storia di akki di akki ( andrea )

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Io mi chiamo Andrea. Detto così sembra una scemata, io mi chiamo Andrea e verrebbe da chiedere: e allora? Ma se ci pensate bene, invece, è una cosa mica scema chiamarsi Andrea. Voglio dire, voi, così, adesso, che ne sapete se sono un bambino o una bambina? Voi pensate subito: un bambino! E, invece, vi ho fregato perché sono una bambina. Mica facile, per una bambina, chiamarsi Andrea, specie se nella sua classe c’è anche un bambino che si chiama Andrea anche lui. È per questo che i miei compagni hanno cominciato a chiamarmi Akki, il perché non sono cavoli vostri, ma comunque Akki, con l’accento sulla A, mi piace, come nome e così ho deciso di tenermelo e quelli che credevano di prendermici in giro ci restino pure male, tanto sono problemi loro.

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AKKI (ANDREA)

Storia

di Akki

Romanzo

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Copyright © 2011 CIESSE Edizioni Design di copertina © 2011 CIESSE Edizioni Storia di Akki di Akki (Andrea) Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l’utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere inviate a: CIESSE Edizioni Servizi editoriali Via Conselvana 151/E 35020 Maserà di Padova (PD) Telefono 049 78979108/8862964 | Fax 049 2108830 E-Mail [email protected] | P.E.C. [email protected] ISBN eBook: 978897277200 Collana GREEN http://www.ciessedizioni.it NOTE DELL’EDITORE Il nome utilizzato da Akki è uno pseudonimo atto a garantire l’anonimato espressamente richiesto. Il presente romanzo è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario. Quest’opera è stata pubblicata dalla CIESSE Edizioni senza richiedere alcun contributo economico all’Autore.

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A Mamma, Papà, e Nonna

E a Amid (che non lo so se si scrive così) e alla mia sorellona adottiva Michè, dovunque sia ora

e alla signora Zinna del numero 3.

E alla maestra Francesca, e anche alla maestra Carla.

E perfino alla dottoressa Irene, che non è brutta e cattiva per davvero

(ma un po’ maestrina però a volte sì).

Ma soprattutto di tutto di tutto a Edo.

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Prima di cominciare...

...volevo ringraziarti per aver comprato questo libro. Un po’ perché mi fa piacere che tu lo legga (spero). Ma soprattutto perché così hai contribuito a trovare i soldi per un bel progetto. Infatti, visto che a quanto pare i soldi che ho adesso mi basteranno finché sarò maggiorenne e anche oltre, e considerato che Nonna diceva sempre che le cose che dividi ti fanno più bene di quelle che ti tieni tutte per te, allora ho chiesto al signor Carlo (che è il signore che mi stampa questo libro) di prendere tutti i soldi che mi voleva dare per i diritti d’autrice e di darli invece a quelli che stanno costruendo una casa di accoglienza per le famiglie dei bambini ricoverati nell’Istituto Gaslini di Genova (se vuoi saperne di più, trovi tutte le informazioni sul sito www.gaslini.org, cliccando poi sulla casetta rossa e arancione che c’è sulla destra). Perché io penso che è proprio meglio, se i bambini possono stare vicino a Mamma e Papà, specie se non stanno troppo bene (i bambini, ovvio, non Mamma e Papà).

E dai retta ad Akki, che di queste cose se ne intende.

Quindi quello che ti volevo dire era solo grazie, tutto qui.

Firmato,

Akki (Andrea)

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P.S. Il signor Carlo mi ha anche chiesto di cambiare tutti i nomi nella storia (tranne il mio, ovvio); non ho capito perché, visto che a me sembrava carino che uno che leggeva il libro si vedeva scritto anche lui, ma mi dicono che non si può e quindi li ho cambiati tutti, per fortuna che c’è il tasto “trova e sostituisci”.

Morale: non andate a cercare la maestra Carla o la maestra Francesca, o la dottoressa Irene e nemmeno Gigi, Oscar, e neppure Rita e Edo (che lo sa lui come si chiama per davvero, e non c’è bisogno che si legge nel libro), perché non ci sono, o se per caso ci sono allora non sono gli stessi della storia .

