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DM175 DICEMBRE 2011 38 otrà diventare certamente un’importante base di lavoro quell’ Accordo sancito il 25 maggio scor- so tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano e le Autonomie Locali, riguardan- te la Presa in carico globale delle persone con Malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale. Esso aveva pienamente recepito il lavo- ro della Consulta delle Malattie Neuromuscolari, istituita il 27 febbraio 2009, con un Decreto dell’allo- ra Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Un’importante base di lavoro Si tratta dell’Accordo sancito nel maggio scorso in Conferenza Stato-Regioni, riguardante la presa in carico globale delle persone con malattie neuromusco- lari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale P a cura di Stefano Borgato Sociali e della quale avevamo ampiamente riferito qualche tempo fa (DM 170, pp. 21-22). Presieduta da Mario Melazzini, quest’ultima - lo ricordiamo - era nata principalmente allo scopo di fornire indicazioni per lo sviluppo di percorsi assi- stenziali appropriati ed efficaci per le persone con malattie neuromuscolari gravi e progressive e a com- porla - oltre che a membri del Ministero, rappresen- tanti delle Regioni e tecnici del settore - vi era stata anche una folta rappresentanza di associazioni, dalla UILDM all’ AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), dall’ASAMSI (Associazione per lo Studio delle Atrofie Muscolari Spinali Infantili) alla FAIP (Federazione Associazioni Italiane Parateraplegici), da Famiglie SMA a Parent Project. Il dettagliato documento conclusivo prodotto dalla Consulta, pubblicato nell’estate del 2010, aveva dunque fornito le basi all’Accordo del maggio di quest’anno. Sistema omogeneo e integrato Che cosa prevede in sostanza quell’Accordo? Il coin- volgimento diretto e l’impegno formale di tutti i suoi sottoscrittori a garantire, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, varie azioni di supporto della condizione di disabilità e invalidità, percorsi di formazione e informazione, l’istituzione di centri di riferimento e di un sistema integrato per l’assisten- za dei malati neuromuscolari, oltre alla valorizzazio- ne strategica della ricerca e dell’innovazione. Come ha poi efficacemente sintetizzato Luisa Politano, vicepresidente della Commissione Medico-Scientifica UILDM, «nelle intenzioni della Consulta (e dell’Accordo), il percorso per l’assisten- za a un malato neuromuscolare dovrebbe articolarsi su tre livelli: Centri di Riferimento per la diagnosi e la certificazione; Centro di Riabilitazione, come punto di congiunzione tra Centro di Riferimento Diagno- stico e Territorio, per l’individuazione della rete ter- ritoriale più idonea al paziente; Territorio, per la sod- disfazione dei bisogni del paziente». Dal canto suo, Mario Melazzini, al momento dell’Accordo in Conferenza Stato-Regioni, aveva definito quest’ultimo come «un documento impor- tantissimo, grazie al quale i sottoscrittori hanno La presa in carico Una bella immagine realizzata da Paola Cominetta per il foto-libro I Cinquant’anni della UILDM SCIENZA&MEDICINA IL DOCUMENTO

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otrà diventare certamente un’importante base dilavoro quell’Accordo sancito il 25 maggio scor-

so tra il Governo, le Regioni, le Province Autonomedi Trento e Bolzano e le Autonomie Locali, riguardan-te la Presa in carico globale delle persone con Malattieneuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vistaassistenziale. Esso aveva pienamente recepito il lavo-ro della Consulta delle Malattie Neuromuscolari,istituita il 27 febbraio 2009, con un Decreto dell’allo-ra Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche

Un’importante base di lavoro

Si tratta dell’Accordo sancito nelmaggio scorso in ConferenzaStato-Regioni, riguardante lapresa in carico globale dellepersone con malattie neuromusco-lari o malattie analoghe dal punto divista assistenziale

P

a cura di Stefano Borgato

Sociali e della quale avevamo ampiamente riferitoqualche tempo fa (DM 170, pp. 21-22).Presieduta da Mario Melazzini, quest’ultima - lo

ricordiamo - era nata principalmente allo scopo difornire indicazioni per lo sviluppo di percorsi assi-stenziali appropriati ed efficaci per le persone conmalattie neuromuscolari gravi e progressive e a com-porla - oltre che a membri del Ministero, rappresen-tanti delle Regioni e tecnici del settore - vi era stataanche una folta rappresentanza di associazioni, dallaUILDM all’AISLA (Associazione Italiana SclerosiLaterale Amiotrofica), dall’ASAMSI (Associazioneper lo Studio delle Atrofie Muscolari Spinali Infantili)alla FAIP (Federazione Associazioni ItalianeParateraplegici), da Famiglie SMA a Parent Project.Il dettagliato documento conclusivo prodotto

dalla Consulta, pubblicato nell’estate del 2010,aveva dunque fornito le basi all’Accordo del maggiodi quest’anno.

Sistema omogeneo e integratoChe cosa prevede in sostanza quell’Accordo? Il coin-volgimento diretto e l’impegno formale di tutti i suoisottoscrittori a garantire, in modo omogeneo sututto il territorio nazionale, varie azioni di supportodella condizione di disabilità e invalidità, percorsi diformazione e informazione, l’istituzione di centri diriferimento e di un sistema integrato per l’assisten-za dei malati neuromuscolari, oltre alla valorizzazio-ne strategica della ricerca e dell’innovazione.Come ha poi efficacemente sintetizzato Luisa

Politano, vicepresidente della CommissioneMedico-Scientifica UILDM, «nelle intenzioni dellaConsulta (e dell’Accordo), il percorso per l’assisten-za a un malato neuromuscolare dovrebbe articolarsisu tre livelli: Centri di Riferimento per la diagnosi e lacertificazione; Centro di Riabilitazione, come puntodi congiunzione tra Centro di Riferimento Diagno -stico e Territorio, per l’individuazione della rete ter-ritoriale più idonea al paziente; Territorio, per la sod-disfazione dei bisogni del paziente».Dal canto suo, Mario Melazzini, al momento

dell’Accordo in Conferenza Stato-Regioni, avevadefinito quest’ultimo come «un documento impor-tantissimo, grazie al quale i sottoscrittori hanno

