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ASSETTO ISTITUZIONALE DELL'UNIONE
E SUE COMPETENZE
DI NICOLETTA PARISI E DINO RINOLDI*
SOMMARIO: Sez. 1° Breve storia dell'integrazione europea - 1.
Identitá nazionali e identitá europea: l’ "idea di Europa". – 2. Dal mondo
delle idee alla progettualitá politica: le Organizzazioni europee istituite a
partire dalla fine del secondo conflitto mondiale del XX secolo. - 3. Le
Comunitá europee: origini e competenze. In particolare: l’approccio
funzionalistico all’integrazione del continente europeo. - 4. Il "dinamismo
evolutivo” delle Comunitá europee.– 4.1. L'avvio e gli sviluppi della
cooperazione intergovernativa nel quadro comunitario: dal "Rapporto
Davignon" … - 4.2. … al Trattato di Nizza sull'Unione europea.
1. Identitá nazionali ed identitá europea: l’ "idea di Europa"
Da ormai più di mezzo secolo é in atto nel continente europeo un
processo – accidentato, tortuoso, non lineare, ma esaltante perché di
portata epocale – indirizzato alla costruzione di una forma di integrazione
che, partendo dalla materia economica, ha finito con l’abbracciare l’ambito
sociale, culturale, giuridico sostanziando un «processo di creazione di
* Il presente allegato costituisce una revisione aggiornata dei primi 4 paragrafi del Capitolo I del libro: N. PARISI e D. RINOLDI (a cura di ), Lineamenti di diritto europeo dell'informazione e della comunicazione, Napoli, 2006
un’unione sempre piú stretta tra i popoli dell’Europa»: così si esprime
l’art. 1 del Trattato sull’Unione europea, entro il quale é appunto
organizzata la cooperazione fra ventisette Stati* del continente europeo.
Tale processo istituzionale non può e non deve prescindere dalla
ricerca, dalla conservazione e dalla valorizzazione dell’identità di ciascuno
Stato membro, o, meglio ancora, di ciascuna nazione che ad esso
partecipa. Non a caso lo stesso Trattato sull’Unione ne valorizza
l’esistenza, ponendo a carico dell’Organizzazione l’obbligo di rispettare le
identitá nazionali degli Stati membri (art. 6.3 TUE) e stabilendo a proprio
fondamento i «principi di libertá, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo
e delle libertá fondamentali» che, in quanto «comuni agli Stati membri»,
sono assunti anche come principi dell’Unione stessa (art.6.1 TUE).
Tutte queste identità nazionali, insomma, si trovano oggi,
nell’Unione europea, su di un piano di reciproca complementaritá e
inclusione: esse, grazie a un un processo di osmosi che si è protratto nei
secoli, hanno dato vita a ciò che noi oggi possiamo definire il comune
patrimonio di valori che – senza contrapporsi – contraddistingue l’identitá
europea rispetto ad altre tradizioni culturali maturate attraverso percorsi
diversi.
L’ "idea di Europa" ha radici lontane e profonde. E’ senz’altro vero
che l’Impero romano ha rappresentato l’agente catalizzatore di elementi
* Agli originari Stati della "piccola Europa" che fondarono le tre (CECA, CEE e CEEA) Comunitá europee (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi) si sono aggiunti Regno Unito, Irlanda e Danimarca (1973), Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986), il territorio della Germania dell’est (ex Repubblica democratica tedesca: 1999), Svezia, Austria e Finlandia (1995), Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Cipro e Malta (2004), Romania e Bulgaria (2007).
culturali propri di altre culture - fra tutte quella greca e quella giudaico-
cristiana - accomunate dalla centralitá in esse assunta dall’uomo, valutato
quale unità di misura di ogni altro fenomeno. Ed è altresì diffusamente
accolto che tale umanesimo di tradizione romana – arricchitosi nel
passaggio dal pensiero umanista (fra i tanti si segnala Erasmo da
Rotterdam) e illuminista (in particolare si ricordano Montesquieu e
Voltaire), potenziato dalle rivoluzioni americana e francese, rinvigorito dal
pensiero del XIX secolo (espresso singolarmente da Mazzini, Gioberti,
Proudhon, Saint-Simon) - rappresenti oggi il sostrato dell’idea d’Europa.
