surrealismo. 1922 attraverso le pagine della rivista littérature andré breton – già da mesi in...
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SURREA
LISMO
1922attraverso le pagine della rivista
“Littérature”
André Breton – già da mesi in rotta con Tzara –
invita i suoi compagni d’avventura dadaista ad abbandonare il movimento
1924 André Breton pubblica il
Primo Manifesto del Surrealismo
“Il Surrealismo si basa sulla fede nella realtà superiore di alcune forme di associazione prima d’ora dimenticate, fede nell’onnipotenza del sogno, nel gioco disinteressato del pensiero. Tende a eliminare tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirvisi nella soluzione dei principali problemi della vita”
(M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, p. 335)
secondo Breton e il gruppo di ex dadaisti che lo seguono è giunta l’ora di affermare che esiste un
“GRADO DI REALTÀ SUPERIORE”
un sovramondo
visitabile senza fatica grazie al
SOGNO e al
sonnambulismo delle “ASSOCIAZIONI MENTALI INVOLONTARIE”cui l’uomo può accedere anche durante
lo stato di veglia
(De Micheli, pp. 324-326)
Liberando il proprio intelletto dalle pastoie della ragione logica, dell’etica cogente, del formalismo estetico fine a se stesso, si può raggiungere uno stadio spirituale di “automatismo psichico puro”
L’espansione senza limiti di una modalità di “pensiero creativo” si può esprimere solo attraverso il “gioco disinteressato” delle facoltà immaginative, ridotte in schiavitù dalle contingenze malefiche della storia
(Tessari, p. 196)
DEFINIZIONE DI SURREALISMO data da Breton nel Primo Manifesto
“SURREALISMO, s. m. Automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente, sia per iscritto o in altre maniere il funzionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, di là da ogni preoccupazione estetica e morale”
(M. De Micheli, p. 335)
AUTOMATISMO
DETTATO AUTOMATICO modo fondamentale di composizione di testi
(M. De Micheli, pp. 338-339)
il dettato automatico si differenzia dal
METODO DADAISTA la poesia fatta con le parole nel
“cappello”meno psichica e più meccanica
MAN RAY, La Centrale Surréaliste, 1925. Foto in bianco e nero. In basso da sinistra: Simone Breton, Max Morise, Mme Soupault. In piedi da sinistra: Charles Baron, Raymond Queneau, Pierre Naville, André Breton, J. A. Boiffard, Giorgio de Chrico, Roger Vitrac, Paul Éluard, Philippe Soupault, Robert Desnos, Louis Aragon
INTENTO DEI SURREALISTI
attraverso l’AUTOMATISMO
far emergere dall’inconscio tutto ciò che la ragione censura
la SURREALTÀ
ha secondo Breton il significato di unire
in un luogo futuro i due stati di
VEGLIA e SOGNOseparati dalla società borghese
1930 - Tristan Tzara, Paul Eluard, André Breton, Hans Arp, Salvador Dali, Yves Tanguy, Max Ernst, Rene Crevel, Man Ray
SURREALISMO nel campo della
ESPRESSIONE FIGURATIVA
i surrealisti si servirono di procedimenti espressivi che dovevano riprodurre il
metodo dell’automatismo in letteratura
scopoliberazione dello spirito
liberazione dell’inconscio
TECNICHE PITTORICHE
FROTTAGE
sovrapporre un certo supporto, come un foglio di carta o una tela a una superficie che abbia dei rilievi più o meno marcati, come della pietra, del legno o qualsiasi cosa che non sia liscia. Utilizzando delle matite di varia morbidezza, pastelli, gessetti o carboncini, si sfregherà il supporto, lasciando affiorare a poco a poco i rilievi della superficie sottostante
MAX ERNSTpittore tedesco
(Brühl, 2 aprile 1891 – Parigi, 1º aprile 1976)
Max Ernst, Foresta e sole, 1925
Max Ernst, La città pietrificata, 1933
COLLAGE
consiste nell'incollare carta o materiali diversi (come la stoffa, la plastica, la corda, la ghiaia, il legno, gli adesivi colorati etc.) su un supporto resistente come un cartoncino, legno, tela
I collage possono essere completati con interventi pittorici avvalendosi di tecnica a tempera, o ricorrendo a matite, pennarelli
GEORGES BRAQUE (Argenteuil, 13 maggio 1882 – Parigi, 31 agosto 1963)
Georges Braque, Violin and Pipe (Le Quotidien), 1913
PABLO PICASSO(Malaga, 1881 – Mougins, 1973)
Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon, 1907, olio su tela
Pablo Picasso, Three Musicians, 1921
Pablo Picasso, Guernica, 1937, tempera su tela, m 3,51x7,82
