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Emanuele bardone davide secchi uniti e diversi

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Emanuele bardone

davide secchi

uniti e diversi

Davide Secchi (1974) è dottore di ricerca ineconomia aziendale, attualmente è Assis-tant Professor presso il Dipartimento diManagement, University of Wisconsin-LaCrosse (USA).

Emanuele Bardone (1980) è dottore diricerca in filosofia presso l'Università diPavia. Attualmente svolge attività di ricercapresso il Laboratorio di Filosofia Com-putazionale presso la medesima università.

emanuele bardone e davide secchi

Alberto gaffi editore in roma

unitie diversi

La contrapposizione

tra federalisti e anti-federalisti

nel dibattito per la ratifica

della Costituzione americana:

cosa possiamo imparare

noi europei?

© 2009 Alberto Gaffi editore in RomaVia della Guglia, 69/b

00186 - Romawww.gaffi.it

Fondazione Italia USA

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Preambolo

Un giurista inglese, Albert Dicey, identificò due condi-zioni per la formazione di uno stato federale: il primo eral'esistenza di un gruppo di nazioni “così vicine per luogo,storia, razza e capaci di portare, negli occhi dei loro abi-tanti, uno spirito di nazionalità comune”. La seconda con-dizione era il “desiderio di unità nazionale e la determina-zione di mantenere l'indipendenza di ogni uomo, come diogni stato separato”.Quando nel 1776 i padri fondatori degli Stati Uniti e del-

la democrazia iniziarono a scrivere la storia, probabilmen-te non avevano una visione così delineata e con contorniprecisi circa quello che sarebbe stato il sistema federaleamericano. E prova ne è proprio l’acceso dibattito svoltosial Congresso, che questo libro testimonia per la prima vol-ta in Italia. Un dibattito tra federalisti e anti-federalisti cheperò rifletteva soltanto, in definitiva e in buona sostanza,la visione di due federalismi, due tipologie di struttura del-lo Stato comunque mai centralista o illiberale. Prima della approvazione della Costituzione statuni-

tense, ogni Stato americano era di fatto uno Stato auto-nomo e sovrano. La Costituzione americana definì un go-verno nazionale con poteri volti ad unire tra loro gli Sta-ti, che però non sostituisse i singoli governi statali.

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Al termine della guerra di indipendenza infatti, sotto ilprofilo dell’assetto istituzionale e del federalismo, laclasse politica americana era ripartita in due correnti,una più “unitaria” e l'altra più “pluralista”. Entrambeavevano due denominatori comuni che non si volevanoe potevano eludere: l’Unione e gli Stati. Questo duali-smo poteva trovare soluzione istituzionale solo in unamediazione, garantendo l'Unione con un governo indi-pendente, focalizzato sui cittadini e non sugli Stati, e sal-vaguardando ad un tempo, con l'indipendenza deglistessi Stati, il pluralismo.Alexander Hamilton, lungimirante politico americano

che noi conosciamo anzitutto per essere raffigurato sul-le banconote da dieci dollari, nella sua battaglia per ilfederalismo, probabilmente in modo inconsapevole, hatracciato per la prima volta le basi di questa teoria poli-tica che ancora oggi è uno dei modelli più efficaci per lenostre democrazie. Auspichiamo che il dibattito sul federalismo in corso

in Europa, e soprattutto nel nostro Paese, sappia coglie-re questi aspetti di efficacia e innovazione, che rappre-sentano una spinta necessaria per raccogliere la sfidadella riforma degli assetti istituzionali dello Stato.

On. Rocco GirlandaPresidente Fondazione Italia USA

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Prefazione

La bassa affluenza alle urne nelle recenti elezioni eu-ropee hanno posto in evidenza la crescente disaffezio-ne da parte dei cittadini verso le istituzioni europee.Le ragioni sono molteplici e di non facile identificazio-ne. Tuttavia, un elemento mi pare incontrovertibile, ov-vero che questa crescente disaffezione è il frutto dellascarsa fiducia che la popolazione europea nutre neiconfronti delle istituzioni europee e questa motivazio-ne accomuna sia coloro che vorrebbero “più Europa”sia quelli che ne vorrebbero meno. È evidente che se icittadini europei sentissero le istituzioni europee co-me, non solo le loro legittime rappresentanti, ma an-che come lo strumento attraverso il quale affrontare igrandi problemi che l'Europa deve affrontare questosentimento di disaffezione sarebbe molto meno evi-dente e significativo. In realtà, la disaffezione versol'Europa e il frutto della mancanza di istituzioni euro-pee con potere autonomo e democratico di decisione.Abbiamo problemi europei: la sicurezza, la crisi eco-nomica, la riconversione ambientale dell'economia manon abbiamo un governo europeo che affronti in nomee per conto dei cittadini europei queste tematiche.Non solo, questo tema, quello della democratizzazio-

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ne e dell'efficacia delle istituzioni europee è completa-mente scomparso dal dibattito europeo anche nel cor-so della recente elezione del Parlamento europeo.Grandi aspettative da un lato e scetticismo dall'altrosono in realtà sintomi della mancanza di un dibattitoserio e costruttivo sulla natura politica e strategicadell'Unione Europea. Il lavoro presentato da Davide Secchi ed Emanuele

Bardone cerca di rispondere a questa esigenza, che èprima di tutto un'esigenza ricognitiva. Cioè, la doman-da centrale cui si risponde è: quali sono gli aspetti irri-nunciabili affinché ci sia un dibattito sul futuro dell'Eu-ropa? Non mi addentro anche in questo caso all'inter-no dei problemi specifici, che verranno discussi piùampiamente all'interno dell'introduzione e dai testiselezionati dai due curatori. Cercherò di fornire, comesi dice, alcuni elementi per orientare la lettura.Il primo elemento è di carattere geopolitico e ha a

che fare con la situazione internazionale attuale. Ilpunto è la crisi dell’egemonia mondiale degli Stati Uni-ti, oramai troppo piccoli per sostenere da soli il pesodella gestione del governo del mondo. Questa criticaalla politica statunitense non si basa su di un genericopacifismo che rifiuta sempre e comunque l’uso dellaforza e quindi si oppone a qualsiasi intervento militare.Riconosco invece la necessità dell’uso della forza sia

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per evitare genocidi in altri paesi sia per legittima di-fesa e su questa base giustifica, ad esempio, l’inter-vento militare americano in Afganistan, ma non quellorecente in Iraq.Il secondo elemento è costituito dal ruolo dell’Euro-

pa. Parto da una semplice ma rilevante riflessione. Ipaesi dell’Unione europea e le loro opinioni pubblicheche si sono opposte all’intervento militare americanonon hanno ottenuto alcun risultato concreto. Un’Euro-pa divisa e senza una difesa comune non conta poco onulla nello scenario internazionale. La conseguenza diquesta constatazione è semplice; se gli europei voglio-no aver voce in capitolo nella politica mondiale devonodotarsi di una difesa comune e quindi di un governocon istituzioni democratiche comuni. Questa sceltatuttavia non implica un ruolo necessariamente aggres-sivo dell’Europa nello scenario mondiale. Per la suacollocazione geografica, ma anche per la sua natura diStato federale con una forte componente nazionaleavrebbe interesse a proporre un modello di politicaestera assolutamente nuovo e volto più alla coopera-zione e alla collaborazione internazionale.L'approfondimento di questi elementi richiede, un'a-

nalisi di carattere istituzionale e in particolare un'ana-lisi dell'adeguatezza delle attuali istituzioni europee.In questo senso l'esperienza della nascita degli Stati

Uniti d'America costituisce un precedente di grandeinteresse. Nel caso europeo due esigenze sembranoemergere. Da un lato, la necessità di costituire un nu-cleo federale dotato di una difesa e di una politicaestera comune. È evidente che questo salto in avantifederale potrà coinvolgere solo un nucleo ristretto dipaesi. D’altro lato, questo salto in avanti non dovràcompromettere i risultati già ottenuti a livello di mer-cato comune, un progetto che quindi coinvolgerà ungruppo di paesi molto più ampio a partire da i 27 at-tuali paesi dell’Unione. In questo senso il dibattitoamericano presenta notevoli spunti di interesse ed èsu questo punto che il dibattito attuale europeo do-vrebbe concentrarsi prioritariamente. Si tratta in fon-do di valutare le due posizioni realmente alternative:fare il salto verso uno stato federale europeo, oppuremantenere un assetto istituzionale confederale, in cuiciascuno degli Stati nazionali possa conservare le pro-prie prerogative, sebbene all'interno di un quadro incui parte della sovranità – ad esempio, quella moneta-ria – è già stata devoluta verso l'alto. Questa alterna-tiva è la questione di fondo che era già stata affrontataed emerge chiaramente all'interno del dibattito cheviene parzialmente riproposto in questo lavoro e cheoffre una chiave per rispondere a domande di grandesignificato politico come ad esempio: quale sia la natu-

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ra del potere centrale in uno Stato federale, come con-ciliare l'unità nella diversità, in base a quali criteri ri-partire le competenze fra Stati e Unione o quale ruolopotrà ricoprire per la nuova potenza continentale al-l'interno del quadro geopolitico mondiale. Queste sono solo alcune delle domande che riemer-

gono dalla storia e che possono offrirci lo spunto peraffrontare meglio le vicende del nostro presente nellasperanza che un altro e più approfondito dibattito siapossibile. In questo senso il presente volume offre nonsolo lo spunto dato dai contributi dei federalisti chesostenevano le ragioni dell'Unione ma anche alcunicontributi degli anti-federalisti - presentati in una ine-dita traduzione e le cui argomentazioni, anche sesconfitte dalla storia, presentano comunque spunti diinteresse e di riflessione.

Antonio Majocchi Professore di Management presso l’Università di Pavia

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Introduzione: Quale Europa?

Quando si parla di federalismo in Italia la prima cosache viene in mente è la Lega Nord e le sue “battaglie”pseudo-secessioniste, il Po, l’ampolla e il parlamentopadano. Ed è per questo che, sempre in Italia, quando sifa cenno al federalismo con un minimo di serietà occor-re specificare, che non stiamo parlando di questo. Stia-mo parlando di qualcosa di completamente diverso. Ilmodo con cui è stato impostato il dibattito pubblico inItalia, infatti, ha depauperato la forza propulsiva di untermine – quello di federalismo – in favore di una inter-pretazione sostanzialmente sbagliata. È sostanzialmen-te sbagliata per due ragioni, che vedremo nel corso diquesta breve presentazione. La prima ragione sta nell’i-dentificazione del livello cui riferirsi: il federalismo non èuna soluzione da limitarsi alla dimensione italiana, madeve necessariamente collocarsi a un livello europeo.L’Europa, come entità politica, è la grande assente nelladiscussione pubblica nazionale. La seconda ragione è che il federalismo rappresen-

ta un modo di rendere coerenti fra di loro due datidella modernità, che per certi versi rappresentanoanche dei valori: l’esigenza dell’unità e il fatto della di-versità. Questo libretto è un piccolo tentativo di ri-

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mettere il treno in corsa e di vedere se un altro dibat-tito è possibile.Il rispetto dell’unità congiuntamente alla diversità

rappresenta probabilmente la sfida più urgente che ilXXI secolo ha ereditato da quello appena trascorso: l’u-nità come ideale, che porti alla convivenza pacifica deipopoli, e la diversità come dato di fatto irriducibile neldeterminarne la forma migliore. Quando accade di do-ver affrontare problemi epocali, il ricorso alla storia puòoffrire un contributo di una qualche rilevanza. Infatti, lastoria può essere vista come un repertorio di soluzioni,più o meno vincenti, a problemi che ricorrono nei secoli,sebbene in forme e modi differenti. Il punto, ovviamen-te, sta nel capire quali siano gli esempi migliori da cuitrarre spunto, dato il proprio contesto di partenza. Abbiamo parlato dell’esigenza di un altro dibattito.

Per questa ragione la nostra scelta è ricaduta su un epi-sodio della storia americana – la ratifica della costitu-zione quasi due secoli e mezzo fa – che riteniamo essereforiero di spunti. Nello specifico, il presente lavoro rac-coglie una selezione di testi sulla discussione – a trattiaccesa e fortemente polemica – che ebbe luogo in terri-torio americano, in occasione della ratifica della costitu-zione dell’erigendo Stato federale. Il dibattito in que-stione vide contrapporsi due gruppi di persone: da unlato, i federalist e, dall’altra, gli anti-federalist. Federali-

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sti e anti-federalisti rappresentavano a tutti gli effettidue posizioni, che interpretavano il nascente Statoamericano a partire da due concezioni diametralmenteopposte: i federalisti, sostenitori di un vero e proprioStato sovrano federale, e gli anti-federalist, sostenitoridi uno Stato confederale, in cui i singoli Stati americaniconservavano la propria sovranità (chiariremo meglio idue termini nel prosieguo).Come si è detto, le analogie con eventi del passato

vengono fatte in base a delle ragioni, che ne giustificanola scelta. Da qui la domanda: perché riferirsi al dibattitoamericano di più di due secoli fa? Come abbiamo scritto la coesistenza dell’unità, da un

lato, e della diversità, dall’altro, è un vincolo imprescin-dibile per pensare soluzioni politiche in una società glo-balizzata come la nostra. Non pensiamo certo che il di-battito americano abbia qualche possibilità di essere ri-petuto in Europa nè riteniamo che ci siano personalitàdel calibro di Hamilton o Madison. Tuttavia gli argo-menti sollevati allora possono essere di interesse perdiscutere delle sorti del Vecchio Continente. Schemati-camente, in questa prefazione trattiamo brevementedei problemi che l’Europa affronta, dei problemi che siimpongono nel caso di una soluzione federale e conclu-diamo con alcune ipotesi di discussione e proposte peruna azione politica europea.

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Prima di addentrarci nella complessità dei problemiin gioco, è bene sottolineare un aspetto marginale, mache è utile considerare in sede introduttiva. Questo nonè uno scritto accademico. La selezione dei testi e dei te-mi da trattare sono il frutto di una scelta che è eminen-temente politica, mirata, cioè, a mettere in luce non co-me il mondo è (o era), ma come dovrebbe essere. In que-sto senso non costituisce in alcun modo uno studio, néstorico, né politologico.

Un altro dibattito è possibileNelle democrazie il dibattito pubblico assume (o do-

vrebbe assumere) un ruolo fondamentale. Infatti, vale ildetto words, not swords (parole non spade). È per que-sto che per valutare lo stato di salute di una società de-mocratica è utile porsi il problema di quale dibattitodebba essere possibile. In Italia questo è esacerbato daquestioni futili e prive di senso tali per cui le questionipiù significative passano in secondo piano o non vengo-no trattate affatto. Non ci sono, purtroppo, esclusioni:cittadini e politici sono sullo stesso piano. Per esempio,la Costituzione è in un regime di sospensione sine die ela sistematica violazione dei diritti umani degli immigra-ti sembra sia condivisa dai più. Sebbene siamo consa-pevoli che l’Italia, a parere degli enti di monitoraggio in-ternazionale, costituisce un’eccezione in Europa e tra i

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paesi avanzati, riteniamo che l’unica ragione per la qua-le il paese non cede rapidamente al processo di depau-peramento e di sottosviluppo è legato al contesto di ri-ferimento: l’Unione Europea.La crescente frustrazione e la convinzione che la poli-

tica nazionale non sia capace di risolvere alcun proble-ma, che tutto rimarrà come sempre è stato e che nessu-na alternativa politica cambierà le sorti del paese sonoconsiderazioni diffuse tra i cittadini italiani. Per questaragione le scelte politiche si fanno sempre più estreme efacilmente strumentalizzabili da abili demagoghi. Datal’incapacità di analisi da parte della cittadinanza, si ri-tiene che la soluzione sia un maggiore e non un minoreruolo per lo Stato nazionale. Il tutto è preoccupante, so-prattutto in ragione di quanto gli estremismi di destrahanno portato alla storia europea e dell’umanità. Nonscriviamo questo nella convinzione che un estremismodi altro genere sia “migliore” o auspicabile, ma perché cisembra che questo sia l’unico sopravvissuto al ventesi-mo secolo, almeno al momento. Ritornando alla questione principale, quanto di più al-

larmante è che esiste una opinione diffusa sul fatto che ilricorso all’intolleranza sia un’alternativa plausibile, cosìcome la chiusura e la forza. Il numero voti che il FronteNazionale francese, la Lega Nord in Italia e persino l’e-strema destra in Svizzera hanno recentemente raccolto

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non ha precedenti nel secondo dopoguerra. Chi avevascritto sul progresso inevitabile del genere umano?Nonostante gli sforzi che questi partiti, laddove al go-

verno, infondono nell’aggravare la crisi culturale, politi-ca, sociale ed economica dei paesi europei, la UE rima-ne fuori dal dibattito. Tutt’al più l’Unione Europea èchiamata a rispondere di problemi dei quali non è lacausa, come è avvenuto recentemente con riguardo al-l’inflazione o alla crisi delle esportazioni per alcuni deipaesi membri. Quanto abbiamo scritto ha una semplice conclusione:

fino a quando non sarà possibile affrontare i problemialla sorgente, le frustrazioni dei cittadini continuerannoa crescere. I problemi dei paesi europei sono tali chenon possa essere pensabile una soluzione che non siapresa “di concerto”, ovvero insieme agli altri paesi euro-pei. Riflettiamo per un momento sulle manovre che gliStati hanno messo in atto per superare la crisi finanzia-ria iniziata nel 2008. Uno dei paesi più avanzati - secon-do alcuni il più avanzato - gli Stati Uniti d’America, hanecessità di concertare le manovre economico-finanzia-rie con gli altri paesi, specialmente con le autorità mo-netarie e finanziarie europee. Non è azzardato sostene-re che gli staterelli europei dovrebbero fare più di que-sto e negoziare “alleanze” più strette tra loro. In parte lohanno fatto ma, probabilmente, non ancora in maniera

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del tutto convincente e significativa. Quale è l’urgenza,dunque, del dibattito? È una urgenza per un dibattitoche non c’è ancora in Europa. L’urgenza di discutere delfuturo degli europei, la necessità di avere gli strumentiadeguati per fare fronte alle emergenze e pianificareuno sviluppo economico e sociale.

Quali problemi e quale soluzione? È la federazioneun’opzione valida?Suggeriamo di fare un passo indietro. Occorre chiari-

re di quali problemi stiamo parlando e perché il dibatti-to americano sulla federazione può risultare utile.Riflettiamo brevemente sui problemi degli Stati euro-

pei. Prendiamo lo Stato italiano, come esempio della tra-gedia che alcuni Stati affrontano – sia chiaro, parliamodelle vite dei cittadini di questi Stati e non della istituzio-ne che, per noi, ha ben poco significato. Per discutere deiproblemi principali possiamo usare una tecnica espositi-va un poco peculiare. Pensiamo alle sfide, cosiddette, delXXI secolo e cerchiamo di definire come il paese rispon-de, cioè quali siano le condizioni nelle quali si trova.

Sfida numero 1: economia della conoscenzaIl progresso dell’economia e della società si fonda sul-

la conoscenza. Sembra quasi, o forse lo è, una condizio-ne scontata. In molti hanno scritto che l’era in cui vivia-

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mo è quella della conoscenza, proprio per via del pesoche questo elemento ha assunto per la gran parte dellesocietà umane. Alcuni hanno legato l’emergere di que-sto fattore alle dinamiche accelerate che lo svilupposcientifico e tecnologico hanno avuto negli ultimi decen-ni. Si tratta soprattutto delle applicazioni che vi sonostate in una serie di discipline come computer science,biotechnology, operations management, decision ma-king, healthcare, high-tech, investment finance, projectfinance, cognitive science, e molte altre. Un aspetto positivo di questo sviluppo è che le cono-

scenze si diffondono piuttosto facilmente e molto più ra-pidamente che in passato. Un aspetto negativo è invecelegato al fatto che ci sono dei vantaggi competitivi daparte degli Stati che sono più attivi in innovazione, ri-cerca e sviluppo. Se consideriamo i dati sui centri da cuila conoscenza dovrebbe nascere e gli investimenti in ri-cerca e sviluppo, possiamo classificare, per esempio: (1)Stati Uniti, Germania, Finlandia sono Stati che si sonodotati di infrastrutture per la nascita e lo sviluppo delleconoscenze; (2) Spagna, India e Cina si stanno dotandodi queste infrastrutture; (3) Italia e Russia sono Statiche stanno perdendo (il processo è quasi giunto al ter-mine, purtroppo) le infrastrutture; e infine (4) Grecia eTurchia non hanno mai avuto significative infrastruttureper la ricerca.

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Questi vantaggi competitivi dovuti ai first movers so-no da associare ad una circostanza forse poco studiata.Laddove le conoscenze sono lacunose e/o poco diffuseesiste il problema del loro utilizzo. Come spesso si senteripetere, almeno in Italia, le potenzialità di una Ferrari èpiù probabile che emergano se un pilota di Formula Unoè alla guida piuttosto che un neo-patentato. Il concetto,per quanto riguarda le conoscenze è molto simile. La dif-fusione può avvenire ma mancherà il terreno fertile af-finché queste si possano sviluppare se lo Stato non hainvestito per tempo in una diffusa educazione alla cono-scenza, ricerca e innovazione.È difficile aggiungere altro su questo punto perché rite-

niamo sia evidente il peso di questo fattore nella vita enel lavoro di tutti i giorni per milioni di persone. Il politicoche non riconosce l’importanza che la conoscenza giocanelle nostre società ha fallito come uomo prima ancorache come politico perché impedisce ai propri figli di ave-re un futuro. Questa è la vera sfida: avere il coraggio diinvestire nello sviluppo della conoscenza.

Sfida numero 2: dimensione dei problemiLa nostra percezione dei problemi è legata all’ambien-

te nel quale viviamo e lavoriamo. È piuttosto facile con-frontarsi quotidianamente o saltuariamente con i pro-blemi di una comunità, di un paesino, una città, una re-

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gione. Se si vuole, è anche abbastanza semplice venire aconoscenza delle questioni che lo Stato affronta. La crisiattuale, ad esempio, si manifesta con dei sintomi che so-no visibili ai più (indichiamo tra parentesi come il sinto-mo è percepito): la crescente disoccupazione (locale), lacrisi dei mercati finanziari (Stato) che si ripercuote sul si-stema bancario (mutui e spese per servizi bancari; loca-le), inflazione (Stato) e scarso potere d’acquisto dei sala-ri (locale). Tuttavia, questi sono sintomi, cioè non defini-scono un problema ma ne sono la manifestazione. Indivi-duare ciò che determina i sintomi (analisi) è il primo pas-so, definire una diagnosi il secondo. Infine, la cura.Molto spesso l’analisi dei sintomi non viene portata

avanti e la diagnosi è definita in relazione alla rispostadata in passato allo stesso sintomo. Vi immaginate seun medico diagnosticasse sempre la stessa malattia, di-ciamo diabete, di fronte a pazienti diversi che presenta-no lo stesso sintomo, per esempio insufficienza renale?Il paziente che oggi manifesta problemi nel mercato fi-nanziario, difficoltà di allineare salari e inflazione, disoc-cupazione e molto altro, non è lo stesso di 20 anni fa. Lecondizioni che determinano quei problemi sono mutateradicalmente.Una considerazione che potrebbe aiutare a fare chia-

rezza è quella di vedere se i problemi (sintomi) sono lo-calizzati o se si manifestano in più aree contemporanea-

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mente. Per rendere il discorso più semplice, possiamorimanere sullo stesso esempio, la crisi economica attua-le. È chiaro che i sintomi sono simili in quasi tutti i paesioccidentali, sebbene vi siano differenti accenti. Se i sin-tomi sono diffusi, probabilmente esiste un livello conso-no di analisi che non è nè lo Stato, nè il locale. Questo li-vello può essere rappresentato, a nostro avviso, dall’as-sociazione degli Stati avanzati, l’Organizzazione per laCooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Questaè una domanda cruciale, quale è l’interlocutore che puòrappresentare gli interessi degli europei? Quale interlo-cutore potrebbe avere accesso ad una serie di variabiliche, potenzialmente, potrebbero risolvere i problemi?Questo interlocutore è oggi rappresentato dall’UnioneEuropea. La sfida numero 2 può essere sintetizzata nel modo

seguente: Cosa possono gli Stati (o le Regioni) di fronteai problemi economici, sociali, culturali e politici odier-ni? La risposta è, ahinoi, semplice e unica: nulla. La so-luzione di problemi legati all’ambiente, al futuro soste-nibile, allo sviluppo economico, alla creazione delle in-frastrutture per le conoscenza (sfida 1), al degrado so-ciale, alla povertà, all’immigrazione e alla emigrazione emolto altro, non è nelle corde dei politici che operano alivello statale. Questi sono problemi globali. Il continen-te è ciò che più approssima quella dimensione.

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Sfida numero 3: cooperazione internazionale (svilup-po e povertà)Uno degli elementi chiave per comprendere le prospetti-

ve che si apriranno in questo secolo è la cooperazione. Noinon siamo in grado di fare previsioni su quanto accadrà nelfuturo prossimo ma possiamo azzardare due possibili sce-nari. Il primo vede un acuirsi delle contrapposizioni tra lediverse fazioni oggi in campo, siano queste religiose, politi-che o di altra natura. A nostro avviso, questo porterebbead una radicalizzazione delle contrapposizioni e dunquedei conflitti. Alcuni sintomi di questa radicalizzazione, se cisi riflette, paiono già evidenti oggi. All’emergere di poten-ziali minacce, le risposte del cristianesimo organizzato, co-sì come del neo-liberismo, dello Stato nazionale, sono sta-te dettate da incertezza e paura. Ogni studioso di decisionmaking sa bene che l’emozione non è eliminabile dal pro-cesso decisionale ma sa altrettanto bene che incertezza epaura sono due fattori che difficilmente aiutano a compie-re scelte cosiddette razionali. È così che gli estremismi sta-talisti, neo-liberisti e cristiani rispondono alle “minacce”dell’emergere di una nuova idea di statualità (per esem-pio, l’Unione Europea), dell’ampliamento dei mercati, del-l’islamismo come alternativa religiosa per una popolazio-ne tradizionalmente cristiana (si vedano i vari casi docu-mentati nelle maggiori città europee). Il primo scenario èdunque uno scenario caratterizzato dalla paura.

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Il secondo scenario è invece caratterizzato dall’emer-gere di nuovi equilibri basati sulle economie oggi emer-genti quali Cina, Brasile e India, per esempio. I paesi oc-cidentali non sono preparati a far fronte a nuovi interlo-cutori e tendono, come spesso e tristemente si nota dal-le campagne anti-Cina, a non cercare il dialogo ma im-porre la propria prospettiva di paesi politicamente edeconomicamente “forti”. Il risultato è quello di non ren-dersi nemmeno conto del power shift, cioè dello slitta-mento di potere, che si verifica nei mercati e nella politi-ca internazionale. Gli Stati europei in particolare hannodifficoltà a ridefinire il proprio ruolo in un mondo chenon vede più il vecchio continente come centro politico,economico e culturale. I conflitti latenti ed effettivi traStati tenderebbero in questo modo ad aumentare. Il se-condo scenario è dunque orientato al caos.I due scenari non sono alternativi ma possono, così co-

me sembra da quanto si può osservare oggi, verificarsicontemporaneamente. Questo significa che una sfida fon-damentale dei prossimi anni è quella di trovare il modo didialogare con le varie diversità. Per fare in modo che que-sto accada occorre conoscere, superare in questo modola paura di ciò che non si conosce e affrontare la necessitàdel confronto, del dialogo. Delle tre sfide, questa è quelladecisiva. Uno degli elementi che troppo spesso è trascu-rato dal dibattito, scientifico e non, sulla globalizzazione è

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proprio questo: l’urgenza di confrontarsi con la diversità.La realtà globale impone un confronto ed una apertura.Questa apertura è ciò che può consentire una compren-sione reciproca e l’apprezzamento di quanto è diverso.Ne consegue che, per esempio, il disprezzo con cui moltiguardano ai prodotti provenienti da regioni svantaggiatedel mondo non aiuta certamente a che una prospettiva dicooperazione emerga. A cosa serve il disprezzo se non acostituire un muro di incomprensione? Non sarebbe me-glio capire cosa accade dall’altra parte del globo e cerca-re di investire conoscenze, risorse e impegnarsi verso uncambiamento, se è questo che si vuole? A nostro avviso,questo disprezzo e tutto quanto è lontano dall’ottica dellacooperazione e del rispetto reciproco sono prospettive in-degne. La vera sfida è, dunque, proprio quella di consen-tire alle varie realtà sociali del pianeta di comunicare piùefficacemente. La posta in gioco è troppo alta per poteressere ancora trascurata e tutti auspichiamo che dopo laCina e l’Oriente sia la volta dell’Africa. Questi processi disviluppo non “cadono dal cielo” ma sono frutto dell’impe-gno di molte donne e uomini. Finiamo questa sezione sulla sfida numero 3 con una do-

manda semplice ma provocatoria. Quale è il livello istitu-zionale che potrebbe, meglio di altri, occuparsi di promuo-vere sviluppo, rispetto della diversità e cooperazione senon una istituzione che abbia già queste caratteristiche?

