche attive a livello internazionale attraverso l’introduzione di un “approccio standard”.

Entrambi gli obiettivi perseguivano un'unica finalità: ridurre il verificarsi di crisi bancarie senza minare la concorrenza internazionale all’interno dell’industria bancaria. 10.3- I REQUISITI DI CAPITALE. Il Comitato ha strutturato i requisiti di capitale attraverso la definizione di tre elementi : 1. Il Capitale di vigilanza: è costituito dalle poste destinate a “coprire” la banca

nell’eventualità’ di perdite. Il capitale di vigilanza viene diviso in due blocchi denominati TIER 1 (patrimonio di base) e TIER 2 (patrimonio supplementare). Il TIER 1 comprende il Capitale Sociale, Utili non distribuiti e Riserve palesi mentre il TIER 2, che non può superare il 50% del TIER 1 (percentuale portata al 100% nelle successive revisioni dell’Accordo), è composto dalle Riserve occulte, dal Debito subordinato, dai Fondi Rischi e dagli strumenti ibridi di capitale e di debito.

2. Il Rischio di Credito: rischio di inadempienza della controparte agli obblighi contrattuali. Il rischio delle varie esposizioni creditizie, sia quelle in bilancio che quelle fuori bilancio, viene quantificato in base a determinate ponderazioni: 0% per le attività considerate a rischio nullo; 20% per le attività a rischio minimo; 50% per le attività a medio rischio e 100% per quelle a più alto rischio.

Tabella 1 – Le ponderazioni di rischio dell’Accordo di Basilea del 1988 Ponderazioni di rischio

Attività“in bilancio” Attività “fuori bilancio”

0 % Contante e valori assimilati, crediti vs. Banche centrali paesi OCSE; titoli di Stato emessi da governi paesi OCSE

Impegni analoghi all’erogazione di credito con scadenza < 1 anno

20 % Crediti vs. Banche multilaterali di sviluppo o garantiti da tali istituzioni o da titoli emessi dalle medesime; titoli emessi da enti pubblici USA

Impegni di firma legati ad operazioni commerciali (crediti documentari con garanzia reale)

50 % Mutui integralmente assistiti da garanzia ipotecaria su immobili residenziali occupati dal mutuatario o locati

Facilitazioni in appoggio all’emissione di titoli; altri impegni all’erogazione di credito con scadenza > 1 anno

100 % Crediti vs. imprese private; partecipazioni in imprese private, crediti vs. Banche e governi di paesi non OCSE

Sostituti diretti del credito (fideiussioni e accettazioni); cessioni di attività pro solvendo con rischio di credito a carico della banca

3. Il rapporto minimo tra il capitale e il rischio: l’accordo prevede che le Banche

detengano capitale in misura pari almeno all’8% delle attività ponderate per il rischio.

BANK’S CAPITAL RATIO = TIER 1 + TIER 2 / A* = 8 % Esempio: su un prestito a PMI di 500 Euro si applicherà una ponderazione del 100% (vedi tabella 1) quindi il capitale che la Banca deve detenere deve essere pari almeno a 40 Euro (40/500 = 8 %); in caso di Mutuo dello stesso importo a soggetto privato garantito da ipoteca su immobile residenziale si applicherà un

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coefficiente di ponderazione del 50% (vedi tabella 1) quindi A* sarà uguale a 250 (500 Euro x 50 %) e il capitale minimo da detenere sarà pari ad almeno 20 Euro (20/250 = 8%). 10.4- OSSERVAZIONI E CRITICHE I requisiti di capitale previsti dall’accordo di Basilea del 1988 sono stati oggetto di critiche in quanto sin dall’origine e’ emerso che le indicazioni contenute non riflettono il rischio sottostante. In particolare e’ stato sostenuto che: a) la diversità del merito di credito delle controparti, all’interno delle varie

categorie, non è considerata adeguatamente attribuendosi un’eguale ponderazione a banche, imprese e stati sovrani con diversa rischiosità;

b) la scadenza dei crediti non viene considerata un fattore di rischio mettendo sullo stesso piano prestiti a breve, medio e lungo termine;

c) il principio di diversificazione del portafoglio e’ del tutto trascurato; d) non e’ previsto un adeguato incentivo all’utilizzo di tecniche di mitigazione del

rischio quali, ad esempio, garanzie reali, garanzie personali, credit derivatives e compensazioni di attività “in bilancio”;

e) nella determinazione di A* vengono presi in considerazione esclusivamente i rischi di credito escludendo sia i rischi di mercato che i rischi operativi.

L’evoluzione delle gestioni bancarie negli ultimi anni e, in particolare, dei rischi di credito (si pensi ad esempio ai credit derivatives e alle complesse operazioni di securitisation) che le banche fronteggiano ha indotto il Comitato di Basilea a rivedere l’accordo originario. Attraverso numerose consultazioni si e’ giunti, nel gennaio 2001, alla pubblicazione del “Nuovo accordo di Basilea sul capitale” comunemente definito “BASILEA 2”; il testo originario è stato, e sarà ancora, oggetto di ulteriori interventi sulla base dei suggerimenti e indicazioni delle autorità di vigilanza. L’obiettivo è quello di giungere, attraverso il confronto con le autorità di vigilanza e una serie di indagini quantitative, ad un testo definitivo entro la fine del 2003, mentre l’attuazione dell’accordo è prevista per la fine del 2006. 10.5- LA STRUTTURA DI “BASILEA 2” L’accordo del 1988 offriva sostanzialmente una sola opzione per misurare l’ammontare di capitale appropriato per le banche, basata su coefficienti fissi. La proposta di Nuovo Accordo presenta invece tre approcci differenti , con diversi livelli di complessità metodologica, sia per la misurazione dei rischi di credito, sia per la misurazione dei rischi operativi. L’impianto è quindi più complesso, ma consente alle banche di utilizzare metodologie di misurazione più sensibili ai rischi effettivamente sostenuti. Gli approcci delineati nella proposta hanno in particolare due finalità specifiche. La prima e’ quella di saper cogliere nel modo più ampio possibile i rischi dell’attività’ bancaria attivando un sistema di protezione più sensibile alla loro effettiva portata ed eliminando così uno dei principali inconvenienti dell’Accordo del 1988.

