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Trimestrale di informazione - Anno 88 Aprile-Giugno 2016 N. 2 - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 Comma 2 DCB - Roma

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Page 1: Trimestrale di informazione - Anno 88 Aprile-Giugno 2016 N.2 ......Centro don Guanella. La differenza non la fanno, da solo, le strutture – la casa famiglia piuttosto che un Centro

Trimestrale di informazione - Anno 88 Aprile-Giugno 2016 N. 2 - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 Comma 2 DCB - Roma

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Sommario

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Per il cambio di indirizzo comunicare con il nuovo anche l’indirizzo precedente

Foto: Redazione de “La Voce dei Poveri di don Guanella”, Lorenzetti Fabio,Francesco Sabatelli, Pino Venerito, Osservatore Romano

TRULLO COMUNICAZIONE srlVia Domenico Fontana, 32 - 00185 Roma - Tel. +39 06.70.49.62.64 E-mail: [email protected]@trullocomunicazione.com

Finito di stampare nel mese di aprile 2016

AVVISO AI LETTORI

Cara lettrice, caro lettore,il Suo indirizzo fa parte dell’archivio elettronico della nostra rivista. Nelrispetto di quanto stabilito dalla legge n. 675/1996 per la tutela dei da-ti personali, chiamata “privacy”, che riguarda la segretezza delle proprieconvinzioni, comunichiamo che tale archivio è gestito dalla Congrega-zione dei Servi della Carità - Opera Don Guanella, ente proprietariodel suddetto periodico. I suoi dati, pertanto, non saranno oggetto dicomunicazione o diffusione a terzi. Per essi Lei potrà richiedere, inqualsiasi momento, modifiche, aggiornamento, integrazione o cancella-zione scrivendo all’attenzione del Direttore de “La Voce dei Poveri”.

Per sostenerel'Opera don Guanellacon offerte, lasciti, testamenti o legati,

vedere in fondo alla rivista a pag. 31

“Ognuno canti l’Alleluia, e col gaudio delle feste Pasquali, recuperi, acquisti o cementi nella propria famiglia e nella propria anima la gioia ineffabile della pace con Dio, con se stesso, con tutti”

(San Luigi Guanella)

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Lettera del Direttore

Dal PRI al Progetto di Vita

Casa S. Giuseppe luogo di riabilitazione

Come la famiglia di Nazaret (parte 1a)

Lavori di manutenzioni alle terrazze delle residenze

Pervasi da una nuova forza: il capodannocon i buoni figli

Agli amici del Don Guanella

Lettera ad Andrea

Il pellegrinaggio alla porta santa di S. Pietro

Carnevale, Passione Vivente

Opera Don GuanellaVia Aurelia Antica, 446 - 00165 RomaTel. 06/666011 - Fax 06/66601205E-mail: [email protected] responsabile: Don Mario Carrera

Autorizzazione Tribunale di Roma N. 432/84 dell’11-12-84con approvazione ecclesiastica

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Lettera del Superiore

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Cari amici lettori,non sarà sfuggito alla vostra attenzione la notizia che nello scorso mese di febbraio, il 29 per laprecisione, è approdato al Senato della Repubblica Italiana il testo del Decreto Legislativo deno-

minato “Dopo di noi”, licenziato con parere favorevole dalla Camera dei Deputati il 4 dello stesso mese. Il Decreto contiene importanti provvedimenti circa l’assistenza alle persone con disabilità grave, pri-

ve di assistenza familiare. Attuando i principi della “Carta dei diritti fondamentali” dell’Unione europea edella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, rappresenta un importante passo in avan-ti nell’affrontare una problematica drammatica che riguarda un numero rilevante di famiglie italiane. Idati elaborati dall’Istat, relativi all’anno 2014, ci consegna questo scenario: ci sono in Italia circa 3,2 mi-lioni di persone disabili, di cui 2,1 milioni considerate gravi, sulla base dei parametri fissati dall’ articolo4 della legge n. 104 del 1992. Di queste ultime, circa 630 mila vivono già da sole, senza genitori.

Il provvedimento riguarda in particolare le persone con gravi disturbi cognitivi e ha l’obiettivo di pro-muoverne l’inserimento in centri di riabilitazione, come il nostro, o residenze socio-sanitarie, come av-viene in altre regioni.

Il punto nevralgico del decreto è rappresentato dall’istituzione di un “fondo” per l’assistenza alle per-sone con disabilità grave e disabili prive del sostegno familiare, al quale sarà possibile accedere in pre-senza di alcuni requisiti. Il fondo sarà alimentato nel primo triennio con risorse statali pari a circa 240milioni di euro, con 90 milioni già stanziati nella Legge di Stabilità 2016, e potrà essere incrementatocon interventi di Regioni, enti locali, organismi del terzo settore e privati.

Le risorse disponibili verranno utilizzate per realizzare programmi ed interventi innovativi di residen-zialità, diretti alla creazione di alloggi, come ad esempio “case famiglia” per disabili, con l’intento di svi-luppare programmi per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile ai disabili senza as-sistenza. I criteri di ingresso in questo “sistema” saranno definiti da un decreto congiunto del Ministerodell’economia e delle finanze e del Ministero del Lavoro, che dovrà essere emanato entro sei mesi dal-l’entrata in vigore della legge.

Toccherà alle Regioni stabilire i criteri per l’erogazione dei finanziamenti, la verifica delle attività svol-te e gli eventuali provvedimenti di revoca dei finanziamenti.

Il decreto contempla, anche, tutta una serie di agevolazioni fiscali a favore dei “trust” costituiti in fa-vore delle persone con disabilità grave che hanno come finalità esclusiva la cura e l’assistenza della stes-sa persona disabile, a partire dall’esenzione dall’applicazione dell’imposta di successione sui trasferimen-ti di beni (donazioni, eredità…) e di diritti con i quali è alimentato il fondo “in trust”. Tra queste agevo-lazioni di natura fiscale, compare, pure, l’incremento della detrazione per le polizze assicurative finaliz-zate alla tutela dei disabili: in dichiarazione dei redditi sale da 530 a 750 euro la detraibilità dei premi

IL FUTURODEI DISABILI GRAVI

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Lettera del Superiore

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per assicurazioni versati per rischi di morte. Questo aspetto è stato motivo acceso di discussione inparlamento e terreno di scontro politico. Si teme, giustamente, che le assicurazioni possano “approfit-tare” per lauti guadagni, speculando sulla condizione delle persone disabili.

Oltre a questo “regalo” alle compagnie di assicurazione, le associazioni che operano nel settore han-no lamentato soprattutto la mancanza di misure sufficienti per attivare percorsi di de-istituzionalizzazio-ne e assicurare la permanenza delle persone con disabilità grave nel proprio contesto ambientale. Neltesto del decreto sembra di rintracciare un filo rosso che lega tutto insieme ed è la preoccupazione di“ridurre il rischio di istituzionalizzazione”.

