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D ire Tollo è dire vino. Ol-tre mille anni di vitivi-nicoltura intorno al col-

le su cui sorge il Castrum di Tul-lum, tra il fiume Arielli e il tor-rente Venna nell'Abruzzo Cite-riore, in provincia di Chieti.Una storia che profuma di otti-me uve e vigneti che degradanosulla linea azzurra dell'Adriati-co. Un'agricoltura fiorente, ilclima ideale per la vite e l'olivo,grazie alle brezze marine e alleescursioni termiche tra giornoe notte garantite dalla prossimi-tà della Maiella. Già dall’epocamedievale la zona è conosciutaper la produzione del suo Rossovolgarmente detto Lacrima,molto ricercato nel regno bor-bonico di cui Tollo fu parte. Pas-sato a feudo dei Baroni Nolli, ar-tefici della sua rinascita econo-

mica, il centro agricolo dellecolline teatine prospera fino all'avvento del secondo conflittomondiale. Nel 1943 il fronte diguerra corre anche lungo il con-fine con il territorio di Ortonaed è allora che Tollo è rasa alsuolo insieme alle sue aziendeagricole e vigneti. Immediata laripresa dell’economia vitivini-cola scongiurando l'emigrazio-ne della popolazione. Negli an-ni ‘50 lo sviluppo costante haportato benessere all'intero pa-ese: 4.200 abitanti, quasi tutti vi-ticoltori, riuniti in cooperative apartire dagli anni '60. Oggi gliautoctoni vitigni di Montepul-ciano d'Abruzzo, Cerasuolo,Trebbiano, Pecorino e Passeri-na sono motivo di affermazio-ne nazionale e internazionaleper la produzione di Tollo.

Un percorso in decisa ascesa,che con la vendemmia 2008 haportato alla nascita della dopTullum, la più piccola doc italia-na massima espressione del ter-roir nel bicchiere. Un'idea inno-vativa quella del cru da singolivigneti, lanciata dall'aziendaagricola Feudo Antico che si èimposta all'attenzione delle ta-vole enologiche.

Jolanda Ferrara

LE CAPITALI DEL GUSTO

TOLLO

IL VINO BUONO E PREZIOSOPREFERITO DAI BORBONI

MONTEPULCIANOD’ABRUZZO

Dop Tullum

LECAPITALIDELGUSTO /2 9

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TOLLO

La rinascita del vino a Tollo, Cit-tà del Vino, è di segno decisa-mente contemporaneo, matrae linfa vitale dalle radici anti-chedella tradizione.

E' questo il senso ultimo rac-chiuso nell'operazione “DopTullum”, ambizioso progetto diriqualificazione e valorizzazio-ne dell'identità del terroir attra-verso i suoi vini. Lo spiega condovizia di argomentazioni An-drea Di Fabio, alla guida dell'azienda Feudo Antico nata conl'obiettivo di dare nuova imma-gine all'enologia abruzzese. «Leuve provenienti da Tollo pre-sentano peculiarità diverse dal-le altre aree d'Abruzzo», spiegaDi Fabio «non solo per caratteri-stiche climatiche e pedologi-che, ma anche per le influenzedelle tradizioni locali e il valoresociale assunto dalla viticoltu-

ra. Per questo Tullum introdu-ce per la prima volta il concettodi cru da singoli vigneti».

«I terreni destinati alla DopTullum sono esclusivamente aTollo e si trovano tutti in colli-na, sono esclusi i vigneti di fon-dovalle. Attualmente sono inproduzione 15 ettari di terreno,rigorosamente composti da va-rietà locali. Un ruolo di partico-lare importanza è dato a Pecori-no e Passerina, autoctoni consi-derati fino a ieri "minori", oggiritenuti a tutti gli effetti prezio-se risorse del territorio.

La Dop prende il nome dal to-ponimo “Tullum” di originemedievale, periodo nel quale iprecursori degli attuali viticolto-ri si affrancarono dalle angheriedella classe baronale. «Solo 20viticoltori fanno parte del pro-getto Tullum- Feudo Antico, unprogetto impegnativo perchèdifficile e meno produttivo»,sottolinea Di Fabio. La resa perettaro è molto bassa e non puòsuperare i 90 quintali per etta-ro, con una densità di impiantodi almeno 3.300 ceppi, esclu-dendo i vigneti di fondovalle aldi sotto degli 80 metri sul livellodel mare. Il progetto di zonazio-ne, coordinato dal professor At-tilio Scienza e dal pool di ricer-catori dell’Università di Mila-

no, porterà a conoscere ancormeglio le caratteristiche pecu-liari di questo terroir. Lo studioservirà anzitutto a ogni viticol-tore, che potrà così conoscere ilvero valore e sviluppare ancorpiù l’orgoglio di appartenenza.La zonazione servirà anche a“produrre meglio con meno”,all’insegna della sostenibilità.La vinificazione e l'imbottiglia-mento sono effettuate esclusi-vamente in zona e prevede unabreve macerazione delle buccein fase pre- fermentativa e lasuccessiva fermentazione atemperatura controllata; per irossi la vinificazione in cemen-

to. Feudo Antico produce at-tualmente 80.000 bottiglie delletipologie Tullum Bianco, Peco-rino, Passerina, Superiore e Tul-lum Rosso.

Sempre a Tollo c’è la“corazzata” dei viticoltori: laCantina Tollo, che conta 840 so-ci e 3100 ettari coltivati a vignatra Tollo e Ortona. Una corazza-ta che lo scorso anno ha prodot-to 515 mila ettolitri di vino ecommercializzato 13 milioni dibottiglie di vino in tutto il mon-do. E che da 50 anni fa in modoche il nome Tollo sia sinonimodi buon vino. (j.f.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO / 210 LE CAPITALI DEL GUSTO / 2 11

I PRODUTTORINel luglio1960nascelaprimacooperativadipiccolicoltivatoritollesiper iniziativadi19socifondatori, laCantinaTollosca,ovveroSocietàcooperativa,oggifortedi840soci

LE FESTEFestadelvino, ilVinodelsindaco, iBaccanali...negliannisisonoalternatevarieiniziative,malapiùseguitaèprobabilmentequelladeiBaccanali,chesisvolgenellasecondametàdi luglio

IL COSTOUnbuonMontepulcianosfusodiTollosipuòacquistarea1,50euroal litro

Vigneti in collinaper la Doppiù piccola d’Italia

“Or la tua cetra io qui ti chiedo, Apollo,per celebrar di Tollo il vivace Rubino”

A confermare l’antichità dellapratica della coltivazione elavorazione della vite c’è ilrinvenimento in varie contradedi Tollo di dolia (giare) da vinoe da olio e celle vinarie intere ea frammenti. Altradimostrazione è la presenzanelle aree circostanti di alcunevillae rustichae romane, primiesempi di grande aziendaagraria organizzata in cui ilvigneto assume un’importanzaparticolare tra le proprietà.Alla dominazione romanaseguirono quelle di Longobardie Normanni, Angioini, Altavillae Aragonesi, periodi storici incui la viticoltura ebbe sempreun ruolo di primo piano. NelBasso Medioevo e tra il 1400 eil 1500 il porto di Ortona fu ungrande centro del commercio:da qui partivano navi cariche di“caratelli” di vino. All’iniziodell’800 il vino di Tollo eraconosciuto in tutt’Italia e tra laPrima e la Seconda GuerraMondiale, i commercianti diTocco Casauria, Ortona, Chieti,Pescara e provenienti da fuoriAbruzzo, si recavano a Tolloper comprare vini rossi,bianchi e uve da vino e datavola, usanza storica giàpraticata nei secoli passati.

LA STORIA

Ogni dominatoreapprofittòdella viticolturadel territorio

UVA E VINOMONTEPULCIANO

D’ABRUZZO

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La rievocazione storicadell'assedio dei Turchi e dellaliberazione avvenuta, secondo latradizione, grazie all'interventosoprannaturale della Madonna èl'appuntamento fisso della primadomenica di agosto in piazzaUmberto I. La celebrazione sicollega all'episodio dell'invasioneda parte dell’ottomano PialyPascià avvenuta nel 1566. In

piazza 50figurantiripercorronol'antica battagliasuddivisa inquattro fasi eterminante con lacalata di un angelo(rappresentato dauna bambina)dalla cima di una

torre. Durante la rievocazionedella battaglia dei Turchi si svolgela processione della Madonna delrosario. Altre celebrazioni sonodedicate ai vari patroni del paese.Il 17 maggio, San Pasquale, ètradizione consumare "toll'efave", frutti della terra tipici delperiodo. Il 17 luglio, SantaMarina; il 16 agosto, San Rocco. Il13 dicembre, Santa Lucia.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

INGREDIENTI PER 4 PERSONE500g. di guanciale di maiale, 500 g. dispuntatura di maiale, aglio, alloro,rosmarino, 1lt di Pecorino dop Tullum.Per la crema di broccoli: 500 g. cime dibroccoli, 1 melograno, olio, sale, pepe.

Costo degli ingredienti: 15 euro

Tagliareacubetti ilguanciale e laspuntaturadimaialee farli rosolarenell'oliocon tuttigliodori inuntegamenontroppo alto. BagnareconilPecorinoe far asciugare.Terminarelacottura aggiungendoacqua senecessario,salare e pepare apropriogusto.Far soffriggereaglio eolio integame,aggiungere lecimettefrescheeun po’d'acqua.Quando i broccolisonoancorasemicrudi frullare il tutto.Ilmelogranova sgranato nelpiattoespizzicatotra unbocconee l'altro(ricettadiAlessandro Quintili).

ECCO IL CIF E CIAFDI MAIALEAL VINO PECORINO

Per chi arriva dalla costa, si escedalla A14 Francavilla-Pescara sudsi prosegue per la StradaProvinciale Miglianico-Tollo.Provenendo da Sud l'uscita dallaA14 è Ortona, si prosegue perVillagrande-Tollo.Tollo è inserita in duecomprensori a forte vocazionevitinicola. Uno è la Vallata delForo Villamagna – Francavilla,che comprende i Comuni diCasacanditella, Bucchianico,Vacri, Torrevecchia Teatina eRipa Teatina. L'altro è la stradaprovinciale Marrucina daGuardiagrele a Ortona che passaper Orsogna, Arielli, CrecchioPoggio Fiorito e Canosa Sannita.

Feudo Antico, via Perruna 35 tel.0871.969128; Cantina Tollo sca,viale Garibaldi 68 tel. 0871.96251;Azienda agricola Giacomo Radica,via Piana Mozzone 0871.962227;società Cooperativa AgricolaColtivatori Diretti via Don Morosini104, 0871.961117. Le cantine sonodisponibili a visite con degustazione

LECAPITALIDELGUSTO /212

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È una città veloce, Pesca-ra. Corre forte, si atteggiaa matricola universita-

ria, fa le ore piccole e poi è stor-dita di giorno, persegue l'inno-vazione, insegue le mode delmomento poi si lascia distrar-re, segue un nuovo corso, unoscoiattolo che passa. Invece hal'età di una laureanda, Pesca-ra, un trascorso che comincia afarsi importante, delle espe-rienze da ricordare, degli errorida non ripetere.

Bottoni di storia con cui al-lacciarsi la giacca, Pescara liha, e se non avesse fretta diusurarli li potrebbe tenere luci-di e sempre giovani, semprepuliti, come nuovi, e vantarse-ne. Tra questi bottoni di storiac'è il parrozzo, un dolce natoproprio tra le strade del vec-

chio borgo, pensato, dopo laprima Guerra mondiale, da unpasticcere che era già noto aitempi di Gabriele d'Annunzio,e che anzi gli stava a due passida casa, tanto che, alla fine, èstato proprio d'Annunzio a in-ventare questo nome che lo hareso famoso: "Parrozzo", cioè"pan rozzo", come lo stesso pa-ne, umile, dei contadini, a cuifa riferimento sia nella formasia nel colore. Il parrozzo nasceper mano di Luigi D'Amico nel-le strade che erano state dellafortezza, e che poi furono diD'Annunzio: nasce nel nucleoabitativo che si chiamava Pe-scara, al di qua dal fiume cheseparava gli artigiani dal cen-tro più benestante e commer-cialmente avanzato che rispon-deva al nome di Castellamare

Adriatico, sviluppatosi intorno(e grazie) alla stazione ferrovia-ria, alla fine del 1800. Da que-sto piccolo nucleo chiamatoPescara è iniziata la storia delparrozzo, fatta di commercio edi nostalgia, perché battezzatoa distanza da un poeta che, nelmangiarlo, ritrovava la ruvidez-za e la dolcezza della sua gente.

Cristina Mosca©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

PESCARA

IL SIMBOLO RUVIDO E DOLCEDELLA CITTÀ DANNUNZIANA

PARROZZOAL CIOCCOLATO

Prodotto tipico

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PESCARA

Quella del parrozzo è una storiache inizia negli anni '20 con Lui-gi D'Amico, un pasticcere già af-fermato che volle reinterpretarein chiave dolce il cosiddetto "pa-

ne rozzo" dei contadini abruzze-si. Questo pane aveva forma se-misferica, era giallo all'internoperché era fatto con farina digranturco ed era un po' scuro insuperficie perché cotto a legna.Raccontano Camillo Chiarieri ePierpaolo Di Simone nella gui-da "La bella Pescara", edita daMenabò nel 2014 (da cui abbia-mo tratto anche la ricetta scrittanella pagina seguente), che permantenere il giallo la versioneoriginale di D'Amico prevedevale arance, oggi sostituite dai li-moni, e il cioccolato fondenteper rievocare lo scuro. «Nel par-rozzo industriale» precisano idue autori «non ci sono agrumi,

e le mandorle amare sono sosti-tuite dalle armelline, i nocciolidelle albicocche». I primi par-rozzi erano prodotti e distribuitinel primo, storico locale, fonda-to da Luigi D'Amico nel 1850 all'angolo tra corso Manthoné epiazza Garibaldi. Contrariamen-te a quello che si pensa, i parroz-zini sono nati con il Parrozzo:all'epoca non esistevano le "me-rendine", le porzioni monodosefurono un'innovazione. Nel lo-cale di piazza Garibaldi veniva-no commerciati non solo pro-dotti alimentari, ma anche vino,granaglie, pesci salati e persinopece, reti da pesca e polvere dasparo. Nelle intenzioni del fon-datore, il locale voleva essere ilpunto di riferimento per le duemaggiori attività economichecittadine: la pesca e la fortezzaborbonica, con i relativi repartimilitari. Come descritto nel sitodi Unioncamere, alla scompar-sa di Luigi D'Amico l'attivitàvenne portata avanti dal figlioBiagio, che nel tempo la indiriz-zò verso il commercio di prodot-ti alimentari, tralasciando il re-sto. Dopo la fine della Primaguerra mondiale l'omonimo ni-pote del fondatore diversificònuovamente l'attività avviandoil bar caffé "Il ritrovo del parroz-zo": il nuovo nome derivò, natu-

ralmente, dal dolce che ne ave-va fatto la fortuna commerciale.Tra gli anni '20 e '30 la produzio-ne e le vendite si allargarono alresto d'Italia.