Essa, infine, si è espressa nel XX secolo tramite sollecitazioni
intellettuali indirizzate a suggerire ai governanti la fondazione in questo
continente di una federazione, capace di allontanare il flagello della guerra
fra Stati tutti accomunati da quei valori di cui sopra si é detto: é del 1922 la
pubblicazione di "Pan-Europe" da parte di Coudenhove-Kalergi; del 1929
la presentazione all’Assemblea generale della Societá delle Nazioni da
parte di Aristide Briand di un memorandum sull’ "organizzazione di un
regime federale europeo"; del 1935 la pubblicazione de "Il pacifismo non
basta" ad opera di Lord Lothian; del 1941 la diffusione del "manifesto di
Ventotene", redatto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni
durante il periodo di confino nell’isola che ne dá il nome.
Il dato che accomuna questo fermento culturale é dunque costituito
dalla convinzione che un patrimonio di valori sia condiviso in questa
regione del mondo dai popoli e dai governanti; e che questi valori possano
essere riassunti nella «incondizionatezza» della dignità umana e dei diritti
fondamentali della persona rispetto all'esercizio della giurisdizione statale
(RATZINGER, 25-26), nonché nell'accettazione della democrazia come
sistema di governo costituzionale/pluralista, fondato sui principi dello stato
di diritto (MORIN, 160).
A questo fenomeno culturale si accompagna l’altrettanto sicura
convinzione che questo patrimonio ideale debba poter dar vita fra gli Stati
del "vecchio" continente a un contesto di cooperazione stretta – cioé a un
tipo di cooperazione non più modellata sui tradizionali modelli della
concertazione diplomatica -, capace di radicare la solidarietá fra di essi,
valorizzando la persona nei diversi contesti - economico, sociale, politico e
giuridico – in cui opera, tramite la preminenza del diritto.
2. Dal mondo delle idee alla progettualitá politica: le
Organizzazioni europee istituite a partire dalla fine del secondo
conflitto mondiale del XX secolo
Con la fine del secondo conflitto mondiale del secolo scorso l’ "idea
di Europa" é infine trasmigrata dall'ambito dottrinale-filosofico a quello –
ben piú concreto – della progettualitá politica.
Parallelamente alla rifondazione di un nuovo ordine internazionale
– che avrebbe dovuto originare dalla Carta di San Francisco del 26 giugno
1945, istitutiva delle Nazioni Unite –, in Europa sono state poste le
premesse per la nascita di Organizzazioni internazionali che di quel
patrimonio di valori "europei" si facessero depositarie, interpreti e
promotrici. Il discorso di Winston Churchill all’Universitá di Zurigo (19
dicembre 1946) e la convocazione del Congresso dell’Aia (8-10 maggio
1948) hanno segnato le tappe di un percorso che infine ha portato alla
creazione del Consiglio d’Europa: questa é un'organizzazione a vocazione
squisitamente politica, poiché si é vista assegnare l’obiettivo di realizzare
un’unione piú stretta fra i Paesi europei incardinata sui valori spirituali e
morali che costituiscono patrimonio comune dei loro popoli e che sono
all’origine dei principi di libertá individuale, di libertá politica e di
preminenza del diritto sui quali si basa ogni vera democrazia. Le finalitá di
sviluppo e di salvaguardia di tali ideali e principi - contemporaneamente a
quelli di promozione del progresso economico e sociale - sono perseguite
attraverso l’instaurazione di una struttura istituzionale che principalmente
funziona come foro di dibattito e di indirizzo politico permanente degli
Stati membri; come istanza di elaborazione di strumenti pattizi concernenti
svariate materie sempre legate alla valorizzazione dei principi di cui s’é
appena detto; come luogo di promozione e di protezione giuridica
internazionale della persona (così il preambolo e l’art. 1 dello Statuto,
firmato a Londra, il 5 maggio 1949).