E qui proprio non ci siamo. Mi chiedo: ma perché questa corrività nei confronti delle istituzioni, co-me la nostra, che si prodigano in favore delle persone con disabilità? Certo, i recenti casi di abusi per-petrati ai danni di questo nostri fratelli più piccoli in alcune strutture, considerate anche “di eccellenza”,suscitano indignazione e diventano occasione di scandalo. Ma, mi chiedo, è corretto fare di ogni erbaun fascio? È corretto combattere a morte contro i Centri riabilitativi solo perché qualche scellerato di-pendente/operatore, senza cuore e senza cervello, compie gesti che sono da addebitare alla volontàdei singoli piuttosto che a programmi e percorsi di riabilitazione che sono sempre di buona qualità, ri-cercati e voluti dalle equipe direttive di questi Centri?

Siamo proprio sicuri che “le “case famiglia”, gli “appartamenti attrezzati” siano l’unico modello per ga-rantire un futuro dignitoso alle persone con disabilità? Dal mio punto di vista, la soluzione del proble-ma non sta nell’elevare il modello “casa famiglia” ad unico modello, ma esattamente nel contrario, neldiversificare i modelli, perché le persone con disabilità non hanno tutte i medesimi bisogni. Più è ampiala gamma dei modelli, più è alta la possibilità di intercettare i bisogni delle persone con disabilità e ga-rantire loro una più alta qualità di vita.

Il papà di un nostro ospite, intervistato in merito al decreto, così ha dichiarato: «Mio figlio in una ca-sa famiglia non ce lo vedo. Mio figlio deve essere assistito nella sua autonomia. La legge non sarà riso-lutiva, ma ho sostenuto la proposta. Oggi mio figlio è ospitato al Don Guanella, ma questa legge ci per-mette di sperare in qualcosa di più. L’istituzionalizzazione non esiste e anche il privato non va demoniz-zato. Il pubblico non può fare tutto e il privato, purché ben controllato e indirizzato, può essere d’aiu-to. Il punto è il controllo».

Implementare “programmi di accrescimento della consapevolezza, programmi di abilitazione edi sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggiorlivello di autonomia possibile delle persone con disabilità” intellettiva – come propone il comma d) del-l’articolo 4 del decreto cosiddetto “Dopo di noi” è esattamente il programma riabilitativo del nostroCentro don Guanella. La differenza non la fanno, da solo, le strutture – la casa famiglia piuttosto che unCentro di riabilitazione -, ma i programmi, i progetti, il personale ben motivato e professionalmentesempre aggiornato. Questi aspetti vanno curati bene. Piuttosto che demonizzare i Centri di riabilitazio-ne, il decreto legislativo si proponga di dare indirizzi chiari in merito a questo aspetto. Sicuramente sene avvantaggeranno le persone con disabilità, ed è ciò che ci sta veramente a cuore.

Don Pino VeneritoDirettore

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La comunità scientifica, or-mai da alcuni decenni, staconfermando importanti

intuizioni del nostro Fondatoree sta lanciando alle nostre Case,attraverso vari documenti uffi-ciali e linee guida, la sfida di di-mostrare scientificamente ciòche professiamo.

Il linguaggio utilizzato daglistudiosi o, peggio, dalle normati-ve, a volte ci porta ad assumereun atteggiamento difensivo ge-nerato, forse, da una sensazionedi distanza e incomunicabilità.Probabilmente in questo ambitochiedere al Signore il “dono del-le lingue” significa proprio riusci-

re a far comunicare realtà distin-te, ma ormai allineabili.

L’Organizzazione Mondialedella Sanità definisce la salutecome “uno stato di completobenessere fisico, mentale e so-ciale e non semplicemente as-senza di malattia o infermità”. Ilnostro dare “Pane e Paradiso”

DARE A TUTTI “PANE E PARADISO”DAL PROGETTO RIABILITATIVO

INDIVIDUALEAL PROGETTO DI VITA

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con fede, amore e competenzarisuona particolarmente attuale.In ambito internazionale si èconsolidato il passaggio dal mo-dello biomedico a quello bio-psico-sociale dal quale emergeuna visione generale dell’attivitàumana che include dimensionibiologiche, psicologiche e sociali;il benessere o malessere dell’in-dividuo risiede non solo nell’or-ganismo biologico ma anchenella qualità delle sue relazioni enel pieno sviluppo delle sue po-tenzialità.

Nell’ambito specifico dei di-sturbi del neurosviluppo è inte-ressante notare che le linee gui-da nazionali AIRIM (2010) utiliz-zino addirittura un linguaggio anoi familiare. Dal PRI (Progetto

Riabilitativo Individualizzato) si èpassati al Progetto di Vita spo-sando un modello teorico cheintegra gli aspetti clinici, funzio-nali e personali. Potremmo direche, accanto al Pane, si sta co-gliendo tutta l’importanza del

Paradiso, ovvero di tutto quel-l’insieme di istanze personali cheil cuore di ogni essere umanoporta con sé. È ormai scientifica-mente provato che un interven-to riabilitativo per i nostri “buo-ni figli” debba partire dall’osser-

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vazione attenta dei bisogni dellapersona e dall’ascolto profondodei suoi desideri e aspirazioni,per poi lavorare sulle potenziali-tà. In questa cornice teorica, an-che gli aspetti spirituali del piùgrave dei nostri “ragazzi” trova-no una piena collocazione.

Secondo le citate linee guida,il Progetto di vita è un insiemedi proposizioni elaborate dal-l’equipe multidisciplinare. Deveesplicitare le “finalità generali”che ispirano il lavoro di tuttal’equipe, con riferimento ai do-mini di qualità della vita. Il pro-getto comprende tutto ciò checi si propone di compiere per ilraggiungimento di tali finalità eobiettivi generali tramite un in-sieme articolato di programmitra loro sinergici e organizzatiper aree. Il progetto pertantodeve essere inteso come l’insie-me organizzato delle risposte edegli interventi che accompa-gnano la persona disabile neisuoi cicli di vita, seguendone lamodificazione dei bisogni nelledifferenti fasce d’età, in relazione

agli ecosistemi in cui è inserito,con l’obiettivo di garantirgli lapiù alta qualità di vita possibile.

Nella strutturazione del pro-getto di vita si dovrebbe preve-dere la presenza di 3 tipologie dimete: mete cliniche, che hannocome oggetto la condizione dimalattia e identificano degliobiettivi di prevenzione, guari-gione, riduzione dei sintomi e,più in generale una condizionedi benessere psico-fisico; metefunzionali, che hanno come og-getto il funzionamento dellapersona all’interno del suo eco-sistema e sono orientate al mi-gliore adattamento possibile;mete personali che hanno comeoggetto le aspettative e i deside-ri della persona disabile al fine digarantire il maggior grado possi-bile di realizzazione personale.

Gli approfondimenti rispettoal notevole allineamento tra leattuali indicazioni della comunitàscientifica e la nostra tradizionepotrebbero essere numerosi at-traverso molti altri esempi, tut-tavia rimane ancora una profon-

da diversità di metodo. Mentrela scienza ci chiede l’applicazio-ne di un metodo rigoroso e laverifica attenta delle nostre atti-vità attraverso la misurazioneesatta degli outcomes, la nostratradizione spesso ci porta a di-fendere una certa libertà diazione. Forse potremmo porciuna domanda: cosa stiamo di-fendendo? Personalmente nonsono certo che le richieste dellascienza e delle normative sianocosì negative come a volte lepercepiamo. Così come non so-no certo che numeri, statistichee checklist, siano così incompati-bili con il nostro carisma.