«Il locale in piazza Garibaldifu purtroppo centrato dallebombe nel 1943» spiegano Chia-rieri e Di Simone, «ma tuttoquello che allora fu salvato,compresi i mobili originali dell'epoca, fu trasferito nella nuovaattività di corso Umberto e poiin via Pepe». La ripresa fu lenta edifficilissima. Nel 1954, venutoa mancare Luigi D'Amico, laproprietà passò alla figlia Tere-sa coadiuvata prima da Genna-

ro Di Matteo, braccio destro delpadre, e poi dal marito Giusep-pe Francini. Alla fine degli anni'70, con l'ingresso in aziendadel figlio e attuale titolare Pier-luigi Francini, venne deciso diabbandonare il settore commer-ciale, di chiudere il bar caffé - aeccezione del negozio di vialePepe - e di concentrarsi sulla so-la produzione, che oggi avvienenella sede di Manoppello. At-tualmente Pierluigi Francini èaffiancato dai figli Giorgio, Tere-sa e Filippo. La confezione èquella di sempre, disegnata daArmando Cermignani. (c.m.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO / 216 LE CAPITALI DEL GUSTO / 2 17

IL NOMEIlparrozzoha laformadiunacupola,aricordodel"panerozzo"usatodaicontadiniabruzzesi,gialloperviadellafarinadigranturcoecottonelfornoalegna.D'Annunziodescrivelaformaun"usbergo",unoscudo.

L’IDEALuigiD'Amiconel1920hadecisoditrasporreilpaneinversionedolce,rievocandoilgiallo internoconleuova,e loscurodellacotturaal fornoconilcioccolatofondente.

IL COSTOLaconfezioneda640grammicosta11euro, ilparrozzino1euro, iprezzivarianoper leconfezioniregalo

D’Amico si ispiròal pan rozzodei contadini

“Quanne m'attache a lu parròzzepasse la sise de l'Abruzzo mè”

Gli anni della nascitacommerciale del parrozzo sonogli anni di grande fermento perPescara. Il 6 dicembre 1926veniva infatti ratificatal'annessione di CastellamareAdriatico, comune teramano anord del fiume Pescara (il suopalazzo del municipio eral'attuale Conservatorio), alborgo di Pescara, a sud delfiume, che aveva dato i natali ad'Annunzio e Flaiano. I duecentri formarono Pescara, chediventò anche il capoluogo diuna nuova provincia,"ritagliata" dalle vicine Chietie Teramo. Come ricorda Licio DiBiase nel libro "La grandeStoria", l'intenzione inizialeera battezzare la nuova città"Aterno", in omaggio al fiumeche separava i due centri, maper diversi motivi ed essendocoinvolto l'onorevole GiacomoAcerbo, Barone di Aterno, allafine si optò per Pescara. Comeribadito anche dal testo diEnrico Di Carlo "Dall'Abruzzo alVittoriale - D'Annunzio1938-1998", l'impegno did'Annunzio fu più limitato diquello che si crede, in questafusione: risulta solo untelegramma del 1924 aMussolini.

LA STORIA

Il dolce natoinsiemealla grandePescara

PARROZZOAL CIOCCOLATO

LUIGI D’AMICO

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La zona sud di Pescara haconosciuto il suo sviluppo a partiredal 1910, anno fertile in cui sonostati inaugurati sia il teatroMichetti sia il Kursaal, oggi notocome ex Aurum. Inizialmente ilKursaal aveva destinazioneturistica: è stato disegnatodall'architetto Antonino Liberi, cheaveva ricevuto incarico di redigerel'intera zona della pineta, creando

infatti una sorta diquartiere Libertyancora oggiindividuabile egodibile alla vista.Dal 1919 per circasessant'anni èstato la sede delledistillerie del notoliquore abruzzeseAurum. Oggi l'ex

Aurum è una "Fabbrica della idee"rilanciata con bravura elungimiranza da Annarita DellaPenna e diretta da quest'anno daLicio Di Biase. L'edificio ospitaeventi culturali, mondani ecerimonie; è sede, tra l'altro,dell'Alviani Artspace diretto daLucia Zappacosta e dell'incubatoredi idee Digital Borgo.(aurum.comune.pescara.it)

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

INGREDIENTI PER UNA TORTA200 g. di zucchero; 150 g. di cioccolatofondente; 150 g. di semolino; 200 g. dimandorle dolci; 6 uova fresche; 7-8 mandorleamare; buccia grattugiata di un limone nontrattato; burro q.b.

Costo degli ingredienti: 7-9 euro

Sitritano lemandorle e simescolanoconsemolino elimone grattugiato;visiaggiungonogli albumimontati aneve, irossie lo zucchero.Siversa ilcompostoinunostampoacupolarivestitointernamentedistagnola. Simette infornoa 180•/200• per 45minuti,poisimetteadasciugare ilparrozzosu unfogliodicartaassorbente per qualcheora.Spalmare interamente conilcioccolatofondentescioltoabagnomariapartendo dallabase e poi,quandosi è raffreddata,procedendocolresto(dal libro“LagrandePescara”).

ECCO COME FAREA CASAIL PARROZZO

Pescara è in una posizioneprivilegiata, in Abruzzo, quasi alcentro della costa adriatica. Puòessere raggiunta in aeroporto danumerose città d'Italia e d'Europa ocomodamente in A14, avendo adisposizione due svincoli (PescaraNord e Pescara Ovest). Grazieall'Asse attrezzato e allaCirconvallazione, è collegata moltobene da Chieti e poi nel tratto che vada Francavilla a Montesilvano. Intreno ci sono tre stazioni: Pescaracentrale, con 8 binari; quella diPorta nuova, nella zona sud; e SanMarco, che avvicina al tribunale eall'università. Quest'ultima è la piùcomoda per raggiungere, a piedi o inautobus, il Ritrovo del parrozzo

"Il Ritrovo del Parrozzo" è oggi invia Pepe 41 (tel 085.60627), difronte allo stadio, ed è l'unicaattività commerciale legata allafamiglia D'Amico: ci sono ancorale sedie del primo Novecento e letestimonianze del passaggio dipersonalità come Tazio Nuvolari,Totò, Peppino De Filippo, Macario

LECAPITALIDELGUSTO /218

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L o si conosce come“Canestrato di Castel delMonte” ma l'area di pro-

duzione è quella dei pascoli delversante meridionale del GranSasso. Al Consorzio di tutela evalorizzazione del Canestratodi Castel del Monte, presidioSlow Food, e alla cui costituzio-ne è stata incentivata e promos-sa dal Parco Gran Sasso e Mon-ti della Laga, aderiscono alleva-tori che si trovano a Barisciano,Ofena, Calascio, Santo Stefanodi Sessanio, Villa Santa Lucia,San Pio delle Camere, tutti nell'aquilano. «Quello che conta so-no le caratteristiche del latte»,spiega Giulio Petronio del Con-sorzio. «Esistono altri pecoriniin zone immediatamente pros-sime, nell'area est dell'Aquila,ma lì la scuola è già quella del

pecorino romano».Il paese che dà il nome al Ca-

nestrato, ma anche ad un otti-mo Marcetto, formaggio“andato a male”, cremoso emolto piccante, è una perla deimonti abruzzesi. A pochi chilo-metri da Campo Imperatore,Castel del Monte, è un paesed'arte e una fortezza, non hamura perché si difendeva nellasua forma arroccata, con i suoi1346 metri, il paese più alto delParco Gran Sasso. Le sue stret-te strade, i suoi portali, i suoipiccoli sottopassi coperti, i log-giati e le case- torri sono un gio-iello a cielo aperto. Luogo otti-mo come base per le escursionisul Gran Sasso, è un concentra-to di tradizione e bellezza. E trale sue strade ci si muove comein un museo. Castel del Monte

ha una storia millenaria, legatada sempre alla transumanza.Le prime notizie risalgono allaseconda metà del secolo XIII,epoca in cui venne annesso alMarchesato di Capestrano, feu-do dipendente dalla Contea diCelano. Castel del Monte faparte de “I borghi più bellid'Italia”.

Barbara Bologna©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

CASTEL DEL MONTE

DAI PASCOLI D’ALTA QUOTAUN FORMAGGIO DI QUALITÀ

PECORINOCANESTRATO

Presidio Slow Food

LECAPITALIDELGUSTO /2 21

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LE CAPITALI DEL GUSTO / 222

CASTEL DEL MONTE

La storia del Pecorino Cane-strato di Castel del Monte, èquella dei nostri padri, dei no-stri nonni. Affonda le radicinella dimensione agropastora-

le che ha connotato da semprele genti dell’Abruzzo interno,nella tradizione della transu-manza durata almeno due mil-lenni. Ancora oggi qualcunoresiste a preservare la tradizio-ne, e tra questi c'è sicuramen-te chi produce il Canestrato.

A spiegare la storia è GiulioPetronio, Presidente del Con-sorzio di produttori e allevato-ri per la tutela e la valorizzazio-ne di questo formaggio, nel2005 grazie all'iniziativa delParco Nazionale Gran Sasso eMonti della Laga e presto dive-nuto presidio Slow Food.«Quando si parla di Canestra-to», racconta «non si rende be-

ne l'idea, la giusta definizioneper il nostro formaggio è Peco-rino lavorato a latte crudo. Ca-nestrati infatti ne esistono an-che altrove, ma il nostro è lega-to alla peculiarità del latte del-le nostre pecore».

La scelta di lavorare il latte acrudo nasce da un'esigenzapratica, quella dei pastori intransumanza, e produce unprodotto sano e gustoso, chequalcuno poi decide di salva-guardare. Il canestrato si pro-duce tutto l’anno, a fornire illatte sono pecore che pascola-no libere a partire dal mese dimaggio sull'altipiano di Cam-po Imperatore, 19 chilometridi pianoro a 1800 metri di quo-ta, e ad ottobre scendono a val-le, secondo il principio dellatransumanza verticale.

Storicamente le transuman-ze sono due: quella orizzonta-le praticata da almeno due mil-lenni, che utilizzava per la sali-ta e la discesa delle greggi igrandi sentieri erbosi, i tratturiche portavano verso sud (unodei più importanti partiva daSan Pio delle Camere e arriva-va a Foggia). Esiste poi la tan-sumanza verticale dei pastorilocali, che trasfericono gli ovi-ni a diverse altitudini nell’am-bito del parco. Giulio raccon-

ta: «Le pecore le vediamo du-rante l'inverno nelle nostrepianure, io in particolare le tra-sferisco nell'area del Pescare-se». L'area di pascolo di Cam-po Imperatore è compresa perbuona parte nel territorio delcomune di Castel del Monte,al quale è legata una tradizio-ne casearia di altissima quali-tà. Qualcosa rispetto al passa-to è cambiato, e sono i cane-stri: «Molti produttori stannoiniziando ad usare quelli inplastica, ed è soprattutto permotivi igienici», spiega Petro-nio «ma è anche un'esigenza.Una volta sul tratturo c'erano

gli artigiani che vendevano ce-stini di vimini, ora purtropponon è più così». Le pecore chedanno il prezioso latte, comeda tradizione, devono vederse-la con il lupo, ma Petroniospiega che con questo animalesi convinve. «Abbiamo i canida gregge e teniamo a distanzai lupi. In tre anni, su 1300 peco-re che posseggo i lupi mi han-no sbranato non più di diecicapi. In fondo con i lupi convi-viamo da sempre. Il nostro ve-ro problema sono i cinghiali,ormai presenti in quantità fuo-ri misura».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO / 2 23

Dal latte a crudonasce il saporedella transumanza

IL CONSORZIOSonoventigliaderentidelConsorziodiTuteladelpecorinocanestratoaderentialPresidioSlowFood,consorziopromossoesostenutodalParconazionaleGranSassoMontidellaLaga

LE GREGGICirca8.000lepecorechepascolanosull’AltipianodiCampoImperatoreecheproduconoil latteperilpecorinocanestratodiCasteldelMonte

IL COSTOVariabileil costodelCanestratodiCasteldelMonte,che incittàpuòsuperarei30euroalchilo

Il Consorzio di tutela delCanestrato, presidio Slow food,conta 20 aderenti per un totaledi 8000 pecore. «Non tutti nelconsorzio si occupano dellatrasformazione del latte informaggio»-spiega Petronio.«C'è chi fa solo produzione dilatte e consente a chi fa ilformaggio di averne maggioriquantità e rispondere piùfacilmente alle richieste». Illatte in più, come assicura daSlow Food, arriva dai seguentiallevatori: Alfredo De Paulis diPaganica, Giulio Mucciante,Renato Mucciante, RosettaGermano, Gianluca Marinacci,Alessandro Pelini, GiulioPetronio, Azienda Pilota per leBiodiversità di Castel del Monte,Leonardo Tartaro, DamianiOvidio, Nino Sebastiani diTempera, Amedeo Tartaro diSan Pio delle Camere, RuggeroDamiani, Antonio Damiani,Carmelinda Iagnemma diBarisciano, Gabriella Costantini,Annarita Giuliani di Ofena,Mario Antonacci di Calascio. IlCanestrato, oltre che presso iproduttori del Consorzio èpresente in diversi esercizicommerciali aquilani, e neimigliori ristoranti di tradizioned'Abruzzo.

IL CONSORZIO

Ecco i nomidegli allevatoriche produconoil latte di pecora

FORMAGGIOPECORINO

CANESTRATO

Come si può governare un paeseche ha 246 varietà di formaggio?Charles De Gaulle (generale e capo di Stato)

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Castel del Monte è un paese digrandi bellezze. E' magico, e haattratto registi internazionali.Castel del Monte era in alcune scenedel film Ladyhawke, con MichellePfeiffer e Rutger Hauer, ed è statal'ambientazione principale per ilfilm The American, con GeorgeClooney. La parte più alta del Paeseè chiamata Ricetto, con la TorreCampanaria che la sovrasta . Il

borgo sorge sullaroccia ed è ricco dichiese: San Donato,fuori dal borgo,dall'aspettomedievale.All'internola Chiesa dellaMadonna delSuffragio (detta laChiesa dei Pastori)

e la Chiesa di San Marco conbassorilievi, tele e statue lignee.Accoglie il centro museale "L'artedella lana" e il Museo dellaPastorizia. Da non perdere, il 17agosto, “La Notte delle Streghe”delle quali si parla in documentidell'ultimo poeta pastoreFrancesco Giuliani, morto nel 1975.Di rilievo il presepe vivente laprima domenica di gennaio.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

Il Canestrato è un formaggio che si mangiasoprattutto crudo, d'altronde solo così se neassapora al meglio la pastosità. A proporcicome assaporare il canestrato è uno deiristoranti che si trovano nell'area di Castel delMonte, “La Loggia” di Loredana Pelini. Il piattoproposto è denominato “Piatto del Pastore” .Nessuno è più padrone di quel piatto deipastori abruzzesi che lavorano perché ilformaggio prenda vita. Nel piatto si trova ilpecorino canestrato di Castel del Montetagliato a fette, usato a diverse stagionature:c'è il primo sale, il semi stagionato, lostagionato, e lo stagionato sotto cera d'api.Nel piatto due ciotoline di accompagnamento:in una il Marcetto, altro prodotto caseario diassoluto pregio di Castel del Monte, in un'altrail miele alla frutta d'accompagnamento per iformaggi stagionati e una pallina di ricottafresca sempre con miele. Il piatto è per una odue persone, e può essere un antipasto o unsecondo Costo: 8 euro. La Loggia, ristorante epizzeria, è chiuso il martedì.