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La federazione nel XXI secolo: esigenze e novitàLa questione che si vuole affrontare in questa prefazio-

ne dovrebbe essere chiara, a questo punto. È la federa-zione una soluzione ai problemi dell’Europa? E quale fe-derazione? In questa parte dello scritto è nostra intenzio-ne esaminare sommariamente quali siano i tratti fonda-mentali di una federazione. I padri fondatori della federa-zione americana, avevano isolato questi tratti - ancorapresenti nella costituzione degli Stati Uniti - come soluzio-ne ad alcuni dei problemi principali del XVIII Secolo. Hamilton, Jay e Madison, autori dei Federalist Pa-

pers, distinguono nettamente tra federazione e confe-derazione. Mentre quest’ultima è, in buona sostanza,un accordo tra Stati sovrani, la prima vede attribuire al-cune delle competenze fondamentali dello Stato ad unaentità sovrana e super-statale (cioè sovra-ordinata agliStati). Non vogliamo entrare nella tecnica della defini-zione delle competenze concorrenti (condivise, entro li-miti stabiliti dalla costituzione, tra federazione e Statifederati) o esclusive (cioè di sola competenza della fede-razione o degli Stati federati) o nel significato degli ordi-namenti costituzionali. È invece nostra intenzione com-prendere quali siano i tratti di una federazione. Il signifi-cato di questa antologia di scritti è proprio questo, quel-lo cioè di riflettere sui temi che erano importanti allora edi valutare se e quanto siano importanti ancora oggi.

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Tra i temi fondamentali trattati negli scritti che seguo-no ci è sembrato che i più importanti fossero quelli rela-tivi a difesa, economia, esercito e ripartizione delle com-petenze. Il testo offre posizioni a favore e contro la costi-tuzione federale e abbiamo pensato di presentare unbreve commento all’inizio di ciascuno degli estratti te-matici. Qui di seguito, dunque, per non ripetere quantogià presente nello scritto, abbiamo pensato di indicarealcuni temi del dibattito “storico” e altri che invece rap-presentano “novità” per quanto concerne il non esisten-te dibattito sulla federazione. Questi temi sono difesa,economia, ricerca e innovazione, politica interna e poli-tica estera.Prima di andare a trattare questi temi singolarmente,

vorremmo rivolgere l’attenzione alla questione princi-pale per la quale la federazione è istituita: la pace. Con-trariamente a quanto possa emergere dal dibattito disedicenti federalisti italiani (che, a quanto pare, misco-noscono pure gli autori che citano) il federalismo nasceper unire i popoli sotto una stessa istituzione tale da ga-rantire stabilità e pace tra gli Stati federati. Hamilton èpiuttosto chiaro su questo e si esprime molte volte esenza possibilità di fraintendimento. Una delle paurepiù grandi per i fondatori degli Stati Uniti era quella diripetere le esperienze europee. Le continue guerre chehanno diviso da sempre i popoli europei hanno spinto i

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ribelli della ex-colonia a pensare ad una forma di Statoalternativa a quelle esistenti. Possiamo dire che, con ilsenno del poi, la storia gli ha dato ragione. Gli europeihanno continuato a guerreggiare per quasi due secoli,fino alla catastrofe della seconda guerra mondiale. Nel-lo stesso arco di tempo, sul territorio americano una so-la guerra è stata combattuta.La seconda fonte relativa al legame tra federazione e

pace è Immanuel Kant. Lo scritto Zum Ewigen Frieden(Per la Pace Perpetua) estende il contrattualismo distampo hobbesiano alla comunità di Stati internaziona-le. Alcuni hanno visto in questo la teoria dello Stato fe-derale contrapposta, per così dire, alla pratica di Hamil-ton e compagni. I federalisti europei, movimento natonel 1943 da una idea di Altiero Spinelli, hanno sapien-temente utilizzato la contrapposizione pace-guerraquando “i sei” (Francia, Germania, Italia e Benelux) siaccingevano a firmare il trattato CECA prima e CEE edEuratom poi. Queste istituzioni, sebbene fondate su in-teressi economici non erano altro che un embrione di fe-derazione, tale da garantire che tra gli Stati europei nonci fosse più guerra. A distanza di 58 anni dalla fondazio-ne della CECA, possiamo sostenere che il sistema hafunzionato. Non siamo degli storici e non sappiamo sti-mare quale sia il periodo storico nel quale gli Stati euro-pei non siano Stati in guerra tra loro per un periodo co-

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sì lungo. Non bisogna essere storici per sapere che lapace tra Stati europei non si regge sulla egemonia diuno Stato sugli altri ma è legata ad accordi volontari.Questo rende unico e di portata storica quanto accadesotto l’ombrello comune dell’Unione Europea. Tuttavia, a noi pare che la pace sia garantita dai trattati

dell’Unione anche se imperfetti. Dunque, ha senso oggipensare alla federazione come unica istituzione che possagarantire la pace nel continente europeo? Oppure questoproblema è superato e occorre concentrare l’attenzione sualtro? A noi pare che il cosiddetto “aspetto di valore” delfederalismo sia stato recepito dagli accordi internazionaliche hanno creato l’Unione Europea. Cerchiamo di esserestatistici: quale è la probabilità che la Germania dichiariguerra alla Francia? Quale la probabilità che il Regno Uni-to attacchi l’arci-nemico Francia? In ragione di questa im-plausibilità o remota possibilità, se si preferisce, vorremoporre come primo punto nella non-discussione di una fe-derazione europea il fatto che una pace duratura non è ga-rantita solo nel caso di una federazione. La pace rimane unaspetto di valore ma, date le condizioni attuali, non l’o-biettivo di un eventuale progetto federale.

DifesaIl problema dello standing army è uno dei principali e

più dibattuti tra federalisti e anti-federalisti americani.

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Si trattava di definire se e come ci dovesse essere ununico esercito comune oppure se ciascuno degli Stati fe-derati dovesse avere un esercito separato. Il punto centrale di questa discussione è la sovranità in

campo militare. È chiaro che fino a quando gli Stati conti-nuano a mantenere la piena disponibilità e comando del-l’esercito, quella rimane l’ultima risorsa per dirimere lecontroversie. Se pensiamo ad uno Stato che non avevatradizione, veniva dal fallimento dell’esperimento confe-derale, ex-colonia britannica e pertanto ad elevato rischiodi ri-occupazione, si trattava di risolvere due problemi inuno. Primo, evitare le spinte indipendentiste di ciascunadelle tredici ex-colonie; si trattava, in altri termini, di ga-rantire una unità. Secondo, un esercito comune avrebbepotuto fare fronte in maniera più efficace un eventualeguerra con Stati confinanti o con altre potenze europee. Questo problema non esiste in Europa. In primo luo-

go, gli Stati europei condividono un sistema legislativocomune (UE) che impegna risorse in campo economico,sociale e politico. Ribadiamo dunque la nostra idea chenon ci sia, in questo momento, nulla che faccia pensaread una eventuale guerra tra Stati europei. In secondo luogo, esistono accordi tra gli Stati europei

che coordinano le proprie risorse in funzione di obiettividi “pace” o umanitari condivisi. Gli accordi si estendonoa quello che rimane della NATO, sicché esiste un’allean-

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za diffusa tra Stati occidentali che garantisce la collabo-razione con la potenza militare americana. In terzo luogo, la guerra oggi ha un’altra faccia. Sebbene

i quotidiani ci ricordino spesso (quelli italiani non a suffi-cienza) quali siano i disastri che la guerra porta con sé, anoi sembra di poter affermare che una guerra tra Statiavanzati economicamente non avrebbe un enorme impie-go di risorse umane. La leva obbligatoria è scomparsa nonperché i politici abbiano voluto essere magnanimi, la levaè scomparsa perché non ce ne era più l’esigenza. Le inno-vazioni tecnologiche hanno, in questo campo più che in al-tri, contribuito ad eliminare alcuni dei fattori tradizionalidella guerra. Più che di standing armies si dovrebbe discutere di stan-

ding professionals. Il punto comunque non rimane aperto:l’esercito non sembra essere un punto fondamentale deldibattito federale. Ci permettiamo di suggerire che, proba-bilmente, sarebbe più appropriato e significativo se si par-lasse di servizi di intelligence comune e di polizia “federa-le” europea. Questa sarebbe una svolta, soprattutto pertalune fattispecie di reati (quali frodi fiscali o riciclaggio didenaro sporco) che, ahinoi, non hanno confini.

EconomiaNegli scritti dei federalist, l’economia emerge come

uno dei fattori fondamentali a favore di una federazione.

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Uno Stato federale ha senz’altro più potere contrattua-le, in campo internazionale, dei singoli Stati federati.Inoltre, la federazione ha maggiore possibilità di impat-to nell’economia e nella società su tutto il territorio digiurisdizione. In sintesi, questi due sono gli elementiprincipali del dibattito. Gli anti-federalist hanno spessoarguito che il Presidente della federazione americanaavrebbe avuto un eccessivo potere e qualcuno potrebbepensare, guardando alla passata amministrazioneBush, che probabilmente non avevano tutti i torti. Perquanto riguarda il nostro discorso tuttavia, questa criti-ca è fin troppo avanzata e si basa sul fatto che ci sia unprogetto costituzionale concreto di cui discutere. Nellasituazione europea attuale questa non è una opzione,nemmeno ipotetica.Possiamo dunque limitarci alle questioni economiche

tradizionali. Quali sono gli elementi di una politica eco-nomica federale che potrebbe essere utili discutere nelcaso europeo? Le leve della politica economica, qualimoneta, fiscalità e, in generale, politica economica sonoimportanti ancora oggi. La prima, la moneta, è parzial-mente avviata e costituisce un punto solido della politi-ca europea attuale. In un’area, come quella europea,nella quale circa il 70% dei flussi commerciali avvengo-no tra Stati europei, è indubbio che avere una monetacomune abbia facilitato lo sviluppo, ridotto i costi, sta-

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bilizzato i prezzi e creato una stabilità monetaria invi-diabile. Ricordiamo che la stabilità monetaria è condi-zione essenziale affinché si possano valutare gli investi-menti nel medio-lungo periodo; se ci si pensa, la ragioneè semplice ed è legata al fatto che sia agevole stimarel’investimento futuro: c’é meno rischio e maggiore cer-tezza. Inoltre, e questo vale in particolare per le areemeno avanzate e in maggiore difficoltà (e.g. Italia, Gre-cia), l’euro ha costituito uno scudo contro le ripetute cri-si internazionali. Non abbiamo lo spazio per poter argo-mentare a fondo questa tesi (e d’altronde non sarebbeappropriato in questo scritto) ma possiamo affermareche un paese con indicatori economici fortemente nega-tivi, come l’Italia, avrebbe dovuto affrontare probabil-mente una situazione simile a quella verificatasi in Ar-gentina. È chiaro che questo sarebbe l’effetto di unaeventuale uscita dalla moneta unica. Fortunatamenteper gli italiani, questo non è previsto dai trattati. L’area economica comune, al di là della moneta uni-

ca, garantisce una serie di sinergie ed economie di sca-la che favoriscono, direttamente ed indirettamente,tutti i paesi del continente. Il fatto che la Germania ab-bia, per esempio, in un passato recente avuto una fortecrescita nelle esportazioni ha avvantaggiato, in parte,anche le imprese italiane. Il mercato domestico non èpiù quello statale ma è quello dell’area euro. Un’analisi

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attenta dei dati lo rende evidente anche ai non laureatiin economia. La fiscalità è la seconda leva fondamentale di una fe-

derazione. Avere una fonte di risorse è una condizioneper l’esistenza di un organismo di questo genere. Gli au-tori dei Federalist Papers hanno battuto particolarmen-te su questo punto. In particolare, le fonti di finanzia-mento non devono solo esistere ed essere sufficienti ache il sistema funzioni ma devono anche essere introitiindipendenti rispetto a quelle degli Stati membri. Nelcaso in cui non lo fossero, si sarebbe in una condizionedi sudditanza o dominio degli Stati membri. Questacondizione, cioè quella della federazione, è molto simileall’attuale Unione Europea. Un budget federale com-porta il potere di imposizione fiscale diretta e non soloindiretta (come nel caso della percentuale sull’impostasul valore aggiunto, attualmente di competenza dellaUE). L’unico modo in cui lo Stato federale può mantene-re autonomia decisionale e garantire che quanto di pro-pria competenza sia applicato e rispettato in quantolegge della federazione è quello di avere introiti indipen-denti dal volere degli Stati membri. Perché è così diffici-le per l’Unione Europea mantenere “ordine” e rispettodelle regole pattuite (e.g. 3% del rapporto deficit/PIL ealtre multe agli Stati)? A nostro parere, questo è il moti-vo: assenza di autonomia finanziaria. Chiaramente, non

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siamo per una maggiore imposizione fiscale, più sempli-cemente siamo per una sua redistribuzione. Un’altra ragione a sostegno della fiscalità dello Stato

federale è quella dell’entità delle risorse a disposizione edella facilità con cui possano essere utilizzate. Perché pa-ghiamo delle tasse allo Stato italiano, tedesco, francese,ecc. supponendo che le risorse vengano utilizzate alme-no in parte per risolvere problemi quali la disoccupazio-ne, la diseguaglianza sociale, l’inquinamento, e altro,quando è solo ad un livello continentale che questi pro-blemi possono venire affrontati e risolti? Facciamo unesempio semplice. Ipotizziamo che ci sia un disastro na-turale e che il Danubio esondi arrecando danni irrepara-bili alle popolazioni di almeno 3 Stati membri della even-tuale federazione. Quali risorse potrebbe mettere a dis-posizione un governo federale per il ricovero della popo-lazione e la ricostruzione delle aree investite dalla scia-gura? Sicuramente stiamo parlando di risorse molto piùsignificative di quelle dei tre Stati messi insieme. Se poi,volessimo ricordare delle condizioni in cui ancora oggiversano i terremotati in alcune regioni italiane per penu-ria di risorse, cattiva gestione o altro, potremmo senz’al-tro convenire che un fondo di intervento federale euro-peo avrebbe potuto gestire diversamente la sciagura.La terza leva è quella di una politica economica comu-

ne. La moneta, il fisco e la politica economica sono in-

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sieme tre leve fondamentali di qualsiasi efficace inter-vento. Da molte parti sentiamo ripetere che il pensierodi John M. Keynes è morto. Riteniamo che sia morta lasua applicazione a livello di Stato nazionale ma che, co-me ben hanno sempre compreso i governanti america-ni, è molto utile a livello federale. Il rischio che i paesidell’Unione corrono non è quello di perdere potere (que-sto è già da tempo avvenuto) ma quello di non avere suf-ficiente coordinamento nelle politiche economiche. Co-me è possibile coordinare efficientemente 27 o 12 poli-tiche economiche? La maniera più efficace per interve-nire è quella di avere un unico centro di potere e questopunto era ben chiaro anche 200 anni fa ai federalistiamericani.Ci sono molti altri aspetti dell’economia di una federa-

zione che potrebbero essere affrontati. Ci limitiamo a ci-tare un ulteriore aspetto macroscopico che non era pro-babilmente nelle menti dei primi federalisti americani. Imercati sono ormai globali o globalizzati. Questa affer-mazione è stata ripetuta talmente tante volte da esserediventata banale e scontata. Il problema è infatti un al-tro: quali sono le implicazioni di avere un mercato glo-balizzato? Presentiamo un esempio chiarificatore. Re-centemente il governo italiano è stato sotto pressioneper via del caso Alitalia. Il governo ha tentato ripetuta-mente e senza successo, alcuni sostengono per incom-

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petenza, di “salvare” la compagnia di bandiera attraver-so dei finanziamenti pubblici ad hoc. I fallimenti del go-verno non sono stati determinati solamente da incom-petenza ma dalla impossibilità che un governo naziona-le soccorra una azienda globale, con gli asset di Alitalia.Solo la federazione “Unione Europea” avrebbe avuto lerisorse per soccorrere l’impresa in fallimento. Non visiete mai chiesti come mai sia il governo federale ameri-cano ad intervenire nei casi in cui le grandi imprese ri-schiano il fallimento e non lo Stato della California, Mi-chigan, Illinois o altro? Questo è uno dei punti più im-portanti, a nostro avviso, che dovrebbero entrare in undibattito europeo sulla federazione: quando le nostreimprese diventano a rischio, non esiste nessuno chepossa istituire un bailout plan.

Ricerca/innovazione tecnologicaUn fattore fondamentale che non trova alcuna analo-

gia negli scritti dei federalisti americani è quello della ri-cerca. Le università sono diventate un fenomeno di mas-sa a partire dal secondo dopoguerra e lo studio dell’e-conomia non aveva ancora mostrato quanto questo ele-mento fosse fondamentale per lo sviluppo economico. Tuttavia, nonostante questo non fosse un fattore pre-

so in considerazione dai padri fondatori della federazio-ne americana, i dati mostrano che il 90% delle migliori

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università del mondo (per ricerca/pubblicazioni e didat-tica) si trovano negli Stati Uniti e il numero di brevettiche ogni anno sono presentati da ricercatori americanisono superiori a quelli di qualsiasi altro paese sviluppa-to. Quali sono le circostanze che hanno favorito l’emer-gere di una economia della conoscenza così avanzata esolida negli USA?Molte potrebbero essere le risposte ma, per quanto

concerne gli osservatori europei, a noi pare che il siste-ma offra almeno tre vantaggi fondamentali. Il primo è laquantità. Gli Stati Uniti hanno un sistema di università ecentri di ricerca che è diffuso per tutto il continente equesto determina l’ampio numero di ricercatori attivi.Maggior numero di ricercatori equivale, in termini deltutto probabilistici, alla maggiore possibilità che piùpersone si trovino nel percentile alto della distribuzionedi qualità. Il secondo vantaggio è quello di avere un’unica lingua

e pertanto una più semplice diffusione della conoscen-za. È molto più semplice per uno studioso americano diClemson, SC, sapere su cosa fa ricerca il collega di San-ta Cruz, CA. E lo è sempre stato, la tecnologia ha soloaccelerato e migliorato questo processo di trasferimen-to. Quando gli europei decideranno a riconoscere cheoccorre una lingua comune, almeno in campo scientifi-co? Noi europei abbiamo disimparato i vantaggi di ave-

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re una lingua comune… eppure sapevamo usarne unasola un tempo! Ecco, usiamo quella che c’è oggi.Il terzo vantaggio è legato ai grant famosi in tutto il

mondo. I progetti di ricerca più importanti sono finan-ziati dal governo statale, federale o da istituti privati.Questo, da un lato evita che ci siano duplicazioni, postoche una ricerca viene finanziata al prof X e a nessun al-tro che presenti progetti analoghi. Dall’altro lato, con-sente agli studiosi di avere risorse ingenti per approfon-dire e valutare le proprie idee. In Europa si ha qualcosadi simile ma il budget è limitatissimo per poter, anchesolo lontanamente, essere paragonabile a quanto acca-de negli States.Il sistema così costituito è apprezzabile soprattutto

per la dinamicità che ha acquisito negli anni. Non è unmistero che le università americane sono aperte alle mi-gliori menti, contrariamente a quelle europee (per nonparlare di quelle italiane, ancora istituzioni medievali).Se è vero che l’economia della conoscenza è oggi il fat-

tore al quale è legato il futuro della società europea, ri-teniamo che i vantaggi legati ad una organizzazione del-la ricerca su basi continentali possa essere una ragioneimportante per favorire un progetto di Stato unitario.Non siamo in grado di affermare che le sinergie indicatesopra e presenti nel sistema americano possano verifi-carsi solo in presenza di uno Stato federale. Possiamo

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solo sostenere che la dimensione continentale conta eche il progetto per una federazione europea dovrebbeavere quale punto fondamentale quello di garantire unfuturo prospero e di sviluppo per i propri cittadini. Que-sto, come è ormai chiaro, può avvenire solo a fronte diuna sapiente politica della ricerca, della innovazione edello sviluppo delle conoscenze.

Rapporti esterniL’immagine e l’impatto che un sistema di Stati può ave-

re sull’economia e la politica internazionale è incredibil-mente elevato. Nel caso delle 13 colonie americane sitrattava di paesi emergenti in un continente in espansio-ne. Questi aspetti sono stati al centro del dibattito per laratifica della costituzione federale ma difficilmente gliautori dei Papers pensavano ad un ruolo così significati-vo per il proprio paese. Come risulta evidente dalla lettu-ra dei documenti, gli autori erano consapevoli della por-tata storica di quanto si accingevano a costruire. Tuttaviariteniamo difficile che immaginassero che, nel breve vol-gere di un solo secolo, quella creazione sarebbe diventa-ta una “potenza” economica e politica. Il secolo appenapassato può ben essere definito il “secolo americano”,data l’influenza che gli Stati Uniti hanno esercitato.Oggi siamo in grado di fare tesoro di quella esperien-

za e comprendere che una federazione tra Stati avanza-

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ti, cioè tra ex-potenze coloniali europee, avrebbe senzaombra di dubbio una portata storica senza paragoninella storia umana. Abbiamo una idea, seppure pallida,di cosa un evento del genere potrebbe significare se os-serviamo il ruolo che la moneta unica, l’euro, si è rita-gliato in poco meno di dieci anni. Possiamo inoltre os-servare che la combinazione di euro, politica commer-ciale comune, aiuti umanitari e cooperazione allo svilup-po, finanziamento delle aree disagiate interne, unifica-zione dei mercati e prime avvisaglie di una politica este-ra comune hanno creato un ruolo inaspettato per l’U-nione Europea: quello di mediatore e interlocutore cre-dibile a livello internazionale. Tuttavia questo non è nul-la rispetto al ruolo che una federazione potrebbe gioca-re in ambito internazionale. Sotto molti aspetti, la storiadell’umanità cambierebbe ancora una volta. Hanno glieuropei il coraggio di fare del XXI secolo un altro “secoloeuropeo”? O dovremo aspettare ancora altri cento annio forse di più?Un altro aspetto interessante legato alla federazione

è quello dei processi imitativi che questa potrebbe sca-tenare. Alla federazione americana ne sono succedutevarie altre, come India, Australia, Germania, Austria,Belgio e molti altri. L’imitazione è un processo molto dif-fuso e utile, sotto il profilo evolutivo per i primati in ge-nerale e per gli esseri umani in particolare. I processi

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imitativi che potrebbero essere legati alla evoluzione diuna federazione europea sarebbero sicuramente moltopiù significativi perché il mondo intero ne potrebbe be-neficiare. Molte associazioni tra Stati – Mercosur, NAF-TA, ANZCERTA, per esempio – hanno preso come esem-pio e sono nate in ragione di quanto avveniva in Europa.Non è da escludere affatto che una federazione avrebbeeffetti simili, sviluppando un contesto di relazioni inter-nazionali basato sul dialogo tra federazioni di Stati, rap-presentative di una molteplicità di soggetti che nonavrebbe precedenti. Intendiamo con questo che qualo-ra nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fosseropresenti le federazioni, il numero di cittadini rappresen-tati sarebbe senza dubbio superiore rispetto a quantoavviene oggi. Chiaramente, stiamo speculando su diuno scenario che nessuno di noi riuscirà mai a vivere.Esiste tuttavia un aspetto che raramente viene consi-

derato quando si discute degli aspetti esterni della fe-derazione. Per i primi federalisti questo non costituivaun problema e per i federalisti contemporanei sembrache il problema non esista. I popoli europei hanno con-tribuito enormemente allo sviluppo della conoscenza eallo sviluppo della modernità così come oggi la cono-sciamo. Altrettanto, non è possibile negare che il con-tributo si è espanso anche in termini di guerre e deva-stazioni di cui gli europei sono stati i principali artefici.

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Cosa potrebbe garantire che il potere nelle mani di unaeventuale federazione europea sia usato saggiamen-te? Quali sono i modi per impedire ulteriori tragediecausate dal desiderio di conquista degli europei? Que-sto aspetto è stato spesso trascurato ma noi riteniamoche debba essere accuratamente analizzato e conside-rato per il benessere degli europei e di tutti i cittadinidel mondo. Non è questo forse un altro aspetto diretta-mente connesso con la sfida numero 3 (cooperazioneinternazionale)?

ConclusioniSecondo quanto abbiamo scritto, si presentano tre

sfide (conoscenza, dimensione dei problemi e coopera-zione) e una serie di problemi connessi alla costituzionedi uno Stato federale in Europa. La questione che rima-ne aperta è in che modo e se una federazione europeasia in grado di contribuire alla soluzione di queste tresfide.La sezione precedente presenta alcune delle questioni

che un eventuale dibattito sulla costituzione di uno Statofederale dovrebbe comportare. Alcuni di questi puntifanno parte del dibattito “storico” sulla federazione. Nel-lo specifico, (1) gli aspetti economici (fisco, politica eco-nomica e moneta), (2) la politica interna (pace), e (3) ladifesa fanno parte del dibattito “storico” sulla plausibili-

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tà o meno di una federazione. Invece (a) ricerca e svilup-po tecnologico, (b) confronto tra dimensione delle impre-se, mercati e istituzioni, (c) rapporti esterni (imitazionedel processo e ruolo internazionale) e (d) irrilevanza del-la determinante interna (pace) sono aspetti del tuttonuovi. Stiamo ovviamente semplificando un discorsomolto complesso posto che i primi tre aspetti citati, quel-li storici, non sono affatto simili nella sostanza a quantoveniva discusso in America. Solo la forma è simile, nelsenso che il tema è lo stesso. Inoltre, l’integrazione dei“nuovi” con i “vecchi” temi è probabile che definisca unqualcosa di totalmente nuovo. Per esempio, a noi appa-re evidente che una politica economica debba essere in-tegrata a quella della ricerca e sviluppo tecnologico inmaniera molto più avanzata di quanto è oggi possibiletrovare negli Stati nazionali. Occorre, in altre parole, farein modo che la conoscenza diventi parte dell’economiadella federazione.Questo ultimo esempio porta direttamente a discute-

re delle tre sfide e della federazione. Sotto tutti e tre iprofili riteniamo di aver presentato un quadro che lasciapochi dubbi. Sebbene non sia possibile stabilire qualesia il contributo di una federazione in relazione alle tresfide, possiamo però affermare che questa sia senz’al-tro più adeguata degli attuali Stati nazionali e delle at-tuali istituzioni internazionali (e.g. Unione Europea).

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Un’ultima nota conclusiva va aggiunta. Da quantoscritto fino ad ora emerge che la discussione su di unafederazione europea è indispensabile. Nonostante datie argomenti sostengano una sua costituzione o almenoun dibattito su questa opzione, non pare che questo siaall’ordine del giorno. Al contrario, e con sempre mag-giore frequenza, a noi pare di percepire uno sconfortogenerale intorno al progetto di unione degli Stati euro-pei. Speriamo che questo sconforto sia sostituito prestoda una rinnovata spinta verso la cooperazione, il benes-sere e lo sviluppo. Tuttavia questo non può avvenire segli obiettivi non sono condivisi dalla maggior parte deicittadini europei o da un gruppo “illuminato” di questiche possa riavviare il dibattito. Non siamo sicuri che il termine federazione possa es-

sere in grado di rappresentare adeguatamente un siste-ma di cooperazione e sviluppo capace di affrontare e ri-solvere le sfide di cui abbiamo parlato. Dunque, si chia-mi il progetto come meglio si ritiene ma ciò di cui abbia-mo bisogno è di un governo europeo indipendente dainteressi di parte che sia in grado di gestire e svilupparela conoscenza, affrontare i problemi con una dimensio-ne consona e avviare rapporti stabili di cooperazione ebenessere con gli altri paesi.