Peraltro, gli aiuti finanziari che gli Stati Uniti d’America avevano
offerto ai Paesi europei al fine di contribuire alla ricostruzione delle
economie disastrate dal conflitto bellico (cd. "Piano Marshall") furono (nel
1948) l’occasione per la costituzione di un’Organizzazione internazionale
a finalitá economica, l’Organizzazione europea per la cooperazione
economica (OECE), poi trasformata al termine del proprio mandato (1961)
nell’Organizzazione per la coooperazione e lo sviluppo economico.
Sempre nel 1948 nacque l’Organizzazione del Trattato
dell’Atlantico del Nord (NATO), ente regionale per la veritá non
esclusivamente europeo dal momento che si fonda anche sul (ben piú
forte) pilastro atlantico (Canada e Stati Uniti), ma certamente occasionato
dall’esigenza di costituire un patto difensivo a vantaggio della parte
occidentale dell’Europa. Peraltro (nel 1954), parallelamente ad essa, fu
istituita l’Unione dell’Europa occidentale (UEO), Organizzazione priva di
autonomia decisionale e operativa dalla NATO, utile però a contribuire – a
sussidio di quanto principalmente si deve alla CECA (infra, par. 3) – a
risolvere il grave problema del riarmo della Germania.
Si era intanto contestualmente delineata una divisione dell’Europa
in due sfere di cooperazione: la parte occidentale del continente – radicata
sui principi dello Stato di diritto, della democrazia, del rispetto di diritti e
libertá individuali – e la parte orientale - separata dalla prima da una
"cortina di ferro" che tagliava in due anche il territorio tedesco - ispirata ai
principi del socialismo reale. Come noto, tale divisione é stata superata
con lo sfaldarsi della sfera d’influenza sovietica conseguente tra l’altro alla
caduta del "muro di Berlino" (1989): negli ultimi quindici anni di quel
difficile periodo storico aveva peraltro preso a funzionare un foro di
incontro, di dibattito politico e infine di concertazione fra gli Stati europei
– allargato ad alcuni Paesi d’oltre Atlantico - sulle questioni lato sensu
riguardanti la sicurezza, iniziato formalmente a Helsinki il 3 luglio 1973
con un negoziato che diede vita alla Conferenza sulla sicurezza e la
cooperazione in Europa (CSCE): conferenza che infine si trasformò (a
seguito della Carta di Parigi del 21 dicembre 1990) nell'Organizzazione
omonima (OSCE), della quale sono oggi membri cinquantasei soggetti di
diritto internazionale (fra Paesi europei, extraeuropei e Santa Sede).
3. Le Comunitá europee: origini e competenze. In particolare:
l’approccio funzionalistico all’integrazione del continente europeo
Tuttavia, le Organizzazioni internazionali sorte nella seconda metà
del XX secolo non erano state attrezzate per affrontare e risolvere il grave
problema politico posto dalla condizione in cui versava allora la Germania:
Stato sconfitto per la seconda volta nel giro di mezzo secolo; debellato ed
occupato dalle potenze vincitrici che ne avevano ripartito in quattro
porzioni il territorio assoggettandolo alla propria sovranitá; escluso,
dunque, per il fatto di non essere piú un soggetto di diritto internazionale,
dal consesso delle nazioni; ma Paese detentore di grandi ricchezze
(carbone e acciaio) funzionali all’industria bellica. La sfida che si poneva
agli Stati europei era quella di evitare che nuovamente si radicasse quel
sentimento di revanchismo dei cittadini tedeschi che, al termine della
prima guerra mondiale e del lungo periodo di instabilitá politica ed
economica che seguì, aprì le porte al regime autocratico nazista: era perció
necessario, da una parte, "restituire" ai cittadini tedeschi la sovranitá
consentendo che nascesse un nuovo Stato; dall’altra, evitare che quelle
risorse naturali fossero utilizzate per il riarmo in prospettiva aggressiva
della nuova nazione.
