sul referendum di bologna che chiede di … · specifica convenzione, l’amministrazione comunale...
TRANSCRIPT
1
COMUNICATO STAMPA
SUL REFERENDUM DI BOLOGNA CHE CHIEDE DI ELIMINARE I CONTRIBUTI ALLE SCUOLE PARITARIE
Roma, 11 gennaio ‐ Il 26 maggio prossimo i cittadini bolognesi saranno chiamati al voto per un referendum consultivo promosso da una serie di associazioni riunite nel “Nuovo Comitato art.33” che vorrebbero eliminare il sostegno economico che, tramite specifica convenzione, l’Amministrazione Comunale destina alle scuole dell’infanzia paritarie della città. L’assegnazione dei contributi comunali alle 27 scuole paritarie bolognesi per i 1.700 bambini che le frequentano è un passo significativo che la locale Amministrazione ha compiuto, sul piano economico, per colmare, in parte, quanto lasciato “incompiuto” dalla legge di parità (Legge 62 del 2000) rispetto alle scuole statali. La legge 62/2000, infatti, riconosce le scuole paritarie parte integrante del “Sistema nazionale di istruzione”, ma sul piano economico i fondi ministeriali annualmente stanziati, come noto, sono assolutamente insufficienti ad assicurare parità di retta, per i genitori, con le scuole statali e tantomeno il pareggio di bilancio alle scuole. La scelta dell’Amministrazione comunale di Bologna ‐ essendo a sgravio delle rette ‐ ha consentito, negli anni, il mantenimento di rette accessibili alle famiglie, soprattutto alle meno abbienti, contribuendo ad assicurare, concretamente, il diritto alla libertà di educazione sancito dalla nostra Costituzione Italiana. Ancora, dal 2000, indubbiamente, si sono registrati rilevanti passi in avanti da parte della società, della politica, dell’opinione pubblica per cui pare appartenere al passato il tempo della aprioristica contrapposizione ideologica tra scuola a gestione statale e scuola a gestione privata: entrambe svolgono un’unica funzione che è pubblica. Non a caso, molte Amministrazioni locali riconoscono, con apposite intese ‐ le convenzioni ‐ la scuola paritaria, in particolare la scuola dell’infanzia no profit, gestita da Congregazioni, Parrocchie e da altri soggetti del terzo settore, una irrinunciabile risorsa anche per consentire una scelta alle famiglie, nonché presenza indispensabile per consentire la piena scolarizzazione dei bambini in questa fascia di età: le scuole dell’infanzia non statali paritarie, Italia, scolarizzano tuttora ben 660mila alunni, in migliaia di istituzioni presenti capillarmente sul territorio italiano, di cui circa 8.000 aderenti alla FISM. E’ perciò sconfortante registrare la persistenza di resistenze ideologiche, pregiudiziali e antistoriche, soprattutto laddove alcuni esponenti politici sembrano voler resuscitare posizioni ottocentesche …, per meri fini elettorali? Se la Giunta bolognese, a guida Partito Democratico a partire dal Sindaco, Virginio Merola, affiancati dalla dirigenza locale e regionale del partito, sostengono la bontà della scelta in essere che ha conseguito ampia e condivisa risposta nei cittadini, non può non suscitare netta sorpresa la posizione ‐ riportata dagli organi di stampa ‐ della Responsabile nazionale scuola dello stesso partito, che si schiera con i referendari, in contradditorio anche con moltissimi altri Amministratori locali e i tantissimi sindaci PD che operano sul territorio, rischiando, di fatto, di far combaciare il termine “pubblico” solo con scuola “statale”. Eppure la Regione
2
Emilia Romagna, per ben tre volte, unitamente alla FISM, ha affrontato la questione presso la Corte Costituzionale, dopo che il TAR Emilia Romagna aveva ammesso quesiti avanzati dalle Associazioni promotrici del richiamato referendum che anche negli scorsi anni tendevano ad eliminare i contributi regionali e comunali alle scuole paritarie e, tutte e tre le volte, il giudizio della Corte è stato inequivoco: le questioni poste erano “manifestamente infondate”, ovvero una bocciatura senza appello. Del resto, già in precedenza, la stessa legge 62/2000 allorché fu oggetto di richiesta di referendum abrogativo da parte di associazioni e realtà che in Italia si oppongo alla parità scolastica, come noto, la loro richiesta fu dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza n.43 del 2003. Sentenza in cui la Corte dichiara che il Sistema nazionale di istruzione ‐ comprensivo delle scuole statali e delle scuole non statali paritarie ‐ costituisce uno dei significati costituzionalmente ammissibili e possibili che derivano dal IV comma dell’art.33 delle Costituzione. Sentenza, guarda caso, “dimenticata” nel dibattito in corso.
