tommaso d'aquino - somma teologica - 30 iii, s. 21-40. scomunica,indulgenza, estrema unzione, ordine

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Carissimi, altro doppio Tommaso: purtroppo manca il 28° volume. Non so se riesco a recuperarlo. Se qualcuno ci riuscisse prima di me, lo ringrazio:

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  • S. TOMMASO D'AQUINO

    LA SOMMA TEOLOGICA

    TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI

    TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA

    xxx SCOMUNICA E INDULGENZE

    ESTREMA UNZIONE E ORDINE SACRO (Suppi., qq. 21 .. 40)

    CASA EDITRICE ADRIANO SALANI

  • Nihil obstat Fr. LudoYicus Mcrlini, O. P.

    Doct. S. Thcologiac

    Fr. Albertus Boccancgra, O. P. Doct. Philosophiae et Lect. S. Thcologiae

    Imprimi potest Fr. Lconardus Magrini, O. P.

    Prior Provincialis S. Marci et Sardiniae Fiorentine dic XVI Novcmbris MCMLXXI

    IMPRIMATUR Facsulis die XX Novembris MCMLXXI

    t Ar:tonius Bagnoli Episc.

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    MCMLXXI - Casa Editrice Adriano Salani S.p.A. ---- --- --

    Tip. Poliglotta Univ. Gregoriana, Roma - MCMLXXI - Printed in Italy

  • SCOMUNICA E INDULGENZE (Suppi., qq. 21-28)

  • SCOMUNICA E INDULGENZE (Suppl., qq. 21-28)

    A cura di P. Tito S. Centi, O. P. e di P. Angelo Urru, O. P.

  • INTRODUZIONE

    I - Nelle prime otto questioni del volume XXX continua il trattato sulla Penitenza, che ha occupato con la sua mole imponente tutto il volume XXIX. La tirannia dello spazio ha imposto questo smembramento nella nostra edizione bi-lingue della Somma Teologica.

    Ma forse non tutto il male vien per nuocere ; poich l'in-naturale suddivisione ci offre il pretesto, se non altro, di trat-tare con una certa ampiezza due questioni di attualit : le censure ecclesiastiche e le indulgenze. S. Tommaso aveva dedicato pochi articoli a codesti temi nel suo Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo. Da essi l'ignoto compilatore del Supplemento ha ricavato sette brevi questioni (qq. 21-27), limitandosi a disporre i testi dell'Aquinate secondo lo schema espositivo della Somma '1.1eologica.

    A chi fosse in vena di contestare il tono di attualit del nostro discorso, diremo subito che per noi la Somma Teo-logica non un cimelio storico : un libro sempre attualis-simo per la riflessione teologica. E d'altra parte anche quando ce ne servissimo di pretesto per discutere i nostri problemi, non faremmo che seguire l'esempio di S. Tommaso, il quale ha trovato modo di trattare della scomunica, sviluppando pochi accenni vaghi di Pietro Lombardo ; e non ha esitato a parlare delle indulgenze, mentre il libro che egli commen-tava non ne parlava affatto.

    I La scomunica tema di attualit.

    2 - All'inizio del 1969 la rivista internazionale di teologia Ooncilium ha offerto ai suoi lettori una delle sue pi clamo-

  • 8 SC0:\1UXICA E INDULGEN"ZE

    rose sorprese. Il primo numero dell'annata si apre con una Dichiarazione sulla libert e la funzione della teologia nella chiesa,>, firmata dai redattori e da non pochi collaboratori, la cui celebrit indiscutibile.

    Secondo codesti teologi, tutti pi o meno illustri, sarebbe per rispuntare attualmente la possibilit d'una minaccia sulla libert del lavoro teologico '> ; e per questo si sono sen-titi spinti a fare una serie di proposte costruttive , che in sostanza si riducono a una serie di condizionamenti del magi-stero ecclesiastico nelle sue funzioni disciplinari mediante una Commissione di teologi , che dovrebbe essere gradita all'eventuale malcapitato il quale fosse sottoposto a un giu-dizio presso la Congregazione per la Dottrina della :b,ede.

    Intanto la rivista Ooncilium faceva seguire alla dichiara-zione e alle 38 firme un formulario gi pronto di adesione, proponendolo ai professori di teologia . Si sollecita va, in-somma, un pronunciamento da parte della base, per sventare le manovre della reazione in agguato ... - Naturalmente questi sistemi hanno lasciato perplessi e contrariati non pochi col-leghi, i quali hanno espresso le loro autorevoli riserve soprat-tutto per il tono allarmistico della dichiarazione stessa. Ma le riserve fatte confidenzialmente sono innumerevoli, a co-minciare dall'ortografia. Quell'insistenza, p. es., a scrivere il termine chiesa cattolica con la lettera minuscola, mentre tutte le altre istituzioni, esistenti e non esistenti, compresa la Oonioiis8ione dei teologi da loro proposta, vengano presen-tate con tanto di maiuscola, d l'idea del fanatismo e della pignoleria antitradizionalista con la quale si lavora nella redazione di Oonciliiim. Vien fatto di pensare che questi redattori neghino implicitamente l'istituzionalit della Chiesa.

    A nostro giudizio la cosa che rende pi intollerabile co-desta iniziativa l'inopportunit di intralciare l'opera di vigilanza e di correzione, che il magistero deve continuare a svolgere per mandato divino, in un momento come questo, in cui, per un eccesso di irenismo, si delineano pericoli gra-vissimi per la fede cattolica. Poich se di una cosa si deve oggi rimproverare la gerarchia, proprio del difetto contrario a quello temuto da quegli illustri teologi. Per quanto ci ri-sulta dai grandi organi di informazione, cosi raro il caso di punizioni esemplari e di censure, da far dubitare seria-mente della loro esistenza nella prassi attuale della Chiesa.

    Il discorso che stiamo per iniziare sulla scomunica, e sulle censure ecclesiastiche in genere, non dei pi facili ai tempi che corrono. Siamo convinti per della necessit assoluta

  • INTRODUZIONE 9

    di non abbandonare le armi della censura e della correzione, se ci premono le anime che Cristo ha redento con il suo san-gue. - Sappiamo bene che il Concilio Vaticano II, rompen-dola con la tradizione ininterrotta della Chiesa, ha ignorato del tutto le scomuniche e le altre censure. Per usare un lin-guaggio scolastico diremo che le ha ignorate e in actu exer-cito e in actu signato, cio le ha ignorate sia in pratica che in teoria. Non detto per che l'ultimo Concilio abbia inteso condannare la dottrina cattolica gi definita in proposito, negando alla Chiesa la facolt di scomunicare. Ma il clima che ne derivato non certo favorevole all'applicazione di quei rimedi, anche quando la gravit dei fatti l'esigerebbe.

    D'altra parte il Concilio non ha certo inventato per conto proprio questo spirito di tolleranza ; ma lo ha accettato come un presupposto per il dialogo col mondo contempo-raneo, dove esso ha prevalso in una misura davvero inaccet-tabile. Infatti in molte nazioni democratiche, imbevute di cultura occidentale, alla base della reciproca tolleranza. si trovano sistemi di pensiero che si riallacciano all'agnosti-cismo, al fenomenismo, e al pragmatismo. Naturalmente i Padri Conciliari hanno inteso accettare uno stile di tolleranza, senza suffragare l'errore da cui esso in molte parti scatu-rito. Anzi i Padri hanno respinto espressamente un certo fenomenismo e agnosticismo, derivante da una infatuazione per i metodi della ricerca scientifica positiva ( cfr. Gaudium et Spes, n. 57). - E nella tanto discussa Dichiarazione sulla libert religiosa, in cui si raggiunto restremo limite della tolleranza, i Padri hanno tenuto a precisare che le loro parole riguardano l'immunit dalla coercizione nella societ civile, lasciando intatta la dottrina tradizionale cattolica sul do-vere morale dei singoli e della societ verso la vera religione dell'unica Chiesa (n. I). D'altra parte , essi dichiarano con un senso di realismo ben comprensibile, non sembrano pochi (oggi] quelli che, sotto il pretesto della libert respin-gono ogni dipendenza o apprezzano poco la dovuta obbe-dienza (ibid. n. 8).

    Il problema della tolleranza ha fatto s che nei riguardi dei fratelli separati, facenti capo alle sotte ereticali ripetuta-mente colpite dalla scomunica, si adottato un atteggiamento di comprensione, di cui molti non vedono e non accettano pi i limiti. - Verso la Chiesa ortodossa si fatto qualche cosa di pi. Il 7 Dicembre 1965 S. S. Paolo VI e il Patriarca Atenagora pubblicarono una dichiarazione comune, in cui venivano abolite le scomuniche reciproche della Chiesa Ro-

  • 10 SCOMUNICA E INDULGENZE

    mana e della Chiesa cli Costantinopoli che risaliv-ano al tempo di Michele Cerulario [anno 1054].

    3 - Stando cos le cose c' proprio da chiedersi se sia an-cora il caso cli parlare delle censure in un trattato di teo-logia. Vien fatto per di pensare che se le censure sono oggi praticamente contestate, senza una chiarificazione dottri-nale, si corre il rischio di accantonarle per motivi irrazionali, che potranno a vere facilmente un influsso deleterio sulla vita della Chiesa. Guardandoci intorno non certo il caso di fare gli ottimisti ingenui ad ogni costo. Ormai gli scandali nel clero e nel popolo sono stati denunziati apertamente dai pastori, senza sottintesi. Il Sommo Pontefice in questo ha dato a tutti l'esempio. Dobbiamo quindi chiederci, se i pastori della Chiesa si possano dispensare dal dovere della corre-zione mediante la censura, quando i richiami paterni cadono sistematicamente nel vuoto.

    Alcuni forse saranno tentati di pensare che un discorso chiaro e completo in proposito spetti ai canonisti pi che ai teologi ; ma nessuno dei nostri colleghi si sentir disposto a cedere il proprio diritto di discutere le basi teologiche di questa facolt-dovere, che la gerarchia ecclesiastica ha sem-pre rivendicato. Spetta al teologo esaminare non tanto le singole censure, quanto piuttosto le fonti di questo potere coercitivo, le quali vanno ricercate nella rivelazione clivina, e discutere l'opportunit o meno di infliggere, nei casi concreti che occorrono ordinariamente, tali castighi.

    S. Tommaso d~ Aquino, per rifarci all'esempio pi illustre e pertinente al nostro lavoro, non ebbe il tempo cli comple-tare il trattato De Poenitentia nella Somma Teologica, ma nel commentare le Sentenze di Pietro Lombardo non aveva omesso di discutere anche questa funzione del potere delle chiavi, come del resto suggeriva lesempio dei grandi maestri che l'avevano preceduto, prendendo in esame soprattutto la scomunica (cfr. 4 Sent., d. 18, q. 2, aa. 1-5). Qualcuno anche cli recente ha scritto che scomunica e indulgenze nelrespo-sizione tomistica sono come delle appendici al trattato sulla penitenza 1 Tale pu essere l'impressione di chi considera il Supplemento come opera originale. Ma se noi riportiamo quei testi entro la stesura originaria del commentario, ve-diamo che il maestro dei teologi, seguendo con la compren-sione pi vigile il testo delle Sentenze, considera il problema delle censure strettamente connesso con il potere dei mini-

    1 Cfr. ARTU'.80;ALoNeo LOBO, In Suma Eapan., t. XIV, p. 441.

  • INTRODUZIONE Il

    stri, sia nell'amministrazione della penitenza, che nel compito ingrato della correzione e fraterna e giudiziaria (cfr. ibid., d. 18, div. text. ; d. 19, q. 1, prol., q. 2).