La chiave per risolvere la difficile situazione fu il frutto della
grande intelligenza e lungimiranza politica di pensatori (Jean Monnet) e
statisti europei (Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer):
nella temperie appena descritta si situarono infatti quel movimento di idee
e, infine, quelle realizzazioni politiche che si tradussero – fra alterne
vicende, nel periodo compreso fra il 1951 e il 1957 – nella stipulazione di
accordi internazionali (di Parigi e di Roma) che diedero vita a tre
Organizzazioni: la Comunitá europea del carbone e dell’acciaio (CECA),
la Comunitá economica europea (CEE) e la Comunitá europea dell’energia
atomica (CEEA).
Ci si sarebbe potuti aspettare che quel grande fermento di idee
emerso fra i due conflitti mondiali - tutto sostanziato dall’ideale federalista
- trovasse sbocco in un progetto politico di analogo stampo. La direzione
che fu invece intrapresa dai "padri fondatori" dell’Europa politica come ci
é stata consegnata oggi fu altra: essa prese le mosse dalla "dichiarazione
Schuman" (5 maggio 1950), nella quale lo statista francese affermava che
«l’Europe ne se fera pas d’un coup, ni dans une construction d’ensemble:
elle se fera par des réalisations concrètes créant d’abord une solidarité de
fait (…)». Il progetto ha dunque alla base la prospettiva cosiddetta
funzionalista, le cui tappe possono in questa sede essere soltanto
succintamente richiamate, volendo privilegiare un meno frettoloso esame
dell’attuale assetto istituzionale del fenomeno di integrazione europea.
Nello spirito espresso dalla "dichiarazione Schuman", dal Trattato
di Parigi del 18 aprile 1951 nacque anzitutto la CECA: gli Stati della
"piccola Europa" si erano così determinati a trasferire alla nuova
Organizzazione il governo delle due risorse economiche funzionali
all’industria bellica, affidando la relativa competenza decisionale a un
organo – allora denominato Alta Autoritá, oggi Commissione – dotato di
caratteristiche di originalitá rispetto alle tradizionali forme della
cooperazione internazionale: della CECA si é parlato infatti come di una
Organizzazione soprannazionale poiché la sua Alta Autoritá - composta di
individui (non di Stati) scelti per competenza e garanzia di indipendenza
dai Governi nazionali e dai poteri "forti" in campo economico - era capace
di adottare norme giuridicamente vincolanti per Stati e persone fisiche e
giuridiche operanti in territorio europeo nel settore carbosiderurgico.
Dopo la battuta d’arresto rappresentata dalla mancata ratifica del
Trattato istitutivo della Comunitá europea di difesa (CED) – dalla quale
avrebbe dovuto germinare la Comunitá politica (CEP, di stampo federale)
–, il disegno funzionale riprese la propria via e si perfezionó con i Trattati
di Roma del 25 marzo 1957, istitutivi della CEE e della CEEA. Allora
l’obiettivo della CEE era circoscritto – anche se ció non é poco – allo
stabilimento di un «mercato comune» per tutti i settori merceologici
industriali ed agricoli (ivi compresa la pesca) dei sei Paesi membri:
mercato caratterizzato dal principio della libera circolazione dei fattori
della produzione (merci, persone, servizi e capitali), dal rispetto delle
regole della concorrenza, da una politica commerciale comune anche nelle
relazioni internazionali. La conseguenza di tale cooperazione fu la
costituzione di una zona di libero scambio protetta da una cintura doganale
comune: in una parola si diede vita fra i sei Stati membri di essa ad una
zona doganale. La CEEA si vide affidato il piú limitato compito di
elaborare una politica comune in materia di approvvigonamento,
diffusione delle conoscenze e sicurezza delle istallazioni nel quadro
dell'utilizzo pacifico dell'energia nucleare.
Si precisano così le modalitá della cooperazione fra i Paesi delle
Organizzazioni europee. Essa si contraddistingue per una serie di fattori
che sinteticamente possono essere individuati anzitutto nell’abbandono
della via federale a vantaggio di un’integrazione settoriale, secondo il
metodo funzionale, come indicato dalla ricordata "Dichiarazione
Schuman".