La presa in caricoUna bella immagine realizzata da Paola Cominetta per il foto-libro I Cinquant’anni della UILDM

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chiaramente formalizzato il proprio impegno agarantire finalmente ai malati neuromuscolari, tra-mite atti concreti, una presa in carico globale e per-corsi di continuità assistenziale adeguati alle loronecessità e omogenei su tutto il territorio nazionale».«La messa in pratica di quanto contenutonell’Accordo - aveva aggiunto - potrà consentire ilsuperamento delle criticità assistenziali attualmentepresenti in diverse zone del nostro Paese e, dunque,un deciso miglioramento della qualità della vita deimalati e delle loro famiglie».

A costo zeroUn’importante base di lavoro, abbiamo scrittoall’inizio, e tale va appunto considerato quell’Ac -cordo, tenendo anche conto di alcuni fondamenta-li problemi con i quali dovrà scontrarsi per essereconcretamente applicato.Al di là, infatti, dell’attuale momento di crisi eco-

nomica, finanziaria e politica - che può gravare nonpoco su qualunque provvedimento assistenziale esanitario - il documento, nel suo ultimo articolo,dichiara testualmente che «dalle attività previste dalpresente Accordo non devono derivare maggiorioneri a carico della finanza pubblica». Un interven-to “a costo zero”, quindi, da innestare per altro inuna situazione assai diversa, Regione per Regione, econdizionata dalle azioni delle singole Ammi -nistrazioni Locali, con una disparità di vedutenella stessa gestione dei pazienti con malattie neu-

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romuscolari. Bene fa l’Accordo, in tal senso, a porrein primo piano, tra i principali obiettivi, l’omogenei-tà dell’intervento.

Il lavoro della UILDMA questo punto, dunque, riteniamo sia importante -se non altro da un punto di vista di crescita della“cultura medica e sanitaria” - l’azione di associazionicome la UILDM, che già un peso notevole hannoavuto all’interno della Consulta. E ciò è stato benrecepito, ad esempio, dalla Commissione Medico-Scientifica dell’Associazione, che all’inizio di novem-bre ha incontrato una cinquantina di SezioniProvinciali, nel corso di tre riunioni svoltesi rispetti-vamente a Milano, Napoli e Roma, adottando,come base di lavoro, proprio il documento espressodalla Consulta e il successivo Accordo dellaConferenza Stato-Regioni.Riferiremo dettagliatamente di quegli incontri, nei

prossimi numeri di DM. Per il momento riteniamoutile anticipare la prima significativa proposta emer-sa a Napoli, sulla quale hanno concordato tutti i pre-senti, vale a dire «l’attivazione di Tavoli di ConsultaRegionale, dei quali possano far parte anche le asso-ciazioni di pazienti, esprimendosi in merito alladistribuzione del budget».Tutti gli interessati, infine, alla lettura integrale dei

documenti citati, possono naturalmente richiederlialla nostra redazione (tel. 049/8024303, e-mail:[email protected]). ■

FONTANA CONSIGLIERE DI FAMIGLIE SMAOltre 100 operatori accreditati, 35 relatori tra genetisti e medici e 130 famiglie, per un totale di circa 400persone coinvolte, hanno partecipato all’inizio di settembre a Roma al VII Convegno Nazionale diFamiglie SMA e ASAMSI (Associazione per lo Studio delle Atrofie Muscolari Spinali Infantili). «Anche quest’anno - ha dichiarato al termine dei lavori Daniela Lauro, presidente di Famiglie SMA

- il Convegno si è confermato soprattutto la principale occasione di aggiornamento sulle tematiche lega-te all’atrofia muscolare spinale, sviscerando i vari aspetti della ricerca e della riabilitazione, senza dimen-ticare, però, che giornate come queste costituiscono anche un prezioso momento d’incontro e di con-fronto per le nostre famiglie». All’evento - nel corso del quale si è parlato sia di ricerca che di temi sociali - ha partecipato anche il

presidente della UILDM Alberto Fontana, che in tale occasione è entrato a far parte del ConsiglioDirettivo di Famiglie SMA. ■ C.N.

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RICERCHE

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erita senz’altro un approfondimentoinformativo il protocollo sperimentale in

ambito di atrofia muscolare spinale (o amio-trofia spinale, d’ora in poi SMA), con olesoxi-me, o TRO19622, familiarmente noto comeTrophos, mutuando il nome dalla ditta farma-ceutica che ha prodotto la molecola.

L’olesoxime è una molecola analoga al cole-sterolo, appartenente alla famiglia dei modu-latori dei pori mitocondriali [i mitocondrisono “organelli subcellulari”, N.d.R.]. Studipreclinici - cioè di laboratorio - hanno dimo-strato che esso promuove la funzionalità e lasopravvivenza dei neuroni e di altri tipi cellu-lari, in condizioni di rilevante stress ossidati-vo, attraverso l’interazione con la permeabili-tà mitocondriale.

Nella SMA sono state riportate alterazionidegli enzimi della catena respiratoria, cioè diquelli che consentono ai mitocondri di far“respirare” la cellula. Non è noto, tuttavia, ilruolo di tali alterazioni nella patogenesi delleSMA e anzi alcuni lavori vedrebbero in essesolo uno degli effetti e non la causa della malat-tia. L’olesoxime si è comunque dimostrato effi-cace nel modello animale di SLA (sclerosi late-

Al lavoro con il Trophos

È in corso anche in Italia unasperimentazione, tramite una mo-lecola nota come «Trophos», checoinvolge pazienti non deambu-lanti, con atrofia muscolare spina-le di tipo II e III. Vediamo di che co-sa si tratta

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di Angela BerardinelliIstituto Neurologico Mondino di Pavia

rale amiotrofica), malattia per alcuni aspettiassomigliante, ma non identica alle SMA.

