ucuntu n.118

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200911 www.ucuntu.org – [email protected] A Roma Bossi minaccia secessioni e le puttane rivelazioni. In Sicilia finisce a barzelletta la furibonda “battaglia” fra lombardiani e anti: tutti hanno vinto, tutto resta com'è. Questa è la loro classe dirigente. Chi salverà ' sto paese? Amici, tocca a noi e e L'appello della società civile L'appello della società civile per il giudice Salvi a Catania per il giudice Salvi a Catania e e Scidà Martinazzoli a Catania/ Cavalli Giornalismo contro/ Caruso/ Mazzeo/ Vitale/ || 20 settembre 2011 || anno IV n.118 || www.ucuntu.org || Vogliono chiudere Telejato Aiutiamola tutti! I Siciliani e Telejato fratelli di libertà Forza ragazzi. Ora o mai più Tutti insieme, si può

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il numero del 19 settembre 2011

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Page 1: Ucuntu n.118

200911 www.ucuntu.org – [email protected]

A Roma Bossi minaccia secessioni e le puttane rivelazioni. In Sicilia finisce a barzelletta la furibonda “battaglia” fra lombardiani e anti: tutti hanno vinto, tutto resta com'è. Questa è la loro classe dirigente. Chi salverà ' sto paese? Amici, tocca a noi

e e L'appello della società civileL'appello della società civile per il giudice Salvi a Catania per il giudice Salvi a Catania ee Scidà Martinazzoli a Catania/ Cavalli Giornalismo contro/ Caruso/ Mazzeo/ Vitale/

|| 20 settembre 2011 || anno IV n.118 || www.ucuntu.org ||

Vogliono chiudere TelejatoAiutiamola tutti!

I Siciliani e Telejatofratelli di libertà

Forza ragazzi. Ora o mai più

Tutti insieme,si può

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Libertà Libertà

I Siciliani,giornalismo contro

Contro la mafia, contro i poteri mafiosi. In Sicilia e non soloContro la mafia, contro i poteri mafiosi. In Sicilia e non solo

Durante il periodo natalizio del 1982 esce nelle edicole dell’isola il primo nume-ro del mensile I Siciliani diretto da Pippo Fava. L’inchiesta principale, che accende i riflettori sul nuovo giornale, è I quattro ca-valieri dell’apocalisse mafiosa in cui si at-taccano i quattro principali imprenditori ca-tanesi da diecimila posti di lavoro comples-sivi: Mario Rendo, Carmelo Costanzo, Francesco Finocchiaro e Gaetano Graci.

Il dispiegamento pubblico delle collusio-ni e commistioni tra gli imprenditori e la mafia accende la curiosità della stampa na-zionale, che si trova di fronte ad una realtà colpevolmente sconosciuta a soli quattro mesi dall’uccisione del generale Carlo Al-berto Dalla Chiesa a Palermo.

Il giornalismo catanese, infatti, non si era mai occupato di raccontare e svelare gli in-trecci tra mafia, imprenditoria e politica fino a quando Giuseppe e i suoi colleghi non si assunsero quest’onere decidendo di fondare un nuovo mensile che avesse come linea editoriale il “concetto etico di giorna-lismo”, ovvero, come diceva Fava, di “un giornalismo fatto di verità”.

Ed è proprio questo nuovo modo di esse-re (non di fare il) giornalista che ha infasti-dito il sistema editoriale catanese, che an-cora oggi è monopolizzato da Mario Cian-cio Sanfilippo, ex presidente della Fieg, la federazioni degli editori di giornali, indaga-to per concorso in associazione mafiosa. Tutta l’informazione, scritta, radiofonica e televisiva è sempre passata dalle mani di Ciancio, a parte il mensile diretto da Fava.

In questo contesto I Siciliani è una rivista scomoda, irriverente e preoccupante per la classe dirigente dell’isola, che invano tenta di comprare il giornale attraverso Mario Rendo, chepropone al direttore la gestione di una nuova emittente televisiva.

La sera del 5 gennaio 1984, a Catania, dopo undici numeri del periodico, Pippo Fava viene ucciso.

Sono ormai passati ventisei anni, ma la situazione a Catania non è cambiata di mol-to. A parte l’accusa ex art. 416 bis per Ciancio, il monopolio informativo è rima-sto lo stesso.

Per questo accolgo con entusiasmo l’an-nuncio dell’amico Riccardo Orioles sulla rinascita de I Siciliani. Il primo numero do-vrebbe debuttare già dal prossimo novem-bre in formato pdf e da febbraio 2012 do-vrebbe uscire nelle edicole siciliane. Rin-grazio anche i sostenitori del progetto, le persone che hanno convinto Riccardo a mettersi a disposizione per il risveglio di un mensile che non poteva finire tra i ricordi: i magistrati Giambattista Scidà eGiancarlo Caselli e il Prof. Nando Dalla Chiesa.

Sono convinto che il concetto etico di giornalismo, che accompagna ancor’oggi Orioles egli altri redattori che daranno vita a I Siciliani, sarà la giusta cinghia di tra-smissione tra lavecchia esperienza e la nuo-va e sarà l’ennesima occasione per dimo-strare che si può essere giornalisti senza svendersi al miglior offerente. Il "risveglio" de I Siciliani è un filo rosso che qualcuno voleva nascondere sotto la sabbia e invece soffia forte. E noi soffiamo insieme perché Riccardo e I Siciliani corrano veloci.

Giulio Cavalli

DAI QUARTIERI SICILIANI PERCHE' RIVOGLIAMO“I SICILIANI”

Perché il cinque gennaio del 1984 veniva uc-ciso dalla mafia il direttore e fondatore de “i Si-ciliani” Giuseppe Fava.

La mafia uccidendo l’uomo giornalista credeva di avere ucciso le idee e il modello di un nuovo giornalismo che incominciava a fare scuola.

In questi ventisette anni l'idea fare giornalismo al modo di Giuseppe Fava si è allargata fra i tanti giovani, fra i tanti giornali di carta dai nomi più diversi.

Questo percorso ha formato tanti nuovi gior-nalisti che hanno finalmente portato avanti un giornalismo dal volto diverso.

Con il progresso di internet questo fenomeno si è ingrandito e i buoni giornali on-line si sono moltiplicati, l’informazione è per tutti ed è a portata di mano.

Anche a Catania, negli ultimi anni, è nata una piccola rete di giornali di carta e su internet, un po’ per arginare il monopolio dell’informazione dell’unico quotidiano catanese e poi perché Ca-tania è la città dove nasce la scuola di Fava.

Fra essi giornali di quartiere fatti di carta, come “La Periferica” o “i Cordai” che attra-verso un giornalismo di strada raccontano la vita della gente.

Ecco perché, oggi, ha un grande senso rifon-dare “i Siciliani”.

Il momento è quello giusto, è il momento dove stiamo vivendo le più grandi ingiustizie sociali e dove la democrazia sta subendo gli attacchi più feroci, dove l’informazione libera, più che mai, viene sottoposta a continue censure.

“I carusi di Fava “ sono diventati adulti: ecco perché “ i Siciliani” ritornano a vivere, per dare un’informazione per tutti e tutte,per dare un’in-formazione non nostalgica ma nuova, per com-battere anche la mafia che si insinua con la sua borghesia togliendo libertà e diritti.

Noi de “i Cordai” e del centro Gapa siamo or-gogliosi di essere dentro questo progetto e di far parte di una rete di informazione che dopo tanti anni paga e ci restituisce il diritto di raccontare giornalisticamente il nostro tempo.

E un enorme grazie va al nostro direttore ideale al nostro direttore Giuseppe Fava.

Giovanni Caruso

|| 20 settembre 2011 || pagina 02 || www.ucuntu.org ||

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Libertà Libertà

Rapporto 1/ Ideeper un nuovo giornale

Cominciamo a tracciare il progetto del nuovo “Siciliani”. Anzi, “Siciliani Giovani”, tanto per capirciCominciamo a tracciare il progetto del nuovo “Siciliani”. Anzi, “Siciliani Giovani”, tanto per capirci

1) “I Siciliani Giovani” è un giornale, su carta e in rete, che si propone di continuare aggiornandola l'esperienza de “I Siciliani” di Giuseppe Fava e delle varie testate che vi hanno dato seguito nel corso degli anni.

Siciliani vuol dire che nasce dal luogo dove lo scontro fra mafia e antimafia è nato prima, dove tanti giornalisti hanno onorato in questo scontro, a prezzo della vita, que-sto nostro mestiere. Non è un'indicazione geografica ma un simbolo di lotta, da Mo-dica a Milano, per l'intera Nazione.

Giovani vuol dire che solo da una nuova e rinnovata generazione, questa generazio-ne, può venire in tanta tragedia la rinascita del nostro Paese. Non è un giovanilismo d'accatto, un parlar d'altro: usiamo la parola giovani nell'identico senso, e per gli stessi motivi, e con la medesima urgenza, con cui a loro tempo la usarono Mazzini o Gobetti.

Sappiamo che il cammino è lungo e non ci facciamo illusioni; né vogliamo crearne a chi ci verrà dietro. Ma è un cammino ragio-nevole, duro ma alla fine vincente. Fidando nell'aiuto dei giovani, memori di esempi al-tissimi che abbiamo avuto la fortuna d'in-contrare, percorreremo questo cammino con tutte le nostre forze e fino in fondo, da giornalisti seri e da buoni cittadini.

* * *2) “I Siciliani Giovani”, nella sua versio-

ne cartacea, è un magazine di 120-150 pa-gine, mensile di fascia alta come “I Sicilia-ni” di Fava; ne riprenda il ritmo e l'impo-stazione ma legandoli alle ultime tecnolo-gie (oggetti interattivi in pagina, approfon-dimenti multimediali). Un giornale “da rac-cogliere e conservare”, ma parallelemente un e-book di ultima generazione, mirato a tablet, Kindle e smartphone.

3) Il giornale è diviso in tre settori:- un blocco di 5-6 servizi-inchieste (6-8

pagine) per circa 48 pagine complessive, impaginato come il classico “Siciliani”;

- uninserto centrale a colori (fotografico, satirico e altro) di 24 pagine, con grafica propria (e più “creativa”);

- un blocco di pezzi di cronaca (3-4 pagi-ne l'uno, per altre 48 complessive) forniti, sui rispettivi territori, da giovani testate e gruppi (Clandestino, Periferica, Napoli Monitor, Stampo, ecc.) aderenti al progetto, e sottoposti a ulteriore controllo di qualità.

* * *

4) Al cartaceo si affianca un prodotto elettronico in formato e-book (pdf adesso, l'anno prossimo probabilmente html5 o analoghi) che ne riprende i contenuti, e che tecnicamente si differisce da Ucuntu e dai prodotti successivi per una molto maggiore interattività. Ogni singolo contenuto, infat-ti, sarà corredato in linea di massima a con-tenuti multimediali, usufruibili su varie piattaforme, soprattutto su quelle (tablet, smartphone) di seconda generazione.

5) Il prodotto elettronico non ha per il momento un'importanza commerciale e ser-virà ora soprattutto al lancio e alla diffusio-ne del prodotto di carta. E' tuttavia ragione-vole pensare che il mercato editoriale elet-tronico, che già nei paesi anglofoni è matu-ro e in piena espansione, non tarderà molto (fine 2012-inizio 2013) a presentarsi in for-ma matura anche in Italia.

E' probabile che a quel punto il nostro prodotto elettronico assuma un'importanza molto maggiore, e probabilmente determi-nante, specie se sostenuto da altri prodotti elettronici in formato e-book. A tale propo-sito, stiamo studiando attentamente – per esempio - le esperienze (entrambe vincenti) dei “Libri di Avvenimenti” e dei “Millelire” che a suo tempo s'inserirono bene, con po-chi mezzi, nel nascente segmento dell'edi-toria a basso prezzo.

* * *6) Il sito dei Siciliani (per il quale dob-

biamo ringraziare la generosità di un citta-dino che, avendolo in suo possesso, ce l'ha donato) riprende in buona parte la meccani-ca (non la “carrozzeria”) di Ucuntu. E' cioè un portale di rete, in cui al prodotto princi-pale (potenziato con le tecnulogie Issuu, che siamo stato fra i primi a usare in Italia) si affianca tutta una serie di testate collega-te, che sono il nostro retroterra e il nostro serbatoio di giovani giornalisti, di notizie e di idee. Il mensile si pone così, fin dalla sua struttura allargata, come prodotto di presti-gio di un circuito di testate piccole, radica-te, professionali e combattive.

7) A quelle di queste giovani testate che mostreranno un adeguato livello professio-nale – e civile – concederemo il diritto di fregiarsi del nostro logo, come un segno comune; aiutandole così a progredire e a restare visibili, e rafforzando insieme l'im-presa comune.

* * *8) Redazione. Non prevediamo una reda-

zione centrale, che in questa fase rappre-senterebbe più un peso che un reale vantag-gio; il lavoro iniziale di un mensile può es-sere svolto in gran parte in rete, a condizio-ne di avere nei vari nodi personale compe-tente e determinato.

Anche successivamente, l'idea di una re-dazione centrale è probabilmente tecnica-mente obsoleta; più conveniente puntare su una struttura “stellare”, con cinque-sei pun-ti forti sul territorio nazionale (orientativa-mente: Catania, Palermo, Napoli, Roma, Bologna e Milano) dove siamo già presenti già ora o direttamente o con efficienti grup-pi amici.

In ogni città dovrebbe esserci cioè non una sede, ma una “stanza” dei Siciliani, ap-poggiata su una struttura amica già esisten-te e attivamente coordinata con essa. Que-sto assicurerebbe una maggiore produzione di idee, una maggiore aderenza a tutti i ter-ritori, una maggiore efficienza e una più veloce circolazione di iniziative e idee.

9) Il lavoro per “Siciliani Giovani” è vo-lontario, almeno per il primo anno. Non deve tuttavia esserci, e non sarà tollerato, alcuno scadimento nel dilettantismo, sotto nessuna forma. Il nostro “volontariato è quello dei “Siciliani” storici, di Emergency, dell'antimafia organizzata, legato all'effi-cienza e ai buoni risultati.

* * *10) L'uscita del primo numero elettronico

(non semplicemente del sito) è previsto per la seconda metà di novembre. L'uscita in edicola del cartaceo per i primi giorni di febbraio.

11) Sono già in lavorazione avanzata (Luca Salici, Carlo Gubitosa, Max Gugliel-mino, tutti professionisti di notevole espe-rienza nei rispettivi settori) il prodotto elet-tronico e il portale. E' in corso la progetta-zione grafica e industriale del cartaceo. Il edazionamento del numero uno elet(tronico avr)à inizio il 15 ottobre, anche se già di-versi contatti sono in corso sia con “firme” affermate che con gruppi di giovani colle-ghi.

12) L'assetto sociale e giuridico è in cor-so d'allestimento e verrà completato nelle prossime settimane, coordinato e diretto dall'avvocato antimafioso Enza Rando.

|| 30 agosto 2011 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||

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Libertà Libertà

Come vanno le cose(storie così)

Un siciliano che scappa, uno che viene a dare una mano...Un siciliano che scappa, uno che viene a dare una mano...

Allora, il giorno dopo l'annuncio (a Mo-dica, dai ragazzi del “Clandestino”) nel giro di quarantott'ore sono successe due cose. Uno, la tipografia ci ha improvvisa-mente aumentato il preventivo e quindi ab-biamo dovuto sbrigarci a cercarcene un'al-tra. Due, ci ha scritto un tale, che non cono-sciamo e non sappiamo nemmeno chi sia, e qui vale la pena di fermarci e fare una lun-ga disgressione, così capite subito come vanno le cose.