FISM PROVINCIALE BOLOGNA FISM REGIONALE EMILIA ROMAGNA FISM NAZIONALE
3
TUTTOSCUOLA.COM 14 gennaio 2013
Referendum contro le scuole paritarie. A Bologna sale la tensione
Il 26 maggio 2013 Bologna sarà chiamata al voto per un referendum consultivo promosso da una serie di associazioni riunite nel “Nuovo Comitato art.33” che vogliono eliminare il sostegno economico che, tramite specifica convenzione, l’Amministrazione Comunale destina alle scuole dell’infanzia paritarie della città.
Il referendum, in questo modo, intende azzerare l’assegnazione dei contributi comunali alle 27 scuole paritarie bolognesi per 1.700 bambini che le frequentano; un finanziamento voluto dall’Amministrazione comunale che aveva voluto completare, sul piano economico, quanto lasciato “incompiuto” dalla legge di parità (Legge 62 del 2000), per tentare di porre le scuole non statali su un livello di sostanziale parità con le corrispondenti scuole statali.
L’iniziativa referendaria mette in discussione, di fatto, non solo il contributo finanziario comunale, ma il contenuto della stessa legge di parità. Non per niente il soggetto che ha promosso il referendum si richiama all’art. 33 della Costituzione che, come è noto, afferma: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Quel ‘senza oneri per lo Stato’ è stato oggetto di un confronto ideologico durato più di mezzo secolo, fino a quando la legge 62/2000 ha riconosciuto le scuole paritarie parte integrante del “Sistema nazionale di istruzione”.
La data del referendum sembra lontana, ma la Fism (Federazione Nazionale delle Scuole Materne), ha preso posizione ora con un comunicato contro la consultazione, ricordando che “la scelta dell’Amministrazione comunale di Bologna - essendo a sgravio delle rette - ha consentito, negli anni, il mantenimento di rette accessibili alle famiglie, soprattutto alle meno abbienti, contribuendo ad assicurare, concretamente, il diritto alla libertà di educazione sancito dalla nostra Costituzione Italiana”.
La Fism ricorda anche che “la Regione Emilia Romagna, per ben tre volte, unitamente alla FISM, ha affrontato la questione presso la Corte Costituzionale, dopo che il TAR Emilia Romagna aveva ammesso quesiti avanzati dalle Associazioni promotrici del richiamato referendum che anche negli scorsi anni tendevano ad eliminare i contributi regionali e comunali alle scuole paritarie e, tutte e tre le volte, il giudizio della Corte è stato inequivoco: le questioni poste erano ‘manifestamente infondate’, ovvero una bocciatura senza appello”.
Basterà questo per rendere inefficace il referendum?