Il farmaco è già stato impiegato in un proto-collo sperimentale in Francia, ma i risultati diquesto studio non risultano al momentodisponibili.

In Italia la ricerca, coordinata da EnricoBertini dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma,con la collaborazione di altri Centri, è attual-mente in corso. Nel protocollo sono stati inclu-si pazienti affetti da SMA II e SMA III nondeambulanti, tra i 3 e i 26 anni, di ambo i sessi,con un quadro clinico e un’analisi molecolareche confermavano la diagnosi di SMA.

Tra i criteri di esclusione - oltre a varie pato-logie non associate alla SMA (disfunzionerenale, difetti cardiaci congeniti ecc.) o apatologie acute in corso (ad esempio infetti-ve) - vi è l’uso di farmaci per il trattamentodella SMA (fenilbutirrato, steroidi anabolici),ad eccezione del salbutamolo, purché assuntoper almeno sei mesi prima dell’ingresso neltrial. Altro criterio di esclusione è un inter-vento di correzione chirurgica della scoliosinei sei mesi precedenti.

Il protocollo dovrebbe durare due anni, conuna prima verifica dell’efficacia dopo un anno,momento nel quale, in mancanza di risultatipositivi, esso potrebbe essere interrotto.

Il test dell’efficacia e della sicurezza del far-maco somministrato avrà luogo periodica-mente, attraverso parametri sia clinici, sialaboratoristici, sia elettrofisiologici (elettro-miografia con elettrodi di superficie).

L’attesa principale rispetto all’efficacia del far-maco - definita anche come outcome primario -è quella di un miglioramento della funzionali-tà motoria in base alle scale standardizzate uti-lizzate nella valutazione. Per quanto poi con-cerne altri outcome secondari, essi riguardanoeventuali miglioramenti sia della funzionalitàrespiratoria, sia della qualità della vita deipazienti, intesa in senso più generale. ■

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ono promettenti, due notizie giunte negliultimi mesi, sul fronte della distrofia

facio-scapolo-omerale (FSH), ma vannoanche valutate con grande cautela, soprattuttoper alcune ragioni.Innanzitutto, per il fatto che si parla di una

delle forme più complesse di distrofia. In talsenso, ad esempio, va ricordato che, pur essendostato localizzato il difetto genetico responsabile(all’estremità del cromosoma 4), non c’è ancoral’accordo, tra i ricercatori, se il gene responsabiledella malattia sia FRG1 o DUX4. Inoltre, va dettoche queste notizie riguardano sperimentazionisvolte sul modello animale o in laboratorio.Per tutto ciò, sottolinea Rossella Tupler

dell’Università di Modena e Reggio Emilia, unadelle principali esperte a livello internazionalein questo settore, alla guida, nel 2002, del grup-po di lavoro che dimostrò il meccanismo pato-genetico della malattia, «si tratta certamente dibuoni “punti di partenza”, che però meritanosenz’altro ulteriori approfondimenti». Ciò premesso, dunque, vediamo in che cosa

consistono queste ricerche.

Il primo studio ha per protagonista DavideGabellini, ricercatore dell’Istituto TelethonDulbecco, che lavora all’Istituto San Raffaele diMilano e che ha reso noto come, nel modelloanimale (topo), una determinata tecnica di

FSH tra risultati e cautele

Alcune promettenti notizie so-no arrivate in questi mesi sul frontedella distrofia facio-scapolo-omerale, una delle più comples-se forme di malattia muscolareereditaria. Ma la cautela è quan-to mai d’obbligo

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“silenziamento genetico”, che mima un fenome-no presente in natura, abbia portato a buonirisultati, riducendo significativamente l’attivitàdel gene FRG1. Ora si cercherà di ripetere l’espe-rimento anche con DUX4, oltreché di affinare erendere sempre più sicura la tecnica, in vista diun possibile trasferimento sull’uomo.L’altra ricerca, invece, coordinata da Celine

Vanderplanck, presso il Laboratorio di BiologiaMolecolare dell’Università di Mons in Belgio, haportato a rendere normali, in laboratorio, cellulesatelliti “infette” provenienti da alcuni pazienti,bloccando in sostanza l’espressione genica diDUX4. Un risultato che, secondo l’associazioneeuropea AMIS FSH, che ha strettamente colla-borato con i ricercatori per il “reclutamento” dipazienti volontari, potrà aprire la strada a pro-mettenti trattamenti terapeutici.

Da segnalare infine, sempre in ambito di FSH, ilnuovo incontro dedicato alla malattia, organizza-to in ottobre a Modena dalla citata RossellaTupler e centrato principalmente sul RegistroNazionale FSH, che ha visto l’attenta partecipa-zione di numerose componenti della UILDM. ■

Rossella TuplerÈ una delle principali esperte, a livello internazionale, in ambito di distrofia facio-scapolo-omerale

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a nascita di un bambino è sempre un even-to complesso che produce nei genitori tra-

sformazioni importanti e intensi processi di ela-borazione psichica, potenzialmente evolutivi.Ma cosa accade se il figlio ha seri problemi disalute? Come si organizza in quel caso l’interafamiglia?La malattia è un “incidente evolutivo” che

prende alla sprovvista e riattiva angosce profon-de. Si tratta di una specie di “terremoto dell’esi-stenza” e le famiglie che ne sono colpite sem-brano infatti attraversare delle vere e propriefasi di assestamento: dopo un primo shock,caratterizzato dal senso di estraneità per lanuova inattesa realtà, passano spesso al rifiuto;provano poi rabbia, senso di colpa, vergogna,paura. Quando infine giungono alla necessariaaccettazione, essa si configura quasi semprecome un equilibrio precario.