MIX DI CANESTRATOMARCETTOE PRIMO SALE

LECAPITALIDELGUSTO /224

Castel del Monte è il paese più altodel Parco Nazionale del Gran Sasso eMonti della Laga. Da Roma si prendel'autostrada A24 fino all'uscitadell'Aquila Est, si porosegue sullaStatale 17bis in direzione Pescarafino al bivio per Barisciano. Da lì sipuò salire passando per SantoStefano di Sessanio, o proseguirepassando per San Pio delle Camere.e dopo qualche km si arriva a Casteldel Monte. Da Pescara invece sisegue l'autostrada A25, direzioneRoma, fino all'uscita Bussi-Popoli.Sempre seguendo la Statale 17 bis,direzione dell'Aquila, al bivio perOfena si può girare a destra, oproseguire dritti, dopo pochi km siarriva comune a destinazione.

Il Canestrato viene venduto da tuttii produttori: Mariano Aromatario el'Azienda Zootecnica del GranSasso entrambi a Castello. AntonioCherubini a Villa Santa Lucia,Domenico Cherubini a Ofena e laCoop Campo Imperatore a Calascio.Il canestrato è in vendita anche inalcuni supermercati dell'Aquila.

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F arindola, un piccolo bor-go di antica origine, è lapatria dell'omonimo Pe-

corino, considerato tra i mi-gliori formaggi del nostro Pae-se. Un prodotto di assoluta ec-cellenza in Abruzzo, tutelatoda un Consorzio e prodotto inuna zona tipica, sul versanteorientale della catena del GranSasso d’Italia, che comprendeil territorio di nove Comuni trale provincie di Pescara e di Te-ramo (Farindola, Montebellodi Bertona, Villa Celiera, Carpi-neto della Nora e Arsita), an-che se altri Comuni presenta-no un territorio parzialmentecompreso nell’area tipica, co-me Bisenti, Castelli, Penne eCivitella Casanova. Il Pecorinodi Farindola è ottenuto da latteovino crudo, cagliato con ca-

glio di suino - è questo il suoprincipale tratto distintivo -formato in fiscelle di vimini oplastica, purché con la tradi-zionale canestratura, salatocon sale grosso a secco solosulle due facce, un giorno perognuna, e trattato periodica-mente in superficie con olioextravergine di oliva con even-tuale aggiunta di aceto o succodi pomodoro bollito. La stagio-natura, su assi di legno fino a 3mesi, continua in casse o ar-madi di legno. Queste formecircolari, con le facce di diame-tro maggiore dell’altezza delloscalzo, hanno in crosta un co-lore che va da giallo ambrato amarrone scuro, secondo sta-gionatura, e all'interno una pa-sta semidura con occhiaturapiccola e diffusa e scagliosità

frequente nel formaggio piùstagionato. Profumi e sapori dierba e fieno, con un leggerosentore animale, aromi benpersistenti con note di sotto-bosco e fungo specialmentead alta stagionatura, oltre aduna lieve piccantezza, sono itratti inconfondibili di questoPecorino.

Giorgio D’Orazio©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

FARINDOLA

IL PECORINO OTTENUTOCON IL CAGLIO DEL MAIALE

FORMAGGIOPECORINO

Presidio Slow Food

LECAPITALIDELGUSTO /2 27

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LE CAPITALI DEL GUSTO / 228

FARINDOLA

Si dice che l'aria buona fa buo-ne le cose. E certamente l'atmo-sfera che si respira a Farindola,un centro dell'area vestina ar-roccato ad oltre 500 metri di al-

titudine che raggiunge con Ri-gopiano i 1200 metri, è una del-le componenti che rendonobuono il suo Pecorino.

Un prodotto unico e ormaifamoso ben oltre i confini regio-nali che è stato valorizzato gra-zie al Consorzio di Tutela delPecorino di Farindola, al qualepossono essere ammessi tutticoloro che producono pecori-no secondo le regole fissate dalDisciplinare, cioè secondo l’an-tico procedimento che prevedel’uso del latte crudo cagliatocon caglio di maiale, come spie-ga Ugo Ciavattella, presidentedel Consorzio che riunisce pro-duttori locali, i comuni

dell’area tipica di produzione eil Parco Nazionale del Gran Sas-so e Monti della Laga, com-prensorio protetto che contem-pla al suo interno il territorio diFarindola.

Tutto parte da un'antica tra-dizione pastorale, le cui "buo-ne abitudini" sono alla basedella qualità e tipicità del Peco-rino di Farindola, progetti chesalvaguardano piccole produ-zioni di qualità realizzate se-condo pratiche tradizionali. Lepecore possono essere di razzedifferenti, inclusi gli incroci trarazze autoctone - la PagliarolaAppenninica - e razze da latte oda carne, purché siano nutritesolo con alimenti della tradizio-ne locale, dal pascolo a fieno,paglia, orzo, mais, fave, avena,grano e crusca di grano, masempre e solo di produzione lo-cale, perché, come recita il Di-sciplinare, l’utilizzo di materieprime della zona di produzio-ne, con le sue particolarità cli-matiche e botaniche, è il garan-te della tipicità territoriale diquesto Pecorino. Il latte utiliz-zato per ottenerlo, dunque,può derivare solo da pecore al-levate stabilmente per tuttol’anno nell’area tipica di produ-zione, cosa che permette il pas-saggio dei caratteristici aromi e

sapori dalle varietà botanicheindigene al formaggio. È am-messa per questo solo la“transumanza verticale”, ovve-ro il soggiorno estivo nelle zonemontane ricomprese nell’areadi produzione indicata. «Le pe-core, infatti, devono rimaneresempre nell’area tipica, spo-standosi eventualmente solosulle nostre montagne», spiegail presidente Ciavattella. «Que-sto perché il Pecorino di Farin-dola è la sintesi degli aromi deinostri luoghi, della nostra terraincontaminata, e sono proprioi nostri pascoli che gli dannoquella unicità di sapore che lo

contraddistingue». Accanto aquesto presupposto "natura-le", l'altro apporto fondamen-tale per la qualità di questo for-maggio è il particolare metododi lavorazione del latte crudo,che racconta di un'usanza anti-ca e di una sapienza speciale.«L'altra caratteristica è che so-no le donne a farlo» ricorda Cia-vattella «le nostre donne depo-sitarie dell’antica arte caseariatramandata di madre in figlia,da circa mille anni. Sono loro levere protagoniste del successointernazionale del Pecorino diFarindola». (g.d’o.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO / 2 29

Tipicità garantitada habitate lavorazione

IL TERRITORIOIlPecorinodiFarindolasi faesclusivamenteconil lattedellepecorechetutto l’annostazionanonell’areatipicadiproduzione,echefannolatransumanzaverticale,giungendoalmassimoaRigopiano,a1200metridialtitudine.

LA PRODUZIONEVienegarantitadalConsorzioditutelaedeiproduttorichesiattengonoalDisciplinare.Attualmentenesonoventi.

IL COSTOUnchilodipecorinosemistagionatocosta23euro,quellostagionato25euroeanchepiù.

All'inizio lo guardavano propriocome si guarda un forestiero,giunto in un paesino rintanatonell’Abruzzo interno, tra altimonti e una valle apprezzabile,un po' per caso, un po' peranimo errante alla ricerca diuna bellezza da interpretare.Poi però a Farindola hannocominciato a conoscerlo e adapprezzarlo tutti per il suocarattere amichevole, per i suoiguizzi geniali, ma forse ancheper l'amore che ha dimostrato aquesto paesino e alla sua gente.Lui è Paul Critchley (1960),apprezzato pittore inglese diRainford che qualche anno fa,con la moglie Helen, ha scelto distabilirsi a Farindola. Prima diallora Paul ha vissuto nellaBerlino Est degli anni ’80, tra laFrancia del sud, l’Olanda e laSpagna, dove per diversi anniha abitato a Barcellona e altriangoli d’Europa e Stati Uniti. Laprima personale la tenne inGermania 27 anni fa e fino adoggi Paul ha continuato adesporre a Londra, Amsterdam,New York, Parigi, Mosca. Ora ènella sua grande casa diFarindola, in Piazzale Trieste 1,nel cuore del centro storico, cheè anche il suo studio, il suoatelier, la sua galleria.

LA CURIOSITÀ

Un artista inglesea Farindola«È il mio centrodel mondo»

FORMAGGIOPECORINO

DI FARINDOLA

L’età non conta, a meno chetu non sia un formaggioProverbio svizzero

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A Farindola merita una visita il PoloScientifico del Parco Nazionale delGran Sasso e Monti della Laga cheospita l'Osservatorio di Geologia,importante sede di documentazionescientifica, attività didattica eformazione culturale in chiavegeologica, e il Museo Naturalisticodel Camoscio d'Abruzzo "G. Ciuffi",che presenta un'esposizione unicain ambito europeo per tematiche e

organizzazionedell'allestimento.La visita al Museopuò esserearricchita anchecon un'escursioneall'Area Faunisticadel CamoscioAppenninico (Coop.Ciefizom tel.085.823133). Tra gli

appuntamenti da non perdere"Camminarmangiando", la primadomenica di agosto, escursioneguidata per i sentieri dell'alta valledel Tavo in compagnia dei saporitipici; "Pecorino&Pecorini", eventodi fine luglio in cui il vino Pecorinoincontra i formaggi della zona coninteressanti abbinamenti; e la sagra"I frutti del gregge", ai primi diagosto.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

INGREDIENTI PER 4 PERSONE1 lt di crema di latte, 200 g. di Pecorino diFarindola semistagionato, crostini di pane,foglie di menta selvatica, tartufo nero deimonti della Laga, olio extravergine Pretuziano

Costo degli ingredienti: 20 euro

Mettiamoininfusioneil pecorinograttugiatoconlacrema di latte, alcunefogliedi mentae del tartufograttugiato elasciamoin frigoper12 ore.Prepariamoicrostinidi pane tostandoloper 5minutiinfornoa 180• finoa raggiungereunabuonadoratura. Versiamol’infusione inunpentolinoprofondo ecuociamoafuocolentofinoa ottenereunacremaomogeneamescolando talvoltaconuncucchiaiodi legno. Versiamoinunacoppada consommé eaggiungiamosopraicrostini, dellescaglie di tartufo eunfilodi extravergine(ricettadellochefSabatinoLattanzi delristoranteZunica).

ZUPPA DI PECORINOCON TARTUFO NERODELLA LAGA

Chi viaggia sull’autostrada A14deve prendere l'uscita PescaraNord-Città Sant'Angelo,proseguire in direzioneMontesilvano sulla Statale 151 equindi sulla Strada Regionale 81prendere direzione Penne e albivio di Loreto Aprutino seguire leindicazioni per Farindola.Chi invece provienedall’autostrada A25 deveprendere l'uscita Chieti,percorrere l’Asse attrezzato indirezione Pescara fino a quandonon si incontra l’uscitaPenne-Chieti-Cepagatti. Quindiproseguire sulla SS81 in direzionePenne e infine seguire leindicazioni per Farindola.

È possibile acquistare questotipico Pecorino anzitutto nellaCasera Consortile, nata nel 2001 aFarindola come negozio di tipicitàalimentari dei Parchi Abruzzesiche si occupa della selezione diprodotti d’eccellenza, ma anchedella attività di stagionatura edaffinatura degli stessi

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È impossibile parlare diPaganica senza pensarealla linea di cesura tra il

prima e il dopo creata dal ter-remoto del 2009. Un’area va-sta, che comprende diversefrazioni, una storia antica. Euna popolazione, prima del si-sma, molto presente. L’areaest della città dell’Aquila, On-na in particolare, ma ancheSan Gregorio, Paganica ha pa-gato quel terremoto, in viteumane e in distruzione. Paga-nica per tutti gli aquilani, pri-ma del sisma, era luogo di pia-cevolezza, un paese monu-mentale immerso in una pia-na che produceva miracoli ali-mentari. Si andava a Paganicaper incontrare la sua vitalità eportare a casa i prodotti locali.Paganica sorse negli anni della

Roma repubblicana in quelterritorio dove recenti studi ar-cheologici segnano il confinetra i due popoli italici, Sabini eVestini, presenti nella concatra le catene del Gran Sasso edel Sirente- Velino. Le sue bel-lezze oggi non si possono am-mirare perché la ricostruzionestenta a partire. Tuttavia i suoiabitanti hanno retto strenua-mentete, in alcuni casi rilan-ciandosi. Così stanno facendoi produttori dei fagioli, e nonsoltanto. Paganica è famosaanche per la splendida salsic-cia di fegato, o le produzionicasearie. A Paganica anche igiovani sono tornati all’agricol-tura e all’allevamento, congrande sostegno del ParcoGran Sasso e Monti della Lagae grande attenzione da parte

di Slow Food. Più disattentopare il Comune dell’Aquila, co-me fanno capire gli allevatori,ma basta fare un giro in questepiccole aziende che conserva-no il nostro passato per inna-morarsene e decidere che pro-teggerle e farle conoscere almondo è la vera sfida del futu-ro per la nostra regione.

Barbara Bologna©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

PAGANICA

RITORNO ALL’AGRICOLTURACON PRODOTTI DI QUALITÀ

FAGIOLIDI PAGANICA

Antica varietà culturale

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E ' prima di tutto l'alta dige-ribilità a rendere questoprodotto della terra uni-

co. Parliamo dei fagioli di di Pa-ganica, bianchi o all'olio, pro-dotti nella piana di Paganica,frazione a 10 km dall'Aquila,

compreso in parte nel territo-rio del Parco Gran Sasso e Mon-ti della Laga. A produrre questifagioli, nei secoli, sono stati tan-ti, piccoli appezzamenti di ter-ra ne consentivano la produzio-ne casalinga. Oggi chi li produ-ce è riconosciuto dal ParcoGran Sasso e Monti della Lagacome produttori che rispondo-no ad un disciplinare. Il Parco,che cerca di valorizzare e pro-teggere i prodotti tipici dell'Abruzzo, lavorati secondo tra-dizione, riconosce ai fagioli diPaganica l'essere ProdottoAgroalimentate Tradizionale eAntica Varietà culturale. Tra iproduttori ci sono molti giova-

ni, e cinque di questi, che oltreai legumi producono altri pro-dotti antichi e pregiati dell'en-troterra aquilano, hanno datovita all'associazione Fagioli diPaganica, con una produzionemedia annua di 20 quintali. ÈMatteo Griguoli uno delle ani-me della produzione del fagio-lo di Paganica. È lui a parlare araccontare, con conoscenza, diquesta produzione, che nellasua azienda, viene fatta tutta amano. «Uno studio condottodalla Camera di Commerciospiega che è il nostro terreno afare la differenza, è di origine al-luvionale, con più breccia cheterra, è calcareo con elementiche favoriscono la produzionedel fagiolo. I semi da cui nasco-no i nostri fagioli sono antichi enel tempo non ci sono statemodificazioni». Il fagiolo di Pa-ganica, in particolare quellobianco, è adatto a chiunque.Anche a chi ha problemi di di-gestione. La pianta dei fagiolidi Paganica in media producemeno rispetto alle piante di al-tri fagioli, ma è molto rigogliosae resiste alla malattia e alla sic-cità. Il fagiolo si semina verso lafine di maggio, perché la piantasoffre molto il ritorno del fred-do. Tutta la lavorazione è se-condo la tradizione. Matteo,

giovane coltivatore e allevatoreche prosegue la storia familia-re, spiega: «Seminiamo con isolchi e poi rimettiamo la terrasui semi. Con 5 giorni nasce ilfagiolo, si eliminano le erbaccecon la sarchiatura, poi si fa laseconda sarchiatura e rincalza-tura. Il solco che resta tra lepiante servirà per l'irrigazione.Dieci giorni dopo la sarchiatu-ra creiamo delle capanne, conpali di legno alti 2 metri legaticon rami di salice, come si face-va nel passato. La pianta fino ametà luglio cresce senza tratta-menti, poi va irrigata ad inter-valli di 10 giorni fino a matura-

zione, che arriva i primi di otto-bre». La raccolta dei fagioli èfatta a mano, con l'attenzionedi lasciare le radici sul posto,perché ricche di azoto, un con-cime naturale. I fagioli raccoltivengono stesi al sole e le piantebattute con il forcone, così siaprono i baccelli. «Altri elemen-ti importanti sono il vento»spiega Matteo «che ripulisce dabucce e polvere e il “corveju”,antico strumento con rete amaglie larghe che agitato fa ca-dere tutto ciò che non è fagio-lo».

