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Una sfida per la scuola di oggi
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Alunni con cittadinanza non italiana:
A.S. 2001/2002: 2,2% del totale (196.414 alunni)
A.S. 2012/2013: 8,8% (786.630 alunni)
In un decennio le presenze sono quadruplicate.
Passo fondamentale per assicurare un’inclusione
effettiva e tangibile e per promuovere la
ricchezza di cui questi bambini sono portatori
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Caro Direttore,
i miei figli hanno 12 e 9 anni. Vivono a Milano da due mesi. Sono cresciuti a Toronto. Di fronte a loro, a noi in generale, come famiglia, ogni barriera si abbatte, gli italiani si mettono in ginocchio pur di scambiare quattro parole.
Constato qui che i miei figli sono accolti meglio di bambini che sono nati in Italia da genitori stranieri, che per i miei parametri sono italianissimi, ma che hanno occhi a mandorla o la pelle scura.
Parlando con un bambino italiano è emerso che sua madre è marocchina. «Sei fortunato – gli ho detto – puoi imparare l’arabo. Cerca di non dimenticarlo mai ed esercitati perché sarà una competenza molto richiesta in un mondo del lavoro che darà l' inglese per scontato». Il padre, italiano, del ragazzino mi ha guardato come fossi un’aliena, al punto che ho pensato di aver toccato un tasto doloroso: forse la madre era deceduta o divorziata e lontana.
«Non gliel’ha mai detto nessuno – mi ha spiegato riferendosi al figlio che, ha aggiunto – non solo non esibisce mai questa capacità linguistica, ma addirittura la tiene nascosta».
A Toronto è esattamente l' opposto. Una domanda molto frequente che i bambini canadesi si rivolgono quando si incontrano in un parco non è «come ti chiami?», ma semmai «e tu che lingua parli a casa?». In un clima di questo genere l’essere straniero non può essere un problema.
Sono certa che i miei figli acquisiranno una cultura più solida, dal punto di vista umanistico, nella scuola dell’obbligo piuttosto che in una nordamericana. Ma l’esposizione alla diversità e l’insegnamento che hanno ricevuto dalla scuola canadese, è ineguagliabile.
Al punto che ricorderò sempre una vacanza in Italia di cinque anni fa, quando scoprii che per mio figlio, allora di otto anni, una società omogenea era una menomazione, un’anomalia che ovviamente non poteva essere naturale. «Mamma – mi disse – non vorrei offenderti, ma mi sembra che siano tutti bianchi qui... Cosa avete fatto agli altri?».
Irene Zerbini, La Repubblica – 24 settembre 2009
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Tasso di promozione degli studenti stranieri: inferiore a quello dei coetanei italiani dell’1% nella scuola primaria
-10% scuola secondaria di I grado
-16% scuola secondaria di II grado
Ritardo scolastico: nella scuola primaria il 20,4% dei bambini stranieri è inserito in una classe non in linea con la sua età
50,2% scuola secondaria di I grado
71,8% scuola secondaria di II grado
[MIUR, 2009]
Studenti stranieri: concentrati nelle scuole professionali (40% vs 20% coetanei italiani) percorsi d’integrazione verso il basso [Gans, 1992]
Questa situazione interessa anche le II generazioni
Il loro insuccesso
ci parla della nostra scuola [Pastori, 2010]
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Possibili spiegazioni Molti autori hanno indicato lo svantaggio socio-
culturale e soprattutto linguistico con cui questi bambini devono confrontarsi [Folgheraiter & Tressoldi, 2003; Murineddu, Duca & Cornoldi, 2006; Cornoldi & Tressoldi, 2007]
…ma questa spiegazione potrebbe essere riduttiva
Un altro elemento che può contribuire a spiegare le difficoltà che i bambini stranieri incontrano nel loro percorso d’apprendimento è la migrazione [Moro, 2001; Selleri, 2005; De La Noë, Sharara & Moro, 2009; Moro, Rezzoug & Baubet, 2009; Pastori, 2010]
Migrazione & Vulnerabilità Migrazione: possibile evento traumatico, non solo per I
bambini migranti, ma anche per gli alunni di II
generazione che vivono questa esperienza attraverso le
idee, le parole e le emozioni dei loro familiari.