4. Il "dinamismo evolutivo” delle Comunità europee
Un secondo fattore che caratterizza le tre Comunitá europee é
rappresentato dal marcato dinamismo che si é manifestato su piani diversi.
Giá si é detto (supra, in nota**) dell’ampliamento della loro
membership: i sei Stati che le fondarono negli anni Cinquanta sono oggi
ventisette; e il processo di allargamento non si é senz’altro compiuto,
prevedendosi negli anni a venire negoziati nella direzione di un
allargamento a Paesi dell'area balcanica, in via di risistemazione dopo i
fatti di fine Novecento, nonché alla Turchia.
Dal punto di vista istituzionale l’evoluzione si é manifestata
anzitutto tramite il progressivo confluire dei tre distinti apparati organici in
uno solo, con un processo iniziato già nel 19571, proseguito nel 19652 e
valorizzato in ogni occasione si sia trattato di creare nuovi organi per far
fronte a nuove competenze3. L'unificato apparato istituzionale
dell'Organizzazione oggi funziona facendosi carico, volta a volta,
dell’esercizio dei poteri d’azione conferitogli da ogni singolo Trattato
istitutivo, compreso quello che ha istituito l’Unione europea. Inoltre questo
apparato si è appunto arricchito di nuovi organi che, tutti, concorrono
all’esercizio dei poteri – oggi non piú solo normativi, ma anche operativi
(espressi per esempio dall'attività di Europol, Eurojust e Agenzia per la
gestione integrata dei confini esterni dell'Unione) – conferiti alle 1 Le tre Comunità ebbero all'inizio istituzioni almeno in parte separate. Con la Convenzione firmata a Roma il 25 marzo 1957 dai rappresentanti degli Stati membri è stata predisposta la costituzione di un'unica Assemblea competente ad esercitare le funzioni delle assemblee della CECA, della CEE e dell'Euratom; come pure è stata prevista un'unica Corte di Giustizia; ed un unico Comitato economico e sociale, comune alla CEE e all'Euratom.2 Con il Trattato di Bruxelles dell'8 aprile 1965 è stato istituito un Consiglio unico ed una Commissione unica per tutte e tre le Comunità europee.3 Oltre alle istituzioni principali sopra citate, l’UE possiede una serie di altri organismi successivamente creati per svolgere funzioni specializzate: la Banca europea per gli investimenti, istituita nel 1958 dal trattato di Roma, che finanzia i progetti d’investimento dell’UE e sostiene le piccole e medie imprese attraverso il Fondo europeo per gli investimenti; la Corte dei conti, organo di controllo sulla gestione finanziaria della Comunità, istituita con il Trattato di Bruxelles del 22 luglio 1975; il Mediatore europeo, che prende in esame i reclami inerenti alla cattiva amministrazione da parte delle istituzioni e degli organi dell’UE, la cui funzione è stata istituita con il Trattato di Maastricht del 1992; il Comitato delle regioni, organo consultivo costituito da rappresentanti degli enti locali e regionali d’Europa, istituito nel 1994 dal Trattato sull’Unione europea; il Garante europeo della protezione dei dati, istituito nel 2001 per garantire la riservatezza dei dati personali dei cittadini. Tra gli altri organi comunitari vanno anche menzionate le istituzioni finanziarie previste nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, in particolare, la Banca centrale europea, istituita nel 1998, che opera nell’ambito del Sistema europeo delle banche centrali. Di recente istituzione sono anche alcuni organismi interistituzionali quali l'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, l'Ufficio europeo per la selezione del personale e la Scuola europea di amministrazione; e alcune agenzie europee specializzate e decentralizzate che hanno lo scopo di fornire aiuto e consulenza agli Stati membri e ai loro cittadini.
Organizzazioni europee. Infine per effetto del raggiunto termine finale il
Trattato che ha istituito la CECA si é estinto.