Allora: quello che ci ha scritto è un certo signor Scivoletto, che di mestiere fa il tito-lare di siti web (roba commerciale: turismo, case, vacanze: cose così) e che, negli anni scorsi aveva registrato i siti “isiciliani”, proprio quelli che servivano a noi. Noi, ov-viamente, l'avevamo sgamato e pensavamo di andare a trovarlo con una scusa qualun-que per provare a vedere, fra una chiac-chiera e l'altra, a quanto casomai ce li ven-deva: trecento euri? Cinquecento? MILLE? Sarebbe già al di là del nostro mondo. In-somma, francamente era un bel problema.

Bene. Poco dopo l'annuncio, a mezzanot-te, ci arriva una mail che vi riporto appres-so:< Giambattista Scivolettoa [email protected] 01 settembre 2011 23:26oggetto domini isicilianiGentile Riccardo,ho letto con piacere che "I Si-

ciliani" risorgerà.Posseggo i domini:isiciliani.itisiciliani.comSono vostri, se volete. Un mio

piccolissimo contributo offerto con il cuore.SalutiGiambattista Scivoletto >Reply:< [email protected] a Giambattista ScivolettoCaro Scivoletto,non ho parole. La ringrazio, E'

bello essere siciliani. Suo Ric-cardo Orioles >

Reply:< Giambattista Scivoletto a meCarissimo,quando sarà il momento mi fac-

cia contattare da chi vi curerà il sito, li metterò in condizio-ne di trasferirli sui vostri server in 5 minuti.E' bello essere uomini. Voi de

"I Siciliani" avete dimostrato di esserlo sempre.Saluti >

* * *Insomma, io qui vi dovevo fare un lungo

articolo per spiegare che succede a fare i Siciliani e che problemi s'incontano e che bisogna fare. Non serve più. L'ha scritto già Scivoletto. Un siciliano qualunque, uno come voi e me. Che senza chiedere niente, così tranquillo, ha preso quello che aveva e l'ha portato dove serviva. Non ho una paro-la da aggiungere e non c'è altro. Chi vuole, dia una mano. Noi siamo qua.

E l'altro siciliano, quello della tipografia? Eh. Pazienza. In trent'anni, quanti ne abbia-mo incontrati... Ma ne abbiamo incontrati molti di più, di Scivoletti. E basteranno.

Va bene, chiso il discorso, e andiamo avanti. (E i mafiosi? Ah, quelli non impor-tano. Sappiamo come trattarli).

* * *Credo che sia anche superfluo parlare qui

di politica. E che ci sarebbe da dire? I giu-dici che lo inseguono, le puttane che lo ri-cattano, i bauscia che minacciano di fargli la secessione: ma davvero dovremmo occu-parci sul serio di uno così?

E qua in Sicilia, dopo tutte le rodomonta-te per e contro Lombardo (con annesso bai-lamme di giudici severissimi e giornalisti scooppettanti), com'è finita? Assolto e non assolto, vince lui e vince l'altro, muori Or-lando muori Sacripante, e alla fine il pupa-ro rimette i pupi nella scatola e tutti si sono divertiti moltissimo e tutto è di nuovo esat-tamente come prima.

Perché? Perché non c'è Falcone. E' inuti-le girarci attorno, Falcone dal lato Catania non ce n'è. “Pigliatene uno di fuori - direb-be qui la voce del buon senso - se non sarà Falcone almeno non sarà uno di quelli”. Ma il buon senso lo lapidano, dalle mie parti: il buon senso – dicono loro - è com-munista. Salvo poi tutti a dire “io l'avevo detto”. Ma anche questo (qui in Sicilia sia-

mo esperti) fa parte dell'Opra dei Pupi, o nei casi più nobili del Gattopardo.

E “i Siciliani” che c'entra? Non c'entra niente, assolutamente niente, è roba di un altro pianeta. O almeno di un'altra isola: perché “i Siciliani” stanno in Sicilia, dentro le scuole e lungo le trazzere, fra gli operai che faticano e i ragazzi che imparano la vita; ma quei signori lì non stanno in Sici-lia, stanno negli ultimi piani dei loro palaz-zi, col loro piccolo mondo di nobili, nobi-lucci, cortigiani e (dicono loro) giornalisti. In realtà non esistono. Noi invece siamo vivi.

* * *Bene. La notizia è che, dopo lunghe e

ponderose consultazioni, abbiamo deciso di non chiamarci più semplicemente “i Sicilia-ni”, ma “i Siciliani giovani”: per dire che siamo nel duemila e undici, che non faccia-mo reprint e non abbiamo nostalgie. Non ce n'era bisogno, in realtà, secondo me si capiva. Ma s'è deciso così, per più chiarez-za. Per il resto è lo stesso.

* * *Ci scusino tutti coloro a cui non abbiamo

risposto subito – sono davvero tanti. Non è per superbia, ovviamente, è che il lavoro è bestiale. Lavoro proprio, non grandi elucu-brazioni intellettuali. Fare un giornale è dif-ficile, in ogni tempo, ma ora con tutta que-sta roba elettronica è difficile per tre volte, perché in pratica di giornali (fra rete e car-ta) ne devi fare due o tre.

Fortuna che non siamo soli: ci sono tutti gli scovoletti e scovolettini, da Modica a Milano, che hanno le idee chiarissime e che, ciascuno dove si trova, lavorano bene e svelti più di di noi. Allora avanti così, re-stiamo sempre in vista, non ci perdiamo; ma sempre lavorando nei luoghi, andando avanti.

Riccardo Orioles

(“Ero ragazzino, avevo 17 anni e mi ri-cordo che a Pisa mio padre comprava e leggeva la rivista. C’era un articolo, in un numero, dedicato ai dieci Siciliani allora più potenti, tra cui figuravano anche il car-dinale di Palermo e Pippo Baudo. Buon la-voro”)

|| 20 settembre 2011 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||

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Libertà Libertà

Salviamo TelejatoMafia e governo vogliono chiudere una voce liberaMafia e governo vogliono chiudere una voce libera

che trasmette dal cuore del regno della mafia e perciò dà fastidio.che trasmette dal cuore del regno della mafia e perciò dà fastidio.Telejato ogni giorno parla per tutti noi. E' la voce libera di tutta la Sicilia.Telejato ogni giorno parla per tutti noi. E' la voce libera di tutta la Sicilia.

I Siciliani e Telejato: chi scrive e chi trasmette, due voci, una libertàI Siciliani e Telejato: chi scrive e chi trasmette, due voci, una libertà

BAVAGLIO/ 1LA MAFIACONTRO TELEJATO

Le ennesime minacce a Pino Maniaci e il "viva la mafia" che le accompagna dimostrano la di-sperazione dei mafiosi, ormai incalzati dappres-so nello stesso paese di Partinico, e la vittoria della famiglia Maniaci - non solo Pino - che con straordinario coraggio e bravura ha saputo impo-stare una battaglia giornalistica e civile che ha smascherato i potenti mafiosi e li ha reso ridicoli davanti a tutti.

Nè le minacce nè le botte nè le calunnie dei collaborazionisti hanno potuto fermare un mo-mento l'allegro e responsabile coraggio di questa famigliola di siciliani con le palle.

Siamo onorati di averli con noi in prima fila nella ricostruzione de "I Siciliani" e in tutte le battaglie di civiltà e libertà della Sicilia onesta.

Riccardo OriolesBAVAGLIO/ 2LA FINANZIARIACONTRO TELEJATO

Con la Legge Finanziaria 2011 (artt. 8,9,10) sono state di fatto abolite le televisioni comuni-tarie (250 in tutta Italia) e il Ministero dello svi-luppo economico si è riservato il diritto di asse-gnare, a pagamento, tutte le lunghezze d’onda del digitale terrestre, eccetto che per le tre reti RAI, per La 7, per Sky e per la telefonia mobile, le cui frequenze sono state assegnate gratis.

Berlusconi si è fatto l’ennesimo regalo ed ha stabilito anche il controllo governativo su tutte le emittenti del territorio nazionale. Le altre utenze saranno assegnate dietro esborso di in-genti somme, attraverso graduatorie formulate sul numero dei dipendenti e sugli immobili. E’ la fine quindi del volontariato anche in questo campo. Il tutto con il silenzio tombale e il disin-teresse dei partiti politici del centro sinistra.

Di fatto Telejato è già formalmente chiusa, la banda su cui trasmette è stata venduta alle agen-zie di telefonia mobile e le sue residue speranze di sopravvivenza sono assegnate alla possibilità di aggregarsi, non si sa per quale importo, ad una delle cinque bande di cui potranno disporre le emittenti che otterranno l’assegnazione della frequenza. Se si voleva chiudere la bocca ad ogni voce di dissenso non si poteva far di me-glio. Prima che si arrivi alla chiusura coatta o a provvedimenti penali e pecuniari , è il momento di stringersi attorno a Telejato per salvare questa voce unica nel documentare le battaglie civili del nostro territorio.

Salvo Vitale

|| 30 agosto 2011 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||

Difendere Telejato, riprendere i Siciliani

I Siciliani e Telejatofratelli di libertà

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Caso Catania Caso Catania

Le associazioni sottoscritte,nel momento in cui vengono da più

parti riportati episodi sconcertanti che coinvolgono fra l'altro aspiranti al posto di procuratore capo al Tribunale di Ca-tania, manifestano la propria preoccupa-zione per la nomina prevista in conse-guenza del pensionamento del Dott. Vin-cenzo D’Agata e sottolineano la necessità che chi assumerà l’incarico riesca final-mente a disvelare e a rendere pubblico l’intreccio fra poteri economici, politici e mafiosi che, anche in campo nazionale, ormai è noto come il “ Caso Catania”.

Come cittadini abbiamo il diritto di spe-rare in un futuro di legalità e giustizia per la nostra città. A questo scopo le Associazioni firmatarie del presente appello, così come già richiesto, auspicano che la nomina a procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Catania ricada su una persona-lità di alto spessore che eserciti l'autonomia della magistratura rispetto al potere politi-co, che sia capace di operare al di fuori del-le logiche proprie del sistema politico-affa-ristico della città, che possibilmente sia del tutto estranea all'ambiente cittadino, che provenga cioè da realtà lontane dall’humus siciliano e catanese in particolare, una per-sonalità che favorisca il riscatto civile della nostra città e che contribuisca a restituirle orgoglio e dignità.

Associazione Centro Astalli, AS.A.A.E., Assoc.CittàInsieme”, Assoc. Domenicani Giustizia e Pace, Laboratorio della Poli-tica Onlus, La Città Felice, Assoc. Stu-dentesca e Culturale "Nike", Comitato NO-TRIV, Assoc. Oltre la Periferica, Li-brino, Punto Pace Pax Christi Catania, Sicilia e Futuro, Associazione Talità Kum

* * *

La Sicilia è la regione dove si trova la maggior economia sommersa del paese, come recenti e qualificati studi hanno evi-denziato, e gran parte dell’imprenditoria cheopera nell’isola usufruisce di complicità o alleanze con le organizzazioni criminali.

La mafia ha esteso da tempo i suoi inte-ressi nell'economia “legale”, dove l'accu-mulazione della ricchezza avviene attraver-so relazioni e attività costruite sulla base del coinvolgimento diretto e dei favori scambiati con potentati economici, politici, professionali.

Si è creato così uno spazio dove lecito e illecito finiscono per entrare in commistio-ne. L'epicentro di questa "area grigia", dove si intrecciano gli interessi di mafia ed eco-nomia, è oggi Catania, come ribadito anche dal Presidente di Confindustria Sicilia.

Una città dove, da anni, diversamente che a Palermo o Caltanissetta, l'azione di con-trasto della Procura è stata assolutamente inefficace. Emblematica, da questo punto di vista, è apparsa la gestione dell’inchiesta che ha coinvolto il governatore Lombardo e il fratello Angelo.

Gli inquirenti si sono divisi sui provvedi-menti da assumere in merito all'esito delle indagini sul Presidente della Regione. Il Procuratore D'Agata, nelle prese di posizio-ne pubbliche, ha dato l’impressione di un evidente imbarazzo e fastidio nei confronti dell’inchiesta; in un'intervista rilasciata a Zermo, sul quotidiano di Ciancio (a sua volta indagato in altro procedimento), sem-bra esprimere contrarietà per le considera-zioni espresse da Ivan Lo Bello sul peso dell'imprenditoria mafiosa a Catania.

Infine, una fotografia pubblicata in questi giorni ha riacceso i riflettori sul “caso Catania”, una vicenda giudiziaria nata dalla denunzia di Giambattista Scidà che lanciò l’allarme di contiguità tra criminalità mafiosa e frange della magistratura etnea.

Alla luce di tutti questi fatti e alla vigilia della nomina del nuovo Procuratore della Repubblica, facciamo appello al Csm affin-ché la Procura di Catania abbia finalmente un Procuratore capo assolutamente estraneo ai giochi di Palazzo e all’intreccio delle poco chiare vicende catanesi. Un magistra-to che non subisca le forti interferenze esterne che hanno condizionato da decenni la direzione della Procura catanese.

Giolì Vindigni, Gabriele Centineo, Mimmo Cosentino, Angela Faro, Santa Giunta, Vincenza Venezia, Salvatore Cuccia, Lucia-no Carini, Giuseppe Di Filippo, Enrico Giuffrida, Lillo Venezia, Claudio No-vembre, Massimo Blandini, Marzia Ge-lardi, Maria Concetta Siracusano, Fran-cesco Duro, Margherita Ragusa, Antonella Inserra, Mario Pugliese, Giovanni Caruso, Elena Maiorana, Tuccio Giuffrè, Rosa Spataro, Paolo Parisi, Marcella Giammusso, Giuseppe Pappalardo, Raf-faella Montalto, Giovanni Grasso, Fede-rico Di Fazio, Claudio Gibilisco, Riccardo Orioles, Elio Impellizzeri, Ignazio Grima, Angelo Morales, Pippo Lamartina, Andrea Alba, Matteo Iannitti, Valerio Marletta,

Marcello Failla, Alberto Rotondo, Riccardo Gentile, Barbara Crivelli,Massimo Malerba, Enrico Mira-bella, Maria Lucia Battiato, Mauro Viscu-so, Sebastiano Gulisano, Aldo Toscano, Anna Bonforte, Grazia Loria, Pierpaolo Montalto, Toti Domina, Fabio Gaudioso, Giovanni Puglisi, Titta Prato, Maria Ro-saria Boscotrecase, Lucia Aliffi, Fausta La Monica, Salvatore Pelligra, Anna In-terdonato, Lucia Sardella, Federica Ra-gusa, Alfio Ferrara, Federico Urso, Paolo Castorina, Giusi Viglianisi, Laura Parisi, Gaetano Pace, Luigi Izzo, Alberta Dionisi, Carmelo Urzì, Pina De Gaetani, Giusi Mascali, Marcello Tringali, Daniela Carcò, Giulia D’Angelo, Alessandro Veroux, Ionella Paterniti, Francesco Schillirò, Francesco Fazio, Tony Fede, Antonio Presti, Luigi Savoca, Salvatore D’Antoni, Alessandro Barbera, Vito Fi-chera, Stefano Veneziano, Pinelda Garoz-zo, Francesca Scardino, Irina Cassaro, Carmelo Russo, Franco Barbuto, Maria Luisa Barcellona, Nicola Musumarra, Angela Maria Inferrera, Michele Spataro, Giuseppe Foti Rossitto, Irene Cummaudo, Carla Maria Puglisi, Milena Pizzo, Ada Mollica, Maria Ficara, Rosanna Aiello, Rosamaria Costanzo, Mario Iraci, Giu-seppe Strazzulla, M. C. Pagana, Vincenzo Tedeschi, Nunzio Cinquemani, Francesco Giuffrida, Maria Concetta Tringali, Maria Laura Sultana, Giovanni Repetto, Giusi Santonocito, Marco Sciuto, Tiziana Cosen-tino, Emma Baeri, Renato Scifo, Luca Can-gemi, Elisa Russo, Angela Ciccia, Alfio Fi-chera, Giampiero Gobbi, Domenico Stimo-lo, Piero Cannistraci, Roberto Visalli, Ma-rio Bonica, Claudio Fava, Giancarlo Con-soli, Maria Giovanna Italia, Riccardo Oc-chipinti, Giuseppe Gambera, Orazio Aloisi, Antonio Napoli, Giovanni Maria Consoli, Elsa Monteleone, Francesco Minnella, An-tonia Cosentino, Sigismonda Bertini, Giusi D’Angelo, Lucia Coco, Fabrizio Frixa, Santina Sconza, Felice Rappazzo, Concetto De Luca, Maria Luisa Nocerino, Alessio Leonardi, Renato Camarda, Angelo Borzì, Chiara Arena, Alberto Frosina, Gianfranco Faillaci, Daniela Scalia, Lucia Lorella Lombardo, Pippo Impellizzeri, Giuseppe Malaponte, Antonio Mazzeo, Marco Luppi, Ezio Tancini, Aldo Cirmi, Luca Lecardane, Rocco Ministeri, Gabriele Savoca, Fulvia Privitera, Daniela Trombetta, Vanessa Marchese, Edoardo Boi, Stefano Leonardi, Ivano Luca, Maria Crivelli, Guglielmo Rappoccio, Grazia Rannisi, Elio Camilleri, Rosanna Fiume, Alfio Furnari, Claudia Urzi, Luigi Zaccaro, Daniela Di Dio, Gigi Cascone, Ettore Palazzolo, Nunzio Cosen-tino, Matilde Mangano, Andrea D'Urso, Daniela Pagana, Stefania Zingale, Concet-ta Calcerano, Luana Vita, Maria Scaccia-noce, Costantino Laureanti, Pierangelo Spadaro, Paola Sardella, Luisa Gentile, Antonio Salemi, Antonino Sgroi...

