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Ulisse per sempre

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Page 1: Ulisse per sempre

Ulisse per sempredi Mariella A. Bosi

Sto leggendo un romanzo che Carlo Fruttero e Franco Lucentini scrisse-ro nel 1983, “Il palio delle contrade morte” ea pagina 62 mi colpisce questa frase “Valeria si chiede […] se gli uomini non siano tutti così, se non abbiano tuttiquel fondo sedentario, poltrone, vile. Tu guarda il loro eroico esemplare, Ulisse, che ti sbattono sempre infaccia come modello di avventurosità: be’ stringi stringi, è uno che fa tutto controvoglia, ha in mente solo ditornarsene a casa, sedersi accanto al fuo-co e non pensarci più.”

È una semplice frase estrapolata da un con-testo, ma mi ha fatto pensare.

Non sarà per caso che i due autori abbianovoluto mettere fine ad uno dei topos più diffu-si, consolidati e ricorrenti della nostra civiltà oc-cidentale?

Parlo del mito di Odisseo, simbolo dell’uomoerrante che rinnova continuamente se stesso,arricchisce il suo sapere e rifiuta i comodi ap-prodi e le soluzioni definitive, sempre inquieto,eternamente insoddisfatto.

Forse che l’ostinarsi a riproporre il mito diUlisse come celebrazione dell’astuzia e dell’au-dacia dell’uomo (chiara testimonianza della su-periorità dell’intelligenza umana sulla forza bru-ta) e come storia dell’umanità’ perennementein viaggio (allegoria della vita stessa), non hapiù un senso?

Sono delusa e forse anche un po’ avvilita.Per meglio chiarire, specialmente a me stes-

sa, i motivi di questo disagio, provo a ripercor-rere in fretta le tappe che nel tempo hannocontribuito a dar vita e celebrità all’eroe diOmero e mi ripropongo di ripassare solo le testimonianze più note, correndo attraverso i secoli.

Da quando Omero lo ha “messo al mondo”, Ulisse compare quasi periodicamente nella storia della nostra cultura.Già nel mondo latino autori come Virgilio, Seneca e Cicerone lo celebrano come modello di virtù e di sapienza,

vittorioso sulle paure dell’uomo e simbolo dell’umano desiderio di conoscenza.Anche molti artisti dell’antichità’ si sono ispirati al mito di Odisseo. Nonostante siano poche le opere giunte fino ai

nostri giorni, sicuramente una delle più interessanti è una statua ritrovata nella grotta di Tiberio a Sperlonga e conosciutacon il nome di Odissea in marmo.

Nel medioevo Dante, nel celeberrimo episodio dell’Inferno (canto XXVI ), ha immaginato (in parte “frodando” ilpersonaggio omerico) Ulisse come mito dell’eterna ricerca e della sete di conoscenza che va oltre ogni limite umano eper questo destinata all’inevitabile sconfitta. Tanto è già stato scritto sul “folle volo” che non oso aggiungere altro.

Tra il 1500 e il 1700 la leggenda continua con Giambattista Gelli (1549) nell’opera Circe, prosegue con il compositoreClaudio Monteverde (1641) nella sua Il ritorno di Ulisse in patria, e termina con Ippolito Pindemonte nella suatragedia Ulisse del 1777.

Ugo Foscolo, nel sonetto A Zacinto (1803) avvicina e contrappone la figura dell’eroe classico (che dopo aver a lungogirovagato, può tornare in patria “bello di fama e di sventura” alla sua immagine di eroe romantico cui il diversodestino ha però riservato un’illacrimata sepoltura.

Nel Novecento, Giovanni Pascoli, nelle sue poesie L’ultimo viaggio (Poemi Conviviali, 1904) e Il ritorno (Odi EInni, 1906), descrive un Ulisse stanco, deluso e dubbioso negli ultimi anni della sua vita terrena, in piena angosciaesistenziale.