Max Ernst, 2 enfants sont menacés par un rossignol, 1924 (olio su legno - collage)
Max Ernst, Il postino Cheval, 1932. Collage di carta e tessuto con matita, inchiostro, gouache su carta e su
tela
JOAN MIRÒ(Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983)
Joan Mirò, Cavallo pipa e fiore rosso, 1920
Joan Mirò, Il carnevale di Arlecchino, 1924
Joan Mirò, natura morta con una vecchia scarpa, 1937
MAN RAY(Filadelfia, 1890 – Parigi, 1976)
Man Ray, Le Violon d'Ingres, 1924
SALVADOR DALÌ(Figueras, 1904 – ivi, 1989)
Salvador Dalì, La persistenza della memoria, 1931
Salvador Dalì, Giraffa in fiamme, 1936-37
Salvador Dalì, Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio, 1944, olio su
tela
RENÉ MAGRITTE(Lessines, 1898 –Bruxelles, 1967)
René Magritte, Ceci n’est pas une pipe, 1928-29, olio su tela
René Magritte, La Condition Humaine, 1934, olio su tela
René Magritte, Les Valeurs Personnels, 1952, olio su tela
la STORIA
sequenza di meri fatti sensibiliai quali occorre appigliarsi tramite la razionalità logica
costituisce unAUTENTICO INGANNO
liberarsi da questo inganno
è possibile a patto di sapersi iniziare allo
“STATO DI GRAZIA” che per i surrealisti si identifica con
SENTIMENTO DI VERGINITÀ
senso di “smarrimento” di una METAFISICA INFANZIA
(Tessari, p. 196)
come recitaun altro manifesto di Breton questo è il
SEGRETO DELL’ARTE MAGICA SURREALISTA
(De Micheli, pp. 338-353)
Dall’aderenza al nocciolo di questo segreto il flusso primario dell’arte magica può trarre le energie per porre in atto le facoltà creative di ogni sorta di immaginazione artistica
(Tessari, p. 197 e De Micheli, p. 331)
scelta paradossale di Breton: fondare lo slancio mistico del
SURREALISMO
saldandolo fortemente ai principi
di un certo marxismo di un certo freudismo
(Tessari, p. 198)
MARX come teorico della libertà sociale
FREUD come teorico della libertà individuale
ma esiste un’altra illustre vittima della radicalizzazione ideologica di Breton
un intero compartimento delle arti il
TEATRO
BRETON NON CONTESTA L’AZIONE TRASGRESSIVA DEL “GESTO” TEATRALE
apprezza il contenuto provocatorio delle MANIFESTAZIONI DADA
contro la façon commune de penser
BRETON DEPLORA SOPRATTUTTO L’ARTIFICIO
CONVENZIONALE DEL MEZZO TEATRALE
nega il piacere intellettuale finalizzato alla creazione di personaggi
perché provoca una dissociazione della personalità,
sia dell’autore che dell’attore
cosa ancora più grave
L’ORGANIZZAZIONE ECONOMICA CHE IL TEATRO RICHIEDE
assoggettando la libera creatività del pensiero al servizio del denaro
LA DISTINZIONE DEI GENERI che lo spettacolo presuppone
non può trovare riscontro nel progetto surrealista di identificare
la poesia con la vita
Se i surrealisti hanno scritto per il teatro, se hanno realizzato delle messe in scena o hanno personalmente partecipato a delle rappresentazioni ciò si è verificato, a titolo individuale, al di fuori del movimento, anche se nelle loro opere è legittimo rintracciare temi e atteggiamenti che riflettono le scelte programmatiche del gruppo
Questa impronta è testimoniata soprattutto dalla ricerca di un nuovo linguaggio, svincolato dalle costrizioni dell’uso convenzionale, dal modo di affidarsi all’automatismo verbale per produrre immagini arbitrarie, inconsuete e suggestive nella loro misteriosa esistenza, sottratte alla volontà dello scrittore di intervenire nella scelta delle parole da accostare alla realtà.
Ma è segnata anche dall’esplosione del meraviglioso in scena, dall’irruzione del potere fascinatorio del visionarismo onirico, dalla carica corrosiva dell’humour
ROGER VITRAC (Pinsac, 1899 – Parigi, 1952)
nelle composizioni drammaturgiche che realizza tra il 1920 e il 1930
la CONTAMINAZIONE SOGNO/TEATRO
è ricorrente
sia per la presenza nel testo di autentiche inserzioni di sogni
sia per gli effetti derivanti da atmosfere e sequenze
direttamente ispirate alle immagini notturne
ciò spiega anche il frequente ricorso, in queste opere, alla
SORPRESA
come effetto straniante e motore dell'azione scenica
dal gioco imprevedibile della sorpresa scaturisce la trasfigurazione del reale in chiave onirica
Un nuovo, esplosivo caleidoscopio di associazioni altera e scompone le normali combinazioni dei dati sensibili, proponendo impensabili collegamenti.