Un marcatore temporaleCerto, esiste una gamma infinita di famiglie e didisabilità, e tuttavia riteniamo che in questo casosia possibile in parte generalizzare, affermandoche sempre la comunicazione della diagnosi dimalattia grave diventa un marcatore temporaleche spezza la vita familiare in un prima e in un

Cerco di essereforte per lui

Cosa accade in una famigliaquan-do arriva un figlio con seri proble-mi di salute? Ne parliamo pren-dendo spunto da un recente stu-dio che ha coinvolto a Napoli le ma-dri di adolescenti con distrofia diDuchenne

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di Santa ParrelloUniversità Federico II di Napoli

poi e apre una fase di smarrimento. È innanzitutto la madre a smarrirsi: essendo

infatti fortemente identificata con il bambino -come è normale nelle prime fasi di inevitabiledipendenza - ella non può che sentire la malat-tia del figlio come una vera e propria mutila-zione di Sé e come qualcosa che imprigiona,impedendo l’evoluzione verso forme di auto-nomia reciproca.Il padre può sentirsi escluso rispetto alla

“diade madre-figlio”, rinsaldata dal problemadisabilità, e cercare di svolgere a sua volta unafunzione materna, provando a competere con lasua compagna; oppure può cercare delle vie difuga, spostando altrove la scena della propriaesistenza. Spesso il legame di coppia passa insecondo piano e dev’essere reinventato parten-do da nuove basi.Gli altri figli, infine, hanno grandi difficoltà a

interrompere l’attenzione vigile dei genitoriverso il fratello ammalato, quella specie di“incanto” che distoglie la madre e il padre dailoro bisogni, sperimentando frequenti ingiun-zioni ad essere forti come piccoli adulti, addirit-tura a volte a “non esistere”. Le loro pulsioninaturali, come la rabbia, la gelosia, la rivalità,vengono in genere sovracolpevolizzate e censu-rate e amplificano il senso di colpa per esserenati sani. La loro capacità di identificarsi conl’altro è un’arma a doppio taglio: mettersi neipanni del fratello ammalato o dei genitori feritipuò infatti diventare insostenibile.A risultare compromessa, in sostanza, è

soprattutto la capacità familiare di vivere inmodo creativo, ossia in modo rilassato, con lasensazione che la vita valga davvero la pena diessere vissuta.Non mancano tuttavia situazioni familiari

dinamiche, essendo la famiglia un sistema aper-to, in costante comunicazione con il contestosocioculturale, che può attivarsi offrendo risor-se di diverso tipo, per alleviare le fatiche dellaquotidianità e favorire l’elaborazione psichicadi un trauma che spesso si rinnova ad ogni pic-colo peggioramento di salute del figlio.

SCIENZA&MEDICINA LO STUDIO

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L’importanza della narrazioneAscoltare le famiglie è fondamentale per com-prendere e provare ad intervenire. Di recenteabbiamo provato a coinvolgere alcune madri diadolescenti con distrofia muscolare di Du -chenne, raccogliendo una serie di intervistenarrative nel Reparto di Cardiomiologia eGenetica Medica della Seconda Università diNapoli. Ne è nato un piccolo studio, presenta-to al Terzo Convegno di Medicina Narrativa eMalattie Rare, presso l’Istituto Superiore diSanità (N. Giacco, S. Parrello, L. Politano, C.Solimene, La distrofia muscolare di Duchenne nelracconto delle madri, Roma, 13 giugno 2011).La narrazione è uno strumento prezioso di

costruzione di senso degli eventi: proporla eanalizzarla consente di esplorare vissuti chespesso restano sepolti. In particolare, essendo ladistrofia di Duchenne una malattia genetica acarattere progressivo, trasmessa dalla madre alfiglio maschio, attualmente non curabile, lemadri mostrano - oltre alla fatica dell’accudi-mento quotidiano, che spesso grava quasiesclusivamente su di loro - un forte senso disolitudine, acuti sensi di colpa che non si evolvo-no con il tempo, una dolorosa consapevolezzadell’impossibilità di separarsi da un figlio sem-pre meno autonomo durante il suo sviluppo,forti difficoltà a immaginare il futuro, gravatodall’ombra della separazione definitiva.Dice una madre: «Io cerco di essere forte per

lui, cerco di nascondere questa cosa, lo rassicu-ro quando dice “mamma, ma quando guarisco?L’hanno inventata la medicina?”», e poi piange.Il peso di questi vissuti induce spesso ad evita-re possibili cambiamenti volti a migliorare laqualità della vita quotidiana, per il timore chequell’equilibrio familiare difficilmente raggiun-to, per quanto precario, vada di nuovo in pezzi.È evidente, pertanto, la necessità di non lascia-re da sole queste famiglie.

Fratelli e sorelle saniAl momento è in programma l’ampliamento diquello studio, nell’ambito di un progetto cui par-

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teciperanno, oltre a chi scrive e a MassimilianoSommantico - entrambi ricercatori e docenti delDipartimento TEOMESUS (Teorie e Metodi delleScienze Umane e Sociali) dell’UniversitàFederico II di Napoli - anche Luisa Politano delServizio di Cardiomiologia e Genetica Medicadella Seconda Università di Napoli (vicepresi-dente della Commissione Medico-ScientificaUILDM), Cira Solimene, direttore operativodella UILDM, Stefania Caruso, psicoterapeutadel GIFFAS di Bagnoli (Napoli), AntonellaZaccaro, psicologa, dottore di ricerca e collabo-ratrice esterna del Dipartimento di MedicinaSperimentale della Seconda Università di Napolie Nunzia Giacco, psicologa, volontaria dellaUILDM di Napoli.In questa nuova fase verranno inclusi anche i

fratelli e le sorelle sani - noti con il termine ingle-se di siblings - che troppo spesso sentono didover essere forti sempre e comunque, come igenitori. Racconta infatti un’altra madre: «Ho unaltro ragazzo di diciotto anni a casa e pure ciaiuta tantissimo… lui invece è sempre stato unbambino diverso dagli altri perché è sempre statopiù grande rispetto alla sua età». ■

