storia della scienza

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Charles Darwin Introduzione - Aspettando Darwin ....................................................................................................... Verso L’evoluzionismo - Dalla Scala all’albero .................................................................................... Idee opposte - La confutazione dell’evoluzione .................................................................................... Teorie - Le vere innovazioni .................................................................................................................... Charles Darwin - Biografia e cenni ....................................................................................................... La lotta per l’esistenza - Le variazioni singolari ................................................................................ L’origine dell’uomo - Le leggi della natura e la selezione sessuale ...................................................... Selezione sociale - Teoria genealogica degli psichismi ....................................................................... Il destino della teoria di Darwin - Ortogenesi e mutazionismo ....................................................... Note - Bibliografia e glossario ................................................................................................................. Darwin come una scimmia. Caricatura tratta dalla rivista “The Hornet” - 22 Marzo, 1871 STORIA DELLA SCIENZA ANNA DE SIMONE PAGINA 1 EVOLUZIONISMO

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Elaborato da Anna De SimoneIdeologie sull'evoluzione

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Charles Darwin Introduzione - Aspettando Darwin .......................................................................................................

Verso L’evoluzionismo - Dalla Scala all’albero ....................................................................................

Idee opposte - La confutazione dell’evoluzione ....................................................................................

Teorie - Le vere innovazioni ....................................................................................................................

Charles Darwin - Biografia e cenni .......................................................................................................

La lotta per l’esistenza - Le variazioni singolari ................................................................................

L’origine dell’uomo - Le leggi della natura e la selezione sessuale ......................................................

Selezione sociale - Teoria genealogica degli psichismi .......................................................................

Il destino della teoria di Darwin - Ortogenesi e mutazionismo .......................................................

Note - Bibliografia e glossario .................................................................................................................

Darwin come una scimmia. Caricatura tratta dalla rivista “The Hornet” - 22 Marzo, 1871

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Introduzione - Aspettando DarwinPrima di giungere alla vera svolta delle teorie biologiche con Darwin, dovranno passare oltre 150 anni durante i quali una serie di congetture collideranno e si scontreranno per aprire la strada al concetto di “evoluzione”. Per molti secoli, la narrazione sull’origine del mondo contenuta nella Bibbia, fu considerata non solo come un testo religioso ma anche un documento scientifico. A dar vita a differenti linee di pensiero, oltre ai naturalisti, ci pensavano anche i letterati dell’epoca; tra questi, a lasciare un primo segno fu Maillet con i dialoghi del Telliamed, dove un filosofo indiano e un missionario francese mettevano in dubbio le basi del creazionismo. Nell’opera di Maillet, pubblicata per la prima volta nel 1748, l’autore supponeva che i “tempi della Terra” erano notevolmente maggiori della stima fatta dai teologi e basata sul contenuto delle sacre scritture. Prima della stesura del Telliamed, i naturalisti avevano assunto passivamente che l’età della Terra era di 6000 anni, inoltre Maillet ipotizzava che in un primo momento l’intero Mondo era sommerso dalle acque e man mano che queste si ritiravano, animali e piante iniziavano a terrestrizzarsi; dunque per ogni animale terrestre doveva essere presente l’analogo marino, così come l’elefante e il leone marino, era esistito anche l’uomo-pesce. Il Telliamed fu definito fantasioso e antibiblico e fortemente screditato. Nel 1745, Bonnet ideò la “scala naturale”, qui, partendo da organismi “semplici” le varie forme di vita si “evolvevano” in complessità subendo un processo di metamorfosi indotto dalla volontà divina, questo processo avrebbe condotto gli esseri viventi verso l’apice della gerarchia dove, dopo l’uomo, si trovavano angeli, arcangeli e cherubini. Per sottolineare la continuità dei vari gradini, Bonnet introdusse la presenza di due “anelli” che facevano da intermediari tra il mondo minerale e quello vegetale (litofiti) e ancora, tra il regno vegetale e quello animale (zoofiti). Gli esempi di questi due ponti sono dati dai coralli e da piante come la Mimosa Pudica o animali come l’Hydra Virdis. Anche l’opera di Bonnet come quella di Maillet fu fortemente criticata, soprattutto da de Buffon, che vedendo i legami tra i vari anelli della catena arrivò ad asserire che da un solo essere, con il tempo, ne sarebbero derivati tutti gli altri.Un passo di fondamentale importanza fu effettuato da Carl Von Linnè, al quale si attribuisce anche l’attuale sistema di nomenclatura degli esseri viventi. Carl Von Linnè, anche detto Carlo Linneo, era un forte sostenitore del Creazionismo ma questo non gli impedì di pubblicare due volumi che racchiudevano la classificazione di tutte le specie vegetali e animali osservate fino a quel momento. L’esatta individuazione degli esseri viventi nella natura portò implicazioni importanti, lo stesso Linneo sosteneva che nuove specie potevano derivare per “ibridazione” da altre. La teoria del Creazionismo vede un unico creatore, che durante il sesto giorno ha plasmato ogni organismo solo ed esclusivamente per il piacere e l’utilità dell’uomo. Con naturalisti come Linneo, Buffon e Jean Marchant la teoria del Creazionismo subì delle modifiche. Secondo queste modifiche, le creature plasmate inizialmente da Dio erano di numero inferiore rispetto alle moltitudini di specie esistenti, queste creature subirono -per mano del tempo- delle degenerazioni così ché da una creatura ideale si fossero generate molte altre specie ben diverse; in particolare, George Louis de Buffon affermò che le degenerazioni erano indotte dai cambiamenti alimentari, del clima e degli spazi vitali e da un prototipo ancestrale come l’alce, sarebbero derivate tante altre specie come il cervo, la renna, il daino e il capriolo. In questo periodo furono aperte le porte anche ad un altro fondamentale concetto, quello dell’ereditarietà. Il dualismo epigemia1 e preformismo2 vide l’assunzione della prima teoria e da qui, con Maupertuis si arrivò a quella che oggi è conosciuta come la “teoria dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti”. Maupertuis ipotizzò l’esistenza di germi biologici prodotti dall’organismo in seguito a modificazioni e trasmessi alla prole mediante il rapporto sessuale, così, se ad un topo veniva amputata la coda anche la loro progenie sarebbe nata senza coda. Nonostante questa ingenuità, Maupertuis fu il primo a conferire un andamento casuale alla natura e non predeterminato come affermato dalla scala di Bonnet.

