storia della musica - francesco cinti
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Manuale storia della musicaTRANSCRIPT
7/16/2019 Storia Della Musica - Francesco Cinti
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Storia della Musica
Breviario per l’esame
d i F r an ce sco C i n t i
PDF conve r s i on b y G i u l io P i a t t on i
P re f az ione a l l a nuova ed i z i one
3 Magg i o 2 8
Caro lettore,
i casi son due: o sei un disperato alla ricerca di miracolo che ti permetta di
superare l’esame di licenza di storia della musica, o sei un pazzo che non ha
nient’altro da fare la sera che leggersi il Surian e approfondire i propri studi con dei
sani riassunti ed approfondimenti al testo. In entrambi i casi, credo che questi foglivolanti ti saranno piuttosto utili. Anzi, mi correggo: nel secondo caso un bel giro in
città ti farebbe anche meglio, ma sorvoliamo.
Questo che hai fra le mani è il frutto di tre mesi di studio in vista della licenza
biennale – Dio accolga a sé chi ha inventato il sistema del doppio esame su tutto il
programma – perciò puoi star tranquillo che chi ha scritto queste tesi è stato al
tuo posto, e che se le ha diffuse in giro sicuramente sarà perché l’esame l’ha
superato – e aggiungerei: anche piuttosto bene.
Ho pensato che, dopo tutta la fatica di mettere su carta un riassunto decente delle
tesi, fosse bene diffonderlo a livello non commerciale, per due motivi. Il primo, chenon sia giusto che si debba spendere centinaia di euro per testi secondari che
useremmo giusto per un esame e poi finirebbero a pareggiare le gambe del divano.
Il secondo, che a comprare il testo originale sarebbero stati giusto quattro gatti, e
tutti gli altri avrebbero vissuto delle fotocopie da esso derivate (su raga’, l’ho
fatto anch’io!). Perciò, un po’ per pragmatismo, un po’ per altruismo, ecco le
vostre tesi: prendetele e non guardate troppo in bocca al caval donato. Ah, giusto
per fugare i dubbi: non sono la brutta copia di altri libri, ma semplicemente il frutto
dei miei appunti.
Da parte mia, però, chiedo due piccolissimi favori: il primo, di contattarmi o
inviarmi suggerimenti, errata corrige, critiche, complimenti, qualsiasi cosa permetta
a questo testo di migliorare, e potete farlo via internet, all’indirizzo
[email protected] , o cercandomi al conservatorio di Pesaro, di sicuro qualcuno
si ricorderà ancora di me. Il secondo, di continuare a diffondere le tesi fra i vostri
compagni, alla sola condizione di non fare i furbetti e attribuirvele: perché è giusto
rendere la vita più semplice a tutti, e anche perché, se venissi a sapere che le
avete spacciate per vostre, pregate che non scopri il vostro numero di targa o vi
ritroverete la macchina a brandelli.
Aggiungo solo un paio di note prima di lasciarvi alla lettura (martirio?):
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• Le tesi sul romanticismo sono state unificate in quanto non tutti i professori
le distinguono, e anche perché gli argomenti trattati sono complementari e
quindi permettono di spaziare da una tesi all’altra.
• Sono state omesse le tesi sulla musica antica e delle origini, in quanto vi
basterà dare una letta veloce al Surian o testi simili per apprendere lenozioni necessarie alla sopravvivenza; in qualsiasi caso non prendetele sotto
gamba: conosco gente che ha citato a memoria le opere Bachiane ma poi è
stata bocciata perché non sapeva mettere le mani sul sistema armonico
greco.
• E’ stata volutamente tralasciata l’ultima tesi, quella di riassunto, in quanto
credo che, al contrario del pensiero comune, sia decisamente la più facile.
Infatti vi basterà leggervi prima tutte le altre, scegliere a vostro gusto
cinque o sei argomenti in cui siete ferrati, e fare magicamente in modo che il
discorso cada su quelli. Fidatevi, c’è gente che uscita dall’esame ha baciato
per terra per aver ricevuto in sorte proprio quella.
• Ultima cosa: non dimenticatevi di studiare anche acustica: su quelle non ho
scritto nulla, ma se qualcuno me lo chiederà, potrei anche decidere di
accogliere le vostre richieste disperate...
Credo abbiate perso anche troppo tempo: sbrigatevi a studiare, anche perché,
come diceva Trevor Wye: “il semplice possesso di questo libro non garantisce il
successo”.
Vedete di sopravvivere anche a questo esame, il diploma è vicino!
Francesco Cinti, diplomato in Flauto presso il Conservatorio Rossini di Pesaro.
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Tesi 4: Canto Gregoriano
Con il termine “Canto Gregoriano” si intende la tradizione di canti appartenente alla
cultura Cristiana che è venuta a formarsi a partire dal IV-V secolo dopo Cristo e si
è sviluppato per tutto il Medio Evo, ma che è stato messo in forma scritta solo a
partire dal IX secolo. Storicamente il Canto Gregoriano, da sempre appartenuto al
Cristianesimo, vede l’inizio della sua diffusione con l ’Editto di Milano (313), il
quale riconosce il Cristianesimo come religione ufficiale: ciò permise una rapida
diffusione del Cristianesimo in tutto l’Impero Romano, e, quindi, in tutta Europa. Al
momento della disgregazione dell’Impero Romano, però, tutto il patrimonio
cristiano venne a dividersi e a caratterizzarsi secondo alcuni modelli di culto, o
tradizioni liturgche, tra i quali ricordiamo il Mozarabico, il Gallicano, l’Ambrosiano, il
Romano, l’Aquileiense e il Beneventano. Non è un caso che la maggiorparte di
questi culti debba il proprio nome al monastero in cui veniva praticato: i
monasteri, infatti, erano i principali – se non unici – centri di conservazione e
diffusione della cultura, ed è grazie al lavoro di copiatura dei manoscritti se sono
giunti fino a noi testi di autori classici greci e latini e, appunto, parte del repertorio
del Canto Gregoriano. E’ da ricordare, inoltre, che la tradizione attribuisce un ruolo
fondamentale alla figura di Gregorio Magno, papa nel 590, il quale avrebbe
creato il canto Gregoriano sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Storicamente
sappiamo che scrisse un Sacramentario e promosse una riforma dell’Antifonario,ma le sue doti musicali rimangono comunque un dato inattendibile, che al tempo
contribuì a rendere il Canto Gregoriano una sorta di dogma.
E’ innegabile il legame tra Canto Gregoriano e la Liturgia, tanto che si potrebbe
anche affermare che il Canto Gregoriano sia la Liturgia stessa. Il complesso dei riti,
delle preghiere e dei canti si articolavano secondo due forme: la Liturgia delle
Ore, che scandiva i momenti della giornata in cui si pregava, e la Messa.
La Liturgia delle Ore – o Officium – comprendeva tutti quei canti che venivano
distribuiti per tutte le ore della giornata. Questi venivano raccolti nel Breviarium enell’Antifonarium e si dividevano in due forme. Mentre gli Inni erano più facili e
venivano cantati da tutti, i Responsori erano canti intonati alternativamente dal
coro e dai solisti.
La Messa, invece, si articola secondo una parte fissa, Ordinarium, e una parte
variabile, Proprium. L’Ordinarium comprende tutti i canti che non si modificano
nel corso dell’anno liturgico, e sono il Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus Benedictus e
Agnus Dei . I canti del Proprium, invece, cambiano durante l’anno liturgico a
seconda del periodo (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Ascensione e
Pentecoste) e sono l’Introito, Alleluia/Tractus, Offertorio e Communio . I canti
dell’Ordinarium e del Proprium venivano raccolti rispettivamente nel Kyriale e nel
Graduale.
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Ogni canto si poteva presentare sotto tre forme: la Cantil lazione (o “tono di
lezione”), la Salmodia (ovvero la recitazione dei Salmi) e lo Jubilus (un vocalizzo
senza testo sulle silllabe di parole quali Amen o Alleluja ). A partire dal IX secolo, il
Canto Gregoriano si avvalse di un sistema modale, basato su 8 scale o modi (4autentici e 4 plagali) alla base delle quali vi è un tetracordo caratterizzato dalla
posizione del semitono ed in cui si identificano una nota finalis e una repercussio.
La finalis è la nota fondamentale del modo, mentre la repercussio è la nota attorno
alla quale si sviluppano i maggiori melismi. I modi principali sono quattro:
il primo modo ha come finalis il Re (Re mi fa sol);
il secondo modo ha come finalis il Mi (Mi fa sol la);
il terzo modo ha come finalis il Fa (Fa sol la si);
il quarto modo ha come finalis il Sol (Sol la si do).
Aggiungendo al tetracordo le altre quattro note in senso ascendente si ottiene il
modo Autentico , in senso discendente quello Plagale .
Es : Primo modo: Re mi fa sol. Autentico: Re mi fa sol la si do re. Plagale: la si do re
mi fa sol la.
La repercussio si trova una quinta sopra la finalis nel modo autentico, e una terza
sopra la finalis nel modo plagale. Tipico era, inoltre, l’utilizzo di una nota fissa,
detta Tenor .
Tropi e sequenze nacquero dalle esigenze creative dei monaci, che intendevano
rendere complesso e grandioso il canto con l’aggiunta di alcune nuove forme
poetico-musicali. I tropi costituiscono una sorta di “farcitura” del testo liturgico edella linea melodica che venivano introdotte attraverso il processo di sillabazione
dei melismi. Se i tropi sono un fenomeno generico di tutti i canti, le sequenze
sono tipiche, invece, dell’Alleluja , e nacquero dall’abitudine di inserire il testo sul
vocalizzo dell’ultima sillaba dell’Alleluja (lo jubilus ). Col tempo le sequenze
divennero entità musicali autonome, la cui fioritura si protrasse fino all’epoca del
Concilio di Trento (1545-1563), quando ne fu drasticamente proibito l’uso ad
eccezione di quattro (Victimae Paschali Laudes, Veni Sancte Spiritus, Lauda Sion
Salatorem e Dies Irae ; lo Stabat Mater venne recuperato solo nel Settecento).
Tesi 5: Gli inizi della Polifonia | Contrappunto Medioevale | Compositori
e teorici
Le prime forme di Polifonia (=canto a più voci) comparvero attorno al IX e XIII
secolo e furono coltivate, in un primo tempo, nei monasteri dell’Impero Franco
(dove, d’altronde, videro la luce i primi tropi e sequenze). La prima polifonia è
costituita dal raddoppio della voce principale (vox principalis ) con una parte
aggiunta (vox organalis ) a distanza costante di un’ottava, una quarta o una quinta.
Il trattato Musica enchiriadis parla, in particolare, di due tipi di polifonia, o
organum :
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*Organum Parallelo, in cui la vox organalis procede parallelamente alla vox
principalis per intervalli di quinta inferiore o quarta superiore. Per evitare il diabulus
in musica si utilizzano anche intervalli imperfetti.
*Organum Libero, in cui la vox organalis procede liberamente sempre sopra la
vox principalis ma non si allontana mai di intervalli maggiori della quarta. Questoprocedimento è detto anche d i s can tu s , poiché le voci iniziano all’unisono, si
separano e poi si ritrovano nuovamente all’unisono.
* Inoltre era diffuso un terzo tipo di organum , definito organum melismatico,
secondo il quale ad ogni nota inferiore (ovvero del tenor) ne corrispondono da una
a venti nella vox superiore, distribuite in melismi sillabici e in stile discantus .
Fino alla metà del XII secolo la polifonia era stata un fatto abbastanza sporadico e
sperimentale. Questa situazione mutò con l’avvento a Parigi di una fiorente scuola
polifonica, che trovava la sua sede a Notre Dame e i suoi esponenti in Magister
Leoninus e Magister Perotinus. A Leonin viene attribuito il Magnus Liber Organi de
Gradali et Antiphonario , che rappresenta una sorta di manuale e repertorio
polifonico dell’epoca, in cui erano raccolti sia esempi di organum sia di discantus.
La voce superiore era detta duplum ed era posta sopra il tenor , e il sistema si
avvaleva di specifici modi ritmici, ovvero schemi ritmici nati dalla successione di
note lunghe e note brevi.
Nell’ambito del repertorio parigino grande importanza assumevano le sezioni in
discantus denominate clausulae . Le c l ausu l ae sono sezioni trattate in ritmo
modale in tutte le voci ed era fondata su una sola sillaba o parola. Lo scopo
della clausula era quello di l imitare l’estensione del melisma/jubilus
applicandovi uno schema ritmico . A Perotin è attribuito il merito di averampliato il repertorio delle clausule e di aver introdotto organa anche a tre-quattro
voci.
Breve fu il passo dalla clausula al mottetto. Il mottetto, infatti, è una forma
polifonica che nasce dalle clausule , che venivano estrapolate dal canto prive di
testo e alle quali veniva applicato un nuovo testo. A questo punto venivano
solitamente utilizzate tre voci: il tenor (tratto dal repertorio liturgico), il duplum e
il triplum. Il duplum era definito, appunto, motetus . Il mottetto può avere
collocazione sia sacra che profana e può avvalersi di una tecnica compositiva
definita hoquetus . Esso consisteva nel far procedere le voci alternandone le pause,cosicchè si otteneva un effetto “a singhiozzo”. Col tempo i testi del mottetto
diventano sempre più complessi, ed era norma che ogni voce avesse un testo a sé .
Nei manoscritti il triplum era posizionato a sinistra, il duplum a destra e il tenor in
basso.
Un'altra forma musicale che vide la luce tra il XII e il XIII secolo è il conductus. Si
tratta di un canto processionale strutturato omoritmicamente (stesso ritrmo per
tutte le voci). E’ importante ricordare che il tenor del conductus, a differenza di
quello del mottetto, non deriva dal canto gregoriano , ma è totalmente
inventato.
Tesi 6: La Notazione Medioevale
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Se in principio il repertorio di canti gregoriani veniva tramandato per via orale, a
partire dal secolo VIII-IX si sentì la necessità di una impostazione didattica che
permettesse una trasmissione più sicura e in larga scala di questo patrimonio. Fu
così che i cantori delle scholae cominciarono a memorizzare le melodie servendosidi alcuni tratti detti n e u m i che venivano tracciati sopra il testo e privi di rigo:
questi avevano la funzione di indicare il moto della melodia, ma non l’altezza
precisa delle note. Tale tipo di scrittura si chiama adiastematica, o “neumi a
campo aperto”.
Col tempo i cantori cominciarono a servirsi di uno o due righi che indicassero
l’altezza di note di riferimento: uno giallo per il DO e uno rosso per il FA, che
richiesero anche la creazione di apposite chiavi, che spesso si rifacevano a codici
alfabetici. Un esempio particolare contenuto nel Musica Enchiriadis è il sistema
dasiano, che presenta un rigo per ogni nota, con chiavi ricavate dai quattro segni
del tetracordo di RE. Col tempo si sfoltì il numero dei righi della notazione dasiana
fino a stabilirne l’uso di quattro, giungendo così alla definizione di scrittura
diastematica.
I segni della notazione monodica (virga e punctum ) assunsero, col tempo, grosse
forme quadre, e divennero longa e brevis , su imitazione della metrica classica, che
si aggregavano in varie combinazioni ritmiche chiamate modi ritmici: in questo
modo si risolse il problema della durata delle note.
A queste basi seguono le teorie contenute nel Ars Nova Musicae misurabilis , di Ph.
de Vitry, di cui si parla in “Tesi 9: Ars Nova”.
Tesi 7: Guido d’Arezzo e il sistema musicale medioevale | La
Solmisazione
Una figura importante nel panorama della notazione musicale medioevale è Guido
d’Arezzo. Maestro di musica, egli si poneva, come problema principale, quello di
far imparare velocemente ai suoi allievi l’altezza delle note e la posizione dei
semitoni nei vari modi. Egli ideò un sistema basato su un esacordo composto da
cinque intervalli, quattro di tono e uno di semitono (TTSTT). Per facilitare lamemorizzazione dell’esacordo, Guido fece ricorso alle sillabe dei primi sei emistichi
di un inno in onore di Giovanni Battista (ut re mi fa sol la). Il vero vantaggio di
questo sistema è che le sillabe non individuano l’altezza reale della nota, bensì
servono ad indicare la posizione del semitono, che, impiantando i nomi di volta in
volta, veniva sempre a trovarsi in corrispondenza delle sillabe mi-fa . Gli esacordi si
dividevano in tre tipi: durum , se comprendevano il Si naturale, molle se
comprendeva il Si bemolle, naturale se non comprendeva nessuno dei due suoni.
Per facilitare l’apprendimento degli esacordi, inoltre, i manuali tramandano l’utilizzo
di un sistema chiamato mano guidoniana , che si serviva delle falangi della mano
sinistra per posizionare gli esacordi.
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Infine, si definisce musica ficta il sistema di alterazioni cromatiche designato dai
teorici dell’epoca per far fronte alle nuove esigenze della polifonia, quali potevano
essere la necessità di evitare il diabulus in musica, di ottenere consonanze perfette
o di trovare la sensibile per le cadenze.
Tesi 8: La musica monodica profana | Francia, Italia, Germania | Teatro
Medioevale
Bisogna riconoscere che, malgrado i grandi sviluppi della polifonia nei secoli XII e
XIII, la monodia profana era di gran lunga più praticata del canto gregoriano:
questo perché la monodia profana soddisfava quelli che erano i bisogni più stretti
della società e ne rappresentava a pieno la cultura. Una delle forme d’arte più
spiccate che trova i suoi natali in questo periodo è quella dei trovatori e
trovieri. Questa canta ed elogia l’amore e il corteggiamento inappagabile ed
inappagato, eleva il culto della donna a qualcosa di spirituale, ed esalta i valori del
cavalier cortese devoto alla propria donna (oltre a veicolare, in molti casi, anche
messaggi politici). I Trovatori sono tipici della Francia Meridionale e parlano la
lingua d’oc. L’argomento per quasi tutti è l’amore, mentre dal punto di vista
poetico le forme più comuni sono la canso [due frasi musicali, divise in a-a-b], il
vers [come la canso ma senza ripetizioni] e il lai [carattere contemplativo, con
frasi ripetute a coppie enumero variabile di strofe]. Tutti i componimenti hanno, a
loro modo, una forma strofica e sono divisi, appunto, in coblas . Massimi esponenti
di questa corrente sono Bernard de Ventadorn, Jaufrè Rudel e Guglielmo
d’Aquitania. La cultura trobadorica ebbe termine con la crociata degli Albigesi, unaguerra mossa da papa Innocenzo III contro l’eresia catara che si era formata
proprio in Provenza. L’enorme bagaglio culturale dei trovatori si disperse in tutta
Eusopa, ma fu in Italia che trovò terreno fertile fra i siciliani (la “Scuola Siciliana”) e
i fiorentini (il “Dolce Stil Novo”).
I Trovieri invece sono figure tipiche della Francia settentrionale e cantano in
lingua d’oil. Il loro repertorio, sviluppatosi attorno al XIII e XIV secolo, a livello
contenutistico non è molto diverso da quello dei trovatori anche se si distingue per
due forme particolari: la Chanson de Geste , ovvero poemi cavallereschi ispirati al
ciclo bretone e al ciclo carolingio, la chanson d’amour, ovvero la canso deitrovatori, le chansons a refrain [ballade, rondeau e virelai; con finali aperte e
chiuse] e il jeu parti, un canto d’amore in dialogo che può essere considerato la
prima rudimentale forma di teatro profano.
Anche nei paesi germanici si possono trovare cantori che imitano i Trovatori e i
Trovieri, i cosiddetti Minnesanger, che aggiungono al tema dell’amor cortese
anche il tema naturalistico e la cui forma principale è il L ied , che adotta la
struttura della Barform (a-a-b). Mentre i Minnesanger operavano negli ambienti
cortigiani e conducevano una vita girovaga, i Meistersinger (“maestri cantori”)
appartenevano in genere alla sfera borghese ed erano soliti riunirsi in associazioni.
Nel panorama della monodia Italiana bisogna ricordare anche la nascita e lo
sviluppo della Lauda. Quella della lauda è una religiosità laica che trovava spazio
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nelle confraternite fiorentine nel periodo immediatamente successivo alle lotte fra
papato e impero (XII-XIII secolo). La forma della Lauda si concentra sulla parola: è
occasione di riflessione sui temi fondamentali quali il peccato, l’espiazione e la
rinascita dell’uomo attraverso i valori più elevati. La lauda si impose nel panorama
della religione popolare grazie anche alle sue somiglianze con alcuni generi mondaniquali la ballata. Sotto il profilo formale, la Lauda era infatti un componimento
strofico diviso in Stanze e separate da Riprese o ritornelli :
Ripresa – Stanza I [Piede 1, Piede 2, Volta] – Ripresa – Stanza II [Piede 1, Piede 2,
Volta] – Ripresa ecc…
Con t r a f a cum : adattare un testo nuovo ad una melodia preesistente.
La forma principale di teatro medioevale era il dramma liturgico. Rappresentato
per lo più in chiesa, esso non era propriamente parte della liturgia, ma si
presentava più come parte a sé stante, e trovava le sue origini nel canto liturgico
responsoriale con i suoi “dialoghi” fra celebrante e fedeli, oltre che nella tradizione
molto antica delle processioni figurate accompagnate da canti e gesti. Ampia
rappresentazione nella quale ogni esecutore svolgeva una parte specifica, il
dramma liturgico era composto da sezioni monodiche, parti polifoniche e sezioni
strumentali. Essi utilizzavano per lo più il latino e i canti potevano provenire dal
repertorio gregoriano o essere composti ex novo .
Tesi 9: Ars Nova
Il termine Ars Nova indica le nuove tendenze del linguaggio musicale alle quali siassiste nel XIV secolo specialmente in Francia e in Italia. Il termine è dedotto dal
trattato di Ph. de Vitry , Ars Nova Musicae misurabilis , che rappresenta la prima
innovazione di questo periodo. Ph. de Vitry, infatti, introdusse una notazione
mensurale basata sui valori della breve, semibreve e minima e sul rapporto tra
tempus e prolatio . Vediamo in dettaglio.