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APPELLIPER LA

GIUSTIZIAA CATANIA

Al Vicepresidente del CSMAlla Commissione Uffici Direttivi

e p.c. Al Presidente della Repubblica

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Giustizia Giustizia

Martinazzolia Catania

Ricordo di un politico onesto Ricordo di un politico onesto

In dicembre del 1984 non volli aderire alla protesta che si organizzava per l'immi-nente apertura del nuovo anno giudiziario, contro provvedimenti riguardanti magistrati in servizio a Catania, di Uffici Giudiziari torinesi, dei quali si intendeva negare la competenza territoriale per connessione; in gennaio del 1985, con un appello al Mini-stro degli Interni, Scalfaro, tornai sulla ne-cessità già affermata con un articolo su I SICILIANI, a pochi mesi dalla uccisione del fondatore: che invece di ritirarsi da que-sta città, come avveniva, la forza dello Sta-to ne riprendesse più pieno possesso.

Catania – scrissi dal mio Ufficio di Presi-dente del Tribunale per i Minorenni – non può attendere nuove assunzioni di agenti e carabinieri: ha bisogno, anche per la lotta all'offerta di droga, di un'equità sollecita e nuova nella ripartizione delle risorse dispo-nibili.

E nello stesso gennaio, nel Palazzo Municipale, dissi chiaro al Guardasigilli, Martinazzoli, in presenza dei capi di altri Uffici Giudiziari, e in presenza di giornali-sti, che Catania era stata ceduta alla malavi-ta. Qualche giorno dopo, l'affermazione sa-rebbe stata seccamente contestata, sul quo-tidiano cittadino, da una eminente autorità culturale; nessuno, per intanto, mi contrad-disse, e nessuno consentì.

Quel gelo bastò, al Ministro, per confer-marsi nel concetto che doveva avere già, della situazione locale; appena prima di congedarsi, mi chiamò a parte, e guardan-domi negli occhi come uno che vuole esse-re guardato nei suoi - le spalle contro una chiara parete, e la testa china verso la mia - : “io scriverò” - mi disse e ripeté - “io scriverò con queste mie mani.........” e me le mostrava entrambe, come già intente a far-lo.

Quale altro politico italiano avrebbe rea-gito così alle angosce di un ignoto giudice della periferia siciliana? Martinazzoli era la

rettitudine servita dall'ingegno e dalla cul-tura.

Non dubito che abbia scritto. Ma nessu-no, nemmeno il Ministro della Giustizia, nemmeno un Ministro come lui, poteva in-cidere sul sistema catanese: qui il disarmo e il correlativo protrarsi delle grandi indistur-bate latitanze, incrociavano, sulla testa dei catanesi, i servizi che la mafia aveva reso e rendeva.

Ne ero ormai convinto quando scrissi la relazione '88 al PG, che si legge sul mio blog; ma non per questo mi abbandonò, né allora né in seguito, il disperato ottimismo della volontà – non rinuncio all'ossimoro – col quale ho continuato a reclamare anche in faccia a Ministri dell'Interno, cattura di Santapaola e riarmo della città.

Martinazzoli, nato dopo di me è morto pochi giorni fa, e tutta l'Italia ne onora la fi-gura. Ad essa si inchina commosso, con questo ricordo, l'oscuro magistrato che Egli seppe ascoltare.

Giambattista Scidà

In alto: Mino Martinazzoli.

ASTERISCHI / 1EX-POSTEE UFFICI GIUDIZIARI

All'inizio del 2000 le Poste Italiane non erano più che una società tutta privata. L'On. Bianco, passato da Palazzo degli Elefanti al Viminale, continuò a fortemente volere ciò che aveva pre-parato da Sindaco: l'acquisto, da parte del Co-mune, delle torri di viale Africa. Sarebbero ser-vite ad ospitare gli Uffici Giudiziari allogati qua e là, in edifici privati, con grossa spesa per cano-ni. Il capitale occorrente sarebbe stato fornito dal Ministero della Giustizia, o preso a mutuo.

Nel corso di un'apposita riunione, alla quale intervennero il Ministro della Giustizia, Fassino, e lui, Ministro degli Interni, tutti i capi degli Uf-fici interessati si dichiararono favorevoli. Il Pre-sidente del TpM (certo di poter parlare anche a nome del Procuratore della Repubblica) disse che i due Uffici sarebbero rimasti dov'erano: nello stabile comunale di via Franchetti. Le sue dichiarazioni irritarono il Presidente della Corte d'Appello.

Sono passati, dall'acquisto, dieci anni. Gli Uffici che dovevano essere riuniti negli edifici acquistati sono ancora dov'erano; e il Comune continua a sborsare i canoni che allora sborsava, ovviamente aggiornati come per legge. Si è sco-perto, ma solo dopo l'acquisto, ciò che sarebbe emerso prima, da un accertamento avveduto: che gli immobili comprati non possono essere adibiti all'uso in progetto, per inidoneità delle strutture portanti.

È ammissibile che nessuno ne risponda, né consulenti né stimatori? è ammissibile che anco-ra si tardi ad informare la Procura Generale pres-so la Corte dei Conti?

ASTERISCHI / 2PALAZZO “BERNINI”

Le ceneri dell'illustre Lorenzo fremono nell'a-vello, per l'irriverente applicazione che è stata fatta, del nome, ad una laida costruzione di ce-mento armato. E fremono quelle dei buoni cata-nesi che predicarono rispetto per il denaro pub-blico: il cd palazzo, a suo tempo acquistato dal Comune per un bisogno che si poteva soddisfare altrimenti e senza spesa, essendo stato di li a poco abbandonato al vandalismo. Per collocarlo in vendita, deprezzato com'è, si ricorre a nuove stime in ribasso.

É ammissibile che ancora si ometta di infor-mare dei fatti la Procura Generale presso la Cor-te dei Conti?

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Resistenza Resistenza

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Libertà di stampa Libertà di stampa

“Sulla strada”Ripartiremo da qui

Il rettore chiude d'autorità il sito degli studenti. Va bene: la partita ricomincia ora Il rettore chiude d'autorità il sito degli studenti. Va bene: la partita ricomincia ora

Questo è l'ultimo editoriale del direttore di Step1. Questo giornale, dopo lo sfratto voluto dall’Ateneo, non ha più né sede né redattori. Ma non si arrende

Cari lettori,questo è il mio ultimo editoriale su Step1.

Stamattina ho inviato alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania le mie di-missioni da direttore di questa testata. Ho preso questa decisione dal momento che mi è impossibile continuare a svolgere il mio lavoro.

Come sapete, la redazione non ha più una sede. Da giugno scorso un atto firmato dal direttore amministrativo dell’Ateneo, Prof. Lucio Maggio, impedisce a chiunque l’ac-cesso all’aula 24 dell’ex Monastero dei Be-nedettini di Catania prima che essa venga messa a norma. Mi duole comunicarvi che, nonostante le rassicurazioni, i lavori non sono ancora iniziati.

Come ha acutamente rilevato il rettore dell’università di Catania, Prof. Antonino Recca, non è impossibile per un giornale online continuare ad esistere e ad essere ag-giornato anche in assenza di una sede fissa. Il Magnifico non ha tutti i torti. Grazie alle moderne tecnologie, al giorno d’oggi molti lavori, probabilmente perfino quello di ret-tore, possono essere svolti da casa o da un internet point.

E tuttavia, soprattutto per la redazione di un magazine – palestra di giornalismo - uno spazio fisico comune rappresenta un’esi-genza più che un’opzione.

L’aula 24 per anni ha ospitato riunioni, lezioni, seminari, attività di laboratorio, confronti costanti (agli orari e ai giorni più impensabili) tra i tutor professionisti e gli aspiranti giornalisti. I due computer e la li-nea telefonica - i soli beni che, insieme a un paio di scrivanie e qualche sedia, ci sono stati dati in uso dalla facoltà- hanno assicu-rato il normale lavoro redazionale che i giornalisti-studenti sono quotidianamente chiamati a svolgere.

Tocca esser franchi. Sin da subito la Fa-coltà si è attivata per trovare una sede alter-nativa per l’associazione U-press, sfrattata anch'essa dall’aula 24. Insomma, non sa-rebbe stato di certo impossibile trovare l'en-nesima soluzione provvisoria e conciliante, in attesa di un chiarimento definitivo dei

rapporti tra l'Università e questa testata.Il fatto è che, nel corso dell'estate, è so-

praggiunta un’altra difficoltà, questa davve-ro insormontabile. Step1 ha perso la com-ponente più importante: i suoi redattori.

Stanchi di sentirsi un peso e un fastidio per l’Università che li ha formati, i dodici giovani che rappresentano ormai da tre anni il nucleo vitale della redazione, hanno deci-so di non lavorare più per Step1.

Non parlo per loro, che se vorranno (e vorranno, statene certi) spiegheranno da soli il motivo del loro addio. Immagino – perché li ho avuti anch’io non troppo tempo fa - che a vent’anni si sia meno disposti ad indugiare nel limbo di risposte e confronti mai avvenuti. Un limbo in cui tanti all’in-terno dell’ateneo catanese sembrano como-damente intrappolati. Del resto, rispetto ad altri, studenti ed ex studenti hanno ben poco da perdere e troppo poco da aspettar-si.

Cari lettori, vi ringrazio per la pazienza, la costanza e l’entusiasmo con cui ci avete seguito non risparmiandoci né critiche, né lodi.

Ringrazio il coordinatore della redazione Gianfranco Faillaci, che è stato il vero mae-stro di tutti, me compresa, e che ha condivi-so con me un’enorme mole di lavoro. E grazie all’altra vulcanica tutor, Rosa Maria Di Natale: ha portato in redazione la sua professionalità, il suo occhio critico, la sua inesauribile energia. Un ringraziamento va anche allo straordinario Salvo Scibilia, ai redattori di iblalab e al loro coordinatore Marco Moriggi.

E poi ancora grazie a Francesco Grasso (per noi molto più che un webmaster) e ad Antonio Pioletti, il preside che accolse con entusiasmo l’idea di Enrico Escher di far nascere dentro la facoltà di Lingue e Lette-rature straniere di Catania una radio e un magazine online fatti dagli studenti. Un esperimento folle e visionario (eppure dan-natamente concreto e necessario) che negli anni ha visto formarsi e crescere numerosi, poliedrici, straordinari talenti.

Un grazie speciale va a Luciano Granoz-zi. In tutti questi anni ci è stato accanto, sollecitandoci a volare alto e a non rimane-re impigliati nella vischiosa ragnatela del-l’attuale realtà dell’università catanese. Un prof straordinario che, insieme ad Escher e

Gianluca Reale, ha dato vita a Step1 e a Radio Zammù. Come forse saprete, i nostri “cugini radiofonici” non sono più dentro al Monastero dei Benedettini ed ora si trovano ad affrontare nuove sfide, chi da una parte, chi dall’altra. Scommetto che non farete fatica a ritrovare nell’etere o sul web la loro musica e le loro parole.Anche a loro il Rettore deve ancora delle risposte.

Infine, ringrazio tutti i redattori e i colla-boratori del giornale, uno ad uno. I loro progressi, le loro speranze, i loro sogni mi ripagano dei tanti pezzi di giorni e di notti che ho ritagliato alla mia vita per dedicarli a Step1.

Molti di questi ragazzi sono ancora qui, a Catania. Alcuni di loro continueranno sulla strada del giornalismo (me ne assumo, in parte, la responsabilità!). E’ inevitabile, del resto: ci sono ancora troppe storie da rac-contare in questa città.

Ripenso alle centinaia di articoli, speciali, video, reportage e inchieste che ho com-missionato o che mi sono arrivati su propo-sta dei redattori (i più belli). Eppure doves-si dire quanto tempo è passato dal primo che ho ricevuto non saprei dirlo. Non sono mai stata brava con le date. Non ricordo più neanche il giorno in cui sono diventata il direttore di questo giornale. Anzi la “diret-tora”, come la redazione ha deciso di chia-marmi sin dall’inizio.

Una cosa, però, me la ricordo. Il titolo del mio primo editoriale. Si intitolava Sulla strada.

Come sempre in questo mestiere, è da lì che bisogna ripartire. Ed è da lì che riparti-remo.

Bene! A questo punto, non mi rimarrebbe che chiudere simbolicamente la porta del-l’aula 24, ormai vuota e silente, alle mie spalle.

Ma i battenti sono già da tempo sbarrati e, a guardarla da fuori, quella celletta al piano terra del Monastero dei Benedettini assomiglia a una delle tante officine artigia-nali costrette a chiudere dalla crisi.

Il fallimento, però, non è certo di chi quel progetto l’ha fatto nascere, né dei tutor, né, soprattutto, degli studenti che, dal 2004 ad oggi, hanno fatto parte, orgogliosamente, di Step1.

Roberta Marillidirettore di Step1

|| 20 settembre 2011 || pagina 09 || www.ucuntu.org ||

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Summer School a Milano Summer School a Milano

Una scuola controil crimine organizzato

Dalla Chiesa: spero che i partecipanti diventino moltiplicatori di responsabilità sociale e civileDalla Chiesa: spero che i partecipanti diventino moltiplicatori di responsabilità sociale e civile

Una economia mafiosa sempre più inte-grata nel tessuto socio economico interna-zionale. Vasi comunicanti che collegano i capitali dei boss agli investimenti pubblici e privati nel nostro Paese e sempre più nel-la finanza globale.