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Bibliografia consultata e approfondimenti

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Nota al testo

Le pagine che seguono contengono una selezione ra-gionata di testi pubblicati intorno al 1786-1787 da so-stenitori e detrattori della costituzione federale ameri-cana. I primi sono noti come Federalist Papers e i se-condi come Anti-Federalists. I testi riguardano quattro aree particolarmente rile-

vanti: la natura del potere centrale, la tassazione, lasuddivisione delle competenze e l’esercito comune.Quanto segue non riproduce la versione integrale degliscritti in questione ma presenta una selezione di temi,pubblicati in date differenti, ma relativi allo stesso ar-gomento. Infine, per ciascuna delle quattro aree di inte-resse presentiamo le posizioni di entrambe le fazioni.Senza avere la pretesa di esaurire il tema, ciascuno

dei quattro temi è preceduto da poche pagine di com-mento. Questo dovrebbe essere utile, speriamo, a sug-gerire alcuni spunti di riflessione e chiavi di lettura diquanto segue.

Buona lettura!

Capitolo IDibattito sul potere centrale e sulla natura dell’unione

L’oggetto del dibattito di questo capitolo è il governocentrale dell’Unione. Quale tipo di potere si dovrebbeassegnare al governo centrale del nascente Stato ame-ricano? Quali prerogative rispetto agli Stati membri? Ache cosa devono rinunciare i singoli Stati? A che cosadeve rinunciare l’Unione? Abbiamo scelto questo cometema di apertura del dibattito, perché rappresenta cer-tamente uno dei punti di maggior importanza, sia per lastoria americana e sia anche per le vicende europee dioggi. Dal momento che il processo costitutivo america-no, come quello europeo, non ha tanto a che fare conpersone, ma con Stati sovrani e autonomi, come può es-sere descritta la fase di delegazione della sovranità –parziale o meno – delle parti verso il tutto?

La soluzione che verrà discussa nei passaggi che viproponiamo ha a che fare direttamente con la descrizio-ne di che cosa sia uno Stato federale. Per questo motivoabbiamo ritenuto iniziare proprio da quello che ci èsembrato essere una introduzione al tema, in modo daconsentire al lettore di orientarsi meglio all’interno deisuccessivi dibattiti.

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Il problema in gioco, come è stato anticipato, riguardala natura del futuro governo americano. Nello specifico,il dibattito nasce attorno al timore – riconosciuto da en-trambe le parti – che un governo nazionale centrale pos-sa a lungo andare trasformarsi in una specie di “super-governo” o, se si preferisce, in un grande Leviatano con-tinentale. Nell’economia del dibattito, questo punto,cioè il fatto che un super-Stato americano potesse costi-tuire realmente un problema, è il punto di convergenza,su cui si articola la materia del contendere. Entrambi ri-tengono che questa opzione sia da scartare come nondesiderabile. A dividere i due gruppi sono ovviamente glistrumenti per evitarla. Da un lato, gli anti-federalisti ri-tengono che una confederazione possa essere più effica-cie per gestire il pericolo di una deriva dittatoriale. Dal-l’altro lato, i federalisti che propongo nei passi che pre-sentiamo una fra le più significative innovazioni istituzio-nali che il mondo moderno abbia mai avuto: lo Stato fe-derale. Vediamo ora nel dettaglio i due argomenti.

Spesse volte, anche nel dibattito europeo, sentiamodire che la dimensione di uno Stato può impedire il cor-retto funzionamento della democrazia. Ovviamente,per “dimensione” intendiamo la pervasività che i poteridi questo ipotetico Stato hanno rispetto alle realtà loca-li e, in ultima istanza, rispetto ai cittadini. Già Rousseau

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aveva osservato come la democrazia funzioni meglio – eper certi versi, funzioni solo – in comunità molto ristret-te. Pertanto, le perplessità che un disegno istituzionalesimile ha rispetto ad aree continentali, come l’Europa eil Nord America, paiono quanto meno legittime. Questaè sostanzialmente l’obiezione sollevata dagli anti-fede-ralisti. Per semplificare, il pericolo è quello di trasforma-re, come abbiamo già anticipato, l’Unione in una sortadi immenso Leviatano con potere assoluto sia sulle per-sone che sulle singole comunità. Torna qui l’obiezioneche ritroveremo nel caso nel capitolo dedicato all’’eser-cito permanente: se deleghiamo il potere di governareun territorio così vasto a una singola istituzione, comepuò essere l’Unione, ne consegue che una sparuta ari-stocrazia potrebbe prendere il sopravvento e, così fa-cendo, avrebbe in mano i destini di tutta la nazioneamericana (o europea, se portiamo avanti l’analogia).

Sul campo avverso, i federalisti hanno ben presenteche l’obiezione ha un qualche fondamento di verità. Persuperarla, propongono di strutturare il parlamento del-l’Unione in modo da avere due camere aventi altrettan-te forme rappresentative. Così, nella House of Repre-sentatives sarà rappresentato tutto il popolo america-no. In questo modo, l’interesse dell’intera Unione verràrappresentato secondo il principio generale one man,

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one vote (una testa, un voto). Questo garantisce, ovvia-mente, che ciascun cittadino sia rappresentato, indipen-dentemente dal suo Stato di origine. Nel Senato, invece,ad essere rappresentati saranno direttamente i singoliStati. In questo modo, ciascuna delle due camere costi-tuirà una sorta contrappeso fra l’interesse generale del-l’Unione e quello dei singoli Stati membri e dei cittadini.

Prima di lasciare il lettore ai brani che seguono è utilesottolineare un punto di contatto di questo discorso conil contesto europeo di oggi. Spesse volte il federalismoviene visto – non senza ovviamente una buona dose diignoranza e superficialità – come uno strumento per di-videre. La maggior parte delle persone in Italia intendo-no il federalismo come un sinonimo di secessione o auto-nomismo. In realtà, come dimostra il dibattito che segue,il sistema federale americano naque esattamente a par-tire dall’esigenza di tenere insieme realtà sostanzialmen-te diverse. Se avete sempre creduto al binomio secessio-ne-federalismo, quanto segue vi sorprenderà non poco.

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FEDERALISTI: SAGGIO N. 67

La nostra attenzione si soffermerà ora sulla formazio-ne dell’esecutivo nella nuova forma di governo delinea-ta dalla Costituzione in esame.Nessuna altra parte del sistema presenta maggiori diffi-

coltà di organizzazione di questa e nessuna, forse, è stataoggetto di discussioni così faziose e così poco costruttive.A tal proposito gli oppositori della Costituzione sem-

brano darsi gran pena per evidenziare il loro talento nel-l’arte del fraintendere. Facendo leva sull’avversione delpopolo per la monarchia, hanno tentato di far converge-re tutte le invidie e le ansie dei cittadini contro la figuradel Presidente degli Stati Uniti, delineata dalla nuovaCostituzione, non solo come embrione ma come maturaprogenie di quel detestato genitore. Pur di stabilire que-sta presunta somiglianza non si sono fatti neppure pro-blemi a inventarne di nuovi e senza alcun significato. Adesempio, i poteri del magistrato, in alcuni casi maggioriin altri casi i minori di quelli di un governatore di NewYork, sono stati ingigantiti fino a diventare addiritturasuperiori ai poteri di un re. I poteri che gli sono stati con-feriti oltrepassano per dignità e magnificenza quelli diun sovrano della Gran Bretagna. Egli è stato raffiguratoai nostri occhi con uno scintillante diadema sulla frontee con un manto imperiale di porpora, seduto su un tro-

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no, circondato da lacché e cortigiane mentre concedeudienza a delegati di potentati stranieri, in tutto lo sde-gnoso sfarzo della regalità. Sono state perfino richiama-te immagini di dispotismo e dissolutezza asiatica a co-ronamento di una scena tanto eccessiva. Siamo statipreparati a tremare davanti ai volti spietati dei suoi sca-gnozzi assassini e ad arrossire davanti ai misteri svelatidel futuro harem presidenziale. Tentativi così stravaganti come questi di alterazione, o

meglio di trasfigurazione della realtà, rendono necessa-rio svolgere un’analisi accurata della vera natura e for-ma di questa figura istituzionale al fine di accertare il ve-ro aspetto e le caratteristiche autentiche del suo poteree al contempo smascherare la falsità e mostrare l’assur-dità delle ingannevoli somiglianze propagate in modocosì insidioso e insistente.Sarebbe uno sforzo arduo, per chiunque svolgesse

questo compito, considerare con moderazione o tratta-re con serietà gli artifici, deboli quanto malvagi, inven-tati per fuorviare l’opinione pubblica in merito alla que-stione. Essi eccedono così tanto nella loro faziosità, cheperfino nel più leale e tollerante dei temperamenti, for-zano i sentimenti che favoriscono una interpretazioneindulgente della condotta degli avversari politici per farsorgere un’indignazione spontanea e incondizionata. Èimpossibile non accusarli di deliberata impostura e d’in-

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ganno di fronte alla grossolana falsità di assimilare unsovrano della Gran Bretagna a un magistrato che pre-senti le caratteristiche attribuite al presidente degli Sta-ti Uniti. È ancora più difficile trattenersi dal sostenerequell’accusa di fronte agli espedienti sconsiderati e spu-dorati adottati per sostenere questo tentativo.In un esempio che riporto come saggio dello spirito

generale, la temerarietà si è spinta così oltre da attri-buire al presidente degli Stati Uniti un potere che dagliatti riportati è invece esplicitamente conferito agli orga-ni esecutivi dei singoli Stati. Mi riferisco al potere di col-mare eventuali posti vacanti al Senato.Questo audace esperimento sulla capacità di discerni-

mento dei suoi concittadini è stato compiuto da unosaggista che, qualunque sia il suo merito reale, ha rice-vuto considerevoli applausi dal suo partito e, partendoda presupposti falsi e infondati, ha elaborato una seriedi considerazioni altrettanto false e infondate. Mettia-molo ora a confronto con la prova dei fatti e lasciamoche giustifichi le proprie affermazioni, se ne è capace, oche attenui la vergognosa offesa che uno ha compiutocontro i principi della verità e le regole che si addicono auna leale dialettica politica.Il secondo comma della seconda sezione del secondo

articolo conferisce al Presidente degli Stati Uniti il pote-re “di nominare, su parere e con il consenso del Senato,

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di designare ambasciatori, ministri e consoli, i giudicidella Corte Suprema e tutti gli altri funzionari degli Sta-ti Uniti, la cui nomina non sia altrimenti disposta dallaCostituzione e che debba essere stabilita con appositalegge.” Subito dopo questo comma ne segue un altroche afferma: “Il Presidente avrà il potere di assegnaretutte le cariche che si rendessero vacanti negli intervallitra una sessione e l’altra del Senato, mediante mandatiprovvisori, che avranno validità fino al termine dellasessione successiva”. Da quest’ultima disposizione si èdedotto erroneamente che il Presidente abbia il poteredi colmare le cariche vacanti al Senato. Basterà presta-re la minima attenzione alla correlazione dei commi e alchiaro significato dei termini per convincerci che questadeduzione non è affatto plausibile.È evidente che il primo dei due commi si limita sola-

mente a dettare le disposizioni per la designazione deifunzionari, “la cui nomina non sia altrimenti dispostadalla Costituzione e che debba essere stabilita con ap-posita legge”. Ciò ovviamente non può estendersi ai se-natori, la cui nomina è disposta diversamente dalla Co-stituzione e chi è nominato secondo disposizioni dellaCostituzione non avrà bisogno di una futura designazio-ne mediante una legge. Questa posizione è difficilmentecontrovertibile.Non è plausibile, in maniera altrettanto chiara, che il

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secondo dei due commi comprenda nel suo significatoanche il potere di assegnare incarichi vacanti al Senatoper le ragioni di seguito addotte.Primo. La relazione tra questo comma e l’altro, che sta-

bilisce le modalità generali di designazione dei funziona-ri degli Stati Uniti, denota che esso non è altro che un’in-tegrazione del primo, poiché intende stabilire un meto-do ausiliare di nomina nei casi in cui il metodo generale sirivelasse inadeguato. Ordinariamente il potere di nomi-na è assegnato congiuntamente al Presidente e al Sena-to e può, di conseguenza, essere esercitato solo durantela sessione del Senato. Visto che, però, sarebbe impro-prio obbligare quest’organo a rimanere continuamentein sessione per la nomina dei funzionari e visto che negliintervalli di sessione potrebbero rimanere vacanti dellecariche, che potrebbero essere necessarie per svolgerele funzioni pubbliche senza ritardi, il comma successivointende chiaramente autorizzare il Presidente a fare no-mine, da solo, “durante gli intervalli di sessione del Sena-to, mediante mandati provvisori, che avranno validità fi-no al termine della sessione successiva”.Secondo. Se questo comma va considerato come

un’integrazione di quello precedente gli incarichi vacan-ti di cui parla devono essere messi in relazione con i“funzionari” descritti nel primo comma, il quale, comeabbiamo visto, esclude i membri del Senato.

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Terzo. Il periodo in cui esercitare tale potere, ossia“durante gli intervalli delle sessioni del Senato”, non-ché la durata delle nomine, “fino al termine della ses-sione successiva” di quell’organo, concorrono a deluci-dare il senso del mandato. Se esso, infatti, avesse volu-to comprendere i senatori, avrebbe naturalmente fattoriferimento al potere temporaneo di colmare incarichivacanti durante gli intervalli degli organi legislativi del-lo Stato, che hanno il compito di conferire nomine per-manenti, piuttosto che negli intervalli del Senato nazio-nale, che non ha il compito di conferire tali nomine. Es-so inoltre avrebbe esteso la durata del mandato dei se-natori provvisori fino alla sessione successiva degli or-gani legislativi, in rappresentanza dei quali si erano ve-rificati gli incarichi vacanti, invece di far cessare il loromandato alla fine della seguente sezione del Senatonazionale. Le condizioni dell’organo autorizzato a con-ferire nomine permanenti avrebbero certamente de-terminato la modifica di un potere relativo alla desi-gnazione dei mandati temporanei; dal momento chel’organo in questione è il Senato nazionale, la cui situa-zione è contemplata specificatamente nel comma sucui si basa la proposta in esame, i posti vacanti ai qualisi allude possono solo essere considerati in riferimentoa quei funzionari che il Senato nomina congiuntamentecon il Presidente.

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Infine, il primo e il secondo comma della terza sezionedel primo articolo non solo ovviano a qualsiasi possibilitàdi dubbio, ma demoliscono ogni pretesto di equivoco. Ilprimo stabilisce che “il Senato degli Stati Uniti sarà com-posto da due senatori di ciascuno Stato, scelti dagli orga-ni legislativi locali per la durata di sei anni” e il secondoaggiunge che “qualora nell’intervallo tra le sessioni degliorgani legislativi di uno qualunque degli Stati, in seguito adimissioni o per altra causa qualsiasi, alcuni seggi riman-gano vacanti, l’esecutivo di quello Stato potrà procederea nomine provvisorie fino alla seguente sessione degli or-gani legislativi che assegneranno i seggi vacanti.” Conquesta disposizione viene conferito in termini inequivoca-bili agli organi esecutivi degli Stati il potere di assegnaregli eventuali posti vacanti al Senato mediante nominetemporanee. Ciò non solo invalida l’ipotesi che il commapreso prima in esame conferisse tale potere al Presidentedegli Stati Uniti, ma dimostra anche che tale congettura,priva perfino del merito della plausibilità, trae origine dal-la volontà di ingannare il popolo; l’inganno è troppo evi-dente per essere celato dai sofismi e troppo grave per es-sere attenuato dall’ipocrisia.Mi sono preso la briga di scegliere quest’esempio di

travisamento della realtà e di metterlo pienamente inluce per fornire una prova oggettiva degli ingiustificabiliartifici messi in atto per impedire il formarsi di un giudi-

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zio onesto e imparziale dei reali meriti della Costituzio-ne sottoposta alla riflessione del popolo. Né ho avutoremore, davanti a un caso così evidente, a esprimermicon l’asprezza propria del disappunto, poco congenialeallo spirito generale di questi saggi. Non esito a rimet-tere la questione al giudizio di qualsiasi onesto e lealeavversario della forma di governo proposta, ovvero semai il linguaggio possa tingersi di epiteti troppo vee-menti di fronte al tentativo tanto vergognoso e corrottodi approfittare dei cittadini americani.

FEDERALISTI: SAGGIO N. 10

Un altro punto di differenziazione tra una repubblica euna democrazia è il maggior numero di cittadini e lamaggiore estensione di territorio che un governo repub-blicano potrebbe avere rispetto a uno democratico:questa condizione rende le unioni faziose meno temibilinel primo che nel secondo caso. Più piccola è la societàe minori saranno probabilmente i partiti e gli interessicontraddistinti che la compongono; minori sono i parti-ti e gli interessi contraddistinti e più frequentemente sipotrà formare una maggioranza appartenente allo stes-so partito; minore è il numero di individui che compon-gono una maggioranza, più ristretta l’area in cui opera-

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no e più facilmente essi potranno accordarsi per attuareeventuali piani oppressivi.In un’area più ampia ci sarà una maggiore varietà di

partiti e di interessi; ci saranno meno probabilità cheuna maggioranza omogenea trovi un interesse comuneper violare i diritti degli altri cittadini; oppure, qualoratale interesse ci fosse, sarebbe più difficile, per tutti co-loro che ne partecipano, scoprire la propria forza e agi-re all’unisono gli uni con gli altri. In aggiunta agli altriostacoli, si potrebbe notare che laddove c’è consapevo-lezza che vi siano propositi ingiusti e disonorevoli, la dif-fidenza reciproca attua un controllo sulla comunicazio-ne che aumenta all’aumentare del numero di persone dicui è necessaria la complicità.Quanto al controllo delle tendenze faziose, da queste

considerazioni emerge chiaramente che l’Unione gode,rispetto agli Stati che la compongono, dello stesso van-taggio che una grande repubblica può vantare rispettoa una repubblica più piccola e rispetto a una democra-zia. Il vantaggio consiste forse nella possibilità di ricor-rere a dei rappresentanti le cui idee illuminate e i cuisentimenti virtuosi li rendano superiori ai pregiudizi e aicomplotti locali? È innegabile che i rappresentanti del-l’Unione hanno maggiori probabilità di soddisfare que-sti requisiti. Il vantaggio consisterà forse nella maggioregaranzia di sicurezza offerta da una più ampia varietà di

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partiti rispetto all’eventualità che un partito qualsiasidiventi il più numeroso e opprima gli altri? L’aumentodella varietà dei partiti, inclusi nell’Unione, procede dipari passo con l’aumento della sicurezza. Il vantaggioconsisterà forse nel maggior numero di ostacoli che siopporrebbero all’accordo e alla realizzazione delle bra-me segrete di una maggioranza ingiusta e faziosa? An-che in questo caso, l’ampiezza dell’Unione offre il van-taggio più evidente.

FEDERALISTI: SAGGIO N. 39

Al fine di appurare la vera natura del governo è possi-bile esaminarlo in relazione ai principi sui quali si costi-tuirà, alle fonti dalle quali derivano i suoi poteri ordina-ri, al funzionamento dei suddetti poteri, alla loro esten-sione e all’autorità che consentirà l’introduzione di futu-ri cambiamenti nel sistema di governo.In merito alla prima relazione è chiaro che, da una

parte, la Costituzione si fonda sull’assenso e sulla ratifi-ca del popolo americano, espresso mediante deputatieletti per questo fine specifico. Tuttavia, d’altra parte,tale assenso e ratifica devono essere espressi dal popo-lo, non come insieme d’ individui che compongo un’inte-ra nazione, ma come componenti dei diversi Stati indi-

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pendenti ai quali essi rispettivamente appartengono.Sono necessari l’assenso e la ratifica dei diversi Stati,derivanti dall’autorità suprema di ogni Stato, ossia,l’autorità del popolo stesso. L’atto che istituisce la Costi-tuzione sarà quindi un atto non di carattere nazionale,ma federale.Che si tratti di un atto federale e non nazionale, così

come i termini sono intesi dagli oppositori, e che sia l’at-to di un popolo, che forma tanti Stati indipendenti e nonun unico Stato nazionale, è evidente da quest’unica con-siderazione: esso non è il risultato né di una maggioran-za del popolo dell’Unione, né di una maggioranza di Sta-ti. Esso deve essere il risultato del consenso unanimedei vari Stati che compongono l’Unione e differisce dalconsenso ordinario niente altro che nel modo in cui èespresso, ossia, non dall’autorità legislativa ma dal po-polo stesso. Se in questa fase il popolo fosse considera-to come facente parte di una sola nazione, la volontàespressa dalla maggioranza dell’intera popolazione de-gli Stati Uniti sottometterebbe anche la minoranza, allostesso modo in cui all’interno di ogni Stato la maggio-ranza sottomette la minoranza. La volontà della mag-gioranza sarebbe, inoltre, determinata da un confrontodei voti individuali oppure prendendo in considerazionela volontà della maggioranza degli Stati come confermadella volontà della maggioranza del popolo degli Stati

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Uniti. Nessuna di queste due norme è stata invece adot-tata. Ogni Stato, nel procedimento di ratifica della Co-stituzione, è considerato un organismo sovrano, indi-pendente da tutti gli altri, e che si sottomette solo perun proprio atto volontario. Stando così i rapporti, lanuova Costituzione, qualora sia istituita, sarà una costi-tuzione federale e non nazionale.La successiva relazione considera le fonti dalle quali

derivano i poteri ordinari del governo. La Camera deiRappresentanti trae i suoi poteri dal popolo americano,che vi sarà rappresentato secondo la stessa proporzionee sulla base dello stesso principio adottati negli organilegislativi di quel particolare Stato. Fino a questo punto ilgoverno delineato è di tipo nazionale e non federale. IlSenato, d’altra parte, trae i suoi poteri dagli Stati, inquanto società politiche coeguali, e saranno rappresen-tati in Senato secondo un principio di uguaglianza, cosìcome avviene oggi nell’attuale Congresso. Fin qui il go-verno è, quindi, federale e non nazionale. Il potere ese-cutivo deriva da una fonte assai composita. L’elezione di-retta del Presidente deve essere effettuata dagli Stati nelloro carattere politico. I voti a loro destinati sono suddi-visi secondo una proporzione complessa che li considerain parte come società distinte ed eguali, in parte comemembri ineguali della stessa società. L’elezione finaledeve essere compiuta da quel ramo dell’assemblea legis-

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lativa composta da rappresentanti nazionali; che, tutta-via, in questo particolare atto devono essere consideraticome singoli delegati, provenienti da tanti organismi po-litici distinti ed eguali tra loro. Sotto quest’aspetto il go-verno si presenta con caratteristiche miste, in ugual mi-sura federali e nazionali.Quanto all’azione del governo, la differenza tra una go-

verno federale e uno nazionale dovrebbe consistere inquesto: nel primo i poteri operano sugli organi politici checompongono la Confederazione nell’ambito delle loro ca-pacità politiche; nel secondo, operano su tutti i cittadiniche compongono la nazione nell’ambito delle loro capaci-tà individuali. Seguendo quest’analisi la Costituzione as-sume una carattere nazione e non federale, sebbene noncosì pienamente come si è creduto. In alcuni casi, in parti-colare nei processi inerenti delle controversie tra gli Stati,questi ultimi devono essere considerati e processati soloin base alle loro capacità collettive e politiche. Dall’analisisvolta finora sembra che l’aspetto nazionale del governo,sotto questo punto di vista, sia alterato solo da alcuni ele-menti di natura federale. Tuttavia quest’imperfezione ap-pare inevitabile qualunque progetto si consideri. Nei suoiprocedimenti ordinari e più essenziali l’azione del gover-no sui cittadini, nell’ambito delle loro capacità individuali,potrebbe designare, nell’insieme e sotto questo punto divista, un governo nazionale.

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Se il governo si configura come nazionale in rapportoall’esercizio dei suoi poteri, esso muta di nuovo il suoaspetto allorché lo consideriamo in relazione all’esten-sione dei suoi poteri. Il concetto di governo nazionaleimplica non solo un’autorità sui singoli cittadini, ma unaforma indefinita di supremazia su tutte le persone e lecose fintantoché essi sono oggetti di un governo legitti-mo. In un popolo riunito in una nazione, tale supremaziaè conferita pienamente all’assemblea legislativa nazio-nale. Tra comunità unite per scopi particolari essa è affi-data in parte all’assemblea legislativa nazionale e inparte a quella municipale. Nel primo caso tutte le auto-rità locali sono subordinate a quella suprema e possonoessere controllate, guidate o abolite secondo la propriavolontà. Nel secondo caso le autorità locali o municipalicostituiscono porzioni distinte e indipendenti di tale su-premazia; non sono soggette, nell’ambito delle loro ri-spettive sfere di competenza, all’autorità generale, piùdi quanto l’autorità generale lo sia nei loro confronti, en-tro la propria sfera di competenza. Tenendo conto diquesta relazione, quindi, la forma di governo propostanon può essere reputata di tipo nazionale: la sua autori-tà, infatti, si estende solo a una serie limitata e determi-nata di oggetti e lascia ai diversi Stati una sovranità re-sidua e inviolabile in tutti gli altri settori. È vero che incontroversie relative ai limiti delle due rispettive giuri-

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sdizioni, il tribunale chiamato a prendere l’ultima deci-sione deve essere istituito sotto l’egida del governo ge-nerale, ma questo non compromette il principio dellaquestione in esame. La decisione deve essere imparzia-le, in accordo con i dettami della Costituzione, e si devo-no assumere tutte le precauzioni ordinarie e più efficaciper garantire l’imparzialità. Il ricorso a tale tribunale èchiaramente essenziale per evitare un ricorso alle armie una dissoluzione dell’accordo. Inoltre, non è possibilecontestare l’idea che esso debba essere istituito dal go-verno generale e non dai governi locali, o meglio, chesolo il primo possa istituirlo in tutta sicurezza.

FEDERALISTI: SAGGIO N. 45

Tutti gli esempi di confederazioni sia antiche che mo-derne ci mostrano la fortissima tendenza, continuamen-te manifestatasi tra i suoi membri, a privare il governocentrale dei suoi poteri, insieme all’incapacità di que-st’ultimo di difendersi dalle usurpazioni.Sebbene nella maggior parte di questi esempi il sistema

governativo sia decisamente diverso da quello oggettodelle nostre considerazioni, al punto da svigorire in propo-sito qualsiasi deduzione sul destino del secondo tratta dal-le vicende del primo, tuttavia, visto che gli Stati conserve-

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ranno, in base alla Costituzione proposta, una notevoleparte di attiva sovranità, tali deduzioni non vanno comple-tamente ignorate. La Lega Achea, probabilmente per ilgrado e per i tipi di potere conferiti alla massima istituzio-ne federale, appare decisamente somigliante al governoconcepito dalla Convenzione. La Lega Licia, sulla base deiprincipi e della forma che ci sono pervenuti, doveva pre-sentare un’analogia ancora più spiccata. La storia, tutta-via, non ci dice se esse siano mai degenerate, o se fosserosul punto di farlo, in un governo unificato. Al contrario,sappiamo che la decadenza di una di esse derivò dall’inca-pacità dell’autorità federale di prevenire i dissensi e infinela frammentazione delle autorità sottoposte. Questi sono icasi più degni di attenzione poiché le cause esterne chespinsero all’unione dei vari membri erano molto più nume-rose e potenti delle nostre, quindi, la presenza di vincolimeno tenaci all’interno dovrebbe essere sufficiente a tene-re uniti i membri al vertice e tra di loro.