T e m p u s è il rapporto tra la breve e la semibreve: esso è perfetto se la breve vale
tre semibrevi, imperfetto se vale due semibrevi. P ro l a t i o è il rapporto tra
semibreve e minima: esso è perfetto se la semibreve vale tre minime, imperfetto
se vale due minime. Con questo schema noi abbiamo quattro ritmi diversi:*T. perf e Pr. perf: 1b=3sb; 1sb=3m. Simbolo: Cerchio col punto
*T. perf e Pr. impf: 1b=3sb; 1sb=2m. Simbolo: Cerchio.
*T. impf e Pr. perf : 1b=2sb; 1sb=3m. Simbolo: Mezzo cerchio col punto.
*T. impf e Pr. impf: 1b=2sb; 1sb=2m. Simbolo: Mezzo Cerchio.
Nello stesso periodo, Marchetto da Padova scriveva il Pomerium , trattato che
conteneva un sistema notazionale che rispecchiava i tratti caratteristici della
polifonia italiana dell’epoca, come il gusto per le fioriture virtuosistiche, per i
cromatismi e una sonorità accordale; la diffusione di questo sistema era comunque
più limitata di quello di Vitry.
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Nel panorama dell’Ars Nova dobbiamo distinguere quelli che sono i fenomeni tipici
dell’area francese e quelli italiani. In Francia si assiste alla nascita di un nuovo
genere compositivo, il mottetto isoritmico.
A differenza del suo corrispettivo del XIII secolo, il mottetto isoritmico ha una
struttura complessa e ben precisa basata su due elementi: la talea e il color . Ilcolor rappresenta la melodia priva di qualsiasi ritmo. Al color viene
applicato uno schema ritmico detto talea : il gioco consiste nell’applicare una
talea i cui valori non corrispondono, in numero, alle note del color, cosicchè il color
si esaurisce prima della talea, e questa assume una melodia ogni volta diversa fino
a coincidere nuovamente con il color. I procedimenti isoritmici non sono concepiti
per essere percepiti dall’ascoltatore: infatti sono più oggetto della vista che
dell’udito.
Un’altra importante figura nel panorama dell’Ars Nova francese è Guilamme de
Machaut. Oltre che per i suoi mottetti isoritmici, è necessario ricordare G. De
Machaut poiché fu il primo compositore a preparare un’intera messa polifonica a
quattro voci: la messa di Notre Dame, composta nel 1364 per l’incoronazione di
Carlo V il Saggio. Prima di questo lavoro, infatti, le parti della Messa venivano
assemblate da repertori di artisti differenti. Machaut utilizza la tecnica del
mottetto isoritmico per tutti i canti, ad eccezione del Gloria e del Credo che sono
due esempi di conductus . De Machaut è ricordato anche epr la sua ampia
produzione di mottetti in cui applica numerosi procedimenti prettamente
speculativi che poi saranno materia di studio dei maestri fiamminghi, come ad
esempio il procedimento a ritroso utilizzato nel rondeau a tre voci “La mia fine è il
mio inizio e il mio inizio è la mia fine”.Forme Profane utilizzate nell’Ars Nova francese sono:
! Ballade: la ballade francese, a differenza di quella italiana, ha forma strofica ,
secondo lo schema: Melodia A [fin. Ouvert] – Melodia A [fin. Clos] – Melodia B.
! Virelai: ha la stessa struttura della ballata italiana.
! Rondeau: composizione caratterizzata dall’alternarsi della melodia A e della
melodia B.
L’Ars Nova in Italia si diffonde soprattutto a livello profano ed è un fenomeno
strettamente legato allo sviluppo della poesia volgare del Due-Trecento. E’interessante notare come il fenomeno fosse tipico del centro-nord (pianura
padana, Bologna, Firenze) e abbia interessato un periodo storico di tre generazioni
per poi esaurirsi del tutto. Il repertorio di questo periodo si basa su tre forme:
! Madrigale: prevalentemente a due voci, il madrigale del trecento tratta temi
amorosi e agresti ed è basato sullo schema: 3 versi A – 3 Versi A – 2 Versi B.
Le terzine hanno lo stesso tema, mentre il ritornello utilizza materiale
tematico differente. Grande esponente fu Giovanni da Firenze.
! Caccia: composizione di argomento movimentato basato sulla tecnica del
canone . Di solito troviamo tre voci: un tenor privo di testo, che poteva essere
destinato anche a strumenti, e due voci superiori che proseguono in canone.
Di norma non è un componimento strofico.
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! Ballata: come il virelai francese; di argomento amoroso o politico, ha una
struttura simile alla lauda. Ripresa (a) – Stanza I [Piede 1 (b), Piede 2 (b),
Volta (a)] – Ripresa (a). Massimo esponente è il fiorentino Francesco Landini.
Tesi 10: I Franco Fiamminghi
Il XV secolo è un periodo di estrema floridezza economica in Europa stimolata
dall’aumento dei traffici commerciali e dallo sviluppo dei metodi di governo, di
lavoro e di diplomazia. In questo panorama, maggiore influenza acquistano le corti,
le quali richiamano a sé i maggiori artisti dell’epoca in tutti i campi, compresa la
musica. Ogni artista doveva celebrare l’operato politico del suo mecenate, e i
musicisti non si sottrassero a questa norma. Grande fama avevano, a quell’epoca, i
maestri Franco Fiamminghi, che cominciarono a viaggiare in Europa e ad
insediarsi come maestri di cappella in numerose città e corti, grazie anche alla
possibilità di ricevere i privilegi ecclesiastici anche in paesi lontani dalla propria
residenza.
La tendenza dei Franco Fiamminghi è quella di ricercare una polifonia complessa,
piena, a 4 voci, in cui ogni voce procede in senso orizzontale ed unitario rispetto
alle altre. Una tecnica di origine anglosassone utilizzata al tempo era quella del
f a u x bo rdon , che consisteva nell’aggiunta improvvisata di due voci inferiori che si
muovono parallelamente a distanze di quarte e seste. La versione propriamente
italiana del f a l sobo rdone, invece, consisteva nell’aggiunta di una voce
supplementare al tenor , una terza o una quinta inferiore.
La prima generazione vede come massimo esponente Guillame Du Fay
(1400-1474), che operò in Italia sia presso i Malatesta a Rimini, sia presso i
Savoia. Il repertorio di Du Fay comprende messe e mottetti. Dopo un periodo
caratterizzato da messe-cantilena a 3 voci, Du Fay si confermò come grande
maestro della messa a 4 voci definita messa ciclica. Le messe cicliche sono
strutturate su un principio compositivo che prevede la presenza di un can tu s
f i rmus al tenor che viene applicato a tutti e 5 i canti dell’ordinario. Il tenor poteva
essere tratto dal repertorio gregoriano, essere creato ex novo o persino esseretratto da una canzone del repertorio profano, come nel caso della messa basata
sul tenor della chanson Se la face ay pale . E’ ricordato anche per la monumentalità
speculativa del mottetto Nuper Rosarum Flores , che presenta le stesse proporzioni
della cupola del Brunnelleschi a Firenze, in onore del quale fu composto.
Alla seconda generazione appartiene, invece, J. Ockeghem (1428-1495). Le
sue 14 messe sono composte in un periodo in cui questo genere ha assunto ormai
una certa maturità ed autonomia (ad esempio sono divenute standard le quattro
voci Superior, Altus, Tenor, Contratenor ) e presentano un vasto assortimento di
procedimenti compositivi. Solo due sono composte su cantus firmus liturgico: le
altre provengono per la maggiorparte da chansons preesistenti o sono create ex
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novo . Un esempio di particolare maestria tecnica è la messa Cuiusvis Toni in cui
viene applicato il principio del catholicon , ovvero la possibile esecuzione del brano
in tutti e 4 i modi autentici.
Della terza generazione fanno parte Jacob Obrecht (1450-1505) e Josquin
Desprez (1440-1521). Le loro messe sono caratterizzate da una trama
contrappuntistica altamente complessa e un’organizzazione formale
intellettualistica. Obrecht, ad esempio, aspira alla logica della struttura e alla
varietà dei sistemi organizzativi, mentre Desprez, ricordato tra l’altro per l’utilizzo
del soggetto cavato nella messa Hercules Dux Ferrariae , impiega procedimenti più
arcaici rispetto al suo tempo, ma non certo meno complessi. Largo uso si faceva,
per esempio, del genere della messa parodia, ovvero un genere derivato dalla
pratica dell’imitatio (comporre su un modello già esistente), che si basava non su
un singolo cantus firmus , bensì sulle diverse voci di una melodia polifonica
preesistente.
Il mottetto della terza generazione, invece, aveva ormai perso molti tratti
caratteristici del mottetto medioevale: ora era generalmente a quattro o cinque
parti vocali, presentava un solo testo per tutte le voci, aveva abbandonato il
procedimento isoritmico e preferiva tecniche diverse dal cantus firmus .
Tesi 11: I l Cinquecento | Le scuole polifoniche | Riforma e
Controriforma | Palestrina
Nel 1517 Martin Lutero affisse alla porta del duomo di Wittenberg le 95 tesi dalle
quali nacque la riforma protestante. Spinto dalle insurrezioni popolari e
supportato dagli interessi della nobiltà, Lutero ruppe con la Chiesa di Roma e
ricercò un nuovo ordinamento liturgico che fosse fondato sulla partecipazione
diretta al culto da parte di tutta la comunità dei fedeli. Nella sua riforma era inclusa
non solo la traduzione in tedesco della Bibbia (1522), ma anche la creazione di un
nuovo repertorio di canti religiosi. Questi presero il nome di Corali.
Il Corale (Kirchenlieder ) è una forma di canto in lingua tedesca caratterizzata da
una semplicità estrema della linea melodica, il cui andamento è omofonico eomoritmico, in quanto ideato perché fosse intonato da tutti i fedeli. Alcuni dei
primi corali erano la trascrizione in tedesco di parte del repertorio gregoriano, ma
per la maggiorparte essi provenivano da canzoni popolari, il cui uso permetteva
una memorizzazione più rapida da parte dei fedeli: in entrambi il casi, il testo era
sempre creato ex novo e rigorosamente in tedesco. Col tempo, l’esecuzione
cominciò ad essere affidata anche a cori di cantori professionisti, che utilizzavano
le tecniche contrappuntistiche tipiche dei mottetti, anche se la pratica più comune
era quella di alternare le strofe fra diversi gruppi di esecutori: coro, fedeli, solisti e
così via.
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Dall’altra parte, la risposta della Chiesa giunse molto tardi. Al termine del Concilio
di Trento (1545-1563), la Chiesa affermò il nuovo principio della separazione (e
non ambivalenza o sostituzione) fra sacro e profano, con la conseguente
eliminazione di ogni elemento mondano che potesse essere presente nel servizio
liturgico, negli edifici sacri o nella musica stessa. Perciò, la Chiesa rilanciò l’uso delgregoriano non solo come canto, ma anche come base per le composizioni
liturgiche.
Bisogna riconoscere che le direttive del Concilio di Trento non ebbero un effetto
assoluto: molti autori raccolsero l’eredità dei Franco Fiamminghi (tipico era
l’utilizzo delle “messe-parodia”, e per evitare l’inquisizione si denominava tale
messa sine nomine ) mentre l’unico appello della Chiesa che trovò ampia
applicazione fu la ricerca di una polifonia più equilibrata, con un uso più
parsimonioso dei cromatismi e una maggiore chiarezza dei testi, ma in definitiva
pochi seguirono strettamente le decisioni del Consiglio.
In particolare, i nuovi canoni gettati dalla Chiesa contribuirono alla nascita della
Scuola Romana, il cui massimo esponente fu Giovanni Luigi da Palestrina
(1525-1594). La sua carriera a Roma lo vide maestro di cappella prima sotto il
papa Giulio III, poi con Marcello II, pertanto il suo corpus fu scritto ad uso
esclusivamente liturgico. Il linguaggio polifonico di Palestrina, fondato sulla purezza
della sonorità vocale e sull’uso controllato di un contrappunto levigato, non si
scosta molto dalla maniera tradizionale dei Franco-fiamminghi: le sue messe
parodia , ad esempio, sono basate in gran parte su mottetti di autori francesi della
prima metà del secolo. Lo contraddistinguono l’intellegibilità dei testi e la sonoritàordinata che impedisce la sovrapposizione confusa delle parole. Il canto gregoriano
si manifesta nell’andamento della linea melodica, in cui Palestrina non usa mai
intervalli superiori alla quinta e rigorosa è la distribuzione delle dissonanze e dei
cromatismi.
I maestri che operavano a Venezia, al contrario di quelli della scuola romana,
ponevano al centro del loro interesse la coltivazione di uno stile musicale
discontinuo e composito, fondato sulla contrapposizione fra colori timbrici e sonori
diversi. Questo fenomeno, conosciuto col nome di cori spezzati , era fisicamentefavorito dalla presenza, in S. Marco, di due cantorie absidali poste l’una di fronte
all’altra. Era prevista pure la partecipazione di strumenti che si amalgamavano alle
voci per affinità di timbro, ma che non venivano specificati nella parte, almeno
prima di Giovanni Gabrieli. L’aderenza della musica al testo è realizzata attraverso
la declamazione insistente e i dialoghi fra cori.
Fu probabilmente Willaert ad inaugurare la ricca produzione di musiche policorali
della seconda metà del secolo. Ad Andrea Gabrieli va il merito di aver arricchito
la tecnica dei cori spezzati di una maggiore varietà di effetti sonori, rispetto al
carattere antifonico (episodi alternati) mantenuto da Willaert. Non rinuncia alla
polifonia imitativa, ma nei passi più salienti cede il posto all’andamento quasi
omofonico. Insieme al nipote Giovanni Gabrieli compose la raccolta Concerti per
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voci et stromenti musicali del 1587. Si tratta della prima testimonianza dell’uso
della parola concerto per indicare unione, coordinamento e concordia di compagini
vocali e strumentali eterogenee. Nelle composizioni di Giovanni Gabrieli si fa largo
uso dell’unione di forze vocali e strumentali in poderosi “tutti”; il ritmo è
sottoposto a processi di intensificazione e a cambiamenti bruschi da ternario abinario e viceversa. Giovanni ricorre molto più spesso dello zio a passaggi cromatici
e non raramente vengono impiegate le “false relazioni” (successione di due note
dello stesso nome, una naturale e l’altra alterata, in parti diverse).
Nella musica profana, le due forme più utilizzate all’epoca erano il madrigale e la
frottola.
Il Madrigale del Cinquecento è una composizione a quattro e poi cinque voci
strettamente legata al movimento letterario del Petrarchismo, e questo genere fu
coltivato in modo particolare a Firenze e a Roma. Il Madrigale non ha struttura
strofica, in quanto deve aderire totalmente al testo secondo il concetto di
durchkomponiert. Nel madrigale, la musica ha il compito di imitare parole o
concetti insiti nel testo poetico facendo ricorso a procedimenti melodici, armonici,
ritmici o contrappuntistici. Questi vengono raccolti sotto il nome di mad r i g a l i sm i.
Bisogna ricordare inoltre che i madrigali venivano stampati a parti separate. I
maggiori compositori di madrigali fra i fiamminghi furono Verdelot e Arcadelt.
I madrigali definiti “a note nere” erano caratterizzati da ritmi rapidi e sincopati
proprio perché scritti con note dai valori brevi; gli “ariosi”, invece, avevano la
particolarità di concentrare la linea melodica sulla voce superiore, relegando le altread accompagnamento contrappuntistico (un fenomeno che contribuì alla nascità
della tonalità, vedi Tesi 13 ).
Le “canzoni villanesche alla napolitana” erano un genere coltivato soprattutto a
Napoli, dapprima a tre poi quattro voci, scritte su testi in dialetto e dal ritmo
vivace e stile declamatorio.
Tra gli autori più importanti del panorama italiano ricordiamo Marenzio, che operò
a Roma con una produzione di oltre 400 madrigali, Gesualdo, i cui madrigali
giocano sul contrasto di sentimenti opposti espressi con stravaganti tecniche
contrappuntistiche, Andrea Gabrieli, che operò a Venezia, dove il madrigaleseguiva strettamente le direttive della polifonia sacra ini praticata; infine
ricordiamo Vecchi e Banchieri, due figure di spicco del cosiddetto “madrigale
drammatico”, ovvero un ciclo di madrigali che sviluppano una serie di stati d’animo
concatenati o una particolare vicenda drammatica.
Dopo i due decenni del Seicento, il madrigale perse la sua popolarità ed appartenne
più al settore della pedagogia musicale.
La Frottola è un termine generico utilizzato per designare un genere comune alle
corti del nord Italia quali Mantova, Ferrara e Urbino. Esso è composto per quattro
voci secondo due modalità esecutive: polifonica-vocale e voce-liuto, la seconda
favorita soprattutto dall’utilizzo della stampa per “tavolatura”. La struttura
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musicale della frottola è strettamente legata ai rispettivi schemi letterari (oda,
strambotto, canzone ecc…). Tecnica molto utilizzata al tempo è l’hemiola , ovvero
l’alternanza di unità binarie ad unità ternarie, e maggiori compositori sono
Tromboncino e Cara.
Tesi 12: Sguardo riassuntivo alle forme di musica polifonica cocale
cinquecentesca, sacra e profana.
Nota: questa sezione si propone di essere un semplice elenco riassuntivo delle
forme già trattate che possa aiutare nell’esposizione della tesi.
Messa: dividere la trattazione per epoche. Gregoriano | Ars Nova | Franco-
fiamminghi | Cinquecento.
Mottetto: esporre l’origine del mottetto e le differenze fra ars antiqua e ars
nova. Innovazioni dei Franco-fiamminghi.
Salmi: unico materiale presente è quello del Gregoriano.
Lauda: origine e struttura.
Corale: origine e struttura all’interno della Riforma.
Dramma liturgico
Frottole
Madrigali: distinguere fra Madrigali del due-trecento e del cinquecento.
Chanson
Tesi 13: Graduale conquista della tonalità moderna e dei suoi mezzi
espressivi | Strumenti a pizzico, ad arco e a fiato.
I primi segni di un avanzata sensibilità armonica si manifestarono già alla fine del
XV secolo, principalmente attraverso il tentativo di ridurre la polifonia ad
un’espressione accordale. Questa esigenza si manifestava in diverse forme: le
più significative erano il madrigale ar i oso, in cui il canto è affidato alla voce
superiore mentre le altre sono relegate a funzione di accompagnamento; il cantare
solistico, ovvero voce e liuto, in cui si richiede una trascrizione per intavolatura
da essere eseguita al liuto; infine l’abitudine di accompagnare con l’organo le
polifonie liturgiche, in cui l’organista riduceva le parti vocali per raddoppiare quelladel basso, dalla quale estemporaneamente deduceva la struttura armonica del
brano. Perciò si può affermare che il procedimento di sostituire, adattare o ridurre
un insieme polifonico per voci sole accompagnate consentì lo sviluppo del gusto
per l’aspetto armonico del linguaggio musicale, in cui si richiede una particolare
attenzione alla dimensione verticale dei suoni.
Ma la questione è ben più complessa se si considera che dovremo aspettare
Rameau (1683-1764) per una prima definizione consapevole di tonalità. Negli
scritti teorici del Cinquecento, infatti, si prende in considerazione solamente la
valenza specifica dei singoli “intervalli”, e non il senso del loro insieme: ad esempio,
mentre troviamo numerosi trattati sulle consonanze e dissonanze, nessuno precisa
il ruolo della tonalità, o anche semplicemente della modalità.
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E’ forse questo l’aspetto più contraddittorio della teoria musicale del XV e XVI
secolo: sulla carta si accerta l’esistenza di otto modi, ai quali si aggiungono i
quattro di Glareanus (il suo trattato è del 1547), ma da una parte sono ambigui i
criteri di classificazione di modalità, dall’altra la stessa modalità nel sec. XVI non è
un dato necessitante e precostituito della pratica polifonica come lo è invece latonalità per i secoli XVIII- XIX.
Data, perciò, l’ambiguità modale della polifonia Cinquecentesca, non è possibile
assegnare inequivocabilmente un brano ad un unico modo, cosiccome lo stesso
brano non era concepito in tal modo dai compositori – basta guardare le messe di
Palestrina – che, invece, davano più importanza ai parametri spaziali effettivi in
relazione ai registri vocali.
Nel campo degli strumenti, nel Cinquecento si faceva ricorso a diversi sistemi di
temperamento. Tanto quello pitagorico quanto quello di Zarlino dei “rapporti
semplici” prevedevano l’esistenza di toni e semitoni più ampi di altri, con
conseguenti differenze fra suoni come Do# e Reb, mentre il sistema moderno
prevede la corrispondenza fra semitoni (Do# = Reb). Questi sistemi erano versatili
per la musica vocale, ma creavano non pochi problemi nella pratica strumentale:
soprattutto nel momento in cui si confrontavano strumenti ad intonazione
variabile con strumenti ad intonazione fissa.
Di fatto il temperamento equabile (ovvero la suddivisione di ciascun tono in
due semitoni) era adottato dagli strumenti a pizzico e ad arco come il liuto e la
viola, e proprio questi strumenti contribuirono alla realizzazione in chiave pratica di
quel sistema tonale che poi sarebbe stato codificato solo nel tardo Seicento.Esistevano diverse taglie di viole, a seconda della loro estensione sonora; le note
sul manico dei liuti e di molte viole erano isolate da “tasti” che ne facilitavano
l’esecuzione soprattutto nei passi di virtuosismo. Col tempo si preferì sostituire il
liuto con strumenti più estesi e sonori come la tiorba e il chitarrone. Gli strumenti a
fiato, invece, godettero di crescente favore durante il Cinquecento, mentre gran
parte della musica da ballo era affidata a complessi di quattro fiati.
Tesi 14: Origini del Melodramma
Un melodramma (o semplicemente opera ) è uno spettacolo teatrale che ha la
caratteristica di essere interamente o in gran parte cantato, e necessita presenza
di tre elementi: il l ibretto, l’essere messo in musica e l’essere rappresentato
sulla scena.
Il melodramma prende forma da tre premesse del Cinquecento:
! Un primo precedente è la cosiddetta “Camerata Fiorentina”, ovvero quella
comunità di intellettuali ed accademici che, riuniti sotto la guida di Giovanni
de’ Bardi, tentarono di emulare l’antica tragedia greca. Gli storici per lungo
tempo hanno attribuito la nascita dell’opera a questo gruppo, ma la loro
importanza all’interno dello sviluppo del melodramma va notevolmente
ridimensionata.