A Milano la Summer School Organised Crime, promossa presso l'Università di Mi-lano e coordinata dal sociologo Nando dal-la Chiesa, analizza a fondo le evoluzioni e il contesto di questa economia sommersa che corrode le fondamenta democratiche e socio - economiche del Paese, mentre in tempi di recessione a pagare sono sempre i cittadini: i meno garanti e informati sul pre-sente e sul futuro. Con dalla Chiesa una fi-nestra sulla cinque giorni dedicata a "L'im-presa mafiosa. Prospettive di analisi e stra-tegie di contrasto".

Dalle ultime ricerche sociologiche e economiche sul tema emerge un dato: al modello dell'infiltrazione mafiosa nell'e-conomia si sta sostituendo un modello di integrazione delle imprese mafiose nel tessuto socio-economico. Come avviene questo passaggio e perchè?

L'economia, come la società, è fatta di vasi comunicanti. E' una zona che è conti-nuamente in relazione con altre aree. Così l'economia mafiosa beneficia della possibi-lità di costruire reti, relazioni e muoversi con una certa dimestichezza in questo con-testo. Si tratta, dunque, di un meccanismo molto naturale rispetto al quale bisognereb-be mettere in campo provvedimenti che in-tensifichino i controlli sui meccanismi dei mercati.

Secondo i dati forniti dalla Banca d'I-talia, infatti, il riciclaggio incide sull'eco-nomia nazionale per il 10%del Pil. Qual è la situazione attuale in materia di anti-riclaggio?

L'attuale governo, in questi anni, è andato nella direzione di una graduale facilitazione delle diverse forme di riciclaggio. Lo ha fatto con provvedimenti correlati che inci-dono su queste operazioni che permettono di ripulire capitali mafiosi, con l'ingresso nell'economia legale. Provvedimenti come lo "scudo fiscale", meno controlli e traccia-bilità del denaro. Allo stesso tempo leggi come quella del falso in bilancio e tutte le altre volte a depenalizzare questo reato, aiutano a nascondere e far entrare in circo-lo, capitali di provenienza sconosciuta e spesso illecita.

Un ruolo importante, a volte centrale, è svolto dai professionisti. Questa parte della società civile ha preso coscienza del proprio ruolo nella lotta all'economia sommersa e le mafie?

E' necessario ridurre gli spazi in cui i ca-pitali mafiosi possano muoversi. In tutti gli ambiti, compreso quello dei professionisti, si tratta sempre di cultura, di responsabilità civile e sociale. Spero a tal proposito, che la Summer School, che vede proprio la par-tecipazione di professionisti, studenti e per-sone già sensibilizzate all'argomento, possa essere l'occasione per una riflessione pro-prio su questo tema e sulla responsabilità di ciascuno di noi. Spero i partecipanti possa-no farsi moltiplicatori di responsabilità so-ciale.

In questi giorni è stata approvata la manovra finanziaria con provvedimenti urgenti in materia economica. Si ha la sensazione che a pagare i costi della crisi e dell'economia sommersa siano sempre le stesse fasce di cittadini. Dove si pote-vano prendere i soldi?

L'abbiamo detto molte volte: basta guar-dare le cifre della Corte dei Conti sulla cor-ruzione nel nostro Paese. Lì c'è già la cifra necessaria per fare questi interventi urgenti in economia, senza incidere sui cittadini onesti. Quei soldi collegati all'evasione fi-scale, alla corruzione, all'economia som-mersa, appunto, sono "invisibili". E' neces-sario, dunque, che il Governo ammetta che esistano, dica dove sono collocati e poi li usi per risanare le casse dello Stato. Questo sarebbe un atto "rivoluzionario" che avreb-be costi alti in termini di consenso elettora-le da parte degli "amici del mercato". Que-ste valutazioni politiche e elettorali blocca-no l'uso di quel denaro.

La Summer School Organised Crime ha scelto da subito un approccio interna-zionale all'argomento. A che punto si tro-va il dibattito pubblico su questi temi al-l'estero, in Europa in particolare?

E' un dibattito in crescita. C'è una qualità sempre più alta e un interesse in termini di ricerche e riflessioni sempre maggiore. Non si riesce ancora a far diventare dominante questo tema nell'agenda pubblica, dei mass media, delle istituzioni e della società civi-le. Ma è un percorso che va nella direzione giusta.

Norma FerraraLiberainformazione.it

|| 20 settembre 2011 || pagina 10 || www.ucuntu.org ||

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Movimenti Movimenti

Milano chiama,la politica risponda

Pisapia: e poi? Le domande della società civilePisapia: e poi? Le domande della società civile

A pochi giorni dal varo della commis-sione antimafia in consiglio comunale si dibatte ancora sulla sua composizio-ne. Mentre fuori la società civile milane-se chiede a gran voce che il vento del cambiamento promesso dalla giunta Pi-sapia non sia solo un vago ricordo.

Cosa serve alla mafia? Le serve che la politica abbia paura - paura di capire - , che i partiti antepongano giochi di scambi e condizionamenti al raggiungimento di un obiettivo d’interesse collettivo e che la so-cietà civile si dia una linea dell’orizzonte il più possibile limitata.

Ecco. Delle tre condizioni siamo di fronte alle prime due e lo dimostra l’esito del di-battito di giovedì sera organizzato dalle as-sociazioni Stampo Antimafioso, Qui Mila-no Libera e Le Girandole presso la Casa della Cultura di Milano.

“Loro proprio non capiscono”, ripete con disperata insistenza Nando dalla Chiesa; perché sia chiaro, c’è un abisso tra compli-cità e ignoranza.

“Ricalcare l'esempio della commissione Smuraglia? Se la mettessimo al voto, solo cinque, massimo sei consiglieri darebbero voto favorevole”, afferma Basilio Rizzo. Ciò significa che, come il consigliere del PD David Gentili, presente al dibattito, molti altri in giunta, evidentemente, sosten-gono l’idea di una commissione di tipo consigliare. Non si vuole qui accusare il consiglio comunale di Milano di complicità con la mafia. Qui si tratta solo di riconosce-re le competenze che (non) ci sono e per farlo non ci si può nascondere dietro i para-venti di una commissione che deve essere consigliare per poter esprimere il mandato dei cittadini e di una politica che, per quan-to detto pocanzi, “deve assumersi le proprie responsabilità”. O meglio: certo che la poli-

tica deve assumersi le proprie responsabili-tà e farsi carico della gravità della posta in gioco; ma occorre che questa dia retta al materno consiglio dell’esame di coscienza e si domandi cosa significhi responsabilità verso la città che l’ha scelta e come vada assunta tale responsabilità.

Non è in alcun modo vero che esistano margini di confusione tra due sfere che sono invece perfettamente definite in termi-ni di funzione. Al comitato, sul modello Smuraglia, spetta il ruolo d’indagine, osser-vazione e studio delle modalità di contra-sto; alla politica, per sua natura, spetta di misurarsi sul campo delle decisioni, del-l’applicazione di quelle stesse modalità suggerite da chi conosce a fondo il fenome-no mafioso per averlo studiato e approfon-dito per anni.

La sinergia e la collaborazione tra chi il potere lo esercita e chi può consigliare sul-l’esercizio dello stesso: questo è il senso ul-timo di una commissione mista che ricalchi l’esperienza Smuraglia, dotando così la cit-tà di Milano “del comitato d’indagine più forte che possa avere”.

Pare dunque necessario che il consiglio comunale si ponga l’interrogativo cruciale, se davvero di contrasto efficace alla crimi-nalità mafiosa vuole parlare: cosa serve alla mafia? Ribaltando: come la si ostacola? Come la si sconfigge? Sempre che la si vo-glia sconfiggere, è ovvio. E pensare che la partenza era buona, specie durante la cam-pagna elettorale: tutte le dichiarazioni sul-l’argomento avevano come parola d’ordine “Commissione Smuraglia”. Il sindaco Giu-liano Pisapia, il presidente del Consiglio Basilio Rizzo, l’assessore con delega al-l’Expo Stefano Boeri e il consigliere Mirko Mazzali, tutti concordi a tessere lodi su quel precedente che ha funzionato. Ha fun-zionato perché era un comitato misto con

prevalenza di esperti (4 consiglieri e 11 esperti) quindi competente, dunque anche indipendente dalla politica. Ma questo mo-dello non è (più) la proposta della giunta, che ora propende invece per una commissione interamente consigliare, quindi politicamente controllata, aiutata da un comitato ristretto di esperti che, di fatto, sarà un secondo livello subordinato alla commissione. I 200 presenti al dibattito di giovedì si sono sentiti spiegare da David Gentili che non è possibile che “il consiglio comunale voti la sua inadeguatezza politica” e che quindi anche se “non c’è nessun consigliere comunale all’altezza dei primi 100 esperti che possiamo fare oggi, il consiglio comunale non si può dichiarare inadeguato a trattare l’argomento”.

* * *Una dose di umiltà a questa sinistra del

cambiamento, questo ci vuole. Mettersi in discussione vuol dire, in primis, essere dav-vero disposti e inclini a cambiare uno status quo – quello milanese, in questo caso – po-liticamente paralizzato dalle varie ammini-strazioni di centrodestra; in secondo luogo, vuol dire - così sì – rispettare il volere degli elettori che hanno chiesto e che pensavano di aver respirato il vento del cambiamento. La società civile è attenta e vigile: il dibat-tito di giovedì, le reazioni appassionate del pubblico hanno dimostrato che lei non lo fa, non lo vuole fare il gioco della mafia.

A breve si dovrebbe capire se la linea della maggioranza sarà per la commissione interamente consigliare o per una proposta di mediazione che il presidente Basilio Riz-zo sta perorando. La politica ha gli occhi puntati addosso: forse è questo l’alito fre-sco di un vento nuovo.

La Redazione diStampo Antimafioso

www.stampoantimafioso.it

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Armi & Affari Armi & Affari

La Russal'amico americano

Certo, è folkloristico: il “fascista cattivo”... Ma davvero Ignazio Benito La Russa è solo questo?Certo, è folkloristico: il “fascista cattivo”... Ma davvero Ignazio Benito La Russa è solo questo?

Un ministro da adulare, vezzeggiare, so-stenere, consigliare, orientare. Una “rarità” di politico con un cuore tutto per Washing-ton e gli interessi a stelle e strisce in Europa e nel mondo. Sacerdote del pensiero atlanti-co e strenuo paladino delle crociate contro il terrorismo in Africa e Medio oriente. Il più fedele dei Signorsì per piegare le ultime resistenze all’occupazione del territorio da parte di ecomostri e dispositivi di morte.

Lui è Ignazio La Russa, ministro della di-fesa dell’ultimo governo Berlusconi, leader politico cresciuto nelle organizzazioni di estrema destra. A farne un’icona del filo-a-mericanismo in salsa tricolore sono invece i più alti funzionari dell’ambasciata degli Stati Uniti in Italia nei cablogrammi inviati a Washington, da qualche giorno on line sul sito di Wikileaks.

Roma, 5 ottobre 2009. Fervono i prepara-tivi per il viaggio del ministro La Russa ne-gli States dove incontrerà il segretario della difesa Robert Gates. Il vertice è fissato per il 13 ottobre e l’ambasciata di via Veneto emette il cablo top secret, classificato 09-ROME1132. Destinatario proprio mister Gates.“Il tuo incontro con Ignazio La Russa giunge in un momento cruciale, con l’Italia che ritiene possibili i tagli al budget desti-nato alle missioni militari all’estero”.

L’establishment USA è preoccupato per i riflessi che ciò potrebbe avere sulla missio-ne NATO-ISAF in Afghanistan, ma per for-tuna a dirigere il ministero della difesa del paese partner c’è “un buon amico degli Sta-ti Uniti, forte sostenitore dei comuni inte-ressi per la sicurezza transatlantica”.

“La Russa – continua il cablo - a diffe-renza di suoi molti colleghi di governo, è stato un rumoroso sostenitore di un forte si-stema difensivo e di robuste operazioni al-l’estero, sin da quando il governo Berlusco-ni è giunto al potere nel maggio 2008. Seb-bene non appartenga allo stretto circolo di Berlusconi, egli è un importante politico alla sua destra – la seconda figura più po-tente del partito di Alleanza Nazionale che recentemente si è incorporato nel Popolo della Liberta (PdL).

Di professione avvocato, La Russa è un accorto stratega politico, il cui aspetto e comportamenti piuttosto bruschi nascondo-no un’intelligenza acuta e piena padronanza per i dettagli. Sebbene sia spesso accusato di essere più attento ai partiti politici che alle leadership militari, La Russa è uno strenuo difensore dell’aumento delle spese

militari e di maggiori protezioni per le truppe italiane impegnate sul campo, ed è popolare tra le forze armate. Egli tiene tantissimo alla sua personale relazione con te e lo ha dimostrato nei passati meeting, negli incontri interministeriali e nelle dichiarazioni alla stampa”.

“La Russa, una rarità in Europa, è un grande sostenitore della missione NATO in Afghanistan e non teme di esporre pubbli-camente la necessità di continuare l’impe-gno dell’Italia in questo paese. Grazie in buona parte alla sua ferma difesa pubblica, la missione ISAF rimane una priorità italia-na di massimo livello. L’obiettivo principa-le della sua venuta a Washington è di ascol-tare da te la posizione assunta dagli Stati Uniti sul futuro della missione in Afghani-stan alla luce del report di McChrystal. Il vostro incontro gli darà l’orientamento e gli argomenti per continuare a sostenere effica-cemente la causa in Parlamento, sulla stam-pa, e all’interno del governo. Subito dopo, dovrà ottenere il consenso in consiglio dei ministri per un nuovo decreto che finanzi l’attività all’estero di 9.000 militari italiani, 3.100 dei quali da destinare alla missione ISAF, 2.300 a UNIFIL e 1.900 a KFOR.

Per ottenerlo, dovrà respingere le richie-ste del ministero delle finanze di maggiori tagli al bilancio della difesa e trattare con un partner minore della coalizione del pre-sidente Berlusconi, Umberto Bossi, leader della Lega Nord, che ha espresso scettici-smo sulla missione afgana a seguito dell’at-tentato del 17 settembre a Kabul in cui sono stati uccisi sei soldati italiani.

La Russa vorrà essere rassicurato da te sul fatto che gli Stati Uniti hanno imple-mentato una chiara strategia sulla scia delle valutazioni fatte da McChrystal, dato che dovrà sostenere l’aumento del numero dei militari italiani e delle risorse, come richie-sto dalla NATO”.

Secondo i diplomatici statunitensi, il mi-nistro potrebbe pure avere un ruolo impor-tante per impedire il ritiro o il drastico ridi-mensionamento del contingente italiano schierato in Libano nell’ambito della mis-sione UNIFIL.

“La Russa – scrivono - come molti nel centro-destra italiano, tende a considerare UNIFIL come una missione “soft” ereditata dal governo Prodi di centro-sinistra, ma un tuo segnale che gli Stati Uniti non vogliono la riduzione della missione e preferirebbero che l’Italia mantenesse l’odierno livello

delle truppe – anche se no al costo dell’im-pegno militare in Afghanistan – lo aiutereb-be a sostenere la causa in consiglio dei mi-nistri. Con sufficienti volere politico e ri-sorse finanziarie, l’Italia può continuare a mantenere in vita entrambe le missioni con la forza di oggi o meglio”.

La Russa viene inoltre ritenuto l’uomo chiave per conseguire gli obiettivi di poten-ziamento qualitativo e numerico delle in-stallazioni militari USA presenti sul territo-rio italiano. “L’Italia è il nostro più impor-tante alleato in Europa per proiettare la po-tenza militare nel Mediterraneo, in Nord Africa e in Medio oriente.