STRANIAMENTO PSICOLOGICO DISLOCAZIONE EMOTIVA
affiorano nella sensibilità dello spettatore dall'incontro sulla scena di realtà diverse e contraddittorie
“Determinato il processo della conoscenza, non tenendo più conto dell'intelligenza, soltanto il sogno lascia all'uomo tutti i suoi diritti alla libertà. Grazie al sogno, la morte non ha più alcun senso oscuro e il senso della vita diventa indifferente. [...] Il surrealismo apre le porte del sogno a tutti coloro per i quali la notte è avara. Il surrealismo è il crocevia degli incantesimi del sogno, dell'alcool, del tabacco, dell'etere, dell'oppio, della cocaina, della morfina; ma è anche in grado di spezzare qualsiasi catena, noi non dormiamo, non beviamo, non fumiamo, non sniffiamo non ci buchiamo eppure sognamo, e la rapidità delle illuminazioni introduce nei nostri cervelli la meravigliosa spugna sfiorita dell'oro”
(Roger Vitrac, Préface, a "La Révolution Surréaliste", in collaborazione con Boiffard e Eluard, n.1, dicembre 1924)
Dormir
“Les Hommes du Jour” 28 aprile 1923
articolo di Vitrac in occasione della rappresentazione dei
Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello
tenutasi alla Comédie des Champs-Elysées
10 aprile 1923
In primo luogo Vitrac rimprovera a Pirandello la sua impostazione troppo didascalica quando sottolinea costantemente, agli occhi dello spettatore, le differenze che distinguono la vita reale dalla finzione scenica
“Il conflitto tra la vita e il teatro è flagrante agli occhi di tutti. Non spetta a noi indicare ad ognuno le differenze, le convenzioni, le finzioni che li oppongono”
(Roger Vitrac, Dormir, ora in Champ de bataille, a cura di Jean-Pierre Han, Rougerie, 1975, p. 47)
Vitrac concentra la sua critica particolarmente sulla tendenza pirandelliana a mostrare troppo chiaramente quei trucchi del teatro che sarebbe meglio mantenere celati per non compromettere la fascinosa misteriosità dell'evento scenico
Delle creature squisitamente immaginarie che hanno l'originale pretesa di rappresentare se stesse, senza doversi gravare di alcun allusivo rimando a personaggi ipoteticamente esistenti, mal si accordano, alla struttura compositiva del dramma pirandelliano. Imbrigliato in questa indecisione tra finzione e realtà, il testo non trova quella risolutezza necessaria per irrompere nella grande nuit
Nella seconda parte dell'articolo, Vitrac provocatoriamente si mette a raccontare un sogno, ricco di immagini impressionanti e fantasiose, che non ha nulla a che vedere con la storia dei Sei personaggi di Pirandello
alla fine dell’articolo Vitrac invita il lettore a considerare che
non ha senso costruire un "lucido dramma"
sull'incoerente bellezza delle immagini visionarie presenti nel suo racconto, le quali, solo in questa
dimensione, frammentaria e illogica,
possono sprigionare tutta la loro carica espressiva
“Perché trarre un dramma dal SOGNO autentico che vi ho appena raccontato? Per mostrare che la vita e il teatro sono due cose distinte? Non andate a teatro. Andate a dormire”
Le Peintre (Il pittore)
prima opera teatrale di Vitrac ufficialmente pubblicata
apparsa nel gennaio del 1922
sul terzo numero della rivista "Aventure"
La vicenda, che si svolge in un atto unico, ha la struttura di una farsa fortemente
stravagante
potrebbe apparire come una parodia da teatro di boulevard,
se tutti i personaggi
il Pittore, il piccolo Maurizio Pergamena,
la signora Pergamena, il signor Augusto Flanella,
il signor Glucosio, i due poliziotti
non fossero "doppi" e mutevoli, come in un sogno o in un gioco di apparizioni che
sembrano suscitate dall'innocente fantasia di un bambino alla costante ricerca della verità,
il piccolo Maurizio Pergamena
L'intricato mondo degli adulti diventa, nell’universo infantile del piccolo Maurizio Pergamena, una paradossale sequenza di fantasmi, artefici di una grottesca animazione onirica, talvolta crudele, talvolta irresistibilmente umoristica
LA SIGNORA PERGAMENA Il piccolo Maurizio Pergamena è morto. Lei l'ha ucciso. Assassino. Assassino. Assassino.Il Pittore si piazza davanti allo specchio, si dipinge la faccia di rosso ed esce piangendo.AUGUSTO FLANELLA ‑ Finalmente soli.LA SIGNORA PERGAMENA ‑ Signore, spero che vorrà spiegarmi...AUGUSTO FLANELLA ‑ Anatolia.LA SIGNORA PERGAMENA ‑ Come si permette, Augusto Flanella...AUGUSTO FLANELLA ‑ Io l'amo. LA SIGNORA PERGAMENA ‑ Esca di qui, signore. (Augusto Flanella si piazza davanti allo specchio. Sta per dipingersi la faccia di rosso. Ci rinuncia. D'un tratto disegna il ritratto della signora Pergamena sullo specchio. La signora Pergamena si alza di scatto. Il piccolo Maurizio rotola per terra, risuscita e scappa a gambe levate. Lei cade tra le braccia di Augusto Flanella) Come mi ama
(p. 211)
Come in un sogno o nei giochi infantili, la morte non assume connotati tragici e terrificanti ma sembra giocare il ruolo convenzionale di un'assenza momentanea, di una "sottrazione volontaria", sdrammatizzata nei suoi effetti più cupi.