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! Un secondo precedente all’opera è l’intermedio (o intermezzo ). Durante le
feste di corte era solito mettere in scena una specie di tragedia o di
commedia: si prese l’abitudine di introdurre, tra un atto e l’altro, i cosiddetti
intermedi. Gli intermedi, spesso in forma di madrigale, avevano lo scopo di
allentare la tensione teatrale e di simulare il trascorrere del tempo dellafinzione; nella maggior parte dei casi, essi non avevano alcun collegamento
con ciò che era rappresentato, e finivano per diventare uno spettacolo a sé,
di argomento allegorico o tratto dalla mitologia greca.
! Un’altra delle radici dell’opera è la favola pastorale. E’ un genere letterario
molto amato nelle corti rinascimentali, che si può porre a metà tra la
commedia e la tragedia. E’ costituita da una serie di idilli scenici in cui si narra
l’amore e gli intrecci fra personaggi mitologici e del mondo rurale. A conti
fatti, la favola pastorale è forse il genere che ha più a che fare con i primordi
dell’opera, poiché è solo in un mondo immaginario come quello arcadico che è
possibile far esprimere i personaggi attraverso il canto, o quella forma definita
“recitar cantando”.
La prima opera vera e propria conservata per intero (libretto e musica) è
l’Euridice di Jacopo Peri su testi di Rinuccini e fu rappresentata nel 1600 a
Firenze in occasione del matrimonio di Maria de Medici con il re di Francia. Lo stile
musicale dell’opera non è polifonico, ma monodico recitativo, il cosiddetto
“recitar cantando”, che si presenta come una via di mezzo fra il parlare e il
cantare, accompagnato da basso continuo. Prima del 1600 vi era stata la Dafne di
Peri (1597) ma non ci è pervenuto il libretto, mentre la Rappresentazione di Anima
et Corpo di Emilio de Cavalieri non può essere considerata un melodramma per illuogo in cui fu rappresentata (l’oratorio di S. Filippo Neri) e per il tema
moraleggiante.
Nelle prime “favole” in musica la vocalità prevalentemente declamatoria dello stile
recitativo è il veicolo principale per esprimere i contenuti emotivi del testo poetico,
e la sua forma varia dalla linea melodica sillabica priva di melismi utilizzata da Peri a
quella più irregolare di Caccini, in cui gli abbellimenti vengono utilizzati in modo
particolare a chiusura di frase; i soggetti, invece, sono quasi esclusivamente
mitologici.
Nel 1607 fu messo in scena l’Orfeo di Monteverdi, maestro di cappella del duca
di Mantova Vincenzo Gonzaga, su libretto di Striggio. L’opera è divisa in cinque atti
preceduti da un prologo e da una “toccata”, e segue la regola del lieto fine proprio
della tradizione della favola pastorale. L’Orfeo appartiene ad un periodo dell’opera
in cui per la prima volta si sperimentano delle interruzioni del flusso continuo del
recitativo. Tali interruzioni consistono in pezzi chiusi chiamati arie o canzoni e
hanno la funzione di dare spicco musicale a certe situazioni sceniche. I pezzi chiusi
hanno in comune una struttura quasi sempre strofica, mentre il rapporto fra
musica e testo risulta generico rispetto al recitativo, nel quale, invece, si mira ad
esprimere il senso e l’affetto delle singole parole.
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Grande importanza è attribuita, nell’Orfeo, all’organico strumentale, che per la
prima volta viene specificato nella partitura. I brani strumentali collocati alla fine di
ciascuno dei primi quattro atti hanno la funzione di introdurre l’atmosfera dell’atto
seguente, nonché di permettere il cambio di scena, mentre il prologo è preceduto
da una toccata eseguita dall’orchestra per annunciare l’inizio dell’opera.
Anche a Roma, specialmente nel periodo di maggiore prosperità della famiglia dei
Barberini, vi era l’abitudine di mettere in scena a corte opere teatrali. A partire
dagli anni ’30, però, le trame si servirono non tanto delle ambientazioni pastorali,
quanto di soggetti tratti da racconti epico cavallereschi dell’Ariosto e del Tasso,
dall’agiografia cristiana e perfino dagli intrecci della commedia dell’arte. Di
particolare importanza è soprattutto l’introduzione di personaggi di carattere
comico, come nel Sant’Alessio di Rospigliosi, mentre la realizzazione scenica ha lo
stesso peso della musica. Il recitativo si avvicina allo stile semplice del Settecento,
mentre grande importanza è attribuita ai monologhi affidati ai personaggi seri e
alle scene madri come il “lamento”.
Con l’apertura a Venezia del primo teatro d’opera pubblico, il San Cassiano, nel
1637, ha inizio un nuovo indirizzo dell’attività operistica: si passò ad una
concezione imprenditoriale del teatro in musica, che richiedeva una sua struttura
organizzativa ed economica, esigeva regolarità e costanza nella produzione e il
rinnovamento continuo del repertorio. Il sistema diventa, perciò, a scopo di lucro,
anche se non cambia il pubblico, che è sempre quello della classe dominante.
Questo sistema sorse facilmente a Venezia proprio perché la città era meta delturismo nobiliare europeo, specialmente nel periodo di carnevale.
Il sistema impresariale esigeva la massima economia nell’allestimento degli
spettacoli, che però dovevano mantenere quel livello artistico necessario per
assicurarsi il successo. Per questo si distribuivano in modo razionale le spese: metà
andava tutta ai cantanti solisti, ristrette erano le spese per coro ed orchestra,
giuste quelle per la scenografia, minime per il compositore, totalmente subordinato
allo strapotere del librettista. Infatti era il librettista a scegliere soggetto e modus
operandi dell’evento scenico, e mentre il suo guadagno cresceva ogni volta che
l’opera veniva rappresentata, la partitura del compositore non veniva data allestampe e diventava direttamente proprietà dell’impresario. Ben presto comparvero
anche compagnie itineranti di attori che viaggiavano nell’intento di portare
spettacoli già rappresentati altrove o organizzarne di nuovi.
Veicolo principale nell’opera veneziana della prima metà del secolo è ancora il
recitativo, come testimoniano i due capolavori di Monteverdi Il ritorno di Ulisse e
L’Incoronazione di Poppea , prevalentemente in stile recitativo.
E’ con Cavall i e Cesti che aumentano le situazioni topiche che avrebbero portato
al prevalere dei pezzi chiusi. Il primo passo sono le cosiddette “arie cavate” di
Cavalli, ovvero le sezioni conclusive dei recitativi che presentano segmenti melodici
brevi ed assumono fattezze armoniche e periodicità ritmica. In Cesti, invece, si fa
spesso ricorso alla cosiddetta “aria con motto”, ovvero quel procedimento in cui il
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motivo dell’aria viene anticipato dal gruppo orchestrale e poi ripetuto in modo
alternato da orchestra e voce. In seguito, le opere si trasformano in una esibizione
di canto, articolate in una successione varia e mutevole di arie inframmezzate di
recitativi.
Tesi 15: l’Oratorio | La cantata da camera
In seguito alla nuova situazione determinatasi con la Controriforma, la Chiesa
cattolica cercò di spingere i fedeli ad esercitarsi nella meditazione e nella preghiera
per risvegliare in essi lo spirito religioso. A tal scopo, si formarono ordini religiosi
militanti dediti al proselitismo e all’istruzione (gesuiti, barnabiti, filippini,
cappuccini) e si costituirono confraternite locali che riunivano i cittadini per
condizione sociale, mestiere o luogo di nascita per esercitarli nella preghiera e nella
penitenza. In quest’ottica, la musica assunse sempre più importanza soprattutto
se consideriamo il valore religioso insito nel genere della lauda. In questo periodo,
il canto delle laude era armonizzato in maniera semplice, a tre voci omofoniche e
con melodie di origine popolare. La maggiorparte dei testi delle laude è di tipo
meditativo e ha una struttura strofica.
Il bisogno di rendere questi brani più interessanti portò ben presto all’esecuzione
delle laude in forma narrativa o dialogica, e l’inflitrazione di elementi drammatici
suggerì la meditazione su fatti sacri tratti dalla Bibbia – specialmente
veterotestamentali – o dalla vita dei santi. L’opera che segna il passaggio definitivo
dalla lauda all’oratorio musicale è il Teatro armonico spirituale di madrigali di Anerio
del 1619, un’opera organica che comprende un numero svariato di composizioni,due per ciascuna celebrazione vesperina del calendario liturgico invernale, da
eseguirsi prima e dopo il sermone. Tra le voci soliste ve n’è una detta Historicus o
Testo che svolge la funzione di narratore, di norma affidato al tenore e
accompagnato da basso continuo.
A seconda della lingua utilizzata, l’Oratorio si divide in volgare e latino, ma non
differiscono molto dal punto di vista musicale. Col tempo è sempre più d’uso trarre
i soggetti dalla Bibbia e dalle vite dei santi, mentre diminuiscono i soggetti
contemplativi ed allegorici.L’organico è costituito da un gruppo di solisti (da
quattro a sei) e da un coro. I personaggi si esprimono in recitativo, talvoltainterrotto da pezzi chiusi. L’Oratorio si distingueva dal melodramma per la brevità
dell’esecuzione, la suddivisione in prima e seconda parte e la mancanza di azione
scenica.
Carissimi è uno dei più grandi esponenti della scuola del genere oratoriale e operò
sempre a Roma. Nei suoi Oratori egli tende a sopprimere la figura dell’Historicus
dividendo il materiale narrativo fra più voci, mentre assume più importanza il coro,
elemento di contemplazione, di ammonizione e di illustrazione figurativa. La
scrittura musicale di Carissimi è per lo più omofonica, mentre lo stile tende a
sottolineare gli “affetti” del testo con inflessioni ed accenti patetici, ricorrendo
spesso a ripetizioni di parole e interpolazioni vocalizzate, quest’ultime in grado di
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rendere meglio gli affetti. Tra queste ricordiamo le licentiae , anomalie o irregolarità
contrappuntistiche o intervallari usate allo scopo di suggestionare l’ascoltatore.
Verso la fine del Seicento dominano nella struttura le forme solistiche del
recitativo e dell’aria, si riduce l’utilizzo del coro e scompare la figura dell’Historicus.
Nel panorama musicale del Seicento un posto di particolare rilievo è ricoperto dalla
cantata solistica da camera, un tipo di musica destinata ad un pubblico
selezionato tipico degli ambienti signorili e delle accademie. La cantata ha origine
da quei madrigali che elaboravano una situazione particolarmente drammatica in un
recitativo e la espandevano in episodi di carattere arioso cantabile. Come l’opera,
la cantata si basa su un sistema di recitativi ed arie e fu coltivata principalmente a
Venezia e a Roma. Il termine “cantata” fu utilizzato per la prima volta da
Alessandro Grandi per designare le tre arie strofiche di una sua raccolta basate su
un basso continuo ostinato. Non esisteva alcuna convenzione o regola per il
numero di arie né per la loro durata, ma col tempo la cantata adottò la forma
comune di due arie precedute da un recitativo, e fino alla metà del Seicento
richiedevano un solo cantante, di norma Soprano, accompagnato da basso
continuo. Tema comune è l’amore malinconico, non corrisposto, impersonato da
figure tipiche del mondo idillico-pastorale; gli episodi narrativi sono svolti in
recitativo, mentre le arie corrispondono ai momenti lirico-espressivi. Carissimi era
solito adottare diverse forme per le sue cantate, come singole arie, la forma
tradizionale della coppia con recitativo o una libera successione di arie e recitativi.
Maggiore regolarità di forma assumono le cantate di Cesti, mentre l’aria assume
maggiore importanza sul recitativo nelle arie di Stradella.
Tesi 16: Monteverdi e la scuola Veneziana | La scuola romana
Claudio Monteverdi (1567-1643) svolse i primi anni della sua carriera presso la
corte di Mantova, per poi trasferirsi a Venezia come maestro di cappella in San
Marco e gettare le basi della scuola veneziana. Scrisse otto libri di madrigali, più un
nono stampato postumo che racchiude per lo più opere già pubblicate in vita.
Lo stile dei primi cinque libri di madrigali risente di autori come Marenzio e Wert,
soprattutto nel linguaggio fortemente descrittivo basato su frasi di particolareincisività. E’ nei madrigali dal libro sesto in poi che Monteverdi sperimenta le nuove
risorse offerte dalla monodia da camera e dal recitativo, oltre a dare maggiore
rilevanza alla compagine strumentale. Particolare è la scelta dei testi poetici, che
spesso verte su autori come Tasso, Guarini, Chiabrera e Marino. L’impiego di
procedimenti cromatici e di dissonanze è piuttosto sobrio nella polifonia di
Monteverdi, ma a partire dal libro terzo le audacie armoniche sono sempre più
frequenti, dettate dalla necessità di rendere più efficaci le immagini proposte dal
testo. Alle critiche di Artusi, Monteverdi rispose che la sua è una “seconda
pratica”, nuova rispetto a quella di Zarlino, in cui la musica si fa serva della parola
e i contenuti del testo poetico prevalgono su quelli della musica. Ciò non consiste,
però, in una resa incondizionata ai madrigalismi, bensì si realizza attraverso una
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maggiore articolazione del discorso musicale in ampia scala e una continua ricerca
di nuovi mezzi espressivi.
In particolare, Monteverdi parte dalla considerazione che tre sono le principali
passioni dell’animo: Ira, Temperanza ed Umiltà. A ciascuna di queste corrisponde
un genere diverso: Concitato, Molle e Temperato. Ciò conduce ad un nuovo stile,detto “rappresentativo”, poiché ha come scopo quello di rappresentare in modo
vivido gli affetti. Per introdurre il genere “concitato” Monteverdi ricorre ad una
varietà di espedienti stilistici, come la ripercussione di note ed accordi, l’uso di
ritmi marziali, tremoli e pizzicati, che hanno la funzione di regolare la realizzazione
del gesto mimico ed applicati a pieno nei cosiddetti madrigali guerrieri .
Della scuola romana e veneziana si è già parlato in Tesi 14: Origini del
Melodramma.
Tesi 17: L’Opera Buffa | Alessandro Scarlatti e la scuola Napoletana
L’opera di genere comico mantenne nel corso del Settecento una propria
autonomia di sviluppo rispetto al dramma musicale serio, anche se tra i due generi
si stabilì un certo rapporto scambievole di influssi, senza contare che non solo gli
spettatori, ma anche i librettisti dell’uno e dell’altro erano in genere gli stessi.
La formazione di una tradizione comica musicale si manifestò prima a Napoli nei
primi decenni del Settecento, tanto che il suo successo richiese la costruzione di
nuovi teatri ad esso dediti. Molti erano i termini con i quali si designava il generecomico: intermezzo, opera buffa, dramma giocoso, commedia per musica… Tutte
queste categorie possono essere distinte in due forme principali di produzione:
l ’ intermezzo – opera breve di pochi personaggi avente funzione di interludio o di
inserto fra gli atti di un’opera seria – e la commedia musicale o opera buffa, di
dimensioni intere, che teneva da sola tutta la durata della serata teatrale.
L’opera buffa si svolgeva attraverso un ritmo incalzante e il teatro comico si
avvaleva di interpreti meno capaci vocalmente rispetto ai virtuosi dell’opera seria,
ma certamente più adatti a valorizzare l’azione mimica. Ciò comportava anche ilfatto che l’allestimento di opere di questo tipo fosse nettamente più economico, e
questo vantaggio permise una circolazione delle opere comiche più intensa e
capillare. Gli intrecci dell’opera buffa sono semplici, fatti di poche situazioni
elementari, come la tecnica del travestimento, che permetteva intrecci basati
sull’equivoco; i personaggi di solito sono due al massimo tre, di norma un uomo ed
una donna. Dato che non si usavano quasi mai cantanti evirati, le parti dei
personaggi maschili giovani erano affidati a cantanti donna. Il principale
personaggio maschile è di norma il basso, cantante buffo per eccellenza,
generalmente l’antagonista della storia, mentre al tenore erano affidate parti di
“mezzo carattere”.
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Per quanto riguarda il linguaggio musicale, esso è più limitato e spoglio dei clichè
tipici del canto virtuosistico; ma soprattutto è fondamentalmente diverso il
rapporto fra recitativo ed aria . L’aria solistica non si pone come momento
lirico-riflessivo di statica contemplazione dei fatti accaduti, ma si presenta come
parte integrante dell’azione e ad essa si collega direttamente e spontaneamente. Ilpeso maggiore nella dinamica dell’azione, comunque, spettava al recitativo, mentre
i momenti salienti e caratterizzanti dell’opera divennero i cosiddetti “pezzi
d’insieme” o “concertati d’azione”. I finali d’atto, invece, coincidevano sempre con
momenti culminanti della vicenda.
Le opere di Alessandro Scarlatti (1660-1725) hanno una scrittura orchestrale ben
più complessa, densa e variegata di qualunque altro compositore dell’epoca. In
particolar modo, Scarlatti è solito utilizzare procedimenti contrappuntistici con
largo uso di motivi strumentali indipendenti insieme con la voce. I compositori delle
generazioni successive tesero a non seguirlo, in quanto si era soliti prediligere il
contrappunto nelle composizioni per musica da camera, non per teatro. Eccezion
fatta per Handel, Scarlatti esercitò scarso influsso sui compositori d’opera del suo
tempo.
La sua figura è attualmente inserita nel contesto della “scuola napoletana”: a lui è
attribuita la sua fondazione, anche se alcuni sostengono che sia da attribuire a
Francesco Florimo. Di questa “scuola” consideriamo tutti quei compositori che si
affermarono a Napoli dal 1720 al 1730 circa: Sarro, Porpora, Vinci, Leo e il
tedesco italianizzato Hasse. Essi adottarono uno stile scorrevole, sfrondato di
elementi contrappuntistici. Carattere stilistico proprio delle loro arie è la“piacevolezza melodica” e l’uso di fraseggi equilibrati, simmetrici e chiaramente
articolati; al compositore si richiede, così, la ricerca di vie dirette che portassero
alla commozione mediante l’uso di uno stile che riflettesse il senso delle parole. In
particolare è a questo periodo che risalgono i primi esempi di dinamiche specificati
sulla partitura. Il complesso strumentale ha la funzione di accompagnamento
anziché di fusione contrappuntistica con la voce: generalmente i violini sono
raddoppiati all’unisono, gli assoli sono assegnati a strumenti che procedono per
terze e nelle arie lente l’accompagnamento musicale si manifesta nella forma “alla
lombarda” (semicroma seguita da croma col piunto), usato spessissimo da Vinci epoi da Hasse.
La grande fioritura dell’Opera buffa nella seconda metà del Settecento fu in gran
parte dovuta all’incontro fra la musica napoletana e poesia veneziana. In
particolare fu Carlo Goldoni a dare grande impulso alla commedia e a darle una
fisionomia che mantenne per tutto il secolo ed oltre. Autore di quindici intermezzi
e cinquantadue drammi giocosi, Goldoni è stato uno dei più fecondi librettisti
comici del Settecento. Nei suoi libretti sono presenti effetti comici, ironici e satirici
fondati sul contrasto fra gli stili. Tema costante è l’amore tenero ed affettuoso
inserito nel contesto del conflitto sociale fra classi diverse ed analizzato dal punto
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di vista psicologico, un’innovazione dovuta all’influenza del romanzo inglese Pamela
di Richardson.
Il lavoro che segnò una nuova fase dell’opera buffa fu “La Cecchina, ossia La Buona
Figliola” rappresentata per la prima volta a Parma nel 1756 con musiche di Duni,
anche se passò alla storia per le musiche di Piccinni, la cui versione uscì tre annidopo. Figlia di genitori ignoti, Cecchina ama ed è ricambiata dal Marchese di
Conchiglia, ma l’invidia della Marchesa Lucinda la spinge ad andarsene, fino a
quando il soldato tedesco Tagliaferro riconosce la nobile origine della trovatella
Cecchina. I personaggi dell’opera si dividono in tre registri linguistico-musicali: le
“parti serie”, i ruoli “di mezzo carattere” e le “parti buffe”. Alle parti serie sono
affidate in genere le arie col Da Capo di stampo virtuosistico tipiche dell’opera
seria; al marchese e a Cecchina sono affidate le parti di mezzo carattere, mentre
l’ultima sezione è affidata ai personaggi buffi, decisamente più informali, e i tre
registri interagiscono soprattutto nei pezzi d’insieme, la cui importanza si estende
oltre i finali d’atto.
Tesi 18: Sviluppo musicale del Melodramma | Aria, recitativo,
strumentazione | Decadenza
Nel teatro d’opera italiano del Settecento il concetto di un vero e proprio
repertorio stabile era pressochè sconosciuto. Infatti è più un fenomeno
Ottocentesco e moderno quello di ottenere dai teatri il maggior numero di riprese
delle opere di successo senza alterazioni, un fenomeno conseguenza soprattutto
dello sviluppo dell’editoria musicale e l’istituzione dei diritti d’autore. Molto diverseerano, invece, le modalità di creazione, produzione e consumo del repertorio
operistico del Settecento: lontani dal “protezionismo” del teatro lirico francese, in
Italia i compositori non potevano reclamare alcun diritto sulla propria opera; i
copisti potevano moltiplicarne le copie a piacimento secondo la richiesta suscitata
dai singoli pezzi. Riguardo le modalità di organizzazione dell’opera impresoriale, si
procedeva in questo modo: l’impresario prendeva in affitto il teatro, si procurava i
migliori cantanti disponibili, affidava al librettista la stesura del teso poetico, indi
incaricava il musicista di stendere la partitura; assai scarsa era l’influenza che
questi poteva avere sui cantanti, anzi, spesso le varie arie venivano riadattatesecondo i criteri della gerarchia dei cantanti stessi (ovvero: i più gettonati
venivano pagati di più e le loro arie erano più lunghe).
Tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento il dramma musicale serio era
caratterizzato dalla combinazione di scene tragiche, comiche e coreutiche, con una
sovrabbondanza di arie solistiche brevi. Dal punto di vista dei letterati
dell’Arcadia, accademia fondata a Roma nel 1690, il dramma per musica era
qualcosa di spurio, di assurdo e di ibrido. Essi rivendicavano la chiarezza e la
naturalezza del l inguaggio poetico ed intendevano ricondurre il teatro
tragico ai modelli del teatro antico : ciò comportò, nel caso del dramma serio ,
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la semplificazione dell’intreccio e l’eliminazione dei personaggi buffi e delle scene
comiche.