I nomi delle città però li ho lasciati com’erano, speriamo che il signor Carlo non si arrabbia, ma altrimenti davvero nella storia non si capiva più niente, così semmai scusate.

Firmato,

Akki (quella di prima)

P.S. del P.S.: Quelle che invece non mi ci hanno fatto proprio mettere sono le cartoline, che di nuovo non capisco perché, visto che le ho pagate con i miei soldi e quindi posso farci quello che voglio, ma mi hanno detto che non si può, quindi pazienza. Allora le cartoline le ho date a Edo, al loro posto ho fatto dei disegni col computer (per la verità mi sono fatta aiutare, perché non è che sono ancora tanto brava a

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disegnare col computer), spero che vi vanno bene lo stesso, e se no pazienza, io almeno ci ho provato.

Firmato,

Akki (come sopra)

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Quaderno numero 1

(quello grande, con la farfalla davanti)

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1 – domenica, e anche un po’ di lunedì (l’inizio)

Io mi chiamo Andrea.

Detto così sembra una scemata, io mi chiamo Andrea, e verrebbe da chiedere, e allora? Ma se ci pensate bene, invece, è una cosa mica scema, chiamarsi Andrea.

Voglio dire, voi, così, adesso, che ne sapete se sono un bambino o una bambina?

Voi pensate subito, un bambino, invece vi ho fregato, perché sono una bambina.

Mica facile, per una bambina, chiamarsi Andrea, specie se nella sua classe c’è anche un bambino che si chiama Andrea anche lui. È per questo che i miei compagni hanno cominciato a chiamarmi Akki, il perché non sono cavoli vostri, ma comunque Akki, con l’accento sulla A, mi piace come nome, e così ho deciso di tenermelo, e quelli che credevano di prendermici in giro ci restino pure male, tanto sono problemi loro.

Anche Mamma si chiamava Andrea, ma lei non so come la chiamavano i suoi compagni. Mi sarebbe piaciuto chiederglielo, ma non l’ho mai conosciuta.

Però a volte mi domando lo stesso se anche lei la prendevano in giro perché aveva un nome da maschio, se sì spero che gliele abbia suonate a dovere, a quegli scemi.

Nonna diceva che una bambina non deve fare a botte con i maschi, ma io non so che farci, visto che

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sono sempre loro a cominciare. Diceva anche che Mamma non faceva mai a botte e che io faccio male a dargli tanta importanza e che se sono scemi non è certo menandogli che li fai diventare furbi. Sarà anche vero, però io mi ci sfogo un bel po’ a menarli e dopo sto molto meglio, anche se magari quella volta le ho buscate io.

Nella foto che era sul comodino di Nonna, Mamma non sembra tanto forte, non come me, per intenderci, ma comunque il mio sensei dice che quando fai la lotta non si può mai sapere, perché a volte quelli piccoli menano peggio che quelli più grandi.

Però era molto bella, Mamma. Lo capisco, che lo dicono tutte, che la loro mamma è bellissima, ma io penso che Mamma lo era davvero ed è un peccato che io non le somiglio molto, specie per i capelli, che nella foto sono davvero bellissimi.

Nonna diceva che io invece ho preso tutto da Papà.

Certo è comodo dirlo, se poi non ho nemmeno una foto per vedere se è vero.

Papà non lo so come si chiamava, perché Nonna si era dimenticata il suo nome. Non è colpa sua, se con gli anni Nonna si era dimenticata di un sacco di cose, soprattutto riguardo a Papà. Non so quanti anni avesse, Nonna, ma penso proprio tanti, infatti era di livello 8. Non me l’ha mai voluto dire, quanti anni aveva, perché secondo lei non si dice l’età di una signora ed è per questo che non vi dico quanti ne ho io, anche se la cosa mi sembra un po’ scema, visto

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che al massimo posso essere di livello 1, ma tanto è inutile, perché tanto non ve lo dico lo stesso e se siete curiosi sono problemi vostri.

Sì, lo so che sembra strano, che Nonna non si ricordava il nome di Papà, intendo, e infatti anche la maestra Francesca non ci credeva, quando in classe abbiamo detto tutti come si chiamavano i nostri genitori e io non lo sapevo, però poi penso che abbia parlato con Nonna, perché dopo quella volta non me l’ha più chiesto. Nonna magari non aveva una grande memoria, ma ti sapeva sempre spiegare anche le cose che subito ti sembrano più strambe. Credo che Nonna sapesse più cose anche della maestra Francesca, anche se poi tante se le era dimenticate, come il nome di Papà.