Senza voler azzardare alcunaconclusione, penso che sia im-portante difendere la propriaspecificità senza, tuttavia, cederealla tentazione rassicurante del-l’autoreferenzialità. Per ridareslancio al ruolo profetico che dasempre ha contraddistinto lanostra Opera, potrebbe essercidi aiuto imparare a parlare lin-gue nuove e diffondere in modomoderno, eventualmente anchecon grafici e numeri, un messag-gio antico. Probabilmente anchein questo ambito si tratta di co-niugare innovazione e tradizionein quel sapiente equilibrio dovedue parti apparentemente con-trapposte si rinforzano a vicen-da. Infatti non può esserci verainnovazione senza l’agganciocon la tradizione, né vera tradi-zione senza l’apertura all’innova-zione.

Francesco CannellaDirettore delle attività

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Oltre i limiti dell’assisten-za ai disabili intellettivi.Oltre una immaginabi-

le riabilitazione della disabilitàpsicofisica e psicosensoriale, chespesso ha le sue radici nei di-sturbi del neurosviluppo.

Nel cuore dell’Aurelia Antica,laddove Roma si dispone a rag-giungere il mare, collocate all’in-terno di un parco pieno di albe-ri secolari e prati fioriti, sorgonole residenze del Centro di Riabi-litazione Opera Don Guanella,Casa S. Giuseppe.

“È vero, siamo oltre una nor-male assistenza alla disabilitàmentale. - sostiene la direttricesanitaria, dr.ssa Simonetta Maga-ri, d’accordo col direttore dellaCasa, don Pino Venerito – Siamooltre anche il concetto di riabili-tazione, proprio perché spessocerchiamo di dare una “abilità” achi non l’ha mai avuta!”

“Dove ci porta questo “ol-tre”, dr.ssa Magari? – chiedo conl’interesse di chi ha appena ini-ziato le funzioni di consulentepsichiatra dell’intera struttura.

“Verso un obiettivo ambizio-so e semplice nello stesso tem-po: la qualità della vita. _ rispon-de la collega – Ovvero, l’obietti-vo di permettere a coloro che,per cause prenatali, perinatali epostnatali hanno acquisito pato-logie che intaccano a vari livelli

le loro abilità intellettive, di vive-re appieno le risorse residue eraggiungere il funzionamentoadattivo ottimale, che vuol direnon solo restituire dignità a chi èportatore di una disabilità intel-lettiva che limita l’autonomia el’efficienza intellettiva, ma anchestimolare con tutti i mezzi l’ac-quisizione di capacità di ordineconcettuale, sociale e pratico.”

Mi rendo conto di quantol’obiettivo da raggiungere, ossiala migliore qualità della vita pos-sibile per i disabili intellettivi, siapresente in tutta l’organizzazio-ne del Centro Don GuanellaCasa S. Giuseppe. La stessa col-locazione delle quattro residen-ze (le tre più recenti, Emmaus,Betania, Nazareth, ciascuna di-

sposta ad L, con due reparti (A-B) a piano unico mansardato, lapiù antica S. Giuseppe, edificiostorico a tre piani) fa in modoche l’ambiente prenda la formadi un villaggio mediterraneo, conlarghi spazi esterni, piazzole eviali in mezzo al verde.

In questo spazio gradevole eben tenuto, si svolge la vita diquasi 200 residenti di sesso ma-schile, i quali vengono accettati eaccolti, se è indicato, anche pertutta la vita. Oltre l’assistenza, ol-tre la riabilitazione.

Sembrano obiettivi impossi-bili se si misura l’entità dei di-sturbi presentati dai residenti,che provengono in gran partedal Lazio ma anche da altre re-gioni d’Italia. Errori congeniti del

CASA S. GIUSEPPELUOGO DI RIABILITAZIONE

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metabolismo, malformazioni ce-rebrali, conseguenze di malattiematerne, encefalopatie neonata-li, danni postnatali di varia natu-ra, in particolare patologie de-mielinizzanti, disturbi convulsivi,etc. Disturbi spesso concomi-tanti e associati a disturbi dellospettro dell’autismo e disturbimotori, sensoriali o di altro tipo.

Eppure il Centro Don Gua-nella incarna gli obiettivi ambi-ziosi che si propone, mettendoin atto le procedure consone.Anche se il fine principale siadare, a chi non basta a se stessoe non può vivere senza il sup-porto degli altri, una casa e unaqualità di vita degna di questonome.

Il Centro è organizzato inmodo da assicurare il massimodella assistenza medica, psicolo-gica e infermieristica ai propriresidenti. I responsabili dellestrutture residenziali sono infattimedici e psicologi di grandeesperienza, presenti tutti i giornidella settimana. Ogni residenzaha un medico internista respon-sabile e si avvale di consulenti(neurologo, psichiatra, fisiatra,dietologo, epilettologo, cardiolo-go) che intervengono sulla com-plessa mole di disturbi presenta-ti da ciascun paziente.

L’accuratezza della vigilanza edei trattamenti medici del Cen-tro, pur riflettendo le norme or-ganizzative di una normale strut-

tura ospedaliera (con valutazionidiagnostiche e trattamenti far-macologici), non è l’unico ele-mento che agisce a favore delbenessere dei residenti. Fonda-mentale è ciò che si svolge nelleresidenze in funzione educativae rieducativa, per opera di per-sonale specializzato, articolatonelle due figure: oss (operatoresocio-sanitario) ed educatore(tecnico professionale con for-mazione universitaria). Oss ededucatori svolgono la loro attivi-tà nei reparti e nelle stanze deiresidenti, supportandoli nella cu-ra della persona e nelle ordinarieoccupazioni della vita di relazio-ne (compresi i pasti e il riposo).In tal modo, i residenti possono

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usufruire di due canali contem-poranei e convergenti di assi-stenza: infermieristica ed educa-zionale, con la particolarità di es-sere sempre accuditi, notte egiorno, da personale specializza-to e impegnato nel lavoro riabili-tativo e risocializzante.

La riabilitazione si svolge inmaniera più accurata e tecnicaanche ad opera di altre figureprofessionali (fisioterapista, logo-pedista, musico terapista, psico-motricista, maestro d’arte) cheoperano sia all’interno delle re-sidenze, sia in laboratori specialiattrezzati con gli strumenti rela-tivi. La vita dei residenti si artico-la così in momenti di vita ordina-ria di tipo domestico, nelle resi-denze, e in momenti di attivitàriabilitative psicomotorie, occu-pazionali ed educative che sisvolgono secondo cadenze set-timanali stabilite dalle equipe ria-bilitative.

Lo svolgimento delle attivitàoccupazionali mira a restituire airesidenti la finalità di compiereprocedure complesse come: co-struire oggetti, seguendo le indi-cazioni di terapisti occupaziona-li, o dedicarsi alla coltivazionedella terra e all’allevamento dianimali domestici, con il suppor-to di equipe di operatori ededucatori.