    4 - Constatiamo cosl un fatto sorprendente : l'Aquinate, pur non avendo a disposizione le conoscenze storiche suffi-cienti intorno alla prassi sacramentale della Chiesa dei primi secoli, ha intravisto nella scomunica un fatto intimamente connesso con la penitenza. Ora, noi sappiamo che la scomu-nica era il primo atto di quella penitenza pubblica, che nei primi secoli era riservata ai peccati pi gravi, e terminava con la riconciliazione del peccatore con Dio e con la Chiesa 1 Perci un trattato completo sull'argomento della penitenza, privo di un capitolo almeno dedicato alla scomunica, oggi da considerarsi inaccettabile. E neppure convince la divi-sione salomonica dei manuali moderni di teologia, che riman-dano alla morale il trattato delle censure, mentre svolgono in dogmatica il tema delle indulgenze.

    Questa riscoperta del sistema penitenziale pi antico mette bene in luce l'incongruenza della cosiddetta Riforma, che vide nelle scomuniche e nelle altre censure uno strumento disci-plinare contrario al sentimento genuino e spontaneo del cri-stianesimo primitivo. I cristiani dei primi secoli non avevano difficolt a riconoscersi peccatori, e quindi bisognosi di correzione.

    Il rigore stesso, col quale nei primi secoli venne ammini-strata la penitenza pubblica per i peccati pi gravi, dovrebbe imporre ai vescovi e ai teologi una seria riflessione su11e esi-genze deJla disciplina all'interno della Chiesa, per evitare lo scadimento progressivo della pubblica moralit. Quel non ammettere alla penitenza i recidivi, se da una parte spa-venta, dall'altra ci costringe a un confronto imbarazzante. - Sicut unum baptisma ita una poenitentia ; come c' un solo battesimo cosl c' un'unica penitenza , afferma S. Am-brogio (2 De Poenitentia, c. 10). E S. Agostino giustifica ap-punto codesto rigore con le esigenze della disciplina: af-finch la medicina non diventi meno efficace per i malati ; poich essa sar tanto pi salutare quanto meno sar disprez-zabile e a buon mercato (Ep. 153, 7).

    La scomunica per, che introduceva il peccatore pentito nello stato dei penitenti, non deve essere confusa cos sempli-cemente con quella di cui l'autorit ecclesiastica si serviva per reprimere I' audacia dei fedeli ribelli e contumaci. Tuttavia

    1 Ctr. ANCIAUX P . Le sacrement de la Pnitence. Lovanio, 1963. pp. 60 es. ;POBCB llAliN B Le Pnitence d l"Onction es maladu. Pa.rigt, 1966, pp. 80 88.

  • 12 SCOMUNICA E INDULGENZE

    l'una e raltra promanano sostanzialmente dall'identico potere e mirano al medesimo scopo : ricondurre alrovile le pecore sbandate. Si tratta di pene medicinali. Ma per accidens le censure vere e proprie possono considerarsi pene vendica-ti ve : cio nel caso in cui l'ostinazione dello scomunicato ri-duce la censura inflitta a un puro mezzo di pressione morale sul gregge dei fedeli, perch questi si astengano dal seguirne l'esempio. e anche un elemento intrinseco a distinguerle, secondo S. Tommaso : la scomunica inflitta ai contumaci priva costoro dei suffragi pubblici della Chiesa ( cfr. q. 21, a. 1) ; mentre quella cui si sottoponevano volontariamente i penitenti sollecitava piuttosto codesti suffragi da tutta l'as-semblea dei fedeli.

    Il potere di infliggere le censure.

    5 - Dopo aver precisato il concetto di scomunica, S. Tom-maso prende in e~amo questo secondo quesito : Se la Chiesa abbia il dovere di scomunicare qualcuno ( q. 21, a. 2). I commentatori invece e i manualisti pi recenti si chiedono piuttosto, se la Chiesa ne abbia il potere. La diversa imposta-zione del quesito si spiega con la necessit, in cui si sono trovati i teologi pi recenti, di difendere codesto potere dalle negazioni dei politicanti e dogli eretici.

    La prima aporta ncgaziono della scomunica pare che ri-salga alla lotta delle investiture. Infatti il Sinodo Latera-nense del 1102, tenuto contro i fautori dello scomunicato Enrico IV, prescrisse a tutti i metropoliti d'occidente questa formula : Anatematizzo tutte le eresie, e specialmente quella che turba lo stato della Chiesa attuale, ossia quella che inse-gna e propugna ridea di doversi disprezzare la scomunica (anathema) e tutti i legamenti della Chiesa (cfr. DENZ.-S., 704).

    Non meraviglia affatto ritrovare que~ta idea sotto la penna di Marsilio da Padova [1275-1343J, a servizio delle aspira-zioni antipapali di Ludovico il Bavaro ; e sotto quella di Giov. Wyclif [1320-1384], iniziatore del movimento dei Lollardi, che si propag in Boemia corno primo fermento della pseudo-riforma (cfr. Ibid., 945, 1129-1135, 1161-1163, 1180, 1271-73).

    In questo campo Lutero [1483-1545] non ebbe che da rac-cogliere quanto costoro avevano seminato, affermando, in aperta sfida contro il papato, che i Cristiani devono essere ammaestrati pi ad amare che a temere la scomunica (cfr. DENZ.-S., 1474).

  • INTRODUZIONE 13

    6 - La contestazione dei protestanti scaten la reazione dei cattolici; cosicch gli apologisti si posero animosamente all'opera, per difendere la legittimit delle censure in genere e della scomunica in particolare. Ecco quanto ha scritto in proposito Tommaso Campanella [1568-1639], che ebbe modo di conoscere a fondo il travaglio spirituale del secolo XVI : Tutti coloro che sono entrati nella Chiesa, la quale il regno dei cieli, comunicano coi santi nel vincolo della carit, nella grazia santificante, nell'uso dei sacramenti, nei suffragi co-muni e finalmente nella pratica naturale e civile, cio nelle funzioni della societ, nei saluti, nella mensa e nella convi-venza. Infatti " noi siam tutti '', come fu detto, " un unico corpo", e quelli che rompono una cosi grande comunione, sono indegni di essa. Onde anche nella societ degli infedeli, quando qualcuno offende il bene comune o lede i privati cittadini, viene dal principe separato dal corpo sociale, o colla morte, coll"esilio, o col carcere, oppure viene privato dei mezzi con cui ha leso gli altri, cio della mano, o del piede o del denaro, o dei fondi, che sono appunto gli strumenti onde usano gli uomini per benfare o malf are. Il medesimo avviene nella Chiesa di Cristo, che cio tutti coloro che vio-lano questa comunione, meritano di essere privati di essa ed espulsi da essa o totalmente o parzialmente : questa la scomunica, come il vocabolo stesso manifesta. E questo il Cristo stesso comand che si facesse nella sua Chiesa, dicendo in Matt. 18 : " Se non avr ascoltato la Chiesa, sia per te come un pagano e un pubblicano ". Ora i pagani sono fuori della Chiesa, e dunque il Signore comanda che costui sia scomu-nicato, come tutti i Dottori spiegano e innanzi tutto il Cristo stesso : " Se il tuo occhio ti scandalizza, strappalo e gettalo lontano da te ''. Il medesimo si trova comandato in }lare. 9 e in Giov. 2 : " Non date loro nemmeno il saluto ", e in Tit. 3 : " Dopo la prima e la seconda correzione, evita l' ere-tico ", e nella 1 Gor., 5 : " Con tali uomini non prendere nem-meno il cibo", e nella 2 Tess. 3: "non accompagnatevi con lui, affinch resti confuso ''.

    E invero gli A posto li esercitarono questo potere fino al punto di colpire (anche di morte corporale) quelli che viola-vano la comunione dei santi, qualche volta colla morte del-l'anima e del corpo, come fece S. Pietro ad Anania e Saffira (Atti, 5), qualche volta invece colla sola morte del corpo, affinch lo spirito andasse salvo, come fece r Apostolo Paolo consegnando a Satana il Corinzio incestuoso (1 Gor. 5) e Imeneo e Alessandro, abbandonandoli a Satana come carne-

  • 14 SCOMUNICA E INDULGENZE

    fice e torturatore, affinch imparassero a non bestemmiare ( 1 Tim. I). E questa pena, la inflissero anche alcuni santi, come attestato dal Crisostomo, dagli antichi Padri Teodo-reto e Apollinare e da S. Paolino nella Vita di S. Ambrogio, che abbandon al diavolo un servo di Stilicone . 1

    Il dovere della punizione.

    7 - Stabilito che la gerarchia della Chiesa ha il potere di scomunicare, resta da considerare se ne abbia il dovere, come intendeva concludere S. Tommaso. Invitiamo i nostri let-tori a leggere per intero larticolo del Supplemento che ab-biamo citato ; intanto possiamo anticipare qui il nucleo cen-trale della soluzione : Il modo di giudicare della Chiesa deve imitare quello di Dio. Ma Dio punisce i peccatori in diverse maniere per guidarli al bene : primo, con i castighi; secondo, abbandonando r uomo a se stesso affinch questi, privo degli aiuti che Io ritraevano dal male, riconosca la sua debolezza tornando umilmente a Dio dal quale si era allontanato con superbia. La Chiesa, con la scomunica, imita il modo di procedere divino in ambedue i casi. Imita cio il giudizio di Dio che castiga con le pene, separando [il colpevole] dalla comunione dei fedeli, " affinch ne arrossisca ". Mentre, escludendolo dai suffragi e dagli altri beni spirituali, imita il in odo

  • INTRODUZIONE 15

    protetto, affinch non si allontani dalla \Tia che conduce a codesto fine: e in rapporto a questo si dice che Jo governa. Terzo, qualora gli capiti di allontanarsene, attende di essere ricondotto sulla retta strada : e in rapporto a quest'ultimo compito si dice che lo corregge. Correzione che talora implica la restaurazione della giustizia da parte del suddito : quando cio, colui che aveva sbagliato si emenda per rinteressamento di cui oggetto; talora invece esige che il ripristino della rettitudine di giustizia gli venga imposto mediante i castighi, anche se egli per parte sua non si corregge. Chi per si allontanato dalla via retta pu esservi ricondotto in due ma-niere, come nota il Filosofo [10 Ethic., cc. 10, 14]: mediante il timore o l'odio di ci che disonora (per timorem turpis ), come quando uno detesta il peccato e ne prova vergogna ; oppure mediante il timore o rodio di ci che contrista (per timorem tristis), come quando uno per i castighi inflitti o pre-visti lascia il peccato. E poich questa seconda maniera implica una certa violenza, si parJa di correzione, esprimendo codesto termine l'idea di raddrizzamento... Da ci risulta chiaro che la seconda maniera di correggere spetta solo ai prelati, le cui parole hanno valore coercitivo mediante la comminazione dei castighi ; mentre la prima maniera non richiede una superiorit gerarchica ; sebbene anche i supe-riori debbano servirsene : poich [ordinariamente] anche i prelati non devono ricorrere al secondo tipo di correzione, senza prima aver adoperato il primo 1> (In 4 Sent., d. 19, q. 2, a. 1).

    I due tipi di correzione, spiegher meglio il Santo Dottore, si collocano su due piani diversi : sul piano della carit la correzione fraterna, sul piano della giustizia la correzione coercitiva e giuridica (cfr. II-II, q. 33, aa. 1, 3).

  • 16 SCOMUNICA E INDULGENZE

    si possono ridurre a quattro: a) la paura di far peggio pro-vocando la ribellione aperta, o addirittura uno scisma; b) il dovere di imitare la pazienza di Dio, il quale sopporta i pec-catori, senza sterminarli, o punirli immediatamente ; e) l' otti-mismo cristiano, che vede attuarsi nella storia un'evoluzione quasi fatale verso il meglio ; per cui si deve solo avere la pazienza di aspettare che le cose si aggiustino da s ; d) l'im-possibilit in cui ci troviamo, ai tempi che corrono, di far capire il vero significato della correzione e del castigo.

    Ora, evidente che codeste ragioni devono suggerire una certa maniera e misura nell'uso dei mezzi coercitivi; ma non sono sufficienti a dispensare i prelati dal dovere di adoperarli. Sappiamo bene infatti, anche per esperienza personale, che l'uomo portato dai suoi istinti mal repressi a sottrarsi al-l'impero della legge e della ragione ; se quindi si lascia a eia~ scuno la facolt di regolarsi col proprio criterio (magari con la pretesa che siamo oggi tutti pi maturi. .. ), non c' poi da meravigliarsi che i giovani pi audaci e ribelli ci rendano amara e difficile la vita.