A volte penso che bello sarebbe stato se si fosse chiamato Andrea anche lui, Papà, intendo, così saremmo stati un bel trio, io, Mamma e Papà, i tre Andrea. Però poi penso che se si fosse chiamato anche lui Andrea per davvero Nonna non se lo sarebbe dimenticato e quindi sarà difficile.

Perciò ho deciso che si chiamava Paolo. In questo modo posso chiamarlo Pà, che va bene sia come Papà che come Paolo ed è una bella comodità, caso tornasse.

Nonna diceva sempre che Mamma e Papà stanno facendo il giro del mondo con la barca e che un giorno forse torneranno, ma io invece credo che sono morti e che Nonna aveva paura a dirlo perché era già vecchissima e io credo che sotto sotto ce l’aveva un

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po’ di paura di morire anche lei. Così con lei facevo sempre finta che sono davvero in giro in barca, Mamma e Papà, anche se credo proprio che sono morti.

Comunque anche Nonna, lei che aveva un po’ di paura di morire, è poi morta davvero anche lei, ieri.

È successo che l’altro ieri sera, che era domenica, come sempre (anche nei giorni che non è domenica, intendo), io sono andata in bagno, mi sono lavata i denti, siamo andate a letto, Nonna ha detto le preghiere per tutte e due, le diceva sempre lei doppie, così io ero libera, poi lei si è tolta i denti, abbiamo spento la luce, ci siamo dette buonanotte e ci siamo addormentate. Solo che la mattina dopo, cioè ieri, io mi sono svegliata e lei no.

Una volta, a scuola, ci hanno portati a teatro.

Il primo pezzo era su una nave ed era molto divertente. Poi hanno tirato le tende e quando si sono riaperte la nave non c’era più, perché intanto qualcuno aveva cambiato la scena e la storia continuava in un castello.

A me sono sempre piaciute, le navi, ma non so se Nonna diceva che Mamma e Papà sono in giro in barca perché sapeva che mi piacciono le navi, o se invece mi piacciono le navi per via di Mamma e Papà. Boh. Resta il fatto che mi piacciono davvero tanto.

È per questo che ci sono rimasta così male, quella volta, perché la prima parte sulla nave mi era

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piaciuta tantissimo e non volevo che finisse, così per un bel pezzo mi sono imbronciata e non ho sentito bene il seguito, ma ho fatto male, perché poi invece ho scoperto che era bello anche il secondo pezzo, anche senza nave.

Intendiamoci: avrei preferito continuare come prima, ma visto che non potevo mica dirgli di rimetterla a posto, quello che potevo fare era di vedere il resto e vedere se poteva essere almeno un po’ bello lo stesso, poi è venuto fuori che lo era davvero, anche se la nave non c’era più e io me ne ero persa un bel pezzo a stare imbronciata.

Mi viene in mente quella volta a teatro, perché ora mi sento di nuovo un po’ come se qualcuno domenica mi avesse cambiato la scena mentre dormivo, io vado a dormire con Nonna e poi qualcuno mi cambia la scena e quando mi sveglio Nonna non c’è più.

Per forza poi che ci sto male e mi viene anche da piangere, giusto? Cioè, non c’entra che sono piccola, o che sono una bambina, anche se mi chiamo Andrea.

Voglio dire: perché ti devono sempre cambiare qualcosa, mentre non guardi?

Comunque sono contenta di essere stata a teatro, perché almeno, anche adesso che non posso dire a nessuno di rimettere le cose come erano, almeno ora lo so che se resto imbronciata ci rimetto solo io.

Certo, che avrei preferito stare con Nonna, ci potete scommettere anche la testa. Ma Nonna non

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tornerà e Mamma e Papà nemmeno, anche se mi dispiace che loro non ci sono più, nessuno di loro, non voglio restare imbronciata a pretendere che rimettano la scena di prima, perché non succederà e non voglio perdermi il seguito, che anche se non sarà bello come prima però può essere almeno un po’ bello lo stesso, e se ogni tanto piango non è perché sono una bambina piccola, chi non lo capisce sono problemi suoi.