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La seconda e’ quella di mantenere l’attuale livello di capitale regolamentare a livello di Sistema e, andando a differenziare tra le banche, premiare quelle con i portafogli di migliore qualità e penalizzare le altre. Basilea 2 si articola in tre “pilastri ” che congiuntamente dovrebbero contribuire alla sicurezza e alla stabilità dei sistemi finanziari: Primo pilastro : requisiti minimi di capitale; Secondo pilastro : processo di revisione e controllo prudenziale da parte del regolatore nazionale; Terzo pilastro : disciplina di mercato. Il primo pilastro stabilisce i requisiti minimi di capitale, mantenendo sia la definizione dell’accordo del 1988 di capitale (capitale di base e capitale accessorio – Tier 1 e Tier 2) sia il requisito minimo dell’8% tra capitale ed attivo ponderato per il rischio. Patrimonio di Vigilanzai __________________________ ≥ 8% Attività Ponderate per il Rischio

La novità sostanziale riguarda i miglioramenti nella misurazione dell’attivo a rischio, ossia il denominatore del rapporto . I metodi per la misurazione del rischio di credito sono più elaborati e viene introdotta per la prima volta una misura dei rischi operativi (rischi di perdite dirette o indirette risultanti dall’inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi di origine esterna). I rischi di mercato (rischio tasso di interesse e rischio azionario nei portafogli di negoziazione, rischio valutario e rischio sulle posizioni in merci della banca) invece erano già stati presi in esame in occasione delle modifiche apportate nel 1996. Il rischio di tasso di interesse sul banking book viene approfondito nel secondo pilastro. Il Comitato ha formulato le seguenti ipotesi sul peso percentuale dei rischi nel requisito patrimoniale previsto dal nuovo accordo: • Rischio di Credito 72% • Rischio Operativo 20% • Rischio di Mercato 8%. Il secondo pilastro è teso a verificare che ogni banca abbia processi interni validi per valutare l’adeguatezza del proprio capitale, basati su una valutazione comprensiva dei propri rischi. In questo pilastro e’ compresa la validazione, da parte del supervisore, dei sistemi interni di rating e la valutazione di strumenti, strutture organizzative e processi gestionali finalizzati all’utilizzo dei sistemi di misurazione e gestione del rischio di credito. Il controllo prudenziale si fonda sull’applicazione di quattro principi chiave:

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a) le banche devono disporre di un procedimento per determinare l’adeguatezza patrimoniale complessiva in rapporto al proprio profilo di rischio e di una strategia per il mantenimento dei livelli patrimoniali;

b) le autorità di vigilanza devono verificare e valutare il procedimento interno di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche e la connessa strategia, nonché la loro capacità di monitorare e assicurare la conformità con i requisiti patrimoniali obbligatori. Le autorità di vigilanza devono adottare appropriate misure prudenziali qualora non siano soddisfatte dei risultati di tale processo;

c) le autorità di vigilanza devono attendersi che le banche operino con una dotazione patrimoniale superiore ai coefficienti minimi obbligatori e devono avere la facoltà di richiedere alle banche di detenere un patrimonio superiore al minimo regolamentare;

d) le autorità di vigilanza devono intervenire preventivamente per evitare che il patrimonio di una banca scenda al di sotto dei livelli compatibili con il suo profilo di rischio e devono esigere pronte misure correttive se la dotazione di patrimonio non è mantenuta o ripristinata.

Il terzo pilastro punta ad un’accresciuta disciplina di mercato, attraverso una maggiore trasparenza e comunicazione da parte delle banche per quanto riguarda il proprio profilo di rischio e la relativa adeguatezza del capitale detenuto, nonché gli strumenti, le metodologie e i processi implementati. 10.6 L’APPLICAZIONE DI BASILEA 2 E I POSSIBILI RIFL ESSI

PER LE IMPRESE Le possibili conseguenze dell’applicazione, a partire dal 1/1/2008 (il termine iniziale del 2007 è stato spostato), della presente normativa potrebbero riguardare: 1-penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese (PMI) in conseguenza dei sistemi di rating interni adottati dalle banche. Le piccole e medie imprese, normalmente dotate di minor capitale di rischio, potrebbero quindi andare incontro a una contrazione dei prestiti all'investimento concessi. Così, gli imprenditori delle PMI a causa di minori garanzie creditizie, vedrebbero peggiorare le condizioni loro praticate con un effetto di compressione della loro capacità di indebitamento e di revisione delle opportunità di indebitamento. In pratica, le banche sarebbero indotte a ridurre il credito destinati alle PMI e, al contempo, ad aumentare i tassi di interesse. 2. problematiche legate alla prociclicità finanziaria : nei periodi di rallentamento economico, l’Accordo avrebbe l’effetto di indurre le banche a ridurre gli impieghi, causa il crescere del rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi stessa; 3. possibile sostenimento di costi aggiuntivi da parte delle PMI nel rapporto con gli intermediari finanziari; 4. possibile spersonalizzazione del rapporto banca-impresa, a causa di un utilizzo maggiore della tecnologia e delle metodologie quantitative. A questi potenziali rischi si contrappongono opportunità, al contrario sono state

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ipotizzate anche delle opportunità per le PMI quali : a. il miglioramento allocativo delle risorse finanziarie da parte del sistema bancario, evitando il razionamento del credito; b. la significativa riduzione delle distorsione di prezzo (mispricing) tra le PMI “meritevoli” e quelle “non meritevoli”, invece di un aumento generalizzato del costo del credito, per cui il rating diverrà variabile strategica per regolare l’accesso al credito e il relativo costo per le PMI; c. il possibile rafforzamento nel rapporto Banca-Impresa che sarà maggiormente orientato alla trasparenza reciproca. Tale rafforzamento porterà benefici nel medio -lungo termine, determinato dalla accresciuta disponibilità di informazioni; d. la possibilità di individuare, all’interno del macro-segmento PMI, dei micro segmenti sulla base di diverse formule imprenditoriale ed esigenze finanziarie. Un ‘altra possibile variazione potrebbe riguardare Il ruolo dei Confidi ii. Il nuovo accordo di Basilea 2 ha suscitato preoccupazioni sulle possibili conseguenze sul finanziamento delle PMI e ha portato in primo piano il problema della validità delle garanzie utilizzabili ai fini della mitigazione del rischio di credito, cioè delle tecniche per ridurre i rischi di credito a cui incorrono le banche. Di conseguenza si pone l’accento anche sul ruolo dei Confidi. Basilea 2, infatti, prevede una serie di criteri e di condizioni specifiche per il riconoscimento delle garanzie ai fini della mitigazione del rischio di credito, che potrebbero portare ad escludere le garanzie di tipo consortile. Mentre in passato, secondo i canoni di Basilea 1 ogni banca godeva di ampia discrezionalità nel decidere il valore da attribuire alla garanzia conferita da un Confidi, nel nuovo contesto questa garanzia ha valore solo nella misura in cui permette di migliorare il rating della controparte interessata. E per determinare questo miglioramento del rating dell’impresa garantita il Confidi deve possedere esso stesso un rating, esterno o interno, più elevato di quello dell’impresa assistita e riuscire a trasmettere il suo rating, più elevato, a beneficio dell’impresa assistita nel rapporto debitore di quest’ultima con la banca. Le garanzie riconosciute utili ai fini della mitigazione dell’assorbimento del capitale sono: • le garanzie reali (financial e physical collateral)iii, che hanno la funzione di

ridurre la perdita in caso di insolvenza (Loss Given Default – LGD)iv; • le garanzie personaliv (rilasciate da persone fisiche o giuridiche); • i derivati di credito, che consentono la sostituzione della probabilità di

insolvenza (Probability of Default- PD)vi del soggetto garantito con quella del garante o per la riduzione della LGD.