    A coloro i quali non fossero ancora persuasi che la contesta-zione globale dei giovani promana direttamente dagli errori di chi doveva educarli, dedichiamo questa pagina meravi-gliosa d S. Tommaso : Por natura l'uomo ha una certa attitudine alla virt ; ma la perfezione di codesta virt viene da lui raggiunta mediante una disciplina. Del resto vediamo che l'uon10 fa franto ancho alle sue necessit di cibo e di vesti mediante l'industria personale, di cui la natura offre i primi elementi, cio la ragione e le mani, non per il completo svi-luppo come negli altri animali, cui la natura offre gi com-pleto il rivestimento e il cibo. Ora, l'uomo non risulta facil-mente preparato in se stesso a codesta disciplina. Poich la perfezione della virt consiste principalmente nel ritrarre ruomo dai piaceri illeciti, che attirano di pi, specialmente i giovani, sui quali la disciplina chiamata ad agire maggior-mente. Perci necessario che gli uomini siano applicati da altri a codesta disciplina, per poter raggiungere la virt. Ora, per quei giovani che sono portati ad atti virtuosi dalle buone disposizioni di natura, o dalla consuetudine, o pi ancora da un dono di Dio, basta la disciplina paterna, che si limita ai consigli. Siccome per non mancano i ribelli e i soggetti inclini al vizio, che non si lasciano muovere facil-mente dalle parole, era necessario ritrarli dal male con la forza e col timore; affinch desistendo dal mal fare, rendes-sero quieta agli altri la vita, ed essi stessi abituandosi a que-

  • INTRODUZIONE 17

    sto, arrivassero a compiere volontariamente quello che prima eseguivano per paura, e cosi diventassero virtuosi. Ebbene, codesta disciplina, che costringe con la paura della puni-zione, la disciplina della legge. Perci era necessario stabi~

    }ire delle leggi per la pace e per la virt degli uomini: poich, a detta del Filosofo, " come l'uomo se perfetto nella virt il migliore degli animali ; cosi se alieno dalla legge e dalla giustizia, il peggiore di tl!-tti" ; poich l'uomo, a differenza degli animali, ha le armi della ragione per soddisfare la sua concupiscenza e- la sua crudelt }). 1

    Perch la legge possa raggiungere gli scopi educativi accen-nati indispensabile che venga fatta rispettare anche col rigore delle sanzioni. E questo vero non solo per la legge civile, ma anche per quella ecclesiastica. Purtroppo pi difficile sul piano soprannaturale rendersi perf cttamente conto del vero bene comune da tutelare ad ogni costo con la disci-plina. Spesso infatti si confondono le prospettive, indulgendo a un certo naturalismo, in cui la carit viene scambiata con un cameratismo molto superficiale, senza tener conto del-l'avvertimento di S. Agostino : Non autem carnalis sed spiri-tualis inter vos debet esse dilectio (Regula).

    Le gravi responsabilit dei superiori ecclesiastici.

    9 - Pi ancora che dal malinteso sulf amore del prossimo la fobia delle censure promana da un amore malinteso verso se stessi. A giudizio di S. Caterina i superiori non puniscono perch dominati dall" amor proprio di s . E da codesto amor proprio nascono le paure. Si ha paura di passare per retrogradi ; di essere superati dagli eventi, ossia dalle riforme in atto in seno alla Chiesa stessa ; si ha paura degli organi di stampa caduti ormai sotto il controllo di preti e laici progres-sisti ; si ha paura di suscitare la ribellione aperta... Come se un nemico aperto non fosse preferibile, per la Chiesa stessa, a un elemento infido che scardina la societ dcll' interno.

    Ma ascoltiamo direttamente i rimproveri che la Santa Senese rivolge ai prelati del suo tempo, dopo aver elogiato, per bocca delr Eterno Padre, i santi pastori fioriti nella Chiesa nel corso dci secoli, prelati che correggevano senza timore servile, perch ne erano privi : Ora io voglio che tu sappia

    1 1-II, q. 91, ctr. q. 92, a. 2, ad 4: vedi voi. XII, pp. II0-112, p. 68.

    2 - xxx

  • 18 SCOMUNICA E INDULGENZE

    che per nessun'altra causa venuta tanta tenebra e divisione nel mondo tra secolari e religiosi, tra chierici e pastori della Santa Chiesa, se non perch il lume della giustizia mancato ed venuta la tenebra della ingiustizia.

    Nessuno Stato si pu conservare nella legge civile e nella legge divina di grazia senza la santa giustizia, perch colui, che non corretto e non corregge, fa come il membro che cominciato ad imputridire, se il cattivo medico vi pone subito l'unguento solo, no:ri brucia la piaga, tutto il corpo imputri-disce e si corrompe. Cosi il prelato, e gli altri signori che hanno sudditi, vedendo il membro del loro suddito essere imputridito per la puzza del peccato mortale, se vi pongono solo l'unguento della lusinga senza la riprensione, non gua-riscono mai, ma guasteranno le altre membra, che gli sono dintorno, e sono legate in uno stesso corpo ad uno stesso pastore. Ma se il prelato sar vero e buon medico di quelle anime, come erano questi gloriosi pastori, non dar l'unguento senza j] fuoco deJJa rjprens.ione, E se iJ membro fosse pure ostinato nel suo mal fare, lo toglier dalla comunit, acci che non infetti gli altri colla puzza del peccato mortale.

    Ma essi non fanno oggi cosi ; anzi fanno vista di non vedere. E sai tu perch 1 Perch in loro vive la radice del-l'amor proprio, da cui traggono il perverso timore servile. Per timore di perdere lo Stato le cose temporali o la prela-zione, non correggono, ma fanno come accecati, e per questo non conoscono in che modo si conservi lo Stato ; ch se vedessero come si conserva colla santa giustizia, la manter-rebbero. Ma poich sono privi del vero lume, non lo cono-scono; credendolo conservare colla ingiustizia, non ripren-dono i difetti dei loro sudditi ; ma sono ingannati dalla loro passione sensitiva e dalr appetito della signoria o della pre-lazione.

    Inoltre non correggono, perch essi sono in quei medesimi difetti, o anche maggiori. Si sentono presi nella colpa, e perci perdono r ardire e la sicurezza; legati dal timore ser-vile, fanno vista di non vedere. E se pure vedono, non cor-reggono . 1

    A questa requisitoria c' poco da aggiungere. C' solo da sperare che ne prendano atto non solo i nostri pastori, ma anche i teologi e i moralisti cristiani, che hanno il dovere di presentare le censure ecclesiastiche alla riflessione del clero

    1 S. CATERINA DA SIENA. Il Libro della Divina Dottrina. a cura del P. Angiolo Puccettl, Siena, 1937, vol. II, c. 119, pp. 56-58.

  • INTRODUZIONE 19

    e del laicato, non solo sotto la luce sinistra di gravi abusi cui si prestarono nel passato, ma anche nella prospettiva di quel rinnovamento esterno ed interiore auspicato da tutti i buoni cristiani in quest'epDca post-conciliare.

    certo per che questo rinnovamento richiede la fede in-condizionata verso tutto l'insegnamento evangelico. Ora, a base del potere coercitivo della Chiesa e del suo esercizio c' la fede nei rigori della giustizia divina nell'altra vita, come spiega il Card. C. J ournet :

  • 20 SCO:M.UNICA E INDULGENZE

    mediante le Penitenze stato creato in essa l'uso delle cosi dette Indulgenze. La Chiesa romana pretende che il Vescovo di Roma, con tali decreti di amnistia da lui scritti applicando il tesoro, come dice essa, dei meriti di Ges Cristo e di tutti i Santi - tesoro scoperto dalla fantasia Scolastica occidentale nel XIII secolo ha il diritto di accorciare o cancellare del tutto la pena dall'anima del peccatore, tanto in vita, quanto anche dopo la morte, nell'inferno o nelrimmaginario Purga-torio. Cos dispensa i vivi ed i morti dalla pena quando pos-sono arrivare al possesso di tale doeumento, i vivi diretta-mente, i morti mediante coloro che s'interessano per essi. L'uso delle Indulgenze deplorevole, perch la dottrina su di esse si poggia su sbagli ate presupposizioni, cio sulla necessit della soddisfazione della divina Giustizia con le Penitenze e r ammissione dell'esistenza di un tesoro dei meriti di altri a disposizione del Vescovo di Roma. Il tesoro in parola, si dice, costituito dagli infiniti meriti di Ges Cristo e da quelli della Vergine Maria, di tutti i Santi e dei pii fedeli, i cui meriti superano le pene che meritavano i loro peccati. -Tali meriti, per quanto enormi ed infiniti possano essere, non possono considerarsi come eccedenza che dia diritto ad un mortale di disporre, a pagamento, della pena delr anima altrui ed in pi indipendentemente dalla fede e dalle disposi-zioni di spirito di chi le pu comprare, facilitando cos la sal-vezza dei "ricchi epuloni" (l{ATSANEVAKIS BEN., I Sacra-menti della Chiesa ortodossa, Napoli, 1954, pp. 239).

    Nessun teologo cattolico disposto a riconoscere nella descrizione riferita i connotati delle indulgenze, ma una cari-catura molto polemica di esse. Sull'argon1onto abbiamo ormai un documento pontificio di alto valore dogmatico, nella costi-tuzione apostolica Indulgentiarum Doctrina, pubblicata da S.S. Paolo VI il 1 Gennaio 1967. E speria1no che in seguito i nostri fratelli separati vogliano prenderne atto, prima di pronunziarsi su un tema tanto discusso.

    2 - Noi in questa breve introduzione non pretendiamo di scrivere un trattato in proposito, ma solo di mettere in evi-denza il contributo di S. Tommaso alla migliore formula-zione della dottrina cattolica sulle indulgenze. Il pensiero

    , che egli esprime in parte condizionato dalle contingenze storiche della sua epoca e del suo ambiente; per non va dimenticato che le sue brevi riflessioni personali in proposito seg ano un momento importantissimo por gli sviluppi suc-cessivi del pensiero cristiano, pur derivando dalle tappe pi recenti che~i secoli XI e XII a ve vano fatto percorrere a questo

  • INTRODUZIONE 21

    esercizio caratteristico del potere di giurisdizione esistente nella Chiesa.

    Se un appunto si pu fare a S. Tommaso in proposito quello di non aver avuto un'adeguata conoscenza storica della prassi penitenziale primitiva e della relativa modernit delle indulgenze. In questo i teologi dcl secolo XX sono ben pi fortunati dopo gli studi storici compiuti negli ultimi cento anni. - Era logico che codeste indagini fiorissero soprattutto in Germania, nella patria di Lutero, per verificare quanto c'era di serio e quanto di avventato nelle critiche mosse dal protestantesimo alle indulgenze. La bibliografia in proposito imponentissima, ma i contributi pi significativi rimangono per ora l'opera monumentale di N. Paulus (Ge8chichte de8 Ablasse8 im Mitteralter, 3 voli., 1922-1923) e gli articoli d B. Poschmann (soprattutto Der Ablas8 im Licht der BusBge-schichte, in Theophania 4, 1948).

    3 - I risultati dolrindagine storica sono ormai divulgati. Ecco come il P. K. RAHNER sintetizza le conclusioni cui giunto quest'ultimo suo connazionale, fino agl'inizi del se-colo XII : Poschmann espone anzitutto gli elementi della dottrina penitenziale della Chiesa antica, che sono importanti per la concezione posteriore delle indulgenze (1-14) : la neces-sit di una penitenza soggettiva come fattore remissivo dei peccati post-battesimali, senza per distinguere tra colpa e pena; l'appoggio dato a questa penitenza soggettiva dalla cooperazione della ChiPFm (comunit, martiri, pneumatici, ecc.) e soprattutto dalla preghiera impetratoria del sacerdote, che si deve distinguere dal vero atto di riconciliazione con la Chiesa e quindi anche con Dio, e che non pu considerarsi come assoluzione (nel senso odierno) in forma deprecativa ( 11 ).