Il sogno, come l'infanzia e la follia, segue una sua logica interna dove la mutevolezza delle immagini ha per effetto la molteplicità dei movimenti e delle scene
Nel Pittore la forza espressiva del gesto risiede nella sua carica immaginativa e liberatrice, come nei giochi dei bambini.
Le continue uscite, entrate e fughe dei vari personaggi costituiscono altrettanti elementi dinamizzanti lo svolgimento dell'azione
Poison(Veleno)
apparso sulla rivista “Littérature”
1° gennaio del 1923
è forse il testo teatrale di Vitrac che più emblematicamente rivela la sua totale adesione al
linguaggio figurato delle visioni oniriche
Presentato dallo stesso autore come un “dramma senza parole”, in dodici quadri scenici,
il testo è congegnato secondo un modello di teatralità cinetico-visiva in cui predominano le forme sbrecciate, figure in procinto di dissolversi, un intero repertorio
della frantumazione e della dissolutezza, della metamorfosi ottenuta sull’eclissi dell’elemento coesivo
Non c’è traccia di dialoghi, ma solo una sequenza di accadimenti visivi
assemblati con una tecnica di composizione a montaggio
Le varie scene prendono forma e si dissolvono, come in una drammatizzazione
onirica,
sottraendosi a qualsiasi rispetto di logica concatenazione
QUADRO PRIMOIl fondo della scena è costituito da un grande specchio. Vi si specchiano dieci personaggi che indossano camiciotti neri tutti uguali. D’un tratto si girano verso il pubblico, portano la mano destra a visiera sugli occhi, si tastano il polso, consultano il proprio orologio, si inginocchiano, si rialzano e vanno a sedersi rispettivamente sulle dieci sedie collocate in primo piano. Uno scoppio manda in frantumi lo specchio, rivelando su un muro bianco l’ombra di una donna nuda che dapprima occupa tutta l’altezza della scena e che poi man mano rimpicciolisce fino a raggiungere la statura normale
Nel primo quadro possiamo rintracciare una chiara immagine di “frattura”, di violenta deflagrazione.
Un’immagine che sembra lanciare un provocatorio monito: solo facendo saltare le incancrenite assuefazioni della nostra sensibilità si spalancheranno le porte di nuovi orizzonti, e si potranno assaporare le nuove emozioni che sgorgheranno dalle insondate profondità della nostra coscienza
Al lettore (o all’eventuale spettatore a teatro) non resta che lasciarsi trasportare dal flusso di immagini che lo investono
Abbandonandosi allo stupore della sorpresa quanto al piacere di un gioco di libere associazioni, scaturite dagli stimoli della propria sensibilità
Il grande specchio della parete di fondo e i dieci personaggi che in esso si riflettono, volgendo le spalle al pubblico, evocano spontanee allusioni alle pratiche del teatro naturalista: l’esigenza di ridurre il palcoscenico a uno “specchio” della realtà ha, nel tempo, appiattito la recitazione degli attori e le loro potenzialità creative in una ripetitiva esibizione di clichés
La prima cosa da fare è spezzare l’ingannevole ricatto di trasformare l’ambientazione scenica in una tranche de vie; bisogna rivolgersi alla platea con una rinnovata sensibilità, esplorando altre possibilità di comunicazione tra il palcoscenico e la sala
L’azione dei dieci personaggi che si girano verso il pubblico portando la mano destra a visiera sugli occhi suggerisce proprio questa idea di perforare la barriera della “quarta parete”, per “scrutare” gli umori di una ritrovata complicità di “sguardi” tra attore e spettatore
Non si può più rinviare questa rigenerante aspirazione
il momento è “pulsante” di nuovi fermenti (i personaggi “si tastano il polso”)
non si può perdere altro tempo (i personaggi “consultano il proprio orologio”)
e “si inginocchiano” compiendo un gesto solenne, un “atto di fede”
per rendere ancora più “sacrale” questo simbolico “rituale di passaggio”
Poi “si rialzano e vanno a sedersi rispettivamente sulle dieci sedie collocate in primo piano”: ribaltando completamente la prospettiva iniziale si dispongono in una posizione “avanzata”, assumendo allo stesso tempo il ruolo di “officianti” e di “spettatori” del “rito” che si sta celebrando
In questa attesa carica di tensione la situazione “esplode”
“uno scoppio manda in frantumi lo specchio, rivelando su un muro bianco l’ombra di una donna nuda che
dapprima occupa tutta l’altezza della scena e che poi man mano rimpicciolisce fino a raggiungere la statura