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Verso l’evoluzionismo - Dalla scala all’alberoIn seguito, anche Charles Darwin riconobbe i meriti del naturalista francese de Buffon non di certo per la base teologica delle sue teorie ma perché aveva ipotizzato che da una specie potesse derivarne un’altra fino ad asserire che tutti gli esseri viventi discendevano da un solo organismo, teoria abbracciata in un secondo momento anche da un antenato dello stesso Charles. Erasmus Darwin azzardò, nella sua pubblicazione del 1794-96, Zoomania, l’ipotesi riguardo un unico predecessore, un solo “Filamento Vivente” che avrebbe portato alla formazione graduale di tutto il mondo animale, modificato per mano dell’ambiente. Le intuizioni di Erasmus Darwin non portarono a nulla di decisivo ma ad innescare una scuola di pensiero evoluzionistico fu Bernard de Lacèpéde che, affrontando il problema delle specie perdute, sostenne che molti animali erano scomparsi perché “trasformati” in una nuova specie. Lo stesso Lecèpéde invitò i lettori del suo volume ad immaginare l’esistenza di un “uomo selvaggio” da cui sarebbe discesa l’intera razza umana e per i lettori non fu un compito difficile dato che per “uomo selvaggio” si intendeva un animale molto simile all’uomo: l’orang-utan. Con l’avvicinarsi del 1800 il panorama storico-scientifico vede finalmente il ribaltamento delle argomentazioni teologiche-naturali, anche la teoria delle catastrofi naturali3, portata avanti da Georges Cuvier, fu pian piano minata. Cuvier si soffermò molto sullo studio dei fossili e notò che i reperti più semplici si trovavano in strati più profondi: questo fu un fattore determinante per Jean-Baptiste de Lamarck che sviluppò un’idea secondo la quale da creature semplici si sarebbero sviluppate, via via, forme più complesse, questa complessità non era dovuta alla volontà degli organismi di raggiungere i gradini più alti della “scala naturale” ma semplicemente la risposta degli organismi a determinate esigenze. Con Cuvier e Lamarck i fossili passarono da uno “scherzo di natura” -definiti così da Bonnet- a qualcosa di indicativo, fino ad essere inseriti, dallo stesso Lamarck, all’interno della “grande catena dell’essere”. Riprendendo l’immagine della scala, Lamarck, le applicò vari cambiamenti fino a ramificarla. In primo luogo eliminò le continuità tra i tre regni abolendo le figure intermedie dei litofiti e zoofiti, così, quella che agli albori del 1700 era una scala lineare inizia a prendere le sembianze di un vero albero evolutivo composto da gruppi di organismi viventi. Nel 1801 la catena di Lamarck fu affiancata dalla prima genealogia vegetale, azzardata da Augustin Augier, un botanico di provincia. La filogenesi del botanico era un vero e proprio albero evolutivo e consisteva in tre fusti, lungo i quali si dispongono cinque tribù e venti rami -le classi-. I rami si suddividono in cinquantaquattro r a m o s c e l l i - g l i o r d i n i - c h e p o r t a n o duecentosessantacinque foglie -le famiglie-. L’albero di Augier, così formato, mostrava le varie affinità tra le diverse piante ma anche l’ordine con il quale si supponeva che fossero state “concepite” dalla natura, cioè, il presunto ordine cronologico di comparsa. La teoria evolutiva lamarckiana si discosta da quella moderna perché il naturalista francese sosteneva che i cambiamenti degli organismi viventi non erano affatto casuali ma indotti dall’ambiente: le circostanze ambientali cambiano inducendo modificazioni così che l’organismo possa trovarsi sempre in conformità con l’ambiente che lo circonda. Questa forza che impone i cambiamenti fu definita