Come si vede, tra gli strumenti di mitigazione non vengono esplicitamente riconosciute le garanzie collettive dei Confidi. Tradizionalmente hanno operato per rendere più agevole e meno oneroso l’accesso al credito da parte delle PMI ed hanno giocato un ruolo importante per lo sviluppo di determinate aree geografiche e/o per l’attenuazione di problemi concernenti specifiche fasce di prenditori, sebbene attraverso un’offerta largamente diversificata. Non a caso la loro funzione si è andata rafforzando nei periodi in cui determinati fattori esogeni (crisi congiunturale, recessione economica, inflazione, normative con effetti restrittivi sul

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credito) hanno reso maggiore l’onerosità dell’indebitamento o del razionamento del credito nei confronti di prenditori marginali. A titolo esemplificativo si ricorda che i Confidi prestano garanzie alle banche convenzionate sui finanziamenti che le banche erogano agli associati dei Confidi. A garanzia dell’assolvimento dell’impegno fidejussorio di solito limitato dal 30% al 50% del rischio dei credito i Confidi costituiscono: • i fondi rischi monetari, il fondo collettivo di garanzia, è costituito dai contributi versati dagli associati, sia fissi che in percentuale, alla garanzia ottenuta. Tale fondo viene utilizzato dai Confidi per far fronte alle richieste effettuate dalle banche finanziatrici circa la copertura totale o parziale delle perdite originate da insolvenza degli associati. Secondo Basilea 2 tale forma di garanzia non soddisfa i requisiti per una deduzione delle ponderazioni, in quanto tale garanzia ha solo la capacità di ridurre le perdite sopportate in caso di insolvenza dell’affidato. Secondo le attuali convenzioni tra banche e Confidi, è previsto, per esempio, che il fondo monetario copra il 50% delle perdite generate dai prestiti garantiti, non producendo di fatto alcuno sconto. Anche secondo Basilea 2 le garanzie dei Confidi non sono direttamente inquadrabili come garanzie reali o personali, in quanto non possiedono i requisiti oggettivi (minimivii e operativiviii) e i requisiti soggettivi del garanteix, caratteristiche che le garanzie dei Confidi dovrebbero rispettare per poter essere riconosciute valide per l’attenuazione della copertura patrimoniale dell’esposizione al rischio di credito delle banche. La loro capacità di mitigazione varia anche in relazione ai metodi di valutazione del rischio che saranno adottati dalla banca: con il metodo standard (standard approach) o l’Approccio di Base (Foundation) i requisiti previsti sono più restrittivi, mentre con il metodo IRB Avanzato (Advanced) le banche hanno maggiore discrezionalità nell’utilizzo delle garanzie; infatti devono solo dimostrare all’Autorità di Vigilanza la capacità delle garanzie acquisite di attuare un’effettiva mitigazione del rischio di credito, indicando il grado di copertura, gli obblighi e la tempistica del rimborso. Le banche che invece adotteranno l’approccio avanzato (advanced) possono procedere, sulla base di criteri validati dall’organo di vigilanza, ad una stima autonoma di tutte le componenti di rischiox e, quindi, anche degli strumenti di garanzia che incidono su tali componenti. Pertanto, gli elementi oggettivi portano ad escludere l’ammissibilità delle garanzie individuali rilasciate dai Confidi, in quanto tali garanzie reali sono prestate a fronte del fondo monetario costituito dal Confidi presso la banca che però è posto a copertura di una pluralità di affidamenti bancari e in base ad una certa percentuale: pertanto gli affidamenti garantiti non risultano singolarmente coperti dal fondo rischi, come invece richiesto dal documento di Basilea. Il timore che tale situazione potesse determinare un ridimensionamento del ruolo tipico dei Confidi ha condotto il legislatore italiano a introdurre nell'ordinamento una completa e organica riforma del settore dei Confidi (L. 326 del 24/11/2003 “Riforma Confidi), che sta gia creando le condizioni per un rafforzamento strutturale ed operativo del sistema dei Confidi coerenti con lo scenario normativo e di mercato che si va delineando a seguito dell’emanazione del Nuovo Accordo di Basilea. La legge infatti circoscrive l’ambito di applicazione della materia offrendo la definizione di Confidi sia dal punto di vista soggettivo, che dal punto di vista oggettivo, chiarendo inoltre che l’attività di garanzia collettiva consiste “nell’utilizzazione di risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate

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o sociexi, per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario”. Dall’entrata in vigore della legge, i Confidi già costituiti avranno due anni di tempo per adeguare la propria struttura patrimoniale all’insieme dei requisiti dimensionali previstixii. . Accanto ai Confidi “tradizionali” che continuano ad essere regolati dall’art. 155 del TUB e la cui attività è limitata alla prestazione di garanzie a favore delle PMI aderenti, sono previste due nuove tipologie di Confidi: • gli “intermediari finanziari” • le “banche di garanzia”, che, al raggiungimento di determinate soglie di volume di attività e di patrimonio, sono tenuti ad iscriversi all’elenco speciale degli intermediari finanziari non bancari, che comporterà l’assoggettamento alla vigilanza della Banca d’Italia e la possibilità di diversificare le proprie attività: attività di prestazione di garanzia a favore dei soci, attività finanziarie a favore di soci e di terzi e attività nei confronti del pubblico, sebbene quest’ultima in via residuale. Agli “intermediari di garanzia” inoltre, è stato imposto l’obbligo di dotarsi di un sistema informativo e contabile, di metodi di misurazione e gestione dei rischi e di strutture di controllo interno adeguati al volume ed alla complessità delle attività svolte, permettendo loro di produrre importanti risultati in termini di rafforzamento della loro credibilità nei confronti del sistema bancario e le premesse per lo sviluppo di nuovi servizi di tipo informativo da offrire alle banche e alle società di rating interessate alla valutazione delle PMI aderenti. Attualmente molti confidi, anche attraverso operazioni di accorpamento, si sono trasformati in intermediari ex art. 107 e sottoposti alla Vigilanza della Banca d’Italia. Mentre per i Confidi più grandi la trasformazione in banca di garanzia, invece, costituisce il superamento degli ostacoli imposti da Basilea 2, dato che il garante viene a coincidere con la banca, che costituisce uno dei soggetti abilitato alla prestazione di garanzie personali. 10.7 – I NUOVI REQUISITI PER LA CONCESSIONE DEL CRE DITO a- Il Rating Tra le novità più importanti introdotte dal documento di Basilea 2 c’è l’esplicito inserimento del rating come metodologia per il calcolo del rischio di credito (merito creditizio, solidità e capacità di rimborso). Il Nuovo Accordo sul Capitale si pone l’obiettivo di rendere i requisiti patrimoniali più sensibili ai rischi sottostanti alle attività finanziarie, sensibilità non prevista dal precedente Accordo del 1988. "Ratingxiii" significa semplicemente "valutazione": valutazione dell'impresa e della sua attitudine a generare nel tempo le risorse necessarie al pagamento dei debiti contratti per l'acquisizione dei fattori produttivi, quindi del loro specifico livello di solvibilità. Può essere valido per un solo anno, per l’intera durata dell’operazione o per quella del rapporto con l’azienda, per permettere sia una diversa attribuzione del rating iniziale, sia un mutamento nel tempo dello stesso. Il Comitato consente alle banche la scelta tra due metodologie per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito: • l’Approccio Standard