D’annunzio, al contrario e naturalmente, nelle Laudi, lo presenta come un superuomo noncurante del pericolo.E per Saba, in Ulisse (dalla raccolta Mediterranee del 1946) è il simbolo del “non domato spirito” e del doloroso

amore della vita.Anche nelle opere di scrittori inglesi riappare la figura dell’eroe greco, interpretato alla luce della cultura e della

sensibilità delle diverse epoche, come ad esempio nel monologo lirico di Alfred Tennyson Ulysses (crisi dell’uomomoderno e inquieto in cerca di una nuova identità) e in uno degli otto drammi di Robert Seymour Bridges, Return ofUlysses.

Ma soprattutto nell’opera fondamentale della narrativa del Novecento, l’Ulysses dell’irlandese James Joyce del

Il Sogno di Ulisse, Joseph Cusimano, olio su tela (60x50)

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1922.L’eroe di Joyce è un eroe al contrario, è l’uomo qualunque che naufraga tra i fatti normali, quotidiani e che si perde

tra i tentacoli dei mille particolari che sommergono la vita di tutti i giorni.È grande Joyce in questa opera, è stato in grado di provocare un vero e proprio cataclisma letterario (anche da punto

di vista stilistico) nella cultura del Novecento, giocando tra corrispondenze simboliche ed esaltando la concezionedell’arte come allegoria.

Continuando a cercare nel Novecento, trovo un poeta di lingua greca, Costantinos Kavafis, che rivisita l’eroe diOmero (senza per altro mai nominarlo nella sua opera: Itaca) in una veste più moderna. Il viaggio è sempre metaforadella vita ma la meta non è più così importante da raggiungere. Occorre apprezzare il viaggio-vita di per sé e cercaredi farlo durare a lungo e arricchirlo sempre di nuove esperienze.

Questa sì è una novità, la meta (Itaca) vista come morte, approdo misterioso e inquietante, e il viaggio visto comecuriosità, imprevisto, coraggio e avventura, in altre parole: vita.

E ancora (sempre del Novecento) è il gradevole romanzo di Luigi Malerba del 1997, Itaca per sempre, nel qualel’autore narra la storia di un uomo e una donna che, attraverso la non facile riscoperta di sé, cercano di ritrovarsi, adispetto del tempo che li ha resi diversi. In particolare, Penelope appare come una donna forte e astuta e meno passivadi come appare nel racconto omerico. Finalmente la riscossa delle donne, costrette ad aspettare sempre.

Ma anche il cinema ha saputo sottrarsi al fascino dell’eroe che esplora nuovi mondi e penetra in profondità nellaconoscenza della vita, ispirando alcuni film famosi come Ulisse di Mario Camerini (1954), e lo Sguardo di Ulisse diTheodoros Angelopulos del 1999, ma soprattutto il film di Stanley Kubrick del 1968, 2001: odissea nello spazio, nelquale il viaggio di un gruppo di astronauti (novelli Ulisse) alla ricerca della soluzione di un mistero nello spazio è il viaggiodi ogni singolo individuo oltre il limite dello spazio e del tempo alla ricerca della propria origine e del proprio futuro.

Alla fine di questo lungo e forse noioso percorso, il mio dubbio iniziale non si è chiarito, anzi forse si è complicato ocomunque mi ha lasciato dentro un po’ di inquietudine.

Dunque, l’uomo oggi chi è? Ma soprattutto dove va? Quali sono i pericoli, quali i mari in tempesta da affrontare, fuorio dentro ognuno di noi?

Acqua, fuoco, ferro, mostri con un occhio solo, sirene conturbanti, divinità invidiose e colleriche, si celano dietro adogni nostro passo, magari travestiti da “cose buone anzi ottime” e l’uomo, se vuole vivere – anzi, sopravvivere - devecontinuare a difendersi, anche se con armi diverse.

Non sono quindi d’accordo sull’uomo pantofolaio e un po’ meschino di Fruttero e Lucentini (anche se condivido lametafora della casa come nido, rifugio, protezione, un po’ alla Pascoli insomma). Semmai concordo con chi affermache il viaggio dell’uomo va vissuto senza fretta, gustandone ogni momento, vivendolo fino in fondo e con coraggio…tanto coraggio: intanto per tutti arriverà, prima o poi, l’immancabile… Itaca.