Barbara Bologna©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO / 234 LE CAPITALI DEL GUSTO / 2 35

LA PARTICOLARITA’Arendereunico il fagiolodiPaganicanonèsoloil terrenoargillosomaanchel’acqua.QuellachearrivadalfiumeVera,caratterizzatodaelevataqualitàdell’acqua.Dal2004lesorgentidelVera,un'areanaturaleprotettadicirca30ettari,sonoRiservaNaturaleRegionaleGuidata. Il fiumeVeranascedallependicidelGranSasso.Dopo2chilometriconfluiscenelRaiale,affluentedisinistradell’Aterno.Lesorgentiprincipali si trovanopocoanorddell’abitatodiTempera,contiguaaPaganica, lesorgentiCapoverasonopiùadest.Laportatacomplessivaannuaèdicirca1.000litrialsecondo.

Ecco il legumegustosoe molto digeribile

Il fagiolo di Paganica si trova indue diverse tipologie: a pane ead olio. Il luogo di coltivazioneè la piana di Paganica,territorio racchiuso traTempera, Paganica, Bazzano,Onna e San Gregorio. Entrambele tipologie sono rampicanti,con baccelli contenenti da 4 a 8semi, lunghi circa 13 millimetrie larghi 7, di coloregiallo-avana-nocciola per ilfagiolo a olio e bianco latteoper quello a pane. I fagioli diPaganica sono stati inseritinell’Atlante dei prodottitradizionali d’Abruzzo con ildecreto legislativo 173/98 edecreto ministeriale 350/99.Un prodotto di nicchia, unastoria antica. E' il libro diTeodoro Bonanni “Le anticheindustrie della provinciadell’Aquila” scritto nel 1888, atestimoniare l'esistenza delprodotto: «di più specie sono ifaggioli: ne ànno vanto ibianchi, la sementa dei qualipervenuta da Marsiglia inPaganica per cura delMarchese Dragonetti nelprincipio del secolo, che volge,si è a poco a poco diffusa parogni dove, la loro quantitàproduttiva è in ogni anno dicirca 30 mila tomoli».

LA STORIA

Due tipologiegià apprezzatealla finedell’Ottocento

FAGIOLIOLIO E PANE

DI PAGANICA

Riso e fagiolifanno crescere i figlioliAntico detto popolare

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Paganica è un paese, una frazionedell’Aquila con la dimensionesociale e culturale di una piccolacittadina. Il terremoto del 2009 l’haduramente colpita, la vita vivace delsuo bel centro storico si è spenta.Tuttavia la sua comunità nonsmette di esistere e di raccogliersiin alcune manifestazioni,rinomatissime nell’aquilano primadel sisma, e che oggi, anno dopo

anno ritrovano laloro forza. Ognianno, il 31 ottobre eil 1 novembre, sisvolge una festaantichissima, laFiera di Ognissanti,le prime traccesono del 1678. Adoggi la Fiera ancoranon è tornata nelle

strade del centro storico. Altraricorrenza è la Corsa del Cappello, ametà agosto, un’altra festa conantiche origini. Si tratta di cunacorsa a staffetta che alla fine del‘700 era un vero e proprio Palio tra iquattro rioni storici. Paganicamerita un giro tra le sue strade, lepoche percorribili, una sosta nellavilla comunale, prima di avviarsiverso il Gran Sasso.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

INGREDIENTI PER 4 PERSONE3 etti di farina di grano tenero, 150 etti difagioli, 1 uovo fresco, acqua q.b.

Costo degli ingredienti: 5 euro

Disporre lafarinaa fontana, mettercidentrol’uovoe un po’d’acqua.Muovereil tutto senza impastare.Prenderetra le manipocafarinaestrofinarla, i trituli sonopronti. Laseraprimamettere inammollo infagioli(per12ore). Poiper mangiarli vannobolliti inacquafredda e senzacoperchio.A bolloresiabbassa ilfuocoal minimo. Ibianchicuocionoin10minuti,quelli a oliocon unpo’ piùtempo.Separatamentefareunleggerosoffritto dipomodoro.Mettere i fagiolinel pomodoroenellaloroacqua cuocerei trituli. Poi uniretuttoanche conun po’ d’acquadeifagioli (ricetta diVelestina Marcattili).

MINESTRADI TRITULI E FAGIOLIDI PAGANICA

LECAPITALIDELGUSTO /236

Paganica, a 660 metri di altitudine,è una frazione dell’Aquila, a circa 7chilometri di distanza dalcapoluogo d’Abruzzo. E’ possibilearrivare a Paganica con l’autobusdelle linee urbane Ama partendodall’Aquila, ma il mezzo di trasportoconsigliato per raggiungerla è lamacchina. Per arrivare a Paganicada Pescara si deve prenderel'autostrada A25 fino all’uscitaBussi/Popoli e proseguire sullastrada Statale 17 bis. Dopo il paesedi San Gregorio svoltare a destra eimboccare via Onna/Strada Statale17bis/SS17bis. Da Roma prenderel'autostrada A24 Roma-Teramo euscire a L'Aquila Est, poi proseguirein direzione Tempera.

I fagioli di Paganica si acquistanopresso i produttori, quelliriconosciuti dal Parco si trovano aPaganica (Matteo Griguoli, tel.0862689188 e 3387398037), aBarisciano (Az. Agricola MatergiaGiovanni e Marco), Santo Stefanodi Sessanio, Montereale eCastelvecchio Calvisio

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È un gustoso e fresco anti-pasto, ottimo comepiatto unico o se servito

per primo oppure per secon-do. Con un tocco di originali-tà di un abile pasticciere, puòinoltre essere l’ingredienteprincipale di uno squisitodessert. Crudo o cotto, polie-drico, versatile, nutriente edai notevoli benefici nutrizio-nali, il Carciofo Mazzaferratadi Cupello, oltre che degli or-ti, è il re indiscusso anche intavola.

Conosciuto e consumatogià in epoca greca e romana,il carciofo in genere ha unastoria assai antica. Nel Vaste-se, però, per ricostruirla, nonbisogna andare troppo indie-tro nel tempo, basta qualchedecennio. Da prodotto desti-

nato al consumo familiare, laMazzaferrata è diventata in-fatti soltanto nell’ultimo mez-zo secolo uno dei simboli delterritorio. Vanta il Marchiocollettivo comunitario dallaCamera di commercio diChieti ed già da qualche an-no è venduta in tutta Italia,nei punti vendita della picco-la, media e grande distribu-zione, non solo nei mercatilocali.

Grazie ad una particolaresostanza, la cinarina che eser-cita un’azione benefica sullasecrezione biliare, questo or-taggio favorisce la diuresi re-nale e regolarizza le funzioniintestinali. Ma non è il pregioesclusivo che vanta.

La varietà locale ha infattiun sapore unico che lo distin-

gue dalle altre, tendente aldolciastro, e che le è conferi-to dai micro elementi conte-nuti nel sottosuolo nella fa-scia di territorio nel quale, se-condo il rigido Disciplinaredi produzione, deve esserecoltivata. Un carciofo unico,insomma, e solo made inAbruzzo.

Simona Andreassi©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

CUPELLO

IL SAPORE UNICO E DOLCEDI UN ORTAGGIO BENEFICO

CARCIOFOMAZZAFERRATA

Marchio comunitario

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I l carciofo Mazzaferrata diCupello è una delle preliba-tezze degli orti di Cupello e

dei comuni circostanti. Cono-sciuto da secoli in tutto il Vaste-se come pianta selvatica chepoteva anche essere cucinata e

mangiata, nelle campagne in-torno al paese inizia ad esserecoltivato sistematicamente so-lo alla fine degli Anni Cinquan-ta. Nel 1961 nasce poi la Coope-rativa ortofrutticola San Rocco,leader nella produzione e com-mercializzazione di questo or-taggio. Conta oltre un centina-io di soci che risiedono anche aVasto, Monteodorisio e Furci.Ogni anno si producono nelcomprensorio mediamente 3milioni di pezzi destinati aipunti vendita della media egrande distribuzione di tuttaItalia, per un fatturato che si at-testa sui 300mila euro circa. Il20 luglio 2004 è stato concesso

in uso alla coop San Rocco ilMarchio collettivo comunita-rio dalla Camera di commerciodi Chieti. Il carciofo di Cupelloappartiene alla specie Cynarascolymus L.spp. varietà Mazza-ferrata ecotipo locale di deriva-zione del Campagnano, a ciclotardivo che ha il tempo di matu-razione tra marzo e aprile, a se-conda dell’andamento del cli-ma.

«Il disciplinare di produzio-ne è rigido per orientare i pro-duttori e, al contempo, garanti-re la genuinità ai consumatori.Il sapore dolciastro e la tenerez-za delle brattee sono i suoi trat-ti contraddistintivi. A conferir-glieli è in parte pure il terreno»,spiega Giulio Pasquale, presi-dente della coop. Il sottosuolodel comune di Cupello, come sievince dai risultati di uno stu-dio del 2003 di Comune e Cciadi Chieti con l’Arssa, presentainfatti un’abbondanza di mi-cro elementi che conferisconoalla Mazzaferrata un sapore ta-le da renderla unica nel suo ge-nere.

Il Disciplinare di produzioneprevede che la zona di apparte-nenza e produzione sia nel ter-ritorio di Cupello e in quella fa-scia di Vastese compresa traFurci, Lentella, Monteodorisio,

Vasto e San Salvo. «Sempre se-condo il Disciplinare, uno deirequisiti dei terreni è la profon-dità, la freschezza e il drenag-gio. Prima della commercializ-zazione il colore deve essereverde con sfumature più o me-no intense di violetto, la formatondeggiante ed il caratteristi-co foro all’apice», aggiunge ilpresidente. «La coop sta inve-stendo sulla qualità delle pro-duzioni. Si avvale delle consu-lenze di un tecnico agronomi-co che forma e fornisce consu-lenze ai soci. È stata avviatainoltre la procedura per il rico-noscimento Dop con la CCia e

Gal Maiella Verde. La Denomi-nazione di origine protetta rap-presenta un traguardo impor-tante. Premia infatti il lavorodei produttori locali e può rap-presentare un ulteriore volanoper lo sviluppo delle produzio-ni di qualità e a filiera corta nelVastese», aggiunge Pasquale.La rete commerciale negli annisi è ampliata. La Mazzaferratasi può infatti acquistare anchenei mercati e nei punti venditadella Grande distribuzione or-ganizzata di Perugia, Rimini,Cesena, Verona e Milano.

Simona Andreassi©RIPRODUZIONE RISERVATA

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La strana piantache fa conoscereCupello al mondo

IL NOMELaMazzaferratasichiamacosìper lasuacaratteristicaformatondeggianteconforoall’apice.Sidistinguedaglialtricarciofiper ilsaporedolciastroelatenerezzadellebrattee.

LA PRODUZIONESicoltiva,comeindicatonelDisciplinarediproduzione,oltrecheaCupello,nei terrenidiFurci,Lentella,Monteodorisio,VastoeSanSalvo.Ogniannovengonoprodotticirca3milionidipezzi

IL COSTOAsecondadell’andamentostagionaleoscillatrai35ei40centalpezzo

È il 1575 e, nel diario "Viaggi inAbruzzo", il padre domenicanoSerafino Razzi testimonia lapresenza del carciofo nelVastese. Spostandosi da Vastoa Punta Penna, descrive iluoghi ed annota: "Dopoinchinando già il sole,lasciammo il mare, per boschidi olivi, e tra fiori di ginestre ependici di carciofi selvaticisalendo, ce ne ritornammo alconvento con alquanti gamberie granchi presi". I carciofi di cuiparla erano selvatici mal'annotazione è importanteperché conferma che giàanticamente il Vastese era unterritorio favorevole allacoltivazione di questoortaggio. Ci vorranno secoli,però, perché vengasistematicamente prodottonegli orti. Per valorizzare latipicità e anche il profondolegame con il territorio, la coopSan rocco sta portando avantiil progetto socio-gastronomico“Le Regine di Cupello”, unalinea di sottolio che ha un nomedal forte significato simbolico.La bontà e la ricercatezza diquesto carciofino sono tali daessersi conquistati degli spaziespositivi ad Eataly a Roma eTorino.

IL PROGETTO

Dalle “Reginedi Cupello”il carciofinosott’olio

CARCIOFOMAZZAFERRATA

DI CUPELLO

Lei non rischia di essere un ortaggioperfino un carciofo ha un cuoreAudrey Tautou (protagonista in “Amelie”)

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Aria pulita, tranquillità, un belpanorama. Da visitare è laparrocchia della Natività di MariaSantissima. Il comune di Cupelloha una storia piuttosto recente, lenotizie sull’attuale abitatorisalgono al XVI secolo e sonolegate alla potente casata deiD’Avalos, marchesi di Vasto. Deiritrovamenti archeologici e i restidi una villa romana in località

Polerciadocumentano,però, l'esistenza diinsediamenti giàin epocapreromana legatialla transumanza.Nel 1900, dopo unperiodo ditranquillità e digraduale sviluppo

economico, scoppiano i dueconflitti mondiali che culminanonel 1943 nel cosiddetto “Calvariodi Cupello” a seguitodell’occupazione tedesca. Glialleati bombardano e distruggonoil paese provocando un numeroimpressionante di vittime. Perquesto motivo Cupello nel 1997 èstato insignito della Medaglia diBronzo al Merito civile.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

Al ristorante La volpe e l’uva (0873.316631),Marcello Potente propone la Minestra dicarciofi, fave, piselli e lattuga, una delle tanteda poter preparare con la Mazza ferrata.Ingredienti per 4 persone6 carciofi di media grandezza, 1 chilo difave, una manciata di piselli, 6 foglie dilattuga, aglio, peperone rosso secco, olio,sale e menta.

Costo degli ingredienti: 10 euro ca.

Tagliarea spicchi i carciofie farliappassireconaglio,peperone secco,olioe sale inpadella. Ametàcotturaaggiungerelefave edopo i piselli.Laconsistenzavaverificata edi tempi dicotturanonsono lunghi,anche unadecinadiminuti possonobastare.Nell’ultimominuto dicotturaaggiungerela lattuga tagliataa pezzettie lamentae impiattare concrostinidipaneedun filod’olio.