Altra caratteristica del Cen-tro di riabilitazione è il contattocon i familiari e i tutori dei resi-denti. Infatti, benché la presa incarico di questi ultimi sia totale,si cerca di garantire la vicinanzacon le loro famiglie, sia consen-

tendo ad esse visite frequenti,sia facilitando periodici soggiornidegli interessati presso le comu-nità di origine. In base all’auto-nomia residua, poi, sono facilitatianche i contatti dei residenti conl’ambiente esterno al Centro, inmodo da mantenere la giustaosmosi con il territorio circo-stante e con la vita cittadina emetropolitana. Naturalmente, lagamma delle iniziative e deiprovvedimenti atti a consentirelo scambio osmotico della vitaresidenziale e quella del territo-rio dipendono dal risultato del-l’integrazione tra i compiti di ac-curata vigilanza dei responsabilidi residenza, dalla presenza di unservizio di assistenza sociale effi-ciente e dal contributo dei vo-lontari.

Diretta espressione dell’aper-tura verso l’esterno, è il ricorsoannuale all’utilizzo della sede esti-va di Passoscuro (Stella Maris),dove vengono trasferiti, nei mesidi luglio e agosto, coloro tra i re-sidenti che hanno le risorse psi-comotorie sufficienti a poter frui-re delle attività che si svolgono invicinanza del mare, compresa labalneazione, sotto lo sguardo vi-gile di os ed educatori.

Il Centro possiede inoltreun’interfaccia di tipo riabilitativoanche non residenziale. In parti-colare, è implicata la fascia d’etàche va dall’infanzia all’adolescen-za (attività ambulatoriale) e dal-l’età post-scolare alla condizioneadulta (attività semiresidenziale).

Quanto esposto vuole daresolo una visione d’insieme delle

numerose attività e competenzedella Casa S. Giuseppe. Se si en-tra in dettaglio, se si procede al-l’interno delle strutture, si per-cepisce quello che difficilmenteuna descrizione riesce a rappre-sentare.

Da una parte, si coglie il disa-gio che la condizione della disa-bilità intellettiva può indurre inchi la osserva. Ma immediata-mente, un’impressione viva vie-ne comunicata dall’interventocostante e instancabile di colo-ro, tutti gli operatori, medici, psi-cologi, passando per gli infermie-ri, gli assistenti, gli educatori, perfinire agli amministrativi e ai re-sponsabili di vario livello, i qualisi muovono accanto ai disabili efanno in modo di spingere la di-sabilità stessa verso il funziona-mento adattivo e la vita dei resi-denti verso una qualità di vitaottimale. Per un Centro di riabi-litazione concepito per i disabiliintellettivi non è poco.

È tanto però per i valori diuna società che si definisce evo-luta e talvolta dimentica e tra-scura chi non può reclamare isuoi diritti ed esigere le risposteai propri bisogni.

Alla fine di questa breve ras-segna, due sono le parole chevengono in mente pensando al-la Casa S. Giuseppe. Parole deri-vate dai fatti, visti e vissuti, e cheriassumono il senso di un’orga-nizzazione e del lavoro di tantepersone: dignità umana e spe-ranza.

Giuseppe LagoConsulente psichiatra

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INTRODUZIONE

Il “come” del titolo dice riferimento a un “modello”.

Dice riferimento ad una modalità, un modo diessere, più in concreto ad un modello, nel nostrocaso un modello educativo. E questo potrebbespaventarci, perché il modello, in genere, crea an-sie più che virtù; particolarmente oggi, immersicome siamo nella cultura del “look”, costantemen-te sollecitati a misurarci con modelli e modelleche alla fine risultano “inarrivabili”, anche quandola bravura del soggetto produce performances dialto livello e può avvicinarsi moltissimo al suo mo-dello, essere “tale e quale a…”.

Tra l’altro, quello della Famiglia di Nazaret, è unmodello che non scegliamo, secondo i nostri gusti- e sui gusti non si discute -, ma ci è “donato” dal-la nostra esperienza di fede di cristiani. Un model-lo che ci è donato, ma perché abbiamo fatto unascelta: la fede è scelta di vita, chiamata e risposta,dono e responsabilità. Non una imposizione.

La pedagogia dei modelli: punti di forza e punti difragilità.

Precisiamo qualche concetto: nel campo dellapedagogia, che cosa si intende per modello? Nonsono uno studioso; sento dire che ci sono pareridiversi tra gli esperti del settore. Senza voler ad-

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Don Guanella chi?

COME LA FAMIGLIA DI NAZARETH

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dentrarmi nei particolari, con buona approssima-zione possiamo dire che il “modello” rappresentauno schema di connessione tra una finalità, checostituisce una peculiare interpretazione dellaproblematica educativa, e un insieme di praticheeducative, che acquistano senso e legittimità in re-lazione ad essa. Per dirla con parole più semplici,un modello corrisponde ad una meta da raggiun-gere, un ideale, e questo ideale in qualche modoesercita una precisa valenza normativa: è capace diispirare e guidare la concreta organizzazione dellavita. Adottare un modello significa, dunque, adot-tare uno schema-guida per la realizzazione diqualcosa, per la realizzazione di se stessi in qualcheambito particolare (ad es. la dimensione sportiva,la dimensione artistica, nella professione, nella san-tità …).

La pedagogia dei modelli presenta punti di fra-gilità, ma anche indubbi punti di forza. Non è que-sta la sede per dilungarci nell’esaminare questipunti: ne varrebbe la pena, ma il nostro obiettivooggi è un altro. Ci limitiamo a qualche rapido ac-

cenno.Tra i limiti, va sicuramente menzionato il fatto

che il modello impone alla persona un “dover es-sere” che la può schiacciare, annullare, e persinoallontanarla dalla sua vera identità. Ci sarà sempreuno “scarto” tra modello e realtà. È una bella sfidaquella di voler rimanere se stessi e nello stessotempo “assomigliare” a qualcuno.

Tra gli aspetti positivi, mettiamo in risalto, tra itanti, l’energia incoraggiante che viene alla perso-na dal fatto che qualcuno abbia percorso con suc-cesso la strada che sta percorrendo: come lui, an-ch’io! Come lui/lei/loro, anche noi!

Viviamo in una società “liquida”, in uno stato di“emergenza educativa”.

Il sociologo e filosofo polacco Zygmund Bau-man ha scritto che viviamo immersi in una socie-tà che ha perso qualsiasi punto di riferimento so-lido, in cui ogni norma, principio, regola sociale sidecompone e si ricompone, in modo vacillante e

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Don Guanella chi?

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incerto, fluido e volatile. Definisce la nostra “unasocietà liquida”.