Sono tutti problemi suoi e di nessun altro.

Suoi.

E di sicuro non miei.

Io mi chiamo Andrea, e sono una bambina.

Ma non sono piccola.

Io sono Akki, e adesso vi racconto la mia storia.

p.s. scusate se scrivo un po’ male ma ora sono in treno, come vi racconto poi dopo quando ci arrivo, e ogni tanto ci sono un po’ di scrolloni, così portate pazienza e cercate di leggere lo stesso, anche se è tutto storto, e se invece vi stufate smettete pure.

p.s. del p.s. le correzioni che vedete scritte con la penna blu come questa invece che nera come prima è perché me le ha fatte la Miché, che poi ve lo spiego dopo chi è.

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2 – lunedì (con Nonna)

Una volta Andrea, l’altro Andrea, il mio compagno di classe, mi ha chiesto perché non ero nell’Orfanofio, visto che i bambini orfani, che per chi non lo sa vuol dire che non hanno i genitori, li mettono appunto nell’Orfanofio, che dev’essere tipo una prigione per i bambini orfani.

Io gli ho detto che vivevo con Nonna e perciò non ero orfana del tutto, perché Nonna era la mamma di Mamma e quindi conta lo stesso come genitore. Lui ha detto solo, ah, e se ne è andato deluso. In realtà, non glielo dite, ma io mica lo so se è giusto, perché non è che so tanto bene come funziona l’Orfanofio. Comunque se stavo con Nonna, che lo sapeva come funziona, vuol dire che era giusto come ho detto io.

Tra l’altro non ve l’ho ancora detto, ma non sono mica l’unica quasi orfana della mia classe. Per esempio, c’è anche Caterina, che sta solo con sua mamma, perché quando lei era piccola suo papà se ne è andato in Colorado, credo a coltivare il caffé; poi c’è Oscar, che suo papà è andato a lavorare in Svizzera, dove fanno le banche, e non è mai tornato perché il suo lavoro è così importante che lui non può mai smettere di lavorare, nemmeno per le vacanze. Oscar è molto fiero di suo papà, che dev’essere davvero una persona importante, però io penso che è un po’ triste se uno diventa così importante che poi non può più smettere di esserlo nemmeno per le vacanze.

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C’è anche Lilli, che in realtà si chiama Liliana, ma la chiamiamo tutti Lilli, anche se non ha il Vagabondo, che però non conta come orfana perché i genitori li ha, solo che una volta hanno litigato di brutto e se ne sono andati ciascuno per i fatti suoi, con i suoi amici, lei adesso sta un po’ con uno e un po’ con l’altro e tutti e due le dicono di quanto è cattivo l’altro e vorrebbero scambiarlo con un altro papà o un’altra mamma, ma ogni volta che suo papà trova una nuova mamma Lilli si mette a piangere, e ogni volta che sua mamma le presenta un nuovo papà lei si mette a piangere lo stesso, così finisce che non ha mai né un papà nuovo né una mamma nuova, perché non capiscono che a lei andrebbero benissimo anche quelli vecchi, se solo la smettessero di dirsi quanto sono cattivi e si vedessero invece tra loro come Lilli li vede lei, cioè abbastanza bravi tutti e due.

Io a Lilli non glielo dico, perché piange già abbastanza anche così, ma conoscendo i grandi mi sa che è più facile che Mamma e Papà tornano dal giro del mondo piuttosto che i suoi genitori si vedono di nuovo come si vedevano prima.

Comunque, se pensate che vivere con i grandi sia difficile, beh, state sicuri che anche vivere senza non è mica così tanto divertente: ve lo dice Akki, che sta imparando proprio adesso mentre vi scrive.

Ripensando a quello che pensavo prima, e cioè la cosa dell’Orfanofio, è stata proprio la prima cosa che mi è venuta in mente ieri, quando è morta Nonna.

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Cioè, magari non la prima prima, ma una delle prime. Voglio dire, lo sapevo che Nonna era vecchissima e che un giorno moriva, ed era fin da quando Andrea, l’altro Andrea, mi ha chiesto la cosa dell’Orfanofio che mi immaginavo che quando moriva Nonna mi toccava andarci.