LA MINESTRADI FAVE E CARCIOFIPISELLI E LATTUGA

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Cupello si può raggiungere dalcasello autostradale della A14Vasto nord. Percorrendo laStatale Adriatica in direzione sud,si arriva a Vasto. Appena fuori dalcentro cittadino si imbocca laProvinciale Istonia e in meno didieci minuti si raggiunge Cupello.Dal Casello Vasto sud, invece, siarriva a Cupello percorrendo laAdriatica in direzione nord fino aVasto seguendo poi lo stessopercorso. Dall’uscita sud dellaA14, è possibile, però, imboccareanche la Trignina e seguire leindicazioni per il paese. I tempi dipercorrenza sono di poche decinedi minuti e consentono diammirare il panorama.

I carciofi di Cupello si trovano intutto in Vastese oltre che in moltecittà fuori regione, ma èconsigliabile un salto incooperativa. La struttura ubicataappena fuori dal paese, ha infattiun attrezzato e fornito puntovendita all’interno. L’indirizzo èVia Di Vittorio 3 (tel. 0873.317568)

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A tri è il paese della liquiri-zia. Ovvero della“Glycyrhiza glabra”, ar-

busto alto fino a due metri, ap-partenente alla famiglia delle le-guminose, nonché l'estratto ve-getale ottenuto dalla bollituradella sua radice. Questa prezio-sa radice ha reso famosa la cittàdi Atri e la Riserva Naturale deiCalanchi di Atri. Il suo habitat,infatti, sono i terreni calcarei ar-gillosi e sabbiosi e spesso rap-presenta una pioniera dei terre-ni incolti. Questo paese così ric-co di storia e cultura, una dellecittà più antiche d'Abruzzo, lecui origini, circondate di leggen-de, risalgano alle migrazioni dal-la Dalmazia. Atri è una cosa solacon la liquirizia e l’azienda Aure-lio Menozzi & De Rosa. La lorostoria inizia in un antico mona-

stero di Atri, dove i frati domeni-cani estraevano il succo di liqui-rizia dalle radici che raccoglieva-no nella zona circostante; nel1836 il Cavalier De Rosa organiz-zava la lavorazione industrialedi questa preziosa pianta e deisuoi derivati. Da allora la tradi-zione non si è mai interrotta edè diventata prerogativa princi-pale della produzione fino aigiorni nostri. Nel 1950 AurelioMenozzi ha avviato una nuovaattività per l'estrazione della li-quirizia, che successivamenteha inglobato la De Rosa e da giu-gno 2014 è divenuta MenozziDe Rosa 1836. «Il sistema di pro-duzione della liquirizia "estrat-to" delle radici ricalca la metodi-ca secolare dell’infusione delleradici sfibrate in acqua calda,per cui anche il prodotto attuale

possiede le caratteristiche di untempo» - spiega Aurelio Menoz-zi, terza generazione. «Oggi que-sta lavorazione è praticata conattrezzature in acciaio inox el'ausilio della tecnologia a bassatemperatura, per mantenere pu-rezza e proprietà organolettichee non bruciare zuccheri naturalie sostanze termolabili che costi-tuiscono l'aroma».

Anna Stefania Mezzina

LE CAPITALI DEL GUSTO

ATRI

NEL PAESE DEI CALANCHILA RADICE DELLA SALUTE

LIQUIRIZIADI ATRI

Prodotto tipico locale

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ATRI

Le proprietà curative della li-quirizia sono riconosciute damillenni. Grandi quantità di li-quirizia sono state rinvenute inEgitto, fra i tesori della tomba

di Tutankhamon, e proprietàbenefiche venivano elencatenei documenti del medico Ip-pocrate, per la cura dell'asma edella tosse, delle affezioni pol-monari, difficoltà intestinali ecicatrizzazione delle ferite. Vie-ne utilizzata anche in cucina enell’industria, per la prepara-zione di dolci, caramelle e tisa-ne, e come additivo per le siga-rette, insieme al cacao. In com-mercio la radice può essere tro-vata in bastoncini da mastica-re, tagliuzzata per decotti e ti-sane, in confetti preparati conestratto di liquirizia pura, ridot-ta in polvere e in succo, comedolcificante e correttivo del sa-

pore nell'industria farmaceuti-ca. In Abruzzo i terreni miglioriper la sua coltivazione sonosempre stati quelli che ricade-vano nelle aree costiere e la suacoltivazione in queste aree èconosciuta fin dal 1811.

La pianta, infatti, come ri-portano alcuni antichi docu-menti, veniva ampiamente col-tivata ed estratta sui soffici ter-reni del litorale adriatico, tra ilrivolo di Santa Maria e TorreCerrano, territori che un tem-po ricadevano nei confini delcomune di Atri, dove i lavori le-gati alla sua coltivazione rallen-tarono perfino la realizzazionedella Strada Adriatica. Atri of-fre anche la visione delle Grot-te, che si spalancano maestosenella parte meridionale dellacittà: sono una colossale operaumana che ha sfidato il tempo,e che tuttora presenta un fasci-no misterioso. Si tratta di unpoderoso sistema di grotte egrotticelle tutte collegate conpareti non rivestite, in cui si no-ta chiaramente l'usodell'"opus signinum", che lafanno ritenere una grandiosacisterna d'acqua di età roma-na. Offre anche un ricco calen-dario di manifestazioni chespaziano nei vari ambiti. Ognianno, all'alba dell'8 dicembre,

si ripete l'antichissima tradizio-ne popolare dei faugni (fuocodi Fauno), che nasce dalla fu-sione di una consuetudine pa-gana e contadina. Nei secolil'originario rito pagano si è me-scolato a quello della festa cat-tolica per l'Immacolata Conce-zione di Maria e dal 2006 pro-pone anche una notte bianca,con l'apertura di attività com-merciali, musei e chiese. Ulte-riori avvenimenti di festa sonoquelli in onore dalla patrona,Santa Reparata e quella peronorare Santa Rita da Cascia,quest’ultima molto sentita dal-la popolazione, anche perché

la santa avrebbe fatto numero-si miracoli agli atriani affetti damalattie molto gravi. Dal 2009è tornata in auge la Festa dell'Uva, manifestazione di originecontadina interrotta nel 1989 enella ricorrenza una decina dicarri e trattori addobbati confestoni e uva sfilano per la cit-tà, dove si tiene una rassegnadi vini locali, per arrivare aPiazza Duomo, dove si svolgela premiazione del carro piùbello. Molto attiva anche la vi-ta culturale della cittadina, cheha una propria stagione musi-cale e teatrale. (s.m.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Pianta coltivataintensivamentedall’Ottocento

L’AZIENDADagiugnoscorsolastoricaaziendadiAtricheproducela liquiriziahaassuntolaragionesociale“MenozziDeRosa1836”

LA PRODUZIONESidividenelle lineediprodottiperilpubblicosfusie inscatoleeconfezioni:liquiriziapura,mentineconanimadiliquirizia,caramelle, radici, liquiriziaelastica.Quella industrialevadallesteccheaiblocchidi liquirizia,dallapolvereinbustediplasticaesacchiadinylonallapastadi liquirizia incilindridiplastica

IL COSTOVariadaltipodiprodotto,da1a10euro

Dal centro città si raggiunge laRiserva naturale regionaleOasi Wwf Calanchi di Atri.L’area protetta si estende per380 ettari, su un paesaggiocollinare dai 100 ai 500 metridi quota, dal fondovalle deltorrente Piomba al Colle dellaGiustizia. Accoglie una delleforme più affascinanti delpaesaggio adriatico: icalanchi, maestosearchitetture naturali. Questeformazioni geologiche sonooriginate dall’erosione delterreno argilloso, provocatadalle passate deforestazioni efavorita dai continuidisseccamenti e dilavamenti,che rendono visibili numerosifossili marini. In Abruzzo icalanchi sono presenti innumerose zone collinari, masolo ad Atri caratterizzanocosì fortemente il paesaggio.L’habitat è ricco e vario: fossi,laghetti, macchie, campicoltivati e rimboschimenti sialternano alle rupi calanchive.La Riserva ospita numerosespecie di piante, che si sonospecializzate a vivere incondizioni di estremo disagio.Per effettuare escursioni evisite guidate.www.riservacalanchidiatri.it

LA RISERVA

L’Oasi naturaleCalanchi di Atriun habitat riccodi rupi e piante

LIQUIRIZIADI ATRI

Se mangi la liquiriziaricordati dell’amiciziaDetto popolare

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Atri vanta numerose architetturereligiose: la Basilica Cattedrale diSanta Maria Assunta, dal 1899 èMonumento Nazionale e risale alMedioevo. La chiesa di SantaReparata eretta nel 1355, in onore diSanta Reparata, patrona della città,con pianta a croce greca. Degna dinota la chiesa di San Francesco, unodei più antichi conventi francescani,e la Chiesa di San Nicola Fondata

nell´XI secolo,considerata la piùantica della città.C’è anche la chiesadi Santa Chiarad'Assisi e ilmonastero delleClarisse fondati nel1260 da dueClarisse, compagnedi Santa Chiara.

Recente la nascita del Museo degliStrumenti musicali antichi "DiJorio", l'Archivio musicale più riccod'Abruzzo, con oltre cinquecentoopere manoscritte dal MaestroAntonio Di Jorio, e il MuseoArcheologico Civico Capitolare "DeGalitiis - De Albentiis - Tascini" cheospita la Collezione VincenzoRosati, una sezione preistorica euna protostorica.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

INGREDIENTI PER 4 PERSONE600 g. di anguilla, ml.100 di vino bianco,sale qb, pepe qb, olio qb, 100 g. di carbonedi ulivo, 50 g. di liquirizia, 100 ml di succodi mela, 1/2 cipolla

Costo degli ingredienti: 36 euro

Eviscerare,spellare etagliarel’anguillaa trancidicirca 5 cmquindicondirecon sale,pepe, olioe vino.Cuoceresottovuoto a 80• per 15minutie nel frattempo frullare2zolledicarbonecon 2cldiolio Evo.Metterel'anguillasudi unvassoio e coprireconl'olio carbone,primadi cuocerlanuovamenteinfornoper3 minutia200•.Servireaccompagnata consuccodimela ecipolla disidratata.Laricetta (fotoMaurizio Anselmi)èdeglichefSabatinoLattanzi eLuca DiFelice,Ristorante Zunica1880CivitelladelTronto

ANGUILLA CARBONEMELA E POLVEREDI LIQUIRIZIA

LECAPITALIDELGUSTO /250

Dall'autostrada Adriatica A14 (danord: direzione Ancona; da sud:direzione Pescara), uscire aAtri/Pineto, seguire la direzioneAtri prendendo la SP 28.Autostrada A24 uscita VillaVomano – Roseto degli Abruzzi-Strada Statale 16 Adriatica.Stazione ferroviaria Pineto-Atri,dalla quale partono gli autobusdiretti ad Atri città. Icollegamenti in autobus sonoattivi con le Autolinee Arpa e conulteriori, che operano nelterritorio della provincia diTeramo. Dista circa 30 km siadall’aeroporto che dal portoturistico di Pescara e dallastazione marittima di Giulianova

Sono entrambe in corso ElioAdriano, due delle attività chevendono la liquirizia: l’AlimentariFrancia Luigi e La Bottega dellaLiquirizia. La liquirizia, o regoliziae niculizia si trovano anche daDolci Composizioni, Vico Firmani,5 e da Delizie di Atri, in PiazzaDuomo numero 9.

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G uardiagrele è, a contifatti, un'isola feliceenogastronomica.

Vuoi per la posizione favorevo-le, all'interno del Parco nazio-nale della Majella, vuoi per lasua storia permeata di leggen-da, ma oggi presenta una seriedi concomitanze felici che larendono custode del cibo edella tradizione. Ha dato i na-tali alla famiglia Lullo, discen-dente da un percorso di quali-tà e di originalità iniziato nel1800 e radicatosi tanto profon-damente nel territorio da far-ne la storia. Alla pasticceria ap-partengono, oggi, i marchi didue ricette inserite nell'albumdei prodotti tradizionalid'Abruzzo e riconosciute patri-monio culturale italiano: sitratta delle "Sise delle mona-

che", di cui abbiamo parlato ilmese scorso nel primo nume-ro de "Le capitali del gusto", edel torrone "Ælion", di cui par-liamo in questo numero. Nonsolo la strada centrale di Guar-diagrele, via Roma, si fa caricodi questa preziosa storia eno-gastronomica e culturale, maanche tutto il circondario è unteatro bene illuminato in cuigli attori (ristoratori, cuochi,produttori) si muovono insie-me disegnando coreografiebellissime. Non alludiamo so-lo ai luoghi più noti, come il ri-storante stellato Villa Majella,in via Sette Dolori, o il Risto-rante Santa Chiara, in via Ro-ma, gestito dall'enogastrono-mo Gino Primavera; ma parlia-mo anche della Grotta dei Ra-selli, in località Comino, che

sulla guida L'Espresso è indica-ta con 13 punti e mezzo; o delRistorante pizzeria "La Sorgen-te", in via Gramsci, premiatanel 2013 con i tre spicchi dalGambero Rosso. La trattoriaDel Tripio, l'Hostaria Elisa e lapizzeria Da Fernando arricchi-scono il quadro dell'offerta cu-linaria dell'area.

Cristina Mosca©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

GUARDIAGRELE

ORIGINALITÀ E TRADIZIONEALL’OMBRA DELLA MAJELLA

TORRONEAELION

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GUARDIAGRELE

U n torrone valido tuttol'anno è l'invenzionedei predecessori di Emo

Lullo, attuale titolare della pa-sticceria che porta il suo nome e

che si trova sul corso principaledi Guardiagrele, via Roma. Suononno, di cui lui rinnova il no-me, ne aveva ricevuto la ricettagià agli inizi del Novecento dasuo zio Filippo Benigno Palme-rio, fondatore della pasticcerianel 1889.

«Sin dalla fine del 1800», rac-conta Emo, che dopo la laurea infilosofia ha scelto di prendere inmano l'attività ereditata dal non-no nel 1990 «il torrone era statobattezzato Ælion e contraddi-stinto dallo stemma stilizzato diGuardiagrele. Era una dichiara-zione di intenti, la consapevolez-za di poter rappresentare un ter-ritorio, perché la parola Ælion,

derivante dal greco Helios, "so-le", per noi è molto importante:le si attribuisce l'origine del no-me del paese. Questo marchiopermette alla mia famiglia di re-stituire qualcosa al posto in cui èsempre vissuta: grazie al torro-ne, il nome di Guardiagrele giraper il mondo».

Gli ingredienti principali so-no sempre gli stessi da oltre unsecolo: le mandorle di Bari, per-ché sono più piccole, bombate ehanno la pellicina sottile (infattinon vengono pelate prima dellatostatura); e le arance candite,che sono sempre state le Navelcalabresi. «Il composto non sideve bruciare: è pronto quandodiventa di un colore marronci-no», spiega Emo Lullo. «Allora losi rovescia su un ripiano di mar-mo e si stende con un cannello(un matterello grande) fino allospessore di un paio di centime-tri. Questa operazione va fattanel giro di dieci minuti, primache il composto si raffreddi equindi si rapprenda».