L’opera italiana è caratterizzata dalla successione di arie e recitativi, la cui
funzione drammaturgica fu definita da Pier Jacopo Martello nel trattato Dellatragedia antica e moderna . Egli precisò che al recitativo compete tutto ciò che è
racconto o espressione non concitata – ovvero svolge funzioni narrative e
dialogiche – mentre le arie constituiscono il momento drammatico necessario ad
esprimere ciò che è mosso dalle passioni. I versi poetici che Martello suggerisce per
i recitativi sono i settenari e gli endecasillabi sciolti, mentre per le arie i settenari e
gli ottonari. Riguardo le arie, Martello precisava che ne esistono di tre tipi per ogni
personaggio: d’uscita, media e d’entrata , ma più tardi nel Settecento le arie
verranno a caratterizzarsi secondo la situazione drammatica che esprimono: furia,
pazzia, sdegno e altre. In questo schema bisogna considerare anche i canoni
ereditati dal teatro francese che regolano l’entrata ed uscita dei personaggi – ogni
scena deve avere un personaggio in comune, tranne quando si cambia
ambientazione. In mano ai librettisti dell’Arcadia, molte furono le modifiche
apportate all’opera seria: si eliminarono gli elementi comici, si diminuì il numero
delle arie e delle scene; molte trame erano tratte dalla storia antica greco-romana
o persiana.
Tra i librettisti che influirono nello sviluppo del dramma serio ricordiamo Salvi,
David, Apostolo Zeno, ma soprattutto Pietro Metastasio (1698 – 1782). Si
formò a Roma per poi essere attivo a Napoli, prima di essere chiamato a Vienna per ricoprire l’incarico di poeta di corte fino alla morte. Egli compose ventisette
drammi per musica, avvalendosi soprattutto della collaborazione del compositore
Johann Adolf Hasse. I drammi di Metastasio furono ideati con la precisa
consapevolezza che avrebbero trovato la loro realizzazione solo se uniti alla
musica e al canto. Concetti essenziali che sorreggono enfaticamente le vicende e i
drammi metastasiani sono le virtù dell’amicizia, della fedeltà, dell’eroismo: la
vicenda dei drammi, tutti articolati in tre atti, è sviluppata in modo tale da
convergere tutte le linee d’azione sulla catastrofe finale del terzo atto, che sfiora
la tragedia, per poi scomporsi nel lieto fine. La poesia di Metastasio sicontraddistingue per la semplicità del l inguaggio, per l’eufonia delle rime e per
la levigatezza dell’ impianto metrico ritmico; egli predilige il verso
settenario, poiché permette una più facile composizione di fraseggi simmetrici,
mentre optò per la divisione dell’aria in due strofe. Generalmente l’aria al tempo
era del tipo da capo , o tripartita:
*prima sezione, viene proposto il tema, si ripete la prima strofa passando ad
una tonalità vicina (la quinta o la relativa minore);
*seconda sezione, dove la seconda strofa viene proposta in una tonalità e
melodia contrastanti rispetto alla prima sezione;
*si passa quindi a ripetere la prima parte dell’aria, variata a seconda del
gusto e delle capacità del cantante.
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Alla fine del Seicento il recitativo diviene l’espressione musicale predominante
delle fasi dinamiche dell’azione, nonché il tessuto connettivo fra le varie arie.
Nell’opera italiana si distinguono due tipi di recitativi: quello definito “semplice” –
oggi noto impropriamente come “secco” – e quello “obbligato”.Il primo tipo fu così denominato perché sostenuto in maniera semplice dai soli
strumenti del basso continuo: il recitativo semplice dell’opera italiana appariva
arido, tedioso, e per questo “secco”. Spesso queste critiche erano mosse alla
lunghezza e alla convenzionalità delle sue forme melodiche ritenute comuni già alla
fine del XVII secolo. La musica non rispettava alcun principio di ordine strutturale,
tematico o tonale. La parte vocale si muoveva all’interno di un registro molto
ristretto ed era articolata in stretta aderenza alla prosodia del testo poetico,
mentre i cantanti non vi inserivano di norma degli ornamenti, ad eccezione di
qualche appoggiatura.
A partire dal 1720, però, divenne abituale accompagnare gli “ariosi” con
l’orchestra ed associarli ai recitativi “obbligati”; questo genere di recitativo fu
utilizzato per mettere in risalto quelle situazioni sceniche di più alto contenuto
emotivo, patetiche e commoventi, cosicchè l’accompagnamento strumentale
possa compensare anche i momenti di pausa del cantante. In particolare, il
recitativo obbligato era posto in apertura di un cambiamento a scene lugubri in cui
il personaggio dava sfogo ad espressioni di terrore, a sentimenti malinconici.
Tesi 19: Gluck e Calzabigi | Satira dell’opera seria
Cristopher Gluck [compositore] e Ranieri de Calzabigi [librettista] collaborarono
alla realizzazione di una vera e propria riforma teatrale che è rappresentata dai loro
tre capolavori: l’azione teatrale Orfeo ed Euridice, la tragedia messa in musica
“Alceste” e il dramma per musica “Paride ed Elena”.
Il loro intento di unificare gli elementi dello stile italiano e quello francese nella
realizzazione di una grande opera sovrannazionale si concretizzò a Vienna, dove i
due lavorarono insieme per molti anni. Calzabigi, che aveva assimilato il pensiero
estetico degli illuministi, vedeva non rispettata nei libretti di Metastasio l’esigenza
di portare sulla scena passioni grandi ed esemplari , che a suo avviso era loscopo principale del teatro tragico e melodrammatico. Dell’opera francese,
Calzabigi propone di conservare il ricco apparato spettacolare (ovvero il ballo e il
coro), purificandolo dal soprannaturale e mettendolo al servizio di azioni
puramente umane. Calzabigi era convinto che la poesia dovesse liberarsi delle frasi
superflue, dei paragoni, delle sentenze morali, considerate da lui inutili riempiture.
Seguendo il modello della tragedie lyrique , egli dispose liberamente i versi in base
al flusso emotivo, alternando i versi sciolti e rimati e dilatando i pezzi chiusi in
strofe di quartine di ottonari.
Gluck, in questo senso, lavorò in perfetto accordo con Calzabigi per restituire
alla parola i l suo ruolo di guida nel delicato rapporto fra musica e
poesia. Inoltre, appare evidente la loro volontà di “dignificare l’opera”, ovvero di
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seguirne l’allestimento dal l ibretto e partitura fino alla sua
rappresentazione, ed in primo luogo ciò consisteva nel non cedere a
compromessi con i cantanti o ad altri condizionamenti. Questa linea di Gluck era
comune a quella di Lully (vedi Tesi 20 ) ma non comportò rilevanti mutamenti nei
modi di produzione dell’opera italiana, mentre eserciterà maggiore influenza inFrancia e Germania e su autori italiani che ivi operarono, come Cherubini e Spontini.
L’Orfeo (1762) di Gluck è certamente l’opera che meglio condensa tutti gli aspetti
della riforma. Tra gli elementi che appartegono all’opera italiana figurano la lingua,
il protagonista castrato, il grande recitativo accompagnato, la presenza in scena di
tre soli personaggi. Dell’opera francese sono tipici, invece, il soggetto mitologico,
le scene di coro e balletto e la raffinata e complessa orchestrazione. La
conclusione a lieto fine del dramma è comune ad entrambe le correnti. Calzabigi
progettò il libretto di Orfeo in modo da far spiccare le passioni elementari ed
umane in luogo delle abituali allegorie o dimostrazioni di virtù. Spogliata di ogni
intrigo e sprovvista di personaggi secondari, la vicenda in tre atti di Orfeo si
articola attraverso una serie di momenti chiave: la morte di Euridice, la iscesa agli
inferi, il recupero di Euridice, la sua seconda morte e l’intervento risolutore di
Amore [del tutto inventato, c’entra come il due de coppe quando briscola è spadi,
ndr.]. Il coro in Orfeo agisce come un vero e proprio personaggio che interviene
direttamente nel dialogo determinando l’articolazione formale della scena. La
scrittura corale è di norma caratterizzata da valori piuttosto lunghi e al coro è
spesso affidata la funzione di definire l’ambiente della scena, un compito condiviso
con l’orchestra, che viene “settorizzata” in timbri specifici utilizzati per descriveredeterminate scene.
Nell’orchestrazione di Gluck gli strumenti non vengono forzati in registri inusuali,
bensì trovano una naturale collocazione nel loro registro più spontaneo. Gluck
utilizza la sinfonia iniziale con carattere di necessità , ovvero non come
semplice avvertimento dell’inizio dell’opera, ma come anticipazione del
contenuto dell’opera. E’ importante ricordare, inoltre, che per la prima volta la
partitura viene stampata insieme al libretto per evitare le modifiche alle arie
(mentre in precedenza la partitura rimaneva manoscritta).
La riforma di Gluck e Calzabigi trova la sua collocazione in un periodo in cui gli
autori e i critici sviluppano un certo rigetto per alcuni tratti caratteristici dell’opera
seria. In particolare, dell’opera seria non piaceva il predominio dei cantanti,
specialmente dei castrati; l’elogio del virtuosismo degli interpreti a scapito del
significato del testo e lo scarso rispetto per le convenzioni e lo svolgimento del
dramma.
E’ in questo periodo che si diffondono libelli satirici sull’opera come Il Teatro alla
Moda di Benedetto Marcello, con l’intento di mettere a nudo i vizi del sistema
impresariale ed in particolar modo dei cantanti. Inoltre non erano rari i libretti
satirici che con crudele comicità dipingevano i tratti dei protagonisti del sistema
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impresariale e le loro cattive abitudini: tanto per citarne alcune, ricordiamo
L’impresario delle Canarie di Martini (1724) e la Dirindina di Scarlatti (1715).
Tesi 20: I l teatro d’Opera in Francia da Lully a Rameau | Teatro
Tedesco fino a Mozart | Purcell
A partire dal Settecento in Francia cominciò a prendere piede una forma nazionale
di teatro che fu denominata tragédie lyrique o tragédie en musique . Essa era
inserita all’interno della politica culturale di Luigi XIV, che proponeva la Francia
come modello dello stato assoluto. In questo progetto rientrava il trasferimento di
tutti i nobili dalle campagne nella reggia di Versailles, che diventò simbolo di
grandezza ed opulenza, una scelta che gli permise di distogliere i nobili dall’attività
politica. Per riuscire in questo intento valorizzò le arti ed in particolar modo la
musica, istituendo l’Accademia reale di musica e affidandone la direzione a Jean
Baptiste Lully. Con questo provvedimento, Lully diventò il legislatore assoluto di
tutti gli eventi artitico-culturali, e per tutta la sua vita si dedicò alla stesura di testi
teatrali che sarebbero stati rappresentati prima a corte e poi in pubblico: tali testi
erano appunto le tragédie en musique .
Lully controllava ogni aspetto della composizione e sovrintendeva personalmente a
tutti gli aspetti dello spettacolo, sui quali aveva sempre l’ultima parola, e
disponeva di un cast di attori e di un’orchestra sempre fissi. Una tale mole di
lavoro e l’enorme costo degli spettacoli a corte comportavano la produzione di
un’opera all’anno: per questo possiamo affermare che il metodo di lavoro di Lully è
esattamente l’opposto di quello degli impresari italiani. Il risultato del lavoro diLully è una tragedia il cui modello rimane immutato nel repertorio e non è mai
posto a modifiche, proprio perché Lully aveva il totale controllo delle
rappresentazioni.
Lully aveva concepito la tragedie lyrique secondo i canoni dei tragediografi greci, ai
quali venivano aggiunti gli ornamenti della musica e del balletto. Essa è strutturata
in cinque atti preceduti da un prologo – spesso un piccolo dramma autosufficiente
di tono allegorico – prima e dopo il quale veniva eseguita un’overture. In tutti gli
atti erano presenti dei balletti, scelta che deriva direttamente dalla tradizione del
ballet du court , e alla tradizione greca si rifà l’uso del coro, assente nell’operaimpresaria. Ingrediente principale della tragedie lyrique è il recitativo, che ha la
funzione di saldare musica e dramma in una composizione unitaria: modellato sulla
declamazione stilizzata della tragedia recitata, può essere accompagnato dal
clavicembalo o da tutto l’ensamble musicale ed esprime i momenti drammatici
dell’azione (mentre questi in Italia sono affidati all’Aria). L’aria spesso è
strettamente legata allo stesso recitativo e ne rappresenta una sorta di sfogo
finale.
Uno dei successori di Lully fu Jean Philippe Rameau, che seppe imporsi nel
panorama musicale sia come compositore di tragedie che come teorico. Infatti le
teorie contenute nel trattato Traitè de l’armonie hanno influenzato gran parte della
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produzione musicale di tutti gli autori dell’occidente fino al novecento. Rameau fu
il primo ad elaborare una trattazione organica dell’armonia esclusivamente a partire
da considerazioni fisico-acustiche; egli afferma che nessun suono è isolato, bensì è
sempre inserito in un reticolo di relazioni che si possono spiegare solo nel contesto
degli accordi e della tonalità. Non si può dire che abbia creato il concetto diarmonia, ma di certo ha contribuito a darle una base logica e ragionata. Rameau
procedette sostituendo l’antica nozione di consonanza dei bicordi con la nozione di
un accordo unico, la triade, dimostrando che le leggi naturali conducono alla
creazione di due forme di accordo, maggiore e minore. In ogni triade esiste un
suono che definisce fondamentale sul quale è costruita la triade stessa. La
tonalità, perciò, si baserebbe sui tre accordi di tonica, sottodominante e
dominante, e le varie tonalità si disporrebbero in un circolo in cui ogni quinta ha
una forza maggiore della quinta precedente (e in cui il passaggio da do a fa
costituisce un indebolimento).
Nell’Ottocento in Francia si assiste alla nascita di due forme di opera seria a
seguito dell’influenza del romanticismo: il primo è la grand-opèra, che si basa su
vicende passionali inserite in ambientazioni storiche medievali e moderne, dove
comunque non mancano cori, balletti e grandiose scenografie (autori importanti:
Auber, Rossini, Meyerbeer); il secondo è l’opera-lyrique, che si caratterizza per
l’utilizzo di soggetti tratti dalle celebri opere della letteratura europea, come
Faust, Werther, Amleto (autori importanti: Gounod, Massenet).
Il filone opposto a questi due generi è l’opera-comique. Prima della metà del
700, l’opera-comique era un genere più teatrale che musicale, con più dialoghi chemusica, che si serviva di semplici melodie popolareggianti e di inserti parodistici di
arie tratte da tragedies liriques famose. Gretry fu tra i primi compositori a spostare
l’opera comique verso i toni dell’opera seria, uno sviluppo che avrebbe portato alla
maturità di questo genere nell’Ottocento. In un periodo come quello fra l’ultimo
decennio del Settecento e il primo decennio dell’Ottocento, il linguaggio operistico
si arricchì notevolmente sia dal punto di vista letterario sia musicale. Si cercò di
promuovere lavori operistici ispirati agli ideali patriottici e della rivoluzione, ed era
inevitabile che l’opera comique divenisse veicolo principale di trasmissione di questi
ideali in quanto era il genere che possedeva una fascia di pubblico più estesa deglialtri. Per calamitare l’attenzione del pubblico si sfruttarono spettacolari coups de
theatre e situazioni shock , e maggiore importanza assume l’orchestra
nell’accompagnare il senso dell’azione o far risaltare alcuni gesti dei personaggi, o
addirittura nell’intervenire con suoni fuori scena.
In Germania, invece, la prima forma di teatro nazionale consisteva nel Singspiel .
All’epoca di Mozart, il Singspiel era un genere ibrido, aperto agli influssi più
disparati; in origine era una commedia in musica, o meglio con inserti cantati,
basata su argomenti fantastici, favole o storie popolaresche ambientate in luoghi
immaginari. Le arie erano di facile esecuzione e di forma strofica, mentre i
recitativi erano sostituiti da sezioni in prosa. L’intenzione era quella di fondare un
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genere teatrale in lingua tedesca i cui protagonisti fossero personaggi estratti dal
mondo popolare.
A Vienna, il Singspiel venne apprezzato anche dalgi ambienti aristocratici. E fu
questa tendenza che suggerì a Mozart di concepire Il ratto del Serraglio attingendo
a piene mani sia dall’opera comica italiana, sia dal Singspiel. Le innovazioniintrodotte da Mozart da una parte permisero una nuova autonomia di questo
genere, dall’altro portarono, con le fusioni fra teatro tedesco ed opera italiana, alla
creazione del Don Giovanni . Esso rappresenta un genere tutto a sé, in quanto nel
Don Giovanni si trovano mescolati elementi seri, comici e tragici, in cui si alternano
personaggi seri e buffi. Mozart lo definì “dramma giocoso”, proprio perché esso
contiene tematiche profonde che però vengono trattate in modo apparentemente
leggero (per la trama, pag. 57 degli appunti).
A partire da Mozart, il Singspiel costituì un terreno fertile per lo sviluppo del teatro
nazionale tedesco. Nel corso dell’Ottocento, esso subì le influenze sia dell’opera
comique (nei dialoghi parlati, ad esempio) sia dell’opera italiana (nella tendenza a
strutturare l’opera in “numeri” e nell’uso del rapporto fra recitativo ed aria per
creare blocchi chiusi). L’opera che rappresenta meglio questa evoluzione è Il
franco cacciatore di Weber, in cui si vedono riuniti tutti i caratteri tipici del teatro
tedesco: soggetto tratto da letteratura nazionale, ambientazione misteriosa e
selvaggia, interventi demoniaci e soprannaturali, personaggi umili. In particolar
modo, il modo in cui questi elementi vengono fusi con l’orchestrazione nella
celebre scena della “valle del lupo” ci permettono di determinare un fertile terreno
dal quale partirà Wagner nella creazione della sua opera d’arte totale .
In Inghilterra, infine, l’autore più importante da ricordare è Henry Purcell. Tra i
lavori teatrali di Purcell si ricordano opere mirabili come “King Arthur”, “The Fairy
Queen” adattamento del celebre “Sogno di una notte di mezza estate” di
Shakespeare , “The Tempest” sempre ridotta da Shakespeare, e il melodramma
“Dido and Aeneas” basato su una tragedia del poeta Nahum Tate.
Tesi 21: Trapianto dell’Opera Italiana in Francia, Germania e Russia
La matrice impresariale dell’opera veneziana si spinse ben presto al di là delle Alpi,e a partire dalla metà del XVII secolo si diffuse in quasi tutta l’Europa centrale. In
particolar modo, in Francia l’opera italiana fu introdotta per motivi politici dal
ministro cardinale Mazarino con l’intento di italianizzare la cultura a corte e nella
capitale. Ma in Francia l’opera italiana non ottenne il successo sperato: da una
parte vi erano numerosi motivi legati alla trama troppo complessa, ad un noioso
sistema di arie e recitativi, al contestato uso di castrati; dall’altra giocavano un
ruolo fondamentale motivi politici, alla luce dei quali la politica culturale di Mazarino
apparve contraria all’ondata di sentimento nazionalistico che stava invadendo la
Francia. Per questo l’opera italiana si trovò in contrasto con quella francese, con la
nascita di due dispute: la Querelle de Buffons (sostenitori opera buffa vs
sostenitori opera-comique) e la Querelle fra gluckisti e Piccinnisti. Tra gli autori
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“trapiantati” quello più conosciuto era certamente Piccinni; mentre autori come
Spontini e Cherubini contribuirono alla crescita dell’opera francese; in seguito,
Rossini (Maometto II ) e Donizzetti avrebbero composto opere adattandosi al gusto
francese.
Fautore dell’arrivo dell’opera italiana a Vienna fu Leopoldo I, che permise il
successo di autori come Antonio Draghi e, in seguito, Bononcini e Salieri. A Monaco
erano famosi Steffani, Bernabei e Torri; comunque sia, fino al Romanticismo le corti
tendevano a prediligere le opere straniere al Singspiel , vedi autori come Hasse che
scrivevano opere italiane, mentre in seguito l’opera italiana avrebbe esercitato
influenze nello sviluppo del teatro nazionale tedesco.
In Russia la presenza italiana fu influente soprattutto a partire dal regno di Caterina
II la Grande; famosi erano autori come Galuppi, di scuola veneziana; Paisiello e
Cimarosa, di scuola napoletana; Sarti.
Tesi 22: L’opera italiana nel secolo XIX
Nell’Ottocento l’opera italiana vive un periodo di profondo mutamento tanto del
sistema organizzativo quanto delle forme. Fino alla metà del secolo erano gli
impresari a gestire direttamente il successo o il fallimento della stagione operistica
di un dato teatro. Ma con l’affermazione degli editori musicali, grazie alla nuova
legislatura sul diritto d’autore e alla crescita del mercato delle musiche operistiche
a stampa, l’impresario diventa poco più di una figura secondaria. Dal 1850 sono glieditori a commissionare opere, controllare la qualità delle esecuzioni, fornire
disposizioni sceniche e finiscono anche col dettare la distribuzione delle parti delle
opere.
Con l’affermarsi dell’editoria operistica del secondo Ottocento, i compositori
puntano sì alla popolarità immediata, ma come un passaggio obbligatorio per
conquistare un posto fisso nel repertorio e ricavare lauti profitti nel lungo
termine. Non sono rari casi di autori divenuti famosi con una sola opera: ricordiamo
Mascagni con Cavalleria Rusticana e Leoncavallo con Pagliacci .
Così, parallelamente all’editoria, venne a formarsi il concetto di repertorio , ovveronei teatri si cominciò a mettere in scena opere anche di generazioni precedenti. Il
Barbiere di Siviglia di Rossini è tra le prime opere italiane a non essere mai
scomparse dalle scene, insieme alla Lucia di Lammermoor di Donizetti.
Già nel 1816 le opere di Rossini entrarono nel repertorio. La sua fortuna in campo
europeo cominciò con Tancredi e le grandi opere comiche L’Italiana in Algeri, Il
turco in Italia, Il Barbiere di Siviglia e Cenerentola . Del periodo napoletano sono
Otello , Armida , Mosè in Egitto , La donna del lago , Maometto II . Seguì il periodo di
Parigi, dove gli fu affidata la direzione musicale del Theatre Italien e la carica di
Primo compositore del Re, un titolo che si guadagnò scrivendo opere nel gusto
francese del grand opera .