    Tratta poi espressamente dell'essenza, delle forme e del-l'efficacia delle " assoluzioni " dell'alto medioevo, che si usa-vano fuori del sacramento, come avveniva gi prima sin dai tempi di S. Gregorio Magno e nello stesso sacramento dal secolo X. Queste " assoluzioni " sono, anche indipendente-mente dal condono della penitenza imposta dalla Chiesa, un'autentica continuazione delle preghiere, con cui il sacer-dote implora va per i penitenti la remissione dei peccati. E, nonostante che ci si richiami spesso al mandato apostolico e al potere delle chiavi, esse sono da considerarsi una pre-ghiera, con cui la Chiesa implora, anche se autoritativamente, la piena remissione. dei peccati del penitente compresa la P?na temporale, e non un atto giurisdizionale, quindi infalli-bile, di assoluzione della pena temporale. Ci deriva .al

  • 22 SCOMUNICA E INDULGENZE

    loro sorgere, persino antecedente, fuori del sacramento, specie nelle " assoluzioni generali ", dal loro stile, dalle loro clausole restrittive, dalle teorie dei primi scolastici sull'essenza e la portata dell'azione sacerdotale nel sacramento della peni-tenza.

    Poschmann espone quindi (36-43) i presupposti teorici e storici della penitenza che diedero origine alle indulgenze. La trasformazione dell'istituto penitenziale dalla penitenza pubblica nella p. privata, con lo spostamento della riconci-liazione prima dell'esecuzione delle opere espiatorie imposte dalla Chiesa, porta a distinguere nel peccato in modo riflesso il reato di colpa da quello di pena. Cos la penitenza sogget-tiva vien riferita unicamente all'espiazione della pena tem-porale e le assoluzioni vengono valutate come aiuto della Chiesa per respiazione di questa pena, senza che perci si tratti di una remissione di penitenze da essa imposte. - Segue poi ( 43-62) un'analisi delle prime vere indulgenze. Esse sor-sero per prime in Francia nel secolo XI, mentre il condono della penitenza per i pellegrinaggi romani sin dal secolo IX sono da considerarsi ancora, contro 1' opinione di N. Paulus, redenzioni applicate gratuitamente. - L'essenza delle nuove indulgenze sta nel fatto che, a causa della separata efficacia delle assoluzioni deprecative per la remissione della pena temporale da vanti a Dio, si condonava al penitente anche una parte della penitenza ecclesiastica. In tal modo all'assolu-zione sinora usata subentr, nella indulgenza propriamente detta, un elemento giurisdizionale, in quanto l'assoluzione si riferisce ora anche alla penitenza ecclesiastica e di fronte ad essa ha naturalmente anche un carattere giuridico. Accanto alle indulgenze propriamente dette continuano ad esistere ancora per lungo tempo le semplici assoluzioni intese nel senso antico.

    L'inizio delle indulgenze si trova cosi nella prassi che si sviluppa, senza accorgersi di una innovazione. La Chiesa aveva sempre rivendicato il diritto di adattare la misura delle penitenze da imporre alle circostanze concrete e alle pos-sibilit del penitente. Questa prassi, che gi esisteva nel-1' antichit, fu allargata nel primo medioevo mediante le commutazioni e le redenzioni. Ora invece, sebbene il pec-catore dovesse sempre espiare la pena temporale davanti a Dio, anche se con lappoggio della Chiesa e la sua impetra-zione autoritativa, gli si concedeva tale assoluzione come aiuto per la sua espiazione personale in considerazione di un'opera buona, che ne lo rendeva particolarmente degno, e

  • INTRODUZIONE 23

    gli si rimetteva una parte della penitenza ecclesiastica, perch si pensava che si era rag&iunto lo scopo mediante la preghiera deprecativa ed assolutoria della Chiesa (RAHNER K., Sul-l'indu;enza, Roma, 1968, pp. 38-41 ).

    4 - 11 Poschmann non si contentato, come si vede, di indagare sull'origine storica delle indulgenze, ma ha cercato di darne una nuova interpretazione teologica, basata sulle vicende storiche della loro istituzione. Dal fatto che nella prassi primitiva della penitenza il cristiano mirava diretta-mente a ottenere la pace con la Chiesa, che Poschmann con-sidera res et sacramentum della penitenza sacramentale, si deduce che il ritrovato stato di grazia non elimina la pena temporale meritata per il peccato, sulla quale si esercita l'in-dulgenza, in sostituzione di altre opere penitenziali. E dal fatto che le indulgenze derivano dalle formule deprecatorie di assoluzione, usate anche fuori del sacramento, Poschmann deduce che esse devono essere concepite pi come preghiere proposte ufficialmente dalla Chiesa, che come veri e propri atti di giurisdizione.

    Il risultato pi discutibile di codesta ricostruzione sta nel fatto che rindulgenza perde cos l'intrinseco valore di con-dono totale o limitato della pena temporale dovuta per i nostri peccati per assumere quello di suffragio, lasciando ogni determinazione alle disposizioni individuali. Ora, questo contro resplicita dichiarazione della Chiesa che la concede.

    vero che secondo la nuova teoria le determinazioni indi-cate dalla Chiesa, inizialmente almeno, dovevano riferirsi solo alle penitenze imposte dal potere delle chiavi, e non alle pene meritate da parte della giustizia di Dio; ma ben difficile dare codesta interpretazione alle formule pi recenti. Ci sembra quindi che in effetti si torni a concepire codeste determinazioni di indulgenze plenarie e parziali come dei piccoli inganni materni, che la Chiesa eserciterebbe per otte-nere l'impegno fattivo dei suoi figli nel compimento di opere buone. Codesta idea era abbastanza diffusa presso i teologi prima di S. Tommaso, come vedremo nell'analisi del testo. Ma proprio contro di essa il Santo aveva rivolto la sua critica convincente (cfr. q. 25, a. 2), raccogliendo il consenso pressoch ~nanime dei teologi successivi.

    Ii; tal senso si espresso anche di recente il magistero ec-clesiastico : Nell'indulgenza... la Chiesa, facendo uso del proprio potere di ministra della redenzione di Cristo Signore, non soltanto prega, ma con intervento autoritativo dispensa al fedele debitamente disposto il tesoro delle soddisfazioni di

  • 24 SCOMUNICA E INDULGE~ZE

    Cristo e dei Santi in ordine alla remissione della pena tem-porale (Indulg. Doctr., 8).

    Si potrebbe forse obbiettare che proprio da codesto docu-mento sono state eliminate le determinazioni classiche del-l'indulgenza parziale. Non ~i parler pi ormai, n di anni,. n di quaresime, n di giorni ~ Si ritenuto opportuno stabi-lire che la remissione della pena temporale, che il fedele acqui-sta con la sua azione, serva di misura per la remissione di pena che lAutorit ecclesiastica liberamente aggiunge con l'indulgenza parziale (ibid. 12). _ .. facile per replicare che anche questo un modo di determinare, facendo corri-spondere mediante un atto positivo dcl potere gerarchico, al valore intrinseco satisfattorio delle azioni compiute dai fedeli, la maggiore o minore quantit dell'indulgenza. Co-munque certo che quando concede l'indulgenza plenaria l'Autorit ecclesiastica intende condonare, a chi ha le dovute disposizioni, ogni reato di pena temporale. se il dubbio circa reffettivo conseguimento dcl beneficio da parte dei singoli fedeli rimane, non dipender dal potere gerarchico che lo concede, bensl dalle indisposizioni del soggetto.

    5 - Per. procedere con ordine nella riflessione teologica sull'argomento, ci sembra indispensabile non solo tener d"oc-chio tutti i presupposti della dottrina cattolica in proposito (il che stato fatto con perizia e autorit somma nella costi-tuzione apostolica citata ; senza scostarsi affatto dall'inse-gnamento dell' A()uina.tc), ma iniziare la ricerca dicendo a chiare note quello che l'indulgenza non e non vuole essere.

    a) Prima di tutto va ricordato che le indulgenze non sono un mezzo necessario per la salvezza e per la santificazione personale : La Chiesa... lascia che ciascuno usi di questi mezzi di purificazione e di santificazione nella santa libert dei figli di Dio (Indulg. Doctr. 11). Anche in passato le indulgenze sono state concepite come concessioni, e nessuno ha mai pensato d'imporle.

    b) Va escluso che le indulgenze possano dispensare dalla penitenza interiore, ossia dalla conversione sincera, che il presupposto necessario per lucrare qualsiasi remissione di pena.

    e) Sebbene la soddisfazione offerta per le peno meritate possa essere accompagnata dalla carit, e quindi dal merito, di suo rimane sul piano della giustizia. Perci l'indulgenza che viene offerta con materna condiscendenza dalla Chiesa al peccatore pentito per accellerare la soddisfazione, non fatta di suo per accrescere il merito essenziale, o per ~o meno non un contributo diretto al raggiungimento di tale scopo.

  • INTRODUZIONE 25 Ecco perch la recente costituzione apostolica cita in propo-sito quel testo dell"Aquinate : Bench le indulgenze siano molto utili per la remissione della pena, tuttavia altre opere satisfattorie sono pi meritorie quanto al premio essenziale, il quale infinitamente superiore al perdono della pena tem-porale ( q. 25, a. 2, ad 2).

    In base a codesto concetto ci scm bra di dover escludere l'interpretazione dell'indulgenza tentata dal Rahner, il quale vorrebbe attribuirle una funzione sanante e riparatrice ri-spetto ai postumi disastrosi personali e sociali lasciati dal peccato anche dopo la remissione della colpa (op. cit., pp. 7-29). Infatti non riusciamo a comprendere quale vantaggio possa offrire al penitente, impegnato mediante lesercizio delle virt nella dura lotta contro le cattive tendenze e il disordine scatenati dal suo peccato, l'intervento autoritativo dolla Chiesa. Sulla pena immanente che il peccato comporta, oltre il peccatore, ci sembra che possa agire, come causa diretta, Dio soltanto, il quale capace di mutare, di plasmare e di rinnovare lo spirito dell'uomo. Codesta sanazione pu avve-nire soltanto con degni frutti di penitenza , e non pare .che la Chiesa voglia dispensarcene con le indulgenze.

    6 - Ci sembra che le indulgenze debbano perci concepirsi in riferimento a quelle pene positivo che la divina giustizia infligge per il peccato, sia nella vita presente che nel purga-torio. Soddisfare il debito contratto un dovere morale, oltre ad eRsere una nece-R~it ineluttabile rispetto al giudizio di Dio. Ebbene, la Chiesa interviene su questo piano di giustizia, in forza dei pieni poteri a lei concessi da Cristo a vantaggio dei fedeli, concedendo delle mitigazioni e dei condoni, in considerazione delle buone disposizioni che essi manifestano, ottemperando a certe condizioni.

    Riconosciamo francamente l'imbarazzo in cui si trova il . teologo nel concepire e nel descrivere le pene suddette, quando si tratta delle condizioni in cui vengono a trovarsi le anime dei trapassati non ancora del tutto purificate dalle loro colpe ; e quindi comprensibile il tentativo di Rahner, che ha cercato di darcene un 'idea approssimativa, riportandole sul piano psicologico e sociologico. Ma non sembra che tutto il tor-mento delle anime disincarnate possa cosi ridursi semplice-mente alle nostre medesime categorie. N d'altra parte si possono escludere dalla lista delle pene temporali le stesse penalit pi o meno gravi della vita presente, le quali tra l'altro includono ,

    la suora nostra morte corporale)),

  • 26 SCOMUNICA E INDULGENZE

    che pochi sono disposti a subire con meno dolore dei rimorsi di coscienza e dei disordini morali, specialmente quando accompagnata da particolari circostanze. Ci sembra perci che la suddetta descrizione delle pene temporali cui le indul-genze si riferiscano non possa coincidere n con la dottrina tradizionale, n con le chiare affermazioni della recente costi-tuzione apostolica. dottrina divinamente rivelata , scrive Paolo VI, che i peccati comportino pene inflitte dalla santit e giustizia di Dio, da scontarsi sia in questa terra, con i do-lori, le miserie e le calamit di questa vita e soprattutto con la morte, sia nell'aldil anche con il fuoco e i tormenti o con le pene purificatrici (ibid., 2).