normale”
distruggendo l’emblema di quel vecchio modello di teatro ormai improponibile
Solo decretando questa inevitabile “rottura” il palcoscenico potrà ritrovare la sua misteriosa
potenza,
e dalla sua “bocca che farà finta di parlare” (come indica l’ultimo quadro, il dodicesimo)
si scatenerà finalmente la magia delle “ombre”
Un chien andalou, film di Luis Buñuel e Salvador Dalì, 1929
Entr'acte, film del regista francese René Clair, 1924
Entrée Libre(Entrata libera)
opera in sette quadri, rimasta inedita fino al 1964, il manoscritto conservato al Fonds Doucet
porta la data del 28 novembre 1922
Come le prime due composizioni teatrali di Vitrac si caratterizza per la relativa brevità del testo e per l'eccentricità dei personaggi
l’Uomo in frack, l’Uccello raro, il Montone, Guglielmo, Enrico, la Prostituta, una donna in abito da viaggio (personaggio muto),il signor Guglielmo Roze,
la signora Elena Roze, la Giornalaia,
il Poliziotto, il Trovatello, il Bagnante, il Marinaio,
il signor Enrico, il Gestore,
la Cameriera
La concentrazione delle immagini in poche pagine rende più condensato e incisivo il potere di suggestione di queste immagini sul potenziale lettore/spettatore
Per quanto riguarda la struttura di questo atto unico Vitrac stesso, in una nota introduttiva, ci avverte che i primi tre quadri e gli ultimi tre sono dei sogni, scene costruite come visioni oniriche; soltanto il quarto quadro rappresenta il nucleo centrale del dramma
- Primo quadro: Sogno del signor Enrico;- Secondo quadro: Sogno del signor Guglielmo Roze;
- Terzo quadro: Sogno della signora Elena Roze;- Quarto quadro: nucleo centrale del dramma;
- Quinto quadro: Sogno della signora Elena Roze;- Sesto quadro: Sogno del signor Guglielmo Roze;
- Settimo quadro: Sogno del signor Enrico
Il protagonista di ogni sogno interpreta diversi personaggi
Intorno ad un tradizionale soggetto di ispirazione drammaturgica, l'universo denso di intrighi del solito triangolo marito‑moglie‑amante, Vitrac crea un'atmosfera allucinata, carica di suggestioni, metamorfosi, condensazioni, intercambiabilità di ruoli, seguendo i criteri espressivi del sogno e la sua logica deformante
L'intreccio ambiguo viene trasfigurato in una rappresentazione misteriosamente simbolica, dove la potenza evocativa del contesto verbale s'infiamma talvolta di tragici bagliori, in una macabra esplosione di segnali di morte
Nelle stesse riflessioni dei personaggi affiorano qua e là squarci di crudeltà pronti a scatenare gesti di imprevedibile violenza.
La vita è piena di situazioni inspiegabili, di coincidenze irrazionali che possono sfociare in atti di spietata efferatezza.
Ed è questo aspetto assurdo e tragico dell'esistenza che Vitrac vuole rendere nella sua scrittura drammaturgica, soprattutto nelle ricorrenti immagini di morte
Per quanto riguarda i racconti onirici presenti nei diversi quadri, possiamo individuare nella rivalità e nella stanchezza dei rapporti amorosi vissuti dai personaggi due elementi chiave per lo scatenamento della "crudeltà"
Sequenze dialogiche, che apparentemente sembrano rispettare i criteri di una normale conversazione
drammaturgica, si mescolano a brani di intensa carica emotiva e figurativa, scaturiti dalla particolare costruzione sintattica ormai liberata da qualsiasi vincolante rispetto di
regole logico-discorsive
Come per esempio nel secondo quadro (p. 196):
L'UOMO IN FRACK: [...] Come sta Elena?IL MONTONE: Ti abbiamo aspettato ieri sera. Non sei venuto. Abbiamo preferito non cenare [...].L'UOMO IN FRACK: Ho proprio intenzione di venire a pranzo.IL MONTONE: Mia moglie si è accostata al fuoco. Voleva a tutti i costi un accappatoio felpato, e siccome lo voleva blu, l'ha indossato immediatamente. Io l'ho pregata di non bruciare le lettere senza avermele prima fatte vedere. Ho avuto una paura terribile. L'accappatoio si è incendiato e lei è svenuta. Le sue prime parole sono state: "Se adesso non posso far niente, cambierò biancheria tutti i giorni e poi si vedrà”
La caratteristica mutevolezza delle rappresentazioni oniriche appare qui spesso sotto forma di improvvise apparizioni. Diverse immagini esprimono tutta la forza magica delle trasformazioni di oggetti nel sogno
Per esempio nel terzo quadro (p. 198):
LA PROSTITUTA: [...] Immediatamente delle donne svestite uscirono da tutti i mobili. Io le seguii fin qui.