Da non lasciare soleSono le famiglie in cui è presenteun figlio con grave disabilità e nella fattispecie con distrofia muscolare

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er neuropatia si intende un qualsiasi pro-cesso patologico che colpisca un nervo e

ostacoli il passaggio di informazioni dal cervel-lo ai muscoli striati e lisci - portate dalle fibremotorie e vegetative - e dalla periferia (cioè dacute, articolazioni, tendini, muscoli, visceriecc.) al centro (fibre sensitive).Le neuropatie possono interessare un solo

nervo (mononeuropatie) oppure essere diffuse ecoinvolgere le fibre più lunghe, cioè quelledestinate ai segmenti distali degli arti (polineu-ropatie). Queste ultime possono essere dovute asvariate cause, tra cui quelle genetiche (degene-rative o metaboliche), tossiche, carenziali,infiammatorie, infettive ecc.

Le caratteristicheLa malattia di Charcot-Marie-Tooth (d’ora inpoi CMT) è una polineuropatia degenerativasensitivo-motoria, dovuta all’alterazione diuno dei numerosi geni - alcuni dei quali ancoranon noti - che determinano la formazione delnervo. Si tratta in realtà di una sindrome (ossiadi un insieme di malattie) progressiva, che peg-giora con il tempo, potendo portare ad esiticompletamente diversi tra loro: da insignifican-ti variazioni nelle capacità motorie, all’atrofiadegli arti - che arrivano ad assumere una carat-

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teristica forma assottigliata - con una serie dieffetti correlati, da difficoltà di deambulazione edolori muscolari, fino - in rari casi - alla neces-sità permanente della carrozzina. La progressio-ne, però, è molto lenta e vi possono essere lun-ghi periodi di stazionamento.Sebbene possa rivelarsi anche in età adulta, la

CMT esordisce di solito prima dei 20 anni epuò manifestarsi in forme più o meno invali-danti. La frequenza - probabilmente sottostima-ta - è di un caso ogni 2.500 persone. La gravitàè variabile non solo tra famiglie differenti, maanche all’interno di una stessa famiglia: siriscontrano infatti casi lievissimi, in cui l’unicaalterazione è il piede cavo e casi (rari), in cui lacapacità di camminare è persa o molto ridotta.

Trasmissione e formeSono noti quasi trenta geni malattia, ma moltisono ancora da scoprire. La trasmissione avvie-ne più spesso con modalità autosomica domi-nante (basta cioè ereditare una copia alterata delgene da uno dei genitori per manifestare lamalattia), ma sono note anche alcune forme atrasmissione autosomica recessiva (i genitorisono portatori sani e ciascuno dei figli ha il 25%di probabilità di essere affetto) o legate al cro-mosoma X (le donne sono colpite in forma lievee ciascuno dei loro figli maschi ha il 50% diprobabilità di ereditare la malattia, che manife-sterà però in forma più grave). Questi di segui-to sono i maggiori sottotipi:l Tipo 1: sono le forme demielinizzanti, incui la guaina che riveste il nervo, detta mielina,si consuma lentamente, alterando la conduzio-ne nervosa. L’ereditarietà autosomica è domi-nante (maggioranza dei casi) o recessiva o lega-ta al sesso. Tra queste forme, si riconoscono: laCMT1A, che è la più frequente (80% dei casi diCMT) e il cui difetto genetico è sul cromosoma17. In questo caso avviene una duplicazione delgene PMP22 (della proteina mielinica periferi-ca); la CMT1B, ove il difetto è dato da unamutazione del gene della P0 situato sul cromo-soma 1, anch’esso addetto alla mielina; l’HNPP,

SCIENZA&MEDICINA SCHEDE

La malattia diCharcot-Marie-Tooth

Dedichiamo un’ampia scheda aquesta polineuropatia degenerativasensitivo-motoria, dovuta all’al-terazione di uno dei numerosi ge-ni - alcuni dei quali ancora non noti -che determinano la formazionedel nervo

di Filippo Maria SantorelliIRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa)

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neuropatia ereditaria con predisposizione alleparalisi da compressione, ciò che significa avereuna predisposizione all’addormentamento degliarti in certe posizioni. Qui, nella maggioranzadei casi, invece di una duplicazione c’è unadelezione (assenza) dello stesso gene PMP22; laCMTX, con una mutazione del gene della con-nessina 32, differenziata più che altro per il tipodi ereditarietà, legato al cromosoma X. Si trovaanche raramente come forma assonale.l Tipo 2: sono le forme assonali, in cui vienecompromesso il “core” del nervo, cioè l’assone.Se ne distinguono anche qui diverse forme.l La sindrome di Dejerine-Sottas (DSS) - chepuò essere dovuta a mutazione di almeno cin-que geni - è considerata la variante più severadelle diverse forme demielinizzanti, dominantio recessive, con un esordio entro i primi dueanni di vita e con deficit motòri gravi, spessoestesi anche prossimalmente, nonché con atas-sia e malformazioni scheletriche gravi (piedecavo e scoliosi).

