tema: noi vogliamo la sfumatura non il colore - di giulia sosio

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Tema: Noi vogliamo la sfumatura non il colore - Di Giulia Sosio

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Page 1: Tema: Noi vogliamo la sfumatura non il colore - Di Giulia Sosio

Paul Verlaine, prima ancora di essere un poeta, era un sognatore. Egli era convinto che la sua arte e le sue poesie dovessero accostare il lettore all’essenza e all'intimo senso delle cose della realtà penetrando oltre il muro dell'apparenza visibile, ma prima di comunicarlo agli altri poneva egoisticamente come più importante il suo bisogno di uomo di estraniarsi dalla società, compiendo esperienze leggere ed imprevedibili, piene di desideri e sogni vasti e mutevoli, senza progetti o aspettative per il futuro.Solo l’andare oltre la siepe della quotidianità sciatta ed anonima in prima persona e l’immergersi in una realtà onirica ed astratta possono far creare al poeta una poesia autentica, non caratterizzata da una sola morale, un insegnamento pulito e nitido (un’unica pennellata di colore prepotente su di una tela bianca), ma piena di sfumature e di un’indefinitezza suggestiva propria delle fantasie nell’intimo di ognuno di noi.Verlaine invita l’attento lettore a non lasciarsi affascinare dalla convenzionalità degli effetti “forti e rozzi” della letteratura passata (altezzosa e volgarmente sempliciotta), vuole che egli tenda alla sfumatura di un sogno, di una musica che dondola e accarezza dolcemente: “Ma con il Colore va’ cauto: / ché la Sfumatura soltanto / ti fidanza il sogno più blando / al sogno, e l’oboe col flauto”.La mente confusa e stanca degli uomini vede davanti a sé paesaggi grigi, non più bianchi o neri, e adesso i poeti devono avere il coraggio di raccontare le cose ascoltando l’inconscio, non più la ragione.I “cieli infiniti che sognare / fanno l’eterno”, le nebbie del lume posto su di una finestra, la luna non più bianca ma pallida d’incanto sono per Baudelaire emblemi di una realtà vista attraverso il velo di un sogno, non più trasparente e precisa: in Paesaggio ci si ritrova bambini in un idillio fatto di “orizzonti bluastri, e poi giardini, / zampilli d’acqua riversanti il pianto / dell’alabastro […]”, si ritorna al mondo visto con la novità della prima volta, senza la coscienza che la saggezza degli anni ci conferisce (i colori blu del cielo, il giallo del lume e l’azzurro dell’acqua), ma con gli occhi di chi coglie la sfumatura, l’opacità o la luminosità di qualcosa di sconosciuto.Più che Baudelaire, è Giovanni Pascoli il vero portatore del mito del fanciullo. Se il primo coglieva sfumature e giochi di colore attraverso evasioni forzate (alcool e droga), il secondo fa dello spirito bambinesco un vero e proprio codice di vita: per lui alla spietata logica produttiva della società di massa (unicolore e priva di personalità) deve contrapporsi la fantasia, la contemplazione dei mille colori del mondo: altrimenti, come può uno stesso paesaggio possedere “il roggio nel filare di qualche pampano che brilla”, “il grigio di una nebbia mattutina” e il “tintinno d’oro di qualche uccellino”? Questa è una realtà viva e palpabile, anche se filtrata attraverso occhi sognatori e poetici: al suo interno troviamo stati d’animo diversi (la tristezza dell’uomo che lavora nella nebbia, la spensieratezza dei papaveri e il gioire del passerotto), ma tutto ciò ci è presentato con un armonia musicale sfumata e dolce, che non rende questa molteplicità una cozzaglia di colori sconnessi e incontenibili.Claude Monet nel 1872 dipinge “Impression, soleil levant”. Nel quadro i colori vengono per la prima volta usati in modo rivoluzionario: i toni chiari contrastano con le ombre complementari, gli oggetti prendono tinte insolite, il nero viene quasi escluso, preferendo le sfumature del blu più scuro e il colore del Sole presenta un grado di luminosità pressoché identico al cielo circostante. Qui la soggettività dell’autore è posta prima della bellezza oggettiva del tramonto. Il filtrare la realtà tramite il velo del sogno è reso perfettamente dal fatto che mare e cielo siano un tutt’uno, a malapena delineabili: è il paesaggio nel suo insieme, non i singoli soggetti, ad emozionare ed innamorare il pittore. Come disse il critico Venturi: “Ciascun colore è attenuato, ma il loro insieme è intenso, per rivelare la contemplazione del giorno che muore infocato all'orizzonte, mentre la gran vela si raffredda in penombra grigia. È la contemplazione del visionario che partecipa alla vita della luce”.Le poesie simboliste, le opere impressioniste e l’arte francese ed italiana in generale nella seconda metà dell’Ottocento tentano di andare oltre ciò che l’uomo umano vede, elogiando sì la bellezza esteriore, ma mirando alla trascendenza e l’universo nascosto dietro ogni parola, suono o luce forse prima inconsiderata o sminuita dai rigidi schemi tardo-romantici. Dietro la sfumatura vi è quindi la volontà di rappresentare la complessità e le mille luci nel carattere di ogni uomo.