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Bellini svolse la sua carriera artistica nell’arco molto breve di nove anni. Scrisse
opere per il San Carlo di Napoli e per Genova. I libretti di quasi tutte le opere di
questo periodo furono scritti da Felice Romani. Poi si trasferì a Parigi, dove rimase
fino alla morte. Fra le sue opere principali ricordiamo Bianca e Gernando , Il Pirata e I
puritani .Donizetti fu attivo a Napoli, Roma, Genova e Milano, ottenendo successi con le
due opere Anna Bolena e Lucrezia Borgia . Dopo un periodo trascorso a Parigi tornò
a Napoli per scrivere Lucia di Lammermoor , considerato uno dei capolavori del
romanticismo musicale italiano. Fu un compositore molto prolifico, lasciandoci una
settantina di opere per il teatro musicale, lavori cameristici vocali, pezzi sacri e
composizioni strumentali.
La carriera artistica di Verdi si protrasse per cinquant’anni con una produzione
complessiva di trentadue melodrammi. Esordì alla Scala con Oberto , e dopo
l’insuccesso dell’opera Un giorno di regno riacquistò popolarità con il celebre
Nabucco . Seguirono I Longobardi alla prima crociata , Giovanna d’Arco per Milano;
Ernani, Attila, Rigoletto e La traviata per Venezia; I due Foscari, La battaglia di
Legnano, Il Trovatore e Un ballo in maschera per Roma; Alzira e Luisa Miller per
Napoli; Machbeth per Firenze. A Milano, inoltre, Verdi stabilì uno stretto rapporto
con la Casa Ricordi, che durerà per tutto il resto della sua vita. Per grandi teatri
stranieri compose La forza del Destno, I Don Carlos e l’Aida. Alla sua produzione si
aggiunse la Messa da Requiem del 1874, e concluse la sua carriera con l’opera
comica Falstaff .
Il crescente prestigio sociale dell’operista fece sì che si rovesciassero i ruoli fralibrettista e musicista. Ora era il compositore ad avere influenza nella realizzazione
del discorso drammatico, nella scelta del soggetto, nella distribuzione della materia
drammatica del libretto. Il librettista si ridusse ad abile arrangiatore-riduttore di
drammi teatrali o romanzi altrui. Si allargò notevolmente il repertorio dei soggetti
operistici, traendo spunto da fonti europee, che meglio della storia antica
soddisfavano l’esigenza di forti contrasti e conflitti psicologici dei personaggi. Dalla
drammaturgia francese, specialmente dell’opera comique , gli operisti attinsero in
abbondanza i vari effetti spettacolari, le situazioni clamorose e la tecnica del coup
de theatre , che contribuirono all’efficacia teatrale del melodramma.Nuovo è anche il modo in cui vengono distribuite le parti e messe in relazione le
varie voci. Spesso si trova il triangolo soprano (eroina femminile) tenore
(innamorato) e basso (insidiatore o geloso), vedi I puritani di Bellini e Il trovatore di
Verdi. Fra gli elementi che determinano sitazioni di tensione nelle trame troviamo il
legame affettivo fra padri e figli, il desiderio di potere, il senso dell’onore, la lotta
contro l’oppressione dello straniero, e figura ricorrente è quella del tiranno
contrapposta all’esule, che immettono l’opera in un’atmosfera avventurosa.
Il libretto dell’opera seria è generalmente concepito in due o tre atti, e la trama si
presenta come tonalità di situazioni e non più come alternanza di singoli momenti
“affettivi” diversi e contrastanti. Ad ogni situazione corrisponde un “numero
musicale” costituito da una successione di episodi musicali multiformi: ogni numero
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è dotato di una propria autonomia morfologica, oltre ad essere il formato in cui
venivano smerciate le opere al tempo (ovvero, si richiedevano spesso non le opere
intere, ma riduzioni di specifici “numeri” di quelle). Oltre al fenomeno della
progressiva diminuzione del recitativo semplice, si assiste al mutamento della
locuzione “uscire di scena”, sostituito con “entrare in scena”, e allo stesso modone risente la terminologia delle arie (di “entrata” ed “uscita”).
Nel sistema delle voci il castrato sopravvisse fino agli anni venti e veniva sostituito
da un contralto en travesti laddove non era reperibile. Rossini fu il primo, invece,
ad affidare al tenore le parti di amoroso assieme a quelle abituali di antagonista,
che portò ad una vocalità tenorile espressa a voce piena specialmente nel registro
acuto. Il basso romane il simbolo della saggezza, della solennità e della tarda età,
mentre il baritono nacque in funzione di antagonista, incarnando sia i sentimenti di
odio e violenza, sia di figura nobile e cavalleresca, e ad utilizzarla per primo fu
Verdi. Infine, la voce femminile è legata a personaggi idealizzati, mentre il
mezzosoprano è l’equivalente femminile del baritono in parti di antagonista del
soprano.
So l i ta Fo rma : è il nome con il quale Basevi faceva riferimento alla forma comune
assunta dall’opera italiana nell’Ottocento. L’organizzazione si basa sulla
successione di grandi unità o “numeri” musicali funzionali al discorso drammatico.
! 0: Scena . Imposta la situazione emotiva che precede il pezzo chiuso: al suo
interno si possono trovare tanto momenti statici quanto dinamici. Nelle arie e
nei duetti è scritto in recitativo accompagnato (non semplice).
!
1: Tempo d’attacco . Sezione cinetica in cui avviene lo scontro dialettico fra ipersonaggi, talvolta in stile “parlante” (ovvero sillabando). La conclusione di
questa sezione è sempre ben evidente, un coup de theatre come un segnale
sonoro o una voce fuori scena.
! 2: Adagio/Cantabile . Sezione statica in cui il culmine sentimentale trova
sfogo, come reazione al colpo di scena in 1. Sospesa l’azione drammatica.
! 3: Tempo di Mezzo . E’ sullo stile del tempo d’attacco, il tempo riprende a
scorrere e l’azione ritorna dinamica.
! 4: Cabaletta . E’ la situazione conclusiva in tempo mosso, in cui si sfoga la
nuova situazione.Ognuno dei momenti della solita forma è sottolineato da un cambiamento di
metro, tempo o tonalità. Su questo schema di massima si possono innestare molte
varianti: nei pezzi solistici la struttura può essere semplificata omettendo 1 e/o 3,
mentre nei finali d’atto può essere ampliata laddove i numeri 2 e 4 prendono il
nome di Largo e Stretta .
L’aria che i personaggi cantano entrando in scena per la prima volta si chiama
Cavatina : un esempio è quella in cui Figaro scassa i maroni ripetendoci che è il
barbiere di Siviglia e che tutti lo cercano e lo vogliono (credo per i debiti che si
lascia in giro, ma è solo una supposizione, ndr ). Molto comune è l’aria a due sezioni
contrastanti, una lenta e riflessiva ed una veloce e virtuosistica, conosciuta come
Cabaletta . La cabaletta fa parte di un duetto o un pezzo composito, di cui essa
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costituisce la conclusione, ma il termine viene applicato anche alla stretta
conclusiva di un duetto in quattro tempi.
Grande importanza assumono i concertati d’insieme di vaste proporzioni,
specialmente nei finali d’atto e d’opera, in cui ogni carattere sulla scena è travolto
da una voragine collettiva nell’intento di creare un clima di eccitazione psicologica.Anche i concertati finali seguono, di norma, la struttura quadripartita della solita
forma .
Bellini, Donizetti e Verdi hanno accolto ed insieme trasformato la struttura
tradizionale della solita forma . Verdi, in particolare, puntò ad adattare e piegare le
strutture formali alle esigenze dello sviluppo drammatico. L’esempio tipico è Il
Rigoletto , l’unica opera verdiana priva di concertati e finali d’atto, e vi si trovano
pochissimi pezzi d’assolo solistico, mentre preminenza assoluta è data ai duetti,
che possiedono tanto un peso formale quanto un’importanza sostanziale nello
sviluppo e confronto psicologico dei personaggi. Per rendere con eloquenza il
frequente mutare dei sentimenti Verdi ricorre ad una vocalità “parlante”,
caratterizzata da una libera articolazione ritmica, mentre tutto l’interesse melodico
sta nell’orchestra. Un posto in primo piano ha in Rigoletto il colore strumentale.
L’ambiente di corte di Mantova viene sottolineato con una serie di tre danze
eseguiti da diversi gruppi strumentali, mentre l’ambiente notturno in cui si svolge il
duetto fra Rigoletto e Sparafucile è descritto da un tessuto orchestrale
tipicamente oscuro di fagotti, clarinetti, viole, violoncelli, contrabbassi e grancassa.
Con l’appellativo di giovane scuola si accomuna un gruppo di compositori dediti
al melodramma che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento prese il nome diVerista: fra questi i nomi di spicco furono Mascagni, Leoncavallo e Puccini. I
compositori della giovane scuola sono accomunati da certe affinità stilistiche, in
particolare nell’uso di una vocalità molto enfatica ed inflessioni vicine al linguaggio
parlato. Alla formazione di questo gruppo contribuì il movimento letterario
d’avanguardia detto scapigliatura e l’influenza del verismo letterario di Giovanni
Verga, attraverso i quali si portano in scena drammi amorosi di tragica passionalità,
d’ambientazione contemporanea e rurale, popolati da personaggi di basso livello
sociale.
Con Puccini, il melodramma verista diviene al tempo stesso prodotto e portavocedegli ideali piccolo borghesi del tempo. Nell’approntare il testo musicale delle sue
opere Puccini procedeva molto lentamente, mentre quanto mai variata è la materia
tematica dei libretti delle sue opere. Il tema centrale che ivi ricorre è l’amore e la
morte, due sentimenti che con una crescita graduale della tensione portano alla
catastrofe finale. La maggior parte delle opere si svolge in uno schema fisso in cui
nel primo atto si vede l’incontro dei due innamorati, nel secondo è introdotta la
prima svolta fondamentale del dramma, che si conclude con un colpo di scena,
mentre nel terzo vi è lo scioglimento della vicenda con un lamento disperato di uno
dei due protagonisti. Tra le opere più importanti ricordiamo La Boheme , Madama
Butterfly , La fanciulla del West e Turandot .
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Tesi 23: Wagner e i post-Wagneriani
L’idea fondamentale di Wagner era che l’opera in musica – in passato ritenuta una
forma d’arte inferiore nella gerarchia estetica – potesse essere un’opera d’arte nel
senso assoluto della parola, la quintessenza dell’arte. Egli mirava, col suo progetto,a realizzare, appunto, l’opera d’arte totale , il Gesamtkunstwerk , unione di
fenomeni artistici, visivi ed uditivi. Per questo affermava che la musica sinfonica e
cameristica appartenessero al passato, mentre il dramma musicale fosse la vera
espressione artistica del futuro. Con la sua idea di Festspiel , “sagra scenica”, egli
operò una rivoluzione integrale dell’opera che investì contemporaneamente la
concezione drammatico-musicale, le abitudini del pubblico e perfino l’edificio che
doveva ospitare le rappresentazioni. Di quest’ultimo aspetto bisogna ricordare che
Wagner fu il primo ad ideare la fossa orchestrale , ovvero la collocazione
dell’orchestra in una fossa fra il palcoscenico e la platea, in modo da nascondere al
pubblico la vista degli strumenti e conseguire una maggiore compattezza sonora
fra strumenti e voci. Nelle opere scritte fino al 1850 (Die Feen , Rienzi , L’olandese
volante , Tanhauser , Lohengrin ) Wagner si riallaccia alla tradizione operistica che
poi criticherà in età matura: i suoi modelli sono le grands operas di Spontini e
Meyerbeer e i Singspiele di Weber, e sono presenti ancora gli elementi
convenzionali di aria e recitativo. Innovazioni sono introdotte nell’organico
orchestrale, specialmente con l’ampliamento della sezione dei legni.
Le opere della maturità sono Tristano e Isotta , I maestri cantori di Norimberga , la
tetralogia dell’Anello e Parsifal . Per questi lavori Wagner modificò il proprio metodo
creativo, che si fece più lungo e complesso. A partire dal 1850 i motivi orchestralierano abbozzati fin dalle prime fasi, segno dell’importanza maggiore attribuita alla
musica rispetto alla parola. L’obiettivo di Wagner era il superamento delle
preordinate simmetrie dei “numeri”della solita forma . Ciò comporta non solo
l’eliminazione del sistema fisso di arie e recitativi, ma anche, a livello poetico e
musicale, l’utilizzo continuo della forma del Durchkomponiert . Nella scelta dei temi,
Wagner rimpiazzò i miti dell’antichità classica con i miti germanici, segno del forte
sentimento nazionalistico proprio della musica di Wagner.
Tristano e Isotta è basata su una saga medioevale di origine celtica, in cui si
narra la passione amorosa dei due amanti irresistibilmete legata alle tenebre e allamorte, unico vero appagamento ed insieme compimento del loro amore.
La tetralogia dell’Anello è ispirata ai miti e alle leggende del Medioevo
tedesco e narra delle vicende attorno all’anello forgiato dal nibelungo Alberich con
l’oro del Reno. Questo è stato rubato dapprima da Wotan, re degli dei, ma l’anello
nasconde una maledizione che porta sventura a chiunque ne entri in possesso. Nel
secondo episodio, Siegmund, figlio di Wotan, si abbandona ad un amore incestuoso
con Sieglinde e genera Siegfried, e grazie all’aiuto della sorella Brunhilde, Sieglinde,
con ancora in grembo Siegfried, riesce a fuggire. Nel terzo episodio, dopo la
punizione inflitta da Wotan a Bruhnilde, Siegfried è ormai cresciuto e, dopo aver
recuperato l’anello, salva Bruhnilde; ma nell’ultimo episodio egli, dopo averle
affidato l’anello, beve per sbaglio un filtro che gli fa perdere la memoria e la
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abbandona; lei si vendica facendolo uccidere, ma il rimorso la spinge a buttarsi sul
rogo dove sta bruciando la salma dell’eroe e l’anello viene perduto nel Reno. Le
fiamme della pira raggiungono il castello degli dei e lo consumano distruggendo
ogni cosa. Un finale da armageddon , insomma.
I Maestri Cantori di Norimberga si rifà alle vicende storiche delle corporazionicanore del Cinquecento tedesco e alle loro gare di canto.
L’ultima opera, Parsifal, nasce dall’unione di due leggende: la prima, quella
del graal, la seconda, quella di Parsifal (dall’arabo, “puro e folle”), eroe simbolo
della semplicità incontaminata, destinato a salvare l’umanità attraverso la rinuncia
agli egoismi e alle passioni della carne. La differenza fra il soggetto del Parsifal e i
miti germanici delle opere precedenti è il suo carattere religioso, che ha comunque
a che fare con la fede cristiana più filosofica che confessionale. Parsifal deve
recuperare la sacra lancia di Longinus per mettere fine alle atroci sofferenze di
Amfortas, re dei cavalieri del Graal, che avranno fine solo quando la lancia che lo ha
trafitto toccherà di nuovo la sua ferita. In quest’opera, Wagner fa ricorso ad una
quarantina di Leitmotive e alla tecnica dello Stabreim , o allitterazione: si tratta di
una tecnica versificatoria basata sulla ripetizione di consonanti eguali fortemente
accentate, all’inizio di due o più parole successive, che da particolare rilievo tanto
di suono quanto di significato alle singole parole. Ciò porta alla creazione di versi in
cui il numero di sillabe è irregolare e al conseguente abbandono della struttura
simmetrica della frase a 4 o 8 battute.
Le linee melodiche Wagneriane sono tutte di ampio fraseggio: prive della struttura
4+4 o 8+8 esse sembrano estendersi senza fine dando vita al concetto di
me lod i a i n f i n i t a . Lo strumento di comunicazione principale è l’orchestra, cheoltre a fornire la base armonica enuncia i Le i tmot i v e. Il Leitmotif è il periodico
ricorrere di temi nel corso di un’opera. E’ una precisa unità musicale che viene
associata ad uno stato d’animo riguardante singoli personaggi, oppure ad una
situazione particolare o addirittura ad un personaggio in scena. I Leitmotive
commentano ed espongono l’azione e il pensiero dei personaggi laddove il gesto e
la parola non bastano, e ricompaiono nell’opera ogniqualvolta si presenta quel
determinato fattore scatenante e sempre in veste nuova, variandone l’armonia,
l’organico che lo esegue o la tonalità.
Radicali modifiche sono apportate all’organico strumentale: ampliata la sezioneottoni, il numero delle arpe e anche dei timpani. Dal punto di vista armonico,
invece, le opere Wagneriane rappresentano gli estremi sviluppi del sistema tonale,
in cui l’accento sonoro cade più sulla dissonanza che sulla consonanza, dando vita
ad accordi multipli ed ambigui.
Tesi 24: Origini e prime forme della musica strumentale moderna;
Canzone, fantasia, ricercare, toccata e fuga.
Canzona: nei primi anni del Cinquecento in Italia era in voga la pratica di
trascrivere in veste strumentale invariata la chanson polifonica vocale francese.
Nella seconda metà del secolo, così, andò affermandosi una consistente
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produzione per tastiere (le intavolature ) e strumenti d’insieme basate sui modelli
formali e strutturali della chanson . In particolare, la chanson parigina è
caratterizzata da una chiara inclinazione alla “musica a programma”, ovvero a
cogliere gli elementi descrittivi e narrativi del testo attraverso l’uso di una tecnica
polifonica movimentata.In un primo tempo, la canzona era basata prevalentemente sui procedimenti della
scrittura contrappuntistico-imitativa, e della chanson vocale conservava alcuni
tratti quali temi brevi e pregnanti, la triplice ripetizione della stessa nota nei temi
iniziali, l’alternanza di sezioni a ritmo binario e ternario.
Il secondo stadio della canzona si discosta dalla pura e semplice trascrizione per
diventare una parafrasi e rielaborazione dei temi della chanson , pur continuando a
far riferimento a modelli e procedimenti francesi, come l’imitazione a coppie , in cui
le voci superiori ed inferiori si alternano a coppie nella presentazione del tema, e
assume importanza rilevante l’organo, in grado con i suoi registri di realizzare gli
effetti d’eco tipici soprattutto della canzona veneziana. Allo sviluppo della canzona
per strumenti contribuì Gabrieli, che portò all’abbandono del metodo
contrappuntistico a favore della struttura omofonico-accordale dividendo
l’organico in più gruppi contrapposti.
Bisogna ricordare che non è sempre possibile stabilire in quest’epoca una netta
distinzione fra la canzona e gli altri generi strumentali.
Ricercare, fantasia, capriccio: il termine è utilizzato per indicare brevi
composizioni di carattere improvvisatorio e rapsodico, ornamentate da esuberanti
passaggi che sfruttano una determinata tecnica dello strumento stesso. Perciò, ilricercare è caratterizzato da un fitto tessuto polifonico e da una scrittura
costantemente imitativa. In molti casi, questo aspetto del ricercare gli valse la
funzione di pezzo introduttivo e preludiante. Dalle fonti, i termini ricercare e
fantasia risultano spesso equivalenti e tra i due generi non sussiste una profonda
differenza stilistica e formale: possiamo comunque affermare che la fantasia ha
una struttura compositiva più libera. Le composizioni che tendevano a mettere
particolarmente in luce l’estro e l’ingegno inventivo del compositore venivano
definite capricci , ma anche in questo caso il termine è intercambiabile.
Toccata: intorno ai primi decenni del XVI secolo, la toccata condivide con il
ricercare la funzione di brano preludiante ed introduttivo, dall’andamento libero e
fantasioso, derivato da una ricerca estemporanea sullo strumento. Questa forma di
composizione prettamente strumentale fu dapprima applicata ai brani per liuto
sotto il nome di tastar le corde . Ma nella seconda metà del XVI secolo la toccata
era il solo genere del repertorio da chiesa destinato esclusivamente all’organo.
Esso talvolta assume il nome di “intonazione” laddove la sua funzione era di dare
l’intonazione all’officiante o al coro. Le toccate dei grandi maestri Gabrieli e Merulo
cominciano solitamente con accordi tenuti seguiti da brillanti passaggi di bravura
affidati ad una mano, mentre l’altra prosegue con accordi di breve o semibreve.
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Merulo, in particolare, arricchiva questo libero gioco improvvisativo alternandolo a
sezioni nello stile fugato del ricercare.
Fuga: è un procedimento compositivo basato sul principio di imitazione e
ripetizione, destinato tanto alla musica vocale quanto a quella strumentale. La fugaè divisa in tre sezioni:
! Esposizione : il brano si apre con l’enunciazione degli elementi tematici
fondamentali, ovvero il soggetto, risposta e controsoggetto. Il soggetto
è il tema principale, che viene presentato immediatamente alla tonica e poi
alla dominante al fine di essere riconosciuto nel corso dello sviluppo dello
stesso. Il soggetto passa di voce in voce: quando una voce non ha il soggetto
essa presenta il controsoggetto, che è l’insieme degli elementi
contrappuntistici che accompagnano il soggetto. La risposta è la versione
modificata del soggetto – una quinta sotto o una quarta sopra – che può
essere reale o tonale : reale quando riproduce gli stessi intervalli del soggetto,
tonale quando riproduce una piccola differenza di intervalli.
! Divertimenti e ripercussioni : sono sezioni modulanti con un frammento di parti
secondarie di imitazione di materiale già sentito. I divertimenti sono tre: I
divertimento, dalla fondamentale alla relativa maggiore o minore in
contrappunto, da esso si passa alla I ripercussione , una riesposizione in
maniera non completa; II divertimento , in contrappunto doppio e triplo, segue
la II ripercussione , uguale alla prima ma in sottodominante o in secondo grado;
III divertimento , falso contrappunto triplo in cui le voci non si possono
invertire, conduce al pedale di dominante che prepara la cadenza sul V grado.! Stretti : esposizione del soggetto in cui il controsoggetto è più ravvicinato,
ovvero comincia prima che finisca il soggetto. L’ultimo stretto porta alla
conclusione su pedale di tonica.
Tesi 25: la musica strumentale nel secolo XVII | Suite | Partita | Sonata
da chiesa e da camera.