I cinque maggiori complessi militari (Na-poli, Sigonella, Camp Darby, Vicenza e Aviano) ospitano approssimativamente 13.000 tra militari statunitensi e personale civile del Dipartimento della difesa, 16.000 familiari e 4.000 impiegati italiani. Miglio-ramenti o cambiamenti di queste infrastrut-ture potrebbero generare controversie con i politici locali e noi contiamo sul sostegno politico ai più alti livelli, così com’è stato in passato”.

“L’approvazione e il sostegno del gover-no italiano al progetto di espansione del-l’aeroporto Dal Molin di Vicenza per con-sentire il consolidamento del 173rd Airbor-ne è un esempio positivo di questo tipo di collaborazione” prosegue il cablo.

“A breve termine, possiamo richiedere l’aiuto di La Russa su una serie di problemi relativi alle basi militari, ad esempio per la nostra richiesta di riconoscimento formale, da parte del governo italiano, del sito di supporto US Navy a Gricignano (Napoli) quale base militare nell’ambito del NATO SOFA del 1951 (l’accordo sullo status delle forze militari straniere ospitate in un paese in ambito alleato) e del Bilateral Infrastruc-ture Agreement del 1954, e per l’approva-zione della costruzione del nuovo sistema di comunicazione globale satellitare Mobile User Objective System (MUOS) della ma-rina militare USA all’interno del Navy Ra-dio Transmitter Facility di Niscemi, in Sici-lia.

In passato La Russa ha fatto, su nostra ri-chiesta, utili dichiarazioni pubbliche sulla questione MUOS. Un tuo segnale di ap-prezzamento per il suo sostegno su questo punto aiuterebbe a focalizzare la sua atten-zione sulle arcane questioni tecniche e le-gali che ruotano attorno alla nostra presen-za miliare in Italia”.

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Armi & Affari Armi & Affari

Il 22 gennaio 2010 è l’ambasciatore Da-

vid H. Thorne a tessere in prima persona le lodi del ministro italiano in un secondo ca-blogramma inviato direttamente al segreta-rio Gates in procinto di raggiungere l’Italia a febbraio. “Mi sono incontrato con La Russa il 19 gennaio, poco prima che egli inviasse la portaerei Cavour ad Haiti con un carico di aiuti umanitari ed elicotteri per il loro trasporto. Il suo approccio sulla crisi di Haiti è tipica del suo stile: è un leader orientato all’azione che fa le cose con poco rumore o ostentazione”.

“La Russa – aggiunge il diplomatico - è felice che tu abbia accettato il suo invito e sta lavorando alacremente per assicurare che il vostro meeting a Roma dia visibilità nel migliore dei modi la relazione bilaterale Italia-Stati Uniti nel campo della difesa che lui sta cercando di rafforzare ed espandere in tutti i modi. La Russa, con l’attivo sup-porto del ministro degli esteri Frattini, è stato il nostro campione nell’interazione con l’Italia (…) Egli è stato la voce più for-te in consiglio dei ministri a favore dei no-stri comuni interessi nell’ambito della sicu-rezza…”.

Thorne rileva che la vista di Gates “di-mostrerà pubblicamente che l’Italia è all’in-terno del più stretto circolo dei nostri part-ner europei”, “faciliterà l’approvazione par-lamentare per l’invio di altri 1.000-1.200 militari in Afghanistan” e “consentirà a La Russa di pronunciarsi su altri obiettivi chia-ve USA”. “Egli ha risposto immediataman-te alla tua telefonata del 25 novembre per uno sforzo concertato in vista di un mag-giore impegno delle truppe in Afghanistan. La Russa e il ministro Frattini hanno con-vinto il premier Berlusconi ad approvare ed annunciare l’aumento di 1.000 militari pri-ma di aver consultato il Parlamento, assicu-rando in tal modo che l’Italia fosse il primo paese della NATO a farlo”.

Per l’ambasciatore, La Russa non si ri-sparmierà pure nel sostenere le posizioni USA in merito al procedimento giudiziario contro il colonnello dell’aeronautica milita-re statunitense Joseph Romano, già coman-dante del 31st Security Forces Squadron di Aviano, implicato nel vergognoso affaire del rapimento CIA-servizi segreti italiani dell’ex imam di Milano, Abu Omar.

“La Russa è stato di grande aiuto per per-suadere il ministro della Giustizia a soste-nere le nostre asserzioni affinché venga ap-plicata la giurisdizione prevista dal NATO

SOFA per il caso che vede imputato il colonnello Romano. La Russa, un avvocato di successo ed esperienza, in qualità di ministro della difesa non è un attore chiave nelle questioni giudiziarie e, come il resto del governo, ha pochissima influenza sul potere giudiziario italiano, assai indipendente. Noi abbiamo sollevato ripetutamente la nostra posizione con i leader italiani più importanti e La Russa comprende che la questione continua a essere rilevante per i militari USA. La Russa ti vorrà offrire l’aiuto che può dare, ma potrebbe riconoscere la propria impotenza di fronte ad un ordinamento giudiziario testardo che resta rinchiuso in un amaro e lungo conflitto con il presidente del consiglio Berlusconi per vecchi casi di corruzione”.

A conclusione del lungo cablogramma, Mister Thorne auspica che il viaggio in Ita-lia del segretario Gates possa essere l’occa-sione per risolvere le due questioni che stanno più a cuore ai comandi USA ospitati in Italia, lo status giuridico della nuova sta-zione US Navy di Gricignano e il progetto del MUOS di Niscemi.

“Sentire che le consideri come due im-portanti priorità per gli Stati Uniti d’Ameri-ca conferirà a La Russa il potere di fare il meglio per la loro risoluzione”, scrive il di-plomatico.

“Abbiamo investito più di 500 milioni di dollari per realizzare a Gricignano, che è l’hub di supporto logistico per tutti i co-mandi US Navy nel Mediterraneo, la sede del principale ospedale navale per la regio-ne europea, due scuole DOD e gli alloggi residenziali per circa 3.000 membri di US Navy e i rispettivi familiari. Nel 2008, du-rante i negoziati per attualizzare l’accordo sulle installazioni ospitate nell’area di Na-poli, lo staff generale del ministero della di-fesa italiano c’informò che non avremmo più potuto proteggere a lungo il sito con le forze di sicurezza della marina militare USA, poiché sorge su un’area presa in affit-to (o meglio, ceduta dal ministero della di-fesa) e US Navy non ha ottenuto l’autoriz-zazione specifica che le conferisce lo status d’installazione militare.

I legali di US Navy hanno rifiutato le ar-gomentazioni italiane, mostrando la serie di autorizzazioni che gli Stati Uniti hanno ot-tenuto per il trasferimento della base dal-l’ex sito di Agnano (che la marina USA ha occupato a partire dal 1950, con tutti i pri-

vilegi garantiti dal NATO SOFA), ma i le-gali dei militari italiani si sono mantenuti fermi nelle loro considerazioni. La loro po-sizione minaccia non solo la viabilità della base dal punto di vista della sicurezza, ma anche lo status di esenzione fiscale del commissariato, del cambio valute, dell’o-spedale e di altre attività al suo interno. Ho chiesto a La Russa di rompere l’empasse con una dichiarazione politica che affermi che Gricignano è un’installazione militare, e lui ha promesso di trovare una soluzione, ma un segnale da parte tua che la sicurezza del nostro personale militare non è negozia-bile lo aiuterà a dare massima priorità alla questione…”.

Ancora più “cruciale” l’aiuto che il mini-stro può fornire per consentire alle forze ar-mate USA d’installare a Niscemi l’antenna del nuovo sistema di telecomunicazione sa-tellitare MUOS.

“Una campagna dell’opposizione politica locale in Sicilia ha impedito che US Navy ottenesse l’approvazione finale a realizzare la quarta e ultima stazione terrestre. Quan-do entrerà in funzione nel 2012, il MUOS consentirà alle unità militari statunitensi (e NATO) presenti in qualsiasi parte del mon-do di comunicare istantaneamente con i co-mandi generali negli Stati Uniti o altrove. Dato che il progetto è seriamente in ritardo (US Navy deve iniziare la costruzione nel marzo 2010 o prevedere di trasferire il sito altrove nel Mediterraneo), ho chiesto a La Russa di aiutarci a fare un passo in avanti con il presidente regionale siciliano Lom-bardo, il cui ufficio ha negato le necessarie autorizzazioni. La Russa si è detto disponi-bile, ma ascoltare da te che il MUOS è una priorità USA lo spronerà a spendere il con-sistente capitale politico nella sua regione d’origine e assicurare che il progetto vada avanti”.

Considerazioni profetiche. Dopo un’of-fensiva a tutto campo di La Russa e capi militari, Raffaele Lombardo ha ribaltato il suo “No, senza se e senza ma” in un “Sì su-bito al MUOS!”. Così, l’11 maggio 2011, l’Assessorato Regionale Territorio ed Am-biente ha autorizzato i militari USA ad in-stallare il terminal terrestre MUOS all’in-terno della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi. I lavori sono stati avviati imme-diatamente. L’EcoMUOStro sorgerà nel nome e per grazia di La Russa e dell’“auto-nomista” Lombardo.

Antonio Mazzeo

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Il Muos di Niscemi Il Muos di Niscemi

Fra mezze veritàe misteri

Iniziano i lavori dell'ecomostro che mortifica la SiciliaIniziano i lavori dell'ecomostro che mortifica la Sicilia

Si chiama Muos ( Mobile User Objective System) il nuovo e potentissimo ecomostro che fa (o dovrebbe fare) inorridire e ag-ghiacciare, oggi, la Sicilia sud-orientale. Il progetto di telecomunicazione satellitare della Marina Militare degli Stati Uniti che sta per vedere la luce a Niscemi, Caltanis-setta. Nel torpore di un caldo vento di sci-rocco che sembra aver avvolto tutti in una specie di nuvola di incoscienza “il mio pae-se vive la sua storia, silenziosa ed anonima”, scriveva Mario Gori più di qua-ranta anni fa. Ebbene le cose non sembrano cambiate di molto.

Quanti ancora in Sicilia, ma soprattutto in Italia e nel resto del mondo, non ne hanno mai sentito parlare, e ancora peggio quanti lo ignorano ancora? In una situazione in cui un intero Stato avrebbe dovuto sobbalzare per la portata del fenomeno e fremiti di gelo avrebbero dovuto percuotere certe co-mode poltrone delle capitale, nessuno scan-dalo è saltato agli onori della cronaca in Italia. Nessuno, neppure per sbaglio.

Tre grandi antenne circolari con un dia-metro di 18,4 metri e due torri radio alte 149 metri. Questi gli elementi chiave della stazione terrestre MUOS. L’impianto tra-smetterà VHF-UHF, con frequenze che rag-giungono valori compresi tra i 244 e i 380 Mhz.

Altri tre i siti di MUOS al mondo: Nor-folk, Hawaii e Geraldton, zone per lo più isolate. Le onde VHF-UHF attraversano la ionosfera senza venire riflesse e per questo vengono usate per le trasmissioni extraspa-ziali con i satelliti artificiali, ma non solo, vengono utilizzate per le trasmissioni terre-stri oltre l’orizzonte utilizzando le irregola-rità della troposfera, che permettono una di-spersione delle stesse su vaste aree geogra-fiche.

Il sistema Muos consentirà di propagare universalmente gli ordini di guerra conven-zionale, chimica, batteriologica e nucleare. Non poche le connessioni e le analogie pre-senti tra il MUOS e il c.d. HAARP (High

Frequency Active Auroral Researche Pro-gram), un programma supersegreto portato avanti dal 1994 dall’US Air Force e la US Navy nella base di Gakona, Alaska.

Questo, un sistema composto da centina-ia di antenne che trasmettono in “banda bassa” (da 2,8 a 7 MHz) e “banda alta” ( da 7 fino a 10MHz), cioè lo stesso range di frequenza del MUOS.

Un programma, che dietro la facciata di studi sulle telecomunicazioni, sta eludendo qualsiasi controllo internazionale alla volta della scoperta e della costruzione di armi geofisiche capaci di danneggiare satelliti e apparecchiature missilistiche nemiche, que-sto quanto denunciato da numerosi scien-ziati “possibili, oltre alle interferenze sulle comunicazioni radio, televisive e radar, del-le probabili modificazioni ambientali (sic-cità, uragani, inondazioni etc) grazie a forti campi elettromagnetici e scie chimiche che intervengono direttamente sulla ionosfera o sul nucleo terrestre”. Insomma, una vera e propria arma di distruzione di massa che ri-ceve segnali direttamente da casa nostra.

Lo scenario è a dir poco allarmante. La stazione di telecomunicazioni della Marina USA di Niscemi è attiva dal 1991 e da allo-ra è stata implementata con i più sofisticati sistemi di comunicazione. Le onde emesse dalle antenne della base coprono lo spettro compreso tra le UHF e le VHF alle ELF-VLF-LF (Extremely and Very Low Fre-quency dai 300 Hz a 300 kHZ), le ultime in grado di penetrare in profondità le acque degli oceani e contribuire alle comunicazio-ni con i sottomarini a capacità e propulsio-ne nucleare. Con il sistema di trasmissione “AN/FRT-95” le forze navali USA hanno accresciuto la loro copertura nelle regioni del Nord Atlantico e del Nord Pacifico.

Nel settembre 2006 un “addizionale” Si-stema di Processamento e Comunicazione Automatico e Integrato con i Sottomarini (ISABPS) ha permesso collegamenti con i sottomarini strategici della regione atlanti-ca. Come se tutto questo non bastasse nel-

l’ottobre 2008 si sono conclusi i lavori per gli impianti di trasmissione a microonde, le onde comprese tra i 300MHz e i 300Ghz di frequenza che vengono utilizzate per le trasmissioni spaziali e satellitari, nella tele-fonia cellulare e nei “forni a microonde”. Impianto successivamente esteso anche alla base di Sigonella e di Augusta.

Già così, anche senza il MUOS, le emis-sioni delle antenne superano i “limiti di at-tenzione” fissati dalle normative per l’espo-sizione ai campi elettromagnetici, Decreto n.381 del 10 settembre 1998 e il DPCM dell’8 luglio 2003 relativamente all’intensi-tà della componente elettrica delle emissio-ni.

Un progetto dissennato che non piace ai cittadini e agli amministratori delle provin-cie di Caltanissetta, Catania e Ragusa e di altre decine di comuni del sud- est della Si-cilia. In molti si sono mobilitati a livello lo-cale con manifestazioni e proteste soprat-tutto nell’ultimo anno. Una mobilitazione forte che non si registrava dai tempi delle storiche manifestazioni pacifiste dei primi anni ’80 “NO Cruise” contro la base di Co-miso.

Un’eredità importantissima fatta di ric-chezza ideologica e forza sociale. Si trova il coraggio di schierarsi apertamente contro il Muos, un coraggio che prorompe forse tardi, ma che sembra essersi spento un po’ troppo in fretta. Perché, mi sono chiesta? Perché forse a volte battaglie più grandi di noi, e condotte verso protagonisti indiscussi del globo ci spaventano o forse perché in questa battaglia ci siamo sentiti, o ci hanno fatti sentire.. “soli”?

Una cosa è certa: dobbiamo riprendere le redini del nostro paese, ma dobbiamo farlo tutti assieme, formando una rete tra nord e sud, e spingerci molto oltre, coinvolgere i movimenti pacifisti in primis, ridisegnare il perimetro della nostra dignità di uomini e di cittadini, quella stessa che ci stanno por-tando via a furia di detonarci il cervello.