Significa che, mentre in passato, ed anche nel-l’età moderna, tutto era dato come una solida co-struzione, un “sistema” di valori, di pensieri, ai no-stri giorni, invece ogni aspetto della vita può venirrimodellato artificialmente. Dunque, nulla ha con-torni nitidi, definiti e fissati una volta per tutte.Troppo flessibile è divenuta la realtà perché si pos-sa costruire un qualcosa di stabile e duraturo neltempo. La “vita è liquida” perché mancano puntifermi e tutto cambia velocemente. Stiamo ancoraimparando come affrontare una situazione, ma nelfrattempo la realtà è cambiata e i nostri strumen-ti di interpretazione e di analisi diventano subitoinadeguati. Tutto si mescola e tutto si presenta di-verso da come era nel passato

Ciò non può che influire sulle relazioni umane,divenute ormai precarie in quanto non ci si vuolesentire ingabbiati. Ciò non può che influire anchesu tutto ciò che ci viene consegnato, donato dalla“tradizione”, dall’esperienza, dalla storia. Se in pas-sato, la questione principale era quella di costrui-re un’identità e stabilizzarla, oggi si rende necessa-rio evitare qualsiasi tipo di fissazione: non a caso,la parola d’ordine oggi circa la questione dell’iden-tità è “riciclare”. Se in passato la figura del pellegri-no meglio serviva a definire l’uomo in quanto sog-getto che costruisce la sua vita, il suo futuro, la suaidentità, conscio e sicuro che domani ci sarà un fu-turo, che ci sarà un domani, oggi – dice Bauman –l’immagine che meglio rappresenta l’uomo è quel-la del vagabondo: non ha radici e stabilità, esatta-mente come si presenta il mondo in cui ora si tro-va a vivere.

Nel passato la società ha fatto proprio il prin-cipio della “realtà”, cioè ha scelto come paradigmal’ordine e la regolamentazione per ottenere la si-curezza, rinunciando alla libertà. Oggi, invece, suc-cede il contrario perché regna sovrano il principiodella libertà individuale e del piacere legato alconsumo immediato. Ma in entrambi i casi non c’ètraccia di felicità. Infatti, più aumenta la libertà, piùdiminuisce la felicità e viceversa. In questa situazio-

ne domina l’incertezza, l’ansia, l’angoscia. È il tem-po della crisi di identità personale e sociale ma an-che della “voglia di comunità”, della “globalizzazio-ne”.

Connessa alla perdita di punti fermi e stabili, siè venuta a creare una vera e propria “emergenzaeducativa”. Emergenza i cui connotati principali misembrano i seguenti. Esiste nell’adulto, in chi cioèha la responsabilità di far fronte all’emergenza, unaprofonda incertezza sulla stessa necessità o sensa-tezza dell’atto educativo così come esso era statopensato e praticato da secoli nella nostra nazionee in Europa. Inoltre la “agenzia educativa” per emi-nenza, la famiglia, sta conoscendo una crisi di iden-tità istituzionale quale mai aveva conosciuto pri-ma. A ciò, e non da ultimo, deve aggiungersi la gra-ve incertezza legislativa circa l’istituzione scolasti-ca, il cui percorso di riforma non è ancora giuntoad un approdo sicuro e certo. L’ultima recente ri-forma varata dal governo, presentata come “labuona scuola”, è criticata da molti come la riformadella “scuola alla buona”.

Il papa emerito, Benedetto XVI, il 21 gennaiodel 2008 inviò alla diocesi e alla città di Roma unaLettera “Sul compito urgente dell’educazione” in cuiripropose con forza la necessità di riscoprire deivalori comuni ai quali rifarsi per far sì che la socie-tà tutta possa tornare ad essere fondata su qual-cosa di solido, di oggettivo, di condiviso. Ha parla-to di un «urgente compito di educazione» perchéè «dall’educazione che dipende il futuro di tutto ilmondo». «Proprio da qui - ha scritto BenedettoXVI - nasce la difficoltà forse più profonda per unavera opera educativa: alla radice della crisi del-l’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vi-ta».

Una vera educazione – prosegue nel docu-mento il papa emerito - ha bisogno anzitutto «diquella vicinanza e di quella fiducia che nasconodall’amore». Ogni vero educatore «sa che pereducare deve donare qualcosa di se stesso e chesoltanto così può aiutare i suoi allievi a superaregli egoismi e a diventare a loro volta capaci di au-tentico amore».

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Don Guanella chi?

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Don Guanella chi?

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Il punto forse più delicato dell’opera educati-va – puntualizza il documento - è «trovare ungiusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. Sen-za regole di comportamento e di vita, fatte va-lere giorno per giorno anche nelle piccole cose,non si forma il carattere e non si viene prepara-ti ad affrontare le prove che non mancherannoin futuro». Il rapporto educativo, tuttavia, - si ri-badisce nel documento - è «anzitutto l’incontro

di due libertà e l’educazione ben riuscita è for-mazione al retto uso della libertà. L’educatore èquindi un testimone della verità e del bene: cer-to, anch’egli è fragile e può mancare, ma cerche-rà sempre di nuovo di mettersi in sintonia con lasua missione».

È uno scenario preoccupante; sembrerebbeuna missione impossibile. No! Qualcosa possiamofare, partendo dalla nostra realtà: giocare la no-stra libertà, il nostro senso di responsabilità. «Laresponsabilità è in primo luogo personale, ma c’èanche una responsabilità che condividiamo insie-me, come cittadini di una stessa città e di una na-zione, come membri della famiglia umana e, sesiamo credenti, come figli di un unico Dio e mem-bri della Chiesa. Di fatto le idee, gli stili di vita, leleggi, gli orientamenti complessivi della società incui viviamo, e l’immagine che essa dà di se stessaattraverso i mezzi di comunicazione, esercitanoun grande influsso sulla formazione delle nuovegenerazioni, per il bene ma spesso anche per ilmale. La società però non è un’astrazione; alla fi-ne siamo noi stessi, tutti insieme, con gli orienta-menti, le regole e i rappresentanti che ci diamo,sebbene siano diversi i ruoli e le responsabilità diciascuno. C’è bisogno dunque del contributo diognuno di noi, di ogni persona, famiglia o grupposociale, perché la società diventi un ambiente piùfavorevole all’educazione» (BENEDETTO XVI, Lette-ra alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’edu-cazione, 2008).

IL CARISMA GUANELLIANO DELLA CARITÀ

E LO SPIRITO DI FAMIGLIA

In questo compito tanto urgente quanto deli-cato, possiamo trovare nel carisma guanellianodella misericordia evangelica verso i poveri e nel-la particolare esperienza spirituale di don LuigiGuanella un valido sostegno.

I carismi, come sappiamo, sono doni “particola-ri” che Dio fa ad alcuni individui per il bene di tut-ta la sua Chiesa. Come tutti gli altri fondatori efondatrici, anche s. Luigi Guanella, ha avuto un do-

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no particolare da Dio, un “carisma”: un cuore dicarità e di tenerezza verso i fratelli bisognosi. Nel-le Costituzioni dei Servi della Carità si afferma: «Dal-lo Spirito Santo don Luigi Guanella fu dotato di uncuore filiale e misericordioso, capace di sentireDio come “Abbà, Padre”, che ricco di bontà e diprovvidenza, di tutti gli uomini vuol fare una solafamiglia» (n. 2)

Nella risposta a questo dono, prese forma in luiun particolare “spirito”, cioè un modo concreto diamare Dio, abbandonandosi come un fanciullo trale sue braccia, e di rapportarsi con la realtà delcreato, in particolare con i propri fratelli, metten-dosi generosamente al loro servizio. Dal dono ri-cevuto è scaturito, cioè, un insieme “particolare” dicomportamenti di fronte a Dio, a se stesso, agliuomini, alla storia e ai singoli avvenimenti nellacontinuità della vita. «Questo spirito è per noil’eredità più preziosa lasciatoci dal Fondatore»(Costituzioni dei Servi della Carità, n. 9).