Solo che io col cavolo che mi ci portano, nell’Orfanofio.

Prima devono vedersela con Akki.

Adesso però scusate un secondo che sta succedendo quello che pensavo e devo fare una cosa importante e speriamo che mi va bene.

Eccomi di nuovo, scusate se ogni tanto devo smettere di scrivere un momento, ma non vi posso dire che cosa succede altrimenti vi rovino la sorpresa, ma prometto che poi ve lo dico quando ci arrivo a raccontarvelo dopo. (p.s. e scusate anche la macchia di prosciutto sulla pagina di prima, ma stavo mangiando e il treno ha scrollato e quindi me ne è caduto un pezzo sul quaderno)

Così vi stavo raccontando che sono stata tutto il giorno, ieri, a mettere a posto Nonna e a sistemare le sue cose, perché avevo già deciso che quando moriva non l’avrei fatta mettere in una tomba nel cimitero con gli altri morti, perché Nonna aveva un po’ paura dei morti, come vi ho già scritto. Allora avevo già deciso prima che siccome che Nonna era come la mia regina allora le facevo una tomba come i Faraoni, quelli dell’Egitto, che quando morivano si facevano una piramide e ci mettevano dentro tutta la loro

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roba, così ho fatto lo stesso per Nonna, ma senza la piramide, ovvio, cioè l’ho messa nella sua casa, dove sono sicura che non avrà paura di niente, e tutto attorno nella nostra stanza, che adesso è solo la sua stanza, le ho messo intorno tutte le cose che lei voleva più bene, incluso il bicchiere del caffé che anche se era tutto vecchio e sbrecciato lei voleva il caffé sempre e solo in quel bicchiere lì, e ci ho messo anche il caffé dentro, anche se lei non lo berrà più, anzi ormai sarà già freddo, però a me sembrava più giusto che nel bicchiere del caffé ci fosse anche il caffé, senza lo zucchero perché fa male, per me mi sono fatta il té, però con un po’ di miele perché senza è troppo amaro, ma anche a Nonna andava bene, basta che non era zucchero, e mi sono seduta lì sul mio letto di fianco al suo, io l’ho bevuto e lei no e, quando ho finito di piangere, l’ho coperta con il suo scialle di quando stava davanti alla tivù e ho lavato e messo a posto la mia tazza, ma il suo bicchiere con il caffé gliel’ho lasciato sul comodino, con i suoi denti e tutto il resto.

Tutto il resto, tranne la foto di Mamma. Quella l’ho presa io e spero che Nonna capisca che anche se Mamma era la sua bambina, però era anche la mia Mamma e così la foto preferisco tenerla io, almeno per un po’.

Per consolarla, al posto della foto, sul comodino, ci ho lasciato una lettera mia, ma quello che ci ho scritto non sono cavoli vostri, così non ve lo dico perché sono cose private tra me e Nonna e voi non c’entrate.

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Comunque visto che tanto lo so che siete curiosi, una cosa ve la dico: gliel’ho scritto, a Nonna, nella lettera, che nell’Orfanofio non ci andavo e gliel’ho scritto che è solo per questo che mi prendevo tutti i soldi che c’erano in casa, anche i suoi, perché mi sa che mi serviranno proprio tutti per non andare nell’Orfanofio e anzi speriamo che mi bastano, altrimenti sono cavoli amari.

Io spero proprio che Nonna non si arrabbi, per i soldi, dico, ma penso che capirà che mi servono davvero e comunque le ho lasciato in cambio il telefonino che mi aveva comprato per poterla chiamare quando uscivo, tanto adesso non mi serve più e così l’ho lasciato a lei, così se ci sono abbastanza tacche mi può chiamare dal Paradiso, se vuole fare due chiacchiere per sentire come sto (scherzo, non credo che in Paradiso ci puoi portare il telefonino, ma l’idea era abbastanza ridicola così l’ho scritta lo stesso, così Nonna ci può ridere un po’, anche se adesso non si vede più, e magari si consola.)