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• l’Approccio dei Rating Interni (IRB), suddiviso in IRB base o Foundation e IRB avanzato o Advanced.

La novità dell’Approccio Standard consiste nell'introduzione di diversi livelli di ponderazione nell’ambito della stessa categoria di soggetti mentre nell’Accordo del 1988, per le imprese, per esempio,era previsto un solo coefficiente di ponderazione di 100%. Le diverse ponderazioni previste dal Comitato all'interno di ogni categoria corrispondono ai diversi livelli di rischio di credito espresso in termini di rating, dalle agenzie di rating specializzatexiv. Le banche che adottano questo metodo, quindi, in presenza di un soggetto dotato di rating esterno potranno immediatamente individuare il coefficiente di ponderazione corrispondente ad un determinato livello di rischio. L’Approccio dei Rating Interni (IRB), invece, è fondato sullo sviluppo, da parte di ogni banca, di un sistema interno di rating a condizione di possedere alcuni requisiti minimixv validati dalle Autorità di Vigilanza nazionali, nel nostro caso la Banca d’Italia. I coefficienti di ponderazione, pertanto, non sono rigidi come nel metodo standard ma vengono calcolati attraverso specifiche funzioni di ponderazione, che, oltre ad essere ripartiti in relazione a determinate categoriexvi, a tener conto delle diverse caratteristiche delle controparti e della tipologia di attività, dovranno anche essere basati su una molteplicità di parametri quali: • la probabilità di insolvenza della controparte (Probability of Default – • PD), cioè la probabilità che un soggetto diventi insolvente: dipende

essenzialmente dalle condizioni economico-finanziarie dell’impresa e del relativo settore;

• il tasso di perdita in caso di insolvenza (Loss Given Default – LGD), cioè la perdita definitiva del credito rispetto all’ammontare erogato, che dipende in misura rilevante dalle garanzie;

• l’esposizione economica al momento del default (Exposure at default – EAD); • la vita residua dell’operazione (Maturity – M)che è di due anni e mezzo nella

versione base, mentre nella versione avanzata la maturità viene calcolata sulla singola esposizione;

• la mitigazione del rischio (Guaranty – G), in presenza di garanzie; • La nuova normativa considera anche un altro elemento di rischio: • il grado di diversificazione del portafoglio impieghi di una banca Granularity),

secondo cui le banche, definito un portafoglio di riferimento, devono valutare se il proprio portafoglio presenta un grado di diversificazione migliore o peggiore rispetto al benchmark. Nel caso sia migliore sono previsti “sconti” sui requisiti da applicare alla somma degli attivi del portafoglio bancario; nel caso sia peggiore sono previste delle penalità.

L’IRB Base prevede, come regola generale, che le banche stimino internamente solo la probabilità di insolvenza (PD) mentre i parametri relativi alle altre variabili vengono forniti dall’Autorità di Vigilanza (Banca d’Italia); nell’IRB Avanzato invece la stima di tutte le variabili di rischio è lasciata alla banca a condizione che vengano rispettati gli specifici requisiti di cui sopra. I modelli, attualmente messi a punto da parte delle Banche, prevedono la determinazione del valore del parametro PD come risultante di una valutazione effettuata su 3 componenti fondamentali:

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1 - la “Componente quantitativa ” riguarda essenzialmente l’esame del bilancio, effettuato tramite le tecniche degli indici (ratios) e dei flussi. I ratios di bilancio infatti forniscono indicazioni segnaletiche di sintesi sulle condizioni patrimoniali (indicatori di solidità), economiche (indicatori di redditività) e finanziarie (indicatori di liquidità) dell’impresa. L’ esame dei flussi finanziari ( flussi finanziari globali, di capitale netto e di cassa)è pertanto finalizzato a verificare il fabbisogno finanziario dell’impresa. Vengono altresì effettuate analisi quantitative di tipo previsionale per quantificare la capacità di rimborso dell’impresa. In tal caso, dal punto di vista tecnico, gli strumenti utilizzati sono i bilanci prospettici, attraverso i quali si cerca di costruire, a una o più date future, il conto economico e lo stato patrimoniale e, quindi, i redditi previsti ed i fabbisogni finanziari futuri. 2 - la “Componente comportamentale ” basata su dati storici relativi al rapporto Banca-Impresa. Per cui riguarderanno: il rapporto con la banca e il sistema bancario (le movimentazioni del conto corrente, i beneficiari degli assegni emessi, i traenti degli assegni accreditati, le firme, la natura e la regolarità, le scadenze originarie, i rinnovi e i richiami del portafoglio cambiario, le eventuali segnalazioni della Centrale dei Rischi sulla posizione globale di rischio). 3 - la “Componente qualitativa ” basata sulla raccolta di informazioni di tipo qualitativo sull’impresa; riguardanti, da un lato, la struttura e l’andamento del settore in cui opera l’impresa e, dall’altro, le caratteristiche generali e le politiche di gestione dell’impresa stessa con particolare riferimento all’andamento dei rapporti con il sistema bancario, nonché la fondatezza dei suoi programmi futuri. Per cui riguarderanno: - la situazione generale del settore in rapporto allo stato della congiuntura economica; - la struttura del settore (tipologia dei prodotti, tecnologia e sistemi di produzione, capacità produttiva installata e utilizzata, i volumi e i costi di produzione, il numero e le dimensioni delle imprese, il grado di concentrazione, il fatturato e le quote di mercato, i prezzi di vendita, i canali di distribuzione, le politiche di marketing e le previsioni sull’andamento del settore); - le caratteristiche generali e le politiche di gestione dell’impresa (la struttura organizzativa e la capacità dei dirigenti, le politiche di produzione, di approvvigionamento e la gestione delle scorte, le politiche di vendita, la posizione dell’impresa nei confronti della concorrenza, la valutazione della fondatezza dei futuri programmi e le previsioni sull’andamento delle principali quantità economiche aziendali). Le principali trasformazioni che l’adozione da parte delle banche del sistema di rating comporterà nel modo di fare impresa, riguarderanno la funzione finanziaria e la comunicazione. Il rating quindi si può definire come il risultato di un articolato processo di analisi delle tre componenti sopra esposte, per cui l’imprenditore sarà chiamato a fornire maggiori informazioni sulla propria condizione operativa, economica e finanziaria. Peseranno pertanto i risultati ottenuti, le scelte strategiche attuate, l’attendibilità dei dati di bilancio, la frequenza e la precisione delle informazioni finanziarie ed economiche a consuntivo e la capacità di elaborare informazioni finanziarie ed economiche a preventivo. La comunicazione passerà sempre più attraverso informazioni di natura contabile ed extracontabile. Cambierà il rapporto banca-impresa, che rappresenterà un’opportunità per introdurre dei