ANTIFEDERALISTI: BRUTUS, LETTERA N. 1, 18 OTTOBRE 1787

Il primo interrogativo che si pone in materia è se ungoverno confederato sia o meno la forma politica mi-gliore per gli Stati Uniti. In altre parole, ci si chiede se

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i tredici Stati Uniti debbano confluire in una solagrande repubblica, governata da una sola assemblealegislativa e posta sotto la direzione di un unico orga-no esecutivo e di un solo ordinamento giudiziario, ov-vero se debbano proseguire il loro cammino cometredici repubbliche confederate, sottoposte alla dire-zione e al controllo di un’istituzione suprema federaleche si occupi solo di specifiche questioni di interessenazionale.[…]Tale governo dovrà godere di un potere assoluto e au-

tonomo di tipo legislativo, esecutivo e giudiziario ri-guardo tutte le aree di sua pertinenza, come affermatodall’ultimo capoverso dell’articolo primo, sezione otta-va: “Il Congresso ha il potere di promulgare tutte le leg-gi necessarie e adatte all’esercizio dei suddetti poteri edi tutti i poteri conferiti dalla presente Costituzione algoverno degli Stati Uniti o ai suoi dicasteri e uffici.” Conl’articolo 6 si dichiara: “La presente Costituzione e leleggi degli Stati Uniti che saranno fatte in conseguenzadi essa, e tutti i trattati conclusi, o che si concluderannosotto l’autorità degli Stati Uniti, costituiranno la leggesuprema del paese e i giudici saranno tenuti a confor-marsi a essa, quali che siano le disposizioni in contrariopresenti nella costituzione o nella legislazione di qual-siasi singolo Stato.” Da questi articoli emerge che i go-

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verni dei singoli Stati non dovranno interferire nel rap-porto tra il Congresso e il popolo, nell’esercizio di unoqualsiasi dei poteri conferiti al governo nazionale e chela costituzione e le leggi di tutti gli Stati sono annullatee invalidate nel momento in cui sono o saranno incoe-renti con la presente Costituzione o con le leggi promul-gate in sua applicazione o con i trattati stipulati sottol’autorità degli Stati Uniti. Tale governo, quindi, in tuttal’estensione delle sue funzioni, è da considerarsi unostato compiuto e non una confederazione. Esso presen-ta lo stesso grado di completezza dello Stato di NewYork o del Massachusetts, gode di poteri assoluti e per-fetti per fare e promulgare leggi, eleggere ufficiali, isti-tuire tribunali, dichiarare guerra e infliggere sanzioni, intutte le sfere di sua competenza, come qualsiasi altrostato del mondo.Quindi fin dove arrivano i suoi poteri tutte le idee di

confederazione cessano di esistere. È vero che i poteridel governo nazionale sono limitati a determinati ogget-ti, o meglio, poteri ridotti sono ancora lasciati all’autori-tà degli Stati, ma basterà prestare la minima attenzioneai poteri conferiti al governo generale a persuadereogni uomo onesto che, affinché esso sia in grado di eser-citare le sue funzioni, il potere residuo dei singoli Stati sidebba estinguere almeno nella misura in cui non con-corra all’organizzazione del governo generale.

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È impossibile dire fino a che punto le disposizioni con-template nell’ottava sezione del primo articolo possanofar accantonare definitivamente l’idea di confederazio-ne e portare a termine l’unificazione di tutti gli Statiamericani sotto un unico governo nazionale. I potericonferiti dal suddetto articolo sono molto ampi e gene-rici; esso potrebbe dare adito a interpretazioni tali dagiustificare l’approvazione di qualsiasi legge. Un potereche consenta di fare tutte le leggi necessarie e appro-priate per l’applicazione di tutte le funzioni conferitedalla Costituzione al governo degli Stati Uniti o ai suoidicasteri e uffici, è un potere molto ampio e definito [oindefinito?] e potrebbe, a mio avviso, essere esercitatoin modo tale da abolire completamente gli organi legis-lativi degli Stati. Supponiamo che l’assemblea legislati-va di uno Stato approvi una legge atta a raccogliere fon-di per sostenere il proprio governo e per sanare il debi-to dello Stato; il Congresso potrà abrogare questa leggeperché essa potrebbe impedire l’esazione di una tassache ritiene opportuno e necessario istituire per provve-dere al benessere generale degli Stati Uniti? Ciò in ra-gione del fatto che tutte le leggi adottate in attuazionedella nostra Costituzione sono legge suprema del paesee i giudici di tutti gli Stati sono tenuti a conformarsi a es-sa, qualunque siano le disposizioni contrarie presentinella costituzione o nelle leggi dei singoli Stati. Emanan-

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do una legge siffatta, il governo di quel particolare Statopotrebbe essere rovesciato in un solo colpo e di conse-guenza privato di tutti i mezzi di sostentamento.[…]Se il rispetto è il tributo che va pagato al giudizio

espresso da quegli uomini, che più di altri hanno scrittoe riflettuto attorno alla scienza del governare, dobbia-mo giungere alla conclusione che non sia possibile isti-tuire una libera repubblica in un paese di così vastaestensione come quello degli Stati Uniti, caratterizzato,fra l’altro, da un numero di abitanti in continuo aumen-to. Tra le molte illustri autorità che potrei richiamare aquesto proposito, mi basta citarne solamente due. Il primo è il barone de Montesquieu che al capitolo

XVI, volume I [Libro VIII] dello Spirito delle Leggi affer-ma: “È naturale che una repubblica disponga solo di unpiccolo territorio, altrimenti non potrebbe sussistere alungo. In una grande repubblica vi sono uomini con in-genti fortune e quindi con minore moderazione. Vi sonoresponsabilità troppo grandi da riporre nelle mani di unsingolo cittadino. Gli interessi si particolarizzano e l’uo-mo comincia presto a pensare di poter essere felice,conseguire gloria e importanza opprimendo i suoi con-cittadini e di potersi realizzare ergendosi sulle rovine delsuo paese. In una grande repubblica il bene comune èsacrificato a mille considerazioni, è soggetto alle ecce-

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zioni e dipende dagli accidenti. In una piccola, il benepubblico è percepito con più facilità, è compreso meglioed è più alla portata di tutti i cittadini: gli abusi sono me-no frequenti e, ovviamente, meno protetti.” Il marcheseBeccarari condivide la sua stessa opinione.[…]L’idea di una grande repubblica non solo è contrad-

detta dall’opinione degli uomini più insigni e dall’espe-rienza dell’umanità ma anche da svariate motivazionidettate dalla ragione e dalla natura delle cose. In tutti igoverni la volontà del sovrano è legge. Nei governi di-spotici, dal momento che l’autorità suprema è deposi-tata in una sola persona, la sua volontà è legge e puòessere facilmente attuata sia in un territorio grandeche in uno piccolo. In una democrazia pura il popolo èsovrano e la sua volontà è espressa dai cittadini stessiche, perciò, devono accordarsi per deliberare e decide-re. Non si può, quindi, applicare questa forma di gover-no in un paese di una qualsiasi dimensione considere-vole: deve essere limitata a una singola città o, almeno,tenuta entro confini nei quali il popolo possa in modoconsono riunirsi, dibattere, comprendere la questionesottoposta alla sua attenzione e dichiarare la sua opi-nione in materia.

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BRUTUS: LETTERA N. 5, 22 NOVEMBRE 1787

Ho tentato di dimostrare come l’articolo concernen-te l’istituzione del potere esecutivo del nuovo governo,che qui discutiamo, presenterebbe espressioni vaghee indefinite e che i forti poteri conferiti al presidente,connessi alla durata del suo incarico, condurrebberola nazione all’oppressione e alla rovina. Ho, inoltre,mostrato come il presidente sarebbe manipolato dasostenitori e da adulatori oppure come si potrebbe co-stituire un’assemblea pericolosa di alti funzionari distato – in altre parole, i palazzi del potere – se le con-siderazioni, dettate dalla conoscenza dell’umanità, diuno degli uomini più saggi sono degne di fiducia, di-venterebbero rifugio di vili, pigri, avari e di ambiziosi,e finirebbero per avere un linguaggio e consuetudinidiversi dai vostri. Ho mostrato che un vicepresidente ètanto superfluo quanto pericoloso a causa della sua in-fluenza - che il presidente non vi può rappresentare,poiché non è scelto direttamente da voi, e che, nel ca-so in cui fosse adottata, questa forma di governo sa-rebbe più vicina a a un’aristocrazia o a una monarchiaarbitraria e odiosa. Inoltre ho osservato come il presi-dente che possedesse il potere, conferitogli da questastruttura di governo, non sarebbe poi così tanto diver-so dall’istituzione monarchica della Gran Bretagna. Il

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mio monito era di stare in guardia contro le analogiesostanzialmente fallaci che i sostenitori del nuovo si-stema di governo stabiliscono tra quest’ultimo e i go-verni dei vostri Stati.

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Capitolo IIDibattito sulle competenze degli stati

Quali sono le materie sulle quali è più opportuno che lafederazione abbia il potere di intervento? Quali compe-tenze debbono invece essere lasciate di dominio statale?E infine per quali l’intervento dovrebbe essere concorren-te? Quando si discute di competenze, cioè di distribuzionedei poteri tra i due livelli della federazione, queste sono leprime domande alle quali si dovrebbe dare una risposta.Almeno, questo è quello che pare ovvio (Paper No. 1). Al contrario, invece, i federalisti definiscono le compe-

tenze sulla base di un traguardo importante che solo lafederazione è in grado di garantire: la pace tra gli Statimembri (Paper No. 1). L’immagine degli Stati europeiallora permanentemente occupati a farsi la guerra (Pa-per No. 14) ha suggerito ai promotori di creare un mo-do per superare queste crisi continue. La federazione è,in primo luogo, garante della pace tra gli Stati che nefanno parte. Questa, sia chiaro, non è di certo una com-petenza ma è di sicuro un aspetto fondamentale e di va-lore della costruzione istituzionale che va sotto questonome. La federazione dunque, lo ripetiamo ancora unavolta insieme agli autori dei Federalist Papers, uniscenon divide. Inoltre, è questa la base su cui fondare unaqualunque divisione di competenze.

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È chiaro che al fine di costruire una entità istituziona-le sovraordinata agli Stati e capace di garantire la pace,occorre che gli Stati deleghino alcune competenze allanuova istituzione. Dunque, l’obiettivo è garantire stabili-tà, pace, sviluppo; il mezzo è l’attribuzione dei poteri“verso l’alto”, cioè dagli Stati alla federazione. Questo èuno dei problemi principali da superare (Paper No. 1)posto che la sovranità degli Stati, una volta acquisita, èdifficile da frazionare e ripartire. Superare questi pro-blemi significa superare i limiti della precedente unione,la confederazione. La soluzione che i federalisti hannotrovato è quella di sostituire il potere di dichiarare laguerra con un potere giudiziario. In una federazione, lecontroversie tra gli Stati membri si dirimono in tribuna-le e non sul campo di battaglia (Paper No. 15). Quanto abbiamo scritto ha qualche analogia con quan-

to accade in Italia. I problemi che affronta la democraziain Italia sembrano essere legati al fatto che la costituzionedel 1948 è “sospesa” per così dire. Una nuova costituzio-ne è priva di significato, viste le premesse, ed entrerebbein un regime di sospensione anche quella. Questa è pur-troppo l’Italia: cambia la struttura per preservare i conte-nuti. E gli italiani non comprendono che questa sospen-sione dello stato di diritto ha delle ripercussioni sulla lorovita quotidiana. Hanno bisogno di uomini politici (come ifederalisti americani) capaci di spiegare che questa cadu-

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ta non è altro che un sintomo del processo che va avantinel paese: miseria e sottosviluppo!Tornando alla diatriba storica, gli anti-federalisti han-

no una posizione differente. Per loro il fatto che la con-federazione sia servita egregiamente a sconfiggere i bri-tannici e a garantire l’indipendenza delle colonie è ra-gione sufficiente per non abbandonare il modello. In ag-giunta a questo, gli anti-federalisti esprimono il timoreche la federazione degeneri in despotismo e questo, inluce di quanto accaduto sotto l’amministrazione G.W.Bush Jr., è un argomento che mantiene una certa attua-lità. Il vero problema in questo approccio è, a nostro av-viso, l’assoluta miopia con cui gli anti-federalisti analiz-zano il problema della autonomia di ciascuna delle 13ex-colonie dalla federazione. Immaginate quanto sareb-be stato facile per Spagna, Francia e persino Regno Uni-to, conquistare o riconquistare questi Stati qualora nonsi fossero uniti in federazione.Uno degli argomenti che offre alcuni spunti di rifles-

sione non è tanto quello relativo alla ripartizione del po-tere legislativo (Paper No. 14) ma quello legato alla pos-sibilità, allora incombente, di poter annettere nuovi Sta-ti ed espandere così la giurisdizione della federazione.Questo punto è estremamente importante per una fe-derazione; la flessibilità del sistema consente unaespansione territoriale senza snaturarne la sostanza.

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Pare interessante notare che per i promotori della costi-tuzione federale in Italia questa caratteristica non puòavere alcun significato. Lo ottiene nel momento in cuiconsideriamo il continente europeo, dove l’adesione dinuovi Stati (l’apertura e la condivisione dello sviluppo edel benessere) potrebbe, in una struttura non federale,dissolvere l’essenza del disegno originario. Ci spieghia-mo meglio. Non è forse vero che l’Unione Europea oggiha modificato significativamente la propria “sostanza”?Non abbiamo forse oggi, dopo i due recenti “allarga-menti”, una Unione Europea diversa? E che cosa è di-ventata? Sicuramente il confronto tra le istituzioni dellaUE a 15 e di quelle a 27 Stati membri offre un quadromolto diverso. Mentre prima ci si trovava di fronte aun’area a elevato sviluppo che condivideva un disegnodi statualità comune, adesso abbiamo sostanzialmenteun’area di stabilità economica. La federazione (o quelloche oggi più si avvicina a questo) consente una espan-sione senza compromettere la coerenza istituzionale.Possiamo sottolineare come vi siano delle analogie

(Paper No. 14) con quanto abbiamo scritto nella intro-duzione al volume. Quando i federalisti annoverano trai vantaggi di avere uno Stato federale la facilità di spo-stamento e di comunicazione, il rimando è immediato aquanto abbiamo definito essere la economia della cono-scenza. Ciò che è essenziale per l’uomo contemporaneo

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non è lo spostamento materiale o fisico ma quello im-materiale delle proprie e altrui conoscenze. Dunque,una rilettura “futuristica” può portare ad una attualizza-zione di questa parte del dibattito.In un passaggio piuttosto significativo, gli anti-federali-

sti discutono di quanto sembra essere una “glorificazio-ne” del principio di unanimità. Secondo questi politici ilpotere di emendare la costituzione sarebbe dovuto rima-nere agli Stati, che avrebbero votato secondo unanimità.Questo è un tipico principio confederale. Ma, non suonaun campanello? Quale è la regola di base delle procedureintergovernative nella Unione Europea? Esatto: unanimi-tà. Sebbene il principio di votazione a maggioranza stiapian piano avanzando, la unanimità rimane la norma.Questa differenza tra unanimità e maggioranza è una del-le discriminanti fondamentali che ci aiuta a distingueretra confederazione e federazione. Quando il potere è sal-damente nelle mani degli Stati e l’istituzione comune halimitata autonomia, siamo di fronte ad una confederazio-ne; quando invece l’istituzione comune ha una forte auto-nomia e gli Stati hanno delegato significativi poteri a quellivello di governo, abbiamo una federazione. Se leggiamoin quest’ottica l’ultimo passaggio degli scritti degli anti-fe-deralisti riportati in questa sezione, l’idea della confede-razione può essere riassunta come: mettere in comune ilminimo indispensabile ma solo occasionalmente.

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Infine, invitiamo ad una lettura molto attenta di quan-to segue nel Paper No. 14. Il senso di “fare la storia” èevidente in alcuni passaggi che riteniamo abbiano mol-to da insegnare ai “politici” dei nostri giorni. Il rischio diun progetto basato su deduzioni (o meglio abduzionicreative, à la Pierce) e incertezze è presente nelle mentidi chi scrive e, ciononostante, troviamo un invito a valu-tare il progetto secondo ciò che ne è il merito intrinseco.Gli anti-federalisti, al contrario, sembrano legati allostatus quo, a ciò che possono valutare secondo chi os-serva quanto esiste o è esistito; sono, di fatto, i cosid-detti “realisti”, poco propensi al rischio e attenti a nonmodificare gli equilibri di potere esistenti. Sono talmen-te conservatori che si esprimono contrariamente anchein relazione alla democrazia. Questo può sembrare po-co plausibile oggi ma, se ci si riflette un poco, ci si ren-derà immediatamente conto che anche la democraziaera qualcosa di recente, nuovo. Ecco perché, mentre i fe-deralisti (e la costituzione) erano occupati a creare unpopolo americano (“We, the People” si trova scritto nel-la costituzione), gli anti-federalist erano preoccupati asottolineare che non il popolo ma gli Stati sono al centrodell’accordo.La ripartizione delle competenze, in sintesi, si basa sul

meccanismo della cooperazione, della volontà degli Sta-ti membri di essere lungimiranti anzichè oppressi dalle

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esigenze della contingenza: “Each State, yielding to thepersuasive voice of immediate interest or convenience,has successively withdrawn its support, till the frail andtottering edifice seems ready to fall upon our heads,and to crush us beneath its ruins.”

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FEDERALISTI: SAGGIO N. 1

L’obiettivo della FederazioneDopo l’inequivocabile constatazione dell’inefficienza

dell’attuale governo federale (confederale) siete chia-mati a deliberare su una nuova costituzione per gliStati Uniti d’America. Il tema rivela da sé la propria im-portanza e concerne, nelle sue ultime conseguenze,niente meno che l’esistenza dell’Unione, la sicurezza eil benessere delle parti che la compongono, la sorte diuna nazione che, sotto molti aspetti, è la più interes-sante del mondo. Spesso si è osservato che al popolodi questo paese sembra esser stata riservata la possi-bilità di risolvere attraverso la propria condotta edesempio un’importante questione, ossia, se le comuni-tà di uomini siano o no realmente in grado di istituiredei governi efficaci fondati sulla riflessione e sulla scel-ta o se invece siano destinate per sempre a far dipen-dere le loro costituzioni politiche dal caso e dalla for-za. Se vi è del vero in questa riflessione, la crisi a cuisiamo giunti può a ragione essere considerata l’era incui quella decisione deve essere presa. In quest’ottica,una valutazione errata del ruolo che siamo chiamati asvolgere può essere ritenuta una sciagura per tuttal’umanità.

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Resistenza da parte degli Stati (sul rischio di dissolu-zione dell’Unione)[…] Tra gli ostacoli più temibili nei quali incapperà la

nuova Costituzione si possono distinguere facilmentel’ovvio interesse di una certa classe di uomini di ogniStato a contrastare tutti i cambiamenti che possanocomportare il rischio di una diminuzione di potere, diemolumenti e quindi degli incarichi che detengono nelleistituzioni degli Stati nonché la perversa ambizione diun’altra classe di uomini che nutrirà la speranza di arric-chirsi approfittando della confusione del proprio paeseo che si compiacerà delle più rosee prospettive di car-riera create dalla suddivisione della nazione in diverseconfederazioni piuttosto che dalla sua unificazione sot-to un unico governo.[…] Propongo, in una serie di articoli, di presentare e

discutere i seguenti temi in particolare: [1] utilità dell’U-nione rispetto al benessere politico; [2] insufficienzadell’esistente Confederazione a garantire l’unità; [3] ne-cessità di un governo che sia forte almeno quanto quel-lo presente nella proposta di Costituzione; [4] conformi-tà del progetto costituzionale ai principi del più puro re-pubblicanesimo; [5] analogie tra il progetto costituzio-nale e ciascuna delle Costituzioni degli Stati membri; [6]garanzia che il governo federale offre rispetto ai diritti diproprietà e alla libertà.

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Nel corso di questa dissertazione cercherò di dare unarisposta soddisfacente a tutte le obiezioni mosse e chesembrano aver attirato la vostra attenzione. Potrebbeforse apparire superfluo fornire argomenti a dimostra-zione dell’utilità dell’Unione, un’idea indubbiamentescolpita nei cuori della maggior parte dei popoli di ogniStato, un’idea che, come potete immaginare, è incontro-vertibile. Tuttavia il fatto è che abbiamo già sentito mor-morare nei circoli privati degli oppositori della Costitu-zione che i tredici Stati sono entità politiche troppo im-portanti per confluire in qualsiasi sistema governativogenerale e che dovremo per necessità ricorrere a confe-derazioni distinte che rappresentino ciascuna una partedel tutto. Questa corrente di pensiero probabilmente sipropagherà a poco a poco fino a quando conquisterà unnumero sufficiente di sostenitori da essere dichiarataapertamente. Niente è più evidente, per coloro che ab-biano un’ampia visione della materia, che l’alternativaall’adozione della nuova Costituzione è lo smembra-mento dell’Unione. Sarà quindi utile iniziare dall’analisidei vantaggi di quell’Unione, dei mali evidenti e dei pro-babili pericoli ai quali gli Stati saranno esposti con lasua dissoluzione. Questo sarà l’argomento del mio pros-simo intervento.

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FEDERALISTI: SAGGIO N. 14

La necessità di evitare guerre in stile europeoAbbiamo considerato la necessità dell’Unione in

quanto baluardo contro il pericolo straniero, garantedella pace interna, guardiano del nostro commercio edegli altri interessi comuni, in quanto unica alternativaalle istituzioni militari che hanno sovvertito le libertà delVecchio Mondo e come antidoto appropriato contro imali della partigianità, che si sono rivelati fatali in altrigoverni popolari e che hanno mostrato sintomi allar-manti anche nei nostri governi. Tutto ciò che resta da fa-re, in questa sezione delle nostre indagini, è prenderenota di un’obiezione che potrebbe avere come fonda-mento la grande estensione territoriale abbracciatadall’Unione. Poche osservazioni in materia saranno piùche sufficienti, in quanto si intuisce che gli avversari del-la nuova Costituzione stanno approfittando del diffusopregiudizio contro gli aspetti pratici dell’amministrazio-ne repubblicana al fine di instillare, avvalendosi di diffi-coltà inesistenti, il desiderio di quelle valide obiezioniche essi invano cercano di trovare.[…] Se l’Europa ha il merito di aver scoperto questo

grande meccanismo di potere del governo, con la cuisemplice azione si può concentrare la volontà del piùampio corpo politico e indirizzare la sua forza verso

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qualsiasi oggetto richiesto dall’interesse pubblico, l’A-merica può rivendicare il merito di averne fatto il fonda-mento di repubbliche grandi e omogenee. Si può soloobiettare che qualcuno dei suoi cittadini potrebbe desi-derare di privarla dell’ulteriore merito di dimostrare lasua piena efficacia nell’istituzione del sistema generale,qui preso in esame. […]

Il potere legislativo del governo centraleBisogna innanzitutto ricordare che al governo genera-

le [federale] non deve essere attribuito interamente ilpotere di fare e applicare le leggi. La sua giurisdizione èlimitata a una serie determinata di temi, che riguardanotutti i membri della repubblica, ma che non debbono es-sere conseguiti mediante i provvedimenti distinti di al-cuno Stato. I governi subordinati degli Stati possono oc-cuparsi di tutti gli altri settori che possono essere am-ministrati disgiuntamente e conserveranno la loro legit-tima autorità e possibilità d’azione. Se il progetto pre-sentato in questa Convenzione proponesse di abolire igoverni dei singoli Stati, i suoi oppositori avrebbero unaragione fondata per muovere delle obiezioni; anche senon sarebbe difficile dimostrare che qualora essi fosse-ro aboliti, il governo generale [federale] sarebbe co-stretto, in virtù del principio di autoconservazione, areinserirli nelle loro legittime funzioni.

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La sicurezza dell’Unione e l’ammissione di altri StatiLa seconda osservazione da fare è che il fine immedia-

to, e realizzabile, della Costituzione federale è garantirel’unione dei tredici Stati originari nonché perseguire l’al-tro obiettivo, ugualmente praticabile, di aggiungere aessi tutti gli altri Stati che potrebbero sorgere al loro in-terno o nelle aree limitrofe. Le disposizioni eventual-mente necessarie per provvedere a quelle aree e frazio-ni del nostro territorio situate lungo la frontiera nord-occidentale devono essere lasciati a coloro che, graziealle scoperte e alle conoscenze future, saranno più ido-nei a svolgere tale compito.

Agevolazioni negli spostamenti e nelle comunicazioniIn terzo luogo va sottolineato che le relazioni all’inter-

no di tutta l’Unione saranno favorite dai nuovi migliora-menti. Dovunque le strade saranno abbreviate e tenutein condizioni migliori; gli alloggi per i viaggiatori si mol-tiplicheranno e miglioreranno; sarà aperta una via dinavigazione interna lungo il versante orientale che saràaccessibile in tutti, o quasi, i territori dei tredici Stati. Lecomunicazioni tra i territori occidentali e i distretti del-l’Atlantico e quelle tra le diverse parti di essi saranno re-se sempre più agevoli dai numerosi canali che la naturaha generosamente intrecciato sul nostro territorio e chela scienza non ha difficoltà a collegare e a completare.

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Il coraggio di innovare e la necessità di guardare alfuturo[…] Non prestate ascolto alla voce che vi ripete insi-

stentemente che la forma di governo che vi proponiamodi adottare è una novità nel mondo politico, che essanon è mai stata concepita nemmeno nelle teorie dei piùaudaci pensatori, che tenta di realizzare imprudente-mente l’impossibile. No, miei concittadini, serrate le vo-stre orecchie davanti a queste considerazioni profane.Non fate corrompere i vostri cuori da questo veleno. Ilsangue comune che scorre nelle vene dei cittadini ame-ricani, il sangue che essi hanno mescolato per la difesadei loro diritti sacrosanti, consacri la loro Unione e su-sciti orrore davanti all’idea di divenire estranei, rivali,nemici. Se le novità vanno evitate, credetemi, la piùpreoccupante novità, il più assurdo di tutti i progetti, ilpiù imprudente di tutti i tentativi è quello di ridurci inpezzi per mantenere le nostre libertà e promuovere lanostra felicità. Perché mai respingere l’esperimento diuna grande repubblica solo in base al fatto che contienedegli elementi di novità? Pur rendendo il dovuto omag-gio alle opinioni dei tempi antichi e delle altre nazioni,non è forse gloria del popolo d’America non aver tollera-to che la cieca venerazione per l’antichità, per la tradi-zione o per gli uomini illustri respingesse i suggerimentidettati dal proprio buon senso, la consapevolezza della

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propria peculiarità e gli insegnamenti scaturiti dallapropria esperienza? I posteri e il mondo saranno debi-tori verso questo spirito virtuoso, i primi per il consegui-mento e il secondo per l’esempio delle numerose inno-vazioni messe in atto sul palcoscenico politico america-no per la conquista dei diritti individuali e della felicitàcollettiva. Se i capi della Rivoluzione non avessero com-piuto questo passo importante di cui non esistevanoprecedenti, se non avessero istituito questa forma di go-verno priva di un modello esatto a cui ispirarsi, il popolodegli Stati Uniti a quest’ora avrebbe potuto essere an-noverato tra le nostalgiche vittime di incauti consessi e,nelle migliori delle ipotesi, si sarebbe trovato sotto ilgiogo di qualcuna di quelle istituzioni che hanno distrut-to le libertà del resto dell’umanità. Fortunatamente perl’America e, crediamo, per tutta l’umanità, essi hannoseguito un nuovo e più nobile corso. Hanno compiutouna rivoluzione che non ha eguali nella storia della so-cietà umana. Hanno intessuto le trame di governi chenon hanno alcun modello comparabile nel resto delmondo. Hanno ideato il progetto di una grande Confe-derazione, che è compito dei loro successori miglioraree perpetuare. Se la loro opera tradisce delle imperfezio-ni, rimaniamo stupiti per la loro esiguità. Se hanno com-messo degli errori soprattutto nella struttura dell’Unio-ne è perché quello era il compito più arduo da eseguire.

In questo compito si è cimentata questa Convenzioneche ha rimodellato un’opera su cui ora è nostro doveredeliberare e decidere.