    In calce la costituzione apostolica citata si richiama anche a un testo di S. Tommaso : Siccome il peccato un atto disordinato, chiaro che chi pecca agisce sempre contro un dato ordine. Ne segue perci che dall'ordine medesimo deve essere represso. E codesta repressione appunto la pena (I-II, q. 87, a. I).

    7 - Ab biamo insistito nel precisare la nozione di pena in genere, e di pena temporale in ispecie, perch da essa dipende il concetto di indulgenza. E proprio per questo crediamo utile richiamare rattenzione su tutta la questione 87 della Prima Secundae. Forse per lo stesso dialogo ecumenico, che nella prospettiva di certe nuove impostazioni, servir meglio qualche precisazione tomistica che non sempre stata tenuta nel debito conto.

    Quando, p. es., i nostri fratelli separati protestano che lapplicazione delle penitenze [satisfattorie nel sacramento della penitenza], non un fattore assolutamente necessario per la salvezza delruomo, perch essa dipende dal sacrificio del Golg'ta, che viene appropriato dall'uomo con la fede e il vero ravvedimento (KATSANEVAKIS B., op. cit., p. 229), possiamo assicurarli che sono molto vicini al massimo teo-logo della Chiesa Cattolica, il quale afferma che la pena soddisfattoria, sebbene considerata in astratto sia contraria alla volont, tuttavia in concreto volontaria. Perci in senso assoluto volontaria .... Si deve dunque concludere che, tolta la macchia della colpa [con laderire a Cristo nella fede e nella carit J, pu rimanere I' o b bligaz one a una pena soddi-sf attoria, non gi a una vera punizione (I-II, q. 87, a. 6).

    Anche per noi cattolici, quindi la vera pena dovuta per il peccato tolta radica'mente nel peccatore pentito dal sacri-ficio del Golgota. Ma troppo semplicistico dire che le peni-tenze non s'impongono o non lecito imporle per soddisfare

  • INTRODUZIONE 27

    a.Ila divina giustizia. S. Tommaso ci tiene ad abbracciare le cose in tutta la loro complessit : Tolta la macchia risa-nata la piaga del peccato nella volont. Ma si richiede ancora la pena per guarire le altre potenze dell anima sconvolte dal peccato, mediante medicine contrarie. E si richiede anche per ristabilire l'equilibrio della giustizia, e per togliere lo scandalo subito dagli altri; in modo da edificare con la pena coloro che furono scandalizzati con la colpa, come avvenne nel ricordato esempio [cfr. 2 Re, c. 12] del re David (I-II, q. 87, a. 6, ad 3).

    Questo piccolo saggio di riflessione teologica, lo ripetiamo, non pretende di esaurire largomento ; ma vuol essere un incentivo alla ricerca, e un invito a non abbandonare in co-desta impresa le preziose indicazioni dell'Aquinate.

    P. TITO s. CENTI o. P.

  • I SACRAMENTI ) (Suwz . qq. 21-40)

    l I I I I

    CONTENUTO DEL PRESENTE VOLUME

    A) della PENITENZA:

    B) dell'ESTB.EMA UNZIONE:

    C) dell'ORDINE:

    1) in se stessa. suoi effetti, sue parti, coloro che la ricevono {vedi vol. XXIX)

    2) il potere delle chiavi: \

    I a) nelle sue funzioni primarie (vol. XXIX) l 1) definizione, opportunit, cause (q. 21)

    . i 2) scomunicanti e scomunicati (q. 22) b) la scomumca : ( 3) rapporti con gli scomnnicati (q. 23)

    ,. 4) assoluzione dalla scomunica (q. 24) \

    ( o) le Indulgenze: l 1) in se stesse (q. 25) 2) coloro che le concedono (q. 26) 3) coloro che possono lucrarlo (q. 27)

    \ 3) il rito solenne della penitenza (q. 28)

    1) sua natura e istituzione (q. 29) 2) gli effet.ti (q. 30) 3) il ministro (q. 31) 4) il soggetto cui va conferito e in quali parti dol corpo (q. 32 ) 5) sua roiterabilit (q. 33)

    j a) esistenza, natura ed clementi costitutivi (q. 34) 1) in generale: b) suoi effetti (q. 35) , e) soggetti che lo ricevono (q. 36)

    2) la distinzione dei vari ordini (q. 37)

    13) i ministri di questo sacramento (q. 38) 4) impedimenti per gli ordini (q, 39)

    l 5) cose connesse col conferimento degli ordini (q. 40)

  • AVVERTENZE

    1. Nel testo italiano sono stati eliminati i richiami e le indica-zioni delle opere citate, perch figurano a fronte nel testo latino.

    Dove l'intelligibilit deUa frase lo richiedeva stato inserito qualche termine o qualche espressione tra [ ], per facilitare la comprensione del testo senza ricorrere a perifrasi. . Nella punteggiatura si segue ordinariamente il latino, per dare agio al lettore di controllare la traduzione e di consultare il testo originale.

    J richiami delle note sono tutti nel testo italiano, esse per conti-nuano anche sotto il testo latino e tal volta nelle pagine seguenti.

    2. Il testo eritic~o latino dell'Edizione Leonina riprodotto con la pi scrupolosa fedelt. La sola enumerazione degli articoli all'inizio della Quaestio stata fatta senza capoversi. Manca per, nella nostra edizione, l'apparato critico. Le sole varianti di un certo interesse vengono preso in considerazione nelle note.

    Le citazioni, o i dati complementari delle citazioni, che l'Ed. Leonina riporta in margine, sono state inserite nel testo tra [ ]. Soltanto i versetti della Sacra Scrittura - in corsivo - figurano senza altri contrassegni.

    Le citazioni e i luoghi paralleli sono semplificati con criteri tecnici moderni.

    Le Opere dei SS. Padri sono citate secondo le diciture pi co-muni : per non infarcire troppo il testo di elementi estranei. ab-biamo trascurato i titoli e le enumerazioni meno usuali. Dove i richiami sono vere correzioni del testo della Somma, v~ngono riportati in nota.

  • QUESTIONE 21 La scomunica.

    Veniamo ora a esaminare la scomunica. 1 E in proposito trat-teremo : primo, della sua definizione, della sua convenienza e delle sue cause ; secondo, del soggetto che pu scomunicare o essere scomunicato; terzo, dei contatti con glLscomunicati; quarto, del-l'assoluzione dalla scomunica. 9

    Sul primo argomento si pongono quattro quesiti: I. Se la defi-nizione della scomunica sia esatta ; 2. Se sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno ; 3. Se uno possa essere scomunicato per un danno tempora.le ; 4. Se una scomunica ingiusta abbia qualche effi-cacia. 3

    1 Riallacciandosi a qnanto era. stato detto nel breve prologo della q. 17, il compilatore del Supplemento cerca di condurre a termine il trattato sulla penitenza con due gruppi di questioni, dedicati rispettivamente alla scomunica e alle indulgenze. - Per la materiale spartizione dell'Opera in yolumi noi abbiamo separo.te le qq. 21-27 dal resto del trattato; ma non possiamo condividere l'opinione di chi vorrt-bbe con siderarle come semplici appendici (te.le l'opinione del P. A. A. Lobato, in Suma Espan . XIV p. 441).

    Pi ancora. del compilatore si ribella. a questa. idea. S. Tommaso stesso, che gli ha fornito il materia.le. Egli infatti nel suo commento alle Sentenze ha concepito sia. la scomunica. che le indulgenze come parti integranti del potere concesso a.i ministri di qnesto sacramento della penitenza, ossia. del potere delle chiavi. Sn qnesto punto egli non intende discostarsi dalla impostazione di Pietro Lombardo. JiJcco le suo parole Il Maestro [delle Sentenze] dopo aver determinato i problemi relativi alla penitenza, sia nell'insieme che nelle sue parti, qui incomincia a esaminare il potere dei ministri, ai quali affidata l'amministrazione di questo sacramento. La sua. esposizione si divide in due parti; nella prima [d. 18] tratta del potere stesso, de nominato chiavi della Chiesa ; nella seconda f d. 19] parla di coloro che detengono codeste chiavi... . E qui abbia.mo due questioni: la prima circa. le chiavi; la seconda circa la scomunica.., (In 4 Sent., d. 18, div. tex.t., e prol. q. 1 ).

    1 Confrontando il testo del Supplemento con quello delle Sentenze notiamo subito la differenza tra }>enumerazione dei vari articoli, in altrettante questioni con le rela tive questioncelle, e le questioni dedicate qui alla scomunica.. Nel testo del-1' Autore i problemi in esame sono cinque, mentre in quello del compilatore sono ridotti a quattro. La riduzione stata ottenuta mettendo insieme il secondo e il terzo : e Quis possit ex.communicare ; 3. De modo excommunicationis (ibid., q. 2, prol.). In questo caso la sempllficaziono non pregiudica atTatto il pensiero genuino dell'Aquinate ; perch il modus in parola non riguarda altro che il soggetto cuJ la scomunica. pu essere inflitta. Perci non si pu impedire una considerazione globale e del soggetto attivo e di quello passivo della scomunica. entro un'unica. que-szti.nnA.

  • QUAESTIO 21 De excommnnicatione.

    CoNSEQUENTER videndum est de excommunicatione. De qua primo considerandum est de defnitione excommunicationis, et congruitatc, et cau.sa; secundo, de eo qui potest excommunicare et excommunicari [q. 22]; tertio, de participatione cum excom-municatis [q. 23] ; quarto, de absolutione ab e.x:communicatione [q. 24].

    Circa prmum quaeruntur quatuor. Primo: utrum convenienter xcommunicatio defniatur. Secundo : utrum Ecclesia debeat ali-quem excommuncare. Tertio: utrum aliquis pro aliquo temporali damno sit excommuncandus. Quarto: utrum excommunicatio iniuste lata aliquem effeetum habeat.

    La srorrmnff"a, dtil fatino e:ettam

  • 32 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppl., q. 21, a. 1

    ARTICOLO I Se sia esatta questa definizione della scomunica : Separazione dalla comunione della Chiesa quanto al frutto e ai suffragi generali. 1

    SEMBRA che non sia esatta la definizione proposta da alcuni in questi termini : La scomunica la separazione dalla comunione della Chiesa quanto al frutto e ai suffragi generali . 2 Infatti :

    1. I suffragi della Chiesa valgono per quelli per i quali son fatti. Ora, la Chiesa prega per quelli che son fuori di essa, cio per gli eretici e per i pagani. Dunque essa prega anche per gli scomuni-cati posti fuori della Chiesa. E quindi i suffragi della Chiesa val-gono anche per loro.

    2. Nessuno pu perdere i suffragi della Chiesa se non per una colpa. Ma la scomunica non una colpa, bens una pena. Perci nessuno viene escluso dai suffragi comuni della Chiesa mediante la scomunica.

    3. I frutti della Chiesa pare che si identifichino con i suffragi : poich non pu trattarsi dei frutti dei beni temporali ; perch da questi gli scomunicati non sono esclusi. Perci questa distinzione inutile.

    4. Anche la scomunica minore una scomunica. Eppure con essa uno non perde i suffragi della Chiesa. Quindi la definizione data non esatta.

    RISPONDO : Chi col batteRimo inserito nella Chiesa reso ca-pace di duP cose :

  • LA SCOMUNICA 33

    ARTICULUS 1 Utrum eompetens sit haec definitio excommunicationis : Exeommu-

    nicatio est separatio a communione Ecclesiae quoad fructum et suflragia generalia .