LA PROSTITUTA: [...] Il salotto comunica con la cucina che funziona anche da bagno
In effetti l'universo onirico trascende il concetto stesso di "impossibile": è un mondo magico che annulla ogni possibile costrizione degli schemi logici che fanno capo alla nostra attività di pensiero razionale
Il "principio di piacere" si sostituisce al "principio di realtà"
Il contenuto drammatico dei sei sogni rimane concentrato prevalentemente sul piano verbale, esprimendosi attraverso i racconti dei vari personaggi
Ciò non esclude effetti di particolare suggestione sul nostro potenziale immaginativo, raggiungendo, in alcune circostanze, l'impronta di autentiche allucinazioni che si materializzano in scena sotto forma di fantasmatiche apparizioni oniriche
Come ad esempio nel terzo quadro quando Guglielmo e la Prostituta rievocano nelle loro battute la morte di Enrico che subito dopo compare in scena, pallidissimo
La dimensione onirica del testo conferisce ai vari personaggi una particolare caratterizzazione. Essi diventano, secondo gli sviluppi dell'azione, anche di quella unicamente raccontata, esseri soggetti a improvvise e repentine mutazioni: a volte sono "moltiplicati" e "scissi", cioè si scompongono in ruoli e identità diverse, a volte risultano dalla condensazione di personalità differenti
La scena, di ambientazione familiare, si svolge in una sala da pranzo. La signora Roze sta apparecchiando la tavola mentre il signor Guillaume legge il giornale. Il serrato dialogo tra i due, a tratti interrotto da pause silenziose o dal suono di un campanello, precipita improvvisamente in un tragico finale
Il concentrato intreccio drammatico del quarto quadro rappresenta il nucleo di raccordo e il centro propulsivo dei vari spunti onirici presenti nel testo
All'arrivo del signor Enrico i tre amici si accomodano per pranzare insieme ma il signor Guglielmo, che volta la schiena al pubblico, rovescia la tavola mandando in pezzi una lampada.
La scena sprofonda nell'oscurità, si scatena un inseguimento e sulla voce della signora Roze che grida: "Non ucciderlo. Guglielmo. Guglielmo. Guglielmo. Aiuto. Assassino. Assassino. Assassino" cala il sipario
Vitrac, purtroppo, non ci fornisce alcun riferimento sulle procedure di una eventuale messa in scena del testo.
Si limita soltanto ad osservare, in una nota introduttiva, che: "Volendo, in ogni quadro, si potrà contrassegnare il viso del dormiente. Di preferenza i vari quadri saranno separati da un buio"
Les Mystères de l’Amour(I Misteri dell’Amore)
opera in un prologo, tre atti e cinque quadri, scritta nel 1923
e pubblicata nel novembre del 1924
Opera presentata dallo stesso autore come “dramma surrealista”,
prima ancora della pubblicazione del Manifesto del Surrealismo,
sul 1° numero della “Révolution surréaliste” il 1° dicembre 1924
Il criterio alla base della costruzione del testo è quello tipico delle manifestazioni dada o surrealiste:
agire provocatoriamente sullo spettatore, per suscitare nuovi e inconsueti collegamenti tra la scena e la platea
Lo scopo principale è quello di scuotere "sensibilmente" lo spettatore sollecitandolo a scoprire le prospettive di un "mondo meraviglioso" dove, libero da costrizioni logico‑razionali, potrà finalmente apprezzare la bellezza e la fascinazione dell’universo immaginario e dell’atmosfera onirica che avvolge la vicenda
Il dramma prende vita direttamente sulla scena
Tutto si condensa e si anima in uno scenario sorprendente, ispirandosi alle imprevedibili associazioni dei sogni e a quei margini di mistero e di imponderabile che talvolta caratterizzano la nostra vita quotidiana, in un gioco speculare dove illusione e realtà diventano indistinguibili
Dirà Vitrac in una nota introduttiva all'edizione francese:
"Vivere come si sogna""Sognare come si vive"[...] Ma i misteri ammantati di lampi non si rivelano. Scoppiano ad occhi chiusi. Noi sappiamo bene che bisogna dire tutto. Chiaramente? Perché?L'importante è intendersi.Qui, è un dialogo di echi
- Recupero della struttura compositiva secondo il modello drammaturgico tradizionale (divisione in prologo, tre atti e cinque quadri)
- Osservanza della forma dialogica nella progressione dell’azione tra i personaggi della vicenda
- Assenza di uno sviluppo lineare e coerente nell’organizzazione del contenuto drammaturgico (in contrapposizione al modello della pièce bien faite)
- Contenuto verbale delle sequenze dialogiche orientato in funzione del potere evocativo della parola, utilizzata per sollecitare associazioni visive e simboliche
- Dialogo di risonanze, dialogo aperto tra i personaggi della vicenda, attraverso le loro multiformi apparizioni, ma soprattutto tra gli attori e il pubblico nell'intento di lasciare, in chi assiste dalla sala, la sensazione di aver "partecipato" ad un dramma dov'era in gioco la sua stessa esistenza
- Frequente ricorso alla contrapposizione tra l’indicazione del codice gestuale (l’azione suggerita dalla didascalia) e il contenuto del codice verbale (ciò che dice la battuta). Il gesto smentisce la parola, mettendo a nudo i sentimenti reali dei personaggi
- Abbattimento della quarta parete: la presenza delle luci in sala annulla la demarcazione e la distanza tra l’illusione artificiale della scena e la realtà della platea. Vitrac vuole mettere in crisi la presunta condizione di sicurezza dello spettatore, quella coscienza di far parte di una collettività diversa e lontana da quella che si mostra ai propri occhi, mirando a realizzare un'illusione assoluta che mantenga lo spettatore in uno stato di tensione costante, ignorando cosa può accadergli da un momento all'altro