La lettera volevo firmarla Akki, ma a Nonna quel nome non piaceva e mi chiamava sempre solo Andrea, forse per via di Mamma, e così l’ho firmata Andrea, ma poi tra parentesi ci ho scritto anche Akki, perché mi sembrava più giusto anche per Nonna.

Poi ho fatto lo zaino e ci ho messo tutte le cose che avevo già pensato prima e cioè:

- il pelusc di Bunni (uno solo, perché tutti nello zaino non ci stavano)

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- la maglietta “Non sono stata io”, che ormai mi è un po’ piccola, ma mi piace per via della scritta buffa che dice “Qualsiasi cosa sia successa, non sono stata io”

- la maglietta a righe per dormire - 2 vestiti miei che mi vergogno a dire cosa sono, ma

dovrò ben cambiarmele ogni tanto, non come Gigi che puzza sempre come che è appena caduto nel bagno

- i jins (che non so se si scrive così, ma avete capito lo stesso)

- la tuta delle Robe di Kappa (che Gigi invece dice “le Robe di ca...”, e avete capito)

- il costume da bagno fucsia, perché quello bello sarebbe quello due pezzi, ma se non metto la parte di sopra mi vergogno e se invece metto la parte di sopra mi sta male perché lì non c’è ancora abbastanza niente da metterci dentro e invece il costume fucsia è tutto intero e mi sta piuttosto bene lo stesso

- un golf, anche se siamo in estate, perché non si sa mai

- l’ombrello pieghevole e il chiuei, tutti e due perché non si sa mai nemmeno questo

- il mp3 con le cuffiette - il caricabatteria del mp3, altrimenti facevo come

l’altra volta e stavo senza mp3 - la foto di Mamma - l’asciugamano e la roba per lavarmi i denti - gli occhiali da sole, perché Nonna diceva che

quando li metto sembro più grande

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- questo quaderno dove sto scrivendo e la penna per scrivere

- il libro di storia (il mio, non quello di scuola) - un bel pezzo di corda, che è sempre la cosa più utile

da portarsi dietro - la pila elettrica con la carica a manovella, che è una

cosa intelligentissima perché così non ti servono le pile

- la pietra bianca che mi ha dato Edo - la mappa dell’Italia, che mi serve e poi capirete

perché - le scarpe da ginnastica, in un sacchetto così non mi

sporcano i vestiti - tanto che c’ero ho preso anche un sacchetto vuoto,

non si sa mai - i soldi, e siccome Nonna diceva di non tenerli mai

tutti assieme, allora ne ho messi un po’ nella tasca davanti dei pantaloni, un po’ nella tasca didietro e un po’ nello zaino, ma non vi dico dove. Non è che non mi fido, ma davvero quei soldi mi

servono tutti per non andare nell’Orfanofio e speriamo che mi bastano davvero.

Comunque anche se non mi bastano troverò una soluzione, perché io sono Akki e nell’Orfanofio col cavolo che ci vado.

Quando ho finito di preparare tutto era già sera, così non era il caso di partire subito. Non avevo tanta fame, ma Nonna avrebbe voluto che io mangiassi almeno un po’ e quindi mi sono fatta un uovo sparapazzato (che è come strapazzato, ma io e Nonna lo chiamiamo così perché è più buffo) e un vuster

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nella padella, così poi non dovevo lavare anche il pentolino, tanto che c’ero ho già anche preparato ben 5 panini per il viaggio, 2 col formaggio mollo e 3 col prosciutto cotto, tanto se no in frigo scadevano e Nonna diceva che chi spreca il cibo va all’Inferno. Detto tra noi, io a questa cosa del cibo non è che ci credo molto, perché mi sembra davvero un po’ strana, ma comunque sono d’accordo che le cose da mangiare vanno mangiate tutte, che se no è come offendere chi non ne ha abbastanza e, se non ti piacciono, allora non dovevi neanche sprecare i soldi per comprarle.

Opps, di nuovo devo andare un secondo, scusate.

Rieccomi, non mi hanno presa. Tra parentesi, se trovate questo quaderno che la storia non finisce è perché mi hanno fregato e mi hanno messo nell’Orfanofio, così mi dispiace se siete curiosi, ma sappiate che io ce l’ho messa proprio tutta per non farmici mettere e state sicuri che se è per me questa storia va avanti finché non sono maggiorenne, sempre sperando che mi bastano i soldi fino a quel punto.