Il focus, il nucleo incandescente della spirituali-tà di don Guanella è la certezza che “Dio ci è Pa-dre”. La paternità di Dio è la realtà in cui si inca-nala tutta la vita spirituale di don Guanella; questacertezza non solo lo conquista, ma lo coinvolgetotalmente, gli capovolge una concezione pessimi-stica della vita, gli illumina il mistero della umanitàafflitta dalla miseria riscaldandola con il fuoco di unamore eccezionale. La certezza dell’amore del Pa-dre si esplica in un rapporto semplice, tenero esereno con Lui e con i gli altri, tutti, percepiti co-me fratelli, membri della stessa famiglia: Dio è Pa-dre non solo di me, ma di tutti, tutti siamo la suafamiglia.

Tanto ne era convinto, che nei testi normativiper le congregazioni cui stava dando vita, poseuna regola ben precisa: «nelle opere (case) tutti,religiosi e assistiti, educatori e allievi, nel rispettodelle diverse vocazioni vivano insieme e forminouna sola grande Casa della Provvidenza, sotto losguardo dell’unico Padre» (LDP 1895, p. 270; Re-golamento interno FSC 1899). Il n. 13 delle Costi-tuzioni dei Servi della Carità riprende e rilanciaquesto desiderio/progetto del Fondatore. Il testo

parte proprio dalla citazione che ho appena ri-chiamato e prosegue in questo modo: «Nella Fa-miglia di Nazaret egli ci ha indicato l’immagineesemplare di vita familiare, caratterizzata da sem-plicità, confidenza e completa disponibilità ai vo-leri del Padre».

Eccoci, dunque, arrivati al modello della famigliadi Nazaret. Naturalmente, don Guanella non hainventato questo modello, ma lo ha assunto dalVangelo e lo ha “inglobato” nella sua spiritualità.

LA FAMIGLIA DI NAZARET (il modello)

Che cosa ci dice il Vangelo? Rileggiamo con cal-ma il testo di Luca (2,21-52).

I tratti salienti di questo “modello”, comeemergono dalle parole del Vangelo, li possiamocosi riassumere:

tutti i membri della Famiglia cercano e compio-no la volontà del Padre;

Maria e Giuseppe accettano la fatica di cono-scere Gesù; Maria “custodiva tutte queste cose”nel suo cuore;

Gesù, pur consapevole che ha da compiere lavolontà del Padre, si sottomette a Maria e Giusep-pe;

nelle relazioni regnano sovrane semplicità eumiltà;

una vita familiare vissuta nel silenzio, lontana dai“riflettori” della cronaca.

Nella plurisecolare tradizione della Chiesa, laFamiglia di Nazaret spesso è stata fatta oggetto dimeditazione e di approfondimenti da parte di san-ti, studiosi della bibbia, pastori, teologi, fedeli lai-ci…; impossibile qui tentare di farne seppur unarapida carrellata. Mi limito ad una sola citazione; èpiuttosto recente, ma mi sembra particolarmentesuggestiva. È il discorso che Paolo VI tenne nellabasilica dell’Annunciazione a Nazaret, nella sua vi-sita del 5 gennaio 1964. (Segui sul prossimo nu-mero)

Don Pino Venerito

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Vita del Centro

Le residenze Nazaret, Beta-nia ed Emmaus sono statecostruite alla fine degli an-

ni ’90. Co trascorrere del tem-po, sono affiorati vari problemicausati da infiltrazione d’acquapiovana, dovuti al deterioramen-to delle impermeabilizzazionisulle terrazze, causate probabil-mente dalle forti escursioni ter-miche cui sono soggette; in par-ticolare nelle residenze Betaniaed Emmaus.

Risultate non risolutive alcu-ne riparazioni effettuate nel cor-so degli ultimi anni, la Direzionedella Casa ha deciso di procede-re con soluzioni più radicali, rea-lizzando un nuovo manto di co-pertura che dia ampie garanzieper il futuro.

Dopo un’attenta analisi co-sti/benefici e considerando lagrande superficie da impermea-bilizzare (circa 3.200 mq), hascelto di realizzare tale manto di

copertura attraverso la stesuraa secco di fogli impermeabili sin-tetici a base di poliolefine fissatimeccanicamente, tipo di imper-meabilizzazione molto usate perrealizzare piscine.

L’attività di manutenzionestraordinaria è articolata in di-verse fasi, la prima delle qualiconsiste in una generale bonificadei terrazzi oggetto di interven-to. Si procede infatti ad una revi-sione degli intonaci dei parapet-ti ed una attenta pulizia delle pa-vimentazioni esistenti, togliendola ghiaia, le mattonelle rotte edaltri residui; rendendo, quindi, lasuperficie adatta alla posa delmanto impermeabile.

La seconda fase prevede lastesura a secco del manto sinte-tico, facendo passare, lo stesso,al di sotto dei supporti in calce-struzzo dell’impianto fotovoltai-

co. Dopo aver fissato meccani-camente i teli saranno createdelle aree pavimentate in corri-spondenza delle uscite.

Gli esperti e i tecnici consul-tati ci rassicurano che con que-sto sistema il problema delle in-filtrazioni sarà risolto; la ditta,scelta per l’esecuzione dei lavo-ri, dal canto suo ha garantito,con assicurazione decennale,che per diversi anni le residenzeBetania ed Emmaus dovrebberogodere di serenità dal punto divista delle intemperie.

I lavori sono stati iniziati nelloscorso mese di febbraio e do-vrebbero essere ultimati nel me-se di maggio.

Architetto Alessandro Duma

MANUTENZIONIAI TETTI DELLE RESIDENZE

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Come ogni anno tanti gio-vani guanelliani hannorallegrato il capodanno

degli ospiti del Centro di riabili-tazione per disabili dell’OperaDon Guanella a Roma. Que-st’anno sono stati 16 i giovani, dietà compresa tra i 17 e i 26 an-ni, provenienti dalle realtà gua-nelliane di Bari e Messina, che sisono incontrati dal 28 dicembreal 1 gennaio per vivere un’espe-rienza di servizio, spiritualità, maanche di divertimento.

Tra questi, per la prima volta,c’ero anche io.

Ogni giorno aiutavamo glioperatori del centro nelle attivi-tà con i “buoni figli”, come ama-va chiamarli San Luigi Guanella,scoprendo contemporanea-mente le gioie e le difficoltà divivere con loro. I sorrisi di alcunisi confondevano con gli sguardivuoti di altri, le tante parole diqualcuno erano annullate da si-lenzi, alle volte altrettanto elo-quenti, altre volte incomprensi-bili tanto da rivelarsi delle veresfide, specie per me che mi avvi-cinavo a loro per la prima volta.