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cambiamenti organizzativi, sul piano interno e ridisegnerà le reciproche modalità di relazione, su quello esterno. Ma quali sono le misure che le PMI dovrebbero adottare in funzione della valutazione di rating da parte delle banche (processo peraltro in corso e in fase di test): 1 - aumentare la capitalizzazione , potenziando la gestione strategica e finanziaria. Qualsiasi sistema di rating, infatti, prende in esame i dati di bilancio, i mezzi propri utilizzati dall’impresa e il livello di indebitamento. Un buon livello di capitalizzazione, quindi, è la prima condizione da soddisfare per aspirare a un buon giudizio di rating. Per capitalizzazione s’intende il progressivo incremento del patrimonio netto aziendale (o gestione del capitale proprio o mezzi propri) rispetto al totale delle attività/passività, mediante il rafforzamento del capitale sociale, delle riserve di utili, delle riserve di capitale e di rivalutazione.Il patrimonio di un’impresa nasce con l’apporto del capitale sociale, ma dovrebbe poi crescere attraverso l’accumulo degli utili aziendali non distribuiti. Se ciò non dovesse accadere, non è dovuto sempre all’incapacità dell’imprenditore di generare redditi, quanto piuttosto alla sottostima dei componenti positivi del reddito stessoxvii.Anche se il processo di capitalizzazione in Basilea 2 sostanzialmente riguarda le banche, queste richiederanno, di conseguenza, alle imprese di migliorare il rapporto tra debito e patrimonio. Con la “riforma del diritto societario” il legislatore italiano ha voluto dare una risposta all’esigenza di patrimonializzazione delle Pmi italiane, introducendo delle novità in materia di conferimenti e di finanziamenti socixviii volte a favorire questa esigenza. Il rafforzamento della struttura finanziaria, invece, consente all’impresa di utilizzare correttamente le fonti finanziarie rispetto ai fabbisogni finanziari (cioè finanziare gli investimenti con prestiti a m/l termine) e ottenere una gestione economica equilibrataxix, cioè la capacità di remunerare adeguatamente le fonti di finanziamentoxx. 2 - migliorare l’organizzazione interna , migliorando, per esempio, il sistema di controllo interno che può garantire una migliore affidabilità dei dati trasmessi all’esterno; 3 - valorizzare le potenzialità positive dell’impresa, come ad esempio, la qualità, il design, elementi che l’impresa deve trasmettere al suo principale referente, la banca appunto. 4 - imparare a comunicare in modo continuo, efficiente e professionale con il sistema finanziario. b) La funzione finanziaria e la comunicazione Le PMI italiane sono caratterizzate da un assetto proprietario a forte valenza familiare, con riflessi non secondari sul piano del governo dell’impresa. Per quanto riguarda in particolare la finanza d’impresa, le PMI evidenziano spesso delle carenze nella funzione finanziaria, funzione che non viene percepita dall’imprenditore come strategica, al pari di altre funzioni, come per esempio la funzione produzione o la funzione commerciale. Sul piano operativo, l’assenza di un direttore finanziario distinto dal direttore amministrativo, si potrebbe riflettere in una sostanziale scarsità di strumenti di previsione e di pianificazione, sia di breve che di medio- lungo termine, e nella mancanza di adeguate metodologie di analisi e valutazioni a supporto delle decisioni di investimento e finanziamento. L’adozione da parte delle banche di sistemi trasparenti fondati su una base

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oggettiva di analisi, capaci di discriminare tra debitori di migliore qualità e debitori con una solvibilità peggiore, dovrebbe indurre le PMI a prestare maggiore attenzione alla funzione finanza, spingendole di fatto a una più attenta auto-analisi e ad attuare una pianificazione strategica e finanziaria. Le PMI in pratica, si dovrebbero rendere conto che hanno la possibilità di affrontare la prova dei rating in modo pro-attivo e non di subirlo passivamente, che hanno, anzi, la possibilità di far leva su questo per accedere al credito a condizioni più favorevoli. Serve la consapevolezza che fare impresa non significa soltanto attuare processi produttivi, ma che bisogna anche saperli organizzare in maniera efficiente, valutando in via preventiva i fabbisogni finanziari che essi generano, individuando le opportune fonti di finanziamento da utilizzare, garantendo nel contempo una congrua remunerazione per i conferenti capitali. Sul piano interno, le PMI dovrebbero provvedere al rafforzamento della funzione strategica e finanziaria attraverso l’implementazione di un sistema informativo aziendale in grado di gestire in modo efficace le informazioni economico-finanziarie che si producono in azienda nelle diverse aree funzionali. La cultura del rating avvantaggerà di fatto quelle imprese che sapranno individuare, analizzare e valutare i propri fattori di rischio, riscontrabili nel settore di appartenenza e nell’ambiente competitivo di riferimento, e a determinare i propri punti di forza e le opportunità da far valere o cogliere, nonché i punti di debolezza e le minacce da affrontare. È pertanto indispensabile introdurre in azienda l’uso di modelli di pianificazione sia di breve che di lungo termine, basati sull’attività di business planning e di simulazione. A livello finanziario, invece, è opportuno integrare un’attività di budgeting di breve periodo alla formulazione di piani previsionali a medio termine e a un sistema di reporting efficace. La pianificazione nel tempo della struttura finanziaria non può, tuttavia, prescindere dallo scenario di mercato e dalle strategie competitive che si intendono adottare. Per quanto riguarda la comunicazione, il sistema di regole delineato dal primo pilastro del Nuovo Accordo evidenzia l’importanza, sul piano relazionale, di una comunicazione di qualità tra le banche e le PMI. Quest’ultime saranno chiamate a cambiare il loro approccio culturale e strutturale nei confronti delle banche e a fornire loro informazioni attendibili in modo continuo, veloce e comprensibile, pena una maggiore percezione del rischio da parte delle banche e, di conseguenza, maggiore difficoltà di accesso al credito. La certificazione del bilancio potrebbe costituire un valido supporto per una crescita qualitativa globale dell’impresa, favorendo allo stesso tempo un rapporto banca-impresa più trasparente e fiduciario e un rating migliore all’impresa. Le PMI dovranno dimostrare al sistema finanziario la validità dei propri progetti, abbandonando, innanzitutto, le attuali politiche di bilancio tradizionalmente volte a minimizzare l’imposizione fiscale, causa spesso di scarsa trasparenza dei bilanci attuali. In secondo luogo, l’Accordo intende spingere le imprese a ridurre il ricorso esclusivo al capitale di terzi (indice di sottocapitalizzazione dell’impresa), finalizzato spesso a coprire i fabbisogni dell’impresa e i prelevamenti dei soci, qualora i margini generati dalla gestione non siano adeguati a remunerare e a rimborsare il capitale di terzi. Siccome Basilea 2 impone alle banche la copertura del rischio attraverso mezzi propri, è evidente che le banche, a loro volta, chiederanno alle imprese una maggior presenza di capitale proprio (capitale di rischio) e minore indebitamento finanziario. L’efficienza delle scelte relative alla struttura patrimoniale e finanziaria, nonché la valutazione della capacità di crescita, diventano presupposti fondamentali per l’equilibrata gestione dell’impresa.