Ero rimasta che avevo mangiato, poi però di vedere la tivù senza Nonna non ne avevo proprio niente voglia e poi ero anche un po’ stanca, così sono andata in bagno, mi sono lavata i denti con lo spazzolino che avevo messo nello zaino, ma per fortuna era facile da prendere, e sono andata a letto.

Poi mi sono accorta che adesso le preghiere dovevo dirle io per tutte e due, adesso che Nonna non può

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più, così ho detto tutte quelle che mi ricordavo, anche se qualcuna è venuta un po’ male e una proprio non me la sono ricordata, subito mi è venuto da piangerci, ma poi ho pensato che Nonna diceva che per questo basta anche il pensiero, così ne ho ridetta due volte una di quelle di prima e penso che Nonna sarebbe stata contenta lo stesso, anche se per me ho detto una preghiera di meno, così ho spento la luce, le ho detto buonanotte, anche se sapevo che ormai non mi sentiva più, e mi sono addormentata.

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3 – martedì mattina (la partenza)

Stamattina Nonna era tutta rigida da far paura, allora ho capito perché si dice morto stecchito e ho anche capito perché si chiamano cartoni animati, cioè perché si muovono, infatti è proprio l’anima che ti muove, perché quando se ne va resti tutto bloccato come uno stecco e bianco come un cadavere, appunto, anche se per la verità Nonna aveva delle macchie rosse sulle braccia, ma forse ce le aveva già anche prima, perché da quando non si muoveva più dal letto le venivano sempre delle macchie dappertutto e quindi magari è normale anche da morti. Perfino gli Egizi dovevano già conoscere quelle macchie, che loro chiamavano piaghe, come quelle di Mosé, perché una volta il dottore che veniva da Nonna mi ha detto che quelle piaghe si misuravano col cubito, che era quello degli antichi Egizi, appunto.

Dev’essere divertente, fare il dottore, se poi ti fanno studiare anche la storia.

Cioè, dev’essere divertente solo se ti piace la storia, naturalmente, mica come a Lilli che non ci capisce niente, ma a me piace, quindi può anche essere che farò la dottoressa, dopo la scuola, ovvio.

Fino ad allora, ho altri piani.

Tanto per partire, dovevo ancora decidere se mettere la scritta sulla porta oppure no.

Dovete sapere che nelle piramidi degli Egizi c’era sempre una scritta che diceva di non disturbare il

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sonno del Faraone, e che chi entra in questa tomba sarà maledetto dai fantasmi ecc. ecc., come in The Curs of the Faraon 2, che per chi non sa l’inglese non vuol dire come sembra “la Corsa del Faraone 2”, ma invece è “la Maledizione del Faraone 2” e, sempre per chi non lo sa, è un gioco abbastanza scemo per la PS2 che tu sei uno che entra nella tomba del Faraone e tutte le mummie ti vengono addosso e tu le devi ammazzare col fucile a pompa (sempre che non mi sbaglio di gioco e questo invece era un altro, ma non importa)1 2. A Edo questo gioco da sparare piace abbastanza, ma a me mica tanto, perché 1) dopo un po’ è un po’ noioso e 2) poi mi spiegano come fai a uccidere una mummia, visto che è già morta, infatti mica te lo dicono e tu devi fare finta che si può, anche se a me sembra un po’ una scemata. Comunque adesso che a Edo hanno regalato la Wii con la PS2 non ci gioca quasi più, quindi ormai va bene lo stesso anche così.

Ora, d’accordo che la casa di Nonna non è una piramide, ma mi era venuto in mente di mettere anche io sulla porta una scritta per chiedere di non disturbare Nonna, magari lasciando perdere la cosa della maledizione, che non so bene come facevano gli Egizi perché sul libro non c’è scritto, anche se c’è scritto che funzionava, perché uno di quelli che aveva aperto la tomba di un Faraone poi si è ammalato ed è morto per davvero. Invece io pensavo che al posto

1 Infatti era un altro, ma non importa [Nota di Redazione]

2 E se non importa, allora cosa mi ci hai scritto una nota a fare? [Nota di Akki]