Fin dal Medioevo la danza aveva occupato un’enorme importanza nella vita di
corte, ma le composizioni dedicate a questa attività erano per lo più improvvisate,mentre già a partire dal Cinquecento queste assumono una forma ed una funzione
molto più autonoma, ovvero cominciano ad essere concepite esclusivamente per
l’esecuzione . Solitamente queste danze erano associate a due a due, la prima lenta
in ritmo binario, la seconda veloce e in ritmo ternario (pavana e gagliarda, oppure
passemezzo e saltarello) o anche a tre. All’inizio del Seicento questa successione
di brani collegati fra loro prese il nome di suite, e il compositore tedesco
Froberger fu il primo a portare il numero delle danze da tre a quattro, che è il
vero standard della suite.
!
Allemanda, di origine tedesca, tempo binario, ritmo moderato.
! Corrente, di origine francese, tempo ternario, ritmo veloce.
! Sarabanda, di origine spagnola, tempo ternario, ritmo lento e cadenzato.
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! Giga, di origine anglosassone, tempo ternario, ritmo veloce.
Poteva accadere che fra la terza e la quarta danza fossero eseguite altre coppie di
danze. Tutte le danze della suite avevano stessa tonalità, stessa forma
(bipartita e monotematica) e stesso percorso armonico (impianto ! relativa
|:| relativa!
impianto).Il termine Partita è spesso utilizzato da autori come Kuhnau e Bach come
sinonimo di suite, ma in principio aveva tutt’altro significato. Infatti si definivano
partite una serie di variazioni a sezioni (“parti”) su bassi tipici, un procedimento
derivato da un tipo di variazioni definite su basso ostinato , in cui le varie voci
vengono costruite su uno schema armonico-melodico ricorrente presentato al
basso.
La sonata del Seicento deriva dalla “canzona da sonar” attraverso un processo
che porta alla diminuzione delle sezioni, alla loro separazione e all’ampliamento
della loro struttura. Essa poteva assumere nomi diversi a seconda dell’organico e
della struttura formale: generalmente era detta sonata a tre, nella forma più
comune di Violino I, Violino II e basso continuo, ma bisogna ricordare che in
principio non era usanza specificare l’organico, la cui scelta era affidata alla
necessità e al gusto. A favorire lo sviluppo di questo genere fu Biagio Marini, che
in Affetti Musicali descrive sia tecniche esecutive per violino (come il tricordo e il
tremolo), sia le migliori scelte di organico strumentale.
La sonata, inoltre, poteva essere da chiesa o da camera. Nel primo caso, la sonata
aveva una destinazione ecclesiastica; nella forma, era divisa di solito in 4 sezioni
indicate con la loro agogica (Lento, Allegro, Adagio, Vivace) di cui almeno unadeve essere di carattere imitativo-contrappuntistico. La sonata da camera, invece,
poteva avere 4 o 5 sezioni, di cui una sostituibile con una danza e affiancate per
contrasto sia di tempo che ritmo.
Analogamente alla sonata a tre si sviluppano due tipi di sonata: la sonata a solo,
ovvero per strumento solista e basso continuo, generalmente in tre movimenti
veloce – lento – veloce; e la sonata per clavicembalo, il cui grande maestro fu
Domenico Scarlatti. Figlio di Alessandro Scarlatti, in gioventù scrive opere serie,
buffe, intermezzi, per poi trasferirsi in Spagna e dedicarsi esclusivamente al
clavicembalo, scrivendo oltre seicento sonate per clavicembalo solo. Le sonatescarlattiane hanno struttura monotematica e bipartita, dai caratteri più svariati.
Spesso Scarlatti ricorre allo sfoltimento delle voci, ovvero alla diminuzione
progressiva delle voci fino al numero di due, un procediento che prosegue di pari
passo all’introduzione del brano in forma contrappuntistica per poi passare ad uno
svolgimento del tutto omofonico ed omoritmico. Le sonorità metalliche dello
strumento vengono utilizzate al fine di imitare quelle dell’orchestra o di altri
strumenti, attraverso figure ritmiche come le note ribattute o note puntate. Non
mancano, inoltre, esempi di temi popolareggianti.
Ecco alcune figure importanti del panorama della musica strumentale nel Seicento.
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Arcangelo Corell i (1653-1713), violinista, opera a Roma presso la villa della
regina di Svezia, Cristina, al tempo sede dell’Accademia dell’Arcadia e scrive solo
musica strumentale. Compone sei raccolte, divise fra sonate a tre, sonate per
violino e basso continuo e 12 concerti grossi, ovvero l’organico della sonata a
tre con un ripieno di archi. Nelle composizioni di Corelli, il basso continuo non silimita al sostegno ma partecipa attivamente al contrappunto, come nello stile
severo cinquecentesco, ma allo stesso tempo con Corelli si definisce ulteriormente
la tonalità. Lo stile di Corelli è sempre stato emblema di razionale semplicità, che
nello strumento si traduce nella scelta di una virtuosità “temperata”, in cui rinuncia
a certi ritrovati stravaganti di autori predecessori e suoi contemporanei (come la
“scordatura” di Marini) a favore di una tecnica pulita e precisa, alla portata del
“suonatore medio” e allo stesso tempo decisamente espressiva grazie alla
dicotomia fra il fraseggio dell’arco e l’arte del canto.
Girolamo Frescobaldi (1583-1643), nato a Ferrara, operò a Roma nel campo
della musica strumentale ed in particolar modo per strumenti a tastiera e fu
organista virtuoso. Il suo genio compositivo si esprime al meglio nelle toccate; pur
seguendo il modello veneziano dell’apertura ad accordi seguita dai passi virtuosi,
unisce saggi di pura tecnica tastierista a passaggi pieni di affetti trattati in stile
imitativo; si serve sia del sistema modale tradizionale, sia di quello tonale,
sperimentando sui cromatismi.
Tesi 26: La musica strumentale nel Settecento | Concerto | Forma
Sonata ?) | Sinfonia.
Il Settecento fu il secolo in cui la musica strumentale, solistica e d’insieme,
conobbe un incremento di produzione e di consumo incomparabile e alle epoche
precedenti. Innanzitutto, si manifestò un aumento della dimensione pubblica delle
attività musicali che stimolò l’editoria grazie anche alla nuova tecnica delle lastre di
rame. Numerose erano le manifestazioni concertistiche, molte a pagamento, dette
“Accademie Musicali”: tali iniziative contribuirono ad allargare il numero dei
partecipanti alla gioia di sentire e di fare musica, che prima era privilegio esclusivo
delle classi aristocratiche. Figura cardine in quest’ottica è quella dell’esecutore“dilettante”, ovvero un esponente dell’aristocrazia o della borghesia che si
dedica allo studio di uno strumento non per scelta professionale, bensì per proprio
piacere. Tale figura si diffuse innanzitutto nei paesi nordici, soprattutto protestanti
di lingua tedesca, mentre i primi concerti pubblici a pagamento ebbero luogo a
Londra; poco si sa sulle istituzioni che ne organizzavano in Italia, eccezion fatta
per gli Ospedali.
Ben presto si assistette al tramonto dell’editoria italiana – soprattutto quella
veneziana – di fronte al diffondersi di quella nordica, che si avvaleva della nuova
tecnica delle lastre di rame, molto più economica e versatile dei caratteri mobili –
abbiamo per esempio la testimonianza di Vivaldi riguardo le edizioni straniere ed
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italiane delle proprie opere a confronto – una situazione che spinse i compositori
italiani a cercare lavoro e fortuna all’estero.
Con il termine s i n fon i a si indicava o una composizione generalmente destinata ad
essere eseguita da molti strumenti, o un pezzo strumentale di varia natura formaleda eseguirsi avanti o all’interno di un evento teatrale. Questi brani non avevano
uno schema formale ben preciso, ma si potevano articolare in due, tre o anche
cinque movimenti.
Col tempo prese piede lo schema a tre movimenti (veloce lento veloce),
utilizzato per la prima volta da Perti e Alessandro Scarlatti; uno schema che fu
ampliato dai napoletani a partire dal 1720. Il primo movimento prevedeva due temi
differenziati per tonalità (tonica e dominante); nei tempi lenti lo stile cantabile
sostituì i solenni accordi delle sinfonie precedenti; i movimenti di chiusura erano
spesso ternari in forma di danze. Si ipotizza comunque che la sinfonia abbia
cominciato ad “emanciparsi” dal melodramma fra il 1720 e il 1730.
Nell’ultimo ventennio del Seicento, con l’affermarsi del principio di alternare alle
melodie degli strumenti solisti le interruzioni del “tutti” , nacquero i primi
elementi che avrebbero dato vita al conce r to so l i s t i co . Un’innovazione fu
l’introduzione nell’orchestra d’opera della tromba, in principio con l’intenzione di
esprimere gli affetti eroici, bellicosi, di collera, di vendetta. Parallelamente a
Bologna era fiorito un repertorio di musiche per una o più trombe e complessi
d’archi che sarebbe stato di importanza fondamentale per lo svolgimento del
concerto solistico negli anni successivi.Nell’ambito del concerto solistico, specialmente per tromba, ricordiamo la figura di
Giuseppe Torell i: la sua produzione per un quarto è costituita da composizioni
per una, due o quattro trombe e complessi d’archi. A Torelli sembra ascrivibile la
prima concezione del concerto solistico articolato in tre movimenti secondo lo
schema veloce-lento-veloce, che sarebbe diventato la norma con Albinoni e
Vivaldi. Il suo è un genere di composizione basato sulla contrapposizione fra
figurazioni brillanti e virtuosistiche affidate al “solo” e sezioni che riproducono un
materiale tematico che rimane pressochè invariato di volta in volta, denominate
“ritornelli” ed affidate al “tutti”. Mentre generalmente si tendeva ad otteneremolto contrasto “chiaroscurale” fra le sezioni del solo e del tutti ma omogeneità
nei temi, Torelli intendeva proporre una netta separazione fra il solo e il tutti
proponendo temi diversi e facendo risaltare gli episodi solistici, che spesso
culminavano in passi estremamente virtuiosistici definiti “perfidie”, di carattere
improvvisativo ed ascrivibili alle “cadenze”. Le idee di Torelli contribuirono alla
definitiva affermazione del concerto solistico svincolato e distinto dallo stile da
camera.
Figura dominante nel panorama della musica strumentale del primo Settecento è il
veneziano Antonio Vivaldi, che risiedette principalmente a Venezia, ricoprendo
l’incarico di maestro di violino e “maestro dei concerti” all’Ospedale della Pietà. La
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ricca produzione strumentale di Vivaldi è da attribuirsi proprio ai suoi incarichi
presso la Pietà: sulle spalle dei maestri di cappella come lui gravava la necessità di
creare musiche sempre nuove che da una parte soddisfassero le esigenze del
pubblico, che raramente chiedeva di eseguire brani di epoche precedenti, e
dall’altra sfruttassero l’organico strumentale di cui poteva servirsi il compositore.La maggiorparte delle composizioni di Vivaldi ci sono giunte sotto forma di
manoscritto e generalmente non datate: di lui si conoscono 478 concerti, 90
sonate per due e tre strumenti e 14 sinfonie.
Il concerto solistico del primo Settecento entra nella sua fase più matura con
Vivaldi, che sicuramente risente dell’influsso di Torelli e Albinoni. Vivaldi accentuò il
contrasto fra i tempi allegri esterni e i movimenti lenti centrali, che si abbandonano
ad un lirismo patetico e delicato, intensamente espressivo, di chiara provenienza
teatrale: i movimenti lenti sono modellati sull’aria d’opera e strumentati con effetti
appunto operistici. Un forte effetto di contrasto consiste nella particolare tensione
fra la vitalità virtuosistica nettamente dominante del solista di contro alla
coralità dell’insieme orchestrale.
Dal punto di vista della sonor i t à , si ha la tendenza a semplif icare e
snell ire i l tessuto orchestrale mediante raddoppi e unisoni; inoltre Vivaldi
sfrutta i l contrasto fra le dinamiche e i registri estremi (grave–acuto e pp–
ff).
Nell’a rmon i a generalmente si semplif ica la struttura in modo da
renderla nitida ed evidenziare in senso drammatico il rapporto maggiore-
minore; frequenti stazionamenti sulle cadenze perfette (I-IV-V-I).
Per quanto riguarda la me lod i a si prediligono motivi semplici chescaturiscono dalla tecnica stessa dello strumento, attraverso soggetti a note
ribattute, melodie a scale o fatte di intervalli insolitamente ampi, e melodie dalla
forte carica ritmica .
Nel r i tmo Vivaldi predilige ritmi molto marcati e utilizza la sincope come
mezzo espressivo volto a produrre tensione.
Infine nella f o rma Vivaldi punta più a trattare le idee tematiche in modo
“intenso” piuttosto che “esaustivo”: ciò significa abbandonare le tradizionali scelte
del contrappunto severo e rigoroso, rinunciare a trattare il materiale
tematico fino a spremerlo in fondo, per puntare invece verso
un’immediata chiarezza ed espressività.
La struttura dei concerti si basa sulla “forma col ritornello”: l’orchestra espone un
materiale tematico sul quale ritorna continuamente, mentre il solista si alterna
all’orchestra sviluppando quel tema e proponendo del materiale nuovo. Perciò
presupposto fondamentale di questa struttura è la differenzazione tematica fra
“tutti” e “soli”.
Nella produzione di Vivaldi giocano un ruolo importante i concerti
programmatici, una raccolta di composizioni provviste di titoli descrittivi dati da
Vivaldi, o l’editore, per propagandare meglio l’opera. Ricordiamo Le quattro
stagioni, La caccia, La tempesta di mare e Il Piacere . In questi brani, certe formule
ritmico-melodiche vengono stabilmente associate a significati extra-musicali, come
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fenomeni metereologici o particolari stati d’animo. In particolare, le Quattro
stagioni sono corredate da altrettanti sonetti di autore ignoto, forse Vivaldi
stesso, che descrivono le stesse scene evocate dal tessuto musicale dei vari
movimenti. Per il modo originale di rappresentare musicalmente concetti extra
musicali i concerti delle Quattro stagioni di Vivaldi furono accolti con particolareentusiasmo ovunque e per lungo tempo, specialmente in Francia.
Giuseppe Tartini (1692-1770) fu violinista, compositore e teorico che diede un
apporto decisivo allo sviluppo della scrittura musicale per archi e alla definizione
più precisa dei fenomeni acustici che regolano la musica. Tartini risiedette a
Padova, dove grazie alla sua fama teneva lezioni di musica a studenti provenienti
da tutta Europa: per questo la sua scuola è chiamata “Scuola delle Nazioni”. La
scuola di Tartini non consisteva solo nella pratica della tecnica violinistica, ma
anche lezioni di contrappunto, ovvero composizione. Da una parte, Tartini era
fermamente convinto che la tecnica degli abbe l l iment i non poteva essere usata
se non entro regole ben precise . Nel suo trattato (Regole per arrivare a saper
ben sonar il Violino ), illustra sia il metodo d’esecuzione dei singoli abbellimenti, sia
la loro funzione esatta e la loro capacità espressiva. Dall’altra Tartini sosteneva la
necessità della precisione nell’ intonazione, una caratteristica che raggiunse
anche scoprendo i l fenomeno del t e r zo suono . Si tratta dell’armonico che
viene a formarsi ogniqualvolta si suona un bicordo: quella nota grave è la
fondamentale di quella combinazione armonica di suoni, e di quel suono era
necessario servirsi per una corretta intonazione delle note.
Nella letteratura teorica del primo Settecento la parola ga l an te è usata per
contrapporsi all’elemento goffo, pedante ed erudito. Il primo a definire lo stile
galante come espressione del moderno, del nuovo, distinto dallo stile elaborato
contrappuntistico, fu Mattheson. Lo stile galante si caratterizza per la
predil izione per le melodie cantabil i e levigate , regolate dal principio della
simmetria, la tendenza ai ritmi uniformi spesso richiamanti temi di danza e la
semplicità dell’armonia. Una tecnica particolarmente semplice di
accompagnamento usata dallo stile galante è i l basso Albertino, ovvero la
ripetizione persistente di accordi spezzati o arpeggiati, che deve il suo nome alveneziano Domenico Alberti.
Uno dei più grandi compositori dello stile galante fu Domenico Scarlatti (1685-
1757). Nato a Napoli e figlio di Alessandro Scarlatti, fu molto stimato per le sue
doti di virtuoso tasterista e ampia è la sua produzione per questo strumento. Lo
schema base della sonata scarlattiana è in un solo tempo e segue una
costruzione bipartita. Nella prima parte il tema procede dalla fondamentale alla
dominante o al suo relativo maggiore/minore; nella seconda parte si ritorna per
modulazione alla tonalità di partenza. Il materiale tematico della prima parte può
essere o meno riesposto nella seconda parte. Questo perché in realtà lo scopo di
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Scarlatti è quello di sorprendere l’ascoltatore facendo ricorso alla sua illimitata
fantasia.
Nelle regioni della Germania settentrionale si affermò, a partire dal 1740 circa, un
nuovo gusto musicale che in parte condivide gli stessi caratteri dello stile galante,dall’altra si contraddistingue per la ricerca non del grazioso, ma del sublime e del
commovente, le emozioni in grado di esaltare l’anima e di scuoterla. Per designare
questo gusto musicale si impiega il termine emp f i n d same r (= sentimentale), che
contrassegna la ricerca espressiva di tensioni emotive forti . Questo stile si
distingue per una bizzarra fantasia, indicazioni particolareggiate del tempo, uso
esasperato delle indicazioni dinamiche, accompagnamento più vivo di quello dello
stile galante, spezzature ritmiche e tematiche dal carattere improvvisativo e la
tendenza ad evitare la simmetria delle frasi melodiche. Uno dei più grandi
compositori di questo stile è C. Ph. E. Bach, che ci ha lasciato una produzione di
345 pezzi, più un trattato sugli abbellimenti e prassi esecutiva per testiera. Bach
adotta generalmente lo schema in tre movimenti, con il primo in forma-sonata,
mentre i tempi lenti sono caratterizzati da mutamenti di dinamica, corone inattese
e digrssioni armoniche (per non parlare di frasi senza divisione ritmica che
richiamano il recitativo, denominate appunto recitativo strumentale ).
Tesi 27: Bach | Haendel
J. S. Bach nacque nel 1685 ad Eisenach. Da giovane ricevette lezioni di cembalo e
si perfezionò in organo, studiando anche violino e composizione. Trascorse la suavita principalmente a Weimar, Kothen e Lipsia, lavorando come maestro di coro, di
musica, compositore ed organista. Il suo genio nella composizione di musica sacra
fu scoperto solo due generazioni più tardi, poiché la sua fama era strettamente
locale e i suoi contemporanei consideravano il suo stile piuttosto antiquato; eventi
importanti della sua riscoperta furono tre:
! Nel 1804 esce la prima biografia su Bach ad opera di Forkel;
! Nel 1829 Mendlesson cura la riesecuzione della Passione secondo Matteo
! Nel 1850 nasce la Bach Gesellschaft che pubblica l’opera omnia.
Lungo tutto l’arco della sua vita l’attività creatrice di Bach si esplicò soprattuttonel campo della musica sacra eseguita nell’ambito della liturgia luterana. In questo
senso, Bach si trovava di fronte all’arduo compito di comporre all’ interno di
una tradizione radicata come quella luterana. Infatti in questa liturgia la
musica aveva da sempre trovato vasto impiego nelle sue forme principali:
l ’oratorio e il corale .
Secondo le stime più recenti, Bach avrebbe composto circa 300 cantate, di cui un
centinaio sarebbero andate perdute, senza dimenticare le composizioni per organo,
strumento che al tempo stava acquisendo un’importanza fondamentale sia nella
funzione di accompagnare il coro, sia di strumento solista.
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In genere, Bach era solito scrivere una cantata alla settimana, stendendo la
partitura senza indicarne la strumentazione, provandola al cembalo e aggiungendo
le figure del basso continuo, dinamica e fraseggio solo in occasione delle prove con
gli esecutori. La grandezza di Bach, così, consiste nella particolare sua predilizione
a raccogliere, espandere ed esaurire nella propria musica molti elementi stilisticiformali comuni agli inizi del Settecento e a fonderli con la propria eredità luterana.
Ne consegue uno stile fortemente contrappuntistico e severo , con una
rigorosissima concentrazione del materiale tematico. Un esempio pratico è i l
metodo della f u ga (cfr. tesi 24).
Come già accennato, la vita di Bach lo vide operare in tre città: prima Weimar, poi
Kothen ed infine Lipsia. Nella prima e nell’ultima, Bach si dedicò quasi
esclusivamente a musica sacra, in quanto era il suo ruolo di kantor a metterlo nella
necessità di comporre opere nuove ogni settimana. Nel periodo di soggiorno a
Kothen, invece, Bach non dovette comporre musica sacra poiché il suo signore era
calvinista, cosicchè è a questa fase che risale la maggiorparte della profuzione
strumentale di Bach.
Come taluni ricercari/fantasie del XVI-XVII secolo, molte fughe di Bach furono
concepite con finalità didattiche. Tra questi lavori figura la monumentale raccolta
conosciuta con il nome “Il clavicembalo ben temperato”, il cui titolo è un’allusione
al sistema di accordatura “temperato” che permetteva agli strumenti a tastiera di
superare le differenze di intonazione fra diesis e bemolle. Il CBT consiste in due
libri, ognuno dei quali consta di ventiquattro preludi e fughe , una perogni tonalità. Nei preludi, l’esecutore è posto di fronte ad una mirabile varietà di
atteggiamenti stilistici e tecnici della scrittura tastieristica e fungono da
introduzione alle fughe, che sviluppano tutte le possibilità compositive di questo
genere.
Altra raccolta creata per finalità didattiche è l’Ese rc i z i o pe r t as t i e ra che
comprende sei suites intitolate Partite, il Conc e r to a l l ’ i ta l i ana , che si propone di
trasferire sulla tastiera le possibilità espressive dell’orchestra, quattro duetti e le
famose Var i az ion i Go ldbe rg . Elogio della scrittura speculativa, sono trentavariazioni su un tema alla Ciaccona presentato al basso. Le variazioni si
susseguono in gruppi di tre: un tempo in forma di danza, un tempo virtuosistico,
mentre la terza è sempre un canone, in cui l’intervallo fra le due voci aumenta fino
alla nona, mentre l’ultimo canone è sostituito da un quodlibet , ovvero una
composizione in cui sul tema del basso sono inseriti due canti popolari.