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10.8 – LE NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO ALLE PMI 1. Le opportunità offerte dalla riforma del diritto societario Le PMI italiane, come si sa, sono prevalentemente orientate a un finanziamento di tipo bancario, che, sebbene abbia svolto un ruolo primario nella crescita economica delle imprese, non sempre è stato utilizzato in modo equilibrato e corretto. Spesso, infatti, prestiti a breve termine sono stati utilizzati per finanziare investimenti di lungo termine, irrigidendo la struttura del passivo di molte imprese. L’esigenza di una struttura patrimoniale equilibrata è fondamentale per consentire alle PMI di crescere, competere e per affrontare Basilea 2 e i criteri di valutazione basati sul rating, che come visto sopra, è legato al grado di solvibilità dell’impresa e al suo livello di capitalizzazione e indebitamento. Per promuovere lo sviluppo della finanza d’impresa diventa quindi necessario, innanzitutto, sviluppare una consapevolezza sulle possibilità di finanziamento alternative. Con la riforma del diritto societario, la riforma fiscale e l’adozione dei nuovi principi contabili internazionali (IAS), sono stati introdotti nuovi strumenti volti a favorire la patrimonializzazione delle imprese. In merito al diritto societario sono stati apportati cambiamenti nei confronti: � dei conferimenti � dei finanziamenti soci La nuova disciplina dei conferimenti ha esteso il concetto di conferibilità a qualsivoglia bene che può essere oggetto di una valutazione economica, comprendendo, per esempio,anche le prestazioni d’opera dei soci, i marchi e i brevetti, purché accompagnato da una relazione giurata di un esperto o di una società di revisori contabili o da una società di revisione iscritta nell’apposito registro alboxxi. Nella nuova disciplina dei finanziamenti soci , il decreto pone l’accento sul concetto di postergazione dei finanziamenti, obbligando l’impresa a formalizzare la rinuncia di rimborso di quei finanziamenti soci diventati con il tempo mezzi propri dell’impresa. In pratica, il principio implica che in caso di rimborso dei finanziamenti soci antecedente allo stato di crisi dell’impresa, il rimborso possa essere “richiamato”.Anche in ambito fiscale sono state introdotte norme volte a contrastare il fenomeno della sottocapitalizzazione (thin capitalization): la limitazione della deducibilità degli interessi passivi derivanti da indebitamenti fiscalmente “anomali” contratti dalle imprese con i propri soci o con parti correlate con i soci stessi. Qualora si verifichi un rapporto fra debiti e patrimonio netto superiore a quello consentito, l’imprenditore deve poter dimostrare che i finanziamenti eccedenti derivano dalla capacità di credito dell’impresa e non da quella del socio. Nel caso non potesse fornire tale prova, ai fini fiscali gli oneri finanziari, riferiti a tale finanziamento, saranno indeducibili. La terza innovazione riguarda invece l’applicazione dei principi contabili internazionali (IAS – International Accounting Standards) che hanno effetto sulla patrinonializzazione e che riguardano: il leasing finanziario, • gli ammortamenti anticipati • le rimanenze di magazzino.

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Secondo il metodo finanziario previsto dallo IAS 17 il bene oggetto del contratto di locazione finanziaria non viene più iscritto tra le attività del concedente, bensì tra quelle dell'utilizzatore il quale a fronte di ciò iscrive un debito per l'operazione. Ne deriva che l'utilizzatore imputerà a conto economico le quote di ammortamento del bene e gli interessi passivi che costituiscono la componente finanziaria dei canoni di leasing. Per quanto riguarda la riforma degli ammortamenti anticipati, il principio contabile internazionale prevede che le opportunità e i vantaggi tributari siano gestiti in sede di redazione della dichiarazione dei redditi. Ne consegue che gli ammortamenti anticipati o eccedenti la quota civilisticamente corretta non possono più essere iscritti nel conto economico, ma sono deducibili se indicati nell’apposito prospetto incluso nel modello unico. Infine, la valutazione delle rimanenze di magazzino, secondo la riforma IAS, prevede l’obbligo di valutazione delle rimanenze al minore tra il costo e il valore netto di realizzo. Le metodologie di valutazione del costo considerate valide sono: - costi standard o dei prezzi al dettaglio, - costi specifici, - FIFO o costo medio ponderato escludendo di fatto il metodo LIFO adottato finora in prevalenza da molte imprese italiane e prevedendo un incremento dei valori che concorreranno a formare il reddito in quote costanti nell'esercizio in cui sono iscritti e nei quattro successivi. b) I Covenants Tra i nuovi strumenti che assistono le operazione di finanziamento a medio/lungo termine rientra il “”Covenant””. Il covenant è una speciale pattuizione contrattuale a tutela del credito del finanziatore che evita il ricorso a forme di garanzia reale in cambio di clausole contrattuali inserite nei contratti, stipulati di norma per affidamenti a medio/lungo termine e concessi a scopo produttivo e commercial. Tali clausole tendono a fissare dei “paletti” (rapporto indebitamento/patrimonio; ebidta etc) che mirano a far si che l’impresa finanziata, nell’ambito della gestione corrente e per il periodo in cui è in essere il finanziamento, non compia atti che potrebbero pregiudicare l’interesse del finanziatore, o comunque alterare il profilo di rischio rispetto all’assunzione della delibera d’affidamento. Il punto centrale dell’assunzione del credito sta nell’affidabilità e capacità creditizia dell’azienda, da cui discende che la banca finanziatrice nel caso di mancato rispetto dei covenants potrà rinegoziare o revocare il credito in quanto l’azienda, in sostanza, si era assunta un obbligo di fare (affermative covenants) o un impegno di non fare (negative covenants). Le clausole, che vengono rinegoziate secondo necessità, sono riferite al bilancio dell’impresa affidata, analizzando la serie storica delle principali grandezze economiche-finanziarie e fissando dei punti fermi, affinché la struttura patrimoniale e quella finanziaria siano sempre compatibili con il nuovo volume di debiti assunti. c) Gli strumenti offerti dal mercato finanziario Con la legge n. 43 del 13 gennaio 1994, vengono introdotte anche in Italia le cambiali finanziarie, strumento di finanziamento di breve termine, alternativo al finanziamento bancario e particolarmente efficaci per la le PMI con esigenza di copertura di un fabbisogno stagionale o momentaneo.