Gli esordiL’inizio della CMT avviene per lo più in manie-ra lenta e spesso i primi sintomi vengono rife-riti a cause non neurologiche, guardando cioèin prevalenza all’indebolimento dei muscoli,che consegue alla degenerazione delle fibre ner-vose motorie. Solo in pochi casi la malattia col-pisce abbastanza rapidamente la muscolaturadei piedi e delle gambe, per poi rimanere stazio-naria per qualche decennio.I primi sintomi sono: inciampo sull’avampie-

de o per piccoli gradini (più frequente a piedinudi), distorsioni di caviglia, goffaggine nelcamminare, crampi ai polpacci. Spesso ilpaziente migliora spontaneamente il cammi-no, utilizzando scarpe con il tacco e facendorialzare la parte laterale della suola, ove si con-suma di più. Con il passare del tempo, l’inde-bolimento della flessione dorsale dei piedi siaccentua e il paziente è costretto a sollevare leginocchia più del normale, per evitare diinciampare con la punta dei piedi: questo cam-

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mino - che ricorda quello del cavallo - è dettodeambulazione “steppante” o equina, ed èpiuttosto stancante.Raramente la malattia si diffonde ai muscoli

delle cosce, con conseguente scarso controllodel ginocchio e cadute, che possono portare alladecisione di utilizzare la carrozzina. Per quantopoi riguarda le mani, l’inizio dei sintomi è piùtardivo e spesso l’indebolimento è talmentelieve che non determina un deficit funzionale. Idisturbi più frequentemente lamentati sono dif-ficoltà ad abbottonarsi e a sbottonarsi, a usarechiusure lampo, a cucire, a scrivere calcando, agirare la chiave, a svitare tappi e coperchi dibarattoli. Questi problemi si accentuano con ilfreddo, che comporta anche una sensazionemolesta alle gambe, un peggioramento del-l’equilibrio e della sensibilità fine.Il dolore non è frequente e, a parte i crampi,

non è dovuto alla neuropatia, ma alle sue con-seguenze sull’apparato osteoarticolare (defor-mità dei piedi e delle ginocchia, artrosi, esiti ditraumatismi).Sebbene dopo i 50 anni di età si verifichi

Marybeth CaldaroneLa foniatra americana è affetta dalla malattia di Charcot-Marie-Tooth,come la figlia Grace

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un lento peggioramento, nella maggior parte deicasi la disabilità non è grave; inoltre, la duratadella vita non è ridotta a causa della malattia.L’indebolimento dei muscoli si accompagna al

loro assottigliamento (atrofia muscolare). Unadeformità tipica, ma non esclusiva della CMT, èil già citato piede cavo, presente nella maggio-ranza dei casi. Nel 10% dei casi vi è cifoscoliosi.Esistono infine forme rarissime in cui si inde-boliscono anche i muscoli respiratori e quellidella fonazione, con paralisi delle corde vocali,come pure forme in cui sono compromessi altriorgani e apparati (specie l’orecchio, con sorditàneurosensoriale e l’occhio con atrofia ottica).Certamente la ricerca dovrà percorrere ancora

molta strada per avere un quadro completo ecerto delle caratteristiche sintomatologichedella CMT, ma in ogni caso si può dire che essasolo di rado comprometta totalmente l’autono-mia della persona e solo in poche situazionipresenti una disabilità grave, tanto da costrin-gere all’uso della carrozzina.

Esami e diagnosiA seguito di una diagnosi di sospetta CMT, ingenere si procede all’esame elettrofisiologicoche permette di misurare la VCM (velocità diconduzione nervosa, rallentata nelle formedemielinizzanti) e l’ampiezza del potenzialecomposto motorio e sensitivo (ridotta in tutte leforme), fornendo quindi le indicazioni per leindagini genetiche. Segue il test genetico, con lostudio del DNA, dopo un semplice prelievo delsangue. La biopsia del nervo dovrebbe esseresempre l’ultima indagine, da considerarsi solo incasi particolari e quando gli esami precedentinon abbiano identificato alcuna delle forme diCMT rilevabili con i test a disposizione.E tuttavia, la malattia può essere dovuta all’al-

terazione di tanti geni la cui lista è destinata adallungarsi nel tempo. Fra qualche anno è proba-bile che le varie forme di CMT saranno classifi-cate in base al gene e alla mutazione, anziché inbase alla VCM e all’ereditarietà. Non essendoquindi stati ancora individuati molti difettigenetici, il risultato del test potrebbe solo esclu-dere parte delle forme, senza però arrivare alla

diagnosi effettiva. Identificare le basi genetichepermette comunque al malato di pianificare ilproprio futuro, decidendo ad esempio perun’interruzione di gravidanza con maggioreconsapevolezza e gestendo meglio il trattamen-to riabilitativo.Va detto per altro che quasi tutti i casi gravi noti

sono figli di persone che, al momento del conce-pimento, non avevano ancora manifestato alcunsintomo (per il fenomeno dell’anticipazione)oppure erano portatori sani (forme recessive).

Ricerche e trattamentiNon esistono ancora cure per la CMT e anzimolti farmaci sembrerebbero dannosi al sistemanervoso. Uno studio sperimentale con acidoascorbico (vitamina C) ha mostrato buona tol-leranza, ma nessuna differenza rilevante tra igruppi valutati, né in termini di velocità di con-duzione, né di forza muscolare, tempo di mar-cia o qualità della vita.In realtà si ipotizzava un effetto migliore, pen-

sando alla capacità dell’acido ascorbico di con-durre all’inibizione del gene della PMP22 edunque a una riparazione della guaina mielini-ca che circonda il nervo. Ciò nonostante, ladose di acido ascorbico a 3 grammi al giorno haavuto un minimo effetto sui sintomi motori esensitivi dei pazienti, per cui è possibile chenuovi trial di maggiore durata partano nelprossimo futuro. Va in ogni caso ricordato chela vitamina C non dev’essere assunta senzacontrollo medico, perché, pur essendo conside-rata innocua, è una medicina e può, in fortequantità, avere effetti tossici, particolarmentenei bambini e nelle donne in gravidanza.Al momento, quindi, i pazienti possono con-

vivere meglio con la CMT, grazie alla riabilita-zione che ha dato ottimi risultati. Anche inquesto campo, per altro, le conoscenze sonoinsufficienti a individuare percorsi mirati e utilia impedire l’eventuale progressione del male edè necessaria una maggiore ricerca clinica. Èimportante, ad esempio, non sottovalutare iproblemi legati all’equilibrio ed evitare di cade-re, perché lunghi periodi di immobilizzazionepossono essere deleteri per i pazienti. ■