[Moro, 2001; Di Pentima, 2006; Jabbar, 2009; Moro, Rezzoug & Baubet, 2009]
Fattore di potenziale vulnerabilità
psicologica, che può interferire col
processo d’apprendimento e col
successo scolastico
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La metafora delle tre bambole
[Anthony, 1974]
Migrazione & Resilienza Questa vulnerabilità non porta necessariamente e
difficoltà di apprendimento e fallimenti scolastici.
Alcuni bambini possono ottenere buoni risultati e avere successo nel loro percorso scolastico.
Resilienza: scaturisce dall’interazione dinamica tra l’individuo e il suo contesto.
È importante che questi bambini trovino nel loro ambiente sociale figure capaci di supportarli: gli insegnanti possono giocare un ruolo cruciale.
[Moro, 2001; De La Noë, Sharara & Moro, 2009]
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Ho sempre pensato che la scuola fosse fatta prima di tutto
dagli insegnanti. In fondo, chi mi ha salvato dalla scuola
se non tre o quattro insegnanti?
Daniel Pennac – Diario di scuola (2008)
La relazione bambino-insegnante
Fattore di protezione, soprattutto per gli studenti più
vulnerabili [Pianta, 2001]
valore ancor maggiore per i figli di migranti: sostegno
nell’affrontare le sfide poste dalla migrazione [Conchas, 2001;
Honora, 2003; Green et al., 2008; Suárez-Orozco, Rhodes & Milburn, 2009;
Suárez-Orozco, Pimentel & Martin, 2009]
Sostenere la relazione Ins-B agendo in primo luogo sulle
rappresentazioni che gli Ins hanno di questi bambini e delle
loro difficoltà di apprendimento
I modelli rappresentazionali sono la chiave per modificare anche
I pattern comportamentali che intercorrono fra B e Ins [Pianta,
2001]
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Studio di caso Ad oggi, poche ricerche hanno studiato questo tema [Bettinelli &
Demetrio, 1992; Moscati & Volonterio, 1998; Bastianoni & Melotti, 2001;
Selleri, 2005; Bettinelli, 2007; Ortiz Cobo, 2008]
Studio di caso qualitativo: 20 maestri di scuola primaria
Diversi strumenti:
interviste
focus group
Questionari a domande aperte
Obiettivo: comprendere quali sono le rappresentazioni degli
insegnanti riguardo ai bambini figli di migranti e alle loro
(eventuali) difficoltà di apprendimento
Le domande più efficaci Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un
incremento del numero di alunni stranieri presenti
nelle nostre classi. Che cosa ne pensa?
Vede delle opportunità offerte dalla presenza di
questi bambini a lei e ai compagni di classe? Quali?
Incontra delle difficoltà con questi bambini? Di che
tipo?
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1. La visione “in negativo” 3 docenti sembrano vedere gli studenti stranieri
principalmente come un problema:
A volte un‟alta presenza di stranieri rallenta in modo evidente la
programmazione didattica. In alcuni casi in cui l‟alunno straniero è
inserito in corso d‟anno e non sa nemmeno una parola di italiano è
davvero difficile comunicare sia con l‟alunno che con la famiglia.
Per quello che vedo io, quando tu hai in classe un bambino extra-comunitario o comunque straniero, cioè, sei tu da sola che devi gestire
questa patata bollente. (...) È un problema.
Questa percezione è esacerbata da diversi fattori:
l’assenza di un supporto adeguato da parte del sistema
scolastico e la mancanza di formazione:
Manca personale per supportare gli insegnanti di classe che spesso sono in
grande difficoltà.
[Provo] un senso di abbandono.
le famiglie straniere considerate poco collaborative o
disinteressate:
Spesse volte i genitori stranieri delegano ogni cosa alla scuola, non pensando
che anche loro a casa hanno un ruolo importante nel seguire i compiti e lo
studio. Mi pare anche che non venga dato il giusto valore alla scuola.