Sara Spartà

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Piccole grandi Italie Piccole grandi Italie

I soci teanesi di Lavitolaconsulenti del Comune

Fra Roma e Pignataro Maggiore (Caserta): una storia esemplare Fra Roma e Pignataro Maggiore (Caserta): una storia esemplare

I soci teanesi del latitante Valter Lavitola, in carcere perché accusato di estorsione ai danni di Berlusconi, sono da molti anni consulenti Comune di Pignataro Maggiore, per le pratiche edilizie relative agli eventi sismici, nell'ambito di rapporti con l’Uffi-cio tecnico comunale consolidatisi durante le due Amministrazioni dell'ex sindaco Giorgio Magliocca, detenuto per altre vi-cende dall'11 marzo 2011 con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (con la sanguinaria cosca Lubrano-Ligato).

Tali collegamenti hanno come epicentro proprio Teano, dove opera la famiglia De Francesco e dove ha sede legale la “Socobi 2000 srl” (Strada Statale 608, chilometro 5, località Borgonuovo). Lavitola è azionista, ed è stato amministratore, della Socobie; Carla De Francesco, è nella stessa srl.

Valter Lavitola e Carla De Francesco hanno avuto sicuramente modo di collabo-rare nella “Socobi 2000 srl”. Magari fra un viaggio e l'altro di Lavitola (business del pesce), o fra un'incombenza pignatarese e l'altra della De Francesco.

I rapporti di Valter Lavitola con Teano compaiono nell'ordinanza di custodia a ca-rico del direttore dell'“Avanti”, del faccen-diere Giampaolo Tarantini e della moglie di questi,Angela Devenuto, emessa dal Gip di Napoli Amelia Primavera, su richiesta dei Pm Curcio, Piscitelli e Woodcock. A pagina 78: “In primo luogo giova sottolineare come non sia possibile individuare con cer-tezza il luogo di consumazione del reato di estorsione, essendo la relativa condotta estremamente fluida ed articolata e posta in essere in diverse città dello Stato italiano (Napoli, Roma, Bari, Pomezia, Brescia, Teano), tutte significativamente citate nelle conversazioni richiamate in precedenza”.

I rapporti tra la famiglia De Francesco e l’Amministrazione di Pignataro Maggiore sono cominciati sette anni fa, quando con deliberazione n.151 del 23.9.2004 veniva conferito incarico di consulenza esterna alla “Sidicina Consulting s.a.s di De Francesco Gianni e C.” (sede legale Teano, Largo Croci, 15) per aggiornamento, monitorag-gio e rendicontazione e quanto altro neces-sario per le pratiche edilizie relative agli eventi sismici.

Con Gianni De Francesco, figurano nella storia della “Sidicina Consulting”, tra gli altri, Vincenzo De Francesco, Gemma De Francesco e Carla De Francesco (come si è visto, socio di Valter Lavitola nella “Socobi

2000 srl”). Fino al 10 febbraio 2004 la so-cietà era denominata “Sidicina Consulting di De Francesco Carla e C.”; e fino al 12 novembre 2001 aveva avuto sede legale a un altro indirizzo di Teano, Piazza Munici-pio, 15, quasi un quartier generale della fa-miglia De Francesco, con la denominazione originaria di “Sidicina Consulting di De Francesco Vincenzo e C.”. Allo stesso indi-rizzo di Piazza Municipio 15, fino al 3 ago-sto 2000, c'era anche la sede legale della “Socobi”.

La “Sidicina Consulting” collabora con l’Ufficio tecnico comunale di Pignataro Maggiore, diretto dall'ing.Girolamo Parente (responsabile unico del procedimento per le pratiche relative agli eventi sismici l'arch. Baldo Marcello), fino alllo scioglimento il 31 dicembre 2008.

Si pone quindi il problema di chi debba occuparsi delle pratiche riguardanti gli eventi sismici, visto che l'ing.Parente con nota del 4 marzo 2009 sottolinea la necessi-tà di avvalersi ancora di consulenti esterni perché il personale dell'Ufficio tecnico sarebbe “sottodimensionato”.

Il sindaco Giorgio Magliocca provvede subito e con deliberazione di Giunta n.30 del 4 marzo 2009 e successiva deliberazio-ne di Consiglio n.17 del 2 aprile 2009 ap-prova il via libera alla selezione pubblica per ingaggiare di nuovo consulenti esterni per le pratiche relative agli eventi sismici. Nella discussione (2 aprile 2009) l'allora capogruppo di minoranza ed attuale sinda-co Raimondo Cuccaro illustrò i motivi con-trari a una consulenza esterna, contrastato dal vicesindaco Piergiorgio Mazzuoccolo.

Con determinazione numero 267 dell’8 maggio 2009 l’ing.Parente indice quindi una “selezione pubblica di professionisti in forma singola ed associata e di società spe-cializzate, mediante avviso pubblico, per il conferimento di incarico di consulenza re-lativo alla definizione pratiche sisma anni 1980-81 e seguenti”. Con verbale dell'Uffi-cio tecnico (26 maggio 2009) si dispone l'affidamento della consulenza esterna alla società specializzata “Sunshine srl”.

Ma da dove vengono i professionisti qua-lificati della “Sunshine srl”? Sempre da Teano, e sempre i soci di Lavitola nella “Socobi 2000 srl”: la famiglia De France-sco è evidentemente molto fortunata nei suoi rapporti col Comune. La “Sunshine srl”, che nella strategia dei De Francesco prende il posto della disciolta “Sidicina

Consulting”, è costituita il 18 giugno 2008 (sede legale Teano, località Monaco, Mas-seria Cantina); e ha un ufficio in una zona di Teano già visto per la sede legale della “Sidicina Consulting”, Largo Croci. Sem-bra lo stesso ufficio anche se nella visura della Camera di commercio di Caserta rela-tiva a “Sunshine srl” il numero civico (che era il 15 per la “Sidicina Consulting”) non è indicato. Comunque, nelle fatture emesse da “Sidicina Consulting” e “Sunshine srl” figura sempre lo stesso numero di telefono fisso. Il pagamento delle fatture a “Sunshi-ne srl” (vedi determinazione del servizio tecnico comunale n.102 del 25 febbraio 2011) avviene su richiesta del legale rap-presentante geometra Vincenzo De France-sco, amministratore unico, titolare di quote della società insieme a Carla De Francesco.

La famiglia De Francesco (a cominciare da Carla De Francesco, socio di Valter La-vitola nella “Socobi 2000 srl”) non risulta in alcun modo coinvolta negli altri affari del discusso editore dell'“Avanti”, nemme-no in quelli non oggetto di indagini della magistratura. Gli unici rapporti sono quelli relativi alla “Socobi 2000 srl”. Né Valter Lavitola risulta aver intrecciato rapporti (tramite i De Francesco) con esponenti del Comune di Pignataro Maggiore o con suoi funzionari, a cominciare dal dirigente del-l’Ufficio tecnico, ing.Parente.

Insomma, Valter Lavitola non c’entra nulla col Comune di Pignataro. Anche se piace ai buontemponi del paese chiacchie-rare sulla fuga di notizie che in qualche oc-casione ha permesso all’ex sindaco Giorgio Magliocca di venire a conoscenza delle in-tercettazioni a suo carico nell’ambito di inchieste della magistratura.

I buontemponi scherzino pure su Lavitol-a, ma saranno smentiti quando (forse) scat-teranno le manette ai polsi della misteriosa talpa che davvero aveva permesso all’ex sindaco Magliocca di farla franca per altre vicende, prima che la scottante pratica Ma-gliocca (da cui è nato l’arresto dell’11 mar-zo 2011 con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa) passasse nelle invali-cabili stanze della Sezione anticamorra del-la Squadra Mobile della Questura di Caser-ta e della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Una pratica da terremoto. Terremo-to giudiziario.

Rosa Parchihttp://pignataronews.myblog.it

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Sicilia antica Sicilia antica

E l'acqua dello Jatosi fa sempre più cara

A Partinico il contadino è ancora alle prese col problema dei secoli: l'irrigazione A Partinico il contadino è ancora alle prese col problema dei secoli: l'irrigazione

Come ogni anno il Consorzio di Bonifica 2 di Palermo ci riprova. Dopo avere distrut-to l’agricoltura delle campagne partinicesi, dopo avere ridotto alla siccità e alla deserti-ficazione un intero territorio che sulla pos-sibilità di disporre dell’acqua dello Jato aveva impostato la sua economia e investi-to denaro per impiantare culture fruttifere, dopo avere abbandonato al proprio destino i 15 lavoratori della vecchia Cooperativa che, nel bene e nel male conoscevano tutta la rete e garantivano un minimo di servizio, adesso si prova, come ogni anno, a spreme-re qualche altro soldo dalle tasche di coloro che, fidandosi e sperando di potere ancora avere l’acqua, nel 2007 e nel 2008, allorchè iniziò la sciagurata gestione palermitana , sottoscrissero una richiesta di attingimento e non l’hanno ancora disdetta. A costoro è stato comunicato che il vice-commissario straordinario geometra Benedetto Palazzolo ha fatto una delibera con cui “è stata ap-provata la variazione delle tariffe forfettarie applicate dall’ente per la fornitura di acqua ad uso irriguo”.

Le tariffe applicate sono le seguenti:1^ fascia: (uliveto e vigneto), euro

142,55 per ettaro2^fascia: (Frutteto, agrumeto giovane,

ortive invernali, Melone, Mais) euro 266,503^fascia: (Agrumeto adulto, melone, er-

bai, ortive estive) euro 371,844^ fascia (fragoleti, serre) euro 495.Un breve riscontro con quanto si pagava

in passato ci mostra un aumento delle tarif-fe di più di un terzo. Balzano agli occhi al-cune inconcludenze su cui si potrà molto giocare, al solito, sia da parte dei coltivatori che da parte degli impiegati del Consorzio, su Agrumeto giovane o agrumeto vecchio, sul Melone, che risulta in due fasce, sulle ortive invernali e su quelle estive, che risul-

tano anch’esse in fasce diverse: chi le pro-duce entrambe quale tariffa dovrà pagare?

Ma il colpo di genio del vice-commissa-rio, il quale fa la delibera, l’approva e la firma, senza osare disturbare il Commissa-rio Straordinario, il quale, nel suo ufficio megagalattico che una volta fu di Felice Crosta, oggi in pensione con 1.500 euro al giorno, ha altro cui pensare, è dato dall’in-vito a recarsi presso gli uffici di zona, siti in via Cesare Rossarol n.45 a Partinico, o in via Genova, angolo via 4 giugno, Trappeto entro 15 giorni dalla ricezione postale della comunicazione, per sottoscrivere la nuova richiesta di attingimento con applicazione delle nuove tariffe. Tale invito è rivolto an-che a coloro che hanno sottoscritto richieste di attingimento per acqua ad uso idrico non potabile, cioè le utenze a rubinetto per l’or-to intorno alla casa.

In mancanza di tale atto, cioè andare a rinnovare o a disdire il contratto , l’ente provvederà ad inserire d’ufficio il nomina-tivo del povero utente negli elenchi dei ruo-li dell’anno 2011, poiché, è scritto, le ri-chieste sottoscritte nel 2007 e 2008 mai di-sdettate, sono formalmente attive. E così chi non ha ricevuto mai acqua, ma è stato annualmente invitato a pagare la tariffa, se

non corre alla piccola bottega di via Rossa-rol a disdire, si troverà d’ufficio iscritto nei ruoli con le nuove tariffe.

In pratica, oltre a una gestione disgraziata della distribuzione dell’acqua, che in gran parte si perde tra i guasti di una tubazione in amianto che andrebbe interamente rinno-vata, i poveri contadini si vedranno scarica-re addosso un aumento di tariffe, da ag-giungere all’aumento della nafta, a quello dei concimi, a quello delle tariffe INPS per la messa in regola della manodopera, a quello del pagamento della giornata, oggi sui 60 euro, e ai costanti abbassamenti del prezzo dei prodotti, a causa delle grandi quantità di merce provenienti da paesi in cui il la manodopera e tutto quello che è ne-cessario per la coltivazione hanno costi molto più ridotti, (Tunisia, Egitto, Spagna).

Tutto questo renderà sempre meno remu-nerativo lavorare in campagna: intere parti-te di vigneti e di uliveti sono state abbando-nate, perché il ricavato del prodotto non co-pre le spese.

Abbiamo un ministro dell’agricoltura, il nostro bravo Saverio Romano, indagato per mafia, ma voluto da Berlusconi, perché ha abbandonato Casini ed ha fondato un parti-to nuovo, l’Italia del Domani, senza tenere conto dell’Italia di oggi. Costui forse non ha mai messo piede in una campagna e ignora i problemi in cui si dibatte oggi l’a-gricoltura, proprio in quella Sicilia da cui lui proviene .Ma anche l’Assessorato Re-gionale all’Agricoltura non scherza, som-merso com’è da una serie di enti inutili e da una pletora d’impiegati dediti a fare parole crociate. In compenso nascono e continue-ranno a nascere supermercati e centri com-merciali. Ci pensano loro a dar lavoro ai nostri giovani, a 500 euro al mese.

Salvo Vitale

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Immigrati Immigrati

Una ragazza in fugaStoria (comune) di M.

Dall'Etiopia alla Libia all'Italia, sempre inseguita o rinchiusa, mai col diritto di vivere come tutti noiDall'Etiopia alla Libia all'Italia, sempre inseguita o rinchiusa, mai col diritto di vivere come tutti noi

Dal c.a.r.a. di Mineo. settembre 2011E’ da marzo che insieme ad altre

organizzazioni, passo alcuni sabati al c.a.r.a. (centro accoglienza richiedenti asi-lo).

Tunisini, Afgani, Pakistani, Africani del-l'area sub sahariana, e del nord Africa in ri-volta, si trovano nel cosìddetto "villaggio della solidarietà".

Circa duemila persone, fra uomini, donne e bambini accompagnati, vivono in questo villaggio alle porte del piccolo paese di Mi-neo.

Durante le nostre iniziative, che prendo-no vita nell'antistante spiazzale del villag-gio, abbiamo incontrato tanti emigranti, un po' per capire come vivono in quel posto e se i loro diritti vengano rispettati, un po' semplicemente per farci raccontare le loro storie. Durante una di queste visite, mi è capitato, di essere "scelto" da una ragazza Eritrea, una ragazza che subito cerca un dialogo. Più volte, forse per curiosità gior-nalistica, le ho chiesto la sua storia e come mai una donna di ventidue anni, è da sola e si trova in quel posto. Forse per paura o per riservatezza, ha sempre evitato di parlarne.

Da marzo sono passati diversi mesi, e con M. si è instaurato un vero rapporto di fiducia e di affetto.

Oggi M. ha ottenuto lo "stato di rifugiata politica" dalla commissione che ascolta le ragioni degli emigranti, che fuggono, dalle guerre e miseria, ed è così che M. mi rac-conta la sua storia:

"Sono nata in Etiopia, quando questa era ancora unita all’Eritrea, ma quando scop-piò la guerra tra i due paesi tornai in Eri-trea.

Mio padre è un soldato e mia madre fa la casalinga, badando a me e mia sorella.

Una notte, la polizia ci viene ad arrestare, accusando mio padre di tradimento.

A noi sorelle ci rilasciano dopo qualche giorno, mia madre dopo qualche mese, e di mio padre da allora non ne sappiamo più nulla.

Mia madre, temendo ritorsioni, decide di fuggire in Sudan e dopo un periodo prende la decisione di andare in Libia.

Ci arrivo come clandestina e vengo arres-tata. Sto nelle prigioni libiche per qualche mese, poi vengo rilasciata e, per fortuna, incontro una donna mia connazionale che mi fa trovare un lavoro presso l'ambasciata del Ghana.

Lavoro presso una famiglia Ghanese, dove imparo l'inglese e dove mi trovo bene per circa due anni.

Ma a febbraio 2011 scoppia la rivolta in Libia e in marzo arrivano le bombe della Nato. L'ambasciata del Ghana chiude, e noi stranieri veniamo prelevati dalla polizia Li-bica e portati sulla costa. Lì la polizia ci imbarca a forza su dei battelli diretti verso le coste Italiane, ed è così che arrivo a Lampedusa.