SCIENZA&MEDICINA SCHEDE

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a tosse è un meccanismo importante pereliminare l’eccesso di secrezioni e corpi

estranei dalle vie aeree, soprattutto in personecon una malattia intrinseca dell’apparato respi-ratorio o con debolezza dei muscoli respirato-ri. La tosse inefficace è una delle principalicause di mortalità e morbilità, in quanto puòcomportare la chiusura dei territori polmonariai flussi ispiratori, per la formazione di tappi dimuco denso che ostruiscono le vie aeree di pic-colo e medio calibro, provocando ripetuti epi-sodi di bronchite e broncopolmonite.Dobbiamo inoltre tenere conto che - in

pazienti con compromissione consensualedella deglutizione - tale deficit può favorirel’inalazione di materiale alimentare, in quan-to, non agendo come riflesso protettivo, essonon può impedire l’ingresso di cibo nelle primevie aeree.

Tosse inefficaceLa tosse è un riflesso complesso che inizia coni recettori irritativi a rapido adattamento, chesi trovano in maggiore concentrazione nellaparete posteriore della trachea, nella carena enelle biforcazioni delle grandi vie aeree, dira-dandosi poi nelle vie aeree più piccole distali escomparendo al di là dei bronchioli respiratori.

Tosse e malattieneuromuscolari

Il meccanismo della tosse è di im-portanza vitale per la funzionalitàe la protezione delle vie aeree. Per lepersone con una malattia neuro-muscolare, poi, questo processofisiologico va seguito molto atten-tamente

L

di Giancarlo Garuti e Mirco Lusuardi

Essi sono composti sia da recettori meccaniciche chimici e rispondono a una vasta gamma dimateriale stimolante esterno.Le afferenze vagali sembrano giocare il

ruolo più importante nella trasmissione dellastimolazione neurosensitiva dalle vie aeree alcentro della tosse, che si trova diffusamentenel midollo allungato. L’arco riflesso è com-pletato da efferenze che provengono dal grup-po respiratorio ventrale e che inviano i moto-neuroni ai muscoli inspiratori ed espiratori,alla laringe e all’albero bronchiale. Il nervofrenico e i nervi motori spinali trasmettonoquindi gli impulsi efferenti alla muscolaturarespiratoria, così come i rami laringei ricor-renti del nervo vago alla laringe. Le interru-zioni di questo arco riflesso attraverso ladistruzione dei nervi afferenti - a causa di unamalattia muscolare intrinseca o di malattie delsistema nervoso centrale - possono causare latosse inefficace.

TillyUna giovane americana affettada amiotrofia spinale, che usa unamacchina per la tosse assistita

PROBLEMI RESPIRATORISCIENZA&MEDICINA

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Altri fattori di inefficienzaL’efficienza della tosse non si basa solo sullafisiologia intatta della funzionalità midollare edella muscolatura respiratoria, ma anche sullecondizioni intrinseche delle vie aeree, pen-sando ad esempio alla quantità e alla qualitàdelle secrezioni, a un epitelio respiratorio inte-gro e a un adeguato calibro delle vie aeree.I pazienti con debolezza muscolare inspira-

toria ed espiratoria - e in particolare in casi dimalattie restrittive, che come condizione prin-cipale associano una riduzione dei volumi pol-monari - hanno difficoltà di espettorazione,soprattutto se vi è un eccesso di secrezioniassociate a un’infezione del tratto respiratoriosuperiore. Come in un circolo vizioso, è statodimostrato che le infezioni delle vie aereesuperiori possono compromettere ulterior-mente la tosse nei pazienti con malattia neuro-muscolare: vi è infatti una riduzione dellacapacità vitale e della forza della muscolaturarespiratoria, con conseguente aumento del-l’anidride carbonica e riduzione dell’ossigena-zione ematica, che ritornano a valori normalidopo adeguate terapie.Altri fattori che influenzano direttamente

l’efficienza della tosse e, di conseguenza, laclearance [“depurazione”, N.d.R.] della secre-zione di muco, riguardano la viscoelasticità e laprofondità delle secrezioni.L’infiammazione acuta o cronica, infine, può

disturbare la funzione ciliare attraverso undanno diretto all’epitelio delle vie respiratorie.

Fisiologia della tosseDal punto di vista meccanico, la tosse è costi-tuita da alcune fasi distinte: una di irritazione,in cui vi è uno stimolo che scatena l’arco rifles-so, una di inspirazione, in cui si inspira ariafino all’85-90% della capacità polmonare tota-le. Tale fenomeno è seguito da una rapidachiusura della glottide per circa 0,2 secondi.Contemporaneamente, in questa fase, vi è la

contrattura dei muscoli addominali e interco-stali (muscoli respiratori accessori), per la qualesi consegue un aumento della pressione intra-pleurica. L’apertura improvvisa delle corde

vocali porta normalmente a un flusso respira-torio che varia tra i 360 e i 1.200 litri al minu-to (d’ora in poi l/min).