Il risultato è un piccolo torro-ne che non è legato al Natale: an-zi, viene venduto più d'estateperché i Guardiesi emigrati chetornano in vacanza desideranoriportarlo con sé. La magia piùgrande legata a questo prodottoè il modo in cui è stato traman-

dato nella famiglia Lullo. Nellapasticceria, infatti, viene realiz-zato tutto rigorosamente a ma-no, ogni prodotto con i suoi tem-pi e i suoi modi, e con materieprime che provengono da altritempi, da altri sapori, a comin-ciare dalle uova, acquistate dallostesso allevatore abruzzese dacui si serviva nonno Emo, e cherendono una crema molto spe-ciale: «Nulla di davvero artigia-nale può essere standardizzato,prodotto in serie», commentaEmo junior. «Il peso delle uova,per fare un esempio, cambia inbase alle stagioni, perché cam-bia la percentuale di tuorlo e di

albume. Noi, infatti, usiamo an-cora il misurino di nonno». E delnonno non ci sono solo gli stru-menti ma anche i gesti, perpetra-ti dalle collaboratrici più fedeli:la signora Gabriella Caramani-co, nel laboratorio da venti anni,e soprattutto la signora LuciaD'Amico, autentica memoriastorica della pasticceria e del pa-ese, che a gennaio compie 80 an-ni e lavora con la famiglia Lulloda quando ne aveva 16. È da loroche Emo ha re- imparato a lavo-rare i prodotti dei suoi predeces-sori: perché la tradizione è quel-la cosa che non la puoi spiegare.La devi veder fare. (c.m.)

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Il piccolo torroneche si mangiaanche d’estate

L’ORIGINELaricettaèstataereditatadallafamigliaLullo:adessoildetentoreèEmoLulloJunior, titolaredellapasticceriacheportailnomedelnonno.Allabasedellaricettacisonozucchero,mandorleearancecalabresi,uovafresche.

IL NOMELaparolaAelionderivadalgrecoHelios,sole,chesi ritieneessereallabasedeltoponimodiGuardiagrele.

IL COSTOUntorroncinoAeliondelpesodi30grammicostacirca2euro.AltriformativengonorealizzatiprimadiNatale

Che significa Ælion? Pare chealcuni studiosi guardiesi vissutitra il XIX e il XX secolo abbianocitato fonti ambigue cheriportavano un'iscrizione,secondo cui il toponimo"Guardiagrele" sarebbe nato daÆlion, proveniente dal grecoHelios, "sole", ma che poisarebbe diventato Grelion, cioèil nome di un capitano greco,Grelio. Rifacendosi alle primeipotesi, ne "Il trionfo dellamorte" d'Annunzio parla,riferendosi a Guardiagrele, di«antichissimo nome solare». Ledeclinazioni del nome sonodiventate, nel tempo, Grælium,Grælle, Græli, Grele. Tra leipotesi ritenute più credibili siritiene che Grele derividall'etnico marrucino "ocrilis",che è l'attributo di ocris, cioèaltura, e che Guardia discendadalle parole germaniche wardao warte, usate per indicare unposto di vedetta militare.Intorno alla metà del XII secolo ilnome latino era "GuardiaGraelis", ovvero "A guardia diGrele". Guardiagrele fu definita,di nuovo da D'Annunzio, la"Terrazza d'Abruzzo" dallaquale si ammira un suggestivopanorama che si estende fino almare.

LA STORIA

Toponimodi derivazionemitologicao militare

TORRONEAELION DI

GUARDIAGRELE

Per godersi il giorno della nativitàingozzarsi di torroneAldo Ricci (giornalista e blogger)

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Guardiagrele è la sede legale delParco Nazionale della Majella.(www.parcomajella.it). Poco fuoridal paese, a circa 5 km, in contradaBocca di Valle, ha inizio un valloneprofondo: il sentiero che corre alsuo interno permette, in pocomeno di due ore, di condurre ai 975metri delle Cascate di S. Giovanni.Il sentiero natura, attrezzato concartelli botanici dalla locale

sezione Cai,costeggia prima iltorrente Vesola epoi prosegue su unsentieroabbastanza facileche passa per lasorgente dellaCanneluccia finoad arrivare allecascate. Qui, in un

ambiente suggestivo e ricco divegetazione, il torrente Vesolacompie due salti, uno di 35 metri el'altro di 15. Come testimoniato dalsito Abruzzoturismo, nel bosco chesi attraversa è facile imbattersi inalcune splendide specie di fiori,come la pinguicola, l'orchidea e lagenziana, o in animali comescoiattoli, volpi e varie specie diuccelli

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

Per il torrone di Guardiagrele vengono usatimandorle di Bari, buccia di arancia canditadi Navel calabresi, zucchero semolato, unbaccello di vaniglia del Madagascar ecannella.

Costo degli ingredienti: 12 euro

Si tostano lemandorlea mano inunpaiolodirame, poi siaggiungonolozucchero, lebacche divaniglia elacannella.Si lavoranogli ingredientiper20o 30minuti fino aquando nonsiamalgamano:sistende l'impastosuunripiano, siappiattisce conuncannello(unlungomatterello)e lositagliaa mano, formandostrisce dalpesodi30 grammicirca.Si immergeinacquae zuccheroe poisipassanellozucchero semolato.Quando sièasciugatovieneincartato a mano. Ilprodottoèlongevo,durafino aunanno.

MANDORLE PICCOLEE ARANCE CALABRESIPER FARE IL TORRONE

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Dall'uscita dell'autostrada A14per Francavilla-Pescara Sud siseguono le indicazioni perGuardiagrele. Per la maggiorparte si tratta di strada ascorrimento veloce, abbastanzacomoda anche se nonperfettamente illuminata nelleore notturne.Il centro di Guardiagrele siraggiunge comodamente,seguendo la segnaletica. Distacirca 40 minuti da Pescara,un’ora e venti minuti da Teramo,mezz'ora da Chieti e un’ora emezza circa da L'Aquila. Per chiviene da Roma si esce dal caselloChieti dell’A25 e si seguono leindicazioni per Guardiagrele.

Il torrone dei Lullo è un marchioregistrato e viene venduto nellaPasticceria di via Roma 105 (tel.0871.82242), fondata nel 1889 daFilippo Benigno Palmerio e passata,alla sua morte, ad Emo, nato nel1911, figlio di sua sorella Anna eFrancesco Lullo. L'attuale titolare èil nipote, figlio di Francesco

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T ornareccio è la capitaleabruzzese del miele, untitolo conferito dalle

storie e dai numeri dei tanti cit-tadini dediti da decenni e de-cenni a questo laborioso me-stiere. Le prime famiglie di api-coltori sono presenti alla finedel 1800, come quella di Giu-seppantonio Iacovanelli, men-tre un nuovo impulso arrivanegli anni ’30 del Novecentocon l’impresa apistica di Argi-to Di Vincenzo, seguita da uncrescendo di nuove attività coldopoguerra. Oggi con oltre 30aziende, numerose etichette,10mila alveari e 250 tonnellatedi prodotto all’anno, la metàdella produzione registrata intutto l’Abruzzo e il 5 % di quel-la nazionale, il miele di Torna-reccio si è affermato per le sue

peculiarità non solo in tuttaItalia ma anche all’estero, gra-zie all’export di alcuni produt-tori che consegnano in Germa-nia, Svizzera, Francia, StatiUniti, Caraibi, Emirati Arabi,Giappone, Hong Kong, Cina,Australia. Nel 2002 infatti Tor-nareccio, insieme ad altri noveComuni con una consolidatatradizione apistica, è stato tra ifondatori dell’associazione na-zionale Le Città del Miele, cheattualmente comprende 50 as-sociati. E degli oltre 50 tipi dimiele censiti dalla MielotecaItaliana, un progetto realizza-to da Le Città del Miele, alme-no una quindicina vengono re-alizzati dagli apicoltori di Tor-nareccio che riescono a garan-tire una produzione ottimalenon solo in termini di quanti-

tà, ma anche e soprattutto diqualità e varietà, sfruttandoappieno il nomadismo. Unatecnica di spostare gli alvearialla ricerca dei raccolti miglio-ri nata proprio a Tornareccionegli anni Sessanta, quando al-cuni apicoltori iniziarono aportare i loro alveari in altre re-gioni italiane.

Giorgio D’Orazio©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

TORNARECCIO

DAL NETTARE DELLE APIL’ORO DOLCE D’ABRUZZO

MIELE DITORNARECCIO

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TORNARECCIO

Industriose le api, industriosi gliapicoltori. Vanno di pari passole fisionomie degli attori coin-volti sulla scena del miele, unastoria affascinante che a Torna-

reccio raccontano le imprese, lepersone, il paesaggio e perfino imuri del paese, con il progetto“Un mosaico per Tornareccio”ideato da Alfredo Paglione persposare arte e apicolturanell’esaltazione del territorio.Chi ci racconta le radici e le pro-spettive di questa eccellenzaabruzzese è Piergiorgio Greco,giornalista e divulgatore dellacultura del miele. «La rambalu-pina è come una cambiale, sca-de il 31 maggio e non puoi fareniente», esordisce con un detta-to popolare Piergiorgio prima dirisalire la memoria apistica diTornareccio. «Qui c'è chi usa an-cora il termine dialettale per in-

dividuare la “sulla”, quell'erbaspontanea di cui l'Abruzzo è ric-co e che, con l'inizio dell'estate,sfiorisce inesorabilmente. Unprocesso naturale che, nella no-stra zona, è conosciuto da tutti».

«Qui il miele è nel dna delle fa-miglie. Da secoli infatti, alle pen-dici di Monte Pallano, ogni nu-cleo aveva il suo bugno villico,quel tronco cavo al cui internole api producevano miele. Delresto, l'uso quotidiano dellozucchero è conquista piuttostorecente, ed era proprio il mielead essere utilizzato come dolcifi-cante per la preparazione di dol-ci, come rimedio per i mal di go-la o, soprattutto, come merce discambio con grano e olio».

Ma a Tornareccio quella cheda sempre era una produzionedi mera sussistenza, confinata apoche settimane, è diventata ne-gli anni impresa capace di darericchezza e benessere a interefamiglie, e far conoscere in tuttoil mondo un comprensorio cheabbraccia anche Atessa e la Valdi Sangro: un vero distretto dell'apicoltura, cresciuto anche gra-zie a tanti che, più di recente, sisono avvicinati al mondo delleapi. E se la sulla termina a finemaggio, l’intuizione del noma-dismo è stata la soluzione peraumentare la raccolta, andando

alla ricerca di altre fioriture piùtardive, spostando gli alvearidal cortile di casa. Una modalitàproduttiva che rappresenta il su-peramento dell'apicoltura stan-ziale, racconta Greco, che i tor-narecciani hanno siglato primadi tutti, rivoluzionando di fattoil modo di allevare le api in Italiae contribuendo ad emancipareil miele da semplice dolcificanteindifferenziato a prodotto dallemille sfumature, a seconda delfiore dal quale nasce. Se acacia,ciliegio, arancio, sulla, lupinel-la, santoreggia, eucalipto, ro-smarino, clementine, castagno,millefiori, sono alcuni dei tanti

tipi dell’ottimo miele tornarec-ciano, i nomi del mestiere ri-spondono ad apicoltori comeFinocchio, Iacovanelli, Tieri,Fioriti, Carbonetti e altri anco-ra. I loro predecessori, con le lo-ro "apette" – le Apecar dellaPiaggio che venivano caricatecon tutto il necessario per smie-lare e dimorare per quindicigiorni fuori regione – partivanoalla volta dell’Umbria e del La-zio, prima, mentre oggi il noma-dismo interessa anche Sarde-gna, Sicilia, Calabria, Basilicata,Puglia, Campania, Molise, Mar-che ed Emilia Romagna. (g.d’o.)

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LE CAPITALI DEL GUSTO / 2 61

Una produzionelegata sempre piùal nomadismo

LE TIPOLOGIEIlmieletornareccianovieneprodottoneigustidiacacia,ciliegio,arancio,sulla, lupinella,santoreggia,eucalipto,rosmarino,clementine,castagnoemillefiori.Sullaemillefiori lequalitàpiùdiffuse.

LA TRANSUMANZAComeper lepecore,ancheleapidiTornarecciohannola loro“transumanza”eneiperiodidifioritura i loroalvearivengonospostatiperalmenoduesettimaneinSicilia,Sardegna,Calabria,Basilicata,Puglia,Campania,Molise,Marche,EmiliaRomagna,UmbriaeLazio.

Un Mosaico per Tornareccio èl’invito agli artisti esteso dalmecenate Alfredo Paglioneper valorizzare la sua terra,questo antico centro delChietino che deve la propriastoria alla civiltà dei Lucaniprima e al monasterobenedettino di Santo Stefanoin Lucania poi. Dopo una vitadi successo come galleristanella Milano dei tempimigliori, Paglione,tornarecciano, ha ideatoquesta rassegna d'arte, conopere ispirate al mondo delleapi, giunta alla nona edizione.Nel 2014 le opere installate inogni angolo del paese sono 70e diventeranno ancora di piùl'anno prossimo in virtù delconcorso di bozzetti realizzatida artisti selezionati dallacuratrice dell’edizionecorrente Elena Pontiggia. Ilbozzetto del vincitore vienetrasformato in mosaico dalGruppo Mosaicisti di Ravenna,mentre altri bozzettimeritevoli diventerannomosaici se si palesano nei mesisuccessivi degli sponsorinteressati alla lororealizzazione. I mosaiciandranno poi ad abbellire levie del centro storico.

L’INIZIATIVA

L’arte ispiratadalle apiin “Un mosaicoper Tornareccio”

MIELEDI TORNARECCIO

“Se l’ape gira a gennaiotieni da conto il granaio”Antico detto popolare

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A Tornareccio dal 2002 si realizza lapiù importante rassegna abruzzesedi promozione del miele edell'apicoltura, “Regina di Miele”,giunta alla 12ª edizione. Unamanifestazione che attira visitatorianche da fuori regione. Nella solaedizione 2014, che ha avuto comemadrina la conduttrice televisivaLicia Colò, sono state ben 15mila lepersone che hanno partecipato

all'evento,nell'ultimofinesettimana disettembre. In vistae in linea dei temi diExpo 2015, illeit-motiv di questaedizione è stato“Pianeta miele,energia per la vita”.Ogni anno, nei due

giorni di esposizione, è possibilevisitare gli stand degli apicoltori chemettono in vetrina il meglio dellaloro produzione, dai mieli unifloralia specialità come caramelle, creme,torroni, caramelle, pappa reale,propoli e cera. Ma il cartelloneprevede anche incontri, mostre etanti altri appuntamenti per lavalorizzazione del miele e delle sueproprietà (www.reginadimiele.it).

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

Il miele a tavola e in cucina può riservare piùdi una sorpresa. A parte il consuetoabbinamento con i formaggi, che sa peròevolversi in connubi particolari a secondadei tipi di miele e di formaggio, la novità aTornareccio l’ha portata questa estate lochef stellato William Zonfa, del ristoranteMagione Papale dell’Aquila. Chef Zonfa si èfatto interprete di due preparazionigourmet che contemplano come ingredienteil miele tornarecciano nel coocking show daltitolo “Il miele in cucina: eleganza e gusto”,per il quale hanno dato il proprio contributoi produttori locali Adi Apicoltura, ApicolturaDelizie dell’Alveare, Apicoltura Fioriti,Apicoltura Luca Finocchio e Apicoltura Tieri.Le creazioni culinarie a base di miele natedall’inventiva di Zonfa sono “Bon bon digamberi rossi con riso profumato agliagrumi su emulsione di acqua di pomodoro,miele di Tornareccio e basilico” e poi ancorail “Cappuccino, croccante di miele ecioccolato scoppiettante”.