Su di un altro fronte – quello dell’esercizio dei poteri d'azione –
l’evoluzione é stata ugualmente assai significativa, in stretto collegamento
con gli ampliati obiettivi assegnati alle Organizzazioni europee. Le tre
Comunitá europee - istituite come enti a competenza economica – si sono
profondamente trasformate negli anni. La CEE ha visto ampliato il proprio
ambito di competenze, non piú limitato al campo dell’economia, ma
capace di abbracciare materie assai lontane da questo settore. Gli artt. 3 e 4
del suo Trattato istitutivo, nell'elencare i poteri d'azione
dell'Organizzazione, prevedono - a fianco di quelli originariamente
attribuiti - anche materie quali l'ambiente, la ricerca e lo sviluppo
tecnologico, il conseguimento di un elevato livello di protezione della
salute, l'istruzione, la formazione di qualità, lo sviluppo culturale, la
protezione civile, il turismo. Fra queste vi sono, dunque, materie che
interessano direttamente la valorizzazione di un patrimonio culturale
europeo, la protezione dei diritti fondamentali della persona connessi alla
libera circolazione delle idee, la promozione di quest'ultima: si tratta -
come si vede - di questioni che, tutte, costituiscono oggetto specifico di
questo Manuale.
Tale ampliamento dell'ambito materiale dell'Organizzazione é
avvenuto talvolta grazie all’utilizzo di una norma del Trattato (art. 308),
definita non a caso "clausola di flessibilitá": essa consente
all’Organizzazione di dotarsi di un nuovo potere d’azione quando questo,
non previsto dal Trattato, sia peró necessario al conseguimento di un fine
attribuitole. In altri casi l’allargamento delle competenze é stato
determinato dalla volontá degli Stati espressa nell’occasione delle
modifiche del Trattato istitutivo (ma in quell’occasione anche "ratificando"
l’ampliamento acquisito sulla base dell’utilizzo della "clausola di
flessibilitá"). Di tale portata è stata la modifica dell'originario ambito delle
competenze che la Comunitá economica europea ha infine (con il Trattato
di Maastricht) mutato il proprio nome in quello di Comunitá europea (CE).
L’ambito delle competenze della CE si é poi arricchito grazie
all'inglobamento (a partire dal 23 luglio 2002) di quelle esercitate dalla
CECA, il cui Trattato istitutivo si é estinto per raggiunto termine finale: si
è così compiuta un'altra tappa sulla via dell'unificazione dei tre enti.
4.1. L'avvio e gli sviluppi della cooperazione intergovernativa nel
quadro comunitario: dal "Rapporto Davignon" ….
Parallelamente a tale processo é progressivamente emersa in tutte
le proprie dimensioni l’inadeguatezza del metodo funzionalista a
continuare a sostanziare il processo di integrazione dell’Europa: metodo
che, peraltro, ha dato ottima prova di sé proprio per il fatto di aver
condotto la cooperazione fra gli Stati membri delle Comunitá a una soglia
non piú valicabile esclusivamente tramite questa via. Quanto piú, infatti, le
competenze dell’Organizzazione si allargavano a materie non solo
economiche e quanto piú esse si traducevano in atti normativi
significativamente incisivi nel tessuto dei singoli ordinamenti nazionali,
tanto piú si manifestava l’esigenza di un "cervello" politico che
indirizzasse l’integrazione economica, sociale e giuridica fra questi. Gli
sviluppi sopra indicati e la conseguente consapevolezza della situazione
sopra descritta hanno determinato il radicarsi, parallelamente alle modalitá
tipiche della cooperazione istituzionale entro le Comunitá, di forme di
cooperazione intergovernativa su questioni non trasferite alla competenza
delle stesse. Il Trattato di Nizza sull'Unione europea - aperto alla firma il
26 febbraio 2001 ed entrato in vigore il 1° febbraio 2003 - rappresenta
l'ultima tappa di un negoziato permanente che - in ideale continuità con i
Trattati di Maastricht (1992) e di Amsterdam (1997) - ha contraddistinto
certamente gli ultimi tre lustri sul fronte del consolidamento di quella
cooperazione intergovernativa, ma che affonda le proprie origini già negli
anni Settanta, allorché furono avviate le prime forme di cooperazione
politica, frutto di una mediazione raggiunta fra l’ "Europa delle patrie" -
auspicata dalla Francia ed espressa attraverso il "Piano Fouché"
(1961/1962) - e la concezione istituzionale federalistica perseguita da altri
partners comunitari.