- Inserimento all’interno del meccanismo drammaturgico dell’interazione scena-platea (presenza di attori sparsi in sala nel ruolo di finti spettatori) e dell’animazione innescata dall’agitata reazione del pubblico (secondo la prassi tipica della “serata futurista” o della “serata dadaista”)
- Le disarticolazioni del linguaggio, i jeux de mots, le trovate sorprendenti, sono l'humus di tutta l'azione scenica
Come il finale del primo quadro, che si chiude in maniera veramente stravagante: sopraggiunge il Direttore del teatro e, nello stupore generale, annuncia l'interruzione dello spettacolo a causa dell'improvvisa scomparsa dell'autore della pièce, tristemente suicidatosi. Ma non appena il Direttore si allontana, dalla sala provengono fragorose risate e una voce esclama: “L'autore! L'autore!...” (p. 250). Il sipario viene alzato; appare l'autore. E' in maniche di camicia, il viso e gli abiti sono coperti di sangue. Ride a squarciagola, tenendosi la pancia dalle risate. Il sipario cala di nuovo bruscamente
- Ironica contrapposizione alla formula pirandelliana dei Sei personaggi in cerca d’autore, che Vitrac, come abbiamo visto, ben conosceva
- Al contrario di quanto esprimono i personaggi pirandelliani, Patrizio non ha bisogno del suo autore per sentirsi "realmente vivo" nel suo "mondo di assoluta finzione". Non a caso, nell'ultimo quadro del terzo atto, tenta addirittura di sbarazzarsene, sparandogli con la pistola che l'autore stesso gli procura per assassinare Lea. Ma è un gesto di rivolta inutile; in quanto personaggio, Patrizio non è che un riflesso della fantasia dell'autore
L’"autenticità“ del personaggio non ha potere al di fuori della storia immaginaria dove vive da vero protagonista. Non può nulla contro la volontà di chi presiede al mistero della sua stessa esistenza. Ecco perché Patrizio pensa di opporsi alla natura che gli è stata imposta dall'autore combattendolo sul piano di una contesa mentale, mettendo in discussione la necessità del linguaggio verbale (p. 274):
L'AUTORE ‑ Amico mio, le sue parole rendono tutto impossibile.PATRIZIO ‑ E allora, faccia un teatro senza parole.L'AUTORE ‑ Ma, signore, ho forse mai avuto l'intenzione di fare diversamente?PATRIZIO ‑ Sì mi ha messo in bocca parole d'amore.L'AUTORE ‑ Avrebbe dovuto sputarle.PATRIZIO ‑ Ho tentato, ma si mutavano in spari o in vertigini.L'AUTORE ‑ Io non c'entro. La vita è fatta così
- Sovrapposizione di riferimenti spaziali (interni / esterni), accumulazione di oggetti disparati secondo criteri di combinazione tipicamente onirici (secondo quadro del I Atto, p. 251)
- Sdoppiamenti di personalità
Nel secondo quadro del primo atto Patrizio fa la sua apparizione nelle vesti di sottotenente dei dragoni mentre nei panni di Lloyd George si può riconoscere Dovic, un personaggio incontrato già nel primo quadro. Attraverso queste sostituzioni di personalità c'è una proliferazione di "doppi" che, tuttavia, si presentano come figure instabili. Basta un semplice gesto del loro interlocutore (che è poi l'artefice di queste apparizioni oniriche e il vero responsabile della loro trasformazione) per riportarli, fosse anche per un momento, alla loro autentica identità
- Sovrapposizione di immagini visionarie e violente a momenti di apparente quotidianità familiare
Ad un certo punto l'azione si sposta nella camera di Lloyd George/Dovic (p. 252). Una serie di immagini particolarmente raccapriccianti si intreccia a dialoghi altrettanto impressionanti che, però, scaturiscono talvolta da situazioni completamente familiari. Brandelli di corpi esibiti a più riprese, mutilazioni eseguite direttamente in scena, grida strazianti, rumori spaventosi di crolli, suoni di campane, lo spettro di Patrizio che scende da un armadio, Lea che si aggira per la stanza come una sonnambula. Tutto avviene mentre il padre e la madre di Lea, invitati a pranzo dalla figlia, continuano a mangiare senza accorgersi di nulla. Ciò fa pensare che le allucinazioni si materializzano solo per il sognatore di turno
- Variabilità della dimensione temporale scandita da contrazioni e dilatazioni dell’azione scenica
I momenti di "caduta drammatica" scorrono ad una velocità più serrata mentre i momenti di piacere sono prolungati. Per esempio Lea tende ad amplificare il tempo del pranzo, a cui partecipa con piacevole godimento pur nel contesto di avvenimenti inquietanti. Ma sarà anche lei, verso la fine del quadro, a provocarne la definitiva interruzione, lanciando un grido straziante, come se l'angoscia, prendendo il sopravvento sul godimento, avesse causato una brusca accelerazione del tempo
- Inconsueto accostamento di termini appartenenti a differenti campi semantici (talvolta incompatibili e lontanissimi) che imprime alle frasi un magico effetto, ricco di risonanze poetiche e simboliche
Terzo quadro, inizio del secondo atto (p. 255): la scena rappresenta una camera d'albergo; c'è un letto, un tavolo, alcune sedie, un armadio a specchio. Lea è stesa sul letto, Patrizio è al suo capezzale. I due amanti intraprendono una conversazione fitta di associazioni stravaganti e di spericolate combinazioni linguistiche, piuttosto a livello semantico che sintattico
- Ambivalente contrasto affettivo che lega i due giovani: talvolta attratti da soavi pensieri amorosi, ma subito pronti a respingersi con gesti di sconcertante violenza che sottendono, però, un disperato bisogno di tenerezze.