L’Offerta musicale si basa su un tema definito regium perché proposto dal re
Federico II di Prussia, e l’opera è costituita da nove canoni elaborati nei modi più
disparati, una fuga canonica, due fughe chiamate Ricercar e una sonata a tre per
flauto, violino e continuo.
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L’Arte della fuga , invece, è una raccolta di diciannove brani tutti basati su un unico
tema – o una sua trasformazione – e disposti in ordine crescente di difficoltà:
possiamo definirli “musica pura” in quanto non è specificato l’organico strumentale
e non tutte le fughe sono ascirvibili ad uno stesso preciso organico.
I Concerti Brandeburghesi sono 6 e dedicati al margravio di Brandeburgo; sono
ascrivibili ai diversi generi del concerto grosso, solistico e di gruppo. In genere
Bach reinterpreta il modello Vivaldiano in modo contrappuntistico; inoltre quel
contrasto fra solo e tutti viene mitigato in modo da uniformare le parti soliste e
quelle d’orchestra. Sono per la maggior parte in tre tempi, veloce-lento-veloce, i
due esterni nella forma col ritornello.
Cantata: composizione vocale sacra in due parti da eseguirsi una prima e una
dopo il sermone.
Essa consiste nella successione di più sezioni:
! Brano strumentale di introduzione
! Pezzi solistici con l’orchestra: recitativi ed arie col da capo
! Coro in stile mottettistico, ovvero contrappuntistico
! Corale, eseguito dal coro
Alla base della cantata, naturalmente, vi è il corale: infatti si era soliti scegliere le
frasi melodiche del corale come cantus firmus affidandole ad una parte vocale o al
basso; Bach era solito ricorrere alla Barform (a a b) per questo tipo di operazione.
Al di sopra del cantus firmus si elabprava la melodia in tutti i modi possibili.
In principio i testi erano tratti dal Vangelo, ma col tempo si introdussero invenzionipoetiche scritte ad hoc specialmente da poeti che nella maggior parte dei casi
erano pastori luterani. A favorire questo processo contribuì il Pietismo, il
movimento che affermava il diritto alla spontaneità del sentimento religioso da
parte del fedele, quindi una visione molto personale dell’atto di credere.
Passione: la Passione è una composizione che narra la passione e la morte di
Cristo. Quelle di Bach sono di tipo oratoriale, cioè passioni in cui il testo è tratto
dal Vangelo. A noi sono giunte le due passioni secondo Matteo e secondo
Giovanni.La struttura delle Passioni può essere sintetizzata in questo modo:
! Testo del vangelo: in recitativo secco, l’evangelista narra l’evento in terza
persona mentre gli altri personaggi si dividono i dialoghi. Nella passione
secondo Matteo, Gesù è accompagnato da un quartetto d’archi.
! Commento a ciò che è avvenuto: recitativo accompagnato e aria col da
capo eseguito da personaggi astratti che riflettono sulla condizione umana.
! Parti corali: il coro svolge, nelle Passioni, una duplice funzione. Da una parte
rappresenta il punto di vista dei fedeli, una caratteristica derivata dal
Pietismo; dall’altra rappresenta la folla nella narrazione.
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Preludio-corale: è un’improvvisazione organistica che anticipa il canto del corale
da parte dell’assemblea. Il corale di partenza viene messo al soprano e le altre voci
sono legate in senso contrappuntistico a rappresentare l’interpretazione del
significato del testo del corale di partenza. Il preludio-corale, perciò, non è
armonizzazione del corale, bensì corale in contrappunto.
Mentre Bach trascorse la sua vita interamente in Germania, G. F. Haendel lasciò la
Germania per viaggiare prima in Italia, quindi trasferirsi stabilmente a Londra. Se la
fama di Bach fu locale e dovette attendere prima di essere riconosciuta, quella di
Haendel fu immediata ed internazionale. Il dramma musicale di Haendel, frutto
dell’esperienza teatrale vissuta in prima persona in giro per l’Italia, pone l’accento
sulla brillantezza e sulla potenza espressiva del canto virtuosistico.
Haendel si rivolge anche al genere dell’oratorio religioso in l ingua inglese. Si
tratta di un genere destinato ad essere eseguito a teatro o in grandi saloni,
raramente in chiesa. Il soggetto era generalmente tratto dall’Antico Testamento.
La ragione del successo di queste composizioni risiede nella grandiosità di
concezione e nella vigoria espressiva della veste musicale. Il coro ha la parte
predominante ed è tanto dentro la scena quanto fuori, ora coinvolto nei fatti, ora
in funzione di riflessione. Questa particolare attenzione al coro si ricollega alla
pratica degli anthems (cantate su testi biblici in inglese per soli, coro ed orchestra)
di cui grande maestro fu Purcell. Anche Haendel si dedicò a questo genere
compositivo.
Haendel seppe sicuramente interpretare i gusti e le tendenze del pubblico inglese: i
suoi oratori erano ammirati perché si conformavano agli ideali religiosi del
puritanesimo , che si servì di questi oratori per abbattere le tesi dei deisti .
Il testo che più si inserisce in questa disputa ideologica è il Messiah , in cui si palesa
la missione di Cristo: portare a compimento le profezie di salvezza per l’umanità
secondo le promesse dell’Onnipotente. Ampio impiego trovano, nel Messiah , le arie
solistiche in stile operistico, mentre modesta è la presenza di recitativi.
Tesi 28: I l Periodo Classico | Haydn | Mozart | Beethoven
Per periodo classico si intende quel momento della storia della musica compreso
fra il 1750 e il 1820 circa, i cui più grandi artisti furono Haydn, Mozart e
Beethoven. Wendt individua nello stile classico caratteristiche principali quali
equilibrio di forma e contenuto, unità nella molteplicità, universalità
dell’espressione e compiutezza stilistica. Il terreno su cui germina il classicismo è lo
stile galante, ma nuova è la tendenza a considerare la costruzione musicale come
qualcosa di molto più di una semplice melodia accompagnata, bensì un discorso fra
più parti che possiede una propria coerenza interna. C’è un crescente ritorno
d’interesse per il contrappunto, ma non significa tornare a comporre fughe in tutte
le salse, bensì il superamento del dualismo melodia-armonia.
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Questo nuovo periodo fu accompagnato da una nuova forma di organizzazione del
lavoro musicale; il “libero mercato” basato sul profitto, che apriva al compositore
un nuovo spazio al di là della corte e della chiesa. La classe borghese dimostrò un
accresciuto interesse nei confronti della musica, dando così nuovi impulsi alla vita
musicale. Nella seconda metà del XVIII secolo stampa e copia manoscritta erano inconcorrenza: principali centri di stampa erano Londra e Parigi, i manoscritti
avevano il loro centro a Lipsia.
La forma sonata è un principio compositivo fondato sull’organizzazione unitaria
e coerente di elementi armonico-tonali e tematici, che si succedono attraverso
tensioni e risoluzioni. Il primo a comporre in questa forma fu Antonin Reika, per poi
essere utilizzato da tutti i compositori classici.
Sezioni Materiale Tematico T. Maggiore T.
Minore
Esposizione I gruppo Tonica Tonica
Transizione Modulazione
Modulazione
Secondo gruppo Dominante Relativa
Maggiore
Gruppo Conclusivo Dominante Relativa
Maggiore
____________________________________________________________
_______________________________________Sviluppo Elaborazione dei materiali Svariate tonalità Svariate
tonalità
____________________________________________________________
_______________________________________
Ripresa con coda Riesposizione dei materiali Tonica
Tonica
dell’esposizione, di norma
basata sul primo gruppo,
talvolta con caratteri di svi-luppo.
La sonata, perciò, si presenta con una struttura tonale bipartita, in cui i passaggi
fondamentali sono scanditi da degli elementi tematici e/o armonici particolari,
chiamati articolazioni , necessari per scandire la struttura della forma sonata. I punti
di articolazione sono rinforzati quasi sempre da una pausa, cambiamento di ritmo o
di tema.
L’esposizione è la presentazione del primo materiale tematico, nonché definizione
immediata ed inequivocabile della tonica. La trama musicale passa poi al V grado
se la tonalità d’impianto era maggiore, al III grado se era minore, per poi
confermare questa tonalità prima dello sviluppo.
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Lo sviluppo è una sezione di instabilità tonale caratterizzata dalla mancanza di forti
punti di articolazione. Il suo scopo è sia quello di ritardare il movimento armonico,
sia quello di preparare la risoluzione alla tonica che si terrà nella ripresa. Per non
dare l’impressione di una seconda tonalità che possa rivaleggiare con la tonica o la
dominante si ricorre a veloci passaggi modulanti ed estesi cromatismi.La ripresa risolve le tensioni armoniche delle due sezioni precedenti riaffermando la
tonica, il che non significa certo la ripetizione invariata di tutto il materiale
tematico dell’esposizione.
La coda è un’estensione della ripresa la cui funzione è quella di riaffermare la
tonica facendo uso quasi sempre del tema principale. Un tipo particolare di forma-
sonata è il rondò-sonata, nel quale il ritornello del rondò viene proposto sia fra
esposizione e sviluppo, sia nella coda.
Concerto solistico: a partire dalla metà del Settecento questo tipo di concerto
ebbe una grande diffusione. Ad imporsi nel panorama del concerto solista fu il
pianoforte, grazie all’apporto di autori quali C. PH. E. Bach e Wagenseil.
Nel primo movimento dei concerti scritti intorno al 1750 cominciò a
standardizzarsi il numero delle sezioni di “solo”, con di norma 3 sezioni di solo
incorniciate da quattro ritornelli. Il primo solo è di carattere modulante, il secondo
termina al relativo minore, il terzo ritorna alla tonica.
Il ritornello orchestrale venne ad ampliarsi, mentre armonicamente poteva rimanere
alla tonica o spaziare alla dominante per poi ritornare alla tonica.
A differenza di Haydn, Mozart scrisse concerti solistici per tutti gli strumenti allora
in uso, eccetto violoncello, tromba e trombone.
Sinfonia da concerto: fu il genere che subì le trasformazioni più profonde. Si
assistette alla definitiva separazione della sinfonia da concerto dalla sinfonia per
ouverture “avanti l’opera”. La sinfonia da concerto prese la forma di 4 movimenti:
Allegro-andante-Minuetto-Presto. Il primo movimento è in forma sonata, il Minuetto
è articolato in due sezionj, con la ripetizione della prima dopo il Trio, dando vita ad
una struttura tripartita.
Il tema con variazioni è una forma molto usata come composizione autonoma;
Mozart ne scrisse un buon numero per pianoforte solo e pianoforte a 4 mani.Divenne inoltre comune anteporre un’introduzione lenta al primo movimento.
La sinfonia concertante prevedeva, invece, due o tre movimenti in cui l’orchestra
regolare era affiancata da un gruppo di strumenti solisti. Fra i primi ad usare
questo genere furono Devienne, Gossec, Cambini.
Franz Joseph Haydn (1732-1809) vive in un periodo di transizione del
panorama musicale, ovvero nasce prima della morte di Bach e muore dopo Mozart.
Lavora alla corte degli Esterhazy per poi recarsi a Londra nel 1790 e rimanervi fino
alla morte.
Haydn è universalmente conosciuto come uno dei più grandi compositori di
quartetti d’archi. Con Haydn, questo genere acquista uno spessore sonoro, una
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complessità e raffinatezza di linguaggio, un’ampiezza di struttura prima di allora
sconosciuti. Ad eccezione delle prime produzioni, a cinque movimenti, ciascuna
serie è costituita di sei composizioni, ognuna di norma in quattro movimenti.
Haydn distribuisce il materiale tematico in tutte le parti servendosi della scrittura
contrappuntistica. Nei primi movimenti applica la forma-sonata e lo Sviluppo èspesso più esteso dell’Esposizione. La bizzarra fantasia di alcuni movimenti e la
particolare sensibilità delle frasi melodiche sono da attribuire all’influenza dello stile
empfindsamer . Il quartetto che segna la svolta nello stile di Haydn è quello op. 33,
in cui stilisticamente si avvertono alcuni cambiamenti importanti nel modo in cui
interagiscono le parti, nella netta caratterizzazione di ciascun movimento, nel
carattere più vivace dei minuetti, nel tema di sapore “popolare” del quarto
movimento, scritto di norma in forma di rondò o tema con variazioni.
Non meno importante è stato il contributo di Haydn nel portare lo stile sinfonico
alla graduale definizione e ad un nuovo livello di alta complessità. La maggior parte
delle sue sinfonie sono state composte alla corte degli Estherazy, mentre le ultime
dodici, le londinesi , sono state scritte a Londra. E’ stato di recente confermato che
molte delle sinfonie del periodo Esterhaza avevano anche funzione di entr’acte per
rappresentazioni teatrali di prosa.
I lavori più importanti della maturità creativa di Haydn sono senz’altro i due grandi
oratori La creazione e Le stagioni . Entrambi si ispirano agli oratori di Haendel:
grandi arie liriche, frammiste a recitativi semplici o ariosi, si alternano a cori di
ampio respiro, spesso fugati, e sono concepiti per un vasto organico strumentale.
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791): la formazione musicale di mozart èlegata alla figura del padre Leopold, che scoprendo le potenzialità del proprio figlio
prodigio lo porta con sé in giro per l’Europa. Grazie al padre, Mozart trova lavoro
come maestro a Salisburgo, ma viaggia moltissimo, specialmente in Italia, venendo
a contatto con il mondo dell’opera buffa e seria, e a Vienna, dove conosce i
quartetti d’archi di Haydn. La volontà di mettersi alla prova a livello europeo e di
uscire dall’ombra del padre lo spingono a lasciare Salisburgo e a trasferirsi a
Vienna, dove lavora come libero professionista, vivendo delle rendite dell’attività di
maestro di musica, dei proventi delle opere teatrali e dei propri concerti per
pianoforte, di cui lui stesso è solista. Gli ultimi anni della sua vita sono segnati dallamiseria e dalla malattia.
Nell’ambito della musica strumentale, Mozart rappresenta il primo esempio di libero
professionista, il primo passo verso l’emancipazione dei musicisti dalle corti.
Malgrado il successo riscosso dalle sue abilità pianistiche, le critiche mosse contro
di lui si lamentavano tanto della complessità eccessiva delle sue composizioni,
quanto della mancanza di raffinatezza delle melodie.
Ciò che trova maggiore materia di discussione è, invece, la produzione teatrale di
Mozart, che scrisse un totale di ventidue opere teatrali. Al filone delle opere serie
appartengono Mitridate, Silla, Il re pastore, Idomeneo, La clemenza di Tito ; al
genere buffo La finta semplice, La finta giardiniera, Lo sposo deluso e i tre
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capolavori con libretto di Da Ponte Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan
tutte ; appartenenti al genere del Singspiel sono Il ratto dal serraglio, L’Impresario,
Il Flauto Magico .
Le opere teatrali di Mozart non possono essere definite “innovative” in quanto si
mantengono nel solco della tradizione che le precede, in particolare il Singspiel el’opera comica. Innegabile è l’influenza esercitata dall’opera italiana, sia nello stile,
sia nelle modalità di composizione: infatti Mozart era solito “confezionare” le
proprie opere in funzione del cast di cantanti che le avrebbero interpretate,
aggiungendo arie alternative e prestandosi a modifiche per adattarlo ai nuovi
interpreti.
L’Idomeneo , commissionata da Carl Theodor, è l’opera che più dimostra il modo in
cui la tradizione precedente a Mozart venga interamente assorbita dall’originalità
creativa del compositore. La partitura è la più ricca che il compositore abbia mai
concepito, tagliata su misura per l’orchestra di Mannehim (trasferitasi a Monaco,
ndr.) e numerosi sono i pezzi orchestrali che contribuiscono a spezzare l’impianto
formale di tipo metastasiano: le danze, le scene pantomimiche, le marce.
Con Il ratto dal serraglio , invece, Mozart creò il primo capolavoro nella storia del
Singspiel tedesco. All’epoca di Mozart, il Singspiel era un genere ibrido, aperto agli
influssi più disparati; in origine era una commedia in musica, o meglio con inserti
cantati, basata su argomenti fantastici, favole o storie popolaresche ambientate in
luoghi immaginari. Le arie erano di facile esecuzione e di forma strofica, mentre i
recitativi erano sostituiti da sezioni in prosa. L’intenzione era quella di fondare ungenere teatrale in lingua tedesca i cui protagonisti fossero personaggi estratti dal
mondo popolare.
A Vienna, il Singspiel venne apprezzato anche dalgi ambienti aristocratici. E fu
questa tendenza che suggerì a Mozart di concepire Il ratto del Serraglio attingendo
a piene mani sia dall’opera comica italiana, sia dal Singspiel . L’esotico soggetto
“turco” piacque immensamente al pubblico viennese, e nuovo è il colorito
orchestrale determinato da questa musica “orientale”.
Mozart trovò soprattutto in Lorenzo Da Ponte il poeta adatto a perseguire il suodisegno drammaturgico musicale che investiva gli aspetti più sottili del rapporto
fra testo e musica. Di Da Ponte sono i libretti delle tre grandi opere di Mozart: Le
nozze di Figaro, Don Giovanni e Così Fan Tutte , tutte portate a termine nel tempo
incredibilente breve di quattro anni. Ciascuna delle tre opere dapontiane ha in
comune un’ambientazione reale che appartiene al vissuto degli spettatori; nella
prima, il castello del conte Almaviva, vicino Siviglia; nella seconda una città
spagnola; nella terza la Napoli del tardo XVIII secolo.
L’intreccio de Le nozze di Figaro ruota attorno all’amore di Figaro e Susanna e alla
loro ferma volontà di sposarsi a dispetto di tutte le complicazioni e gli
sconvolgimenti che avvengono nella loro storia. Don Giovanni descrive la passione
sensuale/carnale impersonata dal protagonista, che infrange le regole dell’amore,
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della fedeltà e della dignità umana, per poi subire l’ira di un potere superiore che lo
fa sprofondare nell’abisso. Quest’opera contiene elementi sia dell’opera seria, sia
dell’opera buffa, come si può dedurre dalla divisione dei personaggi in seri (Donna
Anna, Donna Elvira, Don Ottavio) e buffi (Masetto, Leporello, Zerlina) che
influiscono sul modo in cui si comporta di conseguenza il protagonista (DonGiovanni); elementi di un genere che fu definito da Mozart dramma giocoso , anche
perché al di là degli elementi seri la trama è decisamente tragica, e gli indizi di
questa tragicita sono intrinsechi, ad esempio, all’overture bipartita lento-allegro, a
simboleggiare le due facce del protagonista.
Così fan tutte ha per argomento le leggi dell’amore ed è un’amara satira
sull’instabilità in amore delle donne.
Il flauto Magico è, invece, l’ultima opera tedesca di Mozart. Questo Singspiel è un
racconto fantastico intriso di significati simbolici, di apparizioni soprannaturali e alti
concetti morali, ambientato in un Egitto immaginario in cui Tamino e Papageno
dovranno sostenere numerose prove per ottenere l’amore delle loro amate, felicità
e verità.
Ludwig van Beethoven (1770-1827): originario di Bonn, dimostra
precocemente attidudini musicali e già nell’83 è maestro di cembalo e ottiene
incarichi di corte a Bonn. A ventidue anni si trasferisce a Vienna e studia
composizione sotto la guida di Haydn. Grazie alla fama di virtuoso pianista e alla
fortuna delle sue opere egli è in grado di godere di rendite cospique affermandosi,così, come il primo musicista libero professionista. Intorno agli ultimi anni ’90 lo
coglie la malattia all’orecchio, e col tempo diventa totalmente sordo, anche se ciò
non gli impedisce, dopo un periodo di silenzio, di continuare a comporre. Muore nel
1827 di cirrosi epatica.
Sulla base di effettive differenze stilistiche possiamo dividere l’intera produzione di
Beethoven in tre periodi:
! Primo periodo: 1782-1802 circa. Fra le opere significative figurano le prime
due sinfonie, venti sonate per pianoforte da op. 2 a op. 31, i sei quartetti per
archi op. 18, i primi tre concerti per pianoforte ed orchestra.! Secondo periodo: 1803-1815 circa. Le sinfonie dalla terza all’ottava, tra le
quali l’Eroica , l’opera Il Fidelio , quartetti op. 59.
! Terzo periodo: 1816-1826 circa. La nona sinfonia, le ultime cinque sonate
per pianoforte, gli ultimi quartetti, Variazioni sul walzer di Diabelli e la Missa
solemnis .
Primo periodo: fin dall’inizio della sua carriera, Beethoven operò nell’intento di
espandere le strutture formali che aveva ereditato dai suoi predecessori. Tipico
esempio sono i trii per pianoforte, violino e violoncello: al di là dell’influenza di
Haydn, sono tutti in quattro movimenti, di grande durata e con lunghe code nei
primi movimenti. Le sonate per violino e pianoforte, dai temi equilibratamente
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distribuiti fra i due strumenti, dimostrano la predilizione di Beethoven per il violino.
Il pianoforte, invece, era lo strumento con il quale dimostrava il suo talento e
anche lo strumento pe rilq uale non smise mai di comporre; da una parte vi era la
passione, dall’altra la certezza del profitto, in quanto numerosi erano a Vienna gli
allievi pianisti. Nella sua ricerca compositiva, Beethoven pretese sempre di più dauno strumento in continuo sviluppo, scrivendo ai costruttori del tempo perché
implementassero alcune caratteristiche, ampliassero la sua estensione e ne
rendessero il timbro più robusto.
Le prime sonate di Beethoven si avvicinano come forma a quelle di Haydn, Mozart,
Clementi, anche se il tocco dell’autore si riconosce nelle ampie dimensioni dei primi
movimenti, con Esposizioni ricche di materiali tematici contrastanti, a scelte
originali come l’introduzione lenta della Patetica .
Nella prima sinfonia, Beethoven dimostra la volontà di sfruttare al meglio l’organico
standard rivalutando il ruolo dei fiati ed introducendo i tromboni, pur utilizzando un
organico conforme all’orchestra di Mozart ed Haydn.