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Non vedono le opportunità offerte dalla presenza dei
bambini stranieri e rivelano una visione rigida e parziale delle
loro difficoltà di apprendimento, che considerano frutto
delle carenze dei bambini:
L‟idea che mi sono fatta è che l‟alunno straniero non sia ancora una fonte di arricchimento per la scuola.
Le maggiori difficoltà, secondo me, derivano dalla lingua, anche per chi è
nato in Italia e vive qua. [...] Riguardandomi indietro non ho proprio
mai avuto un bambino proprio extra-comunitario che abbia brillato sugli
altri [...], hanno una marcia in meno, questo sicuramente.
2. La visione “bidimensionale” Gruppo più numeroso: 14 insegnanti
Non negano acriticamente le problematiche che la presenza di questi alunni può portare con sé, ma sembrano capaci di “guardare oltre” scorgendo nella presenza degli alunni stranieri un’opportunità di arricchimento per i loro compagni di classe:
Ciascuna cultura è portatrice di ricchezze inestimabili che aspettano di essere rese note.
Possiedono anche una visione più equilibrata del rendimento
scolastico degli alunni figli di migranti:
Dipende da bambino a bambino, c‟è una bambina che è molto brava nella classe, alcuni invece fanno molta fatica.
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Riconoscono il ruolo che loro stessi possono giocare nell’aiutare questi studenti a superare le loro difficoltà, agendo in primo luogo sulla barriera linguistica.
Limiti:
o eccessiva importanza alla componente linguistica: tendono a ridurre ad essa tutti gli ostacoli che i figli di migranti possono incontrare nel loro percorso scolastico, senza comprendere la dimensione anche psicologica ed emotiva della situazione transculturale;
o non pienamente consapevoli della complessità del loro stesso ruolo educativo: riconoscono la funzione di facilitazioni linguistica, ma non di accompagnamento e supporto a livello relazionale.
3. La visione “a tutto tondo” 3 maestre: sembrano compiere un ulteriore passo verso
l’alunno straniero.
Vedono nell’incontro col figlio di migranti anche una preziosa occasione di crescita, personale e professionale, per loro stesse:
Io li vedo come un arricchimento per i nostri bambini, prima di tutto, perché c‟è questa dimensione interculturale che può aiutare anche loro. Dal punto di vista degli insegnanti un po‟ rivedere il proprio metodo, perché di fronte a bambini che vengono da altri paesi uno si rende conto anche di alcune difficoltà che i nostri bambini italiani hanno […]. [È un’opportunità] di crescere, sicuramente, di rivedere la
propria didattica.
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A ciò si accompagna una visione più esaustiva delle difficoltà scolastiche che l’alunno straniero può incontrare:
La difficoltà più grande è la comprensione della lingua, veramente, io sto toccando con mano […] e poi la grossa difficoltà
psicologica […]. Assomma la novità della scuola alla novità dell‟ambiente esterno, in questo momento stiamo registrando molti
disagi psicologici e molto rifiuto.
Psicologicamente parlando non è facile per un bambino.
Alla complessa e integrata rappresentazione dallo studente straniero si accompagna anche una concezione “a tutto tondo” dell’insegnante stesso, visto come una guida che può sostenerli nel loro cammino di crescita costantemente sul confine tra due culture:
Ho cercato di puntare molto più forse sulla relazione. Ecco, se si stabilisce un buon clima, sereno, una relazione, poi ho visto che le cose
suppergiù passano.
Una cosa è certa […]. Serve una figura di sicurezza, più che altro: “ti ho conosciuto, tu mi tieni per mano”.
Hanno bisogno del contatto, hanno bisogno di sentirti, di farti diventare un punto di riferimento: “ci sono per te”.
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[Kontar] ormai ho imparato a conoscerlo, molto in gamba,
però nel momento in cui si applica a scuola ha un blocco,
un blocco emotivo, proprio di rabbia sua, legata alla
sua situazione.
Questo è un alunno che è stato per cinque anni da solo in
Ghana con i parenti e la famiglia qui. Inoltre si è
ricongiunto trovando un fratellino piccolo qui, neonato,
quindi ti lascio immaginare la sua situazione.
Quindi c’è un rifiuto da parte sua, probabilmente da
parte sua della famiglia, della figura della madre in
particolar modo, che sarebbe fondamentale in questo
momento.