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“potere delle circostanze” e non rappresentava l’unico innesco, vi era anche un “potere della vita”, una volontà interna alla quale accennò anche Erasmus Darwin.Il risultato più eclatante dell’opera di questi due poteri è dato dai mutamenti delle Giraffe: secondo Lamarck, le giraffe erano in principio quadrupedi a collo corto che brucavano erba -a quei tempi ancora non si conosceva l’esistenza dell’opakia-, con la scarsità di arbusti commestibili sul terreno, la giraffa avrebbe raggiunto la forma attuale per sforzo/abitudine/necessità di nutrirsi raggiungendo le foglie poste sulla cima di alcune piante. Anche se la maggior parte di esempi vedono un’evoluzione che si muove verso il vertice della scala naturale, talvolta l’ambiente impone un processo inverso che porta alla semplificazione dell’organismo; è il caso delle talpe che costrette alla vita sotterranea hanno atrofizzato l’organo della vista.

Finalmente con Jean-Baptiste Lamarck cambiò la teoria dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti messa a punto da Maupertuis, negando la possibilità che le caratteristiche acquisite fortuitamente sono ereditarie: possono essere trasmesse solo quelle modifiche anatomiche che l’organismo subisce a causa di precise costrizioni ambientali, queste modifiche consistono in adattamenti imposti dalle circostanze.

Idee opposte - La confutazione dell’evoluzioneAnche se Lamarck poteva vantare di aver “convertito” e “laicizzato” esponenti naturalisti di ideologie opposte, la sua teoria non convinse proprio tutti; a contrastare fortemente il trasformismo fu, per primo, Cuvier. Per il padre della teoria delle catastrofi, le forme di vita erano come “sistemi chiusi”, impermeabili ai cambiamenti ambientali, a tal proposito, il trasformismo minava le basi delle scienze naturali: era improponibile affermare che l’ambiente potesse innescare cambiamenti alle strutture degli organi o variare addirittura le proporzioni scheletriche. Oltre Cuvier, altri naturalisti si opposero all’ideologia lamarckiana. E’ curioso vedere come sostenitori del creazionismo contribuivano alla teorie evoluzionistiche e, al contrario, come evoluzionisti assumevano posizioni antievoluzionistiche; ad ostacolare vivamente la teoria di Lamarck fu l’inglese Charles Lyell che nel 1832 dedicò ben undici capitoli che contestavano il trasformismo. Per Lyell era impossibile che una specie potesse trasformarsi in un’altra, a determinare questa impossibilità erano due fattori: il tempo e la competizione, la lotta per la sopravvivenza. Un valido ragionamento riportato dall’autore inglese affermava che per quanto un lago possa prosciugarsi fino a trasformarsi in palude e per quanto queste trasformazioni possano essere lente, prima che le piante lacustri possano acquisire la capacità di vivere nelle paludi, altre specie, già esistenti sul territorio quindi già adatte a vivere in quell’ambiente non ne avrebbero consentito l’accesso o ancora, se una pozza d’acqua salata divenisse dolce “passando per ogni grado

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intermedio di salinità, ai molluschi marini non sarebbe consentito di trasformarsi gradualmente in specie fluviali perché, ben prima che qualche trasformazione del genere potesse aver luogo, altre specie, rigogliose in acque salate o dolci, troverebbero giovamento dal cambiamento avvenuto nel fluido e, di volta in volta, ciascuna di esse monopolizzerebbe lo spazio”5. Charles Lyell trovò una soluzione “teologico-naturale” secondo la quale, l’autore della natura aveva creato tutti gli organismi prevedendo la mutevolezza delle circostanze, con questa “previsione”, il Creatore aveva fatto in modo che le generazioni discendenti fossero dotati di un’organizzazione tale da garantirne la sopravvivenza.