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Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine, emessi in serie, con scadenza non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi dalla data di emissione e di taglio non inferiore a 10.000 euro. Sono considerate a tutti gli effetti dei valori mobiliari, equiparate giuridicamente alla cambiale ordinaria, tramite le quali, le imprese che le emettono, possono usufruire della raccolta del risparmio presso il pubblico, a costi più contenuti. Come cambiali devono contenere la promessa incondizionata di pagare una certa somma e le informazioni sulle caratteristiche del prestito. In più devono essere indicati il capitale sociale dell'impresa emittente, l'ammontare complessivo dell'emissione di cui la cambiale fa parte e, in caso di emissione da parte di società non quotate, il nome del garante e l'importo della garanzia. Sono girabili esclusivamente con la clausola «senza garanzia» o equivalenti. La remunerazione di un investimento in cambiali finanziarie è data dalla differenza tra valore nominale di rimborso e valore di acquisto. Possono essere emesse da società ed enti con titoli quotati in un mercato regolamentato, come pure da società non quotate, tra cui rientrano le PMI. Nel caso di quest’ultime, l’ammontare dell’emissione non dover superare il limite del capitale più le riserve, i bilanci degli ultimi tre esercizi devono essere in utile e il 50% dell’ammontare delle cambiali emesse deve essere coperto da garanzia bancaria o assicurativa. La rimozione di tali vincoli è prevista nel caso in cui l’impresa emittente sia dotata di rating o abbia i bilanci degli ultimi tre esercizi in utile e certificati da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta al registro dei revisori contabili; in tale caso i titoli devono essere assistiti da garanzie in misura non inferiore al 25 per cento del loro valore di sottoscrizione rilasciate da soggetti vigilatixxii. Tra gli strumenti di finanziamento di lungo periodo rientrano invece: 1. i prestiti obbligazionari , strumento con cui un’impresa contrae un debito a lunga scadenza con una pluralità di soggetti, per una somma non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Costituisce una valida alternativa al finanziamento bancario tradizionale per quelle imprese aventi una riconosciuta solidità economico - finanziaria, un valido posizionamento di mercato e una riconosciuta affidabilità tali da attrarre la fiducia dei risparmiatori. Gli amministratori hanno il potere di emettere obbligazioni, prestabilendo con una certa flessibilità la durata, i costi e tutte le altre condizioni del prestito, in relazione alla capacità dell’impresa di sopportare il peso degli interessi. È inoltre possibile l’emissione di prestiti obbligazionari convertibili che attribuiscano al sottoscrittore la facoltà di rimanere creditore della società o di convertire, in tempi e modi prestabiliti, l’obbligazione in azione. 2– I prestiti partecipativi sono una forma particolare di finanziamento a medio/lungo termine, che rappresentano una diretta partecipazione al capitale di rischio dell'impresa da parte della banca finanziatrice in quanto il rendimento dipende dal risultato economico dell'azienda. Il tasso di interesse è variabile in funzione della redditività aziendale. In questo modo gli oneri finanziari gravano sull’impresa in misura diversa, a seconda dell’andamento aziendale. In pratica l'istituto di credito accetta di essere remunerato in parte mediante gli utili di esercizio dell'impresa finanziata. Sono, quindi, una sorta di ricapitalizzazione indiretta, che consentono all'impresa di indebitarsi anche per importi rilevanti, per realizzare programmi di sviluppo, ammodernamento, innovazione o ristrutturazione, che ne migliorino sensibilmente i

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risultati economici e ne accrescano il valore. All’impresa spettano gli oneri finanziari, mentre l’obbligo di rimborso del capitale spetta ai soci. Tali prestiti sono uno strumento che si rileva particolarmente adatto a soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese che vogliono diversificare le fonti di finanziamento senza perdere la propria autonomia di gestione con l'ingresso di nuovi soci. 3. – Private Equity e Venture Capital. Il Venture Capital, attraverso l’early stage financing, rappresenta la forma tecnica di investimento maggiormente impiegata a livello internazionale, per garantire la nascita di imprese ad alta tecnologia. Le Private Equity, invece, sono gli investimenti nel capitale di rischio realizzati nelle fasi di vita aziendale successive all'iniziale. Entrambi gli strumenti sono finalizzati a piani di sviluppo, acquisizioni, nuovi prodotti, nuove tecnologiexxiii, rafforzamento della struttura finanziaria oppure per risolvere problemi connessi con la proprietà dell'impresa, fra i quali il passaggio generazionale. Normalmente il nuovo socio, oltre all’apporto di capitale, aggiunge anche il know how manageriale, prezioso per la definizione della strategia di sviluppo dell'azienda. La partecipazione di un soggetto qualificato e specializzato, qual è il private equity investor, contribuisce a professionalizzare la gestione dell'azienda, a migliorarne l'immagine e a distinguere gli interessi personali dell'imprenditore da quelli dell'impresa. Trattasi di strumenti ad elevati livelli di rischio legati alla ricerca di opportunità di rendimenti più alti. 4. – Cartolarizzazione dei crediti La Cartolarizzazione dei crediti (Securitization) è una tecnica finanziaria attraverso la quale i flussi di cassa derivanti dal portafoglio di attività (asset) di un’impresa (originator) vengono ceduti ad un soggetto specializzato, la società cessionaria (Special Purpose Vehicle – S.P.V.), che si occupa di presentarli sul mercato sotto forma di titoli (Asset Backed Securities)xxiv aventi caratteristiche di rendimento/rischio coerenti con le condizioni prevalenti del mercato stesso e quindi collocabili presso gli investitori. Si spostano, pertanto, i flussi finanziari dal mercato del credito al mercato dei capitali. Il processo di cartolarizzazione può avvenire in due modi: 1. - attraverso l’emissione delle quote di partecipazione in fondi comuni specializzati, forma utilizzata principalmente in Francia (i c.d. Fonds communs de créances)xxv e in Spagna (Fondos de Titulizacion Hipotecaria); 2. – attraverso la modalità pay-through, in base al quale gli asset vengono ceduti all’ S.P.V., il quale emette in contropartita titoli sul mercato obbligazionario. Tale possibilità per le PMI è di scarsa potenziale applicazione in primo luogo per i costi connessi all’operatività dello strumento e per il piccolo taglio dei crediti in portafoglio. In conclusione si può dire che l’avvento di Basilea 2, superata la fase iniziale, potrà apportare un miglioramento nel rapporto Banca Impresa a condizione che le Imprese percepiscano in tempo la diversa impostazione che sarà adottata nella concessione del credito.