La cosa più tenera, questa è quella che mi ha fatto venire i
lucciconi agli occhi è che di fronte all‟ennesimo tentativo, strada
per provare a fargli capire quanto è importante leggere, quanto è
importante, sì, sbloccare questo fatto […], mi dice: “ma tu mi vuoi far dimenticare che io sono ghanese?”.
Quando c‟ho ripensato a casa, io ho visto un bambino molto
arrabbiato con noi adulti, va be‟, in quel momento anche con
me nello specifico, perché giustamente ero quella che, tra
virgolette, gli rompeva le scatole in quel momento lì. Però io l‟ho
visto un bambino molto arrabbiato, che con quello voleva dirmi: “ma cosa volete voi da me? Non vi
basta tutto quello che mi avete fatto fino adesso?”
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Nuclei tematici trasversali 1. La relazione con le famiglie straniere
Pressoché tutti gli insegnanti rilevano quanto possa essere faticoso costruire con queste famiglie una proficua collaborazione. Tuttavia, mentre i maestri del 1° gruppo vedono nelle famiglie un ulteriore elemento problematico; il 2° e soprattutto il 3° gruppo riescono a prendere in considerazione il punto di vista dei migranti:
Bisogna capire le loro difficoltà e gli sforzi che compiono per adeguarsi alle nostre richieste.
C‟è la buona volontà da parte loro e la buona volontà da parte nostra e il tempo, […] alla fin fine ci si arriva.
2. L’esigenza di una maggiore formazione
La consapevolezza della complessa sfida cui sono chiamati
dall’odierna scuola multiculturale induce i docenti ad
avvertire l’esigenza di una maggiore formazione:
È una realtà molto complessa. Non sempre noi insegnanti siamo pronti.
Per „pronti‟ intendo dire „formati‟.
Questa tematica è presente trasversalmente nei tre profili,
ma emerge con particolare chiarezza dalle parole degli
insegnanti appartenenti al 1° gruppo, esacerbando il loro
senso di impotenza ed abbandono.
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“Straniero in classe” non è infatti solo l’allievo, ma anche l’insegnante che davanti a quell’allievo si sente a
sua volta spaesato, quasi stranito, perché vede messi in discussione
molti dei pregiudizi su cui si basa il suo modo normale di fare scuola.
Zoletto – Straniero in classe (2007)
Possibili azioni
L’insegnante non giunge nella situazione come una tabula rasa: è portatore di un’enciclopedia individuale costituita da saperi, idee, intenzioni, aspettative, credenze elaborate altrove attivo interprete della situazione [Caronia, Bolognesi, 2015]
La maggioranza degli insegnanti partecipanti allo studio possiede una rappresentazione eccessivamente semplificata degli studenti stranieri e delle loro difficoltà di apprendimento; una rappresentazione che, nella sua parzialità, potrebbe costituire un ostacolo alla creazione di una relazione supportiva con lo studente.
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Mettere in luce e portare a consapevolezza tale
dimensione soggettiva: aspetto centrale, spesso
determinante, della relazione educativa [Caronia,
Bolognesi, 2015]
Rendere le rappresentazioni di questi docenti più
approfondite, flessibili ed esaustive
Fornire maggiori informazioni riguardo al processo
migratorio e alle peculiari sfide che porta con sé
rispondere al bisogno di formazione
Incoraggiare la creazione di “gruppi di consulenza
informali” [Pianta, 2001]: i docenti avrebbero modo
discutere riguardo alle loro esperienze coi bambini figli di
migranti, condividendo le comuni fatiche, ma, soprattutto, le
strategie adottate per rispondere alla sfida posta dalla scuola
multiculturale.
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Davanti a questa esperienza di straniamento un insegnante può decidere di far finta di niente,
come se non fosse accaduto nulla, continuando a pensare e a operare in classe come ha sempre fatto,
forse addirittura più sordo di prima.
Di questa stessa esperienza però, un insegnante può anche fare tesoro, trasformandola in
un’occasione di autoformazione per sé e per i propri allievi.
Zoletto – Straniero in classe (2007)