FEDERALISTI: SAGGIO N. 14-15

Incapacità dell’attuale Confederazione di preservarel’UnioneNegli scritti precedenti, miei concittadini, ho tentato di

porre davanti ai vostri occhi, sotto una luce chiara e con-vincente, l’importanza dell’Unione per la vostra sicurezzapolitica e per la vostra felicità. […] Il punto successivo daesaminare per proseguire con il piano che avevo appron-tato per la discussione dell’argomento è “l’inadeguatezzadell’attuale Confederazione di preservare l’Unione”. […]Se da una parte [gli oppositori della Costituzione] ri-

conoscono che il governo degli Stati Uniti è privo dienergia, dall’altra contrastano la proposta di conferireal paese i poteri necessari per acquisire quella stessaenergia. Sembra che si propongano ancora obiettivi ri-pugnanti e incompatibili, come un incremento dell’auto-rità federale senza la diminuzione dell’autorità degliStati, la sovranità dell’Unione e la piena indipendenzadegli Stati membri. Essi, infine, sembrano accarezzarecon cieca devozione quella mostruosa idea politica di un

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imperium in imperio. Ciò rende necessario passare alvaglio i principali difetti della Confederazione al fine didimostrare che i mali che viviamo non scaturiscono dainsignificanti e circoscritte imperfezioni, ma da errorifondamentali nella struttura stessa dell’edificio, erroriche non possono essere modificati se non mediante uncambiamento dei principi basilari e dei pilastri portantidella struttura.

Il problema della Confederazione è legato al poterelegislativo degli StatiIl difetto più grave e radicale insito nella struttura del-

l’attuale Confederazione è rappresentato dall’attribu-zione del principio di un potere legislativo agli Stati o aigoverni, nelle loro capacità collegiali o collettive, distin-te da quelle individuali, e sulle quali si fonda il loro pote-re. Sebbene questo principio non interessi tutti i poteridelegati all’Unione, esso tuttavia pervade e regola queipoteri da cui dipende l’efficacia dei poteri rimanenti. Adeccezione delle norme relative alle varie cariche, gli Sta-ti Uniti possiedono una discrezionalità illimitata quantoalla requisizione di uomini e di fondi, ma non hanno l’au-torità di esigerli mediante provvedimenti che si appli-chino ai singoli cittadini americani. Ne consegue che,sebbene in teoria le loro risoluzioni in merito a queglioggetti siano leggi che costituzionalmente vincolano i

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membri dell’Unione, in pratica si risolvono in sempliciraccomandazioni che gli Stati possono, a loro discrezio-ne, osservare o respingere.

La Federazione sostituisce la guerra con il potere giu-diziarioÈ un esempio singolare della stravaganza dell’animo

umano il fatto che, dopo tutti gli ammonimenti ricevutiin proposito dall’esperienza, ci debbano essere ancorauomini che si oppongono alla nuova Costituzione per-ché essa contraddice un principio rivelatosi la disgraziadella costituzione precedente e che è chiaramente in-compatibile con l’idea di governo. Insomma, un princi-pio, che se attuato completamente, sostituirà l’interven-to violento e sanguinario della spada alla mite influenzadella magistratura.Non vi è niente di assurdo o di impraticabile nell’idea

di una lega o di un’alleanza tra nazioni indipendenti invista del raggiungimento di alcune finalità ben definite edichiarate con precisione in un trattato che regoli tutti idettagli in materia di tempo, luoghi, condizioni e quan-tità, senza lasciare alcunché alla discrezionalità futura ela cui attuazione si fondi sulla buona fede delle parti.Patti simili esistono tra tutte le nazioni civilizzate, sog-gette alle consuete vicissitudini della pace e della guer-ra, dell’osservanza o della non osservanza, a seconda

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degli interessi o delle passioni delle potenze contraenti.L’inizio di questo secolo ha conosciuto in Europa unaepidemia di accordi di questo genere, dai quali i politicidel tempo speravano ardentemente di ricavare benefici,in realtà mai conseguiti. Con l’intento di stabilire unequilibrio politico e di instaurare la pace di quella partedel mondo furono esaurite tutte le risorse diplomatichee si formarono triplici o quadruplici alleanze. Queste,tuttavia, non fecero in tempo a costituirsi che furonodisfatte, dando all’umanità una lezione istruttiva ma do-lorosa: quanto poco affidamento fare su trattati che nonprevedono altre sanzioni oltre agli obblighi della buonafede e che contrappongono considerazioni generiche dipace e di giustizia all’impulso di un interesse o di unapassione immediata.

Stati federati o confederati: patto o alleanzaSe i singoli Stati di questo paese sono disposti a stabi-

lire tra di loro una relazione simile e intendono lasciar ca-dere il progetto di istituire un’autorità generale di con-trollo con poteri discrezionali, il risultato sarà davverocarico di insidie e implicherà per noi tutti i mali prece-dentemente elencati. Questo avrebbe almeno il meritodi essere coerente e attuabile, accantonando tutte leconsiderazioni su un governo confederato, ci condurreb-be a una semplice alleanza di carattere offensivo e difen-

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sivo e ci porrebbe nella situazione di essere alternativa-mente amici e nemici gli uni degli altri a seconda di comela nostra reciproca gelosia e rivalità, alimentate dagli in-trighi delle nazioni straniere, ci prescriverebbero di fare.Il potere della Federazione consiste in un’autorità di

controllo sopraordinata agli StatiTuttavia se non è nostro desiderio ritrovarci in una si-

tuazione così pericolosa, se ancora aderiamo al proget-to di un governo nazionale o, il che è lo stesso, di una au-torità superiore, posta sotto la direzione di un’assem-blea comune degli Stati, dobbiamo risolverci a include-re nel nostro piano quegli elementi che marcano la so-stanziale differenza tra una lega e un governo; dobbia-mo estendere l’autorità dell’Unione ai singoli cittadini,gli unici veri soggetti dell’attività di governo.

Il potere legislativo della federazione… e quello disanzioneGoverno implica potere di fare le leggi. Il concetto

stesso di legge stabilisce che essa sia accompagnatadalla sanzione o, in altre parole, dalla pena o dalla puni-zione in caso d’inosservanza. Se la disobbedienza non èassociata alla pena, le decisioni e le imposizioni chehanno una parvenza di legge si tradurranno in niente dipiù che in ammonimenti e raccomandazioni. La pena,qualunque essa sia, può essere inflitta in due soli modi:

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mediante l’intervento dei tribunali e degli ufficiali di giu-stizia o mediante la forza militare, ossia, mediante la co-ercizione della magistratura o quella delle armi. La pri-ma può evidentemente essere impiegata solo con gli uo-mini, la seconda può essere impiegata, per forza di ne-cessità, contro le istituzioni politiche, le comunità, gliStati. È evidente che nessun processo giudiziario puòimporre, in ultima istanza, l’applicazione della legge. Sipotranno pronunciare sentenze contro gli Stati per laviolazione dei propri doveri, ma queste potranno essereeseguite solo con la forza. In una società dove l’autoritàgenerale è limitata agli organi collettivi delle comunitàche la compongono, ogni violazione delle leggi deve im-plicare uno stato di guerra e l’intervento militare devediventare l’unico strumento per assicurare l’obbedienzacivile.Un simile stato di cose non può certamente essere de-

gno del nome di governo, e nessun uomo prudente sce-glierebbe di affidare a esso la propria felicità.

Esperienza miglior oracolo della saggezza: il bisognodi porre vincoli agli Stati federatiUn tempo si diceva che non dovevamo aspettarci vio-

lazioni delle norme dell’autorità federale da parte degliStati; che il rispetto del comune interesse avrebbe ispi-rato la condotta dei rispettivi Stati membri e che avreb-

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be dato vita a un’assoluta conformità a tutti requisiti co-stituzionali dell’Unione. Questo discorso apparirebbeoggi assurdo così come sarà considerato gran parte diciò che ora ascoltiamo dire dalla stessa parte politicaquando avremo ricevuto ulteriori insegnamenti dall’e-sperienza, il miglior oracolo della saggezza. Questo hasempre tradito un’ignoranza delle vere fonti che deter-minano la condotta umana e ha contraddetto le pre-messe autentiche su cui si fonda l’autorità civile. Perchémai è stato istituito il governo? Perché le passioni degliuomini non si conformeranno ai dettami della ragione edella giustizia senza coercizione. Vi è notizia di associa-zioni di uomini che agiscano con maggior rettitudine edisinteresse dei singoli individui? Che sia esattamente ilcontrario è stato arguito da tutti i più scrupolosi cono-scitori della condotta umana; si tratta di una deduzioneche si fonda su ovvie motivazioni. La reputazione eserci-ta un ascendente meno forte quando l’infamia per unacattiva azione è condivisa da un gruppo rispetto a quan-do ricade unicamente su un singolo. Lo spirito di parte,che è incline a mescolare il suo veleno nelle deliberazio-ni prese da tutte le comunità di uomini, spingerà spessole persone che le compongono a commettere soprusi eingiustizie, di cui invece si vergognerebbero come priva-ti cittadini.

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Conflitto tra poteri di controllo e controllatiVa inoltre aggiunto che è insito nella natura stessa

dell’autorità sovrana un senso di intolleranza verso leforme di controllo che predispone coloro che sono in-signiti del potere di esercitarla a guardare con ostilitàa tutti i tentativi compiuti dall’esterno per limitare oindirizzare i suoi interventi. Da questa attitudine deri-va che, in ogni associazione politica, fondata sul prin-cipio dell’unione di autorità minori in base a una co-munità d’interessi, si genererà una sorta di tendenzacentrifuga nelle orbite subordinate o inferiori da cuiscaturirà, in ognuna di esse, una velleità continua diseparazione dal centro comune. Non è difficile dareconto di questa tendenza: essa ha origine nell’amoreper il potere. Un potere controllato e limitato è quasisempre rivale e nemico di quel potere mediante il qua-le esso è controllato e limitato. Questa semplice asser-zione ci fa capire quanta poca ragione ci sia nell’aspet-tarsi che persone incaricate di amministrare gli affaridegli Stati membri di una confederazione debbanosempre essere pronti, con perfetta disposizione d’ani-mo e con obiettiva preoccupazione per il bene pubbli-co, ad applicare le risoluzioni o i decreti dell’autoritàgenerale. Nella natura umana è insito proprio l’esattocontrario di ciò.

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L’importanza della cooperazione[…] Nel nostro caso, l’accordo di tredici distinte volon-

tà sovrane è il requisito indispensabile, sotto i dettamidella Confederazione, per la piena applicazione di qual-siasi importante provvedimento voluto dall’Unione. Èavvenuto ciò che era prevedibile. I provvedimenti dell’U-nione non sono stati applicati; le inadempienze degliStati si sono, poco a poco, accresciute al punto che neltempo hanno arrestato il cammino del governo nazio-nale e lo hanno condotto a una terribile fase di stallo. IlCongresso al momento attuale possiede a stento i mez-zi per mantenere in piedi il sistema amministrativo finoa quando gli Stati troveranno il tempo di accordarsi persostituire nel modo più adeguato ciò che oggi è solol’ombra di un governo federale. Non si è giunti a questiestremi disperati tutto d’un tratto. Le cause menzionatehanno prodotto all’inizio solo un diverso grado di dispa-rità e di sproporzione rispetto ai requisiti richiesti dal-l’Unione. Le maggiori mancanze di alcuni Stati hannofornito agli Stati meno inadempienti il pretesto dell’e-sempio e la tentazione di far prevalere l’interesse sul-l’osservanza delle regole. Perché dovremmo fare, in pro-porzione, di più rispetto a coloro che hanno intrapresocon noi la stessa avventura politica? Perché dovremmoacconsentire a sorreggere sulle nostre spalle più diquanto ci spetta del comune fardello? L’egoismo umano

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non poteva sottrarsi da simili considerazioni e persinouna mente speculativa, avvezza a indagare le conse-guenze remote delle cose, non potrebbe contrastarlesenza incertezze. Tutti gli Stati, cedendo alla voce per-suasiva dell’interesse immediato e della convenienza,hanno ritirato, l’uno dopo l’altro, il proprio sostegno fin-tantoché quest’edificio fragile e vacillante sembra pron-to a cadere sulle nostre teste e a schiacciarci sotto le suemacerie.

ANTIFEDERALISTI: FEDERAL FARMER LETTERE AI REPUBBLICANI

Gli Stati non il popolo costituiscono il cuore dell’UnioneSignor Henry, Signor Presidente, sono molto grato

all’illustre signore per il suo encomio. Vorrei avere lecapacità o qualsiasi cosa possa rendermi all’altezza diillustrare quest’importante questione. Non manco disospettare: sono incline ad alimentare i dubbi. Quan-do ieri sono intervenuto per porre una domanda chemi era venuta in mente, pensavo che il significato delmio interrogativo fosse ovvio. La sorte di questa do-manda e degli Stati Uniti dipendono da questo. È sta-to detto: “Noi, gli Stati?” È stata avanzata la propostadi un accordo tra gli Stati? Se lo hanno fatto, si tratta

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della proposta di dare vita a una confederazione. Seinvece è altrimenti, si tratta più chiaramente di un go-verno centrale. La domanda, Signore, si impernia suquesto modesto particolare: l’espressione, “noi, il po-polo”, anziché gli Stati d’America. Non occorre che miimpegni per dimostrare che i principi di questo siste-ma sono estremamente complicati, impolitici e perico-losi. Questa è una monarchia, come l’Inghilterra, ossiaun’unione tra il principe e il popolo, con controlli sulprimo per garantire la libertà del secondo? È una con-federazione, come l’Olanda, cioè un’associazione di uncerto numero di Stati indipendenti, ognuno dei qualiconserva la propria sovranità? Non è una democrazianella quale il popolo mantiene saldamente tutti i pro-pri diritti. Se questi principi fossero condivisi, non sa-remmo giunti a questa preoccupante transizione: dauna confederazione a un governo centrale. Non siamoa conoscenza di dettagli che siano degni di considera-zione e che, a mio avviso, avrebbero invece dovuto es-sere numerosi prima di ricorrere alla scelta di questosistema di governo. Si tratta di una decisione tanto ra-dicale quanto quella che ci ha spinto all’indipendenzadalla Gran Bretagna. Questa transizione comporta deicambiamenti drastici: i nostri diritti e privilegi sonomessi a rischio e la sovranità degli Stati sarà ceduta.Non possiamo dire apertamente che è proprio di que-

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sto che si tratta? Diritti di coscienza, diritto al giustoprocesso, libertà di stampa, tutte le vostre immunità ei diritti di voto, tutte le richieste di diritti umani e privi-legi divengono incerti, se non perduti, per mezzo diquesto cambiamento, dibattuto così fortemente da al-cuni e così sconsideratamente da altri. Rinunciare cosìremissivamente ai propri diritti è degno di uomini libe-ri? È degna di quella virtuosa forza morale che dovreb-be caratterizzare i repubblicani? Si dice che otto Statiabbiano già approvato questo progetto. Dichiaro chese anche dodici Stati e mezzo l’avessero adottato iocontinuerei a respingerlo con fermezza e a dispetto diun mondo caduto in errore. Non dovete domandarvicome il commercio possa aumentare o come diventareun popolo forte e potente, ma come è possibile garan-tire i vostri diritti perché la libertà dovrebbe essere laprima finalità del vostro governo.

Il potere dello status quoPoste queste premesse, affronterò, con l’aiuto del mio

giudizio e delle mie conoscenze che, confesso, non sonoampie, la discussione di questo sistema di governo inmodo più dettagliato. È fondamentale per la vostra li-bertà che abbandoniate dei diritti così importanti a cau-sa dell’adozione di questo nuovo sistema politico? È ne-cessario per la vostra libertà rinunciare al giusto pro-

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cesso e alla libertà di stampa? L’abbandono dei vostridiritti più sacri è finalizzato alla garanzia della vostra li-bertà? La libertà è la maggiore benedizione terrena: la-sciateci questo prezioso gioiello e portatevi pure via tut-to il resto! Temo di aver vissuto così a lungo che le mieidee siano diventate antiquate. […]

La Confederazione ha servito con successo la causadell’indipendenza dalla Gran BretagnaLa Confederazione, ossia quello stesso governo che è

stato tanto disprezzato, merita, a mio avviso, il più altoencomio: ci ha aiutato a superare una guerra lunga e in-sidiosa, ci ha resi vittoriosi in quel conflitto sanguinosocontro una potente nazione e ci ha assicurato un terri-torio più grande di quello posseduto da qualsiasi mo-narchia europea. Può un governo così forte e vigorosoessere accusato di incapacità e abbandonato per bra-ma di potere? Riflettiamo su ciò che stiamo per fare pri-ma di disfarci di questo governo. Prendiamoci più tem-po per valutare le cose; rivoluzioni del genere sono av-venute in quasi tutti i paesi europei; esempi simili si pos-sono trovare nell’antica Grecia e nell’antica Roma, dovele popolazioni hanno perso la loro libertà a causa dellaloro imprudenza e dell’ambizione di pochi. L’onorevolecollega, che presiede la Convenzione, ci ha messo inguardia contro il pericolo della faziosità e delle agitazio-

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ni. Riconosco che l’eccessiva tolleranza è pericolosa eche bisognerebbe prendere disposizioni contro di essa;riconosco, altresì, che la nuova forma di governo po-trebbe evitarla efficacemente, tuttavia vi è un’altra cosache essa potrebbe fare altrettanto efficacemente: oppri-mere e rovinare il popolo. […]

La paura del dispotismoSaremo felici se scamperemo il destino di quelle na-

zioni che, rinunciando a resistere ai loro oppressori o fa-cendosi strappare negligentemente la propria libertà,hanno sofferto un intollerabile dispotismo! Gran partedell’umanità si trova oggi in condizioni deplorevoli equelle nazioni andate alla ricerca di grandezza, poteri esplendori hanno finito per sacrificare anche se stesse esono divenute vittime della loro follia. Mentre erano in-tente a conseguire quei beni immaginari, hanno persola propria libertà. La mia grande obiezione contro que-sto governo è che non ci lascerà i mezzi per difendere inostri diritti o per muovere guerra ai tiranni.

Il potere militare deve restare di competenza degliStati: pericoli di un esercito federaleAlcuni sostengono che con questo nuovo progetto

politico acquisiremo una forza maggiore mediante unesercito centrale e la milizia degli Stati (polizia). L’idea

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è decisamente ridicola, questi signori non possonopensarlo seriamente. Tale conquista calpesterà la no-stra libertà, ormai perduta. Lasciatemi ammonire imiei cari concittadini americani contro la fatale letar-gia che ha pervaso l’universo. Avremo i mezzi per resi-stere agli attacchi di eserciti ben addestrati quando lanostra unica difesa, la milizia, verrà posta sotto il con-trollo del Congresso? Qualcuno ha affermato che se laConvenzione si sciogliesse senza adottare questo si-stema andremmo incontro a un grosso pericolo. Do-mando, dov’è questo pericolo? Non ne vedo alcuno.Altri ci hanno detto proprio all’interno di queste quat-tro mura, che l’Unione è finita o che finirà. […] Alcunisono in agitazione per i segnali provenienti dall’este-ro. Fortunatamente per noi non vi sono pericoli realida parte dell’Europa, che è impegnata in faccende piùardue: non vi è nulla da temere da quel fronte; perquel che la riguarda potrete dormire per sempre sonnitranquilli.Dov’è il pericolo? Se ve ne fosse alcuno, farei appello

allo spirito americano; quello stesso spirito che ci hapermesso di superare le difficoltà più insidiose. Rivolgola mia più fervente preghiera a quello spirito illustreperché ci impedisca di adottare un sistema che distrug-gerà la nostra libertà. Non lasciamo che questi signoridicano che non è sicuro respingere questa forma di go-

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verno. Per quale ragione non è sicuro? Ci viene dettoche ci sono pericoli, ma questi pericoli sono solo imma-ginari, non possono essere dimostrati. Per incoraggiar-ci ad adottare questa nuova forma di governo ci vienedetto che c’è un modo molto semplice per fare degliemendamenti. […]

Il potere di emendare la Costituzione dovrebbe rima-nere una prerogativa degli StatiAppare [quindi] chiaro che, alla fine, ci debba essere

un accordo di tre quarti degli Stati per adottare qual-siasi emendamento sia necessario. Consideriamo leconseguenze di questo passaggio. Sebbene possa ap-parire crudele, tuttavia devo esprimere la mia opinio-ne, cioè, che i personaggi più indegni potrebbero an-dare al potere e impedire l’adozione di emendamenti.Supponiamo, dacché quest’ipotesi non solo è presu-mibile, ma possibile e probabile, che quei poteri fini-scano in mani immeritevoli, essi rinunceranno ai pote-ri che già posseggono o accoglieranno gli emenda-menti? Sono necessari due terzi del Congresso o degliorgani legislativi degli Stati perfino per proporreemendamenti. Se un terzo di questi uomini al poterefossero indegni, essi potrebbero ostacolare una pro-posta di emendamenti; ma ciò che davvero è deleterioe meschino è che tre quarti degli organi legislativi o

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delle rispettive assemblee degli Stati debbano concor-dare sugli emendamenti una volta proposti! Al cresce-re degli organismi politici cresce anche la probabilitàche ci siano degli uomini politici scaltri e corrotti. Persupporre che un numero così ampio come tre quartidegli Stati partecipi alla decisione, bisogna ritenereche questi possederanno la razionalità, l’intelligenza el’integrità tali da sfiorare il miracoloso. Sarebbe dav-vero straordinario che essi riescano a concordare suglistessi emendamenti o perfino su emendamenti che lirendessero simili gli uni agli altri. A causa di quattrodegli Stati più piccoli, che insieme non contengononeanche la decima parte della popolazione degli StatiUniti, si potrebbe impedire l’adozione degli emenda-menti più utili e necessari per il paese. In questi quat-tro Stati, inoltre, sei decimi della popolazione potreb-bero respingere gli emendamenti proposti e nell’ipo-tesi, altamente probabile, che la proposta di alcuniemendamenti si opponga a quella di altri emenda-menti, è mai possibile che si giunga a un accordo di trequarti degli Stati sugli stessi emendamenti? Un’esiguamaggioranza all’interno di questi quattro piccoli Statipotrebbe intralciare l’adozione degli emendamenti;pertanto, possiamo onestamente e giustamente con-cludere che una ventesima parte del popolo america-no potrebbe impedire la rimozione dei più gravi svan-

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taggi del sistema e il pericolo dell’oppressione, oppo-nendo il proprio rifiuto di avallare gli emendamenti inquestione. In sintesi, un’insignificante minoranza po-trebbe respingere gli emendamenti più efficaci. Que-sto sarebbe un modo semplice per garantire la libertàcollettiva? Signori, non è forse la più rischiosa dellecondizioni quella in cui una spregevole minoranza pos-sa impedire di modificare il governo più dispotico, per-ché è così che questo potrebbe rivelarsi in molti ambi-ti. È questo lo spirito del repubblicanesimo?

Rischi per la libertà: il governo centrale (federale) co-me mezzo di oppressioneQuesta [il terzo articolo della Costituzione] è la lingua

della democrazia, ossia, che una maggioranza della co-munità abbia il diritto di cambiare il governo quandoquesto si dimostra oppressivo. Eppure quanto è lontanoda questo principio lo spirito della nuova Costituzione!Quanto è lontano dallo spirito di uomini liberi il fatto cheuna insignificante minoranza possa ostacolare il benedei più! Se, signori, è così, allora siamo giunti al punto nelquale gli Stati sono pronti a sottomettere se stessi e ipropri posteri all’oppressione, cosa di cui rimango stupi-to e indicibilmente sorpreso. Se questo è il parere dellamaggioranza, devo sottostare; ma per quanto mi riguar-da questa posizione appare pericolosa e distruttiva. Non

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posso fare a meno di pensare così. Forse a causa dell’età.Potrebbero essere sentimenti naturali per un uomo cheha vissuto tanto a lungo, che è stato abbandonato dallospirito americano e le cui energie mentali sono in deca-denza, così come le membra del corpo. Se, signori, gliemendamenti sono affidati alla ventesima o alla decimaparte del popolo d’America, la vostra libertà è perdutaper sempre. Abbiamo saputo che vi è molta corruzionenel Parlamento dell’Inghilterra e che molti dei suoi mem-bri ottengono degli avanzamenti svendendo i diritti dellapopolazione. Tuttavia, in questo caso, la libertà civile in-glese poggia su basi più solide della libertà americana.Sarà facile riuscire a ottenere l’opposizione di una deci-ma parte del popolo contro qualsiasi modifica, sebbenegiudiziosa. L’onorevole collega che presiede questa Con-venzione ha affermato che per evitare gli abusi all’inter-no del governo, ci riuniremo in Congresso, ritireremo inostri rappresentanti e puniremo i nostri funzionari peraver tradito la fiducia in loro riposta. Dovranno esseretempi felici davvero, se per punire gli oppressori saràsufficiente solo chiamare il popolo a raccolta. Le armi invostro possesso e con le quali potevate difendervi, sa-ranno perdute e vi troverete privati tanto dello spiritoaristocratico, quanto di quello democratico. Avete mailetto di una rivoluzione in qualche nazione determinatadalla punizione degli uomini al potere da parte di coloro

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che di potere non ne avevano affatto? Avete letto di unalegge contro i tumulti, in un paese definito uno dei più li-beri del mondo, dove pochi vicini non possono radunarsisenza il rischio di essere colpiti da forze di polizia assol-date dallo Stato, strumenti del dispotismo. Potreste ve-dere una legge simile in America.

Ancora sui poteri di un esercito centrale (federale)[…] Il comma prima menzionato vi assegna un potere

di tassazione diretta, smisurata e illimitata, un potereesclusivo di fare leggi in tutti qualunque ambito, nellearee appositamente designate e in tutti i siti acquistatiper l’erezione di forti, magazzini, arsenali, cantieri, ecc.Quale resistenza può essere opposta? Qualsiasi tentati-vo sarebbe una follia. Tutte le forze di questo paese sa-ranno concentrate nelle mani dei vostri nemici; i loropresidi avranno ovviamente le posizioni più salde delpaese. La vostra milizia sarà ceduta al Congresso, inol-tre, come si afferma in un’altra parte del progetto costi-tuzionale: essi agiranno come ritengono opportuno etutto il potere sarà in loro possesso. Non potrete co-stringere il Congresso a punirsi da sé e dunque che ser-vizio potrà rendervi la milizia quando voi probabilmentenon sarete padroni di un solo fucile all’interno dello Sta-to? Perché se il Congresso dispone delle armi, potrebbedecidere di fornirvele come di non fornirvele.

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La differenza tra Confederazione e Federazione[…] Le considerazioni dell’onorevole collega in merito

al diritto del popolo di avere rappresentanza nella for-mazione di questo governo non sono esatte, secondo lamia modesta opinione. La distinzione tra un governonazionale (federazione) e una confederazione non èstata sufficientemente compresa. I delegati mandati aFiladelfia avevano il potere di proporre un governo cen-trale unico anziché una confederazione? Non eranoquesti delegati degli Stati e del popolo? Il consenso delpopolo tutto non è necessario per l’istituzione di un go-verno federale. Il popolo non ha il diritto di parteciparea leghe, alleanze o confederazioni, non si tratta dell’or-gano appropriato a questo proposito. Gli Stati e le po-tenze straniere sono gli unici attori ad essere ricono-sciuti per questo tipo di governo. Mostratemi un esem-pio in cui il popolo ha esercitato questa funzione. Non siè sempre espresso attraverso gli organi legislativi?Consideriamo i Trattati stipulati con la Francia, l’Olan-da e con le altre nazioni, come sono stati conclusi? Nonsono stati stipulati dagli Stati? Pertanto, è il popolo,nella sua collettività il soggetto appropriato ad istituireuna confederazione? Quest’ultima, dunque, dovrebbedipendere dal consenso degli organi legislativi degliStati, in quanto il popolo non ha mai inviato delegatiper presentare una qualsiasi proposta di cambiamento

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del tipo di governo. Tuttavia devo ammettere altresìche la proposta – quella del cambiamento del tipo digoverno – è stata avanzata con le migliori intenzioni eche forse avrei potuto darvi il mio assenso. Ma vi è unacosa a cui non acconsentirò mai, ossia, il suo cambia-mento in un governo centrale unificato, cosa completa-mente incompatibile con le mie idee. […] Quando lospirito americano era nella fase di maggior rigoglio, lalingua d’America era diversa: libertà, signori, era la pa-rola chiave. Discendiamo da un popolo il cui governoera fondato sulla libertà: i nostri gloriosi avi della GranBretagna hanno fatto della libertà il fondamento diogni cosa. Questo paese è diventato una nazione gran-de, potente e prospera, non perché il suo governo siaforte ed energico, ma perché, signori, la libertà è il suofine diretto e il suo fondamento. Abbiamo ereditato lospirito della libertà dai nostri antenati britannici e conquello spirito abbiamo trionfato su ogni difficoltà. Tut-tavia, oggi, lo spirito americano, coadiuvato da tutti ivincoli necessari all’unificazione, sta per trasformarequesto paese in una nazione forte e potente. Se faretesì che i cittadini di questo paese acconsentano a diven-tare i sudditi di un unico grande impero d’America, ilvostro governo non avrà forza sufficiente per mante-nerli insieme. Questo governo è incompatibile con lospirito del repubblicanesimo. Non ci saranno controlli

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né veri contrappesi (checks and balances) in questo go-verno. A cosa possono giovare i vostri contrappesi, illu-sori e immaginari, i fantasiosi vincoli, i ridicoli controllie questi stratagemmi surreali? Signori, le potenze stra-niere non ci temono; le nazioni non tremano a causanostra. Si può chiamare felicità questa? Può assicurarela libertà? Credo, signori, che la nostra classe politicaagirà sempre per garantire la sicurezza di questi valori.