RISO E MIELECON I BON BONDI ZONFA

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Viaggiando sull’autostrada A14(da nord in direzione Ancona eda sud in direzione Pescara),uscire al casello Val di Sangro epoi seguire la direzione VillaSanta Maria. Quindi prendere laStrada statale 652, proseguirein direzione Bomba e prendereinfine la Strada Provinciale 115per Tornareccio. Per chi vieneda Roma e dall’Abruzzo internopercorrere l’autostrada A25 finoalla confluenza con l’A14 eproseguire verso sud, uscita Valdi Sangro. Collegamenti pubblicicon gli autobus sono attivi daChieti e da Pescara indeterminati orari dellagiornata.

Il miele può essere acquistato indiversi punti vendita delle diverseapicolture presenti nel territoriocomunale. Ma non c’è solo miele:ci sono anche derivati come mieliaromatizzati, cosmetica,idromiele, i cioccolatini,panettoni, grappe a base di mielee molto altro ancora

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L e mani abili del norcinoche ha imparato l’artedal padre tramandata di

generazione in generazione emaiali allevati all’aria apertafanno una ventricina di quali-tà. Questo insaccato, diventa-to insieme al carciofo di Cupel-lo, una delle eccellenze del ter-ritorio compreso tra i fiumi Tri-gno e Sinello e chiamato Vaste-se, è semplicemente inimitabi-le.

Ancora oggi in tutti i comu-ni, in quelli più piccoli come inquelli più grandi, la ventricinaviene prodotta in modo arti-gianale. Che sia destinata alconsumo domestico o alla ven-dita, il disciplinare di produ-zione è rigido: è sinonimo diqualità e genuinità. Per prepa-rarla vengono impiegati per il

70% tagli magri di maiale, so-prattutto lombo e prosciutto ela restante parte è costituita dapancetta e grasso, speziati conpeperone trito dolce e piccan-te, semi di finocchio e pepe. Ilrituale della preparazione checoinvolge tutta la collettività,si ripete annualmente dopol’uccisione del maiale, nei me-si più freddi. I cubetti di carne,rigorosamente tagliati a manocon un coltello ben affilato, de-vono essere piccoli. Vengonopoi inseriti in un budello lega-to con un grosso spago che as-sume la forma di un pallonci-no il cui peso oscilla tra il chiloe i due chili e mezzo. Primadell’assaggio devono trascorre-re almeno tre mesi per la sta-gionatura.

Nel mondo agropastorale

abruzzese, la ricchezza di uncontadino era rappresentatadal binomio “orto e porco”.Ma il contadino che dal porcosa fare una buona ventricina, èancora più ricco.

Il marchio Ventricina del Va-stese è stato registrato già daqualche anno alla Camera dicommercio di Chieti.

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LE CAPITALI DEL GUSTO

GUILMI

TRADIZIONE E TERRITORIONELL’ECCELLENZA VASTESE

VENTRICINADI GUILMI

Prodotto tipico

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G uilmi è uno dei luoghisimbolo nel Vastesedella produzione della

ventricina. Non c’è casa in cuinon venga confezionata masono pochi i punti vendita neiquali si può acquistare.

L’azienda agricola Antichegrotte, appena fuori dal pae-se, utilizza ancora gli antichimetodi di preparazione, tra-mandati di generazione in ge-nerazione e produce e vendeal dettaglio sia questo che altriinsaccati tipici della zona.«Non vengono aggiunti con-servanti per esaltare al meglioil gusto e la genuinità. È unascelta commerciale ben preci-sa, sinonimo di qualità», spie-ga uno dei titolari, Danilo Per-rucci. Grandi marchi hannoprovato ad imitare la ventrici-na, ma i salumi di colore rossoe piccanti nei banchi venditadella media e grande distribu-

zione, nulla hanno a che vede-re con l’originale. «Il prodottotipico dell’entroterra vasteseormai di fama internazionaleè fatto con le carni selezionatedi maiale, sale e peperone tri-to» ricorda Perrucci. «Per iguilmesi è la Mlott, ha unalunga e antica tradizione. Lapreparazione avviene a puntadi coltello selezionando le par-ti magre e grasse da ossa e ner-vature. Successivamente i pic-coli pezzi di carne di circamezzo centimetro di lato, i ca-ratteristici vocconi, vengonofatti macerare per una nottecon peperone e sale. Successi-vamente si mettono nel bu-dello del maiale per l’essicca-zione che dura circa un mese.Il metodo è quello di una vol-ta, dell’affumicamento len-to», aggiunge ancora.

La ventricina completa lastagionatura dentro le cosid-dette “antiche grotte”, caratte-ristiche cantine in pietra vivadi Guilmi ad una temperaturasempre mite per almeno altri4 o 5 mesi. Non sono solo il sa-pore e le modalità di prepara-zione che rendono unico que-sto prodotto tipico. Se lo sicompra nel posto in cui vieneprodotto, non si corrono ri-schi sull’autenticità, ma i pro-

duttori non disdegnano di for-nire comunque una sorta divademecum perché in tavolafinisca la vera ventricina enon qualche grossolana imita-zione industriale. «I consigliper riconoscerla e gustarla almeglio sono semplici. Puòavere forma e dimensioni di-verse ma generalmente è ci-lindrica con un diametro dicirca 10- 15 centimetri e unalunghezza compresa tra i 25 e35. Esternamente, per evitareuna eccessiva essiccazione,viene ricoperta da una misce-la costituita da strutto e olio dioliva. Dopo alcuni giorni vie-

ne colonizzata da alcune muf-fe bianche che conferisconoal prodotto il suo gusto e il suoprofumo unico che comun-que variano in base alla canti-na di stagionatura», spiegaPerrucci. «Prima del consu-mo è necessario asportarecompletamente la pelle conlo strutto per evitare di spor-care le fette al momento deltaglio. Se la stagionatura è av-venuta in modo corretto, tut-ta la pelle si rimuove integra eabbastanza agevolmente»,conclude.

Simona Andreassi©RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’insaccatoinimitabilematura in grotta

L’ORIGINEIInomeventricinaderivadaventre,nomelegatoallastoriadellaformaoriginariadiquestosalume.Untempo,infatti, si insaccavanolepartinobilidelmaialeapezzipiùgrandidiogginellostomacodelsuino,raggiungendoilpesodi14-15chili.

LA PRODUZIONELaventricinasiproduce intutto ilVastese,anchesel’epicentroèGuilmi.Laveraventricinaèassolutamenteprivadiconservantichimici.

IL COSTOIlcostoalchilogrammodellaventricinaoscilladai25ai30euro.

La ventricina di Guilmi deveessere tagliata con un coltello alama liscia e ben affilata, a fettedello spessore max di 4millimetri. Ogni fetta emana unprofumo intenso e gradevole, edè necessario che resti integra: losgretolamento è infattisinonimo di scarsissima qualità.Lo sanno bene gli intenditori checon quei pezzetti talvoltapreparano il sugo rustico percondire la pasta. Importanteanche il colore: rossopunteggiato da qualchepezzetto di grasso biancotendente al rosa. Nel periodoestivo, al momento del taglio, laventricina stagionata in modoperfetto presenta al suo internouna piccola goccia rossa oleosache tende a spargersi su tutta lafetta. Il modo migliore digustarla è accompagnarla conuna fetta di pane caserecciounta con olio e un bicchiere divino cotto. Per una miglioreconservazione va tenuta intera econ la pelle in un luogo fresco easciutto avvolta in una carta.Una volta pulita, deve essereconsumata nel giro di qualchegiorno, conservandola avvoltanella carta e nella pellicola dialluminio, nella parte bassa delfrigo. (s.a.)

IL RITO

Pane casareccioe vino cottoil miglior modoper gustarla

VENTRICINAPICCANTEDI GUILMI

I cani ci guardano dal basso, i gattidall'alto, i maiali da loro pariWinston Churchill (Primo ministro inglese)

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Guilmi è uno dei borghi piùcaratteristici dell’entroterravastese, noto soprattutto per lasua aria salubre. Conta pocomeno di 500 abitanti e dalle suecaratteristiche stradine epiazzette si possono immortalarecon l’obiettivo scorci assaisuggestivi. Dalla parte più alta delpaese, formata da unostrapiombo sulla valle del Sinello,

si domina l’interavallata e losguardo puòarrivare sino almare. Da vedere iresti della chiesadi San Marcoapostolo che sitrovava su uncolle, al di sottodell’attuale

abitato. Nel sito si distinguonoancora i muri emergenti dalterreno dell’antico luogo di cultolegato ai Benedettini. Costeggiaquest’area un sentiero selciato inpietra che porta ad un’areapic-nic. Da gustare, oltre allaventricina, il “chill”, dolce tipicoa forma di tarallo farcito dimarmellata d’uva e coperto diglassa di zucchero e uova.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

Alla trattoria Vecchia cantina(0872.861017), nel cuore del paese, Milva eAngelo Berardi e Dina Racciatti propongonole “Sagne appezzate al ragù di ventricina”,un piatto semplice ma assai gustoso.Ingredienti per 4 persone400 g. di ventricina stagionata, cipolla,qualche foglia di alloro, olio di oliva,pomodoro passato e a pezzetti, 400 g. disagne appezzate (maltagliati).

Costo degli ingredienti: 12-15 euro

Preparazione:La ventricinafattaapezzettivasoffritta con olioe cipollapercirca5 minutie poi toltadal fondodicottura.Nel soffritto si fabollire ilpomodoro,aggiungendonegliultimidieciminuti la ventricinasoffrittaprecedentemente.Cotta la pasta (inalternativaallesagne impastate amano,sipossonoacquistaredeimalatagliati), sicondiscee siserve.

UN SUGO SAPORITOOTTIMOCON I MALTAGLIATI

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Guilmi si può raggiungere dall’A14uscendo al casello Val di Sangro epercorrendo la Statale 652 indirezione Villa Santa Maria- Casteldi Sangro fino all’uscita perColledimezzo e poi la Statale 364che conduce al paese. Si impiegacirca un’ora e il tratto terminale èpiuttosto tortuoso. Si può arrivarea Guilmi anche dal casello Vastonord percorrendo poi la StradaStatale 86 verso l’entroterra,seguendo le indicazioni perCarpineto Sinello. Anche scegliendoquesto tragitto, si impiega circaun’ora. Più difficile raggiungereGuilmi con i mezzi pubblici chepartono dai centri più grandi comeVasto, solo in alcune fasce orarie.

La ventricina originale di Guilmi sipuò acquistare all’aziendaagricola “Antiche grotte” in viaCirconvallazione nord 1 alle portedel paese (tel 0872.869593).L’azienda è conosciuta non solonel comprensorio per laproduzione anche di altri salumitipici del territorio

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N ella civiltà contadinadi Raiano, la coltivazio-ne del ciliegio ha da

sempre avuto un ampio svilup-po perché è uno dei primi frut-ti a maturare dopo il rigoredell'inverno: uno dei primi ros-sori della primavera. Tutte lefamiglie avevano le loro pian-te, tanto che all'inizio del No-vecento, passato il raccolto, leciliegie venivano vendute nel-la piazza del paese in un gran-de mercato unico. La sagra del-le ciliegie di Raiano, che il pros-simo giugno festeggerà le ses-santa edizioni, proviene pro-prio da questa usanza, chiama-ta la "Maggiolata" perché perle prime quattro edizioni è sta-ta legata alla festa del PatronoSan Venanzio, che cade, perl'appunto, il 18 maggio.

«È difficile individuare unavarietà autoctona di ciliegia"di Raiano"», commental'agronomo Silverio Pachioli«perché non sono mai state fi-nanziate ricerche in questosenso: sarebbe invece interes-sante poter risalire alla storiadi questi frutti, che in questazona hanno una storia radica-ta così profondamente». Unastoria che comincia da moltolontano, per questo paese si-tuato allo sbocco della via Vale-ria nella valle Peligna e quindisul tracciato di una via moltopiù antica, il Tratturo. Pare cheil paese fosse di un certo inte-resse alla fine del X secolo, enon solo perché soggiornaro-no per poco tempo due impe-ratori, Ottone I e Ottone III,ma anche perché negli atlanti

storici del tempo il centro diRaianum era registrato, perl'Abruzzo, insieme solo a Sul-mo, Valva, Avezzanum, Pecto-ranum, Teate, Aternum Pisca-ria e pochi altri. Nel 1047 il pae-se figurava tra i castelli chel'imperatore Enrico III confer-mava in possesso all'abbaziadi San Giovanni in Venere.

Cristina Mosca©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

RAIANO

SULLA VIA DEL TRATTUROIL PAESE DELLA MAGGIOLATA

CILIEGIADI RAIANO

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RAIANO

Il ciliegio è arrivato fino in Euro-pa da territori compresi e a sudfra il mar Caspio e il Mar Nero.La coltura prese piede probabil-mente nell'Asia Minore e in se-

guito si diffuse in Grecia; è ac-certato che il ciliegio fosse colti-vato in Egitto tra il VI e II secoloa.C. Le cultivar prodotte a Raia-no erano, fino alla fine degli an-ni Settanta, esclusivamente didue tipi: un tipo molle ma indi-cato per la lavorazione, visto ilsuo alto contenuto zuccherino;e la "cerascia a spirete", un du-rone dall'aspetto più grande eallettante, con le caratteristichedella frutta da tavola. Con l'arri-vo delle fabbriche diminuì dra-sticamente il numero dei conta-dini che lavoravano a tempopieno, e crescendo la richiestadel mercato si introdussero al-tre specie non autoctone, dall'

aspetto sicuramente più invi-tante, che sostituirono pian pia-no le produzioni precedenti.Da qualche anno il Comune diRaiano, in collaborazione conla Riserva Naturale Gole di SanVenanzio, ha introdotto alcunequalità che meglio si adattano aquesti tipi di terreni e climi: ildurone di Vignola, la Ferrovia(di maturazione intermedia, ti-pica della Puglia), la BigarreauMoreau (varietà di ciliegia fran-cese, precoce nella maturazio-ne) e la Giorgia (di origine italia-na, nota per l'alta produttività).

Ottaviano Giannangeli è sta-to per molti anni alla guida delGruppo Folcloristico Raianese.Ricorda che la prima Maggiola-ta è stata organizzata nel 1946dallo stesso Comitato che si oc-cupava della festa del Santo Pa-trono, poi, abbastanza rapida-mente, ha preso vita autono-ma. Grazie alla sua ricostruzio-ne veniamo a sapere che nel1957 e nel 1958, e poi dal 1965 al1975 la sagra non viene organiz-zata. Oggi la festa è un punto diriferimento imprescindibile:«La nostra Sagra delle Ciliegie»,continua Giannangeli «si è alli-neata con le migliori feste fol-cloristiche regionali: di anno inanno ha preso lo slancio per al-largarsi anche a importante ma-

nifestazione fieristica, per agireanche da propellente per altriprodotti tipici della Vallata Peli-gna del Centro Abruzzo. La for-mula che legava il prodotto agri-colo a una rassegna artisticafondata sui cori, sulla tradizio-ne canora, era indovinata sindall'inizio». Se a Raiano le cilie-gie vengono celebrate da piùtempo, nelle campagne di Giu-liano Teatino, favorite da un mi-croclima particolare, c'è la pro-duzione più consistente.