Quasi subito mi portano al c.a.r.a. di Mi-neo; qui cerco di adattarmi pensando che in breve tempo potrò essere ascoltata dalla Commissione che decide sul nostro stato.

Al campo tutti i giorni sono uguali: si fa la fila per mangiare, per le visite mediche, per avere qualche informazione, per telefo-nare (solo per una manciata di minuti).

Sì, i giorni sono tutti uguali e non passa-no mai, e sono solo interrotti il fine settima-na quando le organizzazioni di società civi-le e la rete antirazzista ci vengono a trovare non solo per ascoltare musica o per cono-scerci ma anche per informarci, per darci assistenza medica e assistenza legale.

Dalla primavera all’estate al campo ci sono stati diversi disordini e tensioni: dap-prima i tunisini, che volevano sapere quale fosse la loro sorte, poi tutti gli altri rimasti al campo che premevano affinchè la com-missione anziché ascoltare due persone al giorno ascoltasse più persone più frequent-

emente.Più volte la statale Catania-Gela è stata

occupata per protesta con grande disppunto delle forze dell’ordine.

La più grossa di queste manifestazioni si è avuta nei primi giorni di agosto e anche dentro il campo ci sono stati scontri e vio-lenze, dove la polizia non ha saputo gestire l’ordine pubblico, fino a quando per gestire meglio la cosa è riuscita a mettere contro africani e asiatici provocando uno scontro violento fra questi.

Le stesse forze dell’ordine, aumentando la tensione, sono andati in giro per Mineo dicendo agli abitanti di barricarsi dentro e chiudere i negozi perché in giro c’erano gli emigranti del campo”.

Giovanni: “E adesso tutto è tranquillo? E a te cosa ti manca di più al campo?”

M.: “Sì adesso è tutto un po’ più tranquil-lo, dopo che hanno portato via quattrocento emigranti in altri campi sparsi per l’Italia”.

Quello che mi manca più al campo è fare qualcosa, essere impegnata in qualcosa, mi piacerebbe imparare l’italiano, ma soprat-tutto mi piacerebbe andare via, ma adesso finalmente la Commissione mi ha ascoltata e l’altro giorno mi hanno dato il risultato. Da questo momento sono una rifugiata po-litica e ho un permesso di tre o cinque anni, e appena avrò i documenti verrò a Catania.

Desidero riflettere su tutto quello che è successo pensare al mio futuro e a quello che voglio fare e sono sicura che le persone che mi sono venute a trovare in questi mesi mi daranno una mano”.

Questa non è una storia straordinaria, sono sicuro che di queste storie ce ne saran-no a migliaia, storie di ordinaria emigrazio-ne storia di sofferenza, provocate dalle guerre e dalle miserie dei paesi di origine, ma aggravate dai paesi occidentali che mol-te volte sono ostili poco ospitali e duri ver-so questi uomoini e queste donne che se-condo me potranno restituirci tanto: la loro cultura, la loro umanità, la loro forza di giovani che vogliono vivere in pace anche se in un altro paese che non è il loro ma po-trebbe essere il loro.

Giovanni Caruso

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Nord, Sud... che vuol dire? Nord, Sud... che vuol dire?

Polentoni & Terroniuniti nella lotta

Una delegazione di Piacenza arriva a San Cristoforo. E trova il Gapa... Una delegazione di Piacenza arriva a San Cristoforo. E trova il Gapa...

“A che serve vivere, se non c’è il corag-gio di lottare?” non è farina del mio sacco, ma una citazione di uno dei tanti coraggiosi giornalisti che hanno avuto la sfacciataggi-ne di vivere e di lottare per avere un mondo migliore… quantomeno di sognarlo. La ci-tazione non è mia dicevo, ma è ciò che mi è rimasto incastrato nella carne, sottopelle, come polvere sottile che proprio no, non ci si riesce a scrollasi di dosso.

L’impatto con Catania è stato forte. No, meglio essere precisi: l’impatto con San Cristoforo è stato forte.

Mica te l’aspetti, soprattutto dopo una giornata passata nella tranquillità del mare blu del ragusano. Ci siamo arrivati di sera, spaesati e stanchi. La prima cosa che balza all’occhio del turista è che qui non sei in una città, ma in un mondo a parte dove im-parare nuove regole e nuovi codici. Motori-ni impazziti che sfrecciano in qualsiasi di-rezione - senza casco ovviamente - lenti bi-roccini trainati da cavalli auto che saettano sulle strade parcheggi selvaggi semafori non rispettati clacson strombazzanti negozi sempre aperti profumo di carne alla griglia vicoli stretti palazzi fatiscenti gente che urla da ogni dove persone sedute sul mar-ciapiede come fosse in salotto persone fre-netiche che camminano … bè, per noi “po-lentoni del continente” non è punto facile, capire!

Il benvenuto ce lo danno “quelli del GAPA”, fra loro c'è Giovanni Caruso, un omone barbuto dalla parlantina inesauribil-e, che si presenta a noi armato di bastone bianco sotto un cappellaccio di paglia - a vederlo sembra uscito da Cervantes (scopri-rò nei giorni successivi che in effetti il mio richiamo al Don Chisciotte non è del tutto errato…) - scortato da Elena, Domenico, Marcella e Paolo, il piccolo Salvuccio, da due giovanissime volontarie, Giusy e Mi-riana, e l’immancabile fedele Ugo.

Facciamo un passo indietro: chi siamo noi? E perché il GAPA ci accoglie? In tutto siamo nove piacentini (7 giovani e… 2 meno giovani!) e stiamo partecipando ad un viaggio di conoscenza, fil-rouge è la

LEGALITÀ:“Siamo venuti per incontrare persone che

si confrontano continuamente con una ma-fia che agisce in modo esplicito, per impa-rare a tenere gli occhi aperti su un fenome-no che dove noi viviamo agisce in modo più subdolo ma che ci avvolge ugualmente” spiega Giovanni Castagnetti, assessore di Piacenza e promotore del viaggio. “Kamla-laf”, è questo il progetto nel nome del quale stiamo girando mezza Sicilia per incontrare realtà diverse dalla nostra e con le quale fare un pezzettino di strada (di vita) per ve-dere sentire capire elaborare vivere, tra-smettere agli altri, poi.

Io non faccio parte dei giovani, diciamo che sono un po' la “zia” del gruppo e questo mi permette di beneficiare maggiormente della compagnia di Giovanni e Elena. Loro ci (a me e all’assessore, l’altro meno giova-ne) aprono le porte della casa e degli amici… in pratica ci “adottano” per tre giorni e ci fanno scoprire una Catania di-versa: sì turistica, ma anche viva e doloro-sa. Mi piace ascoltare Giovanni, è una fonte inesauribile di notizie, idee e nostalgici ri-cordi di un mondo politico un poco più niti-do e non così confuso...

E così tra cene in terrazza, grigliate ai piedi dell’Etna, bagni in lidi carinissimi e visite in giro, Giovanni ed Elena ci spiega no le idee che muovono il Gapa e tutti i vo-lontari che agiscono nella stessa direzione.

Già il nome GAPA è uno slogan bellissi-mo e pieno di significato, un acronimo im-portante che sta per BASTA PARLARE PASSIAMO AI FATTI, SIAMO GIOVANI E CI CREDIAMO (così lo intendo io) e in-fatti entrando nella sede (nel GAPAnnone rosso, per esempio) già l’aria che si respira è forte e attiva, allegra ma determinata.

Qui mica si scherza: teatro, doposcuola, arti marziali, danza… e c’è persino una re-dazione di quartiere che ha il coraggio di denunciare mancanze, colpe e necessità.

I volontari prevalentemente lavorano con i minori e le famiglie, e il concetto che pas-sa è: educare il giovane per arrivare ad edu-care la famiglia. Tu, ragazzino, vuoi parte-

cipare alle attività del Gapa? Bene, allora ti devi iscrivere (gratuitamente), devi garanti-re la tua presenza, devi garantire un tuo comportamento corretto e il rispetto delle regole, ma soprattutto devi creare un ponte tra il Gapa e i tuoi genitori.

“Normalmente è la mamma che viene alle riunioni” spiega Marcella (presidente Gapa) con un sorriso complice, e in effetti è sempre così – penso - sono poi le donne le artefici dei cambiamenti, a piccoli passi certo, ma tutto passa sempre attraverso noi … eh, sì... faccio fatica a reprimere il mio IO femminista.

Attenzione a non confondersi: NON è fare la carità, uno se la deve meritare la vita al GAPA! E questo vuol dire insegnare a vivere, a dare delle regole comportamenta-li; e questo vuol dire insegnare a diventare grandi, a sviluppare un senso critico, impa-rare ad avere un ruolo attivo e a non accet-tare tutto passivamente; e questo vuol dire diventare uomini. Responsabili di un cam-biamento, oso aggiungere. E questo vuol dire: FARE LA DIFFERENZA.

L’impatto con Catania è stato forte. No, meglio essere precisi: l’impatto con San Cristoforo è stato forte… ma ora, dopo il mio breve soggiorno guidata dai ragazzi del GAPA, posso finalmente capire (che prete-se… meglio dire intuire) le bellissime paro-le lette nel fumetto dedicato a Fava: “[…] Io amo questa città con un rapporto senti-mentale preciso: quello che può avere un uomo che si è innamorato perdutamente di una puttana, e non può farci niente, è vol-gare, sporca, traditrice, si concede per de-naro a chicchessia, è oscena, menzognera, volgare, prepotente, e però è anche ridente, allegra, violenta, conosce tutti i trucchi e i vizi dell'amore e glieli fa assaporare, poi scappa subito via con un altro; egli dovrebbe prenderla mille volte a calci in faccia, sputarle addosso "al diavolo, zocco-la!", ma il solo pensiero di abbandonarla gli riempie l'animo di oscurità” […].

E io ho già nostalgia, di quel posto.Sara Marenghi

Piacenza

|| 20 settembre 2011 || pagina 19 || www.ucuntu.org ||

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In questo Stato In questo Stato

Lombardoe il bene comuneLa decisione del facente funzioni di Pro-

curatore della Repubblica di Catania Pata-nè, e dell’aggiunto Zuccaro , di proscioglie-re Raffaele Lombardo e il fratello Angelo dall’accusa di associazione mafiosa, vanifi-ca un’inchiesta che, con ampia documenta-zione, ha prospettato l’intreccio indissolu-bile che lega borghesia mafiosa, ceti politi-ci e criminalità organizzata.

Si riconferma, ancora una volta, la con-vinzione che a Catania, diversamente che a Palermo, i potentati politici ed economici sono intoccabili. Infatti, da Grassi a Di Na-tale, dalle sentenze di Russo a quelle di D’Angelo, fino ai comportamenti di D’A-gata che sono apparsi platealmente schierati con la difesa degli indagati, la gestione del-la Procura ha sempre dato l’impressione di fungere da garante degli equilibri politici e della grande imprenditoria dei cavalieri vecchi e nuovi.

Il caso Catania non è chiuso, anzi è più aperto che mai, e tocca al Csm ristabilire le condizioni del rispetto della legalità e del-l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, attraverso la nomina di un esterno a capo della Procura, una figura totalmente libera da condizionamenti, per come richie-sto ripetutamente con un motivato appello da un significativo schieramento della so-cietà civile e dell’antimafia sociale.

Un appello reso ancora più pregnante dopo i pronunciamenti degli organi giuri-sdizionali di considerare illegittima la no-mina di Patanè a reggente, che di fatto, an-che se non de iure, priva di credibilità il salvataggio di Lombardo.

Rimane il dato acclarato delle frequenta-zioni di Lombardo e dei suoi con personag-gi e pregiudicati accusati e condannati per mafia. Si conferma che la sua scalata ai vertici della regione, oltre che con l’appog-gio di Berlusconi, Alfano, Dell’Utri e Cuf-faro, è stata favorita dalla moltiplicazione delle clientele e dal voto di scambio.

Mimmo Cosentino

La mafianel LazioIl Coordinamento regionale del Lazio di

“Libera associazioni, nomi e numeri contro le mafie” ha appreso con preoccupazione dell’attentato incendiario all’interno del Parco Nazionale del Circeo verificatosi nel centro visitatori.

Le modalità del crimine ambientale la-sciano chiaramente intendere la volontà di perseguire nella eliminazione dell’ultimo impedimento a speculazione edilizia, mala-politica e criminalità organizzata di tipo economico, riassumendo quello che è stato definito “il sacco di Sabaudia” ma che ri-guarda l’intero litorale laziale, isole com-prese. “Il gesto - afferma il referente di Li-bera per il Lazio Antonio Turri – va ad ag-giungersi a tutta una serie di azioni mirate ad aggredire l’area protetta del Circeo come le mancate demolizioni delle centina-ia di opere edilizie abusive su cui pendono sequestri nonché ordinanze di abbattimento o come quella del rilascio delle autorizza-zioni e nulla osta ad edificare un mega cen-tro commerciale a poche decine di metri dallo stesso centro visitatori del Parco rila-sciate da Comune ed Ente Parco.

Segno inconfutabile dell’immobilismo di una politica che basa spesse volte la ricerca del consenso sul permissivismo finalizzato ad eludere le norme a tutela dell’ambiente.

Non può sottacersi come a Sabaudia e non solo, la violazione delle norme ambien-tali o che regolano la corretta edificabilità dei suoli siano violate da rappresentanti della pubblica amministrazione o dai loro familiari.

L’episodio – continua Turri – deve essere letto come il concomitante agire di quanti in spregio alle leggi dello Stato intendono utilizzare l’unico Parco Nazionale presente nella regione Lazio ed ubicato a poche de-cine di chilometri da Roma, per illeciti ar-ricchimenti in spregio al diritto dei cittadini alla bellezza dei luoghi in cui vivono e alla salvaguardia dell’unico tipo di sviluppo possibile che è quello turistico.

Del resto le recenti polemiche riguardanti i tentativi della regione Lazio di sanare gli abusi edilizi riconducibili ad un noto espo-nente politico di Fondi, cosi come l’assurda idea di realizzare un tunnel sotterraneo nel-la piccola isola di Ventotene, sono tutti fatti ascrivibili a quell’humus di irresponsabilità politica che rappresenta il terreno in cui na-scono e si sviluppano comportamenti ma-fiosi che fanno del basso Lazio la terra di origine di una quinta mafia che Libera defi-nisce mafia autoctona o da contaminazione.

Maria Sole Galeazzi

La campagna controDario MontanaDario Montana (fratello di Beppe Monta-

na, il commissario di polizia ucciso da Cosa Nostra) è stato recentemente oggetto di una campagna di discredito in relazione al suo lavoro come Commissario del Con-sorzio industriale di Catania.

“La calunnia è un venticello un'auretta assai gentile che insensibile sottile legger-mente, dolcemente, Incomincia a sussurrar”.

Le parole ovviamente non sono mie ma del librettista Cesare Sterbini per il Barbie-re di Siviglia di Gioacchino Rossini. Ben si adattano però a quanto sta accadendo a Da-rio Montana, commissario del Consorzio industriale di Catania e fratello di Beppe Montana, il commissario di polizia ucciso da cosa nostra il 28 luglio 1985. Due vite, una spenta dalla mafia, spese per la legalità.

Eppure a Catania in questi giorni c’è chi comincia ad attaccare Dario Montana, che da quando si è insediato, il 13 dicembre 2010, ha fatto quel che nessuno aveva fatto prima: installato un servizio di video sorve-glianza, riammesso nei lotti del consorzio un’impresa che ha denunciato i boss e che era stata esclusa per motivi burocratici, de-nunciato alla Corte dei Conti alcune azien-de per presunti danni di oltre 14 milioni, aperto un dialogo continuo con prefettura, forze dell’ordine e magistratura.