Di solito è la presenza degli altri, sia quei personaggi che fanno sporadiche apparizioni, sia quelle figure più stabili e rappresentative (ad esempio la signora Morin e Dovic), che introduce contrastanti elementi di inquietudine nella coppia. E' la realtà con le sue presenze censorie e le sue limitanti obbligazioni che lancia continuamente segnali perturbanti nella fantasiosa immaginazione di Lea e Patrizio.
Solo un nuovo intervento dell'autore potrà assicurare un possibile svolgimento al dramma (p. 260):
L'AUTORE ‑ Buongiorno, signora Morin. Buongiorno Dovic e buongiorno Patrizio.PATRIZIO ‑ Lei arriva a proposito. Allora, come vuole che la facciamo finire questa faccenda?
L'autore rivendica la sua estraneità ai fatti che si stanno svolgendo sulla scena, lasciando i personaggi completamente liberi di prendere qualsiasi iniziativa. L'improvvisa reazione di Patrizio è di agghiacciante crudeltà: afferra una sedia e spacca tutto. Abbatte Dovic e la signora Morin
Questa improvvisa esplosione di violenza assume toni di straniante fascinazione nel suo accostamento al lieto evento di Lea che dà alla luce un bambino, concretizzando il suo ardente desiderio di maternità.
Parentesi di felicità che viene bruscamente interrotta da un'altra disgrazia: nell'euforia della contentezza Patrizio compie un gesto imprudente che causa la morte del bimbo. La disperazione di Lea è incontenibile ma al sopraggiungere di una guardia la donna assume un imprevedibile atteggiamento pacato che tende a sdrammatizzare l'accaduto
Nel quarto quadro la scena rappresenta contemporaneamente una stazione ferroviaria, un vagone ristorante, il bordo del mare, la hall di un albergo, una merceria, la piazza centrale di una città di provincia. Disposti qua e là si notano oggetti di varia natura: fili telegrafici, grandi batuffoli d'ovatta, alberature di navi, piante verdi, tavole imbandite, tutti sparsi in una composizione multipla e polisemica tesa a ricreare il magico effetto straniante delle atmosfere oniriche
Un proiettore illumina volta per volta quella parte della scenografia alla quale l'azione si riferisce
Lea si ritrova involontariamente coinvolta in una serie di situazioni paradossali: deve prendersi cura di un bambino che la madre, nelle vesti di un'anonima viaggiatrice, le affida, abbandonandolo; deve anche sopportare le fastidiose insidie di un cinico personaggio che porta il nome di Mussolini
Ma è nel quinto e ultimo quadro, ambientato nella hall di un albergo, a mezzanotte, che la fantasiosa irrazionalità dei dialoghi e delle immagini evocate imprime alla tensione drammaturgica del testo un ritmo ancora più assurdo e "meraviglioso".
Tutto è affidato ai due protagonisti principali di questa metaforica avventura amorosa. Nessuno più di loro può decidere il proprio destino, che è quello di rappresentare i misteri dell'amore, nelle sue tortuose e contraddittorie evoluzioni
Non ci si può certo attendere una consolatoria conciliazione dei tormentati universi umani di Lea e Patrizio.
Il colpo di scena finale è immancabile. Solo un gesto estremo, assoluto, può mettere fine a questa onirica allegoria che potrebbe continuare all'infinito (p. 275): LEA ‑ Basta, Patrizio. (Spara).PATRIZIO ‑ Che hai fatto, Léa? Che hai fatto? Hai ucciso uno spettatore
Si tratta, simbolicamente, di una morte iniziatica, per aprire le porte ad una nuova sensibilità percettiva, andando a "colpire al cuore" le vecchie, incancrenite abitudini del pubblico, sulle quali è impensabile, secondo Vitrac, edificare rivitalizzanti esperimenti teatrali