Certamente i due eventi piùspeciali sono stati il presepe vi-vente e il cenone di Capodanno,due momenti in cui abbiamoavuto modo, ancora una volta,non solo di servire i “buoni figli”ma anche di condividere con lo-ro e con gli operatori le nostre

capacità, le nostre forze e le no-stre emozioni. Nello svolgimen-to e nell’organizzazione del pre-sepe, ad esempio, tutti noi, comela maggior parte degli ospiti,avevamo un ruolo attivo che ciaveva reso una grande squadra,poi ricompensata dal caloroso

applauso del pubblico accorsoper partecipare all’evento.

Ma l’evento eccezionale diquesto capodanno è stato, siaper noi giovani che per alcunidei “buoni figli”, il pellegrinaggioverso la Porta Santa della Basili-ca di San Pietro: un’esperienzache si è rivelata un’ottima occa-sione per sperimentare e con-

dividere la misericordia di Dio inquesto anno giubilare straordi-nario.

Alla fine di questa esperienzami sento di ringraziare coloro iquali mi hanno spinto a parteci-parvi perchè qui ho ritrovato lagrinta e la serenità che stavo

perdendo a causa di una vitafrenetica. Come me, anche gli al-tri volontari si sono sentiti rige-nerati, pervasi da una nuova for-za trasmessa dagli occhi e daipiccoli e spontanei gesti dei“buoni figli” ed è per questo chevi invito caldamente a prenderviparte.

Giovani dell’M2G

PERVASI DA UNA NUOVA FORZA:IL CAPODANNO CON I BUONI FIGLI

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Vita del Centro

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Carissimi,sono qui a scrivervi, perché dopo duesettimane lontana da voi, vorrei raccontar-

vi le mie considerazioni e congratularmi per l’effi-cienza del vostro operato.

Appena arrivata mi è sembrato tutto moltostrano; ero appena entrata a far parte di una real-tà totalmente differente dalla mia. Non ho avutopaura, anzi, ero entusiasta di conoscere i ragazzi,aiutarli e farli divertire. Nei primi giorni ho osser-vato, dopodiché ho preso coraggio ed, affiancata

agli operatori, ho potuto compiere piccoli gesticome dargli i pasti, vestirli e portarli a fare unapasseggiata o semplicemente accompagnarli in te-rapia; gesti molto piccoli ma che mi hanno riempi-to il cuore di gioia.

In un mese sono riuscita a diventare una “pic-cola operatrice”, e ne vado fiera.

I vostri ragazzi sono meravigliosi, ed ognuno, amodo suo, mi ha trasmesso una miriade di emo-

zioni. Li ho avvertiti come dei bambini tramutati inanziani e adulti. Mi sono resa conto che gli basta-va un piccolo gesto per renderli felici e strappar-gli un sorriso.

In un mese li ho conosciuti abbastanza, e mimancano, mi manca vederli sorridere quando en-travo in stanza al mattino ed incrociavo il lorosguardo...

Per quanto riguarda gli operatori, non avrei po-tuto avere “mentori” migliori, sin dal primo giornosono riusciti a farmi sentire a mio agio. Un ringra-ziamento speciale a tutti loro: con la loro simpatiae con l’amore per la professione, sono stati in gra-do di accogliermi come solo delle persone con uncuore grande possono fare.

Molti di loro lavorano da anni e posso assicu-rare che non sono per niente stanchi di farlo; an-zi, la passione è intensa e costante, come avere ache fare con dei fratelli. Mi hanno insegnato tantoe li porterò sempre nel cuore.

Ringrazio profondamente le educatrici e glieducatori, così preparati, umili, dolci e pronti sem-pre ad aiutare i pazienti, che li amano; vi stimo perla vostra perspicacia, dopo tanti anni di lavoro nel-la stessa struttura.

Vi Ringrazio per avermi dato la possibilità di vi-vere quest’esperienza meravigliosa, che mi ha fat-to capire moltissime cose e che sicuramente mifarà crescere ancor di più.

Io lì, insieme a tutti voi mi sentivo a casa, è sta-to difficilissimo lasciarvi, tanti i pianti e l’umore aterra... Resterete tutti un bellissimo ricordo!

Un giorno tornerò a fare volontariato, e per-ché no, per lavorarci. Siete una famiglia, una gran-de famiglia, di quelle che lasciano senza parole.Grazie infinitamente. Un saluto a tutti voi.

Annarita Guarino

Vita del Centro

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AGLI AMICI DEL DON GUANELLA

Vita del Centro

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Solo qualche parola per dirvi che sono statacontenta di vivere questa bellissima espe-rienza con voi.

Grazie per la vostra accoglienza e per tutta laricchezza in umanità che esprimete, per il rispettocon cui trattate ciascuno degli ospiti.

All’inizio ero abitata dalla paura, ma la vostrapresenza mi ha fatto andare oltre i miei timori esono sempre venuta con gioia.

Anche se la realtà del Centro a volte è difficile,non lo fate pesare e riuscite a far emergere la gio-ia, la forza di vita presente in ciascuno.

Le Eucaristie celebrate al Don Guanella sonosempre state per me piene di vita e mi hanno per-messo di sperimentare la presenza reale di Cristoche si dona gratuitamente a ciascuno di noi. Mi hasempre commosso vedere l’attenzione con laquale veniva data la comunione a ciascuno degliospiti. Grazie per tutto quello che ho imparato davoi nel silenzio. Avrei tante cose da dirvi, ma l’es-senziale è che è stata un’esperienza che non di-menticherò mai. Vi porterò sempre nel mio cuo-re, rimaniamo uniti nella preghiera.

Marie Raymonde

Caro Andrea,è la prima volta che mi

trovo a scrivere una lettera dicommiato per qualcuno chenon c’è più e anche se il mo-mento dei saluti è sempremolto triste non voglio farmitravolgere dallo sconfortoperché, proprio ripensando ate, posso affermare con asso-luta certezza, che tu vera-mente triste non lo sei maistato.

Ti piaceva irrompere esorprendere tutti con unafrase ad effetto, una battuta,una imitazione maldestra ebuffa oppure scimmiottare eprendere in giro chiunque, solo per dimostrare atutti che c’eri anche tu.

Non volevi mai passare inosservato! Ed è an-che grazie a questa tua personalità prorompenteche, era il tuo marchio di fabbrica, riuscivi semprea strappare un sorriso, una risata, persino unoscappellotto amichevole.

Oggi il laboratorio, senza di te, è inevitabilmen-te più vuoto. Ci mancherai eccome!

E ci mancheranno la tuaallegria e quel piglio da eter-no rompiscatole, quale ti pia-ceva essere; così come le fra-si colorite e le risate isterichein quel faccione sempre sor-ridente, sornione, da veroimpunito. Ci mancherà quelmodo tutto tuo di affibbiarci isopranomi e persino le paro-lacce torneranno ad avere untono meno familiare. Infine, cimancherà quella tua innatapredisposizione alla musica, alcanto e al ballo: momenti incui esprimevi, davvero, tuttala tua voglia di vivere. Quan-to abbiamo riso assieme!