Secondo periodo: è caratterizzato dalla volontà di avviare un salto di qualità
nello stile, perfezionandolo e rendendolo più personale. E anche originale: ne è da
esempio l’atipico ritmo con il quale si apre la quinta sinfonia, divenuta poi
celeberrima. Allo stesso tempo, la semplicità dei temi gli permette di cogliere
immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore e di organizzare sviluppi molto più
complessi. Nell’Esposizione, così, si assiste alla ripetizione variata del tema
principale, mentre la principale area di tensione del materiale tematico, nonché la
più estesa, diventa lo Sviluppo. In questo periodo, infine, aumenta di estensioneanche la Coda, contrassegnata da modulazioni sorprendenti ed improvvise che la
pongono quasi come un secondo Sviluppo. Tutti questi sono indizi di un
progressivo sviluppo dello stile di beethoven verso il grandioso e monumentale.
Apice di questa evoluzione è la terza sinfonia, l’Eroica . Gigantesche sono le
dimenzioni del lavoro, immensa la quantità di materiale tematico e straordinario il
modo in cui viene adoperata la forma sonata nel primo movimento. Innovativa,
inoltre, è la scelta di impiegare una marcia funebre al posto del consueto
movimento lento. Questi caratteri si trovano ancor più accentuati nella quinta
sinfonia, mentre nella sesta, Pastorale , si palesa la volontà di Beethoven diriformare anche il campo della musica puramente descrittiva: ne è un esempio
l’indicazione fornita al primo violino (“Più un’espressione di sentimento che una
rappresentazione pittorica ”).
Terzo periodo: malgrado la sua fama e le rendite delle sue opere, gli ultimi anni
di vita di Beethoven furono vissuti dal compositore nell’isolamento e nella crisi
interiore. Dopo un silenzio durato quasi cinque anni, torna a comporre in uno stile
caratterizzato da un’esplorazione quanto mai intensa della scrittura
contrappuntistica al fine non di ritornare al passato, bensì di gettare le basi per
una logica nuova, astratta, che per la prima volta potremmo definire
“avanguardia”. Il concetto di tema diventa ambiguo: per Beethoven è una formula
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astratta, una struttura costituita da un raggruppamento di intervalli che regola il
tessuto motivico dell’intera composizione o di parte di essa. Perciò le opere
dell’ultimo periodo si fondano su una cellula tematica astratta che si delinea come
idea di fondo di un intero movimento: ciò giustifica il frequente ricorso alle
variazioni e la brevità dello Sviluppo, quando molta elaborazione tematica viene giàsvolta nell’Esposizione.
L’unico momento in cui Beethoven ritorna allo stile eroico è nella Nona Sinfonia in
Re min, in cui fondamentale è l’introduzione, nella parte finale, del coro: questo
immenso lavoro ebbe una gestazione più lunga e travagliata del previsto. I primi
tre movimenti sembrano essere concepiti come preparazione al momento
colminante, rappresentato dal trionfante Finale corale.
Tesi 29: I l periodo Romantico e Tesi 30: La musica strumentale nei
secoli XIX e XX
Nota: ho preferito unire queste due tesi in quanto nei programmi ministeriali non
c’è una chiara distinzione degli argomenti, tanto che mi trovo in difficoltà su dove
incudere il teatro francese e italiano dell’Ottocento.
Il Romanticismo è un movimento culturale, filosofico e sociale che nasce e si
sviluppa in Germania da fine Settecento, per poi diffondersi in tutta Europa. Le
guerre d’indipendenza, le rivoluzioni sociali e il nuovo orizzonte della letteratura si
riflettono nella musica solo con un decennio di ritardo, cosa che genera un ritardo
cronologico fra il Romanticismo in letteratura e il Romanticismo in musica.La nuova classe borghese promuove la musica tanto sul piano privato,
incrementando la stampa di riduzioni per l’uso domestico, tanto su quello pubblico,
con l’affermazione dell’idea del concerto aperto al pubblico. E’ in questo periodo,
inoltre, che nasce il concetto di storia della musica e compaiono le prime
pubblicazioni di manuali, come quello di Burney, in concomitanza con la riscoperta
di autori del passato come Palestrina e Bach, del quale Vorkel scrive la prima
biografia e Mendlessohn cura la prima edizione moderna della Passione secondo
Matteo .
I l pezzo caratteristico
Intorno al pianoforte si muoveva, nell’Ottocento, un crescente interesse artistico,
culturale ed economico: crescente era il numero di pianisti quanto quello di
compositori, editori e fabbricanti di strumenti, grazie anche alle ultime innovazioni
apportate allo strumento, come il doppio scappamento, che permisero tanto una
maggiore estensione quanto un suono pastoso e brillante insieme. A partire dal
1820 prese piede un genere pianistico denominato pezzo caratteristico
(Charakterstuk ), ovvero un breve pezzo lirico al quale veniva assegnata un’ampia
varietà di nomi (impromptu, improvviso, capriccio, notturno etc…) che nella
maggior parte dei casi seguiva una struttura ternaria ed era concepito per essere
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eseguito in un clima intimistico e domestico, destinato, perciò, alle esecuzioni
private.
Tra i principali autori di questo repertorio troviamo Schubert, Schumann e Chopin.
Apprezzato solamente dopo la sua morte, Schubert diede un’importante
impulso allo sviluppo delle forme brevi per pianoforte: i suoi Impromptus eMoments musicaux sono composizioni contrassegnate da una fertilità inesauribile
dell’invenzione melodica, ognuna corrispondente ad un diverso stato d’animo.
Nell’opera, invece, di Schumann, le composizioni pianistiche occupano un
posto di grande rilievo, e la spiccata inclinazione di Schumann per la letteratura
contribuì a stabilire un legame del tutto privilegiato fra musica e poesia, cosicché
nelle sue opere è possibile ritrovare continui rimandi alla letteratura del tempo. Le
brevi composizioni pianistiche di Schumann che appartengono al filone del pezzo
caratteristico sono organizzate in ampli cicli e di solito unite da un’idea poetica
comune: i Papillons op. 2 e Carnaval op. 9 sono entrambe ispirate ad un clima
festoso di “ballo in maschera”, le Scene d’Infanzia sono una rievocazione
nostalgica del mondo infantile, mentre nei Kreisleriana si trovano riferimenti al
mondo magico e demoniaco di Hoffmann. I brani di ciascun ciclo, talvolta
brevissimi e d’espressività concentrata, si dispongono in un continuo alternarsi di
stati d’animo, mentre a garantire un’unità salda è spesso il principio della
variazione applicata ad un nucleo melodico minimo ma denso di potenziale
armonico e melodico. Questa variazione intesa come un libero fantasticare
risponde ad un preciso scopo espressivo, ovvero creare un mondo poetico teso ad
un’innappagabile Sensucht , ovvero quel sentimento di “desiderio di desiderare”,
accomunabile solo in parte al concetto di nostalgia . La scrittura pianistica diSchumann richiede dall’esecutore il massimo impegno sia dal punto di vista
tecnico, sia interpretativo, specialmente nello sfruttare tutta la gamma di timbri
del pianoforte.
Le composizioni pianistiche di Chopin non presentano, al contrario di quelle
di Schumann, alcuna traccia di connotazioni filosofico-letterarie od extramusicali. E’
una musica che esiste come arte autonoma, ossia per se stessa senza bisogno di
riferimenti letterari diretti o indiretti. La produzione di Chopin comprende quasi
esclusivamente pezzi per pianoforte concepiti per l’ambiente del salotto o per
l’esercizio didattico. E’ quindi musica dominata dal gusto per la leggerezza, lagrazia, fondata sulla cantabilità, oltre che sull’esibizione virtuosistica, tanto che
l’arte del canto ha rappresentato per Chopin il modello ideale e definitivo di
interpretazione. Gran parte delle sue opere è governata dal principio della melodia
accompagnata da arpeggi che abbracciano ampie zone della tastiera; l’effetto
sonoro desiderato da Chopin richiede non soltanto tocco e tecnica perfetti, ma
anche padronanza del pedale. I ventuno Notturni sono composizioni tipiche per il
carattere malinconico e per la tendenza ad evocare un’atmosfera intima e raccolta.
Fanno parte di un genere, quello del notturno ottocentesco, inaugurato da Field:
Chopin introdusse l’uso di una struttura tripartita in cui la parte centrale fosse di
carattere contrastante e più animata rispetto al disteso lirismo di quelle esterne,
anche se alcuni notturni presentano strutture insolite come quella del rondò. Le
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Mazurke posseggono molti tratti stilistici della danza polacca, ma trasposti in
maniera stilizzata e con un linguaggio pianistico essenziale. I quattro Scherzi ,
invece, presentano una propensione verso un pianismo brillante e virtuosistico. Gli
Studi sono concepiti a scopo didattico e sono fra i primi a combinare lo sviluppo
della tecnica con i più affascinanti contenuti e significati musicali. Infine i Preludisono disposti in tutte le ventiquattro tonalità maggiori e minori, ma vanno oltre la
tradizione didattica del Clavicembalo ben temperato di Bach. L’accezione del
termine preludio viene intesa come qualcosa di poeticamente autonomo e non di
introduttivo a qualcos’altro, e i preludi condensano diversi generi di composizione
e i più disparati mezzi di espressione.
I l Lied
Il L ied per voce sola e pianoforte occupa un postorilevante nel panorama musicale
del romanticismo tedesco in quanto soddisfa l’esigenza di un’espressione intima e
soggettiva, realezzata mediante la più profonda compenetrazione fra testo
poetico e musica.
Il Lied è costituito da una linea melodica di marcata cantabilità che di regola
aderisce allo schema metrico (di norma molto regolare) del testo poetico, di cui
rispecchia il contenuto emotivo-espressivo. Il Lied può essere strofico, con
un’unica melodia ripetuta in tutte le strofe, o non strofico, del tipo detto
durchkomponiert , di forma aperta, dove la musica segue il testo da cima a fondo
senza ritornelli o ripetizioni. Il Lied ra un genere diffuso già nel Settecento, ma è
solo nell’Ottocento che raggiunge una profondità e una complessità primasconosciute.
Il Lied è al centro della produzione musicale di Schubert, in cui si approfondisce il
rapporto fra voce e pianoforte e l’accompagnamento svolge la funzione di
suggerire qualche immagine pittorica del testo. I testi dei Lieder di Schubert sono
tratti da opere di scrittori famosi quali Goethe e Shiller. Alcune delle pagine più
belle di Schubert si trovano nei due cicli La bella Mugnaia e Viaggio d’inverno , che
hanno entrambi per protagonista la figura del viandante, metafora del faticoso
procedere della vita attraverso intense emozioni e sofferenze.
Il più importante successore di Schubert fu Schumann , che compone più di 130Lieder distribuiti in una ventina di cicli lunghi e brevi. Il ciclo Amore di Poeta , ad
esempio, comprende poesie che hanno per tema l’amore irriquieto che inizia a
primavera per essere interrotto dalla cruda realtà e svanire nel nulla. A differenza
di Schubert, Schumann predilige la forma del durchkomponiert , mentre la parte
d’accompagnamento assume in molti casi una funzione predominante, specie negli
interludi e postludi molto estesi affidati al solo pianoforte.
Predilige la forma strofica, invece, Brahms , che in cicli come La bella Magelone
affida al pianoforte una funzione di semplice accompagnamento alla linea vocale,
lontano dalla concezione di Schumann; da ricordare che Brahms aveva un
particolare interesse per il Volkslied ovvero il canto popolare. Infine da ricordare la
figura di Wolf, che utilizza la forma aperta e non adotta mai una melodia tratta dal
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canto popolare. Egli impiega una libera declamazione simile alla lingua parlata, un
linguaggio derivato sicuramente da Wagner.
Sinfonia, musica da camera e poema sinfonico
Per la loro diversità e potenza espressiva, le sinfonie di Beethoven furono punto di
partenza e premessa di tendenze divergenti nella storia del genere sinfonico
dell’Ottocento. Da una parte, la Quarta, Settima e Ottava confermarono uno stile
che si basava sulle forme consacrate della tradizione classica: è un filone che
comprende autori come Brahms, Schubert, Mendlessohn. Dall’altra, vi furono
compositori che presero le mosse, invece, a partire dall’Eroica, la Quinta e la Nona ,
nonché dalla Sesta (Pastorale), specialmente se parliamo di autori come Berlioz e
Liszt. Quest’ultima tendenza portò sia allo sviluppo della sinfonia a programma,
sia alla nascita del poema sinfonico.
Per musica a programma si intende tutta quella musica strumentale che si
serve di titoli descrittivi che rimandano ad elementi extramusicali. L’uso
dell’elemento descrittivo è frequente già a partire dal Settecento, specialmente in
Vivaldi, che in lavori come Le quattro Stagioni appone dei sonetti ad ogni
stagione per meglio indicare i vari elementi che vuole descrivere, servendosi perciò
tanto di effetti onomatopeici quanto di elementi psicologici. Più profondo è il
rapporto fra “programma” e musica in Beethoven, con la sua Sesta sinfonia
definita “Pastorale”: Beethoven sente la necessità non di creare musica descrittiva,
bensì di gettare le basi per un programma psicologico: ne è un esempiol’indicazione data al primo violino all’inizio della sinfonia (più espressivo di
sentimenti che descrizione ). Eccezionalmente questa sinfonia presenta, inoltre,
cinque tempi, e non quattro. Un importante contributo al sinfonismo romantico
legato a tematiche extramusicali venne dal francese Hector Berlioz, il quale
compose pressoché esclusivamente lavori orchestrali. Quando egli cominciò a
comporre la Sinfonia Fantastica aveva già scoperto alcune sinfonie di Beethoven,
un’ispirazione che gli permise di sperimentare strutture compositive caratterizzate
dalla ciclicità e di sfruttare inediti colori orchestrali, ispirazione che gli deve essere
giunta in modo particolare dalla Pastorale . Nella Sinfonia Fantastica , alla cuiesecuzione veniva distribuito un programma letterario scritto, l’artista è
ossessionato dall’immagine della donna da lui fortemente amata, e in un gesto di
disperazione ingerisce una dose di oppio e in un sogno immagina di aver ucciso la
propria donna e di essere condotto al patibolo. Novità principale nella Fantastica è
la ricorrenza del tema di apertura in veste sempre diversa a simboleggiare
l’ossessione del musicista per la donna amata.
Sull’esempio di Berlioz, il sinfonismo a programma si orienta in direzioni nuove ad
opera di Liszt. Secondo Liszt, mentre nella musica classica la ripresa e lo sviluppo
dei temi sono determinati da regole formali, nella musica a programma ripetizione,
modulazione e variazione sono condizionate da un’idea poetica , che fa della musica
a programma non un genere descrittivo , bensì poetico . Indispensabile, perciò, si
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rende il collegamento fra musica e letteratura per il raggiungimento di una più alta
e precisa espressione, inaccessibile alla parola e all’immagine. Mentre la sinfonia a
programma è articolata in più movimenti distinti, il poema sinfonico è di regola
sviluppato in un unico vasto movimento con pochi temi contrastanti che
vengono costantemente variati, contrapposti o ripetuti in veste completamentediversa. Lo spunto extramusicale è comunque identificato dal titolo, da alcune
didascalie o da versi poetici disseminati nella partitura. Opere principali di Liszt
sono la Sinfonia Faust , l’Hamlet e Ce qu’on entend sur la montagne .
Il compositore che portò alla maturazione più completa di questo genere fu
Richard Strauss. I suoi sono lavori che si distinguono per l’arte raffinata di
elaborazione e combinazione dei motivi. Nel Don Chisciotte , i due personaggi
principali sono rappresentati da due temi esposti in un prologo principalmente da
un violoncello solista e un clarinetto basso, spesso unito al basso tuba,
dimostrazione della capacità di fissare nella memoria i temi con il sapente uso di
particolari combinazioni orchestrali. Also sprach Zarathustra è una libera
interpretazione dell’ononimo scritto filosofico di Nietzsche, in cui Strauss volle
esprimere un quadro musicale dello sviluppo della razza umana attraverso le sue
fasi e i suoi conflitti interiori. Il brano è aperto da un preludio (Do-Sol-Do) e
seguono otto episodi senza interruzione, tra questi da ricordare il quinto, costruito
in forma di fuga e riferito al capitolo “Della scienza”.
Le quattro sinfonie di Brahms assumono la posizione di eredi insigni di quelle
beethoveniane e non sono ispirate ad alcun programma extramusicale. Articolate
tutte in quattro movimenti, il loro metodo compositivo risente del contrappunto distampo tradizionale e dell’interesse per le forme antiche di scrittura musical,
inserite però in un contesto sonoro denso e multicolore. Un esempio è la
variazione , utilizzata nel movimento finale della Quarta Sinfonia , in cui Brahms
presenta trenta variazioni e una coda su un tema di passacaglia.
Anche le sinfonie di Brukner, tutte in 4 movimenti, conservano di massima le
forme classiche e nessuna è esplicitamente programmatica, ad eccezione della
Quarta sinfonia , “Romantica” (1874). Derivò principalmente dalla Nona di
Beethoven la sua concezione grandiosa della forma sinfonica, massicciamenteestesa fino a raggiungere proporzioni colossali, e da Beethoven ricavò alcuni
procedimenti quali la presentazione di motivi variati nei tempi lenti e la citazione
dei temi dei movimenti precedenti nel finale. Fu profondamente influenzato anche
da Wagner. Uno dei tratti distintivi dello stile sinfonico buckeriano è il taglio
solenne del suo discorso musicale dato dal carattere organistico del suo impianto,
spesso diviso in “cori” contrapposti come i registri dell’organo. Tipico è anche il
ricorso a melodie semplici a carattere innodico accompagnate da lunghe distese di
tremoli.
Gustav Mahler era profondamente convinto che la musica dovesse scaturire da
un programma ideale extramusicale. Mahler scrisse nove sinfonie e ne abbozzò una
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decima prima di morire, una produzione alla quale si aggiungono numerosi cicli
liederistici e una brillante carriera di direttore d’orchestra alla filarmonica di Vienna
e New York. L’opera sinfonica di Mahler riecheggia senza dubbio le tensioni della
grande crisi sociale e spirituale che viene definita decadentismo , ovvero un
processo di reazione nei confronti del razionalismo materialista e del naturalismopositivista. Il mondo interiore di Mahler appare dominato da un senso di angoscia
esistenziale, di profonda malinconia e di tragica grandiosità. Il significato globale
della musica di Mahler risulta nella convivenza paradossale di uno stile raffinato a
fianco della banalità: vedi, ad esempio, il terzo movimento della Prima sinfonia , che
si apre sulle note in minore del canone Frere Jacques per poi sfociare in un motivo
strumentate in maniera geniale che si contrappone immediatamente al primo tema.
Se la Seconda sinfonia presenta una natura prettamente metafisica, la Terza si può
considerare una meditazione sul mondo fisico che termina con l’amore di Dio.
Questa sinfonia richiede un organico molto più esteso delle precedenti. Le tre
sinfonie composte fra il 1901 e 1905 sono opere unicamente strumentali (prima
era presente anche il coro) prive dell’elemento programmatico, e ricordano la
granitica monumentalità di Bruckner. Nelle opere degli ultimi anni, invece, Mahler si
pone con risolutezza tragica di fronte al pensiero della morte: ne è testimonianza
la monumentale Ottava Sinfonia , che richiede non solo un’orchestra immensa, ma
anche otto voci soliste, un doppio coro misto e un coro di voci bianche.
Tesi 31: Le scuole Nazionali
Le Scuole Nazionali sono il risultato delle influenze delle teorie nazionalistiche nelcampo musicale. Con la crescente convinzione che gli stati debbano coincidere con
le nazionalità e le lingue nacque anche l’esigenza di sviluppare delle forme musicali
proprie del paese di appartenenza: la prima conseguenza fu il graduale sviluppo
dell’opera nazionale contrapposta all’opera italiana .
Nella musica strumentale, però, il problema si pose circa un secolo più tardi su due
fronti: da una parte, quella di “spurgare” la musica degli elementi classici; dall’altra
quella di liberarsi dal predominio del romanticismo, un’esigenza sentita soprattutto
dalle popolazioni non germaniche. In principio, questi nazionalismi si manifestavano
principalmente nella tendenza ad inserire elementi popolari ed etnici all’internodelle composizioni: Chopin fu uno dei primi ad utilizzare le forme della mazurka e la
polka, mentre Liszt scrisse rapsodie basate sulla musica degli zingari ungheresi.
Nella seconda metà dell’Ottocento queste tendenze si organizzarono nelle
cosiddette scuole nazionali, che si ponevano come scopo la ricerca e lo sviluppo
di una musica nazionale e popolare. Una delle più importanti era la scuola russa,
che si organizzò intorno all’opera del pianista e compositore Anton Rubinstein,
che fondò la Società per la Musica Russa e il primo conservatorio di musica. In
realtàil periodo d’oro di questa scuola si condensa negli anni di attività del gruppo
dei Cinque: Balakirev, Cui, Borodin, Musorgskij e Rimskij-Korsakov, dei quali solo
Balakirev era musicista di professione. Il più importante dei Cinque è sicuramente
Musorgskij: nel campo dell’opera nazionale scrisse Boris Godunov, un’opera che
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basandosi su una storia medioevale locale, utilizzando la lingua russa e unendo
l’uso di melodie popolari con la musica liturgica modale resenta tutte le
caratteristiche del teatro nazionale russo. La sua opera piùimportante in ambito
strumentale è Quadri di un’esposizione , dieci scene che rappresentano
musicalmente dieci quadri di un pittore amico del musicista, Victor Hartmann,raffiguranti soggetti fiabeschi russi, del folklore slavo o quadretti di genere,
raccordati tra loro dalla ripetizione della Promenade, un imponente brano dal
sapore modale tipicamente russo.
Il fascino particolare della musica orchestrale di Rimskij-Korsakov, invece, emerge
in maniera particolare nelle tre composizioni Il Capriccio spagnolo, Sheherazade e
Overtoure per la festa della Pasqua russa .
Chi invece funge da fusione degli elementi russi con quelli europei è Caikovskij, il
cui repertorio è costituito, oltre ai melodrammi, da sinfonie, da concerti per
pianoforte e dal concerto per violino. Particolarmente importanti sono le musiche
per balletto – Il Lago dei Cigni, La bella addormentata, Lo Schiaccianoci – un
genere che egli fondò ex novo .
Delle altre scuole nazionali ricordiamo quella boema (Dvorak e Smetana), quella
norvegese (Grieg), quella finlandese (Sibelius), e quella spagnola (Albeniz e
Granados).