    ( 4 Sent., d. 18, q. 2, a. 1, qc. 1) AD PRIMUM SIC PROOEDITUR. Videtur quod incompetens sit haec

    definitio excommunicationis a quibusdam posita: Excommuni-catio est scparatio a communione Ecclcsiae quoad fructum et suffragia generalia [Dcfinit. Iurist.]. Suffragia enim Ecclcsiae valent eis pro quibus fiunt. Sed Ecclesia orat pro cis qui extra Ecclesiam sunt : sicut pro haereticis et paganis. Ergo etiam pro excommunicatis, qui extra Ecclesiam sunt. Et sic cis suffragia Ecclesiae valcnt.

    2. PRAETEREA, nullus amittit suffragia Ecclesiae nisi per cul-. pam. Sed excommunicatio non est culpa, sed pocna. Ergo per

    excommunicationem non separatur aliquis a suffragiis Ecclcsiae communibus.

    8. PRAETEREA, fructus Ecclesiae non videtur esse aliud quam suffragia : non enim potest intclligi de fructu bonorum tempora-Iium, quia hacc excommunicatis non auferuntur. Ergo inconve-nienter utrumque ponitur.

    4. PRAETEREA, excommunicatio minor quacdam cxcommuni-catio est. Sed per eam homo non perdit suffragia Ecclesiac. Ergo definitio non est conveniens.

    RESPONDEO DICENDUM quod ille qui per baptismum in Ecclesia ponitur, ad duo adscribitur : seiliecl a

  • 34 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppi., q. 21, a. 1

    da ogni rapporto sacramentale ;

  • LA SCOMUNICA 35

    ana;thema quis e:fficiatur : Os, orare, vale, eommunio, mensa ne-gatur . Os scilicet, ne osculum detur;

  • 36 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppl., q. 21, aa. 1-2

    ma tale soltanto in parte. Quindi non necessario che la defi-nizione le si applichi in tutta la sua estensione, bensi soltanto sotto un certo aspetto.

    ARTICOLO 2 Se sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno.~1

    SEMBRA non sia giusto che la Chiesa scomunichi qualcuno. In-fatti :

    1. J ... a scomunica una maledizione. Ma S. Paolo ci proibisce di ma!edire. Quindi non giusto che la Chiesa scomunichi.

    2. E bene che la Chiesa militante imiti quella trionfante. Ora, come foggiamo nell'Epistola di S. Giuda, l'Arcangelo Michele, quando col diavolo si disputava il corpo di Mos, non ard pro-nunciare contro di lui una sentenza di maledizione, ma disse : " Ti reprima Iddio " . Perci neppure la Chiesa militante deve male-dire e scomunicare.

    3. Non giusto che una persona venga gettata nelle mani dcl nemico, se non definitivamente perduta. Ma, secondo I' Apo-stolo, con la scomunica uno viene consegnato a Satana. Per con-seguenza, poich non dobbiamo disperare di nessuno in questa vita, la Chiesa non deve scomunicare nessuno.

    4. IN OONTRARlO : L'Apostolo, scrivendo ai corinzi, comanda che uno venga scomunicato. 2

    5. In S. Matteo, di chi si rifiuta d'ascoltare la Chiesa, sta scritto : Ab bilo in conto di un pagano e

  • LA SCOMUNICA 37

    perfectatn rationem excommunicationis, sed aliquid ipsius parti-ci~t. Et ideo non oportet quod totaliter ei excommunicationis defnitio conveniat, sed solum quoad aliquid.

    ARTICULlTS 2 Utrum Ecclesia aliquem debeat excommunicare.

    (4 Sent., d. 18, q. 2, a. 1, qc. 2) AD SECUNDUM SIC PROCEDITUB. Videtur quod Ecclcsia nullum

    debeat excommunicarc. Quia excommunicatio maledictio quae-dam est. Sed Rom. 12, 14 prohibcmur maledicere. Ergo Ecclesia excommunicarc non debct.

    2. 1?BAETEREA, Ecclcsia militans dc bet imi tari triumphantem. Sed, ut in Epistola Iudae [v. 9] lcgitur, Michael, cum altercaretur curo diabolo de Moysi corpore, non est ausus iudicium inferre blasphemiae, sed ait : Imperct tibi Deus . Ergo nec Ecclesia mi-lita.ns debet alicui iudicium malcdictionis et excommunicationis inferre.

    3. PRAETEREA, nullus est in manum hostis tradendus nisi omnino desperatus. Sed per cxcommunicationem traditur aliquis in ma-num Satanae : ut patet 1 Gor. 5, 5. Cum ergo de ncmine sit des perandum in vita ista, Ecclesia nullum de bet excommunicare.

    SED CONTRA EST quod Apostolus, 1 Gor. 5, mandat quendam excommunicari.

    2. PBAETEBEA, Matth. 18, 17 dicitur dc illo qui Ecclcsiam audire contemnit : Sit tibi sicut ethnicus et pu blicanus . Scd ethnici sunt extra Ecclesiam. Ergo illi qui Ecclcsiam audire contcmnunt, per excommunicationcm extra Ecclesiam sunt poncndi.

    RESPONDEO DICENDUM quod iudicium Ecclesiac conforme dcbet esse .iudicio Dei. Deus autem peccatores multipliciter punit, ut ad bonum cos traha.t : uno modo, flagellis castigando ; alio modo, hominem si bi relinqucndo, ut, auxiliis su btractis qui bus a malo praepediebatur, suam infirmitatem cognoscat, et humilis ad Deum redeat, a quo superbus discesscrat. Et quantum ad utrumque Ecclesia in excommunicationis sententia imitatur divinum iudi-cium. ~nquantum enim eum a communione fidelium scparat ut erubescat (can. Audi denique, C. XI, q. 3], imitatur divinum

    da Jet protetto, l'incestuoso si trova bandito nella regione di cui Satana padrone, egli sar. esposto senza difesa spirituale a quel potere ostile che interviene quando Pu . nelle circostanze esterne della vita degli uomini ... Ma Paolo spera che questa sofferenza lo distaccher dai falsi beni del peccato e lo illuminer. sulla propria mi seria (E. B. ALLo. O. P., Premire pilre au.x Ccrinthiens, Parigi, 1934, p. 124).

    n potere coercitivo della Chiesa. soprattutto per la censura pi forte che la scomunica, pare che sia stato negato espressamente per la prima volta dall'impera-tore Enrico IV. Infatti U Concilio I,ateranenso dcl 1102 lancia \a scomunica contro coloro i quali atferrnavano hc ]'anatema e le altre censure della Chiesa vanno di sprezzate (cfr. DE~z.-S., 70,1). - Codesta ripulsa per le censure la ritroviamo in Wyolif, Prima di riascoltarla in maniera anche pi violenta dalla bocca di Lutero [1483-1545] {c.tr. DENZ-8., 1473 s.).

  • 38 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppl., q. 21, aa. 23

    tre, escludendolo dai suffragi e dagli altri beni spirituali, imita il modo di procedere di Dio il quale [talora] abbandona l'uomo a se stesso, affinch questi umilmente riconosca la sua condizione e faccia ritorno a lui.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT : 1. La maledizione pu essere di due generi. Primo, con l'intenzione di causare il male che si inflig-ge o si augura. E questa maledizione del tutto proibita. -Secondo, indirizzando il male, che viene augurato, al bene di colui che viene maledetto. Tale maledizione tal volta lecita e salutare : cos come fa il medico che infligge un nocumento al malato, p. es., un taglio, per liberarlo dall'infermit. ~

    2. Il diavolo incorreggibile, e quindi non pu ricavare bene alcuno dalla scomunica.

    3. Per il fatto che una persona viene scomunicata, al posto dei tre benefici assicurati dai suffragi della Chiesa, incorre in altret-tanti mali. Quelli infatti prima di tutto giovano a ottenere l'au-mento della grazia, per coloro che la possiedono, o a meritarla, per coloro che ne sono privi. Ecco perch il Maestro delle Sentenze afferma che con la scomunica l'uomo viene privato della grazia . - In secondo luogo sono di aiuto per poter custodire le virt. Per questo egli dice che viene sottratta la salvaguardia di esse : non che gli scomunicati vengono assolutamente esclusi dalla prov-videnza di Dio, ma soltanto da quella speciale protezione accordata ai figli della Chiesa. - Infine giovano a difenderci dal nemico. E per questo detto che con essa viene conferita al demonio mag-giore capacit di agire sullo scomunicato , sia nell'anima che nel corpo. Per tale motivo nella Chiesa primitiva, poich allora erano necessari i prodigi per attirare gli uomini alla fede, come si mani-festavano con segni sensibili i doni dello Spirito Santo, cosi anche la scomunica si riconosceva dai maltrattamenti corporali operati dal demonio [sullo scomunicato].1 E non c' inconveniente alcuno nel consegnare al nemico una persona che non definitivamente perduta, poich non si fa questo per condannare, ma per correggere. La Chiesa infatti pu, quando lo crede opportuno, liberarla di nuovo.

    ARTICOLO 3 Se uno possa essere scomunicato per un danno temporale. 2

    SEMBRA che nessuno possa essere scomunicato per un danno temporale. Infatti :

    1. La pena non deve essere superiore alla colpa. Ora, la sco-munica privazione di un bene spirituale, il quale sorpassa ogni bene temporale. Quindi nessuno pu essere scomunicato per le cose temporali.

    1 Va tenuto presente quanto detto sopra a pp. 30 e., In nota.

  • LA SCOMUNICA 39

    iudicium quo per flagella castigat. Inquantum autem a suffragiis et aliis spiritualibus separat, imitatur divinum iudicium quo homi-nem sibi relinquit, ut per humilitatem scipsum cognoscens ad Deum redeat.

    An PRIMUM ERGO DICENDUM quod maledictio potest esse dupli-citer. Uno modo, ita quod in malo quod irrogat vel dicit, per intentionem sistat. Et sic maledictio omnibus modis est prohlbita. - Alia modo, ita quod malum, quod quidem maledicendo impre-catur, ad bonum illius ordinet qui maledicitur. Et sic maledictio quandoque est licita et salutifera : sicut etiam medicus quandoque nocumentum infert infirmo, ut sectionem, per quam ab infirmitate liberetur.

    An SECUNDUM DICENDUM quod diabolus incorrigibilis est : et ideo non susceptibilis alicuius boni per excommunicationis poe-nam.

    An TERTIUM DICENDUM quod ex hoc ipso quod aliquis suffragiis Ecclesiae privatur, triplex incommodum incurrit, per tria quae quis ex suffragiis Ecclesiae consequitur. Valent enim ad augmen-tum gratiae eis qui habent, vel ad merendum eis qui non habent. Et quantum ad hoc Magister Sententiarum [loco cit.] dicit quod gratia Dei per excommunicationem subtrahitur . - Valent etiam ad custodiam virtutis. Et quantum ad hoc dicit quod pro-tectio su btrahitur : non quod omnino a Dei providentia exclu-dantur, sed ab illa protectione qua filios Ecclesiae specialiori modo custodit. - Valent etiam ad defendendum ab hoste. Et quantum ad hoc dicit quod dia bolo maior potcstas faciendi in ipsum datur , et spiritualiter et corporalitcr. Unde in primitiva Ecclesia, quando oporte bat per signa homines ad fdcm invitare, sicut Spiritus Sancti donum visibili signo manifestabatur [Act. 2, 2 88. ; 4, 31; 8, 18; 10, 44 88.; 19, 6], ita et excommunicatio corporali vexatione a di&bolo innotescebat. Nec est inconveniens si ille qui non est de-aperatus hosti datur : quia non datur ci quasi damnandus, sed quasi corrigendus ; cum in potestate Ecclcsiae sit ex eius manu ipsum cum voluerit eri pere.

    ARTICULtTS 3 Utnun aliquis pro temporali damno debeat excommunicari.

    ( 4 Sent., d. 18, q. 2, a. I, qc. 3) ~D TERTIUM SIC l?ROCEDITUR. Videtur quod nullus pro tempo-

    rali damno debcat cxcommunicari. Quia poena non debet exce-der~ culpam. Sed poena excommunicationis est privatio alicuius bon1 spiritualis, quod omnibus bonis tcmporalibus praeeminet. Ergo pro temporalibus nullus est excommunicandus.