I pazienti neuromuscolariNei pazienti neuromuscolari l’inefficienza dellatosse può essere la conseguenza della compro-missione di ciascuna delle tre seguenti fasi:1) La debolezza della muscolatura inspiratoria ela concomitante riduzione della compliance[“distensibilità”, N.d.R.] polmonare - dovuta allaformazione di microatelettasie - impedisce unriempimento volumetrico adeguato, che causala riduzione della forza di ritorno elastico dellaparete toracica e del parenchima polmonare eun’alterazione del punto ideale nella curva lun-ghezza/tensione dei muscoli addominali, duefattori essenziali alla generazione della pressio-ne espiratoria nell’ultima fase della tosse.2) Quando compare un deficit bulbare, vi èun’incapacità di addurre la glottide e tale situa-zione non permette di ottenere un’adeguatapressione intratoracica, generata dalla conco-mitante contrazione dei muscoli addominali.La sola paralisi degli adduttori della glottidenon rappresenta una causa di completa ineffi-cacia della tosse: infatti, molto spesso, i pazien-ti portatori di cannula tracheostomica riesconoa portare le secrezioni fino alla porzione pros-simale della cannula mediante una manovra diespirazione forzata.3) La riduzione di forza dei muscoli addomina-li ed espiratori accessori genera un’insufficien-te pressione positiva intratoracica, fenomenoche riduce il flusso espiratorio. Pertanto, le misure fondamentali per la valu-

tazione della tosse sono quelle che misurano lepressioni, i volumi e i flussi in fase inspiratoriaed espiratoria, come le massime pressioniinspiratorie ed espiratorie (MIP e MEP), ilpicco di flusso espiratorio (PEF), il picco diflusso della tosse (PCF), la capacità vitale(CV) e la massima capacità inspiratoria (MIC).

Come misurare una tosse efficienteLa MIP valuta la forza prodotta dalla muscola-tura inspiratoria e una sua riduzione implica

SCIENZA&MEDICINA PROBLEMI RESPIRATORI

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una riduzione della capacità di acquisire unvolume pretussivo efficace. La MEP, invece,valuta la fase di compressione toracica e quin-di la forza dei muscoli espiratori in grado digenerare un flusso espiratorio efficace.E ancora, il PEF è il flusso massimo ottenuto

durante una manovra di espirazione forzata, apartire dalla capacità polmonare totale (TLC):esso indica quanto un paziente riesca ad effet-tuare una manovra di espirazione forzata mas-simale. Il PCF, invece, misura il flusso espira-torio dopo la fase compressiva a glottide chiu-sa. Se il rapporto PCF/PEF risulta essere mag-giore di 1, la funzionalità della glottide si ritie-ne conservata.Secondo alcuni autori (Bach), l’assistenza alla

tosse è necessaria se il PCF è minore di 160l/min, secondo altri (Soudon), se è minore di180 l/min e in ogni caso è raccomandabile, se èminore di 270 l/min. Uno studio del gruppo diBach ha dimostrato anche che un PCF minoredi 160 l/min è associato al successo nell’estuba-zione o alla decannulazione nei malati neuro-muscolari.È possibile inoltre che durante episodi di

infezioni respiratorie, un valore di PCF di 270l/min non consenta al soggetto di proteggere leproprie vie aeree. Per questo motivo, le LineeGuida stilate nel 2008 dall’American Collegeof Chest Physicians (ACCP), relative ai pazien-ti con distrofia di Duchenne, che devonoessere sottoposti a sedazione o anestesia perinterventi chirurgici, raccomandano l’assisten-za manuale e/o meccanica alla tosse, in presen-za di PCF minore di 270 l/min o di MEP mino-re di 60 centimetri H2O.La MIC, infine, è il massimo volume di aria

accumulabile passivamente nei polmoni pereffetto di una determinata pressione di insuffla-zione: se è inferiore a 1.500 cc, occorrono tec-niche supplementari alla sola assistenzamanuale alla tosse. Uno studio del 2005 (Trebbia e altri) ha

dimostrato come queste misure (CV, MIP, MEP,MIC e TLC) siano strettamente correlate colpicco di flusso della tosse (PCF), misurato conlo strumento Peak Flow Meter.

Esiste infine uno stretto rapporto tra il PCF eil rischio di soffrire di un ingombro delle vierespiratorie, a causa del catarro prodotto inseguito a un’infezione.

In conclusione, con queste rapide note, abbia-mo voluto soprattutto dimostrare che la tosserisulta essere di importanza vitale per la fun-zionalità e la protezione delle vie aeree e chechiaramente i pazienti con una malattia neuro-muscolare devono avere cura e fare attenzionealla funzionalità di tale processo fisiologico. ■

Gli Autori del presente testo (Struttura OperativaComplessa di Riabilitazione Respiratoria dell’Os -pedale San Sebastiano di Correggio, AUSL diReggio Emilia) hanno anche indicato una biblio-grafia sull’argomento che tutti gli interessati posso-no richiedere alla nostra redazione (tel.049/8024303, [email protected]).

A SCUOLA CON NEMOSecondo posto, su sessantadue candidature perve-nute, per il progetto A scuola con NEMO, nell’ambi-to del Premio Alesini 2011, Buone Pratiche inSanità, promosso da Cittadinanzattiva-Tribunale peri Diritti del Malato: è stato questo l’ottimo risultatorecentemente ottenuto dal Centro ClinicoNEMO di Milano.«A scuola con NEMO - spiega la neuropsichiatra

infantile Ksenija Gorni, responsabile del progetto -è un’iniziativa educativo-assistenziale riservata aicaregiver [“assistenti di cura”, N.d.R.] di bambiniaffetti da patologie muscolari, concepita per aiu-tare a far fronte alle comuni esigenze clinico-gestiona-li quotidiane, quali il momento del bagnetto o dellapappa, l’educazione sulle possibili problematicherespiratorie e cardiologiche, la gestione degli inter-venti preventivi di situazioni critiche, in un’ottica dimiglioramento della situazione medica, e socio-emoti-va, dei pazienti e delle loro famiglie. La nostra speran-za è che, al termine di questa esperienza, la tipologiadi approccio da noi applicata possa essere replica-ta in strutture simili al Centro NEMO, dotate quindi diun team multispecialistico». ■ C.N.