11
REGGIO 2000
BOLOGNA 2000 SASSUOLO 2000
TEMPI.IT ZENIT.ORG
11 gennaio 2013
FISM Bologna in merito al Referendum cittadino sulle scuole paritarie
Il 26 maggio prossimo i cittadini bolognesi saranno chiamati al voto per un referendum consultivo promosso da una serie di associazioni riunite nel nuovo “Comitato art.33” che vorrebbero eliminare il sostegno economico che, tramite specifica convenzione, l’Amministrazione Comunale destina alle scuole dell’infanzia paritarie della città. La destinazione dei contributi comunali alle 27 scuole paritarie bolognesi per gli oltre 1.700 bambini che le frequentano è un passo significativo che la locale Amministrazione ha compiuto per colmare, in parte, quanto lasciato “incompiuto” dalla legge di parità (Legge 62 del 2000) sul piano economico rispetto alle scuole statali. La legge 62/2000, infatti, riconosce le scuole paritarie parte integrante del “Sistema nazionale di istruzione”, ma sul piano economico i fondi ministeriali annualmente stanziati, come noto, sono assolutamente insufficienti ad assicurare parità di retta, per i genitori, con le scuole statali e tantomeno il pareggio di bilancio alle scuole. La scelta dell’Amministrazione comunale di Bologna ha consentito, negli anni, il mantenimento di rette accessibili alle famiglie che hanno scelto un percorso per i loro bambini, in linea con un progetto educativo dichiarato, contribuendo ad assicurare, concretamente, il diritto alla libertà di educazione sancito dalla nostra Costituzione Italiana. Ancora, dal 2000, indubbiamente, si sono registrati rilevanti passi in avanti da parte della società, della politica, dell’opinione pubblica per cui pare appartenere al passato il tempo della aprioristica contrapposizione ideologica tra scuola a gestione statale e scuola a gestione privata: entrambe svolgono un’unica funzione che è pubblica. Non a caso, molte Amministrazioni locali riconoscono con apposite intese – le convenzioni – la scuola paritaria, in particolare la scuola dell’infanzia no profit, gestita da Congregazioni, Parrocchie e da altri soggetti del terzo settore, una irrinunciabile risorsa anche per consentire una scelta alle famiglie, nonché presenza indispensabile per consentire la piena scolarizzazione dei bambini in questa fascia di età: le scuole dell’infanzia non statali paritarie scolarizzano tuttora ben 660mila alunni, in migliaia di istituzioni presenti capillarmente sul territorio italiano. E’ perciò sconfortante registrare la persistenza di resistenze ideologiche, pregiudiziali e antistoriche laddove alcuni esponenti politici sembrano voler sollecitare posizioni superate, estreme, magari per meri fini elettorali. Se la Giunta bolognese, a guida Partito Democratico a partire dal Sindaco, Virginio Merola, affiancati dalla dirigenza locale e regionale del partito, sostengono la bontà della scelta in essere che ha conseguito ampia e condivisa risposta nei cittadini, non può non suscitare netta sorpresa la posizione – riportata dagli organi di stampa – della Responsabile nazionale scuola dello stesso partito, che si schiera con i referendari, in contradditorio anche con moltissimi altri Amministratori locali e i tantissimi sindaci PD che operano sul territorio, rischiando, di fatto, di far combaciare il termine “pubblico” solo con scuola “statale”. Eppure la Regione Emilia Romagna, per ben tre volte, unitamente alla FISM, ha affrontato la questione presso la Corte Costituzionale, dopo che il TAR Emilia Romagna aveva ammesso quesiti avanzati dalle Associazioni promotrici del richiamato referendum che anche negli scorsi anni tendevano ad eliminare i contributi locali alle scuole paritarie e, tutte e tre le volte, il giudizio della Corte è stato inequivoco: le questioni poste erano “manifestamente infondate”.
ANSA 9 gennaio 2013
Referendum scuole private, voto il 26/5 Sindaco Merola rifiuta richiesta spalmare voto su tre giorni (ANSA) ‐ BOLOGNA, 9 GEN ‐ Si votera' in un giorno solo per il referendum comunale consultivo contro i fondi alle scuole paritarie, indetto a Bologna per il 26 maggio. Il sindaco Merola ha rifiutato anche la richiesta di spalmare il voto su tre giorni, dopo aver negato lunedi', in Consiglio comunale, l'accorpamento con le Politiche di febbraio. Seggi aperti domenica 26 dalle 8 alle 22; una scelta, spiega il Comune, dettata anche da un importante risparmio economico, argomento non condiviso dal comitato 'Articolo 33'.