Le principali varietà di cilie-gie che si coltivano oggi sono ilDurone Rosato, il BigarreauMoreau, il Bigarreau Burlat, il

Durone 1 e 2 (varietà tardivedella maturazione, originariedella zona di Modena), la Ferro-via; la Van (varietà di origine ca-nadese, caratterizzata da unfrutto molto grande); la Isabella(italiana, di maturazione inter-media); la Giorgia; la New Star(varietà ricavata dalla combina-zione di ciliegie italiane e cana-desi di maturazione interme-dia); l'Adriana (tipica ciliegia ve-neta che si distingue per la suapolpa consistente e la grandedistribuzione nei mercati); e laceleste di origine canadese, dipezzatura grossa. (c.m.)

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Tante qualitàdi ciliegieper fare festa

L’ORIGINEFinoallafinedeglianni ’70aRaianosiproducevanociliegiediduetipi:untipomolle,maindicatoper lemarmellate;e la"cerasciaaspirete",unduronedall'aspettopiùgrandeeallettante,comefruttadatavola.

LE QUALITÀDaalcunianniComuneeRiservanaturaleGoledelVenanziohannointrodottonuovequalitàdiciliegio,comelaVignola, laFerrovia, laBigarreauMoreauelaGiorgia.

LA SAGRALaprimarisaleal1946enelleprimeedizionisièsvolta il18maggio, inonoredelpatronoSanVenanzio.

Nel libro "Raiano e dintorni", ilprofessor Damiano VenanzioFucinese ricorda che lacredenza più comune è che ilnome Raiano derivi da Ara Iani(Ara di Giano), «inconsiderazione del fatto, nondocumentato, chenell'antichità nella zonasorgesse un tempietto, unaltare (ara) al dio bifronte. IlFebonio, però, non crede alladerivazione da Ara Iani esuppone che inizialmente ilpaese si chiamasse Rhodianum,dal verbo rodere, per via dellacorrosione che l'Aterno esercitanella zona». Certo è che comedice il professore Fucinese, nelChronicon il paese apparescritto come Ragiano giànell'anno 872 e addiritturacome Raiano sulle portebronzee di San Clemente del1192. Le origini del primonucleo abitato risalgono al IXsecolo, ma varie testimonianzedocumentano la presenza diinsediamenti in epoca romana epreromana. Il filosofoBenedetto Croce (1866-1952)per molti anni scelse comemeta delle sue vacanze Raiano,perché qui viveva una suacugina molto cara, Teresa RossiPetroni.

LA STORIA

Dall’Ara di Gianole antiche originidel paeseamato da Croce

CILIEGIADI RAIANO

L'erotismo è la ciliegina sulla tortaquando manca la tortaAldo Busi (scrittore)

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Il paese si estende nell'estremaparte occidentale della VallePeligna fino alle Gole di SanVenanzio, scavate dal fiumeAterno e diventate Riservanaturale nel 1998(www.golesanvenanzio.it). Iluoghi da visitare a cui nonmancare assolutamente: inmezzo alla natura, non lontanodal centro abitato, si trovano i

restidell'acquedottoromano CanaleCorfinio; l'anticachiesa dellaMadonna deContra, che sorgesulla spondasinistra del fiumeAterno eall'interno delle

spettacolari Gole di San Venanzio.A cavallo delle vertiginose paretirocciose che cadono a strapiombosul fiume sorge l'eremo di SanVenanzio (foto). Nel centroabitato di Raiano la piazzaprincipale è intitolata al poetaUmberto Postiglione e ospita laparrocchiale di Santa MariaMaggiore, innalzata intorno al1848.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

Ingredienti per 5 vasetti1 Kg di ciliegie snocciolate, 300 g dizucchero, 1 limone.

Costo degli ingredienti: 10 euro

Preparazione: lavare beneleciliegie,privarledel piccioloe anche delnocciolotagliandole ametà.Unavoltasnocciolatemettetele inunaciotolaa macerarecon lozucchero, lascorzadi limone e3 cucchiaidi succodi limone percirca6 ore infrigorifero.Toglierea questo puntolescorze dilimonee cuocere afuoco moderatoinuntegame percirca un'ora,mescolandodi tantointanto etogliendola schiuma chesi formainsuperficie.A gradimento,passare alpassaverdure,poi versare laconfetturaancorabollente invasettisterilizzati:chiuderliermeticamente ecapovolgerlisu unpiano di legno.

LA CONFETTURADI CILIEGIEDA FARE IN CASA

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Per arrivare da Nord e da Suddell'Italia si percorrel'autostrada A14 (Adriatica) e siprende direzione Roma; siprosegue lungo la A25 finoall'uscita Sulmona-PratolaPeligna: da qui si seguono leindicazioni e si svolta a destra indirezione Raiano, che dista 4chilometri e si trova aun'altitudine di 380 metri sullivello del mare. Da ovest, cioè daRoma, si attraversa la A24 e poila A25 fino all'uscita PratolaPeligna. Se si viene proprio daRoma, Raiano dista circa 120chilometri verso Est; da Pescara50 chilometri verso Ovest; daL'Aquila 50 chilometri verso Sud.

Il momento più adatto peracquistare le ciliegie è cercarlenegli stand della Sagra delleciliegie, che si svolge a Raiano laseconda domenica di giugno. Suwww.sagradelleciliegieraiano.itsono descritte le iniziative sorteintorno alla Sagra, compresa lasfilata dei carri e il mercatino

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S ulmona, città d'arte,dell'ars amatoria di Ovi-dio e dei confetti. Una

tradizione che va avanti da se-coli con un prodotto di eccel-lenza abruzzese conosciutoin tutto il mondo, sia per laqualità del confetto che per lalavorazione artigianale.

Spesso, infatti, il confettoviene racchiuso nei petali dicoloratissimi fiori o confezio-ni pregiate che lo rendonounico. Acqua, zucchero emandorle gli ingredienti prin-cipali. E poi la lenta lavorazio-ne di ingredienti semplici mapregiati come le mandorle ole nocciole appena raccolte equalsiasi altro nucleo da rive-stire con lo zucchero. Così na-scono i confetti di Sulmonaormai conosciuti nel mondo

come la patria del celebre po-eta Ovidio Nasone e come lapatria incontrastata dei con-fetti.

Dalla tradizione secolare, èpossibile trovare una ampiaofferta dei tipi più classici diconfetti, legati alle cerimoniepiù antiche e amate e resicontemporanei dalla varietàdei colori e degli ingredientiinterni come come mandor-la, nocciola, pistacchio, cioc-colato e altri. Irrinunciabiliper ogni cerimonia, i confettisulmonesi vengono presenta-ti al pubblico in un’infinità divesti: sacchetti, scatoline, o,ancora, fiori, piccoli animali,oggetti ricordi di giorni me-morabili. Una delle tradizioniper cui i confetti di Sulmonasono famosi al mondo sono

proprio le creazioni artigiana-li floreali in confetti, ricopertidi tessuto o carta, ma sono di-sponibili molti altri design.Numerose le aziende presen-ti sul territorio anche se ledue storiche sono quelle diMario Pelino e William DiCarlo, nate rispettivamentenel 1783 e nel 1833.

Silvia Lattanzio©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE CAPITALI DEL GUSTO

SULMONA

ARTE, AMORE E MANDORLEECCO LA CITTÀ DI OVIDIO

CONFETTIDI SULMONA

Prodotto tipico

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SULMONA

Da 231 anni vive in totale sim-biosi con il territorio, in un edifi-cio che è un monumento nazio-nale. È la fabbrica di confetti diMario Pelino, un brand ormai

solido, riconosciuto e apprezza-to nel mercato nazionale e inter-nazionale. «E’ molto importanteandare verso l’internazionalizza-zione», spiega il presidente Ma-rio Pelino. «Sono ormai 12 anniche partecipiamo alle fiere inter-nazionali perché ci danno possi-bilità di entrare in maniera piùcapillare nei mercati esteri. Inmolti già conoscono il nostro no-me e la nostra storia, ma voglia-mo farci vedere con i nostri pro-dotti e la nostra immagine forte-mente integrata con l’ Abruzzo.Intendiamo, infatti, impegnarcial massimo perché la nostraazienda continui a vivere sul ter-ritorio traendo beneficio da que-

sto ambiente e questa città. Sul-mona ha una sua tradizione maci sono realtà fuori dall’Italiacon tradizioni da non sottovalu-tare e Paesi emergenti moltoconcorrenziali come la Turchia.Quello che ci contraddistingue èperò tutto il tema delle lavora-zioni artistiche, che deriva an-che dalla tradizione sulmone-se».

Non quindi il confetto inquanto dolce, ma quello che sa-pienti mani di artigiani sannocreare intorno al prodotto, la raf-finatezza, il gusto nella scelta deicolori e dei materiali. I fiori diSulmona, i confetti confezionaticome fiori, diventano il dolcesimbolo della città. I prodotti sievolvono, cambiano, migliora-no ma la strada intrapresadall’azienda di Mario Pelino èsempre quella: crescere in tutti imercati internazionali con unavisione di cui Sulmona e il suoterritorio sono parte integrante.Nel 1833, nasceva a Sulmona an-che un altro confettificio impor-tante, quello di William Di Car-lo. Un’altra storia di passione ededizione segnata dal maestroconfettiere Francesco Marcone.Zucchero, mandorle, cacao, noc-ciole e tanti altri ingredienti na-turali trasformati in raffinaticonfetti, teneri torroni e delicate

cassate che diventavano prota-gonisti di eventi da ricordare. Lapasticceria artigianale dei Mar-cone divenne un punto di riferi-mento per tutti coloro che vole-vano gustare e acquistare goloseprelibatezze, come re Umberto Idi Savoia che rimase così colpitodalle bontà degustate, al puntoda voler donare una spilla la cuiimmagine è ancora oggi il sim-bolo dell’azienda. Nei primi an-ni del ’900, William Di Carlo, di-scendente della famiglia Marco-ne, continua la tradizione am-pliando l’azienda e facendola co-noscere in tutta Italia. Sono glianni della rivoluzione industria-

le, anni in cui la famiglia Di Car-lo assiste all’evolversi della so-cietà. La pregiata mandorlad’Avola si vestiva di nuovo ed ec-co nascere i primi confetti rosa eazzurri, il cacao rivestire le noc-ciole per trasformarle nelle pri-me praline, la pasta di mandorladiventare preziose miniature diopere letterarie, piccole statuedi cioccolato riprodurre le origi-nali in bronzo. I tempi sonocambiati, ma la fedeltà ai valoridella lavorazione artigianale re-sta. E anche oggi c’è un WilliamDi Carlo a guidare con passioneil confettificio di famiglia. (s.l.)

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I fiori di Sulmonasimbolo di bontàe di territorio

LA STORIAIconfettidimandorlesiconosconofindaitempidell’AnticaRoma,dell’imperatoreTiberioedelpoetasulmoneseOvidioNasone.Lefamigliepatrizielousavanopercelebrarei loroeventi,comeimatrimoni

LA PRODUZIONEAnchesefindalXVsecololemonachedelmonasterodiSantaChiaraeranofamoseper laconfezionedisteli,cappellinie fioriconiconfetti, laprimaindustriafufondatanel1783

IL COSTOMezzochilodiconfettibianchid’Avolacostano17-18euro,unchilodiconfettiassortiti30euro

L'antica azienda sulmonesedi Mario Pelino ospita al suointerno un Museo dove èpossibile ammirare una vastaesposizione di macchineantiche per la produzione diconfetti e varie attrezzature,cimeli e preziosi, oggetti raririguardanti l’antica artesulmonese della confetteria.Il museo è stato fondato dallafamiglia Pelino nel 1988 ed èdestinato a celebrare nonsolo la storia illustre dellasocietà Pelino, ma anchequella degli altri antichiartigiani che hannocontribuito alla fama diSulmona. Alle pareti èpossibile trovare certificati,premi e partecipazioni aesposizioni internazionali dal1800 fino ai giorni nostri,oltre ai molti brevettiregistrati in giro per l’Europa.Ci sono anche statue e ritrattidi antenati della famigliaPelino, una preziosacollezione di bonbonièresantiche e il primo telefonoinstallato a Sulmona. Ilmuseo, così come anche ilnegozio aziendale, èvisitabile dal lunedì alsabato, dalle ore 8 alle 12,30 edalle ore 15 alle ore 19.

LA CURIOSITÀ

Un museoper celebrarel’arte confettierasulmonese

CONFETTIDI SULMONA

Dopo i confettiescono i difettiAntico detto popolare

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Sono tanti i motivi per fare unagita nella città dei confetti edell’amore, e lungo il corsoacquistare i buonissimi confettiPelino e Di Carlo. Il centro storico,soprattutto durante le festenatalizie, diventa , ancora piùsuggestivo con le sue chiese e ilsuo Acquedotto Romano. Se iltempo è favorevole,assolutamente da non perdere la

visita all’eremo diSant’Onofrio alMorrone, cheaccolse le sacreterga di Pietro daMorrone, piùavanti PapaCelestino V. Lungoil corso cittadinoc’è poi ilcomplesso

dell’Annunziata, dove oltre a unavisita per le bellezzearchitettoniche non mancano maimostre ed esposizioni diinteresse. Proprio di fronteall’Acquedotto romano e a piazzaXX Settembre, la piazza dellaGIostra Cavalleresca, si staglia labella chiesa di San Francescodella Scarpa con la suacaratteristica scalinata.

UN TERRITORIO DA SCOPRIRE

INGREDIENTI PER TORTA DA 8 PORZIONI400 g. di confetti (anche di varie tipologie),100 g. di burro, 500 g. di mascarpone, 250g. di Philadelfia, 100 g. di zucchero a velo,aroma di limone o mandorla.

Costo degli ingredienti: 20 euro

PreparazioneSciogliereil burro etritare finemente iconfetti. Impastare inunaterrina ilburrosciolto coniconfetti tritati,versarlinellostampo acernieraelivellarecon unaspatola. Mettere infrigoperunpaio d’ore. Mescolare ilformaggio, il mascarpone elozuccheroa velo.Aggiungere l’aromadi limone omandorla.Versare nellatortierae livellare.Mettere infrigoperunaltropaio d’ore. Almomento diservire,guarnirecon condei frutti diboscooscaglie dicioccolatofondente(ricettadi ClementeMaiorano).

IL CHEESECAKEAL CONFETTODI SULMONA

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Si arriva a Sulmona in auto, intreno e in autobus da tutti i centrimaggiori della regione e da Roma.La via più facile e più rapida èl’autostrada A25, ma da Pescarasi può arrivare a Sulmona anchepercorrendo la Tiburtina, omeglio la statale 5. Buoni icollegamenti via ferrovia daPescara, con treni regionali eintercity per Roma che comunquefermano nel centro pelino. Anchedall’Aquila esiste il collegamentoferroviario, ma per fare il viaggioci si impiega quasi un’ora. Buonianche i trasporti pubblici sugomma, con pullman che partonoda Avezzano, L’Aquila, Castel diSangro, Chieti e Pescara.

Per acquistare i confetti diSulmona in tutte le lorodeclinazioni è sufficiente andare aSulmona e percorrere il corsoprincipale con i suoi negozi. Seinvece si vuole andaredirettamente in fabbrica la Pelinosi trova in via Stazione Introdacqua55 e la Di Carlo in viale del Lavoro