Sui pericoli dei poteri esclusivi della Federazione[…] La successiva affermazione della Carta dei diritti

asserisce che “ogni potere di sospendere la legge ol’applicazione delle leggi da parte di qualsiasi autorità,senza il consenso dei rappresentanti del popolo, viola idiritti del popolo e non dovrebbe essere esercitato.”Ciò significa che non può esserci nessuna sospensionedel governo o delle leggi senza il nostro consenso. Ep-pure la presente Costituzione può annullare e sospen-dere una qualsiasi delle nostri leggi che contravvenga ilsuo intervento oppressivo; questo accade poiché il go-verno detiene il potere di tassazione diretta che so-spende la nostra Carta dei diritti ed è espressamenteprevisto che esso possa emanare tutte le leggi necessa-rie per l’esercizio dei propri poteri. Riflettete su comevenga distrutta in questo modo l’unica forma di difesache ci era rimasta.

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Un Presidente che assomiglia a un ReIn aggiunta alle spese necessarie per mantenere il Se-

nato e l’altra Camera secondo il grado di splendore a es-si confacente, è prevista la figura di un Presidente fortee potente, con poteri molto estesi, i poteri di un re. Eglidovrà essere mantenuto nel lusso più sfrenato; con laconseguenza che tutte le nostre proprietà potrebberoessere requisite dal governo americano, che potrà fissa-re tasse secondo il proprio volere, assegnare ai proprimembri gli stipendi che vogliono e sospendere le nostreleggi a proprio piacimento. […]

Esclusione dalla Federazione[…] Vi è inoltre, signori, un’ulteriore alternativa a cui

acconsentirei. Anche se dovessero eliminarci dall’Unio-ne e privarci di tutti i nostri privilegi federali fino aquando non ci conformeremo ai requisiti federali, la-sciateci tuttavia decidere quale sia il modo più agevoleper i nostri popoli di spendere i propri soldi. Qualoratutti gli Stati fossero peggiori della madre patria e talida coalizzarsi contro di noi, spero che lo Stato della Vir-ginia sia in grado di difendersi; tuttavia, signori, la dis-soluzione dell’Unione è la più inconcepibile delle ideeper la mia mente. La cosa che ho maggiormente a cuo-re è la libertà americana, la seconda è l’unione dellanazione e spero che il popolo della Virginia tenti di sal-

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vaguardare questa unità. La crescita demografica neiPaesi del Sud è di gran lunga superiore a quella delNew England, di conseguenza, in un breve lasso di tem-po, la popolazione del sud sarà molto più numerosa diquella del New England. Riflettendo su questo fatto ca-pirete perché questo Stato abbia un particolare inte-resse a sostenere la libertà americana e a non condan-nare i nostri posteri rinunciando incautamente ai no-stri diritti. Potrei offrire la più alta garanzia di una per-fetta conformità ai requisiti ma vi prego, signori, di noncedere assolutamente a questo potere illimitato di tas-sazione. Quell’onorevole collega ci ha detto che i potericonferiti al Congresso si accompagnano con un ordina-mento giudiziario in grado di correggere tutto. Esami-nandolo scoprirete come questo ordinamento giudizia-rio sia costruito in modo oppressivo, come le vostreprocedure giudiziarie risultino distrutte e i giudici postialle dipendenze del Congresso.

Un progetto costituzionale non può essere fondatosull’aspettativa che i rappresentanti politici siano per-sone corrette[…] Si dice che questa Costituzione presenti delle ec-

cellenti caratteristiche ma quando passo a esaminarlemi sembrano davvero spaventose. Tra le altre deformi-tà, presenta un orribile strabismo, quello di guardare

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di sbieco alla monarchia. Questo non suscita indigna-zione nel cuore di ogni vero americano? Il vostro presi-dente potrebbe facilmente divenire re. Il vostro Senatoè costruito così imperfettamente che i vostri diritti civi-li più cari potrebbero essere sacrificati da quella chepotrebbe essere un’esigua minoranza e un’esigua mi-noranza potrebbe mantenere per sempre immutatoquesto governo seppur terribilmente difettoso. Dovesono i vostri controlli su questo governo? Le vostre roc-caforti saranno nelle mani dei vostri nemici. L’idea che ivostri governanti americani saranno onesti e che tuttele buone qualità di questo governo abbiano un fonda-mento sono solo supposizioni; tuttavia il suo assetto di-fettoso e imperfetto rende loro possibile perpetrare ipeggiori misfatti, qualora dovessero essere uominimalvagi. Allora, signori, tutto il mondo da oriente a oc-cidente non biasimerebbe la nostra svagata follia difondare i nostri diritti sull’eventualità che i nostri go-vernanti siano buoni o cattivi? Mostratemi l’epoca e lanazione che ha fondato i diritti e le libertà civili del po-polo sulla sola possibilità che i propri governanti sianodegli uomini retti senza una conseguente perdita di li-bertà! Dico che la perdita del più caro dei privilegi, la li-bertà, ha sempre seguito con assoluta certezza ogni si-mile folle tentativo.

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Le deboli responsabilità del governo federale: la fi-nanza pubblica[…] Un’altra bella caratteristica di questa Costituzio-

ne è la pubblicazione di tanto in tanto delle entrate edelle uscite del denaro pubblico. L’espressione ‘di tantoin tanto’ è piuttosto vaga e indefinita: potrebbe arrivarea un secolo. Concessogli ciò tutti i governanti sarannomalvagi; potrebbero sperperare il denaro pubblico finoa rovinarvi, eppure quest’espressione non vi concede-rebbe alcun rimedio. Insisto che potrebbero rovinarvi,perché dov’è, signori, la responsabilità? I ‘sì’ e i ‘no’ nonvi mostreranno nulla a meno che non siano totalmenteinsensati, perché dopo aver perfidamente calpestato idiritti del popolo sarebbero davvero sciocchi se pubbli-cassero e divulgassero le loro iniquità quando è altret-tanto in loro potere la possibilità di nasconderle e di oc-cultarle. Dov’è il principio di responsabilità che ha unruolo primario nel governo britannico? In quel governoè prevista una punizione certa e inevitabile, nel nostro,invece, non è prevista una reale ed effettiva punizioneper il più inefficiente malgoverno. I governanti potreb-bero rimanere impuniti anche qualora commettano lepiù oltraggiose violazioni dei nostri diritti. Quel docu-mento deve affermare che essi saranno puniti. Doman-do: in base a quale legge? È necessario stipulare unalegge dato che nessuna legge esistente se ne occupa.

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Loro faranno una legge per punirsi? Questa è la mia piùgrande obiezione contro la Costituzione: non vi è veraresponsabilità e la salvaguardia della nostra libertà di-pende dalla sola possibilità che gli uomini siano suffi-cientemente virtuosi da fare delle leggi per punire sestessi. […]

L’idea alla base della Confederazione: mettere qual-cosa in comune, di tanto in tantoQuando rifletto su queste e su altre circostanze devo

pensare che quegli Stati si troveranno a fare parte dellaconfederazione insieme a noi. Se paghiamo annualmen-te la nostra quota di denaro e forniamo il nostro contri-buto in termini di imposte, quando necessario, non ve-do alcun pericolo derivante da un rifiuto.

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Capitolo IIIDibattito sulla tassazione

I passaggi che seguono possono sembrare più tecnicio difficili da comprendere o interpretare senza una qual-che conoscenza di economia. In realtà invece si tratta dialcuni dei criteri secondo i quali la federazione america-na si basa ancora oggi e insegnati nelle classi di studen-ti delle scuole superiori. Insomma, nulla di incredibil-mente complicato dunque. Ovviamente nessuna com-petenza tecnica è richiesta. Pochi sanno che AlexanderHamilton, uno degli autori dei Federalist Papers ha inseguito a questa esperienza di attivista politico, ricoper-to la carica di Ministro delle Finanze del governo federa-le degli Stati Uniti d’America. Alcuni dei principi da luiinventati ispirano ancora oggi la politica delle finanze diquel paese. Questa nota è utile in primo luogo a far ca-pire che sebbene i concetti appaiano semplici e chiari,questo è merito della capacità di Hamilton di semplifi-care quanto di complesso nascondono le dinamicheeconomico-finanziarie di uno Stato. In secondo luogo,questo contribuisce a spiegare l’apparente genericitàdegli argomenti usati dagli anti-federalisti. Si tratta, inrealtà, di forze in campo del tutto differenti: le compe-tenze di Hamilton in questo campo sono di gran lungasuperiori rispetto a quelle degli anti-federalisti. Ci si ren-

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de conto immediatamente dalla scarsità di precisionecon cui questi ultimi trattano l’argomento tassazione:come derivazione di diverse opzioni politiche (federazio-ne, stato unitario o confederazione). Al contrario, i fede-ralisti esprimono pareri sulla doppia tassazione, impo-ste dirette e indirette, limiti della tassazione a livello fe-derale, competenze e altro. Di nuovo, le competenzetecniche in campo sono del tutto differenti.Su di un punto gli anti-federalisti sono precisi e pun-

tuali: il potere di tassazione a livello centrale elimina nel-la sostanza l’idea di confederazione (Anti-Federalist I). Nella introduzione al volume evidenziamo l’importan-

za di avere un potere di imposizione fiscale federale chegarantisca autonomia finanziaria alla istituzione. Scri-viamo questo in considerazione del fatto che l’attualeUnione Europea ha risorse insufficienti e non è autono-ma (quanto il governo federale americano) rispetto agliStati membri. A questo proposito è interessante notarecome il problema sia affrontato dai federalisti (PaperNo. 35). Loro affermano che qualora il potere venga li-mitato eccessivamente, il governo cercherebbe diespanderlo in cerca di ulteriori risorse. Dunque, da unlato è utile porre dei limiti ma dall’altro è altrettanto uti-le garantire che le risorse a disposizione del governo fe-derale siano appropriate alle esigenze.Un passaggio merita particolare attenzione (Paper

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No. 36). Il punto dei federalisti può essere ricondotto al-la equità della tassazione ma il discorso porta un pocopiù lontano:

There are strong minds in every walk of life that willrise superior to the disadvantages of situation, andwill command the tribute due to their merit, not onlyfrom the classes to which they particularly belong,but from the society in general. The door ought to beequally open to all; and I trust, for the credit of hu-man nature, that we shall see examples of such vigo-rous plants flourishing in the soil of federal as well asof State legislation; but occasional instances of thissort will not render the reasoning founded upon thegeneral course of things, less conclusive.

Molti politici europei dovrebbero comprendere quan-to i sostenitori della costituzione americana avevano ca-pito più di duecento anni fa. Qualsiasi discriminazione èinsensata per la semplice ragione che non è possibilestabilire a priori a quale classe sociale, etnia, nazione,genere, etc. apparterrà chi potrà contribuire al benes-sere della società.

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FEDERALISTI, SAGGIO N. 10

Carattere del genere umanoFino a quando la ragione dell’uomo continuerà a esse-

re fallibile ed egli sarà libero di esercitarla ci saranno opi-nioni diverse. Fino a quando sussisterà un legame tra lasua ragione e il suo amor proprio, le sue opinioni e le suepassioni avranno una reciproca influenza, e le prime sa-ranno il terreno sul quale le seconde si radicheranno. Ladiversità delle capacità umane, dalle quali si originano idiritti di proprietà, è un ostacolo altrettanto insuperabi-le per raggiungere un’uniformità di interessi. La tutela diqueste capacità è il primo obiettivo di un governo. Dallaprotezione delle diverse e diseguali capacità di acquisireuna proprietà consegue un possesso di diversi gradi e didiversi generi di proprietà; dall’influenza di queste ulti-me sui sentimenti e sulle prospettive dei diversi proprie-tari deriva una divisione della società in diversi interessie partiti. Le cause latenti della faziosità sono pertanto in-site nella natura umana; possiamo scorgerle ovunquenelle diverse attività umane che si manifestano nelle dif-ferenti condizioni in cui la società civile è organizzata. Ilfanatismo delle diverse dottrine in materia di religione,politica e altro, sia a livello speculativo che pratico, l’at-taccamento a diversi leader che lottano con l’ambizionedi vincere e per il potere o quando le vicende di quelle

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personeche animano le passioni umane, hanno di voltain volta diviso l’umanità in fazioni ostili e contrapposteche sono più inclini alla vessazione e alla prevaricazionedelle une sulle altre piuttosto che a cooperare per il benecomune. La propensione del genere umano ad abbando-narsi all’odio reciproco è così forte che laddove si pre-senta la minima occasione le disuguaglianze più futili efantasiose sono sufficienti ad accendere inimicizie e ascatenare i conflitti più violenti. Tuttavia la fonte più co-mune e imperitura di faziosità è la diversa e ineguale dis-tribuzione della proprietà. Coloro che possiedono e colo-ro che non possiedono una proprietà hanno sempre co-stituito interessi distinti nella società. Lo stesso accadetra chi si trova nella condizione di creditore e chi in quel-la di debitore. Interessi di natura fondiaria, manifatturie-ra, mercantile, monetaria e molti altri interessi minori sisviluppano necessariamente nelle nazioni civilizzate egenerano divisioni in diverse classi sociali, animate da di-versi sentimenti e opinioni. Compito principale della le-gislazione moderna è la regolamentazione di questi inte-ressi variegati e interconnessi e comporta la presenza diuno spirito di partito e di fazione in tutte le operazioni or-dinarie e necessarie di un governo. A nessuno è consentito essere giudice di se stesso

perché il suo interesse influenzerebbe il suo giudizio e,probabilmente, corromperebbe la sua integrità. […]

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Quando la maggioranza fa parte di una fazione, l’isti-tuto politico del governo popolare le consente di sacrifi-care sia il bene pubblico che i diritti degli altri cittadinialla propria passione o al proprio interesse. È alloraobiettivo delle nostre indagini scoprire come tutelare ilbene pubblico e i diritti individuali contro il pericolo diuna simile faziosità, mantenendo allo stesso tempo lospirito e la forma di un governo del popolo. Lasciatemiaggiungere che questo [la federazione] è il rimedio for-temente desiderato con il quale salvare questa forma digoverno dalla vergogna in cui si è a lungo trovato ed èinoltre da raccomandare all’umanità affinché lo prendain considerazione e lo adotti. […]

Un rimedio repubblicano ai mali del governo repub-blicanoQuando si amplia eccessivamente la base elettorale, i

rappresentanti sono meno informati di ciò che accadenelle realtà locali e degli interessi a queste connessi. Alcontrario, quando la base viene ristretta a dismisurairappresentanti diverrebbero eccessivamente attaccatiall’elettorato e troppo poco adatti a comprendere e aperseguire interessi più ampi, di carattere nazionale. LaCostituzione federale rappresenta, a tal proposito, unfelice compromesso poiché stabilisce che gli interessigenerali e condivisi siano conferiti al governo nazionale

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e quelli locali e particolari agli organi legislativi degliStati. […]L’influenza dei capi di partito potrebbe innescare delle

reazioni significative all’interno dello Stato nel qualeoperano ma questa stessa influenza non sarà in gradodi provocare una simile reazione generale in altri Stati.Una setta religiosa potrebbe degenerare in una fazionepolitica in una parte della Confederazione ma la diversi-tà delle sette diffuse su tutto il territorio metterà le as-semblee nazionali [federali: la Camera e il Senato] al ri-paro da pericoli di tal genere. Una eventuale rivolta perl’emissione di cartamoneta, per la cancellazione dei de-biti, per un’equa distribuzione della proprietà privata oper qualsiasi altro progetto che sia sconsiderato o nefa-sto avrebbe minori possibilità di prevalere all’intero delterritorio dell’Unione contrariamente a quanto avver-rebbe in un singolo Stato nello stesso modo in cui unamalattia tende a colpire un’area o un distretto partico-lare piuttosto che un intero Stato. Quindi l’estensione e la struttura dell’Unione rappre-

sentano ai nostri occhi un rimedio repubblicano contro imali più frequenti di un governo repubblicano. Il piaceree l’orgoglio che proviamo nell’essere repubblicani do-vrebbero tradursi in un pari ardore nell’alimentare e so-stenere lo spirito e le idee dei Federalisti.

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FEDERALISTI: SAGGIO N. 35

I limiti del potere federale di imposizione fiscale[…] Supponiamo, com’è stato proposto, che il potere

di tassazione federale sia limitato ai dazi sulle importa-zioni. Ebbene, è evidente che il governo [federale], purdi disporre di altre risorse, sarebbe troppo spesso ten-tato di estendere tali dazi fino a un eccesso intollerabile.Alcuni sostengono che i dazi non arriveranno mai ad unsimile eccesso dal momento che più i dazi sono alti, mi-nori sarebbero i consumi di beni superflui, più favorevo-le la bilancia commerciale e la promozione dei prodottiinterni. Ma gli estremismi sono pericolosi per varie ra-gioni. L’imposizione di dazi particolarmente elevati sulleimportazioni genererebbe una tendenza al contrabban-do che è sempre dannosa per il commerciante onesto e,in fin dei conti, per lo stesso erario. I dazi elevati tendo-no a subordinare impropriamente le altre classi dellacomunità a quelle industriali, alle quali attribuiscono unprecoce monopolio dei mercati. Talora costringono l’in-dustria al di fuori dei canali appropriati, spingendolaverso altri meno economicamente vantaggiosi. Infine, idazi elevati opprimono il commerciante che spesso èobbligato a pagare di tasca propria senza poter ricari-care adeguatamente sul prezzo alla clientela. Quandola domanda è uguale alla quantità di beni sul mercato è

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il consumatore in genere a pagare il dazio, ma quando siverifica una sovrapproduzione una gran parte dei daziricade sul commerciante e talvolta non solo prosciuga iprofitti ma pregiudica lo sviluppo del capitale. Sono in-cline a pensare che una ripartizione del dazio tra il ven-ditore e l’acquirente avvenga più spesso di quanto co-munemente si creda. Non sempre è possibile aumenta-re il prezzo proporzionalmente a tutte le tasse che si ac-cumulano sul prodotto. Il commerciante, soprattutto inun paese con poco capitale commerciale, si trova spessonella necessità di mantenere bassi i prezzi in modo darealizzare una vendita più rapida. La massima secondo cui il consumatore è anche colui

che paga è sempre più spesso vera rispetto all’inversodella frase che considera molto più equo che i dazi sulleimportazioni debbano andare in un fondo comune piut-tosto che essere a esclusivo vantaggio degli Stati impor-tatori. Tuttavia non è generalmente vero che per render-li equi essi debbano costituire il solo e unico fondo di fi-nanziamento nazionale. Quando vengono pagati dalcommerciante, i dazi pongono in atto una sorta di tassaaddizionale sullo Stato importatore, i cui cittadini paga-no la loro quota in qualità di clienti. Da questo punto divista essi generano tra gli Stati una diseguaglianza cheverrebbe incrementata con la progressiva estensionedei dazi. La riduzione delle entrate nazionali a questo

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unico tipo di imposte potrebbe comportare una dispari-tà, causata da differenti ragioni, tra Stati industriali enon industriali. Gli Stati che possono avvicinarsi mag-giormente al soddisfacimento dei loro bisogni interniper via delle loro industrie, conformemente alle loro ri-sorse, non consumeranno tanti beni d’importazionequanto quegli Stati che non si trovano nella stessa flori-da situazione. Essi, quindi, mediante quest’unica moda-lità di tassazione, non contribuirebbero alle finanzepubbliche in proporzione alle loro capacità. Per fare inmodo che lo facciano si rende necessario ricorrere alleaccise che hanno come oggetto precipuo specifici pro-dotti industriali. Lo Stato di New York è interessato daqueste considerazioni più profondamente di quantomolti dei suoi cittadini siano consapevoli, dato che sibattono per limitare il potere dell’Unione alla sola tas-sazione esterna. New York è uno Stato importatore enon è destinato a diventare probabilmente, in tempibrevi, uno Stato industriale su larga scala. Pertantoquesto Stato risentirebbe per certo e doppiamente qua-lora l’autorità dell’Unione fosse limitata alle impostecommerciali.Per quanto queste osservazioni lascino intendere vi sia

un pericolo nella possibile eccessiva estensione dei dazialle importazioni si potrebbe osservare, conformementea una riflessione fatta in altra parte di questi saggi, che

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l’interesse dell’erario di per se stesso sarebbe una prote-zione sufficiente contro un simile estremo. Riconoscosenza difficoltà che questo sarebbe il caso qualora altrerisorse fossero accessibili, ma nel caso in cui le stradeche vi conducono fossero chiuse, la speranza incentivatadalla necessità, genererebbe sperimentazioni che, insie-me all’adozione di rigide precauzioni e sanzioni aggiunti-ve, avrebbero per un certo periodo l’effetto voluto, fin-tantoché non siano escogitati espedienti per eluderequeste nuove precauzioni. Il primo successo tenderebbea ispirare false credenze che potrebbero richiedere unlungo periodo per essere corrette. La necessità, special-mente in politica, spesso genera false speranze, falsi ra-gionamenti e, di conseguenza, un sistema di provvedi-menti erronei. Ma anche se questo presunto eccessonon dovesse essere conseguenza della limitazione delpotere federale d’imposizione fiscale, dalle cause che ab-biamo citato, seguirebbero comunque le suddette dis-eguaglianze, sebbene non dello stesso grado. Ritorniamo ora all’esame delle obiezioni.

Tassazione e rappresentanza[…] Non rimane altro che parlare dell’interesse fon-

diario. Da un punto di vista politico e fiscale in partico-lare ritengo debba essere perfettamente omogeneo,dal più ricco proprietario terriero al più povero dei pos-

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sidenti. Non è possibile imporre nessuna tassa sullaterra che non riguardi il proprietario di milioni di acricosì come quello di un singolo acro. Tutti i proprietariterrieri, quindi, avranno l’interesse a mantenere le tas-se fondiarie le più basse possibili e questo interessecomune può essere sempre considerato il vincolo piùsicuro di solidarietà. Tuttavia, se mai potessimo sup-porre una distinzione di interessi tra il ricco proprieta-rio terriero e l’agricoltore medio, che ragione ci sareb-be di concludere che il primo abbia maggiori possibili-tà di essere eletto come deputato all’assemblea legis-lativa nazionale rispetto al secondo? Se ci lasciassimoguidare dai fatti e guardassimo al Senato e all’Assem-blea [costituente] scopriremo che i piccoli proprietariterrieri sono la maggioranza in entrambe le camere.Questo avviene nonostante il Senato sia composto daun numero minore di deputati rispetto all’Assemblea,che è invece più numerosa. Quando le caratteristichedegli elettori sono simili, indipendentemente dal fattoche essi debbano eleggere pochi o molti deputati, i lo-ro voti ricadranno sulle persone nelle quali ripongonomaggiore fiducia, siano essi uomini ricchi, benestanti onullatenenti. […]

L’importanza della tassazioneNessuna area dell’amministrazione del governo ri-

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chiede una competenza approfondita e una vasta cono-scenza dei principi di economia politica come quella del-l’imposizione fiscale. Coloro che comprendono meglioquei principi avranno meno possibilità di ricorrere aespedienti vessatori o di sacrificare una particolare ca-tegoria di cittadini per rimpinguare l’erario. Si potrebbedimostrare che il sistema finanziario più vantaggioso sirivela essere sempre quello meno gravoso. È indubbioche, al fine di esercitare in modo giudizioso il potere ditassazione, è necessario che la persona che lo gestisceconosca l’indole, le abitudini e i modi di pensare dellapopolazione nel suo insieme così come le risorse delpaese. Questo è tutto ciò che si può ragionevolmente in-tendere con ‘la conoscenza degli interessi e dei senti-menti della popolazione’. In qualsiasi altro senso l’e-spressione non ha significato o è assurda. In questo sen-so lasciate che ogni cittadino assennato giudichi da sédove è più probabile trovare le qualità necessarie.

FEDERALISTI: SAGGIO N. 36

Pari opportunitàIl risultato delle considerazioni a cui è stato dato am-

pio spazio nel saggio precedente è che per effetto dei di-versi interessi e delle diverse idee delle varie classi so-

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ciali della comunità, la rappresentanza popolare, indi-pendentemente dal fatto che sia più o meno consisten-te, sarà composta quasi interamente da proprietari ter-rieri, da mercanti e da professionisti che effettivamenterappresentano tutta questa varietà d’interessi e di idee.All’obiezione che gli organi legislativi locali hanno cono-sciuto rappresentanti rispondenti a descrizioni dissimilida quelle appena menzionate rispondo che vi sono ec-cezioni alla regola e che tuttavia queste non sono suffi-cienti a modificare l’aspetto generale o il carattere di ungoverno. In ogni settore vi sono menti eccelse in gradodi superare gli svantaggi di una particolare situazione edi suscitare l’ammirazione, in virtù del loro merito, nonsolo delle particolari classi sociali alle quali appartengo-no ma di tutta la società. La porta dovrebbe essereugualmente aperta a tutti e io credo, per la fiducia cheripongo nella natura umana, che vedremo esempi dipiante rigogliose fiorire sul suolo degli organi federalicosì come su quello degli Stati. Tuttavia esempi sporadi-ci di diverso genere non renderanno questo ragiona-mento sul corso generale delle cose meno definitivo.L’argomento può essere illustrato da altri punti di vi-

sta che conducono tutti allo stesso risultato; in partico-lare si potrebbe domandare: quale maggiore affinità orelazione di interessi è immaginabile tra un falegname eun fabbro, fra un fabbricante di lino e un tessitore di cal-

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ze piuttosto che tra un commerciante e una qualsiasi diqueste professioni? È cosa nota che spesso le rivalitàtra i diversi settori delle arti meccaniche e manifatturie-re così come quelle presenti all’interno di un qualsiasisettore del lavoro e dell’industria sono così grandi che, ameno che l’organismo rappresentativo non diventi mol-to più numeroso di quanto sarebbe conforme a ogniidea di regolarità e di saggezza, sarà impossibile realiz-zare effettivamente quello che sembra il senso dell’obie-zione [sulla rappresentanza delle varie classi produtti-ve]. Evito di soffermarmi ancora sulla questione che finqui si è mostrata troppo approssimativa per meritareun’indagine accurata della sua reale forma o intenzioni.