    ' ll.pp.: Quol. 10, q. 7, a. I, ad I; In Malh, c. 18; In 1 Oor. c. 5, lect. 3.

  • 40 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppl., q. 21, a. 3

    2. L'Apostolo c'insegna che a nessuno dobbiamo rendere male per male . Ma sarc bbe rendere male per male se si dovesse inflig-gere la scomunica per un danno temporale. Perci in nessun modo essa si pu infliggere.

    3. IN CONTRARIO : S. Pietro condann a morte Anania e Saffira per avere defraudato il prezzo di un campo. Perci anche la Chiesa pu scomunicare per danni temporali.

    RISPONDO : Con la scomunica il giudice ecclesiastico esclu.e in qualche modo dal Regno [di Dio]. Ora~ poich egli non pu esclu-dere da esso se non gli indegni, come risulta dalla definizione della potest di giurisdizione ; e d'altra parte .nessuno pu essere consi-derato indegno prima di aver perso, col peccato mortale, la carit, la quale la via del Regno ; ne segue che nessuno pu essere sco-municato se non a causa di un peccato mortale. Poich dunque chi danneggia il prossimo corporalmente o nelle cose temporali pu peccare mortalmente e quindi agire contro la carit, anche la Chiesa pu punire con la scomunica per un danno temporale ricevuto.

    La scomunica per costituisce la massima pena. Ora, le pene, come dice il Filosofo, sono delle medicine, che il medico saggio usa a cominciare da quelle meno pericolose e pi leggere. Perci, nonostante il peccato mortale, la scomunica si pu infliggere sol-tanto nel caso che il colpevole sia contumace, o perch non si presenta in giudizio, o perch si allontana senza permesso prima che il giudizio sia terminato, oppure perch non obbedisce a quanto in esso stato eonc1uso. In questo caso, se, previa [canonica] ammonizione, egli si rifiuter di obbedire, sar considerato contu-mace. E il giudice, non avendo altro mezzo di correzione, dovr scomnnir.arlo. 1

    SOLUZIONE DEI. .. LE DIFFICOLT : I. La gravit della colpa non va misurata dal danno che uno fa, ma dalla volont con cui uno agisce contro la carit. Perci, bench la pena della scomunica sia superiore al danno, non suprra la gravit della colpa.

    2. A colui che viene punito non si fa del male, ma del bene, dato che le pene sono medicine , come gi stato detto.

    1 A tale dottrina ai ispirano i padri del Con

  • LA SCOMUNICA 41

    2. PRAETEREA, nulli malum pro malo reddere de bemus , se-cundum Apostoli praeceptum [Ad Rom. 12, 17]. Sed hoc esset m:alum pro malo rcddere, si pro tali damno quis excommunicatur. Ergo nullo modo hoc dcbet fieri.

    SED OONTRA EST quod Petrus Ananiam et Saphiram pro defrau-datione pretii agri sententia mortis damnavit [Act. 5, 1-10]. Ergo et Ecclesiae licct pro tcmporalibus damnis excommunicare.

    RESPONDEO DICENDU:M quod per excommunicationem iudex ecclesiasticus excommunicatos excludit a Regno quodammodo. Unde, cum non debeat a Regno excludere nisi indignos, ut ex definitione clavis patuit [ q. 17, a. 2, arg. I] ; ncc aliquis reddatur indignus nisi per peccatum mortale caritatem amiscrit, quac est via ducens ad Rcgnum : ideo nullus excommunicari debct nisi pro peccato mortali. Et quia in damnificando aliqucm corporaliter vel in rebus tcmporalibus aliquis mortalitcr peccat, et contra carita-tem facit, ideo pro damno temporali illato Ecclesiae aliquem cxcom-municarc potest.

    Sed quia excommunicatio est gravissima poenarum; poenae autem mcdicinac sunt , secundum Philosophum, in 2 Ethic. [c. 3, lect . .3] ; sapicntis autcm medici est a levioribus incipere medicinis et minus periculosis : ideo excommunicatio infligi non debet, etiam pro peccato mortali, nisi contumax fuerit, vel non veniendo ad iudicium, vel ante tcrminationcm iudicii sine liccntia recedendo, vel determinationi non pa.rendo [ can. Certum est, C.XI, q. 3]. Tunc enim, post quam monitus fuerit, si obedire contemp-serit, contumax rcputatur; et cxcommunicari debet a indice, iam non habcnte quod contra ipsum faciat amplius.

    An PRIMUM ERO.o DICE:NDUM quod culpae quantitas non mensu-ratur ex nocnm~nt.o quo qnis facit, sed ex voluntate qua quis facit, contra caritatem agens. Et ideo, quamvis poena excommu-nieationis exeedat nocumentum, non tamcn excedit quantitatem culpae.

    An SECUNDUM DICENDUI\I quod, cum aliquis per poenam aliquam corrigitur, non redditur ei malum, scd bonum : qui a pocnac me-dicinae sunt , ut dictum est [in corp.J.

    che la forza. So poi, per la gravit del delitto, necessario usare la,... verga. allora bhJogna unire H rigore alla mansuetudine, il giudizio alla misericordia, la severit. alla dolcezza, affinch la disciplina, salutare e necessaria per il popolo, venga con~ servata senza asprezza, e coloro che vengono corretti si emendino ; oppure. se essi non vogliono rinsavire, gli altri. per il salutare esempio della loro pena, siano tenuti lontani dai vizi (can. 2214:, . 2).

    Naturalmente questo discorso non un'esortazione a esimersi de.I grave dovere di COl'reggere e di punire : ma indica con chiarezza i motivi della correzione e i sentimenti che devono ispirarla e accompagnarla.

  • 42 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppi., q. 21, a. 4

    ARTICOLO 4 Se la scomunica inflitta ingiustamente produca qualche effetto.

    SEMBRA che la scomunica inflitta ingiustamente non produca nessun effetto. Infatti :

    1. Con la scomunica viene sottratta la protezione e la grazia di Dio, di cui nessuno pu essere privato ingiustamente. Perci la scomunica inflitta ingiustamente non produce effetto alcuno.

    2. S. Girolamo afferma che cipiglio farisaico 1't considerare legato o assolto colui che legato o assolto ingiustamente. Ma quel cipiglio era superbo ed erroneo. Quindi una scomunica ingiu-sta non produce nessun effetto.

    IN CONTRARIO : dice S. Gregorio che i precetti del pastore sono. da temersi, siano essi giusti o ingiusti. Ora, non si dovreb-bero temere se non avessero niente di nocivo. Quindi ...

    RISPONDO : Una scomunica pu essere ingiusta per due motivi. Primo, in rapporto a colui che la infligge : come quando agisce per odio e per ira. In tal caso, bench chi la infligga pecchi, la scomunica ottiene il suo effetto ; perch il colpevole se la merita, bench il superiore operi ingiustamente.

    Secondo, in rapporto alla scomunica stessa : o per mancanza di giusta causa, o per inosservanza delle norme giuridiche nell'atto di infliggerla. Allora, se l'errore rende nulla la sentenza. questa non ha nessun effetto, perch non vi scomunica. Se invece non invalida la sentenza, essa produce il suo effetto. Lo scomunicato, per con-seguenza, dovr umilmPnte obbedire, il che ridonder a proprio merito ; oppure potr chiedere Passoluzione da chi ha inflitto la scomunica o ricorrere a un giudice superiore. Se invece disprezza la sentenza, pecca mortalmente. 1

    Talvolta per la causa giusta da parte di chi la infligge e non da parte di chi la su bisce, come quando uno viene condannato per un falso delitto sufficientemente provato in giudizio. In questo

    1 La nullit di cui parla l'Autore nasce dall'evidenza deJfingiustizia, la quale per non pu dipendere da! solo giudizio personale dell'interessato. Di qui le dispute e le distinzioni dci teologi e dei giuristi, por determinare i casi di nullit.

    Domenico Soto, dopo aver riferito le dispute degli scolastici pi antichi sulrargo-mento, prende posizione a favore della sentenza del Gaetano (cfr. Comment. in TTII, q. 70, a. 4, nn. 2, 3), il quale respinge la pretesa di quei giuristi che esigevano il ri spetto incondizionato della scomunica, anche se palesemente ingiusta. Come teologo egli acootta il chiaro principio tomistico: Iniustum iudicium iudicium non est (II-II, q. 70, a. 4, ad 2). per cui una sentenza ingiusta senz'altro da considerare nulla. E cbe essa sia nulla si pu dimostrare nel modo seguente : Il giudizio, come dice S. Tommaso (ibid., q. 60, a. I} una determinazione del giusto, e la sentenza come una legge particolare per un caso particolare. Perci quaudo si ha una deter-minazione non di ci che giusto, ma di ci che ingiusto, non si ha un giudizio ; e dove la. legge del giusto non secondo equit, non legge : come in generale non

  • LA SCOMUNICA 43

    ARTICULUS 4 Utrum excom.municatio iniuste lata aliquo modo effectum ha.beat.

    (4 Sent., d. 18, q. 2, a. 1, qc. 4) An QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod excommunicatio

    iniuste lata nullo modo effectum ha beat. Quia per excommunica-tionem protectio et gratia Dei subtrahitur [MAG., 4 8ent., d. 18, c. Ligant quoque ], quae non iniuste su btrahi potest. Ergo excom-municatio iniuste lata non ha bet effectum.

    2. PRAETEREA, Hieronymus dicit [3 Comment. in Matth., ad 16, ~9] quod est de supercilio Pharisaeorum aestimare esse liga-tum vel solutum qui ligatur vel solvitur iniuste. Sed eorum super-cilium erat superbum et erroneum. Ergo excommunicatio iniusta nullum habet effectum.

    SED CONTRA: secundum Gregorium [homil. 26 in Evang.], prae-cepta pastoris, si ve i usta si ve iniusta, timenda sunt . Non autem essent timenda nisi aliquid nocerent etiam iniusta. Ergo, etc.

    REBPONDEO DICENDUM quod exeommunicatio potest dici iniusta dupliciter. Uno modo, ex parte excommunicantis : sicut cum ex odio vel ex ira aliquis excommunicat. Et tunc excommunicatio nihilominus habet effectum suum, quamvis ille qui cxcommunicat peccet : quia iste iuste patitur, quamvis ille iniuste faciat.

    Alio modo, ex parte excommunicationis ipsius : vel quia causa excommunicationis est indebita; vel quia infertur sententia iuris ordine praetermisso. Et tunc, si sit talis error ex parte sententiae qui sententiam nullam esse faciat, non habet effectum: quia non est excommunicatio. Si autem non annullet sententiam, habet effectum suum. Et debet excommunicatus humiliter obedire, et erit ei ad meritum; vel absolutionem petere debet ab excommu-nicante ; vel ad superiorem iudicem recurrere. Si autem contem-neret, eo ipso mortaliter peccaret.

    Contingit a.utem quandoque quod est debita causa ex parte exoommunieantis quae non est debita ex parte excommunicati : sicut cum quis pro falso crimine in iudicio proba.to excommuni-

    sono leggi le leggi ingiuste. Perci si conclude che una scomunica Ingiusta per la sua causa o motivazione, non una scomunica, e quindi per se stessa non lega e non c' 11 dovere di osservarla (In Quartum Sententiarum, di.et. 22, q. 1, a. 3).

    A questo primo argomento, desunto dal Gaetano, il celebre teologo spagnuolo &gglunge quello desunto dall'analogia con le sentenze inique dei tribunali civili. I teologi sono concordi nell'autorizzare l'innocente a sottrarsi alla condanna. Perch dunque non dovrebbe essere ugual.mente lecito sottrarsi alle eventuali ingiustizie dell'autorit ecclesiastica I Tuttavta questi teologi stessi sono concordi nel dire che quando l'ingiustizia non

    evtdente per il pubblico, colui che ne colpito tenuto a sa.Ivo.re le apparenze ; OB8la tenuto a rispettare esternamente le disposizioni dell'autorit ecclesiastica net -~~~ Per evitare Io scandalo, che consiste nell'apparente Incoraggi.amento a ..._..,rezzare la legge e l poteri costituiti.