Insomma, ha rotto il fronte dell’omertà che fino al suo insediamento era la regola. E allora il sospetto è che, bocciata la legge siciliana che avrebbe dovuto riformare i consorzi industriali, si riaffaccino con forza in tutta l’isola appetiti mafiosi inconfessa-bili.

“Vorrei sapere, dice l’assessore regionale all’industria Marco Venturi, se è stato sba-gliato sostenere che i consorzi si sono tra-sformati in carrozzoni clientelari, e luoghi dove si fanno affari con soggetti collusi con la mafia, che invece di sostenere lo svilupp-o delle imprese, lo ostacolano.

Per esempio si dovrebbe sapere che l’a-rea di Catania sorge in siti con forti proble-matiche ambientali e idrogeologiche. Quali interessi si annidavano su quei terreni?”

Forse anche su questo, se avrà tempo, farà luce Dario Montana, una vita spesa per la legalità.

Roberto GalulloGruppo Informazione Libera Ct

Info: Renato Camarda335 7023241

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In questo Stato In questo Stato

Le scelte vergognosedel sindacodi VillabateIl Centro Impastato ritiene semplicemen-

te vergognosa la decisione del sindaco di Villabate di dedicare due strade a dei nazi-sti e di bilanciare tale scelta intitolando un'altra strada a Peppino Impastato. Una convivenza che si spiega con l'ignoranza e, peggio, con la malafede.

Il Centro si dissocia da qualsiasi iniziati-va che avalli queste scelte.

Negli ultimi anni sono stati intitolati a Peppino Impastato strade, comitati, centri, associazioni, ma abbiamo dovuto constata-re che il più delle volte si è trattato di atti formali a cui non corrisponde una cono-scenza del Peppino Impastato reale e da cui non scaturisce nessuna iniziativa significa-tiva. Per fortuna ci sono state e ci sono scelte e attività positive e apprezzabili, come le manifestazioni svoltesi a Pontera-nica, dopo la decisione della giunta leghista di revocare l'intitolazione a Impastato della biblioteca comunale.

Il Centro continua la sua attività, iniziata nel 1977, nelle scuole e nella società per af-fermare un'antimafia consapevole e coeren-te, che faccia riferimento alla radicalità e alla lucidità che caratterizzarono la vita e l'impegno di Peppino Impastato.

Umberto SantinoPresidente del Centro Impastato

Contro i lavoratorie chi li difendeLa Digos di Catania ha notificato un av-

viso di conclusione delle indagini, a firma del PM Dott. E. Serpotta, al segretario del PRC Pierpaolo Montalto, ad Emanuele Sa-luzzo dell'esecutivo provinciale dei Giovani Comunisti e a due lavoratori Dusman mili-tanti nella Fiadel.

Le accuse sono di resistenza, oltraggio ed istigazione a delinquere nel corso delle giornate di protesta dei pulizieri scolastici della Provincia di Catania.

Premessso che rifiutiamo ogni vittimismo e che ci rivendichiamo ogni momento di una lotta straordinaria e vincente, crediamo tuttavia che sia paradossale che in una vi-cenda simbolo del degrado istituzionale e sociale in cui siamo sprofondati gli accusati siano coloro che si sono battuti per difende-re il salario di oltre 450 lavoratori e chi con coraggio ha lottato per salvare il futuro del-la propria famiglia.

Per mesi abbiamo infatti denunciato cor-ruzione, gravissime violazioni dei diritti dei lavoratori e saccheggio delle risorse pubbli-che, ma sotto accusa finisce la lotta per i di-ritti e la dignità.

Annunciamo pertanto che faremo ricorso a tutti gli strumenti previsti dalla legge per affermare la verità ma che per noi legalità non vuol dire rimanere in silenzio davanti a sfuttamento, disoccupazione e povertà..

Per nulla intimoriti dalle accuse comuni-chiamo infatti che se gli accordi siglati in Prefettura per i pulizieri non verranno ri-spettati riprenderà la nostra protesta perchè sui diritti di lavoratrici e lavoratori non fa-remo alcun passo indietro.

Pierpaolo Montalto

Spiagge “libere”?Ma quando mai!Catania, 5 settembre 2011L'art. 1, comma 251 della Legge

296/2006 prevede l'«obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungi-mento della battigia antistante l'area ricom-presa nella concessione, anche al fine della balneazione».

Ma quanti dei titolari degli stabilimenti balneari della Playa di Catania rispettano questa norma? I Giovani di CittàInsieme hanno voluto realizzare una breve inchiesta per verificarlo. L'esito non è confortante: in relazione a quelli nei quali ci siamo recati, soltanto una media di un lido su tre ha con-sentito il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia.

Probabilmente ad avere contribuito sono le parole che vengono utilizzate: adoperare la locuzione "spiaggia libera" per indicare gli stabilimenti gestiti direttamente dal pub-blico (le famose "Spiagge libere" n. 1 ... n. 2 ...) rischia di far passare come "private" quelle gestite in regime di concessione pub-blica. Non è infatti un caso che nel corso della nostra inchiesta diverse volte ci siamo sentiti rispondere «questo è un lido privato. La spiaggia libera è più avanti».

La stagione balneare 2011 è ormai giunta al termine. L'auspicio che i Giovani di Cit-tàInsieme si sentono di esprimere alla luce di quanto "scoperto" è che le Autorità com-petenti possano assumere tutti gli opportuni provvedimenti affinché l'anno prossimo non si verifichino violazioni di un preciso obbligo di legge.

Le spiagge appartengono a tutti e nessu-no deve essere obbligato a pagare un bi-glietto d'ingresso per potersi fare un bagno.

CittàInsiemeGiovani

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Satira Satira

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Satira Satira

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Satira Satira

|| 20 settembre 2011 || pagina 24 || www.ucuntu.org ||

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Satira Satira

|| 20 settembre 2011 || pagina 25 || www.ucuntu.org ||

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Tutti insieme: si può? Tutti insieme: si può?

Lettera apertaai giornali di base

Un giovane giornalista scrive a tutti noi Un giovane giornalista scrive a tutti noi

Gentili testate di base di Sicilia,Il mio rispetto per il lavoro che avete

svolto nelle nostre sperdute province è im-menso. Conosciamo tutti gli stenti delle strade schifose, le lunghe notti sul compu-ter, i montaggi di filmati o le impaginazioni che provano i nervi. Sappiamo della mise-ria dei pochi spicci, se non del volontariato, che su cui si basa questo lavoro, quello del giornalista indipendente. Diciamo pure il lavoro dell’essere persone libere o di pro-vare ad esserlo.

Ecco, tutto questo noi lo conosciamo meno di molti delle testate indipendenti si-ciliane, che fanno quello che facciamo noi da molto più tempo. Molti più anni, molti più rimorsi e molte più delusioni. Forse, an-che più soddisfazioni. Ci potremmo con-vincere che le cose meglio di così non sa-rebbero potute andare. Ma a me non sem-bra. Non credo sia questo quello che dove-va uscire da anni di discussioni, di tentativi di “fare rete”. Questa maledetta espressio-ne, “fare rete”, è quella che risuona più spesso in questi ambienti. Si presenta sem-pre carica di un entusiasmo svampito, eco di qualcosa che non c’è più. Oppure vuole farsi largo con goffaggine e non ci riesce.

E tutto questo non fa piacere a nessuno. Spesso, non ci conosciamo bene; oppure non ci conosciamo affatto. Ci sono realtà diverse e una dispersione d’informazioni e opportunità immensa. E’ vero, ci sono qual-che volta casi in cui la militanza civile so-vrasta la professionalità delle testate; ci sono anche situazioni del tutto opposte. Ma si potrebbe fare qualcosa, qualcosa di con-creto, per darci tutti quanti uno spazio mag-giore e più credibile: dove ci sia coscienza

civile e professionalità. E dove ci si formi come giornalisti di frontiera e come esseri umani.

Non mi è chiaro da dove nasca l’incapa-cità di scambiare informazioni e come si perda l’interesse nel costruire insieme qual-cosa di comune, ma mi pare ovvio che il tempo è sempre scarso per fare qualsiasi cosa, anche per mettersi in contatto decen-temente con altri colleghi. Poi, non andreb-be mai sottovalutata la questione della ge-losia, della voglia di occuparsi solo del pro-prio territorio, della paura di sacrificare spazi, di concederne troppi agli altri. In-somma, è una vecchia storia: manca il tem-po, si ha paura di perdere la propria indi-pendenza.

Una volta tutto ruotava attorno alle pagi-ne, al numero di battute: la paura era quella di perdere tracce della località, spendere troppo denaro per finanziare grandi proget-ti, distribuire il materiale cartaceo in manie-ra errata. Poi venne il web. Si disse che era la carta giusta, si discusse parecchio su come fare, si mise su pure un forum dei giornali siciliani, perché non si investisse sulla gloria personale dei pochi, ma sull’an-

dare avanti insieme. Restò uno dei tanti progetti campati in aria.

Qualche mese fa al festival del giornali-smo di Modica, grandiosa iniziativa de “Il Clandestino con Permesso di soggiorno”, Riccardo Orioles ha lanciato la riscossa dei “ISiciliani”. E’ stata una cosa molto bella. Ha dato speranza ha qualcuno e ha fatto ar-rabbiare qualcun altro. Ma, nota amara, al workshop tenuto dallo stesso Orioles, durante il festival, eravamo quattro gatti: si trattava di giornalismo e web. Sembrano argomenti da appestati, a volte, quasi si parlasse di un giornalismo di serie B. Ed è cosa molto triste.

Mi venne da pensare che i giornalisti gio-vani sono un po’ come quelli vecchi, ma sono meno presuntuosi. Non sanno usare bene il mezzo informatico; colpa della mancanza di tempo, colpa della pigrizia. Certo, i grandi vecchi nelle redazioni abor-rono completamente l’uso di internet. Odia-no i giornali online. I giovani, invece, ama-no l’idea dei new media, ma non li sanno usare veramente, così come non li so usare bene io. E’ un problema. Un problema gra-ve. Ma si può risolvere. Il vero problema è la volontà: il suo esercizio è l’unico eserci-zio rivoluzionario in questo frangente. E’ questa la questione più spinosa.

Il mio appello è questo: approfittate di spazi come quello di “Generazione Zero Si-cilia”, con la sua comunità di blog e di fo-rum; approfittate de “I Siciliani”. Oppure fate in modo che ci sia una valida alternati-va, ma fatelo sul serio. Non continuiamo a lasciare le cose senza concretezza, a spen-dere parole al vento: siate fattivi. Se potete farlo, fatelo.

|| 25 settembre 2011 || pagina 26 || www.ucuntu.org ||

Page 27: Ucuntu n.118

Tutti insieme: si può? Tutti insieme: si può?

Scrivete un pezzo anche adesso, contatta-te i colleghi. E, se potete, perdonate l’entu-siasmo giovanile con il quale ho sporcato la vostra giornata, ma non se ne poteva fare a meno.

Quest’isola è piena di materia prima, di notizie e fatti da raccontare, cose che le te-levisioni schiavili e i giornalacci non sanno fare, cose che possiamo fare noi in maniera molto migliore. Entriamo nel mercato e in-vestiamo su noi stessi, almeno su di noi, se proprio non riusciamo a scommettere sulla possibilità di migliore le condizioni di vita della Sicilia

Se perderemo ancora tempo, non ci do-vremo lagnare dei risultati con nessuno, se non con noi stessi. Sia per le opportunità la-vorative che stiamo perdendo oggi, sia per la questione etica, quella del poter fare giornalismo libero.

Giulio Pitroso

* * *

Caro Giulio,la tua lettera mi trova perfettamente d'ac-

cordo, ed è parecchi anni che lavoro esatta-mente su questo. SicilianiGiovani negli anni '80, L'Alba, con Avvenimenti, negli anni '90; i giornali di base e i fogli operai dei Siciliani; ancora i Siciliani nuovi e la rete attorno; e poi Casablanca, con i due congressi delle testate di base "Sbavaglio"; e poi "Ucuntu", e poi "Lavori in corso"; e adesso, di nuovo, i Siciliani.

In tutti questi anni abbiamo accumulato un patrimonio enorme di conoscenze, di esperienze, di contatti, di soluzioni tecniche appropriate. Se analizzi tecnologicamente

Ucuntu trovi ad esempio alcune soluzioni, studiate nel corso degli anni, come la pagi-na Issuu (Repubblica l'ha adottata prima di noi), l'uso di Open Office per l'impagina-zione, le pagine modulari, ecc. Ognuna di queste innovazioni, per arrivare a regime, è costata (non solo a me: ai nostri ragazzi) anni di studio e di sperimentazione. E alla fine funziona.

Ora, la domanda "forte" che ti pongo è la seguente: sei disposto a "metterti agli ordi-ni"? Il lavoro che tu proponi non comincia ora, ha anni di pratica alle spalle. Ora vo-gliamo portarlo avanti, con un salto di qua-lità che si chiama i Siciliani. Vuoi ricomin-ciare da zero, tu pioniere solitario, o vuoi farlo insieme ad altri? Questo devi decide-re, ed è una risposta che ti puoi dare soltan-to tu.

I Sioux, gli Apache, gli Cheyenne, lotta-no valorosamente contro l'uomo bianco, ognuno nella sua valle e ognuno per la sua tribù. "Ho ucciso un viso pallido!", "Abbia-mo fatto scappare i soldati!", "Guardate che centro con l'arco!". Bene. Intanto i visi pal-lidi hanno l'Esercito degli Stati Uniti, diviso in compagnie, battaglioni e reggimenti, che agisce come una cosa sola. Gli indiani sono

più valorosi. Ma alla fine hanno vinto i soldati.

Ora noi ci battiamo da anni per organiz-zare l'esercito indiano :-). E andiamo predi-cando: "unitevi! scambiatevi le conoscenze e le forze, siate una forza sola!". Di solito inascoltati ma petulanti; e alle volte con successo.

Adesso siamo impegnati esattamente su quel che dici tu; però, alcuni anni più avan-ti. Vuoi unirti a noi? Da noi non comanda nessuno, abbiamo capito alcune cose sulla rete e sappiamo che essa è policentrica, non piramidale. Non stiamo mettendo in mare una corazzata, ma una flottiglia di navi: dalla barca da pesca al galeone pirata, dal brigantino olandese alla caravella spagnola. Ognuno con la sua bandiera e coi suoi capi-tani, ma su una rotta comune e dandoci la voce. La marina dei poveri, certo con meno cannoni della flotta del re, ma che sparano tutti insieme e sono serviti dai marinai più coraggiosi.

Ecco, pensaci su. Non ricominciamo da zero ogni anno. Qui camminiamo già. Non egemonizziamo nessuno, ma siamo umil-mente al servizio, nessuno superiore all'al-tro, tutti uguali; però disciplinati e coesi, perché lottiamo per cose per cui vale la pena di lottare. E in ogni caso, un abbraccio di cuore, fratellino. Comunque sia, sei uno che vuol combattere e dunque uno come me.

Tuoriccardo

|| 20 settembre 2011 || pagina 27 || www.ucuntu.org ||

Ucuntu.org - supplemento telematico a“i Cordai” - Dirett.respons. Riccardo OriolesReg. Trib. Catania 6/10/2006 nº26Progetto grafico: Luca Salici e R.Oriolesda un'idea di Piergiorgio Maoloni

Page 28: Ucuntu n.118

Siciliani Siciliani

“A che serve essere vivi, se non c'èil coraggio di lottare?”

|| 25 settembre 2011 || pagina 28 || www.ucuntu.org ||