Teorie - Le vere innovazioniQuella di Lamarck è certamente una teoria rivoluzionaria ma non presenta nessun dato innovativo, infatti consiste nell’assemblaggio di dati ed ideologie ereditati dai naturalisti dell’epoca. Lamarck rivisita, corregge e combina teorie già esistenti e lo fa partendo dalle “degenerazioni” che de Buffon definì come modificazioni indotte dall’ambiente e dal tempo. Per quanto riguarda la sua teoria della provenienza scimmiesca della nostra specie, anche Bernard de Lacèpéde ipotizza l’esistenza di un primo “uomo selvaggio” riferendosi proprio all’orang-utan. Per ciò che concerne il “potere della vita”, una dinamica simile era contenuta nelle teorie di Erasmus Darwin. I veri inediti di Lamarck si notano prima di tutto in campo sistematico, egli fu il primo ad effettuare una distinzione tra organismi vertebrati ed invertebrati. In campo naturalistico, Lamarck, nella prima metà del 1800 scrisse una delle prime pagine di denuncia per lo sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali. L’ambiente che innescava le “trasformazioni” si trovava ad essere modificato dall’evoluzione che esso stesso aveva causato, quindi l’uomo, modificando l’ambiente poneva a rischio l’intero sistema. Questa tematica fu approfondita durante la seconda metà del 1800 dal naturalista tedesco Haeckel che introdsse il termine “ecologia” in sostituzione alla denominazione della disciplina di quei tempi: “economia della natura”.Nel 1831, il reverendo Patrick Matthew non si allontanò molto dalle ideologie lamarckiane affermando che le specie vegetali e animali subivano modificazioni indotte dall’ambiente ma introdusse una nuova prospettiva secondo la quale, nel meccanismo stesso della riproduzione c’è “una leggera e continua tendenza naturale a dar luogo, nella prole, a variazioni repentine e consistenti”4. Queste variazioni -secondo Matthew- rendevano gli individui più resistenti fin dalla nascita, a prescindere dai fattori ambientali. In questo modo, anche la “lotta per la sopravvivenza” fu, in un certo senso, definita prima di Charles Darwin; de Candolle aveva parlato di una spietata competizione tra diverse specie, sia per l’occupazione fisica del territorio che per i mezzi di sostentamento e teorizzò che l’evoluzione potesse derivare dal carattere selettivo della “lotta per la maturità”.

Charles Darwin - Biografia e cenniCharles Darwin nacque il 12 febbraio 1809 a Shrewsbury, cittadina vicina a Birmingham. Indirizzato dal padre agli studi di medicina, Charles focalizzò ben presto i propri interessi sulla storia naturale e venne a conoscenza delle idee che iniziavano a circolare in zoologia e botanica. All’età di 23 anni, a causa dei deludenti risultati scolastici, il padre decise che Charles si sarebbe dedicato alla vita ecclesiastica e lo mandò a Cambridge per proseguire gli studi; Gli studi di medicina furono interrotti bruscamente perché Charles Darwin entrò a contatto con la dura realtà della medicina dell’epoca: Charles vide un bambino sottoposto ad un’operazione chirurgica senza anestesia e così decise di rivolgere la sua totale attenzione alla natura. A Cambridge frequentò le lezioni di botanica di John Henslow che gli trasmise un forte entusiasmo nei confronti della storia naturale e fu lo stesso Henslow a dare modo a Darwin di compiere il viaggio che gli avrebbe cambiato la vita. Il 27 dicembre 1831 s'imbarcò come naturalista sul brigantino Beagle, attrezzato per compiere ricerche scientifiche e rilevazioni geografiche: il viaggio intorno al mondo durò fino

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al 2 ottobre 1836 e allo sbarco, Darwin era diventato agnostico. Nel corso di questo viaggio Charles raccolse un'ingente quantità di materiale e compì numerose osservazioni: a ogni tappa scendeva a terra e conduceva esplorazioni all'interno, raccoglieva e catalogava campioni di specie animali e vegetali, di cui descriveva dettagliatamente le abitudini. Nel 1839 pubblicò, con il titolo “Viaggio di un naturalista intorno al mondo”, il diario di queste esplorazioni. Al suo ritorno in Inghilterra, grazie ai resoconti che inviava ai suoi corrispondenti, Darwin era già conosciuto nell’ambiente scientifico, il viaggio sulla nave Beagle ebbe un’influenza decisiva sulla vita dell’autore. Gli fece conoscere le isole di Capo verde, il Brasile, gran parte dell’America meridionale, alcune isole del Pacifico, Nuova Zelanda e Tasmania. Le collezioni che riportò da quel viaggio e le osservazioni fatte nei vari luoghi, lo portarono ad affermare la teoria sull’evoluzione della specie.