Per passi successivi - a partire dal rapporto Davignon (1970),
attraverso la Dichiarazione solenne di Stoccarda sull’Unione europea
(1983), fino a giungere all’Atto unico europeo (1986) - furono sempre
meglio definiti metodi e forme della cooperazione politica, rafforzando via
via gli obblighi degli Stati, precisando le condizioni di funzionamento
delle sedi della cooperazione e individuandone i collegamenti con le
istituzioni comunitarie. In questo contesto nacque il Consiglio europeo, al
quale oggi è attribuito il compito - peraltro già ricoperto in epoca
precedente fin dai primi "vertici" risalenti appunto agli anni Settanta - di
dare all’Unione «l’impulso necessario al suo sviluppo», definendone «gli
orientamenti politici generali» (art. 4.1 TUE).
Inizialmente, nelle sedi della cooperazione politica furono trattate
quasi esclusivamente questioni di politica estera degli Stati membri delle
Comunità; ma già nella seconda metà degli anni Settanta la Presidenza
francese presentava un progetto di «spazio giudiziario europeo» che, pur
nella limitata prospettiva in cui si situava (quella penale), ben
rappresentava l’esigenza avvertita dagli allora nove Paesi membri delle
Comunità di costruire un ambito di cooperazione in materia di giustizia
accanto allo spazio integrato socio-economico. Quasi contestualmente era
stata avviata una cooperazione tecnica di polizia, finalizzata soprattutto
alla lotta al terrorismo internazionale, attuata attraverso incontri dei
Ministri degli interni riuniti nel cosiddetto "Gruppo TREVI" (Terrorismo,
Radicalismo, Estremismo, Violenza Internazionale).
Negli anni successivi i due ambiti si svilupparono secondo logiche
differenti. Si deve all’Atto unico europeo un sostanziale progresso in
relazione alla cooperazione nel settore della politica estera: in un unico
testo di modifica del Trattato CEE, infatti, si combinarono le modifiche al
"vecchio" Trattato di Roma con l’introduzione di un nuovo Titolo III, che
stabilì principi e procedure della cooperazione politica fra Stati membri
delle Comunità nelle relazioni internazionali. Il risultato di maggior rilievo
in materia fu indubbiamente l’aver stabilito l’obbligo degli Stati a ricercare
- anche se non a conseguire - la concertazione reciproca in materia
all'interno della Comunità economica europea, secondo procedure che con
un'espressione sintetica si identificano nel cd. "metodo intergovernativo",
per contrapporle alle procedure adottate dalle istituzioni delle Comunità
europee (cd. "metodo comunitario").
Quanto invece alle questioni relative agli affari interni e alla
giustizia, furono perseguite due vie contemporaneamente: alla
concertazione in materia giudiziaria (estesa anche al campo civile) si
affiancò una concertazione sul piano tecnico fra gli alti funzionari
nazionali, i direttori generali di polizia, gli esperti governativi, riuniti nel
gruppo ad hoc immigrazione, nel "TREVI 2" (per le questioni di ordine
pubblico), nel "TREVI 3" (per la cooperazione in materia di droga e di
criminalità organizzata), nel CELAD (ancora per le questioni di droga), nel
Gruppo di coordinamento per la libera circolazione delle persone, nel
GAM (Gruppo di mutua assistenza in materia doganale).
Questi sviluppi - al di là dell'aridità dell'elencazione appena
riportata - danno appunto conto della consapevolezza degli Stati che gli
strumenti istituzionali predisposti ai fini della cooperazione in campo
socio-economico avevano espresso - ed esaurito - gran parte delle proprie
capacità espansive; e che i benefici dell'integrazione così conseguita in
questo campo necessitavano di un'estensione della cooperazione ad altri
settori, funzionali alla cooperazione socio-economica, ma certamente non
affini alle competenze fino allora esercitate, e comunque legati ad esse da
un vincolo teologico, stante l'indeterminatezza dei fini contemplati nel
preambolo dei Trattati istitutivi delle tre Organizzazioni europee.