  • 44 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppl., q. 21, a. 4

    caso, se sopporter la pena con umilt, il merito di tale virt com-penser il danno ricevuto con la scomunica. 1

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT: 1. Bench l'uomo non possa per-dere ingiustamente la grazia di Dio, pu tutta via perdere ingiu-stamente ci che ad essa dispone, come chiaro quando uno viene privato dell'istruzione [religiosa] dovuta. In questa maniera si dice che la scomunica sottrae la grazia di Dio.

    2. S. Girolamo in quel testo parla delle colpe non delle pene, le quali ultime posf:lono essere inflitte anche ingiustamente dai prelati della Chiesa.

    1 Questo non vuole giustificare in alcun modo l'arbitrio del prelato cbc infliggesse la scomunica a capriccio. Gi il Decreto di Graziano facevo. notare che la sentenza del prelato non rende una persona rea o meno di pena, ma essa soltanto la dichiara, una volta conosciuto il peccato (can. 44:, C. XI, q. 3). Il Concilio Agatense [a. 506] ordinava che il vescovo. il quale scomunicasse un innocente, fosse ammonito dai ve-scovi circonvicini. sotto pena, nel caso che non ubbidisse al loro richiamo. di essere privato della loro comunione fino al tempo della celebrazione del sinodo locale.

  • LA SCOMUNICA 45

    catur. Et tunc, si humiliter sustinct, humilitatis mcritum recom-pensat excommunicationis damnum.

    An PltlMUM ERGO DICENDUM quod, quamvis homo gratiam Dei iniuste amittere non possit, potest tamen iniuste amittere illa quae ex parte nostra sunt quac ad gratiam Dei disponunt: sicut patet si su btra.hatur alicui doctrinac vcrbum quod ei de betur. Et hoc modo excommunicatio gratiam Dci subtrahere dicitur, ut in prae-dictis [a. 2, ad 3] patet.

    An SECUNDUM DICE:N"DUM quod Ricronymus loquitur quantum ad culpas, et non quantum ad pocnas : quae possunt etiam iniuste infligi a rectoribus ecclcsiarum.

    Nel diritto canonico attuale esistono vari rimedi contro una sentenza ingiusta : rappello, la quaercla nullitatis , l'impugnaziono da parte di un terzo. Tuttavia possono dal"Si dei casi in cui. bench il processo e la sentenza si siano svolti con la. massima. accuratezza, n reo non sia tale in realt, e d'a.ltra parte non abbia la pos-sibilit di dimostrare la propria innocenza. Va ricordato che per la pubblicazione della sentenza del giudice non richiesta la certezza metafisica, ma basta. quella. more.le (otr. o. I. c., can. 1869. l ).

  • QUESTIONE 22 Soggetto attivo e passivo della scomunica.

    Passiamo ora a trattare del soggetto che pu scomunicare, o es-sere scomunicato.

    Intorno ad esso si pongono sei quesiti : 1. Se qualunque sacer-dote possa scomunicare ; 2. Se possa scomunicare chi non sacer-dote ; 3. Se possa scomunicare ehi scomunicato o sospeso ; 4. Se uno possa scomunicare se stesso, un suo pari o un superiore ; 5. Se possa venire scomunicata una collettivit ; 6. Se chi scomuni-cato possa incorrere in un'altra scomunica. 1

    ARTICOLO I Se qualunque sacerdote possa scomunicare.

    SEMBRA che qualunque sacerdote possa scomunicare. Infatti : I. La scomunica atto di giurisdizione. Ma ogni sacerdote ha

    tale potere. Quindi ogni sacerdote pu scomunicare. 2. E pi importante sciogliere e legare in confessione che in

    giudizio. Ma ogni sacerdote in confessione pu sciogliere e legare i sudditi. Quindi li pu anche scomunicare.

    IN CONTRARIO : le cose pericolose vanno riservate ai superiori. Ma la scomunica molto pericolosa, se non si usa con moderazione. Perci non pu essere affidata a qualunque sacerdote.

    RISPONDO: Nel foro interno si tratta una questione tra l'uomo e Dio ; nel foro esterno tra uomo e uomo. E quindi l'assoluzione o il debito che uno contrae verso Dio soltanto appartiene al foro sacramentale; ma ci che contrae verso gli altri uomini appartiene al foro giudiziale esterno. Poich dunque l'uomo, con la scomu-nica, resta separato dalla comunione dei fedeli, la scomunica ap-partiene al foro esterno. E quindi possono scomunicare soltanto coloro che hanno giurisdizione nel foro giudiziale : cio, secondo l'opinione pi comune, i vescovi e i prelati maggiori di propria autorit; i parroci invece, o per delega, o, in determinati casi co-me nel furto e nella rapina e simili, per concessione della legge stessa.

    1 Come abbiamo gi. notato all'inizio della questione precedente, sono confluite qui sotto forma di articoli le quaestiunculae degli articoli 2 e 3 del 4 Sent., d. 18, q. 2. Una sempliflcazione dell'ignoto compilatore del Supplemento, che in questo caso cre-diamo priva di que.lsiast inconveniente. Baster qui ricordare che 1 prlmi tre arti-coli appartengono all'articolo 2. e quindi al soggetto attivo, mentre gli altrl appar-tengono a.I 3, ossia trattano del soggetto passivo della scomunica.. L'a~ 4 per, avendo funzione di ponte tra le due sezioni, app&rtiene all'un.a. e all,altra.

  • QUAESTIO 22 De his qui possunt e xcommunicare et e xcommunicari.

    DEINDE considerandum est de his qui possunt cxcommunicare et excommunicari.

    Circa quod quaeruntur sex. Primo : utrum quilibct sacerdos possit excommunicare. Secundo: utrum non-sacerdos excommu-nicare possit. Tertio: utrum excommunicatus vel suspensus pos-sit excommunicare. Quarto : utrum aliquis seipsum, vel aequalem vel superiorem possit excommunicare. Quinto : utrum aliqua uni versitas excommunicari possit. Sexto: utrum semel excommuni-oatus excommunicari possit ulterius.

    ARTICULUS I Utrum quilihet sacerdos possit excommunicare.

    (4 Sent d. 18, q. 2, a. 2, qc. J) An PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod quilibet sacerdos

    possit excommunicare. Excommunicatio enim est actus clavium [MAG., 4 Sent., d. 18, c. Ligant quoque]. Sed quilibet sacerdos habet elaves. Ergo quilibet potest excommunicarc.

    2. PRAETEREA., maius est solvere et ligare in foro poenitentiae quam in foro iudicii. Sed quilibct sacerdos potest sibi subditos in foro poenitentiali absolvere et ligare. Ergo etiarn potest sibi sub ditos quilibet sacerdos excommunicare.

    SEn CONTRA, ea in quibus imminet periculum, sunt maioribus reservanda. Sed poena excommunicationis est valde periculosa, nisi cum moderamine fiat. Ergo non de bet cuilibet sacerdoti eom-mitti.

    RESPONDEO DICENDUM quod in foro conscientiae causa agitur inter hominem et Deum: in foro autcm exterioris iudicii causa agitur hominis ad hominem. Et ideo absolutio vel ligatio quae unum homincm obligat quoad Deum tantum, pertinct ad forum poenitentiae: sed illa quae homincm obligat in comparatione ad a.lios homines, ad forum pu blicum exterioris i udi cii pertinet. Et quia homo per excommunicationem a communione fidelium sepa-ratur, ideo excommunicatio ad forum exterius pertinet. Et ideo ~i soli possunt excommunicare qui habent iurisdictionem in foro tudiciali. Et propter hoc soli episcopi propria auctoritate et maio-res praelati, secundum communiorem opinionem, possunt excom-municare : sed pres byteri parochiales non nisi ex commissione eis !acta, vel in certis casibus, sicut in furto et rapina et huiusmodi, m qubus est eis a iure concessum Quod exoommunicare nossint.

  • 48 LA SOMMA TEOLOGICA, Suppl., q. 22, aa. 1-2

    Alcuni per hanno affermato che anche i parroci possono scomu-nicare. Ma la prima opinione pi convincente. 1

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT: 1. La scomunica un atto della potest di giurisdizione non direttamente, ma piuttosto in ordine al foro esterno. Ma bench la sentenza di scomunica venga emanata in foro esterno, poich in qualche modo dice relazione all'entrata nel Regno [di Dio], essendo la Chiesa militante preparazione a quella trionfante; anche la facolt di scomunicare pu essere chia-mata potest di giurisdizione. Per questo alcuni distinguono tra potere [giurisdizionale] di ordine , che hanno tutti i sacerdoti; e potere di giurisdizione in foro esterno , che compete solo ai su-periori. Tuttavia ambedue furono conferiti da Dio a S. Pietro, dal quale derivano in coloro che ne sono investiti.

    2. I parroci hanno giurisdizione sui propri sudditi nel foro inter-no, non nel foro esterno giudiziale ; perch essi non possono citare presso di s i propri fedeli per cause contenziose. Quindi non pos-sono scomunicare, ma possono assolvere nella confessione. E ben-ch la confessione sia pi nobile, nel giudizio richiesta maggiore solennit, in quanto si tratta di dare soddisfazione non solo a Dio, ma anche agli uomini.

    ARTICOLO 2 Se coloro che non sono sacerdoti possano scomunicare. 2

    SEMBRA che coloro i quali non sono sacerdoti non possano sco-municare. Infatti :

    1. Si legge nelle Sentenze che la scomunica un atto del potere delle chiavi. Ma chi non sacerdote non ha tale potere. Quindi non pu scomunicare. 3

    2. Si richiede maggior potere per scomunicare che per dare l'as-soluzione sacramentale. Ma chi non sacerdote non pu assolvere in confessione. Quindi neppure scomunicare.

    1 s. Raimondo nella sua Summa (1. 3, tit. 33, 7) riferisce tl'e opinioni, che, se-condo lui, riguardano solo la scomunica maggiore. Per alcuni, soltanto il vescovo pu infliggere tale pena, la quale costituisce la sua spada spirituale ( spiritualis mucro episcopi). - Secondo altri, godono di tale diritto tutti i sacerdoti che hanno par-rocchia. Infine per altri, e per lo stesso S. Raimondo, godono di tale facolt tutti i vescovi e prelati che stanno a capo di una chlcsa, come, p. es., gli abati. Tra questi ultimi S. Raimondo mette anche i pievani. E a conferma della sua opinione porta un canone dcl Decreto di Graziano. In esso il Papa Alessandro III invita il vescovo di Firenze [a. 11701 a fare osservare le sentenze di scomunica o d'interd.etto che eventualmente venisRero pronunciate da un certo pievano nei riguardi dei propri parrocchiani (ctr. X. I, tit. 31, c. 3).

    Oggi, FJecondo il c. I. o., possono infiiggnc la scomunica tutti coloro che possono Prolllulgare leggi o dare precetti (cfr. can. 2220, 1). In con~reto godono di tt:tle facolt. : a) direttamente, il Papa, i vescovi e le persone a questi equiparate, i concilii provinciali, i Superiori maggi~ri delle religioni clericali esenti, talvolta anche i supe-riori locali; b) per delega, tutti e solo i chierici.

  • SOGGETTO ATTIVO E PASSIVO DELLA SCOMUNICA 49

    Alii autem dixerunt quod etiam saeerdotes paroehiales possunt excommunicare. Sed praedicta opinio est rationabilior.

    An FRIMUM ERGO DICENDUM quod excommunieatio non est actus clavis directe, sed magis respeetu exterioris iudicii. Sed sententia exeommunieationis, quam vis in exteriori iudieio pro-mulgetur, quia tamen ali quo modo pertinet ad aditum Regni, secundum quod Eeclesia militans est via ad triumphantem; ideo etiam talis i