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NOTE ESPLICATIVE SU ALCUNI TERMINI i Altrimenti definita “riserva”, è il capitale di supporto per le diverse tipologie di rischio che la banca affronta esercitando le proprie funzioni (rischio di mercato, di credito e operativo). Per mantenere l’equilibrio, il patrimonio di vigilanza deve essere proporzionale alla somma dei rischi e quindi aumentare in proporzione al crescere di quest’ultima. ii Confidi: organismi aventi struttura cooperativa e consortile, che esercitano in forma mutualistica l’attività di garanzia collettiva dei finanziamenti in favore di imprese socie o consorziate. Fonte: www.confapi.org iii Tra le Garanzie Reali rientrano: deposito di contanti presso la banca creditrice; titoli di Stato con rating minimi BB-; titoli di banche e altri soggetti con rating BBB-; titoli di banche senza rating, ma con stringenti condizioni di ammissibilità (quotati in mercati ufficiali, debiti senior, ecc..); azioni quotate in mercati ufficiali. iv Cioè la perdita definitiva del credito rispetto all’ammontare erogato v Tra le Garanzie Personali rientrano: governi e banche centrali; enti del settore pubblico; banche e Sim; altri soggetti con rating non inferiore ad A- (o probabilità di insolvenza equivalente). vi Cioè la probabilità che un soggetto diventi insolvente. L’insolvenza della controparte viene riconosciuta a livello internazionale come un mancato pagamento superiore ai 90 giorni oltre la scadenza dell’obbligazione oppure quando la banca giudica improbabile, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione di eventuali garanzie, che l’obbligato adempia in toto alle sue obbligazioni creditizie verso il gruppo bancario In Italia, la Banca Centrale ha utilizzato il proprio potere discrezionale elevando il limite, per un periodo transitorio di cinque anni, a 180 giorni. (Fonte: Banca dei Regolamenti Internazionale). vii Requisiti minimi: copertura irrevocabile(la garanzia non può essere revocata unilateralmente dal garante), diretta (possibilità di escussine del garante a “prima richiesta” e non sussidiarie), copertura esplicita (riferita ad una specifica esposizione e non alla perdita), , copertura incondizionata (garante è comunque obbligato a garantire), completa (copre la totalità dell’esposizione del garantito). viii Requisiti operativi: escussione diretta del garante(in caso di insolvenza il finanziatore può rivalersi immediatamente sul garante), copertura in base all’esposizione, valore legale (la garanzia deve essere giuridicamente accettata negli ordinamenti interessati) ix Requisiti soggettivi (soggetti ammissibili a subentrare al garantito): Stato, ente pubblico, banca/intermediario finanziario con Pd inferiore al debitore, imprese con rating > o = ad A nel caso di Appoccio Standard o con Pd equivalente nel caso di Approccio IRA foundation. I Confidi, pertanto, essendo strutture mutualistiche, non rientrano tra le tipologie di garanti riconosciuti. x Componenti del rischio di credito: la probabilità di insolvenza della controparte (Probability of default-Pd), la perdita subita in caso di insolvenza (Loss given default-Lgd), l’esposizione economica al momento del default (Exposure at default-Ead), la scadenza residua dell’esposizione (maturity-M), mitigazine del rischio (Guaranty-G). Fonte: Banca dei Regolamenti Internazionali (22 giugno 2004). xi Le imprese consorziate o socie sono quelle imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, agricole e artigiane, che soddisfano i requisiti della disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato a favore delle piccole e medie imprese determinati dai relativi decreti del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali. xii Fondo consortile o capitale di un Confidi non può essere inferiore a 100.000 euro; la quota di partecipazione di ciascuna impresa non può essere superiore al 20% del fondo consortile o del capitale sociale, né inferiore a 250 euro; il patrimonio netto dei Confidi, comprensivo dei fondi rischi indispensabili, non può essere inferiore a 250 mila euro.

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xiii Per “sistema di rating” si intende l’insieme di metodi, procedimenti, controlli, dati e sistemi informativi che fungono da supporto alla valutazione del rischio di credito, all’attribuzione dei gradi interni di merito e alla stima quantitativa delle inadempienze e delle perdite (definizione tratta da: Banca dei Regolamenti Internazionale). xiv Standard & Poor’s, Moody’s, Fitch IBCA, agenzie per il credito all’esportazione o da altre istituzioni qualificate). xv Devono garantire che i sistemi e processi interni forniscano una attendibile valutazione del debitore e delle caratteristiche della transazione; una significativa differenziazione del rischio; ed una stima quantitativa del rischio stesso ragionevolmente accurata e coerente. Inoltre tali sistemi e processi devono consentire un effettivo ed efficace utilizzo interno delle stime ottenute. xvi Il Comitato di Basilea ha predisposto specifiche formule di ponderazione in relazione alle seguenti categorie: banche, mutuatari sovrani, imprese, retail e partecipazioni azionarie. xvii Se l’impresa ha strutturato in modo opportuno l’indebitamento, questo deve essere coperto dal margine operativo lordo (MOL), il quale deve essere in grado di coprire la quota di capitale e la quota di interessi dei finanziamenti. xviii Si intendono quelli che sono stati concessi in un momento in cui risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. xix In percentuale, il rendimento degli investimenti ROI (Return on Investment) deve esser > o = alle remunerazioni attese dalle fonti di finanziamento (costo medio ponderato del capitale o WACC – Weighted Avarage Cost of Capital). Il WACC è dato dalla media ponderata tra la remunerazione attese dal capitale di terzi (i% atteso) e le remunerazioni attese dal capitale proprio (ROE atteso). Tanto maggiore è il costo sulle fonti e tanto più elevata dovrà essere la redditività aziendale per garantire l’equilibrio economico. (Fonte: Il Sole 24 ore) xx Le fonti di finanziamento che l’imprenditore dovrebbe usare per coprire il fabbisogno di capitale fisso, sono le cosiddette fonti durevoli, ossia il capitale proprio e il capitale di terzi a m/l termine, che fa da temporaneo sostituto del capitale proprio, dato che con la progressiva accumulazione dei mezzi propri tramite utili si ottengono le risorse per far fronte al piano di rimborso del finanziamento. xxi art. 2464-2465 c.c.