Contemporaneamente, si deve sempre all'Atto unico europeo la
riaffermazione di un obiettivo che andò poi concretizzandosi anche grazie
agli sforzi della Commissione già manifestati con il Libro bianco del 1985:
quello di conseguire entro il 1992 uno «spazio interno senza frontiere»:
uno spazio all'interno del quale, dunque, fosse in concreto assicurata la
libera circolazione delle persone oltre a quella delle merci, dei servizi e dei
capitali, nel rispetto del principio del mutuo riconoscimento.
Significativamente nel preambolo dell'Atto unico europeo si proclama la
volontà «di promuovere insieme la democrazia basandosi sui diritti
fondamentali sanciti dalle costituzioni e dalle leggi degli Stati membri,
dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali e dalla Carta sociale europea» (3° cpv.), diritti e libertà sino
ad allora già garantiti all’interno dell’Organizzazione dalla sola attività
pretoria della Corte di Giustizia.
Al fine del conseguimento di uno spazio di libera circolazione delle
persone in Europa vennero contestualmente firmati - al di fuori del
contesto della Comunità economica europea - l'Accordo di Schengen
(1985) e la sua Convenzione di applicazione (1990), entrati in vigore
internazionalmente nel 1995 e infine (con il Trattato di Amsterdam)
“comunitarizzati”, cioè inseriti formalmente entro la Comunità e l'Unione
europea.
Tutto ciò ha conseguito un primo importante risultato: il baricentro
della cooperazione all'interno delle Comunità è stato spostato da una
finalità squisitamente mercantilistica, quale è la costruzione di un mercato
interno protetto da una cintura doganale comune, alle questioni connesse
allo status della persona, indipendentemente dalla loro rilevanza
economica.
4.2. …. al Trattato di Nizza sull'Unione europea
L'intenso lavorio diplomatico del quale si è dato conto in termini
estremamente sintetici trovò un primo assetto - certo insoddisfacente, ma
pur sempre segno di progresso nel cammino di una maggior integrazione
del continente europeo - con il Trattato di Maastricht: nel formalizzare
l'esistenza fra gli Stati di una «Unione», comprensiva anche di quelle
Organizzazioni economiche nate dagli Accordi di Parigi e di Roma, il
Trattato ha ordinato la cooperazione fra essi per ambiti omogenei
("pilastri") secondo procedure a ciascuno di essi proprie. V'è anzitutto da
dire che il Trattato riafferma in tal modo la continuità fra la cooperazione
attuata in ambito comunitario nei quarantacinque anni quasi compiuti dalla
firma del Trattato di Parigi, da una parte, e la cooperazione che con esso si
è voluta avviare. Nel contempo esso dà atto che l'Unione ha due "anime",
chiamata com'è a unificare sotto di sé le forme della cooperazione
istituzionale attuate tramite le tre Organizzazioni comunitarie e altre forme
di concertazione più squisitamente intergovernative, secondo quanto
avveniva in via di prassi già dagli anni Settanta e quanto previsto
normativamente - seppure limitatamente al campo della politica estera -
con l'Atto unico europeo (supra, par. 4.1).
Il Trattato di Maastricht è stato oggetto di due successive revisioni
(ad Amsterdam nel 1997, a Nizza nel 2001); l'ultima di esse detta le
disposizioni oggi in vigore. Si attende l'esito del nuovo referendum
irlandese di ottobre con cui si completerà la procedura di entrata in vigore
del nuovo Trattato di Lisbona. Quest'ultimo è stato firmato il 13 dicembre
2007 e modifica il Trattato sull'Unione europea - che mantiene il suo
titolo attuale - e il Trattato che isitituisce la Comunità europea, che
assumerà il nome di Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.