13
FAMIGLIA CRISTIANA.IT 8 gennaio 2013
Scuola, più importante dell'ideologiaIl comitato Articolo 33 di Bologna ha raccolto le firme necessarie per un referendum apripista contro i fondi comunali alle scuole materne paritarie. La scuola delle suore arcaica e in bianco e nero, la scuola pubblica arcobaleno e inclusiva, i bambini di tutte le nazionalità allegri e spensierati con le mani sporche di colore. Con queste immagini stereotipe, ben fissate nella propaganda del loro sito, il comitato Articolo 33 di Bologna ha raccolto le firme necessarie per un referendum apripista contro i fondi comunali alle scuole materne paritarie, definiti senza mezzi termini “un regalo” alla scuola cattolica. Dopo di che gli attivisti referendari hanno stretto d’assedio il sindaco Pd Virginio Merola per ottenere l’election day, ossia l’accorpamento delle consultazioni negli stessi giorni delle politiche. Merola però ha risposto picche, con buona pace dei vendoliani, rimandando il referendum a fine maggio e con toni molto duri.“Io ho un obiettivo unico, importante e decisivo – ha detto il sindaco – far sì che ogni mattina un papà e una mamma che si svegliano per andare al lavoro sappiano che le scuole di Bologna sono in grado di accogliere i loro bambini”. Per poi concludere, sferzante, che tutto il resto è “ossessione ideologica”.Merola non è certo un renziano. E’ un uomo che viene dai ranghi di partito, e l’ha sempre dimostrato. Il suo atteggiamento, almeno in questa circostanza, conferma una volta di più che, se c’è qualcosa di nuovo che si muove nella politica italiana, questo nuovo viene dal partito dei sindaci, abituati a misurarsi con le esigenze concrete delle comunità che amministrano.E la concretezza dei dati parla molto chiaro. Le materne paritarie svolgono, a Bologna come altrove, un servizio pubblico fondamentale. Oggi in città ci sono 27 materne paritarie che hanno convenzioni con il Comune, di cui 26 aderenti alla Fism (Federazione italiana scuole materne), con all'attivo 73 sezioni e 1650 bambini ospitati. Il 21% dell'offerta complessiva, che vede la parte restante gestita dallo Stato (17%) e dal Comune (60%). Il Comune di Bologna contribuisce alla vita delle paritarie con il sistema delle convenzioni, pari a un milione di euro.“La convenzione prevede circa 600 euro a bambino”, spiega Rossano Rossi, presidente regionale della Fism “contro una retta che varia dai 1700 ai 2000 euro all'anno”. Togliere quei 600 euro, vorrebbe dire alzare la quota di quasi un terzo, arrivando a rette di 2300 – 2600 euro. “Una mazzata per le famiglie e per le scuole, molte delle quali dovrebbero chiudere”.Rossi non è affatto stupito per l’apertura dimostrata dal sindaco.“A Bologna abbiamo stipulato la prima convenzione nel ’94, quando ancora non c’era la legge sulla parità, e l’abbiamo rinnovata con giunte decisamente orientate, come quella di Cofferati”, continua, “quando si tratta di guardare in faccia le esigenze delle famiglie e le risorse di un sistema integrato non c’è ideologia che tenga”Purtroppo la battaglia è tutta in salita. Trattandosi di un referendum consuntivo, ai referendari non sarà necessario raggiungere il quorum.“Le conseguenze non saranno comunque immediate, ma vogliamo impegnarci per una battaglia culturale e di libertà che è molto importante”, conclude Rossi, “questi signori sono vecchi dentro, non hanno mai accettato la legge sulla parità e cavalcano slogan a favore della scuola pubblica che vengono dalla peggiore ideologia”.Simonetta Pagnotti