Da quando entrasti al Don Guanella nel lonta-no 1969 questa è sempre stata casa tua ed è perquesto motivo che ogni venerdì ti rattristavi. Nonte ne saresti mai andato! A modo tuo, hai vissutoda protagonista e in questa settimana, così specia-le, ci lasci da protagonista ma ci conforta il fattoche ti sappiamo in ottime mani.

Gianluca RossettiRoma, 21 marzo 2016

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Non senza un accento profetico, PapaFrancesco ha messo in essere una pro-fonda ispirazione evangelica. Gesù, mise-

ricordia incarnata del Padre, dono perfetto al-l’umanità intera, interpella credenti e non creden-ti. Invita tutti a fare esperienza del perdono, dellagioia dell’incontro, della nuova via nella quale l’uo-mo ritrova sé stesso e la sua straordinaria poten-zialità.

Il termine “misericordia” porta ad entrare nelproprio cuore, fonte da cui emana l’amore per l’al-tro, riconoscendo la propria realtà, a volte meschi-na; sa ricevere ed offrire perdono nella gioia del-l’incontro e della comunione e contagiare di gioia

quanti, sotto il peso della sofferenza, hanno spen-to lo smalto del proprio sorriso. Don Pozzi, con

ANNO SANTODELLA MISERICORDIA

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L’angolo della fede

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l’abilità che gli è propria, ha preparato i nostri ra-gazzi spiritualmente e materialmente per il pelle-grinaggio e l’acquisto dell’indulgenza della PortaSanta nel centro stesso della cristianità: la basilicadi San Pietro.

I nostri ragazzi si sono messi in pellegrinaggioper raggiungere ed attraversare la Porta Santadella Misericordia. Hanno vissuto con grande par-tecipazione i momenti qualificanti del pellegrinag-gio segnalati da Papa Francesco nella stessa Bolladi indizione del Giubileo: “Misericordiae vultus”.

Con una preparazione appropriata fatta a“gocce d’acqua”, hanno vissuto la preparazionescandita dal senso dell’impegno, del valore del sa-crificio, della presa di coscienza delle proprie con-traddizioni quali: giudicare l’altro, ferirlo con paro-le (chiacchiere… dice il Papa) e con atteggiamen-ti e comportamenti; parlarne male. Prese di di-stanza che significano negare il saluto, ignorare l’al-tro. Nelle semplici catechesi fatte a ritmo giorna-liero o quasi, li si è aiutati a riscoprire e vivere i va-

lori di riscoprire il buono che c’è in ciascuno dinoi, vivendo soprattutto le dimensioni del perdo-no e del dono.

Così, a partire dal 18 febbraio, per cinque gio-vedì consecutivi, si è messa in movimento la pic-cola carovana del Don Guanella che dal piazzaleantistante via della Conciliazione ha percorso, can-tando e pregando, via della Conciliazione fino araggiungere l’altare della confessione in San Pietro.

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L’angolo della fede

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Qui, dopo un breve momento di raccoglimento insilenzio, il gruppo ha fatto la propria professione difede ed ha pregato per la Chiesa, per il Papa, peri propri famigliari ed amici. Con il cuore rigonfio digioia e commozione, i “nostri ragazzi”, accompa-gnati dagli operatori, da alcuni cooperatori e vo-lontari, oltre che dai religiosi della comunità, han-no fatto ritorno a casa, raccontando a tutti la pro-pria esperienza che ha toccato i cuori.

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L’angolo della fede

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Per rendere più viva e personale la partecipa-zione, i ragazzi, compresi quelli del Diurno e del-l’Ambulatorio, sono stati riuniti in gruppi con i lo-ro operatori ed in cinque volte ogni giovedì mat-

tina sono stati accompagnati in questo specialepellegrinaggio della misericordia, che resterà nei ri-cordi belli della loro vita.

Don Adelio

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Per i nuovi iscritti al Pane di S. Antonioi Religiosi con tutti i nostri Ospiti assicurano preghiere di suffragio

Arnaldi Attilio, Moncelsi Angelo, Rulli Marcella, Ugo, Panegrossi Luciano, Cacciamani Raffaello, DiPaolo Francesco, Franchin Bruno.

Benefattori e Amici defuntiAprile - Giugno 2016

Tessa Luigia, Bonacina Emilia, Marchisio Emma, Benedetti Vincenza, Improta Rita, Della Santa Lu-ciano, Nennella Toro D’Agostino. BERNARDINI DINO, PERILLI GIANCARLO, QUARTO CATALDO, (ospiti della nostra Casa S.Giuseppe).

Gratitudine e preghiere quotidianeai nostri BENEFATTORI

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LA PREGHIERA PER I VIVI E PER I DEFUNTIÈ IL REGALO PIÙ BELLO……e all’Opera don Guanellanon passa mai di moda

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Come si può aiutare direttamentela Casa S. Giuseppe-Opera Don GuanellaLa carità è industriosa e inesauribile nelle sue prestazioni: da sola sa trovare infinite vie perfar giungere il suo dono.

Splendida testimonianza di sentita carità è quella che spinge a regalare un po’ del propriotempo per visitare ed aiutare più direttamente.

Conoscere induce anche a far conoscere. Per questo siamo grati a quanti fanno conosce-re l’Opera sia attraverso visite, sia tramite bollettino.

Chi desiderasse prolungare la propria opera di bene anche nel futuro, può disporre, pertestamento, lasciti o legati o donazioni in favore dell’Opera nostra. In tal caso, consiglia-mo la seguente formula:

“Lascio (oppure dono) all’Opera Don Guanella Casa San GiuseppeVia Aurelia Antica, 446 Roma...”.

L’Istituto è ENTE GIURIDICO (R.D. 2-7-1931 e 2-1-1932)

Oltre al merito presso Dio e alla doverosa riconoscenza dei nostri ospiti, i Benefattori:• sono ricordati nella celebrazione di una S. Messa settimanale e,• nel mese di novembre, durante la celebrazione della S. Messa quotidiana.

Per l’invio di offerte, il mezzo più economico è l’avvalersidel Conto Corrente Postale n. 414003

oppure l’IBAN Postale IT88 H0760103 2000 0000 0414 003

Conto Corrente Bancario: Cod. IBAN: IT47 V056 9603 2040 0000 7135 X62Banca Popolare di Sondrio - Agenzia n. 4 - Roma

Intestato a: Opera Don GuanellaVia Aurelia Antica, 446 - 00165 Roma

Per appuntamenti, spiegazioni, telefonare al numero 06.66601456 (mattina)Posta elettronica: [email protected]

Per venirci a trovare: autobus 98, 881, 889, 892. Metro A Cornelia e bus 889

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Page 32: Trimestrale di informazione - Anno 88 Aprile-Giugno 2016 N.2 ......Centro don Guanella. La differenza non la fanno, da solo, le strutture – la casa famiglia piuttosto che un Centro

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