Le esigenze di una tassazione locale e la raccolta didati a livello federaleUn’altra obiezione di natura più precisa richiama la

nostra attenzione. È stato sostenuto che nel parlamentonazionale non si potrebbe mai esercitare efficacementeun potere di tassazione interna sia per mancanza di unaconoscenza adeguata delle realtà locali sia per l’interfe-renza tra le leggi fiscali dell’Unione e quelle dei singoliStati. La supposizione riguardante la mancanza di cono-scenza adeguata da parte dei rappresentanti sembracompletamente priva di fondamento. Se nell’assemblealegislativa di uno Stato si affrontasse una questione

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qualsiasi relativa a una delle Contee e che richiedesseuna conoscenza della realtà locale, come la si potrebbeacquisire? Ovviamente dalle informazioni fornite daimembri della Contea. In un parlamento nazionale non sipotrebbe acquisire una conoscenza analoga dai rappre-sentanti di ciascuno Stato? Non è inoltre presumibileche gli uomini che in genere saranno eletti possiederan-no il grado di intelligenza necessario per comunicare adaltri quelle informazioni? La conoscenza delle situazionilocali richiesta ai fini fiscali consiste in una minuziosadescrizione topografica di tutte le montagne, i fiumi, iruscelli, le strade e stradine di ogni Stato oppure è un ri-levamento generale della situazione e delle risorse ri-guardante l’agricoltura, il commercio, le industrie, la na-tura dei suoi prodotti e dei consumi, i diversi livelli e ge-neri di ricchezze, proprietà e industrie?Solitamente gli Stati, perfino durante i governi più po-

polari, affidano l’amministrazione delle loro finanze asingoli uomini o a commissioni composte da pochi indi-vidui che acquisiscono dati e preparano in primo luogo ipiani tributari che poi vengono convertiti in legge dal so-vrano o dal parlamento. Statisti perspicaci e illuminati sono ovunque ritenuti i

più qualificati per compiere una selezione giudiziosa de-gli elementi appropriati all’imposizione fiscale. Questa èuna chiara indicazione, per quanto il senso d’umanità

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possa incidere sul problema, di quale tipo di conoscen-za della realtà locale sia richiesta per finalità di naturafiscale.

Classificazione dei tributiI tributi inclusi sotto la denominazione generale di im-

poste interne possono essere suddivisi in diretti e indi-retti. Sebbene entrambi siano oggetto di varie conside-razioni tuttavia la discussione in proposito sembra in-centrarsi sulla prima categoria, ovvero sulle imposte di-rette. Infatti, quanto alla seconda tipologia di imposte,tra cui bisogna intendere dazi e accise sui beni di consu-mo, c’è da rimanere perplessi di fronte alla natura dellequestioni sollevate. La competenza in merito a questi tri-buti dipenderà dalla natura dell’articolo stesso [prodot-to] oppure si potrà facilmente ottenere da qualsiasi per-sona ben informata, soprattutto se appartenente allaclasse mercantile. I presupposti che possono determina-re situazioni fiscali differenti da uno Stato all’altro devo-no essere pochi, semplici e di facile comprensione. Biso-gna innanzitutto evitare accuratamente che l’imposta fe-derale gravi su quei beni che in precedenza sono stati og-getto di imposizione fiscale per soddisfare le esigenze diun particolare Stato. A questo proposito non dovrebbeessere difficile accertare quale sia il sistema fiscale di cia-scuno Stato. Questo potrebbe essere desunto dai rispet-

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ti codici legislativi così come dalle informazioni fornitedai rappresentanti a livello federale dei diversi Stati.L’obiezione sembra avere più fondamento, almeno ad

una prima analisi, se riferita a proprietà immobiliari, acase o a terreni, tuttavia anche da questo punto di vistanon è in grado di superare un’analisi più approfondita.Le imposte fondiarie sono in genere accertate secondodue modalità: [a] mediante una stima effettiva, perma-nente o periodica, oppure [b] mediante accertamentioccasionali, effettuati secondo criteri discrezionali o se-condo il giudizio competente di ufficiali appositamentedesignati a tale compito. In entrambi i casi l’applicazio-ne della procedura, che richiede unicamente la cono-scenza della situazione locale, deve essere affidata apersone disinteressate, in qualità di commissari o di as-sessori, elette dal popolo o appositamente indicate dalgoverno. Tutto ciò che la legge deve fare è nominare lepersone o indicare le modalità per la loro elezione o de-signazione, stabilirne il numero e i requisiti e tracciare lelinee generali dei loro poteri e delle loro funzioni. Cosavi è in tutto questo che non possa essere svolto adegua-tamente da un parlamento nazionale [federale] così co-me dagli organi legislativi di uno Stato? Entrambi po-tranno occuparsi solo dei principi generali: i dettagli lo-cali, come è già stato osservato, dovranno essere rimes-si a coloro che applicano il piano.

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La questione può essere posta sotto un altro semplicepunto di vista che consentirà di chiarirla appieno. L’as-semblea legislativa nazionale [federale] può decidere diadottare il sistema fiscale di ciascuno Stato all’internodi quello stesso Stato. In altre parole: il metodo di impo-sizione e di riscossione di questo tipo di tributi in ogniStato può essere interamente impiegato e applicato dalgoverno federale.Bisogna ricordare che la quota di questi tributi non sa-

rà lasciata alla discrezionalità dell’assemblea legislativanazionale, ma dovrà essere determinata sulla base delnumero di cittadini di ciascuno Stato, come descritto dal-la seconda sezione del primo articolo [del progetto di Co-stituzione]. Un reale censimento o conteggio della popo-lazione rappresentano la norma secondo cui procedere ela condizione che chiuda concretamente la porta allaparzialità e all’oppressione. Sembra che ci si sia tutelaticon prudente circospezione da un eventuale abuso delpotere di imposizione fiscale. Oltre a questa precauzio-ne, si è stabilito che tutti i dazi, le imposte e le accise sia-no uniformi in tutto il territorio degli Stati Uniti.[…] Molti fantasmi sono stati evocati in merito al sud-

detto potere di tassazione interna per suscitare l’ansiadella popolazione. Ci è voluto tutto l’ingegno e l’abilitàdi prestigiatori della politica per invocare [a tal proposi-to] il raddoppio dei funzionari fiscali, una duplicazione

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della pressione fiscale mediante due tipi di tassazione ele spaventose imposte sotto forma delle odiose e op-pressive poll tax [tassa pro capite, uguale per tutti].

La doppia imposizione[…] Quanto alla prospettiva della doppia tassazione

la risposta è chiara. Le necessità dell’Unione dovrannoessere soddisfatte in un modo o nell’altro; se il compitosarà affidato all’autorità del governo federale non do-vranno provvedervi i governi degli Stati. La quantità ditasse che la comunità dovrà versare sarà la stessa in en-trambi i casi, con il vantaggio che, se sarà l’Unione aprovvedervi, l’importantissima risorsa delle imposte sulcommercio, ossia il settore più redditizio dell’erario, po-trà essere incrementata con prudenza in modo moltopiù consistente sotto disposizioni federali che sottoquelle degli Stati. Ciò ovviamente diminuirà la necessitàdi ricorrere a metodi più svantaggiosi. Vi è l’ulteriorevantaggio che, qualora dovessero presentarsi difficoltànell’esercizio del potere di tassazione interna, il gover-no federale avrà maggiore cura nella scelta e nell’orga-nizzazione dei mezzi. Esso tenderà naturalmente a far-ne un punto fermo della politica dell’amministrazionenazionale per far sì, che, per quanto sarà possibile, lesostanze del ricco confluiscano nelle finanze pubbliche eper diminuire la necessità di quelle imposizioni che po-

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trebbero suscitare il malcontento nelle classi più poveree più numerose della società. Felice è quella situazionein cui l’interesse del governo nel mantenimento del pro-prio potere coincide con un’adeguata distribuzione delcarico fiscale e tende a salvaguardare dalla vessazionela parte meno abbiente della comunità!

Poll taxesQuanto alle poll tax, confesso senza remore la mia dis-

approvazione e nonostante queste, in un primo tempo, sisiano affermate in quegli Stati che hanno difeso più tena-cemente i propri diritti, devo rammaricarmi della loropossibile introduzione nel governo nazionale. Tuttavia, ilfatto che la Costituzione contempli l’autorità di imporle si-gnifica che esse saranno effettivamente imposte? Tutti gliStati dell’Unione hanno il potere di imporre tasse di que-sto genere eppure in alcuni di essi non vengono applicate.Si devono stigmatizzare i governi degli Stati come tiranniperché godono di questo potere? Se gli Stati non vengo-no reputati tali, perché mai il conferimento di un potereanalogo al governo nazionale dovrebbe valergli una simi-le accusa ed essere considerato un ostacolo alla sua ado-zione? Per quanto sia poco ben disposto verso questa for-ma di imposizione fiscale, ho tuttavia la ferma convinzio-ne che si debba conferire al governo nazionale il potere difarvi ricorso. È infatti possibile che nelle nazioni insorga-

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no delle emergenze per cui espedienti, che in circostanzeordinarie dovrebbero essere evitati, divengono fonda-mentali per il bene pubblico. Vista la possibilità che si ve-rifichino tali emergenze, il governo dovrebbe sempre ave-re la facoltà di ricorrervi. L’effettiva scarsità in questo pae-se dei beni che potrebbero essere considerati risorse im-ponibili per l’erario è di per sé una ragione sufficiente pernon limitare la discrezionalità delle assemblee a tal pro-posito. Potrebbero verificarsi delle congiunture critiche eturbolente per lo Stato in cui anche una poll tax può rive-larsi una risorsa inestimabile, posto che non conosco nul-la che possa esimere questa parte del globo dalle fre-quenti calamità che si abbattono su altre parti del mon-do. Riconosco la mia avversione per qualsiasi progettovolto a privare il governo anche di una sola arma che, inqualsiasi possibile frangente, possa essere impiegata afavore e in difesa della sicurezza comune. […]

ANTIFEDERALISTI: FEDERAL FARMER AI REPUBBLICANI

Notazioni introduttive e generali[…] Il principale problema che si pone preliminarmen-

te è: considerando la nostra situazione, dovremmo acce-lerare l’adozione della costituzione proposta? Se analiz-

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ziamo la situazione con serenità e moderazione sappia-mo che non corriamo il pericolo di imminenti sovverti-menti; viviamo in uno stato di assoluta pace e senza pe-ricolo di invasioni. I governi degli Stati sono nel pienoesercizio dei loro poteri e rispondono pienamente a tut-te le attuali esigenze, tranne la regolamentazione delcommercio, la garanzia del credito in alcuni casi e l’at-tenzione all’interesse del debito pubblico, in altri casi. Seadottiamo il cambiamento, da qui a tre o nove mesi po-trebbe avere conseguenze non trascurabili sulla condi-zione degli individui. La loro felicità e prosperità, dopotutto, dipendono principalmente dai loro sforzi. Ci siamoripresi con grande difficoltà da una guerra lunga e dolo-rosa e tale che i contadini, i pescatori e tutti gli altri nonhanno ancora del tutto recuperato dalle perdite subite;laboriosità e frugalità stanno di nuovo riprendendo la lo-ro giusta posizione nella società. I debiti delle famiglie sisono ridotti, il debito pubblico contratto a causa dellaguerra è diminuito grazie ai vari provvedimenti e la pro-prietà della terra sono diventate una risorsa produttivacapace di ridurlo ulteriormente. Capisco che uomini an-siosi, che desiderano ardentemente accelerare il proces-so, non riconoscano tutte queste evidenze e tuttaviaquesti sono fatti ben noti a tutti coloro che con scrupolosi tengono informati sulle questioni di questa nazione. Inogni modo, si deve ammettere che il nostro sistema

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[con]federale è imperfetto e che molti governi degli Statisono male amministrati, anche se, d’altra parte, noi at-tribuiamo alle manchevolezze dei nostri governi moltimali e disagi che sono manifestamente effetto della re-cente guerra. Dobbiamo consentire agli uomini di coglie-re la presente opportunità come tutte le altre simili. Daentrambi i lati vi spingeranno con mille inganni a soddi-sfare i loro propositi. Quando vogliamo che un uomocambi la sua condizione lo descriviamo come miserabile,infelice, derelitto, e tracciamo un ritratto gradevole di ciòche vorremmo che diventasse. Quando si desidera il con-trario, si inverte la nostra descrizione. Ogni qual voltauna protesta si materializza e uomini indolenti si metto-no all’opera, si rende assolutamente necessario esami-nare con attenzione i fatti, e che persone la di là di ogniragionevole sospetto s’informino ed esaminino attenta-mente sulla base di quali convincimenti essi agiscano.Nelle questioni politiche, si presenta troppo spesso il ca-so in cui gli uomini descrivono la realtà non come essa è,ma come essi vorrebbero che fosse: quasi ogni uomo,quando richiama alla mente scene del passato, troveràconferma di ciò.[…] La prima interessante domanda che ne consegue

è fino a che punto gli Stati si possano unificare all’inter-no di un’unica istituzione governativa e sulla base di li-beri principi.

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Nell’esame di questo problema è necessario prenderein considerazione alcune intricate questioni e occuparsidi tutte le conseguenze che comportano dei significativicambiamenti nelle forme di governo. In generale, il fineprincipale di ogni uomo politico onesto deve essere lafelicità del popolo ed è a questo scopo che egli indirizze-rà ogni sua azione. Se noi, come popolo, non siamo nel-la condizione di poter godere di pari felicità e vantaggisotto un unico governo, allora l’unificazione degli Statinon è concepibile.

Confronto tra tre forme di governoCi sono tre differenti forme di libero governo sotto il

quale gli Stati Uniti possono esistere come un’unica na-zione, e questo momento storico è, probabilmente, ade-guato per definire verso quale di queste tre intendiamoindirizzare il nostro sguardo.Repubbliche separate ma unificate sotto un’istituzio-

ne federale sopraordinata. In questo caso i singoli go-verni degli Stati devono farsi principali garanti dei dirit-ti dei rispettivi popoli e organizzare indipendentementela propria polizia interna. Su di loro poggerà l’equilibriodel governo. La Camera degli Stati, o istituzione federa-le, deve essere composto da delegati che rispondano airispettivi Stati e da essi rimovibili. Questa Camera do-vrà godere di poteri direttivi generali: poteri di esigere

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uomini e fondi degli Stati, di stipulare trattati, di dichia-rare pace o guerra, di dirigere le operazioni belliche,etc. In questa accezione federale del governo i poteri delcongresso sarebbero di monitoraggio e consultivi piut-tosto che coercitivi.Potremmo eliminare i governi degli Stati e costituire o

riunire tutti gli Stati in un unico governo con un unicopotere esecutivo, un unico potere giudiziario, un’unicaassemblea legislativa, costituita da senatori e deputatiraccolti da ogni parte dell’Unione. In questo caso si po-trebbe realizzare una completa unificazione degli Stati.Potremmo unire gli Stati per quanto concerne distinti

settori di interesse nazionale e lasciare che la polizia in-terna sia gestita da ciascuna delle repubbliche indipen-denti e divise. Potremmo far sì che il governo nazionalegoda del potere esecutivo, giudiziario e di un equilibra-to potere legislativo ma che i suoi poteri si estendanoesclusivamente agli affari esteri (questioni inerenti ilcommercio sui mari, importazioni, esercito, marina,rapporti con i nativi americani [Indiani nel testo origina-le], pace e guerra) e soltanto a pochi interessi interni al-la comunità: moneta, poste, pesi e misure, un pianocomplessivo per la polizia federale, naturalizzazione eprobabilmente la bancarotta, mentre la polizia internaalla comunità sia lasciata, negli ambiti rimanenti, esclu-sivamente sotto la direzione dei singoli governi degli

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Stati. Allo stesso modo, l’amministrazione della giusti-zia in tutte le questioni che si manifestino all’interno de-gli Stati, l’imposizione, la riscossione delle imposte e laformazione della polizia nazionale si procederà a livellostatale ma secondo il progetto stabilito a livello federa-le. In questo caso ci sarebbe una completa unificazione,limitata ad alcuni settori.

Il progetto federale Per quanto riguarda il primo caso, ossia il progetto fe-

derale, non credo che ci siano molte parole da spenderein suo favore. La sovranità della nazione, in mancanza dipoteri coercitivi ed efficaci capaci di mettere insieme lesue forze, non può continuamente dipendere dal suo ve-nire incontro agli intenti del governo; inoltre, in un con-gresso di rappresentanti di Stati sovrani ci sarà neces-sariamente un’eccessiva mescolanza di poteri nellestesse mani.

Lo Stato centralizzato A proposito del secondo caso, ossia il progetto di una

unificazione totale, è importante che in questo momen-to ogni americano valuti attentamente ciò che segue: seci risolvessimo, alla fine, ad accoglierlo, qualora esso siriveli inattuabile sarà un errore fatale assumerlo comemodello dei nostri governi futuri.

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La ConfederazioneIl terzo progetto, o unificazione parziale, è l’unico, a

mio avviso, in grado di garantire la libertà e il benesseredi questo popolo. Una volta mi ero avvicinato all’ideache il secondo progetto fosse realizzabile ma dopoun’attenta considerazione e in concomitanza con il pro-cedere dei lavori della Convenzione mi sono convintopienamente che questo terzo progetto sia l’unico chepossiamo perseguire con sicurezza e convenienza. Unavolta stabilito che questo è il modello a cui mirare, riflet-terò con franchezza e onestà sulle parti della nuova Co-stituzione che sembrano inappropriate. La Convenzionesembra aver avanzato la proposta di un’unione parzialecon l’evidente intenzione di riunire tutti i poteri degliStati Uniti in un unico governo. I maggiori difetti del pro-getto in esame traggono probabilmente origine da que-sta intenzione a tal riguardo e dalla tenacia con la qualei piccoli Stati pretendono di avere un potere di voto si-mile ai grandi Stati nel Senato.

BRUTUS: LETTERA N. 1, 18 OTTOBRE 1787

Imperfezione della Costituzione […] La questione cheora esige la vostra decisione è di estrema importanza epertanto siete chiamati a esaminarla con attenzione e a

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formulare in merito un saggio giudizio, così come ci siaspetterebbe da una mente virtuosa e nobile. Si è affer-mato con insistenza che la presente Costituzione debbaessere accolta nonostante sia così imperfetta. Se pre-senta dei difetti, s’è detto, questi potranno essere cor-retti in maniera più efficace quando si manifestano at-traverso gli emendamenti. Ma ricordate: una volta che ilpopolo si separa dal potere, diviene raro o impossibileche questo riesca a riprenderlo di nuovo, se non con l’u-so della forza. Si potrebbero presentare numerosiesempi nei quali il popolo ha volontariamente incre-mentato i poteri dei governanti; ma pochi, se ce ne so-no, nei quali i governanti abbiano spontaneamente ri-dotto la propria autorità. Questa è una ragione suffi-ciente a indurvi alla cautela, innanzitutto, su come dis-tribuire i poteri di governo.Dopo queste poche osservazioni preliminari, procede-

rò all’analisi della presente Costituzione.

Federazione o Confederazione?Il primo problema che si presenta sull’argomento è se

una confederazione sia la migliore forma di governo pergli Stati Uniti oppure no. In altre parole, se gli Stati Uni-ti debbano confluire in una grande repubblica, governa-ta da una sola assemblea legislativa e posta sotto la di-rezione di un unico organo esecutivo e di un solo ordi-

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namento giudiziario ovvero se debbano proseguire il lo-ro cammino come tredici repubbliche confederate, sot-toposte alla direzione e al controllo di un’istituzione su-prema federale che si occupi solo di specifiche questionidi interesse nazionale.Questa domanda è importante perché, sebbene il go-

verno al quale la Convenzione si riferisce non giunga auna perfetta e completa unificazione, tuttavia esso vi siavvicina così tanto che, qualora sia attuato, consegui-rebbe questo esito senza alcuna ombra di dubbio.Tale governo dovrà godere di un potere assoluto e au-

tonomo di tipo legislativo, esecutivo e giudiziario ri-guardo tutte le aree di pertinenza […]. Da questi artico-li [articolo 1, sezione 8 e articolo 6] emerge che i gover-ni dei singoli Stati non dovranno interferire nel rapportotra il Congresso e il popolo, nell’esercizio di uno qualsia-si dei poteri conferiti al governo nazionale e che la costi-tuzione e le leggi di tutti gli Stati sono annullate e invali-date nel momento in cui sono o saranno incoerenti conla presente Costituzione o con le leggi promulgate insua applicazione o con i trattati stipulati sotto l’autoritàdegli Stati Uniti. Tale governo, quindi, in tutta l’estensio-ne delle sue funzioni, è da considerarsi uno Stato com-piuto e non una confederazione. Presenta lo stesso gra-do di completezza dello Stato di New York o del Massa-chusetts, gode di poteri assoluti e perfetti per fare e

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promulgare leggi, eleggere ufficiali, istituire tribunali,dichiarare guerra e comminare sanzioni in tutte le sferedi sua competenza, come qualsiasi altro Stato del mon-do. […] Gode dell’autorità di emanare leggi che abbianoeffetti sulle vite, sulla libertà e sulla proprietà di ogni cit-tadino americano e né la costituzione né le leggi dei sin-goli Stati possono in qualunque modo ostacolare o im-pedire il pieno e completo esercizio di ogni potere a es-sa conferito.

Il potere di riscossione dei tributi distrugge l’idea fon-dante di una ConfederazioneIl potere legislativo consiste nella possibilità di impor-

re tasse, imposte, dazi e accise; esso non ha limitazioni ameno che non si sostenga che il comma che regola l’ap-plicazione di quelle tasse e imposte contenga delle limi-tazioni. In realtà non vi è alcuna restrizione di potere per-ché mediante questa disposizione i tributi vengono im-posti per pagare i debiti e provvedere alla difesa colletti-va e al benessere degli Stati Uniti. Gli organi legislativihanno l’autorità di contrarre debiti a propria discrezio-ne: essi sono gli unici giudici di ciò che è necessario fareper provvedere alla difesa pubblica e i soli a dover deter-minare cosa sia meglio per il benessere comune. Questopotere, quindi, non è niente di più, niente di meno che unpotere di imporre e riscuotere tributi, dazi e accise a pro-

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prio piacimento e non solo il potere di imporre tributi è il-limitato quanto alla somma che esso può esigere ma èanche perfetto e assoluto quanto alle modalità che essopredilige. Gli organi legislativi degli Stati, nonché qual-siasi autorità nei loro governi, devono limitarsi ad appli-carlo non facendo niente di più di quanto due autoritàstatali si confrontano. Il sistema d’imposizione e di ri-scossione dei tributi determina pertanto il definitivo ab-bandono dell’idea di confederazione e la piena adozionedel concetto di un’unica e compiuta repubblica. È oppor-tuno qui ribadire che il potere di imporre e riscuotere tri-buti è il più importante fra tutti quelli che possono esse-re concessi; esso condensa in sé quasi tutti i poteri o al-meno, col tempo, diventa preminente rispetto ad essi. Èun importante strumento di protezione, di sicurezza e didifesa, in un buon governo, e un grande strumento d’op-pressione e di sopraffazione in uno cattivo. Sarà proprioquesto il caso che si verificherà se prendiamo in conside-razione i limiti stringenti posti dalla Costituzione in esa-me agli ultimi governi [degli Stati] nell’articolo che si oc-cupa del reperimento delle risorse. Nessuno Stato potràemettere cartamoneta, imporre dazi o imposte su im-portazioni o esportazioni senza il consenso del Congres-so e la produzione netta andrà a beneficio degli StatiUniti: l’unico mezzo, quindi, lasciato ai governi degli Sta-ti per la propria sussistenza e per l’estinzione dei propri

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debiti è il ricorso alla tassazione diretta. Gli Stati Uniti,infatti, hanno anch’essi il potere di imporre e riscuoteretributi secondo le modalità che preferiscono. Chiunqueabbia riflettuto sull’argomento avrà capito che all’inter-no dei singoli Stati sarà possibile esigere solo piccolesomme di denaro mediante la tassazione diretta e chequando il governo federale inizierà a esercitare il propriodiritto di tassazione in tutti i suoi territori gli organi le-gislativi dei diversi Stati si troveranno nell’impossibilitàdi reperire fondi per supportare i propri governi. Senzafondi i governi degli Stati non potranno mantenersi e sa-ranno destinati a scomparire così, come è stato prece-dentemente detto, i loro poteri saranno assorbiti dal go-verno nazionale.

Lezioni dalla storia[…] Se è necessario rispettare l’opinione degli uomini

più illustri e saggi che hanno riflettuto o scritto sullascienza del governare, dobbiamo giungere alla conclu-sione che non sia possibile istituire una libera repubbli-ca in un paese di così vasta estensione e con un tale nu-mero di abitanti che aumentano con una progressionecosì rapida come quella registrata negli Stati Uniti. Trale molte celebri autorità che potrei richiamare a questoproposito, mi contento di citarne solamente due. Il primo è il barone de Montesquieu che al capitolo

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XVI, volume I [Libro VIII] dello Spirito delle Leggi affer-ma: “È naturale che una repubblica disponga solo di unpiccolo territorio, altrimenti non potrebbe sussistere alungo. In una grande repubblica vi sono uomini con in-genti fortune e quindi con minore moderazione. Vi sonoresponsabilità troppo grandi da riporre nelle mani di unsingolo cittadino. Gli interessi si particolarizzano e l’uo-mo comincia presto a pensare di poter essere felice,conseguire gloria e importanza opprimendo i suoi con-cittadini e di potersi realizzare ergendosi sulle rovine delsuo paese. In una grande repubblica il bene comune èsacrificato a mille considerazioni, è soggetto alle ecce-zioni e dipende dagli accidenti. In una piccola, il benepubblico è percepito con più facilità, è compreso meglioed è più alla portata di tutti i cittadini: gli abusi sono me-no frequenti e, ovviamente, meno protetti.” Il marcheseBeccarari condivide la sua stessa opinione.La storia non fornisce esempi di libere repubbliche di

estensione paragonabile a quella degli Stati Uniti. Le re-pubbliche greche erano di dimensioni limitate e lo stes-so vale per quelle romane. È vero che entrambe, con ilpassar del tempo, estesero le loro conquiste su ampiterritori e che ciò comportò come conseguenza un mu-tamento della propria forma di governo passando dagoverni liberi a quelli più dispotici che il mondo abbiamai conosciuto.