Circa le cause dell’evoluzione prospettate nel suo celebre libro “L’origine della specie”, ebbe su Darwin molta influenza l’ambiente in cui visse: l’Inghilterra degli allevatori che selezionavano il bestiame e il libro dell’economista Thomas Robert Malthus, in cui la libera concorrenza del mondo demografico inglese poteva essere rappresentata dal mondo della natura. Secondo Malthus, la popolazione umana aumenta seguendo una progressione geometrica tanto da raddoppiarsi nel giro di venticinque anni, al contrario, i mezzi di sussistenza crescono più lentamente, seguendo una progressione aritmetica ed è proprio per questo motivo che la lotta per l’esistenza è destinata ad intensificarsi. Da qui il concetto di selezione naturale come conseguenza della lotta per la sopravvivenza: Charles Darwin calcolò che in 750 anni, da una coppia di elefanti, si producevano ben 19 milioni di elefanti -se tutti gli elefanti si fossero riprodotti normalmente-. Il numero stimato degli elefanti è fortunatamente teorico, nella realtà, solo una coppia a generazione sopravvive così da tenere costante nel tempo il numero degli elefanti. In conclusione, dal momento che in condizioni favorevoli tutti gli esseri viventi tendono a moltiplicarsi in modo estremamente rapido secondo il principio dell’aumento in progressione geometrica, per evitare che nascano più individui di quanti ne possano realmente sopravvivere, ci deve essere necessariamente un qualcosa che svolge un’azione frenante di fronte ad una tale e diffusa tendenza: Malthus prima di tutti identificò questo qualcosa con la formula “lotta per l’esistenza” e Darwin approfondì la sua teoria e cerco di trascinarla, dall’ambito demografico al complesso più imponente della natura. La domanda che introduce uno dei concetti chiave della teoria darwininana è: quali sono i criteri che determinano la sopravvivenza? Darwin la definì “selezione naturale”, lo stesso sistema che utilizza l’uomo con la scelta del bestiame da far riprodurre. Così come l’uomo sceglie le bestie con le migliori caratteristiche, così la natura effettua lo stesso corso.

La lotta per l’esistenza - Le variazioni singolariCon la proposizione “lotta per l'esistenza” Darwin intende quella concorrenza che tutti gli organismi viventi devono sostenere a causa dalle limitate risorse. La lotta per l’esistenza si intensifica soprattutto tra gli individui appartenenti alla stessa specie, questi sono tutti diversi tra loro e presentano delle piccole particolarità, delle “variazioni singolari”, quindi alcuni di essi

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possono trovarsi avvantaggiati nella lotta per l’esistenza: una caratteristica morfologica potrebbe agevolare alcuni individui a procacciarsi più facilmente il cibo, così da vivere più a lungo, raggiungere la maturità sessuale più in fretta e riprodursi più volte durante il ciclo della vita. Per questo motivo le variazioni favorevoli sarebbero state tendenzialmente conservate e quelle sfavorevoli, al contrario, sarebbero destinate a sparire; queste sono state le conclusioni tratte con l’esperienza a bordo del brigantino Beagle. Del viaggio di Darwin, è possibile mettere in evidenza tre esperienze determinanti che hanno portato allo sviluppo della teoria darwiniana. Due di questi eventi si si svolsero in Patagonia, dove fu rinvenuto un fossile che mostrava numerose analogie con le specie ancora viventi nella regione, inoltre, in questa zona fu scoperta una nuova specie di Rhea (nandù). La terza esperienza, probabilmente la più eclatante, vede come scenario l’arcipelago delle Galapagos, qui, la flora e la fauna erano analoghe a quelle diffuse sul continente ma presentavano caratteristiche diverse nonostante le medesime condizioni climatiche. Questa era la testimonianza della grossa falla della teoria lamarckiana: l’evoluzione di certo pone le sue radici in qualcosa di diverso dal “potere delle circostanze”, qualcosa definito come “selezione naturale”. Darwin, per circa cinque settimane, studiò la vegetazione e gli animali dell’arcipelago dell’Ecuador e osservò come le dimensioni del becco dell’uccello della specie Geospiza potessero cambiare da isola ad isola, così come variava la lunghezza di alcune piante: le diverse “variazioni singolari” che comparvero nelle varie isole, furono, col tempo, conservate mediante il principio della selezione naturale; ecco come nelle medesime condizioni ambientali si sono potute determinare tipologie di vita molto diverse.

Gli esempi di variabilità riportati dall’autore sono numerosissimi e molti di questi dimostrano come il regno animale e quello vegetale siano fortemente interconnessi. Lo stesso Darwin sottolinea come piante e animali lontanissimi tra loro nella scala della natura siano legati da una fitta rete di rapporti complessi, l’ambiente certamente influenza l’evoluzione ma non lo fa nei termini definiti da Lamarck: la giraffa a collo lungo si è prodotta perché gli individui capaci di giungere nei punti più alti avevano maggiore possibilità di nutrirsi e di sopravvivere così, accoppiandosi tra loro hanno dato vita ad una prole con la medesima caratteristica. Un’altra differenza sostanziale tra le ideologie dei due autori sta nel fatto che Lamarck evidenzia il rapporto tra organismo e ambiente mentre Darwin mette a fuoco il rapporto tra organismo e organismo senza escludere il fattore “ambiente”, infatti, talvolta, le circostanze ambientali agiscono da filtro e danno vita al fenomeno della selezione naturale. Tenendo conto che Darwin non poteva basare le argomentazioni della sua teoria sulla fisiologia della genetica in quanto questa branca della biologia ancora non aveva dato frutti significativi -gli esperimenti di G. Mendel risalgono a 1865 ma furono presi in considerazione solo molti anni dopo, (vedi in seguito)-, Darwin si basava essenzialmente su considerazioni tratte dall’osservazione diretta degli organismi e sullo studio comparato dello sviluppo di determinate specie animali in diversi paesi del mondo.