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Non solo l’opinione degli uomini più saggi e l’esperien-za umana si esprimono contro l’idea di una repubblica dicosì vasta estensione ma ci sono una serie di motivi, ra-zionali e legati alla natura delle cose, che possono essereopposti a questa idea. In qualsiasi governo il volere deigovernanti è legge. Nei governi dispotici l’autorità supre-ma è limitata ad uno solo; la volontà di questa persona èlegge che può essere indirizzata facilmente sia a territoristerminati che a quelli di piccole dimensioni. In una purademocrazia il popolo è sovrano e il loro volere è dichiara-to da loro stessi; per questa ragione il popolo deve ritro-varsi riunito per deliberare e decidere. Questa tipologiadi governo non può essere esercitata, pertanto, in alcunpaese che abbia una qualunque dimensione ma deve es-sere confinata a singole città oppure limitata in modo ta-le che il popolo possa convenire in assemblea, essere ingrado di discutere, capire l’oggetto della discussione einfine pervenire ad una opinione comune.In una repubblica libera, sebbene tutte le leggi derivi-

no dal consenso del popolo, i cittadini non dichiaranoquesto consenso in prima persona ma attraverso deirappresentanti scelti tra le proprie fila; si presume che irappresentanti del popolo sappiano quali siano gli inte-ressi degli elettori e siano sufficientemente onesti dapromuoverli. […]

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Capitolo IVDibattito sulla difesa e sugli eserciti permanenti

Questo capitolo è dedicato al mantenimento di unesercito permanente. Il punto in discussione è di impor-tanza decisiva nel progettare la forma, ma anche la so-stanza, di uno Stato. Già Machiavelli aveva osservato che lo scopo di

un’organizzazione politica è quello di garantire l’ordineall’interno dei propri confini e la sicurezza verso poten-ziali pericoli esterni. Come chiarirà successivamente ilpensiero politico moderno, uno Stato è legittimato aesercitare il potere, se è in grado di provvedere a questidue elementi fondamentali. Ancor più della sicurezzainterna, la sicurezza ai confini giustifica di fatto l’emer-gere di un particolare livello di potere, quello federale.Ed è su questo punto particolare che i federalisti e glianti-federalisti conducono uno fra i più interessanti eaccesi dibattiti di tutta la fase costituente degli StatiUniti d’America. Nel caso specifico, alcune domandeemergono in modo preponderante: che cosa giustificail fatto di dover organizzare un esercito, che non siaespressione dei singoli Stati americani ma dell’Unione?Perché non lasciare che l’Unione possa disporre di mili-zie, appositamente reclutate dagli eserciti dei singoliStati solo in caso di necessità? Disporre di un esercito

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permanente non può essere un pericolo per la libertàdei singoli Stati? In primo luogo, occorre specificare che “esercito per-

manente” è la traduzione di standing army. In un mon-do in cui la leva obbligatoria è stata abolita, possiamopiù propriamente parlare di un esercito “a disposizione”dello Stato federale, come lo sono i moderni esercitioperanti negli Stati moderni. In secondo luogo, scriveredi esercito “permanente” potrebbe richiamare alla men-te una sorta di militarizzazione dello Stato. Quantoemerge dal dibattito, lo ribadiamo, esplora criticamen-te la questione senza mai dare al lettore l’idea di quan-to, alla luce delle due guerre mondiali e delle esperienzedel dopoguerra, si intende modernamente per militariz-zazione. Ci rendiamo conto che la traduzione è appros-simativa su questo punto ma riteniamo che, fatta questapremessa, i dubbi dovrebbero essere stati fugati. Le due posizioni, quella federalista e quella anti-fede-

ralista, sono chiare e delineate, come si vedrà con la let-tura dei passi selezionati. Da un parte, i federalisti, chesono a favore della creazione di un esercito permanentein mano all’Unione; dall’altra, gli anti-federalisti ritengo-no che la sicurezza ai confini possa essere facilmente ge-stibile dalle milizie messe a disposizione dai singoli Stati.Il principale argomento che viene portato dagli anti-

federalisti, come già anticipato, è sostanzialmente ba-

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sato sul timore che un esercito permanente dell’Unionepossa limitare la libertà dei singoli Stati membri o addi-rittura soverchiare l’ordine pre-esistente verso una for-ma di dittatura militare. Questo ragionamento si basasull’idea che conferire all’Unione il potere di formare unesercito comune debba per forza di cose implicare unariconfigurazione dei pesi e dei contrappesi fra le parti incausa. L’obiezione di fondo, quindi, è del tutto analoga aquella che spesse volte viene avanzata dagli anti-euro-peisti di oggi: l’idea, cioè, che avere un esercito comunedebba presupporre un super-Stato, laddove per “super”si intende un potere sostanzialmente dispotico. La risposta federalista si articola a partire da un ra-

gionamento, che scaturisce non tanto dal ricorso allastoria – come fanno gli antifederalisti – ma da sempliciconsiderazioni che dovrebbero essere d’esempio ancheper noi europei. Come sosteneva John Locke, lo Stato èin fondo uno strumento per soddisfare alcuni bisognifondamentali che gli esseri umani – presi singolarmente– non sono in grado di soddisfare. Seguendo questoprincipio generale di filosofia politica, i federalisti osser-vano come solo un esercito comune consentirebbe unadifesa efficace ed efficiente del territorio americano. Nell’argomento federalista ritorna e si rinnova l’idea

del contratto sociale: uno Stato è legittimato nell’eserci-zio del monopolio della forza fisica se è in grado di prov-

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vedere alla sicurezza interna e ai propri confini. I federa-listi – con grande lungimiranza – descrivono quali po-trebbero essere i pericoli futuri dell’Unione, tratteggian-do scenari possibili con un certo grado di completezza.In base a questi scenari, l’idea che si possa assemblareun esercito solo in occasione di attacchi esterni risultaessere del tutto fuorviante e, come la storia degli ultimidue secolo ha dimostrato, di sicuro inadeguata. Anchese il livello tecnologico dell’epoca non è lontanamenteparagonabile a quello attuale in termini di complessitàorganizzativa, l’idea che si possa respingere un attaccosull’intero suolo americano facendo leva unicamentesulla difesa territoriale dei singoli Stati pare oggi quasifuori luogo. Non possiamo immaginare quanto sempli-ce sarebbe stato per le potenze europee dell’epoca con-quistare uno dopo l’altro i tredici Stati, in attesa che l’e-sercito venisse assemblato.Anche in questo dibattito, così come in quelli prece-

denti, possiamo presentare alcune analogie con il casoeuropeo. Paradossalmente, in Europa sono gli anti-fe-deralisti che hanno vinto (o stanno vincendo). Attual-mente, come abbiamo osservato nell’introduzione, gliStati europei condividono un sistema legislativo comu-ne (UE), che impegna risorse in campo economico, so-ciale e politico. Ma non vi è alcuna organizzazione mili-tare formale che superi le barriere dei singoli Stati: non

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esiste uno standing army europeo. Vi sono addiritturacontingenti comuni, che spesse volte vengono utilizzatiin giro per il mondo sotto legida dell’ONU, ma questoovviamente rientra del tutto in una logica di una allean-za di eserciti, non certo di un esercito comune. Sebbenesia difficile ipotizzare guerre di conquista da parte dipaesi terzi all’Europa, riteniamo che un esercito perma-nente europeo sia un passo fondamentale per l’indipen-denza e il governo del mondo intero. Il problema, nel ca-so di noi europei, non è quello di difendere il territorioma quello di contribuire allo sviluppo della democraziae aiutare le Nazioni Unite nelle missioni di pace. Tradotto in termini moderni, in altre parole, non ab-

biamo tanto bisogno di un esericito comune quanto diun sistema di intelligence europea, coordinata a livellocontinentale. La “guerra” si combatte oggi principal-mente sulle conoscenze, come anticipato nella introdu-zione al volume. Ciò che manca è un governo capace digestire esercito e intelligence.

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FEDERALISTI: SAGGIO N. 24

In merito all’istituzione e al comando delle forze armatenazionali mi sono imbattuto in una sola obiezione di carat-tere specifico, relativa ai poteri che si intendono conferire algoverno federale cioè, se ho ben capito, che non è statoadottato alcun provvedimento per evitare il formarsi di unregolare esercito permanente in tempo di pace. Cercheròora di dimostrare come questa obiezione poggi su presup-posti deboli e infondati. […] L’obiezione in esame si basasulla presunta necessità di limitare il potere legislativo del-la nazione contenuta nell’articolo inerente i provvedimentidi natura militare. Si tratta di un principio mai udito primase non nella costituzione di uno o due dei nostri Stati e re-spinto da tutti gli altri. Qualcuno ignaro dei nostri affari po-litici che leggesse i giornali in questo frangente, senza avereprima analizzato il progetto presentato dalla Convenzione,giungerebbe naturalmente a una delle due conclusioni: oche esso contenga una disposizione favorevole al manteni-mento di eserciti permanenti in periodi di pace oppure cheesso conferisca all’esecutivo il pieno potere di istituire forzearmate senza sottoporre in alcun modo la sua discreziona-lità al controllo del parlamento. Se poi questo qualcuno leg-gesse attentamente il progetto rimarrebbe sorpreso nelloscoprire che nessuna delle due conclusioni è esatta, che ilpieno potere di costituire eserciti spetta al parlamento e

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non all’esecutivo e che questo parlamento dove configurar-si come un’istituzione democratica, costituita da rappre-sentanti del popolo eletti periodicamente. Scoprirebbeinoltre che, invece delle supposte disposizioni a favore del-l’istituzione di eserciti permanenti, ci sia a tal proposito neltesto un’importante specificazione persino sulla discrezio-nalità parlamentare, nella disposizione che proibisce lostanziamento di fondi per il sostentamento di un esercitoper periodi di durata superiore ai due anni, una precauzio-ne che vista più da vicino apparirà una reale e forte garan-zia di sicurezza contro le istituzioni militari non strettamen-te necessarie.[…]Sebbene un immenso oceano separi gli Stati Uniti dal-

l’Europa, tuttavia, varie considerazioni ci mettono in guar-dia dall’essere troppo fiduciosi o sicuri. Lungo uno dei no-stri versanti e in estesi territori dietro i nostri Stati si stannosviluppando insediamenti soggetti al dominio britannico.Lungo l’altro versante e su tutta l’area che si ricongiunge aldominio inglese vi sono colonie e insediamenti sottoposti aldominio della Spagna. Questa situazione, unita alla nostravicinanza alle Isole delle Indie Occidentali, appartenenti aqueste due potenze, crea tra di loro un interesse comune ri-spetto ai loro possedimenti in America e rispetto a noi. Nelperiodo antecedente alla Rivoluzione e anche dopo la sti-pulazione della pace si è presentata la costante necessità di

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mantenere piccoli presidi lungo la frontiera occidentale. Èindubbio che essi continueranno a essere indispensabilianche solo per contrastare le scorribande e le razzie degliindiani. Sarà compito di periodici distaccamenti di uomini,reclutati dalla milizia o da corpi permanenti mantenuti dalgoverno, effettuare questi presidi. La prima ipotesi è im-praticabile e se fosse praticabile sarebbe difficile da gestire.La milizia non accetterebbe a lungo, e forse mai, di allonta-narsi dalle proprie occupazioni e dalle proprie famiglie perassolvere un compito tanto ingrato in tempi di assoluta pa-ce. E qualora potesse essere spinta o obbligata a farlo, l’in-cremento delle spese dovuto al frequente avvicendamentodegli uomini in servizio, la perdita del lavoro e il danno ar-recato alle laboriose occupazioni individuali formerebberoobiezioni definitive contro questo piano. Sarebbe onerosoe ingiurioso per la comunità così come distruttivo per i pri-vati cittadini. La seconda risorsa di truppe permanenti sti-pendiate dal governo equivale a un esercito permanente intempo di pace; si tratterebbe di un piccolo contingente manon per questo meno reale. Questa è una semplice consi-derazione sull’argomento che dimostra in una sola volta co-me sia errato inserire nella Costituzione una disposizioneche vieti simili provvedimenti e come sia necessario affida-re la questione alla discrezione e alla prudenza degli organilegislativi

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FEDERALISTI: SAGGIO N. 25

Alcuni Stati a causa della loro posizione geografica sonoesposti più direttamente. Questo è il caso di New York. Inbase a un piano difensivo basato su forniture separate,New York dovrebbe sostenere l’intero peso delle misure ne-cessarie per la sua immediata sicurezza e per la protezionea medio e lungo termine degli Stati vicini. Ciò non sarebbené giusto per quanto riguarda New York, né sicuro perquanto riguarda gli altri Stati. Il sistema presenterebbe va-ri problemi. Gli Stati, cui dovesse toccare di provvedere aimezzi necessari, sarebbero poco in grado e poco desidero-si di reggere il peso delle forniture loro competenti per unperiodo considerevole. La sicurezza collettiva sarebbe per-tanto soggetta alla parsimonia, all’imprevidenza o all’inca-pacità di una parte. Se le risorse di questa parte diventas-sero più abbandonanti ed estese e anche le misure adotta-te venissero aumentate in proporzione, gli Stati si allarme-rebbero subito nel vedere l’intera forza militare dell’Unioneconcentrarsi nelle mani di due o tre dei suoi membri, pro-babilmente tra i più potenti. Ognuno di essi sceglierebbe diavere una qualche controparte e gli inganni potrebbero es-sere facilmente orditi. In una situazione siffatta, le istituzio-ni militari, fomentate dalla gelosia reciproca, sarebbero in-clini ad ampliarsi oltre le loro dimensioni naturali e appro-priate e, trovandosi a disposizione di Stati separati, si tra-

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sformerebbero in strumento di demolizione o di riduzionedell’autorità nazionale.Sono già state presentate ragioni a sostegno dell’ipotesi

che i governi degli Stati saranno naturalmente propensi aporsi in una posizione antagonistica con il governo dell’U-nione a causa della loro brama di potere e che, in qualsiasicontesto che veda contrapposti l’istituzione suprema fede-rale e uno dei suoi membri, il popolo tenderà ad appoggia-re il proprio governo locale. Se, oltre a questo immensovantaggio, l’ambizione degli Stati membri dovesse ancheessere sollecitata dalla possibilità di disporre, in modo se-parato e indipendente, di forze militari, si determinerebbeuna tentazione troppo forte e una facilitazione troppo si-gnificativa per attaccare e alla fine sovvertire l’autorità co-stituzionale dell’Unione. D’altra parte, in un simile stato dicose, la libertà del popolo sarebbe meno garantita rispettoa una situazione in cui le forze armate nazionali rimanesse-ro sotto il controllo del governo nazionale. Fintantoché unesercito può essere considerato un pericoloso strumentoper la conquista del potere, è meglio che esso sia posto nel-le mani di coloro che hanno più probabilità di suscitare ladiffidenza del popolo rispetto che a coloro che hanno menoprobabilità di farlo. È infatti una verità attestata dalla storiache un popolo sia in genere maggiormente in pericoloquando gli strumenti di violazione dei loro diritti sono affi-dati alle persone ritenute più insospettabili.

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FEDERALISTI: SAGGIO N. 26

Il potere di istituire eserciti, presente in quelle costituzioni,non può mediante alcuna formulazione essere collocato al-trove se non negli stessi organi legislativi […].

FEDERALISTI: SAGGIO N. 28

Se, al contrario, l’insurrezione dovesse estendersi un inte-ro Stato o in gran parte di esso, l’impiego di forze armate didiversa natura potrebbe essere inevitabile. A quanto pare ilMassachusetts ha ritenuto necessario istituire delle truppeper reprimere i propri disordini interni. La Pennsylvania, peril semplice timore di agitazioni tra una parte dei suoi cittadi-ni, ha giudicato opportuno adottare gli stessi provvedimen-ti. Se per ipotesi lo Stato di New York avesse voluto ristabili-re la propria perduta giurisdizione sugli abitanti del Vermontavrebbe potuto sperare che l’operazione avesse successomediante il solo impiego della milizia? Non sarebbe statocostretto a costituire e a mantenere un contingente più re-golare per l’attuazione del suo piano? Se si deve quindi rico-noscere la necessità di ricorrere a forze armate diverse dallamilizia, in casi così straordinari, da parte degli stessi governidegli Stati, perché si dovrebbe obiettare che esista la possi-bilità che il governo nazionale possa trovarsi in un’analoga

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necessità, in casi altrettanto estremi? Non è sorprendenteche uomini, che in teoria proclamano il proprio attaccamen-to all’Unione, sollevino come obiezione contro la Costituzio-ne proposta, una questione che sarebbe valida con un pesodieci volte maggiore per il piano che essi sostengono? Inol-tre, ammesso che abbia un fondamento di verità, non è laconseguenza inevitabile di una società civile costruita su am-pia scala? Questa possibilità non è preferibile rispetto alleincessanti agitazioni e alle frequenti rivoluzioni che flagella-no continuamente le piccole repubbliche?Proseguiamo l’indagine sotto un altro punto di vista, cioè,

supponiamo che al posto di un unico sistema governativogenerale si formassero due, tre o perfino quattro confedera-zioni, non si presenterebbe la stessa difficoltà nelle attivitàdi ciascuna di queste confederazioni? Ognuna di esse nonsarebbe esposta agli stessi inconvenienti e, una volta che sifossero verificati, per difendere la propria autorità non sa-rebbe obbligata a ricorrere agli stessi espedienti che conte-stiamo al governo nazionale? In quest’ipotesi la milizia so-sterrebbe l’autorità federale con maggiore prontezza e ca-pacità rispetto a quelle che mostrerebbe nei confronti diun’unione generale? Tutti gli uomini leali e intelligenti, dopoadeguata riflessione, devono riconoscere che il principio del-l’obiezione è ugualmente applicabile in entrambi i casi e che,formando un unico governo per tutti gli Stati o governi diffe-renti per differenti gruppi di Stati o tanti governi separati

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quanti sono gli Stati, si potrebbe talora presentare la neces-sità di ricorrere a una forza militare costituita in modo diver-so dalla milizia per mantenere la pace della comunità e perassicurare la giusta autorità delle leggi contro quelle brutaliviolazioni da cui scaturiscono insurrezioni e ribellioni.

FEDERALISTI: SAGGIO N. 29

Non occorre essere esperti di arti militari per capire chel’uniformità di organizzazione e di disciplina della miliziaavrebbe effetti più benefici ogni qualvolta questa venissechiamata a svolgere il proprio compito per assicurare la di-fesa collettiva. Ciò renderebbe gli uomini della milizia in gra-do di adempiere alle loro mansioni sia belliche che strategi-che con intelligenza e accordo vicendevoli – un vantaggio diparticolare importanza nelle operazioni di un esercito. Fa-rebbe, inoltre, acquisire molto più velocemente alle truppeun grado di competenza nelle attività militari che sarebbeessenziale per la loro utilità. Questa auspicabile uniformitàpuò essere conseguita solo affidando il controllo della mili-zia al comando dell’autorità nazionale. Quindi, appare deci-samente appropriato il piano presentato dalla Convenzioneche propone di autorizzare l’Unione “a provvedere a che lamilizia sia organizzata, armata e disciplinata e a disporre diquella parte di essa che sarà impiegata al servizio degli Sta-

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ti Uniti, lasciando ai rispettivi Stati la nomina degli ufficiali el’autorità di addestrare la milizia secondo le norme discipli-nari prescritte dal Congresso”.

ANTIFEDERALISTI: BRUTUS, LETTERA N. 1, 18 OTTOBRE 1787

Si potrebbe qui dimostrare che il potere, all’interno di un’i-stituzione governativa federale, di costituire e mantenereforze armate secondo la propria volontà, sia in stato di guer-ra che di pace, e il controllo sulla milizia, conducano non so-lo all’unificazione del governo, ma anche alla perdita della li-bertà civile. Non mi soffermerò, tuttavia, su questa proble-matica, poiché alcune considerazioni in merito al potere giu-diziario del governo oggetto d’esame, in aggiunta a quantoprecedentemente detto, mostreranno chiaramente il fonda-mento della mia riflessione.Nei governi dispotici e in tutte le monarchie europee, gli

eserciti permanenti vengono mantenuti per eseguire gli or-dini del principe o del magistrato, e sono impiegati a talescopo quando le circostanze lo richiedono. Essi, tuttavia, sisono sempre rivelati mezzi di distruzione della libertà; sonoquindi ripugnanti nello spirito di una libera repubblica.Una repubblica fondata sulla libertà non manterrà mai

un esercito permanente per far applicare le sue leggi. Essa

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dovrà fondarsi sul sostegno dei suoi cittadini. Tuttaviaquando un governo si fonda sul sostegno dei cittadini deveessere concepito in modo tale da meritare la fiducia, il ri-spetto e la stima del popolo.

BRUTUS: LETTERA N. 10, 24 GENNAIO 1788

Un regolare esercito permanente rappresenta una minac-cia per le libertà civili, non solo perché i governanti potreb-bero farvi ricorso per sostenere qualsiasi usurpazione di po-tere essi vogliano compiere, ma perché vi è il serio pericoloche un esercito qualsiasi sovverta quelle istituzioni governa-tive sotto la cui autorità è istituito e che instauri un’altra for-ma di potere, secondo la volontà del proprio capo.Apprendiamo da attendibili pagine di storia che simili

eventi si verificano frequentemente. In un saggio preceden-te sono stati riportati due casi esemplificativi, così rilevantida meritare la più viva attenzione da parte di tutti gli aman-ti della libertà. Essi sono tratti dalla storia delle due nazionipiù potenti che il mondo abbia mai conosciuto; le più noteper la libertà di cui hanno goduto e per l’eccellenza delle lo-ro costituzioni: Roma e la Gran Bretagna. Nel primo caso, idiritti della confederazione furono annientati e la costituzio-ne rovesciata dall’esercito di Giulio Cesare, che ne fu eletto alcomando dall’autorità costituzionale della confederazione

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stessa. Egli cambiò la forma di governo passando da una li-bera repubblica, che allora aveva fatto riecheggiare la suafama e che è ancora esaltata da tutto il mondo, a un governobasato sul dispotismo più assoluto.Un esercito permanente determinò questo mutamento

politico e lo stesso esercito costituì la base del suo potere at-traverso varie epoche ricordate negli annali storiografici perle più orribili crudeltà, stragi e carneficine - le depravazionipiù perverse, bestiali e disumane che abbiano mai afflitto edisonorato il genere umano.[…]Da queste considerazioni emerge che il pericolo nel man-

tenere un esercito permanente in tempo di pace provienenon solo dal timore che i governanti possano servirsene peraffermare i loro ambiziosi progetti, ma proviene in egualmisura, e forse ancor di più, dalla possibilità che essi rove-scino i poteri costituzionali del governo e che si impadroni-scano del potere per imporre qualsiasi forma governativaessi vogliano.I sostenitori del potere militare, per suffragare la neces-

sità che il nuovo governo goda di questo diritto, ribadisco-no che sarebbe illegittimo imporre un limite alla discrezio-nalità degli organi legislativi, in merito agli apparati milita-ri in tempo di pace, poiché, affermano, sarà necessariomantenere piccoli presidi lungo le frontiere per vigilarecontro le depredazioni degli indiani e per essere pronti a

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respingere eventuali violazioni o invasioni della Spagna edell’Inghilterra.Lasciando da parte tante divagazioni, il cuore della que-

stione è il seguente: probabilmente sarà necessario tenerepiccoli contingenti di truppe per presidiare alcune postazio-ni, che sarà necessario mantenere per proteggerci da im-provvise invasioni di indiani, spagnoli e di inglesi, di conse-guenza al governo generale dovrebbe essere conferito il po-tere di costituire e mantenere un esercito permanente intempo di pace, senza alcuna restrizione, a propria completadiscrezione. Confesso di non riuscire a comprendere cometale conclusione scaturisca dalle premesse date. I logici af-fermano che non è un buon ragionamento inferire una con-clusione generale da premesse particolari. Sebbene non siaun esperto di logica, mi sembra che la presente disquisizio-ne si accosti molto a questo tipo di descrizione. Quando nelparlamento della Gran Bretagna i nostri compatrioti si op-posero con veemenza e con tutta la forza dell’eloquenza almantenimento di eserciti permanenti in tempo di pace è ov-vio che essi non hanno mai sfiorato l’idea che in tal modo sa-rebbero stati proibiti i piccoli presidi alle frontiere o in pros-simità di aree a rischio di invasione da parte delle potenzestraniere o, anche, la sorveglianza ai pubblici arsenali bellici.Coloro che si fanno promotori di tale potere nella nuova

forma di governo ne sottolineano inoltre la necessità perchépotrebbe avvenire, e probabilmente avverrà, che le circo-

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stanze rendano necessario costituire un esercito per esserepronti a respingere gli attacchi di un eventuale nemico, pri-ma di ricevere una formale dichiarazione di guerra, cadutain disuso nei tempi moderni. Se la Costituzione proibisse laformazione di un esercito prima dell’effettivo inizio di un con-flitto, priverebbe il governo del potere di provvedere alla di-fesa del paese fino a che il nemico non metta effettivamentepiede all’interno del territorio nazionale. Qualora la restri-zione non dovesse estendersi all’istituzione di eserciti in casidi emergenza ma solo al loro mantenimento, la questionesarebbe affidata alla discrezionalità del potere legislativocosì coloro che lo esercitano potrebbero tenere in vita l’eser-cito per tutta la durata che ritengono necessaria, servendo-si del pretesto di un pericolo d’invasione. Da ciò si giunge al-la conclusione che gli organi legislativi dovrebbero goderedella prerogativa di costituire e mantenere un esercito sen-za alcuna restrizione. Tuttavia da queste premesse derivaquest’unica conseguenza: agli organi legislativi non devonoessere posti limiti quanto al diritto di costituire eserciti quan-do dovessero verificarsi esigenze come quelle esemplificate,non ne consegue affatto che il governo debba essere auto-rizzato a costituire e mantenere eserciti permanenti a pro-pria discrezione sia in tempo di pace che di guerra. Se effet-tivamente è impossibile investire il governo generale del-l’autorità di istituire forze armate per presidiare le postazio-ni di frontiera, sorvegliare gli arsenali bellici o per essere pre-

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parati a respingere un attacco, quando constatiamo che unapotenza straniera è pronta a sferrarlo, senza conferirgli unpotere generale e indefinito di costituire e mantenere eserci-ti, senza restrizioni o specificazioni, allora questo ragiona-mento può avere senso, tuttavia ciò non è stato dimostrato,né è possibile farlo.Si è riconosciuto che impedire al governo generale di man-

tenere eserciti permanenti, quando tuttavia esso è autoriz-zato a costituirli in caso di emergenza, sarebbe una difesa in-sufficiente contro il pericolo. Rendere discrezionale questalibertà creerebbe la possibilità di eludere l’applicazione delprovvedimento. È altresì riconosciuto che la proibizione as-soluta di istituire eserciti, tranne che nei casi di guerra vera epropria, sarebbe inopportuna, poiché sarà necessario for-mare e tenere in vita un piccolo numero di contingenti mili-tari per presidiare le principali postazioni di frontiera e persorvegliare gli arsenali bellici. Potrebbe accadere che la mi-naccia di un attacco da parte di una potenza straniera sia co-sì imminente da rendere quanto mai opportuno costituireun esercito in modo da essere preparati a opporre resisten-za. Tuttavia costituire e mantenere forze armate per questefinalità e in tali occasioni non implica l’idea di mantenereeserciti permanenti in tempo di pace.Concedere al governo un margine di autorità sufficiente

per provvedere a tali casi e allo stesso tempo fornire una ra-gionevole e valida garanzia di sicurezza contro il pericolo di

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un esercito permanente è una soluzione pienamente attua-bile – una clausola sul seguente proposito risponderebbeallo scopo. Dato che mantenere eserciti permanenti in tem-po di pace rappresenterebbe un pericolo per la libertà e da-to che essi si sono spesso rivelati gli strumenti per il rove-sciamento delle migliori costituzioni di governo, nessunesercito permanente, o truppe di qualsiasi genere, sarà co-stituito o tenuto in vita dagli organi legislativi, a eccezione ditutti quelli che sarà necessario istituire a sorveglianza degliarsenali bellici degli Stati Uniti o a presidio delle postazionilungo le frontiere e di quanto sarà ritenuto assolutamentenecessario tenere per garantire la sicurezza dei cittadini eper favorire il commercio con gli indiani, a meno che gli StatiUniti non si trovino in pericolo di essere attaccati o invasi daqualche potenza straniera, nel qual caso l’assemblea legisla-tiva sarà autorizzata a istituire eserciti per essere pronta arespingere l’aggressione; ciò purché nessun tipo di truppesia mantenuto in tempo di pace senza il consenso dei dueterzi dei membri che costituiscono entrambe le camere delparlamento.Una disposizione simile a questa lascerebbe sufficiente li-

bertà agli organi legislativi di istituire forze armate in tutti icasi davvero necessari e, al contempo, sarebbe una validagaranzia di sicurezza contro il formarsi di pericolosi mecca-nismi dispotici provenienti da un esercito permanente. Lostesso autore che sostiene le argomentazioni già citate

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esprime una serie di altre considerazioni al fine di dimostra-re che il potere di costituire e tenere in vita eserciti dovrebbeessere discrezionale all’interno degli organi legislativi nazio-nali. Alcune di queste sono curiose. Egli cita gli esempi delMassachusetts e della Pennsylvania per avvalorare la tesidella necessità di mantenere un esercito permanente intempo di pace. La più semplice riflessione persuaderà ogniuomo leale che entrambi i casi sono completamente estra-nei al suo proposito. Il Massachusetts aveva istituito un con-tingente di truppe per la durata di sei mesi al termine dellaquale doveva essere smantellato; pertanto esso non ha af-fatto le caratteristiche di un esercito permanente. E inoltre sipuò parlare di una confederazione in stato di pace in quelperiodo? Essa stava attraversando il più violento periodo dilotte e di disordini della sua storia e i propri organi legislativiavevano formalmente dichiarato che all’interno del paese viera un innaturale stato di ribellione. La situazione dellaPennsylvania era analoga: un gruppo di uomini armati ave-va mosso guerra contro l’autorità statale e aveva aperta-mente dichiarato l’intenzione di non volervisi più sottomet-tere. È compito dell’opinione pubblica giudicare a quale sco-po le siano presentati esempi di Stati che istituiscono forzearmate per brevi periodi trovandosi in stato di guerra o di in-surrezione, quando la questione oggetto d’esame è l’oppor-tunità di mantenere eserciti permanenti in tempo di pace.

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INDICE

Preambolo p. V

Prefazione VII

Introduzione: Quale Europa? 1

Capitolo IDibattito sul potere centrale e sulla natura dell’Unione 41

Capitolo IIDibattito sulle competenze degli Stati 69

Capitolo IIIDibattito sulla tassazione 113

Capitolo IVDibattito sulla difesa e sugli eserciti permanenti 149

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Questo libro è stato finito di stampare nel mese di agosto 2009.