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! In base alla tipologia di alimento presente sull’isola, la specie Geospizia ha mentenuto determinate variazioni della dimensione del becco.

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! Le tartarughe delle Galapagos si nutrono di fichi d’india. Questi crescono rapidamente, cercando di allontanare quanto più possibile i frutti dalle voraci tartarughe.

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L’origine dell’uomo - Le leggi della natura e la selezione sessualeNel libro “L’origine della specie”, Darwin non aveva mai accennato nello specifico a quella umana ma di certo non l’aveva esonerata dalle leggi della natura. Come ogni organismo anche l’essere umano fa parte del sistema naturale e Darwin esplicò approfonditamente le sue teorie nel libro “L’origine dell’uomo e la selezione sessuale”. Secondo Darwin “non vi è alcuna differenza fondamentale tra l’uomo e i mammiferi superiori”, addirittura, se possono esserci varie differenze morfologiche, ce ne saranno minori nella sfera morale. Moltissime delle emozioni più complesse accomunano l’essere umano alla scimmia, in particolare ai primati. E’ proprio nei primati africani e asiatici che Darwin rivede gli antenati dell’uomo. Questi primati -catarrine- sono più simili all’uomo per due caratteristiche: hanno il setto nasale più ristretto e molti esemplari non presentano la coda. Non bisogna pensare che l’uomo discende in modo diretto dalla scimmia, ma certamente che condivide con i primati un progenitore comune.I teologi dell’epoca, per sostenere una discendenza divina facevano appello alle facoltà mentali, all’intelletto che caratterizza esclusivamente il genere umano; per quanto riguarda le facoltà mentali, Darwin propose un’origine di base organica; l’uomo ha potuto affinare le sue potenzialità mentali in conseguenza alla sua evoluzione fisica: aumentando le prestazioni fisiche si richiedeva un miglioramento delle attività psichiche che a loro volta necessitavano di un uso diverso degli apparati organici. In definitiva, le variazioni anatomiche e mentali si sono influenzate vicendevolmente; queste variazioni sono state ereditate dalle discendenze e accumulate per mezzo della selezione naturale ed è proprio così che il genere umano è andato, generazione dopo generazione, migliorando. Le variazioni singolari non tendono ad un miglioramento, come specificato in precedenza, esse sono del tutto casuali ed è la selezione naturale ad agire da filtro decidendo quali mantenere; all’azione delle leggi naturali si associa un altro tipo di selezione, quella sessuale. Per le circostanze naturali -per riportare due dei numerosi esempi darwiniani- alcuni animali non avrebbero mai sviluppato delle imponenti corna perché risultano essere di impaccio durante la predazione, così come l’uomo non avrebbe perso il pelo, perché, con l’assenza di una folta peluria è stato acquistato una caratteristica leggermente dannosa. Per spiegare l’evoluzione di questi fattori, Darwin parla di selezione sessuale, e, nel caso del genere umana, questa viene effettuata dall’uomo stesso e si basa su standard puramente estetici e nella società attuale, su canoni proposti dalla moda.

Selezione Sociale - Teoria genealogica degli psichismiNel 1872, quando il libro “L’origine delle specie” era ormai giunto alla sua sesta ed ultima edizione, Darwin pubblicò “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” dove considerava la legge della selezione naturale non solo per le caratteristiche biologiche ma anche psichiche. Darwin tentò di spiegare i meccanismi cognitivi degli animali e dell’uomo, estendendo la sua teoria dell’evoluzione anche in ambito psicologico. Nel saggio, l’autore fornisce dei dati atti a dimostrare che le espressioni dell’uomo, come degli altri animali, sono innate e sono un semplice prodotto dell’evoluzione. Per tal motivo, molte espressioni che denotano paura, rabbia o stupore, si trovano invariate non solo in uomini di diversa estrazione culturale o appartenenti a civiltà diverse, ma anche in primati non umani; Darwin sfrutta questi dati come ulteriore testimonianza di un progenitore comune per l’uomo e per la scimmia: il sorriso di uno scimpanzé è molto simile a quello umano. Darwin esamina numerosissime emozioni, dalla rabbia alla gioia, dallo sdegno allo stupore e lo fa comparando le espressioni animali a quelle umane, in particolar modo osservando il suo primogenito di due anni. Lo scopo di Darwin voleva essere quello di risalire alla motivazione biologica per la quale si attuano quei gesti innati come l’alzare le spalle in simbolo di rassegnazione o similmente mostrare i palmi delle mani; anche se all’apparenza non avevano alcuno scopo funzionale, originariamente quei gesti dovevano essere utili.

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A Darwin si deve, tra le altre, anche la prima forma di sociobiologia con quello che è passato alla storia come “socialdarwinismo”. Egli sosteneva che fin dai tempi più remoti, nei periodi di conflitto, le tribù più dotate soppiantavano le altre. Con l’annientamento di intere popolazioni, le tribù vincenti non solo trasmettevano ai loro discendenti le caratteristiche fisiche ma anche quelle intellettuali e morali. Darwin, inoltre, mise in evidenza l’effetto della civilizzazione sull’evoluzione: la società civilizzata fa di tutto per tamponare il “processo di eliminazione” che è alla base della selezione naturale e lo fa salvaguardando i poveri, i deboli e i diversamente abili; così facendo, l’evoluzione culturale rischia di neutralizzare l’intero progresso umano.A questo proposito, Wallance aggiunse che seppure l’evoluzione biologica è arrestata da quella sociale si può affermare che la selezione culturale prosegue l’opera iniziata da quella naturale cosicché tutte le razze inferiori da un punto di vista intellettuale sarebbero state soppiantate da popolazioni più evolute. Secondo Wallance, seguendo il principio della selezione sociale, il mondo sarà occupato da un’etnia con un livello culturale pressoché omogeneo. Per agevolare l’evoluzione, Darwin arrivò quasi a proporre una limitazione per gli individui “più deboli”, a questi, ad esempio, non dovrebbe essere permesso di spostarsi liberamente come ai soggetti sani. Con il passare degli anni si arrivò alla conclusione che permettere una libera procreazione e incrocio agli individui più deboli certamente interferisce con l’evoluzione genetica della specie, d’altro canto, se si decide di “emarginare” i “più deboli” si andrà incontro ad un regresso morale e si rallenterà la più grande prerogativa umana: l’evoluzione sociale. La specie umana si distingue da tutte le altre per il fattore culturale, questo è capace di “evolversi” molto più velocemente di quello genetico ed è questo il motivo per il quale l’evoluzione genetica è stata -in un certo senso- soppiantata da quella sociale cosicché, l’uomo adatta l’ambiente ai suoi geni e non viceversa come accade nel livello più naturale.L’approccio darwiniano ispirò il filosofo inglese Halbert Spencer che approfondì il concetto di “lotta per l’esistenza fra le società”, tra l’altro a Spencer si deve la formula “sopravvivenza del più adatto”, spesse volte adoperata dallo stesso Darwin. Anche se le ideologie dell’inglese Spencer erano in linea con quelle darwiniane, egli mosse una consistente obiezione all’opera de “L’origine delle specie”; entrando nello specifico, Spencer esaminò sia il caso del cervo americano che della celebre giraffa che passò dal trasformismo lamarckiano all’evoluzionismo darwiniano: la giraffa si era caratterizzata non solo per il lungo collo ma anche per un torace più ampio e per gli arti più robusti rispetto al quadrupede d’origine. La giraffa, inoltre, aveva mutato l’intero sistema cardiovascolare. Per Spencer è impensabile che queste variazioni favorevoli siano comparse tutte insieme nello stesso soggetto, “e poiché sarebbe troppo ingenuo postulare che si siano accumulate nel corso di numerose generazioni (gli individui mutati per un solo carattere sarebbero infatti deceduti subito: il cuore non sorreggendo l’aumentato volume del collo, gli arti precludendo la corsa ecc.), Spencer sostiene che ai fattori evoluzionistici darwiniani vanno accostati come cooperanti (cooperator) quelli lamarckiani, e afferma che l’unica ipotesi verosimile è quella per cui alla variazione casuale di una parte sia presto seguita la modificazione funzionale delle altre, per il diverso uso degli organi”6. La puntualizzazione di Spencer agisce da mastice e crea un compromesso tra le due teorie evoluzionistiche.

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Il destino della teoria di Darwin - Ortogenesi e mutazionismoQuando gli studi di Gregor Mendel iniziarono a diffondersi la teoria darwiniana fu fortemente compromessa. L’abate moravo fu il primo ad intuire che la trasmissione dei caratteri non è un fenomeno continuato e mescolante bensì si tratta di un meccanismo che, seguendo delle regole, determina la combinazione di alcuni caratteri. Per tal motivo, il patrimonio ereditario doveva essere studiato per ogni singola caratteristica e non nel suo complesso come facevano i naturalisti dell’epoca. Al contrario di Mendel, Charles Darwin dava per scontato che l’ereditarietà dei caratteri era mossa da meccanismi di fusione e mescolamento pertanto, le varietà, se fossero state libere di incrociarsi con individui normodotati, sarebbero, via via, scomparse. E’ per questo motivo che Darwin aveva teorizzato l’importanza dell’isolamento geografico: avrebbe limitato le possibilità di incrocio assicurando la conservazione della varietà.A fine 1800, gli studi di Mendel iniziarono a diffondersi minando fortemente la teoria darwiniana e inducendo i naturalisti ad ulteriori ipotesi. All’inizio del 1900, gli evoluzionisti vollero abbracciare due teorie del tutto opposte. Da un lato vi era l’ortogenesi e dall’altro il mutazionismo, entrambe le teorie si discostavano ampiamente dalle ideologie darwiniane.Il mutazionismo fu proposto dal citologo olandese Hugo Vries, il quale, lavorando su alcuni organismi vegetali, osservò la presenza di numerose variazioni rispetto alla normoforma. Le variazioni furono definite “mutazioni”, il mutazionismo sostiene che le nuove specie compaiono improvvisamente, non vi sono differenze intermedie di sviluppo e soprattutto sorgono accanto alla specie principale, senza sostituirla. Solo le variazioni di grande ampiezza possono produrre nuove specie e in questa teoria, la selezione naturale ha un ruolo esclusivamente di eliminazione, infatti essa esclude quegli individui con mutazioni dannose.Il termine “ortogenesi” fu coniato nel 1893 dallo Zoologo tedesco Wilhelm Haacke e stava ad indicare un’evoluzione rettilinea e ben orientata.7 L’ortogenesi integra soluzioni lamarkiane secondo le quali, certi caratteri o organi di una specie si evolvono o regrediscono con una continuità e in una determinata direzione. La teoria dell’ortogenesi pareva aver segnato un regresso nella storia dell’evoluzione perché immaginava un organismo capace di reagire agli stimoli esterni fino a riacquistare il concetto di ereditarietà dei caratteri acquisiti. Per queste similitudini si parlò di neolamarckismo. Fortunatamente, a partire dagli anni 40 ci fu un ritorno alle teorie darwiniane e si giunse ad una “teoria sintetica” dell’evoluzione che integrava le scoperte del campo genetico alle ricerche di Darwin. “L’evoluzione è interamente dovuta all’accumulazione di piccoli mutamenti genetici guidati dalla selezione naturale”, dunque si escluse nuovamente la possibilità di tramandare alla prole le modificazioni cosiddette “acquisite” e ancora “l’evoluzione procede per modificazioni graduali delle popolazioni, tali modificazioni sono il risultato della selezione naturale, le differenze osservate fra gli organismi sono, in gran parte, adattamenti, e la macroevoluzione non è altro che il prolungamento nel tempo degli stessi processi che controllano l’evoluzione delle popolazioni”8. Assumendo la teoria sintetica si esclusero tutte le ipotesi neolamarckiane e del mutazionismo, essa fu definita come una sorta di rivincita di Darwin: “è semplicemente una conferma dei principi di base del darwinismo”8, ai quali sono state aggiunte le scoperte dell’ambito genetico. “La variazione genetica è aleatoria nel senso che non è indotta né dalle condizioni ambientali né da bisogni organici” 7

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Note - bibliografia e glossario

1) L'epigenesi è una teoria embriologica enunciata per la prima volta dal fisiologo tedesco Caspar Friedrich Wolff nel 1759. Secondo questa teoria, l’embrione si sviluppa gradatamente, a partire da un germe indifferenziato, con la comparsa successiva di parti dell'organismo nuove per morfologia e struttura. Per tutto il XVII secolo si svolse una vivace polemica, tra i fautori dell’epigenesi e quelli del preformismo, che ebbe termine solo nella seconda metà del XIX secolo con l’affermazione definitiva della teoria cellulare.9

2)Il Preformismo è la teoria secondo la quale ogni organismo adulto, con tutti gli organi e i caratteri ereditari, si trova già in miniatura nel germe. Il germe non è univocamente identificato, per alcuni era l’uovo (ovismo) per altri lo spermatozoo (animalculismo).

3) T. delle catastrofi. Idea secondo la quale la maggior parte degli organismi viventi nel passato sarebbero stati spazzati via da numerosi cataclismi e il mondo sarebbe stato ripopolato dalle specie sopravvissute.

4) Matthew - 1831

5) Lyell 1838 - 1833

6) Spencer - 1886

7) Giulio Barsanti - 2005 - Una lunga pazienza cieca

8) Mayr - 1963

9) Ludovico Geymoat 1970 - 1976 - Storia del